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Laboratori Chelab
Test chimici sui prodotti tessili
Dr. Andrea Boscolo – Viceresponsabile ATS non food &
Laboratorio Test Prestazionali non-food
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
I capi di abbigliamento e gli accessori presenti in essi
sono tra le cause più frequenti di dermatiti irritative
e allergiche da contatto, e possono contenere
sostanze irritanti, tossiche e cancerogene vietate
dalla normativa Europea e Italiana. Le dermatiti da
capi d’abbigliamento sono generalmente attribuite
ai prodotti chimici e coloranti aggiunti alle fibre
durante la loro manifattura e assemblaggio in
indumenti. Si può ipotizzare che la popolazione
italiana con dermatite da contatto accertata per
sostanze presenti nei tessuti sia allo stato attuale di
circa 60.000 persone
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
Una possibile spiegazione si può trovare
nella massiccia importazione dei tessuti
ed abiti da Paesi che non prevedono
regole e controlli. Dal 1997 al 2003 il
fatturato dei prodotti tessili importati dai
paesi extracomunitari è passato da 3000 a
più di 5000 milioni di euro, cifra destinata
prevedibilmente ad aumentare, dopo
l’eliminazione, nel gennaio 2005, dei
contingenti per l’importazione.
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
Le dimensioni del problema hanno attirato
l’attenzione anche dal Ministero della
Salute, che per dare una risposta al
problema ha sviluppato un Progetto che si
propone l’obiettivo di eliminare o ridurre,
entro limiti ben definiti, le sostanze
pericolose, incluse quelle sensibilizzanti,
presenti nei prodotti tessili, con una
conseguente
riduzione
della
spesa
sanitaria.
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
A
tal
fine,
il
progetto
prevede:
¾ la realizzazione di un Osservatorio
nazionale delle dermatiti da tessuti, avente
come obiettivo quello di individuare specifici
indumenti causa di dermatiti e quantificare la
reale prevalenza di tali patologie.
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
¾ L’istituzione di un sistema di controllo
con campionamento ed analisi, a scopo
conoscitivo, nei prodotti tessili in
commercio, al fine di individuare la
presenza delle sostanze vietate dalle
normative vigenti e delle sostanze ritenute
pericolose da alcuni paesi europei e dai
maggiori marchi volontari, avviando
contemporaneamente un controllo di
qualità interlaboratorio tra i laboratori di
certificazione
dei
prodotti
tessili.
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TEST CHIMICI: PERCHE’?
¾ L’aggiornamento della Banca dati sulle
sostanze utilizzate nel settore tessile
dell’ISPESL al fine di dare informazioni
condivise ed uniformi sul rischio, al mondo
produttivo ed ai consumatori;
¾ La realizzazione di una forte alleanza del
mondo della produzione con il mondo della
sanità e con i consumatori al fine di
impedire la circolazione sul territorio
nazionale di articoli tessili che possano
rilasciare sostanze che pongano rischi alla
salute dei consumatori
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SOSTANZE A RISCHIO : QUALI?
Manca al momento attuale un elenco
completo delle sostanze presenti nei tessuti
che possono provocare danni alla salute
umana. Anche dal punto di vista normativo le
restrizioni sono contenute principalmente
nella direttiva 76/769/CEE e s.m.i., che
riguarda le restrizioni in materia di
immissione sul mercato e di uso di talune
sostanze e preparati pericolosi.
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SOSTANZE A RISCHIO : QUALI?
Molto più dettagliati, invece, sono gli elenchi
di sostanze vietate dai disciplinari volontari,
che
possono
dare
un’interessante
panoramica di quali siano, attualmente, le
sostanze che vengono considerate a rischio,
come l’Ecolabel, l’Oeko-tex e quello dell’AIAB
per i tessuti biologici.
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AMMINE AROMATICHE
La direttiva 2004/21/CE (recepita con il decreto 4
luglio 2005) è, in ordine di tempo, l’ultima modifica
alla direttiva 76/769 che vieta la presenza nel prodotto
finale dei coloranti azoici in grado di liberare 22
ammine aromatiche considerate cancerogene "I
coloranti azoici che, per scissione di uno o più gruppi
azoici, possono rilasciare una o più delle ammine
aromatiche elencate nell'appendice in concentrazioni
individuabili, cioè superiori a 30 ppm negli articoli
finiti o nelle parti colorate degli stessi, secondo i
metodi di prova riportati in tale appendice, non vanno
impiegati in articoli tessili e di cuoio che potrebbero
entrare in contatto diretto e prolungato con la pelle o
la cavità orale umana, quali ad esempio:
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AMMINE AROMATICHE
- capi d'abbigliamento, biancheria da letto,
asciugamani, articoli per capelli, parrucche, cappelli,
pannolini ed altri articoli sanitari, sacchi a pelo,
- calzature, guanti, cinturini per orologi, borse,
portamonete/portafogli, cartelle porta documenti,
coprisedie, borse portate attorno al collo,
- giocattoli tessili o in cuoio o comportanti parti tessili
o di cuoio,
- filati e tessuti destinati al consumatore finale."
