Tesi di una laureata sulla nostra flipped_classroom
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Tesi di una laureata sulla nostra flipped_classroom
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE, STUDI UMANISTICI E INTERNAZIONALI: STORIA, CULTURE, LINGUE, LETTERATURE, ARTI, MEDIA CORSO DI LAUREA: Lingue per la Didattica, l’Editoria, l’Impresa Flipped Classroom: oltre la lezione frontale nell’era 2.0 Relatore: Chiar.ma Prof.ssa FLORA SISTI Tesi di laurea di: ELEONORA RICCI ANNO ACCADEMICO 2014 -2015 Indice Introduzione 1 Capitolo 1 La Flipped Classroom 6 1.1. Il modello della Flipped Classroom 7 1.2. L’insegnante come facilitatore 1.2.1. L’insegnante come ricercatore 10 12 1.3. Lo studente 14 1.4. Valutazione autentica 17 1.5. Come organizzare il tempo scolastico 19 Capitolo 2 Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom 23 2.1. Problem-Based Learning 24 2.2. Peer Instruction 25 2.3. Cooperative Learning 27 2.3.1. Cooperare VS collaborare 30 2.4. Inquiry-Based Learning 31 Capitolo 3 L’uso delle TIC nel Flipped Learning 34 3.1. Competenze digitali in ambito didattico 34 3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools 37 3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom 39 3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo 42 3.2.2. Supporti digitali 44 3.3. La videolezione 48 Capitolo 4 Flipped Classroom: uno spazio di apprendimento democratico 53 4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico 53 4.2. Zona di Sviluppo Prossimale 56 4.3. La necessità di uno spazio flessibile 57 4.3.1. Classi 2.0 e 3.0 61 4.3.2. TEAL 66 4.3.3. 68 La classe scomposta Capitolo 5 La Flipped Classroom negli istituti marchigiani 71 5.1. Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara 73 5.1.1. Attività didattiche proposte per il Flipped Learning 5.2. Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona 5.2.1. Osservazione diretta 5.3. Questionario studenti 5.3.1. Discussione dei dati 84 87 89 101 112 5.4. Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”: progetto KA2 114 Capitolo 6 La Flipped Classroom in Italia e nel mondo 116 Conclusione 121 Appendice 123 Bibliografia 143 Sitografia 148 Introduzione Con il termine Flipped Classroom si indica un metodo didattico innovativo che inverte i due momenti costitutivi della lezione tradizionale: quello della spiegazione e quello dei compiti. Al contrario di quanto accade solitamente, infatti, nelle classe capovolta il contenuto viene affrontato autonomamente a casa dagli studenti e gli esercizi vengono svolti in classe con l’aiuto dell’insegnante e in maniera collaborativa con i compagni. Nonostante la sua recente propagazione, la Flipped Classroom rimane ancora un metodo poco diffuso nei contesti scolastici italiani e crea spesso un acceso dibattito tra docenti. Tuttavia il progresso tecnologico in continua evoluzione, che ha coinvolto e plasmato l’intera società, non ha risparmiato la pratica didattica, dalla quale esige una conversione radicale nel modo di insegnare e di apprendere. In questo senso la classe capovolta rappresenta un modello di insegnamento alternativo e innovativo che risponde alle esigenze degli studenti moderni ai quali sono richieste competenze sempre più specifiche e pratiche, nel percorso scolastico prima e nel mondo del lavoro poi. La classe rovesciata rappresenta dunque il fulcro della mia ricerca, indagato nei suoi aspetti costitutivi ed in particolare valutato attraverso i cambiamenti che tale innovazione può introdurre in un contesto scolastico concreto. Il primo capitolo tenta di definire esaustivamente il metodo della classe capovolta, fondato e diffuso nel 2007 da due insegnanti di chimica americani, Aaron Sams e Jonathan Bergmann, con lo scopo di risolvere il problema dell’abbandono scolastico precoce in alcune aree periferiche del Colorado. Ciò che si evince è che se da un lato l’introduzione della classe capovolta, nella didattica tradizionale, può facilitare la trasmissione dei contenuti e accrescere la motivazione degli studenti, dall’altro comporta un 1 riassetto completo del contesto scolastico ed una rivalutazione del rapporto docente-studente. In tal senso si passa da un contesto teacher-centered, in cui le informazioni vengono trasmesse frontalmente dal docente agli studenti, ad un ambiente student-centered in cui la conoscenza non viene veicolata bensì costruita sotto la guida dell’insegnante, che opera in qualità di facilitatore promuovendo lavori di cooperazione e collaborazione tra discenti, che diventano così responsabili del proprio processo di apprendimento. L’insegnante si trova di conseguenza ad affrontare un contesto didattico nuovo per cui è necessario che esso agisca come professionista riflessivo (Schön, 1963), per valutare l’innovazione in tutte le sue sfaccettature e adeguarla al proprio contesto didattico. Allo stesso modo la posizione dello studente subisce una profonda trasformazione, che prevede un ribaltamento della piramide della Bloom’s Taxonomy (2001): se la lezione frontale è incentrata soprattutto sulla memorizzazione e sulla comprensione, nella classe capovolta il fulcro è rappresentato da attività che stimolino la creazione, la valutazione, l’analisi e l’applicazione degli argomenti affrontati. Considerando l’insegnamento nella sua totalità va sottolineato che anche il metodo di valutazione e il tempo scolastico richiedono un adeguamento sostanziale, funzionale al processo di capovolgimento. Nel momento in cui la spiegazione viene fruita dagli studenti autonomamente, il tempo liberatosi in classe deve essere accuratamente gestito attraverso attività finalizzate ad un apprendimento significativo che possano fungere da supporto al ruolo attivo degli studenti. A tale scopo la classe capovolta si serve di metodi didattici differenti che possano rispondere ai diversi stili cognitivi degli studenti e creare un contesto sempre più collaborativo. Il Problem-Based Learning, la Peer Instruction, il Cooperative Learning e l’Inquiry-Based Learning sono solo alcuni dei 2 metodi, presi in analisi nel secondo capitolo, basati su un coinvolgimento attivo degli studenti a partire da un problema concreto, da un campo di indagine o da un apprendimento stimolato tra pari. Nel terzo capitolo viene affrontato l’argomento delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione), ossia tutti gli hardware e i software utili per l’attuazione della classe capovolta e necessari per ridurre il divario che intercorre tra i docenti, spesso poco competenti in materia e gli studenti, definiti al contrario nativi digitali. La competenza digitale è una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente individuate dall’Unione Europea. La scuola italiana, muovendosi in questa direzione, ha promosso diversi progetti per la realizzazione di una didattica digitale, al fine di sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. I supporti digitali sono risultati capaci di promuovere un insegnamento democratico che sappia tener conto delle diverse velocità di apprendimento ed agevolano una comprensione multimediale, che avviene cioè stimolando sfere sensoriali diverse che concorrono all’assorbimento di informazioni. Allo stesso modo PC, LIM e tablet hanno esteso i limiti spaziali dell’aula in senso stretto, offrendo la possibilità di intraprendere attività collaborative in presenza o a distanza. Nel terzo capitolo, un paragrafo consistente viene dedicato alla videolezione, in quanto elemento centrale della Flipped Classroom, in grado di creare Episodi di Apprendimento Situato (EAS), in cui il processo di insegnameno-apprendimento viene trasferito quindi in un contesto informale e quotidiano. Sebbene la lezione video sia considerata particolarmente efficace in termini di motivazione e di assimilazione dei contenuti, non rappresenta l’unico mezzo a disposizione con cui sostituire la spiegazione tradizionale. Il quarto capitolo dibatte sul tema della classe capovolta come metodo altamente efficace in termini di apprendimento democratico (Dewey, 3 1916). Spostando infatti il momento della spiegazione a casa, in classe il docente ha più tempo per aiutare gli studenti in difficoltà e lavorare su problemi concreti, creando un ambiente didattico più appropriato e dinamico, che vada ad influire anche su ciò che Vygotsky definisce Zona di Sviluppo Prossimale (1986), ossia l’area di possibile sviluppo del singolo allievo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci. Parlare di ambiente di apprendimento in questo caso riguarda sia il contesto teorico di applicazione della classe capovolta, sia lo spazio fisico in cui essa trova la sua attuazione. A tale proposito emerge la necessità di creare uno spazio fisico flessibile, che possa favorire l’acquisizione di competenze oltre che di conoscenze, che sia in grado di adeguarsi alle diverse intelligenze e stili cognitivi degli studenti e che sfrutti le potenzialità delle nuove tecnologie, fonte inesauribile di informazioni. Il progetto Classi 2.0 e lo spazio TEAL sono un chiaro esempio di come il progresso tecnologico integri continuamente e progressivamente la realtà scolastica nazionale; la classe scomposta di Dianora Bardi (2014) invece rappresenta un radicale cambiamento dello spazio fisico e psicologico della classe. Nel caso della Flipped Classroom un ambiente costruttivista si rivela di fondamentale importanza per il successo delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e delle competenze da sviluppare. Il quinto capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e riguarda l’osservazione del metodo Flipped in contesti didattici reali, nel territorio marchigiano, in cui tale modello è già applicato o vuole essere introdotto. In tale sezione l’intento è quello di far emergere, in contesti differenti e attraverso strumenti di indagine diversi, i punti di vista di coloro che sono coinvolti attivamente nel processo di capovolgimento: gli insegnanti e i discenti. La figura del docente viene indagata nel suo processo di creazione e produzione di lezioni capovolte, finalizzate ad un 4 apprendimento attivo ed efficace. Attraverso l’uso di un questionario invece si è cercato di esplorare il coinvolgimento dello studente operante in un contesto capovolto e di fare emergere la personale percezione riguardo al cambiamento derivante da tale innovazione, nel proprio percorso di apprendimento. Infine il sesto capitolo riporta brevemente alcune esperienze di Flipped Learning, evidenziando la rilevanza che il metodo sta progressivamente acquisendo nel panorama nazionale ed internazionale e soprattutto riflettendo sulla sua interdisciplinarità, dalla quale emerge un continuo dialogo ed una incessante negoziazione tra la didattica ed i vari ambiti della società, siano questi sociali o tecnologici. Occorre precisare che ciò che emerge dall’analisi teorica e pratica della classe capovolta e dai contesti scolastici concreti osservati viene presentato senza alcuna pretesa statistica o scientifica, bensì con l’unico obiettivo di voler trattare in maniera critica un modello ancora poco sperimentato ed indagato, ma che presenta chiaramente molteplici potenzialità. 5 Capitolo 1 La Flipped Classroom It is amazing to me how in all the hoopla and debate these days about the decline of education in the US we ignore the most fundamental of its causes. Our students have changed radically. Today’s students are no longer the people our educational system was designed to teach. (Prensky, 2001)1 L’avvento del progresso tecnologico che ha coinvolto il ventesimo secolo, ha radicalmente incrementato le possibilità di comunicare tra gli individui, eliminando qualsiasi barriera fisica e culturale. Le nuove tecnologie, che hanno ‘invaso’ in maniera massiccia la nostra quotidianità, sono diventate elementi indispensabili per la creazione e la fruizione di sapere e conoscenza. Oltre ad aver determinato un radicale cambiamento culturale e tecnologico, le nuove tecnologie hanno prodotto una frattura generazionale che coinvolge da un lato quelli che Prensky (2001) definisce Digital Natives2, ossia i nativi digitali e dall’altro i cosiddetti Digital Immigrants o immigrati digitali. Con il termine Digital Natives, Prensky identifica la prima generazione di giovani cresciuta nell’era tecnologica e che usa abilmente e costantemente le nuove tecnologie come PC, cellulari, video games, Internet. I Digital Immigrants, invece, appartengono a quella generazione che convive con le tecnologie adattando i propri comportamenti alla nuova dimensione del linguaggio digitale. Considerando l’ambito didattico, il problema maggiore scaturisce dal fatto che le due generazioni a confronto, alle quali appartengono rispettivamente discenti e docenti, sembrano creare e processare informazioni in modi differenti, dando luogo ad un divario 1 Prensky, M. (2001). Digital natives, digital immigrants, part 1. On the horizon, 9 (5), 1-6, p.1. http://www.nnstoy.org/download/technology/Digital+Natives+-+Digital+Immigrants.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 2 I Digital Natives sono anche definiti come Net-gen (Net Generation) o D-gen (Digital Generation). 6 difficile da colmare. È proprio per tale ragione che la scuola tradizionale si è trovata impotente davanti al cambiamento e fatica a proporre strategie didattiche che possano abbracciare le capacità e competenze degli alunni moderni. Dal bisogno e dalla volontà di creare una didattica più stimolante ed efficace nasce l’idea del metodo Flipped Classroom. 1.1 Il modello della Flipped Classroom La Flipped Classroom, o classe capovolta3, pone le sue basi già a partire da metodi definiti Inverted Instruction ed Inverted Classroom sviluppati attorno al 2000 (Rivoltella P., 2013: 49), ma la diffusione del modello Flipped avviene ufficialmente nel 2007 grazie al lavoro di Jonathan Bergmann e Aaron Sams, due insegnanti di chimica nella Woodland Park High School del Colorado. Dopo aver notato un’alta percentuale di studenti assenti durante le loro lezioni di chimica, entrambi decidono di cercare una soluzione al problema, dal momento che questo significava per gli studenti avere profonde lacune in materia. Nello stesso anno Sams inizia casualmente ad utilizzare un programma capace di registrare lezioni in Power Point, supportate dalla voce audio del professore, comprendendone immediatamente il potenziale. Bergmann e Sams divengono ben presto consapevoli del fatto che potendosi avvalere delle spiegazioni individualmente, gli studenti “can receive content on their own” (Bergmann, Sams, 2012: 5). Se da un lato la presenza fisica del docente, quindi, non è indispensabile per la fruizione dell’argomento, dall’altro lo è per il supporto durante gli esercizi e le varie attività. Ha inizio così la sperimentazione del metodo Flipped Classroom che conduce fin dal 3 In spagnolo tradotto con Clase invertida o Clase al revés. I fondatori del metodo Flipped Classroom, Jonathan Bergmann e Aaron Sams, ci tengono a precisare che il termine non fu utilizzato da loro per la prima volta, ma coniato con successo da alcuni media. 7 principio a risultati significativi in termini di successo, oltre a risolvere il problema della scarsa frequenza da parte degli studenti. Bergmann e Sams descrivono il metodo appena inaugurato, nel testo pubblicato nel 2012 con il titolo Flip your Classroom: Reach Every Student in Every Class Every Day. La prima versione di classe capovolta viene nominata dagli autori Flipped Class 101 ed è la più diffusa e utilizzata in aula dai docenti. In questo caso è prevista la fruizione sincrona del materiale, uguale per tutti gli studenti, per cui ognuno è chiamato a guardare la lezione autonomamente, prima di svolgere in classe una determinata attività di gruppo. Nonostante la sperimentazione si riveli stimolante, per Bergmann e Sams il processo di apprendimento continua comunque ad essere principalmente ‘imposto’ dal docente, poiché ciò che cambia è essenzialmente il mezzo con cui veicolare informazioni. L’evoluzione a quella che viene definita versione Mastery si compie gradualmente, passando ad una visione della videolezione asincrona, per cui ogni studente è libero di fruire del materiale quando e dove vuole in base alle proprie necessità, diventando responsabile del proprio processo di apprendimento. Secondo la testimonianza di Bergmann e Sams, questo nuovo modello, che prevede spiegazioni e relativi esercizi a progressione graduale, facilita la creazione di una didattica personalizzata e l’integrazione degli studenti stranieri che iniziano a frequentare le loro lezioni senza previe competenze nella materia in questione. Allo stesso tempo il modello Mastery rispetta il livello e le capacità di ogni alunno e ne favorisce l’apprendimento. Tuttavia, nonostante la versione oggi più utilizzata e diffusa sia quella tradizionale, gli autori stessi precisano che non esiste un modello fisso e standard di classe capovolta, ogni docente può infatti plasmarla e adattarla al proprio contesto didattico per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Capovolgere la classe significa soprattutto 8 sovvertire il proprio modo di pensare e di concepire la posizione studenteinsegnante (2012: 11). Il termine flipped in inglese deriva dal verbo to flip che significa rovesciare, capovolgere, rivoltare. L’elemento chiave del metodo è proprio il capovolgimento, poiché inverte i momenti tipici dell’attività didattica: la lezione frontale (in inglese lecture) e lo studio individuale. Nella classe capovolta, infatti, i contenuti vengono appresi a casa dagli studenti spesso attraverso una videolezione, mentre l’esercizio solitamente svolto a casa viene eseguito a scuola, con l’aiuto ed il supporto dell’insegnante. Gli autori del metodo, però, sottolineano che la Flipped Classroom è solo il primo gradino per giungere alla piena realizzazione di un modello al quale danno il nome di Flipped Learning: Flipped learning is a pedagogical approach in which direct instruction moves from the group learning space to the individual learning space, and the resulting group space is transformed into a dynamic, interactive learning environment where the educator guides students as they apply concepts and engage creatively in the subject matter. (Bergmann, Sams, 2014: 6) Occorre considerare però che, per quanto l’uso delle videolezioni sia importante, esso non rappresenta il fine da perseguire ma il mezzo da utilizzare per creare un ambiente più stimolante, in cui la responsabilità dell’apprendimento passa dal docente all’alunno, con la possibilità di individualizzare l’insegnamento secondo le necessità di ciascuno. A conferma di quanto affermato si cita un articolo che nel 2013 Bergmann J., Overmyer J. e Wilie B. pubblicano nel sito Internet The Daily Riff5 spiegando i tratti distintivi del metodo Flipped Classroom. Ciò che si evince è che, come anticipato, l’insegnamento capovolto non è sinonimo di video online, che pretende di sostituire il lavoro dell’insegnante, né Bergmann, J., Overmyer, J., Wilie, B. (2013). “The Flipped Class, Myths vs Reality”. In The Daily Riff, 9 luglio 2013. 5 9 tantomeno richiede agli alunni di lavorare davanti ad un computer individualmente. I punti salienti che emergono riguardano invece la capacità del metodo Flipped di incrementare (increase) l’interazione tra docente e studente e tra gli alunni stessi, grazie ad un ambiente cooperativo che permette di personalizzare l’apprendimento e di costruire la conoscenza attraverso un’esperienza concreta. È evidente che in tale contesto scolastico, modificato nelle sue componenti tradizionali, anche il ruolo del docente e dello studente merita di essere rivalutato sotto una nuova luce. 1.2 L’insegnante come facilitatore Come anticipato nei paragrafi precedenti, uno degli scopi principali della Flipped Classroom è quello di rendere gli studenti partecipanti attivi e responsabili nel processo di apprendimento. La lezione frontale a cui siamo abituati spesso si dimentica di questa necessità, così che nella maggior parte dei casi essi rimangono passivi ad ascoltare la lezione. Questo tipo di insegnamento viene definito teacher-centered, ossia un approccio didattico che prevede la trasmissione di sapere e conoscenza dall’insegnante all’allievo, come accade solitamente durante una lezione frontale. Di conseguenza l’insegnante agisce come controller (Harmer, 2007: 108) rimanendo di fronte alla classe per parlare, spiegare o leggere ad alta voce, mentre lo studente è spesso il soggetto passivo, che riceve informazioni prive di una connessione con il contesto reale extrascolastico. In questo caso la valutazione rappresenta un momento indipendente rispetto all’insegnamento, ed è l’unico mezzo impiegato dal docente per giudicare e verificare il processo di formazione. Nonostante ciò, il ruolo centrale dell’insegnante è sicuramente necessario in determinati momenti della lezione, per esempio per richiamare l’attenzione, organizzare attività, 10 esprimere giudizi e feedback o correggere esercizi, ma nel caso del Flipped Learning la posizione predominante dell’insegnante necessita di una rivalutazione. Nella classe capovolta ideale il docente agisce infatti non più come controller ma come prompter, incoraggiando e stimolando gli studenti, come participant, nel caso in cui partecipi per esempio ad una discussione, come resource in quanto fonte di sapere e di conoscenza e come tutor, che guida appunto le diverse attività (Harmer, 2007: 109-110). Questa importante classificazione dei ruoli dell’insegnante, che compare nel testo di Harmer (2007), sottolinea la presenza di numerosi ruoli e possibilità differenti che l’insegnante può adottare in alternativa alla lezione frontale. Questo accade realmente nella Flipped Classroom che può essere definita come approccio learner-centered, nel quale cioè “students move from being the product of teaching to the centre of learning, where they are actively involved in knowledge formation through opportunities to participate in and evaluate their learning […]”6. In una prospettiva di learner-centered approach gli studenti costruiscono attivamente la propria conoscenza ricercando e sintetizzando informazioni, come accade durante la visione delle video lezioni, o affrontando lavori di problem solving. In questo modo la didattica ha luogo all’interno di un contesto reale e non astratto, come spesso accade in un approccio tradizionale e la valutazione è parte integrante dell’insegnamento, viene infatti utilizzata per monitorare, correggere, migliorare e soprattutto promuovere l’apprendimento. Il fatto che il ruolo del docente si modifichi nell’ambito della Flipped Classroom non significa che sia meno rilevante di prima, anzi le scelte operate dal docente nella lezione capovolta sono ancora più importanti per 6 Flipped Learning Network: http://www.flippedlearning.org/review, p.5 (ultimo accesso 07/01/2016). 11 definire gli obiettivi da perseguire e trovare strategie efficaci per la propria classe. Occorre considerare che non tutti i contesti didattici, gli studenti e le risorse tecnologiche sono uguali, per questo l’abilità dell’insegnante sta nel saper riconoscere le esigenze dei propri studenti e nel personalizzare il modello di insegnamento secondo tali necessità. Solo in questa maniera l’apprendimento capovolto permette di raggiungere risultati tangibili: Flipped Learning, as its core, is individualized learning. There are many methods, variation, and types of student-centered learningdifferentiated instruction, problem/project-based learning, inquirybased study, and many others. When combined with the flipped learning concept, these strategies become practical to implement. Flipped learning is fundamentally learner-centric. (Bergmann, Sams, 2014:7) 1.2.1 L’insegnante come ricercatore Prima di analizzare nel dettaglio l’atteggiamento che l’insegnante dovrebbe assumere avvicinandosi alla Flipped Classroom, occorre introdurre una distinzione tra metodo e modello. Accade spesso che i due termini siano intercambiabili quando si parla di classe rovesciata, in realtà essi non sono sinonimi, soprattutto in ambito pedagogico. Il metodo può essere definito come: “procedimento messo in opera seguendo criteri sistematici in vista di uno scopo; complesso organico di regole, principi, criteri in base ai quali si svolge un'attività teorica o pratica”.8 Questo fa desumere che la teoria e le sequenze procedurali che lo compongono siano implicitamente ed assolutamente validi, così che i sostenitori di un determinato metodo creino dogmatismo ed un inevitabile impoverimento didattico. D’altro canto il modello, in termini pedagogici, non è altro che un’organizzazione complessiva della vita educativa, che comprende in questo caso anche il contesto e il luogo in cui lo stesso metodo viene 8 Traduzione tratta dal dizionario online del Corriere della Sera. 12 applicato. In termini concreti “corrisponde ad una scelta educativa determinata e possiede una precisa valenza normativa: è capace di ispirare e guidare la concreta organizzazione dell’esperienza educativa”9. Tale distinzione tra metodo e modello è di fondamentale importanza per comprendere come la Flipped Classroom sia a cavallo tra i due, possedendo delle procedure metodologiche specifiche e un contesto di applicabilità. Il rischio di inflessibilità mentale e di dogmatismo, che nasce a partire da un metodo/modello, può essere scongiurato solo considerando l’innovazione, in questo caso rappresentata dall’insegnamento capovolto, non come strumento assoluto ma come ipotesi di lavoro che apre ai docenti nuovi orizzonti e che è considerata “a flexible technique”, come definita da Bergmann e Sams (2014: 35).10 Quello della Flipped Classroom è un approccio che tende, quindi, ad allontanare il docente dalla sua posizione di “sage on stage” (Alison King, 1993). Ciò non significa che il suo ruolo non sia ugualmente importante come nella lezione tradizionale, dal momento che tale modello non intende eliminare dalla didattica la lezione (lecture), ma semplicemente renderla fruibile in un momento differente (casa) rispetto a quello usuale (classe). In tal senso, l’insegnante è tenuto a valutare non tanto se utilizzare o meno il modello Flipped, ma quali ipotetici stimoli e miglioramenti i suoi alunni potrebbero trarre dal suo utilizzo. Entra così in gioco il ruolo dell’insegnante definito da Schön (1963) come “professionista riflessivo”. Baldacci, M. (2010). “Teoria, prassi e ‘modello’ in pedagogia. Un’interpretazione della prospettiva problematicista”. Rivista Education Sciencies &Society. Formazione e società, Armando Editore, anno 1 n.1, gennaio – giugno 2010, p.68. http://riviste.unimc.it/index.php/es_s/article/viewFile/93/57 (ultimo accesso 07/01/2016). 10 Tali concetti sono stati elaborati ed introdotti dal professore di Pedagogia generale Massimo Baldacci durante un seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci, dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G. Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra. 9 13 L’idea di riflessività viene applicata dall’autore alle diverse pratiche professionali, senza un particolare riferimento a quella scolastica, ma per la quale vige comunque lo stesso principio. La riflessione in campo, cioè quella che avviene attraverso l’azione, permette di concepire la figura del docente come ricercatore, che non si limita alla pura teoria, ma si avvicina concretamente alla pratica didattica. Nel caso del Flipped Learning la figura del ricercatore è necessaria per guardare l’innovazione in maniera critica e costruttiva. In termini concreti questo significa valutare i rischi e i benefici prima di introdurre il metodo nella propria didattica e nell’osservare ed eventualmente rivalutare gli obiettivi durante la sperimentazione. A conclusione di quanto esposto, si propone una citazione tratta da Schön nel suo testo Il professionista riflessivo (1993: 23): [..] la «divulgazione» di un’innovazione spesso significa la reinvenzione di quella innovazione in un nuovo contesto. Per replicare un’innovazione promettente, allora, il potenziale replicatore deve in qualche modo afferrare gli elementi essenziali di quella innovazione, distinguendoli da quelli accessori legati al contesto locale, e deve riuscire a immaginare come si possano adattare quegli elementi essenziali al contesto molto differente nel quale egli/ella tenta di attuare «la» innovazione. 1.3 Lo studente Se è vero che il Flipped Learning invita i docenti a decentrare il proprio ruolo e a diventare facilitatori nel processo di apprendimento, è altrettanto vero che gli studenti assumono a loro volta una posizione centrale che modifica notevolmente le modalità di apprendimento a cui erano abituati durante una lezione frontale. A questo proposito è opportuno citare il 14 grafico della Bloom’s Taxonomy12 (Tassonomia di Bloom), si tratta di una piramide che rappresenta gli obiettivi cognitivi da raggiungere durante il processo di apprendimento. Partendo dalla base, Bloom individua i seguenti processi cognitivi: Remembering Creating Understanding Evaluating Applying Analyzing Analyzing Applying Evaluating Understanding Remembering Creating Figura 1. Piramide della Bloom’s Taxonomy nella lezione tradizionale. L’analisi del grafico, che prevede una lettura dal basso verso l’alto, è quella che meglio riflette il processo didattico utilizzato nelle lezioni frontali: l’insegnante spiega in classe un contenuto, focalizzandosi sulla ripetizione del concetto affinché sia ricordato e compreso dagli studenti (Figura 1). In alcuni casi il docente trova spazio per momenti in cui tali informazioni vengono applicate, ma questo accade molto raramente poiché spesso, in classe non c’è abbastanza tempo per analizzare, valutare e creare. Di nuovo emerge un metodo di insegnamento fondamentalmente basato su molta teoria e poca pratica. Per una valutazione comparativa tra lezione frontale e classe capovolta, occorre ora riproporre la stessa tassonomia esaminandola dalla prospettiva opposta, cioè dall’alto verso il basso. Nella Flipped Classroom, infatti, la 12 Nel 1956 Bloom elabora una piramide che rappresenta i seguenti obiettivi educativi: Knowledge, Comprehension, Application, Analysis, Synthesis, Evaluation. In questo caso si fa riferimento alla Bloom’s Taxonomy rivista da Anderson e Krathwohl in cui il focus si sposta dai prodotti dell’apprendimento ai processi cognitivi. Anderson, L.W., Krathwohl, D.R. (2001). A Taxonomy for Learning, Teaching, and Assessing: A Revision of Bloom's Taxonomy of Educational Objectives. New York: Longman. 