Di Bazzocchi Carlo Premessa L`Italia è con la Spagna il principale

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Di Bazzocchi Carlo Premessa L`Italia è con la Spagna il principale
olivo
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Olivo
Di Bazzocchi Carlo
Premessa
L'Italia è con la Spagna il principale paese olivicolo del mondo.
La coltura è diffusa in quasi tutta la penisola, ed in particolar modo nel Sud e isole, ove
le condizioni ambientali sono più adatte.
La regione più impor-tante è la Puglia, che produce quasi la metà delle olive italiane,
seguita da Calabria, Sicilia e altre regioni centro-meridionali.
Meno buona è la situazione nelle altre regioni del Sud, ove minore è l'incentivo agli
investimenti; gli impianti sono spesso trascurati, la raccolta è in buona parte fatta da
terra, con negative conseguenze sulla qualità dell'olio.
Nel Centro l'olivo si trova in ambienti spesso marginali, le rese sono basse anche per il
clima meno favorevole, ma la qualità della produzione ed i prezzi ottenuti ne
consentono la sopravvivenza.
La gelata del 1983, lungi dal condan-narla, è stata piuttosto uno stimolo alla
riconversione dei vecchi oliveti, e ad una moderata ma costante spinta a impiantarne di
nuovi, spinta che non si è ancora arrestata; tutto questo grazie all'impulso che la crisi
diede ai prezzi a suo tempo, ed anche a una lenta modificazione delle diete in Italia e
all'este-ro a favore del consumo di grassi vegetali non manipolati chimicamente.
L'olivicoltura, parimenti alla cerealicoltura, è il settore in cui il metodo biologico si è più
diffuso in tutto il Centro-Sud della Penisola; probabilmente il motivo è da addebitare a:
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semplicità della tecnica,
e-sperienza degli operatori,
impianti prevalentemente di media e alta collina poco intensivi ,
al basso livello di input esterni, perché "tanto l'olivo qualcosa dà sempre !".
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olivo
Quest'ultima motivazione, seppur vera, non può e non deve soddisfare il pro-duttore
biologico che punta a risultati qualitativi e quantitativi soddisfacenti.
Proprio perché l'agricoltura biologica è un metodo e non l'eventuale sem-plice
sostituzione dei fertilizzanti e principi attivi chimici di sintesi conven-zionalmente usati,
con i prodotti ammessi dall'allegato secondo del Regola-mento CE, è necessario
studiare e testare soluzioni tecniche idonee all'agroe-cosistema in cui si opera.
D'altra parte, l'olivo ha dimostrato di poter dare produzioni accettabili che ove tali
conferimenti sono ridotti al minimo; non solo: nel caso dell'o-livo, più che per altre
specie, è possibile recuperare buona parte della produ-ttività perduta in termini di
quantità di olive ed olio sotto forma di qualità aspetto che il mercato sembra in grado di
apprezzare e remunerare.
I sistemi di coltivazione elaborati in questi anni,hanno migliorato le performance
produttive, attenuando sensibilmente l'alternanza delle produzioni, riducen-do le
perdite di prodotto e migliorando la qualità delle olive.
La cura dei terreni ha permesso di
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prevenire le cause di degrado ambientale (dissesti)
impedire l'ulteriore impoverimento dei suoli,
riequilibrare i fattori naturali degli agro-sistemi.,
migliorare la transitabilità per via del consolidamento del cotico erboso di
copertura.
In sintesi, l'olivicoltura biologica italiana, quasi esclusivamente collinare, appare vitale
e tecnicamente valida.
Il suo principale punto debole, per problemi strettamente tecnici, è l'olivicoltura da
tavola .
Impianto
Le scelte operate al momento dell'impianto dell'oliveto sono determinanti per ottenere
buoni risultati di sostenibilità, sia perché possono avere positi-ve ricadute sui
successivi interventi colturali, sia perché sono in genere modificabili solo con alti costi
di riconversione.
