Settembre/ottobre 2009 Anno XXVIII
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Settembre/ottobre 2009 Anno XXVIII
il brogliaccio B 014 Settembre/Ottobre 2009 Anno XXVIII numero bimestrale della Associazione nazionale Scuola Navale Militare F. Morosini il brogliaccio 014 contatti sommario anno XXVIII numero 014 settembre/ottobre 2009 06 editoriale di francesco businaro - corso mizar 1978-’81 direttore responsabile francesco businaro redazione andrea dell’agnola, ANDREA CASTELLI rubriche 10 CORRIDOIO COMANDO Auguri, cummandar es sheitan di stefano meconi – corso mizar 1978-‘81 La versione sana del nepotismo di Stefano Malvestio 14 franchi in riga Morosiniano a Roma di giampiero rellini lerz – corso chyron 2003-’06 Il 4 aprile 2009 al “La banque”, Milano di Nicola pizzolorusso – corso alpherat 1999-2002 Morosiniani all’estero: Jacopo Ballerini di luigi bajona – corso azzurra 1983-’86 L’Associazione fa festa a Sant’Agata di michele sessa – corso deimos 2002-‘05 24 SALA CONVEGNO L’angolo delle tradizioni - Dalla R. Marina alla M.M. Italiana di luigi tarsia – corso halley 1985-’88 La strategia marittima dal ‘45 ai giorni nostri - parte II di Patrizio Rapalino – corso orion 1977-’80 La NATO compie 60 anni di andrea castelli – corso alphaRd 1975-’78 La città e i cani di massimiliano pardini – corso azzurra 1983-’86 L’altra faccia della “medaglia” di francesco imbalzano – corso naumacos 1995-’98 54 CUPOLONE Giornata romana della donazione del sangue di stefano bausone – corso daidalos 2004-’07 Il giardinetto del Comandante [email protected] hanno collaborato l. bajona, A. CASTELLI, M. Pardini, L. TARSIA progetto grafico andrea dell’agnola, Padova fotolito e stampa lucenti srl, Padova il brogliaccio 014 il brogliaccio viale piave 30/a, 30142 s. elena - Venezia tel. +39-041-5204488 fax +39-041-5212840 www.assomorosini.it C.F. 96378830580 / p.iva 03813830274 in coperta courtesy by F. BUSINARO © 2009 © copyright il brogliaccio 2007-2009 Venezia In prima di copertina (courtesy F. Businaro) e in questa pagina. La corazzata F. Morosini in costruzione all’Arsenale in un’incisione dell’epoca PH.COURTESY l. tarsia ©2009 editoriale EDITORIALE francesco businaro CORSO mizar 1978-’81 Ritorna il Brogliaccio B enritrovati. Innanzitutto devo scusarmi per il lungo periodo di assenza al quale, mio malgrado siete stati costretti. Non voglio entrare nel merito della questione che mi ha de facto in un certo modo impedito di ottempreare alla promessa di bismestralità fatta a suo tempo; vi basti sapere che il Brogliaccio riprende, con questo numero, le consuete uscite. Molto è accaduto nel periodo in cui la rivista è rimasta confinata nel cassetto e ci proponiamo di recuperare, per quanto possibile, il tempo perduto. In questo numero proponiamo alcuni articoli che risulteranno certamente datati ma riteniamo che il lavoro fatto da chi ha redatto gli articoli andasse comunque onorato. Nel prossimo numero daremo il giusto spazio anche alla cerimonia di maggio che ha visto quello che oramai è il secondo corso, giurare fedeltà alla Patria. Vi daremo inoltre conto di come il volto del Navale sia (o non sia) mutato con l’entrata della componente femminile. Nel sito avrete certamente visto i filmati che ritraggono le nuove allieve al loro ingresso, le loro motivazioni e la cavalleria dimostrata dai loro graduati nell’accoglierle. il brogliaccio 014 In campaccio, oltre alla consueta intervista ad un ex allievo all’estero, il resoconto di alcuni eventi e il pensiero di chi si sente morosiniano sempre e ovunque. In sala convegno l’angolo delle tradizioni parla di quelle unità navali della nostra Marina che hanno portato il nome del grande Ammiraglio della Serenissima e che sono servite da spunto per alcuni articoli apparsi nella sezione a noi dedicata sulla rivista Arte Navale e che probabilmente riproporremo in un prossimo articolo. Si conclude poi in questo numero l’articolo sulla strategia navale apparso nell’ultimo numero, quindi una considerazione sul ruolo della NATO in occasione del suo 60 genetliaco. Segue la recensione di un libro che tratta di una scuola militare ad opera dell’acribico Pardini. Infine un articolo che vuole esortare a consolidare il nostro senso di appartenenza alla grande famiglia morosiniana non solo attaverso il piccolo gesto di portare con orgoglio la spillina sul bavero della giacca ma soprattutto nel cercarsi e nel riconoscerci in quei valori nei quali siamo cresciuti. Questo numero si conclude, infine, con il resoconto dell’iniziativa romana della donazione di sangue, purtroppo A fianco. disertata dai più. I vessilli schierati. Al centro T. Mattarucco ph. COURTESY p. branchi ©2009 In questo numero “di rincorsa” potrete leggere l’augurio di buon compleanno rivolto ad una figura straordinaria della nostra Storia che, come ebbe a dire il compianto Indro Montanelli “Se, invece dell’Italia, Guillet avesse avuto alle spalle l’impero inglese, sarebbe diventato un secondo Lawrence.”. Vi è poi un articolo scritto dal padre di un allievo del secondo corso, lettore oggettivo del mondo morosiniano del quale propone alcune traduzioni. il brogliaccio 014 ph. COURTESY p. branchi ©2009 ph. COURTESY p. branchi ©2009 Concludo riferendo due notizie di “servizio”: l’Associazione sta ancora lavorando perché la proposta di Legge per il riconoscimento ai fini previdenziali dei tre anni trascorsi al Navale non rimanga lettera morta, invitiamo dunque tutti coloro che non l’avessero ancora fatto a dare comunicazione delle posizioni lavorative proprie e dei propri compagni di corso anche aggiornando il proprio profilo nella base dati del sito; per poterlo fare è sufficiente registrarsi. ph. COURTESY p. branchi ©2009 il brogliaccio 014 Buona lettura. ph. COURTESY p. branchi ©2009 ph. COURTESY p. branchi ©2009 La seconda comunicazione riguarda invece il conseguimento della patente nautica previo corso da svolgersi durante una settimana full immersion tra le mura del Morosini. Quest’anno, per motivi temporal-burocratici, non è stato possibile far decollare l’iniziativa nonostante l’adesione e l’interessamento del comandante Pacioni, che desideriamo ringraziare. L’iniziativo comunque va avanti e ci auguriamo che possa risolversi positivamente per offrire, nella seconda metà del prossimo luglio, quella che riteniamo sia una ghiotta opportunità di tornare, seppur per breve tempo, tra le mura del Navale. In queste pagine. Alcuni momenti della cerimonia. I vessilli fanno il loro ingresso sul luogo della cerimonia. Qui sotto vecchi e nuovi dormitori il brogliaccio 014 corridoio comando PH.COURTESY l. tarsia ©2009 Auguri, cummandar es sheitan stefano meconi corso mizar 1978-‘81 100 anni di storia Il grande Montanelli nelle Stanze del 1997 scrisse: “Se, invece dell’Italia, Guillet avesse avuto alle spalle l’impero inglese, sarebbe diventato un secondo Lawrence. È invece soltanto un Generale, sia pure decorato di medaglia d’oro, che ora vive in Irlanda, perchè lì può continuare ad allevare cavalli e (a quasi novant’anni) montarli. Quando cade e si rompe qualche altro osso (non ne ha più uno sano), mi telefona ...” In verità non è un Generale, ma uno straordinario Ambasciatore, decorato del più alto Grado dell’Ordine Militare d’Italia, di cinque Medaglie d’Argento al Valor Militare, di una Croce di Guerra al Valor Militare e di quattro Croci al Merito. La fedeltà dei suoi combattenti l’ha conquistata sul campo e con il suo carattere. L’Ambasciatore – o il Maggiore, come si preferisce, – Guillet non è un eroe dimenticato del ‘900 italiano. O almeno non lo deve essere per coloro che affrontano la vita con la consapevolezza di “gettare il cuore oltre l’Ostacolo”, come recita il motto della Cavalleria. Caricat ! per altri cento anni, Comandante. A fianco: Una cartolina dell’epoca. Amedeo Guillet, 1935. La sua è una storia che a volerla leggere tutta ha dell’incredibile; qui va data ragione a Montanelli: 10 il brogliaccio 014 Guillet alla guida di uno Squadrone dell’Amhara, 1940 COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009 A differenza di Lawrence, però, non ha mai partecipato a giochi di potere, non divenendo un combattente del momento, ma servendo la Patria come Ufficiale di Cavalleria sin dai tempi dell’Accademia di Modena, da dove uscì Sottotenente nel 1931. probabilmente, se fosse nato in Gran Bretagna o negli States, sarebbe stato il soggetto di un film d’azione, molto più avventuroso dei vari “Indiana”, semplicemente perché è tutto vero. Nel 2007 un regista ha provato a intraprendere la realizzazione di un film che, però, sembra non abbia trovato seguito. Per un film che non esce sono però usciti, negli anni, due volumi: Sebastian O’Kelly, AMEDEO - Vita, avventure e amori di Amedeo Guillet, un eroe italiano in Africa Orientale, Rizzoli, 2002. e Vittorio Dan Segre, La guerra privata del Tenente Guillet, Corbaccio Editore, 1993. Non è poco per un “semplice” Ufficiale di Cavalleria che, finita la guerra, è diventato Diplomatico, impegnandosi con lo stesso coraggio con cui ha affrontato l’ultima carica di cavalleria in africa! COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009 C ompiere cento anni è davvero un gran traguardo, ma viverli come li ha vissuti e li continua a vivere il “comandante diavolo” ha quasi dell’incredibile. COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009 Riteniamo doveroso onorare lo spirito e la forza di un grande uomo. Chi non lo conosce non ha che da procurarsi uno dei libri citati nell’articolo o digitare il link www.lastoriasiamonoi. rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1688 per scoprire la semplicità di un grande Uomo il brogliaccio 014 11 corridoio comando La versione sana del nepotismo Stefano Malvestio una riflessione che fa riflettere H o sentito parlare spesso di “nepotismo” ma, prima ancora di comprendere il significato vero e profondo della parola, la stessa mi evocava qualche cosa di negativo e di brutto: per questo me ne sono tenuto lontano, persino dal suo utilizzo. La mia ostinata predisposizione all’ottimismo e alla ricerca del positivo mi ha portato recentemente a riavvicinarmi e a soffermarmi su un’interpretazione positiva di questo termine, anche in conseguenza di alcune riflessioni scaturite in seguito all’ammissione di mio figlio di sedici anni ad una scuola militare, dopo aver preso parte ad un concorso indetto con bando pubblico. L’occasione mi ha consentito di riflettere sul fatto che, forse, un po’ tutte le parole hanno diverse chiavi di lettura e di interpretazione e per questo non siano in se stesse né negative né positive, ma semmai negativo o positivo è il fine che vuole perseguire chi le utilizza. Il nepotismo quindi può essere inteso in senso “negativo”: in questo caso penso si faccia riferimento a qualche cosa che si muove nell’ombra, nell’occulto, e che si lega ad uno scambio di favori o di cariche, alla scelta per esempio di una persona perché amico del nipote di un lontano cugino. Il nepotismo inteso in senso “positivo” invece mi piace pensare si muova alla luce del sole, all’aperto e, nel contesto cui mi voglio riferire, credo si possa così semplicemente sintetizzare: scelgo quella persona perché è persona amica, perché la conosco, l’ho “provata” da una vita. Sempre in questa ottica positiva, in inglese si usa definire cronysm la scelta di una persona conosciuta da decenni su cui si può contare, di un amico di comprovata stima e fiducia, il cui legame di amicizia spesso, molto spesso, risale ai tempi della scuola. Cronysm positivo vuol dire credere fermamente ph. COURTESY D. Galli ©2009 12 il brogliaccio 014 ph. COURTESY D. Galli ©2009 ph. COURTESY D. Galli ©2009 Pubblichiamo nuovamente e con piacere una riflessione di un genitore. Va letta con attenzione perché intuisce il senso di comunione e condivisione che lega ogni morosiniano e apertamente che i miei amici, con i quali sono nato e sono stato allevato, con i quali sono cresciuto ed ho studiato, con i quali ho condiviso le prime vere difficoltà della vita, quelli che ho eletto veri amici, ebbene loro sono ritenuti da me i migliori. Senza volermi soffermare se per migliori amici si intende quelli che ho conosciuto o frequentato alle scuole private o pubbliche, in collegi religiosi o in scuole militari, ritengo di trovare tutti concordi nell’affermare che senso di appartenenza, disciplina, condivisione delle difficoltà, autocontrollo, rispetto di chiare e precise regole, accettazione delle proprie responsabilità e competenze, sono alcune delle più significative qualità che dovrebbero essere apprese sui banchi di scuola, di qualunque ordine e grado, per poi venire messe in pratica, da grandi, nella vita professionale, individuata e compresa la propria personale vocazione. E se una scuola come per esempio quella militare – forte di un progetto formativo di qualità e di un impegno severo - nutre quotidianamente i propri allievi a base di lealtà, amicizia, onore e amor di patria è auspicabile che un giorno, quando gli allievi diventati uomini maturi decideranno di intraprendere una qualunque professione, sapranno ben orientarsi e distinguersi attraverso le vie del servizio e del successo. Questo sarà possibile perchè faranno memoria dell’esperienza vissuta, attraverso un percorso di formazione difficile e complesso, nella cultura, nelle amicizie e nei comportamenti. Questo sarà possibile perché trarranno sostegno dal filo che collega tante generazioni unite da un comune sentire, da una storia collettiva di cui vanno tanto fieri ed orgogliosi. Questo sarà possibile perché faranno tesoro di quel senso di appartenenza che è stato fatto proprio con la scelta coraggiosa di entrare in un tipo di scuola come quella militare, in cui si sono assunti in modo solenne e formale l’impegno di essere per la vita cittadini esemplari. Quando di un compagno si arriva a conoscere i suoi intenti ed i suoi sentimenti, quando con quel compagno si affrontano e si superano le prove più ardue e difficili, quando con questo compagno si condividono dolori e gioie, allora credere fermamente ed apertamente che questo mio compagno amico sia il migliore è fatto certo ed incontestabile! Parlare allora di Cronysm positivo diventa non solo possibile, ma addirittura auspicabile! A fianco. Quattro chiacchiere tra amici In questa pagina: Tante bandiere un’unica scuola. “Non chi comincia ma quel che persevera” il brogliaccio 014 13 COURTESY g. rellini lerz ©2009 franchi in riga Morosiniano a Roma giampiero rellini lerz corso chyron 2003-’06 passeggiando per l’Urbe ero a Venezia, ho avuto modo di conoscerlo solo da ex allievo, però vederlo mi ha fatto tornare in mente la Scuola e mi sono sentito in dovere di salutarlo come se mi fossi trovato in corridoio comando. ph. COURTESY G. Rellini Lerz ©2009 R oma è sempre stata una città ricca di Morosini. Volutamente dico Morosini e non Morosiniani perché i legami tra il collegio e la capitale non sono unicamente di ex allievi. Proprio