estratto - Transeuropa Edizioni

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estratto - Transeuropa Edizioni
transeuropA
EdizionI
Qui dentro troverai le prime pagine del romanzo
Madeleine dorme di Sarah Shun-lien Bynum.
L’estratto si interrompe sulla protagonista addormentata,
appena prima di un nuovo, imprevedibile sogno.
E questa volta il suo sogno lo puoi scrivere tu.
Leggi l’estratto e scrivi il tuo sogno, poi mandalo a
[email protected], i migliori saranno
pubblicati online e tra questi ne verrà scelto uno:
l’autore sarà invitato alla cena con Sarah Shun-lien Bynum
a Più Libri Più Liberi 2011.
Trovi i “sogni d’autore”, scritti da diversi scrittori italiani,
sulla pagina facebook di Madeleine dorme oppure qui:
http://transeuropaedizioni.it/madeleine-sogna.php
M
Sarah
Shun-lien
Bynum
adeleine dorme
narratori delle riserve – serie straniera
Collana diretta da Giulio Milani
Traduzione di Elvira Grassi e Leonardo G. Luccone
Estratto del testo a uso promozionale.
Vietata la riproduzione se non d’intesa col titolare del copyright.
© 2011 pier vittorio e associati, transeuropa, massa
© 2004 harcourt
© 2004 sarah shun-lien bynum
www.transeuropaedizioni.it
isbn 9788875801526
copertina: idea e progetto grafico di floriane pouillot
Per mamma e papà
silenzio
Silenzio, dice la mamma. Madeleine dorme. È così bella
quando dorme, non voglio che si svegli.
Le sorelline e i fratellini s’avvicinano zitti zitti al
letto, i loro gesti di silenzio si amplificano e diventano
languorosi, dita che fluttuano verso labbra increspate,
punte dei piedi che salgono e scendono come prive di
peso. Mentre circondano il letto, la loro frenetica attività
rallenta; somigliano a minuscoli insetti sospesi nella linfa,
che zampettano sognanti prima di cristallizzarsi in ambra.
Inspirano all’unisono, dolcemente, e la stanza si riempie di
un unico infinito sospiro: Shhhhhhhhhhhhh.
madeleine sogna
Una donna grottescamente grassa di nome Matilde vive
nell’angolo più remoto del paese. Quando va al mercato
deve tirarsi su il grasso proprio come le altre donne si
raccolgono le gonne, stringendolo delicatamente tra le dita
e facendoselo passare attorno ai polsi. Il grasso di Matilde le
danza intorno con grazia, sospira e fruscia a ogni suo gesto.
Matilde cammina come avviluppata in una nube carica di
pioggia da cui la vera e silfide Matilde non aspetta che di
venir fuori, accecante come un raggio di sole.
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madame cochon
Il giorno del mercato i bambini indugiano sulla porta di
casa. Sono bravi a nascondersi, con i pugni belli pieni dietro
la schiena e sotto i grembiuli. Quando Matilde fa la sua
comparsa, col suo fardello di voluttuosi rotoli di grasso, i
bambini la sommergono: le scagliano addosso pezzetti di
lardo, il residuo burroso raschiato via dalla zangola della
mamma, la cartilagine dell’agnello del pranzo domenicale.
I pugnetti si sono fatti caldi e appiccicosi per quanto hanno
tenuto stretto quel grasso, e l’aria è pervasa da un odore
rassicurante e lievemente rancido.
Madame Cochon, ha fame?, le bisbigliano i bambini
mentre sfila dinnanzi a loro.
A Matilde pare di cogliere una nota di curiosità nelle
loro voci. Fa un mezzo sorriso mentre tira dritta, scansando
i cani che si sono riversati in strada per annusare quegli
avanzi. In un certo senso sembra di assistere a una parata. A
una celebrazione.
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sorpresa
Una volta, nel suo farsi strada nella pioggia di grasso,
Matilde fu colta da un singolare e tutt’altro che sgradevole
fremito che si originò nella spalla sinistra e che lesto
si propagò in senso orario agli altri tre angoli della sua
spaziosa schiena. Si chiese se i bambini le stessero tirando
gli ossi da brodo, e per lei accelerare il passo fu un’impresa,
finché, tutt’a un tratto, l’allegro bombardamento scemò fino
ad arrestarsi. I bambini erano immobili come belle statuine,
la bocca spalancata, il burro giallognolo che sgocciolava
sulle loro scarpe. La fissavano con una curiosità che lei non
aveva mai visto prima.
