un nuovo modello esperienziale (A. Galimberti)

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un nuovo modello esperienziale (A. Galimberti)
Attilio Galimberti, LA CLASSE ROVESCIATA: un nuovo modello esperienziale d’istruzione,
in IDEE IN FORMAZIONE, anno 2, n. 2, marzo 2013, rivista ANFIS
Il presente articolo illustra un nuovo modello d’istruzione, di matrice statunitense, che ha come
obiettivo il capovolgimento dell’insegnamento tradizionale. La flipped classroom demanda la
trasmissione dei contenuti a lezioni audio-video online fruibili da casa, per liberare maggior tempo
in classe da dedicare all’apprendimento collaborativo. Al posto della lezione frontale, il docente in
classe chiarisce concetti, risolve dubbi, sviluppa le esercitazioni in base al ritmo degli studenti, che
attivamente costruiscono insieme il loro apprendimento e l’acquisizione di competenze. L’articolo
riporta i principali contributi di ricerca sull’argomento, espone l’origine e alcune applicazioni
pratiche del modello a livello internazionale e ipotizza possibili nuovi scenari che potrebbero aprirsi
in termini di formazione degli insegnanti e di un efficace utilizzo delle tecnologie di apprendimento.
Parole chiave: classe rovesciata – apprendimento misto – Web 2.0 – formazione iniziale –
tecnologie di apprendimento
This article outlines a new learning environment which has emerged in the USA and which aims to
reverse the traditional teaching style. In the so-called flipped classroom model education is
delivered online. Students watch video lectures, communicate with peers and teachers through
online discussions, while traditional homework is done in the classroom under the teacher’s
supervision. In the classroom, the teacher devotes more time to fostering collaborative work and
engaging students actively according to their own learning pace. International research on the origin
of this model, its theoretical framework and its practical applications will be investigated in this
article. The flipped classroom model could open up new interesting scenarios for initial teacher
training and an effective use of learning technologies.
Keywords: flipped classroom – blended learning – Web 2.0 – initial teacher training – learning
technologies
Dal 2007, molte scuole negli Stati Uniti stanno sperimentando un nuovo modello pedagogico,
denominato flipped classroom (letteralmente “classe capovolta”). L’origine di questo modello nasce
dall’idea di due docenti di chimica, Jonathan Bergmann e Aaron Sams, che insegnano presso la
Woodland Park High School nel Colorado. I due docenti programmano insieme le loro lezioni,
dividendosi però i compiti: ognuno di loro prepara la lezione successiva del collega. I problemi di
una scuola collocata in un tessuto rurale sono però molteplici: il lungo tragitto che i 950 studenti
devono compiere ogni giorno per arrivare a scuola, le numerose assenze dovute a impegni sportivi e
ad altre attività incidono negativamente sulla frequenza scolastica e sulla possibilità di stare al passo
con i programmi. Aaron scopre allora un software che permette di registrare le presentazioni in
PowerPoint con l’inserimento di note e file audio (prima ProfCast e poi SnapKast), e di trasformare
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il tutto in file video facilmente distribuibili online. Nel 2007 i due insegnanti iniziano a registrare le
loro lezioni, utilizzando un software di screen capture. Le lezioni vengono caricate su YouTube,
così che gli studenti possano apprendere i contenuti anche da casa. La lezione frontale “esce” fuori
dalla classe, liberando del tempo da dedicare a situazioni di apprendimento collaborativo, in cui gli
studenti, assistiti dall’insegnante, svolgono i compiti, socializzano i dubbi e costruiscono così il loro
percorso d’apprendimento, anche mediante forme di peer education.
Negli anni successivi, Bergmann e Sams tengono corsi di aggiornamento per altri docenti e nel
2011 organizzano la prima Flipped Class Conference nella loro scuola. Nel 2010 Sams riceve il
Presidential Award for Excellence in Math and Science Teaching per la flipped classroom, mentre
già nel 2002 Bergmann aveva ricevuto lo stesso riconoscimento come miglior docente dell’anno.
