Modelli, metodi - Scuola Nazionale dell`Amministrazione

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Modelli, metodi - Scuola Nazionale dell`Amministrazione
Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione
La misura dei fabbisogni formativi in una amministrazione pubblica:
Modelli, metodi e strumenti in rete
a cura di
Giuseppe Traversa, Maurizio Potente
contributi di: Massimo Bianchi,Lois Bronfman,Francesca Gagliarducci, Alessandro Gasbarri, Luca
Introini, Cristiana Mastrangeli, Pierfrancesco Mastrosimone, Alessandro Peluso, Maurizio Potente,
Ferruccio Sepe, Giulio Santosuosso, Antonella Sinapi, Michele Solla, Giuseppe Traversa,Giovanni Vetritto.
Risultati del progetto di ricerca: “La valutazione dei fabbisogni formativi nelle amministrazioni
pubbliche”
Roma, Dicembre 2003
INDICE
Parte I
1. I risultati della sperimentazione (Giuseppe Traversa)
2. Un modello ed uno strumento per la valutazione dei fabbisogni formativi (GiuseppeTraversa)
3. La valutazione dei fabbisogni formativi: metodi e tecniche di analisi (Atonella Sinapi)
4. Aspetti metodologici nella valutazione dei fabbisogni formativi (Massimo Bianchi)
5. Training Public Manager: the Oregon experience (Lois Bronfman)
6. La valutazione dei fabbisogni formativi in una amministrazione pubblica.Un modello di riferimento
per la skill gap analysis. (Maurizio Potente)
Parte II
Casi esemplificativi in alcune amministrazioni pubbliche.
1. La valutazione dei fabbisogni formativi nelle amministrazioni centrali dello Stato: un’applicazione
nelle istituzioni culturali (Alessandro Peluso)
2. Il Dipartimento della Funzione Pubblica (Ferruccio Sepe, Michele Solla, Giovanni Vetritto)
3. L’Accademia dei Lincei (Alessandro Gasparri, Giuseppe Traversa)
4. La Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee di Roma (Luca Introini)
5. Il Dipartimento per gli Affari Regionali (Francesca Gagliarducci)
Allegati
1.
2.
3.
4.
5.
Amministrazioni e contributi
Ricercatori e attività
Il manuale del software DIOGENE (Giulio Santosuosso e Pierfrancesco Mastrosimone)
Le schede di rilevazione (Cristiana Mastrangeli)
Alcune elaborazioni
1. I risultati della sperimentazione (Giuseppe Traversa)
Obiettivo del progetto è stato quello di realizzare e sperimentare, presso alcune amministrazioni, un
metodo e uno strumento, nell’ambito della valutazione dei fabbisogni formativi.
La metodologia DIOGENE è stata sperimentata presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica, il
Dipartimento per gli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio, presso l’Accademia dei Lincei e
presso la Direzione Centrale per l’Arte Contemporanea del Ministero dei Beni Culturali.
Essa si propone di:
♦ rilevare sistematicamente i processi di lavoro degli uffici
♦ valutare conoscenze, atteggiamenti, valori necessari a svolgere quei processi da parte dei
diversi livelli di responsabilità. Questa valutazione è a cura del responsabile dell’ufficio;
♦ valutare le conoscenze possedute dalle persone. Questa valutazione è opera dei diretti
interessati
♦ valutare la coerenza dell’assegnazione di persone a ruoli
♦ valutare i fabbisogni formativi delle persone.
♦ fornire indicatori che misurano la coerenza tra ruolo ricoperto e conoscenze possedute da
una persona
♦ selezionare le persone con le competenze più adeguate per ricoprire ruoli resisi vacanti
♦ simulare una riassegnazione di persone a ruoli diversi e misurare la qualità di questa nuova
utilizzazione delle professionalità sulla base di indicatori che misurano lo spreco di risorse
ovvero le lacune di conoscenze necessarie a svolgere i ruoli. Tale strumento di simulazione
consente così di guidare la utilizzazione più razionale delle professionalità disponibili;
♦ misurare i fabbisogni di formazione delle persone, cioè i livelli delle conoscenze necessarie a
svolgere i ruoli previsti. Tali misure consentono di guidare alla progettazione di corsi in grado
di soddisfare la domanda di conoscenze individuate. Queste valutazioni sono operate dal
sistema Diogene sulla base del confronto (distanza) tra le lacune di conoscenza delle persone
(skill-gap) e le esigenze di professionalità dei ruoli.
La metodologia e lo strumento DIOGENE diventano quindi uno strumento utile ai responsabili
dell’ufficio del personale e della formazione di una amministrazione, ma può essere utilizzato da ogni
funzionario o dirigente per scopi quali:
♦ valutare la capacità dell’amministrazione nel valorizzare la sua professionalità e quella di altri;
♦ spiegare in modo oggettivo e convincente una richiesta di partecipazione a iniziative formative;
♦ analizzare possibili ruoli alternativi e verificare una strategia formativa adeguata.
Nella tabella allegata (all. 1) sono riportate le amministrazioni coinvolte e il contributo fornito sul fronte
dell’alimentazione delle banche dati, della produzione di documenti di analisi critica.
Attività assegnata e svolta dai singoli ricercatori, in rapporto al conseguimento degli obiettivi di
progetto.
I contributi al progetto sono stati realizzati con tre classi di esperti:
i. Esperti informatici, per assistere le amministrazioni nella utilizzazione di metodi e strumenti in
rete, per progettare, costruire e gestire il sito e i diversi accessi;
ii. Ricercatori, per la guida, l’analisi dei risultati da parte delle diverse amministrazioni, le
riflessioni critiche sui temi critici della ricerca;
iii. Esperti per il supporto organizzativo e amministrativo.
La tabella allegata (all. 2) riporta l’elenco dei soggetti che hanno contributo al progetto di ricerca, divise per
categoria e per attività/funzioni svolte.
Metodologie adottate
Il processo di svolgimento della ricerca è stato il seguente:
iv. Messa a punto della metodologia Diogene su supporto cartaceo;
v. Raccolta delle adesioni da parte delle diverse amministrazioni nazionali e internazionali;
vi. Svolgimento di seminari e interventi didattici presso la Scuola, presso le
amministrazioni coinvolte, per addestrare i partecipanti all’uso del metodo;
vii. Realizzazione del software in rete e su CD, per la utilizzazione del metodo nelle varie
amministrazioni;
viii. Avvio del processo di sperimentazione. Tale attività si è svolta durante l’intero periodo
di sperimentazione, con incontri presso la Scuola e le Amministrazioni coinvolte;
ix. Runioni, seminari rivolti all’analisi e al confronto dei risultati via via ottenuti e alla
definizione degli standard di documentazione da adottare.
x. Stesura dei documenti di analisi, relativi ai contributi dei diversi ricercatori. Durante tale
attività si sono svolte numerose interazioni fra i ricercatori e il coordinatore;
Risultanze dell’impiego di specifiche procedure software
Il progetto ha richiesto un’intensa attività, legata a produzione del nuovo software.
Più precisamente è stato realizzato:
a.
Il sistema Diogene, fruibile in rete;
b.
La versione Diogene in Access fruibile su PC (CD Diogene);
c.
Documentazione per la utilizzazione del metodo e dello strumento (manuali, diapositive);
d.
Base dati Diogene contenente le applicazioni del sistema nelle diverse amministrazioni
partecipanti.
Fruibilità da parte della Scuola dei prodotti dell’attività svolta.
Il materiale realizzato nell’ambito del progetto potrà essere utilizzato nell’ambito della Scuola per:
a. Fornire supporto didattico per corsi, seminari sulla valutazione dei fabbisogni formativi e sulla
formazione in generale;
b. Istituzionalizzare una misura dei fabbisogni formativi presso le amministrazioni e per gli allievi dei
corsi della Scuola;
c. Sostenere attività di ricerca sui temi della misura dei fabbisogni formativi.
d. Preparare la documentazione sull’Osservatorio dei Fabbisogni Formativi presso la Scuola.
2. Un modello e uno strumento per la valutazione dei fabbisogni formativi (Giuseppe Traversa)
La corretta valorizzazione delle risorse umane è certamente tra le priorità più urgenti nei processi
di innovazione delle amministrazioni pubbliche. Elementi critici nella gestione delle professionalità
di cui dispone una amministrazione sono:
a. la coerenza dell’assegnazione di dirigenti e funzionari a ruoli ed uffici1. Professionalità
preziose sprecate in ruoli inadeguati da una parte e lacune di conoscenze vistose per lo
svolgimento dei nuovi compiti. Non è inconsueto trovare dirigenti o funzionari esperti di
contabilità o di controllo di gestione lavorare in uffici legislativi o amministrativi; ovvero
informatici esperti che non hanno accesso ad alcun calcolatore;
b. una formazione non sufficientemente mirata ai fabbisogni del personale2; manca una
valutazione convincente e tempestiva della domanda di specifiche conoscenze, in grado di
orientare la progettazione delle strategie formative. Accade che la partecipazione a molti corsi
sia motivata da adempimenti formali per giustificare passaggi di carriera, o che funzionari e
dirigenti vengano selezionati sulla base di ragioni che nulla hanno a che vedere con il ruolo
che svolgono e le conoscenze necessarie a ricoprirlo.
La metodologia DIOGENE 3sperimentata presso l’Accademia dei Lincei, la Direzione Centrale per
l’Architettura Contemporanea del Ministero per i Beni Culturali e presso due Dipartimenti della
Presidenza del Consiglio (Funzione Pubblica e Affari Regionali) si propone di:
• rilevare sistematicamente i processi di lavoro degli uffici
• valutare conoscenze, atteggiamenti, valori necessari a svolgere quei processi da parte dei
diversi livelli di responsabilità. Questa valutazione è opera del responsabile dell’ufficio;
• valutare le conoscenze possedute dalle persone. Questa valutazione è opera dei diretti
interessati
• valutare la coerenza dell’assegnazione di persone a ruoli
• valutare i fabbisogni formativi delle persone.
• fornire indicatori che misurano la coerenza tra ruolo ricoperto e conoscenze possedute da
una persona
• selezionare le persone con le competenze più adeguate per ricoprire ruoli resisi vacanti
• simulare una riassegnazione di persone a ruoli diversi e misurare la qualità di questa
nuova utilizzazione delle professionalità sulla base di indicatori che misurano lo spreco
di risorse ovvero le lacune di conoscenze necessarie a svolgere i ruoli. Tale strumento di
simulazione consente così di guidare la utilizzazione più razionale delle professionalità
disponibili;
• misurare i fabbisogni di formazione delle persone, cioè i livelli delle conoscenze
necessarie a svolgere i ruoli previsti. Tali misure consentono di guidare alla
progettazione di corsi in grado di soddisfare la domanda di conoscenze individuate.
Queste valutazioni sono operate dal sistema Diogene sulla base del confronto (distanza)
tra le lacune di conoscenza delle persone (skill-gap) e le esigenze di professionalità dei
ruoli.
1
Aiuto, G. & Galbiati, M.
Le indagine retributive: le decisioni di politica retributiva, l'analisi, la
valutazione delle posizioni con il metodo Hay, in Costa G. (a cura di)
Manuale di gestione del personale, vol. 3, Torino UTET, 1992
2
Sugli indicatori di prestazioni nell'ambito dell'attività di ricerca e universitaria vedi: www.cnsvsu.it ovvero www.eoncology
3
Traversa, G.
La metodologia DIOGENE per la valutazione dei fabbisogni formativi .
Dispense SSPA 2003
La metodologia e lo strumento DIOGENE diventano quindi uno strumento utile ai responsabili
dell’ufficio del personale e della formazione di una amministrazione, ma può essere utilizzato da ogni
funzionario o dirigente per scopi quali:
• valutare la capacità dell’amministrazione nel valorizzare la sua professionalità e quella di
altri;
• spiegare in modo oggettivo e convincente una richiesta di partecipazione a iniziative
formative;
• analizzare possibili ruoli alternativi e verificare una strategia formativa adeguata.
Il sistema consente di costruire una base dati di riferimento del personale con la storia dei ruoli svolti,
della formazione fruita, delle conoscenze possedute in aree anche diverse da quelle dove ha operato;
Questo sistema si presta anche a sostenere i processi di comunicazione all’interno e all’esterno
dell’amministrazione (per esempio con altre amministrazioni), in relazione alle politiche del
personale ed ai progetti di sviluppo delle risorse umane.
Il modello di riferimento
La tabella in figura schematizza il modello di riferimento della metodologia DIOGENE
L' idea di base è che la coerenza tra la domanda di professionalità e l’offerta di prodotti didattici
possa essere caratterizzata in una doppia matrice come quella in figura:
Parametri
Parametri Q1
Persone
H1
H2
Q2
Qj
Hi
Qr
Qm
Dij
Hn
Prodotti
P1
P2
Pl
Olj
Pr
Figura 4
dove
H1, Hi, Hn,
sono persone fisiche di cui si vogliano misurare i fabbisogni formativi e valutare la
eventuale assegnazione ai corsi Pr
P1, Pl, Pr,
sono i possibili prodotti didattici (per esempio corsi classificati in piani formativi)
Q1, Qj, .. Qr, ..Qm sono aree di conoscenza e di professionalità che possono caratterizzare sia la
domanda di formazione dei soggetti che l’offerta di formazione dei prodotti didattici.
Dij
è la domanda di professionalità / conoscenza del Soggetto Hi sull’area Qj
Olj
è l' offerta di conoscenza del prodotto didattico Pl sull’area Qj
dj (P,H) = Oj - Dj è l’ eccesso (o la lacuna) di offerta del prodotto didattico P rispetto alla domanda del
soggetto H, in relazione all’area di conoscenza Qj
d+ (P,H) = SQR *SUMj (dj) **2 * gj (P,H)
è l’ eccesso di offerta del prodotto didattico P
rispetto alla domanda del soggetto H sul complesso delle aree di conoscenza / professionalità
d- (P,H) = SQR * SUMj (dj) **2 * hj (P,H)
è il difetto complessivo di offerta (lacuna) del
prodotto didattico P rispetto alla domanda del soggetto H sul complesso delle aree di conoscenza /
professionalità
dove
gj (P,H) = 1 se Oj > Dj , = 0 altrimenti
hj (P,H) = 1 se Oj < Dj , = 0 altrimenti
d (P,H) = SQR * SUMj (dj) **2
è la distanza complessiva tra prodotto didattico e
soggetto H ( tiene conto sia degli eccessi che dei difetti).
le tre quantità d+, d-, d, rappresentano così una misura della coerenza tra offerta e domanda, cioè quanto
l’ offerta didattica è in grado di soddisfare la domanda, in termini di eccessi e di lacune che presenta
l’offerta rispetto alla domanda di conoscenze e professionalità.
Nello spazio degli m parametri Q1, Q2, ..Qj, ..Qm, un particolare prodotto didattico rappresenta un punto
P che ha per coordinate i valori dell’ offerta delle diverse aree di conoscenza P (O1, O2, ..Oj, ..Om).
Analogamente un particolare soggetto rappresenta un punto H che ha per coordinate i valori della
domanda per le diverse aree di conoscenza H (D1, D2, ..Dj,..Dm). In tale spazio la quantità d (P,H)
rappresenta la distanza Euclidea tra i punti P ed H, le quantità d+(P,H)
e d-(P,H) rappresentano distanze (di tipo non Euclideo) che hanno componenti solo per quei parametri di
qualità che hanno rispettivamente l’ offerta maggiore o minore di zero.
Si tratta ora di definire come valutare la domanda di professionalità / conoscenze, cioè i fabbisogni
formativi di ogni persona in ogni ufficio D = (D1, D2, .. Dj, ..Dn), di come caratterizzare l’offerta dei
diversi prodotti didattici O = (O1, O2,..Oj, ..On) e di come produrre le diverse rappresentazioni della
domanda di formazione delle persone, dei processi organizzativi che svolgono nel loro ruolo, tenendo
anche conto delle conoscenze possedute, della offerta di formazione e della coerenza tra domanda e
offerta.
Il modello per la valutazione dei fabbisogni formativi
I possibili fruitori dei prodotti formativi vengono considerati singolarmente come persone e raggruppati
in profili professionali e in livelli di responsabilità. L’ idea è che, per esempio, un dirigente generale
responsabile di un’ area tecnica, come la contabilità analitica o il controllo di gestione, presenti una
domanda di conoscenze, per esempio sulle teorie dei costi o delle performance, o delle strategie
(componenti di conoscenza Q dell’area), diverse da quelle di un livello di responsabilità inferiore dello
stesso ufficio o di un altro ufficio che svolga processi diversi ma che coinvolgono problemi di misura di
performance.
Ogni gruppo di persone (segmento: omogeneo per livello, ufficio, processo) presenta quindi in generale
una differenza significativa in relazione alle esigenze di formazione espresse attraverso le aree di
conoscenza Q1, Q2,..
I fabbisogni formativi di ogni persona o segmento possono essere espressi con due modalità:
a. assegnazione diretta. Per ogni area di conoscenza e per ogni soggetto viene assegnato un voto
(un intero 1 a 5 con i rispettivi significati: molto scarsa, scarsa, media, alta, molto alta). Ad ogni
voto corrisponde una esplicita descrizione del livello di conoscenze corrispondente.
Tali voti quindi sintetizzano la valutazione delle esigenze per quel soggetto su quella specifica area
di professionalità.
Tale valutazione sarà una interpretazione sintetica, soggettiva di quello che la persona dovrebbe sapere (o
di una conoscenza di cui già dispone), nelle diverse aree di conoscenza che lo riguardano. Tale
valutazione può essere operata dal soggetto interessato o dal suo superiore. Tale metodo di assegnazione
diretta ha il pregio della semplicità ma il difetto della mancanza di un legame esplicito, documentabile,
con le attività che il soggetto svolge (processi) nel suo ufficio, o che deve o vuole svolgere nel futuro.
b. assegnazione indiretta, attraverso i processi organizzativi. La valutazione viene operata in tre
fasi:
Fase 1. viene prima valutato l’impegno sui processi: per ogni ufficio vengono individuati i processi
organizzativi fondamentali (macroprocessi), eventualmente dettagliati nelle attività che li compongono
(microprocessi). Ad ogni macroprocesso e per ogni profilo professionale, viene assegnata una percentuale
di impegno rispetto all’impegno complessivo dedicato all’ufficio:
F = (F1, .., Fr, .. ) sono i macroprocessi dell’ufficio
Uir
è la percentuale con cui il segmento Si è impegnato nel macroprocesso Fr
Fase 2. vengono quindi valutate le esigenze di conoscenza nei macroprocessi: ad ogni
macroprocesso e per ogni area di conoscenza / professionalità viene attribuito un voto da 1 a 5, che
esprime la “intensità” con cui quel macroprocesso richiede quell’area di conoscenza.
Drj
esprime con un voto di intensità la domanda di professionalità / conoscenza del
macroprocesso Fr rispetto all’area Qj.
Il significato del voto di intensità rispetto al livello di conoscenza è quello espresso nelle Dij descritto in
fase 2
Fase 3. Può così ricavarsi la domanda Dij del profilo professionale Si per l’area di conoscenza Qj
con la formula seguente:
Dij = SUMr (Uir * Drj)
Tale domanda è quindi espressa come somma della domanda dei
diversi macroprocessi Drj, pesata con le relative percentuali di impegno Uir.
Il fabbisogno formativo di un soggetto. Per ogni persona coinvolta nel processo formativo può ora
venir valutato il fabbisogno formativo, come differenza tra il livello di conoscenza che il soggetto
possiede nelle diverse aree di conoscenza e la domanda di conoscenza prevista per il suo profilo
professionale in quel particolare ufficio.
La rilevazione di tale fabbisogno formativo o skill-gap è quindi:
SGij = SOij – Dij (skill gap) è la conoscenza / professionalità di cui ha bisogno il soggetto. Tale
fabbisogno formativo viene espresso come differenza tra quello che deve sapere (Dij) e quello che già
conosce (SOij).
dove:
Dij è la domanda di conoscenza / professionalità del profilo professionale dell’ufficio a cui appartiene il
soggetto Hi, sull’area di conoscenza Qj
SOij è la conoscenza / professionalità posseduta dal soggetto Hi, sull’area di conoscenza Qj. Tale livello
di conoscenza viene espresso dal soggetto interessato in un questionario dal quale seleziona un massimo
di 10 aree di conoscenza, ad ognuna delle quali attribuisce un voto di intensità della conoscenza posseduta
Il modello dell’ offerta didattica.
La precedente valutazione dei fabbisogni formativi e le loro rappresentazioni per ufficio, per area di
conoscenza, per profili professionali e relative combinazioni, consentono di guidare la progettazione di
corsi di diversa natura in grado di soddisfare la domanda didattica già identificata. L’offerta didattica non
è il frutto di un raggruppamento automatico delle aree di conoscenza associate a valori di domanda
elevate, nè di un algoritmo che elabori le precedenti valutazioni dei fabbisogni formativi.
I corsi vengono progettati tenendo conto delle precedenti matrici ma anche di altri elementi che
riguardano le caratteristiche del contesto, prassi già consolidate in materia di formazione, specifici vincoli
o indicazioni normative.
L’offerta didattica è costituita da un insieme di corsi espressi da:
• aree di conoscenza / professionalità coinvolte nel corso;
• voto di intensità dell’offerta del corso su quell’area di conoscenza. Tale voto esprime sinteticamente il
livello di approfondimento previsto da quel corso in quell’area. Ad esempio in un corso sul controllo
di gestione in ambito pubblico possono essere previste aree quali: classificazione dei costi, indicatori
di performance, contabilità finanziaria pubblica,.. Questi argomenti o aree di conoscenza /
professionalità possono essere trattati a livelli di approfondimento diversi , quali ad esempio il livello
di “utente” o di “alfabetizzazione” più o meno approfondita, il livello tecnico, il livello specialistico.
La classificazione delle aree di conoscenza riportate in appendice sono una esemplificazione utilizzata
dalla Funzione Pubblica per alcune sperimentazioni.
