Settembre/ottobre 2008 Anno XXVII

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Settembre/ottobre 2008 Anno XXVII
il brogliaccio
B 012
Settembre/Ottobre 2008 Anno XXVII
numero
bimestrale della Associazione nazionale Scuola Navale Militare F. Morosini
il brogliaccio 012
sommario
06 editoriale di francesco businaro - corso mizar 1978-’81
rubriche
08 CORRIDOIO COMANDO
Salutando il Morosini e Venezia di francesco covella
Perché no? di giorgio vittori - corso poseidon 1966-‘69
09 franchi in riga
Work in progress for Cava de’ Tirreni di jacopo piccolo - corso deimos 2002-‘05
Il corso Excalibur a bordo di Nave Lerici di ettore ronco - corso excalibur 1990-‘93
La Puglia... ai ferri di nunzio difonzo - CORSO deimos 2002-’05
Morosiniani all’estero: Marco Bonabello di luigi bajona - corso azzurra 1983-‘86
Avventure morosiniane all’estero di giuseppe lacerenza - corso daidalos 2004-‘07
22 OLIMPO
Il fardello del Comando di lucio pecoraro - corso naumacos 1995-‘98
24 SALA CONVEGNO
All’ombra del cupolone di luigi tarsia - corso halley 1985-’88
SSDD ovvero Strani Scherzi Del Destino di andrea schifano - corso hydra 1976-’79
Ossetia di andrea castelli - corso alphard 1975-‘78
Il mio nome è Kwame di dimitri ruggeri - corso maelstrom 1991-’94
Ascendenze letterarie di alberto catone - corso halley 1985-’88
Serbi Iddio l’austriaco Regno di stefano meconi - corso mizar 1978-’81
40 CUPOLONE
Il giardinetto del Comandante di luigi tarsia - corso halley 1985-’88
© copyright il brogliaccio
2007-2008 Venezia
anno XXVII numero 012 settembre/ottobre 2008
contatti
direttore responsabile francesco businaro
redazione andrea dell’agnola, luigi tarsia
[email protected]
hanno collaborato
l. bajona, M. Pardini, L. Tarsia
progetto grafico andrea dell’agnola, Padova
fotolito e stampa lucenti srl, Padova
il brogliaccio 012
il brogliaccio viale piave 30/a, 30132 s. elena - Venezia
tel. +39-041-5204488
fax +39-041-5212840
www.assomorosini.it
C.F. 96378830580 / p.iva 03813830274
in coperta
photo courtesy by d. galli © 2008
In prima di copertina
(photo courtesy D. Galli)
e in questa pagina.
Nebbia e mantelle
francesco businaro
CORSO mizar 1978-’81
PH.COURTESY l. tarsia ©2008
editoriale
EDITORIALE
Cerimonia di cambio di Comando al Morosini
Desidero aprire con la cerimonia di cambio di
comando che si è svolta l’11 settembre scorso al
Navale. In un’aula magna dove gli invitati superavano, seppur di poco, gli allievi presenti il Comandante CV Francesco Covella ha passato il comando della Scuola al suo successore CV Enrico
Pacioni alla presenza dell’Amm. Claudio Maria
De Polo, ispettore delle scuole della Marina Militare. L’esiguo numero degli allievi era giustificato
dal fatto che la cerimonia si è svolta quando le II
e III classi non avevano ancora fatto ritorno alla
Scuola ed erano quindi presenti i soli allievi della I classe. Seppur entrati da pochissimi giorni i
nuovi “pivoli” erano perfettamente schierati con
le loro nuove divise in perfetto ordine controllati a vista dai propri inquadratori. Pochi, perché
il rinnovamento del Navale in vista dell’entrata
delle “allieve” previsto per il prossimo anno, ha
necessariamente comportato esigenze logistiche
che hanno ridotto, di fatto dimezzandolo, il numero dei posti disponibili. Eppure, ne sono certo,
devono aver compreso che stavano vivendo un
momento di sobria solennità. Sia il ComanIn queste pagine.
dante Covella che il
Il neo comandante Pacioni
Comandante
Pacioni
con la famiglia.
hanno comandato unità
Un momento della cerimonia. navali, hanno partecipato a missioni all’estero o hanno fatto parte
I nuovi pivoli schierati
il brogliaccio 012
ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008
B
envenuti alla lettura di questo numero
del Brogliaccio che, me ne rammarico,
esce con un colpevole ritardo. Recupereremo col prossimo!
di sezioni operative di Comandi NATO; Ufficiali abituati a svolgere il proprio lavoro avendo ai
propri ordini uomini addestrati e unità operative. Eppure, seppure per un momento, si è potuta
percepire nell’uno la commozione e nell’altro la
consapevolezza del duro compito lo attendeva.
Al Comandante Covella l’augurio di buon vento
per il suo prossimo incarico, al Comandante Pa-
ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008
cioni cui spetta l’onore e l’onere di traghettare il
Navale verso una nuova fase, il caloroso benvenuto di tutti gli ex allievi. Pale a prora!
In questo numero potrete trovare in corridoio comando un saluto del comandante Covella e un
interessante articolo che commenta la prossima
entrata delle donne al Navale.
Scendendo in campaccio il nostro Jacopo Piccolo,
fresco di laurea, ci racconta di Cava de’ Tirreni
sede dell’imminente Pranzo di Gala dell’Associazione. Seguono alcune notizie su raduni svolti, un’intervista ad un morosiniano all’estero e
l’esperienza lavorativa vissuta da un giovane ex
ad Amsterdam.
Risalendo brevemente in Olimpo alcune considerazioni sul proprio nuovo ruolo di un giovane
comandante piumato.
La Sala Convegno è ricca di articoli partendo dall’angolo delle tradizioni per passare poi al racconto di un un ex pilota, ora costretto a volare a 10
cm da terra, altitudine massima consentita dalla
sedia alla quale è costretto. Si è fatto un gran
parlare di Ossetia negli ultimi mesi, troverete
notizie anche su questo argomento. Dalle coste
crimee approdiamo poi nell’africa nera col raccondo di Dimitri, poeta e viaggiatore umanitario.
Alberto si è poi posto una domanda escatologica
sulle origini delle scuole militari proponendoci
da questo numero l’esito delle sue indagini; nel
prossimo passerà dalla letteratura alla cinematografia. Concludiamo con una mostra che esce
dai bauli del nostro Stefano e che dopo essere
stata presentata a Torino in occasione delle celebrazioni per il 90° della fine della Grande Guerra
è ora visibile a Venezia presso il Circolo Ufficiali
della Caserma Cornoldi.
Il giardinetto conclude come di consueto anche
questo numero con un cambio di redattore dato
che il nostro Nunzio è ora impegnato presso l’accademia della GdF al quale auguriamo: in bocca
al lupo!
Buona lettura, ci vediamo a Cava de’ Tirreni.
ph. COURTESY p. landi - SNMFM ©2008
il brogliaccio 012 corridoio comando
francesco covella
L’arrivederci del
Comandante Covella
COURTESY r. guastadisegni ©2008
salutando il morosini
e venezia
Il Comandante Covella saluta il Navale e Venezia non senza un po’ di nostalgia
H
o voluto attendere di proposito qualche
giorno prima di sottoporre al “Brogliaccio” queste brevi righe di saluto, al termine del mio mandato di Comandante
della Scuola Navale Militare “Francesco Morosini”. Era giusto infatti far stemperare l’emozione
della cerimonia di cambio di comando e dare
spazio a qualche riflessione su questi due anni
bellissimi, volati via in un soffio, ma che hanno
lasciato un patrimonio di esperienze e di relazioni umane e sociali che faranno sempre parte del
mio modo di essere e di sentire.
Prima di tutto, come deve essere, mi rivolgo ai
“miei” allievi (non me ne vogliano i comandanti
dei corsi). Essere investito della responsabilità della loro crescita, a 360 gradi, nella età forse più importante, è stata una grossa sfida. Poi
ho scoperto che questi ragazzi non avevano solo
bisogno di attenzioni e guida ma, contemporaneamente, erano in grado, giorno per giorno, di
contribuire al progetto di formazione con la loro
iniziativa il loro lavoro duro e anche con la loro
turbolenza, spesso cartina tornasole di opportunità per aggiustare il tiro e fare meglio. Ho avuto
delle grandi soddisfazioni da questi ragazzi: negli
studi, nello sport ma anche, ed è forse la cosa più
bella e importante, nella partecipazione convinta
e solidale ai vari eventi e progetti, superando di
slancio ogni tipo di difficoltà.
Ma il Morosini non è stato solo “Morosini”, è stato intimamente legato alla esuberante vita veneziana, all’abbraccio che la gente e le istituzioni
il brogliaccio 012
ci hanno sempre riservato e alla partecipazione,
da protagonisti, alla vita della città. Questa è stata la sorpresa più inaspettata e piacevole, e che
ha reso tanto più difficile il distacco da questo
inscindibile binomio Scuola-Città. Chi è stato al
Morosini si riconosce di certo in queste considerazioni e non perde il carattere forte e deciso che
caratterizza gli “uomini” che escono dalla Scuola
Navale, come mi hanno dimostrato gli innumerevoli gruppi di ex che si sono ritrovati a vario
titolo in questi due anni nel campaccio, ad issare
la loro bandiera con commozione per nulla nascosta. L’Associazione, ma anche i singoli corsi o
le persone che continuano a sostenere il progetto del “Navale”, hanno un ruolo fondamentale di
esempio e di sprone per i nostri allievi, ma anche
la precisa responsabilità di sostenerne gli sforzi
nel più ampio contesto della società italiana. Ho
apprezzato molto l’aiuto concreto che ho ricevuto
dai tanti amici sempre presenti e disponibili, che
mi hanno fornito consiglio e assistenza, sempre
dimostrando l’orgoglio genuino di “appartenere”.
Un augurio sincero al Comandante Pacioni, che
ha ereditato il progetto di portare a termine i
lavori di ristrutturazione, che ci permetteranno
di avere un istituto di formazione veramente all’avenguardia. Ma non sono solo nuove mura: si
tratta anche di rimodellare l’organizzazione e il
modo di di vivere nella Scuola, a fronte dei nuovi
spazi e del tanto atteso ingresso delle allieve. In
questo difficile compito potrà certamente contare sul massimo sostegno di tutti i “Morosiniani”.
A tutti un arrivederci e un altissimo “pale a prora!”
ph. COURTESY p. capovilla ©2008
In questa pagina.
Il Comandante Covella col
CSMM Amm. Paolo La Rosa
durante la cerimonia del
Giuramento 2008
il brogliaccio 012 giorgio vittori
corso poseidon 1966-‘69
COURTESY g. vittori ©2008
corridoio comando
perchÉ no?
Donne al Morosini, il punto
di vista del ginecologo
Abbiamo “catturato” un interessante articolo scritto dal Presidente della Società Italiana
di Ostetricia e Ginecologia che guarda caso è un ex. Ottenuta la sua approvazione alla
pubblicazione sul Brogliaccio, con piacere ve lo proponiamo
H
10 il brogliaccio 012
il Morosini era stato concepito per promuovere
l’ingresso nella Marina Militare e oggi dopo tanti
anni penso che chi ha inventato il Morosini abbia
comunque permesso a tanti ragazzi di crescere,
trovare o ritrovare la
porta della propria vita.
Non so chi ringraziare,
il Doge Francesco Morosini, il liceo Marco
Polo o il Benedetti, gli
uomini che ci hanno
guidato o forse la Marina Militare. È certamente un posto speciale, chi ci è passato
lo sa e ti accompagna
tutta la vita. Anche se
non ho fatto il militare
di carriera porto quel
grande patrimonio con
me anche ora , e i miei
compagni di corso di
allora sono i miei migliori amici di oggi. Le
donne al Morosini? Ho
la sensazione che la
resistenza all’ingresso
delle ragazze sia una
reazione strana, difficilmente comprensibile,
stridente. Non stiamo
parlando di ammettere
le donne in una squadra
di rugby o di football americano, non è in discussione. L’ingresso delle ragazze alla Scuola Navale
richiede una progettazione complessa legata alla
ph. COURTESY l. tarsia ©2008
o letto con un misto di perplessità e interesse l’articolo del Corriere della Sera
di domenica 8 giugno da cui risaltava
una certa polemica sull’ingresso delle
ragazze nella Scuola
Navale Francesco Morosini di Venezia. Sono
un ginecologo, ex allievo del Morosini: perché
avrei dovuto essere
interessato da una polemica che riguarda
una scuola che ho fatto
molti anni fa e per un
motivo così apparentemente “futile”? È passato qualche giorno e
mi ritrovo a pensare
ancora a quell’articolo
per vari motivi: per me
il Morosini non è stata
una scuola qualsiasi,
da figlio di militare ho
cambiato città quasi
ogni anno prima di approdare a Venezia dove
ho finalmente trovato
la scuola che sognavo,
un posto con buoni insegnanti, un confronto
tra pari con i miei compagni che provenivano
da tutta Italia e da ogni
condizione sociale. Ho trovato rispetto, buona
educazione, stimoli, valori e regole che non ero
riuscito a trovare altrove. Mi avevano detto che
minore età, alla responsabilità di educare insieme
maschietti e femminucce, insomma una vera innovazione. Scivolo su tutte le fantasie legate alla
convivenza e su tutte le storie da rotocalco che
potrebbero venir fuori, sono problemi superabili.
