La strage di Cefalonia

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La strage di Cefalonia
La strage di Cefalonia
(settembre 1943)
Cefalonia è la più grande delle isole ioniche (781 Kmq).
E' situata ad ovest del golfo di Patrasso (vedi cartina) e il suo territorio è prevalentemente
montuoso.
Anticamente si chiamava, infatti, “Kefallenia” che significa “isola elevata ”.
Per la sua posizione geografica, fu sempre considerata strategicamente importante. Per
comprendere meglio le ragioni della terribile strage è necessario ricostruire il quadro
storico in cui esse avvennero.
Nel 1939, la Germania aveva invaso la Polonia: aveva così inizio la Seconda Guerra
Mondiale. Rapidamente venivano occupate Danimarca, Norvegia, Belgio e Paesi Bassi e i
tedeschi entravano a Parigi il 14 luglio 1940.
Visto il travolgente successo tedesco, il 10 giugno 1940, Mussolini decise di intervenire al
suo fianco e annunciò agli italiani la dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra.
Entrando in guerra Mussolini aveva deciso di condurre una “guerra parallela” a quella della
Germania.
Così, quando le truppe tedesche dilagarono in Francia, il Duce lanciò un'offensiva sulle
Alpi Occidentali.
Le truppe italiane fallirono l'obiettivo per la disorganizzazione dell'esercito.
Ancora peggio andarono le cose quando, nell'ottobre del 1940, Mussolini decise di
intervenire contro la Grecia. Ben presto i soldati italiani furono costretti alla ritirata e
L'offensiva si trasformò in una logorante guerra di trincea, durante la quale molti dei nostri
furono uccisi o furono bloccati dal freddo e dal gelo.
L'insuccesso italiano spinse Hitler ad intervenire nella primavera del 1941 e fu così che in
Grecia le nostre truppe si ritrovarono affiancate da reparti tedeschi.
La situazione si mantenne inalterata per tutto il 1942, periodo della massima espansione
nazista, ma precipitò di colpo nel 1943, anno della controffensiva alleata.
Infatti, nel luglio 1943 le truppe anglo-americane sbarcarono in Sicilia aprendo così il
fronte italiano.
La Sicilia veniva conquistata in poche settimane, mentre la stessa città di Roma subiva
incursioni aeree.
Disastrosa era poi stata la campagna di Russia e pesanti le sconfitte militari in Africa.
Così il 25 luglio 1943 Mussolini veniva destituito durante una riunione del Gran Consiglio
del fascismo e il re, Vittorio Emanuele III, ne approfittava per farlo arrestare e per dare al
maresciallo Badoglio l'incarico di formare un governo militare.
Grave fu l'atteggiamento del governo in politica estera: mentre i tedeschi non più sicuri del
loro alleato inviarono un gran numero di divisioni in Italia, Badoglio condusse per più di un
mese un assurdo “doppio gioco” con i tedeschi e con gli alleati.
Infatti, per paura della reazione tedesca, la guerra continuava a fianco dei tedeschi benché
si trattasse in segreto una pace separata con gli angloamericani.
I tedeschi riuscirono a liberare Mussolini e farlo fuggire al nord, dove a Salò fondò un
nuovo stato: la repubblica sociale italiana.
Il 3 settembre 1943 in Sicilia venne firmato l'armistizio fra l'Italia e gli alleati angloamericani e venne reso pubblico solo l'8 settembre. Il 9 settembre le truppe alleate
presero terra a Salerno e in altre zone dell'Italia Meridionale. Con l'arrivo delle truppe
germaniche in prossimità di Roma, il re, il suo seguito e il governo si rifugiarono
precipitosamente a Brindisi, già liberata, lasciando i comandi senza chiare direttive .
All'atto dell'armistizio, l'8 settembre 1943, l'isola di Cefalonia era presidiata da 11500
uomini di truppa e 525 ufficiali della divisione fanteria da montagna “Acqui” e dalla marina.
Era presente nell'isola anche un contingente tedesco composto da 1800 uomini di truppa
e 25 ufficiali.
Nel tardo pomeriggio dell'8 settembre la radio italiana diffuse il seguente comunicato
ufficiale:
“Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare la impari lotta contro la
soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure
alla nazione, ha chiesto l'armistizio al generale Eisenhower, comandante in campo delle
forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accettata. Conseguentemente, ogni atto
di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni
luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza ”.
Il comunicato veniva ascoltato anche in Cefalonia, dove erano dislocati il Comando e la
maggior parte degli effettivi della divisione “Acqui”, comandati dal generale Antonio
Gandin.
In seguito, la situazione delle truppe italiane sull'isola, divenne confusa a causa l'invio di
vari dispacci contraddittori dai i vari comandi, poichè il proclama di Badoglio, non aveva
affatto chiarito che cosa avrebbero dovuto fare le truppe italiane nei confronti dei loro ex
alleati tedeschi.
Più in generale, la mancata dichiarazione di guerra alla Germania da parte del Regio
governo fu presa a pretesto dai tedeschi per dichiarare "franchi tiratori", e perciò possibili
di fucilazione, quei militari italiani che rifiutassero di cedere le armi.
I vari ordini, che si sovrapponevano, determinarono in particolare, il dramma del generale
Gandin, comandante della divisione, posto di fronte alla scelta se resistere ai tedeschi o
cedere le armi.
Fu così che, l'11 settembre, di fronte all'ultimatum tedesco (continuare la guerra al loro
fianco; oppure cedere le armi) il generale Gandin scartava l'eventualità di continuare a
combattere a fianco dei tedeschi.