La scelta dell'ambiente è in genere limitata dal fatto che spesso all'olivo sono riservati
ambienti marginali , preferendo coltivare specie di alto reddito più facilmente
meccanizzabili negli ambienti migliori.
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olivo
La scelta del materiale per l'impianto dovrebbe puntare su cultivar carat-terizzate da un
buon adattamento all'ambiente, non nel senso del raggiungimen-to della massima
produttività ma piuttosto dal punto di vista delle miglio-ri condizioni di esistenza
dell'albero , primo requisito per ottenere piante meno bisognose di cure.
Quindi per la scelta della cultivar si dovrebbe in primo luogo prendere in
considerazione il germoplasma locale, soprattutto ne-gli ambienti di antica tradizione
olivicola, che sono sempre ben dotati di cul-tivar ed ecotipi adatti e selezionati in
funzione delle principali avversità biotiche ed abiotiche.
Qui divengono essenziali le conoscenze locali, ed eventuali raccolte di germoplasma
indigeno realizzate in passato, ove presenti.
Va subito detto che la variabilità genetica in questo senso nell'olivo è relativamente
bassa, ma una seria indagine può consentire di evidenziare materiale interessan-te.
Si conoscono, ad esempio, cultivar di olive da tavola meno suscettibili -all'attacco della
Saissetia, cultivar da olio più resistenti alla -mosca e alla generazione carpofaga della
tignola.
Per esempio, limitatam-ente alla Sicilia, la Nocellara del Belice è ritenuta più resistente
di altre varietà alla mosca, e sarà quindi da preferirsi in ambienti particolarmente
frequentati dall'insetto.
Mentre l'unica indicazione che si può dare in ambienti limite per i freddi invernali e
primaverili è di affidarsi a varietà sperimentate sul posto.
All'epoca dell'impianto si potrà anche inserire un numero adeguato di piante
impollinatrici, da scegliere con i normali criteri, e eventualmente piante esca.
La maggiore distanza tra le piante ha un effetto positivo sulle condizioni sanitarie della
pianta in generale.
La forma di allevamento ed il metodo di raccolta prescelto, costituiscono i parametri
che più contribuiscono con la fertilità, a determinare le distanze di impianto.
E' buona norma tenere una corretta manutenzione ordi-naria degli elementi
ecosistemici dei terreni (siepi, aree rinaturalizzate, ecc.).
Operazioni colturali e lavorazioni
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olivo
Lavorazioni nell'uliveto
Lavorazioni N°
attrezzi
periodi
erpicature,
Da autunno abbastanza
superficiali
a postraccolta
(max 25 cm)
con
strumenti
discissori
1-3
profondità
scopi
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estirpatori o
erpici a
dischi
1 -3 primaveraestate
Ancora più
superficiali
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arieggiare il
terreno,
prepararlo ad un
miglior accumulo
dell'acqua,
eliminare le
infestanti;
evitare il
costipamento,
per interrare
eventuali
composti o
letami.
Tali indicazioni andranno adattate alle zone più scoscese degli appezzamenti, cercando in tali situazioni di evitare l'eccessiva lavorazione per ridurre al minimo i
fenomeni di erosione e depauperamento degli strati attivi.
Controllo delle infestanti ed inerbimento
Il controllo delle infestanti non è un problema ove si attui sovescio o inerbimento; in
questi casi possono essere sufficienti sfalci o lavorazioni superficiale nei periodi più
critici.
Si provvederà quindi in questi casi allo sfalcio del cotico erboso naturale o seminato
mantenendo nei terreni pesanti una migliore portanza meccanica un miglior
arieggiamento dello strato attivo, non è da sottovalutare la mi-gliore preparazione del
terreno all'uso delle reti per la raccolta del prodotto (si evita l'infangatura).