L’aspetto del mondo femminile che mi colpisce di
più in questo momento della mia professione di
ginecologo è il cosiddetto “lato umano”¨osservo
ogni giorno le grandi difficoltà che attraversano
le donne in questi tempi quando si ritrovano tardi, spesso troppo tardi, a pensare a se stesse, alla
propria biologia. Ascolto racconti di grande solitudine e di difficoltà di comunicazione e di collaborazionecon l’uomo; lo dicono donne in gamba
che hanno investito tutte loro stesse nel lavoro,
divenuto spesso l’unico valore di riferimento. Per
il mio lavoro e per il mio attuale incarico, sono
particolarmente attento alle cosiddette fragilità del mondo femminile e, come molti esperti e
rappresentanti delle Istituzioni, sono convinto
che sia necessario uno speciale impegno educa-
A fianco.
Una foto rubata dei lavori
per l’adeguamento dei locali:
dormitorio pivoli
In questa pagina.
L’articolo originale
tivo e informativo durante l’adolescenza, sia per
i maschi che per le femmine, meglio se insieme.
Morosini e donne: perché no? MI sembra di intravvedere la stessa occasione che ho avuto io e
molti altri come me, la possibilità di sperimentare un modello educativo “made in Italy”, con
l’aiuto dei grandi insegnanti che ci sono nella
scuola italiana e dei grandi educatori che abbiamo nella Marina Militare Italiana, vedi la stessa
esperienza Morosini e l’Accademia Navale di Livorno, dove poter trovare, biona educazione, stimoli, valori e un confronto tra pari, includendo
le ragazze. Certo, non si può adottare il modello
di educazione maschile fin qui percorso, ma la
grande esperienza permetterà di progettare un
percorso di formazione in comune per vivere gli
ultimi tre anni di liceo sperimentando più precocemente dei coetanei responsabilità, opportunità
di confronto alla pari e di qualificazione in uno
speciale clima di rispetto delle regole e dei valori che sembra ormai perduto. Mi sembra una
grande opportunità per ragazzi e per ragazze, ricordandosi che, comunque si tratta “solo” degli
ultimi anni della scuola superiore, da vivere con
grande impegno, ma anche con la curiosità critica e con la leggerezza della adolescenza quando
ridere e piangere è ancora permesso.
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jacopo piccolo
corso deimos 2002-‘08
manca poco a
Santa Barbara
COURTESY j. piccolo ©2008
franchi in riga
work in progress
for cava de’ tirreni
Un’aulica descrizione della prossima sede dell’annuale festa morosiniana. Ci vediamo là
P
oco più di un bimestre fa, mentre il termometro indicava temperature mai al di
sotto dei 35°, ed i primi turisti erravano
per le affollate autostrade della penisola, noi tutti membri del consiglio dissertavamo
sull’opportunità di recarci a Cava de’ Tirreni per
la consueta cena di fine anno. Dopo una serie di
valutazioni circa concordanti sulle possibili difficoltà, e le varie critiche esternate dai più scettici,
decisi di recarmi personalmente sul posto per
constatare la fattibilità di una eventuale organizzazione dell’evento in loco.
Consapevole che avrei incontrato lì il mio fedele compagno di viaggio Gian Maria Setti Carraro,
partivo alla volta della cittadina campana, non
poco incentivato dalla concomitante cena tra ex
allievi organizzata dal mio compagno di corso
Michele Sessa a Marina di Vietri (Sa). Nei giorni
antecedenti alla mia partenza, il sindaco di Cava,
Gigino Gravagnuolo, già ex allievo del Navale, ci
aveva fornito una serie di delucidazioni nonché
buone ragioni per festeggiare la ricorrenza nella
sua città, garantendo una costante ed interessata partecipazione ai preparativi ed all’allestimento di una decorosa location, naturalmente
offertaci dal Comune. Dopo aver concordato data
e ora dell’incontro con il fin troppo disponibile
Gigino, giunsi a Cava de’ Tirreni in macchina e lo
incontrai nel primo pomeriggio presso quello che
sarebbe stato il “luogo della cerimonia”, il Circolo
Tennis storico della città Cavese. Con Gian Maria
incontrammo il sindaco, il quale non mancò di
COURTESY google hearth ©2008
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ph. COURTESY m. sessa ©2008
riservarci una calorosa accoglienza presso i locali in questione, mostrandoci con dettaglio ed
oculatezza tutte le modalità di sfruttamento dell’area. Addentrandoci fra le stanze dell’antico palazzo, Gian Maria ed il sottoscritto non potevamo
che apprezzare l’ottima predisposizione del luogo
ad un evento come il “nostro”; un elegante bar
ci attendeva nella sala d’ingresso, maestosi affreschi ed enormi lampadari accompagnavano il nostro cammino per le sale dislocate su due piani,
inoltre vi era una spaziosa sala in cui abbiamo
individuato il posto ideale dove poter tenere la
consueta assemblea dei soci.
Alla fine della visita, scortati da una volante dei
vigili, ci siamo recati presso una serie di alberghi ed ostelli che per efficienza ed eterogeneità ci
sono sembrati più che congeniali all’accoglienza
di un importante numero di affluenti. Terminato
l’iter, ci recavamo all’incontro con altri ex allievi della zona presso il ristorante Risorgimento
a Marina di Vietri, per abbandonarci finalmente
alle delizie della cucina campana.
ph. COURTESY m. sessa ©2008
Dopo la prima settimana di settembre, constatandone la fattibilità e l’opportunità, abbiamo
deciso di festeggiare il nostro Mak ∏ a Cava dei
Tirreni. A distanza di quasi tre mesi, in seguito
al reclutamento di validissime leve per l’organizzazione dell’evento e alla immutata disponibilità
di Gigino Gravagnuolo, possiamo dire con soddisfazione di aver già parecchi dati alla mano, e di
poter contare su competitivi listini a nostra dispozizione.
Vorrei perciò, al termine di questo mio racconto
su ciò che ci attende, invitare anche i più scettici
ad avere fiducia e a supportare con costante entusiasmo e spirito di iniziativa il consiglio nel suo
lavoro, soprattutto per far sì che l’annuale ritrovo
possa come sempre rappresentare l’incontro più
costruttivo e goliardico dell’anno.
Rimbocchiamoci le maniche!
ph. COURTESY m. sessa ©2008
A fianco.
Cava vista dal satellite
In questa pagina.
Scorci delle sale che
ci ospiteranno
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ettore ronco
corso excalibur 1990-‘93
15 anni e sentirli tutti
COURTESY e. ronco ©2008
franchi in riga
il corso excalibur
a bordo di nave lerici
Chi si vede più sovente, chi solo dopo quindici anni. Consuete sorprese, emozioni e ricordi di
un corso
C
he botta ragazzi!!! Non vi nascondo che
vedere i propri compagni di corso dopo
quindici anni è un’emozione forte ma
comunque molto piacevole. È vero che
qualcuno non è cambiato affatto, sembra uscito
l’altro ieri dal Collegio, ma alcune profonde trasformazioni saltano subito all’occhio: Alberto, non
me ne voglia il nostro caro Segretario, si è presentato, come me, con circa 2 kg. e mezzo in meno di
capelli, Urbano con il volto preoccupato per aver
lasciato la moglie e la bimba a casa da soli sembra
quasi una persona seria, Roberto Dandi ha preso
due o tre taglie e sicuramente se corresse la campestre oggi non arriverebbe neanche nei primi 30,
Cesare anziché giocare nella Nazionale assieme
a Gilardino è invece un semi serio avvocato della
Ciociaria, e potrei andare avanti così all’infinito.
Ma veniamo all’evento vero e proprio… In una
splendida giornata di fine estate nella cornice
dell’Arsenale Militare di La Spezia si è svolto
l’incontro tra gli ex-allievi del Corso Excalibur
in occasione del Quindicennale. L’evento è stato
pensato ed organizzato da Alberto dopo aver ricevuto una mia malinconica telefonata nel mese
di marzo. La chiamata alle armi è quindi avvenuta con uno scambio di email a partire dal mese di
giugno e nonostante il breve preavviso l’affluenza
è stata di tutto rispetto. 24 Gladiatori dell’Excalibur si sono incontrati sabato 30 agosto all’ingresso
dell’Arsenale, chi solo e chi accompagnato dalle
rispettive consorti per un totale di circa 45 invitati. Ospite d’onore il Comandante Cusmai che con
il Lerici prima di me, quando ancora le navi andavano a carbone, aveva solcato il Mediterraneo.
ph. COURTESY e. ronco ©2008
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ph. COURTESY e. ronco ©2008
COURTESY e. ronco ©2008
ph. COURTESY e. ronco ©2008
Ho lasciato mia moglie a bordo ad attendere
gli ospiti in compagnia di Paulu convinto che il
tarantiota e lo spagnolo fossero una cosa sola.
Dopo un breve scambio di saluti ci siamo trasferiti sul “ponte del sole” del Lerici per raccontarci
le nostre avventure. Devo dire che dopo circa 10
minuti sembrava di essere ad una di quelle feste
in famiglia tipo il Mio Grasso Grosso Matrimonio
Greco.
Paradiso del Golfo. Beh ragazzi, che dire, per un
giorno mi sono sentito di nuovo in paradiso…
Tra un saluto e l’altro abbiamo trovato anche il
tempo di fare una visita ai locali di bordo, durante la quale il buon Urbano ha pensato bene di
arricchire il suo bottino di guerra. Da un controllo effettuato dai marinai al termine dell’evento
sembrerebbe che manchi all’appello solamente il
berretto del Comandante; io comunque per sicurezza sto ancora facendo fare un controllo approfondito dei depositi munizioni. Il momento si è
fatto catartico quando ha preso la parola prima
Alberto per una breve introduzione, quindi il sottoscritto per ringraziare tutti gli invitati ed infine
Cusmai che, con il cuore in gola, è stato salvato in
zona cesarini da un “pale a prora” intonato da Fabio Governale. L’evento a bordo si è magicamente
concluso con la cerimonia di ammaina bandiera
a poppa del Lerici. È l’ora della cena e tutti quanti ci spostiamo sulla litoranea per gustare dei
prelibati piatti a base di pesce nella veranda del
I PARTECIPANTI
L’appuntamento è per l’anno prossimo a bordo
dell’Incrociatore Portaeromobili Gorgona dove
ad aspettarci ci sarà il Comandante Ilardi. Un abbraccio a tutti.
Valerio Badiali, Alberto Carnesecca, Cesare Coletta , Alberto Cozzo, Roberto Dandi, Massimiliano Di Cicco, Severino Fallucchi, Ruggero Fontana, Clemente Forni, Francesco
Giliberti, Fabio Governale, Francesco Paolo Iacovelli, David
Ilardi, Filippo Lodetti, Maurizio Manenti, Adamo Panone,
Gabriele Piscitelli, Ivan Pollicita, Ettore Ronco, Alessandro
Troisi, Urbano Urbani, Giancarlo Vezzi, Ivan Vinello, Vittorio Cusmai
A fianco.
Alcuni dei partecipanti
In questa pagina.
La locandina dell’evento.
L’autore con la moglie.
Il Comandante Cusmai con
alcuni suoi “ragazzi”
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nunzio difonzo
corso deimos 2002-‘08
La grigliata estiva è giunta
alla sua seconda edizione
COURTESY n. difonzo ©2008
franchi in riga
la puglia... ai ferri
Sembra che ormai la grigliata pugliese stia diventando una ghiotta tradizione
L
o scorso 7 agosto il nucleo barese degli ex
allievi ha lanciato da Santeramo in Colle
(Bari) per il secondo anno consecutivo
il suo urlo di raccolta, al quale hanno risposto ben 40 persone: 27 Morosiniani accompagnati da compagne, fidanzate, mogli e figlie (immancabile Mia Guasta), al quale si sono aggiunti
due cugini della Nunziatella.
Otto i corsi rappresentati: dall’Orsa Minore (immancabile Rudy) al neo-diplomato corso Iason.
Da notare che erano rappresentati gli ultimi 7
corsi usciti. La rosa era composta (in ordine di
anzianità) da: Gentile e Bianco (Alpherat 19992002), Locuoco (Ares 2000-’03), Manlio (Perseus
2001-’04), Difonzo (Deimos 2002-’05), Gallitelli,
Giannico, Spinelli, Netti, Romanazzi, Spadaro,
Piscopo, Delsole, Lasaracina, Lo Monaco, Acquaviva (Chyron 2003-’06), Giacoia, Caira, Mangione, Caiazzo, Dell’Orco, Puggioni, Giallanza (Daidalos 2004-’07), Ricciulli, Pugliese e Margherita
(Iason 2005-’08).
La serata è stata scandita da racconti collegiali,
risate, battute, foto-ricordo e brindisi intervallati da abbondanti portate di carni arrosto e fiumi
di vino. Come previsto, si è rivelata una piacevolissima serata in ottima compagnia. A tavola ci
si promette di rivedersi più spesso, di essere più
presenti nella vita “morosiniana”, di organizzare
più spesso incontri di vario genere… e ci si promette anche di essere puntuali! Ma lo sappiamo..
sono promesse da marinai…
ph. COURTESY n. difonzo ©2008
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luigi bajona
corso azzurra 1983-‘86
Le interviste del
Brogliaccio
Il nostro inviato ritorna e raggiunge in Serbia Marco Bonabello del corso Maelstrom 1991-’94
DOMANDA: Che soprannome avevi in collegio?
