CONSERVATORIO di MUSICA “G. VERDI” - COMO

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CONSERVATORIO di MUSICA “G. VERDI” - COMO
CONSERVATORIO di MUSICA “G. VERDI” - COMO
Corso di diploma accademico
di primo livello in discipline musicali
Musica elettronica e tecnologie del suono
SINESTESIA ALGORITMICO-GENERATIVA
Relatore:
Maestro Andrea VIGANI
Tesi finale di:
Samuele RONCHETTI
Matr. 3205
Anno accademico 2013-2014
INDICE
Introduzione .......................................................................................................................... 5
Capitolo primo. Il suono ................................................................................................. 7
1.1 Il suono, generalità ......................................................................................... 7
1.2 L'orecchio e l'apparato uditivo ................................................................ 8
1.3 I parametri fondamentali del suono ..................................................... 13
Capitolo secondo. Il colore ........................................................................................... 20
2.1 Il colore, generalità ....................................................................................... 20
2.2 L'occhio e l'apparato visivo ...................................................................... 23
2.3 I parametri fondamentali del colore .................................................... 26
Capitolo terzo. Il rapporto suono-colore .............................................................. 31
3.1 Approcci fisico-matematici, da Newton a veronesi ..................... 40
3.2 Approcci percettivo-sinestetici, Kandinsky ..................................... 47
3.3 Approcci multimediali, alcuni esempi da Castel ad oggi ......... 54
Capitolo quarto. Dal colore alla gestione del suono ...................................... 62
4.1 Verso un approccio algoritmico generativo ..................................... 62
4.2 Realizzazione del progetto nel dettaglio ........................................... 65
Conclusioni ........................................................................................................................... 78
Appendice .............................................................................................................................. 79
Bibliografia ........................................................................................................................... 81
Sitografia ................................................................................................................................ 83
Cercare adagio, umilmente, costantemente di
esprimere, di tornare a spremere dalla terra
grezza o da ciò che essa genera, dai suoni, dalle
forme e dai colori, che sono le porte della
prigione della nostra anima, un'immagine di
quella
bellezza
che
siamo
giunti
a
comprendere: questo è l'arte.
James Joyce
INTRODUZIONE
Il seguente elaborato di tesi nasce da un personale e fervido interesse nei confronti
dell'associazione suono-colore. Durante il mio percorso di studi mi sono stati
proposti molteplici spunti, soprattutto nell'ambito interattivo e multimediale,
mediante lo studio del software Max/MSP.
Questa esperienza mi ha portato a sviluppare una poetica a partire dal connubio fra
il concetto di unione tra le arti e il rapporto simbiotico fra autore, fruitore e opera
d'arte, venutosi a consolidare soprattutto nell'ultimo secolo. Il periodo a noi
contemporaneo partorisce infatti opere d'arte che coinvolgono più sensi e sviluppano
un legame intimo, bilaterale e interattivo con lo spettatore, in modo tale che
quest'ultimo si possa sentire coautore dell'opera se non addirittura parte di essa.
Documentandomi sul citato fenomeno sinestetico ho constatato l'esistenza di un forte
interesse verso di esso da parte dell'uomo fin dai tempi più remoti. Innumerevoli
sono gli esempi in cui vengono accostati elementi provenienti da sfere sensoriali
differenti col fine di trarne un reciproco potenziamento. Queste associazioni tuttavia
diventano oggetto di studio consapevole solamente a partire dal 1600:
La questione della sinestesia, come problema consapevole, nasce nel Seicento con una
famosa interrogazione del Molyneux in Dioptrica Nova: un cieco nato, restituito alla luce,
sarebbe in grado di riconoscere con la sola vista e senza il soccorso del tatto quegli oggetti
[…] che prima identificava e distingueva toccandoli?
A fine Seicento, […] Locke già negava decisamente ogni sinestesia e affermava che solo
l'abitudine porta ad associare idee di campi sensoriali diversi […]. Ma già con Burke,
ancora nel 1757, alla sinestesia viene riconosciuta una piena e reale consistenza «Vi è un
legame in tutte le nostre sensazioni […] i sensi si portano testimonianza reciproca» 1.
Negli ultimi secoli l'interesse verso la sinestesia si diffonde e si estende a tutti gli
ambiti: dall'arte alla scienza, dalla poesia alla filosofia, dalla musica alla pittura e alla
1 M. COSTA, L'estetica dei media: avanguardie e tecnologia, Castelvecchi, Roma 1999, p. 80.
5
psicologia; la sinestesia diventa materia di studio per poeti, scienziati, artisti e
musicisti e talvolta ne diviene il principio stesso secondo il quale osservare la realtà.
A partire da essa vengono sviluppate opinioni divergenti, elaborate diverse teorie e
addirittura realizzate vere e proprie opere sinestetiche e strumenti multimediali.
Ho deciso pertanto di approfondire il mio interesse attraverso una ricerca a tutto
campo, che in seguito mi ha portato alla realizzazione del progetto pratico allegato.
Esso risulta una sintesi e una risposta personale alla questione della sinestesia suonocolore. Innanzitutto ho ritenuto necessario analizzare il binomio suono-colore. Nel
primo capitolo ho studiato il fenomeno sonoro ponendo in particolar modo
l'attenzione alle sue caratteristiche fisiche e percettive, nonché alle modalità secondo
cui il nostro organismo, mediante l'orecchio, lo percepisce. Nel secondo capitolo ho
trattato in modo analogo il colore, proseguendo con la descrizione delle sue proprietà
principali senza dimenticare di esaminare anche in questo caso le variabili fisiche, le
variabili percettive e le sensazioni percepite. Parallelamente al primo capitolo ho
concluso con la spiegazione dell'organo di senso adibito alla visione, cioè l'occhio.
Nel terzo capitolo ho trattato la sinestesia suono-colore e le correnti di pensiero che,
in riferimento ad essa, si sono susseguite nel corso della storia; per cominciare ho
presentato le diverse connotazioni del termine sinestesia, dal suo significato
allegorico-simbolico fino alla sua recente legittimazione da parte della neuroscienza.
Successivamente ho fornito diversi esempi del fenomeno, ognuno con una propria
impronta caratteristica, secondo tre approcci differenti: gli approcci fisicomatematici, come il modello di Newton e la proposta dell'artista Luigi Veronesi; gli
approcci percettivo-sinestetici, in particolare riferendomi all'esemplare ricerca di
Kandinsky,
e
infine
gli
approcci
multimediali,
considerabili
come
una
concretizzazione delle indagini precedenti attraverso la creazione di opere d'arte e
strumenti che si rivolgono alla molteplicità dei sensi. A tal riguardo ho fornito alcuni
esempi, a cominciare da Castel fino a giungere ai recenti software che si stanno
affermando sempre più nel campo dell'arte multimediale. L'ultimo capitolo riguarda
nello specifico la mia interpretazione personale del fenomeno analizzato.
6
Capitolo primo
IL SUONO
In principio, è lecito supporre, era il silenzio. Era silenzio perché non c'era moto alcuno e
di conseguenza nessuna vibrazione poteva mettere l'aria in movimento, fenomeno questo
di importanza fondamentale per la produzione del suono. La creazione del mondo, in
qualunque modo sia avvenuta, deve essere stata accompagnata dal moto e pertanto dal
suono. Forse è questa la ragione per cui la musica, presso i popoli primitivi, ha tale
magica importanza da essere spesso connessa a significati di vita e di morte. Proprio la
sua storia, in ogni varia forma, insegna che la musica ha serbato il suo significato
trascendentale2.
1.1 Il suono, generalità
Con il termine suono si indica un fenomeno fisico-acustico-percettivo che consiste in
una variazione di pressione che si propaga in un mezzo elastico, come ad esempio
l'aria. Questa variazione è data da una successione di compressioni e rarefazioni tra
le molecole che compongono il mezzo elastico, le quali vengono temporaneamente
spostate dalla loro posizione di equilibrio. Ne consegue un effetto sensoriale
prodotto dalla sollecitazione dell'apparato uditivo.
Variazione di pressione nel tempo.
2 O. KAROLYI, La grammatica della musica. La teoria, le forme e gli strumenti musicali, Einaudi, Torino
2000, p. 19.
7
È possibile descrivere l'evento sonoro attraverso tre fasi: la sua produzione, ad opera
di una sorgente o corpo vibrante3; la sua propagazione mediante un mezzo elastico;
la sua trasduzione ed elaborazione attraverso l'orecchio e il cervello. Queste tre fasi
vengono rispettivamente definite: fenomeno vibratorio, fenomeno ondulatorio e
fenomeno percettivo.
Rappresentazione schematica dell'evento sonoro scomposto nelle sue tre fasi.
1.2 L'orecchio e l'apparato uditivo
L'orecchio è l'organo fondamentale del sistema uditivo. Esso è formato da una serie
di elementi che permettono di ricevere e di trasformare un'onda sonora in un
impulso elettrico nervoso capace di generare, a livello cerebrale, la sensazione
uditiva. É possibile suddividere l'orecchio in tre sezioni: orecchio esterno, orecchio
medio, orecchio interno.
L'orecchio esterno consiste in un insieme di muscoli e cartilagine ed è costituito dal
padiglione auricolare e dal condotto uditivo o meato. La conformazione del
padiglione e la distanza tra le due orecchie svolgono un ruolo fondamentale nella
localizzazione del suono nello spazio: in base alla posizione della sorgente rispetto
all'ascoltatore, per ovvi motivi, lo stesso suono viene percepito dalle due orecchie in
modo differente4. Sono queste differenze che permettono di poter localizzare la
3 Tutti gli strumenti musicali sono considerabili sorgenti sonore il cui corpo vibrante può essere, a
seconda dei casi, una corda, una membrana, una barra metallica, un piatto, una colonna d'aria, ecc.
Rientrano nella categoria, oltre agli strumenti musicali, tutti i corpi che messi in vibrazione
provocano una variazione di pressione che si propaga nel mezzo elastico.
4 Le differenze riguardano i seguenti parametri: tempo, ampiezza e spettro.
8
direzione di provenienza del suono. Attraverso il padiglione auricolare le onde
sonore vengono indirizzate nel condotto uditivo e all'orecchio medio.
L'orecchio medio è la zona compresa tra il timpano e la finestra ovale; è formato dalla
membrana timpanica, dalla tromba di Eustachio 5, da tre ossicini chiamati
rispettivamente martello, incudine, staffa e dalla finestra ovale, una membrana molto
più piccola del timpano che comunica con l'orecchio interno. La catena degli ossicini
ha lo scopo di trasferire la vibrazione provocata dall'aria della membrana timpanica
alla finestra ovale, determinando un processo di amplificazione meccanica della
vibrazione. Si può dire che l'orecchio medio svolga una funzione di adattamento tra
la variazione di pressione dell'aria e quella del fluido contenuto nell'orecchio
interno6.
L'orecchio interno comprende due piccole strutture: un apparato di canali
semicircolari sede del senso dell'equilibrio e la coclea 7, fulcro dell'orecchio e centro
principale del processo uditivo. La coclea, canale spirale scavato nell'osso temporale,
è l'elemento più importante dell'apparato uditivo; in essa sono contenuti i principali
organi adibiti alla decodifica del suono e può essere definita come il punto in cui
avviene la traduzione delle vibrazioni meccaniche in impulsi nervosi.
Osservando la coclea in sezione trasversale si possono distinguere, dall'alto verso il
basso, tre canali ripieni di liquido: la rampa vestibolare, il dotto cocleare e la rampa
timpanica. Le due rampe comunicano tra loro nella parte finale grazie ad un'apertura
chiamata elicotrema8. Il dotto cocleare invece è indipendente, esso è separato dalla
rampa vestibolare e dalla rampa timpanica mediante due membrane denominate
5 La tromba (o tuba) di Eustachio è un condotto che collega l'orecchio medio alla cavità orale e ha il
compito di regolare gli sbalzi tra la pressione interna e quella esterna.
6 L'orecchio medio ha anche una funzione di difesa: se il suono in arrivo ha un'intensità molto
elevata il muscolo timpanico si irrigidisce e la staffa viene allontanata dalla finestra ovale
riducendo il trasferimento di vibrazione. Questo effetto si chiama riflesso acustico e, richiedendo
qualche istante per entrare in funzione, risulta una difesa poco efficace per suoni violenti
improvvisi.
7 La coclea deve il nome alla sua forma caratteristica che ricorda il guscio di una lumaca.
8 Questa apertura si viene a creare perché la membrana basilare si arresta poco prima di raggiungere
l'estremità finale della coclea.
9
rispettivamente membrana di Reissner e membrana basilare. La rampa vestibolare
comunica direttamente con l'orecchio medio attraverso la finestra ovale: quando
quest'ultima viene perturbata dalla staffa genera delle onde che si propagano nel
fluido cocleare; la perturbazione giunge poi, passando per l'elicotrema, nella rampa
timpanica. All'estremità della rampa timpanica è presente un'apertura ricoperta da
una membrana elastica chiamata finestra rotonda che permette di assorbire la
variazione di pressione del liquido incomprimibile. I movimenti del liquido si
ripercuotono sulla membrana basilare. L'energia meccanica dei movimenti viene poi
convertita in impulsi nervosi che vengono inviati al cervello. L'organo che assolve a
questa funzione, posizionato lungo la membrana basilare, è il cosiddetto organo del
Corti, una massa gelatinosa munita di migliaia di cellule cigliate disposte su più file.
Le ciglia, comunicanti all'estremo superiore con la membrana tectoria, si flettono
quando vengono raggiunte dalla vibrazione meccanica del liquido. È proprio questo
movimento che spinge le cellule cigliate a produrre i segnali elettrici che vengono
raccolti dal nervo uditivo e convogliati nel cervello. Le ricerche rivelano che i suoni di
determinate frequenze interessano parti specifiche della membrana basilare: al
variare della velocità delle sollecitazioni le onde che viaggiano nel liquido
raggiungono l'ampiezza massima in zone differenti della membrana rispetto alla
finestra ovale. Le onde corte, a frequenza elevata, raggiungono il massimo
dell'ampiezza vicino alla finestra ovale; contrariamente le onde lunghe, a bassa
frequenza, la raggiungono in punti più distanti. Bisogna specificare però che parte
del processo di percezione dell'altezza è condizionato anche dal comportamento del
sistema nervoso centrale; esso non si affida solamente alla posizione delle fibre
nervose da cui giungono gli impulsi ma giudica anche in base alla loro periodicità,
ovvero la frequenza con cui ogni fibra invia un segnale. Più precisamente il cervello
non calcola semplicemente il numero di impulsi ricevuti nell'unità di tempo ma
elabora i segnali provenienti da un ampio numero di fibre nervose ricavando una
configurazione pattern di impulsi pseudo-periodici. Attraverso le informazioni
captate da ciascun orecchio prende poi forma la sensazione uditiva.
10
Com'è stato mostrato da von Békésy, man mano che si allontana dalla finestra ovale, l'onda
aumenta di ampiezza fino a quando, raggiunta una certa posizione sulla membrana
basilare, decade rapidamente a 0 […].
Ciò che si rivela di grande importanza è che la posizione del massimo dell'inviluppo
cambia col variare della frequenza dell'onda: esso si presenta vicino alla finestra ovale se
la frequenza sonora è elevata, all'estremo opposto nel caso di suoni profondi. La
membrana basilare è perciò la sede dove ha inizio il meccanismo della discriminazione
dell'altezza dei suoni […].
È interessante notare che, poiché la risposta della membrana basilare alle sollecitazioni
meccaniche dipende dalle dimensioni della stessa, la gamma delle frequenze udite dai
diversi esseri viventi può differire di molto. Così se gli umani coprono al meglio
l'intervallo 20-20 000 Hz e il cane li supera solo di un poco sul lato degli ultrasuoni, i
pipistrelli partono tipicamente da 1000 Hz par arrivare oltre i 100 000 Hz, mentre i delfini,
pur capaci di scendere fino a 200 Hz, raggiungono nei registri alti addirittura i 200 000
Hz!
[…] Tramite l'impiego di microscopici elettrodi collegati a singole terminazioni del nervo
uditivo in animali, sono stati fatti esperimenti per analizzare il carattere dei segnali
elettrici diretti al cervello. Il segnale è costituito da una sequenza di impulsi, ciascuno
associato alla stimolazione di una delle cellule ciliate nell'organo di Corti […]. Alle
diverse frequenze rispondono terminazioni nervose differenti, nel senso che ognuna di
esse ha una propria frequenza caratteristica di massima risposta.
A una data frequenza di eccitazione, la separazione tra impulsi che vengono avviati
lungo una terminazione nervosa non riproduce che in modo grossolano il periodo
dell'onda, ossia l'intervallo tra due massimi di vibrazione tanto che occasionalmente la
fibra nervosa non appare nemmeno stimolata. […] gli impulsi elettrici sono presenti
soltanto in prossimità delle ampiezze massime di vibrazione.
Il cervello dunque, nella sua elaborazione percettiva, non si affida soltanto alla posizione
della fibra nervosa da cui trae origine il segnale, ma tiene sotto controllo un numero più
ampio di terminazioni, giudicando l'altezza del suono anche dalla frequenza con cui gli
pervengono i pacchetti di impulsi. La questione di quanto la discriminazione dell'altezza
dipenda dalla posizione delle terminazioni eccitate e quanto dalla periodicità dei segnali
che corrono lungo il nervo uditivo, è tuttora alquanto controversa 9.
