Settembre/ottobre 2009 Anno XXVIII

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Settembre/ottobre 2009 Anno XXVIII
il brogliaccio
B 014
Settembre/Ottobre 2009 Anno XXVIII
numero
bimestrale della Associazione nazionale Scuola Navale Militare F. Morosini
il brogliaccio 014
contatti
sommario
anno XXVIII numero 014 settembre/ottobre 2009
06 editoriale di francesco businaro - corso mizar 1978-’81
direttore responsabile francesco businaro
redazione andrea dell’agnola, ANDREA CASTELLI
rubriche
10 CORRIDOIO COMANDO
Auguri, cummandar es sheitan di stefano meconi – corso mizar 1978-‘81
La versione sana del nepotismo di Stefano Malvestio
14 franchi in riga
Morosiniano a Roma di giampiero rellini lerz – corso chyron 2003-’06
Il 4 aprile 2009 al “La banque”, Milano di Nicola pizzolorusso – corso alpherat 1999-2002
Morosiniani all’estero: Jacopo Ballerini di luigi bajona – corso azzurra 1983-’86
L’Associazione fa festa a Sant’Agata di michele sessa – corso deimos 2002-‘05
24 SALA CONVEGNO
L’angolo delle tradizioni - Dalla R. Marina alla M.M. Italiana di luigi tarsia – corso halley 1985-’88
La strategia marittima dal ‘45 ai giorni nostri - parte II di Patrizio Rapalino – corso orion 1977-’80
La NATO compie 60 anni di andrea castelli – corso alphaRd 1975-’78
La città e i cani di massimiliano pardini – corso azzurra 1983-’86
L’altra faccia della “medaglia” di francesco imbalzano – corso naumacos 1995-’98
54 CUPOLONE
Giornata romana della donazione del sangue di stefano bausone – corso daidalos 2004-’07
Il giardinetto del Comandante
[email protected]
hanno collaborato
l. bajona, A. CASTELLI, M. Pardini, L. TARSIA
progetto grafico andrea dell’agnola, Padova
fotolito e stampa lucenti srl, Padova
il brogliaccio 014
il brogliaccio viale piave 30/a, 30142 s. elena - Venezia
tel. +39-041-5204488
fax +39-041-5212840
www.assomorosini.it
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in coperta
courtesy by F. BUSINARO © 2009
© copyright il brogliaccio
2007-2009 Venezia
In prima di copertina
(courtesy F. Businaro)
e in questa pagina.
La corazzata F. Morosini in costruzione
all’Arsenale in un’incisione dell’epoca
PH.COURTESY l. tarsia ©2009
editoriale
EDITORIALE
francesco businaro
CORSO mizar 1978-’81
Ritorna il Brogliaccio
B
enritrovati. Innanzitutto devo scusarmi
per il lungo periodo di assenza al quale,
mio malgrado siete stati costretti. Non
voglio entrare nel merito della questione
che mi ha de facto in un certo modo impedito di
ottempreare alla promessa di bismestralità fatta
a suo tempo; vi basti sapere che il Brogliaccio riprende, con questo numero, le consuete uscite.
Molto è accaduto nel periodo in cui la rivista è
rimasta confinata nel cassetto e ci proponiamo di
recuperare, per quanto possibile, il tempo perduto. In questo numero proponiamo alcuni articoli
che risulteranno certamente datati ma riteniamo
che il lavoro fatto da chi ha redatto gli articoli andasse comunque onorato. Nel prossimo numero
daremo il giusto spazio anche alla cerimonia di
maggio che ha visto quello che oramai è il secondo corso, giurare fedeltà alla Patria.
Vi daremo inoltre conto di come il volto del Navale sia (o non sia) mutato con l’entrata della componente femminile. Nel sito avrete certamente
visto i filmati che ritraggono le nuove allieve al
loro ingresso, le loro motivazioni e la cavalleria
dimostrata dai loro graduati nell’accoglierle.
il brogliaccio 014
In campaccio, oltre alla consueta intervista ad un
ex allievo all’estero, il resoconto di alcuni eventi
e il pensiero di chi si sente morosiniano sempre
e ovunque.
In sala convegno l’angolo delle tradizioni parla di
quelle unità navali della nostra Marina che hanno portato il nome del grande Ammiraglio della
Serenissima e che sono servite da spunto per alcuni articoli apparsi nella sezione a noi dedicata
sulla rivista Arte Navale e che probabilmente riproporremo in un prossimo articolo. Si conclude
poi in questo numero l’articolo sulla strategia navale apparso nell’ultimo numero, quindi una considerazione sul ruolo della NATO in occasione
del suo 60 genetliaco. Segue la recensione di un
libro che tratta di una scuola militare ad opera
dell’acribico Pardini. Infine un articolo che vuole
esortare a consolidare il nostro senso di appartenenza alla grande famiglia morosiniana non solo
attaverso il piccolo gesto di portare con orgoglio
la spillina sul bavero della giacca ma soprattutto
nel cercarsi e nel riconoscerci in quei valori nei
quali siamo cresciuti.
Questo numero si conclude, infine, con il resoconto dell’iniziativa romana della donazione
di sangue, purtroppo
A fianco.
disertata dai più.
I vessilli schierati.
Al centro T. Mattarucco
ph. COURTESY p. branchi ©2009
In questo numero “di rincorsa” potrete leggere
l’augurio di buon compleanno rivolto ad una figura straordinaria della nostra Storia che, come
ebbe a dire il compianto Indro Montanelli “Se,
invece dell’Italia, Guillet avesse avuto alle spalle
l’impero inglese, sarebbe diventato un secondo
Lawrence.”. Vi è poi un articolo scritto dal padre
di un allievo del secondo corso, lettore oggettivo
del mondo morosiniano del quale propone alcune
traduzioni.
il brogliaccio 014 ph. COURTESY p. branchi ©2009
ph. COURTESY p. branchi ©2009
Concludo riferendo due notizie di “servizio”: l’Associazione sta ancora lavorando perché la proposta di Legge per il riconoscimento ai fini previdenziali dei tre anni trascorsi al Navale non rimanga
lettera morta, invitiamo dunque tutti coloro che
non l’avessero ancora fatto a dare comunicazione delle posizioni lavorative proprie e dei propri
compagni di corso anche aggiornando il proprio
profilo nella base dati del sito; per poterlo fare è
sufficiente registrarsi.
ph. COURTESY p. branchi ©2009
il brogliaccio 014
Buona lettura.
ph. COURTESY p. branchi ©2009
ph. COURTESY p. branchi ©2009
La seconda comunicazione riguarda invece il conseguimento della patente nautica previo corso da
svolgersi durante una settimana full immersion
tra le mura del Morosini. Quest’anno, per motivi temporal-burocratici, non è stato possibile far
decollare l’iniziativa nonostante l’adesione e l’interessamento del comandante Pacioni, che desideriamo ringraziare. L’iniziativo comunque va
avanti e ci auguriamo che possa risolversi positivamente per offrire, nella seconda metà del prossimo luglio, quella che riteniamo sia una ghiotta
opportunità di tornare, seppur per breve tempo,
tra le mura del Navale.
In queste pagine.
Alcuni momenti della cerimonia.
I vessilli fanno il loro ingresso sul luogo della cerimonia.
Qui sotto vecchi e nuovi dormitori
il brogliaccio 014 corridoio comando
PH.COURTESY l. tarsia ©2009
Auguri,
cummandar es sheitan
stefano meconi
corso mizar 1978-‘81
100 anni di storia
Il grande Montanelli nelle Stanze del 1997 scrisse: “Se, invece dell’Italia, Guillet avesse avuto alle
spalle l’impero inglese, sarebbe diventato un secondo Lawrence. È invece soltanto un Generale,
sia pure decorato di medaglia d’oro, che ora vive
in Irlanda, perchè lì può continuare ad allevare
cavalli e (a quasi novant’anni) montarli. Quando
cade e si rompe qualche altro osso (non ne ha
più uno sano), mi telefona ...” In verità non è un
Generale, ma uno straordinario Ambasciatore,
decorato del più alto Grado dell’Ordine Militare
d’Italia, di cinque Medaglie d’Argento al Valor Militare, di una Croce di Guerra al Valor Militare e
di quattro Croci al Merito.
La fedeltà dei suoi combattenti l’ha conquistata
sul campo e con il suo carattere.
L’Ambasciatore – o il Maggiore, come si preferisce, – Guillet non è un eroe dimenticato del ‘900
italiano. O almeno non lo deve essere per coloro
che affrontano la vita con la consapevolezza di
“gettare il cuore oltre l’Ostacolo”, come recita il
motto della Cavalleria.
Caricat ! per altri cento anni, Comandante.
A fianco:
Una cartolina dell’epoca.
Amedeo Guillet, 1935.
La sua è una storia che a volerla leggere tutta ha
dell’incredibile; qui va data ragione a Montanelli:
10 il brogliaccio 014
Guillet alla guida di uno Squadrone
dell’Amhara, 1940
COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009
A differenza di Lawrence, però, non ha mai partecipato a giochi di potere, non divenendo un
combattente del momento, ma servendo la Patria
come Ufficiale di Cavalleria sin dai tempi dell’Accademia di Modena, da dove uscì Sottotenente
nel 1931.
probabilmente, se fosse nato in Gran Bretagna o
negli States, sarebbe stato il soggetto di un film
d’azione, molto più avventuroso dei vari “Indiana”, semplicemente perché è tutto vero. Nel 2007
un regista ha provato a intraprendere la realizzazione di un film che, però, sembra non abbia trovato seguito. Per un film che non esce sono però
usciti, negli anni, due volumi: Sebastian O’Kelly,
AMEDEO - Vita, avventure e amori di Amedeo
Guillet, un eroe italiano in Africa Orientale, Rizzoli, 2002. e Vittorio Dan Segre, La guerra privata del Tenente Guillet, Corbaccio Editore, 1993.
Non è poco per un “semplice” Ufficiale di Cavalleria che, finita la guerra, è diventato Diplomatico,
impegnandosi con lo stesso coraggio con cui ha
affrontato l’ultima carica di cavalleria in africa!
COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009
C
ompiere cento anni è davvero un gran
traguardo, ma viverli come li ha vissuti e li continua a vivere il “comandante
diavolo” ha quasi dell’incredibile.
COURTESY Museo Storico della Cavalleria ©2009
Riteniamo doveroso onorare lo spirito e la forza di un grande uomo. Chi non lo conosce non
ha che da procurarsi uno dei libri citati nell’articolo o digitare il link www.lastoriasiamonoi.
rai.it/pop/schedaVideo.aspx?id=1688 per scoprire la semplicità di un grande Uomo
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corridoio comando
La versione sana
del nepotismo
Stefano Malvestio
una riflessione che fa riflettere
H
o sentito parlare spesso di “nepotismo”
ma, prima ancora di comprendere il significato vero e profondo della parola,
la stessa mi evocava qualche cosa di
negativo e di brutto: per questo me ne sono tenuto lontano, persino dal suo utilizzo.
La mia ostinata predisposizione all’ottimismo e
alla ricerca del positivo mi ha portato recentemente a riavvicinarmi e a soffermarmi su un’interpretazione positiva di questo termine, anche
in conseguenza di alcune riflessioni scaturite in
seguito all’ammissione di mio figlio di sedici anni
ad una scuola militare, dopo aver preso parte ad
un concorso indetto con bando pubblico. L’occasione mi ha consentito di riflettere sul fatto che,
forse, un po’ tutte le parole hanno diverse chiavi
di lettura e di interpretazione e per questo non
siano in se stesse né negative né positive, ma
semmai negativo o positivo è il fine che vuole
perseguire chi le utilizza.
Il nepotismo quindi può essere inteso in senso
“negativo”: in questo caso penso si faccia riferimento a qualche cosa che si muove nell’ombra,
nell’occulto, e che si lega ad uno scambio di favori
o di cariche, alla scelta per esempio di una persona perché amico del nipote di un lontano cugino.
Il nepotismo inteso in senso “positivo” invece mi
piace pensare si muova alla luce del sole, all’aperto e, nel contesto cui mi voglio riferire, credo si
possa così semplicemente sintetizzare: scelgo
quella persona perché è persona amica, perché
la conosco, l’ho “provata” da una vita.
Sempre in questa ottica positiva, in inglese si
usa definire cronysm la scelta di una persona
conosciuta da decenni su cui si può contare, di
un amico di comprovata stima e fiducia, il cui legame di amicizia spesso, molto spesso, risale ai
tempi della scuola.
Cronysm positivo vuol dire credere fermamente
ph. COURTESY D. Galli ©2009
12 il brogliaccio 014
ph. COURTESY D. Galli ©2009
ph. COURTESY D. Galli ©2009
Pubblichiamo nuovamente e con piacere una riflessione di un genitore. Va letta con
attenzione perché intuisce il senso di comunione e condivisione che lega ogni morosiniano
e apertamente che i miei amici, con i quali sono
nato e sono stato allevato, con i quali sono cresciuto ed ho studiato, con i quali ho condiviso le
prime vere difficoltà della vita, quelli che ho eletto veri amici, ebbene loro sono ritenuti da me i
migliori.
Senza volermi soffermare se per migliori amici
si intende quelli che ho conosciuto o frequentato
alle scuole private o pubbliche, in collegi religiosi
o in scuole militari, ritengo di trovare tutti concordi nell’affermare che senso di appartenenza,
disciplina, condivisione delle difficoltà, autocontrollo, rispetto di chiare e precise regole, accettazione delle proprie responsabilità e competenze,
sono alcune delle più significative qualità che
dovrebbero essere apprese sui banchi di scuola,
di qualunque ordine e grado, per poi venire messe in pratica, da grandi, nella vita professionale,
individuata e compresa la propria personale vocazione.
E se una scuola come per esempio quella militare
– forte di un progetto formativo di qualità e di un
impegno severo - nutre quotidianamente i propri
allievi a base di lealtà, amicizia, onore e amor di
patria è auspicabile che un giorno, quando gli allievi diventati uomini maturi decideranno di intraprendere una qualunque professione, sapranno ben orientarsi e distinguersi attraverso le vie
del servizio e del successo.
Questo sarà possibile perchè faranno memoria
dell’esperienza vissuta, attraverso un percorso
di formazione difficile e complesso, nella cultura,
nelle amicizie e nei comportamenti.
Questo sarà possibile perché trarranno sostegno
dal filo che collega tante generazioni unite da un
comune sentire, da una storia collettiva di cui
vanno tanto fieri ed orgogliosi.
Questo sarà possibile perché faranno tesoro di
quel senso di appartenenza che è stato fatto proprio con la scelta coraggiosa di entrare in un tipo
di scuola come quella militare, in cui si sono assunti in modo solenne e formale l’impegno di essere per la vita cittadini esemplari.
Quando di un compagno si arriva a conoscere i
suoi intenti ed i suoi sentimenti, quando con quel
compagno si affrontano e si superano le prove più
ardue e difficili, quando con questo compagno si
condividono dolori e gioie, allora credere fermamente ed apertamente che questo mio compagno
amico sia il migliore è fatto certo ed incontestabile!
Parlare allora di Cronysm positivo diventa non
solo possibile, ma addirittura auspicabile!
A fianco.
Quattro chiacchiere tra amici
In questa pagina:
Tante bandiere
un’unica scuola.
“Non chi comincia
ma quel che persevera”
il brogliaccio 014 13
COURTESY g. rellini lerz ©2009
franchi in riga
Morosiniano a Roma
giampiero rellini lerz
corso chyron 2003-’06
passeggiando per l’Urbe
ero a Venezia, ho avuto modo di conoscerlo
solo da ex allievo, però
vederlo mi ha fatto tornare in mente la Scuola
e mi sono sentito in dovere di salutarlo come
se mi fossi trovato in
corridoio comando.
ph. COURTESY G. Rellini Lerz ©2009
R
oma è sempre stata una città ricca di
Morosini. Volutamente dico Morosini e
non Morosiniani perché i legami tra il
collegio e la capitale non sono unicamente di ex allievi.