I risultati di Diogene
I risultati dell’utilizzazione del sistema possono ricondursi alle rappresentazioni seguenti
Le elaborazioni
Possono classificarsi in tre tipologie:
• Il fabbisogno formativo (profilo della domanda)
o Il fabbisogno formativo per profilo professionale, per ufficio, per amministrazione, per
area di conoscenza (le lacune di conoscenza delle persone nei ruoli)
o Lo skill – gap per persona, per ufficio, per amministrazione, per area di conoscenza
o Ordinamento dello skill – gap per aree di conoscenza per persona. Questa elaborazione è,
insieme alla successiva, la informazione guida per la progettazione dei prodotti didattici e
per le relative priorità
o Raggruppamento delle persone per aree di conoscenza, in ordine decrescente di skill –
gap. Questa elaborazione esprime quali persone debbono andare a seguire corsi su quali
temi - aree
• Il profilo dell’offerta
o I corsi con le relative aree e i voti di intensità di offerta
• La coerenza fra domanda e offerta
o I corsi con le relative aree e, all’interno di un’area, le persone con valori di skill – gap
decrescenti e le relative informazioni anagrafiche
o Per ogni corso le tre distanze d, d+, d- con le relative persone ordinate alternativamente
per valori decrescenti di d+ (spreco di professionalità), per valori decrescenti di d(lacune nella professionalità), per valori decrescenti di d (coerenza complessiva)
Nella figura 5 sono illustrati il fabbisogno teorico e le conoscenze possedute per un soggetto X con la
qualifica Y, nell’ufficio Z. La figura esprime uno skill-gap di una unità nelle conoscenze nelle aree di
comunicazione, lingua inglese, informatica, diritto pubblico. Indica quindi un fabbisogno moderato in
questi temi, mentre appare perfettamente allineato nelle altre aree di conoscenza che riguardano i suoi
processi di lavoro.
Lo strumento e le fasi applicative della metodologia
La metodologia DIOGENE procede secondo i passi seguenti:
Passo 1: La missione dell' ufficio (Scheda 1).
Acquisire maggiore consapevolezza sulla ragion d’essere dell’ufficio, come l’ufficio intende svilupparsi,
cosa vuole diventare
Passo 2: dalla missione ai macroprocessi, prodotti – servizi, microprocessi (Scheda 2).
Partendo dalla missione vengono rilevati i macroprocessi (FA, FB,..) che consentono di perseguire la
missione (come) . Per ogni macroprocesso viene identificato il relativo prodotto del processo Ogni
macroprocesso puo' essere ulteriormente suddiviso in microprocessi (FA1, FA2,.FB1,..) ai quali sono
associati i relativi prodotti (intermedi) (OA1, OA2, OB1,..).
Passo 3: i fabbisogni formativi. (Scheda 3)
In questa fase vengono identificati:
• i profili professionali degli uffici di cui rivuole caratterizzare domanda di professionalità e offerta
di formazione;
• le persone verso cui orientare le valutazione di domanda e offerta di professionalità
• le aree di conoscenza con cui caratterizzare conoscenze e professionalità
• le percentuali di impegno dei profili professionali sui diversi macroprocessi
• l’intensità con cui ogni macroprocesso richiede conoscenza e professionalità delle diverse aree
• la conoscenza e la professionalità possedute da ogni persona
• il fabbisogno formativo di ogni persona come skill –gap (conoscenze necessarie – conoscenze
possedute)
Le precedenti quantità consentono di esplicitare i fabbisogni formativi di profili professionali e di
persone fisiche in modo quantitativo, attraverso i diversi voti di domanda.
Passo 4: la caratterizzazione dell’ offerta di formazione (Scheda 4)
In questa fase vengono progettate le diverse iniziative didattiche che costituiscono l’offerta di prodotti
formativi con cui confrontare i soggetti con i loro fabbisogni formativi. Per ogni area di conoscenza
vengono definiti contenuti di dettaglio.
Passo 5. rappresentazione dei risultati.
In questa fase vengono prodotte e interpretate le diverse elaborazioni precedentemente elencate.
3. La valutazione dei fabbisogni formativi: metodi e tecniche di analisi (Atonella Sinapi)
Introduzione
Uno dei trend più affermati nell’ambito della formazione è la crescente attenzione da parte delle aziende e
delle amministrazioni pubbliche verso i fabbisogni formativi dei propri dipendenti. Anche rispetto al nuovo
paradigma di fare formazione attraverso l’e-learning, gli analisti hanno osservato la presenza di un
fenomeno che è andato al di là delle loro stesse previsioni e cioè una maggiore attenzione ai discenti,
piuttosto che alla tecnologia.
L’eLearning di fatto non apporta sostanziali cambiamenti nelle motedologie applicate all’analisi dei
fabbisogni formativi; è il processo di rilevazione che è maggior mente influenzato dal supporto tecnologico.
Ci si focalizza sempre di più sui momenti di assessment (self, pre, post,….) e questo perché grazie all’elearning è possibile confezionare dei corsi ad hoc, personalizzati secondo le singole esigenze di ogni
discente.
Altrettanto importante è l’allineamento degli obiettivi della formazione agli obiettivi strategici dell’azienda
perché solo in questo modo si ottiene un beneficio diretto sulle prestazioni e sul risultato di business
aziendale.
Allineamento della formazione agli obiettivi strategici
Le aziende e le Organizzazioni hanno generalmente settori separati che si occupano rispettivamente della
definizione degli obiettivi strategici e della formazione dei dipendenti. Altrettanto spesso, questi due settori
aziendali non comunicano affatto, o non lo fanno nei tempi e modi opportuni. Il risultato è che quasi sempre,
i Curricula formativi non sono allineati agli obiettivi strategici da conseguire.
Per collegare gli obiettivi della formazione a quelli strategici dell’azienda, l’organizzazione della formazione
deve focalizzarsi sul miglioramento delle Performance dei dipendenti, stabilendo per ogni corso di
formazione gli obiettivi da perseguire, i risultati da ottenere, il contenuto e la direzione del corso. Tali
obiettivi dovranno essere definiti al termine di un processo a cascata che parte dalla considerazione degli
obiettivi strategici aziendali, secondo il diagramma riportato nella figura seguente.
Strategic Objectives: What the organization, as a whole, sets as business objectives for any
particular period (or set of periods). From Strategic Objectives, we can determine…
Performance Objectives: These are business objectives that determine what a particular
department, division, or business unit must accomplish. From Performance Objectives, we can
determine…
Required Behaviors: Actions that people within the organization must take to support
achievement of specific performance objectives or more general strategic objectives. From
Required Behaviors, we can determine…
Skill Gaps: The difference between the skills people in the organization need in order to
demonstrate the required behaviors and the skills they actually have. From Skill Gaps, we can
determine…
Learning Objectives: A description of a behavior, performance, or skill learners should be able
to exhibit following a course or other learning intervention. Note that learning objectives should
describe the result of instruction rather than the process of instruction.
© Copyright Accenture 2003
Con un tale approccio, la formazione, anche al livello micro, sarà finalizzata e strutturata per supportare gli
obiettivi strategici aziendali.
Approccio implementativo per un progetto di e_Learning
Di seguito viene descritto l’approccio precedentemente descritto nell’ambito di una iniziativa di e-Learning
© Copyright Accenture 2003
eLEARNING
VISION
AND STRATEGY
eLEARNING
CAPABILITY
DESIGN
eLEARNING
CAPABILITY
DELIVERY
eLEARNING
CAPABILITY
OPERATION
PROJECT AND PROGRAM MANAGEMENT
eLearning Visione and Strategy
Nella prima fase vengono identificate le strategie e gli obiettivi del progetto.
Gli step principali di questa fase sono:
- valutazione dell’ambiente sia da un punto di vista tecnologico che da un punto di vista
organizzativo
- Identificazione delle aree da indirizzare con l’iniziativa di e-learning (analisi dei fabbisogni)
- Mapping degli obiettivi strategici sugli obiettivi di formazione
- Definizione del modello concettuale di e-learning
- Idendificazione di scenari alternativi di delivery (erogazione/fruizione)
- Il business case dell’iniziativa di eLearning
eLearning Capability Design
Nella fase di disegno vengono definiti:
- i curriculum
- i contenuti chiave dei learning objects
- la software selection
- i processi di e-learning
Ai curriculum corrispondono sia delle professionalità target che dei percorsi formativi per raggiungere tali
professionalità. Un percorso formativo è formato da un insieme di oggetti formativi (corsi, web seminar,
virtual classrooms, web conference, etc …) Attraverso la skill gap analys effettuata sulla base di assessment
preliminari da parte del discente e sulla base dei requisiti di formazione richiesti dall’azienda, il sistema di elearning proporrà al discente lo skill track da seguire (sottoinsieme del percorso formativo associato alla
professionalità target e già commisurato alle conoscenze già acquisite da parte del discente).
eLearning Capability Delivery
Nella fase di delivery si sviluppano i contenuti e l’infrastruttura tecnica di erogazione; Si definisce il piano di
roll-out e generalmente si definisce un progetto pilota
eLearning Capability Operation
Nella fase di Operation e si esegue il piano di roll-out e si fornisce supporto ai fruitori. In questo ambito
sono particolarmente importanti le figure di mentor, tutor.
Metodi e tecniche di analisi per i fabbisogni formativi
Una “tecnologia matura” nell’ambito della formazione, con particolare riferimento all’analisi dei
fabbisogni formativi, è quella basata sul modello delle competenze.
L’ applicazione del modello delle competenze alla formazione è di fondamentale importanza poiché non
solo consente di ridurre in modo rilevante gli sprechi, indirizzando le persone verso quei corsi d cui hanno
effettivo bisogno, ma permette anche di tarare l’ entità dell’ impegno formativo in rapporto alle necessità
connesse ai ruoli. Se ad esempio una persona possiede la competenza relazionale a livello 2 su una scala da 1
a 5 (1 min/5 max) sarà per lei necessario raggiungere una competenza di 5 se si dovrà occupare di vendita
ma presumibilmente solo di 3 se dovrà svolgere un lavoro tecnico.
Un altro vantaggio, nel fare riferimento al modello delle competenze, é di poter accedere a dizionari delle
competenze già elaborati, che possono essere la base di partenza per poi individuare le competenze proprie
della struttura organizzativa che si sta analizzando.
Modello delle competenze
Seppure in Italia, il termine competenza identifichi maggiormente le conoscenze tecniche in realtà sono
impliciti nel concetto di competenza, oltre le conoscenze tecniche, caratteristiche intrinseche dell’individuo
come per esempio, le motivazioni (es. la tensione al risultato), i tratti stabili della personalità (es. il self
control), la visione o immagine di sé,
le capacità cognitive e comportamentali (es. il ragionamento
deduttivo). Sono quindi integrati in un unico termine ordini di fattori sicuramente diversi che tuttavia sono
collegati tra loro da legami causali: le motivazioni e la visione di sé ad esempio spingono una persona a
ragionare in un certo modo e quindi ad assumere alcuni comportamenti che divengono nel tempo tratti stabili
del suo carattere , così come del suo modo di lavorare.
A tale riguardo si può far riferimento ai lavori di Richard Boyatzis4, David McClelland5 , e di Lyle e Signe
Spencer 6, che hanno contribuito in modo determinante alla creazione del modello delle competenze .
"La competenza è una caratteristica personale legata ad una prestazione eccellente in un determinato ruolo";
recita una classica definizione; ma quello che fa del concetto di competenza uno strumento particolarmente
duttile, è che a definire una competenza contribuiscono: abilità, conoscenze tecniche-specialistiche,
motivazioni, tratti di personalità, atteggiamenti, valori, interessi. Le abilità e le conoscenze tecnichespecialistiche sono gli aspetti di superficie; più facilmente individuabili e valutabili, gli altri sono aspetti
profondi più difficili da cogliere. Ma già il solo parlarne fa comprendere come in un singolo atto, previsto da
uno specifico ruolo, sia sempre coinvolto tutto l'individuo (crf par XXX).
La storia
Il modello delle competenze nasce agli inizi degli anni ’70 quando David Mc Clelland, uno
psicologo americano di notevole fama, particolarmente apprezzato per i suoi studi e test sulla motivazione,
fu incaricato di riprogettare la selezione dei funzionari del FSIO (Foreign Service Information Officers), una
sorta di diplomatici dislocati all’estero per favorire l’approvazione ed il consenso della politica americana nel
mondo. Considerando la scarsa efficacia dei test attitudinali fino a quel momento utilizzati, in termine di
basso rapporto tra i risultati dei test ed il successo nel lavoro, Mc Clelland decise di costruire egli stesso, uno
strumento di selezione, che si basava su indicatori raccolti attraverso l’analisi dei comportamenti di alcuni
diplomatici inseriti da diversi anni nei vari ruoli e considerati come eccellenti.
La validazione di tale raccolta fu poi eseguita attraverso il metodo di validità concorrente per gruppi
contrapposti che non è altro che un metodo di validazione dei test utilizzato in psicometria; Mc Clelland
scelse quindi un nuovo gruppo di diplomatici e verificò se coloro che maggiormente mettevano in pratica i
comportamenti descritti erano anche coloro che erano valutati come superiori nelle performance.
La risposta positiva a questa verifica costituì i presupposti per lanciare questo nuovo metodo basato sul
modello delle competenze che verrà utilizzato in seguito nell’ ambito della psicologia industriale, tramite la
Mc.Ber & Company, di cui Mc Clelland era fondatore e presidente. Il metodo fu poi ripreso da altri
psicologi come Byham della Dimension Develompment International e Thornton III° della Colorado State
University, e oggi, è divenuto un modello di individuazione e definizione delle competenze consolidato che
ha dato luogo a centinaia di tipologie di repertori diversi.
4
R.E.Boyatzis, The need for close relationships and the manager's job, Boston, McBer, 1973.
5
D.C.McClelland, A competency model for human resource management specialists to be used in the delivery of the
human resopurce management cycle, Boston, McBer, 1975.
6
L.M.Spencer, S.M.Spencer (1993), Competenza nel lavoro. Modelli per una performance superiore, Milano, Franco
Angeli, 1995.
L’intelligenza emotiva
Strettamente legato al modello delle competenze c’è il concetto di “Intelligenza emotiva” portato alla ribalta
da Daniel Goleman 7, che ben descrive le competenze legate alla sfera personale ed alla sfera sociale
L’intelligenza emotiva è una miscela equilibrata di motivazione, empatia, logica e autocontrollo, che
consente, imparando a comprendere i propri sentimenti e quelli degli altri, di sviluppare una grande capacità
di adattamento e di convogliare opportunamente le proprie emozioni, in modo da sfruttare i lati positivi di
ogni situazione.
Tutte queste sono abilità complementari ma differenti dall'intelligenza, ossia da quelle capacità meramente
cognitive rilevate dal Q.I., che rappresenta l'indice generale delle facoltà cognitive.
Un aspetto fondamentale a livello di formazione è che l'intelligenza emotiva, a differenza del QI, può essere
potenziata per tutta la vita e tende ad aumentare in proporzione alla consapevolezza degli stati d'animo, al
contenimento delle emozioni che provocano sofferenza, al maggiore affinamento dell'ascolto e della
sensibilizzazione empatica. La maturità stessa riguarda il processo attraverso il quale si diventa più
intelligenti circa le nostre emozioni e le nostre relazioni.
Alla base dell'intelligenza emotiva ci sono due grosse competenze, caratterizzate rispettivamente da abilità
specifiche.
COMPETENZA PERSONALE
Determina il modo in cui controlliamo noi stessi
Comporta la conoscenza dei propri stati interiori, preferenze,
risorse e intuizioni.
• Consapevolezza emotiva: riconoscimento delle
Consapevolezza di sé
proprie emozioni e dei loro effetti
• Autovalutazione accurata: conoscenza dei propri
punti di forza e dei propri limiti
• Fiducia in se stessi: sicurezza nel proprio valore e
nelle proprie capacità
Padronanza di sé
7
Comporta la capacità di dominare i propri stati interiori, i
propri impulsi e le proprie risorse
• Autocontrollo: dominio delle emozioni e degli
impulsi distruttivi
• Fidatezza: mantenimento di standard di onestà e
integrità
• Coscienziosità: assunzione delle responsabilità per
quanto attiene alla propria prestazione
• Adattabilità: flessibilità nel gestire il cambiamento
•
Innovazione: capacità di sentirsi a proprio agio e
di avere un atteggiamento aperto di fronte a idee,
approcci e informazioni nuovi idee, approcci e
informazioni nuovi
"Intelligenza emotiva" (Rizzoli 1997) e "Lavorare con Intelligenza Emotiva" (Rizzoli 1999)
Motivazione
Comporta tendenze emotive che guidano o facilitano il
raggiungimento di obiettivi
• Spinta alla realizzazione: impulso a migliorare o a
soddisfare uno standard di eccellenza
• Impegno: adeguamento agli obiettivi del gruppo o
dell'organizzazione
• Iniziativa: prontezza nel cogliere le occasioni
• Ottimismo: costanza nel perseguire gli obiettivi
nonostante ostacoli e insuccessi.
Tratto da “Lavorare con l'intelligenza emotiva” di Daniel Goleman pag. 42
COMPETENZA SOCIALE
Determina il modo in cui gestiamo le relazioni con gli altri
Comporta la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e
degli interessi altrui
• Comprensione degli altri: percezione dei
Empatia
sentimenti e delle prospettive altrui; interesse attivo
per le preoccupazioni degli altri
• Assistenza:
anticipazione, riconoscimento e
soddisfazione delle esigenze del cliente
• Promozione dello sviluppo altrui: percezione delle
esigenze di sviluppo degli altri e capacità di mettere
in risalto e potenziare le loro abilità
• Sfruttamento della diversità: saper coltivare le
opportunità offerte da persone di diverso tipo
• Consapevolezza politica: saper leggere e
interpretare le correnti emotive e i rapporti di potere
in un gruppo
Abilità sociali
Comportano abilità nell'indurre risposte desiderabili negli
altri
• Influenza: impiego di tattiche di persuasione
efficienti
• Comunicazione: invio di messaggi chiari e
convincenti
• Leadership: capacità di ispirare e guidare gruppi e
persone
• Catalisi del cambiamento: capacità di iniziare o
dirigere il cambiamento
• Gestione del conflitto: capacità di negoziare e
risolvere situazioni di disaccordo
• Costruzione di legami: capacità di favorire e
alimentare relazioni utili
• Collaborazione e cooperazione: capacità di
lavorare con altri verso obiettivi comuni
• Lavoro in team: capacità di creare una sinergia di
gruppo nel perseguire obiettivi comuni
Tratto da “Lavorare con l'intelligenza emotiva” di Daniel Goleman pag. 43.
Un caso applicativo: IUAV
In questo capitolo verrà descritta l’esperienza dello IUAV (Istituto Universatio di Architettura di Venezia)
svolta a partire dal 2001, relativamente ad un progetto focalizzato sullo sviluppo e sul consolidamento delle
competenze (intese come insieme di conoscenze8 e di capacita9 ) individuali e organizzative possedute o da
attrarre.
Obiettivi del progetto e metodo utilizzato
Lo IUAV, in coerenza con le opportunità offerte dalla stagione di riforme della Pubblica Amministrazione in
materia di organizzazione e gestione delle risorse umane, ha scelto la metodologia per competenze al fine di
supportare la propria scelta strategica in materia di valorizzazione e gestione delle risorse umane,
coerentemente con gli obiettivi di miglioramento, in termini di maggiore efficacia, della capacità di presidio
delle
attività
e
dei
servizi
erogati
all'utente
finale.
A tale scopo intende costruire un sistema permanente di monitoraggio delle competenze professionali
richieste dai diversi ruoli organizzativi e azioni formative mirate allo sviluppo e al consolidamento delle
competenze individuali del personale tecnico e amministrativo dell’ Ateneo.
Il metodo utilizzato dalla IUAV si è basato sui seguenti step:
• Analisi organizzativa;
• Ridefinizione dell’organigramma;
• Identificazione e definizione dei ruoli organizzativi (con il coinvolgimento del personale interessato
• Costruzione del dizionario delle conoscenze IUAV (con il coinvolgimento del personale interessato);
• Costruzione del Piano per la rilevazione delle capacità;
• Costruzione dei requisiti di ruolo (conoscenze e capacità);
• Applicazione del modello al sistema di gestione e sviluppo delle risorse umane (formazione,
selezione e reclutamento, progressione economica verticale, mobilità).
Modello delle capacità IUAV
AREA
GESTIONALE
LIVELLO
DIREZION
ALE
LIVELLO
COMPLES
SO
LIVELLO
BASILARE
•
Controllo
Decisione
•
Organizzaz
ione
•
Orientamen
to ai risultati
•
Programma
zione
•
•
Controllo
operativo
AREA
RELAZIONALE
•
Impostazion
e e conduzione
del gioco di
squadra
•
Presentazion
e di iniziative ed
opportunità
• Convinciment
o
• Gestione dei
gruppi e delle
riunioni
• Gestione delle
risorse umane
• Leadership
• Negoziazione
• Parlare in
pubblico
•
Comunicazio
ne verbale
AREA
INTELLETTU
ALE
•
Formulazio
ne di piani e
strategie
AREA
AREA
EMOZIONALE INNOVATIVA
•
Livello
direzionale
• Analisi
•
Autocontrollo
e gestione
dello stress
Gestione dei
conflitti
• Raccolta
ed
elaborazione
delle
informazioni
• Soluzione die
problemi
• Stesura di
rapporti e
relazioni
•
Risoluzione
dei problemi
•
•
•
•
Creatività
Pensiero
prospettico
Adattabilità
/ flessibilità
8
per conoscenze si intendono le conoscenze tecnico-individuali, vale a dire l’insieme del sapere e delle esperienze di
natura professionali acquisite e acquisibili con lo studio e con l’attività pratica.
9
per capacità si intendono i comportamenti organizzativi che consentono di raggiungere i risultati attesi connessi
all’attività presidiata
•
Iniziativa
•
Disponibilità
Organizzaz ai
rapporti
ione del proprio interpersonali
•
Lavorare in
lavoro
•
Programma gruppo
zione
del
proprio lavoro
•
Tenacia/rea
lizzazione
operative
•
•
Prpensione
al nuovo
Esempio di assessment per AREA FUNZIONALE/RUOLO
AREA FUNZIONALE= Controllo di Gestione
Ruolo = Controller
Passi preliminari:
•
•
Definizione set delle capacità necessarie
Definizione set delle conoscenze necessarie e relativi livelli (dipendenti dal ruolo)
Rilevazione dati dal candidato; valutazione punteggio totale.