stasera passavo in macchina per la circonvallazione Gianicolense, all’improvviso vidi scendere dal tram il comandante Covella ( Com. te della Scuola dal 2006 al 2008 ed ex allievo onorario), istintivamente ho accostato per salutarlo. Non era nemmeno Comandante nel periodo in cui 14 il brogliaccio 014 Un breve aneddoto per introdurre un’idea che mi è venuta dopo tre settimane di riflessione durante la stesura di due articoli che avevano come protagonisti ex allievi a Roma: testimoniare in un articolo la nostra larga presenza nella città eterna. I due protagonisti, entrambi molto impegnati nel loro ambito professionale, mantengono, al contempo, sempre stretti i valori del Navale. Il primo ex è Alessandro Scuro (Espero), attualmente consigliere presso il II Municipio di Roma. Per sua iniziativa è stato indetto un consiglio straordinario in memoria delle vittime del terrorismo: le udienze ordinarie sono state interrotte per dare spazio a racconti e testimonianze di perso- ph. COURTESY G. Rellini Lerz ©2009 Il forte legame che lega ogni ex allievo al Navale e ai suoi valori traspare da questa breve considerazione del nostro Giampiero ne toccate da questa tragedia. venture. Oltre ai consiglieri e ai cittadini del II Municipio era presente un piccolo gruppo di ex allievi, in rappresentanza del Morosini, i quali hanno dimostrato la propria solidarietà al tema intervenendo nella discussione. Spesso si organizzano cene o serate tra ex, dopodomani già mi aspetta un aperitivo... Pochi giorni dopo ricevetti una telefonata di Gian Maria Setti Carraro, che mi invitava a partecipare a una conferenza tenuta dal Capo di Stato Maggiore della Marina Militare: Ammiraglio Paolo La Rosa (Corso 62-65) . Ma la sorpresa più gradita è quando si incontra qualcuno per caso, un anzianissimo a Termini, il Com.te al corso in metropolitana, oppure scoprire che un anziano abita di fronte a dove fai ripetizioni. Così torni a Venezia per un attimo, quando meno te lo aspetti. L’evento si svolgeva in una delle location più esclusive della capitale: Palazzo Borghese, che sin dal 1922 ospita il Circolo della Caccia. Con grande stupore vidi numerosi ex allievi popolare i sontuosi saloni del Circolo. L’intervento del CSMMM dal titolo “Riflessi della libertà dei mari sull’economia globale: l’impegno della Marina per la sicurezza marittima” ha destato particolare interesse nel pubblico, tra l’altro ricchissimo di marinai. Dopo il brillante discorso la cena. Con l’aiuto di Alberto Marulli è stata organizzata una tavolata in cui l’elevato numero di ex allievi ha portato una ventata di Morosini nella capitale, coinvolgendo gli altri commensali nelle numerose av- A fianco e in questa pagina. Alcuni momenti del consiglio Comunale straordinario presso il II Municipio di Roma il brogliaccio 014 15 franchi in riga Nicola Pizzolorusso Corso Alpherat 1999-2002 Voluta dai nuovi fiduciari lombardi la serata si è dimostrata inequivocabilmente un successo È trascorso già da qualche giorno quel 4 aprile a “Le Banque” a Milano, e la vita di tutti i giorni ha ripreso il suo corso normale. Tuttavia, il piacevole ricordo di quei momenti è ancora vivo nella memoria di quelle ottanta persone tra ex allievi ed ospiti, che vi hanno partecipato. Daidalos fino al Barracuda. Corsi appena usciti e corsi che si apprestano a festeggiare il decennale, corsi che hanno vissuto il Morosini quando si chiamava Collegio e corsi che il nome non l’hanno mai avuto perché il Collegio era appena nato… C’eravamo insomma un po’ tutti quel 4 aprile, e la voglia di essere ancora di più e di vedersi più spesso aumenta costantemente. ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009 aperitivo milanese COURTESY n. pizzolorusso ©2009 il 4 APRILE 2009 al “la banque”, milano Quella manciata di ore ha rappresentato per la maggior parte di noi la possibilità di incontrare ex compagni di corso che ormai da anni non incontravamo, ci ha permesso di conoscere le fidanzate e talora le mogli di quei compagni che, fino a ieri erano in classe con noi mentre oggi sono, come noi, a navigare nel mare della vita. Una sala intera del lussuoso locale è stata riservata a noi Morosiniani dalle 20.30 alle 23.00. Davvero tanti Corsi erano rappresentati almeno da un ex allievo in quella sera: dal Deimos al Sirio, dal Perseus all’Andromeda, e l’Alpherat e il Naumacos ma anche dall’Excalibur, Espero, Hurricane e Azzurra, dal Gemini e dall’Alshain, dal ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009 ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009 16 il brogliaccio 014 In occasioni come queste, inoltre, si sfatano o si comprendo una serie di aneddoti e tradizioni collegiali che, durante la nostra vita collegiale, abbiamo abbracciato senza conoscerne esattamente l’origine o la motivazione. È così che ho scoperto che la distinzione tra corsi pari e corsi dispari è nata all’inizio degli anni 90, così come in quegli anni è stato introdotto il termine “squalo” (per indicare le nostre amiche veneziane) ed è terminata la prassi per cui gli anziani dovevano rifare il letto degli anzianissimi. Ho inoltre avuto modo di scoprire che negli anni più recenti (dal 2000 in poi) alcuni corsi (quelli dispari) danno la canzone del corso ai propri pivoli alla fine dell’anno mentre gli altri a novembre, prima di Santa Barbara. Non ho ancora scoperto quando è nata la tradizione, a tutti noi cara, della canzone del corso, ma ho avuto comunque modo di notare “l’evoluzione” musicale dagli anni ’80 ad oggi, dai Simply Red passando per i Nirvana, fino agli Offspring… Un mistero fitto rimane ancora la leggenda del “pivolo senza volto”: chi, da pivolo, almeno una volta non ha avuto il terrore di imbattersi nel famigerato “pivolo senza volto” quando ci aggiravamo per qualche motivo di notte nella zona delle aule scientifiche!?! Le serate come quelle del 4 aprile sono divertenti e piacevoli anche per questo. In fondo, è proprio in queste occasioni che si comprende l’importanza di riallacciare i vecchi rapporti, di organizzare eventi o incontri, di mantenere un costante rapporto con le persone che hanno fatto parte del Morosini e che oggi costituiscono la grande famiglia degli ex allievi. Perché si può sempre ricevere un consiglio, un aiuto, un parere, un’idea. O, più semplicemente, si può trascorrere una bella serata chiacchierando, sorseggiando un drink e ballando fino a notte tarda. Come quel 4 aprile di pochi giorni fa… A fianco. Una classica foto di gruppo In questa pagina: Il bar è sempre un luogo prediletto per ritrovarsi. Generazioni morosiniane a confronto il brogliaccio 014 17 franchi in riga Le interviste del Brogliaccio Il nostro inviato recupera in Spagna Jacopo Ballerini del corso Maelstrom 1991-’91 Jacopo è un vero amico, quello su cui puoi contare nel momento del bisogno e non solo. Un vero piacere intervistarlo per il Brogliaccio. Domanda: Che soprannome avevi in collegio? Risposta: Domanda difficile... non so se, in effetti, si possa dire che ne abbia mai avuto uno. Qoccy mi chiamava Mungo... ma la maggior parte dei miei compagni di corso mi chiamava semplicemente con il mio nome. D. Cosa ricordi con piacere del periodo passato al Morosini ? Cosa, in particolare, ricorderai per tutta la vita? R. Beh, i ricordi sono talmente tanti e tutti cosi diversi. In realtà io sono uno di quelli che in collegio ci si è trovato quasi per caso. A 15 anni, per quanto possa sembrare strano, adoravo la Marina Militare. Il mio sogno era diventare Ufficiale di Marina... non chiedetemi il perché. Non lo so. La mia famiglia non si può certo dire che avesse delle tradizioni militari. Mio padre ha fatto il militare accompagnando un vecchio invalido. Uno dei miei nonni ha fatto la guerra come ufficiale medico e l’altro neppure l’ha fatta! Io però avevo questa passione fin da piccolo. Così il Morosini mi sembrava il posto migliore della terra per un giovane come me. Alla fine ho fatto il concorso, ma nel frattempo la passione si era raffreddata e non volevo più andarci. Quando mi è arrivato il telegramma con la convocazione avrei voluto mangiarmelo! Poi mi sono lasciato trasportare dalla vita e così ricordo come fosse ieri l’arrivo, chiaramente in ritardo, al corpo di guardia, e il primo contatto con due loschi figuri che presto 18 il brogliaccio 014 scoprii essere miei compagni di corso. Il primo scambio di battute con uno dei due, il sedicente Nuvoletta, fu tragico. Mentre camminavo nel viale alberato che porta al campaccio ad ogni passo mi sentivo sempre più perso e pensavo tra me e me: “se qui sono tutti così... sono fottuto!” Due anni dopo durante una guardia notturna sul ponte del Vespucci la nave fu improvvisamente inghiottita da un buio profondo e la voce del barbuto capitano inneggiò a Dio affinché ci aiutasse a ripristinare l’impianto elettrico prima di rischiare una solenne collisione d’altri tempi. Seduto accanto a me c’era ancora Nuvoletta, che ormai, rinato, si era scordato che una volta era completamente diverso ed era, di fatto, una persona nuova. Solo in quel momento, chiacchierando con lui nel silenzio della buia notte in mezzo al mare mi resi conto che avevo passato gli ultimi due anni della mia vita accanto a persone veramente eccezionali. Quanto possono riusltare sbagliate le prime impressioni! D. Quali furono gli ostacoli e le difficoltà in Collegio che rappresentarono per te delle ‘’sfide’? R. All’inizio non mi è sembrato così difficile. Anzi. Mi sono trovato subito bene. Mi dicevano esattamente che cosa dovevo fare, io eseguivo ed era tutto ok. Inoltre, ho sempre avuto una notevole propensione per il low profile... cerco sempre di farmi notare poco e questo in Collegio costituiva un vantaggio notevole. Meno ti facevi notare e meno t’importunavano. Di fatto con questa tecnica sono riuscito a farmi notare così poco che nei miei tre anni di collegio non ho mai preso una privazione d’uscita individuale. E poi alla fine ho COURTESY j. ballerini ©2009 luigi bajona corso azzurra 1983-‘86 ph. COURTESY j. ballerini ©2009 MOROSINIANI ALL’ESTERO: Jacopo Ballerini cercato di vivere quell’esperienza come cerco di prendere tutto nella mia vita: come un’avventura. E così è stata! D. Ci puoi fare un riassunto della tua vita dopo il Morosini? Come sei finito all’estero? R. La prima tappa all’estero è stata Londra. Ci sono capitato all’inseguimento di una vita che sembrava già scritta prima della crociera da pivolo. Causa: una donna. È una lunga storia e inizia davvero sottobordo di nave San Giorgio, attraccata al molo del terminal passeggeri del porto di Venezia. Un bacio che m’incollerà alle labbra della mia fidanzata per molti, molti anni. Terminato il Collegio m’iscrivo all’università di Milano e intanto la mia storia con la veneziana continua. Inizio a lavorare per mio padre. Lavorare in famiglia è uno strazio. Non so come sganciarmi, ma per fortuna inventano i Volontari in Ferma Annuale e così mi arruolo negli alpini. Mi faccio mandare a Feltre, il posto più vicino a Venezia per non stare troppo lontano da lei. Finisco il militare e mi trasferisco a Mestre, inizio a lavorare e m’iscrivo di nuovo all’Università, questa volta con la seria intenzione di terminare il percorso di laurea nel più breve tempo possibile. Tento di recuperare il tempo perduto. La ma vita si condensa tra lavoro e studio cosicché riesco a superare 14 esami in un anno. In dirittura d’arrivo alla Laurea riesco ad entrare nei Carabinieri come ufficiale. Sono felicissimo: un sogno che si realizza. Riesco a farmi mandare a Gorizia in un reparto che mi piace moltissimo, specializzato in missioni all’estero. Passa qualche mese e mi mandano in missione: Iraq, quello che veramente desideravo nel profondo. È la mia prima vera esperienza all’estero e la ripeterò nello stesso teatro due anni dopo. L’Iraq mi rimane dentro, trasforma il mio sangue in sabbia, mi si ancora all’anima, è come se fossi stato infettato da una malattia virale, una malattia senza cura. Allo stesso tempo sono fe- licissimo, sembra che la mia vita abbia preso la piega giusta: un lavoro che adoro, finalmente la Laurea e la donna con cui, penso, invecchierò. La vita sembra proprio in discesa. In realtà, la vita è una gran meretrice, non dà niente gratis. Sono preso tra due fuochi: da una parte il lavoro che amo e dall’altra la mia ragazza che si è trasferita in Inghilterra e preme perché la raggiunga. Alla fine sono costretto a congedarmi decidendo di raggiungerla. Inizia così la mia storia da espatriato! Dopo poco più di quattro mesi a Londra la ‘’quattordicennale’’ relazione con la mia fidanzata termina infelicemente e di colpo mi rendo conto che nella vita nulla è determinato. Si chiude definitivamente un capitolo della mia vita. Londra è una città difficile, tutto corre, scorre veloce e per un ufficiale dei Carabinieri in congedo non c’è un gran che da fare... Ricomincio facendo caffé in una caffetteria, poi passo alla sicurezza privata in un hotel. Mi annoio e perdo totalmente la rotta. Allora decido di lasciarmi andare e vedere dove mi avrebbe portato la corrente. Racimolo due soldi e mi dedico a quello che ho sempre amato: viaggiare, conoscere posti e gente nuovi. Vado a zonzo per l’America Latina per tre mesi e alla fine rientro in Europa e mi stabilisco in Spagna, a Tenerife, dove mi trovo tuttora. Il futuro? …. È bello proprio perché sconosciuto. D. Hai un pensiero di ottimismo per il futuro alla luce della crisi mondiale in atto? R. Mi sono trovato proprio totalmente afflitto da questa crisi. Sono sicuro che si risolverà presto e che come sempre da periodi di incertezza nascerà un qualcosa di positivo. D. Un telegramma che vorresti inviare a tutti i lettori del nostro Brogliaccio, soprattutto ai giovani lettori/lettrici che vorrebbero entrare al Morosini? Lo consiglierai ai tuoi figli? R. Proverò con un aneddoto. Le uniche persone che ho incontrato nella mia vita che criticavano il servizio militare come un anno perso sono proprio quelle che non lo hanno fatto. Un’esperienza non la si può criticare se non la si fa! Io ho passato i tre anni di collegio restando sempre molto scettico sull’utilità del Navale ma credo che un domani lo consiglierei sicuramente ai miei figli. D. Sei iscritto all’Associazione Ex Allievi Scuola Militare F. Morosini? In questa pagina. Jacopo in versione acquatica il brogliaccio 014 19 Se fosse stato un CD avrei potuto aiutarti. Sono certo esista un editore tra gli Ex! IN BOCCA AL LUPO T In questa pagina. La homepage del sito dell’Associazione Patrona Agata. E così fu: Il giorno 5 febbraio, il sottoscritto, SAR ed “il Leone” Diego, unici superstiti della serata Livornese, venivamo accolti all’aeroporto “Bellini” (ex “Fontanarossa”) di Catania, dalla stupenda famigliola di Diego. Ospiti per ben tre giorni (non di più, ricordando l’antico detto “l’ospite dopo 3 giorni puzza”) il risultato fu quello che segue: entravamo dalla porta prin- cOURTESY m. sessa ©2009 rovatomi a Livorno di passaggio, chiamavo SAR Gian Maria