Proprio stasera passavo in macchina per la circonvallazione Gianicolense, all’improvviso vidi
scendere dal tram il comandante Covella ( Com.
te della Scuola dal 2006 al 2008 ed ex allievo onorario), istintivamente ho accostato per salutarlo.
Non era nemmeno Comandante nel periodo in cui
14 il brogliaccio 014
Un breve aneddoto per
introdurre un’idea che
mi è venuta dopo tre
settimane di riflessione durante la stesura
di due articoli che avevano come protagonisti
ex allievi a Roma: testimoniare in un articolo
la nostra larga presenza nella città eterna.
I due protagonisti, entrambi molto impegnati nel loro ambito professionale, mantengono, al contempo, sempre stretti
i valori del Navale.
Il primo ex è Alessandro Scuro (Espero), attualmente consigliere presso il II Municipio di Roma.
Per sua iniziativa è stato indetto un consiglio
straordinario in memoria delle vittime del terrorismo:
le udienze ordinarie sono state interrotte per
dare spazio a racconti e testimonianze di perso-
ph. COURTESY G. Rellini Lerz ©2009
Il forte legame che lega ogni ex allievo al Navale e ai suoi valori traspare da questa breve
considerazione del nostro Giampiero
ne toccate da questa tragedia.
venture.
Oltre ai consiglieri e ai cittadini del II Municipio
era presente un piccolo gruppo di ex allievi, in
rappresentanza del Morosini, i quali hanno dimostrato la propria solidarietà al tema intervenendo
nella discussione.
Spesso si organizzano cene o serate tra ex, dopodomani già mi aspetta un aperitivo...
Pochi giorni dopo ricevetti una telefonata di Gian
Maria Setti Carraro, che mi invitava a partecipare a una conferenza tenuta dal Capo di Stato
Maggiore della Marina Militare: Ammiraglio Paolo La Rosa (Corso 62-65) .
Ma la sorpresa più gradita è quando si incontra
qualcuno per caso, un anzianissimo a Termini, il
Com.te al corso in metropolitana, oppure scoprire che un anziano abita di fronte a dove fai ripetizioni. Così torni a Venezia per un attimo, quando
meno te lo aspetti.
L’evento si svolgeva in una delle location più
esclusive della capitale: Palazzo Borghese, che
sin dal 1922 ospita il Circolo della Caccia.
Con grande stupore vidi numerosi ex allievi popolare i sontuosi saloni del Circolo.
L’intervento del CSMMM dal titolo “Riflessi della
libertà dei mari sull’economia globale: l’impegno
della Marina per la sicurezza marittima” ha destato particolare interesse nel pubblico, tra l’altro
ricchissimo di marinai.
Dopo il brillante discorso la cena. Con l’aiuto di
Alberto Marulli è stata organizzata una tavolata
in cui l’elevato numero di ex allievi ha portato
una ventata di Morosini nella capitale, coinvolgendo gli altri commensali nelle numerose av-
A fianco e in questa pagina.
Alcuni momenti del
consiglio Comunale
straordinario presso il
II Municipio di Roma
il brogliaccio 014 15
franchi in riga
Nicola Pizzolorusso
Corso Alpherat 1999-2002
Voluta dai nuovi fiduciari lombardi la serata si è dimostrata inequivocabilmente un successo
È
trascorso già da qualche giorno quel 4
aprile a “Le Banque” a Milano, e la vita
di tutti i giorni ha ripreso il suo corso
normale. Tuttavia, il piacevole ricordo
di quei momenti è ancora vivo nella memoria di
quelle ottanta persone tra ex allievi ed ospiti, che
vi hanno partecipato.
Daidalos fino al Barracuda. Corsi appena
usciti e corsi che si apprestano a festeggiare
il decennale, corsi che
hanno vissuto il Morosini quando si chiamava Collegio e corsi che
il nome non l’hanno
mai avuto perché il Collegio era appena nato…
C’eravamo insomma un
po’ tutti quel 4 aprile, e
la voglia di essere ancora di più e di vedersi
più spesso aumenta costantemente.
ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009
aperitivo milanese
COURTESY n. pizzolorusso ©2009
il 4 APRILE 2009
al “la banque”, milano
Quella manciata di ore
ha rappresentato per la maggior parte di noi la
possibilità di incontrare ex compagni di corso
che ormai da anni non incontravamo, ci ha permesso di conoscere le fidanzate e talora le mogli
di quei compagni che, fino a ieri erano in classe
con noi mentre oggi sono, come noi, a navigare
nel mare della vita.
Una sala intera del lussuoso locale è stata riservata a noi Morosiniani dalle 20.30 alle 23.00.
Davvero tanti Corsi erano rappresentati almeno
da un ex allievo in quella sera: dal Deimos al Sirio, dal Perseus all’Andromeda, e l’Alpherat e il
Naumacos ma anche dall’Excalibur, Espero, Hurricane e Azzurra, dal Gemini e dall’Alshain, dal
ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009
ph. COURTESY n. pizzolorusso ©2009
16 il brogliaccio 014
In occasioni come queste, inoltre, si sfatano o si
comprendo una serie di aneddoti e tradizioni collegiali che, durante la nostra vita collegiale, abbiamo abbracciato senza conoscerne esattamente l’origine o la motivazione.
È così che ho scoperto che la distinzione tra corsi pari e corsi dispari è nata all’inizio degli anni
90, così come in quegli anni è stato introdotto il
termine “squalo” (per indicare le nostre amiche
veneziane) ed è terminata la prassi per cui gli anziani dovevano rifare il letto degli anzianissimi.
Ho inoltre avuto modo di scoprire che negli anni
più recenti (dal 2000 in poi) alcuni corsi (quelli
dispari) danno la canzone del corso ai propri pivoli alla fine dell’anno mentre gli altri a novembre,
prima di Santa Barbara. Non ho ancora scoperto
quando è nata la tradizione, a tutti noi cara, della
canzone del corso, ma ho avuto comunque modo
di notare “l’evoluzione” musicale dagli anni ’80
ad oggi, dai Simply Red passando per i Nirvana,
fino agli Offspring…
Un mistero fitto rimane ancora la leggenda del
“pivolo senza volto”: chi, da pivolo, almeno una
volta non ha avuto il terrore di imbattersi nel famigerato “pivolo senza volto” quando ci aggiravamo per qualche motivo di notte nella zona delle
aule scientifiche!?! Le serate come quelle del 4
aprile sono divertenti e piacevoli anche per questo. In fondo, è proprio in queste occasioni che
si comprende l’importanza di riallacciare i vecchi rapporti, di organizzare eventi o incontri, di
mantenere un costante rapporto con le persone
che hanno fatto parte del Morosini e che oggi
costituiscono la grande famiglia degli ex allievi.
Perché si può sempre ricevere un consiglio, un
aiuto, un parere, un’idea. O, più semplicemente,
si può trascorrere una bella serata chiacchierando, sorseggiando un drink e ballando fino a notte
tarda. Come quel 4 aprile di pochi giorni fa…
A fianco.
Una classica foto di gruppo
In questa pagina:
Il bar è sempre un luogo
prediletto per ritrovarsi.
Generazioni morosiniane
a confronto
il brogliaccio 014 17
franchi in riga
Le interviste del
Brogliaccio
Il nostro inviato recupera in Spagna Jacopo Ballerini del corso Maelstrom 1991-’91
Jacopo è un vero amico, quello su cui puoi
contare nel momento del bisogno e non solo. Un
vero piacere intervistarlo per il Brogliaccio.
Domanda: Che soprannome avevi in
collegio?
Risposta: Domanda difficile... non so se,
in effetti, si possa dire che ne abbia mai avuto
uno. Qoccy mi chiamava Mungo... ma la maggior
parte dei miei compagni di corso mi chiamava
semplicemente con il mio nome.
D. Cosa ricordi con piacere del periodo
passato al Morosini ? Cosa, in particolare, ricorderai per tutta la vita?
R. Beh, i ricordi sono talmente tanti e tutti
cosi diversi. In realtà io sono uno di quelli che in
collegio ci si è trovato quasi per caso. A 15 anni,
per quanto possa sembrare strano, adoravo la Marina Militare. Il mio sogno era diventare Ufficiale
di Marina... non chiedetemi il perché. Non lo so.
La mia famiglia non si può certo dire che avesse
delle tradizioni militari. Mio padre ha fatto il militare accompagnando un vecchio invalido. Uno
dei miei nonni ha fatto la guerra come ufficiale
medico e l’altro neppure l’ha fatta! Io però avevo
questa passione fin da piccolo. Così il Morosini
mi sembrava il posto migliore della terra per un
giovane come me. Alla fine ho fatto il concorso,
ma nel frattempo la passione si era raffreddata
e non volevo più andarci. Quando mi è arrivato
il telegramma con la convocazione avrei voluto
mangiarmelo! Poi mi sono lasciato trasportare
dalla vita e così ricordo come fosse ieri l’arrivo,
chiaramente in ritardo, al corpo di guardia, e il
primo contatto con due loschi figuri che presto
18 il brogliaccio 014
scoprii essere miei compagni di corso. Il primo
scambio di battute con uno dei due, il sedicente
Nuvoletta, fu tragico. Mentre camminavo nel viale alberato che porta al campaccio ad ogni passo
mi sentivo sempre più perso e pensavo tra me e
me: “se qui sono tutti così... sono fottuto!”
Due anni dopo durante una guardia notturna sul ponte del Vespucci la nave fu improvvisamente inghiottita da un buio profondo e la
voce del barbuto capitano inneggiò a Dio affinché ci aiutasse a ripristinare l’impianto elettrico
prima di rischiare una solenne collisione d’altri
tempi. Seduto accanto a me c’era ancora Nuvoletta, che ormai, rinato, si era scordato che una
volta era completamente diverso ed era, di fatto,
una persona nuova. Solo in quel momento, chiacchierando con lui nel silenzio della buia notte in
mezzo al mare mi resi conto che avevo passato gli
ultimi due anni della mia vita accanto a persone
veramente eccezionali. Quanto possono riusltare
sbagliate le prime impressioni!
D. Quali furono gli ostacoli e le difficoltà
in Collegio che rappresentarono per te delle ‘’sfide’?
R. All’inizio non mi è sembrato così difficile. Anzi. Mi sono trovato subito bene. Mi dicevano
esattamente che cosa dovevo fare, io eseguivo ed
era tutto ok. Inoltre, ho sempre avuto una notevole propensione per il low profile... cerco sempre
di farmi notare poco e questo in Collegio costituiva un vantaggio notevole. Meno ti facevi notare e
meno t’importunavano. Di fatto con questa tecnica sono riuscito a farmi notare così poco che nei
miei tre anni di collegio non ho mai preso una
privazione d’uscita individuale. E poi alla fine ho
COURTESY j. ballerini ©2009
luigi bajona
corso azzurra 1983-‘86
ph. COURTESY j. ballerini ©2009
MOROSINIANI ALL’ESTERO:
Jacopo Ballerini
cercato di vivere quell’esperienza come cerco di
prendere tutto nella mia vita: come un’avventura.
E così è stata!
D. Ci puoi fare un riassunto della tua vita
dopo il Morosini? Come sei finito all’estero?
R. La prima tappa all’estero è stata Londra.
Ci sono capitato all’inseguimento di una vita che
sembrava già scritta prima della crociera da pivolo. Causa: una donna. È una lunga storia e inizia
davvero sottobordo di nave San Giorgio, attraccata al molo del terminal passeggeri del porto di
Venezia. Un bacio che m’incollerà alle labbra della
mia fidanzata per molti, molti anni. Terminato il
Collegio m’iscrivo all’università di Milano e intanto la mia storia con la veneziana continua. Inizio
a lavorare per mio padre. Lavorare in famiglia è
uno strazio. Non so come sganciarmi, ma per fortuna inventano i Volontari in Ferma Annuale e
così mi arruolo negli alpini. Mi faccio mandare a
Feltre, il posto più vicino a Venezia per non stare troppo lontano da lei. Finisco il militare e mi
trasferisco a Mestre, inizio a lavorare e m’iscrivo
di nuovo all’Università, questa volta con la seria
intenzione di terminare il percorso di laurea nel
più breve tempo possibile. Tento di recuperare il
tempo perduto. La ma vita si condensa tra lavoro
e studio cosicché riesco a superare 14 esami in
un anno. In dirittura d’arrivo alla Laurea riesco
ad entrare nei Carabinieri come ufficiale. Sono
felicissimo: un sogno che si realizza. Riesco a farmi mandare a Gorizia in un reparto che mi piace
moltissimo, specializzato in missioni all’estero.
Passa qualche mese e mi mandano in missione:
Iraq, quello che veramente desideravo nel profondo. È la mia prima vera esperienza all’estero
e la ripeterò nello stesso teatro due anni dopo.
L’Iraq mi rimane dentro, trasforma il mio sangue in sabbia, mi si ancora all’anima, è come se
fossi stato infettato da una malattia virale, una
malattia senza cura. Allo stesso tempo sono fe-
licissimo, sembra che la mia vita abbia preso la
piega giusta: un lavoro che adoro, finalmente la
Laurea e la donna con cui, penso, invecchierò. La
vita sembra proprio in discesa. In realtà, la vita
è una gran meretrice, non dà niente gratis. Sono
preso tra due fuochi: da una parte il lavoro che
amo e dall’altra la mia ragazza che si è trasferita
in Inghilterra e preme perché la raggiunga. Alla
fine sono costretto a congedarmi decidendo di
raggiungerla.
Inizia così la mia storia da espatriato!
Dopo poco più di quattro mesi a Londra la
‘’quattordicennale’’ relazione con la mia fidanzata
termina infelicemente e di colpo mi rendo conto
che nella vita nulla è determinato. Si chiude definitivamente un capitolo della mia vita. Londra è
una città difficile, tutto corre, scorre veloce e per
un ufficiale dei Carabinieri in congedo non c’è un
gran che da fare... Ricomincio facendo caffé in
una caffetteria, poi passo alla sicurezza privata
in un hotel. Mi annoio e perdo totalmente la rotta.
Allora decido di lasciarmi andare e vedere dove
mi avrebbe portato la corrente. Racimolo due
soldi e mi dedico a quello che ho sempre amato:
viaggiare, conoscere posti e gente nuovi. Vado
a zonzo per l’America Latina per tre mesi e alla
fine rientro in Europa e mi stabilisco in Spagna,
a Tenerife, dove mi trovo tuttora. Il futuro? …. È
bello proprio perché sconosciuto.
D. Hai un pensiero di ottimismo per il futuro alla luce della crisi mondiale in atto?
R. Mi sono trovato proprio totalmente afflitto da questa crisi. Sono sicuro che si risolverà
presto e che come sempre da periodi di incertezza nascerà un qualcosa di positivo.
D. Un telegramma che vorresti inviare a
tutti i lettori del nostro Brogliaccio, soprattutto
ai giovani lettori/lettrici che vorrebbero entrare
al Morosini? Lo consiglierai ai tuoi figli?
R. Proverò con un aneddoto. Le uniche
persone che ho incontrato nella mia vita che criticavano il servizio militare come un anno perso sono proprio quelle che non lo hanno fatto.
Un’esperienza non la si può criticare se non la si
fa! Io ho passato i tre anni di collegio restando
sempre molto scettico sull’utilità del Navale ma
credo che un domani lo consiglierei sicuramente
ai miei figli.
D. Sei iscritto
all’Associazione Ex Allievi Scuola Militare F.
Morosini?
In questa pagina.
Jacopo in versione acquatica
il brogliaccio 014 19
Se fosse stato un CD avrei potuto aiutarti.
Sono certo esista un editore tra gli Ex! IN BOCCA AL LUPO
T
In questa pagina.
