La_Flipped_Classroom

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Rev. 4.1 del 04/01/2016
La Flipped Classroom
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La Flipped Classroom
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Sommario
La Flipped Classroom.....................................................................................................................................................................4
1.1 Cos’è una Flipped Classroom.................................................................................................................4
1.2 Nuovi approcci metodologici................................................................................................................14
1.3 Il modello didattico della Flipped Classroom.........................................................................................32
1.4 Una scuola al passo coi tempi...............................................................................................................33
1.5 La Comunicazione efficace per un apprendimento permanente............................................................36
La Flipped Classroom
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La Flipped Classroom
In questi ultimi dieci anni, è diventato frequente se non necessario per molti docenti, creare contenuti
educativi e didattici attraverso l’ausilio di video, e mezzi tecnologici, da mostrare ai propri studenti o da
realizzare con gli stessi. Si tratta di un approccio diverso che convoglia diverse attività e abilità. È innegabile
riconoscere che ciò offre diversi spunti di riflessione.
I nuovi ausili tecnologici come smartphone, tablet, con annesse videocamere, hanno permesso di creare
video mediante appropriati software di editing.
Gli scenari che lo sviluppo dei nuovi media, ha comportato nelle nuove generazioni, ha imposto sul piano
educativo un cambiamento del paradigma dell’educazione.
Il diffondersi della produzione di contenuti aperti, ha moltiplicato la libera accessibilità a risorse digitali, mentre
il loro utilizzo nei contesti scolastici, ha spinto la stessa scuola ad adeguarsi ai tempi, e ad abbandonare la
impostazione trasmissiva, a favore di un insegnamento partecipato e condiviso tra docenti e alunni. Si tratta
di una pratica educativa che ha ricevuto diversi consensi e consente di capovolgere (to flip) quei momenti di
attività disciplinare e didattica che si imponevano con lezioni frontali, distanti e granitiche.
Il modello della Flipped classroom, accorcia le distante tra alunno e docente e consente una sinergia dialogica
unica nel suo genere.
Le videolezioni, i diversi prodotti multimediali, nonché gli strumenti di interazione online, hanno permesso
di accedere a contenuti che possono essere prelevati anche fuori dalla scuola, ovvero: anche tra le pareti
domestiche.
Si tratta di contenuti che rielaborati consentono di creare nuclei tematici che uniti a quelli di ogni singolo
alunno, consentono di dar vita ad un unico prodotto, sostanzialmente redatto insieme.
È la fase della elaborazione partecipata e progettuale che si realizza sul piano scolastico. Infatti la elaborazione
del contenuto avviene collettivamente, e consente di compiere una circolarità del sapere elaborando il
contenuto in chiave collettiva, ma anche individuale, nel rispetto della soggettività e del pensiero di ognuno.
Il ruolo del docente in questo modello acquisisce una nuova dimensione, dato che come mentore, ne dirige
processo e prodotto, spingendo ogni singolo alunno a fare ricerca e ad adoperarsi nell’eseguire il compito.
La fase della esercitazione, della applicazione e della elaborazione si sposta a scuola, in un contesto
collaborativo ideato e condotto dal docente, che ne assume in toto la regia.
“Le implicazioni pedagogiche di questa duplice inversione sono molteplici: dalla individualizzazione e
personalizzazione dell’apprendimento nella prima, all’apprendimento attivo e fra pari nella seconda,
consentendo di trasformare una didattica fondamentalmente istruzionista in una costruttivista e sociale.
Questo contributo intende fornire un’analisi dei presupposti psico-pedagogici, dei nodi problematici,delle
pratiche didattiche e degli strumenti operativi che vengono coinvolti in questa strategia1”.
1.1 Cos’è una Flipped Classroom
La flipped classroom o classe rovesciata – è un evidenziare e proporre a tutti i docenti un modello che dal
classico sposta il suo baricentro rendendosi compatibile con la richiesta di sviluppare competenze sempre
più ricche e meno imbrigliate.
Cominciamo con l’identificare il concetto di competenza. È indubbio che la parola competenza è la capacità
di usare conoscenze (knowledge), abilità (skills) e attitudini (attitudes) in contesti concreti, producendo
1 Graziano Cecchinato. “Flipped Classroom : Innovare la scuola con le tecniche digitali” TD Tecnologie Didattiche, , pp. 11-20
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risultati osservabili.
La didattica delle competenze guarda alla possibilità di dare a ogni soggetto dell’educazione l’acquisizione
delle conoscenze e delle abilità, favorendo attitudini personali e potenziale, immergendo lo studente in un
contesto meno aliatoria, ma più concreto nel quale tanto la conoscenza quanto l’abilità e l’attitudine possano
trovare espressione e riconoscimento.
Cominciamo direttamente, con definizioni mutuate dalla Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio
europeo sul Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l’apprendimento permanente (23 aprile 2008),
per evitare confusioni inmerito a termini.
• Conoscenze: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono
un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. Nel contesto del
Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche.
• Abilità: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine
compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte
come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti
l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).
• Competenze: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o
metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto
del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
Lo scopo principale è produrre risultati, ovvero un prodotto frutto di un processo negoziato e condiviso.
“È lamentela comune dei docenti l’impossibilità di lavorare su tutti i piani avendo a disposizione un
tempo limitato2”
La flipped classroom può se impiegata come condizione ottimale allo sviluppo dell’apprendimento e di un
metodo di studio acquisito, aiutare gli studenti a leggere la scuola come un luogo che progetta, fucina d’idee,
riservando allo studio a casa la sola acquisizione delle conoscenze. Mentre le esercitazioni a casa acquistano
una veste che aspira a potenziare abilità liberando il tempo d’aula per attività individuali e di gruppo in cui
affrontare problemi concreti e produrre risultati osservabili.
Come? Anche attraverso i COMPITI DI REALTÀ.
Analizzando il concetto di competenza, avremo modo di chiarire altri aspetti educativi e didattici che
convogliano a rendere l’apprendimento efficace.
La competenza può essere rappresentata da un insieme di cerchi concentrici e tra loro interdipendenti3:
• Un primo cerchio ci richiama le risorse cognitive, ovvero le conoscenze e le abilità necessarie per affrontare
un dato compito;
• Un secondo cerchio riguarda il saper agire, ovvero la capacità di mobilitare le proprie risorse nell’affrontare
il compito proposto e mette in gioco l’attivazione dei processi logico-cognitivi di base e complessi;
• Un terzo cerchio concerne il poter agire, ovvero la sensibilità alle risorse e ai vincoli che il contesto
operativo pone;
• Un quarto cerchio si riferisce al voler agire, ovvero all’atteggiamento con cui il soggetto si pone di fronte
al lavoro proposto, in riferimento al compito da affrontare, al contesto d’azione, a se stesso, agli altri
soggetti coinvolti.
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Graziano Cecchinato, Flipped classroom, innovare la scuola con le tecnologie del Web 2.0
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Boterf (2009)
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SAPERE – POTERE – VOLERE = AGIRE
L’insieme dei cerchi, ci restituisce una visione di competenza come : “la capacità di affrontare un compito di
realtà mobilitando le proprie risorse in modo pertinente alle condizioni del contesto in cui si opera”.
In sostanza quello che si evince dai contenuti presenti nelle Raccomandazioni del 2008.
Alla luce di quanto detto, se volessimo sintetizzare il valore aggiunto riconoscibile nella rappresentazione del
sapere attraverso il costrutto della competenza in rapporto a concetti più tradizionalmente scolastici come
quelli di conoscenza e abilità, potremmo identificare tre piani di analisi4:
• Il passaggio da una visione statica (prevalente nei concetti di conoscenza e abilità che fanno riferimento
al possesso di un certo bagaglio a disposizione del soggetto) ad una visone dinamica delle conoscenze,
veicolato dal concetto di competenza che ci richiama una mobilitazione di saperi in vista di un certo
scopo, quindi di un saper agire;
• Il passaggio da un approccio analitico, orientato verso una scomposizione progressiva del sapere nei
suoi componenti più elementari (basti pensare agli sterminati elenchi di conoscenze e abilità propri della
pedagogia per obiettivi), ad un approccio olistico al sapere, riconoscibile nella visione della competenza
intesa come integrazione delle risorse dell’individuo e rappresentato nella struttura a cerchi concentrici
del modello proposto;
• Il passaggio da un sapere decontestualizzato, veicolato dai concetti di conoscenza e abilità che ci
restituiscono un sapere astratto, non rapportato a contesti specifici (ad esempio, il saper fare una
moltiplicazione o conoscere le tabelline) e potenzialmente inerte, ad un sapere situato, riferito ad un
determinato contesto operativo in cui agire.
È sempre la stessa Griseta nell’esporre la sua analisi ad affermare che se, dovessimo sintetizzare i principali
tratti che qualificano la prospettiva di apprendimento veicolata dalle competenze, potremmo indicarli con
queste parole:
“Sapere per”
In primo luogo, la competenza enfatizza la capacità di mettere in relazione i saperi posseduti da un individuo
con i contesti di realtà entro cui agisce; il sapere, in tutte le sue accezioni, cessa di essere un fine a se stante,
come spesso avviene nelle aule scolastiche, e recupera la sua ragion d’essere più autentica: uno strumento a
nostra disposizione per comprendere e intervenire sulla realtà. L’espressione “sapere per” intende richiamare
tale attributo, laddove la preposizione”per” non è da leggersi in termini riduttivamente funzionalistici e
utilitaristici, bensì come opportunità di recupero del senso del sapere, in rapporto alla globalità dei bisogni
esistenziali della persona.
Centralità dei processi
La prospettiva relazionale di un sapere agganciato ai contesti di realtà richiama la centralità dei processi
nello sviluppo della competenza, ovvero quell’insieme di operazioni che consentono all’individuo di
mobilitare i propri saperi per affrontare un determinato compito di realtà. Tale mobilitazione implica non
solo l’attivazione di strategie e operazioni cognitive, ma anche di processi meta cognitivi, affettivi, sociali;
si tratta di un eccezionale allargamento dello sguardo sull’apprendimento rispetto alla visione scolastica
prevalentemente centrata sull’acquisizione di risorse cognitive, ossia di conoscenze e abilità afferenti i diversi
campi disciplinari. Imparare non significa solo accumulare mattoncini di sapere, bensì saperli integrare tra
loro e mobilitarli in rapporto a determinati contesti di realtà.
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G. Griseta “Scuola in…form…azione”, PROGETTO DI FORMAZIONE E RICERCA IN RETE ( Minervino M. 2014)
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Sensibilità al contesto
Il richiamo ai contesti ci rinvia ad una prospettiva di sapere situato, rapportato ad un insieme di risorse e di
vincoli che definiscono una determinata situazione: di ordine temporale, economico, strumentale, relazionale,
ecc. È ciò che viene indicata come sensibilità di contesto, ossia la capacità di adattare la propria azione alle
condizioni contestuali in cui ci si trova. Si tratta, anche qui, di una dimensione essenziale della competenza,
non a caso spesso richiamata per segnalare ciò che fa la differenza tra un soggetto novizio, fresco di studi,
e un soggetto esperto nei diversi ambiti professionali. Su questo piano la scuola mostra la sua distanza nel
caratterizzarsi come ambiente protetto rispetto al mondo reale e orientato allo sviluppo di apprendimenti a
valenza universale.
Nel dar voce al ruolo delle competenze la ricercatrice ci pone di fronte ad un problema concreto e ad un
esempio chiarificatore, relativo alla risoluzione di problemi matematici. Esaminiamo quattro componenti in
una competenza esperta5:
• le risorse cognitive, ovvero le conoscenze e le abilità necessarie alla risoluzione di un problema;
• le risorse euristiche, cioè la capacità di individuare il problema, di metterlo a fuoco, di rappresentarlo;
• le capacità strategiche, vale a dire le modalità con cui progettare la risposta, monitorarne la soluzione,
valutarne la plausibilità;
• il sistema di valori del soggetto, con particolare riguardo alla sua idea di matematica e di se stesso in
rapporto alla matematica.
La proposta di Schoenfeld ci aiuta a cogliere con evidenza la principale difficoltà che la cultura scolastica
manifesta nell’approcciarsi al tema delle competenze: la scuola tende ad attribuire molto valore alla prima
delle componenti richiamate dall’autore, il possesso di conoscenze e abilità; molta meno attenzione viene
posta, sia nel momento didattico sia nel momento valutativo, alle altre componenti, spesso considerate alla
stregua di doti innate nello studente, ma non tematizzate dalla cultura e dalla prassi scolastica tradizionale.
Il passaggio verso le competenze, quindi, richiede di allargare lo sguardo all’insieme delle componenti che
concorrono a formare la competenza: non solo ciò che lo studente sa, ma anche ciò che sa fare con ciò che
sa.
Il punto fondamentale che l’irrompere delle competenze pone al mondo scolastico riguarda il ricondurre
i saperi disciplinari al loro ruolo di strumenti per la formazione del soggetto, piuttosto che di fini in sé.
Occorre ribaltare la clamorosa inversione mezzi-fini che ha da sempre caratterizzato la scuola, e riportare
le discipline al ruolo per cui si sono originate e sviluppate nella storia dell’umanità: fornire cioè strumenti
culturali per comprendere e affrontare la realtà naturale e sociale. Solo in questo modo è possibile assumere
le competenze chiave di cittadinanza non solo come orpello che abbellisce una proposta formativa schiacciata
sui saperi disciplinari, bensì come analizzatori dell’intera proposta formativa, in rapporto ai quali precisare
e strutturare il contributo che i vari saperi disciplinari possono fornire al loro sviluppo.
Il punto centrale su cui ripensare l’insegnamento scolastico è questo: come agganciare la scuola alla vita,
come orientare la propria azione verso un apprendimento profondo, capace di trasferirsi alle situazioni di
realtà, un apprendimento che non smarrisca mai il collegamento con l’esperienza del soggetto?
Difatti, non c’è niente di fumoso nella didattica per competenze, ma una attenzione e una cura consapevole
per alcuni fattori, già presenti nelle esperienze didattiche di qualità, che predispongono con maggiore
probabilità l’alunno a fare proprio, trasferire, utilizzare autonomamente nei contesti di vita ciò che viene
imparato a scuola.
Vediamo, allora, alcune sfide professionali che il passaggio verso le competenze propone alle rappresentazioni
5Schoenfeld
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culturali e alle prassi operative degli insegnanti:
Considerare i saperi come risorse da mobilitare
La conoscenza non deve essere materia inerte, incapsulata all’interno delle discipline scolastiche, bensì
materia viva, da mettere in relazione con le esperienze di vita e i problemi che la realtà pone; i saperi
scolastici non sono qualcosa di auto consistente, richiedono di essere sempre pensati come delle potenziali
risorse per affrontare contesti di realtà, non possono permettersi di perdere questo collegamento vitale.
