ALIMENTAZIONE NEL PRIMO ANNO DI VITA

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ALIMENTAZIONE NEL PRIMO ANNO DI VITA
ALLATTAMENTO AL SENO
Il latte materno è l’alimento ideale per il neonato, quello che offre al bambino i migliori vantaggi
nutritivi, quello che protegge di più dalle infezioni, quello che previene le allergie e facilita la
crescita, quello che previene l’obesità, eccetera, eccetera. Le mamme lo hanno sempre saputo e
come spesso accade in medicina la saggezza popolare alla lunga si prende spesso la rivincita sulle
certezze degli esperti. Ricordo un famoso giornalista sportivo degli anni sessanta del secolo scorso
di nome Gianni Brera che teorizzava la superiorità atletica dei calciatori inglesi rispetto a quelli
italiani, motivandola col fatto che i primi mangiavano bistecche e i secondi polenta. In questo
riprendeva alcune pseudo certezze dei medici di allora che pontificavano sulla importanza di una
dieta iperproteica a base di carne e latticini, salvo poi scoprire a distanza di anni che la dieta
mediterranea è quella più salutare per gli sportivi e per tutti. Un po’ lo stesso per l’allattamento: c’è
stato in passato un periodo in cui si proibiva alla mamma di allattare per problemi anche banali,
lasciando spazio ai latti artificiali delle grandi industrie farmaceutiche. Tutto rientrava nel clima
ottimistico del boom economico del dopoguerra, nella fiducia nelle virtù miracolose del mercato,
delle industrie, dei nuovi stili di vita: dagli elettrodomestici agli alimenti come il latte. Tutto quello
che il mercato offriva sembrava offerto per migliorare la vita dell’umanità in nome del progresso.
Noi medici dovremmo meditare su quante tonsillectomie e appendicectomie sono state fatte senza
che ce ne fosse vera indicazione, perché comunque la tecnica , in questo caso chirurgica, correggeva
i difetti della natura. L’evidenza dei fatti ci ha riportato a guardare le situazioni con più obiettività,in
particolare a considerare la dieta del neonato come quella dell’adulto senza false certezze . Tutti i
pediatri sono oggi d’accordo nel privilegiare l’allattamento al seno e consigliare il latte artificiale
solo nel caso che la mamma non abbia latte o nel caso abbia alcune malattie che per la loro natura o
per la terapia che viene eseguita controindicano l’allattamento materno. Questa convinzione è
talmente radicata che è divenuta la base di innumerevoli campagne di informazione scientifica e di
divulgazione. Dal 1981 il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte
materno, sottoscritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef, vieta la prescrizione
di latte artificiale alla dimissione dopo il parto. La circolare 16 del 24 ottobre 2000, emessa dal
ministro della Sanità Umberto Veronesi al fine di promuovere e tutelare l’allattamento al seno,
ricorda che «al momento della dimissione non devono essere forniti in omaggio prodotti o materiale
in grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno». Dal 2009, con il decreto 82
emesso dal ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche Sociali, prescrivere latte artificiale
alla dimissione del neonato e della mamma è divenuto un reato.
Nessun dubbio quindi sul fatto che se la mamma ha latte il bambino sarà alimentato per sei mesi
con il solo latte materno. Caso mai possiamo oggi spendere qualche parola per sdrammatizzare la
questione : oggi le mamme che non possono allattare perché non hanno latte o perché presentano
qualche controindicazioni all’allattamento si sentono terribilmente in colpa, si sentono “mamme
snaturate” che privano i loro figli di un diritto alla salute. Il potere biopolitico dei mezzi di
comunicazione può condizionare l'equilibrio emotivo delle giovani mamme trasformando corrette
informazioni in imperativi categorici pronunciati con la falsa autorità di un padre autoritario pronto
a evocare la colpa dove non c'è peccato. Calma. Non esageriamo. Se c’è il latte materno bene, ma se
non c’è oggi troviamo in farmacia tanti prodotti di ottima qualità che consentono al bambino di
crescere bene e senza problemi, anche in situazioni particolari quali allergie o intolleranze. Per la
salute del neonato è fondamentale che la mamma sia serena, non nutra ansie o complessi di colpa
che si rifletterebbero inevitabilmente nel delicato rapporto emotivo-istintivo tra la madre e il suo
bambino. KEEP CALM.