È in questa situazione che avvenne lo scontro del 13 settembre contro due mezzi da
sbarco tedeschi mentre la delegazione germanica era in attesa della consegna delle armi
pesanti.
Questa iniziativa fece si che il comando tedesco mandasse un ultimatum al gen. Gandin
che il 14 settembre, per conoscere la volontà dei suoi soldati, invitò tutti i reparti ad
esprimersi sulle seguenti alternative:
1. continuare a combattere a fianco dei tedeschi;
2. cedere le armi;
3. combattere contro i tedeschi.
I Reparti, si pronunciarono all'unanimità per la terza alternativa: contro i tedeschi.
Contemporaneamente all'arrivo delle comunicazioni sull'esito del referendum, il gen.
Gandin riceveva dal comando supremo l'ordine di "resistere con le armi all'intimazione
tedesca di disarmo" e ciò venne comunicato al comando tedesco dell'isola.
Fu così che, il comando cupremo delle FF.AA. tedesche dei Balcani, emanò le seguenti
direttive circa il trattamento da adottare nei confronti dei militari italiani: "quelli che
oppongono resistenza o si intendono con il nemico o con le bande partigiane: gli ufficiali,
debbono essere fucilati; i sottufficiali e la truppa, vanno avviati al Fronte orientale per
l'impiego nel servizio del lavoro".
Il 15 settembre, le nostre batterie aprirono il fuoco contro un idrovolante tedesco che
sbarcava truppe nella zona di Lixuri.
La battaglia aveva inizio.
La battaglia di Cefalonia comprende tre fasi.
1)La prima fase inizia e si conclude il 15 settembre: i tedeschi assumono l'iniziativa
dell'attacco.
Dopo alterne vicende, grazie anche alla superiorità numerica, gli italiani riescono a
catturare il gruppo tattico tedesco e distruggere in mare la rimanente quota del battaglione
granatieri da fortezza; costringono l'altro battaglione tedesco alla fuga, con ingenti perdite.
Di conseguenza il comando tedesco chiede rinforzi che sbarcheranno dal 16 al 20
settembre e che determineranno il capovolgimento a favore dei tedeschi dell'originario
rapporto di forze.
2)La seconda fase della battaglia si svolge dal 17 al 19 settembre, su iniziativa della
"Acqui ".
Purtroppo, questa operazione non avrà l'esito desiderato.
Nella giornata del 18 settembre, l'accanita resistenza della guarnigione italiana di
Cefalonia attira l'attenzione personale di Hitler.
Il Comando Supremo delle FF.AA. tedesche ordina che "a Cefalonia, a causa del
comportamento insolente e proditorio tenuto dalla guarnigione italiana, non deve essere
fatto alcun prigioniero".
Quest'ordine comportava la condanna a morte a tutti i componenti della guarnigione.
La situazione sta ormai precipitando.
3)Con la resa senza condizioni, la battaglia ha termine.
Nel corso della stessa, i tedeschi applicano spietatamente il citato ordine di Hitler del 18
settembre: "Tutti gli italiani che oppongono resistenza siano fucilati durante il
combattimento".
Così, mano a mano che i nostri reparti vengono catturati in combattimento, Ufficiali,
Sottufficiali e Soldati (compresi i feriti) sono sottoposti indiscriminatamente ad esecuzione
sommaria in massa.
Le uccisioni continuano anche dopo la resa ufficiale.
Casa Rossa a S. Teodoro
Il 24 settembre, a San Teodoro, vengono giustiziati, altri 136 Ufficiali: primo tra essi, il gen.
Gandin.
Per far scomparire le tracce della strage la maggior parte delle salme vengono bruciate e
altre gettate in mare dopo essere state appesantite.
Durante il trasferimento dei prigionieri sul Continente, le tre navi da trasporto, "Ardena",
"Alma" e "Maria Marta" urtano su alcune mine e colano a picco.
Muoiono tremila Sottufficiali e Soldati, alcuni annegati e altri mitragliati in mare dai
tedeschi.
Le perdite complessive subite a Cefalonia dalla "Acqui" e dalla Marina nel corso dei
combattimenti ammontano a 390 ufficiali su 525, e 9.250 uomini di truppa su 11.500.
Ecco la situazione:
Ufficiali
Caduti in combattimento
65
Sottoposti ad esecuzione sommaria in massa sul campo di
battaglia subito dopo la cattura
189
Fucilati a San Teodoro il 24 e 25 Settembre con regolare
plotone di esecuzione
136
Superstiti (compresi gli Ufficiali della Marina, gli Ufficiali
medici degli Ospedali da Campo ed i Cappellani Militari)
135
Sottufficiali ed uomini di truppa
Caduti in combattimento
1.250(circa)
Sottoposti ad esecuzione sommaria in massa sul campo di
battaglia subito dopo la cattura
5.000(circa)
Scomparsi in mare in seguito all'affondamento delle navi
trasporto prigionieri (Ardena, Alma, Maria Marta)
3.000(circa)
Superstiti
2.250(circa)
Annientata la guarnigione di Cefalonia, i tedeschi, il 24 settembre, riprendono le operazioni
contro Corfù, con uno sbarco in forze sulla costa occidentale.
Dopo molti anni si poterono riportare in Patria le Salme, tutte ignote, purtroppo, dei caduti
a Cefalonia ed ora sono raccolte nel mausoleo costruito a Bari dove verranno custodite nei
secoli.
In tutto il nostro paese si sono dedicati: piazze, monumenti ed edifici come la nostra
scuola a ricordo dei martiri di questa strage.
Trasferimento nel Sacrario di Bari delle salme dei caduti di Cefalonia e Corfù