Setti Carraro (il più alto in grado a livello associativo in quella zona) per annunciare la mia presenza lì per qualche giorno. Come al solito, con la massima operatività che ci contraddistingue, si organizzava un mini-evento in uno dei più accreditati ristoranti del posto che vedeva la presenza di cinque ex-allievi più una ad honorem, Francesca Leso, figlia del generale Leonardo Leso, ex- allievo … pardon … EX ALLIEVO del corso Barracuda, che dimostrava la sua piena integrazione con l’ambiente morosiniano. Durante una serata all’insegna di bruschette al lardo, In questa pagina: pasta al favollo e zuppe 4 del mattino riunione di di pesce varie, il “siculo” corso per l’organizzazione Diego Leone proponeva del giorno seguente. di ritrovarsi tutti assieme, qualche settimana Aci Trezza. dopo, nella sua Catania per festeggiare la Santa Ritratto ad Aci Castello cOURTESY m. sessa ©2009 ph. cOURTESY m. sessa ©2009 il brogliaccio 014 siete tutti cittadini??? La Sicilia accoglie con gran calore (25° circa…) una delegazione di ex allievi per la festa della Santa Patrona di Catania cOURTESY www.assomorosini.it ©2009 20 Michele Sessa deimos 2002-‘05 il brogliaccio 014 21 franchi in riga D. Vuoi aggiungere un commento, un consiglio? R. Sono deluso da tutto quello che dicono dell’Iraq. Mi sembra una mancanza di rispetto per i ragazzi che hanno perso la vita cosi lontano dalla madrepatria. Così decido di scrivere un libro per raccontare cosa è effettivamente successo in Iraq. Da un lato sono spinto dalla volontà di chiarire che cosa sia veramente accaduto nella missione italiana in Iraq e in particolar modo durante il tragico attacco alla base dei carabinieri a Nassiriya nel 2003, dall’altro lato il libro è un tentativo di riappropriarmi dei miei sogni e della loro spensieratezza raccontando una delle esperienze più eccezionali della mia vita. Ritengo il libro di particolare interesse perché narra di fatti vissuti in prima persona. Purtroppo nessuno lo vuole pubblicare perché dicono che se non ci metto dentro del sesso non si vende...! Io sono convinto che piacerà tantissimo, L’Associazione fa festa a Sant’Agata soprattutto ai lettori del brogliaccio, leggetelo! Si intitola “L’Ultimo Compleanno” e lo potete trovare su: www.ilmiolibro.it cOURTESY m. sessa ©2009 R. No. In realtà non ne ho mai veramente sentito la necessità. PS: in realtà nessuno dichiara che iscriversi ad una Associazione sia una necessità, semmai un piacere. Spero che Jacopo si iscriva presto e che partecipi alle nostre prossime iniziative! cOURTESY s. quartone ©2009 cipale di casa Leone frontalmente e ne uscivamo di profilo, al termine della nostra permanenza in loco, con qualche difficoltà a causa dei numerosi chili messi su: pasta con le acciughe, arancini, cannoli, formaggio pepato, alici marinate, pasta alla Norma, salsicce speziate, granita alle mandorle, granita al limone, schiacciata con la tuma o con verdure varie … (ok basta … altrimenti dovrò alzarmi per affogare le mie sofferenze nel frigorifero …). Dopo una “leggera” rifocillata, decidevamo di fiondarci nel pieno della festa. Ma cos’è la festa di Sant’Agata? Cosa rappresenta per i Catanesi? 22 il brogliaccio 014 Dopo una serata di bagordi decidevamo, alle quattro del mattino, di andare a riprendere fiato sotto le lenzuola, anche perché l’indomani ci aspettava una intensa giornata … SAR ci proponeva di fare visita ad un suo caro amico -per la gioia del sottoscritto- impegnato in un avamposto tra i più “particolari” dell’Arma dei Carabinieri: la caserma di Biancavilla, uno dei tre paesi del famoso “triangolo della morte” (Biancavilla - Adrano - Paternò). Noi “tre (dei quattro) dell’oca selvaggia” arrivavamo alle ore undici in quel di Biancavilla: la nostra presenza, lo si leggeva in viso ai passanti, turbava i soliti equilibri tenuti in continuazione sotto controllo, e dopo qualche minuto di attesa all’uscita della Statale giungeva, con nostro grande sollievo, la camionetta dei CC che ci scortava fin all’ingresso della caserma. Cosa dire?... avete letto il “deserto dei Tartari”? sarebbe la descrizione ideale dell’ambiente che ci circondava: una caserma al confine, una caserma nel deserto, una caserma nel silenzio: tutti sempre pronti, sul “chivalà!”, ad attendere che succeda chissà cosa, con una piccola differenza: il Tenente Drogo ed i suoi uomini avevano la sola speranza che qualcosa si muovesse, che il nemico “si facesse vivo”; a Biancavilla la certezza la fa da padrone, certezza che tutto avviene, ma in un silenzio spaventoso. Dopo una veloce visita alla caserma, decidevamo con il comandante di stazione ed il suo vice di andare a prendere un ape- ritivo in piazza: paese deserto, desolato (sembrava di essere ne “Il giorno della civetta”), alla vista di nuovi ospiti in compagnia dei CC diveniva un “putiferio”, la piazza quasi si riempiva, la strada che fiancheggiava la piazza diveniva trafficata … “Tutto nella norma” affermava il maresciallo comandante … e se lo dice lui … alla fine del tour, dopo aver ricevuto un invito a pranzo per l’indomani, tornavamo soddisfatti a casa e sfrut- in pochissime ore che ha riscosso un grandissimo successo grazie allo stupendo lavoro fatto da Alberto Cozzo ed alla graditissima ospitalità del grande Riccardo Di Bella. tavamo l’intero pomeriggio per conoscere meglio Catania. ma e, dal famoso maresciallo Comandante, ho imparato che è la forma verbale più utilizzata per la redazione dei verbali. Non so, ora come ora, cosa ne sarà del mio futuro, ma se me lo consentite vorrei quanto meno iniziare a farci l’abitudine… P.S. vi sarete chiesti perché quest’articolo è stato interamente scritto all’imperfetto (a volte, forse, forzando un po’ i dettami della lingua italiana): beh, tra le tante, ho una grande passione per l’Ar- cOURTESY Panoramio: ik1hgi ©2009 La festa dura ben tre giorni: tre giorni di culto e devozione, folklore e tradizioni che, escludendo la settimana Santa di Siviglia in Spagna e la festa del Corpus Domini a Guzco in Perù, non ha rivali e soprattutto è sempre uguale da ben cinque secoli. Due dei tre giorni sono caratterizzati dall’incontro di Sant’Agata con la sua gente, portata a spalla nel suo argenteo fercolo, attraverso i quartieri popolari e quelli alti. I devoti girano per le strade della città con in testa un copricapo di velluto nero detto “scuzzetta” ed infagottati nel “saccu” che probabilmente rimanda alla tunica bianca dell’antico rito in onore di Iside, del cui culto Catania fu sede importante secoli prima dell’avvento dell’era cristiana. I più giovani e forti, per devozione, portano a spalla un cero pari al proprio peso corporeo finché la fiamma non lo consuma interamente. La parte centrale della festa è caratterizzata dalla sfilata, del giorno 5 sera, per le vie della città antica: il fercolo procede in modo lento per via Etnea, “salotto della città”; le undici candelore aprono la processione: esse rappresentano le associazioni, corporazione dei mestieri e delle arti; sono delle vere e proprio opere d’arte in cui l’espressione di devozione, culto e rispetto della Santa Protettrice vengono sublimate dalla costruzione di un manufatto ligneo di diversa grandezza. Il fiume del corteo interminabile si muove verso piazza Borgo per i fuochi d’artificio. Le ore passano e la notte avanza, Sant’Agata aspetta con pazienza all’incrocio tra via Etnea e la salita di San Giuliano per il rush finale, quello che terrà con il fiato sospeso, quello che strapperà l’applauso, se tutto va bene, liberatorio: vedere la corsa così pericolosa per la salita di San Giuliano è un grande spettacolo ed è un momento molto sentito dai devoti, soprattutto dai più giovani che sono i protagonisti principali, dato che ci vogliono forti gambe e braccia per tirare su le tonnellate e tonnellate della “vara”: farla tutta di un fiato significa trarne buoni auspici per l’anno; si, perché il vero capodanno per i catanesi è il 5 febbraio: i contratti anticamente partivano proprio da questa data. Il giorno successivo, appagavamo il nostro palato sopraffine con un pranzo eccezionale, tutto a base di pesce (con 15 portate di antipasto … e non solo) in un altro stupendo paese, ricco di storia, della costa est siciliana: Aci Trezza (per nostra fortuna non incontravamo “padron ‘Ntoni” altrimenti chissà quale carico di lupini c’avrebbe fatto scaricare..). Ma il bello deve ancora venire … lascio la parola ad Andrea Borgh che vi descriverà “una serata tutta morosiniana” organizzata In queste pagine: Le candelore in processione. Il fercolo di sant’Agata e i ceri distribuiti ai devoti il brogliaccio 014 23 nomen numen Il nome evoca la forza che lo anima. Eppure sono sostanziamlmente poche le unità della Marina che hanno portato il nome del Peloponnesiaco D a sempre il mondo militare è stato attaccato alla storia e alle tradizioni del passato, ricordando gloria e gesta degli eroi attraverso i nomi dati ai reparti, alle navi, agli stormi integranti le singole Forze Armate. Situazione questa che interessa anche la nostra scuola che è stata intitolata a Francesco Morosini (1619), doge di Venezia e grande Comandante sia per terra, sia per mare. Le sue indiscusse capacità gli permisero di combattere ripetutamente e vittoriosamente i turchi anche in età avanzata quando durante l’ultima campagna si ammalò e morì a Nauplia il 6 gennaio del 1694. La propensione al mare da sempre mostrata dall’Italia non poteva non celebrare un uomo di cotanto spessore e già la Regia Marina intitolò il brogliaccio 014 La prima unità del Regno d’Italia intitolata a Francesco Morosini fu una Corazzata della classe Ruggiero di Lauria, impostata presso l’Arsenale di Venezia nel 1881 e varata nel 1885. Completata nel 1889 dopo appena un anno fu radiata. La seconda unità italiana di cui si tramanda l’esistenza, intitolata al Doge veneziano, fu una Nave da Battaglia, della classe “Francesco Caracciolo”, impostata ai cantieri navali di Odero (LI) nel 1915 vide l’interruzione dei lavori di costruzione prima del varo e venne radiata nel 1921. Passeranno circa 15 anni perché la Marina dia il nome del “Peloponnesiaco” ad un’altra unità. Questa volta si tratta di un sommergibile facente parte della Classe Marcello (c’è chi riporta classe Marconi che è comunque una sottoclasse), che dopo la consegna ufficiale alla Marina il 9 novembre del 1938, con il motto “Ex undis signum victoriae” (“Dalle onde il segno della vittoria”), fu assegnato al II gruppo sommergibili di base a Napoli. Nell’autunno del 1940 ne viene decisa In questa pagina. La fotografia della corazzata F. Morosini tratta dall’Almanacco Storico della Marina. A fianco: La corazzata alla fonda in una cartolina d’epoca. La drammatica sequenza dell’affondamento del Morosini nel Golfo di Biscaglia scatttate dall’aereo della R.A.F. che ne fu la causa l’aggregazione all’XI gruppo sommergibili atlantici a Bordeaux , presso il Comando Superiore delle Forze Subacquee in Atlantico, a tutti noto con il nome di BETASOM. Facente parte del Gruppo Sommergibili Atlantici “Morosini”, esso registra un discreto numero di vittorie sotto il comando di del CC Athos Fraternale, detto anche il Comandante Moschettiere, decorato di Medaglia d’Argento e di Bronzo al Valor Militare per il valore espresso nelle missioni portate a termine con il Regio Sommergibile Morosini. Il sommergibile Morosini scompare in mare probabilmente tra l’8 e l’11 agosto 1942 nel golfo di Biscaglia. Il caso vuole che la Base Navale di Ancona venga dedicata al Comandante Fraternale , anconetano di nascita, proprio mentre al comando del Dipartimento Marittimo dell’Adriatico c’è un sommergibilista ed ex allievo del Morosini, l’Ammiraglio Paolo Pagnottella. Terminata la seconda guerra mondiale solo 2 sommergibili reduci dal conflitto continuano a far parte della nostra flotta, che viene rimpinguata in termini di naviglio subacqueo, grazie all’aiuto degli americani. Così il 31 marzo del 1966 il sommergibile USS Besugo viene ceduto alla Marina Militare Italiana, che lo contrassegna con la matricola S508 e lo rinomina Francesco Morosini riacquisendo il motto originale. Il sommergibile Morosini rimane in servizio fino al suo disarmo avvenuto il 30 novembre del 1973 e viene radiato dal Registro Navale Italiano il successivo 15 novembre 1975. Il 2 ottobre del 1961 la Marina Militare istituisce il Collegio Navale “Francesco Morosini” con sede sull’isola di Sant’Elena presso quello che fu il Collegio Navale della G.I.L. Per dodici anni circa quindi all’interno della Marina Militare coesistono due entità con lo stesso nome e l’ex allievo Ammiraglio Paolo Pagnottella, oggi Presidente dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, da giovane ufficiale ha l’onore di servire a bordo del cOURTESY P. Fraternale ©2009 cOURTESY marina militare italiana ©2009 24 al Morosini diverse unità. cOURTESY f. businaro ©2009 luigi tarsia corso halley 1985-‘88 COURTESY l. tarsia ©2009 sala convegno Dalla r. marina alla m.m. italiana Sommergibile Morosini. Il 5 gennaio 1998, a seguito del nuovo ordinamento istituzionale, il Collegio Navale assume lo status militare e viene rinominato Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” che ad oggi rimane l’unico a portare questo nome ricco di gloria. il brogliaccio 014 25 sala convegno Patrizio Rapalino corso Orion 1977-‘80 Il tramonto delle grandi corazzate – parte II COURTESY p. rapalino ©2009 LA STRATEGIA MARITTIMA DAL ‘45 AI GIORNI NOSTRI C on gli inizi dell’era atomica e fino al 1949 ritornarono in auge le teorie del Potere Aereo di Douhet e di Micthel e le polemiche tra forze armate (americane) per l’assegnazione dei fondi del bilancio e per la creazione di una forza armata aerea indipendente. Nel contesto ormai maturo della guerra fredda, con il blocco di Berlino del 1948, le forze aere dette- ph. cOURTESY stan sheb ©2009 ro una prova di efficienza anche nel settore logistico. L’USAF era sul punto di dimostrare che il binomio bombardiere strategico e arma nucleare rappresentava il futuro. Non soltanto le corazzate, tanto risparmiate da scontri decisivi, vennero demolite o messe sotto “naftalina”, ma anche alcuni programmi come quello della realizzazione della nuova portaerei United States vengono cancellati. Gli scontri soprattutto tra la Marina e l’USAF, furono molto aspri1; l’Aeronautica voleva avere il monopolio della deterrenza atomica da esercitarsi con i nuovi bombardieri intercontinentali che, secondo i principi del Potere Aereo potevano da soli risolvere qualsiasi conflitto; la Marina si batté per avere una sua forza aerea nucleare autonoma imbarcata, basata su dei bombardieri come il Savane del 1949 e quindi per esercitare la capacità di effettuare azioni tattiche in profondità. Naturalmente la querelle americana non poteva non avere ripercussioni in un’Europa dissanguata dalla guerra mondiale. Anche le marine europee subirono una forte riduzione. 