La homepage del sito
dell’Associazione
Patrona Agata. E così fu: Il giorno 5 febbraio, il
sottoscritto, SAR ed “il Leone” Diego, unici superstiti della serata Livornese, venivamo accolti
all’aeroporto “Bellini” (ex “Fontanarossa”) di Catania, dalla stupenda famigliola di Diego. Ospiti
per ben tre giorni (non di più, ricordando l’antico
detto “l’ospite dopo 3 giorni puzza”) il risultato
fu quello che segue: entravamo dalla porta prin-
cOURTESY m. sessa ©2009
rovatomi a Livorno di passaggio, chiamavo SAR Gian Maria Setti Carraro (il
più alto in grado a livello associativo in
quella zona) per annunciare la mia presenza lì per qualche giorno. Come al solito, con
la massima operatività che ci contraddistingue,
si organizzava un mini-evento in uno dei più accreditati ristoranti del posto che vedeva la presenza di cinque ex-allievi più una ad honorem,
Francesca Leso, figlia del generale Leonardo
Leso, ex- allievo … pardon … EX ALLIEVO del
corso Barracuda, che dimostrava la sua piena integrazione con l’ambiente morosiniano. Durante
una serata all’insegna
di bruschette al lardo,
In questa pagina:
pasta al favollo e zuppe
4 del mattino riunione di
di pesce varie, il “siculo”
corso per l’organizzazione
Diego Leone proponeva
del giorno seguente.
di ritrovarsi tutti assieme, qualche settimana
Aci Trezza.
dopo, nella sua Catania
per festeggiare la Santa
Ritratto ad Aci Castello
cOURTESY m. sessa ©2009
ph. cOURTESY m. sessa ©2009
il brogliaccio 014
siete tutti cittadini???
La Sicilia accoglie con gran calore (25° circa…) una delegazione di ex allievi per la festa della
Santa Patrona di Catania
cOURTESY www.assomorosini.it ©2009
20 Michele Sessa
deimos 2002-‘05
il brogliaccio 014 21
franchi in riga
D. Vuoi aggiungere un commento, un consiglio?
R. Sono deluso da tutto quello che dicono
dell’Iraq. Mi sembra una mancanza di rispetto
per i ragazzi che hanno perso la vita cosi lontano
dalla madrepatria. Così decido di scrivere un libro per raccontare cosa è effettivamente successo in Iraq. Da un lato sono spinto dalla volontà di
chiarire che cosa sia veramente accaduto nella
missione italiana in Iraq e in particolar modo durante il tragico attacco alla base dei carabinieri
a Nassiriya nel 2003, dall’altro lato il libro è un
tentativo di riappropriarmi dei miei sogni e della
loro spensieratezza raccontando una delle esperienze più eccezionali della mia vita.
Ritengo il libro di particolare interesse perché narra di fatti vissuti in prima persona. Purtroppo nessuno lo vuole pubblicare perché dicono che se non ci metto dentro del sesso non si
vende...!
Io sono convinto che piacerà tantissimo,
L’Associazione fa festa
a Sant’Agata
soprattutto ai lettori del brogliaccio, leggetelo! Si
intitola “L’Ultimo Compleanno” e lo potete trovare su: www.ilmiolibro.it
cOURTESY m. sessa ©2009
R. No. In realtà non ne ho mai veramente
sentito la necessità.
PS: in realtà nessuno dichiara che iscriversi ad
una Associazione sia una necessità, semmai un
piacere. Spero che Jacopo si iscriva presto e che
partecipi alle nostre prossime iniziative!
cOURTESY s. quartone ©2009
cipale di casa Leone frontalmente e ne uscivamo
di profilo, al termine della nostra permanenza in
loco, con qualche difficoltà a causa dei numerosi chili messi su: pasta con le acciughe, arancini,
cannoli, formaggio pepato, alici marinate, pasta
alla Norma, salsicce speziate, granita alle mandorle, granita al limone, schiacciata con la tuma
o con verdure varie … (ok basta … altrimenti
dovrò alzarmi per affogare le mie sofferenze nel
frigorifero …).
Dopo una “leggera” rifocillata, decidevamo di
fiondarci nel pieno della festa. Ma cos’è la festa di
Sant’Agata? Cosa rappresenta per i Catanesi?
22 il brogliaccio 014
Dopo una serata di bagordi decidevamo, alle
quattro del mattino, di andare a riprendere
fiato sotto le lenzuola, anche perché l’indomani ci aspettava una intensa giornata … SAR ci
proponeva di fare visita ad un suo caro amico -per la gioia del sottoscritto- impegnato in
un avamposto tra i più “particolari” dell’Arma
dei Carabinieri: la caserma di Biancavilla, uno
dei tre paesi del famoso “triangolo della morte” (Biancavilla - Adrano - Paternò). Noi “tre
(dei quattro) dell’oca selvaggia” arrivavamo
alle ore undici in quel di Biancavilla: la nostra presenza, lo si leggeva in viso ai passanti,
turbava i soliti equilibri tenuti in continuazione sotto controllo, e dopo qualche minuto di
attesa all’uscita della Statale giungeva, con
nostro grande sollievo, la camionetta dei CC
che ci scortava fin all’ingresso della caserma.
Cosa dire?... avete letto il “deserto dei Tartari”?
sarebbe la descrizione ideale dell’ambiente che ci
circondava: una caserma al confine, una caserma nel deserto, una caserma nel silenzio: tutti
sempre pronti, sul “chivalà!”, ad attendere che
succeda chissà cosa, con una piccola differenza:
il Tenente Drogo ed i suoi uomini avevano la sola
speranza che qualcosa si muovesse, che il nemico
“si facesse vivo”; a Biancavilla la certezza la fa
da padrone, certezza che tutto avviene, ma in un
silenzio spaventoso. Dopo una veloce visita alla
caserma, decidevamo con il comandante di stazione ed il suo vice di andare a prendere un ape-
ritivo in piazza: paese deserto, desolato (sembrava di essere ne “Il giorno della civetta”), alla vista
di nuovi ospiti in compagnia dei CC diveniva un
“putiferio”, la piazza quasi si riempiva, la strada
che fiancheggiava la piazza diveniva trafficata
… “Tutto nella norma” affermava il maresciallo comandante … e se lo dice lui … alla fine del
tour, dopo aver ricevuto un invito a pranzo per
l’indomani, tornavamo soddisfatti a casa e sfrut-
in pochissime ore che ha riscosso un grandissimo successo grazie allo stupendo lavoro fatto da
Alberto Cozzo ed alla graditissima ospitalità del
grande Riccardo Di Bella.
tavamo l’intero pomeriggio per conoscere meglio
Catania.
ma e, dal famoso maresciallo Comandante, ho imparato che è la forma verbale più utilizzata per la
redazione dei verbali. Non so, ora come ora, cosa
ne sarà del mio futuro, ma se me lo consentite
vorrei quanto meno iniziare a farci l’abitudine…
P.S. vi sarete chiesti perché quest’articolo è stato
interamente scritto all’imperfetto (a volte, forse,
forzando un po’ i dettami della lingua italiana):
beh, tra le tante, ho una grande passione per l’Ar-
cOURTESY Panoramio: ik1hgi ©2009
La festa dura ben tre giorni: tre giorni di culto e
devozione, folklore e tradizioni che, escludendo
la settimana Santa di Siviglia in Spagna e la festa del Corpus Domini a Guzco in Perù, non ha
rivali e soprattutto è sempre uguale da ben cinque secoli. Due dei tre giorni sono caratterizzati
dall’incontro di Sant’Agata con la sua gente, portata a spalla nel suo argenteo fercolo, attraverso i
quartieri popolari e quelli alti. I devoti girano per
le strade della città con in testa un copricapo di
velluto nero detto “scuzzetta” ed infagottati nel
“saccu” che probabilmente rimanda alla tunica
bianca dell’antico rito in onore di Iside, del cui
culto Catania fu sede importante secoli prima
dell’avvento dell’era cristiana. I più giovani e forti, per devozione, portano a spalla un cero pari
al proprio peso corporeo finché la fiamma non
lo consuma interamente. La parte centrale della
festa è caratterizzata dalla sfilata, del giorno 5
sera, per le vie della città antica: il fercolo procede in modo lento per via Etnea, “salotto della
città”; le undici candelore aprono la processione:
esse rappresentano le associazioni, corporazione
dei mestieri e delle arti; sono delle vere e proprio
opere d’arte in cui l’espressione di devozione,
culto e rispetto della Santa Protettrice vengono sublimate dalla costruzione di un manufatto
ligneo di diversa grandezza. Il fiume del corteo
interminabile si muove verso piazza Borgo per i
fuochi d’artificio. Le ore passano e la notte avanza, Sant’Agata aspetta con pazienza all’incrocio
tra via Etnea e la salita di San Giuliano per il
rush finale, quello che terrà con il fiato sospeso, quello che strapperà l’applauso, se tutto va
bene, liberatorio: vedere la corsa così pericolosa per la salita di San Giuliano è un grande
spettacolo ed è un momento molto sentito dai
devoti, soprattutto dai più giovani che sono i
protagonisti principali, dato che ci vogliono
forti gambe e braccia per tirare su le tonnellate e tonnellate della “vara”: farla tutta di un
fiato significa trarne buoni auspici per l’anno;
si, perché il vero capodanno per i catanesi è il
5 febbraio: i contratti anticamente partivano
proprio da questa data.
Il giorno successivo, appagavamo il nostro palato sopraffine con un pranzo eccezionale, tutto
a base di pesce (con 15 portate di antipasto …
e non solo) in un altro stupendo paese, ricco di
storia, della costa est siciliana: Aci Trezza (per
nostra fortuna non incontravamo “padron ‘Ntoni”
altrimenti chissà quale carico di lupini c’avrebbe
fatto scaricare..). Ma il bello deve ancora venire
… lascio la parola ad Andrea Borgh che vi descriverà “una serata tutta morosiniana” organizzata
In queste pagine:
Le candelore in processione.
Il fercolo di sant’Agata e i ceri distribuiti ai devoti
il brogliaccio 014 23
nomen numen
Il nome evoca la forza che lo anima. Eppure sono sostanziamlmente poche le unità della
Marina che hanno portato il nome del Peloponnesiaco
D
a sempre il mondo militare è stato attaccato alla storia e alle tradizioni del
passato, ricordando gloria e gesta degli eroi attraverso i nomi dati ai reparti,
alle navi, agli stormi integranti le singole Forze
Armate. Situazione questa che interessa anche
la nostra scuola che è stata intitolata a Francesco Morosini (1619), doge di Venezia e grande
Comandante sia per terra, sia per mare. Le sue
indiscusse capacità gli permisero di combattere
ripetutamente e vittoriosamente i turchi anche
in età avanzata quando durante l’ultima campagna si ammalò e morì a Nauplia il 6 gennaio del
1694. La propensione al mare da sempre mostrata dall’Italia non poteva non celebrare un uomo
di cotanto spessore e già la Regia Marina intitolò
il brogliaccio 014
La prima unità del Regno d’Italia intitolata a
Francesco Morosini fu una Corazzata della classe
Ruggiero di Lauria, impostata presso l’Arsenale
di Venezia nel 1881 e varata nel 1885. Completata
nel 1889 dopo appena un anno fu radiata.
La seconda unità italiana di cui si tramanda l’esistenza, intitolata al Doge veneziano, fu una Nave
da Battaglia, della classe “Francesco Caracciolo”, impostata ai cantieri navali di Odero (LI) nel
1915 vide l’interruzione dei lavori di costruzione
prima del varo e venne radiata nel 1921.
Passeranno circa 15 anni perché la Marina dia
il nome del “Peloponnesiaco” ad un’altra unità.
Questa volta si tratta di un sommergibile facente
parte della Classe Marcello (c’è chi riporta classe
Marconi che è comunque una sottoclasse), che
dopo la consegna ufficiale alla Marina il 9 novembre del 1938, con il motto “Ex undis signum
victoriae” (“Dalle onde il segno della vittoria”),
fu assegnato al II gruppo sommergibili di base
a Napoli. Nell’autunno del 1940 ne viene decisa
In questa pagina.
La fotografia della corazzata F. Morosini tratta
dall’Almanacco Storico della Marina.
A fianco:
La corazzata alla fonda in una cartolina d’epoca.
La drammatica sequenza dell’affondamento del Morosini
nel Golfo di Biscaglia scatttate dall’aereo della R.A.F.
che ne fu la causa
l’aggregazione all’XI gruppo sommergibili atlantici a Bordeaux , presso il Comando Superiore delle Forze Subacquee in Atlantico, a tutti noto con
il nome di BETASOM. Facente parte del Gruppo
Sommergibili Atlantici “Morosini”, esso registra
un discreto numero di vittorie sotto il comando
di del CC Athos Fraternale, detto anche il Comandante Moschettiere, decorato di Medaglia
d’Argento e di Bronzo al Valor Militare per il valore espresso nelle missioni portate a termine
con il Regio Sommergibile Morosini. Il sommergibile Morosini scompare in mare probabilmente
tra l’8 e l’11 agosto 1942 nel golfo di Biscaglia. Il
caso vuole che la Base Navale di Ancona venga
dedicata al Comandante Fraternale , anconetano
di nascita, proprio mentre al comando del Dipartimento Marittimo dell’Adriatico c’è un sommergibilista ed ex allievo del Morosini, l’Ammiraglio
Paolo Pagnottella.
Terminata la seconda guerra mondiale solo 2
sommergibili reduci dal conflitto continuano a
far parte della nostra flotta, che viene rimpinguata in termini di naviglio subacqueo, grazie all’aiuto degli americani. Così il 31 marzo del 1966 il
sommergibile USS Besugo viene ceduto alla Marina Militare Italiana, che lo contrassegna con la
matricola S508 e lo rinomina Francesco Morosini
riacquisendo il motto originale. Il sommergibile
Morosini rimane in servizio fino al suo disarmo
avvenuto il 30 novembre del 1973 e viene radiato
dal Registro Navale Italiano il successivo 15 novembre 1975.
Il 2 ottobre del 1961 la Marina Militare istituisce
il Collegio Navale “Francesco Morosini” con sede
sull’isola di Sant’Elena presso quello che fu il
Collegio Navale della G.I.L. Per dodici anni circa quindi all’interno della Marina Militare coesistono due entità con lo stesso nome e l’ex allievo
Ammiraglio Paolo Pagnottella, oggi Presidente
dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, da
giovane ufficiale ha l’onore di servire a bordo del
cOURTESY P. Fraternale ©2009
cOURTESY marina militare italiana ©2009
24 al Morosini diverse unità.
cOURTESY f. businaro ©2009
luigi tarsia
corso halley 1985-‘88
COURTESY l. tarsia ©2009
sala convegno
Dalla r. marina
alla m.m. italiana
Sommergibile Morosini.
Il 5 gennaio 1998, a seguito del nuovo ordinamento istituzionale, il Collegio Navale assume lo
status militare e viene rinominato Scuola Navale
Militare “Francesco Morosini” che ad oggi rimane l’unico a portare questo nome ricco di gloria.
il brogliaccio 014 25
sala convegno
Patrizio Rapalino
corso Orion 1977-‘80
Il tramonto delle
grandi corazzate – parte II
COURTESY p. rapalino ©2009
LA STRATEGIA MARITTIMA
DAL ‘45 AI GIORNI NOSTRI
C
on gli inizi dell’era atomica e fino al 1949
ritornarono in auge le teorie del Potere
Aereo di Douhet e di Micthel e le polemiche tra forze armate (americane) per
l’assegnazione dei fondi del bilancio e per la creazione di una forza armata aerea indipendente. Nel
contesto ormai maturo della guerra fredda, con
il blocco di Berlino del 1948, le forze aere dette-
ph. cOURTESY stan sheb ©2009
ro una prova di efficienza anche nel settore logistico. L’USAF era sul punto di dimostrare che il
binomio bombardiere strategico e arma nucleare
rappresentava il futuro. Non soltanto le corazzate, tanto risparmiate da scontri decisivi, vennero
demolite o messe sotto “naftalina”, ma anche alcuni programmi come quello della realizzazione
della nuova portaerei United States vengono cancellati. Gli scontri soprattutto
tra la Marina e l’USAF, furono
molto aspri1; l’Aeronautica voleva avere il monopolio della
deterrenza atomica da esercitarsi con i nuovi bombardieri
intercontinentali che, secondo i principi del Potere Aereo potevano da soli risolvere
qualsiasi conflitto; la Marina si
batté per avere una sua forza
aerea nucleare autonoma imbarcata, basata su dei bombardieri come il Savane del 1949 e
quindi per esercitare la capacità di effettuare azioni tattiche
in profondità. Naturalmente la
querelle americana non poteva non avere ripercussioni in
un’Europa dissanguata dalla
guerra mondiale. Anche le marine europee subirono una forte riduzione.
