il disegno dell`interportualità italiana
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IL DISEGNO DELL’INTERPORTUALITÀ ITALIANA Fattori di crescita, sviluppo della logistica e dinamiche territoriali Francoangeli I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page al servizio “Informatemi” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità. Lo studio è stato realizzato per l’Uir-Unione Interporti Riuniti da un gruppo di lavoro del Censis – Centro Studi Investimenti Sociali – composto da Francesco Estrafallaces, Maurizio Mastrolembo Ventura e Gabriella Addonisio. Si ringraziano tutti i Presidenti, i Direttori e i collaboratori degli interporti analizzati per aver contribuito, con le loro idee e con la loro competenza, alla comprensione e alla migliore definizione delle caratteristiche del sistema interportuale in Italia. Si ringrazia in particolare Roberto Pesaresi, Vice Presidente dell’Uir, per il prezioso ruolo di coordinamento e di indirizzo che ha svolto. Il lavoro di analisi e di ricerca qui presentato non sarebbe stato possibile senza il supporto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nelle persone dell’Ingegnere Giovanni Caruso e del Geometra Gianfranco De Angelis. Copyright © 2008 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy. L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni qui sotto previste. All’Utente è concessa una licenza d’uso dell’opera secondo quanto così specificato: 1. l’Utente è autorizzato a memorizzare complessivamente tre copie digitali dell’opera sul proprio pc o altro supporto sempre di propria pertinenza attraverso l’operazione di download. 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Considerazioni di sintesi 1.1.Gli obiettivi dello studio 1.2.Numeri e struttura organizzativa 1.3.Un sistema in divenire, relazionale e polarizzato 1.4. Forze e debolezze 1.5.Per una politica lineare 2. Una visione dinamica della rete interportuale 2.1.L’offerta organica di servizi per gli operatori logistici e per le imprese manifatturiere 2.2. Imprese e dinamismo occupazionale all’interno degli interporti 2.3. Le potenzialità di crescita 2.4.Gli interventi prioritari per lo sviluppo 3. Specificità territoriali: le molteplici forme del sistema interportuale 3.1. Il modello nordestino 3.2. Il sistema poliedrico del Nord-Ovest 3.3.Trento e Cervignano: il tentativo di razionalizzare i flussi transnazionali attraverso i valichi alpini 3.4.Gli interporti sulla costa: esperienze di riconversione di aree industriali a Venezia e a Vado Ligure 3.5.La riscoperta della modalità fluviale: l’Interporto di Rovigo e le potenzialità della navigazione sui canali 3.6.Livorno, Prato e Parma: il valore strategico del quadrante dell’Alto Tirreno pag. » » » » » 7 7 8 10 13 16 » 19 » 20 » » » 23 29 41 » » » 47 48 61 » 71 » 81 » 87 » 92 3.7.Verso una piattaforma logistica interportuale dell’Italia centrale pag.106 3.8.La questione meridionale tra problemi irrisolti e elementi di dinamismo » 119 4. Focus tematici 4.1. Il sistema organizzativo e di finanziamento 4.2.Sinergie per il cluster terra-mare 4.3.Promuovere l’intermodalità: risparmi economici e benefici per l’ambiente e la salute 4.4. Uirnet: una piattaforma tecnologica al servizio della logistica nazionale » 133 » 134 » 156 » 167 » 177 1. L’interportualità italiana verso una logistica complessa. Considerazioni di sintesi 1.1.Gli obiettivi dello studio Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare le potenzialità di crescita, le criticità ed il contesto in cui operano gli interporti italiani. L’importanza che essi assumono come strumenti di incentivazione dell’intermodalità e come strutture di offerta di servizi legati alla logistica spingono a fare il punto sulla rete che sta prendendo forma nel Paese e ad individuare pochi obiettivi concreti per una nuova policy che ne sostenga l’ulteriore sviluppo. Ciò appare utile a distanza di 18 anni dall’approvazione della legge 240/90 che, tra i suoi obiettivi, intendeva incentivare il trasporto con modalità mista, anche attraverso lo stanziamento di 538 milioni di euro (di cui effettivamente erogati fino al 2006, 310 milioni) a sostegno degli interporti. Questo studio si basa oltre che su dati provenienti da fonti secondarie, anche e soprattutto sulle informazioni di dettaglio rilevate in modo sistematico, tra settembre e dicembre 2007, presso 24 interporti aderenti all’Uir-Unione Interporti Riuniti, dei 29 totali previsti. Di questi 18 sono operativi mentre 11 sono in fase di realizzazione o di completamento. Le 24 strutture analizzate nel dettaglio sono: l’Interporto Quadrante Europa Verona, l’Interporto Merci di Padova, l’Interporto di Bologna, l’Interporto Sito di Torino-Orbassano, l’Interporto di Rivalta Scrivia, l’Interporto Cim Novara, l’Interporto di Trento, l’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli, l’Interporto di Venezia, l’Interporto di Vado Ligure, l’Interporto di Rovigo, l’Interporto Cepim di Parma, l’Interporto di Prato, l’Interporto di Livorno, l’Interporto Val Pescara, l’Interporto delle Marche (Jesi), l’Interporto Centro Italia di Orte, l’Interporto di Frosinone, l’Interporto Sud Europa Mad. Tale ammontare fa riferimento agli stanziamenti previsti dalla Legge 240/90, ulteriori finanziamenti pubblici sono stati ottenuti da alcune strutture interportuali a valere su altri strumenti di finanziamento gestiti o dalle Amministrazioni centrali dello Stato o dalle Regioni. daloni Marcianise, l’Interporto di Nola, l’Interporto Regionale della Puglia (Bari), l’Interporto di Cerignola, l’Interporto della Piana di Gioia Tauro, l’Interporto di Catania. Non sono stati effettuati approfondimenti sugli interporti di Bergamo, di Roma Est, di Tito (Potenza), di Salerno-Battipaglia e di Termoli perché ancora in uno stadio embrionale di progettazione. 1.2.Numeri e struttura organizzativa Il 25% della merce trasportata su ferro in Italia transita per i 18 interporti attualmente operativi, che movimentano complessivamente più di 66 milioni di tonnellate di merci l’anno, delle quali il 37% transita tramite intermodalità; un risultato, questo, più che apprezzabile. Tenendo conto che ulteriori strutture diverranno operative entro il 2008 e che altre (come Cervignano del Friuli, Prato, Livorno, Rovigo, Marcianise e Bari) registrano già oggi consistenti incrementi del livello di movimentazione, è prevedibile il rapido superamento della soglia dei 70 milioni di tonnellate movimentate dagli interporti italiani e la crescita del contributo – anche e soprattutto in termini di maggiore efficienza – di tali strutture al sistema del trasporto merci in Italia. All’interno dei 18 interporti operativi sono localizzate, inoltre, 1.021 aziende di logistica e lavorazione merci per un totale di 18.000 addetti, cui corrisponde un indotto di almeno altri 20.600 unità di lavoro. Il 6,5% degli addetti totali alle attività ausiliarie ai trasporti e alle attività di trasporto terrestre operano all’interno degli interporti oggi attivi. Dai dati rilevati si stima che ad un addetto interportuale corrispondano circa 2 addetti dell’indotto costituito da attività di trasporto e di logistica per la gestione delle merci. Non appare azzardato affermare che, soprattutto in alcune aree del Nord e del Centro, caratterizzate da uno spesso tessuto manifatturiero, il contributo degli interporti al rafforzamento della struttura produttiva circostante sia stato determinante. La genesi di molti interporti, come Bologna, Parma, Padova e Verona, solo per citare i casi più evidenti, è stata strettamente legata all’obiettivo di rendere più competitivo il sistema manifatturiero preesistente attraverso un’offerta ampia di servizi di trasporto, di movimentazione e di magazzinaggio delle merci. L’elevato rapporto tra imprese dell’indotto e quelle insediate in interporti come Rivalta Scrivia, Prato, Bologna, Padova, Trento, Torino e Verona, testimoniano della capacità di tali strutture di fungere da volano della crescita e da elemento qualificante del territorio in cui esse sono insediate. L’offerta di . Il dato si riferisce a 17 dei 18 interporti oggi effettivamente operativi in Italia, che hanno fornito il dato sull’occupazione. servizi logistici a valore aggiunto crescente e l’opportunità di rapidi collegamenti con altri nodi del sistema logistico e, ancora, la possibilità di utilizzare l’intermodalità sono fattori attrattivi per molte imprese, che esprimo infatti una domanda di logistica complessa. Questo sistema così organizzato riesce a generare valore aggiunto non inferiore a 1,6 miliardi di euro, pari al 2,3% del valore aggiunto (in termini correnti) generato in Italia dal comparto dei trasporti e delle attività logistiche ausiliarie. In termini economici e di redditività forse è ancora poco, ma le dinamiche in atto e gli sforzi messi in campo sotto forma di investimenti, ampiamente sostenuti da fonti di natura pubblica, indicano possibilità di crescita apprezzabili. L’evoluzione del sistema logistico sta sottoponendo, inoltre, larga parte degli interporti italiani ad una progressiva fase di modernizzazione e di cambiamento costante. Per poter quindi meglio comprendere l’architettura complessiva di tale sistema a rete vale la pena di offrire qualche elementare chiave di lettura, rinviando ai capitoli successivi gli approfondimenti del caso. Un primo aspetto rilevante è dato dal fatto che le 24 strutture aderenti a Uir qui analizzate nel dettaglio sembrano attraversare al contempo una fase di crescita, intesa sia in termini di dimensione fisica che soprattutto economica, e una fase di consolidamento, lavorando per potenziare l’offerta di servizi, eliminare alcune debolezze e definire in modo più chiaro che nel passato il proprio posizionamento di mercato. Tra le 18 strutture oggi operative si è andato inoltre definendo un modello tecnico-operativo ed organizzativo capace di assorbire livelli crescenti di innovazione di tipo tecnico (molti sono i casi di nuovi investimenti in macchinari e attrezzature sofisticate per la movimentazione delle merci, ma anche di tecnologie Ict). Come si vedrà nel dettaglio più avanti, l’offerta degli interporti si struttura oggi essenzialmente intorno a 3 cardini: - i servizi rivolti alle merci, che costituiscono la principale espressione di un’interportualità che non è solo scambio modale, ma offerta di servizi avanzati alle imprese nel campo della movimentazione, manipolazione e stoccaggio di prodotti finiti o semilavorati; - i servizi ai mezzi di trasporto che vanno da quelli più generici (distribuzione carburante, pulizie) ai più sofisticati, come officine per la riparazione dei veicoli o per la manutenzione dei container; - i servizi alle persone di tipo commerciale, bancari, postali, di ristorazione e alloggio. . Stime effettuate utilizzando le Tavole delle interdipendenze settoriali dell’economia italiana 2003 pubblicata dall’Istat nel 2006. Le stime sono state elaborate nell’ambito dello studio “Il sistema degli interporti per una logistica ad alto valore aggiunto”, Censis-Uir 2006. In tutti gli interporti oggi operativi la gamma dei servizi offerti è piuttosto ampia. Tuttavia solo 7 strutture sono in grado di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container (Bologna, Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma e Rivalta Scrivia). Gli investimenti realizzati negli ultimi dieci o quindici anni sono molto consistenti, ma soprattutto l’intenso e vasto piano di miglioramenti previsti e di ampliamento delle 18 strutture operative, oltre al completamento di altri interporti in posizione strategica come quello delle Marche a Jesi o quello di Orte, danno il senso che l’allargamento dell’operatività complessiva della rete italiana è possibile. Ciò deve divenire una realtà attraverso ulteriori sforzi di completamento delle opere in atto ed una policy di settore fondata su poche ma precise azioni di rilevanza strategica. 1.3.Un sistema in divenire, relazionale e polarizzato Difficile cogliere le molteplici sfumature che definiscono l’architettura complessiva dell’interportualità italiana, che sconta in primo luogo accentuate differenze dal punto di vista territoriale, ma in cui i punti di forza appaiono in numero maggiore rispetto agli elementi critici. Sistema in divenire, relazionale e polarizzato. Sono questi, tra i tanti, i concetti che meglio riassumono lo stato dell’arte e le prospettive di questa rete di nodi logistici nati con l’obiettivo di incentivare il trasporto multimodale, ma divenuti, fortunatamente, strutture con una mission più ampia e consistente. Il fare quotidiano e la progettualità dei 18 interporti effettivamente operativi ed il completamento delle strutture che inizieranno ad offrire servizi a breve descrivono un sistema in continuo cambiamento, finalizzato al potenziamento delle proprie attività. Come si avrà modo di constatare nelle pagine che seguono, gran parte delle strutture analizzate prevedono rilevanti margini di espansione. Per dare un’idea del fenomeno in atto si possono citare i casi dell’interporto di Padova dove è in fase di completamento il secondo terminal ferroviario, di Verona e Bologna in cui è in previsione il raddoppio delle strutture destinate a magazzino, del Cepim di Parma che procederà all’ampliamento del terminal ferroviario, di Novara e Trento che intendono potenziare l’offerta di servizi logistici ampliando gli spazi destinati a tali attività, di Prato che intende incentivare il ricorso al trasporto su ferro attraverso treni navetta verso i porti di Livorno (che ha avviato una riflessione di concerto con gli Enti Territoriali a proposito della necessità di procedere ad un ampliamento della struttura) e di La Spezia e che si doterà di 6 nuovi fasci di binari, di Torino che prevede la realizzazione di un magazzino completamente automatizzato 10 su un superficie di 120.000 metri quadri, di Marcianise che amplierà i propri magazzini ed il terminal ferroviario. In altri interporti, ancora in una fase di avvio come Jesi o Val Pescara, la realizzazione delle infrastrutture di raccordo con l’esterno definiscono egualmente una progettualità piuttosto intensa che dà il senso di un sistema pronto ad interloquire con il territorio e soprattutto con gli operatori della logistica. In sostanza l’interportualità intende crescere ancora; appare come un sistema a manutenzione e ad espansione continua e ciò è più evidente nelle strutture maggiori e consolidate (come Verona, Padova, Bologna o Trento), quelle che già godono di un apprezzabile posizionamento sul mercato. I fatti mostrano che il Paese potrebbe trarre notevoli benefici dagli interporti, semplicemente perché essi consentono il decongestionamento della rete viaria principale (specie al Nord) e delle principali aree portuali, specie nell’alto Tirreno. Gli esperimenti di treni navetta tra l’interporto di Rivalta Scrivia e Genova, tra Prato e Livorno, tra Marcianise ed il porto di Napoli indicano un sentiero virtuoso che occorrerebbe incentivare, esattamente come le autostrade viaggianti (possibilità di caricare su treno motrici e rimorchi), operanti nell’interporto di Trento e in quello di Torino. È chiaro che la filosofia dell’espansione continua deve essere debitamente indirizzata. Oggi, più che nel passato, occorre evitare l’uso di risorse pubbliche e private per opere dettate più da indirizzi di ordine politico (avulsi da una logica economica) che da un effettivo fabbisogno di logistica avanzata che proviene dal territorio, dal suo tessuto di imprese. Ma a ben guardare uno per uno i 29 interporti, tra quelli operativi o in fase di avvio o di progettazione, è difficile individuare casi realmente critici. Quasi in tutti, attualmente, il principale obiettivo di investimento è di disporre di moderni terminal ferroviari per incentivare l’intermodalità; ciò non per rispondere pedissequamente alla legge che negli anni ’90 ha inteso incentivare il trasporto combinato, ma per promuovere un metodo di movimentazione merci che inizi a vedere il trasporto su ferro quale nuovo protagonista del sistema logistico nazionale. La prassi più consolidata, da Rivalta Scrivia al Sito di Torino, da Trento, Verona, Padova e Bologna mostra che il trasporto su ferro (tradizionale o come parte del trasporto multimodale) potrebbe consentire, a determinate condizioni, tempi di consegna rapidi, sicuri, efficienti. È dunque in questa prospettiva che occorre portare a completamento il più presto possibile – magari con uno sforzo ulteriore rispetto a quanto fatto finora e con maggiore pragmatismo – gli interporti ancora non operativi e gli investimenti per l’ampliamento ed il rafforzamento di quelli esistenti, ponendosi l’obiettivo di far crescere consistentemente la quota di merci in transito presso gli interporti italiani (oggi stimata al 4,4% del totale movimentato in 11 Italia), e far crescere soprattutto la quota di trasporto con modalità combinata. Oltre ad essere un sistema in divenire, l’insieme degli interporti italiani lascia emergere, oggi più che nel passato, un alto grado di capacità relazionale ovvero di propensione ad interloquire in primo luogo con i principali porti commerciali e con i grandi operatori delle reti, a cominciare da Rfi, determinante per il corretto funzionamento dei terminal, molti dei quali in fase di ampliamento. Inoltre, l’idea di fare di alcuni interporti delle strutture logistiche “lato terra” funzionalmente legate ai porti inizia a prendere sempre più concretezza. A questo mirano in particolare strutture come quella di Rivalta Scrivia, di Novara, di Prato, di Livorno, di Nola e di Marcianise, cui si darà conto più avanti. Qui vale sottolineare che l’istituzione di treni navetta tra porto e interporto, con cadenza regolare, rappresenta uno degli elementi interessanti di un sistema logistico italiano collaborativo, ovvero fondato su una reale integrazione dei propri nodi. Certo, ancora molto resta da fare: a cominciare dai miglioramenti sulla rete ferroviaria, fino a giungere alla rapida realizzazione dei sistemi di innesto di alcuni interporti con la rete autostradale o alla semplificazione di alcune procedure burocratiche, legate ad esempio al rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale o all’approvazione, da parte degli organi pubblici competenti, degli strumenti di pianificazione urbanistica. Il sistema appare infine molto polarizzato tra strutture in fase di sviluppo ed altre che si muovono in uno scenario piuttosto incerto. Ma più di tutte resta piuttosto marcata la differenza tra strutture interportuali operanti nelle regioni settentrionali e quelle del Mezzogiorno. Parlare di differenze territoriali nel 2008, in un sistema fatto di mercati interconnessi e di flussi di merci sempre più intensi che attraversano anche il nostro Paese, sembra ormai paradossale; i fatti tuttavia mostrano come un elemento altamente discriminante, capace di determinare l’alta o bassa probabilità di successo di un interporto, sia la collocazione geografica e la densità del tessuto di imprese che operano in prossimità dell’interporto stesso. Non è un caso che gli interporti del Nord-Est e a seguire quelli del Nord-Ovest, con alcune strutture del Centro, come Prato in particolare, siano cresciute rapidamente, grazie ad un “aggancio” con i sistemi produttivi locali che, come è facile immaginare, diventano terreno fertile per lo sviluppo di piattaforme logistiche complesse. Gli interporti di Bologna, di Padova, di Verona e di Trento operano intensamente lungo la direttrice del Brennero in connessione con il Northern Range (Anversa, Ostenda, Rotterdam), ma nel contempo accolgono al loro interno magazzini e talvolta anche strutture di prima lavorazione (ad esempio: assemblaggio e packaging) di prodotti di aziende manifatturiere locali. Rivalta Scrivia funge da tempo da 12 piattaforma di smistamento merci per vaste porzioni delle filiere alimentari dell’Alessandrino e del Cuneese; Torino offre servizi logistici dedicati al sistema produttivo dell’automotive, Parma offre sistemi di magazzinaggio per il secco ed il refrigerato al servizio della filiera agro-alimentare locale, Prato si va specializzando con un’offerta di servizi logistici dedicati al Sistema Moda, che trova nel distretto industriale locale un punto di riferimento essenziale. Più ci si sposta verso Sud meno dinamico appare il sistema degli interporti, quasi proporzionalmente al diradarsi del tessuto produttivo. Se Nola e Marcianise, in Campania, registrano livelli di movimentazione superiori al milione di tonnellate all’anno, altri come Pescara e Bari presentano ancora una transito merci piuttosto contenuto. Ciò che si riesce a dedurre dai dati disponibili è che gli interporti hanno ragion d’essere lì dove sussiste un certo livello di movimentazione merci; ed è viceversa difficile immaginare che essi siano in grado di stimolare sviluppo economico a prescindere dal tessuto produttivo in cui si innestano e, ancora più, a prescindere dall’esistenza o meno di una solida struttura d’impresa. 1.4.Forze e debolezze Come più volte sottolineato l’interportualità italiana presenta indubbi elementi positivi ma anche alcune criticità. Di seguito si tenta una ulteriore schematizzazione. L’intensa progettualità in atto, finalizzata all’ampliamento degli spazi disponibili, allo sviluppo di piattaforme logistiche complesse e all’intensificazione e ottimizzazione della movimentazione di merci anche grazie ad accordi con altri nodi della rete logistica nazionale appaiono indicatori sufficienti di una spinta alla crescita cui si sta cercando di dare luogo attraverso strategie caratterizzate da un discreto livello di propositività. Gran parte delle strutture del Nord, alcune di quelle collocate nel Centro Italia e nel Mezzogiorno si caratterizzano per un modello originale di sviluppo, nel senso che ciascuna di esse tenta la strada della specializzazione a sostegno di specifiche filiere produttive, oltre che la strada del miglioramento continuo dei servizi di logistica, anche tramite l’utilizzo ed il rinnovamento delle tecnologie disponibili sul mercato. Non mancano tuttavia alcune criticità e minacce allo sviluppo futuro. Un primo elemento di rilievo è rappresentato dal periodo estremamente lungo che è intercorso per quasi tutti gli interporti tra la fase di approvazione del progetto esecutivo e la sua realizzazione. Spesso sono stati superati i 10 anni e ciò appare ancora più evidente per gli interporti oggi in fase di com13 pletamento o di avvio. Progettazioni che affondano le proprie radici molto indietro nel tempo rischiano di rendere obsolete strutture complesse come gli interporti, oggi costretti ad operare in un mercato della logistica in profonda evoluzione. In sostanza, l’eccessivo lasso temporale che intercorre tra la progettazione di un’opera e la sua messa in funzione rischia di fare nascere già vecchie tali strutture. Paesi a noi vicini, come la Spagna e la Francia costituiscono dal punto di vista della competizione nel campo della logistica dei casi di scuola; tali Paesi sono stati in grado di modernizzare i propri nodi logistici o crearne di nuovi in tempi record e forse anche con un minore dispendio di risorse finanziarie rispetto a ciò che è accaduto in Italia. Esistono tuttavia delle motivazioni profonde che spiegano la lentezza con cui il sistema interportuale si è sviluppato in Italia; motivazioni che sono anche e soprattutto da ricercare nei rapporti tra i soggetti realizzatori delle strutture interportuali e la farraginosità delle procedure burocratiche imposte dalla normativa in materia di urbanistica, edificabilità, sicurezza e di impatto ambientale. In alcuni casi il lasso di tempo che è stato necessario affinché gli organi pubblici competenti rilasciassero la Valutazione di Impatto Ambientale o effettuassero i collaudi sulle strutture realizzate ha superato i 5 anni. In linea generale e come si avrà modo di verificare più approfonditamente nei capitoli successivi, alcune procedure si sono rivelate marcatamente critiche, in particolare: - quelle relative al rilascio di autorizzazioni da parte delle Amministrazioni locali (in particolare autorizzazione alla destinazione d’uso dell’area e degli immobili); - quelle relative al rilascio di attestazioni sul rispetto di norme di sicurezza e dell’ambiente; - quelle legate alle procedure d’esproprio; - quelle legate alla pianificazione urbanistica. Altri aspetti mettono in evidenza alcuni scompensi che andrebbero progressivamente corretti. La rilevazione effettuate su 24 strutture operative o in fase di avvio, di cui si darà conto nel dettaglio nelle pagine che seguono, consente un check-up abbastanza approfondito degli elementi di debolezza che persistono in alcune strutture. Se generalmente il raccordo con il sistema viario non presenta evidenti criticità, più delicato sembra essere il dialogo con Rfi, non sempre lineare, relativo alle modalità di gestione dei terminal ferroviari (talvolta sottoutilizzati), alla disponibilità di personale per l’utilizzo dei locomotori, all’utilizzo della rete, alla definizione di tariffe e manovre. Il raccordo con la struttura ferroviaria rappresenta inoltre un problema in sospeso ancora per gli interporti di Bari e di Venezia. 14 In particolare, esiste l’esigenza di arrivare ad un maggior coordinamento tra i differenti protagonisti delle reti e dei nodi infrastrutturali in Italia. Ci si riferisce, nello specifico, al caso del Gruppo Ferrovie dello Stato, la cui programmazione è spesso autonoma e differente rispetto a quella nazionale riguardante le infrastrutture. La conseguenza, in diversi territori, è una minore efficienza complessiva del sistema, arrivando addirittura a produrre strutture che rischiano di entrare in sovrapposizione tra loro. Per una migliore utilizzazione delle risorse pubbliche sarebbe opportuno pertanto un maggior coordinamento tra i diversi soggetti (ferrovie, ma anche porti, aeroporti e autostrade), compito che dovrebbe essere affidato in primis al Ministero dei Trasporti. Molti passi avanti sono stati fatti ed a progetti importanti si dovrà dare luogo nel più breve tempo possibile, come nel caso del riadeguamento della linea ferroviaria tra Parma e La Spezia (c.d. Pontremolese) al fine di connettere più rapidamente l’Interporto Cepim con il porto ligure, o la creazione della connessione tra l’interporto di Livorno a la linea ad alta velocità, così come potrà essere d’aiuto l’intensificazione dei treni-navetta tra alcuni interporti (ad esempio: Rivalta Scrivia, Prato, Nola, Marcianise) con alcuni porti, sulla scia delle esperienze già da tempo consolidate come quelle degli interporti di Bologna, di Padova, di Verona e di Trento, che sono stati capaci di creare stabili sistemi di connessione a lungo raggio con alcune aree del Paese. Inoltre, se da un lato appare positivo il livello di integrazione tra i nodi interportuali e altri terminal intermodali, non mancano situazioni problematiche in cui la proliferazione di strutture analoghe possono forse portare ad una dispersione e frammentazione che rischia di compromettere lo sforzo di razionalizzare e ottimizzare il sistema logistico italiano. In una fase di accentuata razionalizzazione e taglio delle risorse pubbliche, pur necessarie alla modernizzazione e crescita dell’offerta di strutture per la logistica, sarebbe opportuno puntare in primis sugli interporti esistenti, quelli attivati e sostenuti in passato dall’apposita legge sull’intermodalità 240/90, fino ad arrivare ad un sistema in cui si aggiungano ai 18 oggi operativi gli 11 in fase di completamento. Le piastre logistiche e strutture intermodali non qualificabili come interporti, in previsione soprattutto nel Centro Italia ed al Sud, pur rilevanti, rischiano per ora di attivare delle duplicazioni di cui non sempre le aree produttive del Paese necessitano. Sarebbe pertanto opportuno scoraggiare la proliferazione di tali strutture e concentrare eventuali investimenti ed incentivi agli interporti ex. L. 240/90. Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dalle relazioni che sussistono tra interporto e tessuto produttivo circostante. La prassi oggi mostra che a situazioni di forte affiatamento tra le due entità, come nel caso di Rivalta Scrivia, di Torino, di Bologna, di Verona e di Trento, corri15 spondono situazioni non certamente ad alta criticità ma sulle quali è opportuno continuare a lavorare. Agli interporti di recente istituzione come Prato, Cervignano del Friuli, Marcianise, Pescara e Rovigo può giovare l’ulteriore promozione dell’offerta di soluzioni intermodali. Infine, sebbene il livello di intermodalità praticata dagli interporti si attesta su livelli consistenti, pari al 37% del totale movimentato, vale la pena di incentivare ulteriormente tale funzionalità, che può contribuire al decongestionamento di alcuni assi viari, specie al Nord, in prossimità di aree produttive o di aree portuali di grandi dimensioni (si pensi a quella di Genova, La Spezia e Napoli), oltre a rendere più efficiente il sistema dei trasporti con la realizzazione di economie di scala, la velocizzazione dei transiti e, non ultimo, un impatto ambientale meno invasivo di quanto non accada attualmente. Auspicabile è infine il rafforzamento delle sinergie del cluster terra-mare. Porti ed interporti dovrebbero sviluppare un ruolo di comprimari nella costituzione di una rete logistica integrata che consenta di ottimizzare i flussi di merci, di ottimizzare l’uso degli spazi disponibili con una complessiva maggiore efficienza operativa che potrebbe contenere i costi legati alla logistica. Certo molto dipende non solo da due attori, ovvero i porti e gli interporti, ma anche dai grandi gestori delle reti a cominciare da Rfi. Sebbene alcuni passi in avanti siano stati fatti per costruire un vero cluster terra-mare, ad oggi 9 dei 18 interporti operativi ritengono che l’intensificazione dei rapporti con il sistema marittimo, e portuale in particolare, sia una priorità assoluta. 