26 il brogliaccio 014 La Marina italiana rischiò addirittura l’estinzione con l’imposizione del trattato di pace del 1947 che prevedeva la ces- ph. cOURTESY terry cosgrove U.S. Navy ©2009 Patrizio ci propone un suo scritto sull’evoluzione della strategia marittima. Nella prima parte, pubblicata lo scorso numero, l’analisi delle circostanze storiche che hanno portato all’abbandono delle grandi corazzate. In questo numero, la conclusione e l’evoluzione della tattica navale durante la guerra fredda. sione e la demolizione di buona parte della sua flotta, comprese le moderne corazzate. Ma sarà la guerra fredda a salvare la Marina italiana, soprattutto grazie alla rinuncia da parte degli Stati Uniti e della Gran Bretagna di entrare in possesso della quota di navi a loro assegnata dal trattato di pace ed, inseguito, grazie al naviglio ceduto dagli USA. La crisi del concetto di Potere marittimo sarà di breve durata. L’era atomica non ha infatti cambiato la necessità di dovere continuare ad utilizzare il mare per i propri scambi commerciali, che ad iniziare dagli inizi degli anni 50, con la ricostruzione e la forte crescita europea, avranno un’impennata impensabile. Inoltre, nel 1949 l’URSS diventò una Potenza nucleare; ci si accorse, ben presto, che prima di rischiare di arrivare ad un conflitto nucleare condotto dai rispettivi bombardieri strategici sarebbe stato più saggio, per gradi successivi, tentare di utilizzare le vie diplomatiche con un utilizzo mirato e graduale delle forze convenzionali. Già nel 1946, agli inizi della guerra fredda, gli Stati Uniti in supporto al governo turco contro le pretese territoriali dell’U.R.S.S. utilizzarono la corazzata Missouri, in un ruolo tradizionale di diplomazia navale, esercitando con la sua presenza nel porto di Istanbul un ruolo di dissuasione efficace. Sempre nel 1949 a Washington fu firmato il Patto Atlantico, che porterà alla creazione della NATO, che si prefigge la mutua difesa nei confronti di qualsiasi tipo di aggressione esterna, che nel contesto della guerra fredda non poteva che essere in chiave antisovietica. A partire da circa la metà degli anni 50 nessuna delle due super potenze deteneva più la capacità di primo colpo. La distruzione reciproca era ormai assicurata. Nasceva quindi l’equilibrio del terrore che a sua volta fu causa della ricerca di risposte flessibili, ossia dell’uso graduale della forza che va dall’utilizzo, o della minaccia, conven- A fianco. La placca posta a ricordo nel punto in cui fu firmata la resa del Giappone che formalmente sancì la fine della II guerra mondiale In questa pagina. La corazzata USS MISSOURI (BB-63) fa fuoco con i suoi cannoni Mark 7 calibro16/50 durante l’esercitazione Rimpac ’90 il brogliaccio 014 27 zionale dello strumento militare fino all’utilizzo, o alla minaccia, di armi nucleari tattiche e di teatro che non comportino il suicidio collettivo. Nel suddetto contesto sorgono una serie di conflitti limitati: guerra di Corea e di Indocina in cui ritornano in auge le forze convenzionali, in pri- terra con utilizzo di portaerei e unità da sbarco, sostegno logistico a grande distanza dalle basi. - assolvere, oltre al ruolo convenzionale, anche il ruolo strategico, non soltanto grazie alla possibilità di imbarcare dei bombardieri tattici, ma anche e soprattutto, con il futuro impiego di sot- strategico e soprattutto di strategia marittima è completamente ingessato nel contesto della guerra fredda e dell’equilibrio nucleare sotto la leadership statunitense. Gli ultimi tentativi delle Potenze europee di mantenere una sorta di autonomia strategica de- cisionale, perseguendo i propri interessi nazionali senza tenere conto del confronto bipolare, si estrinsecarono con l’insuccesso politico e diplomatico della missione anglo francese di Suez del 1956. Da allora la Gran Bretagna, non compierà più nessun gesto politico-militare all’insaputa degli Stati Uniti, ma, al contrario, costruirà con cOURTESY U.S. Air Force ©2009 ph. cOURTESY terry cosgrove U.S. Navy ©2009 ph. cOURTESY Staff Sgt. Samuel E. Rogers, 1st Fighter Wing Public Affairs USAF ©2009 mis la Marina essenziale per: tomarini balistici a propulsione nucleare. 2 - l’attività di diplomazia navale: presenza, preposizionamento in aree di crisi, risposta graduale; oppure il trasferimento e protezione delle forze terrestri, scorta convogli, proiezione di potenza a Ma a livello dell’attività di pensiero, nonostante i numerosi lavori, specialmente ad opera di studiosi anglosassoni, non ritroviamo grandi novità come a cavallo del XIX e XX secolo. Il pensiero 28 il brogliaccio 014 In queste pagine: Un B52-F Stratofortress mentra sgancia il suo carico letale nel 1960. Un bombardiere B-52 Stratofortress ed un bombardiere Stealth B-2 Spirit in formazione sui cieli della Barksdale Air Force Base. Una vista aerea della Missouri il brogliaccio 014 29 cOURTESY U.S. Navy ©2009 In queste pagine. Un B52 del96 Expeditionary Bomb Squadron di stanza alla Andersen Air Force Base nell’isola di Guam tra due F/A-18 Hornet decollati dalla portaerei Nimitz sullo sfondo 30 il brogliaccio 014 il brogliaccio 014 31 la Superpotenza un rapporto privilegiato che è ancora operante; un rapporto biunivoco che se non può essere definito paritetico, in termini di mezzi e di risorse, lo è certamente sul piano del pensiero strategico e dottrinario al punto che nel contesto operativo NATO spesso si ha l’impressione che nel rapporto simbiotico tra i due paesi, la Gran Bretagna sia la mente e gli Stati Uniti il braccio. Per contro, l’umiliazione di Suez, contribuì ad allontanare ancora di più la Francia dalle posizioni anglo-americane; e fu, in primo luogo, la mancata condivisione del pensiero strategico americano sulla dottrina della risposta flessibile, che portò la Francia a ritirasi dall’organizzazione militare della NATO nel 1966 ed a dotarsi di una capacità di dissuasione autonoma “la Force de Frappe”3. Inoltre il possesso dell’arma atomica permetteva alla Francia di dotarsi di una bilanciata Marina oceanica liberandosi dell’antica ossessione di dovere difendere il confine orientale terrestre, un tempo contro i tedeschi e quindi contro l’Unione Sovietica 4. La deterrenza nucleare, pur avendo alti costi, era comunque più conveniente ed efficace della linea Maginot e delle forze corazzate, e permetteva, quindi, di convogliare delle importanti risorse nel settore navale convenzionale, indispensabile per esercitare la propria sovranità sul vasto impero oceanico, soprattutto nel delicato periodo della guerra d’Algeria. Gli altri Stati occidentali, in primo luogo l’Italia e la Germania, delegarono la propria sicurezza alla difesa collettiva, su cui si basa la NATO, sotto la guida americana 5 e, naturalmente anche l’attività 32 il brogliaccio 014 Ma la vittima principale di questo stato di cose fu in primo luogo la Marina italiana, che durante il periodo tra le due guerre, era internazionalmente riconosciuta come la Forza Armata più efficiente e moderna del Regno d’Italia, in testa alla classifica mondiale, non soltanto in termini di tonnellaggio, ma anche in numero di opere di strategia marittima elaborate da uomini di grande spessore culturale. Da strumento della politica estera di una Potenza in espansione, la marina italiana, ormai ridotta ai minimi termini, si piegò su se stessa entrando in una fase di decadenza e provincializzazione. In effetti, nel contesto del confronto bipolare, la minaccia era continentale. Erano gli eserciti e le aeronautiche europee che dovevano reggere il primo urto in attesa che i rinforzi americani arrivassero. La Marina era meno importante delle altre forze armate e ricopriva un ruolo meramente ausiliario nel garantire la scorta antisommergibile e antiarea dei convogli nel Mediterraneo centrale, in cooperazione con le Marine alleate. Tra l’altro la minaccia navale sovietica fino alla fine degli anni 60 poteva essere considerata ininfluente. La strategia navale italiana di questi anni bui che vanno dal dopoguerra agli anni 80 è basata essenzialmente sull’evitare l’estinzione. L’importante opera dell’ammiraglio Spigai “Il problema navale italiano” fu scritta per richiamare l’attenzione della classe politica, in un momento di grande espansione economica, sulle esigenze della flotta e sui rischi della sua scomparsa. Lo Spigai non tratta di Potere Marittimo o di problemi di strategia, ma, con parole semplici, illustra per quali motivi un paese dipendente interamente dal mare deve essere in grado di poter difendere le proprie linee di comunicazioni e la propria enorme Marina Mercantile. Lo Spigai definì un coefficiente di protezione che indicava il rapporto del tonnellaggio della flotta militare rispetto alla flotta mercantile. L’opera di convincimento condotta negli anni 60 dall’ammiraglio Spigai, che assumerà l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1968 al 1970, unita agli scritti del Fioravanzo e, di uno storico e giornalista, esperto di politica e storia navale, il Dott. Gior- gio Giorgerini6, contribuirà a creare quell’humus culturale favorevole che porterà all’approvazione della legge navale del 1974 che salverà la Forza Armata dalla definitiva scomparsa7. In definitiva il pensiero navale italiano era pertanto concentrato sul: - mantenimento minimo di uno strumento navale credibile indirizzato alla scorta dei convogli e alla protezione delle SLOC senza perdere le competenze nei vari settori: (concetto del rapporto di protezione di Spigai, articoli e pubblicazioni di Giorgerini); delle marine mondiali. Il tonnellaggio e la corazzatura delle navi di superficie diminuirono notevolmente in quanto non più idonee a proteggere gli equipaggi da eventuali esplosioni nucleari o da attacchi missilistici. L’unica difesa possibile contro la minaccia nucleare era il diradamento e la chiusura ermetica dei locali di vita. I cannoni di grosso calibro lasciarono il posto ai sistemi missilistici antiaerei ed a sistemi lanciabombe e siluri antisommergibili. Sulle unità di superficie di maggiori dimensioni come gli incrociatori ed i cacciatorpediniere sarà mantenuto, come massimo calibro principale, il 127 mm. Ma vi furono - sulla realizzazione di mezzi navali polivalenti, economici e flessibili che potessero essere esportati sul mercato estero: prime unità missilistiche e portaelicotteri fino arrivare alla realizzazione della classe Lupo negli anni 70 e sulla realizzazione di eccellenti sistemi d’arma: cannoni da 76/62, missile antinave OTOMAT, sistema di C2 SADOC; - sulla partecipazione ad esercitazioni complesse con la ricerca della massima interoperabilità con USA e NATO; - cooperazione attiva nell’elaborazione della DOTTRINA TATTICA nei campi delle varie forme di lotta, ma certo non in settori strategici, dove rimangono validi i concetti intramontabili della PROTEZIONE delle SLOC. cOURTESY TGS TECHNOLOGY – U.S. Navy ©2009 Nonostante l’avvento dell’era nucleare ed il confronto bipolare, la Francia, ancora in possesso di un vasto Impero coloniale che difese con grande energia, non perdette mai fiducia sull’importanza del Potere Marittimo. La guerra d’Indocina, nei primi anni 50, ed infine la guerra d’Algeria, obbligarono la Francia ad utilizzare il mare in modo estensivo e classico. Occorreva far giungere il necessario sostegno logistico alle forze terrestri ed aeree; occorreva, inoltre, svolgere operazioni di power projection ashore, condotte dalla pur modesta portaerei Arromanche, e, impiegare la flotta in operazioni di interdizione contro il traffico d’armi che alimentavano i guerriglieri. La sua volontà di diventare una Potenza Marittima oceanica di primo livello, raggiungendo la Gran Bretagna, si realizzò con l’entrata in servizio, nei primi anni 60, delle portaerei Clemencau e Foch. di pensiero legata alla politica di difesa. Alcune discipline come la geopolitica e la strategia, contrariamente a ciò che si verificò in Gran Bretagna e in Francia, entrarono in lungo letargo fino alla fine della guerra fredda. L’evoluzione dello strumento e della tattica navale durante la guerra fredda Naturalmente l’era nucleare influenzò molto il settore delle costruzioni navali e l’impiego tattico In questa pagina. In missile balistico UGM-27 Polaris lanciato dal sottomarino nucleare britannico HMS Revenge (S 27) durante un’esercitazione il brogliaccio 014 33 importanti eccezioni come gli incrociatori italiani classe Doria e Veneto che imbarcavano soltanto cannoni da 76 mm, con ruolo prioritario antiaereo. La capital ship era ormai la nave portaerei con una scorta costituita da navi di tonnellaggio ridotto rispetto alla guerra mondiale, ossia incrociatori di tonnellaggio inferiore alle 7000 tonnellate, cacciatorpediniere, sotto le 5000 e fregate sotto le 3000 tonnellate. raggio (difesa di punto), ma nel campo antisommergibile di una panoplia di sistemi sonar, come l’ecogoniometro a scafo, l’ecogoniometro rimorchiato a profondità variabile (VDT) in funzione dell’andamento della propagazione sonora e le cortine lineari passive TACTAS. Ovviamente le fregate antisommergibili erano dotate di armamento dedicato, tipo lanciabombe, lancia razzi, scarica bombe e siluri leggeri antisommergibili. Fino alla fine degli anni 60 la minaccia era considerata prevalentemente aerea e subacquea, costituita da bombardieri a lungo raggio e da sottomarini sovietici in Atlantico, dotati di armamento nucleare e convenzionale, e da cacciabombardieri e sommergibili, anche convenzionali, del Patto di Varsavia, nel Mar Mediterraneo e nel Baltico. Pertanto la difesa aerea dei convogli diretti in Europa occidentale doveva essere assicurata in primo luogo dagli aerei imbarcati sulle portaerei (in Atlantico) e quindi, una volta entrati nel raggio d’azione delle basi europee, dalla cooperazione degli aerei basati a terra e di quelli imbarcati. In secondo luogo, ed a distanze più ravvicinate (dell’ordine delle 20/40 miglia), dai sistemi missilistici a lungo e medio raggio imbarcati rispettivamente sugli incrociatori e sui cacciatorpediniere (sistemi missilistici americani Terrier e Tartar). Infine, come ultima risorsa e prima dell’avvento dei missili a corto raggio, dai cannoni navali da 76 mm. Completava la difesa antisommergibile l’impiego degli elicotteri imbarcati, settore in cui la marina italiana, non potendo permettersi la realizzazio- La difesa subacquea era garantita, dai cacciatorpediniere, che oltre ad assicurare la difesa aerea con sistemi missilistici a medio raggio, erano anche dotati di sistemi missilistici a cambiamento d’ambiente tipo ASROC o ASTER, con siluro leggero come arma subacquea finale. Ma le navi antisommergibili per eccellenza erano e sono ancora le fregate, generalmente dotate, nel campo aereo soltanto di sistemi di autodifesa a corto 34 il brogliaccio 014 Dal punto di vista tattico i principali cambiamenti, rispetto alla guerra mondiale, si ebbero nelle formazioni navali e nella velocità di trasferimento ed in particolare nell’adozione di un maggior diradamento e di una riduzione della velocità. Infatti, tramontati i duelli d’artiglieria