26 il brogliaccio 014
La Marina italiana rischiò addirittura l’estinzione con l’imposizione del trattato di pace
del 1947 che prevedeva la ces-
ph. cOURTESY terry cosgrove U.S. Navy ©2009
Patrizio ci propone un suo scritto sull’evoluzione della strategia marittima. Nella prima
parte, pubblicata lo scorso numero, l’analisi delle circostanze storiche che hanno portato
all’abbandono delle grandi corazzate. In questo numero, la conclusione e l’evoluzione della
tattica navale durante la guerra fredda.
sione e la demolizione di buona parte della sua
flotta, comprese le moderne corazzate. Ma sarà
la guerra fredda a salvare la Marina italiana, soprattutto grazie alla rinuncia da parte degli Stati
Uniti e della Gran Bretagna di entrare in possesso della quota di navi a loro assegnata dal trattato di pace ed, inseguito, grazie al naviglio ceduto
dagli USA.
La crisi del concetto di Potere marittimo sarà di
breve durata. L’era atomica non ha infatti cambiato la necessità di dovere continuare ad utilizzare il mare per i propri scambi commerciali,
che ad iniziare dagli inizi degli anni 50, con la
ricostruzione e la forte crescita europea, avranno un’impennata impensabile.
Inoltre, nel 1949 l’URSS diventò una Potenza
nucleare; ci si accorse, ben presto, che prima
di rischiare di arrivare ad un conflitto nucleare
condotto dai rispettivi bombardieri strategici
sarebbe stato più saggio, per gradi successivi,
tentare di utilizzare le vie diplomatiche con un
utilizzo mirato e graduale delle forze convenzionali. Già nel 1946, agli inizi della guerra fredda,
gli Stati Uniti in supporto al governo turco contro
le pretese territoriali dell’U.R.S.S. utilizzarono la
corazzata Missouri, in un ruolo tradizionale di diplomazia navale, esercitando con la sua presenza
nel porto di Istanbul un ruolo di dissuasione efficace. Sempre nel 1949 a Washington fu firmato il Patto Atlantico, che porterà alla creazione
della NATO, che si prefigge la mutua difesa nei
confronti di qualsiasi tipo di aggressione esterna,
che nel contesto della guerra fredda non poteva
che essere in chiave antisovietica.
A partire da circa la metà degli anni 50 nessuna
delle due super potenze deteneva più la capacità di primo colpo. La distruzione reciproca era
ormai assicurata. Nasceva quindi l’equilibrio del
terrore che a sua volta fu causa della ricerca di risposte flessibili, ossia dell’uso graduale della forza che va dall’utilizzo, o della minaccia, conven-
A fianco.
La placca posta a ricordo
nel punto in cui fu firmata
la resa del Giappone che
formalmente sancì la fine
della II guerra mondiale
In questa pagina.
La corazzata USS MISSOURI
(BB-63) fa fuoco con i suoi
cannoni Mark 7 calibro16/50
durante l’esercitazione
Rimpac ’90
il brogliaccio 014 27
zionale dello strumento militare fino all’utilizzo,
o alla minaccia, di armi nucleari tattiche e di teatro che non comportino il suicidio collettivo.
Nel suddetto contesto sorgono una serie di conflitti limitati: guerra di Corea e di Indocina in cui
ritornano in auge le forze convenzionali, in pri-
terra con utilizzo di portaerei e unità da sbarco,
sostegno logistico a grande distanza dalle basi.
- assolvere, oltre al ruolo convenzionale, anche
il ruolo strategico, non soltanto grazie alla possibilità di imbarcare dei bombardieri tattici, ma
anche e soprattutto, con il futuro impiego di sot-
strategico e soprattutto di strategia marittima
è completamente ingessato nel contesto della
guerra fredda e dell’equilibrio nucleare sotto la
leadership statunitense.
Gli ultimi tentativi delle Potenze europee di
mantenere una sorta di autonomia strategica de-
cisionale, perseguendo i propri interessi nazionali senza tenere conto del confronto bipolare, si
estrinsecarono con l’insuccesso politico e diplomatico della missione anglo francese di Suez del
1956. Da allora la Gran Bretagna, non compierà
più nessun gesto politico-militare all’insaputa
degli Stati Uniti, ma, al contrario, costruirà con
cOURTESY U.S. Air Force ©2009
ph. cOURTESY terry cosgrove U.S. Navy ©2009
ph. cOURTESY Staff Sgt. Samuel E. Rogers, 1st Fighter Wing Public Affairs USAF ©2009
mis la Marina essenziale per:
tomarini balistici a propulsione nucleare. 2
- l’attività di diplomazia navale: presenza, preposizionamento in aree di crisi, risposta graduale;
oppure il trasferimento e protezione delle forze
terrestri, scorta convogli, proiezione di potenza a
Ma a livello dell’attività di pensiero, nonostante
i numerosi lavori, specialmente ad opera di studiosi anglosassoni, non ritroviamo grandi novità
come a cavallo del XIX e XX secolo. Il pensiero
28 il brogliaccio 014
In queste pagine:
Un B52-F Stratofortress mentra sgancia il suo carico letale nel 1960.
Un bombardiere B-52 Stratofortress ed un bombardiere Stealth B-2 Spirit in formazione sui cieli della Barksdale Air Force Base.
Una vista aerea della Missouri
il brogliaccio 014 29
cOURTESY U.S. Navy ©2009
In queste pagine.
Un B52 del96 Expeditionary Bomb Squadron di stanza alla
Andersen Air Force Base nell’isola di Guam tra due F/A-18
Hornet decollati dalla portaerei Nimitz sullo sfondo
30 il brogliaccio 014
il brogliaccio 014 31
la Superpotenza un rapporto privilegiato che è
ancora operante; un rapporto biunivoco che se
non può essere definito paritetico, in termini di
mezzi e di risorse, lo è certamente sul piano del
pensiero strategico e dottrinario al punto che nel
contesto operativo NATO spesso si ha l’impressione che nel rapporto simbiotico tra i due paesi,
la Gran Bretagna sia la mente e gli Stati Uniti il
braccio.
Per contro, l’umiliazione di Suez, contribuì ad allontanare ancora di più la Francia dalle posizioni
anglo-americane; e fu, in primo luogo, la mancata condivisione del pensiero strategico americano
sulla dottrina della risposta flessibile, che portò
la Francia a ritirasi dall’organizzazione militare
della NATO nel 1966 ed a dotarsi di una capacità
di dissuasione autonoma “la Force de Frappe”3.
Inoltre il possesso dell’arma atomica permetteva
alla Francia di dotarsi di una bilanciata Marina
oceanica liberandosi dell’antica ossessione di dovere difendere il confine orientale terrestre, un
tempo contro i tedeschi e quindi contro l’Unione
Sovietica 4. La deterrenza nucleare, pur avendo
alti costi, era comunque più conveniente ed efficace della linea Maginot e delle forze corazzate,
e permetteva, quindi, di convogliare delle importanti risorse nel settore navale convenzionale, indispensabile per esercitare la propria sovranità
sul vasto impero oceanico, soprattutto nel delicato periodo della guerra d’Algeria.
Gli altri Stati occidentali, in primo luogo l’Italia e
la Germania, delegarono la propria sicurezza alla
difesa collettiva, su cui si basa la NATO, sotto la
guida americana 5 e, naturalmente anche l’attività
32 il brogliaccio 014
Ma la vittima principale di questo stato di cose
fu in primo luogo la Marina italiana, che durante
il periodo tra le due guerre, era internazionalmente riconosciuta come la Forza Armata più
efficiente e moderna del Regno d’Italia, in testa
alla classifica mondiale, non soltanto in termini
di tonnellaggio, ma anche in numero di opere di
strategia marittima elaborate da uomini di grande spessore culturale.
Da strumento della politica estera di una Potenza
in espansione, la marina italiana, ormai ridotta
ai minimi termini, si piegò su se stessa entrando
in una fase di decadenza e provincializzazione.
In effetti, nel contesto del confronto bipolare, la
minaccia era continentale. Erano gli eserciti e le
aeronautiche europee che dovevano reggere il
primo urto in attesa che i rinforzi americani arrivassero. La Marina era meno importante delle
altre forze armate e ricopriva un ruolo meramente ausiliario nel garantire la scorta antisommergibile e antiarea dei convogli nel Mediterraneo
centrale, in cooperazione con le Marine alleate.
Tra l’altro la minaccia navale sovietica fino alla
fine degli anni 60 poteva essere considerata ininfluente.
La strategia navale italiana di questi anni bui
che vanno dal dopoguerra agli anni 80 è basata essenzialmente sull’evitare l’estinzione. L’importante opera dell’ammiraglio Spigai “Il problema navale italiano” fu scritta per richiamare
l’attenzione della classe politica, in un momento
di grande espansione economica, sulle esigenze
della flotta e sui rischi della sua scomparsa. Lo
Spigai non tratta di Potere Marittimo o di problemi di strategia, ma, con parole semplici, illustra
per quali motivi un paese dipendente interamente dal mare deve essere in grado di poter difendere le proprie linee di comunicazioni e la propria
enorme Marina Mercantile. Lo Spigai definì un
coefficiente di protezione che indicava il rapporto del tonnellaggio della flotta militare rispetto
alla flotta mercantile. L’opera di convincimento
condotta negli anni 60 dall’ammiraglio Spigai,
che assumerà l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1968 al 1970, unita agli scritti del Fioravanzo e, di uno storico e giornalista,
esperto di politica e storia navale, il Dott. Gior-
gio Giorgerini6, contribuirà a creare quell’humus
culturale favorevole che porterà all’approvazione
della legge navale del 1974 che salverà la Forza
Armata dalla definitiva scomparsa7.
In definitiva il pensiero navale italiano era pertanto concentrato sul:
- mantenimento minimo di uno strumento navale credibile indirizzato alla scorta dei convogli e
alla protezione delle SLOC senza perdere le competenze nei vari settori: (concetto del rapporto
di protezione di Spigai, articoli e pubblicazioni di
Giorgerini);
delle marine mondiali. Il tonnellaggio e la corazzatura delle navi di superficie diminuirono notevolmente in quanto non più idonee a proteggere
gli equipaggi da eventuali esplosioni nucleari o
da attacchi missilistici. L’unica difesa possibile
contro la minaccia nucleare era il diradamento
e la chiusura ermetica dei locali di vita. I cannoni di grosso calibro lasciarono il posto ai sistemi
missilistici antiaerei ed a sistemi lanciabombe e
siluri antisommergibili. Sulle unità di superficie
di maggiori dimensioni come gli incrociatori ed
i cacciatorpediniere sarà mantenuto, come massimo calibro principale, il 127 mm. Ma vi furono
- sulla realizzazione di
mezzi navali polivalenti, economici e flessibili
che potessero essere
esportati sul mercato estero: prime unità
missilistiche e portaelicotteri fino arrivare
alla realizzazione della
classe Lupo negli anni
70 e sulla realizzazione di eccellenti sistemi d’arma: cannoni da
76/62, missile antinave
OTOMAT, sistema di
C2 SADOC;
- sulla partecipazione
ad esercitazioni complesse con la ricerca
della massima interoperabilità con USA e
NATO;
- cooperazione attiva
nell’elaborazione della
DOTTRINA TATTICA
nei campi delle varie
forme di lotta, ma certo
non in settori strategici,
dove rimangono validi i
concetti intramontabili
della
PROTEZIONE
delle SLOC.
cOURTESY TGS TECHNOLOGY – U.S. Navy ©2009
Nonostante l’avvento dell’era nucleare ed il confronto bipolare, la Francia, ancora in possesso di
un vasto Impero coloniale che difese con grande
energia, non perdette mai fiducia sull’importanza
del Potere Marittimo. La guerra d’Indocina, nei
primi anni 50, ed infine la guerra d’Algeria, obbligarono la Francia ad utilizzare il mare in modo
estensivo e classico. Occorreva far giungere il
necessario sostegno logistico alle forze terrestri
ed aeree; occorreva, inoltre, svolgere operazioni
di power projection ashore, condotte dalla pur
modesta portaerei Arromanche, e, impiegare la
flotta in operazioni di interdizione contro il traffico d’armi che alimentavano i guerriglieri. La
sua volontà di diventare una Potenza Marittima
oceanica di primo livello, raggiungendo la Gran
Bretagna, si realizzò con l’entrata in servizio, nei
primi anni 60, delle portaerei Clemencau e Foch.
di pensiero legata alla politica di difesa. Alcune
discipline come la geopolitica e la strategia, contrariamente a ciò che si verificò in Gran Bretagna
e in Francia, entrarono in lungo letargo fino alla
fine della guerra fredda.
L’evoluzione dello strumento e della tattica navale durante la guerra fredda
Naturalmente l’era nucleare influenzò molto il
settore delle costruzioni navali e l’impiego tattico
In questa pagina.
In missile balistico UGM-27 Polaris lanciato dal
sottomarino nucleare britannico HMS Revenge (S 27)
durante un’esercitazione
il brogliaccio 014 33
importanti eccezioni come gli incrociatori italiani
classe Doria e Veneto che imbarcavano soltanto
cannoni da 76 mm, con ruolo prioritario antiaereo. La capital ship era ormai la nave portaerei
con una scorta costituita da navi di tonnellaggio
ridotto rispetto alla guerra mondiale, ossia incrociatori di tonnellaggio inferiore alle 7000 tonnellate, cacciatorpediniere, sotto le 5000 e fregate
sotto le 3000 tonnellate.
raggio (difesa di punto), ma nel campo antisommergibile di una panoplia di sistemi sonar, come
l’ecogoniometro a scafo, l’ecogoniometro rimorchiato a profondità variabile (VDT) in funzione
dell’andamento della propagazione sonora e le
cortine lineari passive TACTAS. Ovviamente le
fregate antisommergibili erano dotate di armamento dedicato, tipo lanciabombe, lancia razzi,
scarica bombe e siluri leggeri antisommergibili.
Fino alla fine degli anni 60 la minaccia era considerata prevalentemente aerea e subacquea, costituita da bombardieri a lungo raggio e da sottomarini sovietici in Atlantico, dotati di armamento
nucleare e convenzionale, e da cacciabombardieri e sommergibili, anche convenzionali, del Patto
di Varsavia, nel Mar Mediterraneo e nel Baltico.
Pertanto la difesa aerea dei convogli diretti in
Europa occidentale doveva essere assicurata in
primo luogo dagli aerei imbarcati sulle portaerei
(in Atlantico) e quindi, una volta entrati nel raggio d’azione delle basi europee, dalla cooperazione degli aerei basati a terra e di quelli imbarcati.
In secondo luogo, ed a distanze più ravvicinate
(dell’ordine delle 20/40 miglia), dai sistemi missilistici a lungo e medio raggio imbarcati rispettivamente sugli incrociatori e sui cacciatorpediniere
(sistemi missilistici americani Terrier e Tartar).
Infine, come ultima risorsa e prima dell’avvento
dei missili a corto raggio, dai cannoni navali da
76 mm.