Nel caso della presenza di inerbimento il controllo della copertura vegetale non è
agevole in assenza di irrigazione, per la concorrenza idrica estiva esercitata nei
confronti dell'apparato radicale dell'olivo; in agricoltura biologica quindi le lavorazioni
sono spesso inevitabili, anche se risultati positivi possono essere ottenuti in terreni non
troppo aridi, come sono spesso quelli umbri, con inerbimento controllato con essenze
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tipicamente mediterranee come il Trifolium subterraneum seminato a fine estate e
successivamente interrato.
L'inerbimento permanente a tutta superfice , non è invece proponibile nei primi 2-3
anni dopo l'impianto, e altrettanti anni dopo la scelta di passa-re dalla gestione
convenzionale a quella biologica (conversione) a meno di avere irrigazione a goccia e
non sussistano già condizioni eccezionali di fertilità e attività microbiologica del terreno.
E comunque, per favorire l'interramento dei fertilizzanti organici e la penetrazione
dell'acqua, almeno la zona immediatamente adiacente al tronco viene tenuta pulita.
Altra soluzione da verificare è la pacciamatura sulla fila tramite l'anda-natura dello
sfalciato intorno alle giovani piante e la bagnatura con acqua di vegetazione del
frantoio; essendo quest'acqua avida di ossigeno dovrebbe ritardare la degradazione
della sostanza pacciamante che come è noto avviene con processi aerobici.
La bagnatura con borlanda avrebbe un effetto fer-tilizzante e non ritardante, poiché i
prodotti in commercio sono sempre mol-to ricchi in lieviti e quindi stimolatori della
degradazione.
Negli impianti olivicoli delle zone più a nord in genere la piovosità è accettabile sia
come- quantità assoluta che come distribuzione nel corso dell'anno.
Diviene invece critica nelle zone più calde, perché le poche piogge si concentrano nel
periodo autunno-invernale, mentre le esigenze idriche si concentrano nel periodo
primavera-estate.
Inoltre non si può fare a meno dell'irr-igazione nel caso di olivicoltura da tavola.
La stagione irrigua inizia alla fine della fioritura (maggio-giugno), e con-tinua fino a
settembre inoltrato.
I fabbisogni idrici dell'olivo non sono eccessivi in quanto si tratta di una specie adatta a
climi aridi, ma in ogni caso una produttività ottimale richiede, in zone calde come la
Sicilia, apporti idrici dell'ordine di 1300 -3000 mcubi/ha.
Ovviamente le tecniche di irrigazione localizzata consentono notevoli risparmi di acqua.
Vale la pena di ricordare che la notevole tolleranza dell'olivo alle acque salmastre (fino
a un residuo salino di 4 gr/litro) può consentire di realizzare oliveti irrigui con acque
inutilizzabii per altre colture; -ciò può però costituire un problema nel caso di
consociazioni.
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Fertilizzazione
La fertilizzazione in agricoltura sostenibile ha come scopo principale quello di
mantenere od aumentare la naturale fertilità del terreno, soprattutto incrementandone il
tenore in sostanza organica.
La somministrazione degli elementi nutriti-vi fondamentali avviene quindi
indirettamente, in quanto si creano le condizioni per l-a messa a disposizione dei
macroelementi presenti sotto varie forme.
Tali scopi vengono perseguiti principalmente con due tecniche
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i-l sovescio
e la somministrazione di sostanza organica (compost vari e letame).
Per un metodo che ha il suo cardine nell'incremento di fertilità fisica, organica e
microbiologica del terreno, il letame è ovviamente la soluzione prin-cipe, anche perché
per sostenere le fasi determinanti della produzione, comune-mente individuate nella
fioritura e l'ingrossamento della drupa -- fasi que-ste relativamente distanti nel tempo -è possibile utilizzare materiale solo parzialmente compostato o addirittura fresco, con
l'attenzione di anticipare la somministrazione e non metterlo a ridosso della pianta.
E' noto che letame, quando reperibile, trova un limite notevole nella
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disabitudine all'uso da parte degli operatori,
nei costi per il caricamento ed il trasporto,
nell'assenza di attrezzatura idonea per la distribuzione.