Promuovere l’acquisizione di conoscenze
La didattica per competenze non solo non svaluta i contenuti, ma li coltiva e li approfondisce. Non è
sufficiente, infatti, accertarsi che l’alunno abbia memorizzato e sappia ripetere, ma è bene assicurarsi
che abbia colto con chiarezza il senso di un concetto, di un processo, lo abbia interiorizzato nelle sue
connotazioni essenziali, nella sua struttura, lo possieda e lo usi. È importante, quindi, non accontentarsi di
un buon risultato ma invitare l’alunno a rappresentarsi con chiarezza i concetti, a ripercorrere mentalmente
i processi, per diventarne consapevole, svincolarli dal “qui” ed “ora” ed usarli poi in altri contesti compatibili
strutturalmente.
Le domande che seguono sono esemplificative al riguardo: Che processo hai usato per affrontare questo
problema? Prova a ripercorrerlo mentalmente. Cosa hai fatto innanzitutto…e poi? Cosa è cambiato rispetto
a quando non riuscivi? Potresti usare queste strategie in altri compiti? In altre materie? In qualche gioco? In
qualche altra situazione? Che significa questo concetto? Spiegalo con le tue parole. Possiamo ritrovarlo in
altri ambiti? Se le competenze consistono nell’usare e trasferire conoscenze e abilità in contesti diversi da
quelli in cui sono state apprese, stimolare intenzionalmente il transfer diventa una delle azioni cruciali della
didattica quotidiana, un modo per abituare gli alunni a infrangere le barriere virtuali che imprigionano i
contenuti, stimolandoli a cercare connessioni personali con la vita.
Esercitare abilità
Il primo passo consiste nell’identificare le abilità che stanno alla base delle competenze che si intendono
suscitare, o almeno quelle peculiari ed essenziali, consapevoli che molte abilità, più generali, si acquisiscono
anche in modo informale in contesti diversi da quello scolastico. Se si vuole che gli alunni arrivino a
padroneggiarle, che esse divengano “automatiche” come prevede la loro definizione, non basta che gli
studenti ne facciano esperienza una tantum, nel corso di un compito o di un breve progetto; è necessario,
invece, che siano chiamati spesso ad usarle, prima singolarmente, per evitare interferenze, poi appena
possibile all’interno di compiti progressivamente più complessi e meno familiari che richiedano di esercitare
le abilità alternandole fra loro in sequenze non fisse, ma random, e stimolino gli alunni a processi di raccolta
e analisi delle informazioni, necessari a produrre risposte adeguate a situazioni che cambiano. Compito
dell’insegnante è selezionare e proporre attività e situazioni significative che, dosando adeguatamente il
livello di novità e complessità, permettano ai ragazzi di esercitare in forme non rigide né addestrative le
abilità da acquisire.
Lavorare per situazioni problema
La stretta connessione tra realtà e scuola, simboleggiata dalla metafora del ponte, si riflette nell’appoggiare
il lavoro didattico su attività in grado di integrare i diversi saperi, e di renderlo significativo proponendo
situazioni problematiche da affrontare, attivando processi euristici in contesti reali; l’espressione “situazioniproblema” ben sintetizza un approccio esplorativo, di ricerca aperta, verso la conoscenza, coniugato con
un riferimento a situazioni reali, a contesti operativi concreti e definiti, fatti inevitabilmente di risorse e di
vincoli.
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Condividere progetti formativi con i propri allievi
Il ruolo di protagonista del proprio apprendimento affidato agli studenti si riflette nella pratica della
contrattualità formativa, funzionale ad una condivisione di senso del lavoro didattico, non solo con gli studenti,
ma anche con gli altri soggetti coinvolti (genitori, interlocutori esterni, personale ATA); il punto focale è
la ricerca di significato per il lavoro scolastico da parte dei diversi attori coinvolti (anche per il docente),
una attribuzione di senso che promuova una disponibilità ad apprendere e favorisca una finalizzazione
riconoscibile per il proprio impegno e i propri risultati.
Adottare una pianificazione flessibile
L’aggancio con problemi di realtà richiede un approccio strategico alla progettazione, fondato sulla messa a
fuoco di alcune linee di azione da adattare e calibrare durante lo sviluppo del percorso formativo; ciò implica
un approccio flessibile, aperto alla progettazione didattica, non riconducibile ad un algoritmo preordinato,
bensì ad una ricerca da impostare ed adattare in corso d’opera, avendo chiaro dove si vuole arrivare e i
traguardi formativi che si intende promuovere.
Suscitare motivazione
Per produrre un comportamento competente di fronte a un compito scolastico o extrascolastico, non basta
che il soggetto possieda conoscenze e abilità adatte ad affrontarlo; occorre anche che si senta motivato a
metterle in gioco.
Come alimentare, allora, questa componente energetico-motivazionale nella didattica quotidiana? Il discorso
riguarda il senso stesso dell’insegnare e dell’apprendere. In estrema sintesi, riteniamo più probabile che un
alunno faccia proprie, rielabori personalmente e riutilizzi, anche in contesti di vita, le conoscenze e le abilità
acquisite a scuola, se il loro apprendimento è stato in qualche modo significativo e se risulta legato alla
percezione di un rafforzamento di sé, della sua autostima.
Pensiamo, quindi, sia importante, nella didattica quotidiana, far leva su questi due aspetti. Come? Per quanto
riguarda il primo, è fondamentale far trasparire il significato, il valore che le attività su cui vogliamo catturare
l’attenzione dei ragazzi hanno innanzitutto per noi docenti: sensibilizzare gli alunni al fascino, alla bellezza,
o anche solo all’utilità di certi contenuti, stimolarli a trovare un senso personale alle cose, alle azioni, senza
togliere loro la fatica di cercarlo.
Si può aprire, a questo punto, anche il vastissimo discorso relativo all’adozione di modalità didattiche che
inducano alla ricerca, alla scoperta, al coinvolgimento attivo degli studenti, anche quando i contenuti da
proporre non hanno un interesse immediato per loro. Passiamo, ora, al secondo punto. Il sostegno all’autostima
del discente, nonostante la fatica e il timore legati generalmente agli apprendimenti più complessi, implica
per gli insegnanti il dovere di essere esigenti, ma anche la capacità di ai proporre ai ragazzi sfide che si
collochino, come direbbe Vygotsky, nella loro zona di sviluppo prossimale, ossia poco al di sopra del livello
delle loro prestazioni autonome, perché possano, con buone probabilità, essere affrontate con successo e
rafforzare negli studenti percezioni di fiducia. Il docente è anche il mediatore che con sapienza predispone
le condizioni per il successo, per alimentare quel circuito virtuoso da cui l’apprendimento trae energia.
Praticare una valutazione per l’apprendimento
La pratica consapevole in cui si esprime l’apprendimento amplifica il potenziale formativo del momento
valutativo, vero e proprio specchio attraverso cui conoscere e riconoscersi, risorsa meta cognitiva per
il soggetto che apprende; la valutazione si connette strettamente alla formazione, non è pensata come
un momento terminale e separato bensì come uno strumento attraverso cui promuovere e consolidare
l’apprendimento.
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Andare verso una minore chiusura disciplinare
La realtà è per sua natura restia ad essere rinchiusa nei recinti concettuali e metodologici delle singole
discipline, necessita di una pluralità di sguardi attraverso cui osservare e comprendere la propria esperienza;
l’insegnamento-ponte implica necessariamente un superamento dei confini disciplinari, una capacità di
connettere non solo la scuola con la vita, ma anche i diversi saperi disciplinari, pensati come strumenti di
analisi di una realtà unica e scomponibile.
Convincere gli allievi a cambiare mestiere
Una diversa modalità con cui avvicinarsi all’insegnamento non impatta solo con le resistenze e le routine
del corpo docente, ma anche con gli stereotipi, le aspettative, i modelli culturali degli studenti, delle loro
famiglie, della comunità sociale. Un approccio per competenze richiede allo studente di porsi in modo diverso
rispetto all’esperienza di apprendimento, non come ricettore passivo e riproduttore di un sapere predigerito,
bensì come co-produttore di una conoscenza da costruire e condividere. Quest’ultima avvertenza segnala
con evidenza che la sfida non è solo tecnico-professionale bensì soprattutto culturale, poiché investe l’intera
comunità sociale che ruota intorno all’universo scolastico e i significati che ciascuno degli attori attribuisce
al fare scuola.
La comunità scolastica, individuata come soggetto a cui affidare l’elaborazione del curricolo, pur nel rispetto
dei reciproci ruoli e attribuzioni, è chiamata a confrontarsi nella sua totalità con la sfida delle competenze. Ciò
significa un lavoro che non riguarda solo la comunità professionale dei docenti, ma si allarga alla relazione
con gli allievi e i genitori e al confronto con gli attori sociali, portatori quanto i docenti di un insieme di
stereotipi, pregiudizi, assiomi indiscutibili in merito al significato e ai modi della formazione scolastica.
In gioco c’è un’idea di scuola che va de-costruita, smontata e problematizzata pezzo a pezzo e ricostruita
parzialmente su premesse diverse; un’idea di scuola che permea di sé le pratiche didattiche, le procedure
organizzative, i comportamenti valutativi, i setting organizzativi.
1.1.1 Quattro passi nel passato
Afferma Graziano Cecchinato in una definizione più che esaustiva in merito alla fipped classroom: “Gli
sviluppi tecnologici e sociali della rete internet, che favoriscono la partecipazione attiva alla produzione di
contenuti multimediali interattivi, stanno moltiplicando la libera disponibilità di risorse digitali educative e
le modalità di rielaborazione e condivisione nei contesti scolastici. In questo scenario una pratica che si sta
diffondendo prevede di capovolgere (to flip) i momenti classici dell’attività didattica: la lezione frontale e lo
studio individuale. Grazie alla disponibilità di videolezioni, di prodotti multimediali, di risorse informative, di
strumenti interattivi, la fruizione dei contenuti viene svolta al di fuori delle mura scolastiche, con i tempi e i
ritmi che ogni studente può determinare, mentre la fase di approfondimento, di riflessione, di esercitazione,
di applicazione, si sposta a scuola, sotto la guida e il sostegno del docente. Le implicazioni pedagogiche
di questa inversione sono molteplici, dalla personalizzazione dell’apprendimento nella prima inversione
all’attivismo (Dewey) e al peer learning nella seconda, aprendo le porte al discovery learning (Bruner),
all’inquiry learning (Rutherford), all’experiential learning (Kolb), al costruttivismo (Jonassen) al connettivismo (Siemens)”.
In un dipinto datato 1350 ( di seguito riportato) è stata riprodotta una classe, in una probabile lezione
universitaria.
Si tratta sostanzialmente di scene familiari, ancora molto vicine alla realtà di oggi.
È innegabile che tutti gli elementi presenti nella scena, si rapportano bene ad una realtà che è ancora
osservabile nelle nostre aule. Della serie, nulla di nuovo sotto lo stesso sole.
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Gli oggetti e i mobili sono distribuiti in modo da allocare il docente in cattedra, frontalmente ad un aditorio
che non sembra costituito da gente che ascolta se non nelle prime file, mentre sostando lo sguardo oltre la
prima riga di persone, scorgiamo l’annoiato, il dormiente, lo scalda posto ecc.
Si compie di fronte ai nostri occhi, una allegoria, di una rappresentazione scenica statica e insieme dinamica
che mette in luce interessi, motivazione, disinteresse degli studenti e del fare del docente, impegnato a “
vomitare “ contenuti monologando intorno alla disciplina.
Presuppone che ognuno dei figuranti, parli rispettando il proprio ruolo, da un posto fisso e statico. La
comunicazione era costituita da una lezione frontale fatta un parlante autorizzato e da un numero imprecisato
di uditori.
È assodato che le istituzioni, tutte le istituzioni, proprio in quanto canoniche, preconfezionate, hanno, oltre
alle funzioni per le quali sono state fondate, un obiettivo che è costituito dall’autoreferenziarsi .
La scuola in quanto istituzione
cambiamento.
imola se stessa, presentandosi in chiave standard ed opponendosi al
Innegabile la resistenza di molti docenti considerati della vecchia guardia ad assumere le tecnologie come
fonte dalla quale attingere per interesssare gli alunni.
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Figli di Gutemberg, fortemente contrariati dalla rete e dai sistemi informatici, i docenti che fanno la scuola,
rischiano di apparire conservatori di un sistema istituzionale che chiede d’essere rinnovato previa esclusione
dal marciare al passo coi tempi.
1.1.2 Il docente e il discente
La visione della scuola e la sua conseguente re-visione in prospettiva storica e longitudinale dell’istituzione
per eccellenza dopo la famiglia, ha finito per modificarne definizione e funzione.
A riguardo sono stati scritti interi trattati sulla comunicazione tra docente e discente, di cui ognuno di noi ha
memoria. Di fatto, uscendo da una concezione rigida dell’essere docente, il ruolo ad esso attribuito ha finito
per corrispondere ad una figura che sostiene, supporta veicola il sapere, al minore che ne diviene comunque
erede.
Oggi nel guardare al profilo dello studente si presume che questi, abbia acquisito conoscenze, abilità nonché
atteggiamenti, i quali vissuti e agiti nel contesto scolastico, gli hanno consentito in modo integrato di
entrare nei diversi campi del sapere. Si tratta di esperienza che ne hanno definito il progetto curricolare,
a sua volta partorito dal docente, anche in chiave collegiale, al quale spetta poi il compito di certificarne
l’avvenuta acquisizione.
Il profilo atteso pertanto, risponde a una forte valenza progettuale, ( è un orizzonte di attesa che orienta
l’azione della scuola e dei docenti e delimita il patto formativo con l’allievo).
L’istituzione scolastica rilascia al soggetto ufficializzandone la validità il riconoscimento dell’avvenuto
percorso, e ne giudica il processo, attribuendone comunque una valutazione.
In una scuola in continua evoluzione qual è la funzione del docente?
Partiamo da una premessa doverosa. L’educazione consiste nello spronare e sollecitare lo sviluppo cognitivo
dell’alunno, e favorire l’incontro con il mondo e l’acquisizione di competenze e capacità. Affinché l’azione di
educare si realizzi, vi deve essere qualcuno che guidi, sostenga, supporti il bambino quanto il fanciullo verso
quella conoscenza, che arricchita nel corso degli anni, gli consenta di costruire il suo bagaglio esperenziale
e cognitivo.
Egli ha il compito quindi, di condurre l’alunno con le sue conoscenze e verso la cultura e non solo in chiave
nozionistica.
Il suo compito è quello di andare oltre, oltre la semplice lezione spesso rispondente ai programmi ministeriali.
Insegnare è un’arte, al pari di qualunque altra virtù che alimentata e arricchita ha una ricaduta notevole per
se stessi e per gli altri sia in termini di gratificazione che di aspettative.
Una precisazione in merito risulta necessaria: “Si deve però fare attenzione a non mettere al centro del
processo educativo la funzione del docente rispetto a quella dell’alunno”.