9 A. FROVA, Fisica nella musica, Zanichelli, Bologna 1999, pp. 111-112.
11
Struttura dell'orecchio umano. L'orecchio esterno, e in particolare il padiglione auricolare, convoglia il
suono nel meato uditivo. Alla sua estremità le variazioni di pressione, che costituiscono le onde
sonore, determinano la vibrazione della membrana timpanica. Queste ultime vengono trasmesse
attraverso l'orecchio medio tramite il movimento di tre ossicini collegati tra loro: il martello, l'incudine
e la staffa. Il movimento oscillatorio del piede della staffa fa si che venga stimolata la coclea, la
porzione uditiva dell'orecchio interno10.
Nella sezione trasversale della
coclea si può osservare come essa
sia divisa in tre concamerazioni.
La scala [rampa] vestibolare
costituisce la cavità superiore che
è in comunicazione diretta con la
staffa a livello della finestra ovale.
Essa e separata dalla membrana
di Reissner dalla scala media
[dotto cocleare], che è il dotto in
cui alloggia l'organo del Corti,
responsabile della trasduzione
degli stimoli sonori. Le cellule
ciliate che compongono l'organo
del
Corti
poggiano
sulla
membrana basilare, che separa la
scala media dalla sottostante scala
timpanica11.
10 http://www.treccani.it/enciclopedia/udito_(Dizionario_di_Medicina)/
11 Ibidem.
12
1.3 I parametri fondamentali del suono
Il suono possiede una serie di caratteristiche fisiche oggettive, ognuna delle quali
influenza nell'ascoltatore la percezione sonora. Le principali variabili fisiche del
suono sono la frequenza, l'ampiezza, e lo spettro o forma d'onda; altre variabili utili
nello studio delle onde sonore, strettamente legate alla frequenza, sono la velocità di
propagazione nel mezzo elastico, la lunghezza d'onda, il periodo e la fase.
Onda sonora, parametri fisici.
Alle variabili fisiche oggettive corrispondono le variabili percettive soggettive ovvero
l'altezza o pitch, l'intensità soggettiva o loudness e il timbro o sound quality. É possibile
affermare che non esiste il concetto semplice di unità e linearità tra i fenomeni fisici e
la loro percezione: essa non varia in modo proporzionale al variare delle grandezze
fisiche dei fenomeni che la originano e di conseguenza può essere definita come un
processo dinamico.
Variabili fisiche
Variabili percettive
Sensazioni percepite
frequenza
altezza (pitch)
grave – acuto
ampiezza
intensità (loudness)
piano – forte
forma d'onda (spettro)
timbro
armonico – inarmonico
(scuro – brillante ecc.)
Tabella delle corrispondenze tra variabili fisiche, variabili percettive e sensazioni percepite del suono.
13
La frequenza è la caratteristica fisica che determina l'altezza di un suono ed è ciò che
ci permette di discriminare un suono grave da uno acuto; si misura in Hertz ed è
definibile come il numero delle oscillazioni che un'onda compie in un secondo. Più
precisamente la frequenza esprime il numero delle compressioni e rarefazioni del
mezzo elastico rispetto al punto di equilibrio che si verificano nell'unità di tempo in
seguito ad una perturbazione.
È possibile sintetizzare affermando che alle maggiori frequenze corrispondono i
suoni acuti, contrariamente alle minori frequenze corrispondono i suoni gravi. Non è
semplice tuttavia stabilire una soglia assoluta di udibilità in relazione alla frequenza
perché molti sono i fattori variabili; tra i più incisivi si pongono: l'età, i rumori
fisiologici e i tipi di strumenti utilizzati per la riproduzione dei suoni. Dai vari
esperimenti si può comunque asserire che il range udibile umano si estende dai 20 ai
20 000 Hertz, con una maggiore sensibilità alle variazioni tra i 600 e i 5000 Hertz.
Due suoni di frequenza diversa: 100 Hz il primo, 200 Hz il secondo.
Quando l'aria viene perturbata, il valore di pressione non è più costante, ma varia da
punto a punto: aumenta dove le molecole sono compresse, diminuisce dove le molecole
sono espanse. Il fenomeno può essere studiato sia dal punto di vista dello spazio
(osservando il valore della pressione nei vari punti in un determinato istante) sia dal
punto di vista del tempo (misurando il valore della pressione in uno stesso punto in
funzione del tempo). […] se immaginiamo di trovarci in un determinato punto,
assisteremo a una successione di compressioni ed espansioni dell'aria ovvero, prima
dell'istante t-0 la pressione dell'aria è al suo valore normale, dato che la perturbazione non
è ancora giunta al nostro punto di osservazione. All'istante t 0 la perturbazione giunge al
nostro punto di osservazione, la pressione inizia a crescere, giunge al massimo all'istante
14
t1, poi decresce fino a tornare al valore normale all'istante t2, continua a decrescere e
giunge al minimo all'istante t3, per poi risalire fino al valore normale all'istante t 4, e così
via. Si è fin qui descritto un ciclo del fenomeno. Se questo si ripete sempre allo stesso
modo il fenomeno si dice periodico. Il tempo necessario al completamento di un ciclo si
dice periodo, si indica con il simbolo T e si misura in secondi (s) o in millisecondi (ms).
L'inverso del periodo, cioè il numero di cicli che vengono completati in un secondo, si
dice frequenza, e si misura in Hertz (Hz) o cicli per secondo (cps). Se per esempio
un'onda sonora ha periodo T=0.01 s (cioè 1/100 di secondo) la sua frequenza sarà di: 1/T =
1/0.01 = 100 Hz (o 100 cicli al secondo) […]. Dal momento che si propaga nello spazio,
un'onda ha una lunghezza che è inversamente proporzionale alla sua frequenza. […] la
velocità del suono nell'aria […] è di circa 344 metri al secondo. Questo significa che
un'ipotetica onda di 1 Hz avrebbe una lunghezza di circa 344 metri, perché quando ha
completato un ciclo è passato un secondo e in questo tempo si è dispiegata nello spazio
per una lunghezza di 344 metri. Un'onda di 10 Hz, invece, in un secondo compie 10 cicli,
che si dispongono nello spazio di 344 metri occupando ciascuno 34.4 metri, cioè un
decimo dello spazio totale12.
L'ampiezza è il parametro del suono che permette di distinguere un suono debole da
un suono di forte intensità consentendo l'organizzazione dei suoni in una scala che
va dal piano al forte. Si stima che, l'intervallo che si estende dalla soglia di minima di
udibilità a quella del dolore, è circa mille miliardi a uno. Il valore minimo di
variazione di pressione udibile corrisponde ad una variazione di 20 μPa rispetto alla
pressione atmosferica in assenza di suono.
Due suoni di ampiezza diversa: il primo suono ha un'ampiezza doppia rispetto al secondo.
12 A. CIPRIANI, M. GIRI, Musica elettronica e sound design. Teoria e pratica con Max/MSP – volume 1,
ConTempoNet, Roma 2009, pp. 11-12.
15
Si definisce soglia di udibilità la minima intensità sonora che l'orecchio umano è in grado
di percepire. L'esperienza mostra che tale soglia varia da individuo a individuo (per
esempio si innalza all'aumentare dell'età del soggetto), e soprattutto che, anche per un
singolo individuo, essa dipende dalla frequenza del suono ascoltato. In genere si usa
riferirsi ad un valore convenzionale, ottenuto mediando la soglia di udibilità di molti
individui per un suono puro di frequenza di 1000 Hz. Il valore di tale soglia è
estremamente piccolo […]. [Esso] corrisponde ad una variazione di pressione rispetto alla
pressione atmosferica in assenza di suono di soli 20 μPa (pari a circa 0,2 miliardesimi
della pressione atmosferica). All'altro estremo del campo di intensità udibili si trova la
soglia del dolore, cioè la massima intensità sonora che l'orecchio umano è in grado di
percepire e oltre la quale il suono viene sostituito da una sensazione di dolore (si osservi
però che il suono può nuocere in modo permanente all'udito anche ad intensità inferiori
dipendentemente dalle condizioni di esposizione). Questo valore è mille miliardi di volte
più grande della soglia di udibilità.
[…] Il campo di variazione delle intensità sonora è estremamente ampio: occupa circa 12
ordini di grandezza. Rapportato ad una scala delle lunghezze sarebbe come spaziare
dalle dimensioni di un'ameba (circa 600 millesimi di mm) al diametro dell'orbita lunare
(circa 600 mila km). Questa grande variabilità, assieme al fatto che l'orecchio è sensibile
alle variazioni di pressione, e non al valore assoluto della pressione stessa, determina la
scelta di esprimere la misura dell'intensità del suono mediante una scala logaritmica […].
Il livello di intensità sonora è un numero puro (quantità adimensionale) al quale si
attribuisce però, per convenzione, un'unità di misura: il decibel (da A.G. Bell, scienziato
13
statunitense) il cui simbolo è dB .
Si può dire che la percezione dell'ampiezza aumenta in modo logaritmico
all'aumentare dello stimolo. Va precisato che questa proporzionalità varia in base alla
frequenza del suono: l'orecchio è molto sensibile alle frequenze medie 14, meno
sensibile alle frequenze alte e molto meno sensibile alle frequenze basse. Di
conseguenza man mano che ci si sposta dalle frequenze medie lungo il range delle
frequenze udibili, i suoni a frequenze basse e a frequenze alte hanno bisogno di
13 http://fisicaondemusica.unimore.it/Percezione_dell_intensit.html
14 L'orecchio è maggiormente sensibile alle frequenze tra i 600 e i 5000 Hz, con un massimo di
sensibilità intorno ai 3800Hz, frequenza di risonanza del condotto uditivo. È interessante constatare
che questa zona di maggior sensibilità corrisponde al range delle frequenze del linguaggio parlato.
16
un'ampiezza fisica maggiore rispetto a quelli di frequenza media per essere percepiti
di ugual intensità.
In conclusione è possibile affermare che l'intensità percepita non corrisponde
oggettivamente
all'ampiezza
fisica.
Questo
fenomeno
viene
rappresentato
graficamente attraverso il diagramma delle curve isofoniche o diagramma di uguale
intensità sonora. Il diagramma, elaborato da Fletcher e Munson, mostra l'intensità
sonora percepita15 rispetto ai dB alle varie frequenze.
Le curve isofoniche sono state costruite confrontando l'intensità percepita di un
suono sinusoidale di riferimento a 1000 Hz con quella di suoni di frequenza (f). In
questo modo è stato ottenuto un grafico non lineare perché, come precedentemente
accennato, la percezione dell'intensità varia al variare della frequenza; se così non
fosse, al posto delle curve, sarebbero state ricavate delle linee perfettamente
orizzontali.
Diagramma delle curve isofoniche (ISO 226:2003).
15 L'intensità sonora percepita si misura in phon. Il suo valore coincide a 1000Hz con i dB SPL. Se si
segue ad esempio la curva isofonica a 40Phon, un suono di 1000Hz avrà ampiezza fisica di 40dB e
sarà percepito intenso come un suono di 100Hz a circa 65dB.
17
La terza caratteristica fondamentale del suono è la forma d'onda; da essa dipende il
timbro, la qualità che ci permette di distinguere suoni che vengono generati da
sorgenti differenti pur avendo la stessa frequenza, la stessa intensità, e la stessa
durata. Questa definizione tuttavia non è esaustiva perché non tiene conto della
nozione di invarianza timbrica: le sorgenti possono essere riconosciute anche
indipendentemente dalla frequenza e dell'ampiezza dei suoni originati.
I diversi studi hanno dimostrato che il timbro dipende in prevalenza dal contenuto
spettrale di un suono, ovvero dalle sue varie armoniche (e parziali) e relativi
inviluppi d'ampiezza16. In base alle caratteristiche fisico-morfologiche delle sorgenti
tutti i suoni da esse generati sono soggetti ad interferenze costruttive e distruttive
sempre uguali. In altre parole il suono provocato dall'elemento vibrante viene
rimodellato dall'elemento risonante, corpo stesso della sorgente, che agisce come
filtro. Essendo fisse le zone risonanti, le formanti che si creano sono sempre le stesse,
indipendentemente dalle altezze fondamentali. Il cervello registra i vari pattern di
eccitamento della membrana basilare e li associa alle sorgenti permettendo in un
secondo momento il loro riconoscimento.
Due suoni con diversa forma d'onda aventi stessa frequenza e stessa ampiezza.
Dal punto di vista dell'impressione soggettiva, si tende a classificare il timbro in vari
modi, definendolo attraverso estremi che possono andare da opaco a brillante, da freddo
a caldo, da puro a ricco, da compatto a diffuso, da vuoto a pieno, da neutro a colorito.
L'idea che l'elemento precipuo che porta alla definizione di timbro sia lo spettro delle
16 Ogni suono complesso può essere visto come una somma di toni sinusoidali semplici detti
armonici (o parziali) aventi frequenze, ampiezze e inviluppi differenti.
18
armoniche del suono è dovuta al solito, geniale Hermann von Helmholtz: molte delle sue
osservazioni hanno tuttora validità. Esse si possono riassumere nelle seguenti ricette:
• Suoni con un limitato numero di armoniche – diciamo dalla prima alla sesta o settima –
sono più ricchi e pastosi di quelli puri, come il diapason, ma ne conservano in pieno, anzi
ne accentuano, il carattere dolce e melodico.
• Se si hanno armoniche più elevate, soprattutto se intense, il suono tende ad acquistare
un carattere più aspro e frizzante, tipicamente di violino.
• I suoni mancanti delle armoniche pari, come avviene negli strumenti a canna chiusi a
un estremo – clarinetto o canne d'organo tappate – hanno un carattere vuoto e nasale.
• L'intensità della prima armonica gioca un ruolo determinante nel dare stoffa al suono:
se essa è debole la pienezza del suono risulta impoverita.
• Circa le altre armoniche, in generale la seconda conferisce al suono limpidezza, la sesta
e l'ottava lo rendono chiaro e squillante, la settima e la nona lo inaspriscono, la decima ne
aumenta la chiarezza e introduce un sentore metallico.
• Il timbro non sembra dipendere dalle differenze di fase tra le varie armoniche
costituenti il suono. Fatto che, anche se oggi non risulta esattamente verificato, è di certo
un'eccellente approssimazione delle cose17.
17 A. FROVA, op. cit., pp. 151-152.
19
Capitolo secondo
IL COLORE
Senza la luce solare, il mondo, ridotto a un luogo monocromatico, sarebbe ispido e fonte
di minore ispirazione. Sepolte sotto strati di risposte apprese, troviamo, latenti, le nostre
reazioni innate al colore. A volte, nei momenti di terrore o di meraviglia, esse riemergono,
non richieste, dal repertorio che un tempo ci univa a questo straordinario ambiente di
aria e cielo, di foglie e acque lucenti, immerso nella luce di una stella che chiamiamo
Sole18.
2.1 Il colore, generalità
Il colore è una sensazione psicofisica che si genera a livello cerebrale quando le
diverse radiazioni elettromagnetiche che compongono la luce entrano a contatto col
sistema visivo di un osservatore. A seconda della composizione spettrale della luce,
che giunge all'occhio, corrisponde un colore definito.
Per capire il colore si può fare un paragone con il mondo dei suoni, assai più familiare; un
tamburo emette note meno acute di un violino, perché la frequenza delle vibrazioni
sonore del tamburo è inferiore a quella del violino. Anche nel caso della luce si parla di
frequenza o, più comunemente, di lunghezza d'onda, al variare della quale cambiano i
colori risultanti. La luce bianca è il risultato della mescolanza di tutte le tonalità di colore,
presenti in proporzioni uguali. Per tanto si parla di spettro di colori, ossia dell'insieme di
tutti i colori possibili; esempi di spettri colorati sono costituiti dall'arcobaleno o dal fascio
di luce scomposta da un prisma trasparente19.
Il colore dei corpi dipende quindi dalla loro capacità di assorbire le radiazioni
elettromagnetiche: quando vengono colpiti dalla luce, le radiazioni non assorbite
vengono riflesse fornendo così una tinta caratteristica. Nei casi limite una superficie
risulta bianca se tutte le radiazioni elettromagnetiche che la colpiscono vengono
18 J.D. BARROW, L'Universo come opera d'arte. La fonte cosmica della creatività umana, Rizzoli, Milano
1997, p. 238.
19 AA.VV., Fisiologia medica, Edi.Ermes, Milano 2010, p. 493.
20
riflesse, al contrario risulta nera quando tutte vengono assorbite. Secondo questo
principio di sintesi sottrattiva dei colori è possibile riassumere affermando che i
corpi, quando vengono colpiti dalla luce, sottraggono ad essa alcune componenti e ne
riflettono tutte le altre. Riguardo i corpi trasparenti, la luce non viene assorbita ma
passa semplicemente attraverso ai corpi stessi propagandosi per trasmissione20.
Ma cos'è dunque la luce? La sua natura ha suscitato interesse fin dalle epoche più
lontane e su di essa sono state formulate diverse teorie. Le prime concezioni cercano
di interpretare e descrivere l'esperienza sensibile. Secondo Pitagora l'occhio emanava
dei raggi rettilinei che toccando i corpi generavano la sensazione visiva. Platone
ipotizzava che la sensazione visiva fossa data dall'incontro di raggi emessi non solo
dall'occhio ma anche dai corpi. Altre teorie contrastanti supponevano che dai corpi si
irradiassero atomi costituenti l'immagine degli stessi che, una volta raggiunto
l'occhio, generavano la sensazione visiva. Secondo Aristotele, la luce e il colore erano
dati dall'eccitazione da parte dei corpi di un mezzo ovunque presente detto diafano.