La madre che comincia ad allattare il suo neonato deve essere tranquillizzata prima di tutto sulla
qualità del suo latte. Qualche anno fa era di moda far fare alle puerpere l'analisi del latte per vedere
se era abbastanza sostanzioso. Pratica inutile e priva di fondamento scientifico: le caratteristiche del
latte cambiano da una poppata all'altra e nel corso della stessa poppata. Ad ogni poppata infatti
esce prima il latte più liquido e dopo quello più denso: la differenza la fanno i grassi del latte. Esce
prima latte scremato, poi parzialmente scremato e infine latte intero. Così funziona la mamma
mucca. Per questo è importante che le poppate siano alternate, una a destra e quella successiva a
sinistra; infatti se ad ogni poppata la mamma attacca il bambino un po' a destra e un po' a sinistra
finisce per dargli solo il latte meno denso di minore valore calorico. Poi succede spesso che da una
parte il latte sia più abbondante e dall'altra più scarso; in questo caso può succedere che dalla parte
più ricca il latte sia sufficiente a completare la poppata, mentre dalla parte più scarsa il latte sia
insufficiente e renda necessario il passaggio all'altro seno. La cosa importante è che quando la
madre sposta il bambino da un seno all'altro, il seno lasciato sia completamente svuotato.
Talvolta alla mamma che allatta vengono suggerite numerose restrizioni dietetiche, il più delle volte
non necessarie. Le norme igieniche che la madre deve seguire sono tre e sono norme che tutte le
madri conoscono senza bisogno che qualcuno gliele dica: evitare fumo di sigaretta, superalcoolici e
farmaci senza prescrizione medica. Tutto il resto è permesso, con qualche cautela. Bisogna un po'
rovesciare le impostazioni di una volta: non è che ci sono indicazioni su quello che si deve
mangiare: va tutto bene fino a prova contraria. La serenità della madre è fondamentale in situazioni
come l'allattamento che si protraggono per mesi. Una dieta riso all'olio, carne ai ferri e insalata
protratta per mesi manderebbe in depressione anche il più entusiasta degli ottimisti. Se ad una cena
tutti mangiano spaghetti alla margherita non è che la mamma si può fare un brodino vegetale: che
mangi anche lei il suo crostaceo. Al massimo al lattante verranno due macchioline e un po' di
coliche e poi si vedrà. Servono solo alcune cautele che riguardano le xantine (sostanze chimiche
come la caffeina e la teina) con le quali non bisogna esagerare:se la mamma fa colazione col suo
caffèlatte poi si gestirà nella giornata scegliendo tra la tazzina di caffè piuttosto che la tazza di tè o
la lattina di coca cola. Analoga cautela deve riguardare gli alimenti che contengono triptofano,
sostanza precursore della istamina responsabile dell'orticaria. Parliamo di cioccolato, frutta
tropicale, crostacei e frutti di mare con i quali è bene non esagerare per evitare eruzioni cutanee del
neonato. Nessun problema invece con i cibi di sapore particolare come aglio, peperone,
peperoncino, eccetera purchè la mamma ne abbia fatto uso anche in gravidanza. Sostanze saporite
che passano nel latte passavano anche nel liquido amniotico durante la gravidanza ed il feto ha già
avuto modo di assaggiarle quando nella sua vita intrauterina deglutiva il liquido amniotico.
Riassaggiarle nel latte non lo turberà più di tanto.
Nel primo mese di vita l'allattamento a richiesta va benissimo. La mamma attaccherà il bimbo al
seno ogni volta che piange per la fame senza preoccuparsi troppo di tempi e orari. A partire dal
secondo mese bisogna cominciare a introdurre delle regole per consentire al bambino di organizzare
un corretto ritmo sonno-veglia e di avere tempi adeguati per la digestione di dosi di latte via via più
sostanziose. In realtà l'orologio del ritmo sonno-veglia esiste già nel cervello del bambino in una
parte chiamata ipotalamo, ma bisogna aiutare il bambino a sincronizzare questo orologio e non
confondergli gli idee e sballargli i ritmi. Il principio è semplice: di giorno c'è più luce, si sta più
svegli e si mangia; di notte c'è buio, non si mangia e si dorme. Se non si aiuta il bambino ad
adeguarsi a queste semplici regole si possono sballare i ritmi e confondere il giorno con la notte,
costringendo anche gli adulti a stravolgere la loro vita quotidiana. L'altro aspetto da regolare è
quello dei tempi di digestione. Dopo una bella poppata il lattante ha bisogno di circa tre ore per
svuotare completamente lo stomaco. Un lattante che piange può avere motivazioni diverse oltre la
fame: ad esempio sonno, dolore, paura. Qualunque sia la causa se la madre attacca il bambino al
seno riesce sul momento a consolarlo, ma la situazione è destinata a peggiorare rapidamente verso