Ma qual è stato e come si è evoluto il ruolo del docente nel tempo? Mattia Scalas in un articolo apparso in
rete ci offre una sua riflessione consentendoci di operare un’analisi anche del ruolo e del riconoscimento
che questa figura ha assunto nel tempo. “In tempi antichi, a cavallo tra l’800 e il 900, il professore era una
delle pochissime figure intellettuali con cui un ragazzo si relazionava, e appariva ai genitori come una sorta
di “complemento”culturale ma anche morale all’educazione da loro impartita. Questo spiega forse quell’aura
quasi sacrale che ancora i nonni tendono a dare ai propri docenti, quando nei loro racconti li ritraggono come
“istituzioni” dotati di pari dignità rispetto al parroco, al medico o al sindaco, grazie ai quali l’analfabetismo è
stato quasi totalmente sconfitto. In seguito, il progressivo aumento delle pubblicazioni cartacee prima, delle
radio e telecomunicazioni poi, hanno progressivamente tolto il monopolio della cultura alle scuole, e dunque
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ai professori. Da allora il mestiere dell’insegnante ha perso gran parte del rispetto che prima gli era tributato,
e si è trasformato sempre più in un normale impiego statale. L’avvento di internet, infine, ha addirittura
peggiorato questa situazione, riducendo talvolta il docente, secondo alcuni genitori, a una sorta di computer
deambulante la cui unica funzione è quella di promuovere il proprio pargolo senza troppi intoppi. Il professore
è passato quindi nell’immaginario comune dal “luminare” paesano degli anni ’30 al laureato fallito del XXI
secolo. La presunzione dilagante infatti ha reso molte persone totalmente cieche di fronte all’operato di
questa classe di lavoratori. Ma se è vero che ormai si può studiare qualsiasi disciplina solo con l’ausilio di un
computer collegato a internet, è anche vero chi il docente ha la funzione, vitale, di formare il futuro cittadino.
Egli ha il compito di dare un metodo, una forma mentis allo studente, e deve porsi come faro nell’oceano in
tempesta nel quale si trovano sballottati i ragazzi dell’era internet, sempre più influenzati e confusi da una
molteplicità di messaggi contrastanti tra loro. Il professore deve saper trasmettere ai giovani l’interesse per
la cultura, e fare in modo che essi abbiano più voglia, davanti a un computer, di leggere qualche articolo
scientifico dal sito del CERN piuttosto che di connettersi su Facebook.L’utilità del professore, dunque, non è
diminuita, ma semplicemente il suo compito è cambiato: un po’ meno “insegnante”, sempre più psicologo e
motivatore oltre che trascinatore6”.
1.1.3 Ruolo del docente
Herbart afferma che all’uomo serva, almeno quanto il nutrirsi “un’istruzione educativa” come trasmissione
ed elaborazione della cultura, condizione che solo un docente può favorire nel suo ruolo, a condizione di
crederci veramente.
Se cinque sono i valori che costituiscono i fini educativi generali, altrettanti sono i criteri metodologici
fondamentali per ogni tappa d’insegnamento:
• Preparazione (richiamare quanto già appreso e indicare l’aggancio con le nuove nozioni);
• Presentazione (avvio di un nuovo apprendimento mediante la concatenazione tra più nozioni);
• Associazione (sistemare le nuove nozioni all’interno del tessuto cognitivo già acquisito);
• Generalizzazione (formazione di regole generali per astrazione dal materiale appreso);
• Applicazione (esercizi di verifica e di consolidamento del sapere).
Ma questi criteri non potrebbero funzionare se non ci fosse un legame con lo scopo educativo che favorisca la
concatenazione tra i contenuti via via appresi. Questo legame è costituito dalla multilateralità dell’interesse,
che consente di evitare la dispersione delle attività educative orientandole verso la formazione della persona
nella sua integralità.
Diversa è la visione di Vygotskij, il quale guarda all’ambiente sociale come fattore di promozione dello
sviluppo, per cui tutte le relazioni intersoggettive con gli adulti possiedono una forte valenza educativa in
quanto sono comunque percorsi culturali senza i quali l’uomo non può acquisire le sue qualità e funzioni
specifiche.
Tra gli adulti di cui parla, annovera anche i docenti. 1.1.4 Compito del discente
Dewey proponeva la centralità dell’attività del fanciullo che, guidato dall’insegnante, apprende attraverso il
fare, un programma che tiene presenti gli interessi, i bisogni e lo sviluppo fisico e psicologico dell’alunno.
6
Mattia Scalas - http://siottino.altervista.org/1211/1211_11.html
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Il sapere per Dewey non è fisso e definito, ma è piuttosto un sistema elastico che si arricchisce e modifica
progressivamente grazie all’esperienza. Con una simile impostazione la scuola, non può che essere scuola
attiva, il che implica che lo stesso studente debba avere di sé una nuova visione, dato che concorre non solo
al processo, ma alla stessa bozza educativa e che il suo operare è parte integrante del tutto.
La fipped classroom, impiegando le nuove ecnologie, assolve completamente a questa visione a questo
nuovo modo di fare scuola e di accostarsi al sapere, come ad un terreno che cela al suo interno una serie di
semi, che chiedono di germogliare.
I principi del metodo di Dewey, possono essere considerati ancora moderni e non obsoleti, dato che vestono
i principi cardini sui quali ogni metodo deve tener conto:
• Partire dagli interessi infantili e da una reale attività d’esperienza;
• Porre l’alunno in una oggettiva situazione problematica, perché venga stimolato il pensiero;
• Fornirgli il materiale informativo per consentirgli le opportune ricerche e indagini;
• Stimolare nell’alunno lo sviluppo organico delle ipotesi che è in grado di formulare spontaneamente;
• Metterlo in grado di verificare le sue idee per mezzo dell’applicazione.
Secondo Claparède l’insegnante, deve conoscere e analizzare i bisogni del fanciullo, suscitare i suoi interessi
e rimuovere la sua repulsione per lo sforzo presentando il lavoro da eseguire in forma ludica e gioiosa. I
bisogni e gli interessi sono però individuali, per cui la scuola deve essere “una scuola su misura” in quanto
deve rispettare e valorizzare le diversità di ciascuno e deve selezionare i talenti.
L’organizzazione scolastica deve optare per soluzioni come:
• Le classi parallele (formate da alunni di capacità omogenee)
• Mobili (dove gli alunni si spostano per ciascuna materia nella classe corrispondente al proprio livello),
• Le sezioni parallele (che offrono possibilità formative diverse),
• Il sistema delle opzioni (porre accanto ad un programma minimo comune un’ampia offerta di possibilità
di studio tra cui l’alunno possa scegliere).
La didattica più che insegnare contenuti specifici, deve stimolare attività in modo da educare alla vita,
trasformando gli scopi futuri in interessi presenti per il fanciullo, utili anche sul piano socialee la crescita di
un paese. Omologare gli apprendimenti, appiattirli, manda in stallo intelligenze che potenziate, potrebbero
invece sorprendere.
1.2 Nuovi approcci metodologici
La Scuola attiva, attesta Ferrière deve essere educazione alla libertà e nella libertà: permettendo all’allievo
o alunno, la piena realizzazione di tale libertà attraverso un ambiente in cui egli possa vivere ed essere
operoso, procurandosi il sapere con una ricerca personale, da solo o in collaborazione.
La flipped classroom, sembra rispondere a quanto già la scuola attiva suggeriva, in quanto era quellla
corrente, quella ventata innovativa che dava importanza al lavoro, inteso come attività di progettazione e
realizzazione anche intellettuale. Piuttosto che la lezione tradizionale, basata sulla passività dell’alunno e il
protagonismo dell’insegnante, una scuola attiva, proiettata nel futuro e nel qui ed ora, deve prevede che la
lezione si strutturi in tre tempi:
• Raccolta dei documenti: sono gli alunni che compiono ricerche su svariati argomenti di loro interesse
utilizzando non solo i libri ma anche visite nei luoghi di lavoro o in altre organizzazioni della società;
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• Classificazione: le notizie raccolte vengono raccolte in schede e raggruppate per argomenti consentendo
la facile consultazione agli altri;
• Elaborazione: i materiali raccolti vengono confrontati, analizzati e discussi in gruppo. L’insegnante
organizza le ricerche in base ad argomenti che tengano conto degli interessi specifici delle singole età.
A tale proposito si noti come la centralità del fare costituisce il punto di vicinanza di Piaget con l’attivismo
in quanto il motore dell’intelligenza è “il fa fare”. Perciò lo scienziato svizzero, se ha sempre insistito sulla
necessità di un adeguamento della scuola alle scoperte della psicologia, ha esposto un nuovo profilo
professionale degli insegnanti che conciliasse i contenuti disciplinari con una solida preparazione psicologica
e un’adeguata capacità di gestione dei metodi e della scuola secondo valenze interdisciplinari.
La figura del maestro secondo Freinet, deve spogliarsi della disciplina e dell’autoritarismo per diventare
cooperatore dell’attività degli alunni. La scuola, ribadisce Bruner, deve fornire strumenti ( ovviamente
che rispondano ai tempi allocandosi nella modernità) e sviluppare capacità che rendano gli individui
disponibili ad apprendere. L’alunno deve innanzitutto “imparare ad imparare”, e ciò sarà possibile attraverso
l’apprendimento delle strutture disciplinari.
Posta questa premessa e tenendo conto delle tre forme di rappresentazione, Bruner evidenzia i vantaggi di
una didattica strutturalistica che permette di salvaguardare l’unitarietà dell’apprendimento a tre livelli:
• Sul piano orizzontale, in quanto, mostrando le stesse strutture in materie o argomenti di discipline
diverse, permette l’integrazione tra le discipline;
• Sul piano verticale, in quanto consente un insegnamento continuo e a spirale in cui l’alunno ritrova, a
diversi stadi di crescita, altrettanti livelli di approfondimento dello stesso contenuto disciplinare, di cui
resta invariata la struttura, mentre cambia la sua rappresentazione in rapporto all’età psicologica;
• Sul piano trasversale, in quanto presenta le strutture concettuali con l’utilizzazione di tutte le forme di
rappresentazione.
Gli elementi fondamentali di qualunque metodologia si proponga allo studente e in qualunque stadio della
crescita si trovi, sono riassunti nel garantire:
• Un clima favorevole all’apprendimento
• Un meccanismo mentale ( di apertura) per la progettazione comune
• Diagnosticando i bisogni di apprendimentodi ognuno e/ di ciascuno
• Progettare un modello di esperienze di apprendimento
• Mettere in atto il programma, o piano d’azione
• Valutare il programma
• Considerare il processo
• Offrire un lascito al fare.
1.2.1 Flip teaching
Il ruolo del docente sarà quello di “guida” ( che non è regia, dato che chi dirige esegue un copione già
scritto, e non consente elaborazione dei contenuti, né approfondimenti) che incoraggia gli studenti alla
ricerca personale e alla collaborazione e condivisione dei saperi appresi. Non esiste un unico modello di
insegnamento capovolto, anche se nel modello standard la classe capovolta è vista come un ambiente di
lavoro in cui gli studenti sono indirizzati verso l’uso di selezionati materiali didattici.
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Sarebbe necessario creare un blog o una classe virtuale sul sito della stessa scuola, con una sezione archivio
per ogni disciplina, da dove attingere i video e preparare le lezioni, nonché i quiz, che possono essere svolti
per tastare l’avvenuto apprendimento e monitorare gli esiti della metodologia applicata.
I quiz online vanno strutturati per testare il livello raggiunto, ma devono nche prevedere dei quiz con
feedback, per permettere di imparare dai propri errori. Gli studenti possono inoltre collaborare e in classe
si possono avviare diverse discussioni tra loro, che permetteranno di chiarire meglio determinati concetti,
appresi autonomamente. Il docente potrebbe anche suddividere gli studenti in piccoli gruppi e attribuire loro
alcune specifiche situazioni problematiche da trattare. Un numero sempre maggiore d’istituzioni educative,
soprattutto in America, si stanno “convertendo” a questa nuova metodologia didattica. Per esempio presso
l’Algonquin College sono state realizzate una serie di lezioni video per spiegare le procedure di editing dei
software, procedure che non possono essere facilmente presentate in una semplice lezione frontale.
Durante una tradizionale lezione, gli studenti provano spesso a carpire il maggior numero possibile delle
informazioni date dal docente, annotando, a volte, freneticamente, il maggior numero di parole possibile
sui loro quaderni. Ciò non permette loro di soffermarsi sui concetti, proprio perché sono concentrati su una
scrittura forsennata, che li distoglie dalla comprensione di determinati nodi concettuali importanti. L’uso dei
video, invece, permette agli studenti di ascoltare e riascoltare in qualsiasi momento le parole del docente.
Le discussione che verranno avviate in classe permetteranno agli studenti di socializzare e collaborare nella
risoluzione di un problema comune.
1.2.2 L’insegnamento capovolto: presupposti teorici
Il concetto: scuola capovolta, o insegnamento capovolto, sostanzialmente parla di un apprendimento IBRIDO.
Come abbiamo già evidenziato, questo approccio o modello educativo, ribalta il sistema di apprendimento
tradizionale costituito da lezioni frontali e studio individuale ( alientante) a casa, con conseguente interrogazione
a scuola. Ne deriva che il rapporto docente- allievo si realizza e si identifica nella rigidità del ruolo e nella
verticalità gerarchica, che lascia poco spazio alla relazione interagente tra i due soggetti dell’educazione. Ne
deriva che la stessa scuola imposta la sua autorità, ponendo distanze. “In realtà, l’insegnamento capovolto
nasce dall’esigenza di rendere il tempo-scuola più produttivo e funzionale alle esigenze di un mondo della
comunicazione radicalmente mutato in pochi anni. La rapida mutazione indotta dalla diffusione del web ha
prodotto un distacco sempre più marcato di una grande parte del mondo scolastico dalle esigenze della
società, dalle richieste del mondo delle imprese e dalle abilità e desideri degli studenti e delle loro famiglie.
Si è osservato anche che gli interessi degli studenti nascono e si sviluppano, ormai, sempre più all’esterno
dalle mura scolastiche. L’insegnante trova sempre più complesso sostenere l’antico ruolo di trasmettitore di
cultura perché il web si presta per tale scopo in modo molto più completo, versatile, aggiornato, semplice
ed economico7”.
L’insegnamento rovesciato o flipped classrrom, impiega sostanzialmente due passaggi per essere applicato:
• Un lavoro a casa che sfrutta appieno tutte le potenzialità dei materiali culturali online, sempre fruibili
che lo studente può ricercare e approfondire, anche soddisfando i propri interessi e le proprie attitudini.
• Un lavoro a scuola che consente di applicare, senza ristrettezze temporali, una didattica laboratoriale
socializzante e personalizzata, sostanzialmente condivisa e partecipata.
Con quale strategie metodologica si applica?