tra corazzate, in cui occorreva concentrare il massimo vo- nel Pacifico, erano basati prevalentemente sugli schermi a settore, in cui il convoglio veniva mantenuto al centro, su più file, e le navi di scorta in settori concentrici per garantire la protezione antisommergibile e antiaerea ravvicinata. Il Gruppo portaerei (portaerei e scorta) che doveva essere in grado di sviluppare velocità di 30 nodi per poter permettere il decollo degli aerei, veniva normalmente posizionato fuori dallo schermo del convoglio, ad una distanza tale (20-50 miglia) da potere fornire alle navi di scorta il sostegno di aerei antisom, i “pattugliatori marittimi antisommergibili”, senza interferire con i movimenti dello stesso. Alcune navi, altamente specializzate nella scoperta antisommergibile, potevano essere disposte in aree avanzate (distanze dell’ordine delle 100-200 miglia), rispetto allo schermo ravvicinato, per poter avere migliori possibilità di scoprire i sottomarini in agguato, molto prima del passaggio del convoglio o per bonificare i passaggi ristretti choke points, prima del transito dello stesso. Inoltre la velocità media di marcia di queste formazioni non era più la massima sostenibile, come durante la seconda guerra mondiale, ma funzione dell’ottima velocità di ascolto sonar, ossia non oltre i 16 nodi a fronte dei 27/30 nodi dell’ultima guerra. Infatti mentre durante le due guerre mondiali l’unico sistema efficace per evitare i sommergibili era quello di permanere in mare il minimo tempo necessario per condurre l’operazione effettuando i transiti sempre alla massima velocità e contando anche sulla buona sorte, nel periodo successivo, con l’evoluzione tecnologica dei sistemi sonar attivi e passivi, il metodo migliore per contrastare la minaccia subacquea era basato sulla scoperta dello stesso prima che potesse raggiungere una posizione idonea per lanciare i suoi siluri. I sistemi sonar, per poter essere efficaci, richiedono velocità moderate e quindi silenziose che non mascherino il contatto sonar nel rumore causato dalla propulsione propria e dalle turbolenze generate dallo scafo in movimento. ph. cOURTESY U.S. Air Force by Bobbi C. Garcia, Civ. ©2009 Pertanto le considerevoli dimensioni degli incrociatori degli anni 60, che in Italia erano anche navi sede di Comando, erano giustificate non più dall’esigenza dei grossi calibri d’artiglieria e di protezione passiva, ma dalla necessità di imbarcare apparati di scoperta radar Long Range e per i numerosi apparati di comunicazione, associate ai sistemi missilistici di medio-lungo raggio. Negli anni 60 la marina degli Stati Uniti si dotò di incrociatori lanciamissili a propulsione nucleare che con le portaerei a propulsione nucleare formavano dei Task Group omogenei, flessibili e dotati di grande autonomia. tisommergibile ed elicottero antisom, dotato di sonar a quota variabile o boe di ascolto sonoro e di siluri leggeri fu così efficace che venne adottato poi da numerose Marine, anche dalla marina degli Stati Uniti. ne di portaerei, fu all’avanguardia, imbarcando i primi elicotteri sulle fregate della classe Bergamini agli inizi degli anni 60, dopo avere sperimentato la fattibilità già alla fine degli anni 50 sull’incrociatore Garibaldi. Il connubio nave an- lume di fuoco a distanze comprese nell’orizzonte visivo, andò in pensione anche la linea di fila, formazione tradizionale con la quale avvenivano gli scontri tra navi da battaglia dal XVII secolo. I nuovi dispositivi, già impiegati durante la guerra Se si considera che buona parte delle navi mercantili non superavano i 15 nodi di velocità, l’intero convoglio si muoveva lungo le rotte atlantiche piuttosto lentamente, seguendo delle rotte a zigzag che riducevano ancora di più la media di avanzamento. Le navi di scorta potevano, in In queste pagine. Un B52-H in volo sopra la base aerea di Edwards, California il brogliaccio 014 35 A partire dalla fine degli anni 60 il forte sviluppo delle forze navali di superficie sovietiche e l’avvento dei missili antinave non cambiarono nella 36 il brogliaccio 014 antisommergibile, pertanto a partire dagli inizi degli anni 70 le navi di superficie della NATO iniziarono ad installare, anch’essi a similitudine dei sovietici, i contenitori con missili antinave, tipo l’americano harpoon, il francese exocet o l’italiano otomat. Alcuni di questi missili antinave tipo l’harpoon e l’exocet potevano essere anche lanciati dai sottomarini, migliorando le proprie capacità antinave e dagli aeri imbarcati e basati In questa pagina. a terra. Schema di come ottenere il Sea Control di un’area Il fine ultimo del dispoin movimento di circa 200 sitivo su descritto era miglia centrata sul convoglio, quello di ottenere il Sea con particolare attenzione Control di un’area in nei settori a proravia della movimento di circa 200 direzione di marcia miglia centrata sul convoglio, con particolare attenzione nei settori a proravia della direzione di marcia. In questa aerea di 200 miglia l’ammiraglio comandante, doveva assicurare con le forze sotto il suo comando tattico, il riconoscimento di tutte le “tracce” aere, subacquee e di superficie. Il che significava e significa condurre un lavoro continuo di controllo dello spazio tridimensionale, utilizzando tutti i sensori e le informazioni disponibili provenienti da aerei, sommergibili, navi, dallo spazio elettromagnetico, sottoforma di intercettazioni radar e di comunicazione e da informazioni intelligence provenienti dai comandi a terra. cOURTESY wikipedia.org ©2009 cOURTESY P. Rapalino ©2009 A partire dagli anni ‘60 e ‘70, anche i sottomarini a propulsione nucleare d’attacco SSN, vennero largamente utilizzati nei dispositivi di scorta convogli. La possibilità di potere raggiungere velocità di 27-30 nodi gli consentiva di sopravanzare il convoglio a grande distanza (100-200 miglia proravia del convoglio stesso) e quindi di effettuare la bonifica antisommergibile, a velocità silenziosa, di aeree che sarebbero poi state attraversate dal convoglio e dalla portaerei, molte ore dopo. Il SSN poteva essere utilizzato in modo indipendente, oppure in cooperazione con un aereo da pattugliamento marittimo, sfruttando al massimo l’integrazione dei sistemi sonar del sottomarino con le boe acustiche, il radar e i visori ottici degli aeri. Inoltre la cooperazione pattugliatore aereo e sottomarino permetteva una rapida ed efficace comunicazione con il Comandante della forma di lotta antisommergibile ASWC imbarcato sulla portaerei o sulla nave sede di comando. sostanza il dispositivo sopra descritto. Ci furono ovviamente dei cambiamenti nei sistemi d’arma. Ci si rese conto che le navi di scorta non potevano avere soltanto un armamento antiaereo e cOURTESY u.s. navy ©2009 questo modo, con una velocità leggermente superiore, pattugliare all’interno del settore assegnato, concentrandosi sulla scoperta sonar e ottico-radar dei sommergibili. Soltanto il Gruppo portaerei sviluppava velocità elevate, alternato da velocità ridotte, in settori di mare già bonificati, mantenendo, rispetto al convoglio, come abbiamo visto, una posizione tale da poter assicurare il sostegno e la protezione aerea e antinave, grazie ai propri aerei da caccia e cacciabombardieri e la protezione antisom grazie ad aerei antisommergibili. Entro la distanza di circa 200 miglia ogni contatto radar, aereo, di superficie o subacqueo deve essere stato identificato, ossia deve essere tracciato come nemico, amico o neutrale. Le tracce identificate nemiche, quando le regole d’ingaggio lo consentono, devono essere neutralizzate. Questo lavoro di aggiornamento continuo della situazione tridimensionale, particolarmente gravoso, durante la guerra fredda, a causa della presenza dei neutrali a cui non si poteva interdire l’uso del mare, richiese l’adozione di Sistemi di Comando e Controllo automatici la cui evoluzione è in continuo corso. In effetti in una situazione di guerra tradizionale sarebbe stato tutto più semplice, in quanto ogni contatto radar o sonar non riconosciuto come amico è da considerarsi nemico e quindi può essere ingaggiato. Ma in tempo di crisi, in cui non si vogliono rischiare incidenti che potrebbero degenerare in una pericolosa escalation, non è sufficiente avere identificato nemico un contatto radar per poterlo attaccare. Il riconoscimento certo di una nave, di un aereo o di un sottomarino sovietico non consentono il loro attacco, a meno che questi non manifestano apertamente degli atti ostili. Ma che cosa si intende per intenzione o per atto ostile? Entriamo quindi nel vivo delle numerose esercitazioni che la NATO ha condotto per 40 anni. Le definizioni suddette dipendono dal In questa pagina: momento. In alcune situazioni di crisi acuta, La corazzata Missouri spara la semplice scoperta una salva con i suoi cannoni da 16’’ contro le linee di un sommergibile alnemiche ad Hungnam. l’interno dello schermo ravvicinato di difesa del La corazzata Roma convoglio può essere all’approntamento finale ai definito un atto ostile e cantieri CRDA di Monfalcone il brogliaccio 014 37 colose interferenze. Ma faceva parte del gioco, e nessuno poteva loro impedire l’uso del mare, in tempo di pace. 38 il brogliaccio 014 Inoltre la necessità di continuare ad effettuare il tiro contro costa in appoggio delle proprie forze anfibie o terrestri, fece ritornare in auge il calibro da 127 mm a partire dagli anni 70. Anche l’Italia con i nuovi cacciatorpediniere Audace e con la classe Lupo e Maestrale riutilizzo lo stesso calibro per i cannoni principali. Con le operazioni in Libano del 1982, a guerra fredda tutt’altro che ultimata, il tiro contro costa ritornò alla ribalta, tanto che la marina americana rimise in servizio le corazzate classe Iowa . Ad iniziare dagli anni 80 e man mano che ci si avvicinò alla fine del- In questa pagina. La corazzata New Jersey in navigazione verso Pearl Harbour, settembre 1968 In questo contesto ormai di attualità, non vi è più una Marina opponente, come poteva essere la flotta sovietica, ma una minaccia più subdola, definita asimmetrica, che può, con mezzi più ridotti, tentare di effettuare il Sea Denial: utilizzo di motoscafi, pescherecci e gommoni carichi di esplosivo e personale armato, non appartenete a forze armate e votato a sacrificare la propria vita pur di ottenere un risultato spettacolare. Tuttavia restano ancora presenti le minacce tradizionali con cui si effettua il Sea Denial: i sommergibili convenzionali e le mine. Mentre i primi, fino ad ora, non sono stati impiegati, le seconde hanno trovato un largo impiego durante le guerre del Golfo. Queste “novità”8 sulla minaccia, unite alle nuove esigenze di assicurare missioni sempre più integrate in un contesto multidimensionale, joint e multinazionale hanno determinato la necessità di imbarcare a bordo delle navi che operano in situazioni di crisi, specialmente, in aree litoral di: - mitragliere di piccolo calibro anti mezzi navali ad alta velocità e non solo antimissili; - sonar dotati di sistemi per evitare le mine: Mine avoidance system; - necessità di blindare alcuni locali sensibili, tipo la plancia comando con materiale tipo Kevlar ed anti schegge; - plotoni di marines per la sicurezza delle navi alla fonda ed in porto e per il controllo dei mercantili e dei natanti sospetti; - sistemi C4I (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer e Intelligence) per la condivisione ph. cOURTESY d. smith ©2009 ph. cOURTESY r.m. cieri, u.s. navy ©2009 il sommergibile può venire attaccato senza ritardo. Oppure un gruppo di aerei che si avvicinano con un profilo d’attacco al convoglio o alla portaerei e che rifiutano di rispondere agli inviti di allontanarsi inviati sulle frequenze di soccorso possono essere abbattuti prima che raggiungano la distanza di portata delle loro armi. Una nave di superficie che raggiunge una posizione idonea per il lancio dei suoi missili ed attiva dei sistemi radar per la teleguida dei sistemi missilistici potrebbe essere ingaggiata. Tuttavia si potrebbe trattare soltanto di un atto di provocazione a cui non seguirebbe un ordine di lancio missilistico. La guerra fredda in mare era una guerra di nervi in cui, spesso, durante le esercitazioni complesse, le formazioni della NATO potevano trovarsi a navigare in compagnia di navi sovietiche, quasi in prossimità dello schermo, a volte creando peri- Le suddette esercitazioni misero in luce la necessità di continuare mantenere a bordo impianti di artiglieria contro la tendenza da parte di alcune marine di avere soltanto sistemi missilistici. In effetti ci si accorse, che specialmente in bacini ristretti come il Baltico e il Mediterraneo, prima che la situazione di crisi potesse degenerare in aperto conflitto, ci si poteva attendere che alcune navi avversarie potessero seguire la formazione navale a distanze ravvicinate per potere effettuare ai propri comandi un riporto preciso e costante della posizione del convoglio. Nei confronti di queste navi, a tiro di cannone, l’utilizzo dei sistemi missilistici era inutile o impossibile. la guerra fredda e con l’insorgere di nuove crisi, in cui però venne a mancare la flotta avversaria, le operazioni navali, dei grandi spazi oceanici, diventeranno sempre più litoral. Le operazioni di scorta o meglio di Sea Control di aree mobili centrate sui grandi convogli, che però sarebbero giunte in porti amici europei, si trasformarono gradualmente in operazioni di Sea Control statiche in aree litorali ed in operazioni di power projection ashore in grande stile, quali non se ne vedevano più dalla guerra nel pacifico, con l’utilizzo di aerei imbarcati in ruolo CAS (Close Air Support), lancio di missili Tomawak, utilizzo dei pezzi principali nel tiro contro costa ed operazioni anfibie. e la distribuzione capillare di informazioni, dove il livello strategico, operativo e tattico non sono più facilmente separabili, su una unica rete INTRANET. Inoltre un notevole impulso è stato dato al settore della Guerra di Mine con la realizzazione in campo NATO di cacciamine in vetroresina, tipo i tripartito franco-belgi-olandesi e la classe Lerici prima e seconda serie. Parimenti notevole importanza è stato dato al settore Intelligence, soprattutto alla branca Humint focalizzata all’area mediorientale con la condivisione e la distribuzione delle informazioni relative ai possibili attacchi terroristici marittimi tra i vari attori interessati, a bordo e a terra. Con queste caratteristiche tecnologiche, pensate al termine della guerra fredda le marine si trovano ad affrontare una nuova, per modo di dire minaccia: la “pirateria”, fenomeno che tradizionalmente nella storia dell’umanità si presenta ogni qualvolta esiste un problema di stabilità e di ordine internazionale. Per contrastare tale fenomeno non servono missili e cannoni, ma un ottimo sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence C4I, con cui condividere le informazioni anche al di là delle tradizionali alleanze. Serve pertanto il dialogo con i Paesi che subiscono tale fenomeno. Occorre però esercitare una presenza fisica con navi militari e con la guardia costiera di adeguata autonomia a scopo di deterrenza e al fine di poter intervenire in caso di necessità. Queste esigenze potrebbero cambiare alcune caratteristiche dei pattugliatori che saranno In questa pagina. dedicati alla lotta della 1990: la Missouri fa fuoco pirateria e del terroridurante la missione smo. Ma prima di rivoluDesert Storm il brogliaccio 014 39 zionare i sistemi d’arma delle future navi militari occorre porsi la seguente domanda: la guerra fredda è veramente un capitolo chiuso? tattiche da parte delle forze NATO e USA, avrebbe significa- 6 to, secondo la Francia, una guerra distruttiva sul suolo eu- sono studiosi e ricercatori universitari, ad iniziare dal Cor- Nei paesi anglosassoni buona parte dei pensatori navali ropeo e comunque il possibile arrivo dei sovietici sulle rive bett. In Italia, soltanto negli ultimi anni cominciano a cre- dell’Atlantico in tempi molto rapidi, anche dopo l’utilizzo di scere degli studiosi universitari che possono essere definiti armi atomiche tattiche. degli esperti del pensiero navale, come il Dott. Zampieri e il Dott. Patalano. La disputa causò il siluramento dell’Ammiraglio Arleigh Poiché l’obiettivo ultimo della deterrenza è quello di evitare Burke. Giuseppe Ciampaglia, Bombardieri atomici strategici il conflitto con una credibile strategia, la Francia preferì do- 7 della US NAVY, in Rivista Marittima, marzo 2006. tarsi di una triade strategica autonoma di armi nucleari, ba- 1959, Giorgerini scriveva: “E’ necessaria una speciale legge 1 In un articolo comparso sulla Rivista Marittima del lontano sata su missili intercontinentali, bombardieri e SLBN da uti- navale che sancisca il potenziamento della Marina, ricono- Grazie al binomio sottomarino nucleare classe Washington lizzarsi, indipendentemente dalle alleanze, contro eventuali scendo che essa rappresenta la chiave della nostra sicurez- e missile nucleare balistico Polaris, operativi dal 1961, la Ma- aggressioni anche da parte di una superpotenza. La Fran- za…”. 