britney spears notizie
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LA SICILIA VENERDÌ 10 OT TOBRE 2014 22. ggi D I R IT TO&DOVER I DIVORZI BREVI E VIAGGI DELLA SPERANZA DARIO SEMINARA* È in corso di conversione in legge il dl 132/14, dedicato alla riforma del processo civile. Già su queste colonne (precisamente il 27 settembre) ne abbiamo commentato il capo II, che contiene l’intrigante novità della procedura di negoziazione assistita da un avvocato, che confidiamo sia estesa all’intero contenzioso civile, nell’integrale sostituzione della procedura cosiddetta di mediaconciliazione, inutile e costosa. La nuova procedura permetterà alle parti, senza costi di mediazione, di redigere con un avvocato una convenzione valevole ad ogni effetto di legge siccome titolo esecutivo, idoneo all’iscrizione d’ipoteca giudiziale. Non solo: detta convenzione di negoziazione assistita da un avvocato può essere conclusa tra coniugi per la loro separazione consensuale, divorzio congiunto o modifica delle condizioni di separazione o divorzio: tranne però che vi siano figli minori o figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. Il capo III del detto dl riguarda pure la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e divorzio: esso specifica che l’accordo può essere concluso, oltre che tramite avvocato, innanzi l’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza di uno dei coniugi, o di iscrizione o trascrizione dell’atto di matrimonio. Anche tale norma si applica dopo 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del dl. Grazie alla stessa, i coniugi potranno così risparmiare il compenso dell’avvocato, ma dubitiamo che l’ufficiale dello stato civile abbia eguale esperienza e disponibilità. Va specificato però che neanche l’ufficiale dello stato civile potrà sostituirsi al giudice se vi sono figli minori o maggiori incapaci (e ciò è corretto), oppure maggiori capaci ma economicamente non autosufficienti: il che limita troppo l’applicabilità della norma. Le parole “ovvero economicamente non autosufficienti” vanno quindi in sede di conversione in legge del dl cancellate: sia dall’art. 6/2 che dall’art. 12/2. Domanderà a questo punto l’attento lettore che fine ha fatto il disegno di legge sul cosiddetto divorzio breve, teso tra l’altro a ridurre da tre a un solo anno lo spazio tra separazione e divorzio (solo nove mesi se mancano figli minori, e vi è stata separazione consensuale). Purtroppo, esso giace inerte a Palazzo Madama, schiacciato dalla forte resistenza cattolica. Che speriamo il Parlamento superi, facendo cessare i tristi viaggi dei divorziandi in Inghilterra o in Spagna: allo stato, infatti, è più veloce divorziare a Londra o a Madrid che al Tribunale sotto casa nostra. Col che molte sono le coppie in crisi che, per anticipare i tempi, e a rischio di subire truffe, preferiscono affidarsi a intraprendenti legali che organizzano anche residenze fittizie all’estero, per poi ottenere sentenza straniera di divorzio, da render efficace in Italia con un procedimento di delibazione in Corte di Appello. Tanto noto è l’intrigo internazionale che a Londra stanno indagando sui divorziandi italiani, che per residenza condivisa avevano… una casella postale. Molto più semplice è che il detto disegno di legge sul divorzio breve vada presto in porto. Sul punto, il capogruppo Pd in commissione Giustizia ha preavvisato un blitz: inserire come emendamento al dl 132/14, oggi come detto in corso di conversione, l’intera legge sul divorzio breve. Noi che con separandi e divorziandi condividiamo giornalmente il dolore nell’attesa del divorzio, attraverso lunghe udienze lancinanti come stazioni di un’inutile via Crucis, aspettiamo con ansia la duplice novella legislativa: col che, tramite avvocato (od ufficiale dello stato civile) possano i coniugi vittima di insuperabile crisi (e non genitori di figli minori o maggiori incapaci) separarsi