Realizzazione di tessuti ipoallergici
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Realizzazione di tessuti ipoallergici
Realizzazione di tessuti ipoallergici Dare una risposta al fabbisogno di tessuti anallergici Da dati pubblici, risulta che circa il 20% della popolazione europea è affetto da sensibilizzazione da contatto. Nell’ambito dei vari allergeni da contatto, verifichiamo da fonti cliniche ospedaliere che circa il 6,7 % dei casi presenta allergie da contatto da coloranti e/o additivi dei tessuti. I dati sono sovrapponibili anche per gli altri paesi europei e del Nord America, cioè le percentuali di soggetti allergici ai coloranti o additivi nei tessuti sono similari. Da questi dati emerge che il problema delle allergie da contatto da prodotti tessili riguarda direttamente circa 700.000 persone nella sola Italia. Il problema delle dermatiti allergiche da contatto è in continua crescita e riveste una considerevole e crescente importanza sia da un punto di vista sanitario che socio-psicologico. In particolare al servizio di allergologia di Modena si rivolgono ogni anno circa 1400 persone con sospetta dermatite allergica da contatto. Di questi circa il 60% è costituito da donne. Per quanto riguarda la distribuzione per età, circa il 13% sono bambini, il 33% pazienti di età superiore ai 50 anni e il 10% pazienti di età compresa tra 15 e 25 anni. Obiettivo del progetto Lo scopo del progetto, che coinvolge più aziende della provincia di Modena e in particolare del distretto carpigiano, è quello di cercare di offrire una risposta completa ed articolata alla crescente domanda di indumenti, che non generino fenomeni di dermatiti allergiche riconducibili alla presenza di residui chimici in grado di essere rilasciati dal capo indossato a contatto con la cute. L’origine di tali residui può essere la più diversa: fertilizzanti o pesticidi di cui si fà enorme uso per coltivare il cotone, ma anche prodotti ausiliari, reagenti e soprattutto coloranti impiegati nelle diverse fasi di nobilitazione tessile. Il problema delle dermatiti allergiche da contatto riveste una considerevole e crescente importanza in particolare per i bambini, che rappresentano la parte di popolazione più esposta a tale rischio per la salute. Risulta oggi difficile per i medici dermatologi poter indirizzare le persone che presentano queste problematiche mediche verso una produzione tessile di elevata tolleranza; produzione che deve anche essere in grado di soddisfare le esigenze di una clientela comunque attenta alla moda. Il progetto vuole analizzare queste problematiche sui filati naturali, di origine biologica (lana e cotone) per verificare se questa particolarità può dare un vantaggio qualitativo di partenza. Principali problemi da affrontare Per dare una risposta a questa esigenza attualmente insoddisfatta, è necessario sviluppare una filiera certificata in grado di garantire, cioè certificare, il prodotto in tutte le fasi mettendo a punto test e sistemi di controllo originali. Occorre controllare le caratteristiche di tutti i materiali, sia con supporti documentali come le schede tecniche, ma in ogni caso anche con rilevazioni strumentali e con test su persone e su pazienti. Fondamentale è la collaborazione dei fornitori di materiali di chi esegue la lavorazione. Il grande vantaggio del gruppo di aziende è proprio quella di controllare il ciclo di lavorazione del prodotto lungo la filiera: filato-tessuto-tintura e finissaggio. La filiera produttiva dovrà controllare: materie prime, prodotti ausiliari, coloranti. Una documentazione tecnico-scientifica esauriente sarà raccolta lungo tutte le diverse fasi del lavoro allo scopo di convalidare, sia dal punto di vista tecnico produttivo sia soprattutto da quello dermatologico, la filiera produttiva. Questa filierà certificata permetterà inoltre di identificarsi con appositi marchi e fornirà una documentazione codificata che permetterà la rintracciabilità completa del prodotto. Test di allergenicità sulla popolazione Il progetto farà riferimento al