1.5.Per una politica lineare Un sistema in divenire come quello costituito dagli interporti – in cui ancora alcuni aspetti critici sono presenti e che è sottoposto a forti stimoli determinati dal mercato – dovrebbe porsi pochi essenziali obiettivi di crescita. Nel definire le priorità occorrerebbe, peraltro, fare affidamento e partire dalla valorizzazione delle prassi positive attivatesi negli ultimi anni. Il sistema interportuale oggi potrebbe e dovrebbe concentrarsi sui seguenti obiettivi: a) dare forma completa al sistema a rete; b) proseguire nel processo di investimento per la modernizzazione continua delle strutture che già oggi si confrontano con il mercato e per quelle che a breve diverranno operative; c) adottare appieno il metodo del dialogo con altri attori del sistema logistico nazionale, sì da dare ulteriore sostanza al cluster-terra mare e ad una partecipazione ancora più chiara al sistema logistico nazionale; 16 d) incentivare un reale sistema intelligente, con tecnologie Ict, che metta in rete tutte le strutture interportuali, nessuna esclusa. Occorre accelerare il completamento degli interporti ancora in fase di realizzazione. Un Paese come l’Italia che intende, spesso con inutile tono retorico, candidarsi ad essere piattaforma di interscambi nel Mediterraneo e, ancora di più, competere con i sistemi portuali del Nord Europa, non può permettersi di impiegare decenni per il completamento di strutture votate all’intermodalità ed all’offerta di servizi logistici avanzati. Gran parte degli interporti in fase di realizzazione è peraltro collocata nel Mezzogiorno, dove andrebbe ridefinita la mappa dei flussi di merci e valutata la reale utilità di strutture incardinate in territori non particolarmente ricchi di imprese o dove è difficile che l’intermodalità possa avere un senso. La capacità di investimento, per la manutenzione ed il miglioramento continuo delle strutture, oltre che per l’acquisizione di nuove tecnologie connesse alla logistica resta un must per tutti gli interporti. In questo contesto assume valore strategico il supporto finanziario pubblico che, nella larga maggioranza dei casi, sembra essere stato utilizzato appropriatamente generando effetti moltiplicativi di non poco conto. L’intervento pubblico, attivato in modo piuttosto consistente soprattutto a partire dal 1992, e che ha ad oggi consentito flussi per 310 milioni di euro, (che dovrebbero avvicinarsi ai 500 milioni di euro intorno al 2010) ha, nella grande maggioranza delle 24 strutture che ne hanno beneficiato, generato un effetto volano. Come si avrà modo di constatare nel capitolo 4, la realizzazione o il completamento di numerosi terminal ferroviari, molte opere di ristrutturazione, la realizzazione di magazzini, opere idrauliche e stradali interne alle strutture interportuali sono state spesso realizzate anche grazie ai finanziamenti previsti dalla legge 240/40, talvolta in sinergia con altre fonti di finanziamento pubbliche. La comparazione tra gli investimenti realizzati nel periodo 1992-2007 e gli incassi delle rate previsti dalle fonti pubbliche mette in evidenza come ad oggi 1 euro di contributo statale abbia generato 3,4 euro di investimento realizzato. Ciò vale in sostanza per un primo gruppo di interporti che hanno usufruito di finanziamenti pubblici in un periodo lungo di tempo a partire dal 1992. Per un secondo raggruppamento di interporti che ha iniziato ad usufruire di finanziamenti pubblici a partire dal 2002, l’effetto positivo dell’intervento statale è egualmente evidente e testimoniato dalla marcata accelerazione degli investimenti nel periodo successivo alla stipula della convenzione, rispetto ai cinque anni precedenti. Partendo dunque da esperienze positive, in cui il sostegno finanziario pubblico ha avuto un senso compiuto, occorre oggi capire quale strada intra17 prendere. In presenza di una inevitabile e, soprattutto, auspicabile decisiva razionalizzazione della spesa pubblica, il sistema degli interporti deve ambire ad un affinamento delle politiche di sostegno, ad una sorta di fine tuning delle politiche a suo favore, e garantirsi pochi mirati incentivi che consentano di innescare una nuova propensione agli investimenti e la messa a regime dell’intero sistema. Per ciò che concerne il terzo dei punti sopra richiamati, vale solo la pena di sottolineare che gli interporti sono nodi di una rete complessa: quella della logistica. Essi dunque non possono esistere senza una reale connessione con le altre parti di tale sistema. Da tempo e per primi molti interporti hanno cercato il dialogo, specie con il sistema portuale italiano attraverso accordi che permettessero ai primi di essere funzionalmente integrati ai porti per la gestione merci “lato terra”. I primi segnali che confermano la costruzione progressiva di un cluster terra-mare sono oggi evidenti. Molti interporti hanno ormai collegamenti regolari con strutture portuali vicine e lontane. È un primo passo rispetto alle potenzialità effettive che il sistema logistico può offrire, ma la strada giusta è stata imboccata e su di essa occorrerà ancora lavorare. Ultimo, non certamente per importanza, è l’obiettivo di realizzare un vero sistema a rete sfruttando le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni oggi a disposizione. Paradossalmente l’insieme degli interporti si presenta solo parzialmente come sistema integrato al proprio interno. La raccolta dei dati essenziali sulla movimentazione di merci il più delle volte non è confrontabile tra una struttura e l’altra poiché ciascuna utilizza un proprio codice di lavoro, di immagazzinamento e di elaborazione dei dati. Occorre fare della rete interportuale una struttura dialogante, capace di esprimersi in un linguaggio comune e facilmente comprensibile, che consentirà economie di scala, ottimizzazione dei flussi e reale integrazione tra nodi logistici di una medesima rete. Uirnet, il sistema promosso da Uir, si muove lungo questo percorso assai complesso, verso il quale occorre non abbassare il livello di attenzione, ma anzi accelerare processi e mezzi per renderlo reale. 18 2. Una visione dinamica della rete interportuale Il sistema interportuale è attraversato, al proprio interno, da notevoli differenze; risulta pertanto complesso procedere ad una analisi d’insieme, che richiede molteplici precauzioni. Troppo poco omogenee sono le caratteristiche dei singoli interporti, la loro storia, l’origine e lo stadio d’avanzamento dei progetti, oltre al ruolo che assolvono nei territori in cui sono ubicati. La pluralità di situazioni dipende in primo luogo dalle naturali specializzazioni che contraddistinguono un Paese complesso quale l’Italia, in cui poli produttivi, aree a forte incidenza dei consumi e corridoi di transito delle merci incidono notevolmente sull’importanza e sul senso di tali nodi logistici, la cui funzione va ben al di là del puro intercambio modale. Simili elementi e le dinamiche innescate a livello locale saranno oggetto di approfondimento nel terzo capitolo dello studio. Prima di procedere ad un’analisi che raggiunga un tale livello di dettaglio, è tuttavia utile offrire una visione complessiva che dia la misura di quanto il sistema si stia evolvendo, superando difficoltà e lentezze iniziali per acquisire un ruolo sempre più importante all’interno del panorama logistico nazionale. Grazie ad un questionario d’indagine che ha permesso di rilevare dati descrittivi e percorsi di sviluppo di 24 strutture interportuali, attive o in corso di realizzazione, è possibile cogliere gli elementi fondanti di un sistema che sta attraversando, al contempo: - una fase di crescita, intesa sia in termini di dimensione fisica (spazi destinati all’intermodalità o ai magazzini) che, soprattutto, economica (tutti gli interporti attivi hanno registrato, negli ultimi anni, un notevole incremento tanto della quantità di merci movimentate quanto del fatturato); . Dei 29 interporti oggetto d’indagine, non sono disponibili dati quantitativi rilevanti per 5 strutture ancora in una fase embrionale. Si tratta degli interporti di Tito, Termoli, Bergamo, Salerno e Roma est. Altri 6 interporti (Jesi, Orte, Frosinone, Gioia Tauro, Catania e Cerignola), pur avendo risposto al questionario, non sono ancora operativi e pertanto le indicazioni emerse saranno esaminate in maniera distinta da quelle dei 18 già operativi. L’operatività degli interporti di Livorno e Bari è per il momento soltanto parziale. 19 - una fase di consolidamento, lavorando per potenziare la propria offerta di servizi e per risolvere alcune debolezze o inefficienze che ne ostacolano la piena operatività. 2.1.L’offerta organica di servizi per gli operatori logistici e per le imprese manifatturiere Obiettivo principale, anche se non esclusivo, degli interporti è promuovere l’intermodalità. Per conseguire tale scopo, le strutture interportuali sono chiamate ad offrire alle imprese della logistica un reale valore aggiunto che le incentivi ad utilizzare soluzioni di trasporto combinato. Non sarebbe infatti sufficiente limitarsi a fornire i servizi minimi previsti dal legislatore, ossia gli impianti di base, le sedi per gli operatori del trasporto e della logistica e le aree dedicate alla sosta e alla mobilità dei veicoli stradali e ferroviari. Pertanto, tutti i nodi hanno cercato di sviluppare una vasta gamma di servizi che permetta loro di raggiungere una maggiore competitività, acquisendo in molti casi un elevato livello di specializzazione dell’offerta. Oltre a disporre, com’è ovvio, di un terminal intermodale, di uffici amministrativi, di servizi di vigilanza dell’area e di sistemi informatici con connessione a banda larga, gli interporti strutturano la propria offerta intorno a tre cardini, avendo quali destinatari merci, mezzi e persone (fig. 2.1): - i servizi rivolti alle merci costituiscono la principale espressione di un’interportualità che non è soltanto scambio modale. Gli interporti forniscono agli operatori la possibilità di effettuare al proprio interno tutte le operazioni doganali, consentono di realizzare operazioni di logistica (talvolta con uno spiccato carattere innovativo) e talvolta semplici processi di prima lavorazione; - con riferimento ai mezzi, i servizi offerti dagli interporti vanno da quelli più generici (all’interno delle strutture sono spesso presenti distributori di carburante o servizi di pulizia e lavaggio) ai più sofisticati, come officine per la riparazione dei veicoli o la possibilità di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container; - per quanto riguarda le persone, gli interporti offrono agli operatori servizi commerciali, ristorazione, sportelli bancari e postali e spesso anche la possibilità di dormire, oltre a docce e servizi igienici. . Deliberazione Cipet del 7 aprile 1993, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 1993, che definisce le caratteristiche tecniche che il vigente contesto normativo individua ai fini della definizione di interporto di rilevanza nazionale. 20 Fig. 2.1 - Servizi offerti dalle strutture interportuali (v.a.) Dogana 15 Strutture per la refrigerazione 13 Packaging 13 Logistica in ingresso 13 Bar e servizi di ristorazione 13 Warehousing 5 8 10 2 1 13 1 10 4 0 2 12 7 Logistica urbana 1 11 10 Ricondizionamento container 2 10 11 Officine e lavaggio mezzi 3 9 12 Logistica in uscita 4 7 17 4 6 8 3 10 12 14 16 Numero di interporti Presenti Previsti 18 20 22 24 Assenti Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 Più la gamma dei servizi offerti è vasta, maggiori sono le capacità attrattive dell’interporto. Se tutti sono attrezzati o si stanno preparando per fornire ai trasportatori un elevato livello di comfort, maggiori differenze si hanno con riferimento ai servizi di pronto intervento per la riparazione dei mezzi. Soltanto 7 strutture sono in grado di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container (Bologna, Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma e Rivalta Scrivia), e oltre a loro poche altre hanno la possibilità di intervenire sui veicoli (Torino, Vado Ligure, Verona, Trento e Prato). Quelli relativi ai mezzi e alle persone sono comunque servizi accessori, mentre la reale differenza nella creazione di valore aggiunto è data dall’opportunità di manipolare le merci e trattarne le diverse fasi della logistica, non limitandosi alle operazioni di carico e scarico. In quest’ambito emergono le più significative particolarità dei singoli interporti, che in un costante percorso di confronto e relazione con le esigenze delle imprese e con le peculiarità 21 dei territori in cui operano hanno sviluppato un’offerta specifica di servizi. In grado di offrire una completa offerta di logistica industriale sono, attualmente, 11 nodi. Per i restanti, la situazione è la seguente: - a Novara è possibile svolgere soltanto operazioni di packaging (imballaggio e confezionamento) e di warehousing (posizionamento, pianificazione del fabbisogno, picking, gestione bolle e gestione resi). L’interporto sta attualmente ampliando la propria struttura, aumentando la disponibilità di magazzini, e prevede di dotarsi anche delle funzioni di logistica in entrata e in uscita; - nell’interporto di Livorno sono svolte operazioni di packaging e si prevede di introdurre a breve quelle legate alla logistica in entrata e in uscita oltre che attivare servizi di city logistics. Assenti, invece, servizi di warehousing; - l’interporto di Marcianise al momento limita la propria attività di logistica industriale alla sola logistica in entrata (identificazione della merce e controllo di qualità); - per quanto riguarda i restanti interporti attivi, quelli di Prato, Bari e Pescara non offrono ancora servizi di trattamento e gestione delle merci. La maggioranza degli interporti attivi è dotata di celle frigorifere o altre strutture per la refrigerazione. Si tratta di un servizio costoso, ma molto richiesto dalle aziende che trattano prodotti freschi o surgelati ed in un Paese in cui la filiera agro-alimentare mantiene un ruolo significativo la loro disponibilità rappresenta un importante fattore di competitività. Gli unici interporti che, per tipologia di merci trattate, hanno scelto di non sostenere, almeno in un imminente futuro, il costo di tali strutture sono quelli di Jesi (che in questo senso adotterà una strategia di specializzazione merceologica nell’area centro-adriatica, dove tali servizi sono già offerti dall’interporto abruzzese), di Cervignano e di Rovigo. Il più diffuso, tra i servizi logistici disponibili presso gli interporti, consiste nella possibilità di svolgere al proprio interno le operazioni doganali per le merci. Soltanto Novara tra quelli attivi e Jesi e Cerignola tra quelli . Gli 11 interporti al cui interno vengono svolte tutte le fasi della logistica industriale sono quelli di Bologna, Nola, Padova, Parma, Rivalta Scrivia, Rovigo, Torino, Trento, Vado Ligure, Venezia e Verona. . I 13 interporti dotati di strutture disponibili per la refrigerazione delle merci sono quelli di Bari, Bologna, Livorno, Nola, Padova, Parma, Pescara, Rivalta Scrivia, Torino, Trento, Vado Ligure, Venezia e Verona. . Dispongono di un Ufficio delle Dogane i 14 interporti di Bologna, Livorno, Marcianise, Nola, Padova, Parma, Prato, Rivalta Scrivia, Rovigo, Torino, Trento, Vado Ligure, Venezia e Verona. 22 in via di realizzazione non prevedono di dotarsi a breve di un Ufficio delle Dogane. Uno dei servizi innovativi di maggior interesse che vengono offerti dagli interporti italiani è legato alla gestione della logistica urbana. Attualmente praticata in 4 realtà e presa in considerazione da altre 17, la city logistics trova la sua più compiuta espressione nel Comune di Padova. Il Cityporto di Padova ha iniziato le sue attività il 21 aprile 2004, coinvolgendo nel progetto direttamente (su base volontaria) gli operatori insediati all’interno dell’interporto, che attraverso tale piattaforma logistica è in grado di fornire un supporto tecnologico e organizzativo con garanzie di neutralità. Punto di partenza condiviso è l’esigenza di affrontare la distribuzione urbana in modo nuovo, mirando ad una razionalizzazione del servizio di consegna delle merci in ambito cittadino raggruppando le consegne dei diversi operatori commerciali ed effettuandole mediante l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale (elettrici, a metano o a tecnologie ibride). 2.2.Imprese e dinamismo occupazionale all’interno degli interporti All’interno dei 17 interporti al momento in attività sono operative complessivamente 1.021 unità locali di imprese. Si tratta, in prevalenza, di operatori della logistica (spedizionieri, corrieri): sono 707 le unità locali di aziende del settore attive nelle aree interportuali, pari al 69,2% del totale di quelle insediate. Rilevante è poi il numero di imprese erogatrici di servizi, così ripartite: - 223 (il 21,8% del totale) svolgono essenzialmente operazioni di manipolazione delle merci (ad esempio: imballaggio prodotti, confezionamento, attività di trasformazione), senza occuparsi della loro movimentazione; - 65 (il 6,4%) per quanto riguarda le persone; - 26 (il 2,5%) per quanto riguarda i mezzi. Assieme alla quantità e al valore delle merci movimentate e alla disponibilità di magazzini, il numero delle aziende attive all’interno di un interporto e l’apporto occupazionale che tali strutture sono in grado di generare costituiscono i più significativi indicatori della dimensione economica e del ruolo che simili nodi possono svolgere nel tessuto logistico nazionale. La concentra. Non si considera, nella presente sezione, l’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli in quanto la struttura, in fase di avvio, sta attualmente procedendo all’assegnazione degli spazi agli operatori. Oltre ai 14 addetti impiegati tra Società-Interporto e Società di Gestione, si stima che siano presenti nell’area 16 occupati della società Friulitrans e che l’indotto ammonti a circa 100 addetti. 23 zione di una pluralità di operatori in uno stesso luogo innesca infatti positivi processi di concorrenza che portano ad una maggiore efficienza complessiva del sistema e rappresentano la più sicura garanzia della piena operatività della struttura. Le sedi interportuali che ospitano il maggior numero di operatori logistici sono quelle di: Torino (160), Bologna (100), Verona (90), Padova (80) e Parma (80). Ad un livello intermedio si collocano invece le realtà di Prato, Trento e Nola, con circa 40 aziende ciascuna, mentre tutte le altre accolgono attualmente al proprio interno meno di 15 operatori logistici (tab. 2.1). Per quanto riguarda le 314 imprese erogatrici di servizi, il loro numero è significativo (superiore alle 10 unità) nei soli 5 interporti di Nola (108), Torino (63), Padova (45), Verona (30) e Trento (30). Molto particolare è il caso di Nola: l’Interporto Campano rappresenta l’unico esempio di interporto in cui quasi il 70% delle aziende presenti non è costituito da operatori della logistica, ma piuttosto da imprese che operano nel campo dei confezionamento e della manipolazione delle merci. Tale peculiarità deriva dalla sua origine, legata al Cis (Centro Ingrosso Sviluppo) di Nola, uno dei poli distributivi tra i più importanti del Paese. Nel complesso, data la situazione attuale, il 90% delle 1.021 unità locali si colloca all’interno di 8 interporti soltanto: è, questo, un dato significativo che sta ad indicare le potenzialità di crescita di un sistema non ancora a regime ma che già oggi impiega, al proprio interno, più di 19.500 addetti (tab. 2.2): 18.384 sono stimati operare per conto delle aziende insediate all’interno dell’area interportuale, mentre 1.200 lavorano direttamente per le diverse società interportuali e/o per le società di gestione. Si tratta di personale amministrativo, funzionario o dirigenziale operante per l’interporto o presso le imprese che vi sono presenti oppure di forza lavoro addetta alla gestione dei magazzini, alla movimentazione delle merci, al controllo del traffico ferroviario interno, alle operazioni doganali oppure ai diversi servizi offerti a merci, mezzi e persone. Non vengono considerati, invece, i cosiddetti “padroncini” che prestano la propria opera per spedizionieri ed operatori della logistica, venendo conteggiati all’interno dell’indotto. Considerando, da un punto di vista prettamente funzionale, i singoli interporti e le aziende che vi sono insediate come se fossero un’unica entità, 8 sono le strutture al cui interno è impiegata una manodopera superiore alle 900 unità. Si tratta delle realtà di Verona, Nola, Torino, Parma, Marcianise, Bo. Non sono disponibili dati diretti relativi agli addetti delle aziende insediate all’interno degli interporti di Nola e di Livorno. Secondo uno studio Databank 2006 gli occupati presenti nelle due aree sarebbero rispettivamente 3.500 e 100. 24 Tab. 2.1 - Unità locali delle aziende presenti nei singoli interporti (dati in valore assoluto) (*) Operatori logistici Interporto di Val Pescara Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Rovigo Interporto di Livorno Interporto di Vado Ligure Interporto di Bari Interporto di Venezia Interporto di Marcianise Interporto di Novara Interporto di Prato Interbrennero - Trento Interporto di Parma Interporto di Bologna Interporto di Verona Interporto di Padova Interporto di Nola Interporto di Torino Totale imprese 3 2 5 11 7 10 5 16 14 45 43 80 100 90 80 38 160 Imprese di manipolazione delle merci 1 1 1 3 2 0 4 0 1 0 16 5 0 20 30 102 40 707 223 Imprese servizi persone 0 2 1 0 1 0 2 0 2 1 12 2 2 5 10 5 20 65 Imprese servizi mezzi 0 1 0 1 0 0 0 0 3 3 2 0 2 5 5 1 3 26 Totale imprese 4 6 7 15 10 10 11 16 20 49 73 87 104 120 125 146 223 1.021 (*) Non sono disponibili i dati relativi al numero di imprese operanti all’interno dell’Interporto di Cervignano poiché, essendo la struttura in fase di avvio, è attualmente in corso l’assegnazione degli spazi agli operatori. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 logna, Padova, Trento e Prato. Significativa è inoltre l’occupazione generata dagli interporti di Venezia (303 addetti) e di Rivalta Scrivia (595). A Rivalta Scrivia si segnala in particolare la presenza di 525 persone, membri di una cooperativa, direttamente impiegate dalla società di gestione per lo svolgimento delle attività logistiche. A Venezia l’importanza occupazionale dell’interporto è evidente fin dalla sua origine, quando una cordata di imprenditori ha rilevato i terreni dell’ex azienda siderurgica Alesuisse e tutti i dipendenti messi in mobilità, riconvertendoli dalla metalmeccanica alla logistica. Con riferimento esclusivamente ai 18.384 addetti stimati per le 1.021 società insediate presso gli interporti, è possibile sviluppare una riflessione anche in merito all’importanza che tali strutture svolgono in quanto stimolo al consolidamento e ad una maggiore efficienza del comparto. Le attività logistiche hanno mediamente una dimensione superiore rispetto al resto del sistema 25 Tab. 2.2 - Addetti operanti presso i singoli interporti (dati in valore assoluto) Soggetto attuatore e/o società di gestione Interporto di Val Pescara Interporto di Vado Ligure Interporto di Novara Interporto di Livorno Interporto di Bari Interporto di Rovigo Interporto di Venezia Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Prato Interbrennero - Trento Interporto di Padova Interporto di Bologna Interporto di Parma Interporto di Marcianise Interporto di Torino Interporto di Nola Interporto di Verona Totale addetti Operatori insediati 3 25 60 5 9 16 103 525 (**) 6 38 72 15 21 140 23 60 78 1.199 6 35 40 100 (*) 100 94 200 70 900 1.109 1.300 1.400 1.530 1.500 2.000 3.500 (*) 4.500 18.384 Indotto Totale addetti (escluso indotto) 10 60 250 n.d. n.d. 220 n.d. 1.000 1.800 n.d. 3.200 2.500 n.d. 1.600 4.000 n.d. 6.000 9 60 100 105 109 110 303 595 906 1.147 1.372 1.415 1.551 1.640 2.023 3.560 4.578 20.640 19.583 (*) Stime Databank 2006 (**) Si fa riferimento non soltanto ai dipendenti dell’Interporto di Rivalta Scrivia, ma anche al personale di una cooperativa che lavora stabilmente all’interno dell’area per conto della società interportuale. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 d’impresa: l’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’Istat stima in 12,3 addetti per azienda la media delle attività ausiliarie e di supporto dei trasporti (a fronte di una media pari a 7,7 per il totale delle attività di trasporto, magazzinaggio e comunicazione ed una media complessiva per il sistema d’imprese nazionale di 3,8 addetti). All’interno degli interporti, la dimensione media delle unità locali insediate è invece di 18 addetti per ognuna e soltanto in un numero molto limitato di casi si raggiunge un valore notevolmente inferiore alla media (tab. 2.3): Novara, che con soltanto 28.000 m² di magazzini attualmente funzionanti limita per il momento la propria azione in prevalenza al puro intercambio modale; Val Pescara, che ancora non è pienamente operativo; Vado Ligure, che è una realtà di dimensioni relativamente contenute e che punta su un’elevata meccanizzazione delle procedure. 26 Tab. 2.3 - D imensione media delle unità locali operanti all’interno del sistema inter portuale (*) Totale imprese Interporto di Val Pescara Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Rovigo Interporto di Livorno Interporto di Vado Ligure Interporto di Bari Interporto di Venezia Interporto di Marcianise Interporto di Novara Interporto di Prato Interbrennero - Trento Interporto di Parma Interporto di Bologna Interporto di Verona Interporto di Padova Interporto di Nola Interporto di Torino Totale imprese Totale imprese (escluso Nola) Totale addetti Media di addetti per impresa 4 6 7 15 10 10 11 16 20 49 73 87 104 120 125 146 223 6 70 94 100 35 100 200 1.500 40 900 1.109 1.530 1.400 4.500 1.300 3.500 2.000 1,5 11,7 13,4 10,0 3,5 10,0 18,2 93,8 2,0 18,4 15,2 17,6 13,5 37,5 10,4 24,0 9,0 1.021 875 18.384 14.884 18,0 17,0 (*) Non sono disponibili i dati relativi al numero di imprese operanti all’interno dell’Interporto di Cervignano poiché, essendo la struttura in fase di avvio, è attualmente in corso l’assegnazione degli spazi agli operatori. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 In sintesi, le unità locali operanti all’interno degli interporti – mediamente di 18 addetti ciascuna – hanno una dimensione del 46,3% più elevata rispetto alla media delle aziende che svolgono attività ausiliarie e di supporto dei trasporti, pari a 12,3 addetti. Le considerazioni fin qui sviluppate sull’impatto occupazionale degli interporti non rilevano la forza lavoro che indirettamente, attraverso l’indotto, . Le stime qui riportate sono realizzate “come se” tutti gli addetti fossero impiegati nella logistica. Una simile approssimazione è possibile perché all’interno di tutti gli interporti attivi, con l’unica eccezione di Nola, la quasi totalità dei lavoratori è occupata in tale comparto. Se anche si escludesse dal conteggio l’Interporto di Nola la situazione non sarebbe molto differente: si avrebbero 14.884 addetti per 875 imprese, con una media di 17 addetti ciascuna: una dimensione, rispetto alla media del comparto, del 38,2% più elevata. 27 viene generata dal sistema interportuale. Se non è semplice avere sotto controllo il numero esatto degli addetti operanti presso le decine di imprese presenti negli interporti, ancora più complesso è monitorare l’indotto che viene generato attraverso i corrieri impiegati da spedizionieri o operatori logistici oltre che dalle imprese che alla prossimità di tali nodi ed ai servizi cui possono accedere acquisiscono maggiore potere competitivo. I dati sull’indotto mancano per gli interporti di Nola, Parma, Trento, Venezia, Livorno e Bari. Per i restanti, le stime fornite indicano una cifra che ammonta a circa 19.000 unità, di cui 18.300 nei soli 6 interporti di Verona (6.000), Torino (4.000), Padova (3.200), Bologna (2.500), Marcianise (1.600) e Rivalta Scrivia (1.000). Sulla base di simili stime, è possibile ipotizzare che – almeno nei 6 interporti per cui sono disponibili dati significativi – sul rapporto tra l’indotto generato ed il personale interno operi un effetto moltiplicatore pari a 1,57. Un effetto ancora maggiore sarebbe riscontrabile per gli interporti più piccoli in termini di addetti (Val Pescara, Vado Ligure, Rovigo e Novara), dove a 297 addetti complessivi interni alle quattro strutture fanno riscontro 540 addetti esterni (effetto moltiplicatore pari a 1,94). L’occupazione così generata, direttamente o indirettamente, dai 17 interporti che hanno fornito il dato ammonterebbe attualmente a oltre 40.200 unità: una quota che rappresenta almeno il 6,5% del totale degli addetti occupati nelle attività ausiliarie dei trasporti e nelle attività di trasporto terrestre complessivamente intese (ad esclusione di quelle espressamente dedicate al trasporto passeggeri). Se si esclude dal conteggio l’anomalia lombarda, dove non è presente alcuna struttura di questo tipo, il contributo degli interporti al totale dell’occupazione nel comparto della logistica e dei trasporti terrestri arriva all’8,1%. . I dati disponibili non consentono un maggior livello di dettaglio. I calcoli sono stati effettuati partendo dalle stime Asia per il 2005, che parlano di 346.695 addetti per le attività ausiliarie dei trasporti e le agenzie viaggi e di 555.844 addetti per il trasporto terrestre. Il numero degli addetti delle attività ausiliarie è stato depurato da quello delle agenzie viaggi, mentre quello degli addetti dei trasporti terrestri da quello delle attività espressamente dedicate al trasporto passeggeri, ipotizzando che la rispettiva incidenza percentuale sia rimasta la stessa rilevata tramite il censimento del 2001. Si ottengono così 229.891 addetti per le attività ausiliarie e 322.390 per quelle di trasporto terrestre, con un totale di 622.281 addetti. Analogo procedimento è stato utilizzato per scorporare il dato dagli addetti operanti in Lombardia, che all’epoca del censimento rappresentavano il 20% del totale. 28 2.3. Le potenzialità di crescita La rilevante importanza economica e occupazionale degli interporti, già in una fase di solo parziale operatività, è destinata a rafforzarsi ulteriormente con il prossimo sviluppo di un sistema che dimostra di avere ancora considerevoli margini di crescita. Basti pensare che nell’arco di due anni il numero di addetti operanti presso le società attive all’interno dei 14 interporti per cui sono disponibili dati completi è cresciuto del 21,2%, passando dalle 11.889 unità del 2005 alle 14.409 del 2007 (tab. 2.4). La spiegazione di simili tassi di crescita ha una duplice origine. Da un lato, è determinante l’attuale – e prevista – forte espansione degli impianti, sia in termini di superfici utilizzabili che di capacità di movimentazione delle merci. Dall’altro, l’offerta di servizi disponibili presso le aree interportuali sortisce un forte appeal per gli operatori del settore, che tendono a spostare all’interno di tali strutture la propria attività. I 18 interporti attualmente funzionanti, sia quelli emergenti sia i più consolidati, hanno concluso tutti il 2007 con un incremento tanto dei ricavi quanto del livello di merci movimentate rispetto al 2006: una crescita che gli intervi- Tab. 2.4 - Trend di crescita dell’occupazione generata dagli interporti negli ultimi tre anni Numero di addetti Interporto di Verona Interporto di Torino Interporto di Parma Interporto di Marcianise Interporto di Bologna Interporto di Padova Interbrennero - Trento Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Venezia Interporto di Bari Interporto di Rovigo Interporto di Novara Interporto di Vado Ligure Interporto di Val Pescara Totale 2005 2006 2007 Variazione percentuale 2007/2005 4.000 1.500 1.500 1.200 1.250 1.100 615 464 140 20 55 30 15 0 4.200 2.000 1.530 1.380 1.300 1.200 736 538 140 60 73 30 35 4 4.500 2.000 1.530 1.500 1.400 1.300 1.109 595 200 100 94 40 35 6 12,5 33,3 2,0 25,0 12,0 18,2 80,3 28,2 42,9 400,0 70,9 33,3 133,3 n.d. 11.889 Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 29 13.226 14.409 21,2 stati attribuiscono in massima parte alla qualità dei servizi e delle infrastrutture presenti all’interno del proprio interporto (fig. 2.2). Molti sono, ovviamente, gli interporti che riconoscono un’importanza fondamentale anche alla propria posizione geografica. In effetti, la gran parte dei centri esistenti sorge in aree interessate da un considerevole transito di merci, permettendo così all’interporto di assolvere la propria funzione di catalizzatore e razionalizzatore dei flussi, specialmente nei pressi di importanti poli produttivi o di consumo. Sempre maggiori sono inoltre le opportunità offerte dagli interporti che si collocano nelle vicinanze di porti marittimi o che comunque sono efficacemente collegati a tali nodi. I cambiamenti intercorsi nel sistema produttivo hanno incrementato lo scambio di merci via mare in misura tale da portare in molti casi ad una situazione di congestionamento delle aree portuali: diviene così cruciale, per la fluidità e la competitività del sistema, poter disporre di aree retroportuali facilmente raggiungibili e gli interporti possono assolvere proprio ad una simile funzione. Meno diffuso appare invece il contributo di una favorevole situazione congiunturale del mercato e delle attività economiche. Fig. 2.2 - Ragioni del positivo andamento dell’interporto nel 2007 (v.a.) Offerta interportuale 16 Posizione geografica 14 Dinamiche di mercato 6 1 3 5 7 9 11 13 Numero di interporti Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 30 15 17 19 2.3.1.Crescita della dimensione economica Particolarmente importante, per valutare l’andamento e la crescita economica del sistema interportuale, sarebbe la possibilità di monitorare la quantità delle merci movimentate ed il loro valore. Si tratta di un compito tutt’altro che agevole, specialmente per la quota di merci che transita soltanto su gomma10. Non tutti gli interporti effettuano stime precise ed i metodi di calcolo differiscono notevolmente da un interporto all’altro. Per citare soltanto alcuni degli esempi più significativi: a Verona sono state installate delle spire magnetiche sotto la pavimentazione stradale (all’entrata del Centro Spedizionieri e degli ex Magazzini Generali) che conteggiano il numero di passaggi effettuati dai mezzi pesanti; Trento dispone di strumenti per la pesa in linea di tutti i mezzi in entrata e in uscita; a Padova non è possibile effettuare che delle stime approssimative basate su studi relativi al rapporto tra il traffico intermodale e quello complessivo; a Bologna i calcoli vengono realizzati sulla base di dati forniti dagli operatori e considerando i metri quadri di magazzino a loro disposizione e la capacità di movimentazione dei macchinari. In pratica, in ogni singolo contesto viene utilizzato un criterio differente e tale problema rende attualmente impossibile effettuare confronti tra la dimensione dei differenti nodi logistici e soprattutto valutarne con precisione i livelli di crescita. Ferma restando la necessità di identificare criteri e metodi condivisi per una quantificazione del traffico merci all’interno dei singoli interporti, in questa sede non si può far altro che analizzare, con molte precauzioni, quanto individualmente dichiarato. Ad ogni modo, per le ragioni appena espresse, si ritiene opportuno non fornire la stima “precisa” della movimentazione merci indicata dai 16 interporti che hanno fornito dati al riguardo. Saranno invece esaminati i tre aspetti che seguono: - la suddivisione degli interporti per “classi dimensionali”; - un’analisi dell’incidenza percentuale che le diverse modalità di trasporto hanno all’interno dei singoli interporti; - i tassi di crescita registrati nel periodo 2005-2007. Con riferimento al primo dei tre aspetti, si ritiene utile ripartire gli interporti in 4 classi dimensionali, a seconda che al loro interno nel corso del 2006 siano state movimentate: - più di 5 milioni di tonnellate di merci. Al primo gruppo appartengono si10. Difficoltà a risalire a dati certi, tuttavia, si evidenziano anche con riferimento alla componente ferroviaria. Spesso, infatti, sono stati utilizzati criteri molto differenti per la conversione tra Uti, Teu e Tonnellate. 