15 piramide è sovvertita (Figura 2): la base è costituita dalla creazione e dalla valutazione, ossia da una partecipazione attiva e critica nei confronti delle tematiche affrontante o delle attività svolte, poiché il momento del cosiddetto remembering/understanding avviene in maniera autonoma come compito a casa, supportato prevalentemente, ma non esclusivamente, dalle lezioni video. In classe gli studenti possono applicare le conoscenze acquisite attraverso lavori autonomi o di gruppo, ricerche, inquiry process (processi di indagine) e attività di project-based learning (prevedono la realizzazione di progetti concreti, come presentazioni Power Point, dispense, brochure, ecc). Creating Evaluating Analyzing Applying Understanding Remembering Figura 2. Piramide della Bloom’s Taxonomy nella classe capovolta. A conclusione di quanto affermato, la differenza sostanziale che sembra emergere da un confronto comparativo dei due metodi sta soprattutto nel grado di coinvolgimento attivo degli studenti e nel come e dove gli stessi alunni possano fruire dell’informazione e del contenuto, poiché come affermano Bergmann e Sams: Without sacrificing the quality of instruction or the value of content, teachers have found a way to move from content-driven, teacherdirected classroom to student-centered classrooms. Content is important, but it does not necessarily need to be the driving force behind instruction. (Bergmann, Sams, 2014:32) 16 1.4 Valutazione autentica Il tipo di valutazione didattica tradizionale prevede la somministrazione di test, verifiche o interrogazioni periodiche al fine di verificare i progressi degli studenti e attribuire un grado di giudizio al loro lavoro. Tale metodo di valutazione è stato messo in forte discussione dai sostenitori della Flipped Classroom che ne evidenziano limiti significativi. La lezione tradizionale alterna fasi esplicative a fasi valutative e i due momenti rimangono ben distinti. Le prove sono prestabilite e avvengono in determinati momenti del percorso didattico, i risultati derivano spesso da interrogazioni orali o verifiche standard che facilitano l’analisi dei dati, i tempi di correzione sono spesso molto lunghi e questo non facilita l’autocorrezione e il miglioramento degli studenti nel breve e nel lungo periodo (Rivoltella, 2013: 167). Il Flipped Learning sembra intervenire anche in questo delicato processo, trasformando la valutazione da oggettiva ad evolutiva, ossia che “si avvale di molte prove distribuite in maniera equilibrata lungo il percorso di apprendimento in modo tale che consentano all’insegnante di misurare i progressi dello studente” (Rivoltella, 2013: 167). Si parla in questo caso di Embedded Assessment, per cui il giudizio del discente non rappresenta un momento a sé stante, ma è ben integrato nelle attività didattiche svolte. Si tratta di una valutazione efficace ed autentica che prevede un monitoraggio continuo e costante delle attività, facilitando un giudizio più completo ed individuale. Il focus in questo tipo di valutazione non è sulla conoscenza, ma piuttosto sulla competenza, intesa come “comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale” (Rivoltella, 2013:162). Ciò significa 17 che la valutazione non riguarda solo il prodotto finale di una ricerca, presentazione o indagine, ma anche e soprattutto il processo che lo precede e che fa emergere la capacità organizzativa ed espressiva dello studente, la sua abilità nel reperire il materiale, nel risolvere il problema e giungere al risultato sperato. La valutazione di cui si serve il metodo della Flipped Classroom sembra apportare giovamenti anche in termini di stress emotivo a cui gli studenti sono sottoposti in fase di valutazione tradizionale. Nella maggior parte dei casi, infatti, il voto positivo rappresenta l’obiettivo principale da raggiungere e lo studio mnemonico che segue non apporta progressi significativi in termini di apprendimento. In un contesto didattico in cui lezione e valutazione sono combinate, ogni attività, ricerca, lavoro di gruppo o individuale diventa oggetto di possibile valutazione, costruendo un continuum entro il quale il giudizio finale monitora l’andamento complessivo dell’alunno. Decidere di trasformare la propria lezione in una Flipped Lesson comporta, come è emerso, notevoli cambiamenti; in questo caso modificare la propria metodologia di valutazione non è un lavoro semplice e richiede flessibilità e precisione allo stesso tempo. Si consiglia quindi un passaggio lento e graduale, per abituare gli studenti al nuovo contesto didattico e per pianificare l’attività preparatoria e propedeutica alla valutazione. La combinazione tra innovazione e tradizione potrebbe rappresentare il giusto compromesso, cioè alternare momenti di valutazione tradizionale e innovativa, al fine di incrociare i dati emersi e considerare le diverse sfaccettature. In un contesto concreto gli strumenti più utili a tale scopo sono il portfolio (o e-portfolio) e le rubriche, ossia strumenti consueti nella didattica tradizionale che rispondono anche alle esigenze della classe capovolta. Il portfolio è la raccolta dei lavori realizzati dagli studenti in 18 formato cartaceo o digitale, che permette di ricostruire l’intero percorso didattico e di valutare i miglioramenti raggiunti. La rubrica “graficamente parlando, è una tabella che consente una considerazione sinoddica di una serie di variabili” (Rivoltella, 2013:162), quindi un prospetto con il quale valutare la competenza, tenendo conto di diverse conoscenze ed abilità. La complessità della valutazione accresce ulteriormente quando ad essere coinvolte sono attività che prevedono l’uso delle TIC. In questo caso può essere utile il supporto di portali e-learning come Moodle o Edmodo che permettono una valutazione a doppia prospettiva: in presenza e a distanza, ossia riguardante attività svolte in classe, a casa, o combinando entrambi i momenti. Questi software consentono di creare scale di valutazione personali adattabili alle diverse attività ed esercizi guidati o autovalutativi in grado di fornire feedback immediati agli studenti, consentono di applicare sistemi di monitoraggio online e di formulare sondaggi dai quali avere riscontri in tempo reale. In questo caso il giudizio scolastico finale può essere inteso come la risultante tra processi valutativi tradizionali e metodologie innovative.13 In un contesto di Flipped Classroom, capovolgere la valutazione significa perciò dare ai discenti maggior consapevolezza del proprio apprendimento, dei rispettivi miglioramenti e dell’acquisizione di quelle competenze che vanno al di là della semplice conoscenza formale. 1.5 Come organizzare il tempo scolastico Convertire la lezione frontale in una Flipped Classroom significa, quindi, riorganizzare completamente il tempo scolastico a disposizione. Si tratta di 13 http://docslide.it/education/un-sistema-di-valutazione-integrato-con-moodle-per-la-scuola.html (ultimo accesso 07/01/2016). 19 uno degli aspetti più interessanti e innovativi del metodo, poiché spostando il momento della spiegazione a casa, il tempo recuperato in classe diventa essenziale per lo sviluppo e l’applicazione dei contenuti. In una lezione frontale il tempo utilizzato in classe è prevalentemente dedicato alla spiegazione, quindi i momenti che prevedono l’esercizio e l’attività guidata sono sempre molto ridotti. Al contrario, come indicato nella tabella sottostante (Figura 3), nella lezione capovolta (presupponendo in questo caso una lezione di 90/100 minuti) il tempo dedicato all’attività laboratoriale è notevole: in termini concreti rappresenta circa 75 minuti del totale contro i 20/35 minuti della lezione tradizionale.14 Classe tradizionale Classe capovolta Attività Tempo Attività Preparazione dell’attività 5’ Preparazione dell’attività 5’ Verifica dei compiti a casa Lezione su nuovi contenuti Attività laboratoriale 20’ Domande sul video 15’ 30/45’ Attività laboratoriale Tempo 75’ 20/35’ Figura 3. Si tratta di un cambiamento sicuramente positivo per gli studenti che hanno la possibilità di fare chiarezza sull’argomento o godere della presenza dell’insegnante durante lo svolgimento degli esercizi. In tal senso, emerge nuovamente il carattere cooperativo della lezione capovolta, poiché l’elaborazione e l’assimilazione del contenuto non avvengono in forma 14 Franchini, R. (2014). The Flipped Classroom (le classi capovolte). Rassegna CNOS, p.89. http://www.cnos-fap.it/sites/default/files/articoli_rassegna/Franchini_1-2014.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 20 autonoma ed individuale, come accade durante lo studio a casa, ma diventano parte di un processo di costruzione attiva e collaborativa insieme all’insegnante e ai compagni. Se da questo punto di vista il carico di lavoro richiesto agli studenti sembra essere alleggerito, o meglio facilitato, la stessa cosa non accade per l’insegnante che adotta il capovolgimento. Al contrario di ciò che si può asserire, infatti, chiedere ai propri alunni di guardare a casa una lezione video non significa allontanare da sé la responsabilità dell’insegnamento, bensì modificare il processo standard di spiegazione e adeguare la didattica ai cambiamenti che l’introduzione del nuovo metodo comporta. Nel caso della Flipped Classroom il lavoro di programmazione e pianificazione dell’insegnante può diventare ancora più articolato e complesso, dal momento che il tempo liberatosi in classe deve essere organizzato in maniera impeccabile e precisa. Nonostante l’ambiente di apprendimento si basi infatti sulla cooperazione e l’insegnante esca dal suo ruolo di ‘transfer’ di contenuti, è necessario che egli mostri una certa sicurezza e organizzazione nel tempo da gestire in classe. Dare consegne chiare e precise, fare un breve riepilogo degli argomenti o formulare domande per accertarsi, ad esempio, che il video sia stato visto e compreso, organizzare attività, scegliere la disposizione dei banchi e sistemare i gruppi di lavoro, attribuire feedback individuali o collettivi, sono tutti momenti che richiedono tempo e devono essere ben gestiti. Il tempo impiegato per pianificare una lezione capovolta accresce ulteriormente quando ad essere coinvolti sono anche i nuovi strumenti tecnologici: creare un ambiente virtuale per la condivisone del materiale o realizzare una videolezione ad hoc, ad esempio, necessitano di capacità pratiche ed organizzative ulteriori. Organizzare bene il tempo scolastico richiede quindi una costante preparazione, organizzazione e formazione professionale; dipende infatti 21 anche dall’insegnante l’esito positivo delle attività e quindi il conseguente apprendimento degli studenti. Nel suo libro The Practice of English Language Teaching, Harmer afferma che: In part, successful rapport derives from the students’ perception of the teacher as a good leader and a successful professional. If, when teachers come to class, students can see that they are well-organised and well-prepared […], they are likely to have confidence in their teacher. Such confidence is an essential component in the successful relationship between students and their teacher. (Harmer, 2007: 113) 22 Capitolo 2 Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom Come è chiaramente emerso dal primo capitolo, adottare il modello Flipped Learning significa porre al centro del processo educativo lo studente, con i suoi limiti e le sue notevoli capacità, facilitando così un apprendimento attivo (Active Learning di Dewey, 1899). Occorre comunque sottolineare che per quanto sia diversa la fruizione della lezione, l’acquisizione di un contenuto o di una abilità rimane comunque l’obiettivo principale, anche nel caso della classe capovolta. L’insegnante che opera in un ambiente didattico attivo, come è quello della Flipped Classroom, può scegliere tra diverse strategie per rendere la comprensione e l’assimilazione di informazioni ancora più efficiente. Il diagramma di Veen rappresentato in figura 1, mostra alcuni metodi didattici efficaci in un tipo di insegnamento student-centered, basato quindi sul costruttivismo e su un tipo di lavoro cooperativo e collaborativo1. In generale, i benefici di ciascun approccio, che saranno analizzati in dettaglio nei paragrafi che seguono, variano a seconda del contesto a cui vengono applicati. Figura 1. Diagramma di Veen che rappresenta i vari metodi didattici student-centered. 1 Bishop, J. e Verleger Matthew (2013). The Flipped Classroom: A Survey of the Research. Atlanta: American Society for Engineering Education, p.7. http://www.studiesuccesho.nl/wpcontent/uploads/2014/04/flipped-classroom-artikel.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 23 2.1. Problem-Based Learning Il Problem-Based Learning (PBL) è un metodo di apprendimento il cui punto di partenza è rappresentato da un problema concreto ed autentico; nasce come metodo applicato al campo medico (Barrows, 1986) e solo negli anni ’90 va ad innovare la didattica tradizionale. Si basa essenzialmente su idee costruttiviste secondo le quali la conoscenza nasce dall’interazione con gli altri e con l’ambiente circostante (relevant context), per cui non può essere trasmessa, bensì costruita. In questo caso l’apprendimento, che avviene per mezzo della risoluzione di problemi concreti, sembra essere più duraturo rispetto ad una conoscenza acquisita astrattamente. Il problema crea un contesto ed uno scopo reali e le abilità si sviluppano a partire dal problema stesso; quest’ultimo può essere costruito ad hoc dall’insegnante, reperito attraverso la rete o può fare riferimento all’esperienza reale degli studenti. Si tratta di un metodo chiaramente learner-centered in quanto il discente è chiamato a risolvere il problema mediante la raccolta di materiale, la formulazione di ipotesi, il confronto di gruppo, il ragionamento autonomo e collettivo, mentre l’insegnante agisce come tutor che guida il processo di ragionamento. Importanti in questo caso diventano anche l’autovalutazione e la valutazione tra pari, come strumenti con cui lo studente assume consapevolezza del proprio lavoro e di quello degli altri. Il Problem-Based Learning è un metodo didattico e non va confuso con il problem solving che è invece una tecnica e può rappresentare solo una delle tante possibili attività all’interno di diversi metodi. 24 2.2. Peer Instruction Un altro metodo didattico utilizzato in ambito cooperativo è rappresentato dalla Peer Instruction, a cui Eric Mazur dedica un intero libro intitolato Peer Instruction:A User’s Manual (1997)2. Il punto di partenza di Mazur è costituito da una critica notevole alla lezione frontale (lecture) in cui gli studenti possiedono un ruolo prevalentemente passivo. La didattica tradizionale, secondo l’autore, è troppo incentrata sulla risoluzione di problemi, che oltretutto non presuppongono una reale ‘scoperta’ o un ragionamento, bensì prevedono soluzioni standard e meccaniche apprese mediante spiegazione o studiate nel libro di testo. Raramente i problemi proposti hanno un’effettiva connessione con la vita reale o permettono una molteplice possibilità di soluzione. Il libro di testo, nella Peer Instruction, gioca invece un ruolo del tutto diverso: viene utilizzato a casa per introdurre il contenuto e dopo la lezione come guida o strumento di approfondimento. È proprio in questi termini che i teorici vedono nella Peer Instruction un precursore della Flipped Classroom e quindi un metodo particolarmente utile alle finalità dell’insegnamento capovolto. I frustranti risultati che Mazur ottiene servendosi della lezione tradizionale, lo portano a sperimentare la Peer Instruction, un metodo di apprendimento interattivo tra pari, in cui la risoluzione di problemi è prevista, ma non rappresenta il punto focale. Le lezioni in questo caso sono costituite da brevi presentazioni su concetti chiave, ognuna delle quali è seguita da un test (Concept Test) sugli argomenti appena trattati. Gli Mazur E. (1997). Peer Instruction: A User’s Manual. Upper Saddle River, NJ, USA: Prentice Hall. http://kiemdinhcl.duytan.edu.vn/Upload/Announcement/Documents/Mazur(1997)Peer-Instruction.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 2 25 studenti sono chiamati a rispondere prima in maniera autonoma, poi a discutere e a confrontare le risposte con i compagni; solo quando la maggioranza dei riscontri sarà positiva si procederà con una nuova spiegazione. La struttura usuale di ogni Concept Test viene analiticamente riassunta dallo stesso Mazur (1997: 10) nei seguenti punti: Question posed 1 minute Students given time to think 1 minute Students record individual answers (optional) Students convince their neighbors (peer instruction) 1-2 minutes Students record revised answers (optional) Feedback to teacher: tally of answers Explanation of correct answer 2+ minutes Il confronto tra pari così generato non solo diventa stimolo al ragionamento, ma fa scaturire una sicurezza interiore negli studenti, che nasce dalla responsabilità condivisa della risposta. La Peer Instruction comprende anche la tecnica di problem solving, perché se è vero che in classe l’attenzione è focalizzata sul rafforzamento dei contenuti e sull’interazione tra pari, il momento del problem solving è comunque parte della discussione o dei compiti da svolgere a casa. Questo tipo di approccio didattico, utilizzabile durante una Flipped Lesson, è una delle tante possibilità a cui attingere per sfruttare al meglio il tempo ‘libero’ creatosi a scuola con lo spostamento della lezione a casa. L’allievo, così, diventa soggetto attivo della lezione: non c’è un transfer di informazioni, ma la conoscenza si costruisce a partire da un’osservazione ragionata di eventi e dal confronto tra studenti. In molti casi, inoltre, si è notato come la spiegazione tra pari possa essere più efficace e stimolante di quella data 26 dall’insegnante stesso. Un altro metodo che sfrutta il confronto tra pari è il Peer Assisted Learning o Peer Tutoring, che prevede attività didattiche da svolgere con l’assistenza dei compagni. 2.3. Cooperative Learning “What do you like most about the format of class? The teacher is helpful, the students are helpful so that we can improve together”.3 La citazione è tratta da un articolo di Stacey Rochan pubblicato nel sito Internet The Daily Riff nel 2012. Si tratta di un articolo molto interessante che rivela le sensazioni degli studenti che hanno vissuto esperienze di Flipped Classroom in prima persona e ciò che emerge dalle loro testimonianze è l’importanza di una collaborazione che sta alla base della classe capovolta. Il Cooperative Learning, o apprendimento cooperativo, viene definito metodo a “mediazione sociale” (Comoglio, Cardoso, 1996), a conferma del fatto che sono gli studenti la fonte e la risorsa dell’apprendimento, mentre l’insegnante svolge in questo caso il ruolo di facilitatore delle attività svolte. In un contesto didattico cooperativo gli alunni lavorano in piccoli gruppi al fine di raggiungere un apprendimento individuale, attraverso l’interazione con gli altri. Va sottolineato il fatto che Cooperative Learning e lavoro di gruppo non sono sinonimi: accade spesso che durante un lavoro di gruppo alcuni studenti prevalgano sugli altri, innescando anche una certa competitività. Un’attività svolta in maniera cooperativa, al contrario, implica che ognuno di loro abbia un ruolo essenziale e fondamentale per la Stacey Rochan (2012). “The Flipped Class: Students talk”. The Daily Riff, 25 maggio 2012, http://www.thedailyriff.com/articles/students-talk-about-the-flipped-class-survey-results-933.php (ultimo accesso 07/01/2016). 3 27 riuscita del lavoro, tutti sono quindi ugualmente indispensabili e responsabili della buona riuscita del progetto. Wendy Jolliffe (2007:39) indica a proposito dell’apprendimento cooperativo cinque elementi chiave4, che saranno di seguito analizzati. Il primo fattore costitutivo prende il nome di Positive Interdependence poiché ogni membro del gruppo necessita dell’aiuto degli altri per portare a termine la consegna; in questo senso tutti possiedono un fine comune e collettivo pur mantenendo una responsabilità individuale, in quanto chiamati a rendere conto della propria parte di lavoro. Questo secondo elemento viene identificato con il nome di Individual Accountability. A tale proposito è importante sottolineare che l’apprendimento cooperativo sostiene il confronto e la cooperazione fra gli allievi, ma senza dubbio aiuta anche a sviluppare le competenze individuali di ognuno di loro. Altro elemento costitutivo del Cooperative Learning è rappresentato dall’interazione faccia a faccia (Face-to-face Interaction): il lavoro di gruppo deve prevedere momenti in cui i componenti possano confrontarsi, valutare il proprio lavoro e quello degli altri, trovare strategie organizzative efficaci, risolvere problemi e scambiarsi feedback; questo rappresenta un momento fondamentale in cui la collaborazione raggiunge realmente il suo apice. Si tratta di competenze che si acquisiscono gradualmente e per le quali il docente disimpegna un ruolo di significativa importanza, al fine di favorire l’insegnamento delle abilità sociali all’interno del piccolo gruppo, indicate da Jolliffe con il nome di Small-group and Interpersonal Skills. In un contesto didattico cooperativo, apprendere il valore delle relazioni ed interazioni sociali ha la stessa importanza dell’acquisizione di abilità Il Cooperative Learning presuppone la presenza di cinque elementi chiave indicati con l’epigrafe PIGS F: Positive Interdependence, Individual Accountability, Group Processing, Small-group and Interpersonal Skills, Face-to-face Interaction. Jolliffe, W. (2007). Cooperative Learning in the Classroom. London: Paul Chapman Publishing. 4 28 scolastiche. Questo perché gli studenti, abituati alla lezione tradizionale spesso non sanno lavorare in gruppo, non riescono ad organizzarsi efficacemente o a prendere decisioni insieme ed è quindi compito dell’insegnante guidarli verso una vera cooperazione. È importante inoltre che i gruppi formati siano piccoli gruppi, affinché la responsabilità individuale aumenti notevolmente. Il quinto ed ultimo elemento di cooperazione è determinato dalla valutazione individuale e di gruppo sia da parte dell’insegnante sia da parte degli studenti stessi. Quello che viene indicato come Group Processing è importante per individuare i punti di forza e le debolezze del gruppo, per valutare gli obiettivi raggiunti e il risultato del lavoro di cooperazione svolto dai discenti. Il ruolo dell’insegnante che utilizza il metodo dell’apprendimento cooperativo è quello di pianificare la lezione, decidere come organizzare gli studenti nei piccoli gruppi, definire il materiale necessario alle finalità didattiche, ma soprattutto stabilire gli obiettivi del lavoro. Il docente è inoltre la guida responsabile dell’insegnamento delle abilità sociali ed interpersonali, ha il compito di monitorare lo svolgimento del lavoro e di valutare i risultati ed i miglioramenti raggiunti attraverso tale cooperazione (Jolliffe, 2007:47). I vantaggi emersi dall’utilizzo del Cooperative Learning in classe, ai fini dell’apprendimento, si valutano sulla base di un incremento del rendimento scolastico e delle relazioni interpersonali, oltre che in termini di crescita individuale grazie ad un aumento di autostima, sicurezza ed indipendenza (Jolliffe, 2007:6). In conclusione, tutti gli elementi chiave e costitutivi del Cooperative Learning, finora analizzati, diventano parte integrante di una lezione che abbraccia il metodo della Flipped Classroom, in cui alle attività individuali si prediligono attività di gruppo cooperative che favoriscono un apprendimento attivo e più responsabile. Ciò è possibile solo creando e 29 sostenendo un ambiente puramente cooperativo e proponendo attività strutturate per raggiungere tale obiettivo. Un esempio tipico di esercizio cooperativo è rappresentato dalle jigsaw activities, svolte prevalentemente a piccoli gruppi e in cui ad ogni studente viene attribuita una parte dell’argomento generale. Lo scopo di ogni alunno è quello di esporre ai compagni la parte di contenuto assegnatagli e verificare che questi abbiamo compreso; in questo modo, attraverso spiegazioni individuali si ricostruisce in modo cooperativo l’argomento nella sua interezza, fino alla sua totale comprensione e ognuno contribuisce, quindi, al raggiungimento di un obiettivo collettivo specifico. 2.3.1. Cooperare vs collaborare Cooperare e collaborare in ambito didattico non sono la stessa cosa, in molti casi essi possiedono lo stesso valore ma hanno comunque sfumature diverse: Cooperation is a structure of interaction designed to facilitate the accomplishment of a specific end product or goal through people working together in groups. Collaborative learning (CL) is a personal philosophy, not just a classroom technique. In all situations where people come together in group, it suggests a way of dealing with people which respects and highlights individual group members’ abilities and contributions.5 In questi termini, un approccio collaborativo si basa essenzialmente sulla cooperazione tra persone che lavorano in gruppo, ma ciò che determina l’uso di uno o dell’altro metodo dipende essenzialmente dal livello degli studenti con cui ci si relaziona. Questo perché un lavoro cooperativo è maggiormente finalizzato al prodotto dell’interazione, al raggiungimento di 5 Panitz T., (1999). Collaborative Versus Cooperative Learning: A Comparison of the Two Concepts. Maryland: ERIC, pp.3-4. http://files.eric.ed.gov/fulltext/ED448443.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 30 un obiettivo concreto e predeterminato ed in questo caso, seppur operando indipendentemente, gli studenti necessitano di un controllo maggiore dell’insegnante, sia nella preparazione dell’attività sia nel suo svolgimento. La collaborazione, invece, è spesso richiesta a studenti più preparati, che possono organizzarsi indipendentemente, per cui la responsabilità di apprendimento è completamente nelle loro mani. Il passaggio da un lavoro di tipo cooperativo ad uno di tipo collaborativo può essere visto come una transizione su uno stesso continuum: gli studenti comprendono cosa significa lavorare in gruppo con attività guidate di Cooperative Learning e passano gradualmente al ragionamento critico individuale e di gruppo con attività meno guidate di Collaborative Learning. I due approcci divergono quindi soprattutto nel grado di indipendenza degli studenti: nel primo caso ciascun membro del gruppo svolge un compito specifico, solitamente stabilito dall’insegnante, al fine di perseguire un risultato comune; nel secondo caso tutti i componenti del gruppo lavorano su ogni parte del compito, condividendo le informazioni, pur mantenendo una certa indipendenza. Se come abbiamo visto la jigsaw activity può considerarsi un’attività cooperativa, l’utilizzo di applicazioni come Google Docs e Google Hangouts, per l’elaborazione di un testo scritto in gruppo, può essere considerato un esercizio collaborativo. 2.4. Inquiry-Based Learning Un approccio didattico che merita di essere brevemente analizzato è quello definito Inquiry-Based Learning ed è strettamente collegato ai metodi finora descritti. L’Inquiry-Based Learning viene considerato approccio poiché esplicita una modalità di apprendimento che avviene tramite indagine e promuove un tipo di insegnamento efficace; diventa 31 metodo nel momento in cui viene introdotto dal docente nella propria didattica seguendo procedure concrete e specifiche. Si tratta di un lavoro di ricerca applicabile alle diverse discipline, nel quale gli alunni devono investigare a partire da un quesito reale, generato dall’insegnante o dagli stessi studenti. Le lezioni, basate su tale ricerca, stimolano la costruzione di sapere e di conoscenza, andando al di là del semplice contesto scolastico e favoriscono una sorta di interdipendenza disciplinare, mettendo in gioco diverse competenze e conoscenze. L’Inquiry-Based Learning può essere gestito in base alle proprie necessità didattiche, tuttavia possiede degli elementi costitutivi essenziali6. Primo fra tutti il problema autentico sul quale lavorare, che quindi permette di generare una conoscenza efficace ed utile nella vita reale e attraverso il quale gli studenti sviluppano abilità multiple e flessibili. Occorre inoltre considerare che durante il processo di indagine la valutazione non è un momento a sé stante ma avviene in corso d’opera, attraverso feedback, autovalutazione o valutazione tra pari. Il giudizio dell’insegnante diviene essenziale sia per giudicare la buona riuscita dell’indagine sia per guidare l’operato dei discenti. Durante la fase di ricerca è necessaria un’indagine approfondita anche al di fuori dell’ambiente scolastico, per organizzare il lavoro e per raccogliere i dati attraverso domande o interviste, ed una stretta collaborazione tra studenti, insegnante ed esperti nel campo indagato. L’Inquiry-Based Learning prevede spesso l’utilizzo diffuso di strumenti tecnologici e multimediali come fondamentali mezzi di costruzione e diffusione del sapere: video, database, software di archiviazione o programmazione e che risulteranno fondamentali anche per 6 I seguenti punti sono stati riassunti a partire da quelli elencati nel sito internet The Galileo Educational Network. Università di Calgary, Canada: http://galileo.org/ (ultimo accesso 07/01/2016). Si tratta di un’organizzazione che promuove l’introduzione e l’utilizzo dell’Inquiry-Based Learning nella didattica. 32 la trasmissione finale dei risultati raggiunti. Anche in questo caso lo scopo primario è quello di creare uno spazio di apprendimento autentico e stimolante, pur mantenendo il rigore di un’indagine scientifica e accademica. Da quanto emerso nel presente capitolo, si evince che al fine di porre gli studenti al centro della propria didattica è necessario coinvolgerli in attività che possano stimolare competenze di autogestione, ricerca e collaborazione, sviluppando la loro capacità di comprensione e assimilazione di informazioni e conoscenza. Per questo motivo è opportuno considerare che la classe capovolta, se introdotta con criterio nella propria didattica, non è affatto un’innovazione dogmatica, bensì richiede un’integrazione continua e reciproca con i diversi metodi didattici a disposizione, per rispondere ai bisogni formativi e ai diversi stili di apprendimento degli studenti. 33 Capitolo 3 L’uso delle TIC nel Flipped Learning In questo capitolo si analizzerà l’influenza e l’importanza delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)1 nel metodo Flipped Classroom, come mezzi utili a favorire uno sviluppo significativo e come strumenti di supporto alla didattica tradizionale, al fine di soddisfare le esigenze dei nativi digitali. Con il termine TIC si intendono tutti gli hardware e i software utilizzati per la ricerca, l’archiviazione, la distribuzione e la condivisione di elementi multimediali. 