Solamente a partire dal XVII secolo vennero formulate delle teorie derivanti da studi
sperimentali: la teoria crepuscolare di Newton e la teoria ondulatoria di Huygens,
quest'ultima ripresa e approfondita due secoli più tardi dagli scienziati Young e
Fresnel. Newton descriveva la luce come un insieme di corpuscoli di diversa specie,
ognuno dei quali corrispondente ad un colore specifico, proiettati con velocità
costante dai corpi luminosi. Al contrario Huygens affermava che la luce, come il
suono, consisteva in una vibrazione meccanica di un mezzo onnipresente, detto etere
cosmico; si iniziò così a studiare e descrivere la luce applicando le nozioni fisiche
legate al moto armonico e alla propagazione delle onde. Queste teorie tuttavia
presentavano ancora delle incongruenze. Grandi progressi si verificarono verso la
fine del XIX secolo grazie al matematico scozzese Maxwell che propose la teoria
20 I colori possono essere ottenuti anche per scomposizione della luce bianca. Quando la luce
attraversa corpi trasparenti, a seconda della forma e della composizione di questi ultimi, viene
rifratta. I vari raggi costituenti la luce vengono deviati con angoli diversi in base alla loro
lunghezza d'onda. Minore è la lunghezza d'onda e più la luce viene deviata. Ad esempio la luce
violetta è deviata maggiormente rispetto alla luce rossa.
21
elettromagnetica. Secondo Maxwell la luce visibile era da considerarsi solamente
come una piccola parte dello spettro elettromagnetica ed essendo una radiazione,
non necessitava un mezzo per la trasmissione.
[…] la luce – affermò nel decennio 1870-1880 – è un campo elettromagnetico che vibra,
una combinazione di campi magnetici ed elettrici indipendenti che oscillano all'unisono,
ma orientati perpendicolarmente l'uno all'altro come due corde legate a un palo e scosse
in orizzontale e verticale. La frequenza delle vibrazioni determina il colore della luce, e
aumenta in modo progressivo dall'estremità rossa a quella azzurra dello spettro visibile;
la radiazione elettromagnetica con frequenze inferiori a quelle della luce rossa è
l'infrarosso o, a frequenze ancora minore, microonde o onde radio. Le alte frequenze,
oltre l'azzurro e il violetto, corrispondono all'ultravioletto e poi ai raggi x e ai raggi
gamma21.
Altra interpretazione è fornita dal rivoluzionario fisico tedesco Einstein che qualche
decennio più tardi propose la teoria dei quanti.
[…] la luce non è solo onda, ma anche particella. La luce arriva confezionata in forma di
“quanti”, ognuno dei quali contiene un quantitativo di energia proporzionale alla
frequenza. Questi quanti di luce sono detti “fotoni”. Albert Einstein propose nel 1905
questo concetto eretico, che più tardi gli valse il Nobel.
Il colore di una sostanza può essere generato dall'assorbimento dalla luce, fenomeno
regolato dalle frequenze di risonanza dei materiali. Si immagini una corda di piano non
smorzata, che vibri in accordo con una nota cantata: nello stesso modo la materia canta in
coro con la luce solare. La vibrazione risonante assorbe l'energia della luce a quella
frequenza, e quindi strappa via un colore particolare dallo spettro della luce; i raggi le cui
frequenze non corrispondono ad una frequenza risonante del materiale lo attraversano
(se il materiale è trasparente o traslucido) o vengono riflessi (se è opaco). Solo questi raggi
“respinti” raggiungono l'occhio umano. Così, paradossalmente, è sulla base delle
frequenze di questi raggi – la loro posizione nello spettro visibile – che attribuiamo un
colore a un materiale. Per l'assorbimento della luce visibile, queste risonanze coinvolgono
le nubi di elettroni che circondano i minuscoli e densi nuclei degli atomi, come api che
21 P. BALL, Colore, una biografia, RCS Libri, Milano 2001, p. 34.
22
sciamino attorno all'alveare. La luce può essere assorbita se può elevare gli elettroni da
uno stato di energia a un altro, proprio come l'energia della corda del piano aumenta
quando viene stimolata dalle onde sonore in una vibrazione risonante. Poiché le energie
degli elettroni sono governate dalle regole della fisica dei quanti, e aumentano
gradualmente come le marce di un'automobile, soltanto raggi di determinate frequenze
possiedono l'energia adatta a stimolare queste “transizioni elettroniche” che producono
colore. 22.
Raffigurazione schematica di un'onda elettromagnetica.
2.2 L'occhio e il sistema visivo
L'organo principale del sistema visivo è l'occhio o bulbo oculare. Esso ha il compito
di ricevere e trasformare le radiazioni luminose in impulsi elettrici nervosi che
permettono di generare, a livello cerebrale, la sensazione visiva.
Gli occhi umani, dalla forma simile a quella di una sfera, sono situati nelle due cavità
ossee orbitali del cranio e possono essere ruotati in modo sincronizzato grazie a un
efficiente sistema di muscoli; al fine di evitare l'ingresso di corpi estranei e irritazioni
sono protetti dalle palpebre e dalle ciglia e sono costantemente lubrificati dalle
ghiandole lacrimali. L'occhio, per semplificare, potrebbe essere assimilato ad una
macchina fotografica. Il sistema di lenti è dato dal complesso cornea, pupilla,
cristallino. Il rivestimento più esterno dell'occhio, comunemente chiamata parte
bianca, è la sclera. La zona anteriore della sclera invece, di colore trasparente, è la
cornea; essa ha la funzione di ricevere e convogliare verso l'interno i raggi luminosi.
22 Ivi, pp. 34-35.
23
Tra la cornea e il cristallino si trova l'iride, la parte colorata dell'occhio, al centro del
quale è presente la pupilla, un foro di dimensioni variabili, che si restringe e si dilata
in base alla quantità di luce ricevuta 23; si può dire che la pupilla agisce come un
diaframma automatico. La funzione del cristallino è quella di mettere a fuoco
l'immagine aumentando e diminuendo la sua convessità 24. Tra la cornea e il
cristallino si trova un liquido chiamato umor acqueo. Nella parte più interna, a
contatto col corpo vitreo, una massa gelatinosa trasparente costituente l'interno
dell'occhio, è situata una membrana sensibile alla luce chiamata retina; essa è
costituita da una moltitudine di cellule sensoriali fotosensibili e, come una pellicola,
registra continuamente le informazioni luminose ricevute.
Le cellule fotosensibili della retina sono i bastoncelli e i coni. I bastoncelli, situati nelle
zone periferiche della retina, assorbono sostanzialmente tutto lo spettro della luce
visibile e generano segnali nervosi in base all'intensità della luce che li colpisce; essi ci
permettono di fare una distinzione tra chiaro e scuro di ciò che si osserva e di vedere
in condizioni di scarsa luminosità ma non permettono la discriminazione dei colori.
Nella zona centrale della retina, detta fovea, sono presenti i coni. Al contrario dei
bastoncelli, i coni, sono utili per la visione diurna e sono sensibili alle diverse
frequenze dalla luce: alcuni sono più sensibili al rosso, altri al verde ed altri ancora al
blu. Mediante sintesi additiva delle informazioni provenienti dalle cellule
fotosensibili, il cervello ricostruisce tutti i tipi di tinte contenute nello spettro del
visibile.
Gli interessi di Young spaziavano oltre la fisica, comprendendo la medicina, e nel 1801 le
combinò insieme per proporre una teoria circa la visione a colori. Ipotizzò che la retina –
la parte dell'occhio stimolata dalla luce – contenesse sensori luminosi che rispondono ai
raggi vibrando in risonanza; queste vibrazioni creano un segnale che viene inviato dalla
23 La pupilla regola la quantità di luce che entra nell'occhio; essa si restringe in presenza di luce
intensa e si dilata in presenza di poca luce.
24 La convessità del cristallino aumenta se si osservano punti vicini e diminuisce se si osservano punti
lontani. In questo modo viene garantita la precisa messa a fuoco dell'immagine osservata sulla
retina.
24
retina al cervello, lungo il nervo ottico. Young però ritenne impossibile che alle infinite
sfumature di colore che compongono lo spettro visibile corrispondesse un numero
infinito di punti di risonanza sulla retina; notando che i tre colori allora considerati
primari – rosso, giallo e azzurro – potevano essere mescolati per creare praticamente tutti
gli altri, egli suggerì che bastassero tre soli ricettori per permettere all'occhio di percepire
una gamma completa di colori […]. La teoria di Young fu sviluppata dal fisico e fisiologo
tedesco Hermann von Helmoltz, che fornì prove indirette dell'esistenza di tre recettori di
colore. Gli studi di Maxwell sulla sintesi additiva della luce nel decennio 1860-70
fornirono un valido sostegno all'ipotesi che la retina sia in grado di produrre una visione
completa di tutti i colori con i soli recettori sensibili ai tre primari (seppur ai primari
additivi: rosso, azzurro e verde), ma la conferma sperimentale dell'intuizione non si ebbe
per altri cent'anni.
Le cellule sensibili alla luce – i “risonatori” di Young – presenti nell'occhio sono divise in
due categorie, e sono distinguibili al microscopio per la loro forma differente. Sono
situate nella retina, alle estremità di milioni di filamenti provenienti dal nervo ottico, e
possono essere a forma di cono o di bastoncello. Vi sono 120 milioni di bastoncelli e
cinque milioni di coni in ogni retina umana25.
Tutte le informazioni provenienti dai coni e dai bastoncelli vengono poi convertite in
impulsi nervosi e inviate attraverso il nervo ottico al cervello dove si genera,
mediando e integrando le informazioni ricevute da entrambi gli occhi, la sensazione
visiva vera e propria. Va specificato che le fibre nervose provenienti dai nervi ottici,
prima di arrivare al cervello, si incrociano in un punto chiamato clisma ottico: è qui
che ogni nervo ottico invia le informazioni ad entrambi gli emisferi. Nella zona della
corteccia cerebrale adibita alla visione vengono poi integrate e raddrizzate le
immagini ricevute da entrambi gli occhi26. Si forma così un'unica visione
stereoscopica della realtà osservata. Tuttavia l'interpretazione da parte del cervello
della realtà osservata, in alcuni casi, potrebbe risultare errata come avviene nelle
illusioni ottiche.
25 P. BALL, op. cit., p. 50.
26 La luce, passando attraverso il cristallino che funge da lente, viene proiettata in modo capovolto
sulla retina. Questo capovolgimento dell'immagine è dovuto alla forma convessa caratteristica del
cristallino.
25
Anatomia del bulbo oculare:
a, muscolo retto superiore;
b, sclera;
c, coroide;
d, nervo ottico;
e, rami dell'arteria centrale della retina;
f, macula;
g, vena vorticosa;
h, muscolo retto inferiore;
i, retina;
l, corpo ciliare;
m, iride;
n, cornea;
o, cristallino;
p, zonula di Zinn;
q, orlo sclerocorneale;
r, congiuntiva27.
2.3 I parametri fondamentali del colore
Il colore, così come il suono, possiede un insieme di caratteristiche capaci di generare
nell'osservatore la sensazione cromatica. I principali attributi utili alla descrizione del
colore sono: la tinta, la luminosità e la saturazione. La percezione del colore è
subordinata, come descritto in precedenza, ai principi di sintesi sottrattiva e additiva
dei colori. L'importanza di un'oggettività nella descrizione dei colori ha portato alla
definizione di diversi spazi di colore, modelli matematici astratti che rappresentano i
colori come combinazioni numeriche28.
Variabili fisiche
Variabili percettive
Sensazioni percepite
frequenza
tinta
colore (da rosso a violetto)
intensità luminosa
luminosità
chiaro – scuro
spettro
saturazione
puro – acromatico
Tabella delle corrispondenze tra variabili fisiche, variabili percettive e sensazioni percepite del colore.
27 http://www.treccani.it/enciclopedia/occhio_(Dizionario-di-Medicina)/
28 I modelli di colore più utilizzati sono l'additivo RGB (red green, blue), il sottrattivo CMYK (cyan,
magenta, yellow, key black), e il modello di Munsell (hue, saturation, lightness).
26
Come il variare della frequenza sonora udibile determina l'altezza di un suono, il
variare della frequenza della luce visibile determina la tinta del colore. L'occhio
umano riesce a percepire solo una minima parte dello spettro elettromagnetico: il
range dello spettro visibile è quello che si estende dal limite rosso al limite del
violetto. Tale range varia approssimativamente tra i 380 e i 750 THz, se si considera la
frequenza, e tra i 780 ai 400 nm, se si considera la lunghezza d'onda.
Rappresentazione della tinta, dal limite del rosso al limite del violetto.
Colori
Frequenze
Lunghezze d'onda
rosso
~ 462 THz
~ 650 nm
arancione
~ 500 THz
~ 600 nm
giallo
~ 516 THz
~ 580 nm
verde
~ 545 THz
~ 550 nm
blu
~ 599 THz
~ 500 nm
indaco
~ 666 THz
~ 450 nm
violetto
~ 750 THz
~ 400 nm
Tabella dei colori. Per ogni colore dell'arcobaleno è indicato un valore tipico approssimativo della sua
frequenza e della sua lunghezza d'onda. Va considerato che in realtà lo spettro è continuo e al variare
della frequenza il colore cambia gradualmente29.
Come si può notare non tutti i colori compaiono nello spettro visibile. Ciò avviene
perché alcuni colori, tra cui il bianco, il nero, il grigio, il marrone non corrispondono
ad una singola lunghezza d'onda ma sono una conseguenza del parziale
assorbimento, da parte dei corpi, di determinate componenti della luce bianca.
Che cos'è allora il grigio? Assieme al bianco e al nero, il grigio è a volte classificato come un
ossimorico “colore acromatico”... si potrebbe dire che il grigio non ha “colore” in quanto tale,
ma è più un intermediario tra chiaro e scuro; lo si percepisce quando tutte le lunghezze
d'onda vengono parzialmente assorbite, più o meno nelle stesse proporzioni, dalla luce
29 Dati tratti da http://www.britannica.com/EBchecked/topic/126658/colour
27
bianca; è, se si vuole, luce bianca col volume abbassato. Anche il marrone è difficile: è situato
sulla frontiera tra un colore vero e uno acromatico... un colore “sporco”, affine al grigio; in
effetti il marrone è un tipo di grigio con una tendenza verso il giallo o l'arancio. Una
superficie marrone assorbe tutte le lunghezze d'onda fino a un certo punto, ma quelle del
giallo e dell'arancio un po' meno delle altre30.
La luminosità è l'attributo che ci permette di descrivere un colore su una scala che va
dal chiaro allo scuro e può essere definita come la chiarezza di una superficie a date
condizioni di illuminazione. Essa varia tra un minimo, corrispondente al nero ad un
massimo, corrispondente al bianco. Il valore intermedio coincide con la tinta del
colore spettrale. La luminosità in un sistema additivo esprime la quantità di bianco o
di nero mescolata ad un colore specifico. Ovviamente l'aggiunta di bianco rende il
colore più chiaro, l'aggiunta di nero lo rende più scuro.
Rappresentazione di un progressivo aumento di luminosità nel colore rosso.
La saturazione, detta anche purezza, è la terza delle caratteristiche fondamentali del
colore; essa ci permette di descrivere un colore su una scala che va dal puro
all'acromatico. La saturazione dipende da com'è distribuita sullo spettro la luce
emessa o riflessa da una superficie. Minore è la quantità delle componenti secondarie
maggiore è la purezza del colore. La massima purezza si ha quando la luce viaggia
su una sola lunghezza d'onda, come avviene nel caso dei laser. In un sistema additivo
un colore è detto saturo se privo di mescolanza con il grigio, suo corrispettivo
acromatico (ad una data luminosità) posto sulla scala dei grigi; al contrario, in base
alla quantità di quest'ultimo, può essere definito più o meno saturo.
Rappresentazione di un progressivo aumento di saturazione nel colore rosso.
30 P. BALL, op. cit., p. 54.
28
[…] l'universo dei colori – quello che si può vedere nei cataloghi dei colorifici – è di fatto
tridimensionale. Il diagramma CIE31 mostra solo due dei tre parametri cromatici.... Uno di
questi è quanto si intende generalmente con “colore”: in senso stretto, è la lunghezza d'onda
dominante che lo identifica, permettendo di definire un colore come fondamentalmente
rosso, verde o quant'altro. […] Il secondo parametro del diagramma CIE è la saturazione,
chiamata a volte purezza o intensità (termine potenzialmente fuorviante): si riferisce al
grado in cui il bianco (o il nero, o il grigio) è mescolato con un colore puro. […] dal
diagramma CIE è omesso il terzo parametro del colore: la luminosità che può essere grosso
modo considerata come la sfumatura di grigio generata dal colore in una fotografia in bianco
e nero. Entro l'inizio del XIX secolo, i teorici del colore stavano già cominciando a rendersi
conto che le ruote cromatiche piatte danno solo un'immagine parziale del mondo dei colori:
una semplice fetta del panorama. […] All'inizio del Novecento l'insegnante e pittore
americano Albert Munsell fece uno dei primi tentativi di codificarlo […]. La sua prima scala
cromatica fu pubblicata nel 1905, e poi ampliata nell'Atlas of the Munsell Color System […].
Come nel diagramma CIE, i colori mutano attorno al perimetro mentre la saturazione varia
lungo linee radiali verso il bianco centrale; la luminosità cambia in direzione verticale, […] il
punto centrale va dal nero puro al bianco puro passando per il grigio. Nel 1929 Munsell
aggiornò di nuovo la sua scala di notazione cromatica, dividendo lo spazio cromatico in
blocchi discreti che dovevano procedere in qualsiasi direzione per passi percettivi uguali32.
Rappresentazione nel sistema Munsell del cerchio di tonalità [hue] a luminosità [value] 5 e saturazione
[chroma] 6; i valori acromatici da 0 a 10 e le saturazioni del blu-viola a luminosità 533.