Tuttavia l'interramento della sostanza organica è la condizione indispensabile per rendere efficienti i fertilizzanti organici (esempio: Pollina).
Nei primi anni di pratica del metodo biologico è quasi sempre necessario
investire molto sulla fertilità del suolo per creare quelle condizioni indispensabili alla
riuscita del metodo e quindi risulta importante interrare qualsiasi tipo di sostanza
organica disponibile, cosa che la presenza di un cotico erboso limita for-temente.
La somministrazione sul cotico o sul terreno nudo senza il dovuto interramento
superficiale affidano l'efficacia del prodotto somministrato alle condizioni atmosferiche
che, se negative (scarsa piovosità), possono anche annullare l'investimento fatto.
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La somministrazione di sostanza organica viene eseguita all'inizio dell' autunno, ed i
materiali utilizzati, oltre al letame, sono quelli facilmente disponibili nella zona, meglio
se residui del ciclo colturale dell'olivo: mate-riali di potatura, sanse.
Anche le acque reflue dell'oleificio possono essere utilizzate, a condizione che
l'operazione sia condotta corret-tamente: se le acque si lasciano scorrere senza
controllo sulla superficie si rischia una loro penetrazione in profondità e quindi
l'inquinamento della falda; se invece si spargono uniformemente sulla superficie esse
non pene-trano per più di 10-15 cm, costituendo una fertilizzazione e irrigazione che
rispondono in pieno ai criteri di. sostenibilità, senza controindicazioni.
Le acque reflue non sono assolutamente tossiche, e sono ricche di sostanza or-ganica
e di sali minerali prontamente utilizzabili.
Su un ettaro se ne può distribuire circa 200 metricubi il prodotto della lavorazione di
1.000-3.000 quin-tali di olive, risolvendo così anche i problemi legati allo smaltimento.
Le acque reflue possono anche essere utilizzate per il compostaggio o per la
fertilizzazione di altre colture.
I mate-riali solidi vanno interrati, preferibilmente su tutta la superficie; spesso l'operazione viene eseguita insieme alla semina del sovescio.
L'uso dei reflui zootecnici deve seguire le regole indicate per le acque di vegetazione,
per le stesse ragioni.
Ove si renda necessario integrare con ulteriori apporti di fosforo e po-tassio, si può
ricorrere a sostanze minerali ammesse dal regolamento CE 2092/91.
Il ricorso ai fertilizzanti fogliari che non hanno alcuna interazione con l'ecosistema
suolo non può diventare sistematico ma giustificabile ed utile in momenti di particolare
stress susseguenti a scarsa disponibilità di elementi nutritivi per condizioni negative
create da lavorazioni non idonee o a temporanea immobilizzazione dell'azoto da parte
dei microrganismi che stanno attaccando la sostanza organica con rapporti C/N alti e
nei primi anni di inerbimento in cui la pianta spesso presenta segnali di sofferenza.
La scelta va orientata verso quei prodotti ottenuti per idrolisi enzimatica da materiali
contenuti nel allegato secondo del Regolamento CE; in questo caso, oltre ad avere un
prodotto puro con i radicali in forma levogira e quindi tutti assimilabili, non si rischia
l'uso di prodotto non conforme.
In tal caso l'agricoltura biologica prevede trattamenti fogliari con concimi liquidi (carnicci
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fluidi) abbinati ad alghe brune, da somministrare nel periodo nel quale le carenze
possono essere sentite (dalla fioritura alle prime fasi dell'ingrossamento dell'oliva).
Il fatto che il letame non sia facilmente reperibile nelle quantità dovute deve
scoraggiare sulla possibilità di immettere sostanza organica umificata nel terreno
poiché proprio la produzione di olio comporta la disponibilità di grandi quantitativi di
residui organici selezionati ritenuti -- a torto -- solo un problema; infatti le sanse
esauste ed inesauste sono un ottimo materiale da dare al processo di compostaggio
così come quelle esauste.
Per queste ultime esistono esperienze consolidatissime, tanto che una ditta di Livorno
produce composti di altissima qualità proprio da sansa esausta.