3.1. Competenze digitali in ambito didattico La competenza digitale è una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, individuate dall’Unione Europea nel dicembre 2006,2 “consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito critico le Tecnologie della Società dell’Informazione (TSI) e richiede quindi abilità di base nelle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)”. Si parla in questo caso di didattica per competenze, basata sull’idea che i discenti non debbano semplicemente apprendere concetti teorici, ma saperli poi applicare in contesti reali e nuovi, dimostrando, appunto, competenze. Quelle riportate nel testo ufficiale dell’Unione Europea sono otto competenze fondamentali che si inseriscono 1 In inglese ICT, acronimo di Information and Communication Technologies. Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10]. 2 34 in un contesto più ampio di quello educativo4 e che pongono le loro basi proprio a partire da quella che viene definita istruzione permanente: Le competenze chiave sotto forma di conoscenza, abilità e attitudini adeguate al contesto sono essenziali per ogni individuo in una società basata sulla conoscenza. Tali competenze costituiscono un valore aggiunto per il mercato del lavoro, la coesione sociale e la cittadinanza attiva, poiché offrono flessibilità e capacità di adattamento, soddisfazione e motivazione. Siccome dovrebbero essere acquisite da tutti, la presente raccomandazione propone uno strumento di riferimento per i paesi dell’Unione europea (UE) per assicurare che queste competenze chiave siano pienamente integrate nelle loro strategie ed infrastrutture, soprattutto nel contesto dell’istruzione permanente5. La rilevanza che i nuovi supporti tecnologici hanno ricevuto a livello nazionale ed europeo è già indice della loro importanza, non solo come strumenti di globalizzazione, ma come supporto alla didattica tradizionale, come strumenti in grado di ampliare le capacità umane. L’introduzione delle TIC nella didattica italiana ha inizio intorno agli anni ’80: i calcolatori utilizzati prima come elaboratori di dati (anni ’40’50), poi come supporti cognitivi (anni ’60-’70) diventano fonte di interattività e multimedialità. Nascono le prime aule e laboratori, ma l’alfabetizzazione informatica degli alunni e dei docenti avviene principalmente per mezzo di strumenti ancora poco sofisticati. Gradualmente si sviluppano software sempre più complessi, dapprima utilizzati in istituti tecnici e professionali (CAD), poi dagli insegnanti delle diverse discipline che ne colgono le potenzialità da sfruttare sul piano didattico (excel, word, ecc). Nel 1997 viene promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche 4 Le otto competenze chiave sono: la comunicazione nella madrelingua, la comunicazione in lingue straniere, la competenza matematica e le competenze di base in campo scientifico e tecnologico, la competenza digitale, imparare ad imparare, le competenze sociali e civiche, senso di iniziativa e di imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturali. 5 Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10]. 35 (PSTD) con lo scopo di “sostenere adeguatamente lo sviluppo qualitativo del sistema scolastico nella sua interezza, la realizzazione di un programma di diffusione della multimedialità in grado di incidere sulla struttura profonda dei processi di insegnamento e di apprendimento”6. Con il PSTD si vogliono educare gli studenti alla multimedialità e alla comunicazione, ciò significa avvicinarli alle tecnologie in modo critico e consapevole, così da utilizzarle come strumenti di studio, ricerca, elaborazione e collaborazione anche a distanza. Si vuole inoltre migliorare la professionalità dei docenti e l’efficacia dell’insegnamento, combinando le nuove tecnologie con i contenuti e gli obiettivi didattici. Da quel momento la didattica abbraccia ufficialmente l’uso delle TIC per i diversi obiettivi educativi, nell’apprendimento della seconda lingua, nel sostegno degli studenti disabili, nella creazione di canali di apprendimento e-learning (a distanza), con innumerevoli scontri tra innovatori e tradizionalisti. Per diffondere l’alfabetizzazione digitale sono stati creati progetti didattici ad hoc, come il Digi Scuola, che favorisce la produzione di contenuti digitali e introduce gli insegnanti alle nuove tecnologie e i progetti di e-Twinning, che promuovono le relazioni tra scuole europee attraverso l’uso delle TIC7. A questi si aggiungono i programmi FORTIC e Scuola Digitale promossi dal MIUR con lo scopo di creare ambienti di apprendimento innovativi attraverso l’uso di tecnologie informatiche, come Lavagne Interattive Multimediali (LIM), tablet, PC e connessione wireless a banda larga. Questo breve accenno all’evoluzione delle TIC in ambito didattico, era necessario per comprendere il panorama in cui il modello Flipped 6 Ministero della Pubblica Istruzione, Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche nel periodo 1997/2000 – Progetti speciali finalizzati. Premessa del documento di base: http://www.privacy.it/ministruzione.html (ultimo accesso 07/01/2016). 7 Tratto dal sito The Educational Encyclopedia: http://www.edueda.net/index.php?title=Contesto_scolastico_italiano_e_nuove_tecnologie (ultimo accesso 07/01/2016). 36 Classroom va ad inserirsi, in quanto metodo che sfrutta ampiamente le risorse tecnologiche. Sia durante il primo capovolgimento (fruizione della videolezione a casa), sia durante il secondo capovolgimento (esercizi e attività a scuola), le risorse tecnologiche giocano un ruolo fondamentale: supportano un apprendimento individualizzato, favoriscono il problem solving, facilitano le attività di ricerca e la creazione di learning objects digitali che possono essere condivisi o elaborati in maniera cooperativa e collaborativa. Si tratta quindi di supporti che sostengono una didattica focalizzata sulla posizione attiva dello studente e che sono estremamente efficaci in termini di stimolo e motivazione. 3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools Il concetto di apprendimento significativo viene ripreso ed argomentato da David H. Jonassen nel suo libro Meaningful Learning with Technology8 (2012). Il concetto in questo caso fa riferimento a tutte quelle esperienze didattiche che risultano influenti sul livello e sull’efficacia dell’apprendimento, poiché supportate dalle nuove tecnologie. Secondo Jonassen (2012: 2-3) l’apprendimento diventa efficace e quindi significativo solo nel momento in cui gli studenti sono coinvolti in attività (meaningful tasks) che comprendono: Inquiring with Technologies Experimenting with Technologies Designing with Technologies Communicating with Technologies Community Building and Collaborating with Technologies 8 Howland, J., Jonassen, D., Marra, R. and Jonassen, D. (2012). Meaningful Learning with Technology. Boston: Pearson, capitolo 1. 37 Writing with Technologies Modelling with Technologies Visualizing with Technologies Assessing Meaningful Learning and Teaching with Technologies. Ognuna di queste attività diventa significativa, spiega Jonassen, se svolta in un contesto che sia attivo, costruttivo, intenzionale, autentico e cooperativo. Se in passato i supporti tecnologici erano utilizzati prevalentemente per attività drills (input – risposta – rinforzo), l’avvento del Web 2.0, che ha come caratteristica sostanziale l’interazione, ha permesso di fruirne in maniera più libera e flessibile, potendo considerare le nuove tecnologie come risorse alle quali attingere per costruire il proprio sapere, ma anche come strumenti con cui comunicare, creare e condividere attivamente le nostre idee: “Technologies afford students the opportunities to engage in meaningful learning when they learn with the technology, not from it” (2012: 5). Jonassen definisce gli strumenti didattici tecnologici mindtools, ossia supporti con i quali gli studenti possono interpretare, organizzare e costruire la propria conoscenza in maniera personale, senza replicare meccanicamente la versione del professore.9 Per mindtools si intendono tutti gli applicativi software che agiscono come estensione della mente e permettono agli studenti di apprendere in maniera attiva, costruttiva e soprattutto responsabile. Jonassen D., Carr C. (2000). “Mindtools: Affording Multiple Knowldge Representations for Learning”. In S.P. Lajoie (Ed.), Computers as cognitive tools, volume 2: No more walls. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates, p.167. http://web.missouri.edu/jonassend/Mindtoolschapter.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 9 38 3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom L’utilizzo delle TIC in ambito scolastico non solo ha migliorato la didattica moderna, ma ha anche permesso lo sviluppo di metodologie innovative come la classe capovolta. Nel caso della Flipped Classroom, infatti, il capovolgimento stesso è reso possibile grazie ai supporti digitali che sostituiscono la spiegazione frontale dell’insegnante, oltre ad essere di sostegno per le attività svolte in classe. Occorre sottolineare che sia nella lezione frontale sia in una classe capovolta, l’uso delle TIC non è sempre necessario né tantomeno indispensabile, ma se utilizzate in modo appropriato queste possono rappresentare un valido sostegno. Nel caso dell’insegnamento capovolto, infatti, l’ausilio delle nuove tecnologie promuove un apprendimento attivo, poiché consente agli studenti di costruire, analizzare, interpretare e condividere le informazioni, permettendo di passare attraverso un’esperienza didattica reale e concreta, come accade ad esempio con gli ambienti di simulazione interattivi. Lavorare con le informazioni, infatti, non significa apprenderle in maniera passiva, ma leggerle, ascoltarle, memorizzarle, valutarle, riassumerle, come accade durante la fruizione della videolezione o del materiale che può sostituirla; non si parla più quindi di trasmissione, ma di costruzione di conoscenza. Le TIC possono essere utilizzate anche per le attività didattiche precedentemente analizzate, ad esempio in attività di problem solving o di ricerca e indagine; in questo caso la fruizione di materiale multimediale può facilitare la comprensione e la spiegazione di un fenomeno ad esempio in ambito scientifico o matematico, e può aprire allo studente nuove possibilità e spunti di ragionamento differenti dai propri. L’utilizzo delle TIC in una classe capovolta rende possibile l’attuazione di un apprendimento democratico, in quanto è sempre più facile oggi 39 trovare programmi, esercizi, siti, informazioni, video che si adattino alle competenze e al livello cognitivo di ogni alunno. In questo modo diventa molto più semplice reperire materiale che risponda alle necessità formative della classe che abbiamo difronte, legate all’età, alle difficoltà degli alunni con bisogni educativi speciali (BES), alla velocità di apprendimento degli studenti. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, inoltre, possiedono una dimensione multimediale che li differenzia notevolmente dalla dimensione monomediale tipica del libro di testo o della lezione frontale. È vero che durante la spiegazione in classe l’insegnante dà senso al contenuto grazie alle sue capacità performative, ma i media coinvolgono diverse sfere sensoriali e questo stimola e facilita l’assorbimento di informazioni, oltre a ricreare un ambiente che rispecchia molto più da vicino la quotidianità degli studenti di oggi, immersi costantemente nel mondo digitalizzato, accorciando quindi il divario che esiste tra nativi e immigrati digitali. Questo tipo di apprendimento, che avviene appunto con l’ausilio delle tecnologie, viene definito “apprendimento multimediale” da Richard E. Mayer (2001). Lo psicologo e insegnante statunitense ne elabora una vera e propria teoria, a dimostrazione del fatto che l’apprendimento che avviene contemporaneamente mediante il canale verbale e visivo è più efficace di quello che utilizza il solo canale verbale, poiché rappresentano due livelli di apprendimento complementari. Secondo Mayer, un messaggio multimediale funziona quando rispetta sei principi fondamentali: contiguità spaziale, contiguità temporale, coerenza, modalità, ridondanza e differenze individuali. Per contiguità spaziale e temporale si intende la necessità di riprodurre immagini e parole che siano vicine e presentate contemporaneamente o con un breve lasso di tempo che intercorre tra loro; 40 gli elementi devono essere inoltre combinati in maniera coerente, presentati in modalità varie (canale visivo e uditivo per esempio)10 e volti alla spiegazione del contenuto più che alla sua ripetizione. Il principio delle differenze individuali è quello più importante in termini di efficacia del contenuto multimediale. Secondo tale concetto, l’impatto che il materiale multimediale avrà sui soggetti sarà diverso a seconda delle differenze individuali: nel caso di una presentazione povera, gli studenti con maggiore conoscenza potranno provvedere alle mancanze a partire da informazioni e competenze precostruite, al contrario saranno svantaggiati gli studenti con uno scarso livello di conoscenza, che faticano ad utilizzare la propria capacità cognitiva. Nel caso invece di un argomento multimediale trattato correttamente, questo sarà compreso contemporaneamente da studenti che possiedono un’elevata o una scarsa conoscenza, costruendo rappresentazioni mentali delle parole e delle immagini di cui fruiscono. Per questo motivo la scelta del materiale da parte dell’insegnante non deve mai essere casuale, ma accurata e ben valutata, perché da essa dipende la riuscita o meno dell’obiettivo formativo. In conclusione, emerge chiaramente il ruolo primario che le TIC svolgono nella didattica moderna in generale e nella Flipped Classroom in particolare. È bene sottolineare che le nuove tecnologie impiegate a scopo didattico non vogliono in alcun modo sostituire la figura del docente, che è indispensabile nel suo ruolo di facilitatore e di intermediario tra 10 A tale proposito è opportuno introdurre la differenze tra multimodalità e multimedialità. Si parla di comunicazione multimodale quando vengono coinvolte sfere sensoriali diverse nel processo di input o output: visiva, tattile, olfattiva e uditiva. Quando si parla di multimedialità invece, l’enfasi è posta sui mezzi impiegati per la trasmissione di un contenuto (testo, immagini, suoni, video). Quindi nel caso di un contenuto multimodale il focus è sul livello di rappresentazione più astratto, che riguarda le modalità sensoriali coinvolte, il termine multimediale indica invece il mezzo con cui l’informazione o il contenuto viene veicolato. http://www.syros.aegean.gr/users/manast/Pubs/Pub_conf/C03/C03.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 41 apprendimento e tecnologie, bensì appoggiare gli strumenti tradizionali per un insegnamento più efficace e stimolante. 3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo Il sapere si sviluppa dall’uso di strumenti di studio tradizionali, ma anche di nuovi strumenti, come computer, banche dati, programmi specifici di elaborazione delle informazioni, in collaborazione con altri. In breve si deve prendere coscienza di una mente «situata», cioè condizionata nel suo sapere e apprendere dagli strumenti che utilizza e dalle relazioni che stabilisce. (Comoglio, 2000)11 Spesso si tende a concepire le nuove tecnologie come strumenti per la ricerca di materiale e per l’esercitazione individuale, senza considerare che il più grande supporto che esse possono offrire si esprime in termini di interazione e collaborazione tra gli studenti. Numerose ricerche sul Cooperative Learning hanno dimostrato come l’apprendimento costruito attraverso la relazione sociale e derivante quindi da quella che viene definita interdipendenza positiva, sia più efficace e duraturo rispetto a quello di tipo competitivo ed individualistico. I vantaggi derivanti dall’uso delle TIC in ambito didattico sono evidenti soprattutto nell’apprendimento linguistico, poiché permettono di ricercare materiale sempre più adatto alle esigenze della classe. Se prendiamo in considerazione una lezione di lingue straniere, attraverso la rete o programmi specifici è possibile reperire materiale più o meno autentico, che rispetti il livello linguistico degli alunni, che riguardi un concetto o un tema affrontato nel programma didattico. L’uso delle TIC in questo caso facilita la costruzione di conoscenza a partire da contesti reali, che riproducono la lingua autentica e 11 Caon, F. and Serragiotto, G. (2012). Tecnologie e didattica delle lingue. Torino: UTET Università, p.88. 42 ne facilitano la comprensione, grazie ad esempio all’uso di video e di immagini. All’interno di una lezione flipped, la cooperazione tra studenti con il supporto delle tecnologie può avvenire in diversi momenti: nella fase iniziale di pianificazione, a partire da un obiettivo o consegna stabilito dal docente, durante l’utilizzo del PC che può prevedere simultaneamente una discussione orale o interattiva attraverso il computer stesso, alla fine del lavoro, nel momento in cui gli studenti possono discutere, analizzare e valutare il lavoro svolto. (Caon, Serragiotto, 2012: 90). Ciò significa che le tecnologie diventano il mezzo e non il fine dell’apprendimento, attraverso le TIC possiamo infatti creare momenti cooperativi e collaborativi specifici, alternati a lavori e attività usuali, individuali e di gruppo. L’interazione cooperativa tra studenti attraverso le nuove tecnologie può avvenire sia faccia a faccia (in presenza) sia in modalità online (elearning) attraverso chat, email, forum, blog, social network e Wiki. Questa interazione filtrata dal mezzo tecnologico favorisce la partecipazione di tutti gli studenti, compresi quelli più timidi o meno partecipativi alla lezione frontale; ciò accade perché il filtro rappresentato dallo schermo è in grado di ridurre lo stress emotivo negativo, la timidezza e la soggezione che la relazione diretta con i compagni e con gli insegnanti può provocare in alcuni studenti. Allo stesso tempo, l’introduzione di PC e LIM provvisti di connessione Internet nelle scuole ha permesso la nascita e lo sviluppo di lavori cooperativi a distanza anche fra studenti di nazioni diverse, abbattendo totalmente le barriere di comunicazione spaziali e culturali e permettendo una crescita non solo in termini didattici ma anche e soprattutto sociali. L’uso delle TIC è divenuto oggi essenziale non solo per la comunicazione a distanza o per la ricerca di informazioni online, ma anche per numerose attività che non richiedono una connessione Internet, 43 come lettura, scrittura, creazione di fogli di calcolo o di presentazioni in Power Point. Combinare la potenzialità della tecnologia con le pratiche didattiche apre nuovi orizzonti agli studenti, ma richiede un adattamento anche da parte dei docenti, che devono saper integrare i nuovi strumenti al loro operato, in modo sensato e coerente. Il compito degli insegnanti è quindi quello di scegliere come e quando integrare nelle loro lezioni gli strumenti a disposizione, decidere e stabilire quale attività svolgere e come combinare tradizione (lezione frontale, libro di testo) e innovazione (PC, LIM, video proiettore, ecc), stabilire quali supporti sono necessari al raggiungimento degli obiettivi didattici e valutare il percorso formativo attraverso feedback diretti o ‘digitali’. Il ruolo dell’insegnante in questo caso è quello di guidare gli alunni ad un utilizzo consapevole delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di mediare tra gli studenti e la tecnologia stessa, conducendo i discenti verso obiettivi didattici specifici e di costruire gradualmente ambienti di apprendimento innovativi che integrino la lectio con i moderni device del mondo digitale. 3.2.2. Supporti digitali Dopo aver analizzato dettagliatamente i vantaggi che l’uso delle TIC può introdurre nella didattica, si procede ora ad elencare i principali supporti digitali, hardware e software, utili nella costruzione di una lezione capovolta e i siti web ufficiali di informazione dedicati alla Flipped Classroom. Per convertire la didattica tradizionale in Flipped Classroom è necessaria un’attenta valutazione dei mezzi tecnologici a disposizione degli studenti, fondamentali per la realizzazione del capovolgimento. Ogni alunno 44 dovrebbe possedere un PC, tablet o notebook, munito di connessione ad Internet, di software per la creazione di documenti Word, Power Point, Excel ecc. e di una casella di posta elettronica. Va sottolineato il fatto che oggi la rete, oltre agli usuali programmi a pagamento come quelli della Microsoft, mette a disposizione tantissimi software gratuiti come le risorse Open Office (Maglioni, Biscaro, 2014:19). È poi necessario appoggiarsi ad una piattaforma che permetta la condivisione del materiale a cui gli studenti faranno affidamento sia durante il primo capovolgimento, ossia la lezione a casa, sia durante il secondo capovolgimento, momento in cui rendono visibile il loro operato (qualora sia richiesto come attività da svolgere). Rivoltella (2013: 148) considera una ‘pubblicazione interna’ quando il materiale viene condiviso con i propri studenti e definisce una ‘pubblicazione esterna’ quando la condivisione avviene con persone al di fuori dell’ambiente didattico, come famiglie, altri insegnanti o semplicemente pubblico del Web. La pubblicazione è molto importante perché facilita il lavoro collaborativo e perché permette all’insegnante di caricare il materiale didattico da utilizzare e le consegne dei compiti a casa, di valutare costantemente il lavoro dei propri studenti, di programmare nuove attività e di creare eventualmente una raccolta finale di lavori individuali o di gruppo realizzati in formato digitale, come nel caso dell’eportfolio (electronic portfolio) (Rivoltella, 2013: 148). Quando una pubblicazione è ristretta alla propria classe, è possibile fare affidamento sui cosiddetti Learning Management System, ossia piattaforme applicative che permettono una didattica in modalità e-learning come Moodle o su prodotti di Social Learning Network come Edmodo, strutturato come un social network ma finalizzato alla gestione della classe, o addirittura creare un proprio sito Web per esempio utilizzando Google Sites. Altri programmi utili da utilizzare online sono Dropbox e Google Drive, soprattutto per la 45 condivisione di materiale, Vimeo e Youtube per la pubblicazione di video e Prezi per quanto riguarda le presentazioni; a questi vanno aggiunti i vari supporti necessari per la creazione di blog, facili da trovare in rete e spesso gratuiti. Nel momento in cui la piattaforma cloud (ossia nuvola, poiché tutto il materiale condiviso rimane sospeso in uno spazio virtuale) è stata creata, occorre procurarsi il materiale da presentare agli alunni. Stabilito che tra le diverse possibilità (presentazioni, letture, mappe concettuali, ecc.) il contenuto sia veicolato per mezzo di una videolezione, esistono due possibilità per il docente: reperire un video già esistente dalla rete che soddisfi le sue esigenze o crearne uno personalmente. Alcuni sondaggi hanno evidenziato che l’uso di un video creato dal docente è più efficace, poiché soddisfa in maniera più ampia le necessità della classe e colpisce maggiormente gli studenti, nel momento in cui vedono il loro insegnante coinvolto in prima persona. Oggi i siti internet che offrono lezioni digitali create appositamente per la Flipped Classroom, sono tantissimi e sempre più sviluppati, in ambito universitario sono famosi i corsi online definiti MOOCs (Massive Open Online Courses) disponibili su siti come Coursera, Udacity o Udemy. Per quanto riguarda i gradi superiori di istruzione, i siti maggiormente conosciuti sono TEDEd che raccoglie video realizzati dagli stessi insegnanti e la Khan Academy, ossia un’organizzazione creata da Salman Khan, informatico e matematico presso il MIT. Essa offre al pubblico più di 4.000 lezioni prevalentemente riguardanti l’area scientifica, in lingua inglese ma con sottotitoli anche in italiano, integrate spesso da esercizi propedeutici. Le iniziative italiane invece sono rappresentate da progetti come ScuolaInterattiva, Insegnalo.it, Innovascuola, OilProject e OVO, che pubblicano liberamente materiale, corsi, esercizi e videolezioni riguardanti diverse discipline (Maglioni, Biscaro, 2014: 73). 46 Nel caso in cui invece l’insegnante decida di creare un video proprio, è necessario collegare il proprio PC munito di webcam con programmi appositamente studiati per la didattica online, come Camtasia, Jing o EDpuzzle con i quali si apprende facilmente a realizzare una lezione digitale. La parte più complessa sembra essere quella comunicativa: spiegare un contenuto attraverso uno strumento tecnologico, infatti, richiede capacità espressive ed esplicative diverse rispetto a quelle coinvolte nella lezione frontale. In una fase più avanzata della sperimentazione può essere motivante e interessante chiedere ai ragazzi di creare da soli una videolezione con cui spiegare ed analizzare un determinato contenuto. Una volta introdotto l’argomento della lezione è il momento di strutturare il secondo capovolgimento, ossia organizzare le attività da proporre in classe, sempre incentrate su un apprendimento attivo e collaborativo. A tale scopo esistono numerosi programmi in grado di favorire le metodologie didattiche precedentemente analizzate come l’apprendimento per ricerca (Inquiry Based Learning) e l’apprendimento tra pari (Peer Learning). Fra i siti disponibili per l’organizzazione di tali attività occorre citare WISE (Web-based Inquiry Science Environment), nQuire che guida gli studenti nell’attività di ricerca, iSpot e iNaturalist per coloro che sono interessati alle scienze naturali, Zunal e Aula21 sono invece ottimi programmi per generare WebQuest, ossia attività di ricerca focalizzate su informazioni reperibili in Internet (Cecchinato, 2014: 14:16). Quelli proposti sono solo alcuni dei tanti siti e programmi digitali disponibili per la creazione di materiale da utilizzare in una Flipped Classroom. Questo metodo didattico, sebbene ancora in fase sperimentale soprattutto in Italia, si sta diffondendo rapidamente ed il materiale a disposizione viene continuamente aggiornato e migliorato. I siti ufficiali 47 riguardanti il metodo Flipped Classroom sono Flipped Learning Network, Flipped Learning Ning (community online), theflippedclassroom.es (in lingua spagnola) e in Italia l’associazione Flipnet, che promuove la didattica capovolta. 3.3. La videolezione L’utilizzo del video in ambito didattico non rappresenta un’innovazione, in quanto già utilizzato dai docenti per finalità diverse e in momenti differenti del programma: all’inizio, durante o alla fine delle unità didattiche o di apprendimento e come strumento di revisione. La Flipped Classroom si serve della videolezione in un momento ancora diverso, che è quello dei ‘compiti a casa’, quando gli studenti sono chiamati individualmente a mettere in atto le proprie competenze. Spesso si tende a considerare la lezione video come il punto focale della classe capovolta, in realtà come affermano Bergmann e Sams, i due autori del metodo Flipped Classroom “Although video is an important aspect to flipped learning, it is not the most important. Video should be used as an entry point to flipped learning […]”. (Bergmann J., Sams A., 2014: 16). Come essi sottolineano, il video impiegato per la trasmissione dei contenuti non è essenziale ed essi non vogliono prendersi il merito della sua introduzione in ambito educativo, ma può comunque rappresentare una possibilità interessante in termini di apprendimento costruttivista e democratico. L’idea della video lezione rispecchia perfettamente ciò che viene definito Mobile Learning, ossia quel tipo di apprendimento che avviene al di fuori del contesto scolastico, grazie all’uso di personal devices, con i quali lo studente può accedere a contenuti e servizi, quando e dove vuole. È proprio 48 questa disponibilità costante del materiale didattico che fa del Mobile Learning il contesto prediletto per quelli che vengono definiti EAS, Episodi di Apprendimento Situato12 (Rivoltella P., 2103). Gli EAS vengono definiti da Pier Cesare Rivoltella come: attività svolte dallo studente nei contesti real life in cui si trova a operare e apprendere proprio grazie alla disponibilità di mobile devices. […] Nel Mobile Learning l’ESL è un’attività che lo studente svolge fuori del contesto della classe, trasformando così un momento e uno spazio informali in una opportunità di apprendimento formale. (Rivoltella P, 2013: 5-6) L’applicazione didattica degli EAS si sviluppa su tre momenti essenziali: un momento anticipatorio nel quale, in termini di Flipped Classroom, possiamo ricorrere alla videolezione; un momento operatorio, che prevede quindi un’attività concreta e che costituisce il fulcro dell’episodio di apprendimento situato; un momento ristrutturativo, fondato sulla riflessione e il brainstorming su quanto accaduto. Anche se il video, come già affermato, non rappresenta lo strumento chiave del capovolgimento, è chiaro che esso può rendere possibile un tipo di apprendimento inimmaginabile in passato e favorito dal progresso tecnologico. Se nella lezione frontale l’insegnante interviene con la spiegazione per rendere chiari i contenuti, l’utilizzo della videolezione come momento anticipatorio richiede agli studenti uno sforzo maggiore in termini di comprensione. Essi sono chiamati, infatti, ad approcciarsi ad un nuovo contenuto e ad elaborarlo criticamente attraverso esercizi, mappe concettuali o appunti, sviluppando un apprendimento che non è più costituito da conoscenze ma da competenze. L’intervento dell’insegnante diviene fondamentale nel momento metacognitivo al termine della fase di attivazione di ogni lezione, in cui si affrontano insieme le difficoltà 12 In inglese Episodes of Situated Learning. 49 riscontrate e si valutano i processi innescati, che possono riguardare la collaborazione tra studenti, la riflessione su quanto prodotto o gli aspetti rilevanti emersi durante una determinata attività (Rivoltella P., 2013:45). Ovviamente la fruizione della videolezione non rappresenta un momento di svago, per cui gli studenti devono essere guidati verso una visione attiva. Questo implica che esso sia preceduto da una breve contestualizzazione, dalla definizione degli obiettivi e della finalità della visione stessa e ovviamente dalla consegna esplicita delle attività richieste; la videolezione diventa così stimolo all’analisi critica degli studenti e guida verso i contenuti che si intendono affrontare in classe (Rivoltella P., 2013: 93-94). A conferma dell’importanza di una visione attiva della lezione video si riporta di seguito l’esempio di un’insegnante di matematica americana, Crystal Kirch, conosciuta per avere inventato appositamente un metodo, dopo essersi resa conto che i suoi studenti “were watching the videos but not necessarily learning from them. They knew how to watch videos for entertainment, but not for education” (Bergmann, Sams, 2014: 47). Il procedimento in questione è stato denominato WSQ, Watch-SummarizeQuestion e prevede tre momenti fondamentali: il primo è quello della visione, in cui gli studenti sono chiamati a prendere appunti e a completare esercizi guidati al fine di comprendere i concetti chiave; il secondo step è quello del riassunto dei contenuti, facilitato dalla presenza di domande strutturate; il terzo momento è quello relativo ai quesiti che gli alunni devono formulare riguardo a ciò che non hanno compreso e che diventeranno oggetto di discussione in classe. Da quanto riportato, si intende chiaramente che la videolezione non è solo un modo alternativo per veicolare contenuti, ma è uno strumento didattico a tutti gli effetti e solo se utilizzato in maniera corretta può portare a risultati efficaci di apprendimento. 