2 rina americana entrò da protagonista nella triade strategica cia con la sua forze di dissuasione esercita ciò che kearsley che sarà basata sui missili intercontinentali terrestri, i bom- chiama la “Creazione delle Condizioni di Rischio”: l’Unione 8 bardieri intercontinentali e i SLBM. Sovietica ha la forza per occupare o distruggere la Francia si esempi storici piuttosto simili: si pensi alle navi staziona- in qualsiasi momento, ma se tentasse di farlo la Francia pri- rie impiegate in Spagna e a Tangeri durante la guerra civile spagnola. ma di soccombere avrebbe la forza sufficiente per provocare una tale distruzione all’Unione Sovietica, da indebolirla in caso di invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Ar- modo intollerabile nei confronti degli Stati Uniti. Pertanto mata Rossa, ossia con sistemi convenzionali, non avrebbero altro non è che la teoria del rischio del Tirpitz applicata alle lanciato un attacco nucleare sull’Unione Sovietica, rischian- armi nucleari. cOURTESY U.S. Air Force ©2009 La volontà francese di potere disporre di una capacità nu- cleare autonoma si basava sulla convinzione che gli USA, in 3 Novità per modo di dire visto che si possono trovare numero- do, non avendo una capacità di primo colpo, un olocausto Amiral Olivier Sevaistre, Eléments pour une stratégie ma- mondiale. Pertanto l’ombrello atomico americano non eser- 4 citava un efficace deterrenza nei confronti dell’aggressione rittime, Revue STRATEGIQUE, 3° trimestre 1979. convenzionale. Una risposta flessibile, basata sull’utilizzo di forze convenzionali e l’utilizzo graduale di armi nucleari 5 Anche il Giappone in Estremo Oriente. cOURTESY wikimedia.org ©2009 40 il brogliaccio 014 In queste pagine. La regia corazzata Roma nel porto di La Spezia (1943). Un B52-F Stratofortress mentra sgancia il suo carico letale nel 1960 il brogliaccio 014 41 quale futuro? A Strasburgo/Kehl, nel corso del summit del 3 e 4 aprile, la NATO ha celebrato il suo sessantesimo compleanno D alla sua fondazione l’Alleanza Atlantica ha sostenuto il peso della Guerra Fredda, partecipato ad una serie di conflitti limitati e al momento sta conducendo una guerra su larga scala al terrorismo globale, ma soprattutto si trova in una delicata fase di ridefinizione della propria funzione, necessaria alla luce del crollo dei presupposti sui quali l’isti- 42 il brogliaccio 014 In questa pagina. L’amm. Di Paola durante l’alzabandiera che ha suggellato l’entrata della Croazia e dell’Albania nel Patto Atlantico cOURTESY athropolis productions limited ©2009 cOURTESY NATO-OTAN ©2009 tuzione fu fondata. La fine del bipolarismo e della Guerra Fredda hanno reso inevitabile chiederci quale debba essere a questo punto lo scopo di un organismo militare sorto per difendere l’Occidente dalla minaccia sovietica che da un “defensive mode” è passato ad una dottrina d’impiego che proietta su fronti lontani la propria forza militare. Questo quesito ha animato negli ultimi anni un dibattito condotto a mezza voce nelle stanze della diplomazia e degli stati maggiori d’Europa e d’America, quasi la NATO fosse alla ricerca di una propria anima o di una propria aggiornata vocazione in un mondo assai diverso da quello di sessanta anni fa. Piuttosto grossolanamente il quesito finale potrebbe essere “a cosa serve oggi la NATO?”, ma questo genere di semplificazione, oltre a portare ad una infinita serie di risposte tutte politicamente accettabili, rischia di ignorare che la vitalità di questa organizzazione transnazionale deve essere misurata anche attraverso i plausibili sviluppi futuri di un mondo in rapido cambiamento, dove alle vecchie sfide si vanno sostituendo minacce frammentate ma non per questo meno inquietanti. Possiamo anche serenamente aggiungere che tra le maggiori organizzazioni internazionali (UN, UE e NATO), quella che funziona meglio è appunto l’Alleanza Atlantica, che pur tra le molte difficoltà riesce sempre a fornire una risposta tempestiva e cordinata alle sfide che le vengono proposte, laddove UN e UE paiono sempre più mostri burocratici incapaci di adempiere agli scopi per cui sono state create perennemente impegnate a tentare di mettere d’accordo i loro molti membri. Con il risultato che gravi situazioni di crisi come quella in Darfur non vengono mai seriamente affrontate. La paura nucleare si ripresenta all’orizzonte auspice un Iran incontrollabile o grazie alla possibilità che una cellula terroristica riesca a provocare la detonazione di una “bomba sporca” e la nascita di nuove ph. cOURTESY CPO Antonio Cotrufo MM ©2009 Andrea Castelli corso Alphard 1974-‘77 COURTESY f. businaro ©2009 sala convegno La NATO compie 60 anni superpotenze nucleari asiatiche ha reso imperativo mantenere un coordinamento sopranazionale tra i membri di una nuova allargata alleanza euro-americana che in molti modi si contrappone alla crescita ed al consolidamento di un nuovo blocco che riempie il vuoto lasciato dall’orso sovietico. Non si tratta solo di continuare ad interrogarci su quale debba essere il suo futuro, ma di ammettere che gli interrogativi che riguardano la NATO sono di carattere politico e non militare e che questo strumento resta attualissimo solo se re-interpretato in funzione di sicurezza collettiva esercitata attraverso il multilateralismo ed attraverso una stretta integrazione con gli strumenti della diplomazia, della politica, dell’economia e anche della cultura. Come giustamente sottolineato dall’ex Morosianiano Ammiraglio Giampaolo Di Paola, Presidente del Comitato Militare della NATO, oggi l’istituzione non deve e non può prescindere da un rafforzamento della cooperazione UE-NATO, in un’ottiIn questa pagina: Un “boarding team” del Durand de la Penne sale a bordo di un mercantile per le operazioni di controllo nell’ambito dell’operazione Active Endeavour nel mediterraneo orientale lo scorso aprile. La mappa dell’artico il brogliaccio 014 43 ca di governance mondiale dove l’Alleanza trovi il proprio nuovo ruolo, non solo prettamente militare. È evidente che allo stato attuale la NATO non è in grado di fornire l’intelaiatura operativa e legale necessaria all’impiego di strumenti non militari indispensabili per affrontare oggi il tema della sicurezza. Anche secondo Di Paola nel corso del summit ha iniziato una fase di riflessione e il brogliaccio 014 cOURTESY Rivista della NATO © Reporters 2009 cOURTESY Finmeccanica ©2009 44 dibattito che genererà un documento da approvare ad un successivo summit e che ridisegnerà scopi, linee strategiche e filosofia dell’Alleanza. La NATO è in questo momento una organizzazione che funziona e che resta il perno di un sistema di sicurezza internazionale che deve affrontare le nuove minacce figlie della globalizzazione: il terrorismo, le armi di distruzione di massa, la lotta per le fonti energetiche, i cambiamenti climatici, la carenza d’ acqua, la minaccia cibernetica. Tutte sfide che hanno bisogno di una risposta corale coordinata e condivisa e la NATO resta il tavolo d’elezione dove elaborare strategie credibili contro queste nuove incognite. Il futuro richiederà l’azione concordata dalle nazioni con comuni interessi e, anche per gli USA, la NATO resta il migliore mezzo a disposizione. Una formula ormai collaudata In questa pagina: vuole che gli I territori rivendicati dalla Russia. USA si occupino dell’”hard Mosaico dei dati del radar ad apertura power” (lo sintetica che mette in evidenza il minimo sforzo prettadell’estensione del mare ghiacciato mente bellico) all’inizio del settembre 2007. e NATO e Sono indicate entrambe le rotte l’Unione Euroa nord ovest e nord est cOURTESY Rivista della NATO © Reporters 2009 cOURTESY il sole 24 ore ©2009 pea del “soft power” (la combinazione di dissuasione militare e diplomazia), una logica divisione dei compiti che però l’amministrazione Obama potrebbe sconvolgere, vista la sua propensione a trattare direttamente con i potenziali avversari, conducendo quindi in prima persona azioni di soft power. Ecco dunque che oggi la NATO, con le attuali regole, potrebbe non essere più pienamente idonea a esercitare ad esempio una persuasione amichevole accompagnata dall’esibizione moderata di muscoli militari, superata dal ben più convincente alleato atlantico. Dunque l’Organizzazione Atlantica si trova oggi ad affrontare sviluppi geo-politici che potrebbero condizionare pesantemente la sua natura e la sua operatività, tra cui la possibile ammissione di nuovi membri, la cui aspirazione atlantista solleva molte riserve e provoca l’irritazione di quello che fu il nemico tradizionale dell’Alleanza, la Russia. Mentre ufficialmente nelle segreterie dei ministeri e delle sedi diplomatiche viene considerato corretto sostenere l’allargamento a Georgia ed Ucraina, in realtà nessuno si nasconde che tale mossa potrebbe essere foriera di gravi tensioni e squilibri su un fronte che si vorrebbe tenere calmo. In aggiunta, oltre a contraddire le promesse fatte da Reagan e Bush senior a Gorbaciov l’ allargamento della NATO a Georgia, Ucraina precedute da Albania, Croazia e Macedonia, aumenterebbe a tal punto il numero di membri di una organizzazione che a questo punto potrebbe trovare difficile mettere d’accordo i troppi “soci”, rischiando potenzialmente frequenti e imbarazzanti paralisi decisionali, simili a quelle in cui incorrono troppo spesso organizzazioni come le Nazioni Unite o l’Unione Europea, spesso bloccate dai veti incro- ciati di nazioni di irrilevante peso politico, economico o militare. È vero per fortuna che, al contrario di ONU e UE, in ambito NATO esiste una solida leadership dei fatti e non delle parole, che mette al riparo dai protagonismi di paesi altrimenti poco impegnati o poco “forti”. Comunque per ora Francia, Germania, Slovacchia ed altri paesi europei si sono pronunciati contro l’avanzamento del processo di adesione di Georgia e Ucraina, ma l’argomento resta all’ordine del giorno e potrebbe avere ulteriori sviluppi. Ma il vero test sulla credibilità ed efficienza della NATO è oggi l’ Afghanistan, anche se, nuovamente, il problema vero non è solo militare ma eminente- In questa pagina: Due donne col burqa al voto. L’artico durante il digelo il brogliaccio 014 45 ph. cOURTESY Jones M. Tiffini, Petty Officer 1st Class U.S. Navy ©2009 mente politico. È opinione comune che un fallimento laggiù potrebbe distruggere l’Alleanza Atlantica. Si è scoperto che le sfide militari poste dal territorio, dai Talebani, da Al Qaeda sono enormi, tuttavia quella più grande è forse il confronto strettamente politico tra le diverse attitudini all’interno dell’Alleanza stessa. Se l’Afghanistan non venisse stabilizzato dovremmo probabilmente chiederci se si tratti di un fallimento della NATO o piuttosto delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. In questo senso la dottrina Obama può rappresentare la potenziale salvezza della NATO: l’atteggiamento del Presidente e del suo staff verso la cooperazione internazionale, verso le istituzioni multilaterali, verso gli alleati e anche verso il dialogo con gli avversa- 46 il brogliaccio 014 ri ha stimolato il dibattito ed il confronto paritetico tra gli alleati. La verità infatti è che nessuno sforzo puramente militare può garantire la governabilità di quel paese, ma solo un approccio omni-comprensivo e multilaterale può fornire una risposta credibile alle speranze di stabilizzazione. Addirittura, in un primo tentativo di trovare alla NATO un impiego non squisitamente bellico, fu presentata l’ipotesi di un coinvolgimento di suoi reparti nella guerra al narcotraffico. Ma questa collocazione non ha incontrato grande entusiasmo da parte dei militari, ben sintetizzato nelle parole del generale Mc Kiernan, comandante di ISAF: “non sarebbe peace-making ma neanche stabilizzazione o assistenza umanitaria, sarebbe proprio guerra!”