L’insegnamento capovolto punta a far lavorare lo studente prevalentemente a casa, in autonomia, apprendendo
attraverso video e podcast, o leggendo i testi proposti dagli insegnanti o condivisi da altri docenti. In classe
l’allievo cerca, quindi, di applicare quanto appreso per risolvere problemi e svolgere esercizi pratici proposti
7
Tullio De Mauro, La scuola capovolta, Internazionale, n. 975, 16 novembre 2012
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dal docente. Il ruolo dell’insegnante ne risulta trasformato: il suo compito diventa quello di guidare l’allievo
nell’elaborazione attiva e nello sviluppo di compiti complessi. Dato che la fruizione delle nozioni si sposta
nel tempo passato a casa, il tempo trascorso in classe con il docente può essere impiegato per altre attività
fondate sull’apprendimento, in un’ottica di pedagogia differenziata e apprendimento a progetto. I primi
esperimenti sono stati condotti negli anni novanta da Eric Mazur, professore di fisica presso l’Università di
Harvard. Oggi questo metodo è usato per esempio dalla Khan Academy, che da agli studenti la possibilità di
seguire dei videotutorial da casa su Youtube e sono disponibili online anche degli interi corsi universitari
come su Coursera o interi corsi per materia della scuola superiore italiana come su TVscuola. I veri fondatori
della didattica capovolta sono generalmente considerati Jonathan Bergmann e Aaron Sams, autori del libro
“Flip Your Classroom: Reach Every Student in Every Class Every Day” Edito negli Stati Uniti nel 2012. A partire
dal loro manuale e dai siti web della loro associazione, il flipped learning sta crescendo in modo esponenziale
in tutto il mondo.In Italia nel 2014 è nata FLIPNET8 l’associazione degli insegnanti che praticano la didattica
capovolta. Proviamo a fissare questi contenuti osservando le immagini che seguono:
8
http://flipnet.it - Sito ufficiale della associazione italiana per la promozione della didattica capovolta.
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1.2.3 L’apprendimento efficace
L’apprendimento può definirsi efficace quando viene vissuto come risorsa didattica e pedagogica. È innegabile
che quando un’azione si fa cooperativa sia sul fronte collegiale che sul fronte che mette in campo gli studenti,
permette da una parte di coinvolgere maggiormente insegnanti con gli studenti, dall’altra, migliora la qualità
della comunicazione in classe.
Pertanto parliamo di apprendimento efficace, quando i risultati attesi gratificano entrambi gli attori: DOCENTI
E STUDENTI.
Di rimando, il livello di soddisfazione e gratificazione, mette anche le figure genitoriali in cooperazione con
le scuole, con il personale docente e la sinergia che ne nasce può solo dare frutti buoni.
1.2.4 L’apprendimento significativo
L’apprendimento significativo è quel tipo di apprendimento che consente di dare un senso alle conoscenze,
permettendo l’integrazione delle nuove informazioni con quelle già possedute e l’utilizzo delle stesse in
contesti e situazioni differenti, sviluppando la capacità di problem solving, di pensiero critico, di metariflessione
e trasformando le conoscenze in vere e proprie competenze.
Secondo la pedagogia contemporanea l’apprendimento significativo, basato su teorie costruttiviste, ha come
obiettivo principale quello di rendere autonomo il soggetto nei propri percorsi conoscitivi .
Esso è diametralmente opposto all’apprendimento meccanico che utilizza la memorizzazione per produrre
conoscenza “inerte”.
Nell’apprendimento meccanico, basato su teorie comportamentiste, la ricezione delle informazioni è
veicolata dal docente, le informazioni sono definitive, astratte e generiche e non possono essere modificate
dal discente per integrarle ad informazioni precedenti o per negoziarne socialmente il significato.
Per avere un apprendimento significativo è, quindi, necessario che la conoscenza:
• Sia il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto;
• Sia strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento;
• Nasca dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale.
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Molti sono stati gli autori di impronta cognitivista e costruttivista ad occuparsi dell’apprendimento significativo.
Carl Rogers pone al centro dell’apprendimento significativo la motivazione ad apprendere el’esigenza
che l’insegnante riconsideri il proprio ruolo preoccupandosi di facilitare l’apprendimento attraverso il
coinvolgimento e la motivazione dell’alunno; “è necessario” infatti “che lo studente venga posto di fronte a
un problema da lui sentito come reale”.
Ausubel, negli anni ‘60, identifica l’apprendimento significativo e quello meccanico (di memorizzazione)
come gli estremi di un continuum. Elabora inoltre il concetto di apprendimento significativo, spostando
l’attenzione dai metodi d’insegnamento, alle condizioni che lo rendono possibile. Ciò che una persona riesce
a costruire è infatti correlato alle modalità di insegnamento che gli sono state offerte o alle strategie che lui
stesso adotta.
Novak definisce la metodologia delle mappe concettuali come strumento per generare apprendimento
significativo. Per apprendere si segue così il processo di formazione e creazione del sapere, con un metodo
che si rifà alla struttura della conoscenza umana.
Jonassen riconosce una pluralità di fattori importanti (contestuali, sociali, metodologici e strumentali) per
generare apprendimento significativo:“sarà anche possibile far si che le persone apprendano cosa noi
vogliamo, ma in futuro ricorderanno ed useranno solo ciò che ha un senso per loro”. Sviluppa inoltre un
approccio didattico basato sulle tecnologie e sul concetto di apprendimento significativo e intenzionale.
Le caratteristiche di un ambiente di apprendimento che facilita la costruzione significativa di conoscenza
è quello in cui si ha la possibilità “di apprendere in modo attivo, costruttivo, intenzionale, autentico e
collaborativo.” (Jonassen et al. 2007, p. ivi).
È ATTIVO: richiede uno sforzo concreto di colui che apprende nella costruzione della sua conoscenza in
contesti significativi mediante la manipolazione di oggetti, l’osservazione e l’interpretazione dei risultati dei
suoi interventi. In questo modo si verifica il principio del “learning by doing” (imparare facendo).
È COSTRUTTIVO: richiede di articolare ciò che è stato fatto e di riflettere sulle proprie attività e osservazioni.
Le nuove conoscenze creano discrepanze tra ciò che si osserva e ciò che si comprende. Questo è quello che
consente ai discenti di andare avanti integrando le vecchie conoscenze con le nuove. Si può fare riferimento
ai processi di assimilazione e accomodamento, teorizzati da Piaget, che implicano la costruzione di nuove
conoscenze. Secondo il pedagogista svizzero il vero apprendimento avviene nel momento in cui vi è la
modifica degli schemi cognitivi (accomodamento).
È COOPERATIVO: prevede una dimensione conversazionale e collaborativa per favorire la comprensione, la
quale avviene sempre attraverso il confronto, lo scambio, il dialogo e la negoziazione con gli altri.
È AUTENTICO: perché è caratterizzato da complessità ed è fortemente contestualizzato. Si basa su complessi
problemi della vita reale per favorire un coinvolgimento pratico degli studenti nei contesti concreti.
È INTENZIONALE: è lo studente che dà un’autogiustificazione all’impegno di perseguire e raggiungere
uno scopo (goal directed). È compito dell’insegnate creare la motivazione all’impegno e al conseguente
apprendimento.
L’APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO e LE TECNOLOGIE
“Chi utilizza questi strumenti, è obbligato a pensare in modo più profondo ai contenuti che sta
apprendendo e sviluppare, di conseguenza, una sua maggior comprensione, un apprendimento più
stabile”
(Jonassen)
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Attualmente è opinione diffusa che il semplice utilizzo delle tecnologie nel mondo dell’istruzione possa
migliorare l’apprendimento degli studenti. Tuttavia, tramite l’esperienza diretta, si può facilmente notare
che, in realtà, gli studenti non apprendono ne di più ne meglio tramite l’utilizzo delle tecnologie. Sicuramente
il fatto di ritenere l’apprendimento significativo come il principio cardine del processo di insegnamento è
un aspetto favorevole, perché dimostra l’elevato grado d’importanza che si vuole dare agli studenti e a
strategie e metodologie utili per loro stessi. Un modo per mettere in pratica questo tipo di insegnamentoapprendimento è quello di utilizzare le tecnologie, anche se ciò può comportare costi elevati e difficoltà
logistiche maggiori di “semplici” lezioni frontali in aula. Questo tipo di apprendimento può essere applicato
in vari contesti e rivolto a fruitori diversi: primi tra tutti agli studenti dei vari gradi di istruzione, ma poi
anche agli stessi insegnanti in corsi di aggiornamento, nelle riunioni aziendali, con persone disabili, con
extracomunitari etc… .
Ecco l’elenco degli strumenti applicativi più diffusi:
• Browser;
• Motore di ricerca;
• Client di posta elettronica;
• Word;
• Forum;
• Blog;
• Wiki;
• Programmi per mappe concettuali e mentali;
• Programmi per simulazioni;
• Ask system;
• Moodle;
• Condivisione di documenti;
• Ipertesto,
• Lim,
• E-learnig,
• E-book,
• Ambienti di apprendimento,
• Computer,
• Web
• Social network
Sono emersi, inoltre, alcuni assunti generali riguardo all’as e le tecnologie. L’uso didattico delle tecnologie
è giustificato se dal suo uso si possono ottenere degli apprendimenti altrimenti ed a costi inferiori non
ottenibili. Se le scuole vogliono promuovere apprendimento significativo, allora il modo di usare le tecnologie
deve cambiare da tecnologie come insegnante a tecnologia come partner nel processo di apprendimento.
Gli studenti non apprendono dalle tecnologie ma le tecnologie possono sostenere negli studenti il pensiero
produttivo e la costruzione di significato. Dunque come possono le tecnologie diventare partner degli
studenti nel loro percorso di apprendimento?
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I nostri assunti sono:
• La tecnologia è più di hardware
• Le tecnologie non sono nastri trasportatori o strumenti di comunicazione
• Le tecnologie possono essere una ”cassetta degli attrezzi”
• Le tecnologie dovrebbero essere usati come attivatori e facilitatori del pensiero
Risulta infine evidenziare quali siano le dimensioni che rendono efficace l’uso degli strumenti tecnologici:
• La DIMENSIONE CAUSALE è relativa all’uso delle tecnologie con il fine di sviluppare il pensiero deduttivo,
la capacità di previsione e di ricerca delle cause e dei meccanismi alla base dei fenomeni. Esempi di
strumenti per favorire lo sviluppo di questa dimensione: software come SimQuest,WebQuest, strumenti
di discussione in rete come i forum, strutturazione di mappe concettuali.
• La DIMENSIONE ANALOGICA è relativa al trasferimento di conoscenze tra contesti diversi. È legata alla
flessibilità cognitiva e alla costruzione di conoscenze a partire da ciò che già si conosce. Esempi di
strumenti per favorire lo sviluppo di questa dimensione: lavoro collaborativo per la costruzione di un
glossario mediante un wiki, partendo dall’analogie per produrre nuove conoscenze.
• La DIMENSIONE ESPRESSIVA è relativa all’uso delle tecnologie come strumenti per esprimere ciò che
gli studenti conoscono e stanno imparando. Esempi di strumenti per favorire lo sviluppo di questa
dimensione: produzione di un video, realizzazione di un ipertesto, costruzione di una simulazione.
• La DIMENSIONE ESPERIENZIALE richiama l’importanza del coinvolgimento diretto del soggetto per
recuperare esperienze pregresse. Esempi di strumenti per favorire lo sviluppo di questa dimensione:
ricerca di storie, costruzione di narrazioni
• La DIMENSIONE del PROBLEM SOLVING è relativa all’utilizzo delle tecnologie come “partner” da utilizzare
nella soluzione di problemi e nella strutturazione della rappresentazione del problema stesso.
Sono state individuati alcuni ambiti in cui le tecnologie risultano efficaci:
• Costruzione di conoscenza non riproduzione
• Conversazione non ricezione
• Articolazione non ripetizione
• Collaborazione non competizione
• Riflessione non prescrizione
Le operazioni chiave dell’apprendimento significativo con tecnologie sono:
• Investigare
• Esplorare
• Scrivere
• Costruire modelli
• Costruire comunità e comunicare con gli altri
• Progettare
• Visualizzare
• Valutare
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In conclusione le tecnologie andrebbero usate come attivatori e facilitatori del pensiero; quindi diventare un
supporto all’apprendimento significativo e non il principale mezzo.
1.2.5 L’Apprendimento e la Peer Cooperative
I cambiamenti che si registrano in fase evolutiva esercitano direttamente o indirettamente su tutti gli aspetti
che riguardano la crescita nonché l’apprendimento dei nostri alunni.
Erick Erikson individua 5 fasi di sviluppo.
Analizziamole insieme.
I contenuti delle fasi evolutive in questione sono così sintetizzate:
1. I FASE – acquisizione della fiducia di base ( primo anno di vita). Il bambino deve soddisfare alcuni bisogni
personali che consentono di provare sensazioni di benessere fisico, che si è instaurato con un rapporto
materno soddisfacente e insieme aperto, dove le esperienze di tensione sia ridotte al minimo;
2. II FASE – acquisizione del senso di autonomia - L’ambiente viene scoperto di volta in volta grazie alla
esplerozione che il bambino compie durante la sua naturale crescita, il che implica l’uso del corpo,
l’avvicinarsi alle cose, per sondarle, assaggiarle, farle proprie. È nel gioco spontaneo da solo o in
compagnia che il bambino acquisisce una sicurezza personale e abilità sociali;
3. III FASE – acquisizione dello spirito di iniziativa – è una fase che porta all’intraprendenza, al pianificare,
all’attivismo, laddove la volitività precedente ispira il più delle volte anche atti di sfiducia, che assomigliano
ad una protesta che ambisce all’indipendenza;
4. IV FASE – acquisizione del senso di industriosità – Il bambino è nella scuola dell’obbligo, è pronto per
inserirsi nel gruppo dei coetanei, tradurre in programmi stadi della sua autonomia e iniziativa. Freud
chiama questo periodo fase di latenza;
5. V FASE – acquisizione del senso di identità – Nel costruire la sua identità, il ragazzo ha abbandonato la
sua fanciullezza, è la fase in cui si ha bisogno di generatività, intimità.
È una fase quest’ultima che comporta un forte senso di disorientamento, ma che sfocia nella vita adulta,
solo dopo aver passato gli anni della giovinezza.
La ragione per la quale è stato necessario richiamare queste fasi vuol essere un invito a cogliere, la scuola
primaria se non addirittura la scuola dell’infanzia come il periodo ideale per mettere i bambini nella condizione
di lavorare tra lo, cooperando alla realizzazione di un compito comne.
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Piaget rivolge sin dalle prime ricerche, la sua attenzione al rapporto tra l’adattamento biologico dell’organismo
e le forme più elevate dell’adattamento, vale a dire il pensiero logico-scientifico.
L’intelligenza è una forma di adattamento. Per cogliere i suoi rapporti con l’apprendimento e la vita in
generale occorre dunque precisare quali relazioni esistono tra l’organismo e l’ambiente. Si tratta di un
adattamento processo. In sostanza, quanto più un ambiente è accogliente, ospitante, più sarà possibile
operare in armonia.
Il Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli
studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco
percorso. L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando “ambienti
di apprendimento” in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di
apprendimento in un processo di “problem solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la cui realizzazione
richiede il contributo personale di tutti.
Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento gli studenti
sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità interpersonali e di
piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto”
PRESUPPOSTI TEORICI-PEDAGOGICI
• Teorici dell’apprendimento cooperativo
• John Dewey e l’ambiente sociale di apprendimento
• Kurt Lewin, la teoria del campo e la teoria dei climi di apprendimento
• Bion: la relazione tra affettivo e cognitivo, tra emozioni e apprendimento
• Mugny e il concetto di intelligenza al plurale
• Piaget e la cooperazione come fattore essenziale del progresso intellettuale
• Vygotskij e la zona di sviluppo prossimale
• M. Deutsch e il concetto di interdipendenza
• Johnson & Johnson e le prime esperienze di Cooperative Learning
• Ricerca in Italia
Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per
raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Tale metodo
si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di
questi, si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo. Il lavoro di gruppo
non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza
trarne profitto. Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione
nel farlo. Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività
comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre
l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento.