Il sovescio è una soluzione tecnica molto interessante poiché abbina all' effetto
fertilizzante l'azione protettiva del suolo limitando gli interventi meccanici di
rivoltamento e affinamento del terreno spesso controproducenti per la fertilità del suolo.
E' bene orientarsi verso sovesci misti di leguminose e graminacee trinciati ed interrati
anche un po' dopo la fioritura per aumen-tare il rapporto C/N della biomassa e
prolungare leggermente il rilascio di elementi fertilizzanti.
Impianti di leguminose in purezza, come per esempio favino, garantiscono ottimi
apporti azotati ma tempi di rilascio troppo ra-pido per soddisfare anche la fase di
ingrossamento.
La scelta delle essenze per il sovescio, come sempre, deve essere guidata dal
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costo della semente, meglio se di risulta aziendale,
adattabilità pedoclim-atica della stessa,
obiettivo tecnico prefissato.
In questo senso, tra soluzioni classiche, la consociazione di veccia o trifoglio con
avena e/o orzo è da preferire al favino perché più resistenti al calpestio obbligato delle
fasi di raccolta e potatura.
Il timore di competizione idrica, costante obiezione degli operatori, è da sfatare
soprattutto perché con erbai autunno-vernini il periodo di competizione corrisponde alla
fase di maggiore piovosità e, in ogni caso, i benefici in termini di stabilità strutturale
del suolo compensano abbondantemente le even-tuali perdite.
Comunque, vista l'infinità di specie e varietà utilizzabili, l'impostazione di prove per
verificare comportamenti ed effetti nelle diverse condizioni perme-tterebbero scelte
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sicuramente meno intuitive e più certe.
L'intervento di trinciatura rende più semplice ed efficiente l'interramento -della
biomassa, soprattutto se si miscelano anche i residui di potatura; questo dovrebbe
essere effettuato superficialmente, possibilmente con frangizolle e non con fresatrici.
Nulla vieta di effettuare sovesci a file alterne per garantirsi corsie di lavoro- o, in
impianti poco intensivi, un'ulteriore integrazione sovesciando una fila e raccogliendo i
frutti della coltura consociata sull'altra.
L'interramento della biomassa è l'occasione per l'eventuale aggiunta di fertilizzanti
fosforici (siderazione) quando la carenza è particolarmente sensibile soprat-tutto nelle
condizioni sopra citate.
Sensibili carenze di fosforo comportano allungamento del ciclo decisamente
controproducente per chi si prefigge l'o-biettivo della qualità.
Il fosforo contenuto nei fertilizzanti ammessi dal disciplinare, nelle con-dizioni
abbastanza consuete di reazione alcalina con pH sopra il 7,5 e marcata presenza di
calcare attivo e calcio, risulta praticamente indisponibile se somministrato tal quale
senza il contributo di sostanza organica.; infatti per sopperire a questo problema
alcune ditte producono un fertilizzante fosforico che prevede la miscelazio-ne di
fosforiti a sostanza organica compostata.
Al momento del sovescio e della letamazione si creano invece condizioni favorevoli per
la realizzazione con il calcare stimolata dall'aumento di CO 2 dovuto alla respirazione
dei microrganismi che attaccano la sostanza organica interrata.
Erbai interrati con rapporti C/N più bassi o più ricchi di leguminose so-no invece
importanti per sostenere piante giovani non ancora in piena pro-duzione dove è
importante aiutare la crescita e non creare condizioni di stress che si pagano
pesantemente perché difficilmente recuperabili nel breve pe-riodo.
Potatura
Il vecchio adagio che dice « La concimazione dell'oliveto è la potatura» è molto vero.
Un caso limite è quello del quale si preferisce favorire l'alternanza, potando
energicamente ogni due anni, e rinunciando alla raccolta l'anno seguente alla potatura,
nel quale si avrà forte rigoglio vegetativo e scarsa produzione; è il caso riportato per la
Koroneiki in Grecia.