50 L’utilizzo di una videolezione ha evidenziato in ambito didattico numerosi vantaggi: crea motivazione, favorisce l’individualizzazione dell’insegnamento, poiché a differenza della lezione frontale offre la possibilità di fermare, riascoltare e rivedere i contenuti e permette grande flessibilità rispetto agli obiettivi didattici. Infatti se le informazioni riportate nel libro di testo sono standard e non contestualizzate, cioè create per essere fruite da tutti gli studenti allo stesso modo, la lezione video (soprattutto nel caso di tutorial creati dall’insegnante) consente di orientare e focalizzare la spiegazione su ciò che è più rilevante per la propria classe e per i risultati che si intende raggiungere. Inoltre il video sembra stimolare la persistenza attraverso il meccanismo della ripetizione e facilita la comprensione e la memorizzazione, come mostrato nella seguente tabella. Scala di Livelli di memorizzazione L’uomo ricorda coinvolgimento in L’uomo ricorda in termini di sollecitazioni assoluto Dopo tre ore Dopo tre giorni sensorie della vista e dell’udito Solo l’udito Solo 1/10 Di ciò che ascolta Di ciò che ascolta Di ciò che ascolta 20% 70% 10% Di ciò che vede 72% Di ciò che vede 20% Di ciò che Di ciò che Di ciò che contemporaneamente contemporaneamente contemporaneamente vede ed ascolta 87% vede ed ascolta 85% vede ed ascolta 65% vista Di ciò che vede 55% 3/10 Udito + vista Affinché la memorizzazione avvenga è necessario, però, tenere presente che il video deve essere breve e coinciso, poiché a differenza di ciò che accade durante la visione di un film, ad esempio, davanti ad un contenuto 51 informativo gli studenti non sarebbero in grado di mantenere alta la soglia d’attenzione per un lungo periodo; occorre inoltre focalizzare il contenuto su un solo argomento ed evitare divagazioni inutili. Quando si parla di videolezione in ambito di Flipped Classroom emerge spesso un certo scetticismo che deriva dal problema della sua condivisione al di fuori dell’ambiente scolastico, ossia la possibilità che non tutti i discenti siano a disposizione di connessione internet per poter usufruire del materiale. Partendo dal presupposto che oggi la maggior parte degli studenti, in particolare quelli frequentanti la scuola secondaria di secondo grado, siano in possesso di un dispositivo mobile, sia questo un cellulare piuttosto che un PC, è compito dell’insegnante assicurarsi che tutti possano in qualche modo reperirlo ed eventualmente provvedere con soluzioni alternative, come chiavette USB, CD o DVD. 52 Capitolo 4 Flipped Classroom: uno spazio di apprendimento democratico Sfruttare le opportunità offerte dalle TIC in ambito didattico e creare un contesto di insegnamento democratico, in cui gli studenti assumano un ruolo attivo e predominante, significa anche creare nuovi spazi di apprendimento che si adeguino a tali esigenze. Per questo motivo si è rivelato necessario creare un ambiente di apprendimento cooperativo, inteso non solo dal punto di vista cognitivo e didattico, ma anche fisico e spaziale. L’innovazione del metodo Flipped Classroom prevede quindi anche la realizzazione di aule che rispettino le necessità del lavoro collaborativo e stimolino lo sviluppo delle intelligenze multiple. 4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico “Knowledge”, in the sense of information, means the working capital, the indispensable resources, of further inquiry, of finding out, or learning, more things. Frequently it is treated as an end itself. (Dewey, 1916: 100) L’idea di insegnamento democratico è stata coniata da John Dewey nel suo testo pubblicato nel 1916 e intitolato Democracy and Education: An Introduction to the Philosophy of Education. Dewey parte dell’idea che le metodologie didattiche utilizzate fino a quel momento fossero per lo più insoddisfacenti, poiché non tenevano in considerazione l’esperienza concreta degli alunni, ma piuttosto gli insegnanti preferivano “give pupils something to do, not something to learn” (Dewey, 1916: 98). Certamente 53 attività come risolvere problemi, rispondere alle domande sono all’ordine del giorno, ma nella maggior parte dei casi, sottolinea Dewey, non riguardano problemi reali, non chiamano in gioco la personale esperienza dello studente. Per questo motivo le risposte alla didattica tradizionale sono spesso insoddisfacenti e poco stimolanti. Nonostante le indicazioni di Dewey risalgano ai primi anni del Novecento, è sorprendente come esse siano comunque ancora attuali e applicabili a numerosi contesti didattici. Il metodo del Flipped Learning come Democratic Learning nasce dall’esigenza di ovviare e risolvere parte di quelle debolezze a cui fa riferimento Dewey, per arrivare ad un apprendimento attivo e cooperativo (attivismo pedagogico di Dewey). A sostegno di tale asserzione, si riporta l’esperienza diretta di Tom Driscoll, insegnante di storia nel Connecticut, tratta dal testo di Bergmann e Sams.1 Driscoll racconta di aver introdotto la classe capovolta nelle sue lezioni per vari motivi: molti dei suoi studenti erano spesso assenti, altri non svolgevano i compiti assegnati loro e la sua didattica non era in grado di rispettare le diverse velocità e i diversi livelli di apprendimento, diventando spesso frustante per i ragazzi più lenti. Il suo percorso inizia con l’applicazione del metodo Flipped Class 101, in cui, come emerso precedentemente, gli studenti fruiscono di una video lezione a casa in un momento prestabilito e svolgono attività in classe sotto la guida dell’insegnante. Questo metodo portò subito a notevoli miglioramenti, ma non contribuiva a risolvere il problema delle diverse velocità di apprendimento, i cosiddetti learning gaps. Tom decide quindi di adottare la ‘versione’ più avanzata ed evoluta di classe capovolta ossia il modello Flipped Mastery. In questo caso la video lezione è solo uno dei tanti strumenti utilizzati per la trasmissione di contenuti e ogni studente si 1 Bergmann, J., Aaron S. (2014). Flipped Learning. Gateway to student engagement. Oregon: ISTE, cap.9. 54 muove individualmente dentro un percorso fatto di obiettivi didattici, passando da un obiettivo a quello successivo solo dopo aver raggiunto e dimostrato di averne acquisito completa competenza. In questa maniera Tom Driscoll sostiene di aver raggiunto ciò che viene definito insegnamento democratico, in primo luogo perché rispetta le esigenze e la velocità di apprendimento di ogni studente, diventando quindi un processo di acquisizione personalizzato; in secondo luogo perché attribuisce agli allievi la responsabilità del proprio percorso formativo, anche se sotto il costante aiuto dell’insegnante; terzo infine, perché permette di attuare una didattica individualizzata. Sottraendo infatti dalla lezione in classe il momento della spiegazione, che avviene direttamente a casa, il docente può lavorare individualmente con ogni singolo discente, colmando le sue lacune o guidandolo verso attività sempre più complesse nel caso degli studenti più capaci. Riprendendo le teorie di Dewey, l’apprendimento diventa inoltre democratico perché permette un approccio didattico che funge da ponte tra teoria e pratica, facendo leva sulle problematiche ed esperienze concrete degli studenti e creando inoltre un ambiente didattico più appropriato: “The goal was to create a learning environment that both mirrored and prepared students for the dynamic, democratic world of which we are all part” (Bergmann, Sams, 2014: 91). In conclusione, è interessante riassumere i punti principali per i quali la Flipped Classroom può essere considerata oggi un metodo che senza dubbio favorisce un insegnamento democratico, a seguito si citano i concetti essenziali elencati dallo stesso Tom Driscoll nel racconto della sua esperienza (Bergmann, Sams, 2014: 92): Students in a democratic classroom regularly engage in: Collaborative decision making Critical thinking Inquiry-based problem solving 55 Social interactions and cooperative pursuits Active and experiential learning opportunities Critical examination of social issues 4.2. Zona di Sviluppo Prossimale Utilizzando il metodo della Flipped Classroom si è visto come spostando il momento della spiegazione a casa, siano ampiamente incrementati l’interazione diretta, il rapporto tra pari e la comunicazione tra discenti e docenti in ambito scolastico. La creazione di un ambiente didattico cooperativo ed interattivo con i compagni e con gli adulti (cooperative learning), va ad influire anche su quello che Vygotsky definisce Zone of Proximal Development (Zona di Sviluppo Prossimale): “the place at which a child's empirically rich but disorganized spontaneous concepts ‘meet’ the systematicity and logic of adult reasoning” (Vygotsky, 1986: xxxv). In questi termini, per Zona di Sviluppo Prossimale si intende la relazione che esiste tra capacità individuale ed autonoma dell’allievo e il suo possibile sviluppo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci. Tale processo viene definito in didattica scaffolding, inteso come supporto che l’adulto fornisce all’allievo per portare a termine un’attività cognitiva al di là delle sue capacità di partenza (Jonassen, 1999: 235). Il prodotto finale di tale relazione è un’interiorizzazione del concetto o dell’informazione da parte del discente e quindi un’effettiva assimilazione di quanto costruito insieme. Grazie allo scaffolding “gli oggetti (materiali, compiti, strumenti, modalità di lavoro) predisposti dal docente diventano a tutti gli effetti un ambiente di apprendimento in grado di innescare processi di costruzione di conoscenza” (Carletti, Varani, 2007: 15). L’idea di sviluppo prossimale è estremamente importante nell’analisi del Flipped Learning, perché oltre a ribadire l’importanza del docente in 56 qualità di facilitatore dei contenuti, che rende lo stimolo accessibile e comprensibile (Comprehensible Input di Krashen2), sottolinea la dimensione cooperativa e attiva dell’ambiente di apprendimento flipped. Questo approccio didattico contrasta le metodologie in cui l’apprendimento avviene via instructions, per cui gli studenti sono lasciati soli di fronte alle difficoltà. In un ambiente di apprendimento di questo tipo, oltre a diffondersi uno sconforto generale, non si assiste mai alla creazione di condizioni ottimali per una Zona di Sviluppo Prossimale. Costruire un ambiente di apprendimento appropriato, democratico, attivo e cooperativo, però, non riguarda solo una trasformazione teorica, bensì un vero e proprio riassetto degli spazi didattici nelle varie realtà scolastiche. 4.3. La necessità di uno spazio flessibile L’espressione ‘ambiente di apprendimento’ può in certi casi assumere un significato piuttosto ambiguo, dal momento che può indicare sia la classe, intesa come spazio fisico, sia l’insieme di quelle attività e metodologie didattiche che nella Flipped Classroom sostengono un tipo di apprendimento costruttivista, basato cioè sulle relazioni e interazioni con gli altri. Si tratta di due sfumature dello stesso concetto che non possono prescindere l’una dall’altra, poiché un insegnamento attivo, consapevole e dinamico può avere luogo solo all’interno di uno spazio che si adatti concretamente a tale scopo. Krashen (1982) parla di Comprehensible Input a proposito dell’acquisizione della lingua L2. L’idea è che l’apprendimento effettivo ed efficace sia possibile solo attraverso l’esposizione alla lingua stessa, ma dipende allo stesso modo dalla natura dello stimolo a cui i discenti sono sottoposti. L’input, per essere significativo deve risultare comprensibile e orientato al di sopra del livello attuale posseduto dal discente: input comprensibile i+1 (livello in cui si trova lo studente +1). L’esposizione all’input dovrebbe inoltre avvenire in un ambiente in cui il filtro affettivo sia ridotto al minimo. 2 57 Nonostante la volontà diffusa di innovare la propria metodologia didattica, gli insegnanti si trovano spesso vincolati in uno spazio difficilmente gestibile e troppo legato alla didattica tradizionale, che presenta in questo senso limiti significativi: Quanto, poi, a un reale coinvolgimento nel processo di apprendimento, la lezione sembra coinvolgere solo sul piano intellettuale/cognitivo anche perché ostacola il confronto fra i membri del gruppo, considerato invece ambito privilegiato di formazione quanto a incremento delle capacità relazionali e utilizzo delle risorse. (Blandino, Granieri, 1995: 186) L’immagine comune di aula in senso pratico, che prevede l’assetto della classe in file di banchi parallele, disposti di fronte alla cattedra, rispecchia una visione di lezione incentrata sul ruolo dell’insegnante piuttosto che su quello dello studente. Occorre dunque agire come facilitatori di interazione e di negoziazione sociale, fondamentali per la costruzione di sapere e di conoscenza, tra coloro che condividono lo stesso ambiente (Vygotskij, 1934). Per questo motivo lo spazio scolastico necessita di essere rivalutato secondo le esigenze introdotte dalle nuove metodologie ed in previsione di una didattica sempre più orientata verso l’acquisizione di competenze piuttosto che di conoscenze. La forza motrice di tale cambiamento sembra essere stata l’introduzione delle TIC nell’ambiente didattico ed in particolare lo sviluppo della rete Internet, per cui tali strumenti sono passati ad essere considerati non più come supporti personali, ma come strumenti di mediazione con l’ambiente esterno, creando così una nuova dimensione, quella digitale e virtuale. (Rivoltella, 2013: 28). Lo spazio scolastico diventa in questi termini non solo un ambiente fisico, ma anche luogo di esperienze cognitive e sociali in cui il discente viene coinvolto in prima persona. Apprendere, quindi, non è solo un trasferimento di conoscenza, bensì una costruzione di sapere che prevede 58 un coinvolgimento attivo dello studente e una forte interazione tra mente e corpo, definita come embodiement: il termine si riferisce all’idea per la quale la conoscenza si sviluppa in un rapporto costante fra la mente del/degli individuo/i, il corpo e l’ambiente. Per tale motivo, la cognizione è la risultante dell’interazione fra organismo, che agisce attraverso azioni dirette verso molteplici scopi e l’ambiente. (Rivoltella, 2013: 69). Alcuni studi di psicologia ambientale hanno dimostrato come i comportamenti e le esperienze degli individui siano dettati e modificati in funzione dell’ambiente che li circonda, per cui la sistemazione e il design dello spazio influenzano profondamente le performance della classe, i rispettivi comportamenti e quello che viene definito apprendimento significativo (Gifford, Steg, Reser, 2011: 454). Un’aula che offre ai propri studenti la possibilità di sperimentare, cercare, modificare, analizzare e condividere informazioni, utilizzando i diversi strumenti a disposizione, è un ambiente dove il processo di conoscenza non è controllato, ma supportato (Wilson, 1996: 4). Si descrive in questi termini un ambiente di apprendimento costruttivista in cui lo studente è al centro del processo formativo e nel quale diventa fondamentale l’interazione e la collaborazione con gli altri. Wilson, nel suo libro Costructivist Learning Environments: Case Studies in Instructional Design (1996), fa riferimento a learning communities nelle quali si apprende in maniera collaborativa e cooperativa dai compagni e dall’ambiente circostante che egli definisce come “a place where learners may work together and support each other as they use a variety of tools and information resources in their guided pursuit of learning goals and problem-solving activities” (Wilson, 1996: 5). La Flipped Classroom, come emerso nei capitoli precedenti, richiede il supporto di un ambiente flessibile, adattabile cioè alle diverse attività e necessità didattiche: uno spazio che favorisca l’interazione e che si adegui 59 ad una didattica più collaborativa e meno individualista. Creare un ambiente scolastico appropriato non è fondamentale quando si decide di introdurre il metodo della classe capovolta, ma è certo che possa rappresentare un supporto e un aiuto concreto per meglio organizzare le attività da svolgere in classe, sotto la guida dell’insegnante. È vero che la gestione di spazi didattici particolari può richiedere un investimento ingente in termini economici, che non tutti gli istituti possono permettersi, ma allo stesso tempo è vero anche che adattare lo spazio alle esigenze della propria classe non è sempre così complesso. Modifiche apparentemente semplici e poco dispendiose, infatti, possono rivelarsi estremamente utili: disporre i banchi in maniera circolare o raggrupparli per svolgere attività di gruppo, adibire aree predisposte alla ricerca attraverso l’uso del PC o ancora suddividere l’aula in tanti punti di apprendimento che si adattino alle diverse esigenze e competenze cognitive dei singoli studenti. Da quanto emerso dalla teoria delle intelligenze multiple di Gardner (1983) infatti, ogni studente sembra apprendere secondo capacità intellettive e cognitive differenti, per cui sviluppa preferenze sensoriali proprie. Ridefinire un ambiente di apprendimento significa munirlo di stimoli differenti che possano favorire le diverse abilità e condurre i discenti verso un successo scolastico. Questo processo di cambiamento è oggi maggiormente facilitato dall’introduzione nella didattica di nuove tecnologie, che consentono di ricreare virtualmente i contesti formativi più adeguati alle intelligenze di ciascun allievo, promuovendo quindi un’educazione individualizzata grazie alla quale “ognuno può essere avvantaggiato in base alla proprie potenzialità”3 (Gardner, 1997): Intervista a Howard Gardner: “Intelligenze multiple e nuove tecnologie”, Torino, 10 aprile 1997. Tratto dal sito Web di MediaMente, un programma televisivo di alfabetizzazione informatica e conoscenza dei nuovi media (Rai Educational). Domanda 1: http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo accesso 12/12/2015). 3 60 “Il mio pensiero è che anche se si vuole che ognuno impari lo stesso materiale si può insegnarlo in molti modi, e si può anche stimare o valutare in molti modi ciò che lo studente sta imparando. È qui che viene fuori il ruolo della tecnologia, nell’individuazione del curriculum, dei materiali, degli argomenti per gli studenti, e nel dare loro molti modi di studiare e molti modi di padroneggiare il materiale. […] Dalla mia prospettiva, la più grande promessa della tecnologia è quella di individualizzare l’educazione”.4 Gardner sostiene che la nostra mente è organizzata secondo una struttura modulare ed ogni individuo possiede nove intelligenze differenti, alcune più sviluppate, altre meno, ma ad ogni modo tutte in relazione fra loro. Rientrano in queste intelligenze la linguistico-verbale, la logicomatematica, la visivo-spaziale, la ritmico-musicale, la corporeo-cinestetica, la naturalistica, l’interpersonale, l’intrapersonale e quella esistenziale5. Creare uno spazio di apprendimento adeguato, significa quindi favorire una didattica costruttivista e democratica che rispetti le diverse attitudini e capacità cognitive, che sia sempre più propedeutica all’insegnamento e che riesca a coinvolgere gli studenti secondo le proprie potenzialità ed intelligenze. 4.3.1. Classi 2.0 e 3.0 Il progetto Classi 2.0 si sviluppa in Italia, a partire dall’anno scolastico 2009/20106, a seguito di programmi internazionali già diffusi in Europa, come il progetto Capital in Inghilterra e quello Escuela 2.0 in Spagna, quest’ultimo decritto come: 4 Ivi, domanda 1 e 2: http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo accesso 12/12/2015). 5 http://cird.unive.it/dspace/bitstream/123456789/948/1/principi_multimediali.pdf (ultimo accesso 10/12/2015). 6 Progetto Cl@ssi 2.0 del MIUR: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/piano_scuola_digitale/classi_2_0 (ultimo accesso 10/12/2015). 61 “el último proyecto de integración de las Tecnologías de la Información y de la Comunicación (TIC) en los centros educativos. El objetivo era poner en marcha las aulas digitales del siglo XXI, aulas dotadas de infraestructura tecnológica y de conectividad, […] garantizar la conectividad a Internet, promover la formación del profesorado, generar y facilitar el acceso a materiales digitales educativos Implicar a alumnos y alumnas y a las familias en la adquisición, custodia y uso de estos recursos”.7 L’ambizioso progetto spagnolo viene poi ripreso e promosso da INDIRE8 (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), con lo scopo di integrare le tecnologie alla didattica, promuovendo e monitorando la diffusione delle TIC e dei relativi supporti digitali, come PC, LIM, tablet, ebook, piattaforme di vario genere, all’interno delle scuole italiane. Come spiegato dallo stesso Istituto INDIRE “l’azione Classi 2.0 intende offrire la possibilità di verificare come e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere trasformato”9. L’azione Classi 2.0 ha avuto concretamente inizio nell’a.s. 2009/2010 con 156 classi di scuola secondaria di primo grado coinvolte e selezionate tramite bando; nell’anno successivo 2010/2011 il progetto è stato esteso anche alle scuole primarie e secondarie di secondo grado. Secondo quanto riportato dal Piano Nazionale per la Scuola Digitale il progetto ha complessivamente riguardato “416 classi di ogni ordine e grado, per un finanziamento complessivo di euro 8.580.000 per l’acquisto delle dotazioni tecnologiche e di euro 1.944.857 per supporto e 7 Sito INTEF, Instituto Nacional de Tecnologías Educativas y de Formación del Profesorado, progetto Escuela 2.0. http://www.ite.educacion.es/escuela-20 (ultimo accesso 10/12/2015). 8 http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 10/12/2015). 9 Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/ilprogetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 62 formazione”10. Dai dati ufficiali rilevati, si evince che gli istituti effettivamente favoriti dal progetto di integrazione digitale rappresentano un numero irrisorio e limitato, rispetto al totale complessivo delle scuole italiane. Tuttavia, considerando le statistiche emerse dall’ultimo rapporto del MIUR per l’anno scolastico 2014/15, a proposito de “Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole”, seppur minimamente la situazione nazionale sembra essere migliorata nell’ambito delle nuove tecnologie, grazie alla diffusione di interventi pubblici e privati.11 I dati evidenziano infatti che le aule connesse in rete (cablata o wireless) sono complessivamente il 70% anche se solo il 41.9% dispone di LIM al suo interno; considerato che nell’a.s. 2013/14 risultavano il 29.3% il dato è comunque indice di un miglioramento12. Un altro indicatore significativo per valutare la diffusione delle TIC nelle scuole è rappresentato dal rapporto tra alunni e tecnologie (che comprendono i computer presenti nei laboratori o i PC e i dispositivi mobili presenti nelle aule), equivalente a 7,9 alunni per device scolastico. In percentuale, il rapporto tra studenti e dispositivi mobili nelle scuole statali è pari al 32.1%, valore che evidenzia una significativa riduzione considerando che nell’anno precedente era pari all’82.2%. Sebbene da quanto emerso dalle statistiche il 62% degli studenti italiani frequenti scuole dotate di più tecnologie in aula, non può essere trascurato il 9.2% degli allievi che studia in strutture in cui le dotazioni tecnologiche sono scarse o addirittura inesistenti. È evidente che il quadro 10 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR: http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf pp.12 e 13 (ultimo accesso 07/01/2016). 11 Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole”. A.S.2014/15. Nella valutazione dei dati occorre considerare che in questo periodo sono giunti al termine i principali progetti promossi dal MIUR: “LIM in classe”, “Classi 2.0”, “Scuole 2.0”, “Centri scolastici digitali” e “Wireless nelle scuole. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14 febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 10/12/2015). 12 I dati mostrano che le scuole secondarie di primo grado sono quelle che dispongono del maggior numero di LIM in classe. 63 generale dei contesti scolastici nazionali sia disomogeneo, occorre considerare che il metodo della Flipped Classroom si sta evolvendo all’interno di un panorama didattico ancora in evoluzione ed in continua progressione, per cui adattare la classe capovolta alla didattica significa anche fare i conti con gli strumenti a disposizione nel proprio contesto educativo. Tuttavia l’introduzione di tali innovazioni conferma come l’uso delle ICT in contesti didattici possa inevitabilmente favorire un apprendimento attivo, personalizzato e collaborativo; sottolinea inoltre il ruolo fondamentale dell’insegnante, al quale sono richieste competenze sempre più specifiche per l’integrazione delle nuove tecnologie nella prassi quotidiana. I limiti dello spazio classe sono stati oggi oltrepassati grazie alla creazione di ambienti virtuali (VLE) e sistemi di gestione dei contenuti (Learning Management System), che promuovono allo stesso tempo un apprendimento formale ed informale. Questo significa che tutte attività e progetti didattici solitamente svolti in presenza, oggi possono essere affrontati anche al di fuori dell’ambiente scolastico, grazie alla creazione di learning objects condivisibili e disponibili a tutti gli studenti in qualsiasi momento. La collaborazione acquisisce in questa maniera una rilevanza anche sul piano delle relazioni interdisciplinari ed internazionali, poiché lo spazio classe si apre alla realtà virtuale del Web nella quale si creano comunità di condivisione delle varie esperienze didattiche. Il progresso tecnologico ha facilitato notevolmente non solo il rapporto tra docente e studenti ma anche tra insegnanti e famiglie che sono sempre più partecipi e coinvolte nel contesto didattico grazie alla comunicazione tramite posta o registro elettronico. Inoltre l’introduzione delle TIC in classe, apre la didattica ad un contesto di nuove opportunità in cui le lavagne tradizionali sono affiancate dalle LIM e il libro di testo è arricchito da strumenti ed 64 espansioni di tipo digitale che costituiscono una fonte inesauribile di conoscenza. Si evince quindi che, anche se “il focus non ruota attorno alla tecnologia in senso stretto, ma alle dinamiche di innovazione che può innescare”13, essa è comunque una risorsa molto importante. Negli ultimi anni, di pari passo con il progresso tecnologico, si è iniziato a parlare di Classe 3.0, a conferma della ulteriore apertura della scuola verso un ambiente di lavoro virtuale. Le aule diventano laboratori attivi, vengono introdotti arredi flessibili ed adattabili senza dover per forza costruire nuove strutture, ma semplicemente riconvertendo ed adattando quelle già esistenti. I nuovi spazi scolastici supportano e coinvolgono gli studenti in prima persona e sono facilmente adattabili alle diverse e varie esigenze didattiche14. Seppur innovativo, il piano di creazione di Classi 3.0 è ancora limitato a un numero minimo di realtà scolastiche. Approfondire il contesto della classe digitalizzata è fondamentale riferendosi alla Flipped Classroom, perché se è vero che questa rappresenta un’innovazione in termini di metodologie didattiche, è vero anche che necessita di un ambiente anch’esso ristrutturato rispetto al suo assetto tradizionale. Avere a disposizione uno spazio adeguato in cui fare lezione significa poter gestire al meglio le proprie attività e rompere quegli schemi mentali prestabiliti dentro i quali spesso gli studenti si sentono privati della loro creatività. Occorre però ricordare che, come accade con le TIC, anche uno spazio di apprendimento rinnovato non rappresenta un elemento indispensabile ed imprescindibile, ma godere di uno spazio flessibile è sicuramente un punto a favore dell’insegnante, degli alunni e dell’apprendimento stesso: Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/ilprogetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 14 Sito di INDIRE – Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wpcontent/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 13 65 L’educazione nell’era digitale non deve porre al centro la tecnologia, ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano. […] Tutti gli spazi della scuola, e oltre, devono essere allineati a questa visione di cambiamento. […] Occorre invece che l’idea di spazi, a partire dagli interventi a favore dell’edilizia scolastica, e includendo un riconfigurazione funzionale degli ambienti per l’apprendimento, vadano nella direzione di una visione sostenibile, collaborativa e aperta di scuola. In cui didattica e progettualità possano avvenire ovunque, in cui spazi comuni e ambienti collaborativi giocano un ruolo centrale15. 4.3.2. TEAL L’acronimo TEAL si riferisce a Technology-Enhanced Active Learning, ed è uno spazio didattico progettato da David Lister insieme a John Belcher e Peter Dourmashkin, presso l’MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. L’ambiente da essi creato prevede una costante sinergia tra spazio e tecnologie, favorendo così un apprendimento di tipo collaborativo e attivo. Lo spazio TEAL è costituito da un assetto ben definito: una postazione centrale per l’insegnante e tredici piattaforme rotonde per gli studenti, circondate da lavagne e proiettori. Ogni gruppo è volutamente formato da discenti che possiedono livelli di conoscenza differente, così da facilitare la Peer Instruction. Gli studenti hanno costante accesso al PC per fruire delle slides relative alla lezione, raccogliere dati o informazioni utili ai fini didattici e per inviare risposte in modalità digitale16. Si tratta di un vero e proprio laboratorio in cui si applica una didattica inclusiva e l’apprendimento avviene attraverso attività di Inquiry Learning e di Cooperative Learning. Sia il discente sia l’insegnante sono quindi completamente immersi nell’ambiente che li 15 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR: http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf, p.28 (ultimo accesso 07/01/2016). 