31 curamente i tre grandi interporti del Nord-Est: quelli di Verona, Padova e Bologna. Si tratta dei centri intermodali più importanti del Paese, che oltre a offrire servizi all’avanguardia trattano i principali prodotti high-tech e high-quality del Made in Italy; - oltre 3 milioni di tonnellate di merci, fino a 5 milioni. Rispetto al precedente, il secondo raggruppamento (che conta gli interporti di Parma, Trento, Nola e Novara) presenta notevoli differenze al proprio interno. Se il Cepim di Parma può ricordare, per molti aspetti, il tipico modello nordestino (anche se con peculiarità proprie che ne orientano il raggio d’azione in prevalenza verso i porti del Tirreno), quelli di Trento e Novara sono soprattutto degli interporti di transito, collocati lungo l’asse del Brennero l’uno, lungo il cosiddetto “Corridoio dei due mari” l’altro. Particolarità di Trento è l’elevata incidenza di spedizioni accompagnate (la famosa Autostrada Viaggiante). Novara, che ancora non dispone di magazzini sufficienti, vede l’85% delle sue merci viaggiare su rotaia. L’Interporto Campano, infine, nonostante la grande quantità di beni movimentati, non è particolarmente sviluppato sotto il profilo dell’intermodalità, ma deve la propria forza principalmente alle funzioni di logistica commerciale. Certamente, in prospettiva, la realtà di Nola potrà offrire un contributo significativo nell’incentivare gli operatori presenti a riconvertire, in parte, la loro attività e utilizzare le opportunità offerte dalla presenza di un terminal intermodale e di una stazione ferroviaria interna; - oltre 1 milione di tonnellate di merci, fino a 3 milioni sono state movimentate, nel 2006, all’interno degli interporti di Torino, Venezia, Rivalta Scrivia e Marcianise. In questa fascia, l’interporto del capoluogo piemontese è quello che nell’immediato futuro sembra dotato delle maggiori possibilità di crescita. Già nel 2006 si avvicina molto alla soglia alta (dichiarando 2,7 milioni di tonnellate, mentre i 3 milioni dovrebbero essere stati superati nel 2007); dispone di un’area di circa 400.000 m² destinata a magazzini di cui è prevista un’espansione su ulteriori 500.000 m²; l’entrata in funzione della linea Alta Velocità/Alta Capacità su Torino incrementerà notevolmente le potenzialità di trasporto ferroviario. Importanti sono, comunque, i margini di sviluppo anche degli altri tre centri: quello di Venezia è recentemente giunto ad un accordo con la Montefibre che consentirà all’interporto di usufruire di circa 30 ettari di aree dismesse dall’industria chimica e di una banchina da 1.000 metri di lunghezza, che si aggiungerà a quella da 500 metri già operativa; l’Interporto Sud Europa di Marcianise sorge su un’area di 4 milioni di metri quadri, contiguo ad uno dei nodi ferroviari per il passaggio delle merci più importanti del Paese, lungo la linea Av/Ac Nord-Sud; Rivalta Scrivia ha avviato da pochi mesi un servizio shuttle con 32 il porto di Genova che ne incrementa la funzione retroportuale e consente quindi un più intenso utilizzo degli impianti; - fino ad 1 milione di tonnellate di merci si hanno nell’ultimo gruppo, che comprende Rovigo, Prato, Cervignano, Vado Ligure, Val Pescara, Livorno e Bari. Sono tutti interporti di recente istituzione e non ancora operanti a pieno regime, soprattutto a causa di alcune inefficienze esterne che ne limitano la connessione alla rete ferroviaria (o viaria, nel caso di Cervignano del Friuli). Rovigo e Livorno sono, tra questi, gli interporti più strutturati, avendo superato nel 2007 la soglia del milione di tonnellate. Particolarmente interessante è il caso dell’interporto padano che deve la propria crescita ad una riscoperta della modalità fluvio-marittima per il trasporto merci. Ovviamente, considerando che l’essenza dell’attività di un interporto consiste nel promuovere ed incentivare l’utilizzo di soluzioni intermodali per il trasporto merci, con tutte le positive ricadute in termini ambientali e di qualità della vita che ne derivano, non è di per sé sufficiente limitarsi ad analizzare le quantità complessivamente movimentate. Cruciale è invece incrociare tale dato con la ripartizione percentuale tra le differenti soluzioni utilizzate (tab. 2.5): - innanzitutto, emerge con evidenza la forte polarizzazione verso un’unica modalità all’interno degli interporti più piccoli. A parte Bari e Val Pescara, che ancora non dispongono di collegamento ferroviario e quindi per il momento si sono limitati ad affittare i propri magazzini per il solo trasporto su gomma, ad essere sbilanciati verso un’unica tipologia sono anche gli altri interporti del quarto raggruppamento: a Prato soltanto il 15% delle merci transita attraverso soluzioni intermodali; a Vado Ligure via gomma viaggia il 90% dei carichi; Cervignano del Friuli è in sofferenza dal punto di vista dei collegamenti stradali, con l’imbocco dell’autostrada a 10 km di distanza, e soprattutto dispone di magazzini di dimensioni relativamente contenute (28.000 m²), ragioni che spiegano un’incidenza dell’intermodalità che arriva al 98%. Diversa è la situazione di Rovigo, dove come si è detto il 40% delle merci sfrutta la modalità fluvio-marittima. In ogni caso, per la parte terrestre resta tutt’ora un consistente sbilanciamento a favore della componente stradale. Il potenziamento delle arterie di comunicazione ed una migliore connessione alla rete ferroviaria sono fondamentali, per poter sfruttare le potenzialità di crescita di queste recenti infrastrutture; - quote elevate di merci che ancora vengono trasportate attraverso la sola modalità tutto-gomma si hanno anche nella fascia intermedia, precisamente presso gli interporti di Rivalta Scrivia, Venezia e Nola. Il servizio shuttle 33 Tab. 2.5 -Classi dimensionali degli interporti e distribuzione percentuale delle merci movimentate per modalità di trasporto Tutto gomma Ferroviario Tradizionale Intermodalità ferro-gomma Totale 46,7 n.d. 25,0 100,0 100,0 100,0 85,0 6,0 25,0 40,4 100,0 100,0 100,0 100,0 5,0 20,0 20,0 10,0 27,0 0,0 30,0 0,0 100,0 100,0 100,0 100,0 0,0 1,0 0,0 0,0 10,0 0,0 10,0 0,0 98,0 0,0 15,0 40,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Primo gruppo - oltre 5 milioni di tonnellate di merci Interporto Di Bologna Interporto Di Padova(1) Interporto Di Verona 46,1 n.d. 75,0 7,2 n.d. 0,0 Secondo gruppo - oltre 3 milioni di tonnellate di merci, fino a 5 milioni Interporto Di Novara Interporto Di Nola Interporto Di Parma Interporto Di Trento(2) 5,0 82,0 70,0 59,6 10,0 12,0 5,0 0,0 Terzo gruppo - oltre 1 milione di tonnellate di merci, fino a 3 milioni Interporto Di Marcianise Interporto Di Rivalta Scrivia Interporto Di Torino Interporto Di Venezia(3) 68,0 80,0 50,0 90,0 Quarto gruppo - fino a 1 milione di tonnellate di merci Interporto Di Bari Interporto Di Cervignano Interporto Di Livorno Interporto Di Prato Interporto Di Rovigo(4) Interporto Di Val Pescara Interporto Di Vado Ligure 100,0 1,0 100,0 85,0 50,0 100,0 90,0 (1) Non sono disponibili stime aggiornate sulla ripartizione all’interno dell’Interporto (aperto) di Padova. Gli studi realizzati negli anni ‘90 ipotizzano una rapporto tra intermodale e solo-gomma di 1 a 2, ma è probabile che tale dato si sia modificato a vantaggio del trasporto combinato. (2) Il 40,4% di merci movimentate attraverso rotaia dall’Interporto di Trento sono così suddivise al loro interno: per il 12% si tratta di trasporto ferroviario tradizionale, per il 65% di spedizioni accompagnate (Autostrada Viaggiante) e per il 23% di spedizioni non accompagnate. (3) Data la peculiarità di essere dotato di banchina, la quasi totalità delle merci in arrivo e partenza dall’Interporto di Venezia sono trasportate attraverso l’intermodalità terra-mare. Le quote riportate si riferiscono esclusivamente alla componente terrestre. (4) Nel caso dell’Interporto di Rovigo, quando si parla di intermodalità si fa riferimento a quella fluvio-marittima, essendo la componente ferroviaria ancora molto minoritaria. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 34 recentemente avviato tra l’interporto piemontese ed il porto di Genova dovrebbe comunque ridurre tale squilibrio. A Venezia è attualmente in corso la costruzione di 2.000 metri di binari, che si aggiungeranno ai 3.000 già esistenti e che sono inseriti in un programma di ampliamento che prevede un miglioramento dei collegamenti alla linea ferroviaria principale ed una maggiore infrastrutturazione ferroviaria della banchina. A Nola le tradizionali attività di ingrosso sono ancora in larga misura legate all’utilizzo del trasporto su strada e l’assenza di magazzini raccordati (a parte una banchina collegata con il Polo del Freddo, che consente l’intermodalità per le merci reefer) ne limita in parte le potenzialità, relegando l’intermodalità ad una quota del 6%; - ad essere sbilanciato verso il solo intercambio modale è l’interporto di Novara, che allestisce settimanalmente circa 156 treni diretti verso il Nord Europa e 10 collegamenti gateway con lo scalo di Pomezia. La quota di intermodale puro è destinata a ridursi nei prossimi anni, quando ai 28.000 m² di magazzini raccordati si aggiungeranno gli ulteriori 50.000 m², raccordati e non, che potenzieranno l’offerta di servizi logistici a disposizione; - in tutti i casi restanti la situazione appare più equilibrata, anche se con una fisiologica prevalenza del tutto-gomma rispetto all’intermodale. Soltanto l’interporto di Bologna ha recentemente raggiunto il “sorpasso”, riducendo la quota di solo-strada dal 51% del 2005 al 46,5% del 2006. Molto particolare è l’intermodalità operata (con una quota in termini di quantità pari al 40%) dall’interporto di Trento. Si tratta in massima parte di spedizioni accompagnate, la cosiddetta Autostrada viaggiante che consente agli autotrasportatori di caricare il proprio Tir su treno per attraversare il Brennero, superando così le limitazioni imposte dall’Austria alla circolazione di mezzi pesanti sul proprio territorio. Dagli elementi sopra indicati emerge chiaramente che il sistema interportuale ha ancora notevoli margini di miglioramento, sia per quanto concerne la possibilità di svolgere una funzione catalizzatrice per le merci, sia per promuovere un maggiore utilizzo dell’intermodalità presso gli operatori che vi sono insediati. I due obiettivi corrono in parallelo: maggiore è la quantità di merci movimentate, superiore è la possibilità di formare treni completi. In tal senso, molto positivo è il trend di crescita che sembra stia vivendo l’intero sistema. Stando ai dati forniti dai singoli Interporti, nel periodo che va dal 2005 al 2007 l’incremento delle quantità di merci movimentate è stato eccezionalmente elevato: per quanto riguarda i primi tre raggruppamenti, a parte Nola e Novara le variazioni percentuali sono sempre state a doppia cifra, superando in molti casi il 20% (tab. 2.6). Tra gli interporti più piccoli, molto importante è stata la crescita registrata negli ultimi anni presso l’Interporto di Rovigo, 35 che rispetto alle 400.000 tonnellate del 2005 ha raggiunto, nel 2007, quota 1.200.000 tonnellate. Tab. 2.6 - Incremento della quantità di merce movimentata secondo quanto dichiarato dagli interporti per il periodo 2005-2007 Variazione percentuale 2007/2005 Primo Gruppo Interporto di Bologna Interporto di Padova (1) Interporto di Verona 22,0 11,1 27,3 Secondo Gruppo Interporto di Novara Interporto di Nola Interporto di Parma Interporto di Trento 1,6 5,8 (al 2006) 11,1 24,7 Terzo Gruppo Interporto di Marcianise Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Torino Interporto di Venezia 32,1 26,3 20,0 40,0 Quarto Gruppo Interporto di Bari (2) Interporto di Cervignano (2) Interporto di Livorno (2) Interporto di Prato Interporto di Rovigo Interporto di Val Pescara (2) Interporto di Vado Ligure n.d. n.d. n.d. 9,5 200,0 n.d. n.d. (1) A differenza degli altri Interporti, Padova fornisce la stima esclusivamente per la quantità di merci movimentata via ferro. L’incremento indicato non considera pertanto tutta la componente trasportata esclusivamente su gomma. (2) Il dato non è disponibile poiché gli interporti di Bari, Cervignano, Livorno e Val Pescara hanno iniziato la propria attività nell’arco del triennio. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 36 2.3.2.Crescita della dimensione fisica Per accompagnare e favorire la crescita della dimensione economica degli interporti, il cui indicatore più evidente ed immediato è senza dubbio rappresentato dalla quantità di merci che riescono a concentrare e a spostare verso soluzioni alternative al tutto-strada, è indispensabile che tali infrastrutture adeguino i propri spazi e le risorse di cui dispongono per la movimentazione delle merci. È cioè essenziale che aumenti la disponibilità di magazzini, soprattutto quelli raccordati per l’intercambio gomma-ferro, e che vengano completati, dove necessario, i terminali ferroviari ed i piazzali previsti. Anche in questo senso, quello interportuale si dimostra un sistema dai notevoli margini di sviluppo. Lo si nota con particolare evidenza comparando le classi dimensionali esistenti e previste per due componenti essenziali di ogni interporto, ossia il terminal intermodale ed i magazzini (fig. 2.3). Allo stato attuale, 8 dei 18 centri già operativi dispongono di terminal ferroviari che si estendono su una superficie inferiore ai 100.000 m², mentre soltanto 6 superano la soglia dei 200.000 m²: nei prossimi anni, in quest’ultima fascia saranno invece presenti 9 interporti. Come si può facilmente intuire, la variabile dimensionale è determinante per definire le potenzialità di traffico ferroviario degli interporti, vale a dire il numero massimo di treni programmabili quotidianamente. Va detto, comunque, che non è possibile definire una relazione lineare tra le due variabili, in quanto intervengono una serie di altri fattori, strutturali e gestionali, tra cui11: - il numero e la capacità dei gate di ingresso al terminal; - il numero e la lunghezza dei binari operativi; - l’orario di attività; - la disponibilità di aree per il deposito delle unità di traffico intermodali; - il tempo medio per le operazioni di carico e scarico. Particolarmente importante è la possibilità di adottare, per il terminal, un regime di gestione quanto più possibile dinamico, che consenta cioè l’avvicendamento di più coppie di treni al giorno su un unico binario operativo12. Ciò implica la disponibilità di binari di appoggio presso cui lasciar sostare i treni in attesa della partenza o prima dell’arrivo: all’interno del sistema interportuale, soltanto il terminal di Verona dispone della possibilità di trattare 11. Bruno Dalla Chiara, Danilo Marigo, Gianfranco Benzo, Interporti e terminali intermodali, Hoepli, Milano 2006, pag. 56-61. 12. La gestione di ciascuna coppia di treni/giorno è in grado di garantire una potenzialità di circa 250.000 tonnellate lorde/anno. 37 Fig. 2.3 - Superficie attuale e prevista occupata da terminal intermodale e magazzini (v.a.) 10 10 8 8 Numero di interporti 7 6 6 4 4 4 3 2 4 4 3 2 2 1 2 1 1 0 Attuale Prevista Attuale Terminal intermodale Inferiore a 100.000 m2 Prevista Magazzini Tra 100.000 e 199.999 m2 Tra 300.000 e 499.999 m2 Tra 200.000 e 299.999 m2 Oltre 500.000 m2 Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 tre coppie di treni al giorno per binario, mentre più diffusa è la possibilità di arrivare a due. I magazzini, in particolare quelli raccordati per l’intercambio modale, assolvono ad una funzione altrettanto importante. Anche con riferimento a tale componente il sistema interportuale manifesta significative possibilità di crescita, con 8 centri – invece dei 5 attuali – che a regime dovrebbero mettere a disposizione delle merci degli operatori una superficie superiore ai 300.000 m², mentre solamente 7 si manterranno su dimensioni inferiori ai 100.000 m². Non sono soltanto quelli di più recente istituzione, che devono quindi completare la realizzazione delle proprie infrastrutture, gli interporti che prevedono rilevanti margini di espansione. Riprendendo la suddivisione per livelli di merci movimentate, è possibile osservare che (tab. 2.7): - all’interno del primo gruppo, Padova sta lavorando per il completamento del secondo terminal ferroviario al proprio interno, mentre Verona e Bologna intendono sostanzialmente raddoppiare la disponibilità di magazzini. 38 Tab. 2.7 - Stato di avanzamento dei lavori rispetto al progetto - approvato - definitivo (val. %) Terminal intermodale Interporto di Val Pescara Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Rovigo Interporto di Livorno Interporto di Vado Ligure Interporto di Bari Interporto di Venezia(*) Interporto di Marcianise Interporto di Novara Interporto di Prato Interbrennero - Trento Interporto di Parma Interporto di Bologna Interporto di Verona Interporto di Padova Interporto di Nola Interporto di Torino Interporto di Cervignano 57,1 60,0 n.d. 100,0 n.d. 100,0 60,0 20,0 100,0 37,5 95,3 28,3 100,0 60,0 56,7 n.d. 100,0 100,0 Magazzini 25,0 90,0 n.d. 17,6 n.d. 100,0 100,0 14,3 37,5 74,0 57,4 100,0 40,0 50,0 83,3 n.d. 44,4 48,0 Piazzali 26,3 83,3 n.d. 53,3 n.d. 100,0 100,0 24,3 27,5 100,0 65,9 66,7 87,4 60,0 100,0 n.d. n.d. 100,0 (*) È qui considerato esclusivamente il riferimento ai fasci di binario funzionanti sul totale di quelli previsti. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 Anche il Quadrante Europa ha sviluppato un nuovo terminal (Interterminal) specializzato nei container ed entrato in esercizio nell’autunno 2007. Inoltre sta curando la realizzazione di un ulteriore, moderno terminale intermodale (QETG Quadrante Europa Terminal Gate) su un’area di 66x550 metri che, entrando in esercizio nel 2009, aumenterà la performance operativa totale sino a 15 coppie di treni al giorno; - nel secondo raggruppamento si colloca da un lato il Cepim di Parma, che ha la necessità di attenuare un certo squilibrio a favore del trasporto su strada, che assorbe il 70% della movimentazione merci complessiva, ed intende farlo migliorando la propria dotazione ferroviaria; dall’altro interporti come quelli di Trento e Novara che hanno invece l’obiettivo opposto, ossia sostenere l’intercambio modale mediante un significativo sviluppo degli spazi destinati alla logistica; - tra gli interporti che già nel 2006 hanno movimentato merci per oltre un milione di tonnellate, Marcianise sembra quello interessato dai maggiori 39 progetti di sviluppo. Estendendosi su una superficie complessiva che raggiunge i 4 milioni di m², l’interporto di Marcianise prevede la realizzazione di rilevanti progetti di espansione. Innanzitutto, oltre all’attuale terminal ferroviario da 50.000 m² dovrebbe esserne costruito un altro da 200.000 m². Inoltre, all’interno di un Polo Logistico che si svilupperà su un’area di 1.900.000 m² complessivi, dovrebbero essere realizzati magazzini per quasi un milione di m², oltre al più grande centro-uffici di tutto il sistema. Lavori di potenziamento e di trasformazione sono in corso d’opera anche a Torino, dove entro il 2010 sarà ultimata l’edificazione di un’area di circa 500.000 m² destinata a magazzini, che andrà ad aggiungersi a quella da 400.000 m² già esistente. 2.3.3.Crescita del numero di interporti attivi Cresce l’importanza economica del sistema interportuale. Cresce la dimensione fisica delle strutture esistenti. Non meno rilevante, tuttavia, è la crescita del numero di soggetti che possono operare in un prossimo futuro. La questione del numero di interporti che devono essere realizzati è di primaria importanza per garantire l’efficienza e la funzionalità del sistema. La realizzazione di simili piattaforme logistiche è un’operazione complessa e delicata. La loro costruzione, oltre a necessitare inevitabilmente di cospicui contributi pubblici, avrà un considerevole impatto ambientale sul territorio in cui dovrà sorgere: è pertanto indispensabile che tali centri rispondano a reali esigenze di razionalizzazione dei traffici e ad un’effettiva domanda di intermodalità proveniente dai territori. Pur senza la necessità di raggiungere le dimensioni e i volumi di traffico di quelli già esistenti nel Nord del Paese, nell’Italia centro-meridionale l’intermodalità può essere incentivata soltanto grazie a interporti capaci di attrarre rilevanti flussi di merce ed andrebbe pertanto evitata una loro proliferazione eccessiva. Al tempo stesso, è però urgente portare a compimento i lavori per la realizzazione dei centri attualmente previsti: - quello di Jesi, divenuto operativo nel corso del 2008; - quelli di Orte e di Frosinone, che hanno ripreso i lavori dopo una lunga fase di stallo legata principalmente all’esito della Valutazione di Impatto Ambientale; - quelli di Gioia Tauro e di Catania, ma anche di Tito, Termoli, Battipaglia e Roma Est, i cui tempi di realizzazione appaiono ancora piuttosto incerti. I tre interporti dell’Italia centrale, in particolare, esprimono significative potenzialità di sviluppo: il primo ha quale naturale bacino d’utenza il territorio marchigiano, con il denso tessuto imprenditoriale che lo contraddistingue; 40 sui due laziali sono invece destinati a convergere gran parte dei flussi a Nord e a Sud della Capitale. 2.4.Gli interventi prioritari per lo sviluppo Coerentemente con la necessità di offrire un adeguato sostegno alla crescita della dimensione economica e delle quantità di merci movimentate dai singoli interporti, l’ampliamento fisico di tali infrastrutture si conferma il principale obiettivo perseguito da tutte le società interportuali. Al tempo stesso, tuttavia, emerge con evidenza come il sistema richieda un intervento ben più complesso e articolato, che vada oltre la semplice infrastrutturazione delle aree. Tale intervento si dovrebbe focalizzare intorno a due componenti essenziali: - il potenziamento dei network di collaborazione, che emerge dall’opportunità di pervenire a un più intenso livello di relazioni con le imprese attive nel territorio, con gli altri elementi del sistema interportuale e soprattutto con la rete dei porti, con cui sono molte le convergenze e le affinità di intenti; - il superamento di una serie di strozzature, interne o esterne, che limitano il livello di efficienza complessivo della struttura. Ci si riferisce a fattori esogeni, quali la connessione con la rete ferroviaria o collegamenti viari non sempre ottimali, oppure a debolezze endogene legate ad una dotazione informatica o a quella di macchinari e attrezzature per la movimentazione delle merci parzialmente inadeguate rispetto alle esigenze. È stato chiesto ai 18 interporti attivi di esprimere, attraverso un voto compreso tra un minimo di 1 e un massimo di 5, il valore che attribuiscono ad una serie di obiettivi di sviluppo. La media delle risposte fornisce indicazioni alquanto esplicite sulle priorità percepite dai membri del sistema, priorità la cui importanza potrebbe essere ripartita all’interno di quattro fasce (fig. 2.4): - alta è quella attribuita non soltanto agli obiettivi che prevedono un ampliamento fisico dell’interporto (che ottengono un voto medio pari a 4,5) o la realizzazione di nuovi immobili (4,3), ma anche agli elementi relazionali, quali il rafforzamento della collaborazione esistente con la rete dei porti (4,3) o con le piattaforme logistiche e gli altri interporti (4,2); - medio-alta è invece la necessità di superare una serie di vincoli alla propria operatività, aumentando le potenzialità e l’efficienza della struttura attraverso un adeguamento dei sistemi informativi (3,9) o una più ampia offerta di servizi per la movimentazione delle merci (3,8); - media (3,3) è l’urgenza con cui si intende lanciare una campagna di marketing e di comunicazione per la promozione dell’interporto, esigenza 41 Fig. 2.4 - Obiettivi di sviluppo del sistema interportuale (punteggio medio) Ampliamento fisico dell’interporto 4,5 Realizzazione nuovi immobili 4,3 Rete di relazioni con il sistema dei porti 4,3 Rete di relazioni con altri interporti 4,2 Miglioramento dei sistemi informativi 3,9 Ampliamento dei servizi di movimentazione merci 3,8 Campagna di promozione dell’interporto 3,3 Potenziamento o nuova offerta di logistica urbana 3,3 Nuovi macchinari per movimentazione merci 3,0 Nuovo materiale rotabile per la linea ferroviaria 2,8 Inserimento di personale con funzioni manageriali 2,6 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 Voto da 1 a 5 Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 avvertita con particolare intensità da alcuni dei centri di più recente istituzione come quelli di Livorno, Bari, Val Pescara o Marcianise, ma anche da strutture ormai consolidate come quelle di Padova e di Nola. Altrettanta importanza è attribuita al potenziamento o all’attivazione di un servizio di city logistics, avvertita ovviamente in modo particolare nei pressi dei grandi centri urbani (Padova, Bologna, Torino o Napoli, per esempio); - medio-bassa appare, infine, l’importanza che assume l’obiettivo di dotarsi di nuovo materiale rotabile per la parte ferroviaria interna (2,8), di nuovi macchinari per la movimentazione delle merci (3,0) o di nuove figure con funzioni manageriali (2,6). Una suddivisione così netta è possibile grazie alla precisa consapevolezza, da parte dei protagonisti del sistema, di quelli che sono i limiti ed i punti di forza degli interporti e alla loro volontà di impegnarsi attivamente per consolidare e migliorare il livello di efficienza delle strutture che gestiscono. 42 Per quanto riguarda le potenzialità di sviluppo, non sorprende che la posizione geografica sia unanimemente considerata una delle principali fonti di opportunità di cui il sistema può beneficiare. Ciascuno degli interporti attivi è infatti ubicato in una posizione strategica per quanto riguarda i flussi di merci: in prossimità di importanti centri urbani, di un denso tessuto produttivo o lungo i principali corridoi di traffico. Maggiori difficoltà destano, invece, gli ulteriori fattori che incidono sulle prospettive future (fig. 2.5): - per quanto riguarda il cruciale aspetto dei collegamenti tra l’interporto e la rete viaria e ferroviaria, si osserva che mentre con riferimento alla prima non emergono criticità di rilievo (se non per quanto riguarda la situazione di Cervignano, dove l’Amministrazione comunale intende attendere che sia definito il tracciato dell’Alta Velocità prima di procedere ad un adegua- Fig. 2.5 - Punti di forza ed elementi di debolezza del sistema interportuale (*) (v.a.) 9 9 Rapporti con sistema dei porti Rapporti con le imprese dell’area 5 Macchine e attrezzature movimentazione merci 5 Offerta logistica del territorio 4 Connessione con rete ferroviaria 4 Connessione con rete stradale e autostradale Elementi di debolezza Punti di forza 12 12 12 13 1 17 Posizione geografica 18 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 Numero di interporti (*) In certi casi la somma di ogni voce è diversa da 18 poiché vi sono interporti che non hanno risposto o ritengono neutrale un determinato fattore. Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 43 mento delle infrastrutture di collegamento esistenti), maggiori problemi interessano il raccordo tra interporti e ferrovie. È, questa, l’unica criticità segnalata dall’Interporto Merci di Padova, che lamenta un utilizzo degli impianti al di sotto delle potenzialità effettive a causa della carenza di materiale rotabile messo a disposizione. Quello del raccordo in termini infrastrutturali rappresenta invece un problema attuale per le strutture di Bari o di Venezia, ma come si vedrà sono molti gli interporti che pur considerando complessivamente positive le opportunità offerte dalla connessione su rotaia ne lamentano alcune inefficienze o ritardi; - l’offerta logistica presente sul territorio è solitamente un valore aggiunto per gli interporti, che sorgono in aree su cui agiscono operatori con esperienza consolidata e strutturalmente preparati per sostenere l’intermodalità. Positivo è, in particolare, il livello di integrazione che solitamente intercorre tra i nodi interportuali ed altri terminal intermodali, anche se non mancano situazioni problematiche, in cui la proliferazione di strutture analoghe (solitamente private, ma sostanzialmente realizzate anche con contributi pubblici locali) porta ad un’eccessiva dispersione e frammentazione che rischia di compromettere lo sforzo di razionalizzare il settore; - i rapporti con le imprese dell’area rappresentano un fattore di debolezza soltanto per alcuni interporti di recente istituzione, quali quelli di Prato, Cervignano, Marcianise, Val Pescara e Rovigo, che hanno bisogno di promuovere maggiormente le opportunità offerte dall’utilizzo di soluzioni intermodali; - l’elemento determinante, comunque, è rappresentato dalla necessità di potenziare le sinergie all’interno di quello che viene definito il cluster terramare. Porti e interporti dovrebbero, nel reciproco interesse, sviluppare un ruolo da comprimari nella costituzione di una rete logistica integrata che permetta di accrescere i volumi di merci trattate, fluidificare i flussi e contenerne i costi. Ad oggi, tuttavia, ben 9 dei 18 interporti attivi manifesta la propria insoddisfazione per i rapporti con il sistema dei nodi marittimi, esprimendo il desiderio di potenziarli eventualmente mediante la sottoscrizione di accordi specifici. La stipula di accordi di collaborazione con i porti italiani è tra gli interventi più frequentemente citati dagli interporti, quando si domanda loro di indicare cosa potrebbe portare ad una maggiore operatività della struttura13 (fig. 2.6). Oltre alla necessità di migliori connessioni ferroviarie, avvertita da ben 13 dei 18 nodi operativi, è interessante osservare come le più significate innovazioni 13. L’argomento è approfondito attraverso un focus tematico sul cluster terra-mare nel quarto capitolo del Rapporto. 44 Fig. 2.6 - Elementi da migliorare per accrescere la competitività dell’interporto (v.a.) Connessione ferroviaria 13 Piattaforma informatica per la gestione della logistica 13 Accordi di collaborazione con i porti 12 Gestione flussi di merci 11 Macchinari movimentazione merci 10 Connessione autostradale 8 Servizi offerti 8 0 2 4 6 8 10 12 14 Numero di interporti Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 auspicate per accrescere la competitività degli interporti siano rappresentate dalla disponibilità di una piattaforma di rete per la gestione della logistica e dal potenziamento della capacità di controllo dei flussi di merci. Una risposta a tali esigenze verrà dalla piattaforma integrata Uirnet, tra i cui obiettivi principali vi è proprio quello di favorire una maggiore efficienza complessiva del sistema. Offrendo una serie di servizi destinati ai trasportatori e ai gestori di infrastrutture logistiche, Uirnet permetterà di favorire l’aggregazione e la razionalizzazione di domanda e offerta, consentendo un maggiore sviluppo del trasporto intermodale ed una riduzione complessiva dei costi di trasporto. All’interno degli interporti, renderà inoltre possibile una pianificazione degli arrivi e delle partenze ed un’ottimizzazione dei tempi operativi14. 