un quadro di maldigestione che i pediatri chiamano dispepsia. La ragione è semplice: quando un
lattante rigurgita, se lo fa subito dopo il pasto rigurgita latte liquido, se lo fa dopo più tempo il
rigurgito ha le caratteristiche di una ricottina. Segno che lo stomaco ha lavorato e il succo gastrico
acido ha cagliato il latte preparandolo alla digestione. Se a questo punto il lattante viene
nuovamente attaccato al seno e introduce nuovo latte, la “ricottina” galleggerà sul nuovo latte
liquido introdotto e si muoverà su e giù attraverso la bocca dello stomaco, cioè attraverso la valvola
chiamata cardias, provocando acidità e spasmi, quindi dolore e pianto. Pianto a cui la mamma che
non rispetta gli intervalli risponderà attaccando di nuovo il bambino che si calmerà giusto per il
tempo della suzione per poi tornare a piangere in un circolo vizioso che può riempire l'intera
giornata. Il consiglio che dò alle mamme che allattano il loro primo figlio (dal secondo in poi non
dico niente perchè sono più esperte di me e poi fanno comunque come gli pare) è quello di far
durare la singola poppata non oltre mezz'ora e di lasciare un intervallo minimo di 2 h ½ – 3 tra la
fine di un pasto e l'inizio del successivo. Le poppate dovrebbero essere 6 con inizio agli orari 6:00 –
9:30 – 13:00 – 16:30 – 20:00 – 23:30. Per la mamma abituata al sistema a richiesta può sembrare un
orario difficile da rispettare ed io consiglio di cominciare tenendo fisso inizialmente l'orario
dell'ultima poppata: il bambino deve mangiare alle 23:30 se piange prima va lasciato piangere, se
dorme va svegliato. Finirà di mangiare a mezzanotte e poi si addormenterà e “andrà incontro alla
notte”. Nel caso si svegli presto, diciamo dopo 2 – 3 ore bisogna cercare di riaddormentarlo,
ninnandolo o proponendogli della camomilla nel biberon; se proprio non si riesce si può attaccarlo
il meno possibile, il tempo minimo necessario per farlo riaddormentare. Nel caso che dorma più a
lungo e si svegli, ad esempio, alle 5 non ci sarà modo di riaddormentarlo e dovrà necessariamente
fare la prima poppata a questo orario. In questo caso avrà iniziato a mangiare un'ora prima della
nostra tabella, per poter fare la sesta poppata della giornata alle 23: 30 gli intervalli tra una poppata
e l'altra non potranno essere tutti di 3 h e ½ ma dovranno essere un po' più lunghi per poter
recuperare l'ora di inizio anticipato. Non è detto che i 60 minuti debbano essere recuperati in
frazioni uguali ad ogni poppata, sicuramente ci sono degli intervalli che il bambino rispetta più o
meno facilmente ed il recupero potrà essere maggiore nelle fasi della giornata in cui il bambino è
più tranquillo. L'importante è che alla fine il sesto pasto inizi alle 23:30. All'inizio tutto questo può
sembrare difficile e non è detto che si riesca subito a realizzarlo, ma l'importante è sapere qual è la
direzione in cui si deve andare e cercare gradualmente di raggiungere l'obiettivo fissato.
Pesare spesso il bambino per vedere se mangia e se cresce è solo motivo di ansia. Se il bambino
mangia e dorme e risulta cresciuto ai periodici bilanci di salute che vengono effettuati non c'è alcun
bisogno di usare a casa la bilancia. Se il latte materno dovesse ad un certo punto non essere più
sufficiente per le esigenze di crescita del bambino il primo segnale saranno i risvegli notturni. E' il
caso di un bambino ben adattato, che mangia di giorno e dorme di notte e che ad un certo punto
comincia a svegliarsi spesso e a pretendere il seno per riaddormentarsi. Dal suo punto di vista non
gli si può dare torto, durante il giorno si distrae con tutte le cose che deve imparare, ma la notte al
buio della sua cameretta fa il ragioniere, e i conti di quello che ha mangiato non gli tornano. Spesso
la mamma non lo capisce perchè è convinta di non avere problemi di latte perchè il seno è gonfio e
strizzando il capezzolo il latte esce. Non sono segni decisivi: sotto il capezzolo c'è un piccolo
serbatoio pieno di latte, strizzando il capezzolo o succhiandolo come fa il bambino il latte esce ma
nel corso della poppata questo serbatoio si svuota e si riempie continuamente con nuovo latte che
arriva dai dotti della ghiandola mammaria. Il fatto che sia pieno una volta non ci dice quanto latte
sia in totale disponibile. In questo caso l'unico sistema attendibile è quello della doppia pesata. La
mamma deve farla su una base di 24 ore, pesando il bambino ogni volta che mangia, prima e dopo
la poppata in modo da calcolare con precisione quanto latte ha mangiato il bambino nella singola
poppata e nel totale della giornata. Il pediatra potrà così confrontare la dose teorica che il bambino
dovrebbe assumere e quella effettivamente consumata e stabilire se il latte sia sufficiente o meno.