31 Spazio di colore 2D realizzato nel 1931 dalla Commission Internationale de l'Eclairage. Il diagramma,
dalla forma di campana, presenta sul perimetro tutti i colori dello spettro visibile saturi che, per
sintesi additiva, diventano acromatici procedendo verso il centro.
32 P. BALL, op. cit., pp. 54-56.
33 http://en.wikipedia.org/wiki/Munsell_color_system
29
Come la percezione del suono non varia in modo proporzionale al variare dei
parametri fisici che lo determinano, così avviene anche per la percezione del colore:
essa è in gran parte influenzata dalla fisiologia del nostro sistema percettivo.
Quando vengono colpiti dalla luce, bastoncelli e coni generano segnali nervosi: i
bastoncelli assorbono l'intero spettro visibile della luce, ma in particolar modo quella
verde-azzurra (la possibilità che questa venga assorbita è quindi maggiore).
L'assorbimento di luce da parte dei bastoncelli scatena una risposta neurale identica,
indipendentemente dalla lunghezza d'onda, e perciò senza operare distinzioni tra i colori,
ma solo tra chiaro e scuro; […] E dato che i bastoncelli rispondono meglio alla luce verdeazzurra, di notte gli oggetti che riflettono queste lunghezze d'onda (come le foglie)
appaiono più luminosi di quelli rossi. […] I coni per la luce azzurra sono i meno sensibili,
per cui l'azzurro completamente saturo sembra relativamente scuro. È dunque in
definitiva per motivi biologici che il blu è stato riconosciuto tardi come colore a sé, e non
come una sfumatura di nero. La sensibilità complessiva dell'occhio ai colori dello spettro
è la somma delle risposte di tutti i tre tipi di coni; e aumenta dal rosso al giallo, per
declinare poi dal giallo al violetto. Quindi il giallo è percepito come il colore più brillante:
la striscia gialla dell'arcobaleno spicca non perché è più intensa (cioè non perché vi sono
più fotoni gialli che di altri colori), ma perché i fotoni gialli generano la maggiore risposta
ottica da parte dell'occhio34.
Spettri di assorbimento dei quattro tipi di fotorecettori35.
34 P. BALL, op. cit., p. 50.
35 AA.VV., Fisiologia medica, p. 495.
30
Capitolo terzo
LA SINESTESIA SUONO-COLORE
Nel corso della storia sono state innumerevoli le associazioni suono-colore. L'uomo,
fin dall'antichità, ha sempre cercato di trovare una corrispondenza tra i due
fenomeni. Si può dire che la sinestesia suono-colore è da sempre considerata la più
interessante e la più esplorata.
I momenti sinestetici ricorrono assai frequentemente fino dall'antichità nel pensiero e
nella letteratura di vari paesi: una parte cospicua di essi è ampiamente riportata nella
specifica analisi fatta da Stephen Ullmann in Principi di semantica, che si giova anche di
esempi citati da vari studiosi. Tracce di espressioni sinestetiche compaiono già nel
secondo, e forse anche nel terzo millennio a.C. Se ne trovano nell'antica Cina e nel
Giappone, in India, Persia, Arabia, Egitto, Babilonia e Palestina. Democrito, Platone e
Aristotele hanno in vario modo l'occasione di interessarsi a espressioni del genere.
Ritroviamo la sinestesia nell'Iliade di Omero («voce di giglio»), nei Persiani di Eschilo («La
tromba diede fuoco a tutte le coste col suo suono»), nelle Fenicie di Euripide («Quando il
richiamo della tromba balenò come un faro»).
A Roma la sinestesia la incontriamo nella stessa definizione dell'architettura data da
Vitruvio: una «musica raggelata». Ci sono lo «splendore della voce» e i «fulmini delle
parole» di Cicerone. E Virgilio nell'Eneide descrive «grida che riempiono il cielo» 36.
La parola sinestesia deriva dal greco synaisthesis e significa letteralmente percezione
simultanea. Non è semplice definire univocamente il fenomeno perché quest'ultimo è
stato utilizzato in diversi ambiti: dalla poesia alla filosofia, dall'arte alla psicologia e
alla scienza. Generalmente indica una manifestazione psicologica per la quale in
seguito alla percezione di determinati stimoli ne vengono associati altri, propri di
una diversa area sensoriale; in altre parole una sorta di contaminazione di più sensi a
partire da un singolo stimolo.
36 L. PIGNOTTI, I sensi delle arti: sinestesie e interazioni estetiche, Dedalo, Bari 1993, p. 41.
31
Paesaggi e ambienti alquanto di ieri: la fiera di paese, il mercato, la stazione affumicata, la
tavolata vicino alla stalla, la messa domenicale, il ballo davanti al camino... Paesaggi e
ambienti alquanto di oggi: il festival, il supermercato, l'aeroporto, il fast food, la partita
domenicale, la discoteca... Paesaggi e ambienti alquanto emblematici di una certa scena
quotidiana, piuttosto che di genere, e tuttavia suscettibili di fare avvertire più che altrove
all'individuo una serie di combinazioni e interferenze di sensazioni diverse: visive,
auditive, tattili, gustative, olfattive.
Quella che può apparire come la più ovvia delle percezioni è talora, o quasi sempre, il
risultato dell'interazione di più sensi, o di tutti i sensi.
[…] L'interazione sensoriale mischia e rivoluziona anche diversi ambiti e concetti che
siamo usualmente portati a considerare come distinti, e talora opposti: figura e sfondo,
testo e conteso, natura e artificio, interno ed esterno, soggetto e oggetto, cronaca e
spettacolo, realtà e simulazione, evento quotidiano ed espressione artistica 37.
Nonostante queste associazioni sensoriali esistano e si utilizzino fin dai tempi più
lontani, il termine per denominarle si diffonde solamente in epoca relativamente
recente.
La genesi del termine «sinestesia» è tracciata da Ludwig Schrader nel volume Sensactiòn y
sinestesia. Il termine è usato per la prima volta nel 1874 dal fisiologo Alfred Vulpian in un
articolo sul midollo spinale nel Dictionnarie encyclopédique des sciences médicales, in cui
vengono definite «sinestesie» - «synesthésies» - quelle «sensazioni secondarie prodotte
sotto l'influenza d'una sensazione primitiva provocata da una eccitazione esteriore o
interiore» […]. Curiosamente il sostantivo «sinestesia» è stato preceduto dal suo
aggettivo: infatti proprio nella prima edizione del suo Dictionnaire, del 1872, Littré
menziona «le parti sinestetiche della retina». È però Jules Millet nel suo Audition colorée
del 1892 che, sempre secondo Schrader, ha impiegato per primo il termine «sinestesia»
come concetto generico per il fenomeno delle sensazione associate. «L'ampliamento del
significato, l'applicazione della sinestesia ai fenomeni letterari, per noi decisivi», dichiara
Schrader «sono stati realizzati da Millet nel 1892, e il termine è diventato di dominio
comune nella ricerca letteraria, anche se la sua definizione è molto lontana dall'essere
univoca»38.
37 Ivi, p. 23.
38 Ivi, pp. 15-16.
32
Come universalmente riconosciuto la sinestesia ha avuto larga diffusione nella
linguistica e nella poesia dove viene utilizzata come particolare metafora consistente
nell'accostamento di due sfere sensoriali differenti. In questo modo avviene un
potenziamento dell'espressione.
Alcuni esempi possono nascere dall'accostamento dei sensi dell'udito e del gusto,
“suono aspro”, oppure della vista e del tatto, “colore freddo”.
Nel XIX secolo si diffonde il pensiero secondo il quale la percezione del mondo non è
fatta di dati distinti e separati ma avviene attraverso tutto il corpo e l'insieme dei
sensi, o meglio attraverso modalità sinestetiche.
Da metafora poetica la sinestesia diviene così il principio stesso per osservare il
mondo: l'interesse verso di essa si estende a tutte le arti. Il fine è quello di mediare
attraverso l'unione dei sensi il mondo interiore con quello esteriore nel modo più
intimo possibile.
Tra le poesie celebri, in cui gli accostamenti sensoriali hanno un ruolo fondamentale,
è impossibile non citare il sonetto sinestetico per eccellenza, Corrispondenze, del
decadente Baudelaire:
La nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parofis sortir de confuses paroles;
L'homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l'observent avec des regards familiers.
La natura è un tempio in cui pilastri vivi
a volte emettono confuse parole;
l'uomo, osservato da occhi familiari,
tra foreste di simboli s'avanza.
Comme de longs échos qui de lion se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et come la clarté,
Les parfums, les coleurs et les sons se répondent.
Come lunghi echi che di lontano si confondono
in una unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori ed i suoni si rispondono.
Il est des parfums frais comme des chairs d'enfants, Esistono profumi freschi come carni di bambino,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies, dolci come oboi, verdi come prati,
- Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,
- ed altri corrotti, ricchi e trionfanti,
Ayant l'expansion des choses infinies,
Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,
Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.
che hanno l'espansione delle infinite cose,
come l'ambra, il muschio, l'incenso e il benzoino
e cantano l'estasi dello spirito e dei sensi 39.
39 C. BAUDELAIRE, I fiori del male e tutte le poesie, trad. C. Rendina, Newton & Compton, Roma 2013,
pp. 66-69.
33
A tal riguardo molto significativa appare anche la poesia Vocali di Rimbaud, in cui ai
suoni delle vocali vengono assegnati, in una sorta di flusso di coscienza, dei colori,
delle immagini e delle sensazioni particolari. Questo atteggiamento viene descritto
ed esasperato proprio dal giovane Rimbaud nella Lettera del Veggente: nello scritto egli
sostiene che il poeta deve lavorare per diventare profeta; deve mirare ad uno stato
superiore di conoscenza raggiungibile solamente coltivando l'anima attraverso le più
fervide sensazioni e la sregolatezza di tutti sensi; deve abbandonare se stesso
sacrificando la vita sull'altare d'una sovrumana esperienza.
[…] Dunque il poeta è veramente un ladro di fuoco. Ha a suo carico l'umanità, perfino gli
animali; dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue invenzioni; se ciò che riporta da laggiù
ha forma, egli dà forma; se è informe, darà l'informe. Trovare una lingua; del resto, ogni
parola essendo idea, il tempo di un linguaggio universale verrà! […] Questa lingua sarà
dell'anima per l'anima, riassumendo tutto, profumi, suoni, colori, pensiero che aggancia il
pensiero e che tira. Il poeta definirebbe la quantità d'ignoto che si risveglia nell'anima
universale del suo tempo: egli darebbe di più della formula del suo pensiero, della
notazione della sua marcia verso il Progresso40!
L'idea che la percezione del mondo avviene attraverso l'unione dei sensi è stata
affrontata anche in ambito filosofico da vari studiosi tra cui Merleau-Ponty e
Lawrence. Sostanzialmente anche in questi casi il pensiero insiste sul fatto che la
realtà è percepibile solamente attraverso l'utilizzo di tutto il corpo e la sua
complessità; esso nella sua complessità è attivo in ogni percezione. Le informazioni
provenienti da un solo senso, prese singolarmente e decontestualizzate non hanno
pertanto una funzione significativa.
D.H. Lawrence, in un saggio del 1921, di notevole spessore teorico, capovolgeva tutte le
nozioni della psicologia occidentale ed elaborava un sistema bio-psico-cosmologico nel
quale, ai percetti definiti e intellettivamente distinti, non veniva assegnata alcuna
significativa funzione o forma di esistenza. […] Un'inclinazione maggiormente
40 http://arthurrimbaud.jimdo.com/libro-d-oro/lettera-del-veggente
34
razionalistica, ma che inclina a esiti abbastanza simili […], è dato riscontrare in MerleauPonty che insiste sul fatto che la prensione percettiva del mondo avviene da parte di tutto
il corpo e che è tutto il corpo, con la sua molteplice e complessa «carnalità», a esser
presente e attivo in ogni percezione […]41.
La sinestesia viene definitivamente legittimata nella seconda metà del Novecento
attraverso studi neuro-psicologici che attestano in alcuni individui il reale
sdoppiamento degli stimoli percettivi. Mediante le moderne tecniche che permettono
di visualizzare l'attività cerebrale è stato dimostrato che in questi soggetti, detti
sinesteti, la stimolazione di un canale sensoriale-cognitivo comporta reazioni
involontarie automatiche in un secondo percorso sensoriale-cognitivo, o meglio in
una zona del cervello lontana da quella direttamente stimolata. L'attivazione
simultanea delle aree della corteccia cerebrale è data da un eccesso di connessioni
neuronali che normalmente sono presenti solo nei primi mesi di vita; nei sinesteti
questa iper-connettività permane in età adulta.
Tuttavia, nonostante la spiegazione scientifica, si tende a prediligere il significato
artistico-filosofico della sinestesia; quest'ultima è stata e viene utilizzata tutt'ora per
veicolare dei significati, per rappresentare o evocare in modo controllato delle idee
piuttosto che come la soggettiva asettica, e conseguentemente non condivisibile,
patologica associazione neuronale.
Vengono dunque individuati da Dorfles due diversi aspetti della sinestesia: il primo, più
caratterizzato in senso estetico, in cui emerge «la presenza di elementi associativi,
strettamente legati al “contenuto narrativo-semantico” d'una poesia o d'una prosa che
richiamano alla mente precise situazioni ambientali, diverse da soggetto a soggetto , ma
indubbiamente legate alle parole-stimolo contenute nel brano in questione»; e il secondo,
tendenzialmente annoverabile tra i fenomeni psicologici o anche psicopatologici, in cui si
manifesta «la presenza d'una particolare attitudine sensoriale del soggetto di veder
risvegliate alcune immagini […] sonore, cromatiche, olfattorie, in seguito ad uno stimolo
sonoro, cromatico, verbale ecc.». […] L'interazione fra immagini sensoriali e immagini
41 M. COSTA, op. cit., pp. 82-83.
35
estetiche, scrive Dorfles concludendo il suo discorso, «può permettere di avanzare
l'ipotesi d'un costante rapporto tra l'elemento percettivo e l'elemento creativo e fruitivo
dell'opera d'arte. L'acutezza di alcuni stimoli sensoriali (che possiamo veder esaltati
naturalmente in condizioni patologiche, in stati allucinatori o anche semplicemente in
condizioni di particolare felicità creativa) è in diretto rapporto con la facoltà
immaginativa dell'uomo, tanto che potremmo azzardare l'ipotesi che sia proprio questa
esaltata qualità immaginativa una delle ragioni prima dell'impulso a creare e a fruire
l'opera d'arte»42.
Ma quanto incide lo status culturale e l'esperienza pregressa sulle percezioni
sinestetiche?
La sinestesia, scrive Paolo Fabbri introducendo Dell'imperfezione di Greimas, assomma
una percezione in atto alla virtualità di sensi realizzati a livello immaginario.
Nell'impostazione greimasiana il soggetto sinestetico pare tendere «a fondersi
nell'oggetto, a tornare nei paraggi dell'originario: tattilità e sinestesia sono il ciglio
sensibile da cui tentare il salto che, dalla percezione (che inaugura la conoscenza), si
accosta un sentire articolato sull'affettività profonda».
Le sensazioni dell'individuo non vengono generate e non si sviluppano a prescindere
dell'ambiente, al quale anzi egli continuamente reagisce. I dati forniti dall'ambiente ai
sensi, dati che sono desinati ad attenuarsi col trascorrere del tempo, vengono registrati
dalla memoria individuale, ma da qui essi si riversano nei modi più disparati nella
memoria sociale, passando nel repertorio collettivo e culturale, tornando insomma
sull'ambiente modificandolo reiteratamente..
Il meccanismo dell'associazione intersensoriale, il processo di tipo sinestetico, può essere
alla base anche di una «ricerca del tempo perduto», in cui il ruolo della memoria è
ovviamente preminente ma non prestabilito. A rilevare ciò è proprio Proust […] 43.
Una riflessione a riguardo alle associazioni, frutto dell'esperienza pregressa, viene
sollevata, ma poi abbandonata in favore di altre teorie, legate alla “risonanza dei
sensi” dallo stesso Kandinsky.
42 L. PIGNOTTI, op. cit., p. 21.
43 Ivi, p. 17.
36
Resta ancora da stabilire se questo secondo effetto [l'effetto psichico del colore sull'anima]
sia realmente immediato […] o se si raggiunga per associazione. Poiché l'anima è
strettamente legata al corpo, è anche possibile che una emozione mentale ne susciti per
associazione una corrispondente. Ad esempio il rosso, essendo il colore della fiamma,
potrebbe provocare un'emozione mentale simile alla fiamma. Il rosso fiamma ha un
effetto eccitante che può perfino provocare sofferenza, forse perché assomiglia al sangue.
In questo caso risveglia il ricordo di un elemento fisico che indubbiamente fa soffrire. Se
fosse così, potremmo facilmente spiegare con l'associazione mentale anche gli altri effetti
fisici del colore, quelli che agiscono non solo sulla vista, ma anche sugli altri sensi. Si può
supporre ad esempio che il giallo chiaro, per associazione col limone dia l'impressione di
acido. Ma non è possibile sostenere a lungo queste teorie. Proprio riguardo al sapore dei
colori, si conoscono molti esempi che le smentiscono44.
Ciò nonostante, questo problema si potrebbe sollevare ed estendere a tutti gli ambiti,
dalle arti visive, alla musica e al linguaggio. Ogni significante esprime il significato,
più o meno condivisibile, che il ricevente gli attribuisce e, non necessariamente,
corrisponde sempre e in modo non fraintendibile con quello che il mittente intende
esprimere. Un caso limite di sinestesia messa in forma, appresa, suggerita
dall'esperienza e universalmente condivisa potrebbe essere individuato nella
scrittura musicale, dove a grafemi vengono fatti corrispondere suoni ad altezze e
dinamiche ben precise; suoni che automaticamente si manifestano nella mente del
musicista alla “vista” dello spartito. Lo stesso accade nelle meno convenzionali
partiture di musica contemporanea in cui simboli, colori e grafemi particolari
rappresentano veri e propri codici semiografico-sinestetici.