. In un mondo dove il nemico di oggi attacca gli alberghi di Mumbay o genera schegge impazzite di terrorismo nelle moschee d’Europa e Pakistan può sembrare eccentrico condurre maestose manovre combinate di portaerei e sommergibili nelle acque atlantiche o esercitazioni di truppe alpine multinazionali a meno 30 gradi nelle nevi di Norvegia. Non occorre tuttavia essere scrittori di fantapolitica alla Tom Clancy per capire che questo tipo di operazioni congiunte servono a testare la capacità di intervento delle singole nazioni e a consolidare il coordinamento tra eserciti che parlano lingue diverse e con procedure spesso difformi. Ma soprattutto servono a disegnare scenari che la realtà di questi giorni conferma. I possibili sviluppi del confronto con l’Iran includono fasi di guerra sottomarina e aeronavale in difesa di petroliere in attraversamento dello Stretto di Hormuz e uno “stand off” armato all’interno del circolo polare artico non è totalmente da escludersi: è di pochi giorni fa la notizia che i comandanti e i diplomatici NATO incontratisi in Islanda hanno segnalato che il riscaldamento dell’Artico potrebbe portare a tensioni tra le maggiori potenze: il Segretario Generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer ha dichiarato che in quell’area sarà necessaria una presenza militare degli alleati occidentali, poiché l’apertura di nuove vie navigabili, un tempo percorribili solo da rompighiaccio, complicherà i delicati rapporti tra paesi che avanzano diritti su quei territori, soprattutto perché l’esplorazione per il petrolio e gas naturali diverrà possibile in aree prima inaccessibili. De Hoop Scheffer sostiene ovviamente che il dialogo tra Russia e NATO sarà la chiave per prevenire eventuali conflitti. Ma alla sua disponibilità pare non fare eco quella dei Russi, il cui Ministro della Difesa Anatoly Serdyukov ha perentoriamente dichiarato che “l’Artico deve diventare la principale base strategica russa per l’approvvigionamento di materie prime”. Un esplosivo documento riservato elaborato da una ventina di esperti e rappresentanti governativi russi riunitisi ad Alexandra Land, conclude che “non può essere escluso che la battaglia per le materie prime possa essere condotta in futuro con mezzi militari”. Sembra che la Russia, con un terzo del suo territorio a nord del Circolo Polare Artico, stia dimostrando che i timori di alcuni paesi confinanti non siano dopotutto infondati. Sappiamo che nell’immediato assisteremo ad una considerevole diminuzione dell’ impegno USA, un protagonista della NATO che intende abdicare a parte della propria leadership, lasciando più spazio decisionale ed operativo ai propri alleati, anche se questo si tradurrà inesorabilmente in un maggiore onere per nazioni come Inghilterra, Germania, Francia e Italia. Tuttavia, nonostante gli spostamenti di baricentro e di dottrina di impiego, i sessanta anni della NATO non ne sanciscono affatto l’obsolescenza, anche se un ripensamento della sua filosofia e dei suoi valori è imperativo, alla luce delle nuove minacce e dell’aggiornamento di quelle vecchie. In queste pagine. Esercitazione ICE, 2009. Il sottomarino d’attacco USS Annapoli (SSN 760) in emersione attraverso un metro di ghiaccio nel Mar Glaciale Artico il brogliaccio 014 47 Massimiliano Pardini corso azzurra 1983-‘86 Flaubert, Garcìa Marquez, Sartre e Camus. ph. COURTESY f. businaro ©2009 sala convegno La città e i cani la vita nel “Leoncio Prado” di Lima Nel celebre romanzo autobiografico di Mario Vargas Llosa, lo scrittore peruviano analizza, facendo uso di tecniche narrative multiple, le numerose realtà che si celano nel mondo apparentemente chiuso e rigido del Collegio Militare “Leoncio Prado” di Lima. Q uando si parla di Mario Vargas Llosa non si può fare a meno di pensare al celebre romanziere, drammaturgo, giornalista, saggista e uomo politico peruviano. Personalità poliedrica ed artista eclettico, sempre impegnato a favore del cambiamento sociale, della modernizzazione e della lotta contro la corruzione nella società peruviana, Vargas tecniche narrative tipicamente novecentesche, quali il monologo e l’accostamento di più voci narranti, in dimensioni temporali diverse. Llosa è un attento - e spesso critico - osservatore dei suoi tempi e della convulsa e contraddittoria società latinoamericana del dopoguerra. Conosciuto dalla critica prevalentemente per i suoi romanzi, è stato sensibile al richiamo di altre forme artistiche, quali il cinema, il teatro, la saggistica e gli articoli stampa a sfondo socio-politico sui quotidiani. Nelle sue opere vengono utilizzate 48 il brogliaccio 014 Considerato unanimemente una grande personalità letteraria, nonché un intellettuale di spessore, ha prodotto importanti studi e scritto, oltre ai romanzi, numerosi saggi di critica letteraria su cOURTESY amazon.com © 2009 cOURTESY joluibor.files.wordpress.com © 2009 Cresciuto in Bolivia con la madre e con i nonni, torna, da bambino, dopo la riconciliazione dei genitori, in Perù, dove, anche a causa del rapporto conflittuale con il padre, finisce per frequentare il celebre Colegio Militar “Leoncio Prado” della capitale. In seguito studia a Madrid e poi si trasferisce a Parigi dove inizia a mietere successi per la sua intensa attività giornalistica e letteraria. Insignito di numerosi premi letterari, tiene molte conferenze nelle università di tutto il mondo. Ottiene cattedre famose e aderisce, anche se criticamente, alla rivoluzione cubana. Nel 1990, spostatosi su posizioni politiche assimilabili al centro-destra, si candida, senza successo, alle elezioni presidenziali del Perù, vinte poi da Alberto Fujimori. Attualmente vive a Londra. Ma l’opera con la quale raggiunge il successo (per la verità inaspettato) e che lo rende famoso sia in patria che all’estero è “La città e i cani” (titolo originale: “La ciutad y los perros”). Il libro, scritto nel 1963, accolto molto favorevolmente in Europa dalla critica, suscita grande scalpore in Perù, dove viene addirittura pubblicamente dato alle fiamme dai militari, perché ritenuto dissacrante. La storia è quella dei cadetti di una prestigiosa scuola militare in cui vige una disciplina ferrea, e nella quale sono mandati, per merito, i figli delle classi sociali più basse e, per educarli e renderli meno viziati, i figli dei ricchi. Nel collegio, parallelamente al rigido formalismo dei regolamenti militari ed ai tipici ritmi quotidiani imposti dal Comando nell’ambito della vita addestrativa degli allievi (sveglia, alzabandiera, adunate, lezioni in aula, esercitazioni militari, libera uscita, servizi di guardia, silenzio, ecc., il tutto sotto l’inflessibile supervisione degli occhiuti ufficiali istruttori), vigono tra i cadetti, come spesso accade negli istituti di formazione militare, altre forme convenzionali di comportamento ed altri codici “etici” di convivenza, sicuramente più spicci: il nonnismo spietato degli allievi dei corsi più anziani che infliggono a quelli dei corsi appena entrati (i cosiddetti “cani”, in senso dispregiativo) gli scherzi, le umiliazioni, i soprusi e le angherie tipiche della loro età ancora immatura. Ma la sopraffazione e la violenza, fisica e psicologica, non esistono solo da parte degli “anziani” verso le matricole. Anche tra questi ultimi, non stentano a delinearsi ben presto i caratteri e le personalità più diverse; emergono così i più forti ed i più carismatici, che prendono il sopravvento sui più deboli. Ci sono poi quelli più coraggiosi e riottosi alla disciplina, che tengono testa agli anziani ed agli stessi ufficiali. Ci sono quelli più furbi e più “scafati” che riescono a “navigare” con qualche espediente nella dura vita quotidiana del collegio. Ci sono immancabilmente i più timidi ed inetti, fragili personalità che si fanno sistematicamente umiliare e mettere i piedi in capo da tutti. Sullo sfondo c’è la città di Lima, con i suoi viali alberati, i suoi quartieri, la scogliera sul mare dove si erge l’edificio del collegio con vista sulla baia di Callao, l’aria carica di salmastro, le prime luci della sera, quando i cadetti, se non sono puniti, possono finalmente andare in libera uscita e respirare la libertà. Ci sono le prime storie d’amore con le ragazze del posto, le speranze, le illusioni giovanili, le prime delusioni adolescenziali. Quello del collegio militare “Leoncio Prado” è un autentico microcosmo, uno spaccato genuino dell’esistenza dell’uomo, con le sue varie sfaccettature e le sue diverse personalità. E nell’istituto, come nella vita, per sopravvivere, bisogna tirare fuori gli artigli e non lasciarsi sopraffare dalle regole del “sistema”. Il romanzo, scritto con uno stile crudo ed asciutto, utilizza una tecnica descrittiva che alterna la narrazione in terza persona a quella in cui i protagonisti parlano direttamente in prima. Numerosi poi sono i dialoghi, spesso dal ritmo incalzante e coinvolgente, ed i monologhi, con i quali l’autore si abbandona spesso a divagazioni dal sapore introspettivo. La materia narrativa è autobiografica: il padre di Vargas Llosa, che osteggiava la passione letteraria del figlio, decise di metterlo nel collegio militare di Lima, famoso per la sua disciplina. Racconterà l’autore: “Ero un bambino viziatissi- A fianco. Mario Vargas Llosa In questa pagina. La copertina del libro il brogliaccio 014 49 mo, presuntuosissimo, cresciuto, faccio per dire, come una bambina…Mio padre pensava che il Leoncio Prado avrebbe fatto di me un uomo, ma per me fu come scoprire l’inferno. Fu lì che incominciai a scrivere. Fui costretto a coltivare la mia passione in segreto: ma fu per me come uno sfogo alla rivolta che nutrivo contro il Leoncio Prado.” Il protagonista del romanzo è Alberto Fernandez alias il Poeta (nel quale sembrano identificarsi il 50 il brogliaccio 014 La vittima del gruppo, lo Schiavo (l’allievo Ricardo Arana), così denominato perché incapace di difendersi ed incline a subire sempre le angherie ed i soprusi dei commilitoni, fortemente provato psicologicamente perché privato per settimane di fila della libera uscita, fa la spia ai superiori, denunciando l’esistenza del “Circolo”. La vendetta non tarderà ad arrivare per lo sfortunato cadetto che, durante un’esercitazione a fuoco, morirà, colpito accidentalmente da un colpo di fucile sparato alle sue spalle. L’inchiesta del Comando non riuscirà a trovare un colpevole, facendo prevalere la tesi della tragica fatalità, ma Alberto, scosso dal tragico avvenimento e preso dal rimorso di aver “soffiato” la fidanzata allo Schiavo durante i lunghi periodi di punizione di quest’ultimo, si mette a rapporto dal Comandante della Scuola e rivela di essere a conoscenza del responsabile dell’omicidio. Dichiara di sospettare fortemente che sia stato il Giaguaro ad uccidere intenzionalmente il povero Schiavo. Alberto compie quel gesto in un impeto emotivo di ribellione e di sfida verso un “sistema” - quello del collegio e delle sue regole non scritte - spietato, violento e cinico, che non ammette debolezze e non fa sconti a nessuno. Lo fa anche per rivalsa contro il Giaguaro, il capo indiscusso della combriccola, un tipo scaltro e senza scrupoli, temuto anche dagli allievi più anziani e fino ad allora suo sodale. Il suo è un supremo moto di orgoglio e di giustizia, ma l’iniziativa gli costerà cara. L’istituzione militare, preoccupata delle conseguenze disdicevoli di un’eventuale incriminazione nei confronti di un cadetto, non si rivela affatto desiderosa di far trionfare la giustizia. L’unico ufficiale che lo so- stiene, il tenente Gamboa, un militare onesto ed integerrimo nei suoi principi, che crede fermamente nelle regole e nella disciplina, troverà forte resistenza nei suoi superiori, che riusciranno a bloccare l’indagine, insabbiandola. La faccenda verrà sistemata con qualche ricatto ai danni di Alberto, affinché taccia e non sollevi più la questione dell’omicidio, e con il trasferimento ad un reparto di una località isolata del Perù del coraggioso tenente Gamboa. cOURTESY cmlpxxxii.com © 2009 cOURTESY cmlpxv.com © 2009 La trama: un gruppo ristretto di cadetti del primo anno, stanchi delle vessazioni subite dagli “anziani”, si coalizzano nel “Circolo”, una sorta di club segreto, allo scopo di resistere alle angherie dei “nonni” e sottrarsi alle regole di rigida disciplina del collegio. Le loro attività, tipiche di un gruppo di adolescenti in divisa, consistono nel copiare di nascosto le tracce dei compiti in classe o sottrarre quelli già fatti e sostituirli con altri corretti, rubare dagli armadietti i capi di vestiario agli altri allievi, contrabbandare bevande alcoliche e sigarette, organizzare bische notturne. Ognuno di loro ha un nome: il Giaguaro, il Boa, Rulos, Cava, lo Schiavo, il Poeta, Arròspide, Vallano. Tra di loro c’è un fortissimo spirito di corpo, grande coesione e solidarietà, ma, come spesso accade nella vita, all’interno del gruppo c’è una gerarchia ed i più deboli soccombono di fronte ai più aggressivi ed a quelli più spietati. Le scazzottate, i litigi e gli scherzi - quasi sempre pesanti - sono all’ordine del giorno; in alcuni dialoghi tra i cadetti emerge una morale “da riformatorio” che suona un po’ come mors tua vita mea: “Per farsi rispettare, di tanto in tanto, bisogna menare le mani. Se no sarai un fallito anche nella vita.(…) quello che importa nell’Esercito è essere un duro, avere un paio di coglioni d’acciaio, capisci? O fotti o ti fottono, non c’è rimedio. (…) Se non ti difendi con le unghie e coi denti ti mettono subito sotto”. narratore e lo stessoVargas Llosa), che si diletta a scrivere racconti erotici per far divertire i compagni e scrive, su commissione ed in cambio di sigarette, lettere d’amore alle loro fidanzate. Il finale è amaro. Quando Gamboa, fatte le valige, starà per lasciare il collegio, il Giaguaro, in un ultimo, drammatico colloquio, lo supplicherà di rimanere, autoaccusandosi dell’omicidio e giustificandosi di aver compiuto quel gesto per punire una spia e vendicare i compagni. Lo scongiurerà di portarlo dal Colonnello e di denunciarlo alla giustizia. Ma sarà tutto inutile: Gamboa rifiuterà, sopportando eroicamente l’ingiustizia ed affrontando il destino con commovente dignità (“Nemmeno in guerra ci devono essere dei morti inutili. Lei mi ha capito; torni in collegio e cerchi, in futuro, che la morte del cadetto Arana serva a qualcosa”). Alberto, invece, terminata la scuola con voti eccellenti, penserà alle vacanze estive, alle gite al mare con i vecchi amici in compagnia della nuova fidanzata, alla vita agiata da “figlio di papà”, all’università negli Stati Uniti (“Studierò molto e sarò un buon ingegnere. Quando tornerò lavorerò con papà, mi comprerò una macchina decappottabile, una grande casa con la piscina. Sposerò Marcela e sarò un dongiovanni. Andrò tutti i sabati a ballare al Grill Bolivar e viaggerò parecchio. Tra qualche anno non mi ricorderò nemmeno di essere stato al Leoncio Prado”). Ma anche se cercherà di dimenticare in fretta la vita del collegio militare, inevitabilmente il suo pensiero non potrà non tornare al tenente Gamboa ed al suo nobile comportamento. La figura di Gamboa svetta sugli altri personag- gi del romanzo e su di essa sembra concentrarsi la simpatia, la solidarietà e l’intima ammirazione dell’autore. Il giovane e solerte ufficiale, contro il suo stesso interesse, combatte una battaglia personale contro il conformismo, l’ipocrisia ed il carrierismo del sistema militare, ben consapevole che la sua ostinazione nella ricerca della verità e la sua onestà morale non gli porteranno nessun vantaggio ed anzi lo renderanno “scomodo” alla gerarchia. “La città e i cani”, che può considerarsi, a ragione, un capolavoro, prende in considerazione valori eterni ed universali dell’umana esistenza e descrive una stagione difficile ed al contempo meravigliosa della vita di ognuno di noi: l’adolescenza, una stagione intensa e struggente, che fugge via troppo presto e che lì per lì tutti abbiamo vissuto con l’ansia di diventare subito