Matilde sentì un frullio irrequieto alle sue spalle, si voltò
e intravide i bordi sfilacciati di un’ala iridescente. Fletté
con cautela le scapole carnose e con suo sommo gaudio
l’ala batté una risposta festosa. Ebbene sì, a Matilde erano
spuntate due paia di fragili ali, di cui quelle più basse se
ne stavano elegantemente ripiegate alla base della spina
dorsale e fungevano da ausiliarie a quelle più sontuose
poco più su.
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volo
Con un goffo balzo, le quattro ali sbatacchianti, e il grasso,
come zavorra, che minaccia di farla precipitare, Matilde
sventaglia l’aria a braccia spalancate a mo’ di saluto.
Un soffio di vento le solleva l’orlo delle gonne, sembra
solleticarle i piedi, e Matilde incita: Su, su, su! Con un
gemito il vento le imbriglia le imponenti natiche e la fa
penzolare sopra l’acciottolato, sopra i cani famelici, sopra i
bambini sudici, grondanti del grasso che si liquefà nei loro
pugni.
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sonno agitato
Madeleine si agita nel sonno.
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silenzio
Quando Madeleine dorme, dice la mamma, le mucche
producono il doppio del latte, e tra le assi del pavimento
spuntano viole del pensiero. Vostro padre mi ama, ma la
mia pancia resta piatta, di pargoli neanche l’ombra. Eccolo,
sento il tonfo delle pere e delle mele che, come pioggia,
cadono dagli alberi.
Spianate il copriletto di vostra sorella. Sistematele i
capelli sul cuscino. Siate silenziosi come santi. E nessuno
desideri che si svegli.
[…]
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madeleine sogna
Quando ordinò una nuova viola da gamba, Monsieur
Marais pretese che sulla paletta dello strumento fosse
riprodotto il volto della figlia più giovane del suo vicino,
Charlotte. E così la ragazza si mise diligentemente in posa
per il mastro liutaio, lì intento a intagliare le sue sembianze
finché Monsieur Marais non fu soddisfatto del risultato e
annunciò che il ritratto era finito.
Con la bella viola stretta tra le gambe, Monsieur Marais
passò l’archetto sulle corde.
È come se fossi tu a cantare, disse alla ragazza. È così che
immagino la tua voce.
Ma non sono io, asserì Charlotte. Quella è solo la mia
faccia. D’ora in poi la chiamerò Griselda.
E così, ogni volta che udiva il gemito della viola,
Charlotte trottava dal vicino per salutare la sua faccia. Ciao,
Griselda!, esclamava, facendo uscire dai gangheri Monsieur
Marais.
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il matrimonio
Non appena Charlotte fu cresimata, Monsieur Marais andò
dal padre per chiedere la mano della ragazza. Nonostante
il padre lo dirottasse, con argomentazioni convincenti,
sulle numerose sorelle maggiori di Charlotte, elogiando
ora la grazia di una, ora l’abilità nel ricamo di un’altra,
ora gli splendidi capelli di un’altra ancora, non ci fu
verso. L’acclamato musicista non avrebbe preso in sposa
nessun’altra all’infuori di Charlotte. E così, alla fine, il padre
dovette cedere, e mestamente, perché Charlotte era la sua
figlia prediletta e aveva sperato di trascorrere la vecchiaia
con lei accanto e ammirarla mentre sbocciava in una
donna.
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consumazione
Il giorno delle nozze, la servitù passava accanto a Charlotte
come se lei fosse un’ombra, un’emanazione spettrale
dello sposo corporeo. Per la cerimonia, a cui furono
presenti soltanto il mastro liutaio e il padre con tutti i suoi
rimpianti, a Charlotte avevano fatto indossare un abito
bianco e leggero. Charlotte era il riflesso, come la luna, della
voluminosa e brillante massa di Monsieur Marais – sete
decorate, broccati, velluti, pizzo rocaille. Mentre girovagava
sola per i corridoi, Charlotte fermò una sguattera e le chiese
come raggiungere la camera degli sposi.
La porta in legno di quercia sibilò come quella di uno
scantinato.
Forza, sbrigatevi! Queste giarrettiere sono
insopportabili!
Attraverso la fessura Charlotte vide una fettina di carne
nuda di Monsieur Marais, attorniato da due domestici che
trattava come pezze da piedi.
Sono io, Charlotte, annunciò la giovane attraverso la
fessura. Che strano le fece sentire il suono del proprio
nome.
Il musicista cacciò un urlo e si coprì con le braccia,
pudico come una ragazzina, cercando di nascondere petto
e inguine. Vattene!, esclamò, come una donna che scaccia le
galline. Vattene immediatamente!