Completava la difesa antisommergibile l’impiego
degli elicotteri imbarcati, settore in cui la marina
italiana, non potendo permettersi la realizzazio-
La difesa subacquea era garantita, dai cacciatorpediniere, che oltre ad assicurare la difesa aerea
con sistemi missilistici a medio raggio, erano
anche dotati di sistemi missilistici a cambiamento d’ambiente tipo ASROC o ASTER, con siluro
leggero come arma subacquea finale. Ma le navi
antisommergibili per eccellenza erano e sono ancora le fregate, generalmente dotate, nel campo
aereo soltanto di sistemi di autodifesa a corto
34 il brogliaccio 014
Dal punto di vista tattico i principali cambiamenti, rispetto alla guerra mondiale, si ebbero nelle
formazioni navali e nella velocità di trasferimento ed in particolare nell’adozione di un maggior
diradamento e di una riduzione della velocità.
Infatti, tramontati i duelli d’artiglieria tra corazzate, in cui occorreva concentrare il massimo vo-
nel Pacifico, erano basati prevalentemente sugli
schermi a settore, in cui il convoglio veniva mantenuto al centro, su più file, e le navi di scorta
in settori concentrici per garantire la protezione antisommergibile e antiaerea ravvicinata. Il
Gruppo portaerei (portaerei e scorta) che doveva
essere in grado di sviluppare velocità di 30 nodi
per poter permettere il decollo degli aerei, veniva
normalmente posizionato fuori dallo schermo del
convoglio, ad una distanza tale (20-50 miglia) da
potere fornire alle navi di scorta il sostegno di
aerei antisom, i “pattugliatori marittimi antisommergibili”, senza interferire con i movimenti dello stesso. Alcune navi, altamente specializzate
nella scoperta antisommergibile, potevano essere disposte in aree avanzate (distanze dell’ordine delle 100-200 miglia), rispetto allo schermo
ravvicinato, per poter avere migliori possibilità
di scoprire i sottomarini in agguato, molto prima del passaggio del convoglio o per bonificare i
passaggi ristretti choke points, prima del transito dello stesso.
Inoltre la velocità media di marcia di queste formazioni non era più la massima sostenibile, come
durante la seconda guerra mondiale, ma funzione dell’ottima velocità di ascolto sonar, ossia non
oltre i 16 nodi a fronte dei 27/30 nodi dell’ultima guerra. Infatti mentre durante le due guerre mondiali l’unico sistema efficace per evitare i
sommergibili era quello di permanere in mare il
minimo tempo necessario per condurre l’operazione effettuando i transiti sempre alla massima
velocità e contando anche sulla buona sorte, nel
periodo successivo, con l’evoluzione tecnologica
dei sistemi sonar attivi e passivi, il metodo migliore per contrastare la minaccia subacquea era
basato sulla scoperta dello stesso prima che potesse raggiungere una posizione idonea per lanciare i suoi siluri. I sistemi sonar, per poter essere
efficaci, richiedono velocità moderate e quindi silenziose che non mascherino il contatto sonar nel
rumore causato dalla propulsione propria e dalle
turbolenze generate dallo scafo in movimento.
ph. cOURTESY U.S. Air Force by Bobbi C. Garcia, Civ. ©2009
Pertanto le considerevoli dimensioni degli incrociatori degli anni 60, che in Italia erano anche
navi sede di Comando, erano giustificate non più
dall’esigenza dei grossi calibri d’artiglieria e di
protezione passiva, ma dalla necessità di imbarcare apparati di scoperta radar Long Range e per
i numerosi apparati di comunicazione, associate
ai sistemi missilistici di medio-lungo raggio. Negli anni 60 la marina degli Stati Uniti si dotò di
incrociatori lanciamissili a propulsione nucleare
che con le portaerei a propulsione nucleare formavano dei Task Group omogenei, flessibili e dotati di grande autonomia.
tisommergibile ed elicottero antisom, dotato di
sonar a quota variabile o boe di ascolto sonoro e
di siluri leggeri fu così efficace che venne adottato poi da numerose Marine, anche dalla marina
degli Stati Uniti.
ne di portaerei, fu all’avanguardia, imbarcando
i primi elicotteri sulle fregate della classe Bergamini agli inizi degli anni 60, dopo avere sperimentato la fattibilità già alla fine degli anni 50
sull’incrociatore Garibaldi. Il connubio nave an-
lume di fuoco a distanze comprese nell’orizzonte visivo, andò in pensione anche la linea di fila,
formazione tradizionale con la quale avvenivano
gli scontri tra navi da battaglia dal XVII secolo. I
nuovi dispositivi, già impiegati durante la guerra
Se si considera che buona parte delle navi mercantili non superavano i 15 nodi di velocità, l’intero convoglio si muoveva lungo le rotte atlantiche piuttosto lentamente, seguendo delle rotte
a zigzag che riducevano ancora di più la media
di avanzamento. Le navi di scorta potevano, in
In queste pagine.
Un B52-H in volo sopra la base aerea di Edwards, California
il brogliaccio 014 35
A partire dalla fine degli anni 60 il forte sviluppo
delle forze navali di superficie sovietiche e l’avvento dei missili antinave non cambiarono nella
36 il brogliaccio 014
antisommergibile, pertanto a partire dagli inizi
degli anni 70 le navi di superficie della NATO iniziarono ad installare, anch’essi a similitudine dei
sovietici, i contenitori con missili antinave, tipo
l’americano harpoon, il francese exocet o l’italiano otomat. Alcuni di questi missili antinave tipo
l’harpoon e l’exocet potevano essere anche lanciati dai sottomarini, migliorando le proprie capacità antinave e dagli
aeri imbarcati e basati
In questa pagina.
a terra.
Schema di come ottenere
il Sea Control di un’area
Il fine ultimo del dispoin movimento di circa 200
sitivo su descritto era
miglia centrata sul convoglio,
quello di ottenere il Sea
con particolare attenzione
Control di un’area in
nei settori a proravia della
movimento di circa 200
direzione di marcia
miglia centrata sul convoglio, con particolare
attenzione nei settori a
proravia della direzione di marcia. In questa aerea di 200 miglia
l’ammiraglio
comandante, doveva assicurare con le forze sotto
il suo comando tattico,
il riconoscimento di
tutte le “tracce” aere,
subacquee e di superficie. Il che significava
e significa condurre
un lavoro continuo di
controllo dello spazio
tridimensionale, utilizzando tutti i sensori e
le informazioni disponibili provenienti da aerei, sommergibili, navi,
dallo spazio elettromagnetico, sottoforma di
intercettazioni radar
e di comunicazione e
da informazioni intelligence provenienti dai
comandi a terra.
cOURTESY wikipedia.org ©2009
cOURTESY P. Rapalino ©2009
A partire dagli anni ‘60
e ‘70, anche i sottomarini a propulsione nucleare d’attacco SSN,
vennero
largamente
utilizzati nei dispositivi di scorta convogli.
La possibilità di potere
raggiungere velocità di
27-30 nodi gli consentiva di sopravanzare
il convoglio a grande
distanza (100-200 miglia proravia del convoglio stesso) e quindi
di effettuare la bonifica antisommergibile,
a velocità silenziosa, di aeree che sarebbero poi
state attraversate dal convoglio e dalla portaerei,
molte ore dopo. Il SSN poteva essere utilizzato in
modo indipendente, oppure in cooperazione con
un aereo da pattugliamento marittimo, sfruttando al massimo l’integrazione dei sistemi sonar
del sottomarino con le boe acustiche, il radar e
i visori ottici degli aeri. Inoltre la cooperazione
pattugliatore aereo e sottomarino permetteva
una rapida ed efficace comunicazione con il Comandante della forma di lotta antisommergibile
ASWC imbarcato sulla portaerei o sulla nave sede
di comando.
sostanza il dispositivo sopra descritto. Ci furono
ovviamente dei cambiamenti nei sistemi d’arma.
Ci si rese conto che le navi di scorta non potevano avere soltanto un armamento antiaereo e
cOURTESY u.s. navy ©2009
questo modo, con una velocità leggermente superiore, pattugliare all’interno del settore assegnato, concentrandosi sulla scoperta sonar e ottico-radar dei sommergibili. Soltanto il Gruppo
portaerei sviluppava
velocità elevate, alternato da velocità ridotte,
in settori di mare già
bonificati, mantenendo, rispetto al convoglio, come abbiamo visto, una posizione tale
da poter assicurare il
sostegno e la protezione aerea e antinave,
grazie ai propri aerei
da caccia e cacciabombardieri e la protezione
antisom grazie ad aerei
antisommergibili.
Entro la distanza di
circa 200 miglia ogni
contatto radar, aereo,
di superficie o subacqueo deve essere stato
identificato, ossia deve
essere tracciato come
nemico, amico o neutrale. Le tracce identificate nemiche, quando le
regole d’ingaggio lo consentono, devono essere
neutralizzate. Questo lavoro di aggiornamento
continuo della situazione tridimensionale, particolarmente gravoso, durante la guerra fredda,
a causa della presenza dei neutrali a cui non si
poteva interdire l’uso del mare, richiese l’adozione di Sistemi di Comando e Controllo automatici
la cui evoluzione è in continuo corso. In effetti
in una situazione di guerra tradizionale sarebbe
stato tutto più semplice, in quanto ogni contatto
radar o sonar non riconosciuto come amico è da
considerarsi nemico e quindi può essere ingaggiato. Ma in tempo di crisi, in cui non si vogliono
rischiare incidenti che potrebbero degenerare in
una pericolosa escalation, non è sufficiente avere
identificato nemico un contatto radar per poterlo
attaccare. Il riconoscimento certo di una nave, di
un aereo o di un sottomarino sovietico non consentono il loro attacco, a meno che questi non
manifestano apertamente degli atti ostili.
Ma che cosa si intende per intenzione o per atto
ostile? Entriamo quindi nel vivo delle numerose esercitazioni che la NATO ha condotto per
40 anni. Le definizioni
suddette dipendono dal
In questa pagina:
momento. In alcune situazioni di crisi acuta, La corazzata Missouri spara
la semplice scoperta una salva con i suoi cannoni
da 16’’ contro le linee
di un sommergibile alnemiche ad Hungnam.
l’interno dello schermo
ravvicinato di difesa del
La corazzata Roma
convoglio può essere
all’approntamento finale ai
definito un atto ostile e cantieri CRDA di Monfalcone
il brogliaccio 014 37
colose interferenze. Ma
faceva parte del gioco,
e nessuno poteva loro
impedire l’uso del mare,
in tempo di pace.
38 il brogliaccio 014
Inoltre la necessità di continuare ad effettuare il
tiro contro costa in appoggio delle proprie forze
anfibie o terrestri, fece ritornare in auge il calibro da 127 mm a partire dagli anni 70. Anche
l’Italia con i nuovi cacciatorpediniere Audace e
con la classe Lupo e Maestrale riutilizzo lo stesso
calibro per i cannoni principali.
Con le operazioni in Libano del 1982, a guerra
fredda tutt’altro che ultimata, il tiro contro costa
ritornò alla ribalta, tanto che la marina americana rimise in servizio le
corazzate classe Iowa .
Ad iniziare dagli anni
80 e man mano che ci
si avvicinò alla fine del-
In questa pagina.
La corazzata New Jersey
in navigazione verso Pearl
Harbour, settembre 1968
In questo contesto ormai di attualità, non vi è più
una Marina opponente, come poteva essere la
flotta sovietica, ma una minaccia più subdola, definita asimmetrica, che può, con mezzi più ridotti,
tentare di effettuare il Sea Denial: utilizzo di motoscafi, pescherecci e gommoni carichi di esplosivo e personale armato, non appartenete a forze
armate e votato a sacrificare la propria vita pur
di ottenere un risultato spettacolare. Tuttavia
restano ancora presenti le minacce tradizionali
con cui si effettua il Sea Denial: i sommergibili
convenzionali e le mine. Mentre i primi, fino ad
ora, non sono stati impiegati, le seconde hanno
trovato un largo impiego durante le guerre del
Golfo.
Queste “novità”8 sulla minaccia, unite alle nuove
esigenze di assicurare missioni sempre più integrate in un contesto multidimensionale, joint e
multinazionale hanno determinato la necessità
di imbarcare a bordo delle navi che operano in situazioni di crisi, specialmente, in aree litoral di:
- mitragliere di piccolo calibro anti mezzi navali
ad alta velocità e non solo antimissili;
- sonar dotati di sistemi per evitare le mine: Mine
avoidance system;
- necessità di blindare alcuni locali sensibili, tipo
la plancia comando con materiale tipo Kevlar ed
anti schegge;
- plotoni di marines per la sicurezza delle navi alla
fonda ed in porto e per il controllo dei mercantili
e dei natanti sospetti;
- sistemi C4I (Comando, Controllo, Comunicazione, Computer e Intelligence) per la condivisione
ph. cOURTESY d. smith ©2009
ph. cOURTESY r.m. cieri, u.s. navy ©2009
il sommergibile può venire attaccato senza ritardo. Oppure un gruppo di aerei che si avvicinano
con un profilo d’attacco al convoglio o alla portaerei e che rifiutano di rispondere agli inviti di
allontanarsi inviati sulle frequenze di soccorso
possono essere abbattuti prima che raggiungano
la distanza di portata delle loro armi. Una nave
di superficie che raggiunge una posizione idonea
per il lancio dei suoi missili ed attiva dei sistemi radar per la teleguida dei sistemi missilistici
potrebbe essere ingaggiata. Tuttavia si potrebbe
trattare soltanto di un atto di provocazione a cui
non seguirebbe un ordine di lancio missilistico.
La guerra fredda in mare era una guerra di nervi
in cui, spesso, durante le esercitazioni complesse, le formazioni della NATO potevano trovarsi a
navigare in compagnia di navi sovietiche, quasi
in prossimità dello schermo, a volte creando peri-
Le suddette esercitazioni misero in luce la
necessità di continuare mantenere a bordo
impianti di artiglieria
contro la tendenza da
parte di alcune marine
di avere soltanto sistemi missilistici. In effetti ci si accorse, che
specialmente in bacini
ristretti come il Baltico
e il Mediterraneo, prima che la situazione di
crisi potesse degenerare in aperto conflitto,
ci si poteva attendere
che alcune navi avversarie potessero seguire
la formazione navale a
distanze ravvicinate
per potere effettuare
ai propri comandi un
riporto preciso e costante della posizione
del convoglio. Nei confronti di queste navi, a
tiro di cannone, l’utilizzo dei sistemi missilistici era inutile o impossibile.
la guerra fredda e con l’insorgere di nuove crisi,
in cui però venne a mancare la flotta avversaria,
le operazioni navali, dei grandi spazi oceanici,
diventeranno sempre più litoral. Le operazioni
di scorta o meglio di Sea Control di aree mobili
centrate sui grandi convogli, che però sarebbero
giunte in porti amici europei, si trasformarono
gradualmente in operazioni di Sea Control statiche in aree litorali ed in operazioni di power
projection ashore in grande stile, quali non se ne
vedevano più dalla guerra nel pacifico, con l’utilizzo di aerei imbarcati in ruolo CAS (Close Air
Support), lancio di missili Tomawak, utilizzo dei
pezzi principali nel tiro contro costa ed operazioni anfibie.
e la distribuzione capillare di informazioni, dove
il livello strategico, operativo e tattico non sono
più facilmente separabili, su una unica rete INTRANET.
Inoltre un notevole impulso è stato dato al settore della Guerra di Mine con la realizzazione in
campo NATO di cacciamine in vetroresina, tipo i
tripartito franco-belgi-olandesi e la classe Lerici
prima e seconda serie.
Parimenti notevole importanza è stato dato al
settore Intelligence, soprattutto alla branca Humint focalizzata all’area mediorientale con la
condivisione e la distribuzione delle informazioni
relative ai possibili attacchi terroristici marittimi
tra i vari attori interessati, a bordo e a terra.