Nel giugno 2012 pubblicano il testo Flip Your Classroom. Reach Every Student in Every Class
Every Day, ISTE Ltd.
L’interesse per il modello della flipped classroom si estende anche a livello universitario. Nel 2006
Salman Khan, un plurilaureato ingegnere statunitense di origine bengalese, fonda la Khan Academy,
un’istituzione educativa senza scopo di lucro che basa la sua filosofia proprio sul modello della
“classe rovesciata”. Il sito della sua organizzazione contiene più di 3.200 lezioni videoregistrate di
diverse discipline: aritmetica, algebra, geometria, calcolo delle probabilità, statistica, trigonometria,
storia americana ed europea, storia dell’arte, economia e finanza, biologia, chimica, fisica,
informatica, astronomia, medicina, più i test standard utilizzati nelle scuole statunitensi.
L’accademia, che riceve ingenti donazioni da Google e Bill Gates, impiega ora uno staff di
ingegneri, ma si serve anche di volontari che traducono parte delle video-lezioni in diverse lingue.
L’idea di Khan nasce da un’esigenza pratica: deve dare ripetizioni di matematica ai cugini e, come
semplice promemoria, fornisce loro anche la registrazione delle sue lezioni su YouTube. Una
cugina gli dice che preferisce le sue ripetizioni in video piuttosto che in sua presenza. Tale feedback
fa riflettere Khan e gli fa capire quanto, probabilmente, per uno studente possa essere più efficace
studiare con un video prodotto dal proprio insegnante: il video (e l’insegnante), infatti, si può
interrompere ogni volta che lo si desidera e lo si può risentire più volte, senza avere la sensazione
che si stia facendo perdere del tempo prezioso all’insegnante nella spiegazione o senza avere il
timore di essere umiliati davanti alla classe. La popolarità che raggiunge grazie alle sue lezioni su
YouTube spingono Khan a creare dei tutorial e a dedicarsi completamente alla realizzazione della
online education. «Con uno sforzo non eccessivo da parte mia, riesco a supportare un’enorme
quantità di persone. Non riesco ad immaginare un uso migliore del mio tempo». Nel marzo 2011
Salman presenta la sua esperienza al TED, un’organizzazione californiana alle cui conferenze, che
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durano al massimo 18 minuti, partecipano le più grandi personalità del “pensare” e del “fare”. In
tale presentazione (di cui raccomandiamo vivamente la visione), Khan esprime con molta
semplicità la filosofia di base della sua accademia. Un’applicazione concreta del suo modello è stata
sperimentata con successo nella scuola californiana di Los Altos, nel distretto di San Francisco, in
cui un’attenzione particolare è rivolta al rispetto dei diversi tempi di apprendimento degli studenti.
«L’idea è quella di fornire segmenti di apprendimento che rispettino il ritmo di lavoro individuale di
ogni singolo studente e che conducano all’effettivo raggiungimento di competenze. Ciò significa
che gli studenti, dopo aver utilizzato le video-lezioni, lavorano secondo i loro tempi su esercitazioni
valutate. Ci saranno quindi studenti più veloci e altri studenti che, invece, necessitano di un
recupero dei concetti essenziali. Gli insegnanti dispongono di un software che registra gli accessi di
ogni studente e le attività svolte online, rileva immediatamente i livelli raggiunti, determina i loro
bisogni educativi e stabilisce attività personalizzate da svolgersi in classe». Le pratiche didattiche
utilizzate per favorire l’apprendimento individuale, in ambito collaborativo, riguardano: 1. il
tutoraggio in piccoli gruppi (docente e alcuni studenti) nel momento in cui il resto della classe
lavora, con l’uso di netbook, sui contenuti del sito della Khan Academy; 2. l’approccio one-to-one
tra docente e studente nel momento in cui, settimanalmente, si stabiliscono i nuovi obiettivi da
raggiungere, in base ai risultati conseguiti nel periodo precedente; 3. il peer-to-peer tutoring, in cui
uno studente assiste un compagno e lo aiuta a comprendere determinati concetti (lo studente che
spiega si rende conto di aver capito così bene il concetto, da poterlo trasmettere ad altri, come fa
l’insegnante); 4. l’apprendimento per progetti, rivolto a piccoli gruppi che hanno acquisito le
competenze necessarie tali da poterle applicare a nuovi casi. Da evidenziare anche un altro
importantissimo aspetto per la scuola statunitense: i video della Khan Academy risultano essere di
vitale importanza e di grande efficacia per gli studenti non americani, che a casa non possono essere
assistiti nei compiti dai loro genitori, in quanto non di madrelingua inglese (per lo più studenti
ispanici).