Accanto agli aspetti visivi evocati, […] la musica ha una sua specificità visiva, spesso
grafica, evidente nel momento notazionale. In effetti la notazione musicale – e più in
generale ogni scrittura fonetica – può essere intesa come un sistema sinestetico per
definizione, ossia un particolare tipo di codice in cui il testo visivo ha un immediato
rimando sonoro, dove ogni segno ha un suono, e questo è [sarà] a sua volta il risultato di
un gesto. È la stessa duplice trasposizione che il musicista effettua ogni volta che si
44 W. KANDINSKY, Lo spirituale nell'arte, SE, Milano 2005, pp. 44-45.
37
accinge ad una esecuzione, e che talvolta distrae il musicista dilettante nella
contemplazione che l'occhio sullo spartito, in concomitanza alla collaborazione tattile e
propriocettiva con lo strumento, toglie all'orecchio. Lo stesso atto di suonare può essere
quindi inteso come una pratica sinestetica. Ma già il solo guardare la partitura, osservare
le note sul pentagramma, implica la formazione di un'immagine sonora che anticipa i
tempi della musica e la fa sentire mentalmente, prima della sua effettiva emissione […] 45.
Il suono e il colore, durante il corso della storia, sono stati associati secondo i principi
più disparati che non sono conseguenti l'uno all'altro ma ricorrono, vengono scoperti,
determinati, approfonditi, modificati in epoche differenti. Alcune associazioni si
rifanno a modelli pseudo matematici: ne sono una dimostrazione il caso di Newton,
aspramente criticato da Goethe e la ricerca dell'artista italiano Luigi Veronesi.
Un altro tipo di analisi si potrebbe definire psico-percettiva o sinestetica a tutti gli
effetti. A questo riguardo appare emblematico lo studio di Kandinsky: egli accosta
colori e timbri sonori capaci di suscitare le medesime sensazioni interiori. Un
parallelismo può essere visto nelle opere romantiche e simboliste nelle quali a un
dato colore corrisponde una data sensazione o un colore è simbolo di un concetto o
di uno stato d'animo. Secondo Kandinsky la stimolazione di un senso si ripercuote
sugli altri, comunicanti tra loro attraverso l'anima, origine dei sensi e di tutte le arti.
Un terzo approccio riguarda i numerosi esperimenti multimediali e strumenti visivomusicali, che muovono in direzione della wagneriana esperienza d'arte totale. Oggi è
possibile assistere a vere e proprie opere d'arte che vanno dalla concreta messa in
pratica delle associazioni pseudo-matematiche e percettivo-sinestetiche teorizzate nel
passato fino a vere e proprie associazioni multimediali in cui suono e colore si
completano secondo linee guida determinate dall'artista. Tra i casi più importanti
compaiono il clavicembalo per gli occhi di Castel, il teosofico Prometeo di Skrjabin, il
balletto di sole luci di Balla su musica di Stravinsky, i Polytopes e il Diatope di Xenakis.
Fondamentale è anche il ruolo del colore nelle opere del teatro espressionista di
Schönberg e di Kandinsky. In questo particolare genere teatrale, colore, azione,
45 D. RICCÒ, Sinestesie della musica, “Hortus Musicus”, n. 14 aprile-giugno 2003, p. 25.
38
parola e musica, si fondono in un unico piano prospettico. Questo approccio
multimediale, pur avendo alle spalle qualche tentativo di realizzazione pratica ed
antiche radici teoriche, è tipico del '900 e dell'età contemporanea ed è conseguente
alla nascita dei nuovi media. Alcuni esempi sono forniti dai diversi software e
strumenti multimediali, ormai capaci di realizzare anche praticamente molte delle
teorie del passato e in cui le associazioni sono delle più disparate: lettura di immagini
come spettri sonori, waveshaping rgb, sistemi di immagini a due o tre dimensioni
reattive all'ampiezza dei colori, sorta di spettroscopi particolari, applicazioni
interattive. La sinestesia, in epoca contemporanea, può essere dunque efficacemente
ridefinita secondo la descrizione dell'artista d'avanguardia cecoslovacco Teige ovvero
un messaggio poli-sensoriale veicolato concretamente attraverso i nuovi media.
E il Manifesto del poetismo, pubblicato da Kerl Teige nella primavera del 1924, e
apparentemente tutto quanto giocato sulla sinestesia, è, di fatto, una prima teoria del
multimediale e degli strumenti della comunicazione di massa. Teorico del film e del
fotomontaggio, fortemente avvertito delle trasformazioni generate dai nuovi media, Teige
pensa a una sinestesia che è, di fatto, niente altro che il tipo di messaggio polisensoriale
veicolato dai nuovi media: «nei tentativi di fusione, di sintesi e di identificazione
vicendevole delle singole arti il poetismo scorge il sintomo di una profonda rigenerazione
artistica […] una specie di Ars maior […] il poetismo perviene al problema e al postulato
di una poesia assoluta e universale per tutti i sensi, a una nuova “ars una” unitaria e
multiforme». […] Sembra insomma che il lavoro della sinestesia sia servito
sostanzialmente a preparare e a favorire l'avvento del «multimediale» e delle «interfacce»
e di tutte le altre «macchine della sinestesia». E questo è l'unico senso vivo che la nozione
può ancora mantenere.
La sinestesia come insondabile, soggettivo, individuale, innecessario e mutevole stato
della coscienza non possiede alcuna rilevanza estetica. Ciò che conta è ancora e sempre il
dispositivo e il modo in cui la sensorialità viene da esso sollecitata e coinvolta. La vera
sinestesia, del tutto esterna ed esteticamente suscettibile di messa in forma, è quella
posseduta da strumenti capaci di attivare più sensi contemporaneamente o di convertire
elettronicamente segnali di varie tipologie sensoriali46.
46 M. COSTA, op. cit., pp. 83-84.
39
3.1 Approcci fisico-matematici, da Newton a Veronesi
Da sempre l'uomo cerca di descrivere attraverso i numeri la realtà e i fenomeni che la
caratterizzano. Ciò ha portato, nel corso della storia, alla realizzazione di diverse
teorie scientifiche e, parallelamente, alla ricerca di spiegazioni mistiche, religiose ed
esoteriche. A tale riguardo, un esempio comune ad una moltitudine di culture che si
protrae fino ai giorni nostri è dato dal numero sette. Numero base di un'infinità di
convenzioni, il sette, ha rappresentato fin dai tempi più remoti il numero della
perfezione, un modello paradigmatico attraverso cui descrivere e dentro cui
inscrivere la realtà. Sette sono i giorni della creazione nel mito biblico, i doni dello
Spirito Santo, i sacramenti cristiani, i chakra nell'induismo, i savi dell'antica Grecia, i
colli di Roma, le arti liberali, i pianeti del sistema solare, i giorni della settimana, le
meraviglie del mondo, le note musicali, i colori puri dello spettro visibile...
Un primo tentativo di associazione scientifica suono-colore è stato effettuato dal
fisico Isaac Newton; egli sentì l'esigenza di mettere in relazione i fenomeni attraverso
un approccio fisico-matematico o, sarebbe più corretto dire, numerico.
In seguito a vari studi studi sullo spettro del colore e i famosi esperimenti di
scomposizione della luce per mezzo del prisma, lo scienziato propose un modello di
corrispondenze tra i colori e le note della scala diatonica musicale.
I sette colori dello spettro identificati da Newton hanno una storia interessante. Nelle sue
prime conferenze e nei suoi primi scritti sul colore, nel 1669, Newton, descrisse solo
cinque colori primari: rosso, giallo, verde, blu e viola. In seguito, nel 1671, introdusse altri
colori secondari. Sembra che l'arancio e l'indaco siano stati aggiunti per portare a sette il
numero complessivo dei colori dello spettro, in quanto Newton credeva che le vibrazioni
della luce fossero analoghe a quelle sonore, e quindi pensava che il numero dei colori
primari dovesse corrispondere ai sette toni musicali della scala diatonica 47.
Newton una volta individuati sette intervalli corrispondenti ai colori puri dello
spettro notò che i loro rapporti matematici erano analoghi a quelli degli intervalli
47 J.D. BARROW, op. cit., pp. 227-228.
40
della scala musicale diatonica. Il legame suono-colore nasce così da un'associazione
numerica dei rapporti tra gli intervalli musicali e i rapporti tra i colori. Egli, una volta
stabilite le sette corrispondenze, elaborò a scopo illustrativo un disco cromatico in cui
gli intervalli cromatici erano giustapposti agli intervalli musicali.
Disco cromatico asimmetrico di Newton48.
Come è possibile notare, gli intervalli corrispondenti all'arancione e all'indaco, sono
più brevi rispetto a quelli di tutti gli altri colori dello spettro; ciò avviene perché
l'arancione e l'indaco coincidono con gli intervalli musicali di semitono, ovvero mi-fa
e si-do, quelli più brevi.
Colore rosso
arancio
giallo
verde
blu
indaco
violetto
Suono
mi-fa
fa-sol
sol-la
la-si
si-do
do-re
re-mi
Tabella delle corrispondenze suono-colore secondo il modello di Newton.
L'esperienza di Newton fu aspramente criticata da Goethe nel suo saggio Farbenlehre,
in italiano Teoria dei colori. Goethe, in pieno spirito romantico, si oppose alla teoria
cromatica e alla fisica sperimentale di Newton rivendicando la centralità della
sensibilità umana nella comprensione della natura. Il mondo secondo lui non era
solamente espressione di un ordine superiore ma la sua percezione veniva mediata
dai sensi e filtrata dall'animo e dall'intelletto. Goethe raccomandò di non
sottovalutare gli aspetti soggettivi, fisiologici ed emotivi del colore.
48 I. NEWTON, Opticks, Londra 1704, Book I, Part. II, Plate III.
41
I colori che si presentano sui corpi non sono qualcosa di completamente estraneo
all'occhio, come se esso per la prima volta in questa occasione ne ricevesse l'impressione.
Quest'organo è piuttosto sempre nella disposizione di produrre esso stesso dei colori, e
avverte quindi una sensazione gradita quando dall'esterno giunge a lui qualcosa di
conforme alla sua natura, e quando la sua capacità di determinarsi in una certa direzione
viene a sua volta significativamente determinata.
Dall'idea di opposizione della manifestazione, dalla conoscenza che abbiamo acquisito
delle sue particolari determinazioni, possiamo concludere che le singole impressioni di
colore non possono essere scambiate, che agiscono in modo specifico e che devono
produrre stati specifici e determinati nell'organo vivente.
Altrettanto avviene nell'animo. L'esperienza insegna che ogni singolo colore dona un
particolare stato d'animo49.
Goethe dedicò una parte del suo saggio al rapporto suono-colore: nella suddetta
sezione egli riconosce una corrispondenza tra i due fenomeni ma afferma che la loro
associazione fisica era priva di senso.
Che effettivamente fra colore e suono abbia luogo un certo rapporto lo si è avvertito da
tempi assai remoti, come provano le frequenti comparazioni compiute ora di passaggio,
ora in modo sufficientemente articolato. L'errore che in questo ambito si è commesso è
motivato da quanto segue.
Colore e suono non si possono in alcun modo paragonare. Entrambi possono però essere
riferiti a una formula superiore e da questa essere derivati, sebbene separatamente.
Colore e suono sono come due fiumi che nascono da un'unica montagna, ma che
scorrono in condizioni del tutto diverse, in due regioni che nulla hanno di simile, cosicché
nessun tratto dei due corsi può essere confrontato con l'altro. Entrambi sono azioni
elementari e generali, operanti secondo la legge universale del dividere e del tendere alla
riunione, del dirigersi ora verso l'alto ora verso il basso, dello spostarsi ora su questo ora
su quel lato della bilancia, ma su lati interamente diversi, in modi diversi, poggiando su
elementi intermedi diversi, rivolti a sensi diversi50.
49 J.W. GOETHE, La teoria dei colori, il Saggiatore, Milano 2008, p. 190.
50 Ivi, pp. 185-186.
42
Le affinità tra suono e colore andavano ricercate semmai in base agli effetti emotivi
che i due elementi generavano: per la prima volta viene così introdotta
un'associazione percettivo-sinestetica.
Se in futuro si vorrà ancora desumere dalla musica la parola tono, o meglio tonalità, per
applicarla alla pittura, ciò potrà avere luogo in un senso più esatto di quanto fin qui sia
avvenuto. Non a torto un quadro a effetto energico si paragonerebbe a un brano musicale
in tonalità maggiore, un quadro ad effetto blando a uno in tonalità minore; e in generale
per le varianti dei due effetti principali si potrebbero trovare altri punti di confronto 51.
Senza entrare nel dettaglio Goethe basa la sua teoria sulla polarità, ovvero
dall'origine dei colori a partire da due poli, la luce e oscurità. Dal lato positivo
all'intorbidire del bianco ha origine il giallo, fino a poi diventare giallo-rosso e rossogiallo. Dal lato negativo allo schiarire del nero si genera l'azzurro, fino a diventare
azzurro-rosso e rosso-azzurro. Il verde è creato dalla mescolanza degli estremi
azzurro e giallo. Il polo positivo rappresenta il giallo, l'azione, la luce, la luminosità, la
forza, il calore, la vicinanza; emana un senso di repulsione ed è affine con gli acidi. Il
polo negativo rappresenta l'azzurro, la privazione, l'ombra, l'oscurità, la debolezza, il
freddo, la lontananza; emana un senso di attrazione ed è affine con gli alcali.
I colori del lato Più sono il giallo, il giallo-rosso (arancio), il rosso, il rosso-giallo (minio,
cinabro). Essi danno luogo a stati d'animo attivi, vivaci, tendenti all'azione.
[…] I colori del lato Meno sono l'azzurro, l'azzurro-rosso e il rosso-azzurro. Essi
dispongono a uno stato d'inquietudine di tenerezza e nostalgia.
[…] Se combiniamo giallo e azzurro, che consideriamo i primi e più semplici colori, già al
loro primo apparire, già al primo livello della loro azione, si ottiene il colore che
chiamiamo verde. In esso il nostro occhio trova un autentico appagamento 52.
Una seconda indagine di natura matematica sulla correlazione suono e colore è stata
effettuata lungo il corso degli anni sessanta dall'artista Luigi Veronesi. Esponente
51 Ivi, p. 209.
52 Ivi, pp. 190-196.
43
dell'astrattismo italiano, attivo nei vari ambienti artistici del periodo, Veronesi,
pubblica nel 1977 lo scritto Proposta per una ricerca sui rapporti suono e colore53 in cui
espone i risultati delle sue ricerche sinestetiche. I rapporti tra le due grandezze
nascono dall'analogia secondo cui sia il suono che la luce si propagano nello spazio
secondo fenomeni ondulatori. L'artista punta alla realizzazione di una scala di colori
corrispondente alla scala musicale a partire da alcune correlazioni tra le grandezze
quantificabili che caratterizzano i due fenomeni.
Nell'insieme dei miei interessi per la comunicazione attraverso le immagini e dei rapporti
esistenti tra i diversi modi di comunicazione, sono stato anch'io stimolato a cercare le
possibili convergenze tra il suono ed il colore.
Il metodo che intendevo seguire doveva essere il più possibile controllabile, misurabile e
nitidamente estraneo a qualsiasi scelta di carattere emotivo. I risultati di questa mia
ricerca non sono però da considerare come un supporto cromatico per i suoni o un
confronto con la musica, e tanto meno sono da interpretare come la «mia» pittura o come
«pittura» comunque, ma come lettura di una musica tramite un'immagine colorata54.
Il primo parametro preso in considerazione è l'altezza del suono. Veronesi trova
un'analogia tra l'ottava musicale e lo spettro del visibile. Il rapporto frequenziale tra
una nota e la sua corrispondente all'ottava inferiore è di 1/2, circa lo stesso che
intercorre tra la frequenza del violetto e del rosso. Conoscendo i rapporti frequenziali
tra gli intervalli della scala naturale, l'artista li applica arbitrariamente, a partire dal
violetto, alla lunghezza d'onda del colore. Il risultato viene poi perfezionato
introducendo nel calcolo tutte le note della scala cromatica. Egli ricava così una scala
colorata suddivisa in dodici intervalli equidistanti corrisponde all'ottava centrale del
pianoforte. Per ampliare la gamma cromatica a tutta l'estensione del pianoforte,
l'artista utilizza gli altri due parametri del colore: la saturazione e la luminosità.
All'ottava centrale corrispondono valori di saturazione e di luminosità normale.
53 Esiste anche una prima pubblicazione del 1972 sotto forma di opuscolo intitolata Proposta per una
ricerca su “suono e colore”.
54 L. VERONESI, Proposta per una ricerca sui rapporti fra suono e colore, Siemens Data, Milano 1977, p.6.
44
All'aumentare d'ottava la saturazione del colore diminuisce del 50% rispetto
all'ottava precedente. Al contrario, proseguendo verso i toni bassi, è la luminosità a
dimezzarsi progressivamente.
Poiché il suono salendo verso le ottave più alte si alleggerisce ossia si acutizza del 50% a
ogni ottava, altrettanto devono fare i colori corrispondenti che perdono il 50% di
saturazione per ogni ottava rispetto alla precedente; e inversamente verso i toni bassi il
colore saturo perde il 50% di luminosità a ogni ottava rispetto alla precedente 55.