Quali vantaggi presenta?
Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta
di solito questi vantaggi:
• Migliori risultati degli studenti: tutti gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori,
migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di ragionamento e di pensiero
critico;
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• Relazioni più positive tra gli studenti: gli studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno
al lavoro comune e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di squadra;
• Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano un maggiore senso di autoefficacia e di autostima,
sopportano meglio le difficoltà e lo stress.
Che cosa rende efficace la cooperazione?
I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:
• L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun
membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo;
• La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi
ed ogni membro è responsabile del suo contributo;
• L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo
e sostenendo gli sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti;
• L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo
gruppo: gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di
collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei
conflitti, più in generale si parlerà di competenze sociali, che devono essere oggetto di insegnamento
specifico;
• La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli
obiettivi di miglioramento.
L’efficacia della metodologia cooperativa è data inoltre dal supporto di alcuni comportamenti e valori specifici.
All’interno di questo quadro generale, le diverse interpretazioni del principio di interdipendenza e delle
variabili più significative nell’apprendimento (interazione, motivazione all’apprendimento, compito e ruolo
dell’insegnante) hanno originato lo sviluppo di diverse correnti o modalità di Cooperative Learning.
Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono quelli di D. Johnson e R. Johnson
alla University of Minnesota di Minneapolis, quello di R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora e
quello di S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv.
Alcuni aspetti del Cooperative Learning sono ancora oggetto di discussione e di approfondimento: la
situazione dei più dotati, l’inserimento di alunni con handicap grave, le modalità in relazione a specifici
obiettivi trasversali, la possibilità di sviluppare questo metodo combinandolo con altri e con l’uso delle nuove
tecnologie.
È importante che anche in Italia questa metodologia continui ad essere approfondita, studiata e sviluppata e
che non diventi una nuova moda che prima crea entusiasmo e poi viene presto accantonata per una presunta
inefficacia dovuta più a un’inadeguata applicazione che non al metodo in sé.
1.2.6 La ricerca azione
La ricerca-azione, è una modalità che applicata nel settore educativo aiuta anche il docente, quando dovendo
ribaltare il proprio modo di fare scuola e di impostare la lezione, opera una analisi soggettiva e collegiale
intorno alle discipline da insegnare o reticolare con gli altri colleghi.
La ricerca-azione, favorisce approfondimenti “consapevoli” nelle diverse tematiche in vista della realizzazione
di percorsi di azione e di riflessione in itinere, fornisce un supporto valido ed efficace alla didattica e
alla progettazione, nonché al processo in merito all’insegnamento o come lo siera impartito e a come va
La Flipped Classroom
26
nuovamente ristrutturato. Ovviamente implica un’arresto sul passato e un nuovo approccio con il futuro. Ma
richiede grande apertura ed una progettazione non attenta e scrupolosa.
Uno degli obiettivi principali risiede nel produrre un mutamento di prospettiva da “innestare nel modo di
educare”, per quanto attiene le modalità e i risultati.
Una impostazione di questo genere, migliora la prassi didattica e la professionalità docente, richiede di
dotare gli operatori della scuola di strumenti di comprensione “profonda” dei processi di insegnamentoapprendimento, per consentire loro di individuare meglio problemi e mettere a punto, mediante un ventaglio
di ipotesi, strategie tattiche ed interventi preventivi, da sperimentare e monitorare in funzione di un
mutamento migliorativo della situazione in questione.
Essa si innesta su “tutto un percorso organico e sistematizzato, poiché riflettere, singolarmente o insieme,
su blocchi di percorso o su un cammino effettuato conduce a capire meglio la produttività dei cambiamenti
apportati, a fare scelte oculate per il futuro e a ricreare riconversioni e nuove piste di lavoro” (Coonan,
2001:20).
Molto importante risulta quindi riuscire a mantenere una visione d’insieme, che ponga attenzione alle
molteplici componenti (cognitive e non), implicate nel processo educativo, tenendo sotto controllo le variabili
che entrano in gioco.
Verso la metacognizione: Insieme all’osservazione dei processi e all’analisi dei dati (punti focali) la riflessione
rappresenta uno snodo fondamentale per attivare forme di metacognizione.
La riflessione può realizzarsi, come accennato, singolarmente (autoriflessiva) o in coppia (eteroriflessiva,
cooperativa); entrambe possono verificarsi a distanza. La prima si situa in azione.
L’insegnante, partendo dal materiale a disposizione (annotazioni, diario di bordo, registratore video/
registratore audio, scheda di osservazione, cronaca etc.), ripercorre quanto svolto ed ottenuto, interrogandosi
ad esempio sulle diverse tappe attraversate dai bambini nella costruzione della loro conoscenza:
• Cosa è successo e perché?
• Quanto hanno impiegato per impadronirsi di un determinato concetto?
• Quale ostacolo cognitivo hanno incontrato?
• Quali strategie affettive/ emozionali/ cognitive hanno messo in atto per risolvere un problema o superare
una difficoltà?
• Quali atteggiamenti osservativi, riflessivi hanno sviluppato?
• Quali reazioni e coinvolgimenti emotivi/relazionali hanno manifestato?
• Quali disponibilità hanno mostrato nell’apprendimento cooperativo?
Tutto ciò può aiutarlo a superare sia il gap tra pensare e fare (abbastanza diffuso) sostenendolo nella ricerca,
sia la difficoltà ad aprirsi al confronto con spirito cooperativo, rimettendo in discussione, quando necessario,
il proprio agito, pensato e percepito. È superfluo aggiungere che la documentazione si impone per tutte
le fasi della ricerca. Essa è irrinunciabile da ogni punto di vista, dato che incrementa l’osservazione e la
riflessione, sviluppando atteggiamenti metacognitivi, ma in particolare supporta la progettazione futura,
costituendo una sorta di archivio didattico della scuola, che conserva la memoria della scuola, i cui attoriautori sono i docenti9.
9
La ricerca-azione nella didattica, Maria Piscitelli, in Ricerca-azione e scuola. Materiali di riflessione. a c. Franco Cambi, Firenze,
Irre Toscana, 2007. pp. 51-57.
La Flipped Classroom
27
1.2.7 Obiettivi della Flipped Classroom
I docenti utilizzano diverse modalità per la realizzazione dei contenuti e degli obiettivi, nonché per la
realizzazione dei video. Peranto, per le classi capovolte, ogni docente può e deve sentirsi libero di utilizzare
nella maniera più congeniale tutti gli strumenti possibili per presentare i contenuti.
OBIETTIVI:
• Soddisfare Bisogni;
• Controllare la propria Comprensone;
• Cogliere i punti di vista;
• Discutere i processi;
• Approfondire il sapere;
• Essere parte integrante di un apprendimento in costruzione;
• Cogliere il piacere di apprendimento in modo mirato;
• Rivedere i percorsi per argomento;
• Facilitare la metacognizione;
• Facilitare il Pensiero Critico;
• Ridurre il Disinteresse;
• Rendere l’alunno protagonista e fautore del proprio sapere.
La prassi standard richiede:
• Uso della fotocamera per la registrazione di se stessi mentre si presentano i contenuti;
• Uso del software di cattura dello schermo per la registrazione passo passo di ciò che si scrive, accompagnato
da un commento vocale;
• Uso di un software di presentazione (PowerPoint, Keynote, etc.) con commenti vocali inclusi.
Quando si realizza il video è importante fare attenzione alle seguenti cose:
• Assicurarsi che il suono sia catturato efficacemente (magari effettuare diverse prove prima di iniziare);
• Utilizzare illustrazioni, schemi, disegni, così come si fa tradizionalmente in aula;
• Non caricare eccessivamente il video di contenuti, è più efficace un video di pochi minuti che riguardi
singoli concetti chiave;
• Non serve perdere eccessivo tempo nel raggiungimento della perfezione del video, bisogna considerare
che l’unica cosa fondamentale è la trasmissione del concetto;
• Intercalare alcune espressioni ironiche durante la lezione può tenere viva l’attenzione.
Setting di apprendimento e contesto educativo
L’ambiente, quanto il contesto classe nel quale si opera è molto importante. Sia per le relazioni significative
che si instaurano con le diverse figure rotanti intorno allo studente, sia dal punto di vista organizzativo.
La Flipped Classroom
28
La maggior parte della letteratura sulle flipped classroom si concentra su come “capovolgere l’aula” nel senso
strettamente tecnico, senza spiegare cosa dovrebbe essere programmato in quel tempo che si guadagna
grazie alla natura di questa nuova metodologia. A riguardo, sarà utile considerare il supporto che una
didattica metacognitiva, può fornire allo scopo. Quest’ultima ha il vantaggio di
• Fornire una organizzazione anticipata
• Descrivere le fasi della strategia
• Condurre pratica guidata e dialogo interattivo
• Condurre una pratica autonoma
• Fornire un feed-back ragionato
Si segua lo schema di seguito riportato per ulteriori approfondimenti.
La Flipped Classroom
29
Capovolgere, quindi, non vuol dire soltanto propinare video e schede di lavoro, ma va effettuato un lavoro
di programmazione a monte che sia orientato più verso la scoperta del curricolo, piuttosto che verso la
trattazione sequenziale e sterile dello stesso. I docenti che iniziano l’anno scolastico senza pensare alla
possibilità di attività di tipo flipped, programmano secondo le modalità tradizionali, facendo prevalentemente
riferimento ai libri di testo.
Qualora dovesse decidere di optare per l’opzione flipped, cambierà completamente il suo modo di progettare,
in quanto deve avere ben chiari gli obiettivi finali, gli esiti desiderati e quindi sceglie le più opportune
metodologie e risorse per far sì che gli studenti raggiungano nel modo migliore gli obiettivi prefissati.
Il modello di programmazione flipped è quindi composto dalle tre fasi:
• Identificazione dei risultati desiderati,
• Determinazione delle prove accettabili,
• Pianificazione delle esperienze e delle lezioni utili per l’apprendimento.
Come si vede, la prima cosa da identificare è ciò che alla fine gli studenti devono sapere e saper fare,
ponendosi delle domande che funzionino da indicatori per gli esiti attesi e stabilendo quale possa essere il
modo per verificare l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità coinvolte.
La maggior parte delle nozioni e dei contenuti possono essere forniti grazie al suggerimento di video
reperibili in rete o creati ad hoc dal docente, consolidati grazie alla somministrazione di attività di lettura o
di comprensione del testo.
Il docente potrà comprendere se gli studenti hanno realmente appreso quando questi saranno in grado
di sintetizzare i contenuti da varie fonti e produrre, per esempio, un nuovo documento. In questo modo
i discenti hanno la possibilità di discutere, confrontarsi, produrre congetture, argomentare e insegnare ai
propri compagni quanto letto e compreso.
Diverse sono le operazioni che gli studenti possono fare in classe durante le lezioni e volte a fissare meglio
quanto hanno avuto modo di vedere e comprendere a casa. Per esempio, dovrebbero essere in grado di
riferire le conoscenze acquisite e quindi si può lavorare sul miglioramento del lessico specifico, oppure
dovrebbero essere in grado di produrre dei testi chiari e, quindi, saranno in grado di rispondere ad eventuali
domande poste dal docente.
La gestione di questi momenti, però, richiede un minuzioso intervento di pianificazione da parte del docente,
che si troverà di fronte alla possibilità di utilizzare in maniera molto più proficua il tempo che ha a disposizione
in classe con gli alunni.
Per garantire la conservazione delle informazioni e del pensiero a un livello superiore, è necessaria una
combinazione della tassonomia di Bloom con le strategie didattiche di Marzano.
Robert J. Marzano è un autore, trainer e speaker che ha trattato argomenti come l’istruzione, la valutazione,
la scrittura e l’attuazione di norme, la cognizione, la leadership efficace e gli interventi scolastici. In un
suo testo Marzano individua 9 strategie didattiche che favoriscono la conservazione delle informazioni e la
comprensione da parte degli studenti.
Sembra importante guardare a queste strategie in collaborazione con tassonomia di Bloom, tenendo inoltre
conto di un modello di classe capovolto.
Le strategie individuate da Marzano sono le seguenti:
• Prendere appunti e sintetizzare;
• Identificare analogie e differenze;
La Flipped Classroom
30
• Provare e riconoscere;
• Effettuare compiti a casa ed esercitazioni;
• Favorire l’apprendimento collaborativo;
• Effettuare rappresentazioni non verbali;
• Identificare gli obiettivi e fornire feedback;
• Formulare ipotesi;
• Porre domande con suggerimenti e organizzatori avanzati.
Ci sono tanti strumenti tecnologici a disposizione dei docenti e degli studenti che possono essere utilizzati
per la produzione dei lavori finali. Sono tutti gratuiti e consentono spesso la collaborazione nel processo di
creazione.
Essi sono stati raggruppati secondo le voci della tassonomia di bloom e di seguito riportati in chiave analitica.
Creare
Gli studenti sono in grado di raggiungere il massimo livello della tassonomia di Bloom quando esprimono il
loro apprendimento attraverso la creazione. Gli studenti possono lavorare in modo cooperativo per creare
prodotti atti a mostrare il loro apprendimento. Si potrebbe chiedere agli studenti di creare un book trailer,
creare un cartone animato per illustrare un processo (usando toondoo.com) , creare un poster digitale su un
argomento o un periodo storico (Glogster.com) , ecc.
Book Trailers sono ottimi modi per gli studenti per mostrare quello che hanno imparato.
Zooburst è uno strumento di narrazione digitale.
ToonDoo è uno strumento web 2.0 che permette a chiunque di creare i propri fumetti.
Glogster è uno strumento web 2.0 che permette agli studenti di creare poster digitali (che incorporano testo,
immagini o video).
Prezi è uno strumento web 2.0 che permette di realizzare presentazioni non lineari.
Valutare
Quando gli studenti valutano, sono coinvolti nel completamento dei compiti cognitivi complessi. A seconda
dell’attività, gli studenti possono utilizzare organizzatori grafici per presentare ciò che vogliono esprimere .
L’autovalutazione è uno strumento utile per gli studenti, in quanto consente loro di ottenere risposte in
relazione a quanto stanno facendo. Nella fase di valutazione, l’insegnante ha bisogno di essere sicuro di
poter fornire il riconoscimento giusto per un lavoro ben fatto. Quando gli studenti vedono che il loro livello di
realizzazione è correlato all’impegno che mettono nel loro lavoro, si prestano maggiormente per raggiungere
un livello sempre più alto.
Gli insegnanti possono trovare degli ambienti di apprendimento per far sì che gli studenti possano discutere
tra di loro. Inoltre, possono fornire delle griglie utili per l’autovalutazione. La riflessione è un ottimo strumento
per l’apprendimento. RUBISTAR è un sito molto utile che può essere utilizzato per aiutare gli insegnanti a
creare griglie di valutazione.