D. Cosa ricordi
con piacere del periodo passato al Morosini?
Cosa, in particolare, ricorderai per tutta la vita? Qualcosa che ti è rimasta nel cuore?
R. Domanda difficilissima. Ricordo molte,
troppe cose. In effetti è impresa ben ardua fare
una “selezione chirurgica” di qualche evento in
particolare. È semplicemente stato un periodo
della mia vita fantastico e molto intenso. Rammento benissimo i primi passi compiuti in collegio (ancora in abiti borghesi!), la prima doccia
(fredda!!), questi strani
A fianco.
numeri di matricola, le
L’allegra tavolata
interminabili code dal
pugliese
COURTESY m. bonabello ©2008
RISPOSTA: Il mio soprannome in collegio
era (ed è tuttora per molti amici) Puffo. È stato uno dei primi soprannomi ad emergere nel
mio corso, perché avendo già avuto un fratello
in collegio (Emanuele Bonabello, corso Alkaid
1981-’84) ho semplicemente “ereditato” il suo soprannome. Non ho mai
avuto altri soprannomi
degni di nota… insomma, ero un vero “Puffo”
per tutti i mei compagni di corso, ma anche
per i miei anziani, anzianissimi, pivoli ed ufficiali!
barbiere, gli inspiegabili piantoni e giri notturni
(poi aboliti), l’iniziale strana sensazione di stare
in un dormitorio con tanta gente “sconosciuta”.
La scuola, i professori (un po’ chioccia ed un po’
padri), i Capi con ognuno le proprie piccole “manie”, i rigeneranti soggiorni in infermeria, la bistecca a colazione prima della cerimonia di Santa
Barbara, la prima scalata sul cupolone, la spivolatura, il verso della carota incinta, le incisioni
delle nostre matricole
sui davanzali dei bagni.
E poi lo sport, il Tetra
Calcio Agreste (forma di calcetto da noi
inventata e praticata
dietro i campi tennis),
gli intercorsi di calcio
(me la cavavo benino
come tornante della
nostra squadra) ed il
mitico goal che segnai
ai nostri anzianissimi
nella prima partita del nostro primo intercorso
(fine primo tempo 0-1 per noi, fine partita 8-1 per
gli anzianissimi)!! E poi ancora i pomeriggi trascorsi a studio, le infinite code per telefonare, le
franchigie, il borsellino, le birre & gin al Devils,
le bellissime donzelle veneziane e straniere ed
i tanti amori “consumati” all’ombra di romantiche “calli” e celati “campi”, il Lido ed i numerosi falò sulla spiaggia, i
turni di guardia sul
S.Giorgio, le micidiali
In questa pagina.
amache del Vespucci,
Marco ai tempi del Mak ∏
le avventurose setticon un compagno di corso
il brogliaccio 012 17
franchi in riga
franchi in riga
COURTESY j. ballerini ©2008
morosiniani all’estero:
marco bonabello
mane bianche. Poi infine le mitiche tre striscie,
i galloni di graduato e l’emozione al rientro in
collegio per l’anno da anzianissimo, gli “allarmi
pescatori”, la vista al tramonto sulla laguna dall’Olimpo, le contese con il comando, la lotta per
difendere le tradizioni del collegio e la propria
sudata “anzianità”, la maturità, le palle del leone
al corpo di guardia, l’ultima partenza ed il tristissimo addio al collegio. Insomma, tanti amici.
Tante emozioni. Tante “prime volte” e tantissimi
bei ricordi! In particolare una cosa che non potrò
mai scordare è sicuramente l’alzabandiera dopo
il Mak ∏. Ci si rende conto in pochi attimi che
una fase incredibile della vita sta per chiudersi, e
che nuove avventure e sfide sconosciute ci attendono al varco!
inizialmente dalle comodità e certezze di casa
propria non fu facile. Per esempio, non poter
guardare la televisione quando e come vuoi, non
poter mangiare quando e come vuoi, aver la tua
vita organizzata da altri nei minimi dettagli. Il tutto
richiede grande spirito di adattamento ed all’inizio
può essere molto difficile. Però anche capire certi
valori, tra cui lo spirito di corso, la sincerità, il
sacrificarsi per i tuoi compagni, richiede molto
tempo e numerosi sbagli da cui s’impara volta per
volta. Il collegio è potenzialmente un luogo in cui
il motto “mors tua vita mea” potrebbe farla da
padrone, ma che invece si è sempre rivelato un
luogo di grande umanità ed altruismo; un luogo
in cui si soffre e si gioisce, si vince e si perde,
tutti insieme. Insomma, una vera scuola di vita!
Poi all’ultimo anno le (inevitabili) difficoltà
di comprensione con il comando, il confronto
serrato con alcuni
ufficiali su questioni
relativamente
futili,
ma che prese in quel
contesto
sembrano
vitali! In fin dei conti
si è in collegio nell’età
degli
ideali,
non
bisogna scordarlo e
non credo sia giusto
reprimerli.
COURTESY m. bonabello ©2008
D. Un riassunto
della tua vita dopo il
Morosini ed il perché ti
trovi all’estero?
R.
Mi
trovo
all’estero per via del
mio lavoro presso
l’Organizzazione
per la Sicurezza e
la Cooperazione in
Europa (OSCE), in
qualità di funzionario
internazionale. Direi
che s’inizia molto
presto, fin da bambini,
a nutrire interesse per
la “vita internazionale”,
il che può significare
anche solo cercare
qualcosa
di
più
stimolante della propria
realtà locale. Bisogna
essere affascinati da ciò che è diverso, e che
spesso non è facile comprendere da subito.
Una volta finito il Collegio Navale F. Morosini
D. A distanza di tanti anni ricordi ostacoli
e difficoltà che sicuramente fu duro sfidare a
quella età in collegio?
R. Sicuramente il fatto di allontanarsi
18 il brogliaccio 012
mi sono iscritto alla facoltà di Giurisprudenza
dell’Università La Sapienza a Roma, con l’intento
di fare quanto prima nuove esperienze di studio
all’estero. La Sapienza stessa, oltre ad essere
un validissimo ateneo di studio, si è rivelata
soprattutto una “scuola di vita”. La necessità
di emergere tra migliaia di altri studenti ha
contribuito a rafforzare la mia determinazione e
risolutezza. Da notare la totale diversità di questo
ambiente, per certi aspetti enorme e dispersivo,
dal tranquillo e protettivo collegio navale. Dopo
un anno di Erasmus a Strasburgo, dove ho
conseguito un diploma in Diritto Internazionale
e Comunitario presso l’università locale, sono
partito per Bruxelles con una borsa di studio per
svolgere la tesi di laurea in Diritto Comunitario.
Negli anni seguenti ho partecipato a vari corsi,
tra i quali quello di formazione alla carriera
diplomatica organizzato dalla Società Italiana
per l’Organizzazione Internazionale (SIOI).
Quest’ultimo ha rappresentato un momento
importante della mia formazione rinvigorendo da
un lato il desiderio d’intraprendere una carriera
internazionale e fornendomi dall’altro solide basi
culturali ed umane per realizzare tale sogno.
Successivamente, ho lavorato quale tirocinante
presso Organizzazioni non governative ed
internazionali ed ho partecipato a diverse missioni
elettorali con l’OSCE nei Balcani ed in Ucrania.
Queste brevi esperienze professionali non devono
essere sottovalutate, poiché spesso si rivelano un
vero e proprio trampolino di lancio per questo tipo
di carriera. Nel 2003 sono poi partito per un altro
tirocinio presso la Missione OSCE a Belgrado,
dove mi sono dedicato ad un’interessante ricerca
di carattere legale sui crimini di guerra che mi ha
consentito di esprimere al meglio le conoscenze
acquisite. Dopo qualche mese l’OSCE mi ha
offerto l’opportunità di lavorare quale Human
Rights Officer presso la propria Missione in
Bosnia ed Herzegovina, nella cittadina di Travnik.
Qui ho seguito con passione numerosi progetti
inerenti ai diritti umani ed ai crimini di guerra.
Questa esperienza “sul campo”, unitamente alle
esperienze giuridiche, analitiche e diplomatiche
maturate nel tempo, ha certamente contribuito,
nel giugno 2005, alla mia assunzione tramite
concorso quale Funzionario internazionale presso
il Tribunale Penale Internazionale delle Nazioni
Unite per l’ex Jugoslavia che ha sede all’Aja.
Infine, dopo oltre due anni d’interessante lavoro
in Tribunale, fra processi per crimini di guerra
e famosi esponenti politici dell’ex Jugoslavia (tra
cui il fu Slobodan Milosevic), mi è stata offerta
la possibilità di crescere professionalmente
ricongiungendomi alla Missione OSCE in Serbia
in qualità di Consigliere Legale in materia di Lotta
alla Criminalità Organizzata (Legal Adviser on
Organized Crime). Lavoro pertanto a Belgrado
con questo “delicato” incarico da oltre un anno
e mi trovo benissimo in una città socialmente e
culturalmente all’avanguardia!
D. Un telegramma che vorresti inviare a
tutti i lettori del nostro Brogliaccio?
R. Mi fa grande piacere avere l’opportunità
di scambiare con voi tanti cari ricordi sul collegio
e vi invito a venirmi a trovare a Belgrado per
approfondire l’argomento tra veri “nostalgici”!
D. Sei iscritto all’Associazione Ex Allievi
Scuola Militare F. Morosini?
R. No, principalmente a causa del mio
“girovagare” non lo sono mai stato, ma seguo
sempre con grande interesse tutte le vostre
iniziative e spero di essere presente in futuri
avvenimenti da voi organizzati.
D. Vuoi aggiungere un commento o altro?
R. … Sì, vorrei cogliere questa occasione per
fare un saluto, un appello ed una domanda. Saluto
calorosamente tutti i miei compagni del corso
Maelstrom sparpagliati per i 7 continenti e tutti
i professori, ufficiali e sottoufficiali che ci hanno
accompagnato in quella fantastica avventura tra
il 1991 e il ‘94. Vorrei poi cordialmente chiedere
il sostegno della Associazione per far sì che
il mitico corso Maelstrom possa finalmente
organizzare il suo primo raduno di corso dopo
oltre 15 anni (2009) dalla sua uscita dal collegio!!
Sarebbe per noi un grandissimo piacere poter
ripercorrere certi luoghi e confrontarci con le
nuove generazioni d’allievi! Infine vorrei chiedere
delucidazioni sulla veridicità delle notizie che si
sentono di questi tempi circa il futuro arrivo del
“gentil sesso” tra le mura del collegio. Se tali voci
saranno confermate credo che si tratterà di un
cambiamento positivo ed epocale per il collegio
(sia a livello logistico, che a livello mentale), in
misura ancora maggiore di quello che avvenne
con la “rivoluzione” delle stellette. Certo però
che il “nostro” amato collegio originale rimarrà
sempre più un ricordo di pochi eletti…
A fianco.
Marco oggi
il brogliaccio 012 19
franchi in riga
giuseppe lacerenza
corso daidalos 2004-‘07
vacanza-lavoro
ad Amsterdam
COURTESY g. lacerenza ©2008
avventure morosiniane
all’estero
Nelle parole di Giuseppe la consapevolezza che i tre anni al Navale valgono davvero qualcosa
È
nato tutto per gioco, ancora una volta,
come del resto la maggior parte delle
esperienze più belle. Girovagavo per
internet alla ricerca di un lavoro estivo
per poter valorizzare i mesi di vacanza e dopo
aver ricevuto un consiglio dal caro Nunzio, responsabile del giardinetto, ho iniziato a mandare
curricula nel settore del turismo. Sinceramente
non mi aspettavo niente, non avevo alcuna referenza nel settore, eppure la prima risposta mi è
arrivata dall’Hilton Hotel di Amsterdam per propormi il contratto per Food & Beverage Waiter.
Entusiasta della proposta ho confermato il tutto e
prenotato il viaggio, certo che qualcuno dei miei
compagni di corso non si sarebbe tirato indietro
cOURTESY g. lacerenza ©2008
20 il brogliaccio 012
ph. COURTESY davidec.splinder.com ©2008
ad accompagnarmi. E così è stato, 1° agosto direzione Amsterdam, dove mi aspettava un mondo
totalmente nuovo, che avrei affrontanto con uno
dei miei piu cari amici, Dario, pilota in licenza.
Primo giorno di lavoro, durante il colloquio, noto
che le voci sottolineate nel curriculum siano il
Morosini, la patente nautica, e le esperienze all’estero. Nel frattempo caso vuole che il Vespucci nella sua campagna addestrativa faccia tappa
ad Amsterdam, ottima occasione per rincontrare
tutti gli ex imbarcati, in cerca di una camera per
riposarsi dopo la guardia notturna prima dell’entrata in porto. Il Vespucci naturalmente lascia
ancora una volta senza parole e ogni angolo di
quel veliero, di cui tutti noi italiani siamo fieri,
ha un suo ricordo che fa sorridere e soprattutto
riflettere.