Supporto tecnologico per i fabbisogni formativi
Porre i discenti al centro del proprio processo formativo e del proprio sviluppo è anche una delle forze
trainanti dell’’e-learning, la cui framework di riferimento vede l’analisi delle competenze (competency
assessment) e la valutazione comparata ai requisiti (skill GAP analysis) come il cardine sul quale impostare
il “piano personale” di formazione dei singoli discenti.
La valutazione dei fabbisogni formativi è anche una delle componenti chiave dei Learning Management
System (LMS) .
Le informazioni relative alla valutazione dei fabbisogni portano il focus sulle reali necessità dell’individuo
e rendono possibili decisioni razionali sulla base delle posizioni professionali (carriera), promozioni, aumenti
di stipendio, spese di training ed assegnazioni di lavori. Tali valutazioni possono anche servire per rendersi
conto di potenziali problematiche e guidare le eventuali azioni correttive.
In generale, i Learning Management System offrono robuste e potenti funzionalità per assistere le
organizzazioni nel collezionare ed utilizzare le informazioni delle valutazioni dei fabbisogni formativi.
Il motore di assessment di Aspen
Aspen di click2learn è una applicazione software della famiglia dei Learning Management System.
Aspen offre delle potenti funzionalità relative alla rilevazione dei fabbisogni formativi. Tali funzionalità
sono completamente integrate con le altre funzionalità offerte, consentendo di prendere pieno vantaggio
nelle informazioni memorizzate nei data base relative ai discenti, alle tipologie di lavoro, le organizzazioni,
gli skills, le competenze. Tale integrazione favorisce le varie fasi di creazione, distribuzione, raccolta ed
analisi delle rilevazioni dei fabbisogni.
Il motore per la valutazione dei fabbisogni formativi fornisce il supporto per misurare ed analizzare le
competenze all’interno di una organizzazione. Vengono forniti agli utenti degli strumenti di ausilio per
assemblare velocemente dei questionari al fine di valutare la conoscenza, gli skills e le competenze che
sono automaticamente costruiti su questionari modellati sui jobs target, sulla base di necessità specifiche
espresse dall’organizzazione o semplicemente sulla base di esigenze di cambiamento individuali.
Le domande sulla conoscenza, gli skills o le competenze possono anche essere selezionate manualmente. I
questionari possono essere assemblati dagli amministratori, dai managers o dagli impiegati e possono essere
completati da uno o migliaia di persone nello stesso momento.
Il motore per la valutazione dei fabbisogni formativi è estremamente flessibile nei tipi di domande che
possono essere chieste e nelle tipologie di scale valutative che possono essere attribuite alle risposte.
Definizioni multiple sui tipi di competenze possono servire come base delle domande – da una competenza,
skill o conoscenza semplice, ad un competenza, skill e conoscenza complessa, multi-livello, nelle quali la
valutazione delle parti è combinato per determinare una valutazione complessiva. In addizione, possono
essere create delle domande ad hoc per collezionare informazioni sul livello di soddisfazione, sulla cultura,
su aspetti demografici o altre aree di interesse non basate sulla competenza.
Può essere usata una gran varietà di scale di valutazione del tipo si/no o accordo/disaccordo, la scala Likert
(per esempio descrittori testuali ai quali è attribuito un punteggio numerico) o complesse multi-sentenze di
tipo comportamentale che sono collegate a dei punteggi (BARS Behaviorally Anchored Rating Scales )
Questa flessibilità permette agli utenti di scegliere un approccio per misurare la conoscenza gli skills o le
competenze nel modo che meglio aderisce ai fabbisogni dell’organizzazione - non in un modo dettato dalle
limitazioni del software.
Considerando le potenzialità di questo motore di assessment, anche la sicurezza diventa un aspetto
importante e generalmente viene implementata sia “role-based”, cioè in funzione dei ruoli asseganti ai
singoli utenti della piattaforma dell’LMS, sia a livello di singolo questionario .
Le opzioni a livello di questionario sono relative a chi può rivedere le informazioni raccolte, e che tipo di
informazione identificabile con i singoli soggetti è salvata nel database.
Inoltre Aspen offre anche un’ ampia selezione di report per esaminare i risultati dell’assessment sia a livello
individuale che di gruppo. Per esempio a livello individuale si possono trovare:
•
Valutazione a livello di competenza, skill o area di conoscenza
•
Valutazione comparata ai requisiti (gap analysis)
•
Valutazione comparata ad un’altra valutazione individuale
•
Valutazione comparata alla valutazione media di un gruppo
•
Valutazione comparata ai requirements di un altro lavoro
A livello di gruppo:
•
Somma della valutazione di un gruppo (per esempio dei tutti i report diretti)
•
Confronto della valutazione di un gruppo con un altro gruppo
•
Confronto delle valutazioni dei risultati di un altro questionario (per esempio per
valutare il progresso nel tempo)
La valutazione dei questionari può essere associata a profili individuali così come ricevute o modificate da
un manager in base alla considerazione di altri fattori. Una volta che sono nel profilo individuale, gli utenti
della piattaforma LMS possono beneficare dai tools analitici standard, come per esempio trovare una risorsa
appropriata per uno specifico lavoro o assegnazione, esaminare l’adattabilità o la preparazione rispetto a
lavori alternativi, condurre una gap analysis.
Il modello delle competenze implementato da SABA
SABA è uno dei più conosciuti software della famiglia dei Learning Management System.
SABA basa il suo motore di assessment sul concetto di Modello delle Competenze.
JOB TYPE
JOB ROLE
JOB ROLE
SKILL
SKILL
- Modello delle Competenze SABA Il Job Type è un tipo di lavoro che può comprendere uno o più Job Role (ruolo).
Il ruolo definisce le responsabilità e le funzioni che una risorsa svolge in un lavoro. A ciascun ruolo
vengono associate le singole competenze (Skill).
La competenza può essere uno skill tecnico o una capacità relazionale; può essere organizzata in gerarchie
multilivello. Attributi delle competenze sono:
¾ livello
¾ data di acquisizione
¾ data di scadenza
¾ criticità per un job role
Attraverso questo sistema possono essere erogati, per esempio i seguenti servizi, nell’ambito della gestione
delle Competenze:
¾ Basi dati di Competenze: fornitura di DB di competenze per famiglie professionali; tali famiglie
possono essere personalizzate in funzione delle necessità del Cliente
¾ Definizione del Job System Aziendale: Analisi dell’organizzazione del Cliente edefinizione di Job
Type, Job Role e skills
¾ Assessment delle Competenze esplicite: Rilevazione delle Competenze di un gruppo di risorse,
rispetto ad un ruolo o figura professionale
¾ Test delle Competenze; Test On Line per verificare le competenze rispetto ad un Target (Figura
Professionale, Ruolo, Certificazione Professionale).
¾ Assessment Competenze implicite: Rilevazione delle Competenze di un gruppo di risorse tramite
l’analisi del materiale consultato e, soprattutto, prodotto.
4. Aspetti metodologici nella valutazione dei fabbisogni formativi (Massimo Bianchi)
La relazione che segue comprende i risultati degli studi e ricerche svolte nell'ambito della valutazione dei
fabbisogni formativi nella P.A. La ricerca si e' svolta con rilevazioni ed interviste svolte secondo il seguente
programma :
Fig. 1 – Prospetto delle rilevazioni effettuate.
Enti Rilevati
Data
n° Questionari
Rilevazione
Enti di Stato Centrali e Periferici
29.01.03
21
Enti Locali 1
28.01.03
7
Enti Locali 2
06.02.03
15
Enti Locali 3
26.02.03
2
Comuni Cattolica, Riccione, S.Giovanni in Marignano
18
Relativamente alla formulazione dei questionari e relativa elaborazione sono state assunte le seguenti basi
teorico-metodologiche.
1. Contributo all'elaborazione del modello di valutazione dei fabbisogni formativi e relativo
questionario per la rilevazione dei dati..
Uno degli aspetti più carenti sia nella individuazione dei fabbisogni formativi ma anche nella risposta a tali
fabbisogni data dalla P.A Centrale e Locale è data dalla mancanza di una collocazione specifica degli
elementi del problema che tenga conto, particolarmente dal punto di vista organizzativo , delle coordinate
inerenti la struttura dell’ Ente cui ci si rivolge sia la sua collocazione territoriale.
Alla base di tale ricognizione è necessario quindi avere ben chiaro come obiettivo quello di effettuare una
mappatura delle esigenze che si vogliono soddisfare e la cui valenza metodologica deve essere applicata,
anche secondo le acquisizioni del knowledge management, al processo di aggiornamento e formazione ( Fig.
2 ).
Fig. 2 – Il processo di Mappatura.
• Formazione
• Aggiornamento
• Cambiamento culturale
OBIETTIVI
GESTIONE
RISULTATI
RISORSE
•
•
•
•
Docenti
Ore corso
Materie trattate
Incentivi alla
formazione
Questi elementi, come detto, vanno collocati in opportune coordinate interne secondo un processo si
mappatura la cui architettura fondamentale è indicata a Fig. 3 . Queste coordinate sono strettamente legate
alla struttura organizzativa ed ai processi di gestione dell’ente e, per quanto riguarda gli indici di valutazione
delle prestazioni inerenti la formazione e aggiornamento, sono intrinsecamente legati al sistema degli indici
di controllo strategico e di gestione ed i cui dati si ritrovano nel Sistema Informativo di Gestione ( SIT )degli
Enti. Per quanto riguarda la collocazione esterna fa riferimento ai Sistemi Informativi territoriali ( SIT ) in
via di costituzione e implementazione presso gli Enti Locali e Centrali. Il maggiore problema che oggi si
deve affrontare in questo campo è dato dal coordinamento funzionale e sistemico fra SIG e SIT.
Un aspetto che attiene al processo di gestione è dato dal Controllo e Valutazione delle attività , aspetto che
rende necessario affrontare la problematica di Parametri ed Indici. Premesso che per Parametri si deve
intendere correttamente la unità di misura attraverso la quale ci quantifica la classe di fenomeni individuata
mentre gli indici sono dati dal rapporto fra parametri al fine di individuare rapporti di sviluppo ( nel tempo )
e composizione ( rispetto alla entità complessiva di un dato fenomeno ) , dobbiamo distinguere gli Indici
Strutturati da quelli Non Strutturati.
Fig. 4 - Indici Non Strutturati legati allo specifico processo di formazione, ai suoi costi e risultati.
N° Iscritti ai corsi
Ore di corso programmate
N° frequentanti
Ore di corso effettive
Costo delle docenze
Costo partecipanti ( Mancato reddito )
n° Progetti didattici presentati
n° Progetti di formazione finanziati
Costi materiale
Costi servizi di supporto
Trasferte
Valutazione corsi
Valutazione prove finali
™ Raffronto test iniziale/test finale
Molteplici sono gli indici che sono stati proposti per determinare la qualità e quantità dei fabbisogni
formativi nonché i risultati del loro soddisfacimento attraverso processi di formazione e aggiornamento (
Cfr. Fig. 3 ) .
Fig. 5 – Prospetto Indici Gestione e Rinnovamento che caratterizzano il sistema “Formazione”..
INDICI DI GESTIONE
INDICE
FORMULA BASE
COSA MISURA
ADEGUATEZZA
Risorse / Obiettivi
L’adeguatezza
degli
obiettivi
formativi alle risorse disponibili
ovvero la capacità di rendere
disponibili le risorse utilizzabili nel
processo formativo.
EFFICACIA
Risultati / Obiettivi
La capacità di raggiungere gli
obiettivi programmati.
EFFICIENZA
Risultati / Risorse
La capacità di ottenere i risultati
formativi prefissati
con date
risorse.
INDICI DI RINNOVAMENTO10
VARIAZIONE
( Consistenza Finale – Consistenza La variazione nel tempo degli
Iniziale ) / Consistenza Iniziale
indici legati al livello qualitativo e
quantitativo dei processi formativi.
TURNOVER
Entrate / Consistenza Iniziale
PERMANENZA MEDIA
( LEAD TIME )
Consistenza Iniziale / Uscite
10
La rotazione dei partecipanti attivi
e passivi al processo di formazione
.
Il tempo di completamento dei
processi di formazione.
Per comprendere meglio gli indici prendere come esempio il tempo di evasione di una pratica considerando come
Entrate le pratiche pervenute e Uscite quelle evase.
Negli ultimi tempi sembra tuttavia prevalere l’orientamento ad impiegate un numero ridotto di indici ma
strutturalmente collegati fra loro al fine di assicurare al processo di misurazione e connessa valutazione una
adeguata validità scientifica. Tale validità non è infatti collegata solo a corretti procedimenti di rilevazione
ed elaborazione ma anche all’effettivo impiego di metodologie standard e ripetibili, condizione queste ultime
che si possono assicurare attraverso una incontrollata proliferazione di parametri ed indici.
Per quanto riguarda gli indici strutturati i due gruppi di indici ai quali si vuole fare riferimento è dato da :
a) Per ciò che concerne i fabbisogni : Permanenza Media, Turnover e Saggio di Variazione ( T;V;E )
b) Per ciò che concerne i risultati : Efficienza, Efficacia , Adeguatezza ( EZ,EC,AD )
Scopo degli indici di gestione è quello di misurare il rapporto fra le componenti del sistema di gestione
mentre la funzione degli indici di rinnovamento è quella di misurare la velocità dei processi11.
2. La ricerca effettuata sulle carenze di competenza negli enti locali12.
La ricerca ha colto l’occasione del progetto dei Comuni di Cattolica, Riccione e S.Giovanni in Marignano
denominato PANEXT e rivolto a realizzare una integrazione dei rispettivi sistemi di Government e di
Gestione . Sin dalle prime battute le Amministrazioni hanno ribadito il loro orientamento ad un progetto di
elevato livello e di caratteristiche avanzate che coinvolgesse non solo il sistema di Government degli enti ed
il più operativo Sistema di Gestione ma anche il Sistema Informativo Territoriale . L’ipotesi base è stata
quella di un interscambio globale di dati che desse alle singole amministrazioni la possibilità concreta
,attraverso l’armonizzazione delle metodologie di management e la reciproca visibilità, di una gestione
integrata del territorio.
Questo progetto, proprio per il suo carattere avanzato ed anticipatorio di molti temi della Riforma collegati
alla ricerca , a livello degli Enti Locali, di dimensioni adeguate a soddisfare le esigenze dei Cittadini, è
iniziato con la consapevolezza che mancassero, negli Enti, gli strumenti culturali e le competenze necessarie
per ottenere i risultati previsti.
Per questo, uno dei primi passi è stato quello di programmare un lungo percorso formativo che si basasse
sulla reale situazione degli enti, in particolare per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti dei moderni
strumenti di gestione degli Enti Locali al fine di individuare, sulla base di questi, i fabbisogni formativi da
programmare e quindi da soddisfare.
La ricerca si è basata su un questionario13 elaborato dai soggetti in termine di Project work ovvero con il
supporto del Responsabile della ricerca sia in fase di somministrazione che di elaborazione in riferimento ad
alcune esperienze pratiche condotte nell’ambito di un primo programma di formazione. Esaminiamone i
risultati sulla base dei quesiti proposti.
1) Definire per sommi capi la Mappa Organizzativa del Settore di appartenenza.
2) Quali sono i livelli organizzativi immediatamente superiori e inferiori?
Alla prima domanda tutti hanno cercato, alcuni in modo molto dettagliato, di definire la Mappa
Organizzativa del settore di propria appartenenza.
11
Cfr. M.Bianchi, I sistemi organizzativi e le funzioni aziendali, Giappichelli , Torino 2001.
I dati sono stati raccolti ed elaborati con la collaborazione di Erica Santolini.
13
Composto di 12 quesiti semplici e complessi. Questi ultimi comportavano la conoscenza o rilevazione di dati
multipli.
12
Fig. 6 – Struttura base dei livelli organizzativi rilevati.
DIRIGENTE
(2)
POSIZIONE DI AREA
ORGANIZZATIVA
(2)
COORDINATORI
(0)
ISTRUTTORE
DIRETTIVO
(5)
ISTRUTTORI
PROGRAMMATORI
(3)
RESPONSABILI O CAPI
SERVIZIO
(6)
ANALISTI
PROGRAMMATORI
(1)
Se consideriamo una mappa organizzativa generica le persone che hanno risposto le troviamo così
posizionate:
• il 10,52% dei soggetti sono dirigenti;
• il 10,52% dei soggetti sono collocati nella posizione organizzativa;
• il 26,32% dei soggetti li troviamo nella posizione di istruttore direttivo;
• il 31,58% dei soggetti svolge attività di responsabili o capi servizio;
• il 15,79% dei soggetti svolge attività di istruttori, programmatori;
• il 5,27% dei soggetti è collocata nell’ analisi.
La Mappa che emerge é riportata nel grafico .
1) qual’ è il suo diretto interlocutore per la definizione degli obiettivi dell’area di sua
competenza? Le risposte sono :
• coordinatore responsabile SIC (5,26%);
• dirigente (52,63%);
• posizione organizzativa (10,53%);
• capo servizio o responsabile (5,26%);
• coordinatore o dirigente (5,26%);
• dirigente o istruttore direttivo (5,26%);
•
•
amministratore (5,26%);
assessore o sindaco (5,26%).
La maggior parte dei soggetti occupa posizioni intermedie nella struttura gerarchica dell’ Ente, pertanto
svolge ruoli dove è necessaria una più ampia collaborazione con gli altri soggetti per ottenere maggiori e più
precise informazioni.
1) A quanto ammonta approssimativamente il budget del suo settore per l’anno in corso?
Graficamente otteniamo una situazione per gli investimenti e l’ altra per l’ esercizio in corso.
Fig. 7 – Risorse assegnate in termini di investimenti e di esercizio.
ESERCIZIO
INVESTIMENTI
25%
25%
20%
20%
15%
15%
10%
10%
5%
5%
0%
0%
50.000,00 a
100.000,00
101.000,00 a
200.000,00
5.000,00
oltre
a
11.000,0026.000,00 a
10.000,00
a
a
41.000,00
25.000,0040.000,00
A questa domanda solo sei persone hanno dato una risposta, ciò dimostra che le restanti tredici persone non
sono al corrente di quante risorse economiche si sono stanziate attraverso il budget né per gli investimenti né
per l’esercizio in corso.
Questo dimostra che le informazioni di cui i soggetti dispongono sono troppo poche, pertanto l’
introduzione del sistema informativo di gestione è di fondamentale importanza per riuscire a creare un
TEAM che sappia e che possa svolgere il proprio lavoro nell’ ambito delle proprie competenze senza
limitazioni imposte da una mancanza di informazione, che sminuisce l’importanza del lavoro svolto a
qualsiasi grado della scala gerarchica.
2) A che punto è l’elaborazione del P.E.G. 2003 relativo alla Sua Area di Competenza?
Fig. 8 – Stato di elaborazione del PEG.
Dobbiamo
affrontare il
problema
21,05%
Ci stiamo lavorando Abbiamo
predisposto le
ipotesi di massima
50,00%
13,16%
Stiamo attendendo
il consuntivo 2002
Senza risposta
5,26%
10,53%
Si evidenzia una situazione di consapevolezza nella progettazione e realizzazione del Piano Esecutivo di
Gestione, questo dimostra che i vari soggetti partecipano attivamente, o sono protesi a farlo, nelle attività da
svolgere sia per l’ ideazione, sia per l’ ottenimento di pianificazione delle risorse disponibili da indirizzare
verso le varie iniziative.
1) Di quali informazioni di gestione vorrebbe disporre per migliorare le Sue decisioni?
Le risposte ottenute sono:
• Budget assegnato al servizio e ai progetti (10,53%);
• Conoscere gli obiettivi e le aggregazioni di budget (15,79%);
• Informazioni di carattere finanziario (5,26%);
• Maggiori informazioni sulle risorse umane (5,26%);
•
•
•
•
•
•
•
Indirizzi politici generali e linea PEG 2003 (5,26%);
PEG e indici (5,26%);
Lo stato di informazione degli altri settori e degli altri enti (5,26%);
Banca dati normativa anagrafica (5,26%);
Conoscenza delle esigenze(10,53%);
Non mi servono informazioni perché non devo prendere decisioni (5,26%);
Non c’è risposta (26,32%).
Dalle percentuali di risposta ci accorgiamo che c’è, a seconda dei ruoli svolti dagli interpellati, la voglia di
maggiori informazioni per riuscire meglio nella realizzazione del proprio lavoro; solo una piccolissima
percentuale dimostra una totale dissociazione dal volerne sapere di più solo perché il suo ruolo non gli
permette l’assunzione di decisioni.
1) Con gli altri settori del suo Comune vorrebbe intensificare il coordinamento per
migliorare la gestione della Sua Area?
Le indicazioni ricevute sono state le seguenti:
• Servizi finanziari (5,26%);
• Tutti: il SIT ha un ruolo trasversale ( 10,53%);
• Edilizia privata e ufficio tributi ( 5,26%);
• Servizi finanziari e area tecnica (10,53%);
• Bilancio (5,26%);
• Risorse umane, servizi informativi anagrafe (5,26%);
• Anagrafe e tributi (5,26%);
• Organizzazione aziendale (10,53%);
• Settore cultura e manifestazioni (5,26%);
• Sistema informativo e ufficio organizzazione (5,26%);
• Urbanistica, ragioneria e con le segreterie (15,79%);
• CED (5,26%);
• Senza risposta (5,26%).
Le percentuali della settima risposta quasi si equivalgono alle percentuali ottenute dalla sesta risposta, ciò
dipende dalla grande importanza data dai vari soggetti al proprio ruolo all’ interno dei vari settori e alle
diverse necessità che ogni grado della scala gerarchica può avere per riuscire ad avere una preziosa
collaborazione e integrazione fra chi è a livelli superiori e chi invece è a livelli inferiori. Da qui si può notare
un atteggiamento quasi unanime sull’importanza di ogni più piccola collaborazione, ai vari livelli, per
ottenere migliori e più efficaci risultati per tutti con meno spreco di risorse possibili.
