programma musicarte - Castello di Miramare

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programma musicarte - Castello di Miramare
Musica elettroacustica, musica per nastro, musique concrète,
suoni di sintesi, computer music, paesaggi sonori, design del
suono. Questi sono solo alcuni dei termini che definiscono le
nuove pratiche creative che hanno come materia prima il suono,
come fine la sua composizione, ovvero la sua organizzazione e
disposizione nel tempo e come mezzo le nuove tecnologie che
l’ingegneria ha sviluppato a partire dalla fine degli anni quaranta
del secolo scorso fino ad oggi.
La matrice estetica comune è quella dell’appropriazione della
materia sonora e della sua trasformazione e manipolazione con un
atteggiamento che ricorda a volte più quello di uno scultore che
quello di un musicista in senso tradizionale. Laddove la musica
che siamo più abituati ad ascoltare pone l’accento su parametri
come quelli della melodia, del ritmo e dell’armonia, nella musica
elettroacustica, grazie all’impiego della tecnologia digitale e non,
il discorso musicale si focalizza piuttosto sul timbro, cioè su
quella caratteristica del suono che viene a volte associata al suo
“colore”. Ciò che l’ascolto della musica elettronica ci invita a fare
è prestare attenzione al suono in sé come rappresentazione della
realtà, come metafora di altro o ancora come entità con una vita ed
una dinamica interna che rimandano ad una vera e propria
“gestualità sonora”. Allo stesso tempo, è necessario cogliere le
relazioni che si creano tra i diversi suoni che popolano un brano di
musica elettroacustica. Se il primo aspetto implica una nuova
forma d’ascolto, il secondo ci riconduce ai fondamenti di ogni
processo compositivo, che è sempre e comunque un processo di
organizzazione temporale di suoni, quali che essi siano.
Alcuni dei suoni utilizzati da Pierre Schaeffer, uno dei pionieri
della Musique Concrète, nei Cinq Etudes des Bruits (1948) furono
per esempio registrazioni di rumori di treni e stazioni. Le sue
composizioni nascono grazie a quelle che allora erano le novità
offerte dalla possibilità di registrare dei suoni su nastro magnetico,
nonché di riprodurre e trasformare il suono mediante
manipolazione del nastro magnetico stesso. Questi due aspetti
aprirono la strada a possibilità di generazione e trasformazione dei
suoni prima impensabili e costituirono uno dei fondamenti della
nascita e sviluppo della musica elettronica.
Quelli che ascolteremo questa sera sono brani di musica composti
secondo lo stesso tipo di estetica e di principi che caratterizzavano
la musica elettroacustica al tempo del nastro magnetico. Oggi il
computer ha sostituito il nastro e le altre apparecchiature elettriche
di tipo analogico. L’impiego di tecnologie di tipo digitale
consente, di fatto, un potenziamento ed, allo stesso tempo, una
semplificazione dei procedimenti di acquisizione, generazione,
trasformazione e composizione del suono.
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il
Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico del Friuli Venezia Giulia
Conservatorio G. Tartini
Via Ghega, 12
34132 Trieste
Tel. 040 67.24.911
www.conservatorio.trieste.it
Festa Europea della Musica
Dalla Musique Concréte
alla Computer Music
Un viaggio attraverso il suono
Scuola di Musica e Nuove Tecnologie del
Conservatorio “G. Tartini” di Trieste.
La Scuola di Musica e Nuove Tecnologie è uno dei
nuovi corsi universitari cresciuti all'interno del
Conservatorio di Musica "G. Tartini". Accanto ad
un’educazione musicale avanzata, il corso di
laurea offre una formazione tecnica informatica
rivolta non solo alla musica ma anche ai
multimedia in genere. In particolare il corso di
laurea magistrale prevede un curriculum studi
focalizzato sulla teoria e pratica della produzione
video che estende e completa la formazione
artistica, tecnica e professionale offerta dal corso
di laurea triennale.
Docenti: Nicola Buso, Paolo Pachini, Pietro Polotti
Sabato 21 giugno 2008
Ore 21.00
Sala del Trono del Museo Storico del
Castello di Miramare, Trieste
Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti
Programma
Bernard Parmegiani (1927) Acquatisme
(1982-84)
Ivan Penov (1985), glEISsENdBAHN (2008)
Questo brano di Bernard Parmegiani è tratto da una suite di
pezzi elettronici a tema mitologico intitolata La Creation
du Monde (1982-1984), che si divide in tre parti: Lumière
noire, Métamorphose du vide e Signe de vie. Di
quest’ultimo fa parte Aquatisme, il momento finale della
creazione. I materiali sonori diventano più concreti e
generano musica, quando sono messi in relazione l'uno con
l'altro attraverso forme ritmiche e trattamenti dei loro
timbri. Vi è un gioco polifonico di tipologie morfologiche:
l'acqua viene presentata nei tre registri - grave, medio,
acuto- e in diverse forme -gocce, schizzi naturali - elaborati
in modo da ottenere un suono ora secco ora umido,
passando da elementi singoli e separati ad un continuo
associato ad un immagine di velocità.