Nel secondo caso si potranno decidere insieme le soluzioni del caso che potranno essere
allattamento misto, divezzamento anticipato o passaggio all'allattamento artificiale. Tenete presente
che i vantaggi nutrizionali ed immunitari del latte materno rispetto al latte artificiale sono decisivi
nel primi cento giorni di vita, dopo le differenze non sono così marcate. Tenete presente anche che
questi vantaggi sono sostanziosi se, in caso di allattamento misto, la madre riesce a fornire almeno il
50% del totale giornaliero. Questo significa ad esempio che se ad un bambino di 4 mesi e mezzo in
allattamento misto la madre riesce a coprire col suo latte meno del 50% del totale giornaliero, per
quel bambino non ci sono sostanziali differenze nutrizionali o immunitarie tra fare un allattamento
misto con poco latte materno o fare un allattamento completamente artificiale. Non significa che
l'allattamento al seno debba per forza essere interrotto: oltre agli aspetti nutrizionali ed immunitari
ci sono nell'allattamento fattori emozionali e relazionali non quantificabili. Voglio dire che se per la
mamma le pratiche dell'allattamento misto con doppie pesate, calcoli e integrazioni sono stressanti
può passare senza problemi e pregiudizi per il bambino all'allattamento artificiale. Nel caso invece
che un'altra mamma nella stessa condizione riesca a dare magari solo 10 grammi latte a poppata ma
sia contenta di farlo può proseguire senza problemi. Come diceva la pubblicità di una carta di
credito: questa cosa costa tanto, quella cosa costa tanto, quell'altra non ha prezzo. Per le cose
quantificabili c'è la carta di credito, per quelle non quantificabili, come il piacere di allattare per una
mamma non c'è una misura: anche 5 gr a poppata vanno bene.
Se ad un certo punto il latte scarseggia si può fare qualcosa per farlo tornare ? Direi di no. Del tutto
inutili sono i prodotti farmaceutici, galenici, omeopatici che i farmacisti propongono. A volte la
riduzione della montata lattea può essere transitoria, dovuta a situazioni occasionali come malattie
intercorrenti , che poi si risolvono con la ripresa della produzione. Altre volte invece la montata si
riduce per l'abbassamento del livello dell'ormone prolattina e non si può fare gran che. L'unico
stimolo efficace a mantenere il livello dell'ormone è la suzione del capezzolo da parte del bambino
per cui se il latte scarseggia ma non troppo si può ritardare l'inizio dell'allattamento misto lasciando
che il bambino un po' affamato succhi con maggiore energia, ma è una prova che non può durare
più di qualche giorno.
Questione dibattuta è la durata dell'allattamento al seno: c'è un limite oltre il quale è opportuno
interrompere o si può continuare molto a lungo ? La questione non è sfuggita alla deriva
integralista che tante questioni sulla salute hanno assunto in questi anni (dal rifiuto delle
vaccinazioni alla sperimentazione del metodo stamina, passando per omeopatie, naturopatie e altre
amenità). Esiste una “Lega del latte” che nel frontespizio del suo sito internet recita “Se ti
chiedono: quando pensi di smettere di allattare ? Puoi rispondere così: Finchè non andrà
all'Università sempre che non si trovi un modo di farlo per e-mail”. Io credo che esista un periodo
giusto per interrompere l'allattamento al seno compreso tra il 7° e il 12° mese e la ragione sta nel
favorire l'autonomia emotiva del bambino. L'angoscia dell'ottavo mese descritta dagli psicologi è
quel particolare cambiamento di comportamento del bambino che fino a quella età si lasciava
accudire tranquillamente da tutti gli adulti della famiglia e che a partire da questa età diventa
“mammone” e rifiuta violentemente la presenza degli altri adulti che per lui significano adesso
assenza della madre. Le ragioni di questa angoscia sono illustrate nel documento sullo sviluppo
psicologico del bambino che troverete su questo sito. Qui basta ricordare che se il distacco dalla
madre provoca a questa epoca angoscia, questa angoscia sarà ancora più accentuata se la madre
oltre che riferimento affettivo è anche riferimento diciamo così “alimentare”. Ripeto spesso alle
mamme che a questa età possono decidere loro tempi e modi dell'interruzione dell'allattamento al
seno, se lasciano trascorrere tempo dopo il primo anno sarà il bambino a decidere quando smettere e
ogni tentativo di interrompere forzatamente l'allattamento sarà destinato all'insuccesso.
Il modo più semplice per interrompere l'allattamento a questa età è di lasciare un pasto al seno solo
alla sera per addormentarlo e non attaccare mai il bambino durante la notte. In questo modo il latte
diminuisce gradualmente e al bambino resta solo la suzione del capezzolo come sistema di
addormentamento, suzione non alimentare che potrà poi essere facilmente sostituita da altre
pratiche transizionali, dal ciuccio alla copertina di Linus