1) Quali dei seguenti indici ritiene che meglio permettano di misurare le Sue prestazioni
manageriali? (Max. 2 )
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Stato di avanzamento dei programmi
Risorse a disposizione
Efficacia nel raggiungimento degli obiettivi
Ore di lavoro
N° ed ammontare economico delle determine
N° dei reclami aventi per oggetto il suo settore
N° degli utenti serviti
Ore dedicate alle riunioni di coordinamento
Grado di informatizzazione del servizio
I dati rilevati sono così espressi :
Fig. 9 – Significatività degli indici di misurazione delle prestazioni.
RISPOSTE
Risposte 3 e 7
“
7e9
“
1e3
“
3e9
“
3e4
“
2e3
“
1e9
“
2e9
PERCENTUALE DI RISPOSTE
15,79%
5,26%
36,84%
15,79%
5,26%
5,26%
10,54%
5,26%
Valutando le percentuali delle varie risposte, possiamo evidenziare una situazione in cui le categorie di
indici considerate più importanti sono proprio quelle che anche il progetto P.A. NEXT vorrebbe fossero presi
con maggiore considerazione, ovvero l’efficienza ( risultati/risorse), l’efficacia (risultati/obiettivi con una
percentuale superiore al 50%) e infine, ma non per importanza l’ adeguatezza ( risorse/ obiettivi).
Si può avanzare l’ipotesi che le risposte ottenute a questa domanda, facciano emergere, più di altre risposte,
la volontà dei vari operatori, di ottenere il migliore risultato utilizzando al meglio le risorse disponibili e
soprattutto indirizzarle verso quei settori che dimostrano di avere maggiori necessità ed esigenze.
1) Qual è il suo atteggiamento nei confronti della proposta di implementare il sistema di
controllo di gestione del suo Comune e di coordinarlo con il sistema informativo
territoriale?
2) Quale sia in proposito l’atteggiamento dei suoi colleghi?
Questo quesito è stato proposto utilizzando la tecnica del triangolo di Linner, uno riferito al singolo
intervistato e il secondo “ agli altri “, con i seguenti risultati :
Fig. 10 - Atteggiamento nei confronti del cambiamento.
Sul totale delle persone che sono state sottoposte al questionario l’89,47% è propenso, rispetto al progetto
P.A. NEXT, ovvero all’implementazione del sistema di controllo di gestione all’interno del proprio Comune
e al coordinamento di quest’ultimo con il sistema informativo territoriale, ad una adesione collaborativa e ad
una valutazione dei risultati e il 10,53 è propensa ad una adesione incondizionata. Ci accorgiamo che la quasi
totalità delle persone crede con forza alla realizzazione del progetto e ai buoni risultati che potrebbero
ottenersi dalla sua applicazione ( primo triangolo).
Una considerazione da fare, sulla base della risposte alla decima domanda (secondo triangolo), è che il
36,84% delle persone pensano che “GLI ALTRI” siano in una condizione di scetticismo nei confronti del
progetto, il 47,37% è indirizzato alla condivisione di un’adesione collaborativa e ad una valutazione dei
risultati, il 5,26% è indirizzato a vedere negli altri un atteggiamento di adesione incondizionata e il 10,53%
non ha espresso il suo giudizio sulla posizione degli altri soggetti. Vediamo quindi, che non solo la maggior
parte delle persone hanno un atteggiamento positivo verso una adesione collaborativa, ma ancora più
importante, è che ritengono l’atteggiamento altrui nella stessa direzione della propria.
Quale ritiene essere il modo di procedere più produttivo per la realizzazione di un
sistema integrato di gestione? ( una risposta su tre possibili date)
a) Definire esigenze e ipotesi progettuali e affidare la progettazione e realizzazione
ad un professionista esterno.
b) Definire esigenze e ipotesi progettuali ed affidare la progettazione e realizzazione
ad un coordinamento interno.
c) Definire esigenze e ipotesi progettuali ed affidare la progettazione ad un
professionista esterno e la realizzazione ad un coordinamento interno.
d) Senza risposta.
Riportiamo direttamente in grafico i risultati.
Fig.11 – Strategia di realizzazione del Sistema di controllo di gestione.
60,00%
50,00%
40,00%
30,00%
20,00%
10,00%
0,00%
risposta a)
risposta b)
risposta c)
risposta d)
Quanto tempo ritiene sia necessario nel Suo Comune per impiantare un adeguato
Sistema di controllo di gestione con il sistema informativo territoriale?
Meno di un
anno
0%
1-2 anni
26,32%
2-3 anni
(inserita)
5,26%
3-4 anni
Più di 4 anni
Senza risposta
26,32%
31,58%
10,52%
La maggiore percentuale di risposte esprime che il tempo necessario per implementare un adeguato
controllo di gestione integrato, sia all’incirca quattro anni, dato che fa emergere una duplice considerazione,
ovvero che il progetto è visto come un obiettivo importante da raggiungere ma nello stesso tempo difficile da
realizzare per diverse motivazioni (difficoltà dell’attuazione, scarse risorse disponibili, resistenza al
cambiamento, ecc..).
Conclusioni.
Generalmente è emerso un atteggiamento positivo nei confronti dell’attuazione/applicazione del progetto
P.A. NEXT all’interno dei tre Comuni coinvolti .
Ognuno ha espresso la propria convinzione rispetto ai diversi ruoli svolti all’interno dei vari Enti Pubblici di
propria competenza; per cui abbiamo di fronte risposte provenienti da molteplici gradi della scala gerarchica
che però convergono quasi totalmente verso una posizione unanime di fattibilità, dimostrando di credere
fortemente al raggiungimento degli obiettivi posti ( coordinare e integrare il SIT, SIG, e gli utenti) e pertanto
riuscire a ottenere una posizione tale, da portare questi Comuni non solo come esempio di attuazione del
progetto, ma come comuni guida da seguire da altri Enti Pubblici.
Queste Pubbliche Amministrazioni dimostrano di voler essere innovative , di essere propensi ad
ascoltare le esigenze dei propri utenti, a soddisfare le loro esigenze e soprattutto a mettere in atto un motore
capace di apportare modifiche tali da metterli al passo con i tempi, in modo tale da non risultare soggetti
passivi di fronte ai cambiamenti che si stanno verificando.
L’aspetto critico che e’ stato rilevato e’ rappresentato dalla valutazione dei risultati che, come e’
stato dimostrato nella parte precedente, e’ strettamente legato agli obiettivi formativi.
Sulla base dell’attuale livello di elaborazione del questionario Pec e Metodi e Strumenti, nell’ambito
degli Enti rilevati si può dire che un aspetto rilevante e’ rappresentato dai segnali che se ne possono trarre ai
fini della individuazione della fascia di competenze destinatarie della formazione e precisamente:
a) Progettazione, controllo strategico.
In genere la qualità è buona sia per quanto riguarda la cultura della legittimità, la pregna e la
congruenza.
b) Negoziazione, coordinamento.
Su questo argomento si hanno notevoli manchevolezze: non solo manca il coordinamento formalizzato fra i
diversi ambiti e livelli decisionali ma nella maggior parte dei casi la negoziazione non rappresenta un
esplicito aspetto della formulazione della strategia o dei piani di gestione quanto un aspetto informale
giudicato il più delle volte in modo negativo.
c) Direzione, controllo risultati.
La conoscenza degli obiettivi è limitata ed altrettanto limitata se non carente è la rilevazione di indici di
controllo che possano essere utilizzati nella valutazione delle prestazioni.
d) Attuazione, controllo impiego risorse.
Anche questo livello, insieme ad una sensibile autoreferenzialità , mancando una comparazione dei risultati
effettuata in modo razionale e continuo, la attuazione ed il controllo nell’impiego delle risorse difficilmente
danno luogo ad un apprendimento delle “buone pratiche “ trasmissibile sia all’interno dell’ente che fra gli
enti.
Il Paradigma di Valutazione.
Da queste considerazioni, considerate le grandi risorse che , dall’inizio della Riforma, vengono impegnate
da Enti Centrali e Periferici nella formazione di nuove competenze ed il persistere delle problematiche
segnalate, si può prospettare la necessità, nell’ambito delle ricerche sui processi di formazione ed
aggiornamento, di spostare l’attenzione sulla struttura dei processi di formazione ed aggiornamento per i
quali è necessario assicurare sia una adeguata qualità ma è altrettanto importante assicurare un confacente
turnover dei docenti, dei programmi rilevando anche l’assiduità dei partecipanti ai corsi di formazione , cosa
del resto richiesta con l’instaurarsi progressivo di un regime di valutazione sulla base dei crediti.
Nelle tabelle che seguono si ipotizzano alcune proposte da approfondire nell’ambito dei specifici contesti.
Fig. 12 – Indici di misurazione delle prestazioni dei sistemi formativi ( Paradigma base )
Unità
Organizzativa
PARAMETRI
Obiettivo
Risorsa
INDICI
Risultato
n° ore di corso
Budget
n° ore di corso
Servizio
effettuate
Aggiornamento programmate finanziario
stanziato
e Formazione
Miglioramento
Corsi
aggiornamento programmato
delle
conoscenze
professionali.
Corsi di
formazione
n° ore di
corso
Miglioramento
delle
conoscenze
professionali
realizzato.
n° partecipanti n° ore di n° partecipanti
ai corsi di
formazione
effettivi al
formazione
100% delle
ore previste
EFFICACIA EFFICIENZA
In quale
misura
abbiamo
realizzato il
risultato
previsto
In quale
misura
abbiamo
realizzato il
risultato
previsto
In quale
misura
abbiamo
realizzato il
risultato
previsto
Quante ore di
corso sono
state svolte per
ogni euro
stanziato.
Quale
miglioramento
è stato
realizzato per
ogni ora di
corso
effettuata.
Quante ore di
formazione
sono state
erogate per
ogni
partecipante
ADEGUATEZZA
Quante ore di
corso sono
state
programmate
per ogni euro
stanziato.
Quale
miglioramento
è stato
programmato
per ogni ora di
corso
predisposta.
Quante ore di
formazione
sono state
programmate
per ogni
partecipante
previsto
Fig. 13 – Indici di misurazione del rinnovamento dei sistemi formativi ( Paradigma base ).
Unità
PARAMETRI
INDICI
Organizzativa
elementi in uscita
u
n° Nuovi Corsi
Servizio
effettuati
Aggiornamento
e Formazione
consistenza
Ct0
n° Corsi
programmati
Partecipanti ai corsi
Corsi
che non si sono
aggiornamento
ripresentati
n° Partecipanti ai
corsi
n° docenti cui non è
stato rinnovato
l’incarico
n° complessivo
docenti impiegati
Corsi di
formazione
Variazione
Turnover
E
V
Variazione dei
In quale
corsi
misura sono
annualmente
stati
programmati. rinnovati i
programmi
corsuali
Variazione dei
In quale
partecipanti
misura
annui ai corsi. avviene la
rotazione
annuale dei
partecipanti
ai corsi.
Variazione del
In quale
numero dei
misura si è
docenti
rinnovato il
incaricati dei
corpo
corsi.
docente.
Permanenza
T
Quanto è durata
la
programmazione
di un corso.
Quanto dura in
media la
assiduità
pluriennale dei
partecipanti ai
corsi di
formazione.
Quanto dura in
media la
continuità
dell’incarico ad
un docente.
5. Training Public Manager: the Oregon experience (Lois Bronfman, PhD)
Introduction
Citizens, politicians, and academicians have given considerable attention over the last decade to the question
of the effectiveness of public managers in the many public bureaucracies within the United States. In the
name of reinventing government, managers must promote greater efficiency, more accountability, higher
levels of service, and often at reduced cost. They must have the skills of private sector managers as well as
those of the public sector manager. They are to transform the agencies over which they have control into
smooth running corporate-like entities that, if necessary, can compete for the delivery of services with the
private sector, and which function as “learning organizations” so as to ensure rapid response to change. 14
As if these demands are not enough, the work and workers that the managers manage are changing.
Technological advances as well as increased safety and environmental regulations are transforming how
work is done. In addition, many managers are seeing the composition of their workforce transform as the
baby boomers retire, and the labor force becomes increasingly diverse.
How do public managers acquire the skills to manage these demands and changes? What is their training
like? How do they meet the challenge of providing effective public management?
questions, we look at the experience of public managers within the State of Oregon.
To answer these
15
The Basic Model for Training of Public Managers
Given the demands on contemporary public managers, one might conclude that a rigorous mandated public
manager training program would be an obvious requirement for recruitment into managerial positions within
the State. However, such a requirement is not the case at this time. The basic model for public managers
who are seeking to acquire or increase their skills for management is entrepreneurial; i.e., each individual
organizes, manages, and assumes responsibility for getting the necessary training. There are, however, many
variations of this basic model. Individuals identify with certain occupations and they take their development
queues from those who are successful within the occupation; they attend meetings and share information,
they join professional associations, or subscribe to journals and magazines which promote the current
philosophies for their profession and for management within the profession. In addition, agencies often
identify and groom prospective managerial candidates for supervisory positions. When this is done, the
agency provides opportunities and encouragement to employees interested in acquiring training and
education by providing resources in the form of time and money to take classes. For example, for a number
14
For a detailed discussion of the issues confronting the modern public manager see Steven Cohen and William
Eimicke, The Effective Public Manager: Achieving Success in a Changing Government, Jossey-Boss:San
Francisco, 2002.
15
This essay does not discuss the job skill training offered to individuals in specific occupations such as police and fire.
of years during the 90’s it was common for some agencies to provide tuition reimbursement payments to
individual who choose to take courses at local colleges or universities. More commonly, dollars from the
training budget are used to finance courses offered in house or by other agencies.
Another way in which individuals are supported is by mentoring. An existing supervisor or higher level
manager consults with and supports the development of a specific individual within the organization.
Sometimes mentoring is formalized and the agency creates a mentor program to which employees can apply.
For the most part, however, the direction from the agency is informal. It is the responsibility of the
individual to identify needed course work and to convince his or her manager that the identified courses
relate to the job or will support the advancement of the individual into managerial positions.
16
Indeed,
demonstrating initiative in this regard is a criterion often used by existing managers to assess a worker’s
potential to be a manager.
The Agencies
The governmental structure of the Oregon State Bureaucracy promotes relatively independent administrative
agencies. Political oversight is relatively weak and reflects Oregon’s long tradition of nonpartisanship and
weak party control.17 As a consequence in many instances, authority and budgets decisions are decentralized.
Within this framework training and development is also decentralized.
Individual agencies and often
specific bureaus within the different agencies will have their own training budgets and will undertake to
support or provide training based on the interests and inclinations of a specific manager. There is often little
coordination between and within agencies. One manager will hire a consultant to provide project
management training for individuals on his staff and another manager from another agency will hire a
different consultant to provide the same training for her staff. Even when training is mandated by State or
Federal regulations (e.g., safety training or sexual harassment training) an individual agency will often make
its own arrangements to provide the training. Recent budget constraints have led to increased coordination
but the efforts are only in their early stages of development.
Many larger agencies have individuals or units that facilitate training and development for people within the
agency. These units are often located within the office of Human Resources or Personnel Services.
The
function of these offices is to provide a general strategy for training and development, to provide courses and
trainings, and to process the paperwork for training for individual employees and for consultants who
provide training. Over the years the responsibilities of these offices have expanded to include in additional
to the basic skill training for certain occupations (e.g., police and fire) to include trainings that focus on
16
Information based on interview with Lunn Oliver, Training and Development, Department of Administrative
Services, State of Oregon, December 10, 2003.
17
For additional information on Oregon bureaucracies see Doug Morgan, “Bureaucracy” in Oregon Politics, ed.
Richard Clucus.
managerial skills (e.g., project management)
and organizational development skills (e.g., communication,
team building, or conflict resolution). However, the budgets for these offices are often relatively small and
are sometimes dependent on revenues generated from fees charged for the classes.
The loss of revenues resulting from the recent tax payer revolt in Oregon as well as a declining economy has
made training organizations in the individual agencies particularly vulnerable despite the rhetoric found in
much of the business and public management literature which calls for investing in training for employees.
When the dollars dry up, the training function is often the first to be reduced or eliminated altogether. The
tuition benefits mentioned above, for example, are cut in many agencies during budgetary crises.
Direction from the State
Despite the decentralized nature of management training, the State does have a Statewide Training and
Development Services Staff located in the Department of Administrative Services.
18
Like the individual
training and organizational development units within individual agencies and bureaus, this group provides
training classes that are open to employees (and sometimes the public) statewide. The group offers specific
classes in the following areas: Project Management (certification and continuing education); professional
development classes (e.g., management and communication classes); computer classes for IT professional
and others interested in improving their desktop skills. In addition, the group provides a number of special
trainings and workshops as well as a variety of team building or customer service classes for employees of
the Department of Administrative Services. The classes are taught in collaboration with a local community
college and range in cost from several hundred dollars to over $3,000 These costs are usually paid for by the
employees’ agency.19
The 2004 Training and Development Strategic Plan calls for realignment of services and for great
coordination and control from the State office. The plan calls for beginning the process of establishing
essential core courses that all employees of the State will have to take and hopes to establish over time a
more rigorous plan for training of upper level managers. Interestingly at the State level the budget constraints
have contributed to the greater need for coordination and cooperation between agencies.
Despite this change it is still rare to find training provided based on a rational assessment of the specific
needs of an individual given his or her career goals or the needs of the organization. While such plans would
18
See their website http://statetraining.das.state.or.us/training/hitlist.lasso?&series=Certificatione.
The issue of who is ultimately responsible for paying for training frequently develops in discussion between
management and employees. Interestingly, in many cases the discussion concludes that the responsibility needs to be
shared between the employee and the employer.
19
seem to benefit both the employee and organization, the bias toward employee responsibility for defining his
or her own management training needs is strong. 20
The role of the Internet in training and consultants
Trainings provided through the internet have made limited in roads into the training activities of the
agencies. Some vendors market specific training packages which are purchased by some agencies. For the
most part, the model for training is the actual as opposed to the virtual classroom. At the State level efforts
to utilize the internet for training delivery is hampered moreover by the absence of a common platform for
all the agencies. Again, the State Training and Development Services Division has identified this issue and
sees providing a common platform as an important step necessary for development core skills for managers.
The bulk of training is provided by a cadre of in house training experts, private sector consultants or by
programs offered by colleges and universities within the region. There is some collaboration between
agencies, consultants and the universities. For example, the Portland Police Bureau as worked closely with
Portland State University to develop a masters program for police officers in public administration. On the
whole, the offerings are piece meal and structured by the interests of the consultant as much as the agency.
Summary
Despite the increased demands on public managers and the potential benefit to be derived from having
qualified and skilled managers to implement public interests, there is little from the experience of Oregon to
suggest significant change in how individuals acquire their management skills. While the training and
development has focused on providing classes that address the interests and develop the skills necessary for
successful managers, the responsibility for acquiring these skills is primarily voluntary and dependent on
individual initiative. Indeed, the willingness of employees to take the initiative to acquire training is often
viewed as an indicator of a person’s potential as a manager.
20
Certainly in some specific occupations like police, fire and maintenance there are specific work skills that are clearly
defined and for which agencies provide training. Even in these agencies, however, management training is still left
primarily up to the individual.
6. La valutazione dei fabbisogni formativi in una amministrazione pubblica. Un modello di
riferimento per la skill gap analysis. (Maurizio Potente)
Premessa
La formazione è una delle esigenze più avvertite nel processo di rinnovamento della PA. Molto si è
detto negli ultimi anni sulla inadeguatezza della cultura media del Dirigente e del Funzionario pubblico,
particolarmente orientata al formalismo burocratico e alle procedure amministrative e poco orientata al
perseguimento del risultato.
Il processo di rinnovamento in corso ha riorientato la cultura del burocrate verso conoscenze sempre
più aziendalistiche (sistemi di controllo e misurazione dell’azione amministrativa), tecnologiche (gestione
condivisa della conoscenza, reperimento delle informazioni diffuse sulla rete), orientate a specifiche
tecnicalità, di pertinenza dell’amministrazione di riferimento.
La Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione nel corso di questi anni ha operato in questa
direzione, mettendo a punto percorsi formativi, coerenti con le esigenze delle amministrazioni, orientate a
definire una nuova figura del Dirigente e del Funzionario pubblico.
D’altro canto, poco è stato fatto nell’ambito delle singole amministrazioni pubbliche, per dare
coerenza ai nuovi percorsi formativi dei dipendenti pubblici. La partecipazione a corsi di formazione e
aggiornamento è stata effettuata prevalentemente sulla base delle richieste dei singoli dipendenti, con un
atteggiamento premiante, nella migliore delle ipotesi, o addirittura discriminatorio in altri.
La necessità di dare rilevanza strategica alla formazione nella gestione delle risorse umane si è
affermata con forza negli ultimi tempi, generando l’esigenza di un attento processo di rilevazione dei
fabbisogni formativi all’interno delle amministrazioni pubbliche e di piani formativi coerenti con gli obiettivi
di fondo dell’organizzazione.
In conseguenza dei nuovi assetti istituzionali (riforma del Titolo V della Costituzione), molte
amministrazioni hanno modificato l’orientamento di fondo della propria attività, dal “saper fare” al “saper
gestire”, richiedendo professionalità profondamente diverse da quelle originariamente presenti
nell’amministrazione.
Ma come aiutare concretamente le Pubbliche Amministrazioni a formulare piani di formazione
coerenti con i nuovi obiettivi strategici, tattici ed operativi che si intendono perseguire? Quale modello
organizzativo deve orientare la formazione? Vogliamo che ciascun dipendente operi nella sfera ristretta delle
proprie competenze o che sia in grado di valutare le interazioni e le integrazioni con le altre componenti
organizzative e le altre amministrazioni? Come operare una corretta distinzione fra le professionalità da
formare all’interno della propria organizzazione e quelle da acquisire in outsourcing? E nel caso in cui
esistano delle attività “consulenziali” nell’ambito della propria amministrazione, quali devono essere le
professionalità in grado di valutare il corretto operato dei consulenti esterni? Come classificare le esigenze
formative di ciascun dipendente, in relazione alla posizione ricoperta nell’ambito dell’organizzazione? Qual
è il ruolo del Dirigente Pubblico nella gestione dei nuovi assetti organizzativi e formativi?
