newsletter 31-2013
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N NE EW WS SL LE ET TT TE ER R3 31 1--2 20 01 13 3 (www.eltamiso.it) ________________________________________________ NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO ALLARME ACQUA: GUERRE PER IL BENE PIÙ PREZIOSO 'In un susseguirsi di momenti apparentemente lenti e di infinita maestosità appare improvvisamente oltre i margini della luna un gioiello luccicante, una delicata sfera azzurra avvolta da vorticanti veli bianchi. Emerge pian piano come una perla da un mare profondo, insondabile e misterioso. Hai bisogno di un po' di tempo per capire che si tratta della Terra', scrisse nel 1971 l'astronauta americano Edgar Mitchell mentre guardava dalla navicella spaziale Apollo 14. La Terra non a caso è chiamata anche 'il pianeta blu'. Il 70% della sua superficie è coperta d'acqua, ma l'acqua potabile pulita vi è distribuita in modo diseguale. Secondo l'UNICEF almeno 768 milioni di persone bevono acqua non pulita. 2,5 milioni di persone non hanno accesso a impianti sanitari puliti ed efficienti e circa 2.000 bambini al giorno muoiono prima dei cinque anni d'età di dissenteria per aver bevuto acqua non potabile o per servizi igienici inadeguati. A livello globale si spendono ogni anno centinaia di miliardi di euro per curare le malattie causate dall'acqua non potabile invece di prevenire e investire nell'accesso a strutture sanitarie adeguate e all'acqua potabile pulita. Nel 2001 l'ONU ha annunciato di voler dimezzare il numero di persone senza accesso continuato a acqua potabile pulita. Nel 2010 le Nazioni Unite hanno fissato il diritto all'acqua pulita e a servizi sanitari come diritto umano. 122 dei 163 paesi rappresentati alle Nazioni Unite hanno votato a favore della dichiarazione ma il diritto all'acqua non è vincolato dal diritto internazionale e quindi non può essere preteso giuridicamente. Una richiesta in tal senso era stata avanzata dalla Bolivia la cui storia recente è caratterizzata proprio da conflitti per l'acqua. La guerra dell'acqua di Cochabamba. Nel 1997 un consorzio di diverse imprese con a capo la multinazionale statunitense Bechtel, si sono aggiudicate i diritti per la fornitura di acqua a Cochabamba, la terza città più grande della Bolivia. Con la gestione privata l'acqua è immediatamente rincarata del 300% e molta gente, tra cui una fetta consistente della popolazione indigena non poteva più permettersi l'acqua potabile. Agli inizi del 2000 oltre 40 organizzazioni si unirono nell'associazione "Coordinamento per la difesa dell'acqua e della vita". Dopo prolungati e massicci scontri tra la popolazione manifestante e la polizia il governo boliviano si vide costretto ad annullare i contratti con il gestore privato. In Bolivia la fornitura dell'acqua è tornata ad essere pubblica. Acqua preziosa in bottiglia. 'Fiji Water' è il principale prodotto d'esportazione dello stato insulare delle Fiji. L'acqua viene pubblicizzata come 'incontaminata e particolarmente sana' e in virtù delle sue proprietà in Italia costa - in offerta - 5 euro al litro. Pochi consumatori però sanno che dal 2006 le Fiji sono governate da una dittatura militare che fa rapire, incarcerare e torturare gli oppositori. noltre a Fiji solo il 47% della popolazione ha accesso all'acqua potabile pulita. Gli abitanti dei paesi che importano 'Fiji Water' hanno maggiore accesso all'acqua delle Fiji degli stessi Fijani. I proprietari del marchio "Fiji Water" invece stanno negli Stati Uniti. L'imbottigliamento di acqua potabile crea grandi problemi anche in Pakistan dove la multinazionale svizzera Nestlé produce 'Pure Life', il marchio più venduto dell'azienda. Il documentario vincitore di diversi premi 'Bottled Life' (2012), del giornalista di Zurigo Res Gehriger, mostra la situazione delle persone che vivono nelle vicinanze della fabbrica in cui l'acqua viene imbottigliata. Da quando la Nestlé ha iniziato la sua attività, il livello dell'acqua sotterranea è sceso in modo drastico. I pozzi d'acqua che servivano la popolazione ormai forniscono solo una specie di brodaglia scura e neanche gli operai della fabbrica di imbottigliamento possono permettersi 'Pure Life'. Maude Barlow, ex-consigliera delle Nazioni Unite per le questioni legate all'acqua, non usa mezze parole: Nestlé ruba le riserve d'acqua delle persone e le priva delle necessarie basi vitali. Secondo il presidente della Nestlé Peter Brabeck, l'idea che l'acqua debba essere un diritto è un'idea estrema. L'acqua, dice Brabeck, è piuttosto un bene alimentare che come tale dovrebbe avere un suo prezzo di mercato. *La battaglia europea contro la privatizzazione dell'acqua potabile* I conflitti per l'acqua non divampano solo in America Latina o in Asia. Il dibattito si è fatto acceso anche a casa nostra. Agli inizi del 2013 la