Analizzare
In questa fase gli studenti possono identificare similitudini e differenze, creare rappresentazioni non verbali
e creare sondaggi. L’identificazione di analogie e differenze aiuta gli studenti a comprendere meglio le
La Flipped Classroom
31
informazioni acquisite. A tale scopo possono essere usate le attività che mettono a confronto, classificano e
usano metafore / analogie per capire i contenuti a un livello più profondo.
A Double Bubble Map permette agli studenti di vedere visivamente le connessioni.
Classtools.net è un sito dove gli studenti possono lavorare in gruppo
Applicare
Nella fase di applicazione, gli studenti possono risolvere nuovi problemi applicando le loro conoscenze e i
fatti precedentemente acquisiti in modo diverso. Attraverso l’uso di spunti, domande, organizzatori grafici e
rappresentazioni, gli studenti hanno la possibilità di mostrare le loro conoscenze. Fare i compiti a casa e le
esercitazioni prevedono la possibilità per gli studenti di rivedere e applicare le loro conoscenze.
Comprendere e ricordare
Gli studenti sono in grado di dimostrare la comprensione attraverso una varietà di strategie e attività. Vedere
gli studenti che prendono attivamente appunti e riassumono le informazioni può essere una strategia che
gli insegnanti possono utilizzare per verificare la comprensione degli studenti. Riassumere richiede la
capacità di sintetizzare le informazioni . Gli studenti devono essere in grado di analizzare le informazioni e
organizzare in un modo che catturi le idee principali e i dettagli di supporto. Gli studenti possono riassumere
le informazioni in modi diversi, eliminando informazioni che non sono importanti per il significato globale del
testo, sostituendo alcune informazioni. Riassumere permette di migliorare la loro capacità di comprendere i
contenuti specifici per l’apprendimento.
Ricordare e capire
I compiti a casa e le esercitazioni offrono l’opportunità di effettuare revisioni e applicare le conoscenze,
migliorando anche le capacità di raggiungere un livello di competenza atteso per una abilità.
Ecco alcuni modelli e siti web per aiutare con i compiti e la pratica:
• Quizlet è un sito web che aiuterà gli studenti a trovare o creare flashcard.
• Flashcard exchange è un sito web in cui è possibile trovare flashcard didattici già pronti per diversi
soggetti.
• StudyStack è un sito web che permette di creare flashcard, cruciverba , giochi di corrispondenza, etc.
• Hot Potatoes è una risorsa che permette di creare vari quiz e attività per gli studenti.
1.3 Il modello didattico della Flipped Classroom
Uno dei principali vantaggi dell’insegnamento capovolto consiste nell’avere a disposizione molto più tempo
in classe per venire incontro alle esigenze degli studenti, creando attività efficaci e coinvolgenti.
Quando i docenti decidono di capovolgere la propria didattica, è essenziale che effettuino a monte una attenta
riflessione sulle modalità di impiego del tempo supplementare che hanno a disposizione. Inoltre, le attività da
svolgere dopo che gli alunni hanno visionato a casa i materiali di studio devono essere strettamente collegate
a quanto appreso a casa, in modo tale da chiarire i dubbi e rafforzare quanto appreso autonomamente.
Di seguito vengono proposte alcune idee su come utilizzare il tempo a disposizione in classe nel caso un cui
gli insegnanti decidessero di sperimentare l’insegnamento capovolto.
La Flipped Classroom
32
1.3.1 Traditional Flipped
Capovolgimento Tradizionale (Traditional Flipped), che si configura come quello più utilizzato in aula dai
docenti. In questo caso gli studenti guardano un video della lezione, la imparano a casa e svolgono i classici
compiti in classe insieme agli altri compagni, sotto la guida del docente. Alcuni insegnanti mantengono
questa tipologia di capovolgimento come una costante negli anni, mentre altri preferiscono effettuare altri
esperimenti che si rivelano ancor più efficaci.
1.3.2 Flipped Mastery
Il Flipped Mastery si può considerare come la naturale evoluzione del capovolgimento tradizionale. In questo
caso gli studenti lavorano individualmente e non in gruppo, rivedono la lezione a casa e utilizzano le ore
in classe per effettuare esercizi alla presenza dell’insegnante che attribuisce loro una valutazione. Quando
almeno l’80% degli studenti ha raggiunto una valutazione positiva, è possibile passare all’obiettivo successivo,
altrimenti è necessario soffermarsi ulteriormente su quanto trattato, fornendo magari altri materiali di studio.
1.3.3 Peer Instruction Flipped Classroom
La Peer Instruction Flipped Classroom prevede invece che gli studenti studino i materiali di base forniti dal
docente al di fuori della classe, mentre dibatteranno in classe circa i nodi concettuali appresi, cercando di
convincere i propri compagni sull’esattezza di quanto sostenuto. In questo dibattito continuo, il docente
modera e valuta l’apprendimento dei concetti. Gli studenti in questo modo possono anche aiutarsi a vicenda,
in quanto spesso i concetti più complessi hanno richiesto una maggiore concentrazione anche da parte di chi
li ha successivamente compresi e quindi, alla luce delle difficoltà superate, possono rendersi più disponibili
verso chi ha ancora il loro stesso problema.
1.3.4 Problem Based Learning Flipped Classroom
La Problem Based Learning Flipped Classroom prevede invece l’esplorazione di un problema e il confronto
delle strategie risolutive tra gli studenti. Gli studenti possono lavorare singolarmente o in team, consapevoli
del fatto che le loro strategie dovranno essere discusse in una fase successiva in classe. Il docente si porrà
quale moderatore del processo e valuterà quanto svolto dagli studenti. Si fa notare che in questo caso gli
studenti non guarderanno alcun video a casa.
1.3.5 Inqury Flipped Classroom
Il metodo più usato per le discipline è quello dell’Inqury Flipped Classroom. In questo caso gli studenti
possono chiedere di guardare un video su un argomento che li incuriosisce, usare il tempo di classe per
esplorare i concetti in esso contenuti e cercare di dare le più opportune spiegazioni dei fenomeni. Tuttavia,
essi potranno avere ancora qualche idea confusa, quindi l’insegnante interverrà per eliminare ogni dubbio di
sorta. Anche in questo caso, gli studenti non guarderanno alcun video a casa.
1.4 Una scuola al passo coi tempi
Il cambiamento che sta avvenendo in questi ultimi tempi. È quindi un cambiamento di grande rilevanza,
segna non a caso la nascita di un’epoca moderna e fortemente digitalizzata.
La Flipped Classroom
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Sono anni di scoperte, e di un riconoscimento che nel bambino non era stato considerato mai prima. Mi
riferisco al potenziale che se la scuola non sfrutta, rimane dormiente.
Questa svolta nasce da una volontà di individuare, leggere e interpretare le condizioni del contesto di vita dei
bambini, delle famiglie e delle scuole, nonchèl’insieme delle attese che gli sono rivolte dagli adulti con cui
relaziona dall’intera comunità, secondo una visione ecologica dello svilupppo.
L’immagine del bambino, del fanciulli, quanto dell’adolescente, viene riconosciuta come intrisecamente
valida e attiva, interlocutore reali nei suoi rapporti con il mondo.
La ricerca psicopedagogica moderna e contemporanea, non può rimanere indifferente.
Il significato da attribuire al potenziale offerto dalla modernità dalla comunicazione e dalle nuove tecnologie
può essere riportato a due punti di attenzione:
• Quello dei supporti materiali, cioè l’apparato fisico e neccanico dei mezzi (hardware);
• Quello che riguarda le regole necessarie per usare la macchina, cioè: programmi, codici, (software).
Il primo campo è dominato dal mondo della ricerca e della produzione industriale;il secondo orizzonte
investe direttamente l’ambito dei saper e delle conoscenze, sempre più integrati da una pluralità di supporti
differenti.
Siamo sempre più spinti dalle nuove tecnologie a ricercare, anche sul fronte didattico nuove forme di
elaborazione e rappresentazione delle conoscenze, che avvengono per immersione. In questo il modello
della flipped classroom, si presta in toto allo scopo.
Non si tratta tanto di andare contro una scuola tradizionale, quanto di integrarla con spazi che accolga nuove
metafore di conoscenza.
1.4.1 Classe tradizionale e Flipped Classroom
L’apprendimento che si realizza per mezz della classe capovolta è quindi , basato sulle preconoscenze che
ogni ragazzo possiede ( si ricordi la video lezione ascoltata a casa e realizzata dal docente, o il suo spontaneo
interesse verso la disciplina) e come a sua volta lo può riversare sul e nel gruppo. Sorgono spontanee una
serie di domande:
“Come può imparare dagli altri, come può integrare le proprie informazioni con quelle degli altri, come
collaborare verso un compito comune, un ipertesto su questo tema, oppure un cartellone, oppure una ricerca
con lucidi o con diapositive di power point”.
Tutto questo richiede tempi anche molto più lunghi.
In definitiva, non è facile attuare l’apprendimento con il modello della flipped classroom rimanendo sempre
nell’ambito dei tempi stretti della lezione frontale. Qualcuno fa l’obiezione e dice: l’apprendimento a causa
del nuovo modello da seguire, richiede troppo tempo, non abbiamo tempo e quindi lo si mette da parte.
Niente di più errato.
Osservando l’immagine presente nella pagina successiva e avendo a mente quanto ribadito sino ad ora, viene
spontaneo ripensare al ruolo del docente oggi.
In sostanza che funzione!
Tra le funzioni fondamentali che il docente dovrebbe avere vi è:
• Quella di istruire, cioè di aiutare gli allievi ad acquisire padronanza di abilità e di conoscenze disciplinari;
• Quella di condurre la classe, cioè di definire regole e procedure, tenendo costante l’attenzione e la
La Flipped Classroom
34
partecipazione durante la lezione;
• Quella di socializzare gli studenti e mantenere un buon clima di classe.
Spesso succede che non tutti gli studenti reagiscano in maniera positiva agli interventi d’istruzione, gestione
della classe o socializzazione e che sia necessario un lavoro suppletivo, che richiede ulteriori abilità.
Per rispondere agli interrogativi sovraesposti, infatti, sono necessarie la capacità di analizzare la situazione, di
decodificare le diagnosi dei diversi specialisti, di condurre interviste finalizzate a raccogliere le informazioni
utili alla costruzione di un piano di intervento.
Ma prima ancora é indispensabile l’apertura ad accorgersi che c’é un problema e che su questo problema é
possibile intervenire efficacemente anche se risulta difficile; é vitale pensare che sia effettivamente possibile
risolvere il problema e che il primo passo per fare ciò consista nell’affrontarlo, superando l’ansia, l’impotenza,
l’inadeguatezza o la rabbia, che coglie chiunque di fronte ad una situazione nuova, complessa e stressante.
La Flipped Classroom
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1.4.2 Vantaggi e obiettivi per insegnanti e studenti
Vantaggi:
• Soddisfazione immediata di studenti e famiglie.
• Tempo scuola interamente utilizzato alla applicazione ed al perfezionamento delle competenze.
• Stimola l’indipendenza dei ragazzi e la creatività
• Possibilità di dedicare più tempo agli studenti in difficoltà mentre il resto della classe lavora su problemi
e progetti più complessi.
• Possibilità di fare esercitare gli alunni più dotati su attività diversificate e complesse.
• Soddisfazione per i docenti nel momento in cui ci si accorge di poter lavorare con risultati di apprendimento
molto superiori alla norma.
Svantaggi:
• Necessità di rivoluzionare completamente il metodo di lavoro (abolizione di lezioni frontali ed
interrogazioni)
• Esigenza per il docente di un lungo training pedagogico e didattico e di discrete competenze informatiche.
• Necessità di un aumento del lavoro preparatorio delle lezioni e dei tempi di correzione delle verifiche
scritte.
1.5 La Comunicazione efficace per un apprendimento
permanente
L’apprendimento cooperativo afferma Silvia Andrich10 è
diffusa in molte scuole, non dovrebbe stupire.
un’impostazione molto conosciuta e che si sia
Molti insegnanti nella loro pratica educativa e didattica, inseriscono segmenti di apprendimento cooperativo,
che arricchisce il già consolidato lavoro di gruppo. Una piccola precisazione a questo proposito. Per evitare
equivoci, dobbiamo imparare a distinguere tra lavoro di gruppo ed apprendimento cooperativo.
• Il lavoro di gruppo consiste nel collaborare verso un obiettivo comune: si tratta di una pratica molto
conosciuta e diffusa.
• L’apprendimento cooperativo, invece, è una modalità un po’ diversa dal lavoro di gruppo, in quanto è
focalizzato sull’apprendere insieme l’uno con l’altro, l’uno dall’altro, l’uno per l’altro. È un approccio che
comincia ad essere conosciuto apprezzato e praticato.
Focalizziamo questi punti, che altro non sono che riflessioni:
• Il superamento della preminenza della lezione frontale. Si tratta di arricchire la lezione frontale con altre
forme di approccio didattico e pedagogico: l’apprendimento cooperativo, il tutoring tra pari e le risorse
del gruppo classe.
• La difficoltà di attuazione dell’apprendimento cooperativo Attraverso l’attuazione di queste pratiche
di apprendimento cooperativo, vengono segnalate alcune difficoltà e vorremmo partire da queste, per
stabilire con gli insegnanti un punto di incontro immediato.
• Questionario del benessere in classe Dopo vogliamo presentare alcuni risultati di un questionario sul
10
Tratto dal Workshop n. 6 Silvia Andrich, Lidio Miato e Mario Polito © 2001 Erickson Portale Internet - www.erickson.it Materiali
del 3° Convegno “La Qualità dell’integrazione nella scuola e nella società”
La Flipped Classroom
36
benessere in classe, che ci permette di analizzare dettagliatamente molti item che possono essere
raggruppati sotto il concetto di clima di classe, di benessere in classe.
1.5.1 Stimolare l’apprendimento
È opportuno fare una precisazione. Nella flipped classroom, non si desidera annullare il valore della lezione
frontale. Essa possiede una lunga tradizione e indubbi vantaggi, specialmente quando si vogliono offrire
molte informazioni ad un gran numero di persone.
Tuttavia, per quanto riguarda la rielaborazione, la discussione, il confronto, lo scambio, l’apprendimento
l’uno dall’altro, la lezione frontale presenta dei limiti, che possono essere superati, introducendo a fianco alla
lezione frontale, altri approcci, tra questi la flipped classroom, e l’approccio dell’apprendimento cooperativo.
Vi sono molte ricerche che spingono verso il superamento della preponderanza della lezione frontale, che
è ancora molto forte e preminente in molte scuole, in molte attività didattiche. Possiamo elencare alcune di
queste indicazioni teoriche che invitano a superare tale preponderanza della lezione frontale.