Una critica a questa associazione tra frequenza del suono e lunghezza d'onda del
colore nasce dal fatto che, secondo l'attribuzione di Veronesi, all'aumentare della
frequenza dei suoni, quella dei colori diminuisce. Per ricavare una scala cromatica
colorata in cui la frequenza dei colori variava proporzionalmente alla frequenza dei
suoni, i rapporti tra le note musicali vanno applicati alla frequenza di un colore di
partenza e non alla sua lunghezza d'onda. In tal caso, per ottenere lo stesso effetto,
bisogna moltiplicare la lunghezza d'onda per il reciproco del rapporto frequenziale.
Veronesi riconosce la questione e afferma che per lui l'importante sono i rapporti
interni all'ottava e allo spettro e non il colore o la nota di partenza.
Rappresentazione della variazione di di colore, luminosità e saturazione al variare dell'altezza nelle
quattro ottave centrali del pianoforte secondo la proposta di Veronesi56.
55 Ivi, p. 24.
56 Ivi, p. 25.
45
Veronesi sceglie di rappresentare il suono nel modo più neutro possibile ovvero
dandogli una forma spaziale rettangolare dove le dimensioni del rettangolo
differiscono in base agli altri due parametri considerati, la durata e la dinamica.
[…] sentito il parere di alcuni musicologi ho deciso di rappresentare convenzionalmente
il suono con la forma rettangolare, perché è una forma facilmente leggibile e
sufficientemente astratta da non suggerire simboli ed analogie 57.
La base del rettangolo indica la durata e varia da 1 mm, corrispondente al valore
musicale di 1/64 a 64 mm, corrispondenti quello di 64/64. Al raddoppiare della
dimensione, raddoppia la durata: a 2 mm corrispondono a 1/32, 4 mm a 1/16 e così
via. L'altezza del rettangolo, avente dimensione massima di 128 mm, il doppio della
base alla sua dimensione massima, rappresenta la dinamica ed è suddivisa in otto
livelli, da sf, 128 mm, a ppp, 128/8 mm.
L'occhio umano riesce a distinguere due valori differenti nella stessa zona cromatica (per
esempio due rossi simili ma non uguali) se sono di dimensioni non inferiori al millimetro,
altrimenti l'occhio vede solo rosso senza valutare la differenza tonale.
Questo limite fisiologico mi ha imposto di considerare la nota più breve: la semibiscroma
che è di 1/64 della nota intera, dell'estensione di un millimetro. […] La nota intera di 64/64
che corrisponde a mm 64 sarà rappresentata da un rettangolo modulare che avrà la base
di 64 millimetri e l'altezza doppia della base cioè mm 128. […] Vi è un altro aspetto della
modulazione dei suoni, e conseguentemente dei colori, che bisogna considerare: il loro
volume. I suoni in rapporto alla intensità desiderata dal compositore sono graduati
generalmente in una scala di otto valori […]. Visualizzare tali quantità vuol dire dare a
ciascuna di esse una corrispondente quantità di colore: se noi abbiamo considerato lo
spazio ottico di una nota intera come un rettangolo modulare che abbia la base metà
dell'altezza […] è chiaro che tutto lo spazio riempito dal colore corrisponderà ad una nota
avente la massima intensità di suono. Considerando gli otto gradini di intensità e
dividendo l'altezza dello spazio ottico in otto interspazi potremmo graduare la quantità
di colore in rapporto alla quantità di suono58.
57 Ivi, p. 24.
58 Ivi, pp. 24-27.
46
Rappresentazione della dimensione temporale e della dinamica secondo la proposta di Veronesi59.
L'artista per indicare le pause sceglie il grigio neutro; egli afferma che la suddetta
tonalità, in modo analogo a come il silenzio fa con l'orecchio, lascia l'occhio in una
condizione di riposo.
Infine per quanto riguarda la polifonia vengono accostati semplicemente in linea
verticale più rettangoli di colori diversi.
Nelle ultime pagine dello scritto, Veronesi conclude affermando che gli argomenti in
esso trattati sono solo una parte della sua ricerca; a questa sarebbe seguita una fase
riguardante il timbro e le armoniche.
3.2 Approcci percettivo-sinestetici, Kandinsky
[…] nelle persone evolute la sensibilità è così sottile e le impressioni così immediate che
l'effetto del gusto colpisce subito l'anima e si ripercuote sugli organi fisici […]. Sarebbe
una specie di eco o di risonanza, come quando certi strumenti musicali, senza essere
toccati, suonano all'unisono con altri strumenti che sono stati percossi direttamente. […]
Questa teoria implica che la vista sia collegata non solo col gusto, ma con tutti gli altri
sensi. E infatti è così. Alcuni colori hanno un aspetto ruvido, pungente, mentre altri
sembrano così lisci e vellutati che si ha voglia di accarezzarli […]. Anche la differenza tra
59 Ivi, pp. 28 e 32.
47
toni caldi e freddi si fonda su queste sensazioni. […] E infine la qualità musicali dei colori
è così spiccata che non c'è nessuno che abbia cercato di rendere con le note basse del
pianoforte l'impressione del giallo squillante o di definire voce di soprano la lacca di
garanza scura60.
È da precisare che secondo Kandinsky le arti non devono cercare di riprodurre le
forme esteriori della natura, bensì riprodurne il valore interiore. Egli, ne Lo spirituale
nell'arte fa l'esempio del pollaio: l'artista afferma che non ha senso riprodurre
musicalmente il suono che si ascolta all'interno di un pollaio per ricrearne l'atmosfera
e farla rivivere all'ascoltatore.
Attraverso
l'arte
si
dovrebbe
ricreare
un'atmosfera
non
imitandola
ma
riproducendone il suo valore interiore.
Approfondire un'arte significa stabilire i suoi limiti, mentre confrontarla con le altre arti
significa sottolineare l'identica tensione interiore. Si vede così che ogni arte ha forze uniche
e insostituibili. E si arriverà così ad unire le forze delle varie arti. Da questa unità sorgerà
col tempo l'arte che già oggi possiamo presagire, la vera arte monumentale61.
Kandinsky ritiene che ai diversi stimoli corrispondano significati specifici e che
l'uomo, solo grazie alla comprensione delle sensazioni comunicate dall'unione dei
sensi, possa stabilire un vero legame con il mondo ed esprimere la sua necessità
interiore. Il pittore ripudia quindi la semplice rappresentazione estetica esteriore del
mondo visto; punta al contrario alla rappresentazione, tra «pura astrazione» e «puro
realismo»62, della sensibilità interiore, analogamente a come fanno i compositori
attraverso la loro musica.
[…] il più ricco insegnamento viene dalla musica. Salvo poche eccezioni, la musica è già
da alcuni secoli l'arte che non usa i suoi mezzi per imitare i fenomeni naturali, ma per
60 W. KANDINSKY, op. cit., p. 45.
61 Ivi, p. 40.
62 Ivi, p. 89. Per «pura astrazione» Kandinsky intende «l'astrazione più radicale di quella geometrica»; per
«puro realismo» intende «la fantasia più viva tradotta in materia concreta».
48
esprimere la vita psichica dell'artista e creare la vita dei suoni.
Un artista che non abbia come fine ultimo l'imitazione, se pure artistica, della natura, ma
sia un creatore che voglia e debba esprimere il suo mondo interiore, vede con invidia che
queste mete sono state raggiunte naturalmente e facilmente dall'arte oggi più
immateriale, la musica. È comprensibile che si volga ad essa e tenti di trovare le stesse
potenzialità nella propria arte.
[…] Il confronto fra i mezzi di varie arti e gli insegnamenti che un'arte trae da un'altra
possono aver successo ed essere fruttuosi se non restano in superficie, ma vengono
approfonditi. Un'arte deve imparare come un'altra arte usa i suoi mezzi per poter poi
usare, analogamente ma in modo autonomo, i propri63.
Proprio ne Lo spirituale nell'arte, Kandinsky ricostruisce una sorta di manuale di
armonia in pittura indicando i rapporti tra i colori e le forme. Tutto ciò, specifica
l'artista, non deve però essere interpretato come una teoria dogmatica, bensì come un
insieme di annotazioni generali, eventualmente suscettibili di contraddizioni dettate
dalle infinite possibilità frutto della pratica. Attraverso questi studi il pittore si
avvicina all'obiettivo da sempre prefissato di dipingere una composizione: una
composizione astratta fatta di linee, forme e colori.
Le associazioni sinestetiche di Kandinsky si basano sulla similitudine degli effetti che
i timbri sonori e i colori provocano sull'anima. Egli descrive i caratteri emotivi dei
colori e, per ogni colore, indica degli esempi sonori timbrici equivalenti, ovvero
capaci di generare la medesima sensazione interiore. Tutto viene descritto nel VI
capitolo de Lo spirituale nell'arte nel quale, oltre al colore, vengono trattate anche le
forme. Per prima cosa il pittore distingue due grandi classi cromatiche: caldo-freddo
e chiaro-scuro; in base alle classi di appartenenza, i colori possiedono un energia
cinematica dinamica e anti-dinamica. L'accostamento dei diversi colori, delle diverse
forme, e dei diversi oggetti crea diverse sensazioni: riposo, eccitazione, staticità,
dinamismo, smorzamento, intensificazione, resistenza. Di seguito sono riportate le
correlazioni tra suono e colore e i loro effetti emotivi.
63 Ivi, p. 39.
49
La tendenza del giallo ai toni chiari può raggiungere un'intensità insopportabile per lo
sguardo e per l'anima. Un giallo così intenso è come il suono sempre più acuto di una
tromba o di una fanfara.
Il giallo è il colore tipico della terra. Non può avere troppa profondità. […] Da un punto di
vista psicologico può raffigurare la follia, non intesa come malinconia o ipocondria, ma
come eccesso di furore, di irrazionalità cieca, di un delirio. Un malato infatti aggredisce la
gente all'improvviso, getta le cose per terra, disperde inutilmente le sue energie in tutte le
direzioni, fino all'esaurimento.
[…] Il blu è il colore tipico del cielo. Se è molto scuro dà un'idea di quiete. Se precepita nel
nero acquista una nota di tristezza struggente, affonda in una drammaticità che non ha e
non avrà mai fine. Se tende ai toni più chiari a cui è meno adatto, diventa invece
indifferente e distante, come un cielo altissimo. Più è chiaro meno è eloquente, fino a
giungere a una quiete silenziosa: il bianco. Da un punto di vista musicale l'azzurro
assomiglia a un flauto, il blu a un violoncello, o quando diventa molto scuro, al suono
meraviglioso del contrabbasso; nella sua dimensione più scura e solenne ha il suono
profondo di un organo.
[…] Il verde assoluto è il colore più calmo che ci sia: non si muove, non esprime gioia,
tristezza, passione, non desidera nulla, non chiede nulla. Questa assoluta assenza di
movimento è una proprietà benefica per le persone e le anime stanche, ma dopo un po' di
tempo il riposo può venire a noia. […] un elemento immobile, soddisfatto, limitato in tutti
i sensi. […] Il verde è il colore dell'estate, quando la natura ha superato la primavera […]
si immerge in una quiete appagata. […] dal punto di vista musicale esprimere il verde
assoluto con i toni calmi, ampi, semigravi del violino.
[…] il bianco ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. Interiormente lo
sentiamo come un non-suono, molto simile alle pause musicali che interrompono
brevemente lo sviluppo di una frase o di un tema, senza concluderlo definitivamente. É
un silenzio che non è morto ma ricco di potenziale. Il bianco ha il suono di un silenzio che
improvvisamente riusciamo a comprendere. É la giovinezza del nulla, o meglio un nulla
prima dell'origine, prima della nascita.
[…] E come un nulla senza possibilità, come la morte del nulla dopo che il sole si è spento, come
un eterno silenzio senza futuro e senza speranza, risuona dentro di noi il nero. Da un punto di
vista musicale si può paragonare a una pausa finale […]. Il nero è qualcosa di spento,
come un rogo arso completamente. É qualcosa di immobile, come un cadavere che non
conosce più gli eventi e lascia che tutto scivoli via da sé. É come il silenzio del corpo dopo
50
la morte, dopo il congedo della vita.
[…] L'equilibrio di questi due colori che si ottiene dalla loro mescolanza meccanica, forma
il grigio. […] il grigio è silenzioso e immobile. La sua immobilità, però, è diversa dalla quiete del
verde […]. Il grigio è l'immobilità senza speranza. Più diventa scuro, più si accentua la sua
desolazione e cresce il suo senso di soffocamento. Se diventa più chiaro, è percorso invece
da una trasparenza, da una possibilità di respiro che racchiudono una segreta speranza.
[…] Il rosso che di solito abbiamo in mente è un colore dilagante e tipicamente caldo, che
agisce nell'interiorità in modo vitalissimo, vivace e irrequieto. […] dimostra un'energia
immensa e quasi consapevole. In questa agitazione e in questo fervore introversi, poco rivolti
all'esterno, c'è per così dire maturità virile.[…] Questo colore dimostra che si può conservare
il proprio tono fondamentale e insieme risultare caldo o freddo.
Il rosso caldo chiaro (saturno) assomiglia un po' al giallo medio […] e dà sensazioni di
forza, energia, tensione, determinazione, gioia trionfo (puro) ecc. Da un punto di vista
musicale ricorda il suono delle fanfare con la tuba: forte, ostinato, assordante. Il rosso
medio, come il cinabro, ha la stabilità di un sentimento profondo: è come una passione che
arde senza scosse, una forza sicura di sé che non è facile soffocare, ma si può spegnere nel
blu come un ferro infuocato nell'acqua. […] Renderlo più profondo col nero è pericoloso,
perché il nero è senza vita e ne spegne il bagliore, riducendolo al minimo. Nasce allora il
marrone, colore ottuso, duro, poco dinamico, il cui il rosso risuona come un impercettibile
mormorio. […] Il rosso cinabro suona come una tuba e si può paragonare ad un forte
rullo di tamburo.
Come ogni colore fondamentale freddo, anche il rosso freddo (per esempio la lacca di
garanza) può acquistare profondità […]. Allora cambia anche il carattere: sembra più
passionale, meno dinamico. Il dinamismo però non scompare completamente […] rimane
il presentimento, l'attesa di una nuova dirompente esplosione, come qualcosa
mimetizzato ma ancora vigile, capace di emergere improvvisamente. É qui la grande
differenza tra questo rosso e il blu profondo: nel rosso si continua ad avvertire qualcosa
di corporeo. Ricorda i toni appassionati, medi e gravi del violoncello. Il rosso freddo,
quando è chiaro, diventa ancora più corporeo, ma di una corporeità pura: esprime una
gioia adolescenziale, come una fanciulla fresca, giovane, innocente. É un'immagine che si
può facilmente tradurre in musica coi toni più alti, chiari e cantabili del violino.
[…] Il rosso caldo, rafforzato dal giallo che gli è affine, forma l'arancione. […] Il rosso è
molto importante nell'arancione e gli infonde un senso di serietà. L'arancione è come un
uomo sicuro della sua forza, che dà un'idea di salute. Il suo suono sembra quello di una
51
campana che invita all'Angelus, o di un robusto contralto, o di una viola che esegue un
largo.
[…] Il viola dunque è un rosso fisicamente e psichicamente più freddo. Ha in sé qualcosa
di malato, di spento (cenere di carbone!), di triste. Non a caso è adatto agli abiti delle
donne anziane. I cinesi lo usano addirittura come segno di lutto. Assomiglia al suono del
corno inglese, delle zampogne, e quando è profondo al registro grave dei legni (per
esempio del fagotto)64.
Valore interiore
Colore
Suono
follia, furore, irrazionalità, delirio
giallo
fanfara o tromba acute
tristezza struggente, drammaticità
blu tendente allo scuro
violoncello, contrabbasso, organo
indifferenza, distanza, silenziosità
blu tendente al chiaro
flauto
calma, soddisfazione, appagamento verde assoluto
violino, toni calmi, ampi, semigravi
silenzio prima della nascita, nulla
prima dell'origine
bianco
silenzio, pause musicali non
conclusive
eterno silenzio dopo la morte
nero
silenzio, pausa conclusiva
immobilità e quiete senza speranza
grigio
silenzio immobile
forza, energia, tensione,
determinazione, gioia, trionfo
rosso caldo chiaro
fanfara di tube forte, ostinata,
assordante
sentimento profondo, passione che
arde costantemente, forza risoluta
rosso medio
tuba, rulli di tamburo
passionalità in attesa di una
prorompente esplosione
rosso freddo scuro
toni appassionati, medi e gravi del
violoncello
gioia adolescenziale, freschezza,
giovinezza, innocenza
rosso freddo chiaro
toni alti, chiari e cantabili del
violino
ottusità, durezza, poca dinamicità
marrone
n.c. (nel marrone il rosso risuona
come un impercettibile mormorio)
serietà, sicurezza, salute
arancione
campana, voce di contralto, viola
apatia, malattia, tristezza
viola
corno inglese, zampogna; se scuro
registro grave dei legni, fagotto
Tabella delle corrispondenze tra valore interiore (sensazione emotiva), colore e suono secondo
Kandinsky.
64 Ivi, pp. 62-71.
52
Va puntualizzato che l'artista stesso afferma che le corrispondenze da lui ricavate
sono relative. Gli strumenti possono emettere suoni diversissimi che possono
corrispondere a vari colori, così come le varie sfumature dei colori si possono
esprimere con diversi strumenti. I suoi paragoni si riferiscono a colori puri e a suoni
non alterati. Inoltre tutte le osservazioni sui colori, così come i sentimenti con cui
sono stati descritti, sono da vedersi come approssimazioni limitative della realtà.