14. L’argomento è approfondito attraverso un focus tematico sulle piattaforme informatiche nel quarto capitolo del Rapporto. 45 3. Specificità territoriali: le molteplici forme del sistema interportuale Le sue caratteristiche fondamentali sono sostanzialmente analoghe in tutto il Paese: quella interportuale si contraddistingue per essere un’innovativa rete di piattaforme logistiche, in rapida crescita e in grado di attivare le leve del consolidamento, puntando su un mix di politiche tecnologiche, gestionali e relazionali che consentono di raggiungere un sempre maggior grado di efficienza. Dopo aver esaminato tali elementi nel secondo capitolo e prima di affrontare alcune tematiche essenziali per comprendere appieno il contributo economico, ambientale e sociale che il sistema sta apportando all’Italia, è utile tuttavia approfondire le dinamiche generate dal rapporto costante e bidirezionale tra interporti e territorio. In Italia le differenze geografiche sono molto rilevanti, al punto da sfociare in situazioni di vero e proprio squilibrio tra regioni e all’interno delle regioni. Si tratta di un’eterogeneità che modella il Paese, forgiandolo attraverso un intreccio di aree caratterizzate da un tessuto produttivo più o meno denso e diffuso, da stili di vita e di consumo assai variegati, e da merci che col loro transito innescano una potenziale tensione tra le esigenze dei cittadini e le opportunità di sviluppo per la collettività. I 29 interporti italiani si collocano in tale contesto, dove adattandosi alle esigenze locali e globali dell’economia e delle popolazioni cercano di rispondere al meglio ad un bisogno di razionalizzazione sempre più urgente. Ovviamente, nel farlo non possono adottare ovunque un modello ideale e astratto di interporto, inteso magari come grande piattaforma estesa su una superficie di alcuni milioni di metri quadri. Se una simile impostazione è idonea per le esigenze dei primi interporti del NordEst, ben altro è lo schema da adottarsi in zone diverse come quelle dell’Italia centrale o meridionale, in prossimità dei valichi alpini o lungo la costa. Con l’obiettivo di definire e valorizzare le molteplici forme dell’interportualità italiana, nel presente capitolo sono esaminate le peculiarità di 8 raggruppamenti di strutture logistiche sostanzialmente omogenee tra loro per caratteristiche, finalità e fase di crescita. 47 3.1.Il modello nordestino A differenza del sistema interportuale realizzato a partire dal 1990, le tre grandi strutture del Nord-Est non avevano in origine quale unico obiettivo quello di promuovere l’intermodalità. Divenuti operativi tra gli anni ’70 e ’80, gli interporti di Verona, Padova e Bologna sorgono nelle zone industriali delle rispettive città con una triplice finalità: oltre che di incentivo allo sviluppo del trasporto ferro-gomma, infatti, si ponevano anche prospettive di ordine urbanistico ed economico. Sotto il primo profilo, rappresentano un significativo esempio di apprezzabile pianificazione del territorio: mediante una programmazione intelligente e razionale delle attività logistiche, che ha portato a concentrare il traffico merci fuori dai centri urbani, hanno consentito una riduzione del livello di congestionamento e delle emissioni di gas inquinanti. Dal punto di vista economico, invece, hanno contribuito a rendere più efficiente il sistema dell’autotrasporto, localizzando le principali aziende in una stessa area e sottoponendole ad una maggiore concorrenza. Le peculiari caratteristiche dei tre nodi si riflettono nel particolare assetto societario che li contraddistingue, incentrato su una forte partnership tra Amministrazioni comunali, provinciali e Camere di Commercio: - tali soggetti sono gli unici azionisti della società che ha dato vita all’Interporto Quadrante Europa: il Consorzio per la Zona Agricolo Industriale di Verona (Consorzio Zai). Si tratta di un ente istituzionale a base territoriale che ha, per l’appunto, compiti di pianificazione urbanistica e di sviluppo economico. Dal 1948 il Consorzio Zai, godendo di podestà governativa sui terreni di sua competenza, ha accompagnato la creazione dell’area industriale veronese, della superficie di 7 milioni di m² suddivisi in differenti zone, procedendo alla loro urbanizzazione, infrastrutturazione e alla costruzione di raccordi stradali e ferroviari. Per migliorare i servizi alla produzione e alla distribuzione dei prodotti e per favorire lo sviluppo degli scambi internazionali, a partire dalla seconda metà degli anni ’60 il Consorzio ha iniziato la realizzazione di quello che oggi è l’Interporto Quadrante Europa: un’infrastruttura logistica che si estende su una superficie di 2,5 milioni di m² dove sono insediate oltre 100 aziende che, direttamente o indirettamente, producono un’occupazione di oltre 4.000 addetti; - la società Interporto Merci Padova Spa è stata costituita il 6 giugno 1973 dal Comune, la Provincia e la Cciaa., insieme alle Ferrovie dello Stato, con lo scopo di realizzare un interporto nella zona industriale della città, un comprensorio di 11 milioni di m². La scelta è legata, innanzitutto, ad esigenze di razionalizzazione urbanistica: fino alla metà degli anni ’60, la maggior parte delle aziende di trasporto era insediata lungo la circon48 vallazione cittadina, che risultava ormai inglobata nel centro urbano con gravi ripercussioni sul traffico e la qualità della vita dei residenti. La zona industriale, ottimamente servita sia dal punto di vista stradale che ferroviario, rappresenta pertanto l’ubicazione ideale per spedizionieri ed operatori della logistica. Sorto su una superficie di quasi 2 milioni di m², l’Interporto Merci Padova ospita circa 80 aziende presso cui sono attualmente occupate circa 1.200 persone, con un indotto di oltre 3.000 addetti; - l’interporto del capoluogo emiliano, che ad oggi ha infrastrutturato un’area di 2.270.000 m², è proprietario di terreni che si estendono su una superficie complessiva di circa 4 milioni di m². La sua realizzazione nasce ancora una volta dall’esigenza di spostare fuori dalla città il traffico pesante e si inserisce in un progetto complessivo di sviluppo del territorio bolognese avviato negli anni ’60 e ’70. La società Interporto Bologna Spa viene costituita il 22 giugno 1971 (inizialmente con la denominazione di Autoporto) per iniziativa del Comune, della Provincia, della Cciaa e delle associazioni degli autotrasportatori. Come Verona e Padova, anche l’interporto di Bologna rientra nella “fascia alta” del sistema, movimentando ogni anno più di 5 milioni di tonnellate di merci e dando lavoro attraverso le 100 aziende che vi sono insediate a circa 1.300 addetti e ad un indotto stimabile in 2.500 unità. Nei quarant’anni trascorsi dalle prime esperienze interportuali del NordEst, i tre centri hanno acquisito un valore ed un significato perfino maggiore di quello inizialmente previsto. Anche grazie ai contributi della legge 240/90 e all’interessamento di un numero sempre crescente di soggetti interessati a partecipare alla compagine sociale, negli anni tali interpoti sono stati in grado di potenziare la propria struttura e di adeguarla alle mutate esigenze della logistica, offrendo un contributo interessante alla competitività di imprese a forte vocazione internazionale. Attraverso gli interporti transita gran parte delle merci a maggior valore aggiunto realizzate nei distretti e nei cluster produttivi del Nord-Est e dalle industrie di punta del Made in Italy. Il sistema moda, la meccanica e l’elettronica, i prodotti plastici e l’agro-alimentare di qualità sono soltanto alcuni dei principali comparti che si appoggiano ai tre interporti per le operazioni logistiche, considerandoli una preziosa piattaforma per accedere ai mercati esteri. La posizione geografica contribuisce ad accrescerne le potenzialità, essendo localizzati lungo le due principali direttrici transnazionali di traffico che attraversano il Paese: il Corridoio I Nord-Sud, che passando per il Brennero collega direttamente Bologna e Verona con l’Austria, la Germania e l’Europa settentrionale, fondamentali mercati di sbocco dei prodotti italiani, ed il Corridoio V Est-Ovest, lungo il quale si trovano Verona e Padova. Tale localizza49 zione ne accentua la propensione alle esportazioni, particolarmente evidente per esempio presso l’interporto di Padova, dove è in export il 75% del traffico container movimentato, e nell’interporto di Verona. Il 100% del traffico intermodale realizzato da/per il Quadrante Europa ha O/D estera, ovvero si inquadra all’interno di scambi di import o di export di rango continentale (Centro e Nord Europa) o intercontinentale (porti Nord-europei e del Tirreno). Accanto a ciò, un’indagine empirica effettuata nel 2006 dall’Osservatorio Logistico Veneto ha stimato che relativamente alle attività di trasporto tutto-strada il 56,2 % ha O/D estera. 3.1.1.L’Interporto Quadrante Europa di Verona L’Interporto Quadrante Europa di Verona (tab. 3.1) inizia il proprio sviluppo a partire dal 1968, anno in cui viene avviata la costruzione dell’Agenzia delle Dogane nella zona industriale della città scaligera, attorno alla quale successivamente saranno realizzati dal Consorzio Zai i Magazzini Generali, il Centro Spedizionieri e tutte le aree che hanno portato tale infrastruttura ad essere una delle più grandi piattaforme interportuali attualmente esistenti in Italia, con una superficie complessiva di circa 2,5 milioni di m² ed una zona di futura espansione prevista di ulteriori 2 milioni di m² (fig. 3.1). La collocazione geografica dell’interporto è particolarmente felice, all’incrocio tra i due Corridoi transnazionali I e V. Oltre ad essere attraversato dalla Tangenziale Nord cittadina, sorge, infatti, nei pressi del punto di intersezione tra l’autostrada A4 Milano-Venezia e la A22 Modena-Brennero, nonché tra le linee ferroviarie Milano-Venezia e Bologna-Brennero, con cui il terminale intermodale è collegato direttamente attraverso una stazione interna. Al suo interno sono insediate 110 aziende, di cui 90 dedite a logistica e movimentazione merci, con un’occupazione diretta all’interno del “Parco di attività logistiche” stimata in oltre 1.800 addetti, e un’occupazione complessiva superiore alle 4.000 unità. Tra le varie tipologie merceologiche trattate nell’area, che sono quelle tipiche del suo bacino di riferimento, risaltano in particolare due specializzazioni: quella dei prodotti refrigerati alimentari (che trova riscontro nell’elevata presenza di automezzi a temperatura controllata, i quali superano il 12,6% del totale) e quelle delle autovetture, grazie alla presenza di un importante centro logistico di Volkswagen Italia. Nei confronti dell’interporto, il Consorzio Zai si limita essenzialmente al ruolo di Authority, senza entrare negli aspetti operativi: si occupa della progettazione urbanistica, sviluppando piani di intervento ed infrastrutture e cedendo i lotti alle aziende. Attraverso la società controllata Quadrante Servizi 50 Tab. 3.1 - Principali caratteristiche dell’Interporto Quadrante Europa di Verona Dati strutturali Dati di traffico merci ferroviario 2006 Dati stimati di traffico merci su strada 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto Uti 289.560; Teu 361.202; Tonnellate 5.999.587 19.589.191 (*) 25% 120 4.500 6.000 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 90.200.000 (**) euro 59.600.000 euro 2.000.000 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1968 1974 Accordi bonari all’interno di procedure d’esproprio Pianificazione urbanistica Criticità emerse nella fase di realizzazione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree 300.000 m2 500.000 m2 Affitto Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Prodotti refrigerati alimentari Autovetture Ampliamento fisico dell’interporto Ampliamento dei servizi di movimentazione merci Miglioramento connessione autostradale Potenziamento attrezzature movimentazione merci Accordi di collaborazione con i porti Potenziamento strumentazione informatica Principali obiettivi di sviluppo Interventi ritenuti prioritari (*) Stime ottenute applicando al numero di mezzi rilevati in transito i seguenti pesi netti: 0,7 tonnellate per 1.107.023 furgoni e 12,6 tonnellate per 2.133.591 automezzi pesanti e autoarticolati (dati di transito inbound + outbound ottenuti mediante spire magnetiche). (**) Non sono compresi gli investimenti effettuati nell’interporto da soggetti diversi dal Consorzio Zai quali Rete Ferroviaria Italiana ed Ente Autonomo Magazzini Generali di Verona, stimati rispettivamente in circa euro 100.000.000 e euro 30.000.000. Fonte: elaborazioni Censis su dati Consorzio Zai 51 Fig. 3.1 - Layout dell’Interporto Quadrante Europa di Verona Fonte: Consorzio Zai Srl fornisce poi i servizi comuni offerti agli operatori: controllo degli accessi al palazzo direzionale, trazione ferroviaria, controllo degli accessi di mezzi pesanti, gestione diretta del Park Tir, pesa pubblica, rete telematica interportuale e sicurezza informatica. Vero punto di forza dell’interporto veronese è il sistema ferroviario, che secondo dati forniti dai due operatori che utilizzano il terminal (Fs e Rtc) ha permesso di movimentare complessivamente, nel 2006, 289.560 Uti (361.202 Teu) tra casse mobili, container e semirimorchi. La zona ferroviaria si estende su una superficie di 310.000 m², di cui si prevede un’espansione per ulteriori 490.000 m² che consentiranno l’ampliamento del terminal intermodale ed il trasferimento nell’area interportuale dello Scalo Merci ferroviario. Il terminal intermodale, gestito dalla società Cemat, si sviluppa su una superficie di circa 136.000 m² ed è operativo 24 ore al giorno con orario continuato. Composto da 12 binari, il terminal è supportato da un fascio di appoggio che con 18 binari copre una superficie di 155.000 m². Il contiguo raccordo ferroviario 52 consente a 30.000 convogli ferroviari all’anno di essere movimentati verso le diverse strutture. L’area interportuale, definita in base a criteri geografico-funzionali, comprende inoltre le seguenti componenti: - l’agenzia delle dogane, dove su una superficie di 65.000 m² vengono svolte le pratiche necessarie all’import/export, è espletato il servizio fito-patologico e le operazioni di custodia temporanea; - il centro spedizionieri, costituito da 11 blocchi di capannoni raccordati e serviti ognuno da una banchina gomma-gomma e una banchina gommaferro. Tali magazzini occupano una superficie coperta di 70.000 m²; - l’Hangartner Terminal, che si estende su un’area di 385.000 m² dove sorgono 58.000 m² di magazzini coperti e un magazzino frigorifero da 65.000 m³. Nel 2004 il gruppo svizzero Hangartner ha acquisito gli spazi precedentemente di proprietà dei Magazzini Generali di Verona, ottenendo tutte le licenze doganali e fiscali e aggiungendo quelle relative alla gestione dei prodotti alcolici soggetti ad accisa. Nonostante sia una società attiva nel settore logistico, Hangartner non è venuta meno all’impegno di offrire i servizi di Centro Smistamento Merci e Magazzini Generali con criteri di universalità. Il terminale rappresenta il gateway di treni navetta da e per il Nord Europa (Rostock e Freilassing), l’Europa orientale (Ungheria e Romania) ed il porto di La Spezia, oltre che di treni per trasporto autovetture; - il centro logistico Volkswagen Italia, distribuzione di autovetture e ricambistica del gruppo VW in tutto il Sud Europa e il Mediterraneo, che sui suoi 150.000 m² di superficie rappresenta un elemento di integrazione tra strutture interportuali, produzione e mercato; - il Centro Agroalimentare, che sorge su un’area di 550.000 m² all’interno del Quadrante Europa ed è la più vasta piattaforma logistica italiana per la raccolta, la distribuzione e la commercializzazione all’ingrosso di prodotti agroalimentari. L’interporto dispone inoltre di un centro di assistenza ai mezzi di 14.000 m² dove possono essere realizzate operazioni di pronto intervento meccanico per autotreni, semirimorchi e autovetture, di un parcheggio Tir da 30.000 m² e di un centro direzionale presso il quale, oltre agli uffici e ad una vasta gamma di servizi alle persone, è ubicato il laboratorio chimico della dogana. Dal 2004 il Quadrante Europa si è dotato di un sistema di monitoraggio del traffico in transito nell’area interportuale, realizzato mediante un sistema di spire magnetiche poste all’ingresso del Centro Spedizionieri e dell’Hangartner Terminal. Nel corso del 2005 sono stati contati oltre 2 milioni di attraversamenti da parte di camion o di autoarticolati. 53 3.1.2.L’Interporto Merci di Padova A Padova l’interporto (tab. 3.2) sorge nella zona industriale situata nel quadrante Nord-orientale della città ed è ben collegato alle reti ferroviarie e viarie che attraversano il Veneto da Est a Ovest (l’asse Venezia-Milano) e da Nord a Sud (Padova-Bologna). Il raccordo alla rete ferroviaria è assicurato mediante una dorsale di 4 km, mentre l’immissione sulla rete autostradale avviene tramite i due caselli di Padova Est sulla A4 e di Padova Zona Industriale lungo la A13. L’interporto si estende su una superficie complessiva di quasi 2 milioni di m², al cui interno sono operative circa 125 aziende, di cui 80 di trasporti, logistica e movimentazione merci. L’occupazione stimata ammonta a 1.200 unità, mentre l’indotto supera le 3.000 unità. Dal punto di vista ferroviario, la principale caratteristica dell’intermodalità padovana è rappresentata dall’elevata movimentazione di container, per il 75% in export, che ha reso l’interporto il principale inland terminal nazionale. Settimanalmente sono oltre un centinaio i treni completi che collegano l’interporto di Padova con i più importanti porti italiani (La Spezia, Genova, Livorno, Trieste, Gioia Tauro) e del Nord Europa (Rotterdam, Anversa, Zeebrugge, Le Havre, Bremerhaven e Amburgo), per un traffico complessivo, nel corso del 2006, di oltre 290.000 Teu. A Verona, invece, il traffico intermodale è principalmente legato a casse mobili e semirimorchi e tra i due interporti veneti si è in qualche modo creata una sorta di specializzazione naturale nella ripartizione dei traffici. Un tale livello di specializzazione nel trasporto di container ha spinto l’interporto di Padova ad intraprendere un’attività diretta a supporto delle operazioni e dei servizi terminalistici intermodali, attività che viene svolta attraverso la società controllata Padova Container Service. Pcs offre una vasta gamma di servizi che vanno dall’handling di unità di carico alla riparazione e manutenzione sia di container che di casse mobili. Ne effettua inoltre lavaggio ordinario e fitochimico, servizi di fumigazione, consolidamento e deconsolidamento. All’interno dell’interporto sono presenti circa 350.000 m² di infrastrutture terminalistiche, costituite da (fig. 3.2): - due terminal container a disposizione degli operatori per la formazione di treni completi, rispettivamente della superficie di 70.000 m² e di 100.000 m², uno di proprietà delle Fs e l’altro dell’interporto. Il terminal Fs è composto da due fasci di tre binari ciascuno, mentre altri 8 binari sono disponibili presso il terminal di proprietà dell’interporto. La gestione di entrambi è affidata a Nord Est Terminal, la prima società in Italia a partecipazione mista ferrovie-interporti per i terminali intermodali; - una stazione merci ed un terminal per il trasporto combinato, strutture che 54 Tab. 3.2 - Principali caratteristiche dell’Interporto Merci di Padova Dati strutturali Quantità di merci movimentate su rotaia nel 2006 2.800.000 tonnellate Quantità di merci movimentate su gomma nel 2006 5.000.000 di tonnellate (*) Quota di merci movimentate su rotaia che utilizzano soluzioni intermodali 90% Numero di aziende insediate presso l’interporto 125 Numero di addetti operanti presso l’interporto 1.372 Stima del numero di addetti dell’indotto 3.200 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 euro 135.460.988 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 58.421.604 Altri contributi pubblici euro 1.157.092 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere 1982 Anno di entrata in funzione dell’interporto 1984 Principale modalità di acquisizione delle aree Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale 170.000 m2 Magazzini 250.000 m2 Modalità di gestione delle aree Affitto e vendita Offerta logistica dell’interporto Principali obiettivi di sviluppo Acquisto di nuovi macchinari per movimentazione merci Campagna di comunicazione per promozione dell’interporto Potenziamento offerta di city logistics Interventi ritenuti prioritari Miglioramento connessione ferroviaria Ampliamento dei piazzali movimentazione merci Potenziamento attrezzature movimentazione merci Realizzazione di una piattaforma informatica (*) Dato stimato. Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Padova Spa 55 Fig. 3.2 - Layout dell’Interporto Merci di Padova Fonte: Interporto di Padova Spa interessano un’area complessiva di 153.000 m² formata da un fascio di smistamento di 21 binari di presa e consegna, una stazione merci dotata di 7 binari dove le Fs svolgono le operazioni di carrellamento stradale dei carri merci ed un terminal intermodale Cemat per le operazioni relative a casse mobili e semirimorchi. A servizio degli operatori del trasporto e della logistica, l’interporto offre circa 250.000 m² di magazzini coperti suddivisi tra: - fabbricati per spedizionieri, raccordati ai terminal container o alla stazione merci; - fabbricati per corrieri; - due magazzini a pronti, raccordati alla rete ferroviaria e destinati a servizi di logistica distributiva; - una cittadella della logistica, di cui sono state recentemente realizzate le prime due parti per oltre 61.000 m² di magazzini, mentre la terza (6.700 m²) è in fase di completamento; - un distripark, della superficie di 47.500 m², strutturato in due corpi di fabbrica, uno dei quali raccordato alla rete ferroviaria. 56 La cittadella della logistica ed il distripark, entrambi di recente costruzione, portano ad una notevole espansione degli spazi a disposizione degli operatori e sono necessari per far fronte ad una richiesta in continua crescita. All’interno del distripark è possibile svolgere il ciclo completo della gestione logistica delle merci (logistica d’ingresso, warehousing, logistica d’uscita e packaging), beneficiando di agevolazioni doganali. Oltre a dogana, uffici, negozi e servizi ausiliari, altre strutture presenti nell’area interportuale in senso lato (intesa secondo una logica geograficofunzionale e non aziendale) sono il Mercato Agroalimentare di Padova, con un’area coperta di più di 86.000 m², ed i 100.000 m² dei Magazzini Generali, la cui estensione supera i 250.000 m². A differenza di molti interporti, quello di Padova non si limita a svolgere un ruolo di progettazione e infrastrutturazione degli spazi. Dai primi mesi del 2000, la società ha deciso di entrare direttamente nella gestione dei magazzini attraverso la costituzione di una specifica “Divisione Logistica” che accanto alla mera gestione della parte immobiliare fornirà, in particolare all’interno del Distripark e in misura diversa a seconda degli accordi e delle necessità del cliente, tutta una serie di servizi logistici. Le soluzioni personalizzate fornite dalla Divisione Logistica permettono di occuparsi di ogni passaggio della gestione merci, dallo stoccaggio alla consegna all’utente finale. Il più innovativo tra i servizi messi a disposizione è probabilmente il cityporto, operativo dal 21 aprile 2004. Il progetto, promosso dall’interporto e dall’Amministrazione comunale, in collaborazione con Provincia, Camera di Commercio e APS Holding Spa (azienda che si occupa di trasporto pubblico urbano), nasce dall’esigenza di cercare soluzioni capaci di combinare da una parte il bisogno di garantire nell’area urbana una distribuzione sempre puntuale e veloce, dall’altra l’intenzione di porre limitazioni ai veicoli per il trasporto urbano delle merci, così da minimizzare l’impatto ambientale e rendere le città più vivibili e più sicure. Grazie alla sua posizione strategica a ridosso della città e alla caratteristica di essere per natura il luogo verso cui convergono importanti quantità di merci, l’interporto rappresenta una piattaforma ideale da cui effettuare la distribuzione nel cosiddetto “ultimo miglio”. Al di là dei contributi finanziari previsti per un periodo sperimentale di quattro anni, i 7 mezzi ecologici a basso impatto ambientale utilizzati per il servizio godono della possibilità di avvalersi delle corsie preferenziali ed hanno libero accesso e possibilità di sosta all’interno della Zona a Traffico Limitato per tutte le 24 ore. L’impiego di tali veicoli consente inoltre di raggiungere un più alto livello di riempimento e permette quindi di ridurre il numero di viaggi. Gli operatori coinvolti nell’iniziativa vi partecipano su base volontaria. L’interporto offre loro supporto tecnologico ed organizzativo e, soprattutto, garanzia di neutralità. 57 3.1.3.L’Interporto di Bologna L’interporto di Bologna (tab. 3.3) sorge nel Comune di Bentivoglio in un’area a circa 20 km dalla città, in prossimità della linea ferroviaria per Padova ed a pochi chilometri dalla rete autostradale, cui accede con casello dedicato. La localizzazione prescelta consente di disporre di vasti spazi per la realizzazione delle necessarie infrastrutture e per eventuali future espansioni e la presenza nelle vicinanze del Centergross, un vero e proprio distretto del commercio che ospita 600 aziende, consente di concentrare nella medesima zona le funzioni del trasporto merci e della distribuzione all’ingrosso. All’interno dell’interporto sono attive circa 100 imprese appartenenti alla filiera logistica: corrieri, spedizionieri internazionali, spedizionieri doganali, autotrasportatori, imprese di logistica e facchinaggio ed aziende operanti presso il terminal Fs. Nella struttura gravita stabilmente una forza lavoro stimata in circa 1.300 addetti, mentre l’indotto generato dovrebbe raggiungere le 2.500 unità. I treni che transitano per l’interporto sono oltre 180 alla settimana, mentre i mezzi pesanti in entrata e in uscita sono circa 5.000 al giorno. Per la prima volta nella sua storia, nel 2006 la quota di merci movimentate utilizzando soluzioni intermodali ha superato la percentuale di quella trasportata soltanto su gomma, 46,7% contro 46,1%, mentre il 7,2% dei prodotti transitano utilizzando il trasporto ferroviario tradizionale. Tale successo si deve principalmente al potenziamento di alcuni importanti collegamenti, come quello tra Bologna e Marcianise per il trasporto combinato di casse mobili e semirimorchi o quello tra Bologna e il porto di Ravenna per il traffico container, su una tratta di 90 km. In fase di studio è invece la realizzazione di treni navetta con il porto di Livorno. La ricerca di nuovi collegamenti ferroviari è uno dei principali obiettivi dell’interporto, che ha recentemente avviato anche la tratta Bologna-Brescia e che mira ad attivare relazioni ferroviarie settimanali con il Nord-Est europeo prolungando fino a Kiev e alla Russia l’attuale linea che già collega Bologna a Budapest. Le opere finora realizzate occupano una superficie di 2.270.000 m², con progetti di espansione che porteranno l’area fino a 4 milioni di m² (fig. 3.3). Al suo interno si trovano due terminali ferroviari, entrambi di proprietà delle Ferrovie dello Stato e gestiti dalla società Net: un terminal container da 147.000 m² ed un terminal intermodale da 130.000 m². Per quanto riguarda le infrastrutture logistiche, sono disponibili: - 12 ribalte gomma-gomma; - 4 ribalte ferro-gomma; - i Magazzini Generali di stoccaggio; 58 Tab. 3.3 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Bologna Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 5.206.000 46,7% 104 1.400 2.500 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 172.990.636,00 euro 52.136.278,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1971 1981 Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 551.000 m2 300.000 m2 Vendita e affitto Offerta logistica del’interporto Specializzazioni produttive Principali obiettivi di sviluppo Interventi ritenuti prioritari Meccanica Autovetture Prodotti plastici Ampliamento fisico dell’interporto Accordi specifici di collaborazione con porti e interporti Nuova offerta di logistica urbana Miglioramento della connessione con autostradale e ferroviaria Realizzazione di una piattaforma informatica Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Bologna Spa - 5 magazzini di grandi dimensioni; - l’Agenzia delle Dogane. Nel complesso, la superficie coperta è di 300.000 m², con previsione di estenderla fino a 750.000 m² nell’arco di un decennio. Tali progetti richiedono un forte sviluppo degli investimenti, volti all’acquisizione di terreni e alla realizzazione diretta e indiretta di ribalte e magazzini destinati a futura vendita. 59 Fig. 3.3 - Layout dell’Interporto di Bologna Fonte: Interporto Bologna Spa Nel solo 2006, per esempio, gli investimenti realizzati ammontano a quasi 25 milioni di euro: risorse reperite, in massima parte, attraverso un considerevole incremento del capitale da parte dei soci, oltre che con fonti di finanziamento esterne provenienti principalmente da affidamenti bancari e anticipi da parte dei clienti. Per quanto riguarda le infrastrutture telematiche, l’interporto offre una piattaforma a banda larga che, oltre a consentire di centralizzare i servizi di sicurezza e di accedere a banche dati e servizi informativi forniti dalle Amministrazioni pubbliche, permette il controllo degli automezzi pesanti tramite il servizio Interpass. Interpass è un sistema informativo relativo al controllo degli accessi nell’interporto, che ha il compito di impedire che veicoli non autorizzati possano entrare e successivamente uscire dall’area senza avere ottenuto il consenso del personale addetto. Altra particolarità dell’interporto di Bologna è che è il primo in Italia ad avere attivato al proprio interno un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni, entrato in esercizio nell’aprile 2007. Dietro il pagamento di un canone simbolico, l’interporto ha messo a disposizione della multiutility Hera uno dei 60 suoi magazzini, sul quale sono stati istallati 1.096 pannelli fotovoltaici: il progetto, il più significativo a livello regionale, non ha particolari ritorni economici per la Società-Interporto, ma consente una riduzione dell’inquinamento atmosferico e un migliore utilizzo delle risorse energetiche. 