Alla partenza dell’Accademia l’avventura continua, questa volta da solo alle prese con un lavoro
che non avevo mai fatto, e che soprattutto mi incuriosiva. Ed è proprio in questo momento che
mi sono accorto che le abilità sviluppate al Morosini, la dinamicità, la capacità di adattamento,
e soprattutto la capacità di farsi parte diligente
(CF Spolaor docet) pur essendo l’ultima parte di
un team oramai collaudato, fanno la loro parte
rendendo il tutto più familiare. La salita non è
affatto semplice, ma si fa divertente. Non mancano i problemi tipici del pivolo poco attento; tipo
lo smarrimento dei documenti prima di tornare
in italia. E anche qui il Morosini fa la sua parte:
consolato italiano di Amsterdam, il responsabile
dell’accoglienza è un ex nocchiere del Vespucci
molto disponibile e solo così riesco ad ottenere
il passaporto d’urgenza in 5 giorni per ritornare
in Italia.
Ora che mi ritrovo a tirare le somme di questa
avventura/esperienza, mi accorgo di quanto il
Morosini abbia contribuito alla formazione morale rendendo alla società non più dei ragazzi ma
degli uomini capaci di affrontare qualsiasi tipo
di difficoltà con quella marcia in più da tutti noi
conosciuta.
A fianco.
L’autore davanti al Vespucci
attraccato ad Amsterdam
In questa pagina.
Veduta di Amsterdam
con le sue case galleggianti
il brogliaccio 012 21
lucio pecoraro
corso naumacos 1995-‘98
…ancora
un altro passo…
COURTESY l. pecoraro ©2008
olimpo
il fardello del comando
Divenuto comandante di una Compagnia fucilieri un giovane Capitano analizza le proprie
nuove responsabilità
T
utti quanti noi abbiamo sempre pensato
al Comando come dare ordini, emanare
disposizioni o più semplicisticamente
avere delle persone alle proprie dipendenze le quali “esaudiscono” ogni proprio volere.
Solo coloro i quali si sono trovati, invece, in una
posizione di Comando, hanno potuto scoprire
che questo è estremamente riduttivo ed in molti
casi poco rispondente alla verità. In questo momento mi trovo al Comando di una Compagnia
fucilieri, nella quale ho svolto gli incarichi di Comandante di plotone prima e successivamente di
Vice Comandante, e sulla base delle esperienze
che ho vissuto e di quella che continuo a vivere voglio provare a descrivere ciò che significa o
dovrebbe significare il termine Comando. Ho voluto intitolare questo articolo “Il fardello del Comando” perché ogni Comandante reca con se un
“fardello” sulle spalle pieno della responsabilità
dell’impiego del proprio personale per preservarne la vita e per assolvere al compito assegnatogli.
Questo “fardello del Comando” come sono solito
chiamarlo, è più o meno pesante a seconda della
persona, poiché non tutti lo amano e non tutti
vogliono portarselo dietro. Il mestiere del Comandante prevede, infatti, che questi conosca a
fondo i propri uomini, i loro pregi ed i loro difetti,
conosca il loro carattere e ne comprenda le sfaccettature in modo da poter usare sempre il modo
migliore per impartigli delle disposizioni o ,cosa
ancora più importante, per conoscere la maniera
migliore per fargli presente un errore, tutto questo al solo scopo di sfruttare al meglio le potenzialità che ognuno di essi possiede, incanalare le
energie di tutti verso la direzione che si ritiene
più giusta. Per fare ciò occorre sacrificio, occor-
22 il brogliaccio 012
re essere sempre presenti, occorre l’esempio ed
occorre soprattutto capacità di valutazione. Si
comprende facilmente, quindi, che il mestiere
del Comandante non è per nulla facile, e che non
tutti riescono a svolgere questo tipo di incarico
al meglio, ed anzi nella maggior parte dei casi si
confonde Il Comandante con chi invece amministra solamente un reparto. Viene quindi alla
luce che il solo fatto di avere un grado superiore
non presuppone che una persona comandi, ma
anzi questo serve per amministrare; il Comando lo si esprime trascinando il proprio personale
attraverso il proprio operato,con il proprio spirito, con la propria energia, quando i tuoi uomini
ti seguono senza farsi domande poiché persuasi
nella giustezza delle tue decisioni. Tutto ciò lo si
ottiene con preparazione professionale, con capacità di analisi, ma soprattutto se in possesso di
doti caratteriali che ti permettono di apprezzare ognuno dei propri sottoposti anche per i loro
difetti, quando si pensa a loro come qualcosa di
personale, di intoccabile, quasi a come dei figli,
e come un buon padre si deve essere pronti al
rimprovero, alla parola di conforto, al alla parola
di incoraggiamento quando li si vede giù di corda,
poiché solo quando questi riconosceranno quasi
ti riconosceranno quasi la proprietà si potrà dire
di avere a disposizione una squadra. In buona sostanza, occorre saper interagire con i propri uomini con intelligenza e buon senso sapendo valorizzare ogni singolo uomo poiché anche colui che
appare non adatto o poco motivato potrebbe con
una buona guida, diventare un ottimo soldato.
Nel contempo, il Comandante, deve essere colui
il quale amministra la giustizia, colui il quale è
responsabile del mantenimento dell’ordine e del-
voluto che nel momento più entusiasmante, cambiasse il mio modo di fare, magari in peggio. Successivamente, in particolare, nell’esercizio della
potestà disciplinare, mi sono reso conto che il
mio punto di vista, il mio nuovo punto di osservazione, mi aveva portato ad analizzare le cose in
maniera, delle volte differente, in alcuni casi in
senso restrittivo ed in altri in senso più elastico
o comunque a valutare delle mancanze in maniera diversa rispetto al passato. Il “fardello del
Comando”, insomma cambia le persone, le rende
più responsabili, le rende sempre più presenti,
più attente alle esigenze del proprio reparto, degli uomini che lo compongono, il peso di questo
“fardello” delle volte piega le gambe di chi lo porta, altrimenti, le rende più forti. Tutto ciò dipende dalla propria attitudine, dalla propria volontà,
da quanto ognuno di noi intende sacrificarsi, da
quanto ognuno di noi
sia disposto per il bene
del proprio reparto a rimanere solo a prendere
decisioni non facili, da
quanto ognuno di noi
sia disposto ad arrabbiarsi per il solo fatto
che qualcuno dei propri uomini non sia stato
all’altezza di una situazione e non per il fatto
che si è stati ripresi per
questo motivo ma perché egli ha fallito e ci si
sente sempre parte del
fallimento di un proprio uomo, dipende, da
quanto ognuno di noi
ama il proprio reparto
e desidera che questo sia splendente poiché ogni
unità assomiglia al proprio Comandante poiché
esso ne è il motore.
COURTESY l. pecoraro ©2008
la disciplina nonché del rispetto delle regole e dei
regolamenti. Proprio nell’esercizio di tale potestà
non sempre le proprie decisioni saranno sempre
popolari, poiché in molti casi, chi non ha davanti il quadro completo della situazione, o chi più
in generale non ha la responsabilità dell’intero
reparto, non riuscirà a comprendere alcune decisioni piuttosto che altre. Questa, infatti, è una
delle incombenze del Comandante in cui sarà
sempre solo, poiché solo lui può e deve decidere,
poiché sarà sempre e solo lui a rispondere delle
proprie decisioni. Torna quindi in scena il “Fardello del Comando”, pesante, sempre più pesante,
che rende doloranti le spalle di chi lo porta ma
che nel contempo lo rendono orgoglioso per ciò
che fa e per quello che i propri uomini fanno per
lui. I grandi Comandanti, nella storia hanno sempre dimostrato di portare un “fardello” molto pesante, fatto di assoluto
senso di responsabilità,
di dedizione al dovere, di amore per i propri uomini senza mai
dimenticare però che
il reparto ha priorità,
che le esigenze di questo vengono prima delle esigenze del singolo,
che appunto “… per
fare il bene di tutti, occorre pensare solo al
reparto!”, come soleva
dire un mio vecchio
Comandante di Compagnia. Fare quanto
descritto non è facile,
probabilmente non è
nemmeno adatto a tutti,
poiché non tutti posseggono la forza per affrontare critiche, non tutti posseggono le capacità necessarie per poter analizzare ogni situazione in
maniera lucida e prendere così le giuste decisioni,
poiché è nella natura umana farsi condizionare
da simpatie o antipatie, lasciarsi convincere dagli
altri perdendo di vista la propria posizione senza ricordare che solo coloro che sono investiti di
Comando possono realmente comprendere certe
decisioni, determinati comportamenti. Quando
ho assunto il Comando della Compagnia, ancorché nella posizione di Vice Comandante avessi
sempre avuto grandissimo spazio di manovra,
mi venne detto da alcuni dei miei Bersaglieri
che ero cambiato, e non posso nascondere che la
cosa mi fece riflettere poiché ritenendo giusto il
mio operato sino a quel momento, non avrei mai
Ho voluto scrivere queste poche righe, cariche di
passione, perché credo in questo “fardello”, credo nella sua importanza e credo fermamente che
sia un onore portarlo sulle spalle, e forse, proprio
per rispetto a questo “fardello” chi è investito di
Comando deve cercare sempre di svolgere il proprio ruolo non mollando mai, resistendo alle tentazioni che vengono di mandare tutto all’aria, ma
anzi di lottare dicendo
alle proprie gambe dolenti “… ancora un altro
passo!”.
In questa pagina.
In attesa degli ordini
il brogliaccio 012 23
COURTESY l. tarsia ©2008
sala convegno
all’ombra
del cupolone
Luigi Tarsia
corso Halley 1985-‘88
l’angolo delle tradizioni
Questa volta il nostro Peppino ci riporta con la memoria ad un altro “luogo non consentito”
C
i sono luoghi che per altri sono assolutamente privi d’interesse e che per noi
sono invece molto speciali: sono i nostri
“luoghi dell’anima”. L’unicità che essi
hanno nella nostra vita la si scorge dal modo in
cui ci si appresta a visitarli.
Se esistesse un atlante delle emozioni, sicuramente il cupolone meriterebbe un posto speciale. Già la parola “emozione” vuol dire, dal latino
“ex movere”, muovere fuori, estromettere “ricordi
che non raccontati, altrimenti muoiono”, come
fossero tasselli di un puzzle, piccole tracce di un
nostro trascorso che ci ricordano cosa siamo stati e da dove veniamo.
Il cupolone è nel nostro immaginario il luogo in
cui risiedono la maggior parte delle emozioni di
quei tre indimenticabili anni della nostra vita! È
come se fosse un hard disk della nostra memoria!
Lo osservi ed immediatamente i file ti si ricompongono nella mente, ti si materializzano attimi
e momenti che pensavi di aver rimosso ed invece
sono ancora lì, più vivi che mai! Eppure il cupolone non è altro che una materializzazione architettonica moderna dell’analoga cupola romana
del panteon, con tanto di oculo alla sua sommità.
Proprio quell’oculo che ha assisito alle cerimonie
di Santa Barbara del periodo collegiale e altrettante cerimonie di inaugurazione dell’anno accademico . Per non parlare di Mak ∏ 100 e feste
danzanti. Ma il cupolone ci ha osservato in tante
altre occasione. Ha visto e continua a vedere le
scalate degli allievi alla sua sommità specialmen-
24 il brogliaccio 012
te durante le serene serate primaverili quando
gli anzianissimi usano “battezzare” la scalata al
cupolone del loro “nipote”.
Un paio di anni fa esso è stato ristrutturato totalmente. Esternamente è stata rifatta la guaina impermeabilizzante ed internamente è stato
rivestito di nuovi pannelli fonoassorbenti che
hanno fatto scomparire alla vista interna l’oculo.
I nuovi allievi non potranno quindi prender parte al torneo della “Caciottacanestro”, gioco con il
quale gli anzianissimi si divertivano a far cesto
con la caciotta appallottolata del pivolo nella rete
dell’oculo. Questo ritorno al passato, a luoghi ed
avvenimenti di tanti anni fa, ci fa sorridere, ma
ci fa anche riflettere: con l’attuale modo di vivere
a volte troppo “ricco” e pieno di oggetti inutili,
ci stiamo forse togliendo della possibilità di godere delle piccole emozioni come quelle vissute
all’ombra del cupolone.
A fianco.
L’oculo del cupolone, “nido”
di innumerevoli berretti dei
pivoli.
Il cupolone oggi.
Il cupolone visto dal campo
di calcio
ph. COURTESY l. tarsia ©2008
ph. COURTESY l. tarsia ©2008
ph. COURTESY l. tarsia ©2008
25
il brogliaccio 012 sala convegno
andrea schifano
corso hydra 1976-’79
Torniamo ad ospitare su queste pagine uno scritto di Andrea. È scritto con gli occhi di un
padre, di un ex pilota che sa volare più alto di prima, leggetelo
O
ttobre 2007… e sono di nuovo qui. Saranno 10, 12, 15 metri di altezza, non
lo so e, per altro, non mi interessa; sicuramente più alto di quanto non fossi
16 anni fa quando ero nella prima delle prime file
da dove potevo vedere, capire, controllare tutto,
ma... non mi interessa più. È un volo Delta diretto, Roma-Atlanta. Che ci faccio qui, qual è la forza che mi spinge ad andare lontano? Di preciso
ancora non so, ma qualcosa c’è. Di solito, quando
potevo scegliere, chiedevo un posto vicino al finestrino. Oggi non posso scegliere più e qui mi ci
ha portato qualcuno, fila centrale, posto esterno
vicino al corridoio; però c’e un bel monitor che indica l’aereo, alcuni dati di rotta. Quota, velocità,
prua. Passa qualche minuto e ci muoviamo. Vedo
lungo la pista che andiamo verso la 34 di Fiumicino; per forza, avranno chiesto un decollo north bound per acchiappare prima la lossodromia.
