Alessandro Gandini

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Alessandro Gandini
Social media e lavoro autonomo.
Precarietà, lavoro gratuito,
innovazione
Alessandro Gandini
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche
[email protected]
@afrontiercity
Introduzione
La Rete è ormai a tutti gli effetti un luogo privilegiato per
l'incontro fra domanda e ricerca di lavoro
--> pratiche tradizionali si combinano a pratiche nuove
social recruiting
headhunters
social network sites
(Twitter, Linkedin, etc.)
personal branding
reputazione
Ipotesi di ricerca
Nel contesto del lavoro intellettuale, della conoscenza e
creativo questo incontro si amplifica nell'importanza
crescente del lavoro autonomo e freelance
Per i freelance creativi è importante fare networking - i
media digitali si configurano dunque come strumenti di
lavoro per 'farsi conoscere' e mantenere una reputazione
--> attraverso i media digitali la reputazione diventa
tangibile, visibile e, a certe condizioni, misurabile
Contesto della ricerca
Studio etnografico a metodologia mista su un campione di
80 lavoratori freelance nel settore creativo e della
conoscenza in due diversi contesti: Milano e Londra
Freelance: lavoratore autonomo, nonstandard,
professionista indipendente, self-entrepreneur
(non artista, lavoro su commissione)
Come cambia la dimensione di rete sociale con i media
digitali per un professionista freelance?
Milano
Twitter: 71% degli intervistati (30 su 42)
Linkedin: 90% (38 su 42)
Facebook: utilizzo non professionale
Molto o abbastanza importante: 83%
- Self branding e narrativitá
- I social media come vetrina
- Una sorta di economia del dono
- Freelance ed emancipazione dal lavoro dipendente in
dialettica contraddittoria con la dimensione precaria
Milano
“I social media sono fondamentali, non tanto per vantaggi diretti (è
difficilissimo che qualcuno mi contatti direttamente da Facebook o
Linkedin per lavoro, o che il lavoro arrivi direttamente da lì) però è
vero che se devo incontrare una persona, la vado a cercare sui
social network. (...) I social media sono un portfolio, poi io voglio
sapere come lavori, e tramite i social media mi informo sulle
persone, e dal mio canto li gestisco come una vetrina, uno spazio
che dà informazioni su di me. Se devo lavorare con te che sei un
creativo e non ti trovo sui social media, io ti scarto” (M., agente di
comunicazione, 24 anni, uomo
“Per mia esperienza, è sempre successo (di essere notati, nda)
solo perché mi conoscevano già per cose fatte, per un
passaparola. Chi ben comincia, verrebbe da dire, è a metà
dell'opera. Consiglierei a chiunque di fare qualcosa di splendido,
gratis, subito. Il migliore degli investimenti (C., giornalista e
designer, 36 anni, donna
Milano
“Usare bene i social media conta tanto. Molte persone ti trovano
tramite questi strumenti, c'è un passaparola online e uno offline ma
le due cose sono correlate, e si incentivano reciprocamente.
Produrre contenuti interessanti sui social, sul proprio blog, crea un
passaparola e una reputazione. Il blog ad esempio è stato lo
strumento che mi ha permesso di emanciparmi dalla professione
dipendente, mi ha fatto conoscere e mettere in contatto con
moltissime persone, cosa che rimanendo in azienda non avrei
potuto fare” (D., consulente creativo, 45 anni, uomo)
“Essere freelance significa riappropriarsi del proprio tempo e voler
trovare un bilanciamento fra vita personale e vita professionale. Non
tornerei mai indietro, ho recuperato una seconda vita” (S., giornalista e
PR, 41 anni, donna)
Londra
Analogie: si conferma la pervasività della relazione social
Twitter: 76% (29 su 38)
LinkedIn: 95% (36 su 38)
Molto o abbastanza importante: 74%
Tutti gli intervistati posseggono un sito o blog personale e in
molti casi comunicano sulla Rete direttamente attraverso il
proprio brand (self branding)
--> funzione di vetrina
"Sì, sai, io sono un brand, no?"
(B., digital strategist, 41 anni, donna)
Londra
Differenze: maggiore consapevolezza delle dinamiche autoimprenditoriali e della loro necessitá
Maggiore consapevolezza della dimensione reputazionale come
"l'unica cosa che conta"
Crescente frustrazione rispetto alla dimensione precaria
“La società moderna richiede di essere super-imprenditoriali, ma
così diventi cattivo e impaurito, ansioso, dipendi dai business
plans (…) è la nuova classe operaia, capisci? Ragazzi che
combattono per vivere a Londra a fare il loro lavoro: artisti, attori,
scrittori...” (P., film producer, 40 anni, uomo)
Un'economia della reputazione
I social media rappresentano il primo contatto fra
committente e professionista freelance o selfentrepreneur
La dinamica di rete e networking che connota
tradizionalmente questo settore diviene visibile in un
continuum che attraversa reti face-to-face e media digitali
senza soluzione di continuitá.
La reputazione diviene quindi un asset centrale per i
professionisti indipendenti e diventa oggetto di curatela,
gestione e management
Quale futuro per la "classe creativa"?
La necessitá di "liberare potenzialità imprenditoriali" deve
combinarsi e armonizzarsi in un contesto ancora
frammentato e senza una visione che integri questo
fenomeno dentro un'ottica strutturale
-->lavoro autonomo e freelance come
"figli di un dio minore"
In che modo accogliamo la "nuova grande trasformazione"
portata dal digitale?
GRAZIE PER L'ATTENZIONE!
Alessandro Gandini
Università degli Studi di Milano
Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche
[email protected]
@afrontiercity