APPROFONDIMENTO:
• Il costruttivismo - Cominciamo con il costruttivismo. Secondo tale teoria, la conoscenza è costruzione,
meglio ricostruzione delle conoscenze che ognuno di noi possiede. Si tratta di una ricostruzione
individuale, ma soprattutto sociale. Partendo da questa impostazione, la lezione frontale è ancora
poco costruttivistica, anche se molte lezioni frontali, sono oggi correlate da una buona impostazione
pedagogica e didattica, che utilizza schemi, lucidi, codici molteplici come quello verbale, quello visivo,
quello audiovisivo. C’è maggiore costruttivismo nella preparazione delle lezioni frontali, ma è ancora
insufficiente. Il costruttivismo sottolinea che l’apprendimento avviene attraverso il confronto delle varie
mappe cognitive presenti in ciascuno degli studenti e nel gruppo classe. L’insegnante può stimolare
l’apprendimento, attraverso la pratica del prendersi cura, di come ciascuno e di come la propria classe,
elabora, costruisce e ricostruisce le mappe cognitive comuni. Un autore Ph. Perrenoud (1984), sostiene
che sia il successo scolastico, sia l’insuccesso scolastico, è dovuto ad un processo di costruzione da parte
di tutti gli attori dell’attività educativa-didattica.
• L’autobiografia intellettuale e narrazione del sé - Un altro filone che spinge verso il superamento della
lezione frontale, è conosciuto come autobiografia intellettuale o narrazione del sé (Gordon Pask 1975,
D.Demetrio 1995) Tale approccio, suggerisce l’idea che l’apprendimento non è meccanico, ma si
intreccia con la narrazione del sé. Ad uno studente, possiamo chiedere più efficacemente come lui ha
appreso, come si è coinvolto nello studio di un determinato problema e far emergere l’intreccio tra un
argomento studiato e la sua narrazione esistenziale, la sua biografia intellettuale. All’interno del gruppo
classe, abbiamo dunque molte biografie, molte forme di coinvolgimento, che possono essere espresse
e raccolte come ricchezza di apprendimento. Invece, la lezione frontale basata sulla spiegazione e
sull’interrogazione, impedisce di cogliere e di valorizzare le numerose pieghe narrative di ogni studente
del gruppo classe.
• La metacognizione - La metacognizione è un altro filone che suggerisce di superare la lezione frontale,
spingendo ogni alunno e il lavoro di gruppo, verso la riflessione e il controllo di come si apprende,
mettendo in evidenza le proprie mappe cognitive, le proprie strategie di controllo, le proprie valutazioni
su come si è appreso (C.Cornoldi 1995, D.Ianes 1996). È noto che gli studenti metacognitivi, apprendono
di più e sono più disposti al lavoro di gruppo, basato su un controllo reciproco di come apprendere, di
quali strategie utilizzare e di come verificare insieme i risultati ottenuti.
• L’insegnante come ricercatore e come “professionista riflessivo” Un’altra indicazione verso il superamento
della preponderanza, della lezione frontale, è data da un filone della ricerca, basato sull’insegnante come
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ricercatore, come professionista riflessivo (A.D.Schön 1993).
Schön ha sottolineato l’importanza di modificare la figura dell’insegnante da semplice trasmettitore delle
informazioni, a ricercatore, a professionista che riflette sul proprio modo di insegnare e che apprende da
questa riflessione, a migliorare la sua qualità professionale.
L’insegnante ricercatore, si impegna, utilizzando ciò che sa, ciò che ha appreso nel suo curricolo informativo,
per impostare nuove ricerche. Ricerche fatte insieme con i propri alunni grazie alla flipped classroom.
Questa impostazione dell’insegnante ricercatore, ha una lunga tradizione.
È presente ad esempio, in C. Freinet (1969), il quale fin dagli anni ’30, aveva provocatoriamente eliminato
i libri di testo ufficiali, e cominciato a costruire insieme ai propri alunni, i propri libri di testo, costituiti da
ricerche fatte insieme.
Questo filone, è stato approfondito in Italia, da Mario Lodi (1974) che nel libro “Insieme”, descrive il lavoro
raccolto accuratamente dai propri alunni giorno per giorno. È un esempio di superamento della didattica
frontale e di un modello di insegnante, che insieme ai propri alunni, diventa ricercatore.
Bisogna passare da metodologie dove l’attore principale risulta essere l’insegnante, di matrice tradizionale,
a metodologie dove gli attori siano i ragazzi e il docente diventi sempre più il regista-guida del processo
apprenditivo.
È per questo che dovremmo cambiare il modello di insegnamentoapprendimento, da uno di tipo individualisticocompetitivo ad un altro di tipo collaborativodemocratico (Dewey, 1916).
Per costruire un clima adatto, occorre che l’insegnante:
• Sia autocritico e riflessivo e favorisca la comunicazione interattiva tra i ragazzi (abilità di discussione),
affinché essi possano passare da un ruolo più passivo inteso come ascoltatori e fruitori di informazioni,
a uno più attivo e partecipativo;
• Modifichi la convinzione che la principale fonte di apprendimento per gli alunni sia l’insegnante; ci sono
agenzie e reti informative più potenti della scuola, pensiamo ad esempio alle possibilità di internet;
• Possieda buona autostima, sappia autoregolarsi, ottimizzare e monitorare il proprio tempo e quindi
accetti le sfide educative, anche quelle difficili da realizzare e che prevedono un forte impegno, si aggiorni
continuamente e studi le strategie più efficaci di insegnamento, imposti il suo lavoro come occasione di
ricerca-azione;
• Conosca e favorisca modi diversi di apprendere e di fare esperienza; pensiamo ai diversi stili apprenditivi
e allo sviluppo delle diverse intelligenze duttili (H.Gardner 1987), all’importanza di variare le tipologie
dei linguaggi utilizzati e dare continuità al lavoro, richiamando alla memoria le conoscenze pregresse
e attivando organizzatori logici e anticipati (D.P.Ausubel 1978); facciamo fare esperienze ai ragazzi
di lavoro di gruppo, di laboratorio, di stage al di fuori della scuola, di cooperative scolastiche, dove
l’esperienza è vista come esercizio del comportamento che incarni un valore (situated learning);
• Cerchi di valorizzare i punti di forza dei ragazzi; non sottolineando subito i punti deboli, ma cominciando
dalla valorizzazione, dal positivo e non dalla svalorizzazione; affianchi il ragazzo, lo aiuti, lo orienti, lo
sostenga, lo incoraggi ad accettare le sfide, a vivere l’errore come risorsa per capire meglio il processo
apprenditivo attuato e l’efficacia o meno delle strategie utilizzate per raggiungere l’obiettivo; è importante
far prendere coscienza ai ragazzi delle proprie capacità, delle proprie potenzialità, di quanto potrebbero
fare con l’impegno. lo sforzo, la fatica (“cosa sono capace di fare, dove potrei arrivare se solo lo volessi
e mi sforzassi di più…”);
• Permetta a tutti di esprimersi, apprezzi i suggerimenti degli alunni, non giudichi e non valuti tutto ciò
La Flipped Classroom
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che viene detto dagli alunni; in una comunità educante tutti devono avere la possibilità di esprimere
le proprie idee e opinioni, senza paura di sbagliare, di essere giudicati o essere censurati, anzi in una
comunità del genere l’insegnante stimola con domande aperte e valorizza la partecipazione con lodi e
apprezzamenti;
• Valorizzi la partecipazione con lodi e stimoli i ragazzi ad intervenire indicando quali abilità trasversali ci si
aspetta vengano apprese (es. ascoltare, parafrasare, incoraggiare i compagni, dare il proprio contributo,
aiutare i compagni, non reagire in modo valutativo, imparare a superare i conflitti e raggiungere il
consenso, rispettare il proprio turno di discussione, parlare pacatamente e con gentilezza, rispettare gli
altri; abilità queste che innanzitutto devono essere agite dall’insegnante);
• Stimoli con domande aperte e richieste di pensare insieme ad un argomento in piccoli gruppi, per poi
riferire le proprie idee a tutta la classe; le domande chiuse del tipo sì o no oppure quelle a completamento,
dove bisogna trovare la parola giusta mancante, non favoriscono il confronto e lo scambio di opinioni,
cosa che avviene con domande aperte da sviluppare nel piccolo gruppo;
• Sappia ascoltare attivamente, mostrando interesse, empatia e ricercando soluzioni mediate e condivise; la
verità non sta mai tutta da una parte, occorre comprendere le ragioni dell’uno e dell’altro, per poi cercare
quella mediazione che trovi una nuova posizione dove ciascuno ritrova parte delle proprie argomentazioni,
ma non tutte; la ricerca di questo equilibrio condiviso è molto importante nella risoluzioni dei conflitti,
dove non ci sono perdenti, ma dove si è un po’ tutti vincitori;
• Progetti la sua lezione in modo flessibile, prevedendo momenti di contrattazione dove gli alunni possano
scegliere tra una gamma di alternative (autonomia di scelta); pensiamo a come può essere formativa
la scelta fatta insieme degli obiettivi, del tema, delle modalità di lavoro, dell’ordine di esecuzione, dei
tempi, delle ricompense, dei momenti di confronto e di elaborazione a piccoli gruppi, di riflessione
metacognitiva a livello di intergruppo (alternanza tra momenti di relazione insegnante-alunni e momenti
di relazione solo tra compagni);
• Agisca in modo coerente; l’insegnante è un modello per gli alunni, quindi deve dare l’esempio e agire
di conseguenza; La scarsa coerenza, invece, crea disagio e disaffezione nella classe, comportamenti
negativi e distruttivi, insoddisfazione e crisi d’identità. Quando il modello di gestione della classe non è
condiviso dall’intero consiglio di classe, si possono verificare incoerenze didattiche che portano spesso
a situazioni conflittuali con i ragazzi e le famiglie: Per questo utili possono essere i contratti formativi
tra docenti che chiariscano bene il modello di gestione della classe e i comportamenti da attuare per
rispettare e far rispettare le regolo concordate con i ragazzi (pensiamo a regole e sanzioni riparatorie
condivise da tutti, sottofirmate da tutti gli insegnanti e da tutti i ragazzi e appese in classe in un posto
ben visibile);
• Condivida con i ragazzi le scelte educative e i criteri di valutazione degli apprendimenti; coinvolgere i
ragazzi nelle scelte, permette di farli sentire parte attiva nella progettazione curricolare e favorisce la
motivazione all’impegno; anche nella valutazione è importante far vedere come si reperiscono i dati che
saranno oggetto di giudizio e quale peso viene a questi attribuito (ad esempio 5 punti se non ci sono
errori ortografici, 4 punti se ce ne sono da uno a cinque, 3 punti se ce ne sono da 6 a 10, 2 punti se ce ne
sono da 11 a 15 e 1 punto se ci sono più di 15 errori); è questo un passaggio molto utile per insegnare
ai ragazzi ad autovalutarsi e confrontare la propria autovalutazione con quella dell’insegnante; quando
l’autovalutazione e la valutazione coincidono, allora vuol dire che c’è sintonia tra insegnanti e alunni;
• Attui il monitoraggio insieme agli alunni il percorso apprenditivo e i processi cognitivi dei singoli alunni
e di ogni gruppo; per far questo occorre costruire degli strumenti di controllo del processo apprenditivo
del gruppo e di ciascun alunno; utili a tal fine possono essere delle semplici domande metacognitive. alle
quali rispondere al termine di ogni fase del lavoro programmato (“ci sembra che il lavoro fin qui svolto
La Flipped Classroom
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sia soddisfacente? Perché? I tempi programmati sono stati rispettati? Se no, perché?”);
• Si metta in gioco per primo, funga da modello positivo esperto e stimoli la generalizzazione; se vogliamo,
ad esempio, che i ragazzi imparino un metodo di studio, iniziamo con far vedere loro come studiamo,
poi confrontiamo il nostro metodo di studio con il loro e cerchiamo di individuare i punti forti e deboli di
ciascun metodo in modo che poi ciascuno costruisca quello più adatto a se stesso; se viceversa vogliamo
aiutare i ragazzi a scrivere testi regolativi, dobbiamo per primi metterci in gioco facendo vedere come
noi scriviamo un testo di questo genere;poi attraverso la discussione di quali possibilità avevamo a
disposizione e del perché e stata fatta proprio quella scelta, abituiamo i ragazzi al confronto e a prendere
maggior consapevolezza di quanto si sta facendo; attraverso l’analisi dei punti forti e dei punti deboli del
modello proposto, si può cercare insieme altri contesti dove quel modello può essere utilizzato in modo
efficace; in tal modo si aiutano i ragazzi a compiere una generalizzazione del modello e costruire modelli
più adatti alle caratteristiche della loro personalità e più rispondenti ai loro bisogni e capacità;
• Favorisca l’identità, il lavoro di gruppo e l’interdipendenza positiva; l’interdipendenza positiva viene
vissuta dal ragazzo come convinzione di aver bisogno dei compagni per raggiungere l’obiettivo, ma che
questo non può essere raggiunto senza il proprio apporto; unendo le forze e le idee si possono superare
meglio i vari problemi, inoltre ci si sente importanti per gli altri (“non posso mancare, perché senza di me
il lavoro non può essere concluso”). L’interdipendenza positiva favorisce la costruzione dell’identità, nel
senso che aiuta il ragazzo a scoprire chi è, a sentirsi accettato e riconosciuto dagli altri a scuola, in classe,
nel gruppo di amici, nello sport. In famiglia e nei vari gruppi sociali. Ciascun ragazzo ha bisogno di
costruire qualcosa di riconoscibile dagli altri che sia stabile nel tempo. Anche le caratteristiche attribuite
al ragazzo devono avere la valenza della stabilità. Tutti devono dire: “E’ un bravo ragazzo”. Oppure “E’ un
ragazzo svogliato, che va male a scuola”. Ci deve essere una certa coerenza tra le attribuzioni di identità
e i comportamenti attuati dal ragazzo, perché queste attribuzioni creano aspettative che condizionano
i comportamenti: “faccio quello che gli altri si aspettano da me”; “devo essere me stesso, una persona
sola, riconoscibile agli altri, ben identificato (nel bene e nel male) e non ‘uno, nessuno, centomila’ come
nella commedia di Pirandello”. E’ importante, quindi, avere aspettative positive nei confronti dei ragazzi,
aiutare il formarsi dell’identità sociale positiva nel gruppo dei pari, enfatizzare le capacità e le potenzialità
di ciascuno e fare in modo che il gruppo le riconosca e le utilizzi per raggiungere i propri obiettivi.
Ciascuno deve avere un ruolo attivo e riconoscibile all’interno del gruppo. Dobbiamo cercare di evitare
il pericolo di instradare i ragazzi all’insuccesso, prospettando delle aspettative negative o delle sfide di
basso livello, per non incorrere nell’effetto Pigmalione ovvero della profezia che si autoavvera (Rosenthal
e Jacobson 1972);
• Favorisca l’autoconsapevolezza individuale e di gruppo e aiuti la riflessione metacognitiva sui processi
attuati (C.Cornoldi 1995); è importante che il gruppo riveda insieme all’insegnante come ha lavorato
e come ha migliorato il proprio stile cooperativo (riflessione che può avvenire sia discutendo insieme,
sia scrivendo prima singolarmente le proprie valutazioni, per poi confrontarsi insieme); è attraverso il
confronto stimolato con domande aperte che si promuove la consapevolezza metacognitiva, dando la
possibilità ai ragazzi di precisare meglio il proprio pensiero, di sostenerlo e rispondere ai dubbi degli
interlocutori, di vagliarlo alla luce delle obiezioni, delle contrapposizioni, di analizzare le alternative.