16 Sito del MIT relativo allo spazio di apprendimento TEAL: http://web.mit.edu/edtech/casestudies/teal.html (ultimo accesso 07/01/2016). 66 circonda e interagiscono con esso: i banchi e le lavagne non sono semplici elementi di arredo ma parte integrante della didattica. Questo progetto venne introdotto e sperimentato inizialmente per l’insegnamento di fisica a studenti universitari iscritti al primo anno e successivamente esteso anche ad altre discipline, in relazione all’esito assolutamente positivo raggiunto che dimostra quanto un ambiente appropriato sia stimolante per gli studenti e aiuti in qualche modo a superare l’idea di apprendimento frontale e passivo. Uno spazio scolastico progettato secondo il modello TEAL, infatti, diventa fondamentale per contestualizzare ed applicare la conoscenza e per integrare gli strumenti tradizionali con quelli più innovativi17. Quando nel 1992, Perkins pubblica l’articolo Technology Meets Constructivism: Do They Make a Marriage?, individua cinque importanti aspetti necessari all’interno dello spazio di apprendimento (1992: 46-48). Il primo è definito Information Banks, espressione con cui egli designa tutti gli strumenti necessari all’accesso a informazioni, partendo da quelli ‘classici’, come il libro di testo, il dizionario, l’enciclopedia o l’insegnante stesso, fino ad arrivare alle poco sviluppate tecnologie di quel periodo. Il secondo elemento che Perkins individua viene definito con l’espressione Symbol Pads con la quale egli indica tutti i supporti tecnologici che fungono da estensione della nostra memoria in quanto registrano, formulano e processano informazioni. Per Construction Kits invece si intendono tutti gli oggetti e strumenti utilizzati per realizzare esperimenti concreti, quali quelli di fisica o chimica e che lo stesso Perkins ha visto soppiantare, con l’avvento delle nuove tecnologie, da programmi di simulazione astratta. A questi si aggiungono i Phenomenaria, ossia “area for the specific purpose of presenting 17 Avanguardie Educative, TEAL. http://avanguardieeducative.indire.it/wpcontent/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 67 phenomena and making them accessible to scrutiny and manipulation” (1992: 47), che riproducono, cioè, in scala ridotta fenomeni complessi o mondi virtuali da esplorare. Per ultimi, ma non meno importanti, egli menziona i cosiddetti Task Managers che creano e guidano le attività di apprendimento, oltre a fornire feedback sul risultato ottenuto e tra i quali è compresa la figura dell’insegnante. Rivalutare tale suddivisione in chiave moderna è estremamente significativo per comprendere come le innovazioni del passato e del presente siano sempre indirizzate verso un miglioramento della classe, in termini didattici astratti e in termini di spazio concreto. Nonostante siano passati diversi anni dalla pubblicazione dell’articolo di Perkins, l’obbiettivo condiviso rimane quello di creare uno spazio costruttivista, in cui il discente cerchi di dare ordine e logica alle proprie esperienze: Many more progressive learning environments give center stage to phonomenaria and construction kits. […]. In both cases, learners bear much more responsibility for their own task management than in more conventional settings, and the role of the teacher shifts to something more like that of a coach. […] Phenomenaria and construction kits are characteristic of learning ‘situated’ in authentically complex and meaningful contexts. (Perkins, 1992: 48-49) 4.3.3. La classe scomposta Il metodo della classe scomposta nasce dall’idea di Dianora Bardi (2014), mossa dalla necessità di organizzare il proprio spazio scolastico in funzione degli studenti e assicurare quindi un certo grado di collaborazione, comunicazione, relazione e scambio. Il suo progetto si basa sull’idea che non è la tecnologia a fare didattica, per cui le aule costosissime di cui spesso si dotano le scuole sono insignificanti se l’innovazione non coinvolge anche il metodo didattico stesso. È per questo motivo che Bardi individua come punto di partenza la classe preesistente, dotata di LIM, 68 videoproiettore, mobile device dei ragazzi e la adegua alle proprie necessità didattiche. Il suo intento è stato quello di “ricostruire un ambiente familiare, in cui gli alunni potessero gestirsi autonomamente e sentirsi a proprio agio, che rispecchiasse il loro modo di studiare e di apprendere” (Bardi, 2014: 35) e a partire da tale proposito costituisce una classe in cui l’arredo e la struttura formale classica sono completamente mutati, scomposti, così come diversi sono gli obiettivi pedagogici. Nell’aula concepita da Bardi la cattedra è spostata in fondo alla classe, i banchi sono avvicinati alle pareti e nello spazio libero centrale sono stati creati punti di accesso per Web conference, lavori di gruppo, per la creazione di e-book o per la lettura di libri cartacei. Lo spazio classe si è inoltre allargato a luoghi adiacenti, come il sottoscala, diventati ora luoghi di studio individuale. In questo modo Dianora Bardi cerca di liberare gli studenti da un vincolo mentale e fisico che fa percepire l’aula come una ‘gabbia’. Nel suo ambiente gli studenti sono liberi di interagire. Ciò non significa che essi siano liberi di fare, ma liberi di costruire, di cercare, sperimentare e utilizzare liberamente le fonti della conoscenza, che in una lezione frontale sono riposte esclusivamente nella figura dell’insegnante o nel libro di testo. La sua lezione si presenta con un format differente rispetto alla classe capovolta perché in questo caso la spiegazione avviene brevemente in classe, spesso attraverso una mappa concettuale, ed è poi seguita da uno studio e da un approfondimento autonomo degli alunni attraverso i supporti a disposizione, primo fra tutti il dibattito, il dialogo e il confronto con i compagni e con l’insegnante. Nonostante ciò, si è visto come la classe scomposta, grazie appunto all’assenza di vincoli formali e standard, sia 69 adattabile alla stessa lezione frontale, al Cooperative Learning e anche al metodo della Flipped Classroom18. In conclusione, emerge l’importanza di adeguare al meglio la propria pratica didattica all’ambiente di apprendimento in cui questa si sviluppa, tenendo conto delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e delle competenze da sviluppare. L’introduzione delle nuove tecnologie in uno spazio scolastico costruttivista sembra avere accorciato il divario tra contesti di apprendimento formali ed informali, per cui se prima l’insegnamento era solo quello che avveniva all’interno della classe e della scuola in senso stretto, oggi, grazie al Mobile Learning e ai nuovi ambienti virtuali, si offre agli studenti la possibilità di creare Episodi di Apprendimento Situati (EAS) nella vita reale (Rivoltella, 2013: 5-6). Tratto da un articolo di Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G.Leopardi” di Saltara e relatrice al seminario di studi tenutosi ad Urbino sulla Flipped Classroom: “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra. http://ischool.startupitalia.eu/27802/ischool-2/banchi-al-muro-wifi-e-webconference-dianora-bardi-ecco-la-mia-classe-scomposta/ (ultimo accesso 07/01/2016). 18 70 Capitolo 5 La Flipped Classroom negli istituti marchigiani Da una dettagliata analisi teorica sulla Flipped Classroom, emerge la costante necessità di allargare gli orizzonti dell’insegnamento classico e frontale, per muoversi sempre più verso un sistema learner-centered, focalizzato quindi sulla posizione centrale dello studente. Per beneficiare appieno dei numerosi aspetti positivi che questo approccio può comportare, sono quindi necessari una rivalutazione ed un profondo cambiamento della didattica tradizionale che, per quanto efficace, non sempre riesce a soddisfare le esigenze della classe, dell’insegnante o della materia affrontata. Si parla frequentemente di innovazione, tecnologica e didattica, ma le scuole e gli insegnanti sono spesso restii ad affrontare concretamente il cambiamento, per paura di perdere in parte il proprio controllo sulla lezione o semplicemente perché scettici a tale riguardo, per la mancanza di risorse economiche e strumentali o per la scarsa formazione didattica. Ci sono invece scuole che credono profondamente nell’innovazione e vedono in essa una risorsa per stimolare e motivare gli studenti, che appartengono ad una generazione sempre più modernizzata e digitalizzata. Il presente capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e l’intento è proprio quello di portare alla luce realtà scolastiche che hanno fatto delle nuove tecnologie e delle innovazioni didattiche un punto di forza. Per quanto riguarda la classe capovolta, che rappresenta il fulcro dell’analisi, non è stato semplice trovare contesti in cui tale metodo fosse introdotto in maniera costante nella didattica, così da poter comprenderne realmente i benefici o le criticità. Esistono però, anche nella regione Marche, scuole in cui tale modello didattico è già ampiamente utilizzato da 71 diversi anni, come nel caso dell’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara1 e dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona2. A questi si affiancano numerose scuole che tentano di inserirsi nel panorama della didattica innovativa, cercando di riorganizzare le proprie risorse umane ed economiche per rimanere competitive e migliorare la propria offerta formativa. Ne è un esempio l’Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”3, che ha presentato per l’anno scolastico 2014/2015 un progetto KA2 4, con l’obbiettivo di ottenere fondi europei per l’attuazione di un programma flipped nell’insegnamento della matematica. Si tratta di esperienze che fanno della classe capovolta una realtà didattica concreta e non solo un modello teorico, ma nonostante questo i dati oggettivi e le analisi statistiche sono ad oggi ancora insoddisfacenti. Essendo infatti la Flipped Classroom una realtà del tutto nuova ed introdotta nelle scuole capofila solo recentemente, non esistono studi approfonditi o ricerche azione in grado di offrire una valutazione oggettiva di tale metodologia didattica. Lo scopo di questa indagine è perciò quello di individuare un effettivo riscontro tra studio teorico e ambiente scolastico reale, considerando soprattutto la percezione da parte degli studenti e quindi la loro valutazione del metodo Flipped Classroom in generale, e nell’insegnamento e nell’apprendimento delle lingue straniere in particolare. 1 http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/ (ultimo accesso 07/01/2016). http://www.savoiabenincasa.gov.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 3 http://www.icpiandimeleto.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 4 Key Action 2: Cooperation for Innovation and the Exchange of Good Practices – Strategic Partnership for Schools Only. Il progetto KA2 rientra nei Partenariati Strategici del programma della Commissione Europea Erasmus+ per l’Istruzione, la Formazione, la Gioventù e lo Sport. http://www.erasmusplus.it/formazione/prova-formazione2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 2 72 5.1 Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara L’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” è il primo contesto didattico in cui il modello di sperimentazione Flipped Classroom è stato analizzato in azione. L’Istituto conta sulla presenza di 1.270 alunni distribuiti nei vari plessi e organizzati secondo tre ordini di scuola: scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. La filosofia condivisa dall’Istituto e dai suoi insegnanti è quella di favorire una didattica costruttiva che valorizzi l’individuo, così come l’interazione tra pari e lo sviluppo di competenze specifiche. Il modello della classe capovolta diventa attuabile in tale contesto grazie alla presenza di un ambiente di apprendimento innovativo, basato sull’uso delle nuove tecnologie e sul potenziamento delle pratiche educative e didattiche. A tale scopo occorre sottolineare che l’Istituto, nel corrente anno scolastico 2015/2016, ha riconfermato nella propria offerta formativa alcuni dei corsi promossi dalle Avanguardie Educative INDIRE 5 e già attivi dagli anni precedenti, tra cui il Debate, lo Spaced Learning e appunto il Flipped Learning, per adattarsi alle esigenze dei ragazzi ed avvicinarsi al loro contesto reale6. La mia collaborazione in questo caso nasce con Manuela Alesi, docente di tedesco presso la scuola secondaria di primo grado di Saltara, che ha alle spalle già diversi anni di insegnamento capovolto. La sua testimonianza è supportata da un contesto didattico sicuramente innovativo in cui, come lei stessa afferma, il dirigente scolastico Paolo Olivieri e i suoi colleghi credono nell’importanza delle nuove tecnologie e delle metodologie didattiche innovative. Nella sua realtà, infatti, sono numerosi i docenti che 5 Sito Web delle Avanguardie Educative - INDIRE: http://www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/ (ultimo accesso 07/01/2016). 6 POF di Istituto: http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/p-o-f/ (ultimo accesso 07/01/2016). 73 utilizzano la classe capovolta nell’insegnamento di diverse materie, tra cui italiano, storia, geografia, matematica, scienze e appunto tedesco. Per dare più valore alla sua testimonianza viene a seguito riportata l’intervista effettuata sul campo e suddivisa in diverse domande relative alla Flipped Classroom, che la professoressa Alesi continua ad utilizzare costantemente nella sua didattica. L’intervista, che si evolverà immediatamente in un racconto spontaneo della propria esperienza, apre lo sguardo ad una realtà didattica rivoluzionaria, analizzata fino ad ora solo teoricamente. Nei precedenti capitoli si è fatto riferimento all’importanza del ruolo del docente nell’applicazione della classe capovolta, ribadendo l’idea che, nonostante si voglia realizzare una lezione student-centered, la figura dell’insegnante non perde la sua centralità, ma acquisisce nuove responsabilità e necessita di nuove capacità organizzative. A conferma di ciò, nella lezione capovolta della professoressa Alesi, come lei stessa afferma, “il docente non è più un semplice ‘dispensatore di sapere’ ma assume un ruolo di guida e tutor, fornendo agli studenti la propria assistenza in aula, per fare emergere osservazioni e considerazioni significative attraverso esercizi, ricerche e rielaborazioni condivise” 7. La lezione, pertanto, deve essere sempre ben organizzata, poiché la riuscita di tale metodo dipende anche dalla sua corretta strutturazione. Il lavoro che la Flipped Classroom comporta e che consiste nell’impiego del video (nella forma di tutorial-video o di videolezione) o nel selezionare e assegnare agli studenti risorse multimediali relative all’argomento in oggetto, è notevolmente superiore rispetto a quello usualmente previsto per l’organizzazione di una lezione frontale e richiede competenze tecnologiche e didattiche molto più sviluppate. 7 Le dichiarazioni della professoressa Alesi fanno parte dell’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU). 74 Nella Flipped Classroom proposta dalla prof.ssa Alesi, il modulo didattico è strutturato in tre momenti: momento preparatorio (gli allievi sono chiamati, a casa, a consultare e prendere visione delle risorse multimediali assegnate dalla docente), momento operatorio (è la fase in cui gli allievi, in classe, creano prodotti atti a dimostrare il loro apprendimento utilizzando strumenti vari), momento ristrutturativo e conclusivo (in classe, la docente valuta e corregge i prodotti digitali elaborati dagli studenti, fissa i nodi concettuali emersi e soprattutto accompagna la classe verso una rielaborazione significativa di quanto si è appreso). Nella sua disciplina l’utilizzo del modulo didattico della classe capovolta riguarda sia gli argomenti di riflessione sulla lingua, sia quelli relativi all’insegnamento della civiltà. Le risorse multimediali relative all’argomento trattato sono sempre attentamente selezionate in base alle esigenze o agli obiettivi didattici. La professoressa si serve sia di lezioni già disponibili in rete, qualora siano ben strutturate, sia di tutorial creati personalmente grazie a programmi come Screencast-O-Matic.com 8. Considerando l’esperienza della professoressa Alesi, il video, come lei stessa asserisce, è per gli studenti uno strumento sempre molto accattivante e motivante, ma è importante che essi siano educati ad una visione attiva, così come ad una fruizione consapevole del materiale, esplicitandone le finalità, i tempi e i criteri di valutazione. Dalla testimonianza proposta si delinea anche l’importanza di un ambiente scolastico appropriato, che in questo caso è rappresentato da piattaforme movibili necessarie al lavoro di gruppo e da una costante sinergia e supporto delle TIC utilizzate, che diventano strumenti imprescindibili, soprattutto in un contesto altamente digitalizzato come 8 Si tratta di un programma che consente di creare tutorial o lezioni video lavorando sullo schermo del proprio PC o della Lavagna Interattiva Multimediale e integrando la spiegazione visiva con la voce registrata dell’insegnante. https://screencast-o-matic.com/home (ultimo accesso 07/01/2016). 75 quello dell’istituto in cui insegna. Gli hardware e i software sono infatti utilizzati dai docenti e dagli studenti per creare e per condividere prodotti multimediali, che sono veri e propri strumenti di apprendimento. Emerge inoltre l’effettiva importanza di quel ‘momento operativo’ in classe che, come dichiara la professoressa, “rappresenta per gli studenti un’opportunità di inclusione, con modalità di Peer Education e da parte del docente un’occasione di valutazione, accumulando una quantità di informazioni metodologiche e metacognitive, in merito alle strategie di studio impiegate durante l’attività svolta”9. Di fondamentale valore, oltre alla collaborazione e alla cooperazione tra pari, supportate dal lavoro e dalle attività di gruppo, è anche l’individualizzazione dell’insegnamento, che ha luogo nel momento in cui il docente assiste gli studenti in difficoltà, in un rapporto uno ad uno. La prof.ssa Alesi tuttavia tiene a sottolineare che per lei, la classe capovolta, rappresenta sicuramente un’alternativa efficace e motivante alla lezione tradizionale, ma non l’unica. Per quanto riguarda l’insegnamento delle lingue straniere è infatti necessario avvalersi di approcci quanto più vari, da un lato perché le quattro abilità (Speaking, Listening, Writing, Reading) richiedono tecniche differenti e dall’altro per rispettare le varie modalità di apprendimento degli studenti, i quali possiedono stili cognitivi dissimili. Quanto emerso dall’intervista alla prof.ssa Alesi è senza dubbio un quadro positivo, che nasce dalla sua realtà e dalla sua esperienza. È sempre ragguardevole però tenere in considerazione che, nonostante si possano raccogliere dati oggettivi sul metodo Flipped Classroom, la loro analisi è sempre difficile se si considera un contesto generale ed universale, perché in ambito didattico ogni realtà, ogni contesto e ogni classe è diversa dalle 9 Dichiarazione della professoressa Alesi durante l’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU). 76 altre. Ad ogni modo, la testimonianza positiva della docente è uno stimolo ulteriore ad approfondire lo studio sulla classe capovolta e a trarne un eventuale spunto didattico. A tale scopo si riporta di seguito l’intervista integrale: Manuela, partiamo dalla videolezione. Tu la crei o utilizzi quelle disponibili in Internet? Alcuni tutorial-video o video lezioni le ho create, altre le ho trovate già pronte in rete. Le mie videolezioni sono soprattutto inerenti agli argomenti di civiltà e di riflessione sulla lingua. Se ritengo che quelle trovate in rete siano ben fatte le utilizzo, anche nell’ottica del risparmio di tempo, per fare economia insomma. Ma soprattutto per un’altra ragione importante: per esempio nel caso della riflessione sulla lingua, proporre agli allievi la spiegazione tramite un’altra fonte, permette loro di confrontarsi con altri modi di illustrare lo stesso argomento, favorendo così i diversi stili cognitivi. Utilizzi dei siti appositi per cercare le video lezioni? Per quanto riguarda la mia disciplina ho trovato su Youtube delle video lezioni appropriate. Spendo molto tempo per la ricerca del materiale in rete, perché è molto importante che il docente selezioni e assegni agli studenti risorse multimediali ben strutturate, relative all’argomento da affrontare. Per quanto riguarda gli argomenti di civiltà le lezioni le creo sempre personalmente, utilizzando strumenti digitali quali blendspace.com (si tratta di un sito per creare lezioni multimediali e test autocorrettivi). Chiedi ai tuoi alunni di guardare la video lezione in modo attivo? Cioè devono svolgere degli esercizi? Sí, quasi sempre dò delle indicazioni ben precise: per esempio posso assegnare loro una griglia da completare, oppure, se lavoriamo sui testi musicali, degli esercizi cloze, dove l’allievo deve inserire dei termini 77 mancanti. Se invece faccio vedere agli studenti un video su un argomento di civiltà, richiedendo loro una comprensione globale, dovranno rispondere alle W-Fragen (chi, che cosa, quando, dove, perché). Dipende insomma dall’obiettivo che voglio valutare: se necessito di una comprensione più selettiva riceveranno una scheda o degli esercizi atti ad individuare informazioni più dettagliate, se si tratta di un primo approccio, di una comprensione globale, dovranno reperire informazioni generiche. In un’unità di apprendimento utilizzo la video lezione nella fase della globalità e nella fase dell’analisi, raramente nella fase della sintesi. Ecco, quindi in quale momento dell’unità di apprendimento utilizzi la video lezione? Come appena detto, per quanto riguarda la riflessione sulla lingua utilizzo la video lezione nella fase dell’analisi. Nelle UDA sulla civiltà ritengo che il video tutorial sia particolarmente efficace all’inizio dell’unità di apprendimento, nella fase della globalità, per introdurre l’argomento e creare motivazione. Quindi non utilizzi un video per ogni lezione? No, io non utilizzo la Flipped Classroom sempre, ma la considero come uno dei tanti modelli didattici che si possono utilizzare. Io sono convinta che per quanto riguarda l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue straniere occorra utilizzare una quantità di tecniche il più possibile varie. Ciò perché uno, devi lavorare sulle quattro abilità, due perché favorisce la motivazione e l’attenzione e tre perché gli stili cognitivi degli allievi sono diversi. E agli studenti piace guardare il video a casa? Sì, agli studenti piace; il riscontro è nella maggior parte dei casi molto positivo. Però vanno educati. Devono capire che il video tutorial è una lezione da apprendere, ovvero una lezione che diventa anche un’attività 78 blended, dunque presente fuori dalla classe e soprattutto sempre disponibile per lo studente, che può rivederla fino a quando non è stata appresa. Ma attenzione: c’è sempre il furbetto che dice “ho guardato il video” anche se in realtà non è vero. Ecco perché è sempre importante dar loro un compito da svolgere, per avere un riscontro effettivo e capire se realmente hanno visto il video. Inoltre è auspicabile non essere l’unica docente ad utilizzare questo strumento, dovrebbe essere condiviso e utilizzato, non dico da tutti (sarebbe utopistico) ma da un buon numero di docenti del proprio consiglio di classe. Così gli studenti non sottovalutano il momento della video lezione, non lo considerano come un momento di svago… Esatto, gli obiettivi vanno loro esplicitati all’inizio dell’unità didattica e/o della singola lezione. Illustrare i contenuti, i tempi, le modalità, le strategie aiuta gli allievi a contestualizzare l’operato che andranno a svolgere e questo abbassa il filtro affettivo. E quando la barriera emotiva negativa è bassa, l’apprendimento si traduce più facilmente in acquisizione, in competenza. Quindi non sei l’unica ad utilizzare la Flipped Classroom a Saltara? No, nella mia sezione siamo tre docenti che applicano con una certa frequenza questo modello di sperimentazione della ‘classe del futuro’: una collega di italiano, storia, geografia, una collega di matematica e scienze e io di tedesco. E già ti posso garantire che siamo tante, perché nella scuola in generale c’è una certa resistenza all’innovazione, non è facile scardinare la lezione frontale. C’è chi non ci crede. Secondo te è un metodo che tutti i docenti potrebbero utilizzare o servono particolari attitudini? Sicuramente bisogna avere una certa padronanza delle nuove tecnologie. Creare un video tutorial, per esempio, non è proprio facilissimo, devi aver 79 fatto un corso di aggiornamento, devi sapere quali software utilizzare, devi spenderci del tempo. Devi metterti in gioco e fare ricerca azione. Secondo te, qual è l’età giusta degli studenti con i quali applicare il metodo della Flipped Classroom? Secondo la mia esperienza, dalla scuola secondaria di primo grado in su, alla scuola primaria non darei mai un video-tutorial da guardare a casa. Ma attenzione: io sono fermamente convinta che nell’insegnamento- apprendimento delle lingue straniere serva un giusto equilibrio tra l’approccio comunicativo e il Flipped Teaching. Ripeto per me è solo uno dei tanti metodi che utilizzo, non l’unico, mi piace cambiare e vedo che più cambio più aumenta la motivazione dei miei alunni. In classe quali attività proponi agli studenti inerenti al video che hanno visto? In una classe terza abbiamo ‘imbastito’ una flipped lesson di civiltà tedesca e storia utilizzando alcune risorse multimediali, l’argomento svolto era “Die friedliche Revolution/ La Rivoluzione pacifica”. Nella fase preparatoria è stato chiesto agli alunni un lavoro di documentazione sulle conseguenze della caduta del muro di Berlino, seguito dalla visione del film “Goodbye Lenin”. Questo ha permesso alla classe di acquisire informazioni relative all’evento storico e alle conseguenze ancora oggi tangibili in Germania e nel resto dell’Europa, alle differenze culturali tra Wessis e Ossis etc. In classe, durante il momento operatorio, gli alunni sono stati suddivisi in gruppi e, seguendo consegne precise (realizzazione di un elaborato digitale, ricco di immagini, con testi brevi e semplici, bilingue quindi italiano e tedesco, individuale o a gruppi di massimo 3 alunni, strumento a piacere: Power Point, Prezi, Padlet ecc.), hanno progettato, strutturato e costruito la propria presentazione attraverso immagini, didascalie e screenshot. L’esito del lavoro di ciascun gruppo è stato 80 condiviso in classe pubblicando, come richiesto, gli elaborati sulla bacheca di Padlet (muro virtuale per assemblare contenuti e link, visualizzabile sulla lavagna interattiva multimediale), di Prezi (software basato sul cloud per la realizzazione di presentazioni), su Blendspace.com (sito per creare lezioni multimediali ) oppure su Powtoon (applicazione web per creare video online e presentazioni animate, molto accattivanti, che permette una volta creato il video di scaricarlo sul proprio PC o di condividerlo su Youtube o sui social network). Nella fase conclusiva abbiamo corretto e valutato i prodotti realizzati e consegnati, considerando il processo, quindi come il sapere disciplinare si è trasformato in competenza. Un altro esempio di Flipped Teaching da me sperimentato riguarda la riflessione sulla lingua: gli alunni imparano la formazione in tedesco del presente indicativo dei verbi regolari. A casa guardano il video-tutorial per avere un primo approccio alla regola, quindi in classe assegno loro degli esercizi strutturati (esercizi di trasformazione, combinazione, inclusione, esclusione ecc.) da svolgere in piccoli gruppi e/o a coppie. Ecco dove sta la classe capovolta: con l’approccio tradizionale io avrei spiegato in classe e gli alunni avrebbero fatto gli esercizi a casa; in questo caso invece a casa hanno visto il video e a scuola svolgono le attività. In classe, durante il momento operatorio, gli alunni suddivisi in piccoli gruppi, spazialmente organizzati su isole separate, lavorano seguendo la consegna specifica da me assegnata. Il tempo a scuola diventa pertanto più funzionale e produttivo per il processo d’insegnamento-apprendimento, l’ora di lezione diventa un momento prezioso per risolvere i problemi in un contesto di ‘laboratorio assistito’, dove io docente assumo un ruolo di guida e di tutor fornendo agli studenti la mia assistenza per fare emergere, attraverso gli esercizi, osservazioni e considerazioni significative. Insomma, ti affianchi ai tuoi allievi, dedicando loro interventi mirati, si tratta infatti di una 81 didattica inclusiva, attenta anche agli allievi con bisogni educativi speciali. Inoltre hai la possibilità di avere un riscontro immediato ed effettivo del tuo operato. Quali TIC utilizzate in classe? Utilizziamo la LIM e i tablet, sui quali gli allievi hanno scaricato i libri in formato digitale, anche se in classe alcuni utilizzano anche il formato cartaceo, poiché gli alunni hanno a disposizione degli stipetti per lasciare i propri libri. Chiaramente anche il setting d’aula è strategico nel Flipped Teaching, infatti nel nostro Istituto sono gli studenti a cambiare aula, ogni docente ha la propria. E per quanto riguarda le lingue straniere questo lo reputo davvero molto efficace perché quando entri in quell’aula sai che lì si cambia codice linguistico e l’aula diventa un angolo di Inghilterra, di Francia, di Germania, di Spagna. E tra l’altro ogni spazio è stato allestito e personalizzato dagli alunni stessi. I banchi sono predisposti per i lavori di gruppo, abbiamo delle penisole mobili; sarebbe impensabile spostare i banchi tutte le volte che abbiamo lezione, si perderebbe troppo tempo. Come sei venuta a conoscenza del metodo Flipped? Il nostro dirigente crede molto nei nuovi approcci metodologici e nell’utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica. Nel 2011 abbiamo iniziato un vero e proprio ‘cammino digitale’: ho frequentato corsi di formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito didattico (tablet, LIM, software etc…) e, grazie ai nostri formatori, sono venuta a conoscenza della Flipped Classroom. Nell’a.s. 2013/14 ho seguito un corso online specifico su questo metodo e ovviamente ho iniziato a sperimentarlo in classe. Ben presto ho capito che la LIM, senza un approccio didattico diverso, è sicuramente un sussidio utile, ma per diventare un sussidio catalizzatore serve un cambiamento della metodologia glottodidattica. E come condividi il video? 