Commissione Europea per la Concorrenza discuteva delle linee guida per la liberalizzazione della fornitura di acqua secondo cui i comuni potevano cedere la fornitura dell'acqua a imprese private. L'iniziativa popolare europea "Right2Water" (Diritto all'acqua) ha raccolto più di 1,5 milioni di firme per bloccare il progetto di privatizzazione, tanto che a fine giugno 2013 la Commissione Europea si è vista costretta a dichiarare che non vi sarà alcuna privatizzazione dell'acqua potabile nell'Unione Europea. La Commissione ha poi aggiunto che si era trattato di un malinteso poiché non vi era stata alcuna intenzione di delegare a imprese private la fornitura dell'acqua. La forte pressione esercitata dalla cittadinanza europea è riuscita quindi ad affossare l'idea secondo cui l'acqua è una semplice merce che può essere messa sul mercato e ha invece riaffermato il principio per cui l'acqua è piuttosto una risorsa a cui tutte le persone hanno diritto. La vittoria del movimento civico europeo non è però facilmente esportabile. E' poco probabile che la popolazione delle Fiji possa esercitare la stessa pressione e protesta sul proprio governo dittatoriale. Un cambiamento delle politiche del governo fijano e di governi affini nel senso di maggiori investimenti nelle strutture pubbliche difficilmente avverrà senza forti pressioni dall'estero. Il 97% dell'acqua terrestre è acqua salata degli oceani. Solo il restante tre per cento è acqua dolce. Questa per il 70% si trova sotto forma di ghiaccio ai poli, nei ghiacciai montani e nel permafrost. L'acqua potabile è un bene prezioso e distribuito in modo diseguale sulla terra. Secondo Martin Geiger del WWF Germania lo spreco, la cattiva gestione e i sistemi di irrigazione inefficienti consumano troppo e contribuiscono a una progressiva scarsità di acqua. Inoltre, sostiene Geiger, le temperature più alte dovute al riscaldamento globale fanno sì che una maggiore quantità di acqua evapori prima di essere utilizzata. (dal Bollettino Bio di Greenplanet - luglio 2013) LE STALLE D'ITALIA Bisogna ripulire l'Italia come fece Ercole con le stalle di Augia, enormi depositi di letame spazzati via da due fiumi deviati dall'eroe. E' una fatica immane, ma per salvarsi, o almeno limitare i danni, bisogna risanare il Paese, vanno sradicati inciuci, connivenze, diritti acquisiti, rendite di posizione, burocrazia. In quasi tre anni i tagli della spesa hanno prodotto il nulla, meno di zero, sia con Monti che con Letta. E' normale che sia così. Dal 2011 siamo governati dal Partito Unico, PDL e PDMENOELLE, che vive di spesa pubblica, di favori, di lobby, di grandi opere inutili come l'EXPO e la TAV in Val di Susa, del consenso di blocchi sociali indifferenti alla distruzione dello Stato. Non può suicidarsi. Parole al vento, dette e ridette. Gli sprechi sono ovunque intorno a noi, ma non c'è alcuna volontà politica di eliminarli. Questo è ormai chiaro a tutti. La spending review è stato solo un pessimo slogan mai applicato. Da mesi il governo di Capitan Findus Letta si trastulla con un punto di IVA e il rinvio dell'IMU, con l'unica decisione di rimandare le decisioni mentre l'economia tracolla. Un governo inesistente composto da figure di seconda e terza fila, senza nessun peso internazionale. L'Italia è come una scimmia ipnotizzata da un pitone: ferma, immobile, paralizzata. La mancanza di una reazione qualunque di fronte alla protervia della politica sconfina nel mistero. Sembra che un intero popolo sia in attesa di qualcosa che verrà, che percepisce, ma non ha ancora messo a fuoco. Allo "Status Quo", nuovo idolo sacro di questa democrazia malata e delle sue istituzioni, si sacrificano alla luce del sole, senza vergogna alcuna, valori etici e morali. Niente deve cambiare pena la catastrofe. Si tollera che un condannato in secondo grado per evasione fiscale si presenti in Senato sorridente e irridente a capo di un partito, che una madre e la sua bambina vengano prelevate da uno Stato straniero nella loro casa, si tollera un Parlamento di servi nominati da quattro segretari grazie a una legge elettorale feudale, si ignora la continua violazione della Costituzione. Disposti a tutto per sopravvivere, ma essersi venduti l'anima non basterà. Il lezzo delle stalle è ormai insopportabile. (dal Blog di Beppe Grillo - luglio 2013) EUROPA: MONSANTO BATTE IN RITIRATA 22 luglio 2013: L'azienda statunitense ha annunciato il ritiro di tutte le richieste di autorizzazione depositate presso la Commissione europea per coltivare mais, soia e barbabietole geneticamente modificati: «I cittadini europei si sono fatti sentire, influendo sulle scelte dei Mercati. Perché i cittadini, non "consumano", mangiano. E quando mangiano vogliono sentire che nel cibo ci sono territori, culture, salute, bellezza, futuro, giustizia e gusti. Non vogliono lo stesso