Con queste caratteristiche tecnologiche, pensate
al termine della guerra fredda le marine si trovano ad affrontare una nuova, per modo di dire
minaccia: la “pirateria”, fenomeno che tradizionalmente nella storia dell’umanità si presenta
ogni qualvolta esiste un problema di stabilità e
di ordine internazionale. Per contrastare tale
fenomeno non servono missili e cannoni, ma un
ottimo sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer e intelligence C4I, con cui condividere le informazioni anche al di là delle tradizionali alleanze. Serve pertanto il dialogo con i
Paesi che subiscono tale fenomeno. Occorre però
esercitare una presenza fisica con navi militari e
con la guardia costiera di adeguata autonomia a
scopo di deterrenza e al fine di poter intervenire in caso di necessità. Queste esigenze potrebbero cambiare alcune
caratteristiche dei pattugliatori che saranno
In questa pagina.
dedicati alla lotta della
1990: la Missouri fa fuoco
pirateria e del terroridurante la missione
smo. Ma prima di rivoluDesert Storm
il brogliaccio 014 39
zionare i sistemi d’arma delle future navi militari occorre porsi la seguente domanda: la guerra
fredda è veramente un capitolo chiuso?
tattiche da parte delle forze NATO e USA, avrebbe significa-
6
to, secondo la Francia, una guerra distruttiva sul suolo eu-
sono studiosi e ricercatori universitari, ad iniziare dal Cor-
Nei paesi anglosassoni buona parte dei pensatori navali
ropeo e comunque il possibile arrivo dei sovietici sulle rive
bett. In Italia, soltanto negli ultimi anni cominciano a cre-
dell’Atlantico in tempi molto rapidi, anche dopo l’utilizzo di
scere degli studiosi universitari che possono essere definiti
armi atomiche tattiche.
degli esperti del pensiero navale, come il Dott. Zampieri e il
Dott. Patalano.
La disputa causò il siluramento dell’Ammiraglio Arleigh
Poiché l’obiettivo ultimo della deterrenza è quello di evitare
Burke. Giuseppe Ciampaglia, Bombardieri atomici strategici
il conflitto con una credibile strategia, la Francia preferì do-
7
della US NAVY, in Rivista Marittima, marzo 2006.
tarsi di una triade strategica autonoma di armi nucleari, ba-
1959, Giorgerini scriveva: “E’ necessaria una speciale legge
1
In un articolo comparso sulla Rivista Marittima del lontano
sata su missili intercontinentali, bombardieri e SLBN da uti-
navale che sancisca il potenziamento della Marina, ricono-
Grazie al binomio sottomarino nucleare classe Washington
lizzarsi, indipendentemente dalle alleanze, contro eventuali
scendo che essa rappresenta la chiave della nostra sicurez-
e missile nucleare balistico Polaris, operativi dal 1961, la Ma-
aggressioni anche da parte di una superpotenza. La Fran-
za…”.
2
rina americana entrò da protagonista nella triade strategica
cia con la sua forze di dissuasione esercita ciò che kearsley
che sarà basata sui missili intercontinentali terrestri, i bom-
chiama la “Creazione delle Condizioni di Rischio”: l’Unione
8
bardieri intercontinentali e i SLBM.
Sovietica ha la forza per occupare o distruggere la Francia
si esempi storici piuttosto simili: si pensi alle navi staziona-
in qualsiasi momento, ma se tentasse di farlo la Francia pri-
rie impiegate in Spagna e a Tangeri durante la guerra civile
spagnola.
ma di soccombere avrebbe la forza sufficiente per provocare
una tale distruzione all’Unione Sovietica, da indebolirla in
caso di invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Ar-
modo intollerabile nei confronti degli Stati Uniti. Pertanto
mata Rossa, ossia con sistemi convenzionali, non avrebbero
altro non è che la teoria del rischio del Tirpitz applicata alle
lanciato un attacco nucleare sull’Unione Sovietica, rischian-
armi nucleari.
cOURTESY U.S. Air Force ©2009
La volontà francese di potere disporre di una capacità nu-
cleare autonoma si basava sulla convinzione che gli USA, in
3
Novità per modo di dire visto che si possono trovare numero-
do, non avendo una capacità di primo colpo, un olocausto
Amiral Olivier Sevaistre, Eléments pour une stratégie ma-
mondiale. Pertanto l’ombrello atomico americano non eser-
4
citava un efficace deterrenza nei confronti dell’aggressione
rittime, Revue STRATEGIQUE, 3° trimestre 1979.
convenzionale. Una risposta flessibile, basata sull’utilizzo
di forze convenzionali e l’utilizzo graduale di armi nucleari
5
Anche il Giappone in Estremo Oriente.
cOURTESY wikimedia.org ©2009
40 il brogliaccio 014
In queste pagine.
La regia corazzata Roma nel porto di La Spezia (1943).
Un B52-F Stratofortress mentra sgancia
il suo carico letale nel 1960
il brogliaccio 014 41
quale futuro?
A Strasburgo/Kehl, nel corso del summit del 3 e 4 aprile, la NATO ha celebrato il suo
sessantesimo compleanno
D
alla sua fondazione l’Alleanza Atlantica
ha sostenuto il peso della Guerra Fredda, partecipato ad una serie di conflitti
limitati e al momento sta conducendo
una guerra su larga scala al terrorismo globale,
ma soprattutto si trova in una delicata fase di ridefinizione della propria funzione, necessaria
alla luce del crollo dei presupposti sui quali l’isti-
42 il brogliaccio 014
In questa pagina.
L’amm. Di Paola durante l’alzabandiera
che ha suggellato l’entrata della Croazia
e dell’Albania nel Patto Atlantico
cOURTESY athropolis productions limited ©2009
cOURTESY NATO-OTAN ©2009
tuzione fu fondata. La fine del bipolarismo e della
Guerra Fredda hanno reso inevitabile chiederci
quale debba essere a questo punto lo scopo di un
organismo militare sorto per difendere l’Occidente dalla minaccia sovietica che da un “defensive mode” è passato ad una dottrina d’impiego
che proietta su fronti lontani la propria forza militare. Questo quesito ha animato negli ultimi
anni un dibattito condotto a mezza
voce nelle stanze della diplomazia e
degli stati maggiori d’Europa e
d’America, quasi la NATO fosse alla
ricerca di una propria anima o di
una propria aggiornata vocazione in
un mondo assai diverso da quello di
sessanta anni fa. Piuttosto grossolanamente il quesito finale potrebbe
essere “a cosa serve oggi la NATO?”,
ma questo genere di semplificazione,
oltre a portare ad una infinita serie
di risposte tutte politicamente accettabili, rischia di ignorare che la
vitalità di questa organizzazione
transnazionale deve essere misurata anche attraverso i plausibili sviluppi futuri di un mondo in rapido
cambiamento, dove alle vecchie sfide si vanno sostituendo minacce
frammentate ma non per questo
meno inquietanti. Possiamo anche
serenamente aggiungere che tra le maggiori organizzazioni internazionali (UN, UE e
NATO), quella che funziona meglio è appunto
l’Alleanza
Atlantica,
che pur tra le molte
difficoltà riesce sempre
a fornire una risposta
tempestiva e cordinata
alle sfide che le vengono proposte, laddove
UN e UE paiono sempre più mostri burocratici incapaci di adempiere agli scopi per cui
sono state create perennemente impegnate
a tentare di mettere
d’accordo i loro molti membri. Con il risultato che
gravi situazioni di crisi come quella in Darfur non
vengono mai seriamente affrontate. La paura nucleare si ripresenta all’orizzonte auspice un Iran
incontrollabile o grazie alla possibilità che una
cellula terroristica riesca a provocare la detonazione di una “bomba sporca” e la nascita di nuove
ph. cOURTESY CPO Antonio Cotrufo MM ©2009
Andrea Castelli
corso Alphard 1974-‘77
COURTESY f. businaro ©2009
sala convegno
La NATO compie 60 anni
superpotenze nucleari asiatiche ha reso imperativo mantenere un coordinamento sopranazionale tra i membri di una nuova allargata alleanza
euro-americana che in molti modi si contrappone
alla crescita ed al consolidamento di un nuovo
blocco che riempie il vuoto lasciato dall’orso sovietico. Non si tratta solo di continuare ad interrogarci su quale debba essere il suo
futuro, ma di ammettere che gli interrogativi che riguardano la NATO
sono di carattere politico e non militare e che questo strumento resta
attualissimo solo se re-interpretato
in funzione di sicurezza collettiva
esercitata attraverso il multilateralismo ed attraverso una stretta integrazione con gli strumenti della diplomazia,
della
politica,
dell’economia e anche della cultura.
Come giustamente sottolineato dall’ex Morosianiano Ammiraglio Giampaolo Di Paola, Presidente del Comitato Militare della NATO, oggi
l’istituzione non deve e non può prescindere da un rafforzamento della
cooperazione UE-NATO, in un’ottiIn questa pagina:
Un “boarding team” del Durand de la
Penne sale a bordo di un mercantile per
le operazioni di controllo nell’ambito
dell’operazione Active Endeavour nel
mediterraneo orientale lo scorso aprile.
La mappa dell’artico
il brogliaccio 014 43
ca di governance mondiale dove l’Alleanza trovi il
proprio nuovo ruolo, non solo prettamente militare. È evidente che allo stato attuale la NATO non
è in grado di fornire l’intelaiatura operativa e legale necessaria all’impiego di strumenti non militari indispensabili per affrontare oggi il tema
della sicurezza. Anche secondo Di Paola nel corso del summit ha iniziato una fase di riflessione e
il brogliaccio 014
cOURTESY Rivista della NATO © Reporters 2009
cOURTESY Finmeccanica ©2009
44 dibattito che genererà un documento da approvare ad un successivo summit e che ridisegnerà
scopi, linee strategiche e filosofia dell’Alleanza.
La NATO è in questo momento una organizzazione che funziona e che resta il perno di un sistema
di sicurezza internazionale che deve affrontare
le nuove minacce figlie della globalizzazione: il
terrorismo, le armi di distruzione di massa, la
lotta per le fonti energetiche, i cambiamenti climatici, la carenza d’ acqua, la minaccia cibernetica. Tutte sfide che hanno bisogno di una risposta
corale coordinata e condivisa e la NATO resta il
tavolo d’elezione dove elaborare strategie credibili contro queste nuove incognite. Il futuro richiederà l’azione concordata dalle nazioni con
comuni interessi e, anche per gli USA, la NATO
resta il migliore mezzo a disposizione. Una formula
ormai
collaudata
In questa pagina:
vuole che gli
I territori rivendicati dalla Russia.
USA si occupino dell’”hard
Mosaico dei dati del radar ad apertura
power”
(lo
sintetica che mette in evidenza il minimo
sforzo prettadell’estensione del mare ghiacciato
mente bellico)
all’inizio del settembre 2007.
e NATO e
Sono indicate entrambe le rotte
l’Unione Euroa nord ovest e nord est
cOURTESY Rivista della NATO © Reporters 2009
cOURTESY il sole 24 ore ©2009
pea del “soft power” (la combinazione di dissuasione militare e diplomazia), una logica divisione
dei compiti che però l’amministrazione Obama
potrebbe sconvolgere, vista la sua propensione a
trattare direttamente con i potenziali avversari,
conducendo quindi in prima persona azioni di
soft power. Ecco dunque che oggi la NATO, con
le attuali regole, potrebbe non essere più pienamente idonea a esercitare ad esempio una persuasione amichevole accompagnata dall’esibizione moderata di muscoli militari, superata dal ben
più convincente alleato atlantico. Dunque l’Organizzazione Atlantica si trova oggi ad affrontare
sviluppi geo-politici che potrebbero condizionare
pesantemente la sua natura e la sua operatività,
tra cui la possibile ammissione di nuovi membri,
la cui aspirazione atlantista solleva molte riserve
e provoca l’irritazione di quello che fu il nemico
tradizionale dell’Alleanza, la Russia. Mentre ufficialmente nelle segreterie dei ministeri e delle
sedi diplomatiche viene considerato corretto sostenere l’allargamento a Georgia ed Ucraina, in
realtà nessuno si nasconde che tale mossa potrebbe essere foriera di gravi tensioni e squilibri
su un fronte che si vorrebbe tenere calmo. In aggiunta, oltre a contraddire le promesse fatte da
Reagan e Bush senior a Gorbaciov l’ allargamento
della NATO a Georgia, Ucraina precedute da Albania, Croazia e Macedonia, aumenterebbe a tal
punto il numero di membri di una organizzazione
che a questo punto potrebbe trovare difficile
mettere d’accordo i troppi “soci”, rischiando potenzialmente frequenti e imbarazzanti paralisi
decisionali, simili a quelle in cui incorrono troppo spesso organizzazioni come le Nazioni Unite o
l’Unione Europea, spesso bloccate dai veti incro-
ciati di nazioni di irrilevante peso politico, economico o militare. È vero per fortuna che, al contrario di ONU e UE, in ambito NATO esiste una
solida leadership dei fatti e non delle parole, che
mette al riparo dai protagonismi di paesi altrimenti poco impegnati o poco “forti”. Comunque
per ora Francia, Germania, Slovacchia ed altri
paesi europei si sono pronunciati contro l’avanzamento del processo di
adesione di Georgia e
Ucraina, ma l’argomento resta all’ordine del
giorno e potrebbe avere ulteriori sviluppi. Ma
il vero test sulla credibilità ed efficienza della NATO è oggi l’ Afghanistan, anche se,
nuovamente, il problema vero non è solo militare ma eminente-
In questa pagina:
Due donne col burqa al voto.
L’artico durante il digelo
il brogliaccio 014 45
ph. cOURTESY Jones M. Tiffini, Petty Officer 1st Class U.S. Navy ©2009
mente politico. È opinione comune che un
fallimento laggiù potrebbe distruggere l’Alleanza
Atlantica. Si è scoperto che le sfide militari poste
dal territorio, dai Talebani, da Al Qaeda sono
enormi, tuttavia quella più grande è forse il confronto strettamente politico tra le diverse attitudini all’interno dell’Alleanza stessa. Se l’Afghanistan non venisse stabilizzato dovremmo
probabilmente chiederci se si tratti di un fallimento della NATO o piuttosto delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. In questo senso la dottrina Obama può rappresentare la potenziale
salvezza della NATO: l’atteggiamento del Presidente e del suo staff verso la cooperazione internazionale, verso le istituzioni multilaterali, verso
gli alleati e anche verso il dialogo con gli avversa-
46 il brogliaccio 014
ri ha stimolato il dibattito ed il confronto paritetico tra gli alleati. La verità infatti è che nessuno
sforzo puramente militare può garantire la governabilità di quel paese, ma solo un approccio
omni-comprensivo e multilaterale può fornire
una risposta credibile alle speranze di stabilizzazione. Addirittura, in un primo tentativo di trovare alla NATO un impiego non squisitamente
bellico, fu presentata l’ipotesi di un coinvolgimento di suoi reparti nella guerra al narcotraffico. Ma questa collocazione non ha incontrato
grande entusiasmo da parte dei militari, ben sintetizzato nelle parole del generale Mc Kiernan,
comandante di ISAF: “non sarebbe peace-making
ma neanche stabilizzazione o assistenza umanitaria, sarebbe proprio guerra!”. In un mondo dove
il nemico di oggi attacca gli alberghi di Mumbay
o genera schegge impazzite di terrorismo nelle
moschee d’Europa e Pakistan può sembrare eccentrico condurre maestose manovre combinate
di portaerei e sommergibili nelle acque atlantiche o esercitazioni di truppe alpine multinazionali a meno 30 gradi nelle nevi di Norvegia. Non
occorre tuttavia essere scrittori di fantapolitica
alla Tom Clancy per capire che questo tipo di
operazioni congiunte servono a testare la capacità di intervento delle singole nazioni e a consolidare il coordinamento tra eserciti che parlano
lingue diverse e con procedure spesso difformi.