82 I video tutorial e tutto il materiale multimediale da me creato o realizzato dagli allievi viene condiviso su Fidenia.com, un social learning italiano con cui ho creato le mie classi virtuali e dove appunto condivido il materiale con i miei studenti. Utilizzando il metodo Flipped Classroom è cambiato qualcosa nella valutazione? Diciamo che ho introdotto degli indicatori aggiuntivi: la puntualità nei tempi di consegna, la competenza digitale, il saper lavorare in gruppo, la capacità di sintesi, il rispetto delle indicazioni date. Prima di iniziare il lavoro assegnato, gli alunni ricevono una griglia dove specifico gli obiettivi che saranno valutati. E utilizzate sempre il tedesco per la comunicazione in classe? Io parlo sempre in tedesco, tranne nei momenti in cui avviene la riflessione sulla lingua. E se dovessi trovare degli aspetti negativi? Sarebbe negativo, a mio modesto parere, se utilizzassi questo modello sempre. Alternato ad altre tecniche, non vedo negatività. Adoro il Flipped Teaching perché nei ragazzi suscita molta motivazione, perché è un volano per condurre l’allievo verso gli obiettivi preposti e facilita il loro apprendimento. Usare le nuove tecnologie nell’insegnamento- apprendimento significa avvicinarsi di più al mondo dei nostri allievi, parlare il loro stesso linguaggio. Gli allievi ti sentono meno distante e per questo è un’opportunità da cogliere! 83 5.1.1 Attività didattiche proposte per il Flipped Learning Certamente si può fare lezione frontale in modo accattivante, interattivo, ma sostanzialmente non cambia l’idea del docente come fonte autorevole nella propria materia di insegnamento e di alunni che assorbono i contenuti seduti in ascolto. Grazie alla ricerca pedagogica, ora sappiamo che l’apprendimento è un processo attivo: lo studente deve essere protagonista nella costruzione dei significati (Maglioni, Biscaro, 2014: 36). L’idea di apprendimento come processo attivo rappresenta il fulcro della didattica moderna e la Flipped Classroom è uno stimolo per muoversi in questa direzione. Abbracciare una metodologia didattica innovativa e costruttivista implica da parte dell’insegnante un lavoro di indagine, di cernita e di selezione delle attività da proporre ai propri studenti, che siano finalizzate al raggiungimento di obbiettivi didattici specifici. Considerando l’esperienza della professoressa Manuela Alesi, il suo archivio è costituito da un’ampia raccolta di materiale, selezionato o realizzato ad hoc, per l’insegnamento del tedesco. Uscire da una prospettiva legata alla didattica tradizionale richiede all’insegnante di provvedere autonomamente alle lacune che possono emergere riguardo al materiale di supporto. Nel caso infatti di un docente che decida di introdurre nella propria didattica una lezione capovolta, è opportuno considerare che strumenti convenzionali, come il libro di testo, non sempre si rivelano adeguati. Per questa ragione, la docente ha spesso provveduto a creare personalmente materiale che potesse rispondere alle proprie esigenze, ma soprattutto rispettare gli stili cognitivi dei suoi alunni, sviluppare le diverse abilità ed esercitare le loro competenze. L’uso di nuove tecnologie ha notevolmente facilitato il processo di ricerca e di condivisione del materiale, il cui prodotto è rappresentato dai learning objects, ossia contenuti digitali da condividere in rete e sui quali lavorare individualmente o collettivamente, in presenza o a 84 distanza. Le attività di seguito riportate e già parzialmente menzionate nell’intervista, sono un esempio concreto del complesso lavoro di ricerca portato avanti dalla prof.ssa Alesi nei suoi anni di insegnamento capovolto. Il primo esempio di attività riguarda la riflessione sulla lingua ed in particolare la spiegazione del presente indicativo dei verbi regolari in tedesco. In questo caso l’insegnante decide di realizzare un video tutorial (che può essere visionato al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=hxK-PdLFkY8&feature=youtu.be 10), con la spiegazione del contenuto e chiede agli studenti di guardarlo autonomamente come compito per casa, ovviamente dopo averlo condiviso attraverso la piattaforma cloud. L’uso del video tutorial che combina parole e immagini non solo rende più efficace e duraturo l’apprendimento, ma rispetta le diverse velocità di comprensione. Questo significa che al contrario di ciò che avviene in classe, durante la spiegazione frontale, a casa ogni studente può riascoltare e rivedere il video ogni volta che vuole, fino ad una completa acquisizione del contenuto. Un altro punto a favore dell’insegnamento capovolto sta nel fatto che, tramite il video tutorial, i discenti hanno la possibilità di interiorizzare e comprendere autonomamente l’informazione a casa, per cui a scuola è possibile proporre attività di approfondimento più specifiche e mirate. La seconda attività proposta è relativa ad una flipped lesson realizzata in compresenza con l’insegnante di storia per affrontare l’argomento della Rivoluzione Pacifica (Die Friedliche Revolution). Come già anticipato nell’intervista, il progetto è stato svolto con la classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara nell’anno scolastico 2014/15 e si è interamente sviluppato seguendo il metodo della Flipped Classroom. Nella fase preparatoria gli studenti sono stati guidati e documentati sul tema in 10 Ultimo accesso 07/01/2016. 85 analisi grazie a lezioni flipped di storia e di tedesco attraverso la fruizione di materiale in modo autonomo, come la visione di alcune scene del film “Goodbye Lenin”. In questo caso per assicurare una visione attiva dei video, le docenti hanno predisposto attività guidate e ben strutturate, che facilitassero la comprensione e sintetizzassero il contenuto. In classe l’attività è stata organizzata in modo da favorire la partecipazione e la collaborazione tra studenti, poiché è stato chiesto loro di realizzare a piccoli gruppi una presentazione dettagliata sull’argomento affrontato, rispettando consegne precise e applicando la propria conoscenza linguistica e culturale. Gli elaborati creati sono divenuti, a fine progetto, elementi di valutazione da parte delle insegnanti, ma anche e soprattutto risultati tangibili di un coinvolgimento attivo degli studenti nella didattica e dell’avvenuto apprendimento. In appendice 11 è possibile visionare un esempio di presentazione in formato cartaceo, mentre i lavori più significativi realizzati dagli studenti possono essere consultati attraverso i seguenti link, in formato multimediale: • https://prezi.com/0_hjwhxnumeq/la-rivoluzione-pacifica/ • https://prezi.com/iz0lxot--cfl/la-rivoluzione-pacifica/ • http://prezi.com/7kv-u4fr-fbs/?utm_campaign=share&utm_medium=copy&rc=ex0share • https://www.powtoon.com/online-presentation/fPuwCxRWLse/progetto-rivoluzionepacifica/ • https://prezi.com/uxj1srjxnzmc/progetto-riunificazione-pacifica-bbrddr/ 12 Per l’esercizio di comprensione orale abbinata al focus lessicale, la professoressa Alesi propone invece attività flipped legate all’ascolto prima e alla visione poi del video “Italiener und Deutsche (Uwe Kind)”, visibile 11 12 Cfr. Appendice B, Infra – parte 1. Ultimo accesso a tutti i link del 07/01/2016. 86 al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=q5AItVraBfQ13. Partendo da tale proposta, l’attività di comprensione può essere gestita dall’insegnante seguendo procedure differenti, a seconda del risultato che vuole ottenere: si può chiedere agli studenti di ascoltare l’audio per svolgere esercizi guidati di cloze, come compito per casa e correggerli successivamente in classe tramite la visione del video accompagnato da sottotitoli, oppure lavorare in maniera più approfondita sugli aspetti grammaticali o culturali coinvolti. Gli esercizi strutturati che la docente ha proposto ai suoi alunni durante la visione/ascolto del materiale multimediale sono riportati integralmente in appendice 14. Le attività suggerite dalla professoressa Alesi ed analizzate in questo capitolo, sono spunti essenziali per chiunque voglia intraprendere la strada verso l’uso di metodologie didattiche innovative, perché dimostrano da un lato la complessità del ruolo dell’insegnante coinvolto nei processi educativi e dall’altro la necessità del suo operato nella relazione insegnamento-apprendimento. 5.2 Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona L’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona è composto da due plessi che ospitano complessivamente 1.200 studenti. Si tratta di uno degli Istituti più innovativi della regione Marche ed è fra le 20 Avanguardie Educative di Italia indicate dall’Istituto Nazionale di Innovazione e Ricerca Educativa, in quanto scuola capofila di numerosi progetti educativi. Rientrano tra questi il Debate, lo Spazio Flessibile, la Flipped Classroom e il TEAL, dai quali si evince l’importanza che questo 13 14 Ultimo accesso 07/01/2016. Cfr. Appendice B, Infra – parte 2. 87 Istituto attribuisce alle nuove tecnologie, allo spazio di apprendimento e alle metodologie didattiche innovative e che fanno del “Savoia Benincasa” una scuola citata dal MIUR come esempio per la realizzazione di nuovi ambienti di apprendimento.15 L’esperienza come osservatrice presso questo Istituto nasce a seguito di un seminario tenutosi il 14 ottobre 2015 ad Urbino, in relazione alla metodologia Flipped Classroom16, durante il quale è intervenuta la dirigente scolastica Alessandra Rucci, che ha analizzato con entusiasmo la realtà della sua scuola e che si è resa in seguito disponibile a collaborare ai fini della mia ricerca. L’indagine didattica condotta nel suo Istituto possiede come obiettivo primario quello di osservare criticamente il metodo della classe capovolta, in un contesto reale e quotidiano. La realtà scolastica del “Savoia Benincasa” è la dimostrazione concreta che l’innovazione didattica è attuabile, realizzabile ed estremamente efficiente in termini di profitto e rappresenta spesso un valido supporto alla didattica tradizionale. Nel contesto scolastico preso in esame il Flipped Learning è favorito dall’attuazione di metodi didattici all’avanguardia, e da un ambiente di apprendimento in cui le nuove tecnologie possiedono un ruolo predominante. Ne sono un esempio le Aule Laboratorio e l’Aula 3.0, veri e propri spazi flessibili che si adeguano ad ogni tipo di attività e di esigenza, favorendo la collaborazione e il learning by doing. L’osservazione presso il “Savoia Benincasa” si è concretizzata grazie alla collaborazione con il professore Michele Gabbanelli, docente di inglese presso l’Istituto, che si serve del metodo della Flipped Classroom 15 http://www.savoiabenincasa.gov.it/scelte-innovative.html (ultimo accesso 07/01/2016). Seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, tenutosi ad Urbino il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci, dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G. Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra. 16 88 per la sua didattica, già da diversi anni con classi differenti. Per Michele Gabbanelli, come per la docente Manuela Alesi, la classe capovolta non è l’unica alternativa alla lezione tradizionale ma, come emerge dalla sua testimonianza, i risultati ottenuti dalla sperimentazione di tale metodo si rivelano estremamente positivi. Ai fini della ricerca sono stati impiegati strumenti che potessero indagare il fenomeno in modo profondo e combinato, portandone alla luce le varie sfaccettature. Le schede di osservazione hanno permesso di descrivere ed osservare minuziosamente l’insegnamento capovolto, sottolineandone gli elementi più rilevanti, come il rapporto e l’interazione tra docente e studenti e quello tra compagni. Il questionario sottoposto ai discenti in un secondo momento, ha invece restituito la visione più realistica del metodo, quella che parte dalla percezione diretta dagli studenti e quella che ne esplicita la concreta efficacia o inutilità. 5.2.1. Osservazione diretta L’osservazione è quindi un comportamento specifico di attenzione a un particolare evento: si distingue dal semplice ‘guardare’ poiché è uno sguardo intenzionale, mirato, attivo, non generico, che tende a mettere a fuoco ciò che l’osservatore ritiene più rilevante e significativo in relazione ai suoi interessi, alle sue motivazioni, alle ragioni che hanno promosso la rilevazione dei dati. (Mantovani, Kanizsa, 1998: 84). L’osservazione è fondamentale quando si vuole indagare e conoscere un fenomeno e coglierne gli aspetti costitutivi. Nella presente sperimentazione affrontare il metodo della classe capovolta non può escludere un’analisi sul campo, per indagare le dinamiche didattiche e sociali che si innescano in ambito scolastico al momento della sua applicazione. La focalizzazione in questo caso riguarda soprattutto il livello di coinvolgimento degli studenti, 89 il potenziamento delle abilità linguistiche, l’interazione reciproca fra pari e tra docente e studenti soffermandosi, quando significativo, sul ruolo acquisito dall’insegnante durante l’attività didattica proposta. I punti salienti delle rispettive lezioni sono stati evidenziati attraverso la compilazione di tabelle di osservazione; i dati raccolti e, soprattutto, gli aspetti significativi emersi sono poi stati ripresi, ampliati ed analizzati nelle introduzioni alle schede di osservazione, secondo un’indagine di tipo qualitativo, interpretativo, riflessivo ed esperienziale 17. La mia posizione di osservatrice è quella esterna, non partecipante al contesto della classe, senza cioè mai interagire o intervenire nelle attività, per poterne cogliere al meglio tutti gli elementi di interesse. Si tratta di un’osservazione descrittiva e soggettiva, poiché nonostante si sia cercato di individuare elementi e dati concreti, non è stato possibile tralasciare le sensazioni soggettive e le ipotesi interpretative, scaturite dall’osservazione di un contesto del tutto nuovo e dalle quali non si può prescindere, dal momento che il campo di indagine riguarda le relazioni sociali, che per natura non sono sempre oggettivamente qualificabili. Le classi prese in analisi come oggetto di osservazione diretta sono la 3°C e la 5°C dell’Istituto “Savoia Benincasa” con indirizzo modulare, per cui alcuni studenti seguono il corso Liceo Scientifico Base e altri a Opzione Giuridica. Gli alunni sono rispettivamente 25 e 21, e le classi si presentano omogenee dal punto di vista culturale e linguistico, poiché tutti gli studenti utilizzano l’italiano come lingua madre. Il professore si serve del metodo Flipped Classroom nella didattica della lingua inglese da tre anni con la classe 3°C e da due con la 5°C. Le lezioni osservate sono tutte svolte attraverso il metodo della classe capovolta che prevede la visione di una videolezione a casa o la fruizione di materiale digitale seguite da attività 17 http://www.far.unito.it/trinchero/psd/rogora.htm#_Toc512602648 (ultimo accesso 03/12/2015). 90 svolte in classe, attraverso il lavoro di gruppo e con la supervisione e la guida del docente. In entrambi i casi il materiale viene condiviso attraverso cartelle caricate nella piattaforma Google Drive, di cui ogni alunno possiede un account personale. In appendice18 sono riportate le schede di osservazione relative alle lezioni prese in analisi del 27 ottobre 2015 e del 17 novembre 2015. La prima osservazione, del 27 ottobre 2015, riguarda la classe 3°C e riporta in dettaglio le fasi di un lavoro svolto secondo la modalità della classe capovolta. All’Istituto “Savoia Benincasa” le lezioni hanno una durata di 54 minuti, i primi minuti prevedono la sistemazione degli studenti che in questo caso si muovono nelle varie Aule Laboratorio, ciò significa che a differenza di quanto accade nella maggior parte delle scuole non sono gli insegnanti a spostarsi da una classe all’altra, bensì gli studenti. Si tratta di una caratteristica significativa in termini di spazio, poiché ogni aula è appositamente strutturata in base alle esigenze delle singole discipline. Nella lezione esaminata il docente propone una serie di attività organizzate e pianificate in funzione del tema trattato nel video, che gli alunni hanno precedentemente guardato come compito per casa e relativo alla popolazione dei Celti. Si tratta prevalentemente di esercitazioni di gruppo che favoriscono un tipo di apprendimento collaborativo e costruttivo, poiché tutti sono coinvolti attivamente; il docente è abile nel guidare la lezione, nel facilitare i contenuti e nel coinvolgere gli studenti. Gli alunni vengono disposti in cerchio e sono costantemente sottoposti a stimoli per cui l’attenzione rimane sempre molto alta e la lezione si costruisce a partire da una conoscenza condivisa, che facilita notevolmente lo scambio di informazioni e l’aiuto reciproco. Il docente sottopone all’intera classe alcune domande per assicurarsi che tutti abbiano visto e 18 Tutte le relative schede di osservazione sono riportate in Appendice C, Infra, parti 1,2,3 e 4. 91 compreso il materiale di studio, partendo prima dal generale e arrivando poi al particolare, concentrandosi soprattutto sull’aspetto lessicale. L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte, corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare correttamente la frase, utilizzando la lingua inglese. La seconda fase della lezione prevede lo svolgimento di esercizi presenti nel libro di testo, il professore lascia liberi gli studenti di organizzarsi autonomamente ed essi dimostrano una spiccata capacità organizzativa, suddividendosi silenziosamente in piccoli gruppi. Il docente può a questo punto intervenire dove necessario per spiegare ciò che non è chiaro, approfondire alcuni punti e aiutare gli studenti con i termini sconosciuti. Il metodo della classe capovolta permette all’insegnante di seguire l’intera classe e allo stesso tempo lavorare individualmente con gli studenti. Al termine dell’attività, il docente chiede ad una studentessa di correggere gli esercizi alla LIM, grazie ad una versione digitale del libro di testo. In questo modo può focalizzarsi sulle criticità della ragazza e allo stesso tempo intraprendere una correzione collettiva, al fine di verificare la correttezza degli esercizi svolti. Al termine il docente decide di attribuire alla studentessa una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va dalla A alla E, si tratta di un giudizio di tipo evolutivo, che tiene in considerazione le diverse fasi del percorso di apprendimento e che sarà poi determinante a fine quadrimestre, in vista di una valutazione sommativa. Per quanto riguarda l'uso delle lingue straniere la Flipped Classroom sembra essere di particolare supporto ad un approccio comunicativo che dà appunto spazio alla comunicazione autentica, al supporto e all’interazione tra pari e tra studenti e docente, riducendo lo stress emotivo che spesso si genera in una lezione tradizionale, quando si è interpellati dal docente individualmente. Nel contesto didattico in analisi, gli errori sono positivi e 92 sono considerati come uno stimolo all’autocorrezione e al miglioramento, la grammatica è messa in secondo piano ma si apprende in ogni caso in maniera induttiva, attraverso l’uso e il ragionamento. La lezione capovolta permette inoltre di lavorare in maniera combinata con le quattro abilità: il listening è esercitato durante la visione del video, lo speaking prevale durante tutto il brainstorming e la discussione in classe, il writing e reading sono essenziali nel momento in cui gli studenti sono chiamati a prendere appunti, a focalizzarsi sul lessico, a svolgere esercizi o a studiare materiale integrativo alla videolezione. Ciò che emerge chiaramente durante l’osservazione della lezione svolta secondo il metodo Flipped Classroom è che, a differenza di ciò che si è soliti notare durante una lezione frontale, gli studenti sono realmente al centro della didattica, il fatto che essi siano già a conoscenza del tema che sarà dibattuto in classe fa sì che siano maggiormente coinvolti e interessati alle attività proposte. Il tempo a disposizione impiegato solitamente nella spiegazione è realmente utilizzato per approfondire o chiarire l’argomento. Certo è che per una buona riuscita della lezione gli obiettivi didattici devono essere chiari e le attività ben organizzate dal docente, affinché gli studenti percepiscano che ciò che stanno facendo possiede una finalità specifica. La seconda indagine riguarda una lezione della classe 5°C tenutasi lo stesso giorno della precedente, ossia il 27 ottobre 2015. Anche da questa osservazione emerge la volontà da parte del docente di creare un’atmosfera collaborativa e cooperativa, in cui gli studenti possano ricostruire insieme il contenuto della lezione, nonostante rimangano distribuiti secondo la disposizione tradizionale dei banchi a file parallele. L’insegnante partecipa come facilitatore dei contenuti, lasciando la sua posizione ‘centrale’ e avvicinandosi fisicamente e didatticamente agli studenti. Il materiale 93 assegnato per lo studio individuale prevede la visione di due video, di pochi minuti, sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la lettura del libro Frankenstein. Questa volta la discussione non è plenaria, ma il professore Gabbanelli decide di interpellare una studentessa per esercitare le sue capacità espositive e argomentative rispetto al tema affrontato, oltre a verificare se l’allieva ha realmente studiato e compreso le videolezioni. La Flipped Classroom si rivela in questo senso estremamente collaborativa e partecipativa poiché l’argomento viene spiegato dalla compagna e tutti gli studenti sono coinvolti per ricostruire il significato di alcune parole o per contribuire ad aggiungere dettagli che non sono ancora stati menzionati. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. Un altro aspetto emergente è rappresentato dalla frequente intertestualità della lezione capovolta, infatti il tempo a disposizione per il confronto e per l’analisi dettagliata dell’assunto permette spesso diversioni e approfondimenti anche su altri temi, trasversali alla materia in esame. Per quanto concerne la didattica della lingua straniera è evidente che si tratti di una lezione che pone al centro la comunicazione e quindi l’uso effettivo dell’inglese, accompagnato da diversi focus lessicali. L’interrogazione, che ha luogo durante il contesto della classe capovolta, sembra essere più naturale: in questo caso l’allieva, pur essendo valutata per le sue capacità espositive, comunicative e di comprensione, non è sottoposta allo stress di un’interrogazione tradizionale, poiché percepisce il supporto e il coinvolgimento dell’intera classe. A conclusione di tali attività didattiche e a conferma del fatto che non sempre la classe capovolta può rivelarsi efficace considerando la 94 percezione dei discenti, occorre evidenziare delle differenze rispetto a quanto osservato lo stesso giorno nella classe 3°C. Nonostante gli studenti siano in entrambi i casi continuamente coinvolti e stimolati ad utilizzare la lingua straniera, la classe 5°C non sembra in realtà particolarmente entusiasta, ma piuttosto la sensazione è che si senta ‘costretta’ a prendere parte alla lezione. Tali supposizioni personali sono confermate dal fatto che gli studenti stentano a partecipare e si distraggono continuamente, piuttosto che intervenire nel dibattito. Il professore in questo senso appare molto abile nel saper richiamare l’attenzione e nel cercare di coinvolgere tutti indicando a turno gli studenti. L’ulteriore prova di quanto asserito sarà determinata successivamente dalle risposte della classe al questionario sulla Flipped Classroom. La scheda di osservazione successiva riguarda nuovamente la classe 3°C dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa”, si tratta anche in questo caso di una lezione che avviene secondo il modello didattico della classe capovolta, ma che non prevede la visione di una videolezione come compito a casa, bensì si concentra sulla lettura, avvenuta precedentemente, del testo inglese Beowulf. Durante i mesi estivi infatti gli studenti sono stati divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di leggere un capitolo del libro. A questo punto dell’unità didattica il docente chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, immaginando di essere ‘docenti per un giorno’. Nonostante il format sia diverso rispetto a quello tradizionale, anche questo tipo di attività, che ha come finalità la creazione di un elaborato concreto, segue l’idea della classe capovolta. In questo caso la spiegazione del contenuto avviene in classe, ma in modo completamente differente rispetto a quanto accade solitamente, l’informazione infatti non viene introdotta dal docente allo studente ma sono gli allievi stessi a dover affrontare autonomamente l’argomento, per poi discuterlo con l’intera 95 classe, chiarendo eventualmente i dubbi con i compagni o con il professore. Dal momento che la spiegazione avviene tra i compagni, la lezione è più interessante e motivante, poiché permette ad ognuno di esprimere la propria creatività e competenza linguistica e digitale, rendendo ogni lavoro unico e originale. Il fatto che la presentazione debba essere scritta e orale prevede lo sviluppo delle capacità di produzione della lingua, oltre a quelle di ricerca e di indagine sul tema affrontato. Questo tipo di attività è estremamente cooperativo perché ogni gruppo è chiamato a lavorare su un capitolo del libro assegnato per poi raggiungere un obiettivo comune, ossia la conoscenza completa del testo, che permetterà poi una verifica sommativa dell’intero modulo. A tale scopo gli elaborati saranno condivisi nella piattaforma Google Drive per essere fruiti e studiati da tutti gli studenti della classe. L’idea di collaborazione e interazione è evidente anche durante la stessa lezione, poiché la presentazione frontale diventa immediatamente un dibattito collettivo, in cui ogni studente possiede un ruolo attivo. Anche in questo caso la Flipped Classroom si rivela una didattica assolutamente student-centered e una metodologia che consente di affrontare un argomento in modo più dettagliato e specifico. Tutto ciò avviene all’interno di uno spazio costruttivista, in cui conoscenza, abilità e competenza si sviluppano a partire dall’interazione degli studenti con il proprio ambiente e grazie alla collaborazione con i compagni, perseguendo finalità didattiche comuni. È proprio questo scambio, interazione e confronto tra molteplici punti di vista e tra stili e livelli cognitivi differenti a stimolare un apprendimento significativo e un movimento costante sulla Zona dello Sviluppo Prossimale di ogni studente. Anche in questo caso il docente può considerare l’elaborato, creato da ogni gruppo, come oggetto di verifica 96 formativa con cui accertare quali abilità gli studenti stiano acquisendo o sulle quali occorre intervenire. L’ultima scheda di osservazione analizzata riguarda la classe 5°C e riassume una lezione flipped molto particolare, svolta in un’Aula 3.0 utilizzando la metodologia didattica del Classroom Debate (dibattito). Il professor Gabbanelli spiega che il dibattito viene da lui utilizzato alla fine di ogni modulo per verificare la conoscenza del tema affrontato e soprattutto la capacità di saper contestualizzare i contenuti appresi e la conoscenza, oltre ovviamente a testare la fluency e la competenza linguistica. In questo caso il Debate avviene a conclusine di un progetto sul Romanticismo, iniziato con la lettura di Frankenstein. Prima della lezione agli studenti viene chiesto di riguardare tutto il materiale a disposizione creato e raccolto sull’oggetto del dibattito. Si tratta di una metodologia didattica assolutamente nuova, di origine anglosassone, che si basa sulla capacità degli studenti di argomentare e contro argomentare riguardo ad un tema stabilito dall’insegnante, rispettando regole e tempi ben stabiliti. Il Debate può essere preceduto da una fase di ricerca e di documentazione (Inquiry) al fine di trovare argomenti validi a sostegno della propria tesi; nel contesto in esame questa fase non è prevista. Questa innovativa metodologia didattica consente di sviluppare capacità linguistiche e collaborative straordinarie, che vengono definite anche competenze trasversali (life skills). Il Debate difatti esce dallo schema di lavoro tradizionale favorendo comunque l’acquisizione di competenze fondamentali, spendibili anche nella vita quotidiana: stimola il lavoro di gruppo, il Cooperative Learning e la Peer Education, insegna ad argomentare e ad esporre criticamente le proprie opinioni, a valutare punti di vista differenti, a prendere una posizione, a saper comunicare e a 97 sviluppare la propria dialettica nella lingua straniera utilizzata19. Contrariamente all’osservazione precedente riguardante la stessa classe, la risposta appare estremamente positiva in termini di motivazione e di partecipazione alla lezione; utilizzare una metodologia così innovativa significa per gli studenti uscire dagli schemi della lezione frontale ed essere realmente protagonisti attivi. Si può constatare però che tale processo richiede una competenza linguistica ed una autonomia didattica elevate, per cui potrebbe rivelarsi inefficace e insoddisfacente con alunni poco autonomi o con uno scarso livello di competenza linguistica, soprattutto per la necessità di doversi esprimere nell’arco di pochi secondi. Utilizzare una metodologia didattica come il Debate implica anche la presenza di un ambiente specifico, che si adegui alle necessità del dibattito e organizzi la classe come un vero e proprio auditorio. L’Istituto “Savoia Benincasa” risponde anche a questa esigenza grazie alla creazione di un Aula 3.0 inaugurata il 25 ottobre 2013 e costituita sul modello didattico TEAL del MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston, con il quale intraprende anche scambi culturali e didattici. L’Istituto è una delle cinque scuole italiane e l’unica nelle Marche in cui tale ambiente è presente, creato basandosi sul supporto delle nuove tecnologie e strutturato secondo le linee guida del Future Classroom Lab di European Schoolnet20. L’aula 3.0 del “Savoia Benincasa” è provvista di LIM, PC, arredi colorati e modulari che possono essere spostati o ricomposti per svolgere attività di gruppo ed è inoltre suddivisa in angoli didattici distinti 19 INDIRE - Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wpcontent/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 20 http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/pof/POF_Savoia_Benincasa_1415.pdf 07/01/2016). 