adulti. A fianco. Una locandina del XV corso In questa pagina. Il 32° di scorta durante una manifestazione il brogliaccio 014 51 sala convegno L’altra faccia della “medaglia” individuazione all’interno delle Forze Armate e dei loro Istituti di Formazione, ma quasi assente nel mondo “non militare o civile” che dir si voglia. Francesco Imbalzano corso Naumacos 1995-‘98 fratelli gemellati Per chi, come me, porta sempre la spilletta, questo articolo non può che essere pienamente condiviso C ari ex-Allievi, risulterà probabilmente inedito, ai vostri occhi, leggere delle parole a tutti voi rivolte, frutto del pensiero di due fratelli ex allievi di due scuole militari diverse. Come ben noto a tutti voi, negli ultimi anni si è teso a rendere sempre più forti i rapporti tra le ormai 4 Scuole Militari della nostra Nazione . Di certo si è trattato di una missione delicata e quanto mai complicata, ma è stata portata avanti con successo, nonostante vada precisato che siamo solo agli inizi e che tanto ancora si può fare! Il segreto di tale successo non può, però, essere corrisposto ad un singolo o ad una ristretta cerchia di noi! Si tratta della vittoria di uno stile di vita, di un bagaglio di esperienze e sofferenze comuni, di un obiettivo condiviso configurabile nel garantire un determinante apporto per il futuro del nostro Paese in tutti i settori, di un modo invincibile di affrontare e superare ogni situazione, di un modo di “essere più che sembrare”, di essere “preparati alla vita e alle armi”, di saper “volare più in alto” (Iterum alte volat), di saper servire sempre la “Patria” con “Onore” e di saper 52 il brogliaccio 014 Tutti noi sappiamo bene di avere un sottosuolo comune così fertile da rinverdire qualunque cosa nella quale ci cimentiamo! Quella marcia in più che tanti ci attribuiscono e che ognuno di noi realmente possiede, in un modo o nell’altro! Ma il meglio non lo forniamo solo da singoli operanti dei più svariati settori, bensì lavorando in team perché, anche se di scuole diverse, anche se appena conosciuti, sappiamo di poterci fidare l’uno dell’altro e di poter dare per scontato valori che le NOSTRE scuole ci hanno trasmesso e che porteremo sempre con noi! A tal proposito abbiamo una duplice spiegazione che motiva la nostra sicurezza nell’esprimere questi concetti. Aver frequentato istituti di formazioni quali il Morosini o la Nunziatella ci ha dato quella marcia in più e quel senso di appartenenza e responsabilità che negli anni successivi tanto ci sono serviti per emergere. Possono cambiare le strutture, le città in cui esse hanno sede, le Forze Armate di appartenenza, alcune tradizioni... ma la forma mentis e il valore della formazione del carattere no! Il secondo aspetto riguarda la forza di più ex-Allievi che hanno la fortuna di lavorare assieme. Si tratta di un fenomeno di relativamente facile Col passare del tempo, sentite le opinioni di tanti amici e tenendo conto anche delle nostre esperienze personali, reputiamo che il problema sia individuabile nella difficoltà di riconoscersi! ph. cOURTESY f. businaro © 2009 L’uno, Francesco, ex allievo dell’allora Collegio, ora Scuola Navale Francesco Morosini, corso Naumacos 1995-98; l’altro Raffaello, ex allievo del 216° corso della Nunziatella 2003 -2006. puntare al “raggiungimento di elevati obiettivi” (Per Scientiam ad astra). Dando per assunto (poiché tutti o quasi l’abbiamo constatato) il concetto che si è definito di “forza” nel lavorare assieme, volendo riassumere una serie di valori che siamo certi di trovare tra di noi, quali fiducia, coraggio, visione, affidabilità, ambizione e preparazione caratteriale e professionale, sarebbe opportuno ricercare le motivazioni di una tale discrepanza di rapporti tra ex-Allievi ,tra l’ambiente militare e quello non militare. Chiunque di noi abbia intrapreso la carriera militare non può negare che la prima cosa che ha fatto appena indossata l’uniforme è stato apporvi con onore e un pizzico di commozione la “spilletta” che lo ha automaticamente “etichettato” (in tutti i sensi possibili!) come ex-Allievo della Sua Scuola Militare! In questo modo qualunque ex-Allievo che veste un’uniforme esprime il suo senso di appartenenza ed ha la possibilità di riconoscere gli altri “suoi simili” cosa che desta quantomeno un interesse reciproco automatico, anche da parte di superiori nettamente più elevati in grado che non esitano ad avvicinarsi col solito nostro fare! Nel mondo non militare purtroppo non è così. C’è difficoltà ad individuarsi se non riuscendo ad evincere un’informazione del genere da un curriculum. Eppure sarebbe molto utile anche perché quello civile è un ambiente sempre più senza scrupoli e che tende al rispetto della legge del più forte! Non dimentichiamo che siamo e dobbiamo essere noi i più forti, e assieme lo siamo ancor di più! “L’altra faccia della medaglia”, cari amici, non è un titolo scelto a caso! Esso non si riferisce solo all’invito ad indossare la “spilletta” anche se non si veste un’uniforme, ma vuole essere più che altro uno sprone a CERCARSI! Dobbiamo mantenere alto il nome delle Nostre Scuole, cercarci e dimostrare che siamo in grado di offrire soluzioni a tutto ed in ogni settore, senza mai dimenticare i nostri illustri predecessori ed il loro esemplare operato nonché la nostra perpetua missione: fornire il nostro apporto alla crescita del Paese così come tanti di noi hanno saputo fare, così come altrettanti stanno facendo e come noi dovremo continuare a fare! Non è facile, ne siamo tutti consapevoli, ma se lo fosse noi non ci metteremmo neanche in gioco! In conclusione ci piacerebbe citare le parole di un noto spot televisivo che ci riporta con la mente, pur se in senso lato, a questi pensieri appena espressi , nella speranza possano trovare consensi e svolgere il ruolo di “motore d’avviamento” per una svolta, o, comunque, un grande passo avanti: “Vivono in mezzo a noi, girano per la città come se non si rendessero conto del loro valore, sono esseri speciali, capaci di imprese per gli altri impossibili, noterete la loro presenza perché sono tra noi, ACCANTO A VOI!”. In questa pagina. La spilla dell’Associazione il brogliaccio 014 53 cupolone COURTESY s. bausone ©2009 Giornata romana della Donazione del Sangue Stefano Bausone corso Daidalos 2004-’07 un dono importante Il 7 febbraio 2009 è una data che segna l’inizio di un lungo e speriamo perpetuo gemellaggio, che ci siamo prefissati diventi ben presto una tradizione dei Morosiniani con l’AVIS, Associazione Volontari Italiani Sangue Presso la Capitale alle ore 8.00 della summenzionata data, uno stretto ma “cospicuo” numero di Morosiniani si è recato - gioioso e dinamico - a donare il sangue, venendo accolto in piazza del Popolo dal Presidente dell’AVIS-Roma, Adolfo Camilli e da uno stretto numero di collaboratori molto preparati. Considerata la rilevanza etica dell’iniziativa, si era prospettato un numero elevato di partecipanti, ma a causa vuoi di un orario forse per alcuni estremamente difficile da rispettare in seguito al “Venerdì sera da leoni” vuoi per le continue perturbazioni atmosferiche, la rappresentanza del Morosini era costituita da soli cinque membri, impeccabili nelle loro divise sociali : Claudio Lucchi, Emanuele Bonabello, Riccardo Sensi, Ezio Stuardi e Stefano Bausone. È stato davvero emozionante il donare una propria cosa per la salute del prossimo meno fortunato; è stato uno splendido gesto di solidarietà, che ci ha resi sempre più orgogliosi e sensibili, non solo come associazione ma financo come singoli individui. il brogliaccio 014 In questa pagina. L’impavido autore dell’articolo spronto alla donazione associazioni: il presidente dell’AVIS Camilli e il nostro Fiduciario del Lazio Emanuele Bonabello, col grande lavoro di Claudio Lucchi, impegnato di continuo ad immortalare con la sua macchina fotografica i momenti più importanti e degni di ricordo. È stata davvero un’iniziativa esemplare. L’augurio più grande che mi sento di manifestare è che l’Associazione Morosini, ponendosi a stretto contatto con l’AVIS, possa riaffermare con i propri mezzi la centralità ed una maggiore partecipazione del donatore nel “sistema sangue” a livello nazionale, facendosi promotrice di una nuova cultura del volontariato e di una moderno ed efficiente ausilio alla gestione della politica trasfusionale. ph. COURTESY C. Lucchi ©2009 ph. COURTESY C. Lucchi ©2009 54 Dopo il prelievo, avvenuto all’interno di un caratteristico camper dotato delle più svariate apparecchiature cliniche, e in seguito ad una ricca colazione presso il famoso bar “Canova”, si è arrivati allo scambio dei doni tra i due maggiori rappresentanti delle due ph. COURTESY C. Lucchi ©2009 I l 7 febbraio 2009 è una data che segna l’inizio di un lungo e speriamo perpetuo gemellaggio, che ci siamo prefissati diventi ben presto una tradizione dei Morosiniani con l’AVIS, Associazione Volontari Italiani Sangue. In questa pagina: L’immancabile foto di gruppo. R. Sensi compila il modulo per la donazione il brogliaccio 014 55 cupolone STORIA Garibaldi BARCHE Maltese Falcon OLLEZION OLLE OLLEZIONIS LLEZIONISM MO O COLLEZIONI Fi rin Figurine Figurin 9 Numero 47 Mursia il libro dal titolo “IlAnnoGiuramento”. Vi invie Naval Art tiamo a leggere la Storia attraverso i diari di chi ne visse alcuni dei capitoli più importanti. e Comando del 2° Gruppo Permanente di Contromisure Mine della Nato (SNMCMG 2 – Standing Nato Mine Counter-Measures Group 2). Marcia avanti! REGATE GATE H bart idney Hobart Sidney-H Sidney Aprile/Maggio 2007 Rivista bimestrale B STORIA Garibaldi REGATE GATE H bart idney Hobart Sidney-H Sidney Il tenente della G.d.F. Fabio Boerner (Perseus 2001-’04) ha assunto a luglio il comando della Fiamme Gialle alla tenenza di Termoli. In bocca al lupo Comandante e Pale a prora! C Il col. Maurizio Parri (Hyades 1980-’83) onorando la memoria del nonno ha publicato per BARCHE OLLEZION OLLE OLLEZIONIS LLEZIONI MO O SM COLLEZIONI Maltese Falcon Fi rin Figurine Figurin Anno 9 Numero 47 e Naval Art I VEDIAMO DA ORFEO Domenica 8 marzo la Scuola Douhet si è aggiudicata il primo posto nel 4° Torneo Interscuole Militari – edizione 2009. Secondo il Morosini. Sapremo far meglio la prossima volta! RTENAV Aprile/Maggio 2007 Rivista bimestrale STORIA Garibaldi Aprile/Maggio 2007 Rivista bimestrale REGATE GATE H bart Sidney-H Sidney idney Hobart RTENAV LLEZIONISM OLLEZION OLLE OLLEZIONIS MO O COLLEZIONI Fi rin Figurine Figurin BARCHE Maltese Falcon STORIA Garibaldi Aprile/Maggio 2007 Rivista bimestrale REGATE GATE H bart idney Hobart Sidney-H Sidney LLEZIONISM OLLEZION OLLE OLLEZIONIS MO O COLLEZIONI Fi rin Figurine Figurin RTENAVALE AVALE ARTENA ARTENAVALE ASSOCIAZIONI Canottieri Savoia Anno 9 Numero 47 e Naval Art Aprile/Maggio 2008 Rivista bimestrale Aprile/Maggio 2008 Anno 9 Numero 47 Rivista bimestrale e Naval Art Aprile/Maggio 2 Rivista bimestral esclus La rivista di nautica più raffinata ed esclusiva ASSOCIAZIONI MARINA MILITARE Canottieri Savoia Accademia Navale CANTIERI Sangermani Anno 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO il brogliaccio 014 BARCHE Maltese Falcon nno 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO Il giorno 12 giugno il Capitano di Vascello Patrizio Rapalino (Orion 1977-’80) ha assunto il RTENAV FOTOGRAFI Carlo Borlenghi e Il 21 aprile l’Ammiraglio di Squadra Alessandro Picchio (Poseidon 1966-‘69), è stato nominato Sottocapo di Stato Maggiore sostituendo l’altro morosiniano e compagno di corso Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli. Il generale di divisione Leonardo Leso (Barracuda 1964-‘67) lascia il comando della Divisione Mobile dei Carabinieri per assumere il prestigioso incarico di attaché militare all’Ambasciata italiana presso le Nazioni Unite a New York. Paddles to prow, General! TRADIZIONI Il cantiere dei dhow Toni Mattarucco ci ha lasciati alla fine di maggio. Allievo del primissimo corso del Morosini (1961-’63), “secondi a nessuno” come amava dire, nonostante la malattia che lo minava ha voluto partecipare al Giuramento degli allievi del I corso il 5 maggio scorso. Questa sua volontà è un esempio straordinario del sentirsi morosiniani. Pale a Prora Toni e grazie! e M ARCIA AVANTI! Nell’attacco al convoglio italiano in Afghanistan costato la vita al caporal maggiore Alessandro di Lisio sono rimasti feriti altre tre militari; tra essi il tenente Giacomo Bruno (Andromeda 1997-2000) del Genio Paracadutisti. Le sue condizioni non sono gravi e si sta rimettendo. e Il corso Theseus 2006-’09 ha superato brillantemente la prova di maturità. Sono ben nove gli allievi del corso Theseus he hanno meritato 100/100 agli esami di maturità. Questi i nomi: Classico: Jacopo Ciaffi (capoclasse e doppio d.o.) Scientifico sez A : Marco Erriquez (capoclasse e doppio d.o.) e Lorenzo Liguori (d.o.) Scientifico sez B : Simone Pletto (capocorso e 2 d.o.),Emidio Ciuffo ( allievo graduato e 2 d.o), Vincenzo Giuseppe Ruberto (2 d.o.), Angelo Pio Mitrione (allievo graduato e d.o.), Luca Marcosano (allievo graduato) e Carlo Alberto Minasi. A loro le più vive congratulazioni di tutta l’Associazione. MARINA MILITARE Accademia Navale CANTIERI Sangermani Anno 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO ANDIERE ABBRUNATE Aprile/Maggio 2008 Ci ha lasciati, stroncato da male incuraRivista bimestrale bile, il comandante Arturo De Vincenzo, già comandante in seconda del Collegio Navale. Uomo schivo ma di grande umanità ha saputo lasciare in coloro che lo hanno conosciuto un profondo segno di stima. Epico il rapimento in stile brigatista del suo gatto da parte del corso Alphard; episodio che fece scoprire il suo lato scanzonato e che gli fece guadagnare l’affetto di tutto il corso. ARTENAVALE ASSOCIAZIONI Canottieri Savoia CANTIERI TRADIZIONI Sangermani Il cantiere dei dhow MARINA MILITARE FOTOGRAFI ASSOCIAZIONI Navale Accademia Carlo Borlenghi Savoia Canottieri TRADIZIONI CANTIERI Il cantiere dei dhow Sangermani FOTOGRAFI MILITARE MARINA Carlo Borlenghi Accademia Navale TRADIZIONI Il cantiere dei dhow Solo in abbonamento e nelle migliori librerie o 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO A COURTESY f.businaro ©2009 In questa pagina. Da sinistra a destra Leonardo Leso, Toni Mattarucco, la copertina del libro, il tenente Boerner RTENAV ULA STUDIO 56 COURTESY P.Branchi ©2009 COURTESY P.Branchi ©2009 Sette sezioni per sapere sempre dove siamo e che cosa facciamo COURTESY www.primonumero.it ©2009 il giardinetto del comandante In ogni numero: le più belle barche di ieri e di oggi, i cantieri, i restauri, la cultura, la storia e le tradizioni del mare, i pittori e i fotografi, il collezionismo e il modellismo, le associazioni, i libri, i musei, le aste, l’antiquariato Abbonamento annuale (6 numeri): 55 euro Tel. 02.7491373 - [email protected] - www.artenavale.it il brogliaccio 014 57 F Carl Marina Militare ! o e r r u a t u m f … o i u d lI t ta ta r o p a www.marina.difesa.it [email protected]