Si rende indispensabile una metodologia e degli strumenti software di supporto, in grado di orientare
le scelte formative dei Dirigenti Pubblici, partendo dall’analisi delle necessità formative ed individuando
percorsi culturali orientati a generare le professionalità di cui l’organizzazione ha bisogno per far fronte alle
nuove esigenze, colmando i “difetti di competenza” dei singoli dipendenti e guidando il processo di
allocazione delle risorse in maniera coerente con un piano condiviso anche con le organizzazioni sindacali.
L’esperienza maturata nell’ambito di questa ricerca, nella quale sono stati messi a disposizione una
metodologia ed uno strumento (DIOGENE) per la valutazione dei fabbisogni formativi all’interno di alcune
pubbliche amministrazioni centrali (Dipartimento per la Funzione Pubblica e per gli Affari Regionali della
Presidenza del Consiglio; Direzione Centrale per l’Arte e l’Architettura Contemporanee del Ministero dei
Beni Culturali e l’Accademia Nazionale dei Lincei, prestigiosa Istituzione culturale del nostro Paese), vuole
provare a fornire alcune risposte alle domande poste in precedenza ed a caratterizzare un nuovo modo di
intendere la formazione del dipendente pubblico.
La metodologia Diogene è stata illustrata in maniera diffusa dal Prof. Giuseppe Traversa, nel suo
contributo metodologico iniziale.
In questo documento saranno sviluppate alcune riflessioni sull’approccio metodologico all’analisi
dello skill-gap; saranno delineate alcune indicazioni metodologiche su come valutare le componenti di
conoscenza necessarie all’interno dell’amministrazione, coerentemente con la metodologia proposta; saranno
forniti elementi per colmare le lacune e gli sprechi di conoscenza individuati.
Un modello di riferimento per la skill-gap analysis
La skill-gap analysis è una disciplina sorta per adeguare la domanda all’offerta di lavoro: il continuo
mutamento delle professionalità richieste dal mercato del lavoro, postula un adeguamento costante dei
percorsi formativi, finalizzato a generare professionalità coerenti con le attese. L’apprendimento continuo, il
cosiddetto “long life learning” è diventato un fattore competitivo determinante nelle amministrazioni
pubbliche e private.
Ma quali sono i meccanismi per effettuare un bilanciamento fra le competenze possedute ed auspicate
all’interno di un’organizzazione? Come effettuare un’analisi esaustiva dei fabbisogni formativi di un sistema
organizzato?
Si possono individuare due tipologie di approcci per una rilevazione dei fabbisogni formativi che sia
coerente con le attese di una organizzazione:
• Approccio funzionale
• Approccio relazione
Tali approcci, coerenti con le teorie organizzative di McConnell e Peterson 21 sull’analisi dei
fabbisogni formativi nelle organizzazioni, prevedono di effettuare analisi che tengano presenti i nuovi assetti
organizzativi, giuridici e tecnologici nelle organizzazioni.
In entrambi gli approcci è necessario partire dallo studio della ragion d’essere dell’organizzazione,
studiarne le interazioni organizzative interne ed esterne, valutare gli attori con cui l’organizzazione
interagisce, le informazioni scambiate, gli elementi di valore generati, i prodotti servizi realizzati e le
professionalità necessarie a realizzarle. In altre parole è necessario focalizzare l’attenzione sulla mission e la
vision dell’organizzazione.
L’approccio funzionale
Nell’approccio funzionale, si parte dalla individuazione degli obiettivi strategici assegnati a ciascun
centro di responsabilità. Questo processo di individuazione degli obiettivi strategici, connesso alla
definizione della direttiva annuale, è un meccanismo ampiamente sperimentato nelle amministrazioni
centrali, finalizzato a generare coerenza con gli obiettivi di governo. Si tratterebbe di estendere lo studio alle
attività non propriamente strategiche, ma anche a quelle di natura “istituzionale”. In tal modo si terrebbe
conto della totalità delle attività svolte nell’amministrazione.
Nella fase successiva, si individuano gli obiettivi operativi, associati a ciascun obiettivo strategico e
le fasi di realizzazione. All’interno di ciascuna fase sono coinvolte delle risorse umane che partecipano alla
realizzazione degli obiettivi con la propria professionalità.
E’ in questo momento che si inserisce il modulo di valutazione delle professionalità coinvolte nella
realizzazione degli obiettivi e si misura lo scostamento fra le professionalità possedute e le professionalità
necessarie a realizzare tali attività: lo scostamento fra le conoscenze richieste e quelle effettivamente
possedute dal soggetto, rappresenta lo skill gap.
L’approccio relazionale
Nell’approccio relazionale o per processi il punto di partenza è rappresentato ancora dallo studio
della mission e della vision. La fase successiva dell’analisi organizzativa, finalizzata a definire lo skill gap, è
orientata all’individuazione dei processi organizzativi: vengono identificati i principali processi organizzativi
che hanno luogo all’interno delle organizzazioni, identificando le relazioni che intercorrono fra i vari attori
del processo e le professionalità richieste per realizzare le attività: anche in questo caso, lo skill gap è dato
dallo scostamento fra le professionalità richieste e quelle realmente possedute dal soggetto.
Nella metodologia Diogene, elaborata dal Prof. Traversa, nell’ambito del progetto di ricerca, si fa
riferimento all’approccio per processi.
L’analisi dei processi organizzativi rappresenta la parte più delicata dell’attività, poiché è necessario
far riferimento ai processi “reingegnerizzati”. Ovviamente la reingegnerizzazione dei processi non è il focus
principale dell’analisi, ma si raccomanda caldamente di effettuare l’analisi sul desiderato piuttosto che
sull’attuale: ciò consentirà di valutare le professionalità effettivamente necessarie alla nuova organizzazione.
21
“How to Identify Your Organization's Training Needs: A Practical Guide to Needs Analysis” by John H. McConnell,
January 2003; Training Needs Assessment: Meeting the Training Needs for Quality Performance (The Practical Trainer
Series) by Robin Peterson
Si riporta, a titolo puramente esemplificativo, un’analisi di processo condotta presso il Ministero per
i Beni e le attività culturali. Si fa riferimento ad un processo concreto dell’amministrazione: il procedimento
di autorizzazione per gli interventi su beni sottoposti a vincolo di tutela paesaggistica.
Sono evidenti le attività ed i ruoli esercitati dagli attori coinvolti nel processo. Il vantaggio dell’approccio per
processi sta nella visione d’insieme degli attori coinvolti e nella individuazione delle lacune culturali presenti
in tutte le amministrazioni coinvolte. Ciò può orientare a coinvolgere anche altre figure professionali nel
processo formativo. La visione dinamica del processo consente di verificare concretamente l’uso delle
professionalità nell’esecuzione concreta del lavoro, con la conseguente identificazione delle competenze
necessarie.
La matrice delle attività
L’analisi del processo reingegnerizzato, consente di individuare le attività nelle quali sono impegnate le
risorse, di cui vogliamo considerare il bilanciamento delle competenze.
Nella scheda di valutazione che segue (scheda 2: si vedano le schede in allegato, elaborate dalla Dott.ssa
Mastrangeli), vengono registrate le attività delle risorse coinvolte nel processo:
Codice Descrizione
Linea Linea di attività
Codice
Risorsa
Descrizione
Risorsa
%
di
impegno
nell’attività
Questa procedura di analisi consente di valutare il coinvolgimento di ciascuna risorsa nel processo e di capire
come opera ed agisce per realizzare il prodotto servizio generato dal processo.
I contenuti di conoscenza necessari a realizzare il processo.
Una volta individuati i processi e le attività, siamo in grado di identificare le componenti di
conoscenza necessarie. In allegato si riporta la scheda di valutazione di alcune delle componenti di
conoscenza necessarie a supportare i processi analizzati.
Naturalmente lo studio delle componenti di conoscenza è una fase molto delicata, poiché consente di
individuare quali sono le competenze necessarie a realizzare correttamente il lavoro. Tale fase deve essere
condotta in team fra l’organizzazione e il consulente formativo22.
Per valutare lo scostamento fra la professionalità posseduta e quella “ottimale”, si effettua una duplice
valutazione:
• Si richiede una valutazione da parte del Dirigente del Servizio sulle professionalità attese per
realizzare in maniera ottimale il lavoro (in una scala di valori fra 1 e 5);
• Si richiede, successivamente, una valutazione al personale coinvolto direttamente nel processo, sulle
competenze effettivamente possedute, nelle aree di conoscenza individuate dal Dirigente del
Servizio (nella stessa scala di valori);
Dalla analisi dello scostamento fra le conoscenze auspicate e quelle effettivamente possedute, si rileva lo
skill gap.
Amministrazione
Centro di responsabilità
Ufficio
Qualifica:
AREA CONOSCENZA
A1. Manageriale
Processi e attività
COMPONENTE CONOSCENZA
A101. Leadership
A102. Organizzazione
A103. Comunicazione
A104. Gestione per obiettivi
A105. Il nuovo modello dello Stato
A106. Gestione del cambiamento
P1
P2
A107. Valore del risultato:pubblico e privato
A108. Negoziazione
A109. Gestione gruppi di lavoro
A110. Etica e comportamenti organizzativi
A2. Professionale Tecnica
A111. E-government, E-governance
A201. Ragioneria sistemi contabili
A202. Sistemi di controllo
A203. Sistema finanziario e budget
A204. Pianificazione programmazione
A205. progettazione organizzativa
A206. Contabilità analitica
A207. Gestione, valutazione del personale
A3. Giuridico amministrativa
22
A208. Ingegneria dei processi
A209. Gestione della qualità
A210. Gestione della sicurezza
A211. Logistica
A212. Valutazione di progetti
A213. Gestione di progetti
A214. Valutazione della pianta organica
A301. Diritto del lavoro 1
Si veda in proposito Apprendimento e conoscenza nelle organizzazioni di Silvia Ghepardi e Davide Nicolini,
Carrocci, 2004
Ovviamente il ruolo del consulente organizzativo diventa essenziale per identificare le sopravalutazioni o
le sotto stime delle competenze necessarie: rappresenta la cerniera fra le attese del dirigente e le
aspirazioni del personale.
Il modello per la verifica dell’appropriatezza dei corsi.
I corsi sono articolati in aree di conoscenza coerenti con il contesto della specifica
amministrazione esaminata, tuttavia, esistono delle aree di conoscenza comuni a tutte le amministrazioni.
All’interno di ciascuna area di conoscenza è richiesto un voto di intensità dell’offerta del corso su
quell’area di conoscenza. Tale voto esprime sinteticamente il livello di approfondimento previsto da quel
corso in quell’area.
La valutazione del fabbisogno formativo del Dipendente è il risultato di una doppia valutazione:
• Lo skill gap fra la professionalità auspicata dal Dirigente e quella posseduta dal Funzionario;
• L’appropriatezza del corso a colmare le lacune di conoscenza del dipendente
Ancora una volta, fondamentale è il ruolo del consulente organizzativo nella mediazione degli interessi23.
La qualità organizzativa
Uno degli aspetti fondamentali della metodologia è la capacità di assegnare le persone ai ruoli
nell’organizzazione, prevedendo profili di conoscenza da assegnare alle persone che operano
concretamente nell’organizzazione.
E’ possibile cioè, non solo colmare gli skill gap delle persone presenti nell’organizzazione, ma
valutare la possibilità di “ruotare” i dipendenti, coerentemente con le conoscenze possedute.
E’ possibile ricavare la “professionalità tipo” da utilizzare in un ambito organizzativo e verificare
l’esistenza di fugure professionali coerenti, che possano essere riallocate più utilmente nell’ambito della
struttura.
Per un approfondimento della metodologia Diogene, si rimanda al modello concettuale
rappresentato dal Prof. Traversa nel suo contributo alla ricerca.
23
Training Needs Assessment: Meeting the Training Needs for Quality Performance (The Practical Trainer Series) by
Robyn Peterson, March, 1998
Parte II
Casi esemplificativi in alcune amministrazioni pubbliche.
1. La valutazione dei fabbisogni formativi nelle amministrazioni centrali dello Stato: un’applicazione
nelle istituzioni culturali (Alessandro Peluso)
PREMESSA
Il processo di riforma che ha investito la Pubblica Amministrazione nell’ultimo decennio ha
comportato uno svecchiamento dei processi amministrativi e ha reso necessario un potenziamento delle
professionalità e delle competenze in campo, sempre più diversificate e multidisciplinari. Un ruolo
fondamentale in questo processo deve essere svolto dal management pubblico, deputato all’attuazione del
processo di cambiamento, al fine di poter perseguire una maggiore efficienza ed efficacia dell’agire
amministrativo. In questa ottica si colloca il progetto di ricerca sulla valutazione dei fabbisogni formativi
nelle amministrazioni centrali dello Stato che, attraverso la rilevazione delle capacità possedute
dall’amministrazione nelle sue diverse articolazioni, mira a fornire lo strumento di conoscenza per orientare
l’offerta formativa necessaria a colmare il gap di capacità e competenze, che rappresenta uno dei punti di
debolezza del sistema amministrativo italiano.
L’attività di rilevazione oggetto della presente analisi è stata condotta attraverso l’utilizzo della metodologia
DIOGENE, elaborata presso la SSPA dal Prof. Giuseppe Traversa, ed è stata applicata alle amministrazioni
coinvolte nella ricerca (nel caso specifico di competenza l’Accademia Nazionale dei Lincei e la Direzione
Generale per l’Arte Contemporanea del Ministero dei Beni culturali), in accordo con i rispettivi referenti
interni.
L’analisi è stata condotta attraverso la somministrazione di questionari strutturati sulla base del
metodo skill-gap analisis, che ha consentito una rappresentazione delle aree e delle componenti di
conoscenza che vengono richieste ai dipendenti delle amministrazioni coinvolte, nonché il livello di
competenza che, in relazione alle singole componenti di conoscenza richieste, i dipendenti, per ciascuna
categoria, ritengono di possedere. Dalla comparazione dei dati si evince, quindi, lo scostamento tra le
capacità ritenute necessarie dall’amministrazione per lo svolgimento dei procedimenti e le professionalità
possedute dai dipendenti dell’amministrazione medesima (skill gap).
Il metodo di analisi risulta, pertanto, così strutturato:
o Analisi dei macroprocessi organizzativi e individuazione dei centri di responsabilità con le relative
articolazioni gerarchicamente sottordinate;
o Analisi dei principali processi organizzativi delle unità amministrative sottordinate;
ƒ Nell’ambito di ciascuna unità amministrativa e per ciascun processo organizzativo
analisi delle linee di attività e delle risorse impegnate in termini di tempo/uomo.
o Individuazione ex ante delle competenze richieste dall’amministrazione per la realizzazione di
ciascun processo amministrativo;
o Valutazione da parte del management dell’amministrazione delle componenti di conoscenza
necessarie allo svolgimento dei singoli processi organizzativi;
ƒ Gradazione delle componenti di conoscenza secondo una scala di valore per lo
svolgimento al meglio di ciascun processo (con punteggio ricompreso tra un minimo
di 1 e un massimo di 5 ).
o Individuazione delle competenze possedute da ciascun dipendente dell’amministrazione in relazione
ai processi organizzativi:
o Autovalutazione da parte di ciascun dipendente delle proprie competenze in relazione alle
richieste di competenza formulate dal management;
ƒ Autovalutazione da parte di ciascun dipendente di tutte le competenze possedute in
relazione al totale delle componenti di conoscenza analizzate (skill di ciascun
dipendente).
Dall’elaborazione dei dati censiti il modello DIOGENE consente, pertanto, la comparazione tra la domanda
di conoscenza operata dall’amministrazione e l’offerta di conoscenza presentata dai dipendenti, con la
generazione, nell’incontro tra domanda e offerta, della rappresentazione relativa al gap/incontro/surplus di
capacità in relazione alle competenze necessarie (rappresentazione dei fabbisogni formativi).
LA RILEVAZIONE
La raccolta dei dati è stata anticipata in via preliminare da colloqui con il management delle
amministrazioni coinvolte e tutta la metodologia è sempre stata condotta, in accordo con i referenti interni,
Eliminato: Centrale
Formattati: Elenchi puntati e
numerati
Formattati: Elenchi puntati e
numerati
Formattati: Elenchi puntati e
numerati
attraverso il sistema dell’intervista seguita dalla compilazione dei questionari, al fine di sciogliere l’eventuale
diffidenza generata dalla scheda di rilevazione, nel caso fosse intesa da parte del dipendente in termini di
valutazione tout curt.
Per la Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea, strutturata nei tre Servizi
di Affari generali e personale (Servizio I), Architettura e urbanistica contemporanee (Servizio II) e Arte
contemporanea (Servizio III) i macroprocessi organizzativi individuati dal management
dell’amministrazione sono risultati essere:
per il Servizio I – Affari generali e personale: 1) Affari generali e personale; 2) Funzionamento e
gestione servizi generali; 3) Bilancio, programmazione, contabilità e controlli di gestione; 4) Informatica e
documentazione multimediale; 5) Sicurezza L.626 e accertamenti sanitari;
per il Servizio II – Architettura e urbanistica contemporanee: 1) Promozione, ricerca e formazione;
2) Salvaguardia e tutela; 3) Attività espositive e iniziative culturali MAXXI;
per il Servizio III – Arte contemporanea: 1) Patrimonio pubblico di arte contemporanea e musei; 2)
Vigilanza; 3) Promozione.
Per l’Accademia Nazionale dei Lincei, strutturata nelle quattro unità organizzative della Segreteria
e affari generali, dell’Amministrazione, della Ragioneria e della Biblioteca, i macroprocessi organizzativi
individuati dal management dell’amministrazione sono risultati essere:
per la Segreteria e affari generali: 1) Pubblicazioni; 2) Rapporti con la stampa; 3)
Convegni/manifestazioni; 4) Premi/borse di studio; 5) Archivio; 6) Rapporti con l’utenza; 7) Rapporti
internazionali; 8) Attività istituzionali;
per l’Amministrazione: 1) Attività relativa alla gestione dei mandati di pagamento; 2) Adempimenti
amministrativi connessi alla gestione del personale dell’Ente; 3) Attività per il trattamento economico e
pensionistico del personale; 4) Attività connessa alla gestione della cassa interna; 5) Gestione contratti
manutenzione ordinaria; 6) Acquisizione fornitura beni e servizi; 7) Gestione beni immobili; 8) Supporto
giuridico-amministrativa e attività diretta alla produzione di atti amministrativi; 9) Monitoraggio della
giurisprudenza, dottrina, atti normativi e circolari; 10) Gestione della modalità di reclutamento di nuovo
personale; 11) Gestione missioni nazionali ed estere;
per la Ragioneria: 1) Emanazione di atti contabili; 2) Gestione bilanci; 3) Revisione bilanci in corso
d’opera; 4) Gestione della contabilità;
per la Biblioteca: 1) Incremento del patrimonio librario; 2) Trattamento del materiale librario; 3)
Gestione del servizio del prestito; 4) Attività di catalogazione; 5) Assistenza per le informazioni; 6) Gestione
per l’effettuazione di restauri; 7) Gestione per l’effettuazione delle rilegature; 8) Gestione del servizio delle
donazioni; Servizio riproduzioni e protocollo informatico.
CRITICITA’ E PROSPETTIVE
Occorre preliminarmente rilevare, come già evidenziato in precedenza, che grande importanza hanno
avuto i colloqui che hanno preceduto la somministrazione dei questionari, sotto un duplice aspetto: il primo
relativo ad una corretta interfaccia con le schede che in qualche caso non sono risultate prima facie
perfettamente intelligibili e si è resa necessaria, quindi, un’attività di tutoraggio ai fini di una corretta
compilazione dei moduli; la seconda relativa alla diffidenza che in taluni dipendenti la raccolta di
informazioni relative alle proprie conoscenze e competenze potrebbe suscitare in termini di attività di
valutazione da parte della propria amministrazione, con la conseguenza che i soggetti mappati tendono a
sovrastimare le proprie conoscenze con l’utilizzo di punteggi medio alti. Occorre, quindi, diffondere
preliminarmente il concetto di spin-off in termini di necessità di conoscenza in funzione di una crescita
formativa per il dipendente. Risulta, invece, ancora fortemente radicato il concetto di attività di formazione
legata alle categorie di appartenenza del dipendente, senza che il bagaglio di conoscenze già possedute possa
caratterizzare in termini qualitativi l’offerta formativa impartita.
Passando nello specifico all’analisi dei casi condotti, per quanto riguarda la Direzione Generale per
l’Architettura e l’Arte Contemporanea nelle sue articolazioni, occorre segnalare il riscontro di alcuni casi di
carenza di rappresentatività di alcune competenze specifiche, manifestata dal personale di formazione
prettamente umanistica o archittettonica, nella lettura dei modelli di rilevazione. Ciò è dovuto alla peculiarità
di predetto personale e alla recente riorganizzazione dei medesimi profili attuata dal Ministero per i Beni e le
Attività Culturali, in relazione alla necessità di dover fare fronte ai cambiamenti apportati alle tradizionali
attività di offerta museale. Tali problematiche sono risolvibili con una maggiore calibratura dei modelli per
la specifica realtà.
Eliminato: museale
Dall’analisi delle componenti di conoscenza richieste dal management si evidenzia nel complesso
una particolare attenzione per gli obiettivi di organizzazione, comunicazione e gestione per obiettivi (area
Manageriale gestionale); per la progettazione organizzativa, la gestione di progetti, la ragioneria, la
pianificazione e la programmazione (area Professionale tecnica) nonché per le conoscenze informatiche di
base (area Informatica) con una aspettativa medio-alta che si attesta mediamente intorno al valore 4 e che
assume caratteri di eccellenza per i massimi profili.