A prima vista, sembrerebbe quindi che la parte più importante nella realizzazione della “classe
rovesciata” sia la produzione di video lezioni. Jonathan Bergmann, docente della Woodland Park
High School, in un suo articolo spiega esattamente che cosa non è la classe rovesciata. Se ne riporta
pedissequamente l’intero passo.
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“La classe rovesciata non è:
1. sinonimo di video-lezioni; quando si sente parlare di “classe rovesciata”, tutti pensano che si
tratti semplicemente di video, in realtà, gli aspetti più importanti sono l’interazione e le attività
didattiche significative che si attuano durante il tempo in classe;
2. la sostituzione dei docenti con video;
3. un corso online;
4. studenti che lavorano per conto loro, senza un impianto didattico specifico;
5. studenti che trascorrono tutto il tempo in classe davanti a un computer;
6. studenti che lavorano in isolamento.
La classe rovesciata è:
1. un modo di incrementare l’interazione e il tempo che il docente dedica a ogni studente;
2. un ambiente di apprendimento in cui gli studenti assumono piena consapevolezza del loro
processo di apprendimento;
3. una classe in cui il docente non è il “saggio in cattedra”, ma una “guida al fianco” degli studenti;
4. un tipo di istruzione blended, cioè un misto di lezione frontale e di apprendimento svolto in
modalità costruttivista;
5. una classe in cui gli studenti assenti per malattia o altre attività extra-curriculari o sportive non
rimangono indietro col programma;
6. una classe in cui il contenuto delle lezioni frontali è sempre disponibile per attività di ripasso o
recupero, in quanto archiviato digitalmente;
7. una classe in cui tutti gli studenti sono attivamente impegnati nel loro processo di apprendimento;
8. un luogo in cui tutti gli studenti ricevono una effettiva istruzione personalizzata.”
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Il motto che apre il “Manifesto della Flipped Classroom” afferma, infatti, che «la classe rovesciata è
uno spostamento intenzionale del paradigma educativo che pone gli studenti al centro del processo
di apprendimento piuttosto che considerarli prodotti finali dell’istruzione». La filosofia della “classe
rovesciata” è fra i principi ispiratori del No Child Left Behind Act, legge entrata in vigore negli Stati
Uniti nel gennaio 2002, che aveva come finalità il raggiungimento di determinati standard educativi
per ogni studente americano, pena la perdita delle sovvenzioni alle scuole assegnate dal governo
federale. Molteplici sono gli esempi di classi che sperimentano il modello della “classe rovesciata”.
Nel suo blog, la ricercatrice Jackie Gerstein (della Online Adjunct Faculty for Departments of
Education, Boise State University, Idaho) esemplifica un particolare modello di flipped classroom.
La Gerstein focalizza la sua ricerca non tanto sulla preparazione e fornitura delle video-lezioni,
quanto sulla modalità del learning by doing, sull’interazione fra gli studenti e soprattutto
sull’acquisizione di competenze chiave per un lifelong learning. Rinviamo ad altri spazi la
possibilità di approfondire tutte le implicazioni pedagogiche della flipped classroom, ma possiamo
senza dubbio affermare che in essa si trovano molte caratteristiche del connettivismo di George
Siemens, dell’apprendimento esperienziale di David Kolb e del costruttivismo di David Jonassen.