Charlotte chiuse subito la porta e zampettò all’indietro
di qualche passo: pensò che avrebbe dovuto sentirsi
sollevata e invece si rese conto di essere attraversata da uno
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strano senso di delusione. Quando abbassò lo sguardo
s’accorse del buco della serratura. Le faceva l’occhiolino,
giudizioso, come un amico. Charlotte s’inginocchiò e
guardò dentro.
Il buco della serratura era come un telescopio che le
svelava il rigoglioso paesaggio del corpo di Monsieur
Marais. Charlotte spiò le natiche muschiose, l’umido e
scuro burrone che celavano, e i capezzoli che erompevano
dai seni come due rosei cherubini da una nuvola
cumuliforme. I domestici l’avevano spogliato fino a ridurlo
a un esoscheletro di lacci e giarrettiere, ma più erano i
vestiti che si toglieva meno nudo sembrava, come se la
sua carne, liberata dalla soffocante rete di pizzi e corsetto,
potesse finalmente abbracciarlo in tutto il suo splendore.
Si accarezzò la voluttuosa pancia e si piazzò, in un mugolio
di piacere, sull’enorme lettone che gemette d’estasi sotto
cotanto peso.
Inosservato, il lucente occhio marrone di Charlotte,
umido di compassione e desiderio, baluginò nella toppa,
tremolando come una candela.
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il desiderio di charlotte
Segregata nella tenuta di Monsieur Marais, Charlotte
crebbe sola e triste e sempre più dipendente dalla
compagnia di Griselda, la sua faccia. Ogni volta che il
violista si ritirava per il sonnellino pomeridiano, Charlotte
s’intrufolava nelle stanze dove lui si esercitava e, con grande
cautela, prendeva lo strumento e lo adagiava a terra. Poi si
stendeva accanto e faceva scivolare le mani su e giù per la
viola supina, traendo diletto dal contatto con la superficie
liscia e con le sette corde ben tese che vibravano lungo il
manico. Mentre faceva scorrere le dita della mano destra
sulle corde della viola, con la sinistra ripeteva lo stesso
movimento lungo il proprio corpo, su e giù, le unghie
strisciavano dal mento al monte di Venere.
Vorrei anch’io avere le corde, disse a Griselda.
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irsuta
Furono giorni di solitudine quelli in cui Charlotte assistette
silenziosa allo spuntare di caparbi peli neri sul suo corpo. In
un primo momento, solo il cespuglietto di peli pubici si era
dato da fare salendo su per la pancia come un rampicante.
Una mattina, però, Charlotte, mentre leggeva un romanzo
epistolare, appoggiò il mento ispido sul palmo della mano e
si rese conto che Griselda stava esaudendo il suo desiderio
segreto. E prima che facesse notte, una striscia densa e
pelosa si stava già arrampicando su fino al décolleté.
Monsieur Marais, strizzando gli occhi dall’altro capo del
lungo tavolo, era sbigottito.
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incisione
Il musicista sfilò meticolosamente il coltello da scalco dal
punto in cui si era rintanato tra le cosce del tacchino, che
sputacchiò in segno di protesta non appena l’ebbe estratto.
Monsieur Marais si alzò sospirando e avanzò con passo
pesante lungo il tavolo. La stanza parve tremare della grazia
sismica dell’uomo. I succhi del tacchino gocciolavano
dal coltello lasciando sulle mattonelle una scia di grasso
svelto a rapprendersi, come se Monsieur Marais, al pari di
Hansel smarrito nel bosco, avesse potuto averne bisogno
per ritrovare la strada fino al suo posto. Charlotte ansimò
appena. Mio marito mi farà a fettine, disse tra sé e sé. E
s’immaginò due ferite identiche – due fessure a forma di f,
le curve cesellate da cui esce il grido della viola –, incise sul
suo torace, che si arricciavano a partire dalle ossa pelviche
come un sorriso d’intesa. La rete di organi e intestini si
sarebbe rivelata in tutta la sua rosea nudità, come nella
portentosa donna anatomica di cera che aveva visto un
anno prima alla fiera. Le dita di Charlotte cominciarono a
frugare tra i pizzi del suo vestito.
Sentiva l’odore di Monsieur Marais in avvicinamento – il
fermentante profumo di quel grasso esagerato – e si scoprì
la pancia: un risplendere di peli neri e duri come quelli dei
cavalli. Ma quando la ghermì, il marito si limitò ad afferrarle
il mento e lo inclinò verso l’alto, manovrò la testa a destra
e a sinistra e la scrutò con la pazienza di un ritrattista. Poi il
coltello scese raso raso lungo l’esofago e Charlotte assistette
alla caduta dei peli nel suo grembo. Precipitavano in rapidi
e tristi ciuffi come piccioni impallinati dal cielo.