É chiaro che tutte queste osservazioni sui colori semplici sono provvisorie e grossolane,
come pure i sentimenti con cui li abbiamo definiti (gioia, tristezza ecc.). Questi sentimenti
sono stati d'animo fisici. Le tonalità cromatiche, come quelle musicali, hanno invece
un'essenza più sottile, danno emozioni più sottili, inesprimibili a parole65.
Per fornire una panoramica completa e comprendere al meglio il pensiero di
Kandinsky è indispensabile un approfondimento riguardo al suo concetto artistico di
forma. Egli ritiene che in un'opera d'arte sia la forma a doversi adattare al contenuto
dettato dalla necessità interiore dell'artista e non il contrario. L'arte di conseguenza
può esprimersi sotto qualsiasi forma. Si deve perciò abbandonare la concezione
materialistica ottocentesca in cui si scambia l'esteriorità (bellezza estetica) con
l'interiorità. «L'oggettività dell'arte sta cercando nervosamente di esprimersi. Per
diventare esplicita si svincola dalle forme storiche. Le forme naturali impongono
infatti dei limiti che possono ostacolare l'espressione» 66. Le critiche alla sua arte ne
dimostravano la nuova forza vitale in crescita e in continuo sviluppo.
[…] l'azione della necessità interiore e lo sviluppo dell'arte sono una progressiva
espressione dell'oggettività eterna nella soggettività contemporanea. E dunque la lotta
dell'oggettività contro la soggettività. La forma diffusa oggi, ad esempio, è una conquista
della necessità interiore di ieri, che si è arrestata ad un certo grado esteriore di
emancipazione, di libertà67.
65 Ivi, p. 71-72.
66 Ivi, p. 86.
67 Ivi, p. 57.
53
3.3 Approcci multimediali, esempi da Castel ad oggi
Le prime ricerche aventi come fine la mediazione concreta di messaggi polisensoriali
risalgono ad alcuni secoli fa. Esse consistevano per lo più in una serie di esperimenti
volti alla creazione di strumenti dove in tempo reale, al suonare delle note, per
mezzo di sistemi meccanici si generavano delle luci aventi colori prestabiliti.
Uno dei primi progetti è attribuito al matematico e padre gesuita Louis Bertrand
Castel. Egli teorizzò il Clavecin oculaire o Clavecin pour les yeux, presentato poi nel suo
trattato Optique des coleurs del 1740, un marchingegno capace di generare
simultaneamente suoni e colori. Lo scopo era quello di fornire una componente
visiva al suono e allo stesso tempo un aspetto dinamico al colore. Lo strumento fu
annunciato per la prima volta nel 1725 sul Mercure de France. Le indicazioni tecniche
utili sulla sua costruzione furono suggerite da un allievo di Castel, un certo Rondet:
la luce del sole passando attraverso a vetri colorati si sarebbe dovuta proiettare in
modo analogo a come accade quando la luce viene scomposta da un prisma
trasparente. Riguardo all'associazione suono-colore, Castel sposò inizialmente le
teorie di Newton. Tuttavia in un secondo momento egli ristabilì le varie correlazioni:
il viola, colore secondario, non poteva rivestire il ruolo fondamentale di una tonica. Il
matematico attribuì alle note della triade maggiore i tre colori primari: do-blu, migiallo, sol-rosso. Secondo i principi di mescolanza tra i colori ricavò le altre note della
scala cromatica.
Associazioni tra suono-colore secondo Bertrand Castel68.
68 S. MESSINA, P. TRIVERIO, Metamorfosi dei lumi 6. Le belle lettere delle scienze, aAccademia
University press, Torino 2012, p. 192.
54
Un progetto simile a quello di Castel venne ripreso nello stesso secolo in Germania
dal professor Johann Gottlob Krüger.
Con il De Novo Musices, quo oculi delectantur, genere (1748) di Johan Gottlob Krüger,
professore di Halle, pubblicato per l'Accademia delle Scienze di Berlino, si ha infine un
progetto concreto di clavicembalo oculare. Krüger adotta la scala dei colori di Newton e
quella musicale di do maggiore. Nella cassa di un normale clavicembalo alcune candele
sono disposte a semicerchio: ogni fiamma (G) si trova nel fuoco di uno specchio sferico
concavo (H), ha di fronte una piccola finestra di vetro colorato (X) e viene riflessa da una
lente di vetro convessa (I). La luce passa poi attraverso un'apertura circolare (i); a ogni
nota corrisponde la fiamma di una candela. Ogni tasto pizzica la corda e mette anche in
azione un vetro colorato. Le luci colorate, proiettate su una parete, formerebbero quindi
un semicerchio di diversi colori69.
Clavicembalo oculare di G.J. Krüger70.
69 Ivi, p. 197.
70 Ivi, p. 198.
55
Il Clavecin Oculaire fu reinterpretato innumerevoli volte nei secoli successivi; tra i più
noti prototipi, primi a sfruttare l'energia elettrica, compaiono la pianola e gli organi a
colori di Bainbridge Bishop e il Color organ di Wallace Rimington. Questi strumenti
tuttavia venivano suonati ed esibiti come attrazioni in un contesto scenico e non
utilizzati con ruoli specifici in opere artistiche.
La prima volta che uno strumento oculare viene inserito con un ruolo attivo in una
composizione musicale risale agli inizi del Novecento.
Nel 1909 il compositore russo Skrjabin introduce tra gli strumenti dell'organico del
suo famoso poema sinfonico Prometheus un clavier à lumiére, una tastiera avente la
funzione di proiettare luci colorate e ne scrive, sotto forma di note, lo spartito.
Il suo intento è di realizzare, in linea col concetto della Gesamtkunstwerk di Wagner,
una composizione in cui si fondono le diverse arti in un'unica opera d'arte totale,
coinvolgente, capace di rivelarsi solamente attraverso la stimolazione di tutti i sensi.
La tragedia di Prometeo narra la storia del titano che sfida gli dei per donare ai
mortali il fuoco, simbolo della saggezza. Prometeo, padrino dell'umanità, si ribella
all'assoluta volontà divina nel nome della libertà e del progresso.
L'associazione suono-colore proposta da Skrjabin è basata su correlazioni percettivosinestetiche: una volta suddiviso lo spettro visibile assegnando ad ogni colore una
tonalità, partendo da do-rosso e continuando le associazioni seguendo in modo
ascendente il circolo delle quinte, egli giustappone ad ogni coppia ottenuta uno
specifico significato simbolico-emotivo. Le tonalità e i colori si accompagnano così ai
temi trattati.
Un articolo di Leonid Sabaneev apparso pochi mesi prima della première del Prometeo sul
giornale moscovita «Muzyka» spiegava il significato della composizione, illustrando la
nuova corrispondenza musica-colore che seguiva le tonalità, rappresentate visivamente
con un cerchio: il cosiddetto circolo delle quinte. Per l'edizione berlinese della partitura il
musicologo Viktor Del'son affiancò dunque le tonalità a dei colori (che però non seguono
fedelmente le indicazioni di Sabaneev) e a degli stati d'animo.
56
SABANEEV
DEL'SON (frontespizio)
DO
→
rosso
→
SOL
→
rosa-arancione →
RE
→
giallo
→
gioia
LA
→
verde
→
materia
MI
→
bianco-azzurro →
SI / Dob
→
blu perlato
→
contemplazione
FA# / SOLb
→
blu vivo
→
creatività
REb / DO#
→
viola
→
volontà dello spirito creativo
LAb
→
viola porpora
→
movimento dello spirito nella materia
MIb e SIb
→
grigio acciaio
→
umanità
FA
→
rosso bruno
→
diversificazione del valore71.
volontà umana
gioco creativo
sogni
Nella composizione ad ogni modulazione armonica corrisponde quindi una
modulazione cromatica. L'obiettivo è quello di accedere, attraverso la sinergia tra le
arti, alla dimensione umana più intima e condurre l'ascoltatore in uno stato di estasi
mistica.
L'ora della riunificazione di tutte le arti separate è ormai suonata. L'idea, già formulata da
Wagner, viene espressa oggi con più vigore e chiarezza da Skrjabin. Tutte le arti, che
ormai hanno singolarmente raggiunto un elevato stadio di sviluppo, devono incontrarsi
di nuovo e riunirsi in un'unica opera, devono creare l'atmosfera di uno slancio talmente
titanico da produrre come necessaria conseguenza una vera e propria estasi, una vera e
propria conoscenza visionaria dei sommi piani della Natura.
[…] La sinfonia cromatica del Prometeo si fonda sul principio della corrispondenza dei
suoni e dei colori […]. Ad ogni tipo di suono corrisponde un colore: ogni modulazione
armonica ha una corrispondente modulazione cromatica. Tutto questo si basa sulla
intuizione, estremamente precisa in Skrjabin, del rapporto suono-colore72.
L'idea di unire arti differenti in un'unica opera, col fine di trarne un reciproco
potenziamento, viene subito abbracciata da altri grandi artisti del periodo tra i quali
71 Ivi, pp. 203-204.
72 G. SALVETTI, La nascita del Novecento, E.D.T., Torino 1977, pp. 339-340.
57
il compositore Arnold Schönberg, esponente della musica atonale73 nonché ideatore
della dodecafonia, e il pittore espressionista Wassily Kandinsky. Anch'essi si
cimentano nella creazione di composizioni, o meglio opere teatrali, in cui sia la
musica che il colore assumono un ruolo espressivo fondamentale.
A tal riguardo proprio lo stesso Kandinsky teorizza nei suoi scritti una danza del
futuro caratterizzata da tre elementi: l'elemento musicale, l'elemento pittorico e
l'elemento coreografico.
Su una particolare interazione fra il linguaggio musicale e linguaggio pittorico è
impostata l'opera di Arnold Schönberg, La mano felice, composta fra il 1908 e il 1913: essa
richiama il concetto di «arte totale» di Wagner e prende corpo nello stesso periodo in cui
si profila in modo complementare e convergente l'opera teatrale di Kandindky, Il suono
giallo. Entrambi i testi, caratterizzati da una scrittura espressionista densa di significati
simbolici, contengono scrupolose indicazioni circa le luci, i colori, l'allestimento, le
posizioni degli attori, i cambiamenti di scena, gli interventi e le pause dell'orchestra 74.
Tuttavia queste opere, una volta realizzate, non sempre rispecchiavano i risultati
teorizzati e desiderati dagli artisti. Il problema spesso era dovuto alle limitazioni
tecnologiche dell'epoca. Lo stesso Skrjabin non assistette mai al suo Prometheus
completo; il compositore non fornì informazioni dettagliate utili alla realizzazione
dello strumento oculare e di conseguenza, per motivi legati a impossibilità tecniche,
l'opera fu rappresentata solo musicalmente.
Col progredire della tecnologia aumentarono le possibilità applicative delle varie
teorie e di conseguenza si diffuse l'interesse nella ricerca di nuovi sistemi
multimediali.
A partire da rudimentali impianti tecnologici a lampadine si arrivò alla realizzazione
di opere d'arte che prevedevano l'utilizzo di strumenti sempre più sofisticati: da
73 Schönberg rifiuta il termine atonalità, spesso utilizzato come accezione dispregiativa dalla critica.
Egli, nel suo celebre Manuale di armonia, definì col termine pantonalità la musica che andava oltre i
confini della tonalità con l'intento di eliminare le tensioni armoniche proprie del sistema tonale
classico.
74 L. PIGNOTTI, op. cit., p. 73.
58
registratori a videoproiettori fino a particolari sistemi di illuminazione laser. In
definitiva è possibile affermare che i maggiori progressi si verificarono dopo
l'avvento del digitale e la diffusione del computer: da quel momento iniziò un vero e
proprio processo di abbattimento dei confini tra le varie arti.
Oggigiorno
gli
artisti
realizzano
o
commissionano
software,
applicazioni
multimediali, ambienti interattivi via via più complessi in cui spesso anche il
pubblico viene coinvolto in maniera completa, diretta e attiva.
Con l'introduzione e la diffusione dei nuovi media, in particolare di quelli che
consentono un certo grado di interazione, assistiamo a un processo in cui gran parte della
realtà «oggettiva» tende a trasformarsi, in vario modo e misura, in realtà «simulata».
Questa realtà però, oltre che simulata, duplicata, appare manifestamente talora anche
«ampliata».
Per esempio il soggetto che entra in relazione con una macchina, virtualmente può volare,
può guardare da angolazioni incompatibili con le usuali prestazioni dell'occhio umano,
può afferrare oggetti non a portata di mano, può avere percezioni che i normali organi
sensoriali non sono in grado di ricevere75.
L'arte si sta evolvendo in direzione del “tutto possibile”; presto, forse, giungerà
l'epoca utopica in cui i limiti alla sua esternazione saranno dettati solamente dalla
fantasia. Per ovvie ragioni, in questo elaborato, non sarà possibile approfondire la
totalità delle opere e delle applicazioni multimediali realizzate dall'avvento delle
nuove tecnologie fino ad oggi. Di seguito ne saranno descritte brevemente alcune di
quelle considerate più innovative.
Uno strumento particolarmente interessante avente lo scopo di creare, modificare,
esplorare e trasformare il suono per mezzo di un'interfaccia grafica grazie alla quale
si può intervenire sullo spettro sonoro applicando o disegnando immagini è il
Metasynth 576. Utilizzando proprio questo programma il fotografo canadese Andrew
75 Ivi, p. 137.
76 http://www.uisoftware.com/MetaSynth/index.php
59
Edmond ha realizzato un esperimento audiovideo chiamato Sound of the Americans77.
La sperimentazione del fotografo è consistita in un'esplorazione sonora della storica
collezione di foto The Americans di Robert Frank. I suoni ricavati dalle fotografie sono
poi stati riconvertiti in immagini attraverso la loro rappresentazione spettrale.
Una delle inferfacce grafiche del sofwtare Metasynth 578.
Altro software simile, capace di generare suoni leggendo le immagini come spettri
sonori secondo principi stabiliti dal produttore, è Photosounder79. Secondo gli autori
questo programma, implementando la potenza di editing delle immagini al servizio
di creazione e trasformazione dei suoni è il ponte definitivo tra il mondo visivo e il
mondo sonoro. Photosounder, grazie a potenti strumenti di video-editing incorporati
pensati specificamente per la modifica e la creazione del suono, sarebbe in grado di
creare, con una straordinaria semplicità e con risultati irraggiungibili attraverso altri
mezzi, qualsiasi tipo di suono.
Un ulteriore strumento molto singolare è Harsh Digital Nose80, un sintetizzatore
capace di convertire immagini in forme d'onda che vengono miscelate e suonate da
77
78
79
80
http://www.soundsoftheamericans.com
http://www.uisoftware.com/MetaSynth/index.php
http://photosounder.com
http://www.thepiz.org/plugins/?p=Harsh%20Digital%20Nose
60
due oscillatori secondo specifiche linee guida, che però attualmente non sono chiare
nemmeno allo sviluppatore.
Harsh Digital Nose is a synthesizer that converts two images into two oscillator
waveforms and then mixes them in various horrible ways.
[...] The basics: there are two image-based oscillators. The knobs between them apply to
the second image, based on the first image. There is then a third oscillator that plays
ordinary waveforms, which can be modulated by the image oscillators. The "M" button
below each pitch knob toggles on/off the oscillator pitch following input MIDI notes. The
little green and red dots on the images are the start and end points of the oscillator
waveform. Colors in the images do "something" but more information will follow once I
look at the code again to see what is actually going on81.
Interfaccia grafica del sintetizzatore Harsh Digital Nose 282.
Per concludere, è impossibile non citare Scape, Bloom, Trope e Air83, quattro
applicazioni creative per i-pad, i-phone e i-pod realizzate su concept del compositore
Brian Eno che, attraverso l'interazione tramite del touch-screen e secondo principi
generativi, creano una serie infinita di patterns di forme, musica e colori.
81 Ibidem.
82 Ibidem.
83 http://www.generativemusic.com
61
Capitolo quarto
DAL COLORE ALLA GESTIONE DEL SUONO
[…] il rapporto fra arte e tecnologia elettronica, oltre a far uscire di fatto la prima dai suoi
confini istituzionali, tende a spezzare la demarcazione fra i singoli generi espressivi con
svariati ed imprevedibili effetti sinestetici e coinvolgimenti plurisensoriali; la specificità di
un'opera tende inevitabilmente a disperdersi, spesso proprio a causa dei suoi stessi
eterogenei coefficienti mediali, nella commistione fra arte e arte, fra parola e immagine,
fra immagine e suono, fra suono e spazio, fra estetico e sociologico, fra informativo e
spettacolare, fra consumo di élite e consumo di massa, fra comunicazione massmediale e
comunicazione multimediale84.
4.1 Verso un approccio algoritmico generativo
L'idea di questo progetto di tesi, approccio personale al tema della sinestesia suonocolore, è nata dalla volontà di utilizzare i dati relativi ai colori di un video per creare,
controllare e gestire in tempo reale il suono.
La codifica digitale del colore traduce il fenomeno fisico in stringhe numeriche,
rendendolo così suscettibile di rimessa in forma attraverso media differenti: prima
dell'era multimediale, come approfondito nei capitoli precedenti, la sinestesia non
era condivisibile; era ricreabile solamente grazie all'immaginazione o in modo non
controllato in presenza dell'innata associazione neuronale e pilotabile esclusivamente
attraverso la retorica e la poesia. Ora, al contrario, con l'avvento delle nuove
tecnologie è possibile concretizzare questo fenomeno fin dal principio secondo la
totale volontà dell'artista.
L'obiettivo del progetto è stato quello di creare un ambiente generativo interattivo
che, a partire da determinate associazioni tra i parametri del colore e quelli del
suono, attraverso una serie di algoritmi, stabilisse in tempo reale innumerevoli e
infinite variazioni consentendo inoltre all'ascoltatore-fruitore di svolgere un ruolo
attivo fondamentale.