Molte sono le scuole statunitensi che lavorano ormai con questo modello d’istruzione. Un esempio
pratico di scuola superiore americana che lavora esclusivamente con la tecnica flipped è la
Clintondale High School a Clinton Township, Michigan. Interessanti i risultati dichiarati: «[…]
abbiamo ridotto la percentuale di non promozione del 33% [...]» e «[…] abbiamo evidenziato una
notevole riduzione nei problemi disciplinari per il 66% [...]».
Infine, l’interesse sempre più crescente negli Stati Uniti verso la flipped classroom ha dato vita a
una comunità online che raccoglie e dissemina tutti i contributi su tale metodo:
http://www.flippedlearning.org/
A livello accademico italiano, ancora scarsi sono i contributi di ricerca in questo ambito. Citiamo, a
nostro avviso, i due più rappresentativi. Graziano Cecchinato, ricercatore in pedagogia sperimentale
alla Facoltà di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Padova, in una sua
relazione mette in evidenza anche i punti critici della flipped classroom. A proposito della Khan
Academy, per esempio, afferma che:
La sua applicazione in Italia è ostacolata dalla lingua, però è attivo un sistema di sottotitolazione,
che si avvale del contributo di migliaia di volontari. Comunque, a parte la lingua, ci sono molti
altri problemi legati a un’applicazione sistematica di K.A. […] In realtà la prospettiva per così dire
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primaria della flipped classroom è quella che prevede la produzione di video-lezioni da parte del
singolo docente. Questo perché non è facile trovare una risorsa che soddisfi le specifiche esigenze
di metodologia didattica, che il docente esige per la propria classe. Questa strada, però, pone due
problemi, uno tecnologico, facilmente risolvibile, e uno metodologico, più complesso da affrontare.
Per l’aspetto tecnologico, ormai c’è un molteplicità di servizi e di strumenti di screencasting. […]
Più complesso è l’aspetto delle competenze comunicative richieste per produrre una video-lezione.
Comunicare davanti a una webcam richiede capacità del tutto diverse da quelle richieste in aula e
sono competenze che non si apprendono in poco tempo. Certo, pur non essendo questa una
prospettiva immediata, si tratta pur sempre di una prospettiva che si sta facendo strada e che vale
la pena di seguire.
Giovanni Bonaiuti, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Pedagogiche e Filosofiche
dell’Università di Cagliari, in un intervento sul suo blog evidenzia che:
I problemi derivanti da questo tipo di impostazione sono da anni al centro di un intenso dibattito
accompagnato da innumerevoli proposte alternative, in particolare di stampo costruttivista
(apprendimento cooperativo, lavoro di gruppo, problem based learning ecc.) e da altrettante
critiche all’efficacia di queste alternative (dispersività, complessità nella realizzazione, tempi
lunghi, dubbi sui risultati ecc.). Nel caso delle flipped classroom la rivoluzione non è tanto nel
metodo di insegnamento, ma nel diverso modo di proporre i contenuti agli studenti e di articolare i
tempi di apprendimento. […] Nonostante siano passati pochi anni, il dibattito tra sostenitori e
detrattori è già piuttosto serrato. […] È vero che l’interazione e le attività di apprendimento che si
verificano durante il tempo in classe è la parte più importante del processo, ma non è vero che
nella prima fase gli studenti lavorino in isolamento, senza una guida o un supporto. […] Se è lo
stesso docente a parlare attraverso il video allo studente si crea un ambiente conversazionale
simile ad una sessione di tutoraggio individuale. Anche i genitori possono guardare questi video in
maniera tale da renderli partecipi del processo educativo e contribuire a rafforzare
l’apprendimento a casa. […] È ancora presto per dire se questo modello sia davvero efficace e in
quali condizioni lo sia davvero. La ricerca deve ancora pronunciarsi.