Con riferimento al Servizio I e II le elaborazioni evidenziano in maniera sensibile uno skill-gap
negativo per l’area Manageriale gestionale, in cui la richiesta di competenza da parte del management è
massima, ed in taluni casi per l’area Informatica. Il servizio III, al contrario, evidenzia casi di surplus di
conoscenze per l’area Manageriale gestionale e Professionale tecnica, mentre presenta carenze marcate per
l’area Informatica.
Per l’Accademia Nazionale dei Lincei emerge in maniera più evidente la richiesta di eccellenza da
parte del management amministrativo. Per tutte le unità organizzative la richiesta di conoscenza si attesta sui
valori più alti con la conseguenza che lo skill-gap, seppur negativo, non dovrebbe penalizzare lo svolgimento
dei processi.
Passando ad una breve analisi delle singole unità organizzative, per l’Amministrazione le principali
lacune si concentrano nelle aree Manageriale gestionale, Professionale tecnica e Giuridico amministrativa,
con valori, comunque, che rappresentano un livello di conoscenza da ritenersi elevato.
Per l’unità organizzativa della Biblioteca le elaborazioni sembrano, invece, adombrare una eccessiva
auto-valutazione del personale impiegato, con situazioni di surplus di conoscenza più spiccate per la
comunicazione, la gestione e la gestione per obiettivi (area Manageriale gestionale).
Per l’unità organizzativa della Ragioneria emerge una netta distinzione tra i profili più alti ai quali
vengono richiesti elevati livelli di conoscenza e i profili inferiori per i quali sono richieste, per le medesime
aree di conoscenza (area Manageriale gestionale e Professionale tecnica), competenze di grado minore, da
cui si desume una puntuale mappatura delle competenze, diversificate per i diversi gradi di responsabilità.
Per quanto riguarda, infine, l’unità organizzativa della Segreteria e affari generali gli skill-gap, pur
risultando negativi per l’alto grado di conoscenze richieste, mostrano nelle aree di conoscenza ritenute
strategiche (area Manageriale gestionale e Professionale tecnica) livelli di conoscenza elevati che si attestano
intorno al valore 4.
Dal complesso delle rilevazioni si evince, pertanto, la tensione del management in funzione della
ricerca del massimo della performance amministrativa che, se opportunamente tradotta in offerta formativa,
costituisce la migliore opportunità di crescita e valorizzazione delle professionalità in campo.
2. Il Dipartimento della Funzione Pubblica (Ferruccio Sepe, Michele Solla, Giovanni Vetritto)
Il Dipartimento della Funzione Pubblica
Il problema dell’utilizzo delle risorse umane nella Presidenza del Consiglio
Per riconoscimento pressoché unanime, la pubblica amministrazione italiana denuncia, in generale,
una scarsissima capacità di sfruttare al meglio le risorse umane disponibili e perfino di conoscere con
precisione la propria dote, in termini di conoscenze e abilità professionali.
In questo quadro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri fa storia a sé (e non certo in meglio), per alcune
ben precise ragioni di ordine, per così dire, storico.
Innanzitutto, la Presidenza è l’amministrazione centrale dello Stato più “giovane”, avendo vissuto una sua
vita embrionale solo a partire dagli anni ‘60 del ‘900 ed essendo venuta davvero alla luce, in quanto realtà
istituzionale, solo a seguito della legge n. 400 del 1988. Del tutto evidenti le conseguenze nel raffronto con
Ministeri nati nel 1853 con la riforma Cavour (prima ancora, dunque, dell’Unità nazionale) e, in qualche
caso, tuttora organizzati in maniera non troppo dissimile da allora; ministeri, comunque, animati da
burocrazie che sin da allora sono venute formando ben precisi caratteri, nel senso delle caratteristiche
professionali, della qualità dei processi e delle dinamiche di socializzazione e formazione on the job, e
perfino dell’identità burocratica.
Inoltre, essa non ha sviluppato, se non parzialmente, una vera “burocrazia della Presidenza”, a causa del dato
ordinamentale, da sempre coerentemente difeso dai vertici politici, che la vuole funzionante in parte con
“personale di prestito”, ovvero dipendenti di altre amministrazioni chiamati a prestare, per un lasso di tempo
determinato, la loro opera presso la Presidenza. Ciò ha inevitabilmente comportato problemi in termini di
sedimentazione delle conoscenze, di virtuosa circolazione delle informazioni e delle competenze, di
trasmissione dei saperi e delle abilità, di creazione, nel tempo, di una specifica professionalità legata al ruolo,
alle concrete funzioni, fors’anche al prestigio della posizione.
Infine, la peculiarità delle funzioni assolte da una parte dei Dipartimenti e degli Uffici della Presidenza non
ha favorito l’emersione di una peculiare professionalità, costruita, magari, attorno a doti di coordinamento,
negoziazione, valutazione e controllo, e arricchita da una spiccata sensibilità per il dato politico ed
istituzionale; viceversa, ha comportato una malintesa concezione tutta politica del ruolo degli addetti, ed una
retorica della atipicità, costruita attorno al rifiuto della misurabilità di obiettivi, strumenti e risultati, ma
anche di ogni ipotesi di costruzione di un identikit legale-razionale di funzionario specialista.
Quest’ultimo punto, per la verità, deve essere oggetto di una considerazione articolata.
Che la Presidenza, nel suo nucleo essenziale, viva davvero una realtà tutta politica, che la rende atipica e
divergente dal modello “aziendale” che può leggersi, in filigrana, in tutta la disciplina della dirigenza
dell’ultimo decennio, è un fatto, che come tale non può essere contestato; e lo stesso legislatore è sembrato
tenerne conto, nel momento in cui, nel dettare la riforma organizzativa del 1999, all’art. 7, comma 6, del
decreto legislativo n. 303 di quell’anno ha espressamente previsto che “le disposizioni che disciplinano i
poteri e le responsabilità dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento alla
valutazione dei risultati, si applicano alla Presidenza nei limiti e con le modalità da definirsi” con un
apposito DPCM.
Tutto ciò, si diceva, non è privo di logica. Ciò che si discute, in queste righe, è la misura di questa atipicità, e
la plausibilità dell’estensione di questo principio, certamente condivisibile a livello del ristretto staff del
premier, a Dipartimenti anche di grandi dimensioni e depositari di funzioni innegabilmente operative:
proprio la Funzione Pubblica, Informazione e Editoria, o addirittura la Protezione civile, che per alcuni mesi
ha vissuto una forma istituzionale da Agenzia pensata per esaltarne la vocazione aziendale.
Un secondo ordine di perplessità, poi, è quello che attiene non al processo formalizzato di valutazione dei
risultati dell’attività dirigenziale, ai fini dell’attribuzione della relativa indennità, bensì alla maturazione di
una specifica cultura professionale e operativa comune, di una aperta condivisione di valori, conoscenze
tecniche ed esecutive, insomma di una “cultura della gestione” che ben avrebbe potuto svilupparsi anche nel
contesto atipico della Presidenza e a dispetto della non applicabilità di alcuni rigidi meccanismi di legge. Ciò
che, però, non è stato.
Beninteso, questo dato originario è venuto temperandosi fortemente negli anni, man mano che l’inerzia
organizzativa beneficiava della sedimentazione delle esperienze costruite nel nuovo scenario della maggiore
strutturazione imposta dall’applicazione della citata legge n. 400.
Questa dinamica positiva, che si può osservare in tutti gli aspetti dell’agire amministrativo, ha iniziato a
produrre, negli anni più recenti, anche un atteggiamento più positivo nei confronti di tutte le moderne
politiche di gestione delle risorse umane.
Il ritardo resta forte, ma la Presidenza si è, quantomeno, messa “in cammino”.
Il contesto dell’utilizzo di Diogene e gli obiettivi del Dipartimento
In questo quadro non roseo, ma in via di miglioramento, si inserisce l’esperimento di utilizzo del modello
Diogene effettuato dall’Ufficio Affari Generali e Personale del Dipartimento della Funzione Pubblica.
I problemi specifici della Presidenza, che sono stati evidenziati nel paragrafo precedente, hanno, infatti, un
peso ed una incidenza anche maggiore in quest’ultimo Dipartimento, rispetto alle altre realtà di questa
amministrazione così particolare.
Il Dipartimento è, infatti, una tra le unità organizzative della Presidenza affidate a Ministri senza portafoglio
e, perciò, combattute tra la tendenza a ragionare in maniera autonoma, come entità a se stanti, ed i vincoli
operativi comportati dall’essere pur sempre parti di un tutto. Per di più, in tale novero è la realtà più grande;
la più ricca di risorse finanziarie (al netto dei meri trasferimenti); la più dotata di personale; la più visibile ed
incidente nell’azione delle altre Amministrazioni; quella depositaria delle funzioni meno legate al
coordinamento generale dell’azione di governo e meno lontane dalle classiche funzioni di ministero
(seppure, come è noto, non finali ma strumentali alla funzionalità degli altri apparati).
Per queste ragioni, è emersa nella dirigenza dell’Ufficio Affari Generali e Personale, con grande
consapevolezza, l’esigenza di monitorare il grado di competenza degli addetti, al fine di avere uno strumento
di valutazione dello skill gap, ma anche a quello di attivare politiche di finalizzazione della formazione e, in
prospettiva, perfino di virtuosa riallocazione delle risorse.
A questo proposito, infatti, il Dipartimento, non meno della restante parte delle amministrazioni centrali, ha
pagato, nel tempo, la tendenza a lasciare la scelta dei corsi da frequentare e dei temi da approfondire alla
discrezione degli individui, nella migliore delle ipotesi con il filtro dei dirigenti più accorti e consapevoli.
Inutile dire che questa circostanza ha favorito, nel tempo, scelte estemporanee, quando non opportunistiche,
dettate da gusti ed inclinazioni personali, ma quasi mai da funzionali progetti di finalizzazione al lavoro,
dalle quali non è, non a caso, emerso un innalzamento dei livelli di qualità del personale, né di maggiore
copertura dei segmenti critici dei processi, in un contesto di attività sempre più knowledge based.
Ciò ha comportato come “danno emergente”, per così dire, un uso non sempre produttivo delle (peraltro non
ingenti) risorse finanziarie stanziate dalla Presidenza, nel tempo, per la formazione del proprio personale
interno (e distinte, dunque, dalle ben più rilevanti risorse che il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel
medesimo periodo, ha investito in programmi formativi destinati alla generalità dei dipendenti pubblici,
come specifica sua linea di policy); e, come “lucro cessante”, un insoddisfacente allargamento ed
innalzamento del livello di conoscenze possedute negli Uffici in relazione specifica ai processi.
La consapevolezza di questo dato ha portato il management dell’Ufficio a suggerire, nel contesto della fase
ascendente di elaborazione della Direttiva per l’azione amministrativa del Dipartimento per l’anno 2002, la
adozione di uno specifico progetto di mappatura dei fabbisogni formativi del personale dipartimentale, sulla
realizzazione del quale misurare, in quota parte, il contributo dell’Ufficio alle attività di quell’anno.
La scelta si è inserita, per inciso, in una più generale filosofia di gestione dell’unità organizzativa fortemente
orientata all’innovazione (come aspirazione, beninteso; sta ad altri dire se e con quanto successo), resa
possibile dalla natura ripetitiva e strumentale della gran parte delle funzioni assolte.
Nel medesimo periodo veniva operata, infatti, una mappatura dei processi dell’intero Dipartimento, come
supporto alla valutazione dei dirigenti ed alla ridefinizione dei processi (mappatura utilizzata, poi, anche
nella elaborazione, da parte del diverso competente Ufficio, di politiche di alimentazione della nuova
intranet e del nuovo sito internet); veniva operata una razionalizzazione ed una standardizzazione di alcuni
processi, in specie di quelli legati alla funzione di amministrazione e contabilità ed alle spese di personale,
allo scopo di ottenere riduzione di tempi e dei margini di errore nell’effettuazione delle operazioni; venivano
informatizzate procedure e banche dati del Servizio Amministrativo contabile e del Servizio Affari legali e
contenzioso; veniva creata una banca dati del personale, completa di tutti i dati anagrafici e professionali dei
singoli addetti; si consolidava l’abitudine a fornire, ad inizio anno, una relazione non descrittiva, ma analitica
e sostenuta da dati quantitativi, sui livelli di attività dell’anno precedente.
In questo contesto, l’analisi degli skill gap rappresentava, negli intenti della dirigenza, la pietra angolare di
una nuova e più meditata politica di gestione delle risorse umane e di valorizzazione delle competenze.
Politica resa ancor più necessaria dalle scelte gestionali in materia di personale nel contempo adottate dal
Segretariato generale della Presidenza, finalizzate ad ottenere, in tempi brevi, una prima riduzione della
consistenza organica degli addetti in servizio a qualsiasi titolo. Il conseguente blocco del turnover del
personale, sia di ruolo che di prestito, ha comportato in tutti i Dipartimenti un decremento delle unità
disponibili, tanto più grave nelle realtà assegnatarie di funzioni operative (quali, appunto, il Dipartimento
della Funzione Pubblica). Di qui la ineludibile necessità di una più meditata politica di formazione e di un
innalzamento del valore delle prestazioni individuali, per assicurare la continuità dei servizi al decrescere del
numero degli addetti.
Le modalità di somministrazione
Il principale problema che si è posto nella fase di utilizzo del metodo Diogene ha riguardato le modalità di
somministrazione del questionario di rilevazione. Lo strumento in sé, infatti, risultava già sufficientemente
sviluppato dal gruppo di lavoro della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e non richiedeva un
particolare coinvolgimento dell’Ufficio ai fini del built up.
La decisione sulle modalità è stata assunta coinvolgendo il gruppo di progetto ed analizzando, in più
riunioni, i vantaggi e gli svantaggi delle diverse ipotesi sul tappeto.
Dopo attento esame, sono state scartate le due modalità più estreme, nonostante fossero entrambe, sotto
diversi profili, estremamente affascinanti. Il riferimento è, ovviamente, ad una compilazione centralizzata, da
compiere come Ufficio del personale e, all’opposto, ad una somministrazione del tutto decentrata, che avesse
quasi i caratteri dell’autovalutazione individuale da parte di ogni addetto.
La prima modalità avrebbe avuto il pregio di una migliore conoscenza dello strumento di rilevazione, in
quanto scelto dall’Ufficio e valutato da esso per le sue potenzialità; di una più omogenea effettuazione della
survey e, quindi, di una più certa comparabilità dei risultati. Di contro, la rilevazione avrebbe senz’altro
sofferto di una conoscenza meno precisa dei processi ai quali ogni singolo dipendente è applicato; di una
tendenziale ignoranza delle esigenze operative concrete che condizionano lo svolgimento dei processi stessi;
di una eccessiva astrazione nel valutare gli skills concretamente necessari ed il grado di competenza di ogni
risorsa.
La seconda modalità avrebbe avuto il pregio di dare un panorama della percezione di sé della forza lavoro; di
dare un quadro degli elementi professionali necessari nei processi, colto da coloro che concretamente li
animano; di restituire una realistica panoramica delle aspettative formative degli addetti. Avrebbe, però,
certamente sofferto di distorsioni nella percezione, implicite in ogni attività di autovalutazione; si sarebbe
prestata a giochi non cooperativi ed a strumentalizzazioni individualistiche, finalizzate a ritagliarsi spazi
formativi e di crescita professionale non necessariamente coerenti con il reale utilizzo nei processi; avrebbe
certamente dato un quadro privo di una visione di sintesi; avrebbe reso meno comparabili i dati relativi a
posizioni analoghe.
Per queste ragioni, è parso evidente, tanto ai componenti del gruppo di progetto, quanto ai dirigenti
dell’Ufficio, che entrambe le soluzioni presentassero svantaggi di gran lunga superiori ai vantaggi.
Ci si è, allora, orientati per una soluzione intermedia, che tenesse conto della necessità di effettiva concreta
conoscenza dei processi ed avvicinasse il più possibile il livello di valutazione al singolo dipendente, ma
senza perdere in possibilità di sintesi e in ampiezza del punto di vista.
Per tenere insieme tutte queste esigenze, è stato immaginato un percorso di valutazione che rimettesse ai
direttori dei singoli Servizi la compilazione della scheda dei propri dipendenti, dei quali governano in
concreto l’attività e con i quali sono in rapporto di maggiore empatia; il quadro composto dal middle
management avrebbe, poi, dovuto essere sottoposto alla validazione da parte dei direttori dei singoli Uffici,
che avrebbero allargato l’orizzonte di valutazione e creato una sorta di momento di verifica, anche ai fini
dell’omogeneità del giudizio complessivo nel contesto di unità più ampie (le direzioni generali piuttosto che
le divisioni, per usare la più consolidata terminologia ministeriale).
Gli eventuali dissensi tra dirigenti di seconda e di prima fascia avrebbero dovuto essere superati attraverso un
percorso di ripensamento, che tenesse conto delle osservazioni formulate dai secondi in sede di validazione e
del giudizio, a tale proposito, dei primi; il ripensamento avrebbe dovuto essere condotto attraverso un
confronto diretto tra i due livelli dirigenziali, in tempi il più possibile ristretti; avrebbe dovuto, comunque,
svolgersi una sola volta.
Per presidiare questa modalità di compilazione, articolata e leggermente più complessa, è stato previsto un
percorso di guida alla somministrazione, condotto da un dirigente e da un funzionario dell’Ufficio, attraverso
un incontro con il direttore di ogni altro Ufficio del Dipartimento e, se ritenuto opportuno da quest’ultimo,
con uno dei suoi dirigenti, incaricato di assicurare la coerenza metodologica di tutta la rilevazione e
l’adeguata informazione di tutti gli altri dirigenti della singola struttura.
La rilevazione è stata effettuata non in astratto, ma attraverso una fase propedeutica di imputazione dell’anno
uomo di ogni dipendente, in tutto o in quota parte, ad uno o più dei processi presidiati da ogni singola unità
di livello dirigenziale (i Servizi, come detto). A questo fine, è tornata particolarmente utile una mappatura di
tutte le linee di attività, che proprio in quei mesi era stata realizzata, sulla scorta di una iniziativa del
Segretariato generale, ai fini della valutazione dell’attività dei singoli Dipartimenti.
Il lavoro di imputazione degli anni uomo a disposizione alle singole linee di attività è stato, così, condotto
dai dirigenti come specificazione dell’altro che, per l’individuazione dei processi, era stato già eseguito con
la forma dell’intervista, rilasciata ad un gruppo di analisti di organizzazione interni ed esterni.
Effettuata l’imputazione dell’anno uomo di ogni dipendente alle diverse linee di attività, ogni dirigente ha
individuato, nella griglia di possibili skills professionali sottoposta alla sua attenzione, quelli concretamente
più importanti per una proficua conduzione dei processi stessi; procedendo, poi, all’attribuzione dei punteggi
relativi all’importanza dello skill prescelto, al grado di conoscenza dello stesso astrattamente auspicabile e di
quello concretamente posseduto dal singolo dipendente. Per ogni dipendente e per ogni processo si è chiesto
di non indicare più di dieci skills di prevalente importanza. Ciò nella convinzione che ogni conoscenza sia,
astrattamente, utile in qualsiasi processo, ma che nello specifico andassero individuate le reali priorità
formative, piuttosto che una astratta panoramica del perfettibile.
Il numero di competenze indicabili per singolo processo e singolo profilo è stato ritenuto congruo ed anzi
ampio, al fine di contemperare una minima responsabilizzazione della dirigenza nella individuazione di sia
pur ampie priorità, da un lato, ed una preventivabile tendenza della dirigenza stessa ad indicare un panorama
di esigenze formative piuttosto vasto, trattandosi della prima rilevazione di questo tipo nell’ambito del
Dipartimento.
Rispetto al possibile incontrollato aumento del numero di skills, che avrebbe potuto derivare dalla
circostanza dell’applicazione di una singola unità a più processi (ognuno astrattamente necessitante esigenze
formative diverse), si è confidato che il fatto non si sarebbe prodotto (come i dati hanno, poi, confermato),
dato che una seppur minima attitudine dirigenziale sconsiglia certo di utilizzare una singola risorsa su
processi troppo difformi l’uno dall’altro; e ciò, tanto più, rispetto alle professionalità meno qualificate ed ai
gradi meno elevati, che abbondano nel Dipartimento rispetto a quelli più alti. Come si dirà oltre, si è dato,
viceversa, il caso della prevalenza di un numero di skills indicati (per processo e per dipendente) spesso
largamente al di sotto del limite massimo consentito dagli standard della rilevazione.
Quanto alla griglia di punteggi con la quale quantificare i valori, non sono stati apportati sostanziali ritocchi
alla metodologia standard proposta dal gruppo di lavoro della SSPA; i voti sono stati, pertanto, quantificati in
una scala da 0 a 5, che garantisce un minimo di analiticità senza sforare nella macchinosità della base
decimale.
Rispetto all’importanza della singola componente di conoscenza all’interno del macroprocesso, il metodo
prevede l’assegnazione di un punteggio, valutato in astratto dalla dirigenza (con la articolazione già
descritta). Rispetto alla quantificazione del grado di conoscenza per singolo componente, è poi, come
accennato, prevista l’assegnazione di un doppio punteggio: uno al grado di conoscenza astrattamente
necessario per quel profilo nella situazione data, ed uno al grado di conoscenza effettivamente detenuto,
ricavandosi, per differenza, lo skill gap per componente per processo per dipendente; anche in questo caso, il
primo voto è dato secondo criteri di astratta valutazione della dirigenza, mentre il secondo si basa sulla
percezione concreta del dirigente di seconda fascia, validata o integrata da quella del dirigente di prima
fascia. Questa metodologia è stata applicata, come detto, senza particolari aggiustamenti nel contesto del
Dipartimento.
I risultati dell’indagine
A seguito della somministrazione dei questionari si è proceduto all’elaborazione dei dati raccolti mediante un
software, sviluppato ad hoc, secondo il modello valutativo proposto, dal gruppo di lavoro della Scuola
Superiore della Pubblica Amministrazione. Le elaborazioni effettuate hanno mirato ad evidenziare quale
fosse la distribuzione delle conoscenze nell’ambito degli Uffici del Dipartimento e, più in dettaglio, quali
fossero quelle maggiormente richieste; inoltre, se fossero presenti risorse sottoutilizzate rispetto alle
conoscenze possedute e quali fossero i punti di forza e debolezza dei diversi Servizi.