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reliquia
Dopo cena il musicista andò a coricarsi e Charlotte, come
d’abitudine, s’infilò di soppiatto nelle stanze di Griselda.
L’incantevole viola languiva accanto al davanzale, e
Charlotte le si avvicinò quatta quatta da dietro, con le
forbici da sarto argentate scintillanti al chiarore delle stelle.
Appena tagliò la corda più bassa, la viola emise un lamento
di protesta, ma quando recise le restanti, una dopo l’altra,
la vibrazione si fece isterica e stridula. Perdonami, disse
Charlotte in lacrime, avvolgendosi attorno al polso le corde
a mano a mano che le tagliava. Voglio solo un memento.
Si tolse l’abito leggero e lo ridusse in brandelli, che poi
tessé in un filamento sottile e resistente come il filo di una
ragnatela. Si calò, ragnesca, giù per il muro della tenuta,
aggrappata a Griselda puntellata contro la finestra aperta.
Quando sentì il solletico dei cespugli sulle piante dei piedi,
sollevò lo sguardo verso la viola spogliata delle corde e
fuggì nella notte, ispida e nuda come un verme.
[…]
21
confetture
La mamma decide di preparare torte e confetture.
Abbraccia un calderone di ghisa e dice ai bambini di
riempirne la grossa bocca affamata.
Ci sarà burro di mele in abbondanza, e squisite
confetture di pere per i giorni di festa. Tartes aux pommes
per quei vicini che si saranno mostrati come per miracolo
gentili.
[…]
22
principe
Un bell’uomo con un paio di baffetti ispidi si presenta alla
porta. Ad attirarlo lì non sono le confetture. È andato per
Madeleine.
Claude dice: Dorme.
Il bell’uomo risponde: Sono venuto per svegliarla.
Claude chiede: E come pensa di riuscirci?
Le darò un bacio sulle labbra.
Aspetti un minuto.
Claude chiude la porta.
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principessa
Le dita della mamma si aprono e si chiudono quando fa i
calcoli. Mescola ingredienti sufficienti per un centinaio di
crostatine nella vasca dove si fanno il bagno ogni sabato.
Quattro sacchi di farina, strutto sufficiente per un inverno.
E malvolentieri un pugno di sale.
La mamma impasta la faccia. Jean-Luc le gambe.
Beatrice sagoma il torace. E Mimi, la più piccola, modella le
due floride braccia.
Il corpo s’indora con una spalmata di tuorli d’uovo.
Il berretto da notte di lana va per ultimo. È quello di
papà.
D’un tratto alla mamma viene in mente una cosa.
Nasconde le mani sotto il copriletto.
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bacio
È perfetta, dice il bell’uomo. Più di quanto immaginassi.
Si gira verso la mamma e si lancia in un inchino galante:
Permette?
La mamma, gonfia d’orgoglio, dice: Prego.
L’uomo scaccia i fratellini e le sorelline dal letto e si
ravvia i capelli con la grazia e la determinazione di un
maestro. È quasi sopraffatto dal calore e dalla fragranza che
si leva dal corpo di Madeleine e così, sospeso sopra di lei,
si blocca per godersi il momento. Già s’immagina quando
lo racconterà al loro stuolo di bambini seduti davanti al
focolare.
Si abbassa per baciarla. Un bacio schioccante e
appassionato.
Chino su di lei, attende la gioconda risposta: le
docili labbra che soccomberanno e poi, fameliche, si
protenderanno in avanti per altri baci. I suoi baffetti sono
punteggiati di briciole. La confettura, all’ebollizione,
scoreggia nel calderone della mamma. Il bell’uomo è lì
che aspetta, rigido come una statua. Si accorge di avere un
crampo a un fianco.
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regalo
Il bell’uomo è avvilito.
La mamma lo manda a casa con un barattolo di
confettura.
Rifiuta i suoi soldi. È un regalo, insiste.
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sonno agitato
Come ricompensa per il coraggio e l’astuzia, la mamma
porge ai figlioletti squisiti pezzetti del corpo della
principessa. E loro se li mangiano in un sol boccone.
I fratellini e le sorelline, rimpinzati a dovere e tutti
pungenti di briciole, ottengono il permesso di buttarsi
sul letto di Madeleine. Le si rannicchiano addosso e,
accoccolati nelle calde pieghe del suo corpo, sono in un
brodo di giuggiole. Madeleine si agita nel sonno. Sorride.
La mamma la guarda e si domanda: Saranno divertenti i
suoi sogni?
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madeleine sogna
scri
vi
tu
il
sogn
di
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Sarah Shun-lien Bynum
Madeleine dorme
in uscita il 21 settembre 2011
Per informazioni:
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