dipartimento di dermatologia dell’Università di Modena. Il coordinamento tecnico scientifico dei test sarà affidato al gruppo coordinato dalla Prof.ssa Seidenari e che si occuperà della sperimentazione testando le sostanze pure utilizzate per la preparazione dei filati/tessuti/capi. Piano di lavoro del Dipartimento di Dermatologia dell’Università di Modena Attività testificazione di tessuti al fine di definirne le caratteristiche di tollerabilità, ipoallergenicità e traspirabilità. Il piano di lavoro si svolgerà nelle seguenti fasi : FASE A: testificazione dei singoli componenti del tessuto (con particolare riferimento ai coloranti e agli ausiliari tessili utilizzati per la colorazione e il finissaggio) FASE B: testificazione del tessuto come tale. FASE C: valutazione della traspirabilità dei tessuti con misurazioni strumentali sull’area del test. Elementi distintivi del progetto Numerosi sono gli elementi innovativi del progetto sia per il prodotto sia per l’approccio che le aziende hanno con lo stesso e il mercato. La prima innovazione sono le aziende stesse. Il gruppo è costituito infatti da una tintoria per tessuti in pezza e da 2 tessiture che rappresentano le tipologie presenti in area: la tessitura a maglia in teli e la tessitura in metratura (tipo jersey). Le aziende sono responsabili reciprocamente della qualità e delle caratteristiche del prodotto che lavorano. Le aziende definiscono con i fornitori e i consulenti le caratteristiche del prodotto, i test di controllo e la qualità voluta. Lo stesso progetto di volere realizzare tessuti ipoallergici per persone affette da allergie da contatto e anche per la prevenzione, non sarebbe possibile se non esistesse, come dimostra il progetto, un rapporto di filiera, ben più ampio di quello che esprime la parola stessa. Condivisione degli obiettivi e ricerca della massima qualità possibile. Infatti il progetto si pone l’obiettivo di “superare” i test “comuni” che vengono richiesti dal disciplinare per prodotti bio, oeko tex e ecolabel, perché essi sono necessari ma non sufficienti. È proprio l’obiettivo della qualità massima possibile per la tutela della salute umana che amalgama ancora di più. In un contesto di selezione e testaggio sulle persone di materie prime, coloranti, additivi etc, l’etichetta di rintracciabilità e un marchio identificativo della qualità offerta (ipoallergenico) è la logica conseguenza. Il rapporto stretto, sin dall’inizio con l’Università di Modena, dipartimento di dermatologia, è sinonimo della volontà di garantire il prodotto in modo nuovo. Infatti l’apporto dell’Università permette di ricercare metodi di testificazione nuovi, di certificarli e di avere comunque una credibilità elevata appunto perché eseguiti anche su persone e non solo a livello strumentale. In questo modo si riesce a creare, effettivamente, intorno ad un prodotto nuovo, per un mercato di nicchia, la sinergia tra imprese in filiera e università, localizzata in una area ristretta come la provincia di Modena. Un’opportunità anche per tutte le imprese del T/A del distretto di Carpi, della provincia e della regione che potranno ritrovarsi con un gruppo di fornitori in grado di produrre nuove tipologie di prodotti certificati ed utilizzabili anche per prodotti fashion, nonché sempre in zona, anche un sistema di laboratori e esperti in grado di certificarli. Capacità tecnica Il progetto intende affrontare in modo globale le problematiche relative alla produzione di tessuti ipoallergenici, biologici, non tossici facendo leva sui seguenti aspetti innovativi: costituzione di una relazione di una filiera di imprese che, agendo sulle diverse ma complementari specializzazioni, siano in grado di dare vita alla produzione e lavorazione “innovativa” delle fibre naturali e sintetiche. Relativamente all’obiettivo, occorre ricordare che anche recentemente la qualità dei prodotti tessili italiani e la sicurezza durante le varie fasi di produzione industriale sono state oggetto di azioni tendenti alla definizione di nuovi scenari caratterizzati