98 (ultimo accesso in base alla finalità: interazione, creazione, scambio, presentazione, relax e investigazione, come mostra il rendering riportato in appendice 21. Il compito che gli studenti sono chiamati a svolgere a casa prevede lo studio di tutto il materiale realizzato e raccolto durante l’intero modulo dedicato al Romanticism, che devono poi rielaborare durante tale dibattito, utilizzando la lingua inglese. In classe gli studenti si suddividono autonomamente in due grandi gruppi, uno è for e l’altro against la tesi principale, stabilita dal docente: Science Must Have Limits. Confrontandosi e scambiando opinioni al fine di sostenere la propria posizione, gli studenti lavorano in gruppo, ragionano in modo critico e soprattutto cercano di adattare un argomento classico, come il Romanticismo, ad un contesto moderno, in cui la scienza gioca un ruolo sempre più importante. Gli studenti si dimostrano molto autonomi durante la fase di preparazione e riescono a rispettare il tempo stabilito e le consegne; il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e si limita a stabilire le regole più importanti. Dopo un lungo lavoro di riformulazione delle idee elaborate ha inizio il dibattito, strutturato in diversi round: gli studenti si spostano nell’angolo dedicato alla presentazione e si sistemano nella tribuna circolare, uno studente per squadra è invece posizionato nelle postazioni centrali per presentare gli argomenti individuati con i compagni. In questo caso l’integrazione del dibattito con la lezione capovolta appare come una strategia particolarmente indicata alla didattica delle lingue straniere, poiché i discenti sono spronati ad esercitare la loro capacità espressiva e argomentativa in modo chiaro e coinciso, a processare velocemente informazioni nella L2 e soprattutto condividono la responsabilità delle 21 Cfr. Appendice D, Infra: http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/scelte_innovative/BENINCASA_LIGHT.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 99 loro risposte con i compagni, senza sentirsi giudicati. Il dibattito è un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, la sintesi, la ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. Il dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a nessuno di distrarsi, dato che sostenere la propria squadra significa costruire e negoziare continuamente le proprie idee in gruppo. Questa strategia rappresenta un passo significativo verso una didattica realmente costruttivista. Inoltre il professore confessa che la scelta degli oratori non è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno propensi al dialogo, idea che rientra nel concetto di personalizzazione e individualizzazione dell’insegnamento (Dewey, 1916). La lezione flipped presa in esame è stata insolita e particolarmente emozionante, vedere gli studenti muoversi ed organizzarsi liberamente all’interno di uno spazio scolastico così innovativo, ha concretizzato le idee teoriche riguardo all’ambiente costruttivista e alla didattica ‘del fare’. In una sola lezione il professor Gabbanelli è riuscito ad inglobare metodi, strumenti e ambienti di apprendimento ‘sovversivi’: Debate, Spazio Flessibile e Flipped Classroom. In questo è racchiuso il senso del docente come ricercatore, come colui che opera per adattare l’innovazione alla propria classe, alle proprie esigenze e in funzione dei propri obbiettivi formativi. Nessuna innovazione è fine a se stessa, la didattica deve essere pronta a combinare i diversi metodi didattici per poterne sfruttare al meglio le infinite potenzialità. 100 5.3 Questionario studenti Le opinioni sulla classe capovolta sono spesso contrastanti: alcuni docenti la considerano estremamente positiva, altri, al contrario, non credono nell’innovazione e preferiscono ancora la lezione frontale. Durante il lavoro di ricerca e indagine è affiorata con amarezza una mancanza di analisi e statistiche concrete sul metodo Flipped Classroom. Se da un lato il Web abbonda di opinioni e pareri contrastanti, nella maggior parte dei casi elaborati dai docenti, è molto raro trovare fonti che si concentrino prevalentemente sui principali fruitori della classe capovolta: gli studenti. Per questo motivo l’analisi, fino ad ora prevalentemente di tipo qualitativo, è stata arricchita con la raccolta di dati concreti e oggettivi, non per quantificarli bensì per far emergere il punto di vista di studenti che conoscono e utilizzano la classe capovolta nel loro percorso scolastico e che quindi hanno ormai elaborato una precisa opinione a riguardo. Le classi intervistate sono la 3°C e la 5°C del Liceo Scientifico dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona, ossia le classi oggetto della mia osservazione e la classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara, della scuola secondaria di primo grado, con la quale la prof.ssa Alesi applica la classe capovolta. Agli studenti è stato sottoposto un questionario in forma cartacea22, appositamente creato alternando domande chiuse e guidate, che facilitassero la raccolta dei dati, con domande aperte in cui gli studenti potessero esprimersi liberamente, facendo emergere così aspetti problematici o positivi inediti. Le domande sono ordinate secondo una logica ben precisa, che punta ad intervenire gradualmente su aspetti diversi del fenomeno in analisi, partendo all’inizio con domande di ordine generale, per giungere poi agli aspetti più specifici e 22 Cfr. Appendice E, Infra. 101 dettagliati. L’analisi dei dati viene effettuata sul totale complessivo degli studenti, per fare emergere una media statistica risultante da tre diversi livelli di istruzione: scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado (3° e 5° superiore). Gli studenti sottoposti ad indagine tramite questionario sono complessivamente 57: 32 femmine e 25 maschi, anche se la distinzione tra maschi e femmine non si è rivelata significativa nell’analisi dei dati. Gli studenti sono tutti di madrelingua italiana e utilizzano la classe capovolta, a seconda dell’Istituto frequentato, in diverse materie tra cui inglese, storia, filosofia, latino, italiano e tedesco. Le prime informazioni significative, derivanti dallo scrutinio delle risposte, riguardano il contesto tecnologico in cui operano gli studenti, in ambito scolastico ed extrascolastico. Si è visto come il metodo Flipped Classroom richieda un notevole supporto di strumenti digitali al fine di eseguire il capovolgimento ma spesso il principale limite alla sua attuazione, nelle scuole italiane, sembra essere la mancanza di risorse tecnologiche a disposizione degli studenti e degli insegnanti. I dati rivelano un’assenza di tale problema nelle classi prese in esame, poiché facendo riferimento al contesto scolastico ed extrascolastico, emerge che tutti gli allievi possiedono almeno uno dei supporti tecnologici nominati nel questionario (vedi fig.A) e che 52 alunni 23 su 57 sono provvisti di connessione Internet al di fuori del contesto scolastico. Si tratta di un dato significativo, che rispecchia la realtà altamente digitalizzata degli Istituti sopra citati e che in parte agevola la sperimentazione di metodologie didattiche attuali, come la Flipped Classroom. È opportuno considerare che nel caso della classe capovolta, presupponendo la presenza di un contesto scarsamente digitalizzato, sarebbe necessario provvedere con misure sostitutive che rendano comunque accessibile il materiale di studio a tutti 23 Occorre tenere in considerazione che tre studenti non hanno risposto a tale quesito. 102 gli studenti, per lo meno all’interno dell’ambiente scolastico. I dati pubblicati dall’ultimo sondaggio dell’Osservatorio Tecnologico del MIUR per l’anno scolastico 2014/2015 non sono incoraggianti se si considera una modalità di apprendimento e-learning basata su piattaforme didattiche determinate, poiché dimostrano che solo il 16,5% degli istituti statali possiede una piattaforma per la condivisione di lezioni e materiali didattici e per la gestione di corsi online24. Nonostante l’utilizzo di Learning Management Systems non sia ancora abbastanza diffuso nel territorio italiano, i dati Istat pubblicati per l’anno 2014 sembrano tuttavia confermare una tendenza positiva rispetto alla quota di famiglie che dispongono di un personal computer e di un accesso ad Internet da casa, equivalenti rispettivamente al 87,1% e 89% 25. Si tratta di un dato che riflette su larga scala la realtà emersa dai dati del questionario, secondo la quale a livello concreto la realizzazione di un insegnamento capovolto, considerando gli strumenti tecnologici a disposizione dei singoli studenti, non sembra avere limiti particolarmente significativi. A. Quali dispositivi tecnologici hai a disposizione? 60 56 55 46 42 40 26 20 24 1 0 0 A casa Tablet A scuola PC Cellulare 24 Nessuno Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole”. A.S.2014/15. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14 febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). Questi dati non comprendono informazioni relative alle varie piattaforme online gestite ed utilizzate dai singoli docenti. 25 Dati tratti dalla pubblicazione Istat “Cittadini e nuove tecnologie” del 18 dicembre 2014. I dati riportati sono relativi alle famiglie con almeno un minorenne, senza considerare le famiglie di soli anziani per le quali le percentuali sono all’estremo opposto. Inoltre va sottolineato che le famiglie con un componente under 18 possiedono molto più frequentemente una connessione a banda larga (87,2%) ed un telefono cellulare (99,9%). http://www.istat.it/it/archivio/143073 (ultimo accesso 07/01/2016). 103 Procedendo con l’analisi statistica, le prime quattro domande sono incentrate sul tema della videolezione, al fine di fare emergere l’opinione che gli studenti hanno su di essa e sul suo utilizzo a fini didattici. I discenti in esame dichiarano che i docenti con cui applicano il metodo Flipped Classroom utilizzano frequentemente il video come veicolo di informazioni e di contenuti (fig.1) e che la maggior parte dei ragazzi percepisce il suo utilizzo di uguale importanza rispetto alla spiegazione frontale, poiché alla domanda Consideri la videolezione importante come una lezione frontale? il 72% di loro ha risposto positivamente (abbastanza e assolutamente sì) (fig.2). Nonostante ciò, emergono riscontri negativi per quanto concerne l’efficacia della spiegazione attraverso strumenti alternativi, anche se le opinioni sono contrastati e variano a seconda della classe indagata (fig.3). Il quarto quesito si riferisce all’attitudine che i giovani hanno ad apprendere concetti e contenuti a partire dall’utilizzo di tutorial, per motivi non scolastici di qualsiasi genere. Lo scopo è quello di comprendere se la fruizione di un contenuto digitale, con finalità didattiche, sia percepita dagli studenti come un’attività naturale. Il grafico a torta (fig.4) mostra che il 19% degli intervistati non utilizza affatto tutorial, per cui la restante percentuale è suddivisa tra coloro che utilizzano più o meno frequentemente video per motivi non scolastici. 2. Consideri la videolezione importante come una lezione frontale? 1. Il docente si serve della videolezione? 2% 9% 14% 26% 51% 14% 38% 46% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI 104 3. Pensi che la videolezione sia più efficace della spiegazione in classe? 4. Utilizzi video tutorial per motivi non scolastici? 6% 17% 19% 27% 40% 26% 38% 27% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI Il secondo gruppo di domande è incentrato sulle relazioni sociali tra compagni e tra studenti e docente, che si instaurano all’interno di un contesto collaborativo, come è quello della classe capovolta. L’analisi dei dati fa emergere a riguardo risultati estremamente positivi, la sensazione prevalente degli studenti è infatti che la Flipped Classroom favorisca abbastanza o assolutamente SÌ l’interazione e la collaborazione con i compagni e con l’insegnante (fig.5 e 6), promosse dal lavoro di gruppo che sembra prevalere in classe, rispetto a ciò che si evince dalle risposte date al settimo quesito (fig.7). 5. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la collaborazione con i compagni? 6. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la collaborazione con l'insegnante? 2% 0% 10% 23% 51% 7% 37% 70% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI 105 Come affermato più volte nei precedenti capitoli, l’insegnamento capovolto permette agli studenti di avere in classe più tempo a disposizione per chiedere chiarimenti e supporto al docente, riguardo all’argomento affrontato a casa autonomamente. Analizzando i dati raccolti emerge che il 32% dei discenti intervistati percepisce assolutamente rilevante la presenza del docente, con il quale svolgere esercizi in classe; coloro che considerano tale vantaggio come innecessario sono il 10% (fig.8). La rimanente percentuale è divisa equamente tra abbastanza e poco. 8. Preferisci svolgere gli esercizi in classe, con la guida del docente? 7. Nella Flipped Classroom prevale il lavoro di gruppo? 5% 10% 18% 30% 32% 30% 47% 28% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI Riguardo alla nona domanda, che chiede agli studenti se l’insegnante cambia disposizione dei banchi durante la lezione capovolta?, i dati si sono rivelati inutili e scontati ai fini di tale indagine, poiché il contesto era già stato reso esplicito dai rispettivi docenti prima dell’intervista tramite questionario (fig.9). Per ciò che riguarda le classi del professor Gabbanelli dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona la disposizione dei banchi tende ad essere modificata con gli alunni della classe 3°C, mentre con la 5°C le attività prevedono un lavoro a gruppi ma con i banchi sistemati tradizionalmente a file, ad eccezione delle lezioni svolte nell’Aula 3.0. Nella classe 3°D dell’Istituto “G.Leopardi” di Saltara, seguita dalla 106 professoressa Alesi, i banchi sono sempre disposti a gruppi di quattro, per favorire la collaborazione. Riflettendo perfettamente le scelte attuate dai vari docenti, i dati non meritano di essere graficamente riprodotti. Le due domande che seguono fanno riferimento all’impressione che gli allievi hanno in merito al proprio percorso di apprendimento in relazione al contesto flipped. Risulta singolare analizzare le risposte dei discenti riguardanti il quesito numero dieci, relativo al miglioramento del rendimento scolastico in seguito all’introduzione della Flipped Classroom (fig.10A). È interessante notare come la percentuale di risposte negative (19% assolutamente NO e 23% poco) sia da attribuire prevalentemente alla classe 5°C superiore, lasciando inferire che probabilmente risulta più difficile introdurre metodologie didattiche nuove con studenti che hanno già sviluppato e assodato, da diversi anni, un metodo di studio tradizionale. Dall’altro lato le risposte della classe 3°D della scuola secondaria di primo grado e della 3°C della scuola secondaria di secondo grado riflettono ancora un percorso didattico in trasformazione ed aperto a nuove possibilità (fig.10B). Essendo giunti a tali conclusioni tramite supposizioni, può essere possibile che le differenze evidenziate siano derivanti semplicemente da preferenze differenti degli allievi. Alla domanda Ti senti più responsabile e coinvolto nel tuo percorso di apprendimento? gli studenti hanno risposto in maniera positiva, solo il 13% dei dati complessivi riguardano le opzioni poco e assolutamente NO (fig.11). Il dato è sintomatico del fatto che gli studenti, nel contesto della classe capovolta, sono effettivamente responsabili del proprio percorso di apprendimento e si sentono maggiormente coinvolti in un processo formativo dove la centralità del discente è preponderante. Come emergerà dalle risposte alle domande successive, questo è considerato un effetto benefico e positivo da alcuni studenti, ma anche negativo da altri, dal momento che un coinvolgimento 107 più intensivo comporta una maggior indipendenza ed autogestione e un carico di lavoro superiore. 10 B.Dati relativi alle risposte delle singole classi riguardo al miglioramento scolastico 15 10 5 0 Assolutamente NO Poco 3°D Abbastanza 3°C 10 A. Con la Flipped Classroom è migliorato il tuo rendimento scolastico? Assolutamente SI 5°C 11. Ti senti più responsabile e coinvolto nel tuo percorso di apprendimento? 4% 7% 19% 26% 9% 23% 51% 61% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI Gli interrogativi posti in essere dal quesito dodicesimo e tredicesimo del questionario, si riferiscono alla Flipped Classroom in termini generali, sia come metodo utilizzato per la didattica delle lingue straniere, sia come alternativa alla didattica frontale. In questo caso il valore ottenuto dalle risposte guidate possiede un riscontro interessante nei commenti liberi lasciati dagli studenti negli appositi spazi, per giustificare il Perché? delle loro risposte. 108 13. Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione tradizionale? 12. Ritieni che la Flipped Classroom sia un metodo efficace nello studio delle lingue? 7% 5% 7% 33% 33% 23% 39% 53% Assolutamente NO Poco Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI Abbastanza Assolutamente SI Il responso è estremamente stimolante, poiché l’86% (assolutamente SI e abbastanza) degli studenti è favorevole all’uso della classe capovolta nello studio delle lingue straniere e solo il 14% sembra essere contrario agli effetti positivi della sua introduzione nel percorso di studio, a tale scopo didattico (fig.12). Gli studenti che hanno optato per una votazione positiva alla domanda Perché? hanno espresso i seguenti pareri: “Credo che la Flipped Classroom sia efficace nello studio delle lingue in quanto la visione di video migliora le nostre ‘skills’ nel listening e nello speaking, che sono fondamentali per conoscere la lingua”; “Aiuta la parte riguardante la fluidità lessicale, la pronuncia e dà la capacità di pensare in inglese”, e ancora “Sì, perché è utile nello speaking e nel confronto delle idee. Nel caso non vengano capiti dei termini verranno ridefiniti dai compagni”, “Abbiamo il docente come punto di riferimento, ma ci mettiamo più in gioco essendo attivi nella spiegazione”. Al contrario, i commenti che argomentano scelte negative sull’utilizzo della Flipped Classroom per l’insegnamento delle lingue straniere riportano le seguenti idee: “Ritengo sia indispensabile 109 un maggior aiuto da parte dell’insegnante”, “Efficacia non tanto, poiché molto spesso con la visione di video, diminuisce la concentrazione dello studente”, “È molto più difficile apprendere concetti”. Anche l’interrogativo che riguarda la motivazione creata dalla classe capovolta rispetto alla lezione tradizionale ha fatto emergere punti di vista curiosi: “Penso che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione tradizionale perché ci spinge a studiare molto di più, inoltre rende la lezione tradizionale più interessante, più partecipata e ricca di collaborazione”, “Perché a turno siamo tutti coinvolti e ognuno ha una parte di lavoro uguale agli altri”, “Perché esci dagli schemi della lezione tradizionale, incentivando l’inventiva dello studente e la sua capacità di autogestione”, “Perché è pressoché impossibile tenere la concentrazione alta per tutta la durata di una lezione frontale a differenza delle coinvolgenti lezioni flipped”. Inoltre “Rende più coinvolgente la lezione, grazie anche all’utilizzo di nuove tecnologie”, “Perché sono gli alunni a dover esporre gli argomenti, cercando di essere più precisi possibile, sia nel linguaggio che nel contenuto”. In riferimento agli aspetti negativi che riguardano la domanda Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione tradizionale? Perché? gli studenti affermano: “Io preferisco la lezione frontale per comprendere l’argomento e gli esercizi li preferisco con la Flipped Classroom”, “Personalmente mi trovo meglio con in metodo tradizionale”, “Nella lezione frontale l’insegnante interagisce con te e ti spiega ciò che non hai capito, invece qui devi capire le cose per forza” oppure “Dipende dall’argomento”. A questo punto del questionario viene chiesto agli intervistati di esplicitare la loro preferenza sul metodo preferito, scegliendo tra le due possibilità: Flipped Classroom o lezione tradizionale. Le risposte sono nettamente a favore della prima opzione, mentre risulta che la percentuale 110 di risposte a sfavore sia da attribuire alla classe 5°C (fig.14B), a conferma delle conclusioni tratte dalla decima domanda, riguardo il miglioramento del proprio rendimento scolastico, verso il quale la classe risultava indifferente (fare riferimento alla fig.10B). 14 A. Sinceramente quale metodo preferisci? 14 B.Preferenza delle singole classi 3°D 3°C 5°C 30% 70% Flipped Classroom Flipped Classroom Lezione tradizionale Lezione tradizionale Una volta espressa la propria preferenza agli studenti viene chiesto di descrivere con un aggettivo il metodo Flipped Classroom. Tra gli attributi elencati si alternano caratteristiche positive e negative della classe capovolta, che riescono in parte a riassumerne gli aspetti costitutivi fino ad ora esaminati, facendo emergere contemporaneamente i pareri discordanti: entusiasmante, collaborativo, coinvolgente, interessante, fantastico, divertente, creativo, innovativo, faticoso, inutile, noioso, accattivante, virtuale, inefficace, interattivo, aleatorio, efficace, stupefacente, divertente, rivoluzionario. A conclusione dell’indagine, gli intervistati sono invitati a riflettere su almeno un vantaggio e uno svantaggio della classe capovolta e sono proprio tali risposte a far emergere punti di forza e criticità concrete, difficilmente individuabili al di fuori di un’esperienza didattica reale. I vantaggi più significativi emersi sono i seguenti: “Abitua ad apprendere in 111 modo più indipendente dall’insegnante e insegna un metodo da poter applicare a più aspetti della vita”, “Aiuta a sviluppare le capacità intuitive”, “Coinvolge molto gli studenti ed è più comprensibile e motivante allo studio”, “Le lezioni sono più coinvolgenti e in qualche modo ‘costringono’ anche chi tende a distrarsi a partecipare”, “Condividi materiale con altre persone”, “Le lezioni puoi averle anche a casa e quindi puoi riguardarle”, “È bello poter usare la tecnologia”. Gli svantaggi menzionati sono numerosi ma allo stesso tempo significativi per capire in quale direzione intervenire per mettere a punto una lezione capovolta che tenga conto dei diversi stili cognitivi e delle diverse necessità degli studenti: “Potrebbe non funzionare il materiale”, “A volte la connessione salta e quindi non riesci ad avere la lezione”, “Non c’è più rapporto tra alunno e docente e viceversa”, “Per gli studenti più in difficoltà non favorisce approfondimenti e spiegazioni”, “A casa si ha più lavoro da fare”, “Nello studio individuale puoi trovare argomenti difficili da esprimere senza una precedente spiegazione”, “Visto che sono i ragazzi i protagonisti della lezione, a volte c’è un po’ di caos in classe”, “Diminuisce l’importanza della spiegazione”, “È difficile a volte parlare davanti al professore, ai compagni e ad eventuali esterni, soprattutto se si ha difficoltà nella materia in oggetto”, “Le lezioni vanno preparate con molto impegno e dedizione”. 5.3.1 Discussione dei dati I dati rilevati ed analizzati in seguito alla somministrazione del questionario sottoposto agli studenti hanno confermato alcuni aspetti basilari dell’insegnamento capovolto, come la costante interazione e collaborazione tra soggetti che condividono lo stesso ambiente scolastico. 112 La sensazione prevalente è che la Flipped Classroom sia più motivante e coinvolgente rispetto alla lezione tradizionale, poiché, come ribadito più volte dagli studenti, ognuno partecipa attivamente e si sente coinvolto nelle attività proposte. Particolarmente interessante si è rivelato il binomio classe capovolta e didattica delle lingue: tutti gli studenti infatti hanno riscontrato un incremento dell’uso effettivo della lingua straniera, orale e scritta e un successivo miglioramento delle proprie abilità. Allo stesso tempo, la presenza inevitabile di debolezze individuate dai discenti, in quanto fruitori del metodo flipped, chiama di nuovo alla mente la figura dell’insegnante come ricercatore, per il quale la didattica è una continua sperimentazione. Nonostante i dati presi in esame siano quantitativamente limitati, essi possono comunque restituirci un’idea di ciò che accade su larga scala in un contesto didattico più ampio. Ogni classe presenta le proprie peculiarità, le proprie esigenze e le proprie abitudini per cui, come succede per tutte le pratiche scolastiche, anche nel caso della classe capovolta la sua efficacia dipende da variabili differenti, come il contesto sociale e didattico, l’età, le aspettative degli studenti, la disciplina affrontata. Sta al docente capire come e quando integrarla al proprio insegnamento e agli studenti coglierne i benefici per la propria crescita culturale e sociale. Infine è opportuno constatare che la Flipped Classroom, sebbene sia un metodo didattico innovativo e stimolante, non può sostituire completamente la lezione tradizionale, ma supportarla e arricchirla. Gli studenti apprendono secondo stili cognitivi differenti; come emerso dai commenti, infatti, molti di loro preferiscono ancora l’organizzazione della lezione frontale, per cui focalizzarsi su un solo approccio significa rispondere ai bisogni formativi di alcuni alunni, sottovalutandone altri. 113 5.4 Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”: progetto KA2 La collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Piandimeleto è nata dalla volontà del plesso in questione, di presentare un progetto KA2 del programma Erasmus+, nell’anno scolastico 2014/2015. Le classi coinvolte sono la 5° della scuola primaria e la 1° della scuola secondaria di primo grado e l’obiettivo prevalente del progetto intitolato “Mathematics Success with the Flipped Classroom Approach”, è quello di costruire “cooperazione per l’innovazione e lo scambio di buone pratiche” con i paesi partner, coinvolti nello scambio. Concretamente il fine principale è quello di utilizzare il metodo inclusivo e innovativo della Flipped Classroom per far fronte alle necessità di studenti con bisogni educativi speciali e scarsi rendimenti nell’ambito della matematica, al fine di raggiungere soddisfacenti risultati scolastici e un futuro successo lavorativo. Il progetto prevede che il materiale e le lezioni video create da docenti di scuole differenti, siano scambiati e condivisi, tramite un apposito sito Internet, per il raggiungimento di un obbiettivo comune e che le stesse lezioni siano realizzate nella lingua madre di ciascun docente e nella lingua di scambio, ossia in inglese. A tale scopo è stata prevista la creazione di ambienti digitali adeguati accompagnata da un incremento del supporto tecnologico, in linea con il progetto “E.Co.Le” (Electronic Cooperative Learning), attivato negli anni precedenti nell’Istituto e che ha permesso di dotare tutte le aule della scuola di Lavagne Attive Multimediali e PC. Si uniscono a tali obiettivi anche la realizzazione di Web Quest per valutare le competenze raggiunte alla fine di ogni unità didattica e di database relativi alla soddisfazione e alla motivazione degli studenti, all’inizio e alla fine del progetto. I risultati intangibili da raggiungere grazie all’uso del metodo 114 Flipped Classroom si misurano in termini di miglioramento delle strategie didattiche, delle competenze matematiche dei discenti, così come quelle linguistiche e tecnologiche. Il problema principale della mancanza di strumenti tecnologici o di connessione Internet a disposizione degli studenti, per poter fruire delle lezioni, viene ipoteticamente risolto prevedendo un lavoro a gruppi, in cui almeno uno studente sia dotato di tali supporti e nel caso in cui questo non sia possibile, mettendo loro disposizione il laboratorio informatico dell’Istituto. Inoltre come specificato nel progetto “Video lessons will be published on a specific website and printed in DVD format (to be available even in case of lack of the broadband connection) with their descriptive sheets in English and in the language of participants” 26. L’esito della candidatura, ricevuto il 24 luglio 2015 si é purtroppo rilvelato negativo e la domanda non è stata accolta per mancanza di fondi europei; il punteggio ottenuto equivale a 77/10027. La creazione di tale progetto a cui ho preso parte nella fase di progettazione e che ho autonomamente gestito nella traduzione, è comunque un esempio concreto di come la classe capovolta possa assumere una dimensione internazionale, non finalizzata esclusivamente alla singola realtà scolastica. Creare e condividere contenuti digitali avviene oggi anche in contesti molto più ampi di una semplice aula ed i learning objects sono sempre più al centro di un insegnamento-apprendimento condiviso, attivo e costruttivista, dal punto di vista didattico ma anche e soprattutto culturale e sociale. 26 Progetto KA2 – Erasmus+, partenariati strategici – Settore Istruzione scolastica, dell’Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”. Cfr. Appendice F, Infra. 27 Cfr. Appendice F, Infra, esito della candidatura da parte dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ INDIRE. 115 Capitolo 6 La Flipped Classroom in Italia e nel mondo In questo breve capitolo si analizzerà il metodo della Flipped Classroom come ‘movimento’ innovativo e in divenire, la cui dimensione e posizione nella didattica nazionale ed internazionale è sempre più predominante. A tale proposito vengono citati alcuni dei progetti più interessanti individuati nel Web e condivisi da docenti e studiosi che lavorano costantemente per migliorare e monitorare il metodo della classe capovolta. Si tratta di proposte ambiziose, didattiche ed extrascolastiche, che mostrano come la Flipped Classroom sia oggi studiata ed impiegata in tutto il mondo; i contesti analizzati in questo caso sono quelli relativi alle lingue di competenza, ossia inglese e spagnolo. Dall’ambiente didattico spagnolo emergono sempre più frequentemente esperienze di docenti che utilizzano la classe capovolta nel loro insegnamento. Esiste un sito ufficiale molto attivo 1 in cui tali testimonianze sono raccolte e nel quale docenti pubblicano e condividono esperienze di Flipped Teaching, riguardanti tutti i livelli e gradi di istruzione. Questo significa che, nonostante si tenda a concepire la classe capovolta come un modello particolarmente adatto a studenti autonomi, non esiste in realtà un limite alla sua attuazione neppure per quanto concerne l’età dei discenti con cui si lavora, purché il suo impiego sia sempre adeguato alle diverse competenze ed abilità cognitive. A tale proposito vale la pena citare una delle tante testimonianze riportate nel sito theflippedclassroom.es con il titolo già estremamente significativo “¡Se puede flippear en infantil!” che racconta di 1 Si tratta del sito ufficiale spagnolo dedicato interamente alla didattica con il metodo Flipped Classroom e può essere visionato al seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/. (ultimo accesso 07/01/2016). 