o divorziare. Se vi sono figli minori, o maggiori incapaci, allora è giusto intervenga il giudice: ma tra separazione e divorzio sia sufficiente un solo anno, e non i tre attuali! *Avvocato Cassazionista • società • idee • cultura • spettacoli Il villaggio del Web Un’arancia marcisce sull’albero: simbolo della crisi del settore in Sicilia Laura Pausini e gli altri vip “cavalli di Troia” per cyber criminali Necessario cambio di mentalità. In un mondo globalizzato non possono esistere organizzazioni produttive, commerciali e industriali frazionate e non preparate ANNA RITA RAPETTA L Agrumicoltura siciliana e “massari saccenti” Troppo antiassociativismo e scarso interesse a innovare VITTORIO LO GIUDICE S i è conclusa un’annata di sovrapproduzione nell’agrumicoltura e ne inizia un’altra di scarsa produzione, dando inizio all’ennesima crisi. Non siamo nuovi a queste crisi. Già Luigi Savastano nell’aprile del 1900 in Nuova Antologia scriveva di crisi dell’agrumicoltura perché altri Paesi cominciavano a praticarla. De Francisci Gerbino nel 1933, in un suo articolo pubblicato su “L’Italia Agricola”, in occasione della Prima Mostra nazionale di Agrumicoltura a Palermo scriveva, parlando di agrumicoltura: «L’ultimo triennio è il periodo nel quale si è manifesta in tutta la sua gravità la crisi generale, di cui fenomeno più grave è stata la caduta persistente dei prezzi, che ha dato luogo ad uno squilibrio tra costo e rendimento». Gli articoli pubblicati sulle cause e sui suggerimenti per gli eventuali rimedi non sono mancati e sono innumerevoli. Tutti hanno parlato di necessità di cambiamenti nei settori produttivo, commerciale e industriale, ma pochissimo è cambiato perché la mentalità antiassociativa e lo scarso interesse per le acquisizioni tecnico-scientifiche sono stati dominanti. È mancato sostanzialmente il cambio di mentalità. Secondo il Censimento dell’Agricoltura Istat 2000 e 2010, la superficie agrumicola è passata da 132.566 ettari nel 2000 a 126.415 ettari nel 2010 con una riduzione del 4,6%, mentre per gli stessi anni la produzione agrumicola è passata da 3.256.483 tonnellate a 3.820.591 tonnellate. Il numero di aziende è passato da 154.643 a 79.589 mentre la dimensione media è passata da 0,86 a 1,62 ettari. Una tendenza che trova sempre più sviluppo in alcuni produttori-operatori commerciali che tendono ad avere aziende di oltre 100 ettari. Le esportazioni italiane dei principali agrumi nel periodo 1997-2000 erano di 275.890 tonnellate, ridotte a 204.181 nel periodo 2009-2012, mentre per gli stessi periodi le importazioni sono passate da 250.226 tonnellate a 329.025 tonnellate. Di fronte all’evolversi dell’agrumicoltura mondiale, in buona parte i nostri “proprietari di agrumeti” continuano a Scritti P di ieri I pm palermitani al Colle il 28 ottobre per ascoltare il capo dello Stato. Ma perché lui ha scelto la data della marcia fascista su Roma? La raccolta delle arance in Sicilia fidarsi dell’opinione dei loro “massari”, mentre l’assistenza tecnica regionale tende a contrarsi invece di espandersi, venendo così a mancare un apporto fondamentale allo sviluppo agrumicolo, perché senza una produzione di qualità non si può avere un commercio competitivo e un’oculata gestione economica né si può avere un incremento di reddito. In mancanza di chiare direttive tecniche il “massaro saccente” rimane il suggeritore. Pertanto le piante non stanno morendo per attacchi del virus della Tristeza degli agrumi, ma sono sofferenti per l’acqua o per la nutrizione o vanno potate strette. Il reinnesto sull’arancio er fortuna è stata evitata in extremis una oscenità istituzionale. Si pretendeva che il 28 ottobre, quando il presidente Napolitano risponderà ai pm di Palermo sulla presunta trattativa Stato-mafia, dovesse essere ascoltato in videoconferenza dai boss Riina e Bagarella. Che il capo dello Stato venisse ascoltato da sanguinari macellai