Anche l’errore diventa occasione di riflessione e confronto su quali siano le strategie più efficaci o per
prendere maggior consapevolezza dei processi cognitivi attuati;
• Sia democratico, entusiasta, positivo, motivato; è importante che al docente piaccia insegnare, stare
con i ragazzi, aiutarli a valorizzare i loro talenti, a sperimentare la democrazia, la libertà delle scelte
consapevoli, la condivisione e il rispetto reciproco, la solidarietà; solo chi fa con entusiasmo il proprio
lavoro riesce a trasmettere questo entusiasmo ai ragazzi. La pedagogia democratica è la pedagogia
della proposta, del ricercare insieme, dove ciascuno mette in campo le proprie competenze per aiutare
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gli altri (P.Freire 1975, 1980). E’ una pedagogia dell’aiuto e del rispetto reciproco, del dare agli altri,
della responsabilità individuale, rispetto al proprio apprendimento e a quanto si fa per gli altri, e di
gruppo, rispetto alla partecipazione, all’ottimizzazione del tempo a disposizione, all’aiuto reciproco, al
rispetto delle regole concordate, al rispetto di tutti e di ciascuno, alla valorizzazione delle differenze e dei
diversi apporti per il conseguimento dell’obiettivo comune. La democrazia richiede meno competizione
all’interno del gruppo classe e più cooperazione, più condivisione dei valori e delle norme di solidarietà
attiva, positiva, partecipata e non passiva. Questo vale per l’insegnante, ma deve valere anche per ciascun
ragazzo.
• Insegni le abilità sociali anche attraverso l’interdipendenza dei ruoli; una classe dove si sta bene è
quella organizzata, dove ognuno ha ben chiari i compiti e i ruoli da giocare al suo interno; per questo
è importante dedicare un congruo tempo all’organizzazione dove ciascuno partecipa con ruoli diversi
al benessere di tutti (pensiamo ai vari incarichi come il distributore e il raccoglitore dei quaderni, il
responsabile del ricambio dell’aria in classe, il responsabile del segnalare i compiti agli assenti, il
responsabile della raccolta dei buoni pasto per la mensa, il responsabile dell’organizzazione dei
compleanni, il responsabile del benessere delle piante,…; l’insegnante oltre a insegnare le abilità sociali,
le deve rinforzare continuamente, sottolineando i comportamenti prosociale (M.De Beni 1998) e cercando
di trovare alternative a quelli antisociali; nel piccolo gruppo i ruoli sociali da attivare possono essere il
controllore del volume della voce, il controllore del tempo, il responsabile dei materiali, l’incoraggiatore,
il chiarificatore, il moderatore;
• S’instauri un rapporto costruttivo con le famiglie e con il territorio; solo lavorando in sinergia con le
famiglie e le altre agenzie educative territoriali, possiamo rendere più efficace il progetto formativo e
aiutare i ragazzi a costruirsi un’identità sociale. A tal fine possono essere utili i contratti formativi che
si instaurano con le famiglie dei ragazzi e i patti territoriali, che hanno lo scopo di creare sinergie tra le
varie agenzie formative ed aiutare il ragazzo a costruirsi un proprio “progetto di vita”.
La mediazione - La prospettiva di L.Vygotskij (1934) esemplificata da Dixon-Krauss, L. (2000) e quella di
R.Feuerstein (1980), sottolineano l’importanza della mediazione. La cultura è mediazione. L’insegnante è un
mediatore, non un trasmettitore, una persona che prende per mano i propri allievi dal punto dove sono in
questo momento e li porta, li conduce verso nuove prospettive, utilizzando mediazioni culturali.
La conoscenza come costruzione sociale Alcuni autori, come Doise e Mugny (1982), Perret-Clermont (1996),
hanno sottolineato nelle loro ricerche il carattere sociale della conoscenza. Partendo da questa impostazione,
si può ampliare la lezione frontale prendendosi cura di come la conoscenza sia un lavoro condiviso. Attraverso
la lezione frontale, passano alcune informazioni, ma la costruzione e la rielaborazione delle informazioni,
giunge attraverso una condivisione comune, che deve essere ancora estesa in ambito scolastico. Consideriamo
poi il filone dell’apprendimento cooperativo a partire da quello europeo, a cominciare appunto da C. Freinet,
M. Lodi e da quello americano, a partire dei fratelli Johnson (1996), da Sharan (1998) e molti altri (si veda la
rassegna di Comoglio e Cardoso 1996) che hanno sottolineato l’importanza dell’apprendere insieme, come
una strategia metodologica, che permette un approfondimento più duraturo, più coinvolgente, più stabile.
Le risorse formative e didattiche del gruppo classe Possiamo quindi considerare il gruppo classe come
un gruppo formativo (M. Polito, 2000). Molto spesso si fa lezione davanti al gruppo classe, ma non si
coinvolgono le risorse educative e didattiche che il gruppo classe possiede. Se noi guardiamo al gruppo
classe come ad un insieme di persone che portano nella classe prospettive culturali, risorse conoscitive,
strategie e metodologie, è più facile superare la lezione frontale, recuperando ciò che gli studenti già
possiedono come preconoscenze o acquisizione degli anni scolastici precedenti. È riversare tutto in un
progetto di approfondimento più approfondito ed ampio. Anche il computer come tutor, può permettere
un ampliamento della lezione frontale e l’insegnante può utilizzare questo strumento, come strumento di
ricerca, ma anche di apprendimento e di controllo degli errori. Il computer può essere usato come strumento
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di insegnamento. L’insegnante può organizzare le lezioni attraverso il computer e assegnare ad un gruppo
di studenti, un tipo di attività diversa da quelle assegnate agli altri. La metodologia della ricerca-azione
Un altro filone che permette di ampliare e superare la preminenza della lezione frontale è la metodologia
della ricerca-azione. Essa è stata avviata da Kurt Lewin (si veda Trombetta C. e Rosiello L. 2000) negli anni
’40 in America e si è diffusa notevolmente in Europa; sostiene l’importanza dell’apprendimento attraverso
una ricerca che abbia una ricaduta nell’attività quotidiana, nel comportamento. La capacità di intrecciare
ricerca ed azione permette di superare la separazione tra apprendimento teorico e apprendimento pratico.
Questa impostazione, permette di integrare le lezioni frontali con delle esercitazioni adeguate, che non sono
semplici esercizi di ciò che si è appreso nelle lezioni frontali, ma sono delle esperienze che permettono
di intrecciare l’apprendimento teorico e quello pratico. Per tutte queste varie considerazioni, è possibile
pensare ad un superamento della lezione frontale, salvaguardandone il valore specifico che deve essere
riconosciuto, rispettato, ma nello stesso tempo anche ampliato, utilizzando tutti questi suggerimenti, sia
della ricerca teorica, che di quella pratica.
1.5.2 Piano di lavoro per le attività di Flipped Classroom
Un modello per strutturare un piano di lavoro per le attività di flipped classroom deve contenere un documento
di programmazione per queste tipologie di attività didattiche, come di seguito riportato
Titolo. Identificare l’argomento che si vuole trattare
Livello scolare. Identificare l’ordine di scuola (primaria, secondaria, etc.)
Discipline coinvolte. Identificare la disciplina o le discipline che sono coinvolte nell’attività.
Classe. Identificare la classe a cui è rivolta l’attività.
Tempo stimato. Prevedere un monte ore di lavoro a casa per la visione dei materiali e video e un monte ore
di attività in classe.
Traguardi formativi. Stabilire quali sono gli obiettivi dell’attività, gli esiti attesi, cosa ci si aspetta che gli
studenti imparino al termine delle attività.
Descrizione dell’attività. Descrivere ciò che dovranno fare gli studenti a casa e in classe e quale sarà la
produzione finale. Nella descrizione fare riferimento alla tassonomia di Bloom:
• Conoscenza;
• Comprensione;
• Applicazione;
• Analisi;
• Sintesi;
• Valutazione e alle strategie di Marzano;
• Prendere appunti e sintetizzare;
• Identificare analogie e differenze;
• Provare e riconoscere;
• Effettuare compiti a casa ed esercitazioni;
• Favorire l’apprendimento collaborativo;
• Effettuare rappresentazioni non verbali;
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• Identificare gli obiettivi e fornire feedback;
• Formulare ipotesi;
• Porre domande con suggerimenti e organizzatori avanzati.
Materiali didattici
Descrivere i materiali che verranno utilizzati, ovvero inserire una lista di link alle risorse utili che gli studenti
troveranno in rete.
Attività a casa
Descrivere cosa faranno gli studenti a casa, come dovranno utilizzare il materiale, in che ordine utilizzarlo,
etc.
Attività in classe
Descrivere le attività che si intendono programmare durante le ore in classe.
Attività di consolidamento e approfondimento
Descrivere come s’intende dare chiarimenti per far sì che gli studenti possano chiarire qualsiasi dubbio, quali
altre attività sono previste per l’approfondimento, etc.
Valutazione
Stabilire dei precisi criteri di valutazione, fornendo un’opportuna griglia coerente con il P.O.F.
Percorsi individualizzati
Nel caso in cui in classe fossero presenti alunni con BES, stabilire quali attività saranno previste per loro.
(Quanto riportato è Tratto da © OrizzonteScuola.it)
1.5.3 Modello Flipped – Fasi di esecuzione del lavoro
FASE I - FASE OPERATIVA DEL LAVORO
Gli alunni vengono suddivisi per gruppo, i membri del gruppo non devono superare le 3/ 4 unità. Se volessimo
operare in modo coerente, dovremmo somministrare agli stessi alunni un questionario sociometrico, che
consentirebbe o di disporli per livello o per affinità elettiva. Equiparare le forze aiuterebbe non poco. Realizzati
i gruppi, vanno affidati i ruoli ad ogni membro. I ruoli in questione hanno la seguente carica:
• Alunno – tutor, con il compito di monitorare e coordinare i lavori; allo stesso viene richiesto di consigliare
i compagni e di fare in modo che le consegne vengano rispettate nei tempi previsti. Lo stesso tutor deve
annotare una sorta di cronaca di quanto il gruppo sta realizzando, in questo modo chiarirà a nome di tutti
come avvenga il processo che convoglia al compito loro assegnato.
• Esprime e relaziona su ogni compagno.
• In certi casi e per facilitare e velocizzare i lavori, è possibile creare su whatsApp una classe virtuale,
dove il docente controlla messaggi e vi partecipa suggerendo possibili soluzioni e consigli su materiali
da cercare, adottatre e sulle procedure da impiegare.
• Inviando bozze e materiali elaborati, il docente procede a dispensare dritte utili al compito.
FASE II - FASE FRONTALE…. E DI CONFRONTO
È questa la fase di spettanza del docente con il campito di argomentare e inquadrare il tema della lezione. La
stessa avrà cura di spiegare quali conoscenze l’attività che sta per iniziare deve favorire, nonché quali criteri
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di valutazione verranno impiegati per le prove.
Ipotizziamo di aver creato 6 gruppi e di aver lanciato un ipotetico tema. in una classe secondaria i seguenti
sottotemi:
• Le Fonti Storiche
• Le Fonti Scritte
• Le Fonti Visive
• Le Fonti Iconografiche
• Le Fonti Orali
• Il Ruolo Dello Storico
Insegniamo loro cosa sia la metodologia collaborativa e la necessità di guardare al compito assegnato come
ad un problema da risolvere. Il tutor del gruppo suddivide a sua volta l’argomento per 6 gruppi, tanti quanti
sono coloro che devono agire.
Indicazioni utili verranno poi passati dallo stesso tutor, il quale si fa portavoce dei siti da visionare, dei
manuali da adottare, dei filmati da cercare e di eventuali ricerche da effettuare. Tutte cose che confluiranno
a potenziare le competenze ad esercitare le abilità e che diveranno il contenuto del compito.
Le fonti iniziali di consultazione a carico dei gruppi e degli studenti, verranno fornite dal docente;
Le modalità di lavoro a casa di spettanza dei gruppi precedentemente costituiti lavoreranno in rete, creando
anche dei sottogruppi ( ovvero si potrà lavorare anche da soli);
È essenziale avere o approntare delle schede o mappe riassuntive sulle quali aggiungere per nucleo il
contenuto trovato e negoziato tra i membri dei gruppi;
Il prodotto finale ( redatto insieme) verrà poi esemplificato e presentato in PP o con una relazione scritta.
Utile in questi casi creare anche una Lapbook .
Il tutor, indica cosa studiare quali conoscenze vanno fissate e apprese;
il docente vigila, coordina e suggerisce sia in fase di progettazione che in avvio dei lavori di gruppo cosa
desidera focalizzare per garantire i contenuti utili a quel determinato sapere.
Sollecita i gruppi a depositare il lavoro finito in rete, oppure a creare una biblioteca digitale, suddividendo
per discipline gli argomenti.
FASE III - LAVORO A CASA
• Indagine;
• Ricerca;
• Ipotesi progettuale;
• Raccolta delle conoscenze;
• Tempi: 2 Settimane.
FASE IV - DISCUSSIONE IN CLASSE
• Brainstorming;
• Brainwriting e metacognizione;
• Continuazione e fissazione dei contenuti prelevati;
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• Pulizia di questi ed eliminazioni di ridondanza;
• Tempi: 3 – 4 ore
FASE V - INIZIO ELABORAZIONE DEL PRODOTTO FINALE DA REALIZZARE CON QUALE CRITERIO?
• Video;
• Presentazione PowerPoint;
• Mappe Concettuali;
• Mappe Sonore Ecc;
• Tempi: 1 Settimana.
FASE VI - ESIBIZIONE PUBBLICA DEGLI ELABORATI
• Discussioni e approfondimenti,
• Possbili reticoli e collegamenti;
• Tempi: 2 ore per gruppo;
• Al docente il compito di valutare gli elaborati.
FASE VII - STUDIO INDIVIDUALE DEI PRODOTTI
• 6 gruppi che costituiranno il contenuto redatto insieme, negoziato e contrattato con i pari e con il
docente.
FASE VIII - VERIFICA DELLE CONOSCENZE ACQUISITE
• Totale tempo per argomento 3 settimane
STRUMENTI IMPIEGATI:
• Tecnologie Digitali;
• Lim;
• Siti Web;
• Immagini;
• Video;
• Presentazione Power Point;
• Cd;
• Dvd;
• Biblioteche Digitali;
• Biblioteche Cittadine;
• Dispense;
• Fotocopie;
• Facebook;
• Whatsapp.
METODI:
• Metodo Cooperativo e Metodo Significativo;
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• Peer Cooperative;
• Problem Solving;
• Brainstorming;
• Brainwriting;
• Tutoraggio;
• Master Learning.
VALUTAZIONE:
• Test a domanda aperta;
• Test a domanda multipla;
• Test con enunciato vero falso;
• Valutazione del prodotto finale;
• Linguaggio consono e ben articolato;
• Competenze digitali e narrative;
• Imparare a imparare.
• Spirito collaborativo;
• Coerenza o incoerenza sul tema assegnato;
• Competenze sociali e civiche.
TEST DI SODDISFAZIONE
• Elaborazione di un test di gradimento
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