Quando capisco che ci hanno dato la clearence
avverto un brivido lungo la schiena e quando subito dopo sento i motori urlare al massimo penso
a loro, nella prima delle prime file, che scorreranno tutte le procedure e guarderanno tutti gli
strumenti come facevo io qualche anno fa e verificatili tutti in arco verde davo il “go” al mio secondo che cominciava chiamarmi le velocità ed
alla fine sussurrava “rotazione”; in quel preciso
istante sento la spinta sul sedile, acceleriamo e
finalmente afferro in un attimo cosa mi spinge
ad attraversare di nuovo l’oceano: un richiamo,
un’altra sfida. Guardo il monitor davanti a me che
mi indica la quota 2000 3000 e via via capisco
che saliamo tra i 3 ed i 5000 piedi minuto; poi
guardo i gradi di prua che aumentano lentamente e la latitudine che pure aumenta lentamente.
26 il brogliaccio 012
COURTESY a. schifano ©2008
ssdd ovvero strani
scherzi del destino
Capisco che là davanti avranno già passato tutto ad un GPS o ad un inerziale. Saranno passati
dieci minuti o un quarto d’ora e là sul monitor c’è
scritto 38 0 37000 piedi (troppo tempo oramai è
trascorso per ricordarmi se west bound è pari
o dispari, ma tanto hanno sicuramente ragione
loro là davanti). Qui finiscono le mie prime emozioni ed iniziano i miei pensieri.
Venti anni fa era un’ambizione, oggi un’emozione,
in parte un orgoglio. Meglio oggi, lo afferro in un
attimo; vent’anni fa mia figlia aveva 3 anni, oggi
è laureata e per qualche capriccio del destino se
n’è andata negli stessi posti in cui l’avevo portata vent’anni fa; oggi è in Florida, Pensacola dove
io ho iniziato una mia avventura e dove lei oggi
divide casa, ma da room mate, con un ragazzo
che ha fatto il CNFM, l’Accademia, il pre flyght
ed ora il corso di pilotaggio. Un altro scherzo del
destino ci ha messo tutti e 3 in contatto ed ora
lei è la a condividere una casa (almeno io cosi
so) con una specie di mio clone. Certo da qualche settimana mi pare di avvertire che qualcosa è cambiato: in video conferenza l’ho vista con
le dogtags penderle dal collo, (io non avrei mai
dato le mie dogtags), un sorriso strano. Doveva
restare solo 3 mesi, da Corpus è andata a Pensacola bazzicato per un po’ la UWF (University
of West Florida) e propostomi di fermarsi qualche mese in più per frequentare un corso presso
quella università. Ho acconsentito, ma quando
qualche settimana fa via computer si è messa a
piangere e mi ha detto “mi manchi, perché non
vieni?”, ho stanziato un budget e capito che ce la
potevo fare; tanto tra poco arriva la tredicesima,
che me ne frega, sono solo soldi e poi ho qualcuno di straordinario che mi assiste mi consente di
realizzare questo sogno. Che me ne frega che non
funzionano più le gambe e le mani. Si sostituirerà
lei ad esse: ecco un’altra forza che mi spinge.
ph. COURTESY a. schifano ©2008
Così come io sto volando, con me anche i miei
pensieri; la latitudine aumenta il monitor mi
mostra la lossodromia con la figurina dell’aereo
e mi fa capire che stiamo sorvolando la Francia,
la latitudine continua ad aumentare. Non ho mai
volato una lossodromia: più banali aerovie low,
ogni tanto high, ma sempre costretto in una radiale assistito da un VOR. Però così a naso credo
che quando la latitudine comincerà a scendere
dovremmo essere a metà strada; ecco un’altra
forza: cerco di capire, di tenere il mio cervello ancora sveglio. Insomma lotto, ho di nuovo voglia di
lottare. Passano le ore ed atterriamo ad Atlanta;
connection per Pensacola ed alle 9 di sera riabbraccio Simona. Ha affittato per me una splendida
villetta a Milton con 4000 mq di giardino, piscina
e all you can need; ho una macchina, il pieno
di benzina ed un pacchetto di sigarette: che altro serve qui negli Usa? Appena arrivato entriamo con Simona nella straordinaria confidenza e
complicità che da sempre ci unisce. “Sai papà mi
sono innamorata e con Gabriele stiamo facendo
dei progetti…”. Lui è già rientrato in Italia, è stato
fortunato, ala fissa, Sigonella, praticamente dove
abito io. “Faccio questo 2 semestri alla UWF, ritorno e… Boh, non lo so, ma se prima volevo fare
la manager ed ho studiato per quello oggi sento
che c’è qualcosa d’altro
che mi spinge. Non lo
so essere donna, moglie
In queste pagine.
magari madre ma per
Il gabbiano
qualcuno non più per
Jonathan Livingstone
il brogliaccio 012 27
qualcosa, come te venti anni fa; lo capisco solo
ora, evidentemente ti somiglio.” Ecco cosa mi ha
spinto e cosa mi spinge ancora ora: capire, condividere ed in fondo apprezzare. L’ho messa al mondo io questa figlia tutto ciò è solo un suo diritto,
non mi deve neanche un grazie devo dirle solo
“complimenti”. E poi è solo quello che desidero da
parecchi anni; un maledetto gioco del destino ha
voluto che io mi separassi da mia moglie quando lei aveva 16 anni e l’altra figlia nata a Corpus
Christi (TX) solo 12. Da allora ho sempre desiderato di vivere insieme a loro, aspettarle tornare
a casa, chiedergli “com’è andata? Che farete?”,
ridere, mangiare insieme, fosse un panino o un
pranzo completo, ed invece da qualche anno le
vedo spesso ma non con la frequenza ed il modo
che vorrei; ora vivrò insieme ad una delle due per
circa 3 mesi, non è una vacanza, ne abbiamo fatte
tante insieme, questa volta è vita. Ed ecco che
mi scopro seduto davanti alla finestra del front
yard ad aspettare che torni a casa dall’università
con il suo spiderino e godere nel vederla scendere tuta fighetta ed avvicinarsi a me. Finalmente
le posso chiedere di nuovo, ogni giorno “com’è
andata? Che vuoi mangiare?”, stare seduti insieme fumando una sigaretta, progettando, confrontandoci sentendosi crescere insieme io con la
mia “esperienza” lei con la sua voglia di crescere
ancora. Dopo qualche giorno ricomincio a scorribandare per Pensacola: è tanto cambiata, senza
GPS mi perderei ma torno al Nas, a Whiting Field
alle beaches, Fort Walton, Navarre… È lì almeno con me stesso capisco qual è la forza che mi
spinge, non certo quella, indispensabile, di chi
dietro di me fa andare avanti la carrozzina ma la
voglia di raccogliere un po’ white sand o quella
di tornare all’obstacle course.
Novembre 2007. Rifaccio il Thanksgiving, mangio il tacchino con una famiglia americana, amici di Simona, con la stessa ospitalità (magari un
po’ ipocrita per noi italiani ma assolutamente
straordinaria per loro americani) e capisco un’altra cosa che mi ha spinto fin qua: riprovare delle
emozioni rimuovendo le vecchie.
Dicembre 2007. Ai primi di dicembre arriva anche
Gabriele e dopo qualche giorno siamo a New Orleans completamente ubriachi in Bourbon street.
Li guardo: sì, sono innamorati; che ci farebbe lui
qua per natale a 10000 km da casa? Oramai è più
di un mese che siamo qua, sembrano pochi giorni
e capisco che sono finalmente felice. Arriva Natale, l’albero le luci fuori dalla mia villetta, le decorazioni, lo stesso albero enorme con sotto i regali
28 il brogliaccio 012
e lo stesso senso di famiglia: finalmente.
Gennaio 2008. Passa capodanno, arriva metà
gennaio. Tra meno di un mese torno a casa ed
un po’ mi spiace. Capisco un’altra cosa: “casa” e
lì dove posi il cappello quando chiudi la porta, e
se anche questa è una casa che un tornado spazzerebbe via in pochi secondi, per mille dollari al
mese è stata mia, di mia figlia, di chi con lei sta
progettando un futuro e di chi mi ha aiutato a
realizzare tutto ciò.
Febbraio 2008. Arriva il giorno del rientro ed
all’improvviso capisco che non mi dispiace, c’è
una nuova forza che mi spinge: dalla sera prima
di partire dall’Italia (altri giochi del destino) ho
una compagna che mi aspetta da circa 3 mesi. Un
nuovo amore qualcosa per cui vale di nuovo la
pena di vivere, pianificare, progettare.
Agosto 2008. Sono passati alcuni mesi dal mio
rientro, quasi un anno dalla partenza e sento ancora la forza che mi spinge. Simona è rientrata,
vive qui a Catania ci vediamo quasi tutti i giorni e con Gabriele quando ci salutiamo uno di noi
sussurra “pale a prora” e l’altro risponde “voga”.
Ogni tanto arriva in tuta di volo: non lo invidio,
l’ammiro. Strani scherzi del destino: la figlia di
un ex allievo, ufficiale e pilota convive con un ex
allievo, ufficiale e pilota anche lui. Ma sarà il destino o qualche oscura forza che ci spinge, me,
lei e lui. E poi ora accanto a me c’è sempre lei
un nuovo amore forse più vero di quello di prima
forse perché più maturo e più spontaneo (d’altra
parte mi sono sposato che avevo 22 anni, con una
diversa forza che mi spingeva). A volte quando
siamo tutti a tavola insieme e ridiamo, scherziamo senza mai prenderci sul serio ripenso a qualche anno fa e capisco che anche senza gambe e
con poche mani sono ugualmente felice.
Con queste righe non ho l’arroganza di spiegarvi nulla (anche se potrei dirvi non mollate mai,
dietro l’angolo c’è sempre qualcosa di nuovo ed il
cespuglio non è mai troppo alto da saltare. Quel
fottuto campaccio va corso e ricorso cento, mille,
diecimila volte fino a lasciarci le suole ed anche
le gambe: io ho imparato questo, ma ancora una
volta non ho l’arroganza di spiegarlo a qualcuno,
chi lo sente probabilmente lo avrà già capito da
solo). Ho solo voluto parteciparvi delle emozioni,
fratelli miei. Pale a prora. A voi per tutti noi.
Grazie a Simona, Gabriele, Daniela. E ovviamente a Loredana, la nuova forza che mi spinge.
andrea castelli
corso alphard 1975-‘78
Shakasvili fa sfoggio di
dilettantismo politico e strategico
Una breve analisi sulla situazione Georgiana
T
anto vale premetterlo subito: io sto con
la Russia. Non perché Putin o Medvedev
siano particolarmente simpatici, ma non
si può parteggiare per Shakasvili, perché
osare provocare l’orso e sognare di evitarne la
zampata merita quantomeno di sollevare qualche
grave perplessità. La mia simpatia e compassione
vanno umanamente e ovviamente ai civili georgiani travolti dalla reazione russa, ma il mio apprezzamento non va certo al loro presidente, i cui
militari tra l’altro sembra si siano abbandonati a
varie nefandezze nei confronti dei civili ossetini.
Un leader politico più avveduto ed esperto avrebbe intuito per tempo (e senza doverla testare),
la capacità e soprattutto la velocità di reazione
della macchina militare russa, senza costringere
il mondo ad affannosi tour de force diplomatici
per tentare di “mettere una pezza” al suo svarione. L’attacco alla ribelle Ossezia è servito solo a
dimostrare, quasi non lo sapessimo, che tale velocità di reazione è frutto di una preparazione e
di uno stand-by da tempo pianificati ed in attesa
solo di una inavveduta provocazione.
Le ragioni dei Russi sono concrete e meritano
perlomeno ascolto: prima la perdita di controllo sul Mar Nero, poi le questioni indipendentiste
e, infine, la provocazione di vedersi collocare lo
scudo spaziale tra Repubblica Ceca e Polonia.
Sono questi i nodi che Mosca ha dovuto affrontare negli ultimi 15 anni e che l’hanno portata
a rivestire nuovamente le sembianze del «nuovo
impero del male».
Fino a 15 anni fa quella che era l’URSS controllava circa metà della costa del Mar Nero; oggi invece il controllo si riduce a poco più di un centinaio
di km. La Russia è così passata dal dominio di
una amplia zona strategica – per materie e produzione di energia (dal gas al petrolio) – a pochi
km di spiaggia. Per questo, nella regione, Mosca
non ci vuole né la NATO né l’influenza della UE
che potrebbero arrivare indirettamente attraverso il cavallo di Troia georgiano. Tabù è l’adesione
alla NATO quanto gli ammiccamenti con l’Unione
Europea. Anche perché, come è noto, NATO, UN
e EU sfoggiano una coda di paglia non da poco:
l’aver avallato l’indipendenza del Kosovo dalla
Serbia impedisce di contestare con la necessaria
credibilità l’indipendenza dell’Ossezia e della cugina Abkhazia dalla Georgia. Il problema dell’Ossezia e dell’Abkhazia non è stato molto discusso
finora ma è di grandissimo rilievo strategico e
potrebbe ampliare l’apertura di un pericoloso
fronte di instabilità in una zona d’Asia, legata
agli indipendentisti, in cui la Federazione Russa
è coinvolta al di là di rivendicazioni strettamente geografiche. Una mediazione dell’ONU non è
facile, ma potrebbe in fin dei conti rimanere il
luogo ideale per incoraggiare incontri diplomatici, seppure il peso di un membro autorevole come
la Russia potrebbe forzare al margine le Nazioni
Unite.