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METALLI PESANTI
L'arsenico fino ai primi anni ‘90 è stato utilizzato nelle
coltivazioni texane di cotone come acido arsenico, ma
attualmente è raro individuarlo.
Il Cadmio può essere presente in alcuni pigmenti per
materie plastiche ed è utilizzato come stabilizzante nel PVC.
E’ particolarmente tossico, e dannoso anche a livello
ambientale
Il Cromo è uno dei metalli più usati nei cicli tessili,
soprattutto per i prodotti lanieri
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METALLI PESANTI
I limiti di legge riguardano:
¾ il NICHEL: La Direttiva europea 94/27/EEC,
recepita in Italia con il Decreto del Ministero della
Sanità del 21 marzo 2000, indica i valori limite del
nichel negli accessori metallici incorporati in
indumenti (cerniere lampo, bottoni, fermagli, e marchi
metallici) e con possibilità di contatto diretto con la
pelle. “Il Nichel non può essere utilizzato in questa
tipologia di prodotti se il tasso di cessione di Nichel
dalle parti di questi prodotti che vengano a contatto
diretto e prolungato con la pelle è superiore a 0,5
g/cm2/settimana”. Il limite nei tessuti ritenuto
accettabile dallo standard Oeko Tex 100 è pari ad 1
ppm nei prodotti per bambini, 4 ppm negli altri
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METALLI PESANTI
¾ Il CADMIO (CAS n. 7440-43-9) e suoi composti: Sono
regolamentati dalla Direttiva 91/338/CEE “…(il Cadmio e suoi
composti)
non sono ammessi per colorare i prodotti finiti
fabbricati partendo da [……] cloruro di polivinile (PVC) poliuretano (PUR) - polietilene a bassa densità, ad eccezione di
quello impiegato per la produzione di mescole madri colorate acetato di cellulosa (CA) - acetobutirrato di cellulosa (CAB) resine epossidiche. Qualunque sia la loro utilizzazione o
destinazione finale, è vietata l'immissione sul mercato dei
prodotti finiti o dei componenti dei prodotti fabbricati partendo
(dalle sostanze citate), se il tenore di cadmio (espresso in Cd
metallico) è superiore allo 0,01 % in massa del materiale plastico
[.………] (il Cadmio e suoi composti)
non sono ammessi per
stabilizzare [……..] vestiti ed accessori di abbigliamento
(compresi i guanti) [……] tessuti impregnati, spalmati, ricoperti o
stratificati [….] cuoi sintetici”
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FORMALDEIDE
Sostanza presente nel ciclo tessile nella fase di
finissaggio, in particolare:
¾ finissaggi antipiega
¾ fissatori coloranti diretti
¾ finissaggi acquosi in genere (antimuffa,
stabilizzanti)
¾ leganti per stampa a pigmento
¾ addensanti per pasta di stampa
È ritenuta sensibilizzante ed è sospetta
cancerogena.
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FORMALDEIDE
Il limite massimo consentito non è normato dalla
vigente legislazione. Secondo lo standard
Ecolabel il quantitativo di formaldeide libera e
parzialmente idrolizzabile contenuta nel tessuto
finale non deve essere superiore a 30 ppm nei
prodotti che entrano in contatto diretto con la
pelle, e a 300 ppm per tutti gli altri. Meno severo è
il disciplinare Oeko Tex, che pone il limite a 75
ppm nei prodotti che entrano in contatto diretto
con la pelle, mantenendolo a 300 ppm per tutti gli
altri. Secondo questo disciplinare questa
sostanza nei prodotti per bambini non deve
essere rilevabile.
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Pentaclorofenolo e Tetraclorofenolo
(PCP-TCP).
Sono tra i biocidi più noti e utilizzati per il
trattamento antiparassitario, antibatterico e
antimuffa dei tessuti. Sono talvolta utilizzati
nei paesi orientali (particolarmente nel
subcontinente indiano) come agenti di
protezione antimuffa nella coltivazione del
cotone e nell’immagazzinamento e il trasporto
dei tessuti di cotone. Fungono anche da
conservanti nelle paste di stampa, in special
modo per la seta.
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Pentaclorofenolo e Tetraclorofenolo
(PCP-TCP).