3.2.Il sistema poliedrico del Nord-Ovest Gli interporti di Torino, Rivalta Scrivia (nella provincia di Alessandria) e Novara costituiscono un sistema poliedrico (fig. 3.4), con strutture logistiche che sembrano attualmente impegnate nel raggiungimento di obiettivi diversi, ma fra loro complementari. Il livello di movimentazione delle merci è nel complesso abbastanza consistente, sebbene non comparabile con ciò che avviene nei principali interporti del Nord-Est. Dato però il posizionamento strategico di tali strutture – non lontane dai confini francese e svizzero e dalla direttrice plurimodale dell’Alto Tirreno (con la presenza di porti di primaria importanza quali Genova, Savona e La Spezia) – il loro potenziale di crescita appare rilevante. Le previsioni di breve periodo stimano, infatti, l’aumento ulteriore delle attività di movimentazione, con un contributo rilevante alla crescita di competitività del territorio in cui essi insistono. Fig. 3.4 - Sistema interportuale del Nord-Ovest Fonte: Censis 61 Gli orientamenti diversi e complementari di tale sistema poliedrico possono essere sintetizzati come segue: - la struttura di Torino ambisce ad essere una moderna piattaforma logistica collocata nel cuore del Piemonte con una strategia bifocale: da un lato essa intende essere centro logistico di smistamento e trattamento merci al servizio del tessuto produttivo regionale, ancora di forte matrice manifatturiera; dall’altro lato essa intende fungere da porta intermodale per le merci destinate alla Francia ed al Nord-Ovest europeo attraverso il Frejus. Una delle peculiarità modali presenti nel polo logistico torinese è poi costituita dall’autostrada ferroviaria alpina, attualmente costituita da 4 treni giornalieri a/r Italia/Francia; - l’Interporto di Rivalta Scrivia, si configura come struttura altamente orientata da un lato a fungere da piattaforma complessa, in cui le merci non vengono solo movimentate e immagazzinate, ma subiscono operazioni ad elevato valore aggiunto (assemblaggio, imballaggio, lavorazioni su prodotti grezzi poi direttamente trasferiti in impianti esterni per una ulteriore lavorazione); da questo punto di vista forte è ormai il legame con numerose aziende dell’Alessandrino e del Cuneese, determinando una marcata identità localistica di questa struttura intermodale. Dall’altro lato l’interporto sta consolidando la propria funzione di naturale area retroportuale di Genova Voltri, attualmente collegata con un treno a/r giornaliero; - l’interporto di Novara è fortemente orientato all’intermodalità, svolgendo per ora poche operazioni di magazzinaggio; l’85% dei 5 milioni di tonnellate di merci all’anno che vi transitano sono sottoposte a trasporto combinato. Il Cim di Novara ambisce a rafforzare i legami con i nodi della rete logistica posti nel Nord Europa lungo una direttrice che attraversa la Svizzera, l’Austria e prosegue verso i porti del Mare del Nord: Rotterdam, Anversa e Zeebrugge sono infatti i punti di destinazione di una parte consistente delle merci che transitano per l’interporto di Novara, che tuttavia riesce nel contempo a fungere da sistema retroportuale di Genova; È indubbio che i tre interporti trovano la propria ragion d’essere nel fitto tessuto di imprese manifatturiere e di servizi del territorio circostante, oltre che nella vicinanza ad un sistema portuale ligure che necessita di spazi merci più ampi di quelli oggi disponibili. Il transito merci tra Genova Voltri e Rivalta Scrivia a cadenze regolari attraverso il treno shuttle (giornaliero) istituito a partire da settembre 2007 traccia un percorso interessante di collaborazione efficace e possibile tra due nodi logistici e delinea i fondamenti di una buona prassi che andrebbe replicata in ulteriori contesti e che, pur timidamente, inizia a diffondersi presso altri interporti italiani. 62 Vi è, infine, un ulteriore aspetto che accomuna i tre interporti: essi appaiono come tre strutture in divenire, in cui processi, metodi e infrastrutture sono costantemente aggiornati e ampliati con il fine di modernizzare le piattaforme logistiche che essi rappresentano. Così, la società Sito intende fare dell’interporto di Torino non solo un transit point, ma una struttura in grado di creare valore aggiunto tramite la lavorazione sulle merci e tramite l’offerta di servizi di alta logistica. Tra le sue recenti realizzazioni vi è un magazzino totalmente meccanizzato e informatizzato di circa 22.000 mq, sul versante intermodale è invece prevista entro due/tre anni la realizzazione di una nuova piattaforma intermodale di circa 60.000 mq, con magazzini raccordati alla ferrovia per oltre 30.000 mq ed un traffico previsto di 5 treni completi a settimana. Rivalta Scrivia intende investire ulteriormente sulle attività di movimentazione “lato terra” in collaborazione con i porti liguri antistanti. L’Interporto Cim di Novara intende ampliare in modo sostanziale le attività di magazzinaggio e logistica non configurandosi più solo come transit point. È probabilmente in questa evoluzione costante che si configura un vantaggio competitivo per ciascuna di queste strutture, ovvero la capacità di adattarsi alle evoluzioni continue del mercato e della struttura produttiva incardinata nel territorio. 3.2.1.L’Interporto Sito di Torino-Orbassano Operativo dai primi anni ’90, l’interporto (tab. 3.4) ha tra i suoi punti di forza la collocazione geografica, con una posizione baricentrica (localizzato ad Orbassano a sud-ovest di Torino) nel Nord-Ovest italiano (quindi con la possibilità di essere un punto di confluenza di merci da direzioni diverse in una arco temporale abbastanza breve) e l’immediata connessione con la A32 verso la Francia, con il sistema ferroviario che attraversa il Frejus e con la A5 verso la Svizzera. La posizione geografica permette pertanto a questo interporto di configurarsi come piattaforma logistica utile a fluidificare e ad incentivare l’intermodalità da e verso le Alpi, sulla direttrice del Corridoio V, verso Lione. Questo orientamento a fungere da piattaforma merci destinate al Quadrante europeo Nord-occidentale sta acquisendo consistenza anche attraverso il consolidamento del servizio dell’Autostrada Viaggiante (che consente il trasporto di veicoli completi o dei semirimorchi), con quattro collegamenti giornalieri via ferro a/r con la Francia, passando per il traforo del Frejus, a partire dal novembre 2003. Il centro controllo traffico, il gruppo manovra, il terminal ed i piazzali di stoccaggio consentono di integrare le diverse modalità di trasporto: attualmente, il 30% dei 3 milioni di merci movimentati viaggiano tramite 63 Tab. 3.4 - Principali caratteristiche dell’Interporto Sito di Torino-Orbassano Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Quota di traffico ferroviario tradizionale Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 2.700.000 30% 20% 223 2.023 4.000 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive n.d. euro 45.596.230,34 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1985 1990 Procedure d’esproprio e accordi bonari d’acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 80.000 m2 900.000 m2 (superficie complessiva, compresi spazi esterni) Concessione - Affitto - Vendita Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Specializzazioni produttive Interventi ritenuti prioritari Automotive Magazzini a temperatura controllata Materie prime Ampliamento fisico dell’interporto Rapporti di collaborazione con il sistema dei porti Miglioramento attrezzature movimentazione merci Fonte: elaborazioni Censis su dati Sito Spa intermodale, cui si aggiunge un’ulteriore quota del 20% che transita tramite ferrovia tradizionale. Gli spazi disponibili sono molto consistenti, in particolare: 900.000 metri quadri destinati a magazzini e 150.000 metri quadri per lo stoccaggio all’aperto, cui si aggiungeranno 500.000 metri quadri per ulteriori insediamenti logistici. È in previsione la realizza64 Fig. 3.5 - Layout dell’Interporto Sito di Torino Fonte: Interporto Sito Spa zione di una magazzino di 120.000 metri quadri totalmente automatizzato (fig. 3.5). Come in molti casi, anche l’Interporto Sito di Torino si sta orientando verso l’offerta di servizi logistici specializzati per filiera: in particolare la movimentazione ed il transito merci riguarda attualmente per lo più prodotti del settore automotive, prodotti alimentari e materie prime. Specie per i due primi comparti citati, appare evidente il forte “ancoraggio” di questa struttura al territorio di appartenenza che ha, infatti, come propri punti di forza sia l’industria della componentistica auto che le produzioni alimentari. Inoltre si vanno diffondendo all’interno dell’area interportuale attività di manipolazione delle merci stoccate, come l’imballaggio, il lavaggio (specie nel caso di prodotti dell’ortofrutta) ed il confezionamento. Fa parte della policy dichiarata dell’interporto avere solo una funzione di gestione delle aree disponibili mentre l’erogazione dei servizi viene affidata o a privati o a società partecipate dall’ente gestore dell’interporto. 65 È attualmente difficile individuare delle vere criticità: la struttura dispone di ampi spazi, il livello di utilizzo del trasporto combinato va lentamente aumentando, i sistemi Ict più avanzati sono utilizzati, l’area è completamente cablata e vi è in previsione, come indicato in precedenza, la realizzazione di nuove strutture di stoccaggio e l’ampliamento delle superfici destinate ad insediamenti logistici. Ovviamente sono possibili ulteriori interventi ed è per questo che la società di gestione dell’interporto (Sito Spa) intende migliorare la connessione con il sistema ferroviario e la gestione delle merci in entrata ed in uscita, potenziare la dotazione di macchinari per la movimentazione ed il sollevamento merci, oltre ad avviare accordi di collaborazione con i porti più vicini. 3.2.2.L’Interporto di Rivalta Scrivia Primo interporto ad essere realizzato in Italia (operativo dal 1966), Rivalta Scrivia (tab. 3.5) si caratterizza per il forte accentramento delle funzioni organizzative ed operative nella società di gestione (l’Interporto Rivalta Scrivia Spa). È questo l’effetto determinato dalla fatto che esso nacque per esclusiva iniziativa di soggetti privati, i quali, solo di recente, hanno aperto il capitale societario alla partecipazione pubblica. Questo nodo logistico si è inoltre sempre contraddistinto per una marcata e positiva vocazione localistica e per il forte radicamento nel territorio, nel senso che esso ha sempre intercettato i flussi di merci soprattutto delle aziende della provincia di Alessandria e di poche altre delle province contermini, non limitandosi peraltro allo stoccaggio o alla movimentazione ma effettuando, spesso in modo molto intenso, alcune lavorazioni di trasformazione, soprattutto sui prodotti alimentari. Rivalta Scrivia si è specializzata in particolare nella lavorazione di prodotti alimentari grezzi (ad esempio: burro di cacao), nell’imballaggio e raggruppamento di merci destinate a centri commerciali della Grande Distribuzione Organizzata. All’interno dell’interporto sono stati pertanto creati appositi impianti per lo svolgimento di tali operazioni sulle merci. La vicinanza al casello di Tortona consente una facile accessibilità agli assi autostradali A7 e A21, ma soprattutto la vicinanza al porto di Genova, ha sempre fatto della struttura di Rivalta Scrivia il retroporto di Genova Voltri. La possibilità di fare uscire o entrare nel porto del capoluogo ligure solo su ferro una parte delle merci sbarcate o da imbarcare consente il parziale decongestionamento degli assi stradali di accesso al porto con beneficio per la città ligure. Sebbene molto possa essere ancora fatto per ottimizzare i flussi di mezzi di trasporto in entrata ed in uscita dal porto di Genova, l’attivazione, 66 Tab. 3.5 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Rivalta Scrivia Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci movimentate su rotaia Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 1.382.000 20% 6 595 1.000 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 125.230.825,27 euro 25.656.275,96 euro 413.160,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1963 1966 Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 300.000 m2 360.000 m2 Gestione diretta Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Principali obiettivi di sviluppo Soft commodities Beni di largo consumo/GDO Autovetture Ampliamento fisico dell’interporto Acquisto di nuovi macchinari per movimentazione merci Ampliamento relazioni con il sistema dei porti Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Rivalta Scrivia Spa dal mese di settembre 2007, di un treno navetta a/r tra l’interporto di Rivalta Scrivia ed il porto genovese rappresenta il primo passo per una collaborazione con ricadute positive dal punto di vista ambientale, di decongestionamento dell’area portuale genovese e di accelerazione del tempo di consegna delle merci. Esistono inoltre le condizioni per intensificare questo tipo di servizio di rapida movimentazione merci “lato terra” se Rfi permettesse un più intenso utilizzo della linea ferroviaria tra l’interporto ed il porto. Altri porti con cui Rivalta Scrivia ha rapporti regolari sono quello di La Spezia e di Ravenna. 67 Nella prospettiva di fungere da piattaforma logistica complessa, inoltre, l’interporto sta realizzando un nuovo terminal al fine di accogliere ed operare con convogli di 650 metri, fino ad arrivare ad una lunghezza massima di 1.000 metri. Le merci movimentate nel 2007 hanno superato 1.700.000 tonnellate (in crescita rispetto agli anni precedenti), il 25% delle quali subisce lavorazioni e trasformazioni all’interno dell’interporto. Il 20% del movimentato inoltre transita su ferro tradizionale ed il restante 80% su gomma. In sostanza non viene praticata l’intermodalità nel senso più stretto e tecnico del termine, ovvero non si sviluppano traffici containerizzati con modalità mista ferro-gomma, ma la quota di utilizzo del mezzo ferroviario appare apprezzabile anche se la prospettiva dovrebbe essere l’intensificazione della stessa. La dotazione di spazi è abbastanza consistente, con 250.000 metri quadri di piazzali per autoveicoli, con 300.000 metri quadri di terminal intermodale in fase di ampliamento, con 360.000 metri quadri di magazzini e 10.000 metri quadri per uffici (fig. 3.6). Gli obiettivi di medio periodo consistono in un ulteriore radicamento dell’interporto nel territorio di riferimento fungendo da piattaforma al servizio Fig. 3.6 - Layout dell’Interporto di Rivalta Scrivia Fonte: Interporto Rivalta Scrivia Spa 68 delle imprese locali e da struttura di smistamento “lato terra” soprattutto dei sistemi portuali dell’alto Tirreno. Pertanto è previsto in primis il rafforzamento del dialogo con i porti vicini, in particolare con Genova, ma anche una ulteriore azione di modernizzazione della struttura attraverso il potenziamento dei macchinari di movimentazione merci, il potenziamento della dotazione di Ict – Tecnologie dell’informazione e comunicazione, la disponibilità di nuovo materiale rotabile. 3.2.3.L’Interporto Cim di Novara Con i 156 treni a settimana collegati con le aree portuali del Nord Europa, l’Interporto Cim di Novara (tab. 3.6) si configura come una delle strutture intermodali più aperte agli scambi con l’estero. La collocazione nelle immediate vicinanze di un centro economico e produttivo come Milano e la possibilità di una rapida connessione con la Svizzera conferiscono all’Interporto Cim di Novara degli indubbi vantaggi competitivi e la possibilità di gestire flussi di ampio respiro. Non è un caso che esistano ormai rapporti stabili con i porti olandesi e belgi di Rotterdam, Genk, Anversa, Ostenda, Zeebrugge, ma anche con quello francese di Le Havre. Il livello di movimentazione raggiunto nel 2007 si avvicina ai 5 milioni di tonnellate, l’85% delle quali con trasporto intermodale. Tale percentuale così elevata è determinata dalla forte specializzazione in attività di trasporto e da pochi spazi oggi destinati ad attività di magazzinaggio. La struttura novarese ha preferito focalizzarsi sull’attività di interscambio, sebbene sia prevista l’intensificazione delle attività di stoccaggio delle merci con la realizzazione di ulteriori magazzini oltre a quelli attuali presenti su 28.000 metri quadri. Che il Cim ambisca ad essere prima di tutto una piattaforma di movimentazione merci specie dal Northern Range è d’altra parte sottolineato oltre che dall’allestimento settimanale dei 156 treni cui in precedenza si è fatto riferimento anche dal transito giornaliero di almeno 500 camion che trasportano container, casse mobili, semirimorchi e cisterne. In tale modo la struttura si configura ormai come un interessante: - punto di confluenza di merci provenienti dal Nord Europa e da una vasta porzione del sistema produttivo collocato nel Nord-Ovest (Piemonte e Lombardia in particolare) - e anello di congiunzione Nord-Sud, grazie al transito di merci provenienti dal Northern Range e dal Nord Italia e diretto al Centro-Sud, specie verso la direttrice tirrenica (esiste ad esempio un rapporto stabile con lo scalo merci di Pomezia, nel Lazio). 69 Tab. 3.6 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Novara Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 194.476 Uti Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali 85% Numero di aziende insediate presso l’interporto 20 Numero di addetti operanti presso l’interporto 100 Stima del numero di addetti dell’indotto 250 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 euro 74.636.674,00 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 8.505.971,86 Altri contributi pubblici euro 7.753.795,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere 1987 Anno di entrata in funzione dell’interporto 1995 Principale modalità di acquisizione delle aree Accordi bonari all’interno di procedure d’esproprio Criticità emerse nella fase di realizzazione Pianificazione urbanistica Procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale 200.000 m2 Magazzini 28.500 m2 Modalità di gestione delle aree Affitto Offerta logistica dell’interporto Interventi ritenuti prioritari Realizzazione di magazzini frigo Impianto di pannelli fotovoltaici Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Nuovo materiale rotabile Miglioramento gestione dei flussi di merce Potenziamento delle relazioni con porti e interporti Ampliamento dei servizi di movimentazione merci Offerta di logistica urbana Fonte: elaborazioni Censis su dati Cim Spa 70 Sebbene la parte più consistente dei servizi caratteristici di un interporto siano oggi disponibili (dalle officine per la pulizia delle merci a quelle per la riparazione dei container, dal terminal container agli impianti per il packaging di alcuni prodotti), il Cim di Novara punterà a breve sulla realizzazione di strutture per la refrigerazione e sull’attivazione di una serie di servizi per l’espletamento delle operazioni di logistica in entrata ed in uscita (disbrigo pratiche doganali, tracciabilità e identificazione delle merci, ecc.) e per l’avvio di city logistics per la città di Novara e Milano. Interessante infine l’impegno alla realizzazione di un impianto con pannelli fotovoltaici per la produzione di energia, specie in previsione della realizzazione dei magazzini refrigerati. Come per i principali interporti che cercano un migliore posizionamento di mercato, anche il Cim di Novara ha come obiettivi di medio periodo lo sviluppo di una strategia fondata soprattutto sul dialogo ed il rafforzamento dei rapporti con altri nodi logistici del territorio nazionale, a cominciare dai porti (in particolare, si rivela strategico il rapporto con Genova Voltri) e con altri operatori della logistica. 3.3.Trento e Cervignano: il tentativo di razionalizzare i flussi transnazionali attraverso i valichi alpini L’Italia si colloca lungo due dei principali corridoi di traffico che attraversano l’Unione europea: il Corridoio I, che tramite l’asse del Brennero la collega all’Europa centro-settentrionale, ed il Corridoio V, che la taglia da Est a Ovest. Indubbiamente intercettare e partecipare a tali flussi rappresenta una preziosa opportunità per la crescita economica del Paese, ma pone al contempo delicati problemi di congestionamento che se non vengono adeguatamente fronteggiati rischiano di limitarne le potenzialità di sviluppo. Il livello di saturazione della viabilità può essere ridotto attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture, capaci di sostenere i ritmi di crescita di un traffico stradale in costante aumento, oppure mediante un migliore utilizzo di quelle già esistenti. Il problema è particolarmente delicato quando coinvolge ecosistemi come quelli alpini, dove la salvaguardia dei valori ambientali assume un’importanza fondamentale. In tale contesto, puntare su una maggiore efficienza dei sistemi di trasporto attraverso una scelta politica forte che promuova l’intermodalità e ponga un plafond al trasporto su strada sembra una via obbligata, tanto più che a differenza della rete stradale quella ferroviaria mostra ancora notevoli margini di crescita, con percentuali di utilizzo ancora molto distanti dal 50% della capacità potenziale. 71 3.3.1.L’Interporto di Trento L’interporto di Trento (tab. 3.7) è portatore, sotto molti aspetti, di interessanti peculiarità all’interno del sistema interportuale italiano. Ne costituiscono esempi di rilievo la particolare specializzazione intermodale, il modello gestionale, gli investimenti realizzati e gli obiettivi di lungo termine. Nel 2007, il volume di merci movimentate presso l’interporto ha raggiunto 5,6 milioni di tonnellate, un milione in più rispetto all’anno precedente. Il servizio intermodale accompagnato (Autostrada Viaggiante), attivo dal 2001, rappresenta il punto di forza dell’offerta di Interbrennero Spa. Nel 2006 le tonnellate di merci movimentate con il servizio di Autostrada Viaggiante sono pari a 1.200.000, valore corrispondente al 65% della movimentazione ferroviaria totale dell’interporto. Tale servizio è attivo sulla tratta Trento-Woergl e prosegue fino a Regensburg. Il 23% del ferroviario movimentato, pari a 410.000 tonnellate, è invece costituito da spedizioni realizzate con il servizio intermodale non accompagnato (tratte Trento-Colonia, Trento-Norimberga e Trento-Ferrara, cui si aggiungerà la futura relazione tra Trento e Monaco). Il restante 12% (230.000 tonnellate) è composto dal trasporto ferroviario tradizionale di merci sfuse o pallettizzate (Ravenna, Forlì, Ferrara, Milano e Duisburg). In un anno, lungo i 241 km della tratta Trento-Woergl il servizio di Autostrada Viaggiante ha reso possibile sottrarre dalla circolazione su gomma 37.440 TIR. I 14 treni che quotidianamente effettuano il collegamento di andata e ritorno tra le due città stanno lavorando a pieno regime, con un tasso medio di utilizzo delle navette pari al 90% e con la previsione di raddoppiare l’offerta entro il 2009. L’intermodale accompagnato ha successo perché offre agli operatori un’opportunità per bypassare il valico del Brennero conveniente sia in termini di tempo che di costi: - innanzitutto, l’utenza che ha un contratto continuato con Interbrennero Spa può contare su una tariffa chilometrica inferiore rispetto al tutto-strada: può spendere fino a 0,75 euro/km rispetto a costi su strada compresi tra 1,10 euro/km e 1,50 euro/km; - il tempo di attraversamento, comprensivo delle operazioni di imbarco e sbarco, è equivalente o addirittura inferiore rispetto a quello impiegato su gomma. I tempi potrebbero essere ridotti ulteriormente se si adeguasse la vigente normativa ferroviaria, che non permette al personale viaggiante di operare su territorio estero; - inoltre, per le imprese vi è anche il beneficio derivante dal fatto che sul treno il cronotachigrafo digitale si ferma e l’autotrasportatore può svolgere le ore di riposo previste per legge nell’apposita carrozza passeggeri; 72 Tab. 3.7 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Trento Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci movimentate su rotaia 4.634.313 40,4% (65% spedizioni intermodali accompagnate; 23% spedizioni non accompagnate; 12% ferroviario tradizionale) Numero di aziende insediate presso l’interporto 73 Numero di addetti operanti presso l’interporto 1.147 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 39.638.000,00 euro 0,00 euro 50.000,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1982 1984 Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 138.213 m2 85.000 m2 Gestione diretta-Affitto-Vendita Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni logistiche Autostrada Viaggiante Pietrisco-ballast ferroviario Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Ampliamento delle relazioni con porti e interporti Interventi ritenuti prioritari Miglioramento della connessione con rete ferroviaria Miglioramento della gestione dei flussi di merci Realizzazione di una piattaforma informatica Fonte: elaborazioni Censis su dati Interbrennero Spa - non da ultimo, vi sono i vincoli per il superamento del Brennero dettati dallo Stato austriaco, che tra le 22 di sera e le 6 del mattino raddoppia la tariffa per il superamento del Ponte Europa, mentre l’Autostrada Viaggiante permette di spostarsi anche durante la notte senza dover sostenere costi aggiuntivi. 73 Nonostante i numerosi vantaggi, l’intermodalità accompagnata è spesso criticata in quanto definita un servizio non ottimale, poiché fa muovere oltre alle merci anche la tara. Tale posizione, che sarebbe condivisibile se la rete ferroviaria operasse ad un livello prossimo a quello di saturazione, non è tuttavia compatibile con l’urgente e fondamentale necessità di incentivare il trasporto combinato: - va detto che l’asse ferroviario del Brennero, a differenza della corrispondente autostrada, è ben lungi dall’essere saturo. A fronte di una capacità di 240 treni giornalieri, oggi se ne spostano 150. Secondo le previsioni, la rete è tranquillamente in grado di reggere i tassi di crescita previsti per i prossimi 15 anni e soltanto in seguito si potrebbe porre effettivamente il problema dell’efficienza complessiva del servizio; - gran parte degli autotrasportatori non è ancora pronto a convertirsi all’intermodale puro non accompagnato, sia per ragioni di ordine strutturale che di mentalità. Con riferimento al primo aspetto, in Italia le imprese o sono poco strutturate (realtà di piccole dimensioni prive di sedi all’estero) oppure sono eccessivamente strutturate sul tutto-gomma, in termini di mezzi e di personale, ed hanno bisogno di tempo per aggiornarsi, adeguarsi e modificare la propria organizzazione aziendale. Per quanto riguarda la mentalità, il trasportatore ha maturato negli anni una forte diffidenza nei confronti del sistema ferroviario. L’intermodale accompagnato può consentirne un graduale riavvicinamento, da realizzarsi non chiedendogli di smantellare la propria flotta ma semplicemente il modo in cui viene gestita, pensando di farne viaggiare una quota anche su ferrovia. Se l’esperienza sarà positiva, allora le quote di intermodalità accompagnata aumenteranno e questo potrebbe essere il primo passo per una progressiva conversione all’intermodale puro. Favorire una conversione graduale e progressiva degli operatori all’intermodalità: è questa la sfida che si pone Interbrennero. Coerentemente con tale obiettivo, la società ha adottato un modello di gestione degli spazi molto particolare. Non si limita, infatti, a mettere a disposizione delle aziende i magazzini e gli uffici che provvede a edificare: ogni contratto di cessione o di locazione contiene impegni ben precisi e garantiti con fideiussione bancaria che vincolano ad effettuare, per i primi 6 anni dall’insediamento, una certa quota di spedizioni intermodali. Qualora non venissero realizzate, l’impresa dovrà pagare una penale per ogni Uti o spedizione mancante. L’aspettativa di Interbrennero è che aziende esclusivamente dedite al tutto-gomma riescano nel corso di sei anni a convertire la propria struttura, perché avranno avuto modo di riorganizzare le sedi nazionali ed estere e di comprendere la convenienza in termini di tempi e di costi rappresentata dall’intermodalità. 74 Terza peculiarità dell’interporto di Trento riguarda la questione degli investimenti e più in generale l’assetto economico-organizzativo. Tutti i lavori, infatti, sono stati auto-finanziati attraverso incrementi di capitale e utili reinvestiti nella struttura: i terreni sono stati acquisiti e le opere realizzate senza che l’interporto di Trento abbia potuto accedere ai finanziamenti previsti dalla legge 240/90 né da altri contributi statali o comunitari. L’area interportuale del Brennero sta fiorendo attraverso un approccio gestionale di tipo privatistico, basato su ricerche di mercato, identificazione delle aree di business e verifica della clientela potenziale, con contratti pre-firmati prima di iniziare gli investimenti. Un simile approccio non esclude, ovviamente, un ruolo di primo piano degli enti pubblici locali nell’iniziativa. La scommessa di puntare sul potenziamento della rete ferroviaria rappresenta la risposta politica e strategica della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province Autonome di Trento e Bolzano al continuo incremento dei traffici lungo l’asse del Brennero. Invece che realizzare opere sulla rete viaria come per esempio la terza corsia della A22 o la costruzione dell’autostrada Valdastico Nord, tali enti hanno scelto di investire in via prioritaria con forza e con ottimi risultati sull’intermodalità. Hanno pertanto deciso, in sinergia con altri partner pubblici e privati, di acquistare, senza ricorrere a procedure d’esproprio, 100 ettari di terreni da destinare alla costruzione di una piattaforma logistica. La decisione di non avvalersi di strumenti pubblici quali l’esproprio, giudicati incompatibili con la natura privatistica della società, ha portato ad acquistare i terreni ai prezzi di mercato, che in quella valle arrivano a circa 450 euro al m². Il costo dei terreni ha spinto notevolmente verso l’alto il valore complessivo degli investimenti realizzati: tra il 2003 e il 2008 la società ha mosso, direttamente o indirettamente, risorse per 350 milioni di euro, benché quelle ascrivibili alla capogruppo Interbrennero ammontino a una cifra molto inferiore. Sebbene il terminal intermodale sia in funzione già dal 1994, gli investimenti più significativi hanno avuto inizio nel 1999: si pensi che se nel 2006 il trasporto ferroviario ha superato 1,8 milioni di tonnellate e nel 2007 dovrebbe essere arrivato a 2,4 milioni di tonnellate, nel 1999 era soltanto di 104.000 tonnellate. Allo stato attuale, l’interporto è completamente cantierato (fig. 3.7). Su un’area complessiva di 1 milione di m² adiacenti allo scalo ferroviario pubblico sono stati realizzati un terminal intermodale di quasi 150.000 m² dotato di 9 aste di binari di cui una impermeabilizzata per le lavorazioni speciali ed 85.000 m² di magazzini. I lavori porteranno ad una superficie coperta di 148.000 m² suddivisa in 8 lotti destinati agli autotrasportatori artigiani e industriali e alle imprese della logistica, oltre che ad attività di commercio 75 Fig. 3.7 - Layout dell’Interporto di Trento 3 1 11 2 5 4 6 7 10 8 11 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Autoparco Circuito doganale Scalo merci FS Terminal Centro servizi Centro direzionale Autotrasportatori artigiani Autotrasportatori industriali Trentino Trasporti spa 9 11 12 10 Sait scarl 11 Magazzini per la logistica 12 Piattaforma commercio ingrosso e dettaglio Strutture realizzate al 2007 Strutture in costruzione Fonte: Interbrennero Spa all’ingrosso. È in corso di realizzazione anche la costruzione di un centro direzionale e di un centro servizi che conterranno uffici, un albergo da 187 posti letto, un auditorium, spazi commerciali e per la ristorazione, oltre ad un’officina multimarca. Uno degli investimenti più lungimiranti effettuati dall’interporto riguarda l’assetto informatico-organizzativo, concepito con lo specifico intento di comprimere al massimo i tempi morti per i trasportatori. Oggi l’interporto di Trento garantisce un tempo massimo di presa e consegna delle unità di carico, con tutte le operazioni compiute e verifica dell’integrità esterna, inferiore ai 15 minuti. Tutte le procedure sono infatti automatizzate e gestite mediante un sistema software: per accedere all’interporto i veicoli entrano in aree di decompressione dove avviene la filmatura dell’unità di carico, la verifica della sagoma e la pesatura in linea (l’interporto di Trento è l’unico che effettua la pesa di tutti i mezzi che entrano ed escono). Sono quindi indirizzati presso un terminal di accettazione ove, a seguito di esito positivo di conformità, si rilascia la carta d’imbarco. Lavorando soltanto su prenotazione, l’interporto 76 attraverso le tecnologie informatiche sa quando la merce arriverà, come e quale posizione prenderà sul treno. Il trasportatore potrà quindi posizionarsi sul binario in corrispondenza del punto ove avverrà il “tiro di gru” per il trasferimento del carico, senza messa a terra, riducendo i tempi di attesa e i costi del servizio. L’interporto di Trento è particolare, nello scenario logistico italiano, anche per quanto riguarda gli obiettivi di lungo termine. A differenza degli altri protagonisti del sistema, infatti, sembra (forse paradossalmente) perseguire la finalità di non espandersi ulteriormente, auspicando anzi una riduzione dei valori di traffico. Tale atteggiamento non deve stupire: si consideri che la finalità principale della società Interbrennero Spa è sottrarre dalla circolazione stradale il maggior numero possibile di veicoli. L’interporto può risolvere o almeno alleviare il problema tra il valico del Brennero e la città di Trento, mentre resta, invece, per tutta la parte sud della regione. Per tale ragione Interbrennero Spa è attualmente impegnata nel potenziamento e nella realizzazione di terminali intermodali nel Nord Italia, a Domegliara di Valpolicella, Nogara, Isola della Scala e Somma Campagna nel veronese e a Bondeno nel ferrarese, con l’intento di poter incentivare l’utilizzo dell’intermodalità (accompagnata e non) già al di fuori del Trentino Alto Adige. 