Il nome della composizione deriva da una combinazione di
due parole tedesche: gleissend (abbagliante) ed eisenbahn
(ferrovia). Un viaggio molto spesso ci induce (in modo
inconscio) a pensare e ad entrare in un mondo illusorio,
che tramite le immagini esterne ci ipnotizza e ci distacca
dalla percezione dei nostri pensieri. Il percorso ferroviario
non è un tracciato geografico. La trasformazione avviene
sugli scambi tra un binario e l'altro. Con uno slancio
inconscio il viaggio sublima e il pensiero e la visione
tendono all'astratto. Il ritmo del movimento non si perde,
ma abbandona i caratteri terreni.
Barry Truax (1947) Solar Ellipse (1984-85)
In questo brano, Truax trasmette la regolarità di forma di
un’orbita ellittica di un pianeta intorno al sole nei tratti
generali del pezzo e nelle strutture degli eventi musicali
quasi ripetitivi. Tali eventi sono caratterizzati da un unico
andamento di crescendo e smorzamento graduali e
rappresentano uno spazio sonoro "vuoto" che attraversa
tutto il pezzo. Il tentativo, riuscito, di Truax è quello di
creare una sorta di dimensione universale senza tempo.
Pietro Polotti (1966) Ren (2005)
La composizione prende spunto dalla mitologia induista e
in particolare dal vocabolo renu che in quella tradizione
indica la sabbia, l’arena intesa come polvere primigenia da
cui si sono formati l’universo ed il mondo. I materiali
sonori del pezzo sono derivati da trasformazioni di suoni
registrati di un bastone della pioggia, strumento
sudamericano costituito da un ramo di cactus secco, al cui
interno vengono fatti rotolare semi di varia dimensione. A
questi suoni si aggiungono delle registrazioni di un
saxofono, il cui timbro fa capolino qua e là nel corso del
brano. Tali materiali costruiscono un itinerario sonoro
immaginario attraverso i cinque elementi che, secondo la
filosofia antica occidentale, costituiscono l’universo: etere,
terra, aria, acqua e fuoco. Esaurita l’azione del fuoco
divorante, il ritorno all’etere, che aveva aperto il pezzo,
conclude ciclicamente il percorso.
Alessandro Fogar (1963) White Center (2008)
Suoni d'acqua registrati nella laguna di Grado vengono
frammentati ed utilizzati per comporre una vasto affresco
sonoro in costante mutazione, come a simboleggiare un
viaggio verso il 'bianco', verso i ghiacci perenni
dell'Antartide. L'autore ha inteso suggerire, nell'ambito di
un'esperienza estetica Wabi-Sabi, un ascolto di tipo
minimale, dove brevi cellule tematiche si manifestano e
rapidamente scompaiono e ampie fasce sonore vengono
interrotte da sferzate costituite da rumore bianco e rosa
filtrati.
Le tecniche utilizzate sono la granularizzazione ed il
filtraggio di field-recordings e brevi frammenti orchestrali,
di rumore bianco e rosa; la diffusione del suono utilizza
tecniche Ambisonics.
Marco Verardo (1986) Didjestivo (2008)
Il didjeridoo, strumento musicale "naturale" costituito
solitamente da un tronco scavato dalle termiti, è lo
strumento sacro degli aborigeni australiani. Produce un
suono profondo e ipnotico capace con le sue vibrazioni di
condurre chi lo suona e l'ascoltatore in un viaggio interiore,
nel profondo dell'essere. In questo pezzo le diverse
tecniche di utilizzo dello strumento vengono portate
all'estremo immergendo l'ascoltatore in un viaggio nel
timbro, l'essenza e condizione del suono.
Dennis Smalley (1946), Wind Chimes (1987)
Questo lavoro è stato composto utilizzando quale suono di
partenza quello di un set di campanelline tubolari in ceramica
mosse dal vento (wind chimes). Il compositore è stato attratto
non tanto dal timbro dell'insieme ma dal suono cangiante e quasi
metallico generato da una o due di queste campanelline fatte
risuonare singolarmente. Le loro caratteristiche timbriche si
sono dimostrate essere un'ottima base per tutta una serie di
trasformazioni applicate al loro suono.
Considerare un singolo suono e trarre il massimo da esso tramite
trasformazioni è sempre stato uno dei metodi utilizzati da
Dennis Smalley per lo sviluppo coerente di un pezzo.
Nell'ambito del pezzo possiamo riconoscere gesti compositivi
costituiti da veloci attacchi, movimenti virtuali o reali (rotazioni,
risonanze) che contrastano con tessiture più stratificate.
Jonathan Harvey (1939) Mortuos Plango, Vivos
Voco (1980)
Questo pezzo per nastro è stato realizzato da Harvey presso
l’Ircam
(Institut
de
Recherche
et
Coordination
Acoustique/Musique) di Parigi. Due sono le sorgenti sonore
utilizzate: la voce del figlio del compositore e il suono della
campana della cattedrale di Winchester in Inghilterra. Racconta
Harvey di aver spesso composto musica per il coro della
cattedrale dove il figlio cantava e di aver sovente assistito alle
loro prove, con i rintocchi della grande campana sullo sfondo. Il
testo della voce è quello scritto sulla campana stessa: Horas
Avolantes Numero, Mortuos Plango, Vivos ad Preces Voco
(conto le ore che fuggono, piango i morti e chiamo i vivi alla
preghiera). Secondo le parole del compositore, “la voce morta
della campana fa da contrasto a quella viva del fanciullo”.