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L'abitudine a potare pesantemente nell'anno in cui si è avuta la carica è
controproducente per
l'esaltazione dell'alternanza e chi sta cercando di farsi conoscere sul mercato -non può
permettersi il lusso di essere presente ad anni alterni.
La tecnica di potatura per la gestione della chioma si basa sulla realizzazione e sul
mantenimento di una forma a « vaso », con leggere potature annuali in modo tale da
riequilibrare la chioma e la fisiologia della pianta.
La potatura e gli interventi rameici, solo in post raccolta ed a risveglio vegetativo,
assumono anche una funzione di regolazione della vegetazione.
Si tratta d'altronde di uno strumento fondamentale per il controllo della pianta, e questo
a maggior ragione quando le piante possono tro-varsi in condizioni non omogenee di
accrescimento e produttività, quali possono -verificarsi nel caso di olivicoltura non
irrigua.
Lo scopo principale della potatura è quello di adattare la pianta alla ferti-lità del terreno;
sarà quindi più o meno intensa a seconda delle condizioni ambientali esistenti.
Con la potatura si può anche contribuire a ridurre i problemi fitosanita-ri, infatti una
chioma non troppo fitta riduce l'incidenza delle malattie, favorite da elevato
ombreggiamento ed alte umidità relative.
Inoltre con la potatura si possono puntualmente -eliminare i rami colpiti da malattie
difficilmente controllabili, come la rogna.
Difesa
La progettazione di strategie di difesa in olivicoltura biologica poggia su:
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monitoraggio dei principali patogeni,
elaborazione di soglie-danno tipiche delle zone di colti-vazione
intervento con mezzi agronomici, meccanici, microbiologici atti a non creare
ambiente favorevole ai patogeni stessi.
Naturalmente il concetto della soglia di danno tollerabile non essere lo stesso in tutti gli
ambienti, né con tutti i tipi di produzioni per esempio, la produzione di oli extravergini di
particolare qualità e tipicità, oppure di olive da tavola in verde, possono richiedere cure
altrimen-ti non necessarie.
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olivo
In generale, si cercherà di curare in particolar modo la prevenzione, e il più possibile
tecniche agronomiche di lotta, limitando gli in-terventi a quelli strettamente
indispensabili.
Gli interventi fitoiatri-ci, quando necessari, sono attuati con sostanze di derivazio-ne
naturale
Ammesse dall'Allegato secondo del reg CE..
Anche se i possibili parassiti e patogeni dell'olivo sono numerosi, raramente
quelli che possono destare serie preoccupazioni sono più di uno o due; infatti le
condizioni ambientali che ne favoriscono alcuni di solito rendono difficile la presenza di
altri.
Queste possono essere applicate agli appezzamenti interi (trat-tamenti su tutte le
piante), a parte delle piante (impiego di principi insettici-di unitamente ad attrattivi
proteici, lotta alla mosca delle olive) o in trappole di cattura massale (insieme ad
attrattivi alimentari e/o sessuali) opportuna-mente collocate sugli alberi.
Il problema maggiore è sempre la mosca e la raccolta anticipata resta la migliore difesa
poiché per i prodotti a base di oli essenziali che ritardano la muta dell'insetto
(Dacosan) o altre soluzioni creano cuticola sulla drupa (silicato di sodio) e disinfezione
delle ferite
(propoli) va ancora testata l'efficienza e soprattutto studiati e
verificati le dosi e il periodo d'intervento.
Sicuramente nei primi anni di conversione più intenso è stato l'uso di p.a., più alta
l'incidenza di cultivars sensibili quali quelle da mensa e maggiore è il rischio di danno.
Parassiti
Bactrocera oleae -- Gli attacchi di mosca dell'olivo possono causare gravi danni a
causa degli effetti negativi sulla quantità, e soprattutto sulla qualità, dell'olio.
La lotta preventiva si attua con il metodo della cattura massale di insetti.