3.3.2.L’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli Come quello di Trento con riferimento all’Europa centro-settentrionale, l’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli (tab. 3.8) sorge in una posizione strategica per quanto concerne i collegamenti tra l’Italia e l’Europa centro-orientale. Gode, infatti, dell’indubbio vantaggio di essere ubicato proprio sugli assi ferroviario e autostradale del Corridoio V, attraversati da un volume di merci in continua crescita, e lungo la trasversale orientale che tramite il valico di Tarvisio collega le regioni adriatiche con l’Austria. Proprio l’attraversamento del valico alpino del Tarvisio palesa l’urgente necessità di un interporto friulano a regime, capace di sottrarre dalla strada un traffico pesante in continua crescita. Il Tarvisio è il valico che nell’ultimo decennio ha visto crescere maggiormente il transito di mezzi pesanti, che sono passati dai 500.000 veicoli all’anno del 1995 a 1.404.000 nel 2004: un incremento del 180% che porta a far convergere lungo tale direttrice il 18,9% del traffico merci complessivo che attraversa le Alpi, a fronte di un più modesto 9,7% di dieci anni prima. Lo squilibrio modale è molto elevato, con un’incidenza del trasporto ferroviario che non supera il 23%: si stima infatti che attraverso il Tarvisio transitino su gomma 19,1 milioni di tonnellate di merci, 77 Tab. 3.8 - Principali caratteristiche dell’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli Dati strutturali Quantità di merci movimentate nel 2006 105.000 tonnellate + 8.400 Uti Quota di intermodalità 98% Numero di aziende insediate presso l’interporto 1 Numero di addetti operanti presso l’interporto 30 Stima del numero di addetti dell’indotto 100 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 euro 48.255.572 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 9.768.292 Altri contributi pubblici euro 7.786.956 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere 1997 Anno di entrata in funzione dell’interporto 2007 Principale modalità di acquisizione delle aree Procedure d’esproprio e accordi bonari di acquisizione Criticità emerse nella fase di realizzazione Criticità nelle procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale 160.000 m2 Magazzini 24.000 m2 Modalità di gestione delle aree Gestione diretta per intermodale, affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Merci pericolose Interventi ritenuti prioritari Miglioramento della connessione con il sistema autostradale Miglioramento dei sistemi di gestione dei flussi di merci Potenziamento della dotazione informatica Accordi di collaborazione con i porti Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Ampliamento dell’offerta di servizi rivolti alle merci Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli Spa 78 mentre su rotaia vengono movimentate appena 5,8 milioni di tonnellate, valore rimasto sostanzialmente stabile nell’arco del decennio. Tale tendenza si è verificata nonostante negli stessi anni sia stata completata la nuova linea Pontebbana tra Udine e il Tarvisio, a doppio binario elettrificato, che ha notevolmente incrementato la capacità ferroviaria: sulla nuova linea si potrebbero agevolmente trasportare da 20 a 25 milioni di tonnellate di merci all’anno, con uno sfruttamento delle potenzialità offerte che attualmente non supera il 20%. Nella prospettiva di un rafforzamento dell’intermodalità per gli attraversamenti alpini, la localizzazione geografica dell’Interporto Alpe Adria e la qualità e quantità delle infrastrutture che tale nodo mette a disposizione degli operatori possono consentirgli di assumere un ruolo decisamente significativo, anche se non mancano una serie di problemi che ne frenano le potenzialità di sviluppo. Cervignano del Friuli è collocato in una posizione baricentrica rispetto ai più importanti centri urbani e logistici della regione: Udine, a Nord, dista 29 km; Gorizia, a Nord-Est, 29 km; Pordenone, a Nord-Ovest, 62 km; Trieste, con il suo importante porto, si trova a circa 48 km di distanza in direzione Sud-Est; 29 km dista anche il porto di Monfalcone; Porto Nogaro è invece soltanto a 11 km. L’Interporto è tuttavia ancora carente sotto il profilo dei collegamenti viari: l’autostrada A4 passa a 9 km di distanza ed il traffico merci si sovrappone a quello locale attraversando il centro abitato. Per ovviare a tale problema, si è deciso di realizzare un nuovo collegamento tra l’autostrada e l’interporto, prevedendo la costruzione di un casello dedicato e una variante alla strada statale di grande comunicazione che ne consenta l’accesso diretto senza dover passare dal Comune di Cervignano. Come qualsiasi infrastruttura puntuale, l’interporto di Cervignano del Friuli può essere realmente competitivo soltanto se inserito in un contesto complessivo efficiente: la predisposizione della viabilità di accesso ed un migliore collegamento con l’autostrada è pertanto indispensabile. Sembra che i ritardi, che hanno paralizzato l’attività dell’interporto per quasi due anni, siano dovuti alla necessità di comprendere con precisione quale sarà l’esatto percorso della linea Alta Velocità/Alta Capacità in via di definizione. Per quanto riguarda le strutture a disposizione, il centro intermodale è stato concepito per essere realizzato in due fasi, la prima ad Est e la seconda ad Ovest del grande scalo di smistamento ferroviario di Cervignano, la prima con una partecipazione attiva da parte dell’Amministrazione regionale e la seconda lasciando spazio all’iniziativa degli operatori privati. La prima fase, che si sviluppa su una superficie complessiva di circa 46 ettari, ha visto la costruzione: 79 - di un terminal intermodale da 160.000 m², costituito da 6 binari da 750 m ed un binario di raccordo al limitrofo scalo di smistamento ferroviario; - di 24.000 m² coperti, costituiti da due magazzini raccordati; - di un piazzale operativo per l’intermodalità; - di 7.000 m² di tettoie per il ricovero delle merci. La seconda fase prevede la realizzazione di ulteriori 26.000 m² di magazzini con i relativi piazzali di sosta e di altri 17.000 m² di tettoie ed occupa una superficie di circa 51 ettari. Sarà possibile servire tale area mediante un apposito binario di raccordo, già previsto nel piano regionale particolareggiato, anche se manca al momento la copertura economica. Il problema si spiega con l’intenzione di non apportare contributi pubblici alla realizzazione della seconda fase: l’idea che sta alla base della costruzione dell’Interporto Alpe Adria prevedeva infatti un ruolo attivo della Regione, attraverso una società controllata, soltanto nella fase di start-up dell’interporto per poi lasciare al mercato la realizzazione delle ulteriori opere. Se il progetto di realizzazione dell’interporto risale al 1988, quando fu inserito nel Piano Regionale Integrato dei Trasporti della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, e lo studio di fattibilità tecnico-economica fu completato nel 1990, l’interporto non è entrato realmente in funzione che nel 2006, anno in cui ha movimentato 105.000 tonnellate di merci sfuse o pallettizzate e 8.400 unità di traffico intermodale. Dal 2000 era invece attiva esclusivamente una piccola parte del piazzale intermodale. Al suo interno opera attualmente un’azienda soltanto, la Friultrans, che offre servizi di spedizione. È invece in fase di sviluppo l’assegnazione delle restanti aree. Oltre all’assenza di collegamenti viari adeguati, l’interporto soffre anche per un’eccessiva proliferazione nell’area di strutture che intendono convertirsi all’intermodalità: l’autoporto di Fernetti e l’autoporto di Sant’Andrea, per esempio, sono strutture originariamente funzionali allo svolgimento delle operazioni doganali e che hanno dovuto inventarsi una nuova finalità in seguito all’apertura delle frontiere. Tuttavia il bacino di utenza di tali centri, in una realtà produttiva relativamente limitata quale è quella regionale, rischia di rendere insufficiente il volume di merci movimentabile in ognuno di essi per giustificarne l’esistenza e per rendere competitivi i loro costi. Inoltre, la società interportuale lamenta un trattamento sfavorevole da parte del gruppo Ferrovie dello Stato, che penalizzando in termini di costi le tratte da e per Cervignano le rende poco attraenti per gli operatori. 80 3.4.Gli interporti sulla costa: esperienze di riconversione di aree industriali a Venezia e a Vado Ligure Comunemente si attribuisce alla piattaforma intermodale degli interporti la denominazione di inland terminal, in quanto tali strutture di solito sono collocate nell’entroterra ed i fondamentali rapporti di interscambio con i porti avvengono per via ferroviaria. Da tale regola, in Italia si discostano i due interporti costieri di Venezia e di Vado Ligure. Entrambe strutture prevalentemente private, che fanno riferimento rispettivamente agli imprenditori della famiglia De Vecchi e della famiglia Pacorini, hanno però caratteristiche e fasi di sviluppo molto differenti l’uno dall’altro. Quello veneto ha realizzato investimenti per oltre 100 milioni di euro, movimenta ogni anno circa 2 milioni di tonnellate di merci ed è attualmente impegnato in progetti di forte espansione; quello ligure, strettamente integrato all’attività del porto di Savona-Vado, è un polo tecnologicamente all’avanguardia specializzato nella lavorazione, conservazione e distribuzione del caffè e di altre soft-commodities. Investimenti complessivi per circa 20 milioni di euro hanno consentito di realizzare una struttura in grado di movimentare attualmente circa 130.000 tonnellate di merci all’anno. 3.4.1.Un investimento imprenditoriale e sociale a Porto Marghera L’Interporto di Venezia (tab. 3.9) rappresenta una delle più significative esperienze di riconversione dell’area industriale di Marghera. La sua storia ha inizio nel 1993, quando l’azienda siderurgica Alusuisse è costretta a chiudere, mettendo in mobilità 176 dipendenti. Una compagine di imprenditori è allora intervenuta, acquistando i 18 ettari su cui sorgeva la precedente realtà imprenditoriale ed assumendone tutto il personale. Gli stabilimenti sono stati demoliti ed ha avuto inizio la trasformazione dell’area in polo logistico. Il primo investimento significativo, dell’importo di quasi 7 milioni di euro interamente realizzato con fondi propri, ha riguardato la capacità di approdo della banchina, che ha consentito un immediato aumento dei traffici. Il salto di qualità si è avuto nel 1998, con il riconoscimento pubblico dell’interporto e la possibilità di accedere ai contributi ministeriali a sostegno dell’intermodalità. Dopo aver firmato la convenzione con il Ministero dei Trasporti, tra il 2003 e il 2007 l’interporto ha ricevuto finanziamenti per 30 milioni di euro, che hanno consentito di attivare investimenti complessivi per 70 milioni di euro. Dal 1994 ad oggi l’Interporto di Venezia ha realizzato opere per oltre 100 milioni di euro. 81 Tab. 3.9 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Venezia Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci movimentate su rotaia Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 1.800.000 tonnellate 10% 11 303 1.500 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 103.192.880,88 euro 29.898.391,08 euro 11.751.494,99 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1994 1994 Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Magazzini Piazzali Modalità di gestione delle aree 90.000 m² 3.000 m² Affitto-Diritto di superficie-Gestione diretta Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Principali obiettivi di sviluppo Siderurgia Rinfuse Potenziamento dei sistemi informativi Ampliamento fisico dell’interporto Accordi di collaborazione con porti e interporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Venezia Spa Attualmente l’interporto può contare su 25 ettari di terreno, grazie all’acquisto dell’ex-Sava (Società Anonima Veneta Alluminio) e dell’Ekrart (storica fabbrica che produceva pasta d’alluminio e che aveva chiuso licenziando 42 dipendenti, molti dei quali assunti dall’interporto). Su tale area (ex-Sava ed Ekrart) sono stati realizzati 90.000 m² di magazzini, tra cui un polo per la logistica del freddo recentemente inaugurato e 5 silos verticali destinati allo stoccaggio di merci alla rinfusa capaci di contenere complessivamente circa 150.000 tonnellate. Magazzini e uffici vengono dati in locazione mediante contratti di servizio pluriennali (9+9) con tariffa indicizzata. 82 Le 11 aziende insediate, tra cui si contano 5 operatori logistici e 4 imprese che effettuano lavorazione delle merci, occupano all’incirca 200 persone. Oltre al personale direttamente assunto dalla società Interporto di Venezia Spa (13 persone) e dalla società di gestione Centro Intermodale Adriatico Spa (90 persone) e a quello dei soggetti che operano all’interno dell’interporto, l’occupazione generata attraverso l’indotto viene stimata in 1.500 persone. Le tipologie merceologiche trattate si suddividono in due categorie: - i prodotti siderurgici (ghisa, coils, bramme, billette, ferro e leghe, tubi, chiusini e tondoni, lingotti di ferro); - le rinfuse (granaglie, fertilizzanti, carbonati e solfati, sabbia ed argilla, gesso e magnesite, clinker, carbone, ferroleghe, cemento, alluminio). Vero punto di forza dell’interporto di Venezia è la capacità di offrire ai propri clienti, tra cui le principali imprese siderurgiche del Nord-Est ed alcuni grandi gruppi internazionali, un’interessante offerta di servizi logistici e di prima lavorazione, che permette in certi casi di ottenere già alcuni prodotti finiti. Il personale della società di gestione dell’interporto, la Cia (Centro Intermodale Adriatico Spa) svolge in prevalenza servizi ausiliari alle operazioni di imbarco e sbarco delle merci, tra cui l’insacco e la pallettizzazione delle merci alla rinfusa, la macinazione, la setacciatura, la miscelazione e la deferrizzazione. Nella situazione attuale l’operatività dell’interporto è massima: tutti gli spazi disponibili sono utilizzati e si lavora a pieno regime. Le prospettive future sono positive e prevedono una significativa crescita dell’interporto, sia in termini di spazi che di occupazione, volumi di merci e fatturato. Di particolare rilievo è l’accordo cui, nel maggio 2007, l’interporto è pervenuto con la Montefibre, azienda chimica che proprio a Porto Marghera ha uno dei suoi più importanti stabilimenti nazionali. L’accordo prevede che 30 ettari attualmente inutilizzati dei 66 occupati dalla Montefibre siano bonificati e convertiti ad attività logistiche. L’area, oltre ad essere ben servita dalla rete viaria, è dotata di una banchina da 1,2 km che aggiungendosi ai 470 metri di quella già funzionante presso l’interporto ne accrescerà considerevolmente la capacità di movimentazione delle merci. Sotto il profilo economico-imprenditoriale, solitamente il principale merito degli interporti è quello di contribuire alla razionalizzazione e al consolidamento degli operatori logistici presenti sul territorio e di offrire quindi, indirettamente, un sostegno alle imprese che vi operano. L’importanza del caso veneziano consiste nel produrre, oltre a tali effetti, anche quelli legati al recupero di un’area che da lungo tempo sta ormai attraversando una fase di declino. La riconversione alle attività logistiche, intuita con lungimiranza dagli imprenditori che hanno avviato l’esperienza dell’interporto, ha saputo 83 cogliere le opportunità offerte dai mutamenti in atto nel tessuto produttivo del territorio ed è riuscita a dare nuove prospettive occupazionali ai lavoratori. La sfida che però ad oggi resta sostanzialmente irrisolta è legata alla questione dell’intermodalità terrestre. Il 90% delle merci che giungono all’interporto su nave proseguono il tragitto su gomma, attraverso la tangenziale di Mestre o la Romea. L’interporto è invece in sofferenza per quanto riguarda i collegamenti ferroviari. Per favorire il trasferimento merci su rotaia si sta attualmente procedendo alla realizzazione di 2.000 metri di binari di nuova costruzione, che si aggiungono ai 3.000 già esistenti, inseriti in un programma di ampliamento che prevede un miglioramento dei collegamenti alla linea ferroviaria principale ed una maggiore infrastrutturazione ferroviaria della banchina. 3.4.2.L’Interporto di Vado Ligure Pur non disponendo di una propria banchina, l’interporto di Vado Ligure si estende su un’area di 145.000 m² proprio alle spalle del porto di Savona-Vado, con cui lavora in stretta sinergia (fig. 3.8). Gestito dalla famiglia Pacorini, uno dei più grandi gruppi italiani operanti nelle attività di trasporto e manipolazione di materie prime, è una piattaforma logistica integrata per la gestione, lo stoccaggio e la distribuzione di merci via mare e via terra. La struttura è sorta su quello che un tempo era uno stabilimento industriale della Fiat, un capannone da 300 metri di lunghezza e 175 di larghezza che grazie ad un investimento iniziale di circa 5 milioni di euro è stato riconvertito, tra il 1997 e il 1999, in centro logistico intermodale. Attualmente è composto da 54.000 m² di magazzini tecnologicamente all’avanguardia, di cui 18.000 m² destinati a servizi di lavorazione e conservazione di prodotti alimentari e 3.000 m² a celle frigorifere, e da 2.000 m² di uffici. In tali spazi sono insediate complessivamente 10 aziende, tra cui 7 imprese di trasporti, movimentazione e distribuzione e 2 specializzate nelle operazioni di manipolazione e prima lavorazione. 60 sono gli addetti complessivamente operanti all’interno dell’area e ad altrettanti si stima ammonti l’indotto dell’interporto (tab. 3.10). Le specializzazioni principali sono legate alla movimentazione ed al trasporto di prodotti dell’elettronica e degli elettrodomestici, oltre che dell’industria agro-alimentare, anche con riferimento alla filiera del fresco e dei surgelati. Come da tradizione, comunque, il Gruppo Pacorini si dedica in particolare ad articoli quali frutta secca, spezie e caffè. Il caffè verde è il 84 Fig. 3.8 - Localizzazione dell’Interporto di Vado Ligure Interporto di Vado Ligure Fonte: Autorità portuale di Savona vero core business dell’interporto. In quest’ambito Pacorini ha una consolidata esperienza iniziata negli anni ’70, quando ha introdotto le prime novità nella logistica del caffè con la pallettizzazione dei sacchi del crudo, e consolidatasi con lo sviluppo della tecnologia Silocaf, utilizzata per migliorare qualitativamente le miscele con l’eliminazione delle impurità e dei difetti. Grazie alla realizzazione dell’impianto Silocaf l’azienda Pacorini è diventata il primo operatore logistico di caffè in Italia e nel mondo e dal 1992 esporta il proprio know-how negli Usa ed in Brasile, attraverso società controllate. Nell’impianto industriale Silocaf di Vado vengono eseguite operazioni di carico e scarico, pulitura, upgrading, crivellatura ottica, spietratura, separazione, stoccaggio e movimentazione. A tal fine è utilizzata una batteria di silos costituita da 42 celle da 110 tonnellate. 85 Tab. 3.10 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Vado Ligure Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci movimentate su rotaia Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 125.000 tonnellate 10% 10 59 60 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 18.891.000,00 euro 7.633.852,66 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1994 1999 Accordi bonari di acquisizione Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Magazzini Uffici Modalità di gestione delle aree 54.000 m² 2.000 m² Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Prodotti agroalimentari Prodotti freschi e congelati Elettronica ed elettrodomestici Principali obiettivi di sviluppo Miglioramento dei sistemi informativi per gestione merci Realizzazione di nuovi immobili Interventi ritenuti prioritari Miglioramento connessione con il sistema ferroviario Miglioramento delle attrezzature di movimentazione merci Potenziamento dei servizi offerti Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Vado I.O. Scpa Dal 2003 l’interporto di Vado Ligure ha sviluppato una capacità di movimentazione complessiva che si mantiene intorno alle 130.000 tonnellate all’anno. Grazie alla realizzazione di nuovi magazzini, si prevede che nei prossimi anni raggiungerà una capacità tra le 250.000 e le 300.000 tonnellate, così da poter adeguatamente rispondere alle prospettive di crescita dei traffici 86 portuali, legate nel breve periodo all’azione commerciale dei terminal e, a medio termine, all’attuazione della progettualità del nuovo Piano Regolatore dello scalo. L’Autorità Portuale di Savona ha elaborato un progetto innovativo che coinvolge operatori ferroviari e logistici, pubblici e privati, basato su un approccio che punta ad integrare in un unico sistema multimodale i differenti canali di trasporto terrestre che servono il porto di Savona-Vado: autostrade, ferrovia e funivia. Il primo passo prevede l’attivazione di collegamenti shuttle diretti dal porto verso i parchi ferroviari dove i treni saranno consegnati agli operatori di rete. L’Autorità Portuale provvederà all’acquisto di mezzi di trazione dedicati al servizio navetta, mentre ha già avviato interventi per potenziare gli impianti ferroviari portuali. Oltre al previsto ampliamento fisico delle strutture, i due elementi di cui per l’interporto è prioritario un miglioramento sono rappresentati dalla connessione con il sistema ferroviario e dai sistemi di gestione dei flussi di merci in entrata e in uscita. Ad oggi, soltanto una quota residuale del traffico viene infatti movimentato per via ferroviaria. 3.5.La riscoperta della modalità fluviale: l’Interporto di Rovigo e le potenzialità della navigazione sui canali Peculiarità e ragion d’essere dell’Interporto di Rovigo è la riscoperta della modalità fluvio-marittima per il trasporto delle merci. Posizionato lungo l’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, che consente di raggiungere l’Adriatico dalle province di Mantova, di Cremona e di Verona senza i problemi legati al regime idrico altalenante del Po, è direttamente collegato al cuore della Pianura Padana, un territorio densamente industrializzato che da un potenziamento della navigazione fluviale potrebbe trarre notevoli benefici (fig. 3.9, tab. 3.11). Stime risultanti da uno studio effettuato dalla Società Consortile Idrovie Padane, ritengono che il bacino di merci potenzialmente attraibile da un sistema fluviale a regime ammonta a circa 4 o 5 milioni di tonnellate. Oltre che le tipologie di prodotti per cui già oggi viene utilizzato (cereali, derivati energetici e merci varie alla rinfusa), un miglioramento dell’arsenale permetterebbe di spostare su tale modalità gran parte del trasporto di prodotti siderurgici e di materiali inerti per le costruzioni, così come grossi manufatti destinati all’esportazione quali motori o turbine. I benefici sarebbero immediati, tanto per le imprese che per la collettività. Già ognuna delle chiatte attuali, la cui capacità di carico è di circa 1.200 tonnellate, sottrae alla circolazione stradale l’equivalente di circa 40 tir. I progetti di navi fluvio-marittime realizzati 87 Fig. 3.9 - Il sistema fluviale del Nord-Est Fonte: Società Consortile Idrovie Padane dall’Università di Genova ed in corso di realizzazione ne aumenterebbero la capacità a 2.000 tonnellate o 98 Teu. Per molte imprese l’utilizzo della modalità acqua potrebbe rappresentare un notevole vantaggio, in termini di costi di trasporto. Inoltre sul canale, ben lontano da un livello di saturazione, le chiatte possono circolare 24 ore al giorno senza incontrare le limitazioni che invece ostacolano i trasporti su strada (su arterie spesso congestionate) o ferrovia (dove, specialmente in certe fasce orarie, la priorità è data al trasporto passeggeri). Se la domanda potenziale è elevata, insufficiente è invece l’offerta attualmente disponibile, per mancanza di armatori che investono su questa modalità. Per tale ragione, l’interporto di Rovigo oltre alla propria attività logistica sta svolgendo un’intensa opera di marketing finalizzata a promuovere e far conoscere le potenzialità offerte dal naviglio. Tra i progetti di sistema di cui la società interportuale si è fatta promotrice, il più interessante consiste cer88 Tab. 3.11 - La rete idroviaria padano-veneta attualmente in esercizio Km Il fiume Ticino da Pavia alla confluenza con il Po Il fiume Po dalla foce del Ticino a Cremona Il fiume Po da Cremona al mare Il primo tratto del canale MI-CR-Po (fermo a Pizzighettone) Il fiume Mincio da Mantova al Po (via Governolo) Il canale Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante Il Po di Levante L’Idrovia Ferrarese (Pontelagoscuro-Porto Garibaldi) Il canale Po-Brontolo (Chioggia) La Laguna Veneta (da Chioggia a Venezia) La Litoranea Veneta (da Venezia alla foce dell’Isonzo) Totale 7 97 292 14 21 117 18 70 19 30 127 812 Fonte: Società Consortile Idrovie Padane tamente nella realizzazione di un “porto a mare” nell’Adriatico, in un punto in cui i fondali raggiungono i 25 metri. È noto che il problema principale di quasi tutti i porti dell’Adriatico è la bassa profondità dei fondali, non adatti a ricevere navi di grosso tonnellaggio come le Superpanamax. La proposta dell’interporto di Rovigo, accolta con interesse e migliorata con il contributo del porto di Venezia e di imprenditori privati, consiste nella costruzione di una piattaforma (lunga 400 metri e larga 150) a circa 2,8 miglia dalla costa, sulla quale avverrà la rottura di carico. Il trasbordo potrà avvenire sia direttamente, tra la nave e un’imbarcazione adibita alla navigazione fluvio-marittima, sia attraverso una banchina di stoccaggio. I carichi potranno quindi raggiungere i porti interni di Rovigo, Canda, Legnago, Mantova, Cremona e Ferrara (fig. 3.10). L’intervento è già stato approvato e pubblicato dalla Regione Veneto ed ora è all’approvazione della Via regionale. Nella prospettiva di un simile scenario, l’interporto di Rovigo (tab. 3.12) si troverebbe ad assumere un’importanza considerevole. Attivo dal 2003, già oggi movimenta merci per oltre un milione di tonnellate, legate in prevalenza alla filiera agro-industriale (soja e girasoli i prodotti trattati in prevalenza), di cui il 45% viene movimentata attraverso la banchina fluviale. Le aree di pertinenza dell’interporto si espandono su una superficie complessiva di 1,9 milioni di m² di cui 500.000 già urbanizzate e a disposizione del sistema economico per insediamenti logistici e produttivi. 89 Fig. 3.10 - Terminal merci al largo della costa di Porto Levante Fonte: Società Consortile Idrovie Padane L’interporto di Rovigo è quindi un nodo plurimodale che integra tre tipologie di vettori: stradale, ferroviario e fluviomarittimo. Infrastruttura improntata alla massima efficienza che prevede la suddivisione funzionale delle superfici su cui sorge: una riservata completamente alla logistica e l’altra adiacente e complementare adibita ad insediamenti produttivi connessi con l’intermodalità. A tutt’oggi l’interporto è così infrastrutturato: - 41.000 m² di magazzini raccordati ferroviariamente; - 3.000 m² uffici; - 35.000 m² piazzali per la movimentazione e lo stoccaggio delle merci; - 18.000 m² terminal ferroviario; - 800 metri di banchina di accosto fluviale; - darsena per natanti da diporto. La capacità di movimentazione delle merci è pari a 3.500 tonnellate al giorno. È, inoltre, previsto un ampliamento del terminal ferroviario ed un 90 Tab. 3.12 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Rovigo Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 900.000 tonnellate Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali 50% Numero di aziende insediate presso l’interporto 7 Numero di addetti operanti presso l’interporto 110 Stima del numero di addetti dell’indotto 220 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere 1998 Anno di entrata in funzione dell’interporto 2003 Principale modalità di acquisizione delle aree Accordi bonari di acquisizione Criticità emerse nella fase di realizzazione Ottenimento della Valutazione di Impatto Ambientale Pianificazione Urbanistica Procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale 50.000 m² Magazzini 40.000 m² Piazzali 3.000 m² Modalità di gestione delle aree Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Agro-industria Principali obiettivi di sviluppo Potenziamento dei sistemi informativi Ampliamento fisico dell’interporto Accordi di collaborazione con porti e interporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Rovigo Spa riassetto della viabilità stradale. Con riferimento alla rete viaria, l’interporto è direttamente collegato all’autostrada A13 Bologna-Padova, alla Transpoletana e alla Romea; per quanto riguarda quella ferroviaria, l’interporto è collegato mediante un fascio di presa e consegna di 2,5 km alla stazione di Rovigo, posta sulla linea Bologna-Padova e su quella Verona-Chioggia. L’interporto, riconosciuto quale soggetto finanziabile dalla legge 240/90, per la propria infrastrutturazione ha beneficiato di fondi comunitari e regionali. 91 3.6.Livorno, Prato e Parma: il valore strategico del quadrante dell’Alto Tirreno C’è un filo rosso che lega gli interporti di Livorno, di Prato e di Parma ed è l’ambizione di connettere il quadrante centro-orientale della fascia tirrenica con il medesimo quadrante della fascia adriatica (fig. 3.11). Si viene così a determinare, almeno da un punto di vista ideale e funzionale, un sistema interportuale complesso, grazie a fitte connessioni tra nodi e reti della logistica. Il valore strategico di tale sistema tirreno-adriatico può forse essere meglio compreso tenendo conto che: - l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno, da pochi anni operativo e con ampia disponibilità di spazi, mira ad intercettare i flussi di merci da e per i porti di Livorno, di La Spezia e di Genova, per fungere da strutFig. 