da interventi legislativi e produttivi finalizzati alla tutela della salute dei lavoratori e dei consumatori. Da un lato è progressivamente cresciuta l’attenzione dei consumatori verso materiali tessili finiti a basso impatto per la salute in quanto esenti da sostanze pericolose e prodotti con processi più sicuri per la salute dei lavoratori e per l’ambiente. Inoltre la progressiva eliminazione delle barriere doganali e l’affermazione dell’economia globale ha reso più concreto il rischio dell’immissione in commercio nel nostro Paese di materiali tessili semilavorati o finiti per i quali non vi è alcun controllo del processo produttivo e che spesso vengono prodotti utilizzando sostanze o processi non più consentiti per legge in Italia e in Europa e comunque con un impatto potenzialmente negativo sulla salute dei consumatori. Pertanto risulta attuale ed importante il problema di certificare la qualità e la sicurezza dei materiali tessili prodotti in Italia e di controllare la rispondenza alle normative attuali dei materiali tessili importati. In questo contesto uno degli obiettivi prioritari è quello di avere un chiaro quadro di riferimento per quanto riguarda l’identificazione delle sostanze pericolose che non possono più essere utilizzate per la produzione di materiali tessili e che sono state bandite con normativa nazionale od europea, sia per certificarne l’assenza all’interno di un sistema di qualità del prodotto finito, sia per monitorarne l’eventuale presenza in manufatti tessili provenienti da aree geografiche a rischio. Questo obiettivo comporta, come conseguenza, la verifica della disponibilità di metodologie analitiche atte al riconoscimento qualitativo e all’analisi quantitativa delle suddette sostanze nei prodotti tessili. Una volta identificate le sostanze pericolose sulle quali focalizzare l’attenzione, la verifica delle metodologie analitiche richiede un’analisi preliminare del quadro normativo nazionale o europeo con riferimento anche ai programmi nazionali ed europei di etichettatura biologica e tossicologica. Ne risulta un ampio ventaglio di tecniche analitiche, generalmente complesse, che devono o possono essere utilizzate nella valutazione dei parametri tossicologici o biologici. In molto casi trattasi di metodiche che sono codificate da norme nazionali o europee; in altri casi tali metodiche, sebbene standardizzate, non sono univoche; oppure non sono disponibili metodiche ufficiali e pertanto, i singoli laboratori, applicano metodiche interne non standardizzate. Poiché, per quanto detto precedentemente, il dato analitico rappresenta, laddove la normativa lo prevede, il parametro finale di riferimento per determinare la qualità di un prodotto tessile o la sua non rispondenza alle normative ufficiali, risulta evidente come possa essere di fondamentale importanza una ricerca centrata sulla verifica operativa di alcune metodiche impiegate per l’analisi di sostanze potenzialmente pericolose in prodotti tessili. La ricerca Il progetto prevede le seguenti fasi di ricerca: 1) definizione delle metodiche analitiche 2) Identificazione delle sostanze pericolose Molte sono le sostanze chimiche pericolose che la ricerca medica ritiene responsabili di un rischio per la salute, determinato dal loro impiego nelle diverse fasi di lavorazione della filiera tessile (rischio professionale) e alla loro permanenza nei prodotti finiti destinati al consumo. Alcune di queste sono state definitivamente bandite dal ciclo produttivo, altre sono regolamentate da limitazioni nelle fasi di lavorazione o da dosi limite nei prodotti finiti. Le sostanze proposte quale oggetto della ricerca sono: • metalli pesanti • ammine aromatiche cancerogene o sospette tali liberate per degradazione riduttiva da coloranti • coloranti dispersi con proprietà sensibilizzanti o sospette tali • formaldeide • finish •ammorbidenti • oli di filatura • oli di tessitura Collaborazione con strutture di ricerca Il progetto di ricerca prevede una collaborazione stretta con l’equipe della prof.ssa Seidenari per lo svolgimento del progetto, in particolare il ruolo degli esperti dell’università interverrà in 4 diverse fasi: 1) fase di pianificazione delle attività di ricerca dei prodotti da uitilizzare Questa fase ha l’obiettivo di definire le caratteristiche dei prodotti utilizzati, di quelli non idonei e dei processi di lavorazione. Questa fase richiede anche una collaborazione fattiva da parte dei fornitori. 