come i capimafia responsabili di decine di orrendi delitti poteva accadere solo in un Paese come l’Italia dove s’è perduto il rispetto per le Istituzioni. Ci ha pensato la Corte d’appello di Palermo a impedire lo scempio. Quanto all’arrivo dei pm al Colle crediamo che ci sia una sottile perfidia di Napolitano nell’avere scelto per l’audizione la data del 28 ottobre che è la ricorrenza della marcia fascista del 1922 amaro è un buon rimedio anche se questo portainnesto è suscettibile agli attacchi dell’anzidetto virus. L’irrigazione non dev’essere effettuata secondo parametri tecnico-scientifici e la quantità di pioggia misurata per ridurre i volumi d’irrigazione, ma il “massaro saccente” sa quante “dita” d’acqua è piovuta. Le concimazioni non vanno fatte secondo analisi fogliari, del suolo e dell’acqua e i risultati valutati sui parametri qualitativi dei frutti, ma il “massaro saccente” conosce i concimi migliori perché lui parla con la pianta. I trattamenti antiparassitari non vanno eseguiti secondo soglie economiche d’intervento e con i prodotti fitosanitari meno tossici per gli operatori, i consumatori e l’ambiente, ma il “massaro saccente” sa quali “lavaggi” fare. La potatura non dev’essere eseguita secondo conoscenze della morfologia e fisiologia della pianta, ma il “massaro saccente” da generazioni, senza avere mai studiato l’argomento, sa come potare, ma ogni potatore ha le sue teorie. L’elenco potrebbe continuare per tutte le operazioni colturali, ma il “proprietario di agrumeto” sa che il suo “massaro saccente” sa tutto, mentre secondo il “massaro saccente” il tecnico laureato conosce i libri ma non la pratica. Promuovere un’idea di sviluppo, come spesso avviene da più parti, soprattutto politiche, è bene ma realizzarla concretamente nei fatti è meglio. Promuovere le idee politiche è bene ma senza dimenticare i presupposti tecnici. Non ci sono più scuse, occorre riorganizzare l’agrumicoltura tenendo presente soprattutto che il vantaggio generale è anche quello individuale. In un mondo globalizzato non possono esistere organizzazioni produttive, commerciali e industriali frazionate e professionalmente non preparate, la produzione dev’essere diretta per avere risultati ottimali ed economici, il commercio dev’essere accentrato in poche o unica marca, l’industria dev’essere opportunamente fornita per garantire prezzi stabili al produttore. In questo necessario cambio di mentalità occorre non dimenticare il detto di John Kennedy: «Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese». a curiosità ha un prezzo e lo pagano in termini di salute i nostri pc, tablet e smartphone. I virus sono sempre in agguato e, quando si naviga in Rete senza adeguate protezioni, il contagio è sistematico. Lo sanno bene gli incauti internauti che hanno avuto la sventura di incappare in malware o di finire nella trappola di cyber criminali dopo aver cercato di saziare su Internet la fame di informazioni e notizie sui propri beniamini. I malviventi digitali si muovono con la stessa strategia di quelli tradizionali. Per sfilare il portafogli a qualcuno, i ladri analogici scelgono luoghi affollati: l’autobus nell’ora di punta, la festa del patrono, il mercato rionale. Lo stesso accade nel mondo virtuale. Quando un personaggio è al massimo della visibilità o diventa oggetto di gossip o lancia una tendenza, orde di curiosi si riversano in Rete e i pirati informatici si fregano le mani predisponendo le loro trappole nei punti in cui sanno che, come insegna la teoria dei grandi numeri, qualcuno cadrà. Ecco allora che Laura Pausini diventa la celebrità italiana più pericolosa da ricercare sul Web. L’incidente sul palco peruviano, quando la cantante si è involontariamente mostrata al pubblico senza slip, ha scatenato gli internauti facendo salire al 16,6% la percentuale di rischio connessa alla ricerca di foto, video e informazioni legati a Laura Pausini. Quando