Il presidente russo Dmitri Medvedev ha mostrato
una verve meno pacifista rispetto a quella evidenziata precedentemente e, anzi, avrebbe addirittura affermato che “la Russia si è rialzata e
vedremo come si metteranno gli altri”. Ad oggi,
complice la vicenda georgiana, Medveded e Putin
il brogliaccio 012 29
sala convegno
COURTESY a. castelli ©2008
ossetia
appaiono ancora più vicini e sintonizzati di quanto non apparissero prima; i due leader pensano
che, se per la questione Iran, Israele e Palestina
si può trattare (anche in quanto problemi lontani), sul versante interno non ci sono margini e la
Russia è molto meno disponibile ad aprire dibattiti. Inoltre la situazione non trarrebbe benefici
da un intervento USA. In questo momento, soprattutto, in cui c’è un Bush meno potente vista
la fase di transizione per l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali. Talmente poco potente che
persino la piccola Abkhazia ha proibito l’approdo
della unità della US Coast Guard recante aiuti
umanitari per i civili georgiani, sostenendo che
la nave trasportasse invece armi per l’esercito. In
fondo il problema vero è uno: lo scudo spaziale
che gli USA vorrebbero attivare. Secondo l’amministrazione Bush, per controllare l’Iran; secondo
i Russi, per controllare Mosca. Solo affrontando
questo nodo, un candidato presidente potrebbe
permettere l’apertura di uno spiraglio di distensione anche in Ossezia. Ma Obama ha la forza per
trattare un argomento così delicato? Noi Europei
però, se vogliamo essere seri e credibili, dobbiamo riconoscere la verità: voler collocare così tenacemente lo scudo spaziale tra Repubblica Ceca
e Polonia è una provocazione. Se il nuovo presidente USA affronterà questo tema al di là degli
slogan, allora i rapporti tra i due Paesi potrebbero tornare idilliaci.
Oltre un milione di barili di petrolio al giorno,
diretti dall’oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan verso
occidente, sono stati messi a rischio dal conflitto
georgiano. Il Consorzio che lo ha costruito (formato dall’inglese BP e dalla statunitense Chevron con una partecipazione anche dell’ENI) si è
detto “preoccupato” per
un investimento costato finora tre miliardi di
In queste pagine.
dollari. Il rischio di un
La costa del Mar Nero vista
atto di sabotaggio vieda Istanbul
ne considerato elevato
Che strano! uniformi ed armi se le ostilità dovessero
proseguire. Tra le sosono yankee...
30 il brogliaccio 012
cietà che gestiscono l’oleodotto, la BP è quella
che fa la parte del leone con una partecipazione
del 30%. Accanto alla multinazionale inglese c’è
poi la Socar, industria petrolifera di stato azera,
con il 25%, e a seguire altre nove società, americane, turche, giapponesi, saudite, la francese
Total e l’italiana ENI, che ha nel progetto una
partecipazione del 5%. Un ministro georgiano
ha dichiarato che cacciabombardieri russi hanno cercato senza successo di colpire l’oleodotto,
che, permettendo al petrolio azero di saltare la
Russia nel suo percorso verso l’Europa, rappresenta una delle infrastrutture di maggiore valore
strategico per la Georgia. L’oleodotto, in funzione
da oltre un anno, attraversa per 249 chilometri
la repubblica caucasica (alcuni tratti dei quali a
soli 55 chilometri dall’Ossezia meridionale) ed
è l’unica condotta che dall’Asia centrale «evita»
Iran e Russia per fornire Stati Uniti ed Europa.
Il Times di Londra ricorda come la sicurezza
dell’oleodotto sia stata una delle maggiori preoccupazioni del consorzio che lo ha costruito sin
dall’avvio del progetto. Risale ad agosto il primo
attacco contro l’infrastruttura in larga misura
protetta sottoterra, ma non in Georgia: è avvenuto in Turchia, a opera di un commando del Pkk. Il
flusso di petrolio dovrebbe rimanere sospeso per
qualche settimana ancora, scrive il Times. Ma il
rischio di un atto di sabotaggio viene considerato
elevato se le ostilità tra Georgia e Ossezia dovessero proseguire.
Le autorità separatiste sostengono che il Sud Ossezia abbia votato per la propria auto-determinazione in conformità con la legislazione in vigore
in Unione Sovietica in un periodo in cui l’URSS
ancora esisteva formalmente. Quindi, similmente all’Abkhazia, il governo “de-facto” del Sud Ossezia ritiene di essere stato legittimato all’infuori
dello spazio territoriale, legale e politico della
Georgia, prima della disintegrazione dell’Unione
Sovietica e della formazione dello stato georgiano indipendente.
Tra la fine di giugno e l’inizio di luglio 2008, con-
ph. COURTESY a. dell’agnola ©2008
temporaneamente alle deflagrazioni che hanno
colpito l’Abkhazia, anche in Sud Ossetia si è registrata una forte recrudescenza di attacchi definiti terroristici, che hanno causato vittime tra i
civili separatisti. Entrambi i rappresentanti delle
amministrazioni, “di fatto” Abkhazi e Ossetini
accusano i servizi georgiani di tali “attacchi terroristici”; la Georgia reclama di essere estranea
alle azioni e scarica la responsabilità sulle faide
interne tra clan locali per il controllo economico
delle regioni e del consenso popolare in vista delle prossime elezioni del 2009; la Russia richiama
alla necessità di pacificare i rapporti, salvo far
trapelare nei propri mezzi di stampa informazioni riservate che fanno riferimento alla preparazione di un attacco bellico contro la Georgia. Di
certo, il mantenimento di uno stato di tensione e
di allerta giustifica nel frattempo la permanenza
e l’incremento delle forze militari “di pace” russe
nelle regioni di conflitto.
Il Sud Ossetia in ogni caso non ha velleità di indipendenza, ma rivendica la propria autonoma
volontà di annettersi alla Russia.
In tutto questo contesto USA e UE ribadiscono
il riconoscimento dello stato sovrano della Georgia nella sua integrità territoriale e il non riconoscimento delle regioni separatiste come stati
indipendenti; chiedono un ammorbidimento delle tensioni tra Georgia e Russia e riconoscono il
ruolo di mediazione che la Russia deve necessariamente ancora giocare.
ph. COURTESY reuters ©2008
il brogliaccio 012 31
dimitri ruggeri
corso maelstrom 1991-’94
Golfo di Guinea 2008
COURTESY d. ruggeri ©2008
sala convegno
il mio nome È kwame
Dimitri ci racconta il suo “mal d’Afrika”
ph. COURTESY d. ruggeri ©2008
S
arebbe stato opportuno annotare queste
brevi impressioni direttamente sul luogo; mi ritrovo, mio malgrado, a distanza
di qualche giorno dal rientro, ancora con
idee frammentarie su cosa e come scrivere. Eppure la sensazione è che mi trovo a percorrere
le strade con scarpe diverse; scarpe fuori moda,
che non avrei mai messo prima, ma ora te le tieni
strette strette fin su la caviglia e ti accorgi che
sono addirittura confortevoli. Non credo, almeno per l’età che ho, di dover cambiare il mio essere per un’esperienza ma questa è l’ennesima
conferma che determinate situazioni ti danno
32 il brogliaccio 012
l’opportunità di essere sempre lo stesso… anche quando vesti fuori moda o stai ai margini da
tutto. L’importante è non cambiare ma adattarsi in ogni situazione per capire… Beh… questo
vestito è made in Africa. È un po’ retrò, kitsch,
stancante con punte glamour… è l’Africa dei bollettini postali delle Ong che ti arrivano a casa, è
la stessa Africa dei bambini con il pancione o con
gli occhi strabuzzanti
per la fame, è l’Africa
del detto e ridetto. Non
In questa pagina.
è stata questa l’impres- Una donna intreccia i capelli
sione della mia Africa. di una giovane ragazza Baulè
Per questo cambio la stessa definizione in Afrika.
Con un certo disgusto da occidentale ho iniziato
a guardare la terra. Tutto qui! La terra qui, il più
delle volte ha fattezze di polvere, ma quando si
bagna, per le frequenti piogge stagionali, diventa
rossa. È questo incredibile rosso, che a seconda
del cielo e delle diverse tonalità che gli fa assumere il sole, si avvicina al colore del sangue. L’immagine che si riusciva a fotografare dal riflesso
di quelle pozzanghere non le posso raccontare se
non con questa metafora; e si sa, la metafora può
essere tanto forte, quanto molto debole o peggio
ancora banale.
ph. COURTESY d. ruggeri ©2008
Il Golfo di Guinea comprende molti stati che nelle spartizioni e ridefinizioni politiche del passato hanno cercato di
dare a quasi tutti uno
sbocco sul mare anzi
sull’Oceano. Ho iniziato il mio viaggio dalla
Costa d’Avorio, nome
che per legge nazionale non può essere tradotto diversamente da
Cote d’Ivoire. Da qui e
dal confinante Ghana
sono iniziate le razzie con mercato degli
schiavi che avrebbe
fatto le fortune delle
attuali potenze mondiali. Panta rei. Non
voglio dilungarmi nella
storia…o perdermi in
essa e allora cerco di
guardare questo popolo attraverso le innumerevoli maschere per
assumere il loro stesso
colore e non avere il
fardello da bianco che
mi porto dietro. Nelle loro tradizioni le maschere
utilizzate nei numerosi riti animisti, non avevano
né un nome né si conosceva l’artigiano che le aveva costruite: l’origine era divina. Decido in corso
d’opera di cambiare nome di battesimo in Kwame: questa è ora la mia maschera. Qui il nome
della persona viene associato al nome del giorno
della settimana in cui si nasce. Oggi con una certa facilità queste mercanzie si riescono ad
acquistare direttamenIn questa pagina.
te
nei negozietti che te
L’autore gioca
li
possono
costruire su
con alcuni bambini
misura. Il mio viaggio inizia ad Abidjan soggiornando nel quartiere malfamato di Abobo. Abidjan sconta ancora la follia dell’ex capo di stato
Boigny che per capriccio trasferì la capitale politica a Yamoussokro,un ex villaggio di cinquecento anime, rendendolo simile a una sorta di Las
Vegas post atomica, costruendo immensità architettoniche come il clone della Basilica di san
Pietro in Roma “Notre dame de la Paix” benedetta da Giovanni Paolo II. Non sono d’accordo con
chi ha definito “follia” la costruzione di questa
immensa opera che può accogliere fino a trecentomila fedeli in piedi. Credo effettivamente che
per il Colosseo, le Piramidi o Notrè dame si pagò
un prezzo più alto ed ora sono Patrimonio dell’Umanità o (disumanità). La Cote d’Ivoire è stata una delle pochissime nazioni africane
a iniziare negli anni
’60-’70 un incredibile
sviluppo. Ho vissuto ad
Abobo un paio di giorni e questo quartiere
rispecchia “la miseria
grigia e la miseria allegra” ma,come al solito,
sono paradossi… non
solo africani. Arrivo
per partecipare ad un
progetto sociale con
una Ong che per varie
ragioni viene annullato.
Riprogrammiamo tutto
e ci troviamo a decidere cosa fare con un biglietto aereo da qui ad
un mese… Decidiamo
di partecipare ad un altro progetto che era già
iniziato nell’entroterra,
a Nord. Il villaggio si
chiamava Kossè N’Gattakro vicino a M’Bahiakro. L’etnia che vi vive è
Baulè. La Cote d’Ivoire esce dalla guerra dal 2006
ma dalla tensione basta poco per stimolare i perenni focolai, in particolar modo nella la zona in
cui eravamo (tra mussulmani e i pochi cristiani…
abbondanti a Sud) e come se non bastasse l’effetto del post colonialismo francofono. Ho trasgredito tutte le regole igienico sanitarie, iniziando
nel bere l’acqua del pozzo del villaggio di Kossè,
senza antimicrobici, mangiando topi e gazzelle
accompagnate fin dalle prime ore del mattino
dal koutukou, (una sorta di estratto della palma
distillato, simile alla grappa per sapore); il tutto
il brogliaccio 012 33
ph. COURTESY d. ruggeri ©2008
allietato dal gusto del loro pane che qui si chiama
attikè o lo yam derivati da enormi tuberi. La vita,
con tutte le loro giornate, girà e girerà intorno
ad un fuoco sul quale c’è perennemente qualcosa
in cottura. Il pozzo è l’altro punto d’incontro del
villaggio: dalla famiglia al clan tra un crocevia
di donne e bambini che pompano l’acqua su immense tinozze trasportate sul capo. Capisco ora
perché hanno un’andatura particolare causata
dai danni sulla colonna vertebrale. I glutei sporgenti sono frutto di necessità, non di chirurgia
estetica. L’Afrika è una donna: non è una banale
constatazione. L’etnia Baulè deriva dagli Akan,
che a loro volta sono i padri degli Ashanti e l’area
interessata comprende anche quella del vicino
Ghana. Un’antica leggenda orale Baulè racconta
che l’origine di questo popolo derivi dal lamento
“bauli!” (il bambino è morto) che la regina Pokou
esclamò quando dovette immolarlo per salvare
il proprio popolo perseguitato dai vicini Ashanti. Terminato il progetto si decise di andare nel
vicino Ghana o meglio in quei luoghi, un tempo
appartenuti all’antico impero del Ghana, un altro tempo ancora appartenuto, nella sola fascia
costiera a portoghesi, svedesi, danesi, francesi,
tedeschi e inglesi eccetera eccetera. Da Cape
Coast, passando per Elmina in molte altre località, vennero costruiti fortezze e piccoli castelli,
all’inizio utilizzate come magazzini per le merci
e poi utilizzate per uomini. Ammassati in pochi
34 il brogliaccio 012
metri quadrati solcavano quella che era definita “the door of no return” per salire sulle navi.