3.11 - Quadrante settentrionale Tirreno Fonte: Censis 92 tura di smistamento sia verso il versante adriatico, ovvero verso Bologna e Ravenna, che lungo la direttrice tirrenica che dalla costa della Toscana settentrionale volge a Sud (Napoli, Gioia Tauro); - l’interporto di Prato si configura, già da tempo, piattaforma di smistamento di flussi di materie prime (zolfo liquido in particolare) e commodities provenienti dal Mezzogiorno e dirette più a Nord o verso i siti di lavorazione nell’area di Grosseto (Scarlino in particolare). Si vanno consolidando i legami con il porto di Livorno, presso il quale sono operativi 3 treni-navetta settimanali, oltre i legami con il porto di La Spezia. Nei piani futuri dell’ente di gestione della struttura vi è l’idea di fare dell’interporto pratese un nodo logistico al centro della direttrice orizzontale che ha come estremi La Spezia ad ovest e Ravenna ad est; - l’Interporto Cepim di Parma si colloca al centro dell’area padana e lungo la direttrice segnata dal Corridio TEN 1; più che apparire in concorrenza con una struttura consolidata, di grandi proporzioni e competitiva quale il vicino interporto di Bologna esso appare quasi complementare. Il Cepim è specializzato per filiera produttiva (accoglie in larga misura aziende operanti in pochi comparti) e mira anche esso a fungere da area di interscambio intermodale lungo la direttrice tirreno-adriatica settentrionale che ha come estremi da un lato i porti di Livorno, La Spezia e Genova e dall’altro il porto di Ravenna; esso sembra avere in sostanza un raggio di azione più specifico e ridotto rispetto all’interporto di Bologna, ma non per questo di minore rilevanza. Al contrario del Cepim di Parma, con un elevato livello di utilizzo degli spazi, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno e quello della Toscana Centrale di Prato presentano ancora ampi margini di utilizzo; essi presentano in sostanza elevate potenzialità di crescita, ovvero capacità di movimentazione merci e di più intenso utilizzo dell’intermodalità. Ciò presuppone, tuttavia, un consistente livello di collaborazione con le strutture portuali, specie della fascia tirrenica, con nuovi accordi per l’allestimento di treni shuttle e l’adeguamento di alcune infrastrutture di rete, a cominciare dalla linea ferroviaria Pontremolese che collega l’area parmense con quella di La Spezia. Le buone performance in termini sia di ricavi, ma soprattutto di crescita dei livelli di merci movimentate negli ultimi anni soprattutto dal Cepim di Parma e dall’Interporto della Toscana Centrale di Prato, nonché le prime attività svolte dall’interporto di Livorno lasciano immaginare che la capacità di tali strutture di incidere sia sui processi di sviluppo economico dei territori circostanti che di incentivare l’intermodalità sia consistente. I tre interporti trovano una specifica ragion d’essere in un tessuto di imprese abbastanza fitto con consistenti e crescenti fabbisogni in termini di logi93 stica avanzata, ovvero di corretta ed efficiente gestione di flussi di prodotti finiti e di semilavorati, che trovano sia nei porti che negli interporti interessanti aree di stoccaggio e smistamento: è questo, ad esempio il caso dei prodotti alimentari, delle autovetture e della cellulosa nell’area livornese, dei prodotti del tessile-abbigliamento-moda nell’area di Prato e dei prodotti alimentari e della meccanica nell’area parmense. L’offerta dell’intermodalità ed in particolare della movimentazione su ferro appare, inoltre, un fattore rilevante per i tre territori in cui si collocano gli interporti qui considerati: essi garantirebbero, in particolare, il decongestionamento di alcuni assi stradali; è questo il caso, in particolare, della A15 Parma mare, che collega il Parmense con l’area di La Spezia, dell’A11 Autostrada Firenze-Mare e della Strada di Grande Comunicazione Firenze-Pisa-Livorno (in questo caso l’interporto di Prato si rivela, già oggi, come una struttura di decongestionamento del traffico merci per Firenze e, in futuro, di city logistics sempre per il capoluogo toscano). Sebbene sia azzardato configurare un sistema interportuale integrato, cioè composto da tre nodi con forti legami funzionali, non è neanche possibile dire che le strutture di Livorno, Prato e Parma siano fra loro in competizione o in sovrapposizione. Ciò che colpisce è, infatti, la capacità di tutti e tre di captare i flussi di merci che derivano dai sistemi portuali dell’alto Tirreno (Livorno, La Spezia, Genova e anche Savona) e l’orientamento a collaborare in modo da offrire servizi di navetta che si spingano fino al versante adriatico, in particolare fino al porto di Ravenna. Da questo punto di vista, il recente avvio dei collegamenti settimanali tra l’Interporto della Toscana Centrale e l’interporto ed il porto di Livorno appare come una buona prassi, verso la quale anche il Cepim di Parma si sta orientando con il progetto Shuttle, finalizzato a creare collegamenti ferroviari rapidi (una volta risolti alcuni problemi di ordine tecnico) a cadenza regolare con La Spezia. Occorre naturalmente sottolineare che non mancano, come si vedrà più avanti, delle criticità che impediscono il completo dispiegamento delle potenzialità di ulteriore sviluppo dei tre interporti qui presi in considerazione. Si tratta in particolare dell’adeguamento di alcuni assi di collegamento o di linee ferroviarie (la Pontremolese tra Parma e La Spezia è il caso più noto) tra il singolo interporto ed altri nodi della rete logistica nazionale, della intensificazione degli accordi tra gli interporti ed alcuni porti per l’istituzione di treni navetta a cadenza regolare, così come dell’attivazione di alcuni servizi avanzati che possono ulteriormente qualificare la struttura interportuale. 94 3.6.1.L’Interporto Cepim di Parma Meglio conosciuto come Cepim – Centro Padano Interscambio Merci – dal nome della società che lo ha realizzato, l’interporto di Parma nasce ufficialmente nel 1974 da un accordo fra imprenditoria privata ed enti locali, con l’obiettivo di garantire la disponibilità, concentrata in un’area definita, di infrastrutture che favoriscano l’interscambio tra le diverse modalità di trasporto, la razionalizzazione dei flussi, la presenza di un gran numero di operatori specializzati e di servizi per lo stoccaggio e la distribuzione delle merci (tab. 3.13). L’interporto di Parma è passato negli anni attraverso le diverse fasi dello sviluppo economico dell’area padana applicando politiche imprenditoriali che ne consolidassero il ruolo strategico al servizio del mercato, distrettuale ma anche internazionale. Sul piano interno, la strategia sulla quale si è fondata la politica di sviluppo dell’interporto di Parma è stata realizzata facendo leva sull’alta densità di aziende del territorio circostante e sulla necessità diffusa di servizi logistici integrati, captandone i flussi di merci e veicolandoli per quanto possibile attraverso soluzioni intermodali. Parallelamente l’interporto ha mirato a captare la domanda di trasporto merci “lato terra” proveniente dal sistema marittimo/ portuale di La Spezia e destinato a Bologna, a Verona e, più in generale, alla direttrice del Brennero. Pur essendo collocato sul versante di Nord-Est del Paese e pur presentando delle somiglianze (per operatività e livello di sviluppo) con gli interporti di Bologna, Padova e Verona, il Cepim ha un ruolo di rilievo (come nel caso dell’interporto di Prato) anche nei processi di connessione tra il versante tirrenico settentrionale e quello adriatico e della direttrice del Brennero (fig. 3.12). Sotto il profilo dei rapporti internazionali, il Cepim si è posto l’obiettivo di essere interlocutore di aziende produttrici del Nord Europa, dei Paesi del bacino mediterraneo e dell’Est europeo ed asiatico. In tale contesto, oggi, l’interporto di Parma si inserisce con un curriculum ed un corredo funzionale di tutto rispetto. All’interno della sua area di circa 2,5 milioni di metri quadrati operano 87 aziende, specializzate nel settore della logistica, dei trasporti e delle spedizioni. Sono di oltre 600.000 metri quadrati le aree scoperte predisposte per lo stoccaggio delle merci, di uguali dimensioni gli spazi destinati a magazzino. Tra questi ultimi, un posto di rilievo meritano i depositi a temperatura controllata (refrigerazione possibile fino a -28 gradi centigradi). L’interporto offre inoltre una serie di servizi accessori a merci e persone, alle cui attività sono dedicati circa 2.500 metri quadrati di centro direzionale (fig. 3.13). 95 Tab. 3.13 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Parma Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto 5.000.000 25% 87 1.551 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 48.795.000,00 euro 20.762.000,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree Criticità emerse nella fase di realizzazione 1985 1988 Accordi bonari di acquisizione Pianificazione urbanistica Autorizzazioni da parte delle Amministrazioni locali Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 65.000 m2 177.000 m2 Gestione diretta - Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Interventi ritenuti prioritari Prodotti refrigerati Carta, cellulosa e derivati Autovetture Miglioramento della connessione ferroviaria Miglioramento della gestione dei flussi di merci Realizzazione di una piattaforma informatica Accordi di collaborazione con il sistema dei porti Fonte: elaborazioni Censis su dati Cepim Spa Specializzazione e flessibilità, spazi modulabili e servizi attivabili targethead sono le quattro leve strategiche sulle quali si muove oggi l’interporto con la sua offerta di logistica e di trasporto. L’articolazione per aree merceologiche omogenee, caratterizzate da specifiche esigenze di trattamento e conservazione, consente infatti all’infrastruttura di offrire servizi con standard di prestazione adeguati salvaguardando il principio delle economie di scala. 96 Fig. 3.12 - Localizzazione dell’Interporto Cepim di Parma Fonte: Cepim Spa Fig. 3.13 - Layout dell’Interporto Cepim di Parma Fonte: Cepim Spa 97 Una soluzione che diviene strategica e competitiva nel caso di quei prodotti, come gli oli lubrificanti o l’agroalimentare, che richiedono spazi e tecnologie mirati. L’infrastruttura ha movimentato nel 2007 5,3 milioni di tonnellate, con un sensibile incremento rispetto agli anni precedenti (nel 2005 erano 4,5 milioni di tonnellate, salite a 5 milioni nel 2006). La parte movimentata attraverso l’intermodalità è il 25%, una quota ancora piuttosto contenuta ma che si punta ad incrementare attraverso il potenziamento ed il miglioramento soprattutto della tratta ferroviaria Parma-La Spezia e al consistente ampliamento del terminal intermodale, uno sforzo consistente su cui il Cepim attualmente è impegnato. Entro pochi anni è previsto il raddoppio della linea Parma-La Spezia, con la realizzazione di un nuovo tratto di valico dell’Appennino Tosco-Emiliano. La nuova linea consentirà la circolazione di un numero consistente di treni al giorno con una riduzione dei tempi di percorrenza di circa 45 minuti ed un investimento complessivo di circa 2,2 miliardi di euro. La riduzione dei tempi di percorrenza dovrebbe portare ad un risparmio dei costi dei treni merci, permettendo l’utilizzo dello stesso personale di macchina per l’andata ed il ritorno. Inoltre l’uso dei locomotori di ultima generazione permetterà il traino di treni fino a 1.200 tonnellate senza la doppia trazione o trazione “a spinta” oggi necessaria su tale tratta a causa della sua accentuata pendenza. Su questo progetto di sviluppo si innesta il legame consolidato nell’ultimo anno con la città portuale e con l’interporto di Verona. I tre poli logistico-distributivi sorgono lungo un percorso – oggi in fase di potenziamento – orientato al cuore dell’Europa: il Corridoio Tirreno-Brennero. Una maggiore competitività dei territori posti sull’asse stradale-ferroviario, il collegamento dei sistemi di trasporto e dei poli logistici della Spezia, Parma e Verona, lo sviluppo sostenibile a vantaggio delle aree interessate con l’alleggerimento del traffico pesante su strade e autostrade sono alcuni dei punti fondamentali nei quali si articola l’intesa siglata nel 2007, che si pone l’ambizioso obiettivo di sviluppare il trasporto su rotaia delle merci che viaggiano in container e che arrivano al porto di La Spezia dirette al Nord Europa. Il progetto prevede, nello specifico, partenze cadenzate di convogli ferroviari dal porto di La Spezia verso Parma e Verona, dove attività di movimentazione, stoccaggio e distribuzione si affiancherebbero ad eventuali lavorazioni accessorie. Si tratta di operazioni che porterebbero incrementi di occupazione e sviluppo per gli operatori economici dei territori, mentre le attività produttive avrebbero un servizio di trasporto merci flessibile e a costi contenuti. L’accordo di programma coincide con la previsione di un potenziamento della rete e dei nodi infrastrutturali attraverso un accordo con Ferrovie dello 98 Stato. E proprio in funzione di tale potenziamento il Cepim ha consolidato, in questi ultimi mesi, un’intesa con Rfi per la realizzazione del nuovo terminal intermodale nel perimetro interportuale di Parma. Accanto a questo si pone l’altro importante conseguimento: l’elettrificazione della linea ferroviaria interna dell’interporto parmense. Due opere che si attendevano da tempo per il decollo delle attività logistico-distributive dell’area. Non sono da sottovalutare nemmeno le ricadute positive in termini di ecosostenibilità e di sicurezza stradale: lo spostamento su rotaia, sull’asse Ti.Bre, di container e merci alleggerirebbe la modalità di trasporto su gomma e ridurrebbe la presenza di mezzi pesanti in circolazione sulla rete stradale. 3.6.2.L’Interporto della Toscana Centrale di Prato Baricentrico rispetto alla direttrice Tirreno-Adriatica nella fascia centrale del Paese, l’interporto di Prato (tab. 3.14) ambisce a sviluppare una serie di collegamenti regolari con i porti di Livorno, La Spezia e Ravenna. I lavori di realizzazione della struttura hanno avuto inizio nel 1991 e nel 1995 sono stati utilizzati i primi spazi disponibili per la movimentazione delle merci e per i magazzini. La fase di vendita delle unità immobiliari è in fine e l’Ente di gestione dell’interporto si appresta a gestire e ad erogare i primi servizi di logistica. La superficie disponibile è consistente, pari a 700.000 metri quadri dei quali 290.000 destinati alle attività caratteristiche, non tutti ancora utilizzati (fig. 3.14). Dei 50.000 metri quadri destinati a strutture ferroviarie ne sono stati utilizzati 20.000, degli 80.000 metri quadri per il terminal intermodale ne sono stati utilizzati 30.000, dei 100.000 metri quadri per magazzini ne sono stati utilizzati 74.000 e dei 20.000 metri quadri per uffici ne sono stati utilizzati 14.800. Verranno aumentati a breve gli insediamenti destinati a magazzini, collocando al suo interno la funzione di Magazzini Generali di Prato. A questo si aggiungerà l’allargamento della piattaforma ferroviaria con un ulteriore fascio di binari. Ai due binari oggi esistenti, infatti, se ne aggiungeranno a fine 2008 altri 6, sviluppando in questo modo una piattaforma logistica che dovrebbe consentire una maggiore capienza in termini di treni e quindi una maggiore livello di movimentazione di merci. Da tempo giungono nell’interporto treni settimanali da Guidonia, per il trasporto di cemento e da Catania, con carichi di zolfo liquido, generalmente destinati a tornare verso Sud, nell’area di Grosseto. L’obiettivo è, tuttavia, quello di attivare legami stabili con alcune aree portuali del Centro-Nord. A fine 2007 è stato attivato un primo treno-navetta con cadenza trisettimanale 99 Tab. 3.14 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Prato Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 840.000 15% 49 900 1.850 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 92.744.297,57 euro 13.743.084,00 euro 34.724.469,00 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree Criticità emerse nella fase di realizzazione 1991 1995 Accordi bonari d’acquisizione Pianificazione urbanistica Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 30.000 m2 74.000 m2 Comodato d’uso - Affitto - Vendita Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Tessile/abbigliamento Logistica urbana Prodotti refrigerati Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Nuovo materiale rotabile Accordi specifici di collaborazione con i porti Interventi ritenuti prioritari Realizzazione di una piattaforma informatica Miglioramento dell’offerta di servizi Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto della Toscana Centrale Spa diretto verso il porto di Livorno. L’obiettivo è quello di ottimizzare la tratta facendo proseguire gli shuttle per il porto di La Spezia, mentre al ritorno dalla costa tirrenica essi potrebbero proseguire verso Bologna e verso il porto di Ravenna (questa ulteriore possibilità è ancora in fase di studio). 100 Fig. 3.14 - Layout Interporto della Toscana Centrale di Prato Fonte: Interporto della Toscana Centrale Spa Si definisce in questo modo un disegno strategico apprezzabile, in quanto Prato si candida a vero nodo logistico con un triplice obiettivo: - incentivare quanto più possibile l’intermodalità, massimizzando l’uso del trasporto ferroviario; - operare su largo raggio secondo una logica complessa, muovendosi orizzontalmente da est ad ovest; - connettersi con altri nodi fungendo da struttura logistica “lato terra” delle strutture portuali presenti sulla direttrice tirrenica e su quella adriatica. Per ciò che concerne, invece, l’utilizzo delle aree di deposito interne all’interporto, gli operatori logistici e le aziende che utilizzano i magazzini disponibili sono 45, gran parte operanti nel campo del trasporto di tessile-abbigliamento e di prodotti refrigerati. È interessante rilevare che la struttura si sta configurando sempre più come centro di raccolta e di spedizione del Sistema Moda, che ha a Prato un consistente numero di aziende dei filati, tessuti e abbigliamento di qualità. Il trasporto di tali prodotti richiede procedure di imballaggio particolari e spedizioni in gran parte effettuate per via aerea. Per tali motivi, sono piuttosto frequenti gli invii dall’interporto di Prato di prodotti del comparto della moda verso gli aeroporti di Milano Malpensa, Milano Linate e presso l’aeroporto di Francoforte. Il fatto che l’Interporto della Toscana 101 Centrale si stia accreditando come nodo logistico al servizio di una specifica filiera produttiva (in questo caso per il Sistema Moda) può, nel tempo generare un vantaggio competitivo e dare riconoscibilità all’esterno. Inoltre tra gli obiettivi di sviluppo vi è l’attivazione di servizi di city logistics con un raggio di azione abbastanza ampio che ricomprende le città di Prato, di Firenze e di Pistoia. L’idea è di fare dell’interporto pratese un transit point di smistamento e frazionamento dei lotti di merci da distribuire nelle aree urbane citate, il che aiuterebbe ad attenuare il problema del congestionamento del traffico specie nella cinta urbana di Firenze. Strategie e obiettivi di miglioramento fanno dell’interporto di Prato una struttura con un interessante potenziale di crescita e capace di accomunare le dinamiche di sviluppo di un’ampia porzione di territorio dell’Italia centrale. L’essere collocato all’interno di un’area con una consolidata tradizione manifatturiera (pur in radicale trasformazione), con un’elevata densità di distretti produttivi e, nello stesso tempo, la disponibilità di buoni accessi alla rete stradale, in particolare alla A1 Autostrada del Sole, alla A11 (che porta dall’area fiorentina verso la direttrice tirrenica) attraverso gli svincoli di Prato Est e di Calenzano, oltre che alla Firenze-Pisa-Livorno, lascia pensare che l’interporto di Prato abbia una chiara ragion d’essere. La struttura appare tuttavia ancora in una fase di lento assestamento, nel senso che molto può e deve essere fatto per ampliare le sue potenzialità di crescita in termini di offerta. In particolare: - pur movimentando volumi di merci piuttosto consistenti, pari nel 2007 a 920.000 tonnellate, si è lontani dall’obiettivo dichiarato di sviluppare una movimentazione di 800.000 tonnellate anno su strada e di altre 800.000 tonnellate anno tramite ferrovia; - pur aumentando, da un anno all’altro, la quota di movimentazione intermodale di merci, essa resta ancora piuttosto contenuta, pari al 12% del totale nel 2005 e al 15% nel 2006; - non sono ancora disponibili, anche se programmate, le strutture di messa in sicurezza delle merci all’interno dell’area interportuale, il cablaggio in fibra ottica, le strutture per la manutenzione dei container, i servizi di logistica in ingresso (controllo qualità, noli marittimi, identificazione delle merci), i servizi di logistica in uscita (stampa documenti di trasporto, rilevazione matricole), il warehousing (ovvero la gestione informatizzata dei magazzini). Inoltre tra gli obiettivi di miglioramento esplicitati dall’ente di gestione dell’interporto figurano: - i sistemi di gestione dei flussi di merci in entrata e in uscita; - il potenziamento delle attrezzature e macchinari per il sollevamento e la movimentazione delle merci; 102 - il potenziamento della rete informatica; - il potenziamento dei servizi offerti alle imprese utilizzatrici degli spazi disponibili; - il miglioramento dei rapporti con Rfi, per ciò che riguarda il più intenso uso dei raccordi ferroviari tra l’interporto e la rete esterna. Molto sembra si possa fare per promuovere l’offerta interportuale presso le aziende locali (in alcuni casi tale rapporto appare ancora critico secondo quanto indicato dallo stesso ente di gestione) e per rafforzare i legami funzionali con i porti più vicini. Da questo punto di vista il 2007 appare già come un anno di svolta, con l’avvio di un accordo con il porto di Livorno e su questa strada si proseguirà verosimilmente nel 2008. 3.6.3.L’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno Dopo un lungo periodo, iniziato nel 1992, necessario all’avvio ed al completamento dei lavori per la realizzazione delle strutture principali, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci (tab. 3.15) è divenuto parzialmente operativo nel 2001. La superficie a disposizione è ampia, pari a 2,5 milioni di metri quadri, solo in parte oggi utilizzati (fig. 3.15). A regime l’interporto avrà ampi spazi per il parcheggio degli autoveicoli (dagli attuali 80.000 metri quadri si potrà arrivare a 150.000 metri quadri), per i magazzini (dagli attuali 60.000 metri quadri si potrà arrivare a 340.000 metri quadri) e per gli uffici (dagli attuali 1.500 metri quadri a 4.600 metri quadri). Gli spazi destinati al terminal intermodale sono pari a 130.000 metri quadri. La localizzazione della struttura ha una buona valenza strategica data dalla vicinanza del porto di Livorno (oltre che di quello di Piombino) e dalla presenza del così detto corridoio plurimodale tirrenico. I collegamenti infrastrutturali sono di elevato livello; è rapido l’accesso all’Autostrada Tirrenica A12, all’A11 Pisa-Firenze, all’A15 La Spezia-Parma e la Tirreno Brennero. Il raccordo tra il terminal ferroviario e la rete non è ancora disponibile. L’interporto ha la possibilità di specializzarsi nella movimentazione delle merci generate dalle filiere produttive dell’area livornese e delle aree vicine (in particolare di quelle di Pisa, dove la presenza della meccanica è consistente). Le merci fino ad oggi in entrata ed in uscita afferiscono al comparto delle auto, dei prodotti alimentari, del legname, della cellulosa e dei prodotti chimici sfusi, segnale evidente della capacità di tali nodi logistici di sostenere i processi di sviluppo delle filiere produttive locali. Non si riesce inoltre a dare risposta immediata alle numerose richieste che vengono da operatori locali e fuori sede. 103 Tab. 3.15 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Livorno Dati strutturali Numero di aziende insediate presso l’interporto 15 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 116.228.000,00 euro 39.379.000,00 euro 18.997.000,00 Operatività del’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1996 2001 Procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 130.000 m2 60.000 m2 Diritto di superficie - Vendita - Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Agroalimentare Forestale Autovetture Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Ampliamento della rete di relazioni con porti e interporti Campagna di comunicazione per promuovere l’interporto Miglioramento della dotazione informatica Attivazione intermodalità per via d’acqua Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Toscano A. Vespucci Spa Sono inoltre considerati, dall’ente gestore, come punti di forza: - la connessione con la rete stradale e autostradale; - la facile raggiungibilità; - la buona dotazione di macchine e di attrezzatura per la movimentazione delle merci; - i rapporti con i porti ed altri interporti; - i rapporti con le imprese dell’area livornese e pisana. Nonostante gli sforzi compiuti, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci presenta alcune criticità, quasi tutte derivanti dal fatto che esso è divenuto 104 Fig. 3.15 - Layout Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno Fonte: Interporto Toscano A. Vespucci Spa operativo solo di recente, dopo un lungo periodo di progettazione e realizzazione delle attività di infrastrutturazione. Tuttavia il livello di movimentazione merci è notevolmente cresciuto negli ultimi tempi raggiungendo nel 2007 il numero di 175.000 passaggi rispetto ai 115.000 del 2006. Il livello di movimentazione merci inoltre dovrebbe incrementarsi già a partire dai prossimi anni in maniera esponenziale sia per la messa a regime dei nuovi capannoni in costruzione per 60.000 mq. sia per lo sviluppo delle modalità ferro-gomma essendo il terminal ormai attivo da tempo ed affidato nel 2007 in gestione a Nord Est Terminal. L’altro aspetto di notevole interesse è da individuare nel possibile sviluppo che potrà essere portato dalla navigabilità della via d’acqua confinante con l’interporto (Scolmatore dell’Arno), collegato, in questo modo, direttamente con il porto di Livorno. Per la sistemazione del canale è già in fase avanzata la progettazione definitiva e sono stati stanziati ingenti finanziamenti europei che fanno presumere la sua attivazione entro il 2012. Non ancora disponibili ma in fase di realizzazione alcuni servizi che serviranno a qualificare ancora di più l’offerta di un interporto quali: le strutture per la messa in sicurezza delle merci, il cablaggio in fibra ottica e la possibilità di connessione wireless, i servizi per la logistica in ingresso (ad esempio: identificazione merci, disbrigo pratiche), i servizi di logistica in uscita. Tutti questi unitamente alla stazione carburanti saranno funzionanti e operativi entro la fine dell’anno 2008. È previsto, in futuro, lo svolgimento di attività 105 di city logistics, legate in particolare alla distribuzione merci nella città di Livorno (l’interporto è localizzato nel vicino Comune di Guasticce). L’ente gestore inoltre ritiene opportune nell’immediato futuro alcune opere di miglioramento o di efficientamento dell’interporto. In particolare è ritenuto utile: - il miglioramento della viabilità interna; - l’ampliamento dei piazzali di raccolta e movimentazione merci; - il potenziamento della strumentazione e della rete informatica; - la realizzazione di una piattaforma informatica per la gestione della logistica. Il livello di accelerazione dei lavori negli ultimi tempi sta riempiendo di contenuti e vocazioni l’interporto dell’area livornese che comincia a dare risposta agli operatori e cogliere le opportunità, in termini di possibile sviluppo di traffico merci, che il quadrante del Tirreno settentrionale è oggi in grado di sviluppare. Sembrano esistere quindi le premesse per attivare un processo virtuoso in cui questo nodo logistico potrà giocare un ruolo interessante. 3.7.Verso una piattaforma logistica interportuale dell’Italia centrale L’area geografica che coincide con i confini di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo è caratterizzata dalla presenza di un grande polo catalizzatore dei consumi, intorno alla metropoli di Roma, e da un tessuto produttivo dinamico e diffuso sul territorio, formato da imprese che hanno saputo trasformarsi e riposizionarsi cogliendo con successo le sfide dell’internazionalizzazione e la crescente apertura dei mercati. Oltre ad una moltitudine di aziende di piccole e medie dimensioni che pure mostrano una spiccata propensione ad agire su mercati vasti, le regioni dell’Italia centrale annoverano importanti realtà imprenditoriali che negli ultimi anni hanno consolidato il proprio ruolo di leader in specializzazioni quali l’aerospaziale, la produzione di elettrodomestici, il calzaturiero, l’agro-alimentare o nel campo delle tecnologie della comunicazione. Aziende per le quali la riduzione del transit time e del time to market diventa un elemento strategico fondamentale. Tale evoluzione, che richiede un sempre più intenso ricorso alla movimentazione delle merci, ha bisogno di essere accompagnata da una pianificazione territoriale che consenta di ridurne l’impatto ambientale e di ottimizzare i costi della logistica, contribuendo così a migliorare la qualità della vita per i residenti e a rafforzare la competitività delle imprese e dei sistemi produttivi. In tale direzione si stanno movendo le Amministrazioni delle quattro regioni, che in un’ottica di “Piattaforma Logistica Tirreno-Adriatica” hanno 106 intrapreso un percorso comune con riferimento alle tematiche della programmazione, dell’infrastrutturazione fisica, della formazione in ambito logistico e della tecnologia per lo scambio di dati e l’ottimizzazione dei flussi di merci. L’obiettivo principale è quello di migliorare il ruolo, l’importanza e l’efficienza dei corridoi di traffico che attraversano le regioni lungo le due direttrici costiere ed orizzontalmente. I progetti vertono soprattutto su quest’ultima prospettiva, che prevede un miglioramento nei collegamenti tra Civitavecchia, Orte, Jesi e Ancona a nord e tra Civitavecchia, Roma, Pescara e Ortona a sud, con confluenza ad Avezzano dell’asse Frosinone-Ortona. Le opportunità di un simile sviluppo sono particolarmente interessanti, sia perché consentirebbero agli insediamenti produttivi della sponda adriatica di essere collegati agevolmente con la città di Roma, sia perché offrirebbero a tutte le imprese, ed in particolare a quelle situate nell’entroterra, la possibilità di disporre di un sistema a doppia sponda con i porti sia del Tirreno che dell’Adriatico. Non mancano inoltre ambiziose proposte legate ad un potenziamento della linea ferroviaria Civitavecchia-Ancona quale asse di interconnessione tra corridoi trans-europei. L’accordo raggiunto dalle quattro regioni sulle linee guida di un percorso comune rappresenta un prezioso punto di partenza, per almeno due ragioni: - innanzitutto, l’obiettivo di conseguire una maggiore efficienza e sostenibilità ambientale nel trasporto merci può essere raggiunto soltanto se i decisori politici non ragionano esclusivamente secondo una logica circoscritta ai confini geografici o istituzionali dei propri territori, ma secondo una logica di sistema economico. Promuovere l’intermodalità, convogliando merci su rotaia e riducendo quindi il traffico (e l’inquinamento) su gomma, richiede la realizzazione di sinergie che portino a creare volumi di merci sufficienti alla formazione di treni-blocco: obiettivo che non sarebbe raggiungibile se ognuno andasse per conto proprio e, in un territorio caratterizzato da imprese di piccola dimensione e molto diffuse, si assistesse al proliferare di strutture interportuali in concorrenza tra loro. In questo senso, in un’ottica di sistema e di collaborazione sovra-regionale, va interpretata per esempio la scelta della Regione Umbria di non dotarsi di un proprio interporto ma di preferire piuttosto la creazione di una serie di piattaforme logistiche (a Foligno, a Terni e a Città di Castello), che opereranno in stretta collaborazione con i due interporti di Jesi e di Orte, ai cui capitali la Regione partecipa attraverso la società Sviluppumbria; - ragionare secondo una logica di sistema consente di comprendere, condividere e coordinare gli interventi strategicamente prioritari, evitando di realizzare opere tra loro scollegate o perfino in palese contraddizione. Se la finalità principale è potenziare la direttrice Tirreno-Adriatico ed in par107 ticolare la componente intermodale che si sviluppa lungo tale direttrice, diventa fondamentale che le regioni interessate operino congiuntamente. Il che significa investire al tempo stesso, in maniera integrata e con una visione complessiva degli obiettivi da raggiungere, sul sistema portuale, aeroportuale, interportuale e ferroviario. Significa che le opere che verranno realizzate nei porti di Civitavecchia, Ancona e Ortona per migliorarne gli accosti e le banchine dovranno essere accompagnate da interventi relativi all’allacciamento ferroviario del porto alla rete nazionale; significa che il settore cargo nel traffico aeroportuale potrà essere razionalizzato favorendone lo sviluppo in quegli aeroporti in grado di integrarsi con i limitrofi centri intermodali; significa che il sistema ferroviario dovrà essere rafforzato mediante lavori di modernizzazione e potenziamento delle linee e con la creazione di eventuali raccordi mancanti tra i principali nodi della rete. Perché la prospettiva di una piattaforma logistica Tirreno-Adriatico nell’Italia centrale si realizzi, è però necessario giungere rapidamente al completamento e alla messa in opera degli interporti di Jesi, di Orte, di Frosinone e di Val Pescara. Anche in questo, la convergenza d’intenti ed un protocollo firmato dalle Amministrazioni regionali può risultare determinante, fornendo agli interporti una maggiore autorevolezza nel dialogare con soggetti terzi (quali Anas o Ferrovie dello Stato) a cui può essere imputata parte delle responsabilità per la lentezza che ne sta caratterizzando la fase di avvio. 