un personaggio è al massimo della visibilità, i curiosi si riversano in Rete e i pirati informatici mettono le trappole A stilare la classifica dei vip più “contagiosi” McAfee. Per l’ottavo anno l’azienda di antivirus ha stilato la lista delle “Most Dangerous Celebrities” del Web. La maternità e i gossip sull’abitudine di postare foto del figlioletto hanno fatto balzare Belen Rodriguez dal secondo al terzo posto della classifica con il 10,65% di rischio. Al terzo gradino del podio Marco Bocci, nel cast di Squadra Antimafia, salito all’onore delle cronache per la love story con Laura Chiatti. Il pettegolezzo vip spinge più in basso nella classifica due personaggi dello sport come Mario Balotelli e Federica Pellegrini che si piazzano rispettivamente al quarto (3,33%) e al quinto posto (2,22%). A guidare la classifica mondiale, Jimmy Kimmel, conduttore tv e comico statunitense: digitare il suo nome su un motore di ricerca può condurre a un sito pericoloso su cinque. Con Jimmy Kimmel al primo posto (in salita dal 39esimo) è la seconda volta che un uomo si trova al vertice della classifica, dopo l’attore Brad Pitt nel 2008. Sul podio, al secondo posto, il dj Armin van Buuren, al terzo, Ciara. Tra le prime 10 celebrità a rischio di contagio informatico troviamo 10 Blake Shelton, Britney Spears, Bruce Springsteen, Jon Bon Jovi e Chelsea Handler. «La maggior parte dei consumatori è completamente all’oscuro dei rischi per la sicurezza che possono celarsi dietro la ricerca on-line di notizie, immagini e video che riguardino le celebrità, e mettono a rischio la sicurezza per impulsività - avverte Valeria Quintini, Senior director di Emea Partner, Retail and Mobile marketing di McAfee, parte di Intel Security -. I criminali informatici sfruttano proprio la curiosità delle persone per le ultime notizie e il gossip sui vip, per condurli a siti non sicuri che possono infettare gravemente i loro computer e dispositivi, oltre che rubare i dati personali». COSTRETTO A DEPORRE, MA NON DAVANTI AI BOSS Napolitano salvato da un orrore istituzionale TONY ZERMO su Roma. I pm di Palermo avevano giustificato il loro ulteriore sgarbo istituzionale nei confronti del presidente della Repubblica sostenendo che in base al codice di procedura «se non fosse ammesso l’intervento dell’imputato interessato all’esame la sentenza rischierebbe di essere dichiarata nulla». E siccome interessati all’audizione del capo dello Stato sono gli imputati Riina, Bagarella e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, per la Procura essi «sono autorizzati» ad assistere all’interrogatorio. In teoria se Totò Riina e suo cognato Leoluca Bagarella fossero stati liberi per decorrenza di termini o per altri arzigogoli avrebbero potuto entrare tranquillamente al Quirinale per assistere alla deposizione del capo dello Stato. Come sapete Giorgio Napolitano dev’essere sentito sulle telefonate fatte al Colle dall’ex ministro Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza perché avrebbe taciuto di essere a conoscenza di una trattativa Stato-mafia. Tempo addietro il presidente della Repubblica aveva detto chiaramente due cose: 1) che questo processo sulla presunta trattativa Stato-mafia a suo parere era vuoto di contenuti, il che non deve aver fatto piacere alla Procura di Palermo; 2) che lui di questa trattativa non aveva mai saputo nulla e che non aveva proprio niente da riferire al magistrati palermitani. Nonostante questo, oppure proprio per questo, il capo dello Stato sarà costretto a testimoniare di cose che ha dichiaratamente detto di non sapere. E i pubblici ministeri che stanno procedendo pensano di potere strappare a Giorgio Napolitano una parola in più o diversa da quanto ha già detto, e cioè di non essere a conoscenza di nessuna qualsivoglia trattativa? I pm hanno il dovere di cercare la verità sulla trattativa. Ma certamente non la potranno trovare al Quirinale.