Ma soprattutto servono a disegnare scenari che
la realtà di questi giorni conferma. I possibili sviluppi del confronto con l’Iran includono fasi di
guerra sottomarina e aeronavale in difesa di petroliere in attraversamento dello Stretto di Hormuz e uno “stand off” armato all’interno del circolo polare artico non è totalmente da escludersi:
è di pochi giorni fa la notizia che i comandanti e
i diplomatici NATO incontratisi in Islanda hanno
segnalato che il riscaldamento dell’Artico potrebbe portare a tensioni tra le maggiori potenze: il
Segretario Generale della NATO Jaap de Hoop
Scheffer ha dichiarato che in quell’area sarà necessaria una presenza militare degli alleati occidentali, poiché l’apertura di nuove vie navigabili,
un tempo percorribili solo da rompighiaccio,
complicherà i delicati rapporti tra paesi che avanzano diritti su quei territori, soprattutto perché
l’esplorazione per il petrolio e gas naturali diverrà possibile in aree prima inaccessibili. De Hoop
Scheffer sostiene ovviamente che il dialogo tra
Russia e NATO sarà la chiave per prevenire eventuali conflitti. Ma alla sua disponibilità pare non
fare eco quella dei Russi, il cui Ministro della Difesa Anatoly Serdyukov ha perentoriamente dichiarato che “l’Artico deve diventare la principale base strategica russa per l’approvvigionamento
di materie prime”. Un esplosivo documento riservato elaborato da una ventina di esperti e rappresentanti governativi russi riunitisi ad Alexandra
Land, conclude che “non può essere escluso che
la battaglia per le materie prime possa essere
condotta in futuro con mezzi militari”. Sembra
che la Russia, con un terzo del suo territorio a
nord del Circolo Polare Artico, stia dimostrando
che i timori di alcuni paesi confinanti non siano
dopotutto infondati. Sappiamo che nell’immediato assisteremo ad una considerevole diminuzione
dell’ impegno USA, un protagonista della NATO
che intende abdicare a parte della propria leadership, lasciando più spazio decisionale ed operativo ai propri alleati, anche se questo si tradurrà inesorabilmente in un maggiore onere per
nazioni come Inghilterra, Germania, Francia e
Italia. Tuttavia, nonostante gli spostamenti di
baricentro e di dottrina di impiego, i sessanta
anni della NATO non ne sanciscono affatto l’obsolescenza, anche se un ripensamento della sua
filosofia e dei suoi valori è imperativo, alla luce
delle nuove minacce e dell’aggiornamento di
quelle vecchie.
In queste pagine.
Esercitazione ICE, 2009. Il sottomarino
d’attacco USS Annapoli (SSN 760)
in emersione attraverso un metro di
ghiaccio nel Mar Glaciale Artico
il brogliaccio 014 47
Massimiliano Pardini
corso azzurra 1983-‘86
Flaubert, Garcìa Marquez, Sartre e Camus.
ph. COURTESY f. businaro ©2009
sala convegno
La città e i cani
la vita nel
“Leoncio Prado” di Lima
Nel celebre romanzo autobiografico di Mario Vargas Llosa, lo scrittore peruviano analizza,
facendo uso di tecniche narrative multiple, le numerose realtà che si celano nel mondo
apparentemente chiuso e rigido del Collegio Militare “Leoncio Prado” di Lima.
Q
uando si parla di Mario Vargas Llosa
non si può fare a meno di pensare al celebre romanziere, drammaturgo, giornalista, saggista e uomo politico peruviano. Personalità poliedrica ed artista eclettico,
sempre impegnato a favore del cambiamento
sociale, della modernizzazione e della lotta contro la corruzione nella società peruviana, Vargas
tecniche narrative tipicamente novecentesche,
quali il monologo e l’accostamento di più voci
narranti, in dimensioni temporali diverse.
Llosa è un attento - e spesso critico - osservatore
dei suoi tempi e della convulsa e contraddittoria
società latinoamericana del dopoguerra. Conosciuto dalla critica prevalentemente per i suoi romanzi, è stato sensibile al richiamo di altre forme
artistiche, quali il cinema, il teatro, la saggistica
e gli articoli stampa a sfondo socio-politico sui
quotidiani. Nelle sue opere vengono utilizzate
48 il brogliaccio 014
Considerato unanimemente una grande personalità letteraria, nonché un intellettuale di spessore, ha prodotto importanti studi e scritto, oltre ai
romanzi, numerosi saggi di critica letteraria su
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Cresciuto in Bolivia con la madre e con i nonni,
torna, da bambino, dopo la riconciliazione dei genitori, in Perù, dove, anche a causa del rapporto
conflittuale con il padre, finisce per frequentare
il celebre Colegio Militar “Leoncio Prado”
della capitale. In seguito studia a Madrid e
poi si trasferisce a Parigi dove inizia a mietere successi per la sua
intensa attività giornalistica e letteraria.
Insignito di numerosi
premi letterari, tiene
molte conferenze nelle università di tutto il
mondo. Ottiene cattedre famose e aderisce,
anche se criticamente,
alla rivoluzione cubana.
Nel 1990, spostatosi su
posizioni politiche assimilabili al centro-destra, si candida, senza successo, alle elezioni presidenziali del Perù, vinte poi da Alberto Fujimori.
Attualmente vive a Londra.
Ma l’opera con la quale raggiunge il successo (per
la verità inaspettato) e che lo rende famoso sia
in patria che all’estero è “La città e i cani” (titolo
originale: “La ciutad y los perros”). Il libro, scritto
nel 1963, accolto molto favorevolmente in Europa dalla critica, suscita grande scalpore in Perù,
dove viene addirittura pubblicamente dato alle
fiamme dai militari, perché ritenuto dissacrante.
La storia è quella dei cadetti di una prestigiosa
scuola militare in cui vige una disciplina ferrea, e
nella quale sono mandati, per merito, i figli delle
classi sociali più basse e, per educarli e renderli
meno viziati, i figli dei ricchi. Nel collegio, parallelamente al rigido formalismo dei regolamenti
militari ed ai tipici ritmi quotidiani imposti dal
Comando nell’ambito della vita addestrativa degli allievi (sveglia, alzabandiera, adunate, lezioni in aula, esercitazioni
militari, libera uscita,
servizi di guardia, silenzio, ecc., il tutto sotto
l’inflessibile supervisione degli occhiuti ufficiali istruttori), vigono
tra i cadetti, come spesso accade negli istituti
di formazione militare,
altre forme convenzionali di comportamento
ed altri codici “etici” di
convivenza, sicuramente più spicci: il nonnismo spietato degli allievi dei corsi più anziani
che infliggono a quelli
dei corsi appena entrati
(i cosiddetti “cani”, in
senso dispregiativo) gli
scherzi, le umiliazioni,
i soprusi e le angherie
tipiche della loro età ancora immatura. Ma la sopraffazione e la violenza,
fisica e psicologica, non
esistono solo da parte degli “anziani” verso le
matricole. Anche tra questi ultimi, non stentano
a delinearsi ben presto i caratteri e le personalità più diverse; emergono così i più forti ed i più
carismatici, che prendono il sopravvento sui più
deboli. Ci sono poi quelli più coraggiosi e riottosi
alla disciplina, che tengono testa agli anziani ed
agli stessi ufficiali. Ci sono quelli più furbi e più
“scafati” che riescono a “navigare” con qualche
espediente nella dura vita quotidiana del collegio.
Ci sono immancabilmente i più timidi ed inetti,
fragili personalità che si fanno sistematicamente
umiliare e mettere i piedi in capo da tutti.
Sullo sfondo c’è la città di Lima, con i suoi viali alberati, i suoi quartieri, la scogliera sul mare dove
si erge l’edificio del collegio con vista sulla baia
di Callao, l’aria carica di salmastro, le prime luci
della sera, quando i cadetti, se non sono puniti,
possono finalmente andare in libera uscita e respirare la libertà. Ci sono le prime storie d’amore
con le ragazze del posto, le speranze, le illusioni
giovanili, le prime delusioni adolescenziali.
Quello del collegio militare “Leoncio Prado” è
un autentico microcosmo, uno spaccato genuino
dell’esistenza dell’uomo,
con le sue varie sfaccettature e le sue diverse
personalità. E nell’istituto, come nella vita, per
sopravvivere, bisogna tirare fuori gli artigli e non
lasciarsi sopraffare dalle
regole del “sistema”.
Il
romanzo,
scritto
con uno stile crudo ed
asciutto, utilizza una
tecnica descrittiva che
alterna la narrazione
in terza persona a quella in cui i protagonisti
parlano
direttamente
in prima. Numerosi poi
sono i dialoghi, spesso
dal ritmo incalzante e
coinvolgente, ed i monologhi, con i quali l’autore
si abbandona spesso a
divagazioni dal sapore
introspettivo.
La materia narrativa è
autobiografica: il padre
di Vargas Llosa, che osteggiava la passione letteraria del figlio, decise di metterlo nel collegio
militare di Lima, famoso per la sua disciplina.
Racconterà l’autore: “Ero un bambino viziatissi-
A fianco.
Mario Vargas Llosa
In questa pagina.
La copertina del libro
il brogliaccio 014 49
mo, presuntuosissimo, cresciuto, faccio per dire,
come una bambina…Mio padre pensava che il
Leoncio Prado avrebbe fatto di me un uomo, ma
per me fu come scoprire l’inferno. Fu lì che incominciai a scrivere. Fui costretto a coltivare la mia
passione in segreto: ma fu per me come uno sfogo
alla rivolta che nutrivo contro il Leoncio Prado.”
Il protagonista del romanzo è Alberto Fernandez
alias il Poeta (nel quale sembrano identificarsi il
50 il brogliaccio 014
La vittima del gruppo, lo Schiavo (l’allievo Ricardo Arana), così denominato perché incapace di
difendersi ed incline a subire sempre le angherie
ed i soprusi dei commilitoni, fortemente provato
psicologicamente perché privato per settimane di
fila della libera uscita, fa la spia ai superiori, denunciando l’esistenza del “Circolo”. La vendetta
non tarderà ad arrivare per lo sfortunato cadetto
che, durante un’esercitazione a fuoco, morirà,
colpito accidentalmente da un colpo di fucile
sparato alle sue spalle.
L’inchiesta del Comando non riuscirà a trovare un colpevole, facendo prevalere la tesi
della tragica fatalità,
ma Alberto, scosso dal
tragico avvenimento
e preso dal rimorso di
aver “soffiato” la fidanzata allo Schiavo durante i lunghi periodi di
punizione di quest’ultimo, si mette a rapporto dal Comandante
della Scuola e rivela di
essere a conoscenza
del responsabile dell’omicidio. Dichiara di
sospettare fortemente
che sia stato il Giaguaro ad uccidere intenzionalmente il povero Schiavo. Alberto compie
quel gesto in un impeto emotivo di ribellione e
di sfida verso un “sistema” - quello del collegio e
delle sue regole non scritte - spietato, violento e
cinico, che non ammette debolezze e non fa sconti a nessuno. Lo fa anche per rivalsa contro il Giaguaro, il capo indiscusso della combriccola, un
tipo scaltro e senza scrupoli, temuto anche dagli
allievi più anziani e fino ad allora suo sodale. Il
suo è un supremo moto di orgoglio e di giustizia,
ma l’iniziativa gli costerà cara. L’istituzione militare, preoccupata delle conseguenze disdicevoli
di un’eventuale incriminazione nei confronti di
un cadetto, non si rivela affatto desiderosa di far
trionfare la giustizia. L’unico ufficiale che lo so-
stiene, il tenente Gamboa, un militare onesto
ed integerrimo nei suoi
principi, che crede fermamente nelle regole
e nella disciplina, troverà forte resistenza
nei suoi superiori, che
riusciranno a bloccare
l’indagine, insabbiandola. La faccenda verrà
sistemata con qualche
ricatto ai danni di Alberto, affinché taccia e
non sollevi più la questione dell’omicidio, e
con il trasferimento ad
un reparto di una località isolata del Perù
del coraggioso tenente
Gamboa.
cOURTESY cmlpxxxii.com © 2009
cOURTESY cmlpxv.com © 2009
La trama: un gruppo ristretto di cadetti del primo anno, stanchi delle vessazioni subite dagli
“anziani”, si coalizzano nel “Circolo”, una sorta di
club segreto, allo scopo di resistere alle angherie dei “nonni” e sottrarsi alle regole di rigida
disciplina del collegio.
Le loro attività, tipiche di un gruppo di
adolescenti in divisa,
consistono nel copiare
di nascosto le tracce
dei compiti in classe o
sottrarre quelli già fatti e sostituirli con altri
corretti, rubare dagli
armadietti i capi di vestiario agli altri allievi,
contrabbandare bevande alcoliche e sigarette,
organizzare bische notturne. Ognuno di loro
ha un nome: il Giaguaro, il Boa, Rulos, Cava,
lo Schiavo, il Poeta, Arròspide, Vallano. Tra di
loro c’è un fortissimo
spirito di corpo, grande coesione e solidarietà, ma, come spesso
accade nella vita, all’interno del gruppo c’è
una gerarchia ed i più
deboli soccombono di fronte ai più aggressivi ed
a quelli più spietati. Le scazzottate, i litigi e gli
scherzi - quasi sempre pesanti - sono all’ordine
del giorno; in alcuni dialoghi tra i cadetti emerge una morale “da riformatorio” che suona un po’
come mors tua vita mea: “Per farsi rispettare, di
tanto in tanto, bisogna menare le mani. Se no
sarai un fallito anche nella vita.(…) quello che
importa nell’Esercito è essere un duro, avere un
paio di coglioni d’acciaio, capisci? O fotti o ti fottono, non c’è rimedio. (…) Se non ti difendi con le
unghie e coi denti ti mettono subito sotto”.
narratore e lo stessoVargas Llosa), che si diletta
a scrivere racconti erotici per far divertire i compagni e scrive, su commissione ed in cambio di
sigarette, lettere d’amore alle loro fidanzate.
Il finale è amaro. Quando Gamboa, fatte le valige,
starà per lasciare il collegio, il Giaguaro, in un
ultimo, drammatico colloquio, lo supplicherà di
rimanere, autoaccusandosi dell’omicidio e giustificandosi di aver compiuto quel gesto per punire
una spia e vendicare i compagni. Lo scongiurerà
di portarlo dal Colonnello e di denunciarlo alla
giustizia. Ma sarà tutto inutile: Gamboa rifiuterà, sopportando eroicamente l’ingiustizia ed
affrontando il destino con commovente dignità
(“Nemmeno in guerra ci devono essere dei morti
inutili. Lei mi ha capito; torni in collegio e cerchi,
in futuro, che la morte del cadetto Arana serva
a qualcosa”).
Alberto, invece, terminata la scuola con voti eccellenti, penserà alle vacanze estive, alle gite al
mare con i vecchi amici in compagnia della nuova fidanzata, alla vita agiata da “figlio di papà”,
all’università negli Stati Uniti (“Studierò molto e
sarò un buon ingegnere. Quando tornerò lavorerò con papà, mi comprerò una macchina decappottabile, una grande casa con la piscina. Sposerò Marcela e sarò un dongiovanni. Andrò tutti i
sabati a ballare al Grill Bolivar e viaggerò parecchio. Tra qualche anno non mi ricorderò nemmeno di essere stato al Leoncio Prado”). Ma anche
se cercherà di dimenticare in fretta la vita del
collegio militare, inevitabilmente il suo pensiero
non potrà non tornare al tenente Gamboa ed al
suo nobile comportamento.
La figura di Gamboa svetta sugli altri personag-
gi del romanzo e su di essa sembra concentrarsi
la simpatia, la solidarietà e l’intima ammirazione
dell’autore. Il giovane e solerte ufficiale, contro
il suo stesso interesse, combatte una battaglia
personale contro il conformismo, l’ipocrisia ed il
carrierismo del sistema militare, ben consapevole che la sua ostinazione nella ricerca della verità
e la sua onestà morale non gli porteranno nessun
vantaggio ed anzi lo renderanno “scomodo” alla
gerarchia.