Non si conoscono i numeri ma le stime parlano
di 20 milioni di persone di cui circa la metà morirono nel tragitto verso le americhe e il settanta
per cento originario di Ghana e Cote d’Ivoire. Ci
avviamo verso Accra e rincontriamo alcuni amici che avevamo lasciato nel percorso. Il Ghana
è stata la prima nazione africana a raggiungere
l’indipendenza nel 1957. Ripercorriamo più di
500 km in dodici ore facendo otto cambi e cavalcando ammassati le vecchissime ferraglie delle
Peugeot 505 e dei pulmini chiamati (in Ghana)
tro-tro per l’aeroporto di Abidjan. Glen, un artista, asserì che l’indipendenza del Ghana non ha
senso se non è accompagnata dall’indipendenza
dell’intera Afrika. Credo di non essere cambiato,
almeno fisicamente, almeno emotivamente ma il
nome che, volentieri, affianco al mio con la massima razionalità è: Kwame. Sono nato il sabato.
www.picasso01.wordpress.com
In questa pagina.
Il riposo di un
giovane a Kossè
i turbamenti dell’allievo
Törless
alberto catone
corso halley 1985-’88
Da dove veniamo? Questa sostanzialmente la domanda di Alberto che lo ha portato a
ricercare nella letteratura e nella cinematografia tracce delle Scuole Militari
P
va origine dalla constatazione, comune a buona
parte dei miei compagni, che la condizione di
allievo del Morosini era fondamentalmente diversa da quella della totalità dei coetanei, dalla
cerchia degli amici e dai compagni di scuola di
prima, con cui non potevo più rapportarmi sulla
base delle comuni esperienze e dai quali andavo
sempre più distaccandomi. Quindi, cercando inizialmente risposte a questa domanda, ho guardato anche nella
letteratura o nel cinema per trovare e riconoscere esperienze
paragonabili a quelle che stavo
vivendo. La letteratura mondiale
presenta diverse opere di vario
e discontinuo valore artistico
che raccontano, sovente rielaborando esperienze personali, vicende ambientate in scuole, collegi e istituti simili al Morosini.
Queste vicende, pur lontane nel
tempo e filtrate dalle peculiarità
della situazione e dalla sensibilità dell’autore, possono essere
riconosciute come familiari da
parte di qualsiasi ex allievo. In
un elenco abbastanza nutrito di
lavori tre sono i titoli che assurgono alla piena
dignità letteraria, superando la mera descrizione di luoghi e la cronaca
di eventi, soddisfacendo, al di là dell’intrattenimento, le aspettative
del lettore. Due di queIn questa pagina.
sti riguardano la realtà
La copertina del libro
COURTESY www.amazon.co.uk ©2008
remessa: il Morosini e le istituzioni similari sono il residuo di un sistema educativo tradizionale che ha avuto massimo
sviluppo e migliore espressione in Europa fra la fine dell’ottocento e la prima metà del
novecento. Attualmente ha ancora grande diffusione solo negli Stati Uniti d’America, ove un’educazione impartita in scuole superiori organizzate
militarmente è ancora considerata un ottimo sistema di selezione e formazione dei figli dell’élite
del paese, in una realtà dove la
mancanza di una leva obbligatoria, che trasmettesse i valori
marziali completando la formazione dei cittadini, è stata surrogata da istituzioni più o meno
volontaristiche con il medesimo
intendimento. Queste istituzioni, pur con radici in epoche così
diverse da quelle attuali, non
sono necessariamente sorpassate e obsolete, in quanto gli scopi
espressi o intrinseci che si prefiggono e i valori che intendono
trasmettere, conservano tuttora
la loro validità. Queste scuole
pongono il frequentatore di fronte ad un precoce
bivio che differenzia per sempre la loro esperienza e formazione da quella dei coetanei, fungendo
da vero e proprio rito di passaggio. A questo proposito, infatti, un interrogativo fra i molti che mi
ponevo da giovane allievo era proprio se l’esperienza vissuta e le emozioni che stavo provando
avessero un riscontro, oltre che nei frequentatori
del collegio, anche in altri. Questa domanda trae-
il brogliaccio 012 35
sala convegno
COURTESY a. catone ©2008
ascendenze letterarie
COURTESY www.photobucket.com ©2008
mitteleuropea, in momenti diversi ma in istituzioni simili, ed uno è ambientato in Sudamerica. Si tratta, rispettivamente, de “I turbamenti
del giovane Törless” dell’austriaco Robert Musil,
“Scuola sulla frontiera”, del magiaro Geza Ottlik,
e “I cani e la città”, dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa. In questa sede intendo parlare
del primo, che rappresenta quello più artisticamente rilevante dei tre, anche se le suggestioni
e le affinità che un lettore avvertito come l’ex allievo può ritrovare sono, probabilmente più forti
negli altri libri, complice la maggiore vicinanza
temporale e l’affinità temperamentale ungherese
o sudamericana, con quella nazionale.
Il libro. Il titolo originale, Die Verwirrungen
des Zöglings Törleß dovrebbe essere tradotto
più propriamente con “i turbamenti dell’allievo
Törless”, sintetizza il contenuto di quello che è,
essenzialmente, un lungo racconto di formazione. L’opera costituisce uno dei migliori esempi di
espressionismo letterario in lingua tedesca, e anche qui, nella vicenda reale viene esasperata l’irruzione dell’elemento emotivo, privilegiando una
interpretazione soggettiva della realtà. La storia
fa perno attorno alla figura di un giovane ancora
acerbo alla ricerca di valori morali saldi e certi,
in una realtà sgradevole ed ostile, in un contesto,
per la verità, non solo anticipatore della vita reale
ma anche, sorprendentemente, antesignano
del novecento ancora
In questa pagina.
da venire all’epoca delScena tratta dal film Der
la
redazione dell’opera,
junge Törless,
ove
pochi e spregiudidi Volker Schlöndorff
36 il brogliaccio 012
cati individui, sfruttando e facendo leva
sulle debolezze altrui,
perseguono il proprio
tornaconto influenzando una massa imbelle
e manovrabile, sotto
il pretesto di concetti
ed idee superficiali ma
seducenti, avvalendosi
della miope comprensione delle autorità. Il
protagonista, Törless,
di buona famiglia borghese, è stato avviato dai genitori ad un
prestigioso
collegio
militare situato in una
località di provincia al
centro dell’impero austroungarico. Ivi, sullo sfondo della regolata vita
della scuola, si snoda una vicenda di violenza e sopraffazione nei confronti di un compagno, Basini,
il quale ricattato per un furto, la cui conoscenza
l’avrebbe portato all’espulsione, viene prevaricato da altri due allievi più spregiudicati, ai quali
inizialmente sembra affiancarsi il protagonista. I
due, Reiting e Beineberg, sono dei perfetti antesignani delle figure negative che domineranno il
primo novecento: Reiting, di famiglia non agiata
è mestatore e calcolatore, mette in piedi piccoli
traffici e macchinazioni che sfrutta per accrescere il proprio peso all’interno del gruppo degli allievi ed influenzare a proprio vantaggio le
dinamiche della vita del collegio; Beineberg, di
ascendenza aristocratica, è influenzato dalle dottrine filosofiche orientali, prevalentemente indiane così come interpretate dalla mentalità della
fine dell’ottocento, in particolare dagli aspetti
irrazionali e antimoderni, quasi a prefigurazione degli attivisti dell’ultradestra che si affermeranno, soprattutto nel mondo germanico, dopo
il primo conflitto mondiale. In realtà le pulsioni
e le motivazioni di questi due personaggi servono solo da paravento e nobilitazione ideale della
loro volontà di prevaricazione ed affermazione
nel contesto degli allievi, al fine di vantaggio e
tornaconto personale. Törless, espressione del
mondo e dei valori borghesi, inizialmente confuso ed attratto dal cinico materialismo del primo,
come dall’irrazionalismo del secondo appare apparentemente duro e intransigente all’inizio, ma
poi accorgendosi che dietro alle parole ed alle
idee dei due vi è solo vana crudeltà non vuole più
esser complice degli altri due e,smascherando lo
genio o artiglieria. Le scuole cadetti, di durata
triennale o quadriennale, erano degli istituti superiori alternativi alle accademie i cui frequentatori venivano immessi direttamente ai reparti
corrispondenti alla scuola frequentata.
COURTESY www.buecher-wiki.de ©2008
squallore delle loro ragioni, arriva ad accusarli di
inutile brutalità. Essi, quale ritorsione per essere
stati sminuiti di fronte alla loro vittima, decidono
di denunciare Basini all’intera classe, gettandolo
alla vendetta del gruppo. Törless cerca di salvare
Basini mettendolo a parte dell’evoluzione della
situazione, ma questi preferisce andare a costituirsi dal direttore, dal quale, però, verrà espulso.
I suoi tormentatori, Reiting e Beineberg saranno,
al contrario, considerati con comprensione, non
quali persecutori ma come ragazzi che avevano
agito in modo certo errato, ma con l’intento di redimere Basini. Törless lascerà il collegio maturato dalle esperienze vissute, rigettando il sistema
di valori dei compagni.
La scuola. La scuola, che nel libro viene lasciata molto sullo sfondo, era l’unica del suo genere
in tutto l’impero. Il sistema scolastico militare
austroungarico, ai primi del novecento si basava su una serie di scuole inferiori, ed una scuola
superiore, proprio quella di Mährisch Weißkirchen l’odierna Hranice na Morave, nella Moravia
ceca. Lo scopo di queste scuole non era, dichiaratamente, quello di introdurre lai frequentatori
alla prosecuzione della vita militare, anche se
gli sbocchi naturali degli allievi della scuola superiore militare erano le accademie austriache,
che fornivano i sottotenenti e i guardiamarina
delle forze armate ovvero le scuole cadette che
selezionavano ufficiali con il grado di aspirante. I
frequentatori della scuola superiore militare, infatti, dopo i tre anni di corso potevano accedere
direttamente all’ultimo anno delle scuole cadetti di fanteria e cavalleria ovvero al penultimo di
Il film. Nel 1966 il regista tedesco Volker Schlöndorff, realizzò Der junge Törless, riduzione cinematografica abbastanza fedele del racconto di
Musil. L’ambiente d’epoca, seppure accennato,
è sostanzialmente plausibile, mentre la scuola
è sbozzata in modo generico, peraltro come nel
libro. Il regista contestualizza le intuizioni dello
scrittore il quale, scrivendo nel 1906, aveva precorso, nella descrizione di Beineberg e Reiting, le
figure dei moderni capopopolo della società novecentesca che, sfruttando tecniche di manipolazione e mobilitazione della massa, alternando
richiami irrazionali, tradizionali e ricattatori, ne
avrebbero incanalato l’azione funzionalmente ai
propri fini. Schlöndorff tratteggia i personaggi
negativi come dei nazisti in erba, mentre gli altri sono raffigurati o stolidamente acquiescenti
ovvero apatici di fronte al crescendo di violenze
perpetrate, quasi come il popolo tedesco di fronte all’avvento nazionalsocialista negli anni venti
e trenta.
Conclusioni. Nonostante la distanza temporale
dalle vicende narrate da Musil, molti aspetti del
racconto si imprimono nel lettore, specialmente
se avveduto e preparato quale un ex allievo, che,
nello sfondo collegiale e nel contesto, può agevolmente individuare al di là del taglio conferito dall’autore alla vicenda, elementi comuni e familiari
della propria esperienza collegiale. Così gli accadimenti di sfondo della storia, il ritorno dopo le
vacanze alla ripresa delle lezioni, le libere uscite
in una città estranea ed indifferente, le dinamiche esasperate nei rapporti interpersonali all’interno della scuola, l’estraneità del corpo docenti
ed istruttori dal mondo dei giovani frequentatori, i luoghi nascosti e proibiti, la consapevole e
noncurante violazione delle regole interne, la solitudine e la confusione, la ricerca di nuovi punti di riferimento di ciascun giovane lontano dal
confortevole ambiente familiare, sono altrettanti
aspetti del romanzo che riecheggiano qualcosa
di noto e già vissuto, così come come ciascuno
può riconoscere -o riconoscersi- nei personaggi
tratteggiati dallo scrittore i prototipi dei compagni incontrati.
In questa pagina.
L’autore del libro
il brogliaccio 012 37
stefano meconi
corso mizar 1978-‘81
COURTESY s. meconi ©2008
sala convegno
serbi iddio
l’austriaco regno
…Italiani in armi sotto
Francesco Giuseppe I, 1882-1918
Ancora una volta, alla caserma Cornoldi di Venezia, in mostra gli italiani in armi
Q
uesta volta si tratta di italiani particolari: tali per lingua e cultura, ma sudditi fedeli di Sua Maestà Imperiale Regia Apostolica, Francesco Giuseppe I, i
quali, a seguito dei trattati di pace del 1919 divennero Cittadini del Regno d’Italia.