84 Ivi, p. 137.
62
Il modello di comunicazione, di pratica linguistica, che viene messo in atto con le nuove
tecnologie appare globalmente in sintonia con quello proposto dalle avanguardie, e in
particolare dal futurismo.
Tale modello però appare come spinto agli estremi, esasperato: l'opera tende a perdere le
caratteristiche dell'oggetto per assumere quelle di un processo; l'artista tende a
manifestare non tanto una personalità ben distinta, […] quanto un'inusuale proposta di
interazione; il fruitore tende in varia misura ad essere concepito come un co-autore, ma
non solo in quanto a interprete di un'opera aperta, bensì in quanto a soggetto capace di
modificare la struttura e il senso dell'opera stessa […]85.
Tramite un'interazione uomo-macchina, ciò che si è voluto generare è una
molteplicità di corrispondenze visive e musicali. In tutto ciò vi è un rifiuto di forma
come dato limitativo e deterministico.
Il sistema in modo autonomo, secondo le linee guida impostate, computa ciò che si
crea, ciò che avviene e ciò che si modifica. Il risultato però non è da considerarsi
come un mero lavoro cerebrale senza vita. È il processo stesso che cela il punto di
vista dell'artista e comprenderlo significa comprendere l'opera d'arte. Teoricamente è
possibile suddividere il progetto in quattro fasi strutturali:
Nella prima fase avviene l'acquisizione del video per mezzo di una videocamera o
tramite il caricamento di un filmato prestabilito, con lo scopo di ottenere le
informazioni da utilizzare successivamente per gestire l'interazione con l'audio.
Nella seconda fase ha luogo un processo capace di rendere il video astratto, ovvero
di riposizionarne i colori in modo arbitrario con l'intento di eliminare la
riconoscibilità del contenuto ed evitarne la contestualizzazione: l'interesse in questa
proposta associativa è rivolto solamente al colore e non al soggetto del video. Ciò che
si muove davanti alla videocamera deve far variare il colore e il colore a sua volta far
variare il suono, ma si deve evitare che l'ascoltatore si aspetti una risposta sonora che
richiami il soggetto come entità definita. La soluzione è stata quella di estrarre il
colore dalla forma originale in cui è contenuto e ridefinirlo diversamente: l'immagine
85 Ivi, pp. 135-137.
63
viene così tramutata, in tempo reale, in una sua configurazione astratta.
Nella terza fase si verifica l'estrapolazione dei dati e vengono assegnate le
corrispondenze che portano all'interazione tra i fenomeni. Tale estrapolazione
avviene mediante una serie di operazioni assimilabili ad un processo di feature
extraction dei dati relativi ai colori. Questa fase può essere considerata la più
importante: è in essa infatti che sono avvenute le scelte estetiche e che sono contenuti
i principi concettuali secondo cui il colore viene tramutato in suono.
Dopo numerosi tentativi, i primi dati acquisiti sono stati quelli relativi alla codifica
RGB. Una prova iniziale è stata quella di utilizzare i valori RGB per compilare delle
tabelle e creare dei suoni attraverso sintesi wavetable; in seguito l'idea è stata scartata
in favore dell'utilizzo di altri dati maggiormente legati alla dimensione fisicostrutturale del colore, ovvero quelli desunti dalla codifica HSL: la tinta, la saturazione
e la luminosità. A questo punto una serie di interrogativi nasceva da questioni legate
alla mappatura dei dati; il fine doveva essere la determinazione delle associazioni che
avrebbero permesso una fluida interazione.
La soluzione è stata quella di realizzare una sintesi additiva in base ai valori HSL di
ogni pixel in cui la tinta corrispondesse alla frequenza all'interno di un'ottava
musicale, la saturazione all'ampiezza e la luminosità all'indice d'ottava.
Parallelamente sono stati realizzati sei suoni corrispondenti ciascuno ad uno dei sei
colori principali, primari e secondari. In base alla tinta del colore predominante uno
di essi viene quindi riprodotto; ovviamente il tutto è gestito tramite un accurato
sistema di cross-fade tra i suoni. La saturazione anche qui determina un valore di
ampiezza finale compreso tra due limiti, la luminosità invece è la frequenza centrale
di un filtro passa banda a fattore Q fisso che filtra il suono in uscita. Come soluzione
alternativa, al posto del filtro passa banda alla fine si è optato per l'utilizzo di due
filtri LP e HP, che agiscono rispettivamente quando la luminosità è inferiore o
superiore al valore centrale.
I due processi paralleli si modulano a vicenda secondo principi prestabiliti, e anche a
questo riguardo i tentativi nel corso della realizzazione del progetto sono stati dei più
64
disparati. Si sono susseguite varie prove utilizzando tecniche differenti, tra le quali
modulazione ad anello e modulazione di ampiezza.
La quarta ed ultima fase consiste nella finalizzazione del suono e nella sua
spazializzazione; in questa fase sono state stabilite le linee guida secondo le quali il
suono viene disposto nell'ambiente acustico multicanale.
4.2 Realizzazione del progetto nel dettaglio
La costruzione di Sinestesia algoritmico-generativa, progetto pratico di tesi nonché
installazione multimediale interattiva, è stata effettuata mediante il software
Max/MSP. Schematizzando, come precisato nel sottocapitolo precedente, è possibile
suddividere la realizzazione del progetto in quattro fasi fondamentali:
•
Fase 1, acquisizione del video per mezzo di una videocamera o tramite il
caricamento di un filmato;
•
Fase 2, astrazione del video, ovvero riposizionamento dei colori col fine di
evitare la riconoscibilità e la contestualizzazione del soggetto;
•
Fase 3, estrapolazione dei dati relativi ai colori e scelta dei principi secondo cui
vengono assegnate le corrispondenze e definita l'interazione tra il colore ed il
suono;
•
Fase 4, finalizzazione e spazializzazione del suono.
Fase 1, acquisizione del video: in questa sezione iniziale del progetto, mediante un
metronomo (oggetto qmetro) vengono ripresi a intervalli regolari i frame captati dalla
videocamera (oggetto jit.grab) oppure ricavati dalla lettura di un filmato
riproducibile (oggetto jit.qt.movie).
Tramite un selettore è inoltre possibile scegliere la fonte del video ed eventualmente
interrompere la ripresa (combinazione degli oggetti radiogroup, select e switch).
Infine un interruttore permette di accendere il metronomo e, praticamente in
contemporanea, l'audio generale.
65
Prima sezione della patch: acquisizione del video.
Fase 2, astrazione del video: nella seconda fase, con un sistema di selettori simile a
quello descritto precedentemente è possibile selezionare differenti forme di
astrazione del video. Le astrazioni sono state realizzate utilizzando il potente oggetto
jit.gen, la cui funzione è definibile a seconda delle esigenze anche attraverso la
compilazione di righe di codice. La prima astrazione ridispone i colori sotto forma di
linee semplici; la seconda e la terza, ricavate modificando l'oggetto kaleido, li
ridispongono rispettivamente in una configurazione caleidoscopica e in una dalla
forma oculare.
Seconda sezione della patch: astrazione del video.
66
Illustrazione delle 4 astrazioni: il video originale, la configurazione caleidoscopica, la disposizione del
colore secondo linee semplici e la configurazione oculare.
Fase 3, estrapolazione dei dati e determinazione dell'interazione: a questo punto i dati
relativi ai colori dei video vengono indirizzati lungo due processi paralleli, uno di
sintesi additiva e uno adibito alla gestione di un banco di sfplay~.
Il banco di sfplay~ consiste in sei lettori sonori (subpatch “p sfplay bank”) i cui suoni
riprodotti sono gestiti e manipolati in base alle caratteristiche del colore
predominante. I valori RGB del video in ingresso vengono convertiti in valori HSL
(oggetto jit.rgb2hsl). Subito dopo viene fatta la media di tutti i valori relativi alla tinta,
di tutti quelli relativi alla saturazione e di tutti quelli relativi alla luminosità
provenienti da tutti i pixel (oggetto jit.3m). I risultati così ottenuti, compresi tra 0 e
255, vengono riscalati separatamente. La tinta viene riscalata tra 0. e 5. ed è utilizzata
per determinare l'ampiezza dei suoni secondo un sistema di cross-fade non lineare (0
corrisponde al rosso, 0.35 all'arancione, 0.85 al giallo e così via). La saturazione
riscalata tra 110. e 127. determina l'ampiezza generale e la luminosità riscalata tra -1.
67
e 1. pilota una combinazioni di filtri LP e HP che intervengono sul suono in uscita: se
i valori sono compresi tra 0. e -1. agisce il filtro passa basso, al contrario se sono
compresi tra 0. e 1. agisce il filtro passa alto. Tutto questo avviene nella subpach “p
gains.filtri” e nella sub-subpatch “p filtri”.
Terza sezione della patch: processo di gestione dei campioni, sfplay bank.
Illustrazione della subpatch “p sfplay bank”.
68
Illustrazione della subpatch “p gains.filtri”.
69
Illustrazione della subpatch “p filtri”.
Parallelamente avviene un processo di sintesi additiva in cui i suoni vengono creati
secondo un'associazione matematica.
A questo punto la risoluzione del video viene notevolmente ridotta per evitare
problemi di sovraccarico del processore. La riduzione avviene semplicemente
inviando il flusso dei dati video in una matrice più piccola (oggetto jit.matrix).
Video originale e corrispettivo ridotto.
70
Anche in questo caso i valori RGB vengono convertiti in valori HSL e separati con
l'oggetto jit.spill in 3 liste, ognuna corrispondente a uno dei piani della matrice
ovvero H, S e L (il piano 0, contenente i valori di trasparenza, non è stato
considerato). Ancora una volta i valori compresi tra 0 e 255 vengono riscalati.
La tinta è riscalata tra 20. e 40. e viene fatta corrispondere ai valori frequenziali sonori
contenuti all'interno di un'ottava musicale. La saturazione riscalata tra 110. e 127.
pilota l'ampiezza generale.
La luminosità riscalata tra 0. e 9. viene utilizzata come un indice d'ottava. In questo
modo la frequenza sonora ricavata dai valori della tinta, in base alla luminosità, viene
trasposta lungo tutto il range udibile: alla luminosità minima la frequenza non viene
trasposta, mentre al suo aumentare essa viene trasposta progressivamente alle ottave
superiori, grazie a un sistema di cross-fade che interviene sull'ampiezza di una serie di
oscillatori sinusoidali settati per riprodurre la frequenza alle varie ottave. Questo
processo avviene separatamente e in simultanea per i dati relativi ad ogni pixel
(istanza multipla “poli.addi” e relativa sub istanza multipla “poly.addi.routing”).
Terza sezione della patch: processo di sintesi additiva.
71
Illustrazione dell'istanza multipla “poly.addi”.
72
Illustrazione della sub istanza multipla “poly.addi.routing”.
L'audio uscente dai due processi paralleli viene triplicato. La prima coppia di suoni,
passando per un controllo di ampiezza e un sistema di monitoraggio (oggetti gain~ e
meter~), viene mandata direttamente al complesso di finalizzazione e di
spazializzazione del suono. La seconda e la terza coppia di suoni vengono inviate
rispettivamente in un modulatore ad anello (subpatch “p RM”) e in un modulatore ad
ampiezza (subpatch “p AM”). I suoni in uscita dai modulatori vengono poi mandati a
loro volta, passando per un controllo di ampiezza, al complesso di finalizzazione e
spazializzazione del suono.
Terza sezione della patch: a) processi di modulazione, controllo e monitoraggio del suono inviato al
sistema di finalizzazione e di spazializzazione; b) illustrazione della subpatch “p RM” ; c) illustrazione
della subpatch “p AM”.
73
Fase 4, finalizzazione e spazializzazione del suono: per finire il suono viene filtrato,
riverberato, spazializzato e mandato alle uscite fisiche attraverso un convertitore.
Entrando nel dettaglio, al suono originale viene sottratta una sua copia filtrata con un
filtro passa alto (oggetto onepole~) e di conseguenza al suono originale vengono
attenuate le componenti inferiori ai 40 Hz. La riverberazione (subpatch “p gigaverb”)
avviene mediante un'implementazione per l'oggetto gen~ del famoso algoritmo
gigaverb~. Per quanto riguarda la spazializzazione (subpatch “p spazializzazione”),
l'audio stereo in ingresso viene inviato in modo pseudo-randomico al convertitore e
quindi alle 8 uscite fisiche. La velocità di spazializzazione e il tempo di
interpolazione secondo cui il suono viene o meno in uscita dipendono dai dati
relativi al colore predominante o, più precisamente, dal valore assoluto della
differenza tra numero corrispondente alla tinta predominante e il suo valore appena
precedente. In questo modo, quando si verificano cambiamenti improvvisi di colore,
il suono si muove velocemente; al contrario, quando il colore è stabile esso si muove
più lentamente. Sono previsti infine un controllo generale sull'ampiezza di tutti i
segnali in uscita e un sistema grafico di monitoraggio dei segnali (combinazione
degli oggetti multislider, gain~ e meter~).
Quarta sezione della patch: finalizzazione e spazializzazione del suono.
74
Illustrazione della subpatch “p gigaverb”.
Illustrazione della subpatch “p spazializzazione”.
75
Panoramica completa della main patch.
76
Panoramica completa della main patch in modalità presentazione.
77
CONCLUSIONI
L'installazione multimediale Sinestesia algoritmico-generativa propone una risposta
concreta alla questione della sinestesia visivo-uditiva, nella quale cui i dati estrapolati
dalle informazioni provenienti dalla codifica digitale del colore vengono utilizzati
per generare e gestire il suono.
L'ambiente interattivo creato inoltre si apre ad un dialogo con il fruitore: egli, in base
alle sue scelte e al suo comportamento, può infatti manipolare, modificare, prevedere
e determinare in parte l'esito dell'interazione sinestetica.
L'indagine condotta mi ha permesso di affrontare nel dettaglio la sinestesia suonocolore, seppur non nella totalità, nella maggior parte delle sue sfaccettature; a mio
parere il risultato pratico ottenuto rispetta i criteri prefissati e presentandosi come
una conclusione del percorso affrontato nell'elaborato teorico.
Ritengo di aver soddisfatto le mie proposte iniziali, nonché di aver prodotto un
software in grado di coinvolgere attivamente lo spettatore e di associare in tempo
reale il colore e il suono contribuendo in questo modo alla comunione fra le arti e la
conseguente sollecitazione di più sensi. Il progetto pratico realizzato può
considerarsi il punto d'arrivo della ricerca condotta ma anche un punto di partenza
per eventuali future sperimentazioni.
Tra le varie considerazioni devo precisare che il risultato estetico ottenuto non è dei
più gradevoli, ma se fossi intervenuto in questi termini sarebbero venuti meno i
principi associativi stabiliti e si sarebbe snaturata l'essenza della mia idea iniziale.
Personalmente penso che oggigiorno la mera bellezza estetica debba farsi da parte
per lasciare spazio all'idea dell'artista, vero punto centrale dell'opera. Facendo
riferimento a Cage, ritengo che la “correzione del caso” sia semplicemente un
tentativo di attirare lo spettatore verso la bellezza esteriore dell'opera più che verso il
suo contenuto e la sua essenza; la correzione infatti non fa altro che corrompere la
reale natura dell'arte in favore di un gradevole compromesso.
78
APPENDICE
Nel corso del progetto è stata realizzata anche una soluzione alternativa alla sintesi
additiva semplice proposta nel quarto capitolo, che consiste in una sintesi additiva di
più processi di sintesi per modulazione di frequenza. In questo caso i valori HSL
sono utilizzati come segue: la tinta, sempre riscalata tra 20. e 40., viene fatta
corrispondere ai valori frequenziali sonori contenuti all'interno di un'ottava musicale;
il valore ottenuto è utilizzato come frequenza portante nel processo di modulazione
di frequenza. La saturazione riscalata tra 2000. 100. è la deviazione. Questa scelta
deriva dal fatto che la saturazione dipende da com'è distribuita sullo spettro visibile
la luce emessa o riflessa da una superficie; analogamente in una sintesi per
modulazione di frequenza la deviazione distribuisce l'energia dalla portante alle
armoniche secondarie. La luminosità, ancora riscalata tra 0. e 9., viene utilizzata come
un indice d'ottava. Questo valore, come spiegato precedentemente, controlla un
sistema di cross-fade che interviene sull'ampiezza di una serie di oscillatori sinusoidali
settati per riprodurre la frequenza della tinta alle varie ottave; il suono in uscita
costituisce la frequenza modulante. Questo processo avviene separatamente e in
simultanea per i dati relativi ad ogni pixel (istanza multipla “poli.addi” e relativa sub
istanza multipla “poly.addi.routing”).
Terza sezione della patch: processo alternativo di sintesi additiva.
79
Illustrazione dell'istanza multipla alternativa “poly.addi.fm”.
80
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http://www.treccani.it/enciclopedia/udito_(Dizionario_di_Medicina)
http://www.uisoftware.com/MetaSynth/index.php
http://en.wikipedia.org/wiki/Munsell_color_system
83
Intendo ringraziare
in particolar modo per la professionalità, la
competenza e la disponibilità dimostrata i
Maestri Andrea Vigani, Sylviane Sapir, Marco
Marinoni, Franco Bezza, Carla Magnan e
tutti gli altri docenti che mi hanno seguito
lungo il mio percorso di studi.
...e soprattutto i miei genitori, i miei familiari
e la mia fidanzata che mi hanno sempre
sostenuto nei miei interessi e nelle mie
passioni.