“La città e i cani”, che può considerarsi, a ragione,
un capolavoro, prende in considerazione valori
eterni ed universali dell’umana esistenza e descrive una stagione difficile ed al contempo meravigliosa della vita di ognuno di noi: l’adolescenza,
una stagione intensa e struggente, che fugge via
troppo presto e che lì per lì tutti abbiamo vissuto
con l’ansia di diventare subito adulti.
A fianco.
Una locandina del XV corso
In questa pagina.
Il 32° di scorta durante
una manifestazione
il brogliaccio 014 51
sala convegno
L’altra faccia
della “medaglia”
individuazione all’interno delle Forze Armate e
dei loro Istituti di Formazione, ma quasi assente
nel mondo “non militare o civile” che dir si voglia.
Francesco Imbalzano
corso Naumacos 1995-‘98
fratelli gemellati
Per chi, come me, porta sempre la spilletta, questo articolo non può che essere pienamente
condiviso
C
ari ex-Allievi, risulterà probabilmente
inedito, ai vostri occhi, leggere delle parole a tutti voi rivolte, frutto del pensiero di due fratelli ex allievi di due scuole
militari diverse.
Come ben noto a tutti voi, negli ultimi anni si è
teso a rendere sempre più forti i rapporti tra le
ormai 4 Scuole Militari della nostra Nazione .
Di certo si è trattato di una missione delicata e
quanto mai complicata, ma è stata portata avanti
con successo, nonostante vada precisato che siamo solo agli inizi e che tanto ancora si può fare!
Il segreto di tale successo non può, però, essere corrisposto ad un singolo o ad una ristretta
cerchia di noi! Si tratta della vittoria di uno stile
di vita, di un bagaglio di esperienze e sofferenze
comuni, di un obiettivo condiviso configurabile
nel garantire un determinante apporto per il futuro del nostro Paese in tutti i settori, di un modo
invincibile di affrontare e superare ogni situazione, di un modo di “essere più che sembrare”, di
essere “preparati alla vita e alle armi”, di saper
“volare più in alto” (Iterum alte volat), di saper
servire sempre la “Patria” con “Onore” e di saper
52 il brogliaccio 014
Tutti noi sappiamo bene di avere un sottosuolo
comune così fertile da rinverdire qualunque cosa
nella quale ci cimentiamo! Quella marcia in più
che tanti ci attribuiscono e che ognuno di noi
realmente possiede, in un modo o nell’altro!
Ma il meglio non lo forniamo solo da singoli operanti dei più svariati settori, bensì lavorando in
team perché, anche se di scuole diverse, anche
se appena conosciuti, sappiamo di poterci fidare
l’uno dell’altro e di poter dare per scontato valori
che le NOSTRE scuole ci hanno trasmesso e che
porteremo sempre con noi!
A tal proposito abbiamo una duplice spiegazione che motiva la nostra sicurezza nell’esprimere
questi concetti.
Aver frequentato istituti di formazioni quali il Morosini o la Nunziatella ci ha dato quella marcia in
più e quel senso di appartenenza e responsabilità
che negli anni successivi tanto ci sono serviti per
emergere.
Possono cambiare le strutture, le città in cui esse
hanno sede, le Forze Armate di appartenenza, alcune tradizioni... ma la forma mentis e il valore
della formazione del carattere no!
Il secondo aspetto riguarda la forza di più ex-Allievi che hanno la fortuna di lavorare assieme.
Si tratta di un fenomeno di relativamente facile
Col passare del tempo,
sentite le opinioni di
tanti amici e tenendo
conto anche delle nostre esperienze personali, reputiamo che
il problema sia individuabile nella difficoltà
di riconoscersi!
ph. cOURTESY f. businaro © 2009
L’uno, Francesco, ex allievo dell’allora Collegio,
ora Scuola Navale Francesco Morosini, corso
Naumacos 1995-98; l’altro Raffaello, ex allievo
del 216° corso della Nunziatella 2003 -2006.
puntare al “raggiungimento di elevati obiettivi”
(Per Scientiam ad astra).
Dando per assunto (poiché tutti o quasi l’abbiamo
constatato) il concetto che si è definito di “forza”
nel lavorare assieme, volendo riassumere una serie di valori che siamo certi di trovare tra di noi,
quali fiducia, coraggio,
visione,
affidabilità,
ambizione e preparazione caratteriale e
professionale, sarebbe
opportuno ricercare le
motivazioni di una tale
discrepanza di rapporti
tra ex-Allievi ,tra l’ambiente militare e quello
non militare.
Chiunque di noi abbia
intrapreso la carriera
militare non può negare che la prima cosa
che ha fatto appena indossata l’uniforme è stato apporvi con onore e un
pizzico di commozione la “spilletta” che lo ha automaticamente “etichettato” (in tutti i sensi possibili!) come ex-Allievo della Sua Scuola Militare!
In questo modo qualunque ex-Allievo che veste
un’uniforme esprime il suo senso di appartenenza ed ha la possibilità di riconoscere gli altri “suoi
simili” cosa che desta quantomeno un interesse
reciproco automatico, anche da parte di superiori
nettamente più elevati in grado che non esitano
ad avvicinarsi col solito nostro fare!
Nel mondo non militare purtroppo non è così.
C’è difficoltà ad individuarsi se non riuscendo ad
evincere un’informazione del genere da un curriculum. Eppure sarebbe molto utile anche perché quello civile è un ambiente sempre più senza
scrupoli e che tende al rispetto della legge del più
forte! Non dimentichiamo che siamo e dobbiamo
essere noi i più forti, e assieme lo siamo ancor di
più!
“L’altra faccia della medaglia”, cari amici, non è
un titolo scelto a caso! Esso non si riferisce solo
all’invito ad indossare la “spilletta” anche se non
si veste un’uniforme, ma vuole essere più che
altro uno sprone a CERCARSI! Dobbiamo mantenere alto il nome delle Nostre Scuole, cercarci
e dimostrare che siamo in grado di offrire
soluzioni a tutto ed in
ogni settore, senza mai
dimenticare i nostri illustri predecessori ed
il loro esemplare operato nonché la nostra
perpetua missione: fornire il nostro apporto
alla crescita del Paese
così come tanti di noi
hanno saputo fare, così
come altrettanti stanno facendo e come noi
dovremo continuare a
fare!
Non è facile, ne siamo
tutti consapevoli, ma
se lo fosse noi non ci
metteremmo neanche
in gioco!
In conclusione ci piacerebbe citare le parole
di un noto spot televisivo che ci riporta con la mente, pur se in senso lato, a questi pensieri appena espressi , nella
speranza possano trovare consensi e svolgere il
ruolo di “motore d’avviamento” per una svolta, o,
comunque, un grande passo avanti:
“Vivono in mezzo a noi, girano per la città come
se non si rendessero conto del loro valore, sono
esseri speciali, capaci di imprese per gli altri impossibili, noterete la loro presenza perché sono
tra noi, ACCANTO A VOI!”.
In questa pagina.
La spilla dell’Associazione
il brogliaccio 014 53
cupolone
COURTESY s. bausone ©2009
Giornata romana della
Donazione del Sangue
Stefano Bausone
corso Daidalos 2004-’07
un dono importante
Il 7 febbraio 2009 è una data che segna l’inizio di un lungo e speriamo perpetuo gemellaggio,
che ci siamo prefissati diventi ben presto una tradizione dei Morosiniani con l’AVIS,
Associazione Volontari Italiani Sangue
Presso la Capitale alle ore 8.00 della summenzionata data, uno stretto ma “cospicuo” numero di
Morosiniani si è recato - gioioso e dinamico - a
donare il sangue, venendo accolto in piazza del
Popolo dal Presidente dell’AVIS-Roma, Adolfo
Camilli e da uno stretto numero di collaboratori
molto preparati.
Considerata la rilevanza etica dell’iniziativa, si
era prospettato un numero elevato di partecipanti, ma a causa vuoi di un orario forse per alcuni
estremamente difficile da rispettare in seguito
al “Venerdì sera da leoni” vuoi per le continue
perturbazioni atmosferiche, la rappresentanza
del Morosini era costituita da soli cinque membri,
impeccabili nelle loro divise sociali :
Claudio Lucchi, Emanuele Bonabello, Riccardo
Sensi, Ezio Stuardi e Stefano Bausone.
È stato davvero emozionante il donare una propria cosa per la salute del prossimo meno fortunato; è stato uno splendido gesto di solidarietà,
che ci ha resi sempre più orgogliosi e sensibili,
non solo come associazione ma financo come singoli individui.
il brogliaccio 014
In questa pagina.
L’impavido autore
dell’articolo spronto
alla donazione
associazioni: il presidente dell’AVIS Camilli e il
nostro Fiduciario del Lazio Emanuele Bonabello,
col grande lavoro di Claudio Lucchi, impegnato
di continuo ad immortalare con la sua macchina
fotografica i momenti più importanti e degni di
ricordo.
È stata davvero un’iniziativa esemplare.
L’augurio più grande che mi sento di manifestare è che l’Associazione Morosini, ponendosi
a stretto contatto con l’AVIS, possa riaffermare
con i propri mezzi la centralità ed una maggiore
partecipazione del donatore nel “sistema sangue”
a livello nazionale, facendosi promotrice di una
nuova cultura del volontariato e di una moderno ed efficiente ausilio alla gestione della politica
trasfusionale.
ph. COURTESY C. Lucchi ©2009
ph. COURTESY C. Lucchi ©2009
54 Dopo il prelievo, avvenuto all’interno di un
caratteristico camper
dotato delle più svariate apparecchiature
cliniche, e in seguito
ad una ricca colazione
presso il famoso bar
“Canova”, si è arrivati
allo scambio dei doni
tra i due maggiori rappresentanti delle due
ph. COURTESY C. Lucchi ©2009
I
l 7 febbraio 2009 è una data che segna l’inizio
di un lungo e speriamo perpetuo gemellaggio, che ci siamo prefissati diventi ben presto una tradizione dei Morosiniani con l’AVIS,
Associazione Volontari Italiani Sangue.
In questa pagina:
L’immancabile foto di gruppo.
R. Sensi compila il modulo per la donazione
il brogliaccio 014 55
cupolone
STORIA
Garibaldi
BARCHE
Maltese Falcon
OLLEZION
OLLE
OLLEZIONIS
LLEZIONISM
MO
O
COLLEZIONI
Fi rin
Figurine
Figurin
9 Numero 47
Mursia il libro dal titolo “IlAnnoGiuramento”.
Vi invie Naval
Art
tiamo a leggere la Storia attraverso
i diari di chi
ne visse alcuni dei capitoli più importanti.
e
Comando del 2° Gruppo Permanente di Contromisure Mine della Nato (SNMCMG 2 – Standing
Nato Mine Counter-Measures Group 2). Marcia
avanti!
REGATE
GATE
H bart
idney Hobart
Sidney-H
Sidney
Aprile/Maggio 2007
Rivista bimestrale
B
STORIA
Garibaldi
REGATE
GATE
H bart
idney Hobart
Sidney-H
Sidney
Il tenente della G.d.F. Fabio Boerner (Perseus 2001-’04) ha assunto a luglio il comando
della Fiamme Gialle alla tenenza di Termoli. In
bocca al lupo Comandante e Pale a prora!
C
Il col. Maurizio Parri (Hyades 1980-’83)
onorando la memoria del nonno ha publicato per
BARCHE
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OLLE
OLLEZIONIS
LLEZIONI
MO
O
SM
COLLEZIONI
Maltese
Falcon
Fi rin
Figurine
Figurin
Anno 9 Numero 47
e Naval
Art
I VEDIAMO DA ORFEO
Domenica 8 marzo la Scuola Douhet si è aggiudicata il primo posto nel 4° Torneo Interscuole
Militari – edizione 2009. Secondo il Morosini. Sapremo far meglio la prossima volta!
RTENAV
Aprile/Maggio 2007
Rivista bimestrale
STORIA
Garibaldi
Aprile/Maggio 2007
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REGATE
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Sidney
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ARTENA
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Canottieri Savoia
Anno 9 Numero 47
e Naval
Art
Aprile/Maggio 2008
Rivista bimestrale
Aprile/Maggio
2008
Anno 9 Numero
47
Rivista bimestrale
e Naval
Art
Aprile/Maggio 2
Rivista bimestral
esclus
La rivista di nautica più raffinata ed esclusiva
ASSOCIAZIONI
MARINA MILITARE
Canottieri Savoia
Accademia Navale
CANTIERI
Sangermani
Anno 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO
il brogliaccio 014
BARCHE
Maltese Falcon
nno 9 - Numero 47 - Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma1, DCB BERGAMO
Il giorno 12 giugno il Capitano di Vascello
Patrizio Rapalino (Orion 1977-’80) ha assunto il
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FOTOGRAFI
Carlo Borlenghi
e
Il 21 aprile l’Ammiraglio di Squadra Alessandro Picchio (Poseidon 1966-‘69), è stato nominato Sottocapo di Stato Maggiore sostituendo
l’altro morosiniano e compagno di corso Ammiraglio di Squadra Luigi Binelli Mantelli.
Il generale di divisione Leonardo Leso (Barracuda 1964-‘67) lascia il comando della Divisione Mobile dei Carabinieri per assumere il prestigioso incarico di attaché militare all’Ambasciata
italiana presso le Nazioni Unite a New York.
Paddles to prow, General!
TRADIZIONI
Il cantiere dei dhow
Toni Mattarucco ci ha lasciati alla fine di
maggio. Allievo del primissimo corso del Morosini (1961-’63), “secondi a nessuno” come amava dire, nonostante la malattia che lo minava ha
voluto partecipare al Giuramento degli allievi del
I corso il 5 maggio scorso. Questa sua volontà è
un esempio straordinario del sentirsi morosiniani.
Pale a Prora Toni e grazie!
e
M
ARCIA AVANTI!
Nell’attacco al convoglio italiano in Afghanistan costato la vita al caporal maggiore Alessandro di Lisio sono rimasti feriti altre tre militari; tra essi il tenente Giacomo Bruno (Andromeda
1997-2000) del Genio Paracadutisti. Le sue condizioni non sono gravi e si sta rimettendo.
e
Il corso Theseus 2006-’09 ha superato brillantemente la prova di maturità.
Sono ben nove gli allievi del corso Theseus
he hanno meritato 100/100 agli esami di maturità.
Questi i nomi:
Classico: Jacopo Ciaffi (capoclasse e doppio d.o.)
Scientifico sez A : Marco Erriquez (capoclasse e doppio d.o.) e Lorenzo Liguori (d.o.)
Scientifico sez B : Simone Pletto (capocorso
e 2 d.o.),Emidio Ciuffo ( allievo graduato e 2 d.o),
Vincenzo Giuseppe Ruberto (2 d.o.), Angelo Pio
Mitrione (allievo graduato e d.o.), Luca Marcosano (allievo graduato) e Carlo Alberto Minasi.
A loro le più vive congratulazioni di tutta
l’Associazione.
MARINA MILITARE
Accademia Navale
CANTIERI
Sangermani
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ANDIERE ABBRUNATE
Aprile/Maggio
2008
Ci ha lasciati,
stroncato
da male incuraRivista bimestrale
bile, il comandante Arturo De Vincenzo, già comandante in seconda del Collegio Navale. Uomo
schivo ma di grande umanità ha saputo lasciare in
coloro che lo hanno conosciuto un profondo segno di stima. Epico il rapimento in stile brigatista
del suo gatto da parte del corso Alphard; episodio
che fece scoprire il suo lato scanzonato e che gli
fece guadagnare l’affetto di tutto il corso.
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Il cantiere dei dhow
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Da sinistra a destra Leonardo Leso, Toni Mattarucco, la copertina del libro, il tenente Boerner
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Sette sezioni per sapere sempre dove siamo e che cosa facciamo
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il giardinetto del
comandante
In ogni numero:
le più belle barche di ieri e di oggi, i cantieri, i restauri,
la cultura, la storia e le tradizioni del mare,
i pittori e i fotografi, il collezionismo e il modellismo,
le associazioni, i libri, i musei, le aste, l’antiquariato
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Marina Militare
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