La prima elaborazione di carattere generale dei dati offre una visione di sintesi dei risultati, che consente di
porre a confronto eccessi e lacune di conoscenza in generale per tutti i Servizi del Dipartimento. I dati medi,
a questo proposito, evidenziano che gli eccessi di conoscenza ammontano a 33 punti e le lacune a 34; da ciò
si può desumere che, avendo riferimento alla totalità delle persone coinvolte dalla rilevazione, i due estremi
quasi si eguagliano.
Se si procede ad analizzare nel dettaglio questo primo dato, scomponendo i risultati ottenuti per ciascun
Servizio, si evidenzia una varietà di situazioni che vanno da un Ufficio, l’Ispettorato, che raggiunge un
punteggio di 190 rispetto gli eccessi di conoscenze senza evidenziare alcuna lacuna, ad un Servizio, quello
Amministrativo Contabile, che totalizza un punteggio di 140 rispetto alle lacune e soli 8 punti rispetto
all'eccesso di conoscenza; o, ancora, come il Servizio Stampa Documentazione e Biblioteca, che totalizza
117 punti di lacune e 41 di eccessi di conoscenze.
Da questi primi risultati, utili per fornire dei termini di paragone alle successive specifiche analisi, risulta
immediatamente evidente come le discrepanze fra le varie strutture siano molto accentuate. Stante la quasi
parità del dato medio sopra menzionato, si potrebbe ipotizzare che tali differenze così marcate siano dovute a
differenti approcci alla rilevazione da parte dei diversi Dirigenti, alcuni dei quali più portati, forse per
malintese ragioni difensive, a sovrastimare il personale sottoposto, laddove altri hanno preferito rimarcare le
lacune per sfruttare l’occasione dichiarata di una programmazione delle attività formative. Altrimenti, il dato
starebbe a significare la presenza di rilevanti problemi organizzativi di allocazione del personale nei Servizi,
a beneficio di alcuni, dotati di personale sovradotato, e a danno di altri. Prima di giungere a una conclusione
di questo tipo, che non appare troppo verosimile, è dunque necessaria una analisi più approfondita dei
risultati, mediante l’impiego del modello, per evidenziare in modo più accurato le richieste di conoscenza dei
diversi Uffici.
Riguardo l’importanza delle componenti di conoscenza, espressa in astratto dai Dirigenti dei Servizi, quelle
maggiormente richieste relativamente all’area Manageriale gestionale sono state E-government e Egovernance, Comunicazione, Etica e comportamenti organizzativi, Gestione gruppi di lavoro, Negoziazione,
Organizzazione e Leadership; sono invece risultate escluse dalle richieste dei Dirigenti Gestione per
obiettivi, Conoscenza del nuovo modello dello Stato e Capacità di gestire il cambiamento.
Rispetto all’area di conoscenza Professionale Tecnica, le conoscenze maggiormente richieste sono state
Gestione progetti, Ragioneria e sistemi contabili, Progettazione organizzativa, Pianificazione e
programmazione, Valutazione di progetti, Sistema finanziario e budget, Sistemi di controllo, Gestione
valutazione del personale, Valutazione della pianta organica; viceversa, sono risultate escluse dalle richieste
dei Dirigenti Contabilità analitica, Ingegneria dei processi, Gestione della sicurezza, Gestione della Qualità
e Logistica.
Rispetto all’area di conoscenza Giuridico amministrativa, le richieste più alte sono state per Documento
elettronico, Contabilità pubblica di base ed avanzata, Diritto pubblico base ed avanzato, Diritto del lavoro
base, Diritto internazionale base; sono risultate escluse dalle richieste dei Dirigenti Diritto internazionale e
Diritto del lavoro avanzato, Drafting normativo, Privatizzazioni.
Rispetto all’area di conoscenza Linguistica, le richieste maggiori dei Dirigenti si sono orientate verso Inglese
base ed avanzato, Francese base ed avanzato, non tralasciando nessuna delle competenze che erano state
individuate dal modello.
Rispetto all’area di conoscenza Economica finanziaria, la componente maggiormente richiesta è stata
Valutazione di progetti; sono risultate escluse dalle richieste dei Dirigenti Macroeconomia, Microeconomia,
New economy, Privatizzazioni, Economia monetaria e Transizione euro.
Rispetto all’area Informatica, le componenti maggiormente richieste sono state Informatica professionale
livello base ed avanzato, Informatica di base ed avanzato; sono risultate escluse dalle richieste dei Dirigenti
Analisi dei sistemi informatici e Capacità di gestione del sistema informativo aziendale.
Rispetto all’area Metodi quantitativi, le componenti maggiormente richieste sono state Metodi e strumenti
per la comunicazione organizzativa, Teoria delle decisioni e teoria dei giochi; sono risultate escluse dalle
richieste dei Dirigenti Metodi quantitativi, Statistica di base ed avanzata, Metodi quantitativi per la gestione,
Metodi e strumenti per la reingegnerizzazione dei processi, Metodi e strumenti per la valutazione delle
performance, Metodi e strumenti per la qualità totale, Metodi e strumenti per l’impatto della regolazione,
Metodi e strumenti per realizzare la carta dei servizi.
Da questa dettagliata ricognizione circa le richieste teoriche espresse dai Dirigenti, risulta evidente che le
competenze richieste dall’intera Amministrazione sono molteplici, ma in generale disposte in modo non
uniforme; è il caso dei Metodi quantitativi, le cui richieste più alte sono state espresse dal Servizio Stampa, o
le conoscenze Linguistiche, che si concentrano solo nelle Segreterie di alcuni Direttori di Ufficio; ovvero le
competenze Economico finanziarie, richieste per le Segreterie di due Direttori di Ufficio. Contrariamente a
queste conoscenze, quelle di tipo Giuridico amministrativo, Informatico di basso ed alto livello e
Manageriale gestionale sono richieste in modo omogeneo all’interno dell’intero Dipartimento.
A fronte di un simile quadro di richieste formulate in astratto, occorre dar conto più nel dettaglio delle
conoscenze in atto possedute dal personale, in relazione al suo coinvolgimento nei diversi processi dei
singoli Uffici, iniziando da quelle richieste in modo meno diffuso per giungere a quelle maggiormente
richieste.
Rispetto ai Metodi quantitativi, richiesti principalmente dal Servizio Stampa, la risposta di conoscenza da
parte del personale scarsamente coinvolto nel processo è adeguata, tanto da evidenziare uno skill gap
negativo (differenza fra conoscenze richieste dal Dirigente e conoscenze possedute dal personale, che denota
eccesso di conoscenza) mentre lo skill gap diviene positivo e quindi vi è una lacuna di conoscenza proprio in
chi è maggiormente coinvolto nel processo. Questo dato, apparentemente paradossale, lascia supporre,
rispetto alla chiave interpretativa dei dati, cui si è accennato in precedenza, che effettivamente in questo caso
vi è stata una specifica volontà di accentuare l’esistenza di gap di conoscenza negli addetti, evidentemente
per ottenere un aumento delle possibilità di formazione.
Rispetto all’area Linguistica, richiesta come detto da diverse Segreterie degli Uffici, si denotano quasi
ovunque delle carenze, che in alcuni casi si fanno molto ampie, mentre in altre risultano contenute.
Rispetto all’area Economico finanziaria, si evidenziano altrettanto lacune di conoscenza, che oscillano fra 1
e 4 punti, ancora una volta condizionate, in rapporto inverso, dal grado di coinvolgimento delle persone nei
processi.
Per quanto riguarda le altre aree di conoscenza con una forte richiesta in tutti i Servizi, si nota che laddove la
domanda di determinate competenze è particolarmente alta gli addetti ne posseggono meno, mentre dove la
domanda è più bassa le competenze sono più alte; solo in alcuni casi la richiesta di competenze coincide con
quelle possedute dal personale, come nel caso della Segreteria di un Direttore d’Ufficio rispetto all’area
Manageriale gestionale e Informatica. Questo dato di carattere generale rinforza l’impressione già sollevata
dal caso limite delle conoscenze di area Metodi quantitativi presso il Servizio Stampa, appena citata; ciò nel
senso, in definitiva, di una marcata volontà di accentuare la richiesta di formazione per gli addetti, forse
anche oltre la reale rispondenza alle necessità concrete.
Esemplare, in questo senso, la situazione del Servizio Amministrativo Contabile, dove ad una forte richiesta
di competenze nelle aree Professionale, Giuridico amministrativa e Informatica corrispondono scarsissime
competenze possedute dal personale; analoga situazione anche in altre strutture, come il già citato Servizio
Stampa rispetto alle aree Manageriale gestionale e Informatica, o una Segreteria di Direttore d’Ufficio dove
in nessuna delle aree richieste si ha una adeguata rispondenza di competenze possedute.
Migliore, all’apparenza, la situazione dell’Ufficio Relazioni Sindacali, dove nell’area Manageriale
gestionale le competenze possedute dal personale coincidono o in alcuni casi eccedono quelle richieste dai
Dirigenti; stessi risultati per quanto riguarda il Servizio Mobilità, in cui in un solo caso le richieste del
Dirigente coincidono con le conoscenze possedute, mentre in tutti gli altri casi queste eccedono le richieste.
In definitiva, la valutazione dei dati offerti dalla rilevazione richiede uno sforzo critico, che consenta di
sfrondare le apparenze da alcuni accenti, evidentemente dovuti a differenti approcci dei Dirigenti che hanno
fornito le risposte. Non appare, infatti, plausibile che in alcuni Servizi prevalga così nettamente un deficit di
conoscenze, a fronte del rendimento più che soddisfacente dei Servizi stessi, dimostrato dal costante
raggiungimento degli obiettivi operativi; né pare di poter accettare come dato del tutto reale quello secondo il
quale alcune unità organizzative non avrebbero affatto bisogno di formazione, ma anzi evidenzierebbero
soltanto (e in tutti gli addetti) surplus di conoscenze ed abilità.
Data questa avvertenza critica circa l’analisi dei dati, sembra, in definitiva, di poter affermare che il
patrimonio di conoscenze attualmente posseduto dal personale del Dipartimento è, in generale, assai ampio e
tende a coprire in maniera abbastanza soddisfacente quelle che sono le necessità per lo svolgimento del
lavoro. Nondimeno, in alcune aree (segnatamente, quelle Linguistica, Giuridico amministrativa e di Metodi
quantitativi) emerge un fabbisogno formativo abbastanza diffuso. Ad esso si potrà dare risposta in termini di
formazione mirata; si potrà valutare, inoltre, con un esame più approfondito, se i surplus di conoscenze
evidenziati in alcuni Servizi non rendano consigliabile, ove effettivamente esistenti, una riallocazione
virtuosa delle risorse tra i diversi Uffici e Servizi.
Volendo, però, tentare una lettura finale di sintesi, che vada oltre le apparenze, sembra di poter affermare che
il dato più chiaramente evidenziato dalla rilevazione è l’esigenza di una formazione professionale e mirata,
fortemente sentita, nella generalità, da tutti i Dirigenti del Dipartimento.
Punti di forza e punti di debolezza rilevati
L’esperienza condotta dal Dipartimento si è dimostrata decisamente positiva.
Innanzitutto, la scelta stessa di effettuare una rilevazione simile è stata accolta dalla dirigenza in generale
come il segno del superamento di una estemporaneità delle politiche nel settore, troppo a lungo lamentata in
passato. Inoltre, la razionalità dell’impostazione metodologica, coniugata ad una certa intuitività e facilità
d’uso, è stata apprezzata dal management, che mal avrebbe accolto un meccanismo troppo sofisticato e di
difficile comprensione.
Quello che, inoltre, è emerso dal confronto con gli Uffici è stata la possibilità di utilizzare un simile tipo di
rilevazioni anche per esigenze diverse dalla rilevazione dei fabbisogni formativi, solo modificando
leggermente la filosofia di rilevazione e il metodo di somministrazione.
Esemplificando, una rilevazione delle conoscenze a disposizione del Dipartimento, condotta attraverso una
somministrazione individuale di autovalutazione, del tipo non accolto per le finalità che ci si proponeva nel
caso specifico, consentirebbe una mappatura delle conoscenze a disposizione del Dipartimento, e, in
prospettiva, perfino un raffronto tra competenze detenute e competenze concretamente utilizzate, che
potrebbe portare, in prospettiva, ad una riallocazione funzionale delle risorse umane e ad un migliore
sfruttamento del patrimonio professionale interno.
Il vero punto di debolezza della rilevazione è consistito nella genericità della griglia di skills offerta alla
valutazione della dirigenza.
Questo aspetto, lamentato da pressoché tutti i dirigenti coinvolti nella mappatura, avrebbe potuto (e dovuto)
essere superato dall’Ufficio più che dal gruppo di lavoro della SSPA; qualche intralcio nell’attivazione del
processo, che ha ritardato i tempi di inizio del lavoro, e la circostanza dell’effettuazione della rilevazione in
un momento di particolare impegno dell’Ufficio e di altre strutture dipartimentali, però, hanno impedito
quello sforzo che avrebbe potuto essere condotto, di affinamento della griglia, ma, soprattutto, di
“personalizzazione” ed adattamento della stessa alle peculiari funzioni di una struttura della Presidenza del
Consiglio, quale il Dipartimento è.
Di ciò si è certamente avvertito il riflesso, in particolare nella scarsa capacità di attrarre la richiesta di
formazione dei dirigenti sugli skills più innovativi; un dettaglio e una precisione maggiori nella descrizione
avrebbero forse potuto sensibilizzare maggiormente il management rispetto alle competenze più moderne,
soprattutto nell’area manageriale.
Trattandosi di una prima rilevazione, peraltro, non è possibile affermare quanto questo punto di debolezza
del metodo, considerato in astratto, non si sia tradotto, in concreto, in una semplificazione delle operazione
ed in un valore aggiunto in termini di leggibilità dei dati.
Sotto il primo profilo, è possibile immaginare, infatti, che un migliore dettaglio degli skills, che avrebbe
potuto, per ragioni di tempo, essere comunque condotto solo in maniera accentrata dall’Ufficio Affari
Generali e Personale, avrebbe comunque (ed anzi a maggior ragione) lasciato scontenta parte della dirigenza
del Dipartimento, dando luogo ad una incontrollabile rivendicazione all’ulteriore dettaglio, che avrebbe
potuto risolversi, in definitiva, in un ostacolo alla stessa effettuazione dell’indagine.
Sotto il secondo profilo, inoltre, la disomogeneità delle funzioni assolte dai diversi Uffici del Dipartimento
(che vanno dalla formazione nel settore pubblico, all’innovazione amministrativa, a classiche funzioni di
consulenza giuridica in materia di pubblico impiego, alle relazioni sindacali in ambito pubblico, alla
semplificazione normativa) avrebbe forse consigliato, in sede di dettaglio dell’elenco, una diversificazione
eccessiva, che avrebbe poi reso difficilmente comparabili i dati, perché i singoli uffici si sarebbero attestati
su famiglie di competenze del tutto differenti tra loro.
Come spesso accade, nella concreta gestione dei processi, anche e soprattutto di quelli innovativi, il meglio è
nemico del bene; di qui un bilancio sicuramente positivo dell’esperienza, al di là della perfettibilità dello
strumento.
3. L’Accademia dei Lincei (Alessandro Gasparri, Giuseppe Traversa)
Durante il lungo percorso di ricerca e collaborazione fra la SSPA e l’Accademia Nazionale dei
Lincei, finalizzato ad individuare le misure di performance di un’istituzione culturale, particolare attenzione
è stata rivolta all’analisi dei fabbisogni formativi del personale.
Il lavoro si è svolto secondo i passi della metodologia DIOGENE, elaborata dal Prof. Giuseppe Traversa,
presso la Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione.
Tale esercizio si è rivelato molto importante, per la peculiarità del ruolo delle risorse umane nell’ambito
di una istituzione culturale, per valorizzarne potenzialità ed attitudini, riducendo al minimo situazioni di
sprechi e lacune di professionalità, causa di inefficienze e mal funzionamenti.
Individuare i fabbisogni formativi di una organizzazione è un lavoro complesso e può essere ricondotto
nelle seguenti fasi:
•
•
•
•
•
•
Studiare il sistema (Lincei) che si vuole analizzare, prendendo in considerazione le singole UO che
lo compongono
Per ciascuna UO individuare i cosiddetti macroprocessi/attività che vi si svolgono
Individuare, quindi, un elenco di aree di conoscenza disaggregate in componenti, considerate utili al
fine di svolgere i macroprocessi di ciascuna UO
Il dirigente di ciascuna UO indicherà, a seconda dei diversi macroprocessi, le componenti di
conoscenza ritenute necessarie, attribuendo un voto di intensità di conoscenza tra 1 e 5
Ciascun dipendente autovaluterà le proprie conoscenze sulle aree individuate dal dirigente per
ciascun macroprocesso attribuendosi un voto da 1 a 5
Il risultato ottenuto è un confronto tra quanto si conosce e quanto si dovrebbe conoscere al fine di
svolgere in modo efficiente ed efficace la propria attività. Le elaborazioni consentono di individuare
eventuali lacune ed eventuali surplus di conoscenza (skill gap).
L’applicazione della metodologia DIOGENE si è rivelata particolarmente utile per il buon
andamento amministrativo dei Lincei in quanto, consentirebbe ad una realtà parzialmente sottodimensionata,
in termini di organico, di ottimizzare l’uso delle risorse di cui dispone.
Il lavoro è stato condotto utilizzando sempre il criterio delle interviste facendo compilare schede
strutturate a griglia secondo i punti sopracitati.
Andremo ora ad analizzare i risultati e a descrivere brevemente come il lavoro è stato impostato e svolto con
i vertici di ciascuna UO.
AMMINISTRAZIONE
La attribuzione delle componenti di conoscenza ipotizzate ad ogni macroprocesso e il relativo voto di
intensità non è sempre agevole. Senza regole e classificazioni sufficientemente definite le valutazioni
riescono troppo soggettive: c’è chi tende a sopravalutare le esigenze di conoscenza dei soggetti, anche ai
livelli più bassi, chi a sottovalutare le conoscenze possedute.
Le elaborazioni di Diogene evidenziano con sufficiente chiarezza lacune di conoscenza, peraltro non
preoccupanti, in quanto per ciascuna materia è richiesto 5 e viene registrato un 4, che rappresenta un
livello di conoscenza elevato e più alto rispetto alla media.
Ad esempio risulta che per le qualifiche prese in esame : C1, C3 e C4.
Ai C1, che sono una qualifica di medio livello sono state richieste conoscenze molto alte (5) nelle aree:
• manageriale gestionale
• professionale tecnica
• giuridico amministrativa
• area informatica
le conoscenze possedute si attestano tutte mediamente intorno al 3 / 4, valori comunque alti. Ricordiamo
che la sperimentazione è stata fatta senza codificare in dettaglio i voti per ciascun componente di
conoscenza.
Ai C3 che sono un qualifica medio-alta sono state richieste conoscenze sempre elevate (5) nelle seguenti
materie:
• professionale tecnica
• giuridico amministrativa
• area informatica
• linguistica
Le conoscenze possedute si attestano mediamente intorno al 5 il che significa che si ha un fabbisogno di
formazione pari a zero.
Per i soggetti con qualifica C4 le aree di conoscenza risultano essere sostanzialmente le stesse ma il
livello di conoscenza richiesto è inferiore attestandosi ad un livello di 2,5. Ne derivano quindi situazioni
di surplus di conoscenze. Questa situazione appare anomala: a parità di materia alle qualifiche più basse è
richiesta una conoscenza più alta
Gli sprechi di conoscenza (2,5) risultano elevati soprattutto per le qualifiche alte. Il confronto dei valori
nelle diverse aree ed uffici motiva la adozione di un criterio di spiegazione e giustificazione dei risultati
omogeneo.
E’ interessante sottolineare la particolare attenzione e concentrazione all’area linguistica e informatica,
indipendentemente dall’attività ordinaria che si svolge.
Perché l’uso di tale metodologia possa fornire risultati convincenti occorre una esperienza approfondita
guidata da criteri oggettivi.
BIBLIOTECA
I risultati della biblioteca dimostrano una valutazione “straordinaria” nei confronti del proprio personale.
Risulta sempre, indipendentemente dalle qualifiche, una situazione di surplus di conoscenza di 1-2 punti.
La Biblioteca registra il maggiore livello di surplus di conoscenza riducendo quasi a zero il livello delle
lacune. I risultati conseguiti appaiono così poco verosimili. Il personale della Biblioteca è valutato con
altissima professionalità e non presenta problemi né in teme di gestione che di organizzazione. Anche qui
una esplicitazione dei criteri di assegnazione si rende indispensabile ma è interessante notare che questa
simulazione, anche se sommaria, provoca riflessioni suggestive che aiutano la comprensione della realtà
organizzativa. Il quadro reale della Biblioteca è probabilmente molto distante da quello che questa
fotografia mette in evidenza.
La individuazione delle componenti di conoscenza necessarie per svolgere i macroprocessi all’interno
della Biblioteca si è dimostrata semplice e rapida. Naturalmente è emersa la necessità di classificare
opportunamente e in modo più accurato le componenti di conoscenza, così come previsto dal modello.
RAGIONERIA
Nella Ragioneria sono state esaminate 4 qualifiche diverse, di cui due hanno una qualifica medio bassa e
i restanti due una qualifica medio alta. Alle qualifiche più basse è stato richiesto un livello di conoscenza
inferiore rispetto alla altre due a parità di materie. L’elenco delle aree di conoscenza è stato dettagliato ed
esaustivo: il quadro dei fabbisogni formativi dei vari membri risulta preciso e puntuale.
Anche qui è emerso chiaramente che queste rilevazioni e queste analisi, se correttamente interpretate,
rappresentano un potente strumento per difendere e valorizzare la professionalità e difenderne le esigenze
di crescita.