Le prospettive didattico-metodologiche offerte dalla flipped classroom appaiono sicuramente
interessanti e degne di un approccio sperimentale anche nella scuola italiana. Pur nella
consapevolezza degli enormi vincoli di attuazione nel contesto italiano, in un sistema di cui
conosciamo la rigidità di regolamentazione delle attività funzionali all’insegnamento così come
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previste dal CCNL del comparto scuola e dalle conseguenti circolari che ne derivano, sarebbe
comunque ipotizzabile – nel rispetto dell’autonomia scolastica – un primo percorso progettuale da
articolare, in modo esemplificativo, nelle seguenti fasi:
1. individuazione di un team di docenti in un’istituzione scolastica (o, in una più fortunata
ipotesi, di un consiglio di classe) disponibili a sperimentare la flipped classroom;
2. definizione dell’area o delle aree disciplinari in cui attuare la sperimentazione;
3. implementazione di un percorso di formazione/autoformazione, anche in rete, sugli aspetti
epistemologici della flipped classroom;
4. mappatura degli strumenti tecnologici disponibili nell’istituzione scolastica (computer con
collegamento a Internet disponibili in aula, LIM, tablet, mobile learning) e loro fruibilità;
5. rilevazione delle competenze acquisite dal team nell’ambito delle TIC e del Web 2.0;
eventuale (ri)allineamento e socializzazione di tali competenze mediante il peer-teaching;
6. programmazione di un modulo dedicato alla realizzazione di attività con la flipped
classroom (in termini di discipline o aree disciplinari coinvolte, tempo scolastico da
dedicare, scansione oraria ecc.);
7. scelta dei programmi necessari per la costruzione delle lezioni (presentazioni elettroniche,
vodcasting, condivisione di documenti online ecc.);
8. scelta del programma di screencasting da utilizzare per la registrazione delle video lezioni;
9. reperimento e analisi di lezioni online da educational sites e creazione di una banca dati
condivisibile. Tra i siti disponibili, uno particolarmente preposto al modello flipped è TEDED. Esistono poi Teacher Tube, Khan Academy, blog e wiki creati da docenti. Non sono
ancora molti, invece, i siti italiani in cui si condividono esperienze didattiche utili anche per
la flipped classroom;
10. ove possibile, utilizzo della metodologia CLIL in lingua inglese per la presentazione di
contenuti in lingua veicolare;
11. presentazione agli studenti del modello d’istruzione (e redazione di un patto formativo);
12. definizione delle modalità di distribuzione delle video-lezioni (su Google Docs, tramite
piattaforma della scuola, su blog o wiki, tramite mobile learning, su apposito canale
YouTube o Teacher Tube, con chiavetta USB o su CD o DVD per chi non ha Internet a
casa).
La seconda parte del percorso progettuale dovrà tenere conto di diversi aspetti, positivi o
negativi, qui sintetizzati in due linee essenziali:
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1. come organizzare il tempo-scuola che si libera: svolgimento di esercitazioni individuali o in
gruppo, attività laboratoriali, problem solving e case study, situazioni di tutoring tra pari,
effettiva ed efficace personalizzazione degli apprendimenti, supporto individuale docentestudente, intervento in classe di esperti, somministrazione di test per la verifica della
progressione nell’apprendimento, utilizzo in classe di PC, tablet o mobile learning, ecc.;
2. come responsabilizzare gli studenti a un uso effettivo ed efficace delle video-lezioni a casa e
quali strategie mettere in atto nel caso in cui alcuni studenti non svolgano preliminarmente
tale attività a casa.
La sperimentazione, infine, può acquistare particolare rilevanza prevedendo, ove possibile, la
partecipazione di tirocinanti in fase di realizzazione del TFA. Il loro contributo potrebbe servire
al monitoraggio in itinere dell’esperienza, alla riflessione costante sui processi e i risultati
ottenuti, mediante determinati modelli di esplorazione e riflessione, quali il modello ALACT o
la Ricerca Azione.
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