2) in questa fase si definiranno le metodologie di testificazionedei prodotti sia su persone che strumentali. È importantedefinireuna metologiaed una gamma di test, riproducibili,atti a garantirei risultatirichiesti. 3) testificazione delle materie prime individuate 4) testificazione dei prodotti “finiti” sperimentali e confronto dei risultati con i metodi tradizionali per verificarne attendibilità e carenze. Intesa di massima, tra la Clinica Dermatologica dell’Università di Modena, nella persona della prof.ssa Seidenari e le aziende per la testificazione di tessuti al fine di definirne le caratteristiche di tollerabilità, ipoallergenicità e traspirabilità su volontari umani. Il protocollo prevede le seguenti fasi: FASE A: testificazione dei singoli componenti del tessuto (con particolare riferimento ai coloranti e agli ausiliari tessili utilizzati per la colorazione e il finissaggio) FASE B: testificazione del tessuto come tale Un quadrato di tessuto di circa 2 cm2 viene imbevuto in soluzione fisiologica e viene applicato in occlusione alla cute sana del dorso per 72 ore. La valutazione dei risultati viene eseguita ½-3 ore dopo la rimozione dell’apparato testante secondo le linee guida ICDRG (International Contact Dermatitis Research Group). FASE C: valutazione della traspirabilità dei tessuti Il tessuto come tale (quadrato di 3 cm2) viene applicato in semiocclusione sulla superficie volare dell’avambraccio per 24 ore. In condizioni basali e dopo applicazione del tessuto vengono condotte misurazioni strumentali sull’area del test. Vengono testati 6 diversi tessuti. Test statistici adeguati vengono impiegati per valutare le differenze fra i risultati delle valutazioni strumentali prima e dopo test d’uso. Con questo progetto si vuole dimostrare che in realtà si può fare ricerca, soprattutto puntando sulla parte chimica e tecnologica. Il progetto servirà certamente a qualificare le professionalità esistenti e a crearne delle nuove. Tra l’altro le figure più adatte a questa nuova specializzazione sono proprio quelle di origine chimica, oggi considerate, soprattutto a livello universitario, figure “deboli”. Il progetto rafforza come dimostrato , il rapporto tra imprese e Università, in una prospettiva di costruzione di una rete di competenze. La ricerca prevede l’identificazione di materie prime e additivi con caratteristiche idonee; test sulle materie prime ma anche sui prodotti semilavorati finiti cioè tinti. La sperimentazione avviene, per essere credibile, sui processi industriali essendovi la necessità di riprodurre sperimentalmente cicli di produzione per la realizzazione di campioni di tessuti da potere testare sulle persone. Risultati attesi Obiettivo principale del progetto è poter fornire dei prodotti ipoallergici ad un mercato di nicchia che conta, comunque, in Italia 700.000 potenziali clienti, diversificando così una parte della produzione verso un mercato dove la concorrenza dei paesi a basso costo non può, per il momento, arrivare. Questo progetto vuole differenziarsi dai prodotti moda “tradizionali” tramite un aumento delle competenze e del know-how chimico/tessile mantenendo l’occupazione esistente ma specializzandola, tramite gli istituti professionali ed i centri di formazione professionale, nel comparto biotessile ed ecotessile. Brevetti, marchi, etichette di tracciabilità e di qualità certificata fanno parte di una serie di interventi atti ad aumentare la visibilità e l’unicità del prodotto in modo che diventi un elemento rassicurante per la prevenzione dei rischi più che una cura oltre, naturalmente, a dare un valido supporto per l'immagine dell'area.