3.7.1.Elementi comuni ai quattro interporti Quelli di Jesi, Val Pescara, Frosinone ed Orte sono quattro interporti che, pur avendo iniziato la propria attività progettuale all’inizio degli anni ’90, sono ad oggi sostanzialmente inattivi. Il nodo abruzzese ha già iniziato ad affittare i propri magazzini ad imprese ed operatori della logistica, ma resta tuttavia in attesa di poter completare i lavori per la parte relativa all’intermodalità. Analogamente l’interporto di Jesi, mentre sta lavorando per il completamento delle opere previste in progetto, ha affittato, a partire da gennaio del 2008, i primi 5.000 mq di magazzini realizzati ad un trasportatore locale. Iniziati dopo il 2000, gli investimenti finora realizzati ammontano a circa 45 milioni di euro per Val Pescara, a 35 per l’Interporto Marche, mentre non superano i 10 milioni per Frosinone ed Orte, dove si è recentemente usciti da un lungo periodo di stallo ed i lavori sono ancora in una fase iniziale. La ragione dei ritardi nella prima fase, quella di avvio dei lavori, è riconducibile alle esigenze di “progettazione integrata” richieste per l’ottenimento 108 del co-finanziamento ministeriale. L’elaborazione di progetti di interesse pubblico, così come previsto dalla legge n.109/94, prevede infatti tre fasi distinte: - un progetto preliminare, finalizzato a ottenere l’ammissione al contributo statale; - un progetto definitivo, subordinato all’esito favorevole della fase precedente e finalizzato alla stipula di un’apposita convenzione; - un progetto esecutivo, che consente l’inizio delle procedure di affidamento dei lavori. Il momento più problematico di tutto l’iter progettuale ha riguardato l’ottenimento della Valutazione di Impatto Ambientale, che si innestava nella fase della progettazione definitiva. Per progetti iniziati nel 1992 o addirittura precedentemente (Val Pescara nel 1989), si è giunti alla firma delle prime Convenzioni tra Ministero e Società interportuale tra il 2000 e il 2002 e talvolta è stato necessario un ulteriore anno per la registrazione del decreto di finanziamento: soltanto allora hanno avuto sostanzialmente inizio i lavori per la realizzazione delle infrastrutture fisiche. Va segnalato che la lunghezza dei tempi di questa prima fase non ha sortito esclusivamente effetti negativi: gli interporti, infatti, hanno avuto l’opportunità di modificare in itinere la propria impostazione, specialmente per quanto riguarda la lunghezza dei binari o concezione dei magazzini per le merci. Inizialmente di piccole dimensioni, separati l’uno dall’altro e pensati in un’ottica esclusivamente di intercambio modale, nella versione definitiva sono stati resi funzionali alle esigenze di una moderna logistica che necessita di spazi vasti e modulabili. 3.7.2.L’Interporto d’Abruzzo di Val Pescara L’11 novembre 2006 è stata ufficializzata l’entrata in esercizio del primo lotto dell’Interporto di Val Pescara, una struttura considerata prioritaria dalla Regione Abruzzo e la cui realizzazione è stata affidata in concessione ad una società in massima parte privata cui partecipano imprenditori e associazioni di industriali, con il supporto della Camera di Commercio (tab. 3.16). Localizzato in un nodo strategico di connessione autostradale e ferroviaria a 20 chilometri dal porto di Ortona, l’interporto è destinato a diventare il centro di un sistema integrato del trasporto merci e della logistica nella regione, operando in stretto collegamento con gli autoporti di Roseto e di San Salvo e con il Centro Smistamento Merci della Marsica. Ad oggi, tuttavia, non è funzionante che una parte piuttosto modesta di quello che dovrebbe essere l’interporto quando raggiungerà la piena opera109 Tab. 3.16 - Principali caratteristiche dell’Interporto Val Pescara Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2007 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto 150.120 tonnellate 0% 4 9 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree Criticità emerse nella fase di realizzazione 2000 2006 Procedure d’esproprio e accordi bonari di acquisizione Ottenimento della Valutazione di Impatto Ambientale Pianificazione Urbanistica Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Piazzali Uffici Modalità di gestione delle aree 20.000 m² 20.000 m² 25.000 m² 3.000 m² Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Prodotti da semola di grano duro Prodotti per la casa Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Val Pescara Spa tività: in pratica, soltanto i 20.000 m² di magazzini che sono stati affittati ad alcune società locali (specializzate nei prodotti da semola di grano duro o nei prodotti per la casa) ed un piazzale per autoveicoli di 25.000 m², oltre alla palazzina-uffici. A regime, magazzini e piazzali dovrebbero raggiungere rispettivamente una dimensione di 80.000 m² e di 95.000 m²: un ampliamento necessario in vista del decentramento degli attuali scali merci di Pescara P.N. e di Chieti all’interno della struttura. Ancora non attive sono però, soprattutto, le piattaforme intermodali dell’interporto, da raccordare alla linea Roma-Pescara attraverso un binario elettrificato di circa 3 km. Per completare l’infrastrutturazione fisica ed i raccordi alla linea ferroviaria e alla viabilità autostradale sono necessari investimenti per circa 70 milioni di 110 euro, disponibili grazie ad un intervento di project financing con cofinanziamento privato per il 30%. Gli interventi legati al sistema viario prevedono la realizzazione di un casello dedicato, particolarmente importante per mitigare l’impatto del traffico di mezzi pesanti sulla viabilità ordinaria che attraversa il Comune di Manoppello. Per quanto riguarda la rete ferroviaria, i ritardi e i maggiori costi sono attribuibili ad una variante al progetto iniziale richiesta da parte di Rfi, che nel gennaio 2006 comunica la necessità di utilizzare raccordi in linea anche per le tratte secondarie. Oltre alle risorse finanziarie, per l’ampliamento dell’interporto è però necessaria anche la disponibilità dei terreni: a tal proposito, è del dicembre 2007 la sottoscrizione di un accordo tra il Comune di Manoppello e la Regione per la trasformazione di 100 ettari di terreno in strade, ferrovie e centri di smistamento, accordo che agevolerà le procedure d’esproprio e renderà più rapida la conclusione delle opere. 3.7.3.L’Interporto Marche di Jesi La fase di realizzazione di quello che dovrebbe diventare il principale interporto dell’Adriatico e dell’Italia centrale ha avuto inizio nel 2001. Le attività logistiche dovrebbero essere avviate nel 2008, non appena completati alcuni investimenti sulla parte ferroviaria. Nell’arco di sette anni sono stati costruiti, su una superficie complessiva di 54 ettari, 5.000 m² di magazzini raccordati ferro-gomma, un centro direzionale ed un terminal intermodale da 90.000 m². Inoltre sulla superficie di 54 ettari, di proprietà della Società sussiste una concessione edilizia per la realizzazione di ulteriori 40.000 m² di magazzini sempre raccordati ferro-gomma. Si tratta del dimensionamento minimo necessario per garantire l’operatività della struttura, ma il progetto definitivo prevede già un’espansione che porterà l’Interporto Marche a disporre di una superficie territoriale complessiva di 101 ettari, con una potenzialità edificatoria di 100.000 m² di magazzini e di ulteriori 20.000 m² per il terminal container (tab. 3.17, fig. 3.16). Dal primo gennaio 2008, i 5.000 m² di magazzini già realizzati risultano affittati ad una azienda locale di autotrasportatori. Nel caso dell’interporto marchigiano, il principale fattore di criticità nella fase preliminare all’entrata in funzione è legato alla pianificazione urbanistica. Nonostante la progettazione sia stata approvata in tempi relativamente rapidi e le due regioni di riferimento, le Marche (azionista di maggioranza della società interportuale) e l’Umbria, ne abbiano identificato un nodo strategicamente essenziale per la razionalizzazione del traffico merci e della logistica nell’area e vi colleghino funzionalmente una serie di autoporti e di piattaforme intermodali, l’approvazione della variante al piano regolatore comunale, che 111 Tab. 3.17 - Principali caratteristiche dell’Interporto Marche Dati strutturali Numero di addetti operanti presso l’interporto 6 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere 2002 Anno di entrata in funzione dell’interporto Previsto 2008 Principale modalità di acquisizione delle aree Accordi bonari all’interno di procedure d’esproprio Criticità emerse nella fase di realizzazione Pianificazione Urbanistica Ottenimento delle autorizzazioni dagli Enti locali Interventi ritenuti prioritari Miglioramento della connessione con rete stradale e ferroviaria Sistemi di gestione dei flussi di merci in entrata e in uscita Accordi di collaborazione con i porti Estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità (previste) di gestione delle aree 90.000 m² 45.000 m² Affitto, vendita e società di scopo Offerta logistica dell’interporto Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Realizzazione di nuovi immobili Nuovo materiale rotabile per la linea ferroviaria Dotarsi di un sistema informativo per gestione merci Fonte: elaborazioni Censis su dati Società Interporto Marche consentirà l’ampliamento della superficie territoriale dell’Interporto Marche a 101 ettari, ha avuto tempi eccessivamente lunghi, non compatibili con l’avvio e la gestione della struttura. L’approvazione della variante urbanistica è fondamentale, infatti, per conferire alla struttura interportuale caratteristiche dimensionali tali da consentirne una efficace gestione economica e funzionale. Altro aspetto fondamentale è la certezza degli strumenti economico-finanziari attraverso i quali realizzare quanto progettato. Se l’infrastrutturazione e l’urbanizzazione poteva essere finanziata con contributi pubblici, infatti, non altrettanto può avvenire per quanto riguarda i magazzini ancora da costruire o le opere accessorie. I milioni di euro necessari si possono reperire attra112 Fig. 3.16 - Layout dell’Interporto Marche di Jesi Fonte: Società Interporto Marche verso una società di scopo aperta di mercato o al limite attraverso la cessione delle aree in proprietà o diritto di superficie: è però fondamentale sapere che l’interporto ha la possibilità di crescere, di raggiungere una dimensione sufficiente a fungere da reale polo di aggregazione delle merci così da poter costituire un volano per l’intermodalità. I tempi per la sua completa realizzazione costituiscono il fattore chiave per comprendere le sorti dell’Interporto Marche. Eppure non dipendono che in minima parte dalla volontà o dall’impegno della società interportuale: le maggiori difficoltà provengono infatti dagli Enti esterni, che non riescono a fornire i servizi richiesti nei tempi che sarebbero opportuni. Tale criticità non riguarda esclusivamente l’autorizzazione a costruire da parte dell’Amministrazione locale; si ritrova anche nelle relazioni tra l’interporto di Jesi e soggetti quali Rfi o Anas: - l’Anas, incaricata di realizzare uno svincolo autostradale dedicato all’interporto, quasi interamente finanziato dall’Amministrazione regionale, non ha ancora iniziato i lavori; 113 - la società interportuale non ha ancora appaltato la realizzazione di una propria stazione per non creare opere in sovrapposizione con quelle previste da Rfi, che dovrebbe decidere di sostituire lo scalo merci di Falconara con uno limitrofo all’interporto: intervento già approvato e finanziato dal Cipe. Il 25/02/2008, la Società Interporto Marche ha provveduto all’aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione dell’armamento ferroviario all’interno dell’area interportuale, i cui lavori saranno completati entro i primi mesi del 2009. Tali opere garantiranno il collegamento ferroviario della struttura mediante tradotta ferroviaria dalla stazione di Falconara, il che rappresenta una prima fase di funzionamento dell’impianto, in attesa che vengano definite le questioni relative alla stazione che permetterà l’instradamaneto diretto dei treni lungo linea. L’auspicio è che l’accordo approvato da Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo conferisca all’interporto di Jesi maggiore peso contrattuale, diventando un canale per accelerare i tempi del dialogo con i soggetti terzi. 3.7.4.L’Interporto Centro Italia di Orte Su un’area complessiva di 60 ettari ubicata in un’ansa del fiume Tevere, in posizione strategica sotto il profilo dei collegamenti viari e ferroviari, sorgerà l’Interporto Centro Italia di Orte, la cui costruzione dovrebbe essere completata entro il 31 dicembre 2009. La collocazione geografica rappresenta il principale punto di forza della nascente struttura, che si trova al crocevia tra importanti flussi di trasporto: - per quanto riguarda la rete viaria, è adiacente allo svincolo della A1 Autostrada del Sole e della E45, strada di grande comunicazione che una volta ultimata dovrebbe connettere Civitavecchia e Ancona; - sotto il profilo della rete ferroviaria, oltre che trovarsi sulla direttissima Roma-Firenze, la prima linea ad alta velocità realizzata in Europa, Orte costituisce il perno di quell’asse longitudinale rappresentato dalla OrteFalconara, linea da modernizzare e raddoppiare che una volta ultimata connetterà Civitavecchia con Ancona. Oltre ad essere un importante collettore di flussi di transito, l’interporto potrà offrire un servizio logistico particolarmente utile alle realtà produttive che si trovano nelle aree limitrofe: il Distretto Ceramico di Civita Castellana, l’area siderurgico-industriale di Terni ed una pluralità di imprese generalmente di piccole dimensioni e disaggregate nel territorio. Va, infine, ricordata la decisione del novembre 2007 di realizzare a Viterbo il terzo scalo aeroportuale del Lazio, con cui l’interporto potrebbe lavorare in stretta sinergia. 114 Se le condizioni esterne sono ottimali, resta il problema di un interporto la cui realizzazione effettiva ha inizio in tempi assai recenti, benché il progetto definitivo sia stato approvato nel 2000. La causa principale delle difficoltà nell’avvio dei lavori è imputabile, come in molte altre situazioni, all’adempimento della Valutazione di Impatto Ambientale, cui si aggiungono inoltre le procedure autorizzative da parte dell’Autorità di Bacino. Venendo realizzato in un’ansa del Tevere, l’interporto deve rispondere dell’esigenza di consentire le esondazioni del fiume in previsione di eventuali piene. Per tale ragione, è stato necessario mantenere un limite di 80 metri dagli argini e preparare un piano di posa che lo rilevasse a 60 metri sopra il livello del Tevere. I ritardi, come si è visto anche nel caso di Jesi, non hanno avuto soltanto conseguenze negative, consentendo di adeguare il progetto originario del 1997 alle nuove esigenze di una logistica moderna e alle evoluzioni normative e tecnologiche del trasporto ferroviario. La variante approvata nel novembre 2007 ha introdotto essenzialmente due novità (fig. 3.17): - innanzitutto, consente di realizzare infrastrutture ferroviarie più lunghe di quelle inizialmente previste, sia per quanto riguarda il fascio di presa e Fig. 3.17 - Layout dell’Interporto Centro Italia di Orte Fonte: Interporto Centro Italia Spa 115 consegna (ora elettrificato e di una lunghezza di circa 900 metri) che i binari interni. Se il progetto di partenza prevedeva fasci della lunghezza di 400 metri, quelli che verranno realizzati sono 4 binari di almeno 850 metri ciascuno; - per quanto riguarda i volumi edificati, la modifica più sostanziale riguarda l’ottimizzazione dei magazzini. Nel progetto erano previste due strutture separate di cui una sola con ribalta ferroviaria, mentre la variante approvata consentirà di realizzare un’unica struttura che ha la ribalta sia per la ferrovia che per lo scarico/carico dei mezzi su gomma. Si tratta di un magazzino coperto da 40.000 m² con campata da 48 metri che consente l’apertura e la lavorazione dei container. Tale processo è importante perché consentirà di svolgere all’interno del centro intermodale servizi di certificazione di qualità, con la possibilità di effettuare analisi chimiche per verificare l’assenza di radiazioni. L’interporto, infatti, opererà in sinergia con il gruppo siderurgico Thyssen, che a Terni ha un’importante stabilimento per la produzione di acciai speciali. Altre modifiche da segnalare sono poi la riduzione del limite di esondazione dai 150 metri inizialmente previsti a 80 metri, portando così la superficie utilizzabile dell’interporto da 40 a 50 ettari, e lo spostamento di alcune strutture come la dogana in posizioni che ne consentissero una maggiore potenzialità di utilizzo. Il costo delle opere comporta un investimento complessivo per 31 milioni di euro, così suddivisi: - 14 milioni concessi dal Ministero dei Trasporti in base ai contributi per l’intermodalità; - 5,6 milioni assegnati dal Docup della Regione Lazio; - 1 milione proveniente dal Docup della Regione Umbria; - 10,4 milioni di autofinanziamento da parte della società Interporto Centro Italia Spa. Altri fondi sono disponibili per interventi complementari, che contribuiranno a migliorare notevolmente le performance dell’interporto. I primi sono legati al programma comunitario TEN-T: il 21 novembre 2007 la Commissione europea ha ammesso a cofinanziamento il progetto di ripristino della tratta ferroviaria Civitavecchia-Orte: un progetto da 2 milioni di euro che verrà sostenuto per il 50% dalla Commissione europea, per il 30% dalla Regione Lazio e per il restante 20% in parti uguali dall’Autorità Portuale di Civitavecchia e dall’interporto di Orte. Ulteriori risorse di origine comunitaria attengono, invece, alla navigabilità del Tevere: sono allo studio progetti per trasportare su chiatta da Orte a Roma sia le acque minerali prodotte nell’Umbria e nell’Alto Lazio, sia materiali inerti per le costruzioni. 116 Tra le prospettive future di crescita dell’interporto vi è poi la previsione di spostare al suo interno lo scalo merci ferroviario di Orte, attualmente ubicato all’interno della Stazione Rfi di Orte. Così facendo, la stazione potrebbe recuperare binari e incentivare il servizio passeggeri in funzione dell’aeroporto viterbese. Un ostacolo alle sue potenzialità di sviluppo potrebbe però venire proprio dal Gruppo delle Ferrovie dello Stato, che sta procedendo secondo una progettazione autonoma che non tiene conto delle linee di indirizzo definite a livello nazionale. Le Ferrovie dello Stato, che pure dell’interporto di Orte partecipano al capitale sociale, intendono realizzare un grande scalo di smistamento merci ai confini tra le province di Roma e di Rieti, opera che andrebbe parzialmente a sovrapporsi con quella interportuale. 3.7.5.L’Interporto di Frosinone L’interporto che sorgerà sui terreni dell’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Frosinone si estende su un’area complessiva di 60 ettari, ottimamente collegata sotto il profilo della viabilità stradale e ferroviaria. Dal punto di vista ferroviario, infatti, il sito è adiacente alla linea Roma-Cassino-Napoli, è collegato mediante un binario dedicato con la stazione ferroviaria di Frosinone e con l’area industriale, mentre a pochi chilometri di distanza è attiva l’interconnesione con la linea Alta Velocità/Alta Capacità Milano-Napoli; per quanto riguarda la rete viaria l’interporto è agevolmente raggiungibile dalla A1 Autostrada del Sole e dalle strade statali SS6 Casilina e SS156 Frosinone-Latina ed è collegato alla rete interna dell’area industriale dell’agglomerato di Frosinone. I progetti finanziati, in corso di realizzazione, consentiranno la disponibilità di un’area logistica che comprende capannoni per 10.000 m² ed un’area intermodale ferro-gomma in grado di ospitare treni completi, con 3.560 metri lineari di binari e 68.000 m² di piazzale di manovra e deposito container. A completamento dell’intero programma l’area logistica avrà la possibilità di realizzare un totale di 58.000 m² di magazzini, l’area intermodale sarà estesa portando l’area di stoccaggio a 125.000 m² ed il totale dei binari a circa 7.200 metri, con la possibilità di accogliere moduli europei di 750 metri. Sin dalla fase iniziale di avvio le funzioni ed i servizi insediati nell’interporto corrispondono a quelli individuati nella Deliberazione Cipet del 7 aprile 1993, comprendendo aree ed edifici destinati, oltre che alle funzioni logistica ed intermodale, ai servizi alle persone (centro direzionale con uffici, sale riunioni, bar, ristorante, ecc.) ed agli autoveicoli (officine automezzi e manutenzione container, parcheggio attrezzato per soste notturne e festive, impianto distribuzione carburanti). 117 La tardiva approvazione del nuovo Piano Regolatore del Consorzio Industriale (definitivamente licenziato dal Consiglio Regionale del Lazio, dopo un lunghissimo iter, soltanto nel gennaio 2008) ha comportato sinora l’impossibilità a ricorrere alle procedure di esproprio per completare l’acquisizione dei terreni. Inoltre per svincolare l’area e poter realizzare l’opera sono stati necessari complessi scavi archeologici, non ancora conclusi, per l’importo di circa un milione di euro. La realizzazione del primo stralcio operativo, iniziato nel 2004 e che avrebbe dovuto essere ultimato nei primi mesi del 2006, è stata sospesa a causa delle difficoltà generate dalla parziale indisponibilità delle aree, che ha portato a rescindere il contratto con la ditta appaltatrice. Attualmente la società interportuale è in attesa di poter disporre delle aree nella loro interezza così da procedere, nel corso del 2008, ad un secondo appalto e giungere alla conclusione dei lavori, sulla base di un progetto sensibilmente innovato per meglio rispondere alle nuove caratteristiche ed esigenze del mercato, direttamente interpellato con un bando di manifestazione di interesse. Nonostante le difficoltà, ad oggi sono stati effettuati investimenti per oltre 5,8 milioni di euro; il completamento delle opere comprese nelle convenzioni con il Ministero dei Trasporti è previsto per il 2010. L’Interporto di Frosinone, in definitiva, sebbene la sua realizzazione sia in ritardo rispetto alle previsioni, può contare su una serie di importanti elementi: - è inserito a pieno titolo nella programmazione nazionale (PNT) e regionale; - si colloca in un nodo di traffico di grande rilievo territoriale, su una direttrice fondamentale di traffico in direzione Nord-Sud (corridoio 1 TEN), con importanti collegamenti trasversali sia verso il Tirreno (sistema portuale di Gaeta/Formia, provincia di Latina) che verso l’Adriatico (SoraAvezzano, Pescara); - ha la possibilità di instradamento dei treni sulla linea ferroviaria ad alta velocità, la cui interconnessione dista pochi chilometri; - è inserito in un contesto industriale che, nonostante la crisi, è tuttora di notevole rilevanza; - è stato progettato per moduli da sviluppare in funzione delle richieste del mercato e si colloca localmente in un’area che ne permette l’espansione ed il collegamento con altre piattaforme intermodali di minori dimensioni attive nella zona, nei cui confronti si candida a svolgere funzioni di hub. 118 3.8.La questione meridionale tra problemi irrisolti e elementi di dinamismo Ogni analisi che intenda fornire una superficiale panoramica complessiva del sistema interportuale in Italia tende a scontrarsi con una situazione apparentemente netta e ben definita. Da un lato, vi sarebbe un Nord dove gli interporti attivi sono numerosi e operano a pieno regime; dall’altro, un Mezzogiorno in cui tali strutture sono pressoché assenti ed i considerevoli fondi pubblici che vi sono impiegati non riescono ancora ad avere quell’effetto volano capace di far decollare l’intermodalità. A ben vedere, tuttavia, la situazione è decisamente più complessa e bisognerebbe evitare rapide, eccessive schematizzazioni. Ovviamente è impossibile non constatare che i tempi di realizzazione delle nuove infrastrutture intermodali siano molto più lunghi del previsto. Tuttavia, ritardi analoghi si sono verificati in tutte le macro-aree del Paese e soltanto le realtà in cui vi era una piattaforma logistica pre-esistente ne sono esenti. Le ragioni delle inefficienze sono trasversali e vanno imputate a lentezza nella pianificazione regionale o a difficoltà nell’ottenimento di un esito positivo per la Valutazione di Impatto Ambientale, che rendono irrealizzabile l’avanzamento delle opere. Inoltre, occorre tenere presente che i flussi di traffico merci nelle regioni meridionali sono ben più modesti di quelli registrati al Centro-Nord e che pertanto ben diversa è la funzione che i terminali intermodali sono chiamati ad assolvere. Lo squilibrio è evidente: se nel Centro-Nord le tonnellate-chilometri (Tkm) che viaggiano sulla rete viaria ogni anno sono 157 miliardi, nel Meridione tale valore si riduce a 34,6 miliardi (tab. 3.18). Le uniche regioni meridionali da cui proviene un’imponente quantità di merci sono la Campania (9,5 miliardi di Tkm) e la Puglia (8 miliardi di Tkm), seguite dalla Sicilia con 5,2 miliardi. Non stupisce che siano proprio tali realtà ad esprimere le più significative esperienze interportuali del Mezzogiorno: i Tab. 3.18 - Trasporti complessivi su strada per regione di origine e di destinazione Trasporti complessivi Tonnellate Tkm (migliaia) Regione di origine Nord-Centro Mezzogiorno 1.268.538.397 214.331.251 157.023.938 34.621.807 Regione di destinazione (val. %) Nord-Centro Mezzogiorno Estero 95,7 14,2 2,6 84,8 1,6 1,0 Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat . Con l’eccezione dell’Abruzzo, che per ragioni analitiche nella presente analisi viene considerato come se facesse parte dell’Italia centrale. 119 due interporti di Nola e di Marcianise innanzitutto, ma anche quelli, ben più recenti, di Bari e di Cerignola, dove la componente intermodale non è ancora operativa. Indubbiamente al Meridione non serve il proliferare di piattaforme logistiche di grandi dimensioni, che rischierebbero di divenire nuove “cattedrali nel deserto” che andrebbero ad aggiungersi alla lunga lista di quelle già esistenti. Eppure gli interporti, per loro natura, pongono ulteriori delicate questioni. Si inseriscono, infatti, in un complesso dibattito tra infrastrutture e sviluppo che sembra non trovare ancora soluzione: è la carenza di infrastrutture che frena lo sviluppo del Sud, oppure è la mancanza di un solido tessuto produttivo a rendere quasi superflua la loro realizzazione? Le province meridionali manifestano un drammatico ritardo rispetto al resto del Paese sotto quasi tutti gli aspetti macro-economici: i consumi delle famiglie, innanzitutto (fig. 3.18), ma anche la densità del tessuto produttivo (fig. 3.19) o la capacità esportativa delle imprese (fig. 3.20). Il sistema interportuale è in grado, da solo, di contribuire alla risoluzione di una simile situazione? La risposta non può che essere negativa. L’obiettivo che il sistema si pone consiste “semplicemente” nel trasferimento di merci dalle modalità di trasporto tradizionali al combinato ferro-gomma, consentendo di ridurre l’imFig. 3.18 - Consumi finali pro capite, 2004 (euro) Fino a 11.500 Da 11.501 a 14.000 Da 14.001 a 16.500 Da 16.501 in poi Interporti Attivi In fase di start up o non attivi Previsti Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne 120 Fig. 3.19 - Imprese manifatturiere attive per 1.000 abitanti, 2006 Fino a 8,0 Da 8,1 a 10,0 Da 10,1 a 13,0 Da 13,1 in poi Interporti Attivi In fase di start up o non attivi Previsti Fonte: elaborazioni Censis su dati Infocamere - Movimprese Fig. 3.20 - Capacità esportativa delle imprese, 2006 (euro per impresa attiva) Fino a 15.000 Da 15.001 a 50.000 Da 50.001 a 90.000 Da 90.001 in poi Interporti Attivi In fase di start up o non attivi Previsti Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat 121 patto ambientale e sociale del trasporto su strada. Come dimostra l’esperienza fin qui maturata, gli interporti contribuiscono a razionalizzare e rendere più efficiente il settore della logistica laddove già esistono attività imprenditoriali che di logistica hanno bisogno: sarebbe invece fonte di delusioni attribuire loro il compito di far nascere tale comparto e di favorire – come conseguenza – il proliferare di nuove unità produttive ed una maggiore competitività di quelle già esistenti. Gli interporti sono dei nodi di rete, che consentono agli operatori una migliore fruibilità della stessa. Tuttavia è proprio la rete che, nel Sud Italia, più necessita di essere migliorata. Utilizzando per le 103 province italiane l’indice di dotazione infrastrutturale elaborato dal Tagliacarne, si può osservare che: - per quanto riguarda la rete stradale, il 52,2% delle province collocate nel Centro-Nord ha una dotazione superiore rispetto alla media nazionale, a fronte di un più modesto 41,7% del Meridione (fig. 3.21); - per quanto riguarda la rete ferroviaria, la distanza è ancora maggiore con un rapporto tra Centro-Nord e Mezzogiorno di 50,7% a 36,2% (fig. 3.22). Con riferimento alla componente ferroviaria, per esempio, il Sud soffre per la mancanza di collegamenti diretti oltre che per lunghe tratte prive del doppio binario e con linee spesso non elettrificate. Uno dei problemi maggiori riguarda la connessione ferroviaria dei porti meridionali. Con l’esclusione di quelli di Messina e di Villa San Giovanni (RC), dove sono necessari per consentire l’imbarco dei treni sulle navi traghetto che attraversano lo Stretto, in tutta la macroarea soltanto il porto di Catania sembra essere dotato di un adeguato numero di binari (19). Se a Taranto se ne contano 8, uno soltanto è disponibile a Gioia Tauro o a Napoli. In un simile scenario, appare evidente che nelle condizioni attuali la prospettiva di un’interportualità meridionale assume un significato radicalmente differente rispetto al Nord del Paese. Se in gran parte dell’Italia settentrionale un sistema interportuale diffuso e capace di movimentare grandi quantità di merci è ormai una vitale necessità, nel Sud rappresenta invece un utile servizio di interesse generale da fornire esclusivamente laddove vi sia un’effettiva domanda, attuale o realisticamente potenziale, di intermodalità. I terminali che vengono e verranno realizzati devono essere in grado di attrarre un significativo bacino d’utenza, tale da garantire la formazione di treni completi. Non stupisce pertanto constatare che i pochi centri attualmente operativi o in fase di avvio (Marcianise, Nola, Bari e Cerignola) o quelli ancora in costruzione, se non in progettazione (Gioia Tauro, Catania, Tito, Termoli e Battipaglia) siano localizzati in aree capaci di concentrare importanti quantità di merci – tra le più significative del Mezzogiorno – grazie alla prossimità a zone di consumo, di produzione o di transito. 122 Fig. 3.21 - Indice di dotazione della rete stradale, 2004 (Italia=100) Fino a 65,0 Da 65,1 a 100,0 Da 100,1 a 130,0 Da 130,1 in poi Interporti Attivi In fase di start up o non attivi Previsti Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne Fig. 3.22 - Indice di dotazione della rete ferroviaria, 2004 (Italia=100) Fino a 55,0 Da 55,1 a 100,0 Da 100,1 a 150,0 Da 150,1 in poi Interporti Attivi In fase di start up o non attivi Previsti Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne 123 La decisione di creare strutture soltanto nei luoghi in cui vi è una reale domanda di servizi logistici e di adeguare le caratteristiche dimensionali alle effettive necessità dei traffici, è stata una scelta strategicamente lungimirante. Quando si è riusciti, superando gli ostacoli di ordine esterno, ad avviare le attività intermodali è emersa anche nel Meridione quella vivacità che contraddistingue il sistema interportuale nel suo complesso. 3.8.1 L’Interporto Sud Europa di Marcianise