LO SPIRITO DI CORPO, I RICORDI SONO SANGUE

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LO SPIRITO DI CORPO, I RICORDI SONO SANGUE
LO SPIRITO DI CORPO - I RICORDI SONO SANGUE
Dopo quasi venticinque anni di servizio continuativo di carriera militare nel Corpo
militare della Croce Rossa Italiana, sono ormai molti i ricordi, sia belli che tragici,
che si sono mano a mano accumulati nel tempo.
Ricordo ancora con emozione quando, tanti anni fa, mi arruolai nel Corpo Militare.
Me ne aveva parlato distrattamente, durante una cena, un mio amico infermiere, ma
tanto fu il mio entusiasmo, che di lì a poco, decisi anche io, di far parte di questo
glorioso ed antico Corpo.
Di quella scelta, che feci allora, non me ne sono mai pentito. All’epoca avrei potuto
scegliere strade più sicure, comode, ma sopratutto economicamente più vantaggiose.
Non sempre gli uomini scelgono con la testa, spesso preferiscono ascoltare il cuore,
mostrando così di avere un anima.
La Croce Rossa col tempo, diventa una specie di malattia, così mi dicevano,
mettendomi in guardia, i vecchi marescialli. Ma solo oggi capisco appieno il
profondo significato di quelle parole. Chi entra in questo ambiente deve essere mosso
solo da sentimenti positivi e da nobiltà d'animo, altri tipi di sentimenti non si
conciliano con questa scelta.
La Croce Rossa ha tra i suoi principi fondamentali l’umanità e tale comandamento è
per noi prioritario, sopra ogni altra considerazione.
Lealtà, passione, sacrificio, amore per il prossimo e per i più deboli in particolare,
sono le nostre direttive morali, riprendendo in similitudine quello spirito che ispirò
anche gli antichi monaci cristiani, guerrieri di fede e custodi di profondissime
tradizioni umane e religiose.
Basta chiudere gli occhi per pochi attimi per veder scorrere, come in un film, tutte le
passate esperienze in teatro operativo.
Terremoti, alluvioni, eventi straordinari, e poi, Albania, Kossovo, Iraq, Bosnia,
Afghanistan, Eritrea, Pakistan, Sri-Lanka, Haiti … e ... per tornare di nuovo in Italia,
Lampedusa e tanto altro ancora. Sono episodi vissuti che hanno rappresentato per noi
momenti di straordinario impegno lavorativo ma anche di grande soddisfazione.
Sulla divisa, a testimonianza della nostra storia, figurano tutte le onorificenze
conquistate sul campo. Sono come cicatrici di passate battaglie che gli antichi
guerrieri esibivano orgogliosi.
Per noi, condividere il pericolo, dormire quando era possibile farlo, mangiare quello
che si aveva a disposizione condividendolo con i commilitoni quando scarseggiava,
ha creato, con il passare del tempo un rapporto molto più forte di una semplice
amicizia. Questo legame che ci unisce è lo Spirito di Corpo. Una sola parola magica
che racchiude in essa un concetto di fratellanza, e non lo dico con retorica, e che ti fa
sentire orgoglioso di appartenere ad una grande famiglia, come se fossimo cellule di
un organismo molto più grande e possente.
Il dolore, il sacrificio, le privazioni cementificano questo legame, anziché indebolirlo.
Siamo più fratelli che colleghi.
Tra di noi, spesso ci conosciamo per nome, al di là del grado, pur sempre rispettando
forme e comportamenti che la gerarchia militare impone. Questo, non diminuisce
minimamente il rispetto che esiste tra di noi. Spesso l’autorevolezza che
contraddistingue un militare va oltre il grado che compare sulla sua divisa.
Aver operato in giro per il mondo, dove veniva richiesta la nostra opera, oltre ad
averci regalato esperienze memorabili, ci ha anche esposto a numerosi pericoli. Il più
insidioso tra questi si sta purtroppo dimostrando, a distanza di anni, l’uranio
impoverito.
Molti, troppi, dei nostri compagni ci hanno abbandonato negli ultimi anni. Altri sono
oggi gravemente ammalati. Questo sacrificio è reso ancora più nobile dal fatto che
tutti quelli che partivano erano pienamente consapevoli dei rischi bellici che
correvano quando si avventuravano a soccorrere le vittime spesso indifese e
bisognevoli dei primi aiuti.
Ci conosciamo tutti, uno ad uno.
Vedere uno dei nostri disteso sopra ad un letto di un ospedale, pallido, senza forze,
con le flebo e l’ossigeno, intontito dalla morfina, è per noi un dolore quasi
insopportabile e insostenibile.
Ma sappiamo che anche questo fa parte della nostra vita e allora diventa ancora più
forte la nostra determinazione di continuare ad aiutare i più deboli, anche e
soprattutto nel ricordo dei nostri fratelli scomparsi, per continuare il loro lavoro e
dare un significato alla nostra esistenza.
Termino questo breve scritto, con una frase di Cicerone... non nobis solum nati
sumus, sed omnibus (non siamo nati solo per noi, ma per tutti ).
lettera aperta