Questa consiste nel disporre su ogni pianta una tavoletta impregnata di un insetticida
(con insetticidi ammessi per l'utilizzo in trappole; si può anche usare colla, che è però
meno valida nella pratica), e corredata di una provetta contenente un'esca (idrolizzato
di proteine o soluzione di carbonato d'ammonio; i feromoni, validissimi, hanno un costo
che per ora ne limita l'uso al monitoraggio); altre esche utilizzate si basano su melassa
additivata con piretro, o con estratti di quassia e artemisia.
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olivo
Se la cattura è utilizzata come metodo ausiliario di lotta, o si prevedono attacchi non
ingenti, si può scendere ad un numero di trappole assai minore, 15-20 ad ettaro.
Pur se le catture avvengono soprattutto nel periodo settembre-novembre, conviene
iniziare a giugno, per l'ovvio vantag-gio di ridurre il numero di adulti prima del periodo di
maggiore virulenza.
La lotta con cattura massale può essere integrata ove possibile dalla presenza di
piante esca, come l'Ascolana Tenera, particolarmente sensibile alla mosca.
In passato si è ricorso a trattamenti coprenti alla chioma, con miscele di bento-nite o
caolino, silicato di sodio e latte magro, (prodotti non più ammessi dall'allegato 2B),
eventualmente potenziate con piretro; oppure semplicemente con poltiglia bordolese,
ove non si abbiano temperature eccessivamente alte.
Lo scopo di queste miscele è principalmen-te quello di formare una pellicola che pare
costituisca un deterrente all'ovo-deposizione.
Non è invece proponibile per la mosca il Bacillus thuringiensis, in quanto non è in
grado di raggiungere le, larve, ben protette dal mesocarpo della drupa.
La raccolta anticipata rimane, in ogni caso, la migliore difesa, e la più economica; in tal
modo è possibile sfuggire ai massicci attacchi che si verificano -in autunno, e gli
incrementi di olio che si verificano in questo periodo non sempre sono tali da
compensare i rischi di perdite qualitative cui è soggetto il raccolto.
Prays oleae -- Difficilmente costituisce un problema, soprattutto nelle zone interne e
d'altura.
Il Bacillus thuringiensis, da usarsi all'inizio della fioritura, permette di controllare
abbastanza bene questa tignola; bisogna però ricordare che è efficace solo per
contatto diretto, e l'insetto è vulnerabile solo nella breve fase di passaggio da uovo a
lar-va e quando la larva è appena fuoriuscita.
Bisogna quindi prestare particolar-e attenzione alla modalità dei trattamenti, che vanno
fatti in assenza di vento nelle ore serali, e alle epoche in cui si attuano.
Anche i trattamenti con rame sembrano di qualche efficacia nel ridurre l'infestazione in
giugno-luglio.
Quanto detto per il Prays oleae si applica anche ad un'altra tignola, la garonia (Palpita
unionalis), che negli ultimi anni ha causato problemi non indifferenti in Sicilia.
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olivo
Saissetia oleae -- La lotta alla cocciniglia non può essere disgiunta da quella alla
fumaggine. Per entrambe le avversità è fondamentale la lotta agronomi-ca in quanto
entrambe sono favorite da condizioni di alta umidità relativa e ridotta illuminazione ;
è quindi essenziale, in ambienti a rischio, una regolare -potatura di diradamento della
chioma ad un piano di concimazione che non privilegi eccessivamente lo sviluppo
vegetativo.
La lotta alla fumaggine inizia a marzo, con i prodotti a base di rame , ed attualmente
con sapone di potassio, e continua fino a maggio; i trattamenti vengono eseguiti dopo
le piogge o comunque in condizioni di alta umidità rela-tiva.
Per la cocciniglia, alla presenza delle giovani neanidi (fine luglio-agosto), si utilizzano
silicato di sodio e/o sapone di potassio, oppure oli bianchi, o oli vegetali o polisolfuro di
calcio.
È inoltre importante la distruzione delle formiche.