SEGRETERIA E AFFARI GENERALI
Anche qui i voti assegnati dimostrano l’ entusiasmo del dirigente per tutti i suoi dipendenti a cui richiede
sempre e comunque il massimo (5) indipendentemente da quale sia materia, la qualifica e il
macroprocesso. Il livello di conoscenza di cui è dotato il personale si attesta mediamente sul 4, quindi
presenta una situazione simile a quella dell’Amministrazione anche se le aree di conoscenza individuate
sono assai meno numerose, con una media di 2/3.
Tale scarsità è in parte obbligata poiché le aree di conoscenza previste solo parzialmente si adattavano
alla organizzazione e al tipo di lavoro che si svolge in Segreteria
La fase di compilazione al questionario/scheda è avvenuta in modo notevolmente veloce e rapido
soprattutto se rapportato al numero del personale, pari a 22 unità.
I risultati ottenuti non sono quindi molto significativi ma hanno consentito riflessioni interessanti, sia
all’interno che all’esterno della Segreteria. Anche qui risulta evidente la necessità di codifiche attente e
rigorose delle conoscenze ed una sperimentazione approfondita. Le reazioni registrate dimostrano però
notevole interesse per l’esercizio e per questi quadri sistematici di riferimento.
4. La Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee di Roma (Luca Introini)
La risorsa umana nel settore dei beni e delle attività culturali
Il processo di innovazione della Pubblica Amministrazione ha trovato un ostacolo imprevisto proprio in uno
degli aspetti più importanti e sensibili: le risorse umane. Di fronte, infatti, ad un rapido mutamento normativo
e ad una veloce presa di coscienza delle nuove esigenze cui dover far fronte, il capitale umano della P.A. non
è cambiato. Soggetto innovatore e oggetto dell’innovazione coincidono, provocando una ambigua e
pericolosa situazione di stallo. In alcuni settori il bandolo si sta sbrogliando, in altri, ed è il caso dei beni
culturali le problematiche sono naturalmente più complesse.
“Ogni museo deve definire: le funzioni essenziali svolte dalla singola struttura, le figure professionali
abilitate ad assolvere le attività specifiche a diversi livelli di responsabilità e autonomia”, “Le funzioni del
museo possono essere attuate solo a condizione che siano presenti professionalità numericamente e
qualitativamente adeguate ...... e che ad esse sia riconosciuto un ruolo commisurato alle rispettiva capacità e
responsabilità”. Nonostante gli intendimenti dello “Atto di indirizzo” nel Ministero per i Beni e le Attività
Culturali resiste la consuetudine di individuare i profili professionali in base a precisi curricula (storici
dell’arte, archeologici e architetti24) e non in base alla funzione che devono essere ricoperte. Diventa quindi
prioritario individuare i ruoli e le funzioni e armonizzare di conseguenza le competenze specialistiche, che
rientrano nelle funzioni di tutela e di studio, con quelle di programmazione, controllo e coordinamento.
Oggi inoltre alla pubblica amministrazione viene chiesto maggiore efficienza ed economicità, e quindi anche
una migliore scelta degli input produttivi. Le risorse umane non possono non essere considerate degli input,
soprattutto in un settore dove la produzione è fortemente knowledge-intensive. È quindi necessario
concedere la giusta autonomia al museo di poter interagire con il mercato del lavoro e ricercare le
professionalità di cui abbisogna.
Fino ad oggi maggiore attenzione alle problematiche connesse alle professionalità del settore dei beni e delle
attività culturali si è avuta da parte degli Enti Locali. Questi ultimi soprattutto grazie ai modelli gestionali,
cui potere far riferimento per l’offerta di servizi culturali, hanno sviluppato politiche del lavoro e competenze
professionali molto ricche e di sicuro interesse. È proprio in quest’ambito che nasce il Contratto Collettivo
Nazionale di Federculture, un contratto di natura privatistica destinato agli addetti delle società, aziende,
istituzioni e fondazioni create da Comuni e Province. L’applicazione di questo contratto è ovviamente legata
alla piena autonomia gestionale del museo, del sito archeologico, ecc.
Fino a quando le politiche del personale non rientreranno a pieno titolo nelle competenze dei dirigenti e
direttori e a questi non verrà riconosciuta un’adeguata libertà di manovra non si potrà mai portare a
compimento il processo di rinnovamento del settore.
Il MBAC ha comunque posto alla propria attenzione e controllo questo aspetto. Tra gli obiettivi generali
della Direttiva Generale per l’anno 2002 viene esplicitamente posta la promozione della formazione e
dell’aggiornamento del personale, per accrescerne la qualificazione e la produttività.
Le aree che verranno privilegiate dai percorsi formativi svilupperanno le conoscenze delle problematiche
relative a contenziosi e appalti pubblici, la sicurezza sul lavoro, i sistemi di controllo e il controllo di
gestione, la didattica museale e l’informatica.
È stato detto che uno dei passi fondamentali per sviluppare le politiche legate alle risorse umane nel settore
dei beni culturali sta nella individuazione delle figure professionali. I documenti che hanno affrontato tale
campo di indagine sono il più volte citato “Atto di Indirizzo” e una ricerca della Regione Lombardia del
2001 “Le professionalità operanti nel settore dei servizi culturali”. I due documenti nascono da matrici,
contesti e presupposti differenti ma raggiungono lo stesso risultato.
Il primo individua le principali figure professionali riferendosi ai contenuti professionali dei contratti
collettivi vigenti, e in particolare con la classificazione del personale del comparto Ministeri, CCNL 19982001 e la classificazione del personale del comparto Regioni – Autonomie locali 1999. Emergono in questo
modo indicazioni sulle professionalità25, sulle loro attività specifiche e sulle modalità di organizzazione
all’interno della struttura o della rete museale.
24
Forse anche per la prevalente tipologia di bene culturale gestito dallo Stato.
In particolare sono previsti: il Direttore, il Conservatore/Curatore, il Responsabile servizio educativo, l’Esperto in
comunicazione, il Funzionario amministrativo. Il Responsabile tecnico, il Restauratore, il Responsabile della sicurezza,
l’Assistente al pubblico/Operatore museale, l’Addetto alla sorveglianza e vigilanza, il personale operativo di supporto.
25
Il secondo documento parte invece da un’analisi organizzativa delle strutture attraverso la definizione dei
processi dei diversi servizi museali. In questo modo è stata individuata una catena di 27 processi. Per ognuno
di essi sono stati poi identificate le macroattività che li compongono. Una volta “mappato” in questo modo il
museo, si può procedere all’identificazione delle figure professionali che partecipano alla realizzazione della
singola macroattività e agli elementi di competenza richiesti per il migliore esercizio della stessa. Dalla
ricerca emergono come professionalità necessarie: il Direttore, il Conservatore, il Responsabile dei servizi
educativi, il responsabile della sicurezza, il Custode, il Responsabile amministrativo, il Bibliotecario, il
cassiere, il Manutentore delle collezioni, il tecnico di laboratorio, l’addetto alla promozione, alla
comunicazione, alle relazioni sociali, più una serie di figure che forniscono consulenza o prestazioni d’opera.
Ma ancora più interessante sono i risultati in ordine alle competenze ritenute utili:
¾ Conoscenze disciplinari generali,
¾ Conoscenze teoriche specifiche,
¾ Metodologie professionali,
- area di project management
- area economica
- area organizzazione e gestione personale
- area formazione e sviluppo risorse umane
- area marketing dei servizi
¾ Metodologie e Tecniche operative di base,
¾ Metodologie e procedure specialistiche di settore,
¾ Comportamenti.
La ricerca costituisce sicuramente un utile modello cui guardare nel momento in cui si dovesse pensare
all’organizzazione del personale di una struttura museale sia nel caso di predisposizione di azioni formative.
I profili professionali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali sono stati ridefiniti dall’accordo
integrativo del settembre 2001, in ottemperanza a quanto contenuto nel Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro comparto Ministeri 1998-2001.
Tale contratto prevede tre aree funzionali di inquadramento (A, B e C), al cui interno vengono previste
differenti posizioni economiche rispetto alle quali si collocano i profili caratterizzati da mansioni e funzioni
differenti.
La revisione del complesso dei profili professionali si è resa necessaria, non solo per il generale processo di
riforma in atto nella P.A., ma a causa delle modifiche che erano in atto rispetto alle tradizionali attività di
offerta mussale. Il nuovo rapporto con il pubblico e i nuovi servizi offerti necessitavano di nuovi profili
professionali.
Tali aspettative sono state però non pienamente recepite. In particolare per l’area C le maggiori novità sono:
- l’inserimento di profili per le professionalità tecnico-scientifiche (“Archeologo”, “Architetto”, “Storico
dell’arte”, “Archivista”, “Bibliotecario”),
- l’inserimento di profili professionali comuni ad altre amministrazioni (“Funzionario amministrativo” e
“Informatico”),
- l’inserimento di nuove figure: altamente specializzate (“Antropologo”, “Restauratore conservatore”, ecc.) o
altamente innovative (“Esperto di comunicazione e informazione”).
Per l’area B invece la principale novità è stata l’inserimento del profilo “Assistente alla vigilanza, sicurezza,
accoglienza, comunicazione e servizi al pubblico”, formalizzando un nuovo ruolo all’interno del museo di
raccordo tra la struttura e il pubblico.
L’accordo integrativo ha previsto inoltre la possibilità di effettuare passaggi tra le aree (tramite concorsi) e
all’interno di ciascuna area attraverso percorsi di riqualificazione e aggiornamento professionale.
I fabbisogni formativi della DARC26
Nella Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee sono attualmente in servizio 35
dipendenti.
È poi suggerita la figura del registrar colui che documenta e organizza tutti gli atti relativi ad acquisizioni,
catalogazione, prestito, assicurazione, spedizione e sicurezza delle opere d’arte di proprietà o in prestito.
26
Per la stesura del presente capitolo e per la gentilezza dimostratami durante i mesi della sperimentazione ringrazio il
Direttore Generale Pio Baldi, il Direttore Amministrativo Carla Malavasi e in particolare il Dr. Antonio Ginanneschi.
Considerate le numerose attività di questa Direzione, impegnata nella promozione, valorizzazione, vigilanza,
tutela e nella organizzazione di mostre ed eventi, si evidenzia la carenza di organico, tenuto conto che lo
stesso era stato previsto, al momento dell’istituzione della DARC, di almeno 50 unità, previsione che alla
luce delle numerose attività si dimostrava già inadeguata.
La Direzione Generale è strutturate in tre servizi ( -Affari generali, personale, programmazione, bilancio e
informatica, -Architettura e urbanistica contemporanee, -Arte contemporanea) più tre uffici ( Comunicazione, direzione e relazioni istituzionali, -Ufficio studi e rapporti internazionali, -Informazione,
divulgazione e relazioni con il pubblico).
Al fine della rilevazione dei fabbisogni formativi all’interno della DARC sono stati presi in considerazione i
3 servizi, per un totale di 15 dipendenti.
la prima fase ha visto l’identificazione dei processi organizzativi e la loro ripartizione in linee di attività:
¾ Servizio I (5 Macroprocessi e 14 linee di attività):
- Affari generali e personale
- Funzionamento e gestione servizi generali
- Bilancio, programmazione, contabilità e controlli di gestione
- Informatica e documentazione multimediale
- Sicurezza L.626 e accertamenti sanitari.
¾
Servizio II (3 Macroprocessi e 11 linee di attività):
- Promozione, ricerca e formazione
- Salvaguardia e tutela
- Attività espositive e iniziative culturali MAXXI
Servizio III (3 Macroprocessi e 10 linee di attività):
- Patrimonio pubblico di arte contemporanea e musei
- Vigilanza
- Promozione
Una volta assegnate le risorse alle diverse linee di attività, si è passati ad individuare le specifiche
competenze richieste dai Dirigenti dei Servizi, reputate necessarie al miglior svolgimento dei macro processi
organizzativi individuati. Da queste prime rilevazione sono emersi i fabbisogni teorici, i quali in una seconda
fase vengono paragonati alle conoscenze possedute, facendo emergere gli skill gap del singolo profilo
professionale27.
Le principali componenti di conoscenza richieste dai dirigenti e possedute, in varia misura, dai dipendenti
sono: organizzazione, comunicazione, gestione per obiettivi (per l’area manageriale gestionale); gestione di
progetti, progettazione organizzativa, ragioneria e sistemi contabili, pianificazione e programmazione (per
l’area professionale tecnica); informatica di base 1 e 2 (per l’area informatica).
Se si esamina nel dettaglio Servizio per Servizio emerge quanto segue.
SERVIZIO I
Gli skill gap delle sette risorse analizzate sono generalmente negativi, rivelando “sprechi di conoscenze”, che
indicano un elevata formazione professionale rispetto alle attività svolte. Le principali lacune evidenziate
riguardano, a tutti i livelli, l’area Manageriale e gestionale (organizzazione e comunicazione in primis), che
costituiscono, agli occhi dei dirigenti, il bagaglio essenziale di know-how da possedere, e in alcuni casi l’area
informatica. Se questo può esser vero per le figure che presentano un elevato numero di attività, per le figure
fortemente inquadrate all’interno di processi organizzativi la situazione evidenzia un sostanziale equilibrio
tra fabbisogni teorici e conoscenze possedute.
Il macroprocesso “Servizi informatici, protocollo informatico e rapporti con l’AIPA” sicuramente necessita
di un maggiore approfondimento delle conoscenze informatiche e professionali tecniche.
I principali sprechi che emergono provengono dai macroprocessi relativi alle attività relative alla procedure
burocratico-amministrative, al bilancio e alla gestione ordinaria.
SERVIZIO II
Anche in questo caso la corretta divisione dei compiti in base alle competenze specifiche fa in modo di
coprire adeguatamente i fabbisogni dell’ufficio. L’unico macroprocesso che evidenzia una lacuna è la
¾
27
In questa sperimentazione non sono state prese in considerazione le componenti di conoscenza specifiche proprie del
settore dei beni culturali, proprio in virtù della natura della Direzione Generale.
“Programmazione di attività espositive e iniziative culturali”, per il quale le competenze manageriali e
gestionali non sono sufficientemente adeguate.
Il Servizio II lamenta comunque un’assenza di componenti manageriali e informatiche abbastanza diffusa,
ma non grave.
SERVIZIO III
Il Servizio III, se da una parte evidenzia i maggiori casi di skill gap positivi per le conoscenze manageriali,
professionali e tecniche, dall’altra, grazie ad una corretta partizione del lavoro rispetto alle linee di attività,
non presenta lacune nei macroprocessi.
Di sicuro rilievo è la mancanza di lacune per la linea di attività relativa alla “Predisposizione e gestione del
Piano per l’Arte Contemporanea”, obiettivo strategico di straordinaria importanza per la DARC.
Dai risultati emersi e dai colloqui intercorsi con i dirigenti e funzionari della Direzione Generale si
evidenziano le carenze di alcune figure professionali indispensabili per la corretta gestione ordinaria degli
uffici, come ad esempio il profilo di informatico che attualmente è sopperito con il ricorso ad un’assistenza
esterna.
Dal punto di vista amministrativo in particolare, ma il discorso vale in generale, la carenza numerica del
personale, e non quella legata alle conoscenze, rappresenta il problema principale della Direzione. Il
sottodimensionamento di personale in alcuni punti cruciali provoca un accumulo di adempimenti che
vengono svolti sempre ai limiti temporali imposti dalle procedure.
5. Il Dipartimento per gli Affari Regionali (Francesca Gagliarducci)
Finalità e ambito di intervento del progetto
Lo sviluppo di un apposito progetto per la valutazione dei fabbisogni formativi del personale della
Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato avviato nel 2002, prendendo spunto dall’esigenza manifestata
nell’ambito di alcuni Dipartimenti assegnati a Ministri senza portafoglio.
In particolar modo, la direttiva annuale per l’azione amministrativa e la gestione del Dipartimento della
funzione pubblica per il 2002 prevedeva che, su impulso dell’Ufficio per gli affari generali ed il personale, si
procedesse ad una rilevazione degli skills professionali dei dipendenti e alla successiva verifica della loro
congruenza con le competenze necessarie allo svolgimento dei compiti assegnati, in modo da poter
individuare eventuali disallineamenti e poter conseguentemente progettare appositi percorsi formativi o
interventi di mobilità interna capaci di ridurli progressivamente. Sulla base della stessa esigenza, un’analisi
similare è stata avviata anche nell’ambito del Dipartimento per gli affari regionali al principio del 2003.
Entrambe le esperienze, che verranno di seguito descritte, sono state realizzate da task force interne
facendo ricorso al supporto metodologico ed operativo fornito dalla Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione.
In questo modo e stato possibile valutare e valorizzare al meglio le informazioni disponibili rispetto
agli assetti organizzativi, alle dinamiche relazionali, ai fattori di criticità e ai bisogni dichiarati, utilizzando
un metodo specificamente elaborato per le pubbliche amministrazioni e pertanto di facile assimilazione e
sperimentazione.
I progetti sviluppati, in parte ancora in corso, sono da considerarsi come iniziative pilota avviate
d’intesa con il Servizio formazione dell’intera Presidenza, che provvederà in futuro ad estenderle ad altre
strutture organizzative, una volta verificati i risultati conseguiti, utilizzando le modalità ed i tempi che
verranno ritenuti più idonei.
Il metodo applicato
Come precedentemente accennato, l’analisi e la successiva valutazione dei fabbisogni formativi del
Dipartimento della funzione pubblica e del Dipartimento per gli affari regionali sono state effettuate
applicando la metodologia “DIOGENE” ed il relativo software di supporto, messi a disposizione dalla
Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione.
Il lavoro ha preso le mosse dall’individuazione delle articolazioni organizzative oggetto di indagine
(uffici e servizi - SCHEDA 1) e dal successivo esame dei principali processi organizzativi svolti al
loro interno (SCHEDA 2). L’attività è stata facilitata dall’esistenza di una dettagliata “mappatura”
contestualmente effettuata nell’ambito dell’intera Presidenza del Consiglio dei Ministri al fine di
predisporre un’ipotesi di dotazione organica complessiva. Per ciascun processo organizzativo sono
state quindi analizzate le principali attività e le risorse dedicate, sia in termini “quantitativi”
(percentuale di impegno sulle fasi) che “qualitativi” (profilo professionale posseduto) (SCHEDA 3).
Per ciascun processo sono state identificate le conoscenze necessarie a realizzare le varie
attività e sono stati identificati una serie di corsi in grado di soddisfare le esigenze di conoscenza
rilevate.
In relazione alle esigenze formative inserite nel sistema, per qualifica, è stato possibile elaborare lo skill gap
per qualifica e per ufficio.
Valutazione dei risultati conseguiti
Le esperienze realizzate nell’ambito del Dipartimento per gli affari regionali hanno condotto a risultati
che possono essere complessivamente considerati molto positivi.
Innanzitutto, esse hanno permesso di acquisire un consistente patrimonio di informazioni, finora di
fatto inesistente, arricchendo significativamente le banche dati disponibili, precedentemente per la gran parte
caratterizzate dalla presenza di soli dati di carattere anagrafico o relativi al percorso di carriera individuale.
Infatti, la mappatura delle competenze disponibili e l’individuazione di specifici percorsi formativi
finalizzati all’eliminazione dei disallineamenti esistenti rispetto al quadro degli skills necessari allo
svolgimento dei compiti assegnati, consente di migliorare notevolmente l’intero impianto dell’attività di
gestione delle risorse umane.
Ciò in quanto essa rende costantemente disponibile un “quadro delle capacita esistenti” e delle aree
caratterizzate, al contrario, da una maggiore “debolezza”, consentendo, laddove se ne faccia un uso adeguato,
di calibrare di conseguenza i piani di attività in base ai punti di forza individuati, definendo al contempo
delle adeguate strategie per la progressiva eliminazione dei fattori di criticità attraverso lo sviluppo del
“potenziale “interno” o l’adozione di specifiche politiche di ”outsorcing”.
Inoltre, il coinvolgimento di tutto il personale nell’attività di rilevazione e valutazione dei fabbisogni
formativi ha determinato un forte impatto sul piano “motivazionale”, consentendo a ciascuno di evidenziare
le proprie competenze, anche quelle al momento inutilizzate, e di esprimere aspettative di miglioramento e
crescita da soddisfare attraverso appositi percorsi formativi. Senza considerare il fatto che l’esplicitazione dei
processi organizzativi, delle loro fasi e delle relative percentuali di impegno dedicato, ha rappresentato un
momento di riflessione rilevante, elevando il livello di “trasparenza”, di consapevolezza e di analisi critica
del lavoro svolto a beneficio sia del vertice politico amministrativo che dei responsabili dei singoli uffici e
servizi.
In ogni modo, nonostante l’esperienza realizzata abbia condotto ad esiti largamente positivi, nello
svolgimento delle attività progettuali sono state rilevate alcune criticità che hanno in parte rallentato e reso
più difficoltoso il lavoro effettuato. In particolare, in molti casi le task force organizzate hanno dovuto far
fronte ad un diffuso e consistente atteggiamento di “diffidenza”, spesso riscontrabile in ambito
amministrativo nei confronti dei tentativi di innovazione che rischiano di alterare assetti consolidati. Allo
stesso tempo si é dovuto tener conto di più o meno esplicite forme di “disillusione” rispetto al verificarsi di
un reale cambiamento e di una effettiva valorizzazione delle potenzialità e dei ruoli individuali. In entrambi i
casi, il più efficace incentivo alla prosecuzione e allo sviluppo delle attività progettuali avviate é stato
rappresentato da una forte legittimazione del vertice politico amministrativo, cui peraltro spetterà l’onere di
rendere concretamente operativi, nel prossimo futuro, i percorsi formativi individuati. In ultimo, appare
opportuno considerare che solo se verrà garantito un costante aggiornamento delle basi informative
impostate e si procederà ad investire consistentemente in formazione, sarà progressivamente possibile
valorizzare ed utilizzare al meglio il personale in dotazione e procedere a reclutamenti più adeguati, basati su
una corretta individuazione dei fabbisogni esistenti nell’ambito di un rinnovato e più dinamico sistema di
strumenti per la gestione delle risorse umane.