La direttiva 91/173/CE ammette l’uso del
pentaclorofenolo (CAS 87-86-5) e dei suoi sali ed
esteri in quantità pari o superiore allo 0,1%,
esclusivamente per l'impregnazione di tessuti
pesanti e di fibre comunque non destinati
all'abbigliamento o a scopi decorativi. Per gli altri
usi non sono ammessi in concentrazione pari o
superiore allo 0,1 % in massa. Il disciplinare
Ecolabel pone il limite per il pentaclorofenolo
pari a 0,05 ppm, l’Oeko tex pari a 0,05 ppm nei
prodotti per bambini, e a 0,5 ppm per gli altri.
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FITOFARMACI
PROVENIENZA:
> prodotti utilizzati nella coltura del cotone e
di altre fibre naturali cellulosiche (da notare
che nella coltivazione del cotone viene
utilizzata una quantità di pesticidi pari al 25
% del consumo mondiale di detti prodotti).
> insetticidi utilizzati per la disinfestazione
delle pecore da insetti e parassiti.
> utilizzazione di prodotti anti-tarma su lana
a base di prodotti di tipo insetticida.
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FITOFARMACI
LIMITI DI LEGGE:
Al momento attuale non ci sono leggi
che regolamentino la presenza di
fitofarmaci nei materiali tessili. Si fa
riferimento, in genere, ai limiti
riportati nelle normativa Ecolabel,
ossia < 0,05 ppm sul cotone, < a 0,5 o
< a 2 ppm, a seconda del tipo di
principio attivo, sulla lana.
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COLORANTI POTENZIALMENTE
SENSIBILIZZANTI
Sono quei coloranti dei quali è riconosciuta la
potenziale capacità di dare origine a fenomeni
di sensibilizzazione (e conseguenti dermatiti
allergiche) una volta entrati a contatto con la
cute. Il problema è amplificato in alcune
tipologie di prodotti (lingerie, calze da donna)
costituiti da poliammide, per la minore
solidità dei coloranti dispersi rispetto, ad
esempio, al poliestere.
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COLORANTI POTENZIALMENTE
SENSIBILIZZANTI
I coloranti classificati come potenzialmente
allergizzanti si riscontrano soprattutto nei
tessuti provenienti dai paesi asiatici. Il
disciplinare Ecolabel permette l’utilizzo di
questi coloranti se il test di solidità del colore
al sudore dà un risultato > 4.
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COLORANTI POTENZIALMENTE
SENSIBILIZZANTI – DISCIPL. ECOLABEL
C.I. Generic Name
C.I. Structure number
CAS-Nr.
C.I. Disperse Blue 3
C.I. 61 505
2475-46-9
C.I. Disperse Blue 7
C.I. 62 500
3179-90-6
C.I. Disperse Blue 26
C.I. 63 305
C.I. Disperse Blue 35
12222-75-2
C.I. Disperse Blue 102
12222-97-8
C.I. Disperse Blue 106
12223-01-7
C.I. Disperse Blue 124
61951-51-7
C.I. Disperse Brown 1
23355-64-8
C.I. Disperse Orange 1
C.I. 11 080
2581-69-3
C.I. Disperse Orange 3
C.I. 11 005
730-40-5
C.I. Disperse Orange 37
C.I. 11 132
C.I. Disperse Orange 76
C.I. 11 132
C.I. Disperse Red 1
C.I. 11 110
2872-52-8
C.I. Disperse Red 11
C.I. 62 015
2872-48-2
C.I. Disperse Red 17
C.I. 11 210
3179-89-3
C.I. Disperse Yellow 1
C.I. 10 345
119-15-3
C.I. Disperse Yellow 9
C.I. 10 375
6373-73-5
C.I. Disperse Yellow 39
C.I. Disperse Yellow 49
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COLORANTI CANCEROGENI
I coloranti cancerogeni, ai sensi della direttiva
76/769/CEE “Non possono essere immessi
sul mercato o usati per la colorazione di
articoli tessili e in cuoio come sostanza o
componente di preparati in misura superiore
allo 0,1%”. La lista di tali coloranti è in
continuo aggiornamento.
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COLORANTI CANCEROGENI
DISCIPLINARE ECOLABEL
C.I. Generic Name
C.I. Structure number
CAS-Nr.
C.I. Acid Red 26
C.I. 16 150
3761-53-3
C.I. Basic Red 9
C.I. 42 500
569-61-9
C.I. Basic Violet 14
C.I. 42 510
632-99-5
C.I. Direct Black 38
C.I. 30 235
1937-37-7
C.I. Direct Blue 6
C.I. 22 610
2602-46-2
C.I. Direct Red 28
C.I. 22 120
573-58-0
C.I. Disperse Blue 1
C.I. 64 500
2475-45-8
C.I. Disperse Orange 11
C.I. 60 700
82-28-0
C.I. Disperse Yellow 3
C.I. 11 855
2832-40-8
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GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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