Le prospettive di lotta biologica contro la Saissetia oleae sembrano infine più
promettenti che nel caso della mosca; sono infatti positivi i risultati otte-nuti con
Cryptolaemus montouzieri e con diverse specie del genere Metaphy-cus.
Malattie
Cycloconium oleagina -- La prima forma di lotta contro l'Occhio di pa-vone consiste
nella scelta della varietà, in quanto la sensibilità verso questo patogeno varia molto nel
germoplasma di olivo.
Come per la fumaggine, essendo il patogeno favorito da alta umidità re-lativa, è
essenziale misura preventiva negli ambienti ad esso favorevoli, una energica potatura
che consenta una buona areazione e illuminazione della chioma.
La lotta si basa su trattamenti primaverili ed autunnali con poltiglia bor-dolese o
ossicloruro di rame, eventualmente potenziati con soluzione idroal-colica di prodotti a
base di propoli.
Raccolta
La fase di raccolta è particolarmente importante nell'olivicoltura biologica, in quanto la
minore produttività che spesso questa realizza rispetto all'olivicoltura tradizionale deve
essere compensata da una qualità indiscutibi-le, e questa a sua volta è altamente
dipendente dalle modalità di esecuzione di raccolta e trasformazione.
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olivo
Infatti, se è vero che alla base della qualità stanno olive sane e pulite, è anche vero
che questa condizione si può raggiungere solo se si esegue una raccolta dalla pianta,
quando è da poco iniziata l' invaiatura ; a tale epoca solo il 5 % delle olive è caduto a
terra, e d'altronde sulla pianta si ha già il massimo di olio ottenibile.
Ogni ritardo favorisce gli effetti negativi di malattie parassitarie, senza incrementare la
produzione.
Alla raccolta va poi fatto seguire una estrazione tempestiva, entro le 48 ore dalla
raccolta.
L'olivicoltura biologica contempla anche la raccolta meccanica, tecnica ormai diffusa in
diverse zone; la tecnica più diffusa è quella che utilizza vi-bratori del tronco di piccola
dimensione, con l'ausilio di reti stese sotto le piante.
Il sistema, se applicato a piante appositamente potate e con cultivar adatte con drupa
di buone dimensioni, può consentire una raccolta di 0,8-1,0 ettari/giorno, con una
percentuale di distacco dell'85-90%.
La qualità non sembra -risentire della tecnica, né restano danneggiate le piante se
l'operazione è condotta correttamente.
Importante al fine di garantire la buona qualità del prodotto e la massimizzazione delle
rese è l'individuazione della giusta epoca di raccolta, che avviene, a seconda della
destinazione produttiva e commerciale delle olive, subito dopo il punto massimo di
inoleizione delle olive.
Confronti produttivi biologico /convenzionale in Umbria
BIOLOGICO
CONVENZIONALE
Produzione (ton/ha)
10 -15
15 -20
Resa in olio (%)
18 - 19
17 - 18
Remunerazione olio
( /ton)
8000 - 9000
5800 - 6200
Trasformazione
In collegamento delle operazioni di raccolta con quelle di trasformazione è
organizzato in modo da prevenire fenomeni di ossidazione o fermentazio-ne
indesiderati e comunque alteranti la qualità delle olive, limitando i tempi di trasporto e
transito nei locali dell'oleificio a 12-18 ore.
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olivo
In alcune prove la spremitura delle olive a temperatura della pasta oscillante tra i 32
ed i 37 0 C, con un sistema misto in cui la frangitura viene effettuata con un sistema a
«molazza» e la separazione è realizzata con decanter in continuo a tre fasi.
La spremitura si realizza su partite di olive monovarietali; in tal modo che sia possibile
effettuare il deposito dell'olio distinguendo le singole varietà ed i periodi di raccolta.
Nella fase di imbottigliamento e confezionamento è così possibile cominciare a
standardizzare diversi blend di olio in base alle caratteristiche delle partite ottenute ed
alle esigenze qualitative manifestate dai consumatori.
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