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ph. COURTESY s. meconi ©2008
Con la firma del trattato di Saint German
en Laye, il 10 settembre 1919, la guerra tra
l’Italia e “uno dei più
potenti esercito del
mondo” era definitivamente conclusa. Per il
Nostro Paese le clausole più rilevanti dei
381 articoli riguardavano la cessione delle
provincie trentine, del
sud Tirolo, di Trieste e
della Val Canale oltre a
diverse isole Dalmate, con la città di Zara . Con
il passaggio di quelle terre sotto l’Italia anche i
sudditi della sconfitta monarchia danubiana divenivano cittadini del Regno: gran parte erano
già di lingua - e quindi di nazionalità - italiana,
oltre a Ladini e, ovviamente, tedeschi, termine
con cui erano indicati, genericamente, i sudditi di
lingua e nazionalità tedesche. Fino ad allora, nel
complesso, i confini dell’Impero Austro-Ungarico
racchiudevano 12 nazionalità distinte, così come
erano presenti diverse minoranze etniche e religiose. Ben sette erano le confessioni curate all’interno delle Forze Armate.
Il giuramento dei militari a S.M.I.R.A. era edito su un piccolo fascicolo rosso a caratteri neri,
diversi solo per lingua, ma identico per tutte le
nazionalità. Lo stesso avveniva sulle Corone
- la cartamoneta - e per le parole dell’inno dove
“Gott erhalte, Gott beschutze unsern Kaiser,
unsern Land…”, diveniva “Serbi Iddio l’austriaco
regno, guardi il nostro
Imperator…”. Ed ancora in italiano era stato
l’appello dell’Imperatore, affisso su tutti i
muri, dopo l’attentato
di Sarajevo: “AI MIEI
POPOLI!”
“Era il mio più fervido
desiderio di consacrare ad opere di pace gli
anni che Mi sono ancora concessi dalla Grazia
Divina e di preservare
i Miei popoli dai gravi
sacrifici ed oneri della guerra… devo accingermi
a procurare con la forza delle armi le imprescindibili garanzie che assicurino ai Miei Stati la quiete nell’interno e la pace duratura con l’estero…
Con coscienza tranquilla Mi incammino sulla via
che il dovere Mi addita. Confido nei Miei popoli, i
quali in tutte le procelle si sono schierati sempre
uniti e fedeli intorno al Mio trono e furono pronti
ai più gravi sacrifici per
l’onore, la grandezza e
la potenza della patria.
In questa pagina.
Confido nella valorosa
Elmo piumato esposto
armata austro-ungarica,
alla mostra
piena di entusiasmo e di devota abnegazione. E
confido nell’Onnipotente, che concederà alle Mie
armi la vittoria”. Vienna, 28 luglio 1914 Franz Josef
Secondo lo storico Francoise Fejto - ungherese!! i conflitti interni di nazionalità non avrebbero potuto, da soli, comportare la dissoluzione dell’impero: l’intervento dei paesi vincitori, con la loro
volontà di cancellare gli Asburgo dalla geografia
dell’Europa, furono la causa reale della caduta
della corte viennese che, probabilmente sarebbe
rimasta salda al potere; ma soprattutto diversa
sarebbe stata la sorte dei paesi della mittleuropa:
i decenni successivi li videro tristemente vittime di due annessioni: quella al Reich di Berlino
- con revanchismi e alleanze che condussero alla
II Guerra Mondiale - e quella, durata quaranta
anni, all’Unione Sovietica e alla rigida diplomazia di Mosca.
In un Impero così vasto, quella italiana era una
minoranza del 2%. Eppure nei quattro reggimenti Kaiser Jager - proprietà dell’Imperatore
- e nei tre Landesschuetzen - le truppe da montagna - oltre la metà degli effettivi parlava italiano. Quando nell’agosto del 1914 da Trento e da
Trieste partirono le tradotte per i confini nord
orientali, gli uomini forse non immaginavano che
dopo quattro anni - i sopravvissuti - sarebbero
divenuti abitanti di un Regno, che per il momento
era neutrale ma che sarebbe divenuto una delle
cause prime della sconfitta.
Ancor prima dello scoppio della Guerra, l’Italia
era considerato il nemico storico, il perfido vicin,
anche durante il periodo dela triplice alleanza;
nella versione in italiano del Kaiserjägerlied, la
Marcia dei Kaiser Jager, la terza strofa recita:”..
E, per la patria impavido / col perfido vicin / il
cacciatore slanciasi / a lotta senza fin …”. Ad onor
del vero scarsa stima reciproca vi era anche tra le
alleate Germania e Austria-Ungheria, che non si
risparmiavano la memoria della guerra del 1866.
Persino Adolf Hitler nel suo Mein Leben del 1925,
attribuisce la sconfitta della Germania all’alleanza con l’Austria, affermando che questa aveva da
tempo cessato di essere uno stato tedesco; nonostante in quel periodo si parlasse di Waffentreue
(fedeltà d’armi) e Kameradschaft (cameratismo)
austro-germanica nei confronti della Treulose
Italien (sleale italia), Hitler arrivò ad ammettere
che l’Italia, lungi dall’essere “traditrice” (come
luogo comune della propaganda austro-tedesca
durante e dopo la guerra) aveva tutti i motivi per
muovere guerra all’Austria, poiché troppe erano
le colpe che gli Asburgo avevano commesso nei
confronti della libertà e dell’indipendenza italiane per poterle dimenticare subito. Ma, allora,
per gli abitanti delle vallate trentine, delle alture triestine, della Dalmazia, il governo di Vienna
era il governo legittimo cui obbedire “per Dio, per
la Patria e per l’Imperatore”.
Certo non và dimenticato il fenomeno degli Irredentisti, e di coloro che si sacrificarono per far
riconoscere “l’italianità” di quelle terre. Ma, per
la grande maggioranza, quei sentimenti erano
lontani, estranei dalla semplicità della vita valligiana. Ed, in fondo, la burocrazia statale aveva
una sua apprezzabile efficienza.
A distanza di novanta anni, nell’anno in cui l’Italia celebra con solennità la compiuta Unità nazionale, riscattata con una guerra combattuta per
affermare principi di libertà, vinta grazie al sacrificio di oltre 650.000 uomini, non si può non ricordare gli italiani che combatterono sotto l’aquila bicipite: i trentini caduti furono 10.501 ed oltre
4000 i giuliani, per i quali, il nuovo Stato, impose
che “… le vittime oscure dell’Austria nefanda potevano avere il ricordo di una semplice lapide in
un angolo del camposanto, non già l’onore di una
piazza e il pensiero del popolo, dovuto ai Caduti
per la patria… l’unico augurio ammesso, era immaginare i loro spiriti esultanti per la redenzione della patria”. Giusto, la Patria; ma quale? Vae
victis. I discendenti di quei caduti - fedeli sudditi della monarchia viennese - sono oggi, senza
dubbio alcuno, fedeli cittadini italiani e lo hanno
dimostrato in quasi un secolo di Storia.
Scrive, Baratter, storico trentino: la Storia quella
vera, non dimentica mai che i suoi protagonisti
sono gli Uomini, tutti, senza vincitori né vinti.
Essa non appartiene a nessuno, ma può servire, a
chiunque, per conoscere le proprie radici, senza
cui non si può vivere con lucidità il presente; và
conosciuta sotto un’ottica rigorosa e imparziale,
libera da condizionamenti e imposizioni di opportunismo, senza le pressioni ideologiche di partiti
e di esponenti della cultura: da costoro null’altro
ci si attende che l’onestà intellettuale nel rappresentare la Storia.
il brogliaccio 012 39
COURTESY l. tarsia ©2008
cupolone
il giardinetto del
comandante
luigi tarsia
corso halley 1985-’88
Sette sezioni per sapere sempre dove siamo e che cosa facciamo
F
IOCCO ROSA e fiori d’arancio
Lo scorso 20 luglio è venuta alla luce la piccola Ginevra, figlia di Chicco Urbani (corso Excalibur 1990-’93) e di Silvia Tomei. Pale a prora!
Il 27 settembre Andrea Dell’Agnola è convolato a nozze con Marzia. Auguri… e figli morosiniani!!!!
A
ULA STUDIO
Si sono ritrovati a Venezia nel mese di ottobre gli allievi del corso Sagittario che hanno
festeggiato il loro quarantennale e del Corso Halley che ha festeggiato il ventennale. Sebbene l’età
avanzi, lo spirito goliardico è sempre lo stesso…
pale a prora!!!
M
ARCIA AVANTI!
Congratulazioni a Nicola Andriana (corso
Deimos 2002-’05) e a Andrea Aloisi (corso Alpherat 1999-2002) che il prossimo 1° ottobre inizieranno la frequenza del 172° corso Allievi Agen-
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ti di Polizia di Stato presso la Scuola Allievi di
Trieste! A loro il nostro più caloroso pale a prora
per la carriera intrapresa, che possa essere gratificante e ricca di soddisfazioni!
Congratulazioni a Nunzio Difonzo (corso
Deimos 2002-’05) e Marco Burcheri (corso Daidalos 2004-’07) neo allievi dell’Accademia della
Guardia di Finanza.
C
I VEDIAMO DA ORFEO
La prossima cena ex-allievi di Santa Barbara si terrà in quel di Cava de’ Tirreni il prossimo
6 dicembre. Per essere sempre aggiornati sugli
sviluppi organizzativi, visitate il sito associativo
www.assomorosini.it
Pranzo di Natale Interscuole domenica 14
dicembre 2008 presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare di Venezia. Sulla scia del successo ottenuto da riunioni congiunte in varie località italiane, abbiamo pensato di organizzare un incontro
interscuole a Venezia in prossimità del Natale.
L’opportunità è dedicata a tutti gli ex allievi domiciliati in Veneto, ed in particolare agli ex allievi residenti o con sede di lavoro a Venezia e provincia
ma senza, ovviamente, alcuna esclusione.
COURTESY g. sesani ©2008
COURTESY u. urbani ©2008
COURTESY s. meconi ©2008
In questa pagina.
Da sinistra a destra il nuovo comandante di Marifari, l’Ammiraglio Fumagalli ed il Comandante Meconi; la piccola Ginevra; il nostro
labaro a Reggio Calabria
G
B
Il 5 settembre il contrammiraglio Paolo
Treu allievo del corso Phoenix ha assunto l’incarico di Capo del 6° Reparto Aeromobili e Comandante delle Forze Aeree.
È stato bandito un concorso straordinario,
per titoli ed esami, per il reclutamento di tre guardiamarina in servizio permanente del ruolo speciale del Corpo sanitario militare marittimo, per
laureati in psicologia. Scadenza: 6 ottobre 2008.
Per maggiori informazioni cliccate il sito ufficiale
della MMI www.marina.difesa.it
ENTE DI MARE
L’11 settembre il comandante della Scuola
Navale Francesco Covella ha ceduto il comando
al Capitano di Vascello Enrico Pacioni.
Dal mese di novembre il Capitano Di Fregata Stefano Meconi del corso Mizar, ha lasciato
il Comando di Marifari Venezia. Non lascerà comunque la città lagunare che lo vedrà impegnato
presso la Direzione Marittima Veneziana.
Nel corso della sosta operativa a Mombasa,
in Kenya, il Capitano di Vascello Pier Federico
Bisconti ha ceduto il comando del cacciatorpediniere Durand de la Penne.
ACHECA
È stato bandito un Concorso, per titoli ed
esami, per la nomina di 33 Guardiamarina in servizio permanente nei ruoli speciali dei corpi di
stato maggiore, genio navale, armi navali, sanitario militare marittimo, commissariato militare
marittimo e delle capitanerie di porto. Scadenza:
25 settembre. Per maggiori informazioni cliccate
il sito ufficiale della MMI www.marina.difesa.it
Ad tutti va il nostro “in bocca al lupo”!
Si è svolto a Reggio Calabria il 27-28 settembre il raduno quadriennale dell’ANMI (Associazione Nazionale Marinai d’Italia). In porto erano
presenti per l’occasione la nave anfibia San Giorgio, una rappresentanza di mezzi della Guardia
Costiera e la nave scuola Amerigo Vespucci. Per
l’occasione ha sfilato il nostro Labaro Associativo.
L’ANMI è presieduta dal nostro ammiraglio Paolo
Pagnottella (corso 1962-’65). Per maggiori informazioni cliccate www.marinaiditalia.com
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Programma del giorno 6 dicembre
10:30 Visita al sito archeologico di Paestum
13:30 Rientro a Cava de’ Tirreni
17:00 Cocktail presso il Circolo del Tennis - Via M. Garzia, 2
17:30 Assemblea dei Soci
19:30 Inizio affluenza partecipanti al Pranzo di Gala - presso le Sale Comunali di P.zza E. Abbro
20:00 Apertura della serata e Vin d’ Honneur
20:30 Pranzo
23:00 Inizio serata danzante
Per il Pranzo di Gala è gradito l’abito scuro, per i militari si consiglia l’O.I.
Programma del giorno 7 dicembre
11:00 Santa Messa presso la Badia di Cava de’ Tirreni
16:00 Visita agli scavi di Pompei
20:30 Spettacolo di Cabaret presso il Circolo del Tennis
Tutte le informazioni ed i moduli per l’adesione sul sito www.assomorosini.it
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