116 un progetto interamente realizzato secondo la modalità flipped nella scuola dell’infanzia CEIP Gonzalo Fernández di Córdoba (Madrid), durante il primo trimestre dell’anno scolastico 2014/2015 2. Lo scopo del lavoro intitolato “Los Dinosaurios” è stato quello di coinvolgere i bambini della scuola dell’infanzia (4 anni) nella scoperta dei dinosauri. Il progetto prevedeva di lavorare in sintonia con le abilità di base esplicitate nella Tassonomia di Bloom: creare, analizzare e valutare. Ogni alunno ha lavorato a casa, con l’aiuto dei genitori, per ricercare materiale e informazioni, al fine di elaborare e filmare una semplice presentazione orale in cui raccontasse le caratteristiche del dinosauro in questione. In questo caso il capovolgimento è stato realizzato nel momento in cui si è chiesto ai bambini di affrontare e comprendere autonomamente il contenuto e la spiegazione è divenuta una loro responsabilità, favorendo un insegnamento collaborativo tra pari. L’analisi è stata possibile grazie all’ausilio di software creativi che riproducessero virtualmente le sembianze dei dinosauri e lo stadio della valutazione ha avuto luogo mediante l’uso di mappe concettuali che riassumessero quanto compreso dall’intero progetto. Il lavoro si è concluso con la creazione di un gioco interattivo sui dinosauri, gestito dai docenti ma doppiato e commentato con la voce degli alunni. Nonostante fino ad ora i casi analizzati fossero relativi alla scuola secondaria di primo e secondo grado, questa testimonianza dimostra che la classe capovolta non prevede un modello fisso e statico, bensì è adattabile a qualsiasi contesto, perché più che un capovolgimento didattico rappresenta un cambiamento mentale nel modo di fare insegnamento. 2 Esperienza raccontata da Chema Gonzaléz, docente presso il CEIP Gonzalo Fernández di Cordoba (Madrid) intitolata ¡Se puede flippear en infantil! e tratta dal seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/se-puede-flippear-en-infantil/ (ultimo accesso 07/01/2016). Per un approfondimento del progetto è possibile un collegamento al sito ufficiale della scuola Infantiles del gran capitán: https://infantilesdelgrancapitan.wordpress.com/category/proyecto-dinosaurios/ (ultimo accesso 07/01/2016). 117 Anche l’ambito tecnologico, fondamentale per l’attuazione della Flipped Classroom, è progredito per far fronte alle necessità della classe capovolta. Una curiosità interessante per tutti i docenti che utilizzano la Flipped Classroom è rappresentata da Polimedia, un sistema creato dall’Universidad Politécnica di Valencia per la creazione di materiale educativo screencast. Si tratta di una stanza in cui ogni docente, seguito da un tecnico specializzato, può creare videolezioni sempre più efficaci. È un sistema che riproduce su larga scala ciò che accade con i software di screencast online supportati dall’uso della webcam, con la differenza che in questo caso il docente viene ripreso nella sua interezza come se fosse realmente davanti agli studenti, sfruttando le proprie capacità comunicative verbali e non verbali e quindi riducendo la distanza che si crea, con l’utilizzo del mezzo tecnologico, tra chi apprende e chi insegna 3. Il successo della Flipped Classroom è stato recentemente indagato anche da un report pubblicato dal sito americano Faculty Focus nei mesi di giugno e luglio 2014, con il titolo “Flipped Classroom Trends: A Survey of College Faculty”4. L’indagine è stata sottoposta a tutti i lettori della rivista, prevalentemente docenti universitari, con lo scopo di rilevare il numero approssimativo degli insegnanti flipped e la loro opinione sul metodo Flipped Classroom, ottenendo complessivamente 1.074 riscontri, per la maggior parte favorevoli. Si tratta di un sondaggio considerevole non solo per il numero di risposte ottenute, ma anche per le diverse opinioni emerse 3 Articolo tratto dal sito theflippedclassroom.es intitolato “Polimedia, una herramienta para crear flipped classrooms de gran calidad técnica”: http://www.theflippedclassroom.es/polimedia-una-herramienta-paracrear-flipped-classrooms-de-gran-calidad-tecnica/. Oppure visitare il sito dell’Universidad Politécnica di Valencia https://www.upv.es/entidades/ASIC/catalogo/522359normalc.html (ultimo accesso ai siti 07/01/2016). 4 Articolo pubblicato il 24 agosto 2015 da Faculty Focus. Si tratta di un sito americano che pubblica articoli relativi all’istruzione universitaria, per cui i maggior fruitori sono docenti di istruzione superiore. http://www.facultyfocus.com/articles/blended-flipped-learning/flipped-classroom-survey-highlightsbenefits-and-challenges/ (ultimo accesso 07/01/2016). 118 dai docenti intervistati. Alla domanda How would you rate the experience for you?, il 70,34% degli intervistati ha optato per una risposta positiva, mentre il 22,40% ha vissuto l’insegnamento capovolto come un’esperienza neutrale, senza significativi risultati. Il 7,26% ha espresso invece un giudizio negativo in merito: i problemi di attuazione della Flipped Classroom sembrano emergere con studenti che non si sentono realmente coinvolti nel processo di apprendimento, per cui motivazione ed autonomia vengono meno. In questo caso l’uso di un metodo innovativo come la classe rovesciata può risultare addirittura controproducente ed è consigliabile tornare a servirsi della lezione frontale, come afferma uno dei docenti intervistati: “Students want me to lecture, tell stories, ask questions and stimulate discussion. They did not want to try and learn the material themselves. They did not feel empowered. They did not see me as a co-participant, they wanted me to be in charge”5. Guardando il processo dal punto di vista dei propri studenti il 64,3% dei docenti intervistati, considera quella della classe capovolta un’esperienza didattica estremamente positiva, più dell’80% infatti riconosce a questo metodo la capacità di incrementare i momenti di cooperazione e di relazione in classe, tra gli studenti. I dati significativi citati derivano da un’analisi molto più complessa e dettagliata, che sembra confermare su larga scala quanto emerso nel capitolo precedente, relativamente ai contesti scolastici analizzati e che delineano l’esperienza della classe capovolta come un’alternativa alla lezione frontale, valida e spesso incoraggiante. A conclusione occorre citare l’ambizioso progetto intrapreso dal sito italiano flipnet.it, al fine di realizzare una mappa dei docenti capovolti 6. Lo 5 Tratto dai commenti emersi dal sondaggio “Flipped Classroom Trends: A Survey of College Faculty”, p.7. 6 È possibile inserire il proprio riferimento come docente capovolto al seguente indirizzo: http://flipnet.it/la-mappa-dei-docenti-capovolti-2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 119 scopo è quello di individuare e localizzare geograficamente tutti gli insegnanti attivi sul territorio nazionale, ma soprattutto la priorità è quella di creare una comunità di condivisione per tutti coloro che intendono proseguire o intraprendere il cammino del Flipped Teaching. Si intuisce da tali progetti che la classe capovolta è sì un metodo didattico, ma allo stesso tempo il risultato di processi di cambiamento ed evoluzione degli studenti di oggi, che necessitano di processi formativi propedeutici alle esigenze della società moderna. L’innovazione scolastica coinvolge le diverse capacità e competenze a disposizione, siano queste tecnologiche, sociali, comunicative o metodologiche e allo stesso tempo richiede uno scambio interdisciplinare ed internazionale per favorire il progresso di buone pratiche didattiche, come la classe capovolta. Si conclude a tale proposito riportando una frase di Maglioni e Biscaro che cita (2014: 11): La scuola intesa come sistema scolastico di un Paese, ma anche la scuola come singolo istituto scolastico è un organismo di grande complessità, punto di equilibrio di molte forze e molti apporti. È illusorio cambiarla a colpi di novità o, peggio, decreti. Bisogna che le forze in gioco (cultura, politica, strati sociali, amministrazione, docenti, studenti) siano coinvolti e si riorientino. Ma gli insegnanti, anche il singolo, possono introdurre elementi di rinnovamento. 120 Conclusione A conclusione dell’analisi è opportuno elaborare alcune considerazioni fondamentali. Il metodo della classe capovolta è spesso messo in discussione da teorici e studiosi che lo considerano come una delle tante innovazioni didattiche ‘di tendenza’. È probabilmente vero che l’attenzione mediatica degli ultimi anni ha notevolmente amplificato il dibattito e le critiche, più o meno fondate, su tale modello, inteso come un cambiamento radicale nel modo di fare didattica. In realtà, questo non corrisponde alla volontà dei suoi fondatori. Bergmann e Sams infatti non si vantano di aver inventato nulla di rivoluzionario, bensì credono di aver proposto un nuovo modo di fare insegnamento, incentrato prevalentemente sulla posizione centrale dello studente piuttosto che sull’insegnante, avvalendosi di metodi e modelli già conosciuti e sperimentati in didattica. Questo significa che nessuno pretende di cambiare e migliorare il processo di insegnamento semplicemente invertendo il momento della spiegazione con quello dei compiti in classe, né tantomeno sostituendo il ruolo dell’insegnante, come fonte di sapere e conoscenza, con quello di una videolezione. Piuttosto, sarebbe necessario considerare la Flipped Classroom in modo critico, non come un modello fisso e statico ma come una linea guida da adeguare al proprio contesto didattico, valutandone gli aspetti positivi e le eventuali criticità. Ciò che è inoltre importante sottolineare è la costante necessità di introdurre in ambito didattico novità e cambiamenti provenienti dal mondo delle TIC, siano essi racchiusi nell’idea di classe capovolta o in altri approcci didattici. Questo è sicuramente sintomatico di una nuova esigenza della scuola, che scaturisce dall’inadeguatezza dell’insegnamento tradizionale di fronte alla realtà sociale, radicalmente mutata nel corso del 121 tempo e divenuta notevolmente più complessa. La società moderna, grazie al progresso tecnologico e alla globalizzazione, ci proietta spesso in realtà illimitate, dal punto di vista spaziale e temporale, per cui la comunicazione e la creazione di sapere ed informazioni non prevede più la distinzione tra creatori e fruitori. Tutti in un certo senso possono creare, modificare e condividere lo stesso contenuto. Allo stesso modo è impensabile continuare a concepire l’insegnamento come un processo indipendente, alieno rispetto alla realtà che lo circonda e parallelamente isolato nel suo percorso di sviluppo. Di conseguenza è necessario che la scuola e l’istruzione non perdano la propria credibilità e si adeguino al cambiamento: il fine rimane comunque lo stesso, ossia quello di giungere ad un apprendimento significativo, ma il mezzo necessita di essere rivalutato. In questo senso la Flipped Classroom rappresenta una valida alternativa. Come emerso dall’osservazione pratica nei diversi istituti marchigiani, la risposta degli studenti potrà essere più o meno positiva e i risultati ottenuti più o meno proficui. Ciò che è importante è valutare sempre il metodo criticamente, integrarlo alla propria didattica, affiancarlo all’insegnamento tradizionale e arricchirlo attraverso altri modelli. Per quanto si cerchi di indagare teoricamente la classe capovolta, non è possibile giungere a conclusioni dogmatiche e scientifiche, dal momento che le variabili valutate sono umane e quindi per natura soggettive. Da quanto emerso tuttavia dai casi osservati le migliorie apportate dalla classe capovolta nel percorso di insegnamento-apprendimento, valutate in termini di cooperazione tra studenti e tra discenti e docente, personalizzazione ed individualizzazione della didattica, interazione attiva tra spazio interno ed esterno, sono sintomo di una innovazione dalla quale ogni educatore potrebbe trarre spunti educativi interessanti e positivi. 122 APPENDICE Appendice A: Attestato di partecipazione al seminario di studi “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”. 123 Appendice B: Attività didattiche proposte dalla docente Manuela Alesi. 1) Esempio di lavoro multimediale, svolto dagli studenti della classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara, durante il progetto intitolato: “Die Friedliche Revolution/La Rivoluzione Pacifica”. 124 125 126 2) Esercizi strutturati per una visione/ascolto attiva/o del video “Italiener und Deutsche (Uwe Kind)”. 127 128 Appendice C: Schede di osservazione. 1. Prima scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Gli studenti hanno visionato a casa un video di pochi minuti sulla popolazione dei Celti, in lingua inglese. È stato chiesto loro di prendere appunti su quanto visto, per facilitare poi il dibattito. SPAZIO: In classe i banchi sono sistemati in modo da formare un grande cerchio, per favorire l’interazione tra pari e la discussione su quanto visto a casa. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ SVOLTE 5 minuti Gli studenti si sistemano in classe e il professore procede a registrare gli assenti sul registro elettronico. 20 minuti Gli studenti sono seduti in cerchio e il professore inizia a fare domande per verificare che tutti abbiano visto e compreso il materiale di studio. I quesiti sono inizialmente di tipo generale, che sembrano riassumere il contenuto del video, poi il professore sottopone domande più specifiche e dettagliate, che riguardano soprattutto focus lessicali. Gli studenti si servono degli appunti presi a casa per poter rispondere e argomentare. OSSERVAZIONE STUDENTI E DOCENTE La disposizione in cerchio favorisce il dibattito e l’interazione faccia a faccia tra i compagni. Attraverso le domande il docente comprende chi ha visto realmente il video e chi lo ha guardato attentamente e criticamente. La visione dimostra di aver stimolato contemporaneamente la comprensione, la capacità di sintesi e quella di prendere appunti. L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte, corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare correttamente la frase. Nel caso in cui alcuni studenti non conoscano il significato dei termini in inglese, il docente chiede ad altri di fare la parafrasi o di trovare sinonimi più comprensibili. Durante questo tipo di attività si utilizza solo la lingua inglese, per cui gli studenti devono sforzarsi a trovare termini appropriati o fare lo spelling nel caso in cui sia necessario, il professore preferisce che si aiutino e si suggeriscano a vicenda piuttosto che provvedere personalmente alla spiegazione di un concetto. Tutti gli studenti 129 collaborano perché è il docente che sceglie a caso chi fare intervenire. Gli alunni sono molto interessati, fanno domande su ciò che non hanno compreso, chiedendo l’aiuto del docente o dei propri compagni, inoltre vogliono continuamente aggiungere elementi sul tema in analisi. Sono molto abili nel comunicare utilizzando la lingua straniera. Il clima della lezione è molto rilassato, si intuisce che gli allievi utilizzano abitualmente il metodo della classe capovolta, perché non sono timorosi o a disagio, bensì partecipano attivamente e si comportano con naturalezza. 10 minuti Gli studenti devono svolgere gli esercizi nel libro di testo relativi all’unità didattica affrontata, quindi sul tema dei Celti. Il professore li lascia liberi di decidere se lavorare in gruppo o individualmente secondo il metodo della classe scomposta di Bardi. Gli studenti dimostrano una spiccata capacità organizzativa perché si suddividono autonomamente in piccoli gruppi e lavorano insieme, senza creare trambusto. In questo caso gli studenti comunicano tra loro in italiano e solo quando parlano con il professore si sforzano di parlare in inglese. Il docente controlla i vari gruppi, soprattutto aiutandoli con i termini che non conoscono e spiegando ciò che non è chiaro. 15 minuti Il docente chiede ad una alunna di correggere gli esercizi appena svolti sul libro di testo alla LIM. Gli esercizi sono prevalentemente incentrati sul lessico: deve abbinare la definizione all’oggetto rappresentato (esercizi di match) e sistemare i termini in una tabella a seconda che siano verbs, nouns, adjectives. L’alunna in questione corregge gli esercizi alla LIM grazie ad una versione digitale del libro di testo. In questo caso la correzione collettiva permette a tutti i compagni di verificare la correttezza degli esercizi svolti ed eventualmente di collaborare per correggere gli errori. A volte nascono dibattiti quando non tutti sono d’accordo sulla stessa risposta. L’insegnante oltre a guidare la correzione e a dare feedback alla ragazza chiede agli altri alunni di intervenire dal posto per evitare che questi si distraggano. Durante la correzione l’insegnante fa spesso dei collegamenti tra gli esercizi e la videolezione e la studentessa in questo modo deve essere in grado di giustificare le sue risposte. Alla fine dell’attività l’insegnante le attribuisce una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va dalla A alla E. Si tratta di un giudizio approssimativo, che sarà però determinante a fine quadrimestre, in 130 vista di una valutazione sommativa. 4 minuti Gli studenti sistemano i banchi secondo la disposizione tradizionale a file e il professore approfitta per fare un riepilogo sul tema affrontato durante la lezione. In vista della fine della lezione cala l’attenzione ma gli studenti continuano comunque a rispondere alle domande in lingua inglese. 2. Seconda scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Agli studenti è stato chiesto di guardare e studiare a casa due video di pochi minuti sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la lettura di Frankenstein. Gli studenti sono stati invitati a prendere appunti durante la visione del video, per facilitare poi l’esposizione in classe. SPAZIO: I banchi sono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti Gli studenti entrano nell’aula di inglese e si sistemano, mentre il docente riporta gli assenti nel registro elettronico. 20 minuti Il docente si siede su una delle due sedie che ha sistemato al centro dell’aula, rivolte verso gli altri studenti. Il docente chiama a sedere vicino a lui una ragazza alla quale sottopone delle domande riguardo al video visto a casa. 131 La ragazza inizia ad esporre liberamente l’argomento e il docente la interrompe per farle domande più specifiche. Emergono così capacità espositive e argomentative rispetto al tema affrontato e l’insegnante può immediatamente stabilire se l’allieva ha realmente studiato e compreso la videolezione. Quando non è in grado di rispondere il docente interpella gli studenti al posto, cercando di indicare quelli che si dimostrano più distratti rispetto all’attività in corso di svolgimento. Il professore corregge gli errori di pronuncia e chiede all’intera classe di aggiungere dettagli che non sono ancora stati menzionati. Partendo dal tema trattato il dibattito verte anche su altri temi, ad esempio per spiegare il significato della parola Romantic, in termini letterari, il professore chiede “Who is Romantic in this Classroom?”. Gli studenti quindi si divertono a fare supposizioni e a giustificare le loro risposte, questo si dimostra molto efficace in termini di comunicazione e di utilizzo della lingua inglese. La classe inoltre viene interamente coinvolta per ricostruire il significato di alcuni vocaboli, tramite esempi e grazie alla guida dell’insegnante, come nel caso della parola outcast. 5 minuti Il docente chiede agli studenti di svolgere gli esercizi propedeutici, nel libro di testo. Sta a loro decidere se lavorare individualmente oppure se unirsi in piccoli gruppi (massimo di tre persone) per lavorare insieme, secondo il metodo della classe scomposta di Bardi. Gli studenti decidono di organizzarsi in piccoli gruppi per svolgere esercizi di match: devono abbinare il termine con la propria definizione. In classe si crea confusione e l’insegnante interviene più volte per richiamare il silenzio. 5 minuti Si procede alla correzione degli esercizi appena svolti. Per la correzione degli esercizi l’insegnante chiama a turno tutti gli studenti in maniera casuale. Gli studenti alzano la mano per chiedere chiarimenti quando la risposta data non è condivisa, è il docente a stabilire poi la soluzione corretta. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. L’abilità di speaking è esercitata attraverso l’uso continuo della lingua straniera. 10 minuti L’insegnate propone agli studenti una seconda attività presente nel libro di testo. Gli alunni lavorano in maniera silenziosa sul proprio esercizio, il professore passa tra i banchi e aiuta a 132 Questa volta l’esercizio deve essere svolto individualmente. Ogni studente deve scegliere tra gli aggettivi dati quelli che secondo lui descrivono al meglio i personaggi romantici proposti. In questo caso si tratta di una attività individuale, poiché gli aggettivi da attribuire dipendono dalla percezione personale di ogni studente. comprendere il significato degli aggettivi che non conoscono. Si tratta di una attività che consente di lavorare sul lessico e sulla memorizzazione di nuovi termini. 5 minuti Si procede a leggere ad alta voce l’esercizio svolto. Non si tratta di una correzione perché in questo caso non esistono opinioni giuste o sbagliate. L’insegnante chiama a turno tutti gli studenti e chiede di leggere ad alta voce gli aggettivi che hanno attribuito ad un determinato personaggio. Quando le descrizioni che emergono sono strane o divertenti il docente chiede loro di giustificare le loro risposte, per stimolare ulteriormente lo speaking. 5 minuti Negli ultimi minuti di lezione gli studenti sono liberi di prepararsi per la lezione seguente mentre il docente provvede a registrare le valutazioni provvisorie attribuite durante le varie attività, sempre seguendo una scala dalla A alla E. 3. Terza scheda del 17 novembre 2015. DATA 17/11/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione è incentrata su un modulo didattico che ha come tema il Romanticismo. Durante i mesi estivi gli studenti sono stati precedentemente divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di leggere un capitolo del libro Beowulf. A questo punto dell’unità didattica il docente chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, che saranno poi oggetto della 133 lezione capovolta, il titolo della lezione è Teacher for a Day. Alla fine di tutte le presentazioni gli studenti dovranno essere in grado di affrontare con successo una verifica sommativa del modulo in questione. SPAZIO: Gli studenti rimangono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti Gli studenti si sistemano in classe e il docente inserisce gli assenti nel registro elettronico. 15 minuti Il primo gruppo, composto da due ragazze, è chiamato ad esporre ai compagni il primo capitolo di Beowulf. Si tratta di una introduzione che comprende la presentazione dei personaggi principali e della storia. Le ragazze utilizzano la LIM per mostrare ai compagni la propria presentazione in Power Point. La presentazione include testo, immagini e anche un video molto divertente che le ragazze hanno realizzato personalmente, in cui cantano una canzone tratta dal libro di Beowulf. Le studentesse coinvolte nella presentazione hanno piena competenza del contenuto ed espongono in modo chiaro utilizzando la lingua inglese, sviluppando fluenza e capacità di esposizione nella lingua orale. La reazione della classe è estremamente positiva, tutti sono attenti alla spiegazione e molto divertiti dal video realizzato dalle ragazze. 10 minuti Il professore chiama uno studente alla LIM e chiede di correggere gli errori presenti nella presentazione delle compagne. Attraverso questa attività si stimola l’interazione e la correzione tra pari. Lo studente infatti cerca di correggere gli errori grammaticali presenti nelle didascalie ma allo stesso tempo anche i compagni dal posto sono coinvolti e chiamati ad aiutarlo. Tutta la classe quindi interagisce attivamente nel processo di correzione, i compagni si aiutano a vicenda per poter riformulare le frasi in maniera più chiara e formale. Il docente rivolge prontamente domande agli studenti più distratti e provvede a farli 134 intervenire nel dibattito. 5 minuti A questo punto l’insegnante chiede agli studenti di individuare collettivamente tutti gli aggettivi o le espressioni che trasmettono l’idea di happiness e joy, nel primo capitolo del libro. Le due studentesse sottolineano i termini individuati alla LIM, tutti gli studenti sono chiamati a fare lo stesso sulla versione cartacea del libro, suddividendosi in piccoli gruppi. I ragazzi si organizzano autonomamente e in maniera ordinata iniziano a lavorare, utilizzano l’italiano per comunicare tra loro. Contemporaneamente il professore passa tra i gruppi per aiutare gli allievi con i termini inglesi che non conoscono. 5 minuti Correzione esercizio La correzione avviene collettivamente, le due ragazze alla lavagna multimediale mostrano all’intera classe ciò che hanno evidenziato. Ogni gruppo aggiunge espressioni nuove omesse dai propri compagni e il docente provvede a dare un feedback immediato riguardo alla correttezza o meno delle risposte. 5 minuti Il professore passa dal generale al particolare, chiedendo alle due ragazze coinvolte nella presentazione di individuare un determinato passaggio del racconto e rivolge loro domande a riguardo. 10 minuti Focus linguistico, feedback degli studenti e riepilogo lezione. 135 Gli ultimi minuti della lezione sono dedicati al focus linguistico, in cui il docente sottolinea i termini più complessi e chiama a turno gli studenti a sedere per parafrasarne o spiegarne il significato. Nel caso in cui lo studente chiamato in causa non sia in grado di farlo, il docente chiede l’aiuto dei suoi compagni. L’insegnante indica uno studente che possa riassumere brevemente i punti essenziali della presentazione a cui ha assistito. Al termine della lezione il professore chiede agli studenti di esprimere un proprio giudizio sulla performance e chiede alle ragazze stesse di autovalutarsi criticamente. 4. Quarta scheda del 17 novembre 2015. DATA 17/11/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione capovolta si svolge secondo il metodo del Debate nell’Aula 3.0 dell’Istituto. Il compito che gli studenti devono svolgere a casa prevede lo studio del materiale realizzato durante l’intero modulo sul Romanticismo, che dovranno poi rielaborare in classe durante il dibattito. SPAZIO: Gli studenti operando all’interno di uno spazio flessibile utilizzano in un primo momento le sedie girevoli a disposizione per il lavoro a gruppi e si spostano in un secondo momento nella tribuna circolare per il dibattito. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ 4 minuti Gli studenti raggiungono l’Aula 3.0 e si sistemano, l’insegnante riporta gli assenti nel registro elettronico. 15 minuti Gli studenti sono suddivisi in due grandi gruppi. Un gruppo deve individuare tre argomenti a favore e l’altro gruppo tre argomenti a sfavore della tesi stabilita dal docente: Science Must Have Limits. OSSERVAZIONE Gli studenti spostano le sedie girevoli formando due grandi gruppi in maniera autonoma e iniziano a scambiarsi opinioni, a confrontarsi e a riassumere i punti più importanti dell’argomento affrontato, per sostenere la propria posizione. Il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e si limita a stabilire le regole più importante: decide quale gruppo sarà for e quale against e stabilisce quale sarà il primo gruppo ad iniziare il dibattito. Egli consiglia inoltre di citare il testo di Frankenstein per contestualizzare e attualizzare l’argomento. In questo modo gli studenti lavorano in modo collaborativo, ragionano in modo critico e soprattutto sono chiamati ad adattare un testo classico come Frankenstein ad un 136 contesto reale moderno, in cui la scienza gioca un ruolo sempre più importante. Osservando gli studenti durante questa attività si può dedurre che essi siano abituati a lavorare in gruppo ed in maniera autonoma perché si organizzano in modo ordinato e silenzioso. Tutti partecipano attivamente e dicono la loro opinione, parlano in italiano ma si sforzano di tradurre le loro idee in inglese e di formulare frasi da soli, senza l’aiuto del docente. Sanno rispettare perfettamente il tempo e le consegne. 5 minuti Gli studenti si spostano Gli studenti si avvicinano velocemente e nell’angolo di presentazione gli oratori provano a ripetere il discorso in e si sistemano nella tribuna lingua inglese. circolare. Il docente chiama due studentesse, una per gruppo, che dovranno posizionarsi nella postazione centrale per presentare le idee elaborate con i compagni. 10 minuti Inizia il primo round del dibattito: ogni ragazza ha a disposizione 1 minuto per presentare la sua posizione, inizia chi deve contro argomentare la tesi iniziale, quindi chi è a sfavore; il professore cronometra il tempo. Alla fine del primo minuto, viene concesso ad ogni squadra un momento per risistemare e rivedere gli argomenti, dopodiché si ricomincia il dibattito. Ad ogni ragazza viene concesso di nuovo 1 minuto per l’esposizione, questa volta inizia la squadra a favore della tesi iniziale. Dopo un lungo lavoro collaborativo gli studenti sono chiamati a presentare le loro idee, nonostante sia comunque difficile parlare in inglese rispettando tempi brevi e determinati, essi non sembrano in difficoltà, l’impressione è che essendo suddivisi in due grandi ‘squadre’ condividono la responsabilità delle loro risposte con i compagni e non si sentono giudicati. Il dibattito è un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, l’uso della lingua straniera, la sintesi, la ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. I discenti sono chiamati continuamente a costruire, negoziare e sostenere le proprie idee in gruppo. Il dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a nessuno di distrarsi. A tale scopo, al termine di ogni round l’insegnante chiama a caso un ragazzo della ‘platea’ al quale chiede di esprimere un giudizio sul confronto, per fare una sintesi e un bilancio 137 sulle idee di entrambe le compagne. È lo stesso professore a confessarmi che la scelta degli oratori non è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno partecipi, a favore del concetto di personalizzazione e individualizzazione dell’insegnamento. 10 minuti Ha inizio il secondo round secondo le stesse modalità del primo, ma con due interlocutori differenti. 10 minuti Ha inizio il terzo round seguendo le stesse modalità del secondo, ma con due nuovi interlocutori. 138 Appendice D: Rendering relativo all’Aula 3.0 dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa”. 139 Appendice E: Questionario sottoposto agli studenti. 140 141 Appendice F: esito candidatura programma Erasmus+, partenariati strategici - Settore Istruzione scolastica 142 Bibliografia (Ultimo accesso a tutti i siti 07/01/2016) ANASTOPOULOU, S., BABER, C., SHARPLES, M. “Multimedia and Multimodal Systems: Commonalities and Differences”. 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