tipo di mais in Spagna, in Italia e in Francia». Quante Europe ci sono? Più d'una, sicuramente. E bisogna stare attenti a non generalizzare, e a non lasciarsi demoralizzare quando qualcosa non prende la piega desiderata, perché qualcuna di quelle Europe funziona, e anche benino, sicché è lecito coltivare qualche speranza sul fatto che possano, le Europe che funzionano, contagiare un po' le altre. Questa volta ha funzionato l'Europa dei Cittadini. Sono già 8 gli Stati Membri che hanno scelto la clausola di salvaguardia (a proposito: che aspettiamo noi italiani?) e in questa situazione la Monsanto ha deciso che non vale la pena insistere, anche perché più insiste e più il titolo in borsa perde colpi. Non ci dobbiamo dispiacere se le motivazioni di una grande azienda multinazionale sono eminentemente economiche. Non dobbiamo pretendere che la Monsanto diventi sensibile alla tutela della biodiversità o alla protezione della salute pubblica. La Monsanto non è contraria alla biodiversità né è avversa alla salute pubblica. La Monsanto ha un obiettivo: fare soldi. Per questo si dedica agli OGM. Non per prese di posizione di carattere ambientalista o filosofico. E per la stessa ragione rinuncia agli OGM se i soldi non arrivano. E' semplice. E ci dice quanto potere – ovvero quanta responsabilità - sta nelle mani di chi acquista - o non acquista - i prodotti delle multinazionali. Sicché qui stiamo: la Monsanto rinuncia alle richieste di autorizzazione su nuovi prodotti OGM. Ne aveva parecchie in attesa, ma si è stufata. Questa è una vittoria di tutte quelle associazioni che da anni insistono nel fare comunicazione presso i consumatori e presso i decisori politici, chiedendo che vinca la cautela, il buon senso, la tutela della biodiversità, la difesa della sovranità alimentare (che è sovranità nel mangiare e nel coltivare) dei popoli. Sulla scorta delle considerazioni di cui sopra non ha ritirato – visto che da quella fonte i soldi continuano ad arrivare - la richiesta di rinnovo dell'autorizzazione sul MON 810, un tipo di mais. Questo non è un dettaglio. Sia perché stiamo parlando del mais OGM più coltivato nel nostro continente, sia perché questo elemento mette a nudo la presenza di una di quelle Europe invece funzionano meno. L'autorizzazione al MON 810 in Europa è del 1998. 15 anni fa. Mentre è di pochi giorni fa un Decreto interministeriale che nel nostro Paese vieta la coltivazione proprio di quel mais, che, secondo le più recenti evidenze scientifiche, si presenta come un rischio per l'agrobiodiversità. Adesso sarà interessante vedere se quell'Europa rinnoverà l'autorizzazione sul MON 810. Perché il divieto che il nostro Paese ha imposto si basa anche sulle valutazioni dell'Efsa. E l'Efsa è una agenzia europea che si occupa di sicurezza alimentare. Sicché se l'Unione Europea decidesse di rinnovare l'autorizzazione al MON 810 dovrebbe farlo grazie a una qualche straordinaria acrobazia logica che le consentisse di dire di sì in considerazione delle stesse valutazioni sulla base delle quali gli Stati stanno dicendo di no. Staremo a vedere. Ma, ripeto, se l'Europa dei Cittadini e degli Stati membri è già riuscita a contaminare un po' l'Europa dei Mercati, forse qualcosa di buono ne potrebbe uscire. Perché se è vero che fino ad oggi l'Unione dei Mercati non ha mai osato mettersi di traverso sulla questione degli OGM, è anche vero, che quei mercati d'altro non son fatti che da cittadini. I quali non “consumano”, ma mangiano. E quando mangiano vogliono sentire che nel cibo ci sono territori, culture, salute, bellezza, futuro, giustizia e gusti: non vogliono lo stesso tipo di mais in Spagna, in Italia e in Francia. Quella roba lì, la lasciano ai “consumatori”: che infatti con le loro scelte alimentari consumano, senza ricostituirli, territori, culture, salute, bellezza, futuro, giustizia e gusto. I cittadini sanno che se anche gli OGM non fossero una minaccia (ma purtroppo lo sono) per la biodiversità, per l'ambiente e per la libertà, resterebbe il fatto che gli OGM sono un cibo senza storia, senza racconto, senza identità, senza contenuto. Senza senso. E se al cibo togliamo il senso, il sentimento, finiremo per perderlo anche noi. di Carlo Pertrini da La Repubblica del 19 luglio (da Slow Food - luglio 2013) SICUREZZA ALIMENTARE: IL CIBO ITALIANO E' IL MENO CONTAMINATO DEL MONDO, MA ATTENZIONE AI PRODOTTI LOW COST Il cibo italiano è il meno contaminato del mondo. L'Italia ha conquistato il primato europeo e mondiale sulla sicurezza alimentare. Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha presentato alla stampa, nella mattinata di giovedì 18 luglio, i risultati dei controlli effettuati in Italia a tutela della salute pubblica nel settore degli alimenti, dei fitofarmaci e della sanità animale. L'incontro ha previsto che venisse illustrato il piano internazionale integrato dei controlli 2012 relativo a alimenti, mangimi, sanità e benessere animale, sanità delle piante e attività a carattere trasversale. E' stata inoltre inclusa nell'incontro la presentazione del piano nazionale di controllo ufficiale sulla presenza di organismi geneticamente modificati (OGM) negli alimenti, con i risultati relativi all'anno 2012. Infine, è stato illustrato il rapporto sui risultati del controllo ufficiale in Italia dei residui di prodotti fitosanitari (pesticidi) negli alimenti. In Italia è stato registrato il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,4 per cento). I residui - secondo quanto comunicato dalla Coldiretti - sono risultati di quasi 4 volte inferiori rispetto a quelli della media europea, per la quale è stato registrato l'1,5 per cento di irregolarità. I residui chimici nei prodotti alimentari italiani sono inoltre risultati inferiori di ben 20 volte rispetto a quanto registrato per gli alimenti di provenienza extra-UE, che hanno presentato il 7,9 per cento di irregolarità. I dati riguardano la sicurezza degli alimenti dai campi alla tavola. La Coldiretti indica nella crisi, che ha favorito l'acquisto di prodotti low-cost, uno dei fattori che può concorrere ad incrementare i rischi di contraffazioni e di frodi alimentari. I prodotti lowcost, se provenienti da Paesi extra-europei, potrebbero contenere maggiori residui di pesticidi ed essere legati ad un rischio più alto di contaminazione e di contraffazione. La Coldiretti difende il Made In Italy, ed elogia le forze dell'ordine per il loro impegno nel denunciare e fermare i tentativi di frode. Nel primo trimestre del 2013 le vendite di alimenti si sono incrementate soltanto presso i discount, dove i consumatori possono trovare un'offerta a basso costo. Dietro gli alimenti low-cost, come sottolineato dalla Coldiretti, potrebbero nascondersi ingredienti di bassa qualità e metodi di produzione alternativi, oltre a ricette modificate. La maggior parte degli allarmi alimentari (80 per cento) sono stati provocati da prodotti a basso costo provenienti da Paesi fuori dall'Unione Europea, con Cina, India e Turchia ai primi posti. Alla conferenza stampa hanno preso parte, oltre al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il Comandante dei NAS Cosimo Piccinno, il Dr. Romano Marabelli, Capo Dipartimento della Sanità Pubblica Veterinaria della Sicurezza Alimentare e degli organi collegiali per la tutela della salute, il Dr. Silvio Borrello, Direttore Generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute. (da Greenme.it - luglio 2013) GEMELLI…DI ORTO! Se qualcuno, qualche anno fa, avesse chiesto ai bambini della scuola per l'infanzia La Gabbianella di Moncalieri (prima periferia di Torino) quale significato avesse per loro la parola Africa, avrebbero risposto senza dubbi leoni, capanne, bambini dalla pelle scura. Oggi invece la loro risposta è cambiata. Quando parlano di Africa pensano agli orti, a persone amiche, ai bambini del Mali... E questo grazie al lavoro che La Gabbianella ha fatto insieme a Slow Food negli ultimi anni, prima con l'Orto in Condotta, poi con i Mille orti in Africa. La storia ha radici lontane. Tutto inizia nel 2002 quando le insegnanti iniziano a coltivare un orto scolastico insieme ai bambini; l'idea piace ai più piccini ma anche ai grandi e un mattino, leggendo un giornale, si scopre che è la stessa avuta da Slow Food con l'orto in Condotta (il progetto che porta avanti nelle scuole di tutta Italia per sensibilizzare i bambini sulla biodiversità, la stagionalità del cibo, la corretta alimentazione...). «Da ormai tre anni coltivavamo un orto all'interno del nostro istituto» racconta Rita Tieppo, l'insegnante referente dell'orto «quando abbiamo letto sul giornale un articolo di Carlo Petrini, in cui raccontava quanto sarebbe stato bello se ogni scuola avesse un orto. Nella mia testa, ho pensato: Ehi! Ma noi un orto lo coltiviamo già! E così abbiamo immediatamente contattato Slow Food ed è nato il percorso comune. I bambini coinvolti sono circa 70. Fanno l'orto, partecipano a laboratori di cucina, imparano a prendersi cura di ciò che mangiamo. Sì, perché siamo riusciti a ottenere che le nostre verdure crude fossero consumate in mensa. E allora si sono scatenati la competizione, l'orgoglio di nutrirsi di ciò che si è fatto crescere con tanto impegno, la passione dei bambini per la verdura che prima facevano così fatica a mangiare. Hanno capito che l'insalata può essere bianca, verde, rossa, amara, dolce, ...insomma diversa per forma, colore e gusto. Un "nonno ortolano" ci ha aiutato durante la stagione della raccolta e in estate, quando tutti sono in vacanza». «Da subito abbiamo apprezzato la concretezza del progetto, l'importanza di creare una comunità dell'apprendimento, in cui tutti imparano e condividono le esperienze, allargando sempre più le maglie della rete. Addirittura fino in Africa! Fin dalla nascita del progetto abbiamo sostenuto dei progetti di solidarietà. Prima Haiti, poi l'Abruzzo; infine, sono arrivati spontanei il sostegno e l'adesione al progetto dei Mille orti in Africa. Ci siamo impegnati, abbiamo raccolto la cifra necessaria per sostenere un orto e siamo stati gemellati con una scuola del Mali. Siamo entrati in contatto con un mondo lontano e spesso nascosto da false conoscenze, abbattendo barriere e stereotipi. E grazie a questo progetto i bambini hanno scoperto che i pochi leoni rimasti in Africa vivono nei parchi, che la scuola con cui siamo gemellati è fatta di mattoni - esattamente come la nostra - e che i bambini del Mali vanno a scuola come loro, solo che non usano la macchina e a volte devono camminare anche un'ora per arrivarci». «Con l'ultimo raccolto dell'anno abbiamo deciso di allestire un mercatino della solidarietà che ci ha permesso di raccogliere la cifra per sostenere un orto. E quest'anno abbiamo replicato. Il gemellaggio è stata un'esperienza fantastica e l'incontro con Ahmed Camara, il responsabile del progetto Mille orti in Mali, è stato indimenticabile, sia per i bambini sia per gli insegnanti. È venuto a trovarci lo scorso ottobre durante Terra Madre. Subito i ragazzi erano un po' intimoriti ma è bastato poco perché si venisse a creare una grande complicità... A turno i bimbi si sono affidati alle sue mani esperte per staccare con precisione le pannocchie che poi avrebbero fatto seccare e trasformato in pop-corn. E mentre si lavorava insieme, quella differenza di colore che all'inizio aveva intimorito qualche bambino è sparita completamente. A fine giornata, i bambini hanno sommerso Ahmed di disegni da portare ai ragazzi della scuola gemellata, i "gemelli di orto"». Si potrebbe continuare ancora a lungo elencando tutte le bellissime idee e i progetti che ogni anno questa scuola mette in pratica senza mai stancarsi, anzi, Rita ci ha confessato di avere persino alcune idee in serbo per il futuro (come lavorare con i cuochi dell'Alleanza)...che dire, facciamo il tifo per voi!! (da Fondazione Slow Food per la Biodiversità ONLUS - luglio 2013) IL CRICETO IMPOSSIBILE La New Economics Foundation (NEF) di Londra vanta un’ottima capacità di comunicare, e sa toccare tematiche delicate e complesse senza renderle argomenti per pochi accademici. Questa caratteristica le ha permesso di trattare il tabù della decrescita, anche istituendo un club chiamato “Il criceto impossibile” (www.impossiblehamster.org), presentato da un efficacissimo cartone animato che, in un video di un solo minuto di durata, spiega l’assurdità del concetto di crescita economica illimitata. Perché un criceto impossibile? Perché, come spiegato nel video, questo piccolo roditore dalla nascita all’età adulta raddoppia di peso e di dimensioni ogni settimana. Se però, una volta appunto raggiunta l’età adulta, non si dovesse fermare nel suo raddoppio settimanale, al suo primo compleanno raggiungerebbe un peso di circa nove miliardi di tonnellate, diventando un mostro capace di divorare in un solo giorno la produzione mondiale di mais di un intero anno. C’è una ragione per cui in natura si cresce in dimensioni solo fino ad un certo punto. Quindi perché, si chiede il narratore del video, economisti e politici pensano che l’economia possa crescere in eterno? Forse perché è da due secoli che ci ripetono la stessa cosa, ossia che bisogna costantemente crescere in dimensioni e in quantità (ancor più che in effettivo benessere), e che stiamo bene solo se merci e denaro circolano sempre più spasmodicamente sul globo, facendo di tutto per convincere le collettività che questo sia l’unico metodo per migliorare le nostre condizioni di vita. Ma è davvero così? Non proprio. L’inerzia di coloro che si riempiono la bocca delle parole “sviluppo”, “progresso” o “innovazione” senza avere più idea di cosa siano, però, è difficile da combattere. Un nuovo paradigma culturale non solo è auspicabile da un giorno all’altro, ma è naturalmente guardato con scetticismo, soprattutto se le èlite dominanti sono le stesse da numerosi decenni. La storia ci insegna però che è soltanto una questione di tempo. Una verità, infatti, se davvero tale (come l’impossibilità di una crescita infinita in un ambiente finito) si afferma da sé. Lo diceva anche Arthur Schopenhauer: «Ogni verità passa attraverso tre fasi: all’inizio è ridicolizzata, poi è violentemente contrastata, infine la si accetta come evidente». (da Greenme.it - luglio 2013) I SOLDI PER GLI ESODATI NON SI TROVANO. 70 MILIONI AL GIORNO PER ARMI ED ESERCITO SÌ - L’ITALIA SALE TRA I «10 GRANDI» DELLA SPESA MILITARE Macché crisi! Nel 2012 l’Italia è salita al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, rispetto all’undicesimo nel 2011. Lo documenta il SIPRI, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, che ha pubblicato ieri gli ultimi dati sulla spesa militare mondiale. Quella italiana ammonta su base annua a circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro. Il che equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero, mentre mancano i fondi anche per pagare la cassa integrazione. L’ITALIA ha speso $ 35.719.000.000 pari a € 27.087.000.000 nell’anno 2012: 74 milioni di euro al giorno USA e NATO sempre in testa A fare da locomotiva della spesa militare mondiale, salita nel 2012 a 1753 miliardi di dollari, sono ancora gli Stati uniti, con 682 miliardi, equivalenti a circa il 40% del totale mondiale. Compresi gli alleati, la spesa militare NATO ammonta a oltre 1000 miliardi annui, equivalenti al 57% del totale mondiale. Tra i «G-10» – Usa, Cina, Russia, Gran Bretagna, Giappone, Francia, Arabia Saudita, India, Germania, Italia – la cui spesa militare equivale ai tre quarti di quella mondiale, gli Stati uniti spendono più degli altri nove messi insieme. Nella presentazione del budget del Pentagono si ribadisce che gli Usa posseggono «le forze armate meglio addestrate, meglio dirette e meglio equipaggiate che siano mai state costruite nella storia» e che sono decisi a mantenere tale primato. Obiettivo del Pentagono è rendere le forze Usa più agili, più flessibili e pronte ad essere dispiegate ancora più rapidamente. La riduzione delle forze terrestri si inquadra nella nuova strategia, testata con la guerra di Libia: usare la schiacciante superiorità aerea e navale Usa e far assumere il peso maggiore agli alleati. Ma non per questo le guerre costano meno: i fondi necessari vengono autorizzati dal Congresso di volta in volta, aggiungendoli al bilancio del Pentagono. L’annunciato taglio del budget militare Usa di 45 miliardi annui nel prossimo decennio è quindi tutto da vedere. Va inoltre considerato che, oltre al budget del Pentagono, vi sono nella spesa federale altre voci di carattere militare – tra cui 140 miliardi annui per i militari a riposo, 53 per il «programma nazionale di intelligence», 60 per la «sicurezza della patria» – che portano la spesa reale Usa a oltre 900 miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale. La rincorsa degli altri La strategia Usa punta ad accrescere la spesa militare degli alleati, sia interni che esterni alla Nato, anche perché è l’industria bellica statunitense a fornire loro la maggior parte degli armamenti. I risultati non mancano: la spesa militare dell’Europa orientale è aumentata nel 2012 di oltre il 15% rispetto all’anno precedente. La Polonia aggiungerà al budget militare, in dieci anni, 33,6 miliardi di euro per potenziare le forze armate realizzando (con tecnologie importate dagli Usa) un proprio «scudo missilistico» nel quadro di quello Usa/Nato. In forte aumento anche la spesa militare degli alleati mediorientali, cresciuta in un anno di oltre l’8%: in testa l’Oman con il 51% di aumento e l’Arabia saudita con il 12%. In forte crescita anche quella del Nordafrica, aumentata del 7,8%. In America latina, è in testa il Paraguay con un aumento annuo del 51%, mentre la spesa militare del Messico è cresciuta di circa il 10%. Nelle stime del Sipri, la Cina resta al secondo posto mondiale, con una spesa stimata nel 2012 in 166 miliardi di dollari, equivalenti al 9,5% di quella mondiale. Ma il suo ritmo di crescita (175% nel 2003-2012) è maggiore rispetto a quello degli altri paesi. Tale accelerazione è dovuta fondamentalmente al fatto che gli Usa stanno attuando una politica di «contenimento» della Cina, spostando sempre più il centro focale della loro strategia nella regione Asia/Pacifico. In rapido aumento anche la spesa della Russia, che con 90 miliardi di dollari si piazza al terzo posto mondiale. Il coro di quanti hanno accolto i dati del Sipri inneggiando ai «tagli» della spesa militare statunitense e al «crollo» di quella italiana è un grottesco tentativo di nascondere la realtà: il fatto che si gettano nel pozzo senza fondo della spesa militare enormi risorse che, invece di essere usate per risolvere i problemi vitali, servono a preparare nuove guerre aggravando la condizione di povertà in cui è relegata metà della popolazione mondiale. (Manlio Dinucci su Stampa Libera – maggio/luglio 2013) LA FRANCIA: PROTEGGERSI DALL'AGRICOLTURA AMERICANA Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno dato il via alle negoziazioni che mirano a creare una delle più grandi zone di libero scambio del mondo. Nuove frizioni potrebbero nascere poi sull'agricoltura e gli organismi geneticamente modificati (OGM), coltivati su larga scala negli Stati Uniti e strettamente regolati nell'Unione Europea. Gli europei dal canto loro, vorrebbero vedere una maggiore apertura dei mercati pubblici negli Stati Uniti. Il Ministro francese dell'Agricoltura, Stephane Le Foll, ha dichiarato che si sarebbe assicurato che una certa concezione dell'agricoltura europea venga protetta durante le negoziazioni che aspirano a creare una zona di libero scambio tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti. 'Si è parlato molto dell'eccezione culturale e ci si è dimenticati di precisare che erano stati fissati dei paletti nel mandato di negoziazione affidato alla Commissione europea su tre grandi temi': il primo riguarda 'la questione della concezione dell'agricoltura' che si basa in particolare sulle 'indicazioni geografiche protette', ha dichiarato il ministro all'Assemblea nazionale, rispondendo a una domanda di un deputato ecologista del dipartimento del Morbihan, Paul Molac. 'È un'idea di agricoltura che non è quella degli Stati Uniti, e che bisogna proteggere', ha insistito. 'Secondo punto: vi sono produzioni sensibili in Europa, in particolare la carne bovina' e 'dobbiamo proteggere questa filiera sensibile' economicamente, ha aggiunto il ministro socialista. Infine, 'riguardo alle norme, sarebbe paradossale e inaccettabile che l'Europa fissi delle norme per gli agricoltori europei, che siano in ambito sanitario, del benessere animale o ambientale, e che nel quadro del libero scambio, si possano accettare prodotti che non le rispettano'. 'Da adesso e per gli anni a venire (…) sarà opportuno vigilare sulle tre direttrici che ho appena indicato', ha sottolineato di nuovo il ministro. (dal Bollettino Bio di Greenplanet - luglio 2013) IL GLORIOSO RIMPATRIO, ORA UN È TREKKING Partirono poco meno di 1.000 ed arrivarono in 300, dopo 16 giorni di cammino e scontri. E’ il Glorioso rimpatrio, una storia poco conosciuta del 1689 che ha come protagonisti una comunità religiosa di esiliati, i valdesi, che da Ginevra decidono di ritornare nelle loro vallate, inseguiti dall’esercito del Re Sole e da quello sabaudo del duca Vittorio Amedeo II. Percorsero oltre 250 km a piedi, passando a fianco delle pendici del Monte Bianco (all’epoca chiamato Montagna Maledetta), salendo oltre i 2.000 m di altitudine per arrivare in Val Germanasca e Pellice (a Bobbio e Torre in particolare) da dove erano stati esiliati 3 anni prima: oggi quel percorso è diventato un trekking di montagna, suddiviso in 20 tappe per oltre 300 km complessivi. Nessun passaggio alpinistico, ma alcune tappe impegnative per dislivello e lunghezza, da affrontare solo nei mesi di luglio e agosto (ed inizio settembre). Lungo il percorso non si troveranno castelli, fortificazioni o luoghi di devozione, salvo un semplice cippo che ricorda il giuramento finale del manipolo di protestanti che tornavano alle loro terre (in realtà dovettero combattere ancora per 3 anni, finché il Duca sabaudo non cambiò alleanza schierandosi contro la Francia e li lasciò relativamente tranquilli), ma il tipico paesaggio di alta montagna, vallate poco abitate, alcuni laghi, per arrivare in Val Pellice, aspra e scoscesa, chiusa verso le valli occitane da cime che oltrepassano i 3.500 m. Torre Pellice è ancor oggi la capitale valdese, forse il principale comune protestante italiano, il luogo dove ogni anno si svolge il Sinodo, l’assemblea rappresentativa e decisionale, elettiva, composta per metà da pastori e metà da laici, uomini e donne. Nella cittadina ci sono musei, biblioteca, tempio e foresteria; per chi scrive è soprattutto il luogo della memoria di molti fine settimana negli anni ’80 passati in compagnia dei nonni materni, villeggiatura estiva trascorsa nella totale inconsapevolezza di sfiorare un pezzo di storia, seppur minore. Perché ai più è sconosciuta questa vicenda di persecuzione religiosa (e voglia di indipendenza e democrazia) che si inserisce nel panorama delle complicate alleanze e guerre del seicento europeo post riforma luterana. I valdesi in realtà sono un movimento spirituale di metà del 1100 nato a Lione, per molti versi simili ai francescani, evangelici e pauperisti, che a differenza dei seguaci di Francesco, finirono per essere giudicati eretici. Clandestini per 4 secoli, aderirono alla riforma protestante. Editti, contro editti, autorizzazioni al culto e successivi dinieghi da parte dei sovrani europei e dei piccoli signorotti piemontesi, ispirati più che altro da ragioni di realpolitik (tanto care alla monarchia sabauda fino all’ultimo Re d’Italia), culminarono nelle Pasque piemontesi del 1686 quando il Duca di turno, Vittorio Amedeo II, per compiacere e siglare l’alleanza con il Re Sole, decise di vietare loro il culto e scatenare la repressione nelle valli: oltre 2.000 morti, circa 8.500 internati e quasi 3.000 valdesi “invitati” a espatriare nella calvinista Ginevra. E’ fu appunto dalle sponde del lago svizzero che solo 3 anni dopo un gruppo decise di ritornare nelle proprie valli. A compiere oggi questo trekking nella memoria storica ci aiuta non tanto la segnaletica (ancora molto scarsa) ma un bel libretto edito da Terredimezzo, “Il Glorioso rimpatrio”, scritto da Riccardo Carnovalini che descrive il percorso da lui compiuto in 20 giorni, alternando gli scritti dei fuggitivi e i fatti storici a quanto incontrato nel 2006 in queste valli alpine (oltre a cartine, descrizioni altimetriche, indicazioni di rifugi e bivacchi, tappa per tappa). Se non avrete l’occasione del cammino, che è riservato a chi è ben allenato (chi scrive ha compiuto l’equivalente di sole tre tappe, una miseria), la lettura del libro consente però di scoprire una storia di libertà. Per non dimenticare che un “gran numero di persone nel corso della storia, e fino ai giorni nostri, ha dovuto fuggire dalla propria terra d’origine a causa di violenze politiche e persecuzioni senza avere alcuna certezza del ritorno, a causa di intolleranza, xenofobia, mancanza di libertà”. PS: cercando in Internet una immagine per illustrare questo post, ho scoperto un bel sito dedicato al percorso del Rimpatrio, realizzato nel 2011. Si concentra sulle 6 tappe italiane: ottimo tracciamento cartografico, gallerie fotografiche, descrizioni dettagliate, molti link e una chicca particolare: il diario racconto di un gruppo di studenti del Liceo Valdese di Torre che, con il loro professore, nell’estate 2009 hanno ripercorso l’intero Glorioso Rimpatrio; un progetto scolastico di storia locale culminato nel cammino. (Andrea Nicolello su Ecopolis Newsletter – luglio 2013) API: SALVIAMOLE CON UN FIORE. ECCO QUALI PIANTARE Non solo scegliere prodotti biologici. Per aiutare le api basta piantare i fiori giusti. Per questo Greenpeace ha reso nota una lista delle piante più adatte che permettono a questi piccoli insetti di trovare rifugio e cibo col polline. L'associazione ha invitato tutti a creare delle “aree Salva-Api” dove esse insieme ad altri insetti impollinatori possano trovare rifugio e polline per nutrirsi. Seminando i cosiddetti fiori amici delle api nel giardino, nell’orto, sul balcone o in un parco, senza usare pesticidi chimici, si dà una grande mano d'aiuto agli insetti, messi a rischio dai pesticidi. Ce n'è per tutti i gusti. Alcuni probabilmente hanno già trovato posto nel nostro giardino o nel nostro balcone. Ecco quali sono le piante e i fiori più apprezzati dalle api: Facelia, Calendula, Veccia, Lupinella, Trifoglio incarnato, Trifoglio alessandrino, Trifoglio resupinato, Erba medica, Coriandolo, Cumino, Finocchio annuale, Pastinaca, Aneto, Borragine, Rosmarino, Timo, Lavanda, Sulla, Girasole, Malva, Tagete, Grano saraceno, Meliloto officinale. Qui l'infografica di Greenpeace con le immagini delle piante più amate dalle api. “Scegli semi biologici e di varietà differenti. In commercio esistono diverse selezioni con relative indicazioni per la semina, un gesto concreto che non solo aiuta le api, ma migliorerà anche la salute e la fertilità del terreno” consiglia l'associazione impegnata con varie iniziative nella salvaguardia di queste piccole e preziose creature. Secondo Greenpeace, per creare l'ambiente adatto alla loro esistenza occorre anche favorire la presenza di siepi, piante e fiori selvatici, e permettere una naturale continuità tra habitat diversi. Ma ovviamente la prima cosa è il divieto dei pesticidi killer. Anche perché dalla loro salute dipende anche la nostra vita. Infatti, sia le api domestiche che quelle selvatiche rivestono un ruolo fondamentale per la produzione di cibo. Senza gli insetti impollinatori, molti esseri umani e animali avrebbero difficoltà a trovare il cibo di cui hanno bisogno per la loro alimentazione e sopravvivenza. Fino al 35% della produzione di cibo a livello globale dipende dal servizio di impollinazione naturale offerto da tali insetti. E delle 100 colture da cui dipende il 90% della produzione mondiale di cibo, 71 sono legate al lavoro di impollinazione delle api. Solo in Europa, ben 4000 diverse colture crescono grazie alle api. Per questo, teme Greenpeace, se gli insetti impollinatori continueranno a diminuire, come sta già accadendo, molti alimenti potrebbero non arrivare più sulle nostre tavole. E un semplice fiore piantato sul nostro balcone può, nel suo piccolo, contribuire a salvare la loro vita. (da Greenme.it - luglio 2013) ….pochi articoli di complemento…fa’ troppo caldo….. Il disastro a pochi passi dalle nostre coste da Avaaz.it – luglio 2013 l’Italia ha pagato 3.100 miliardi di interessi in 3 decenni (198% del PIL) da Scenari Economici – luglio 2013 5 buone ragioni per mangiare cibi crudi da Greenme.it – luglio 2013 Buone vacanze a chi è al mare…. (Isola Rossa in Sardegna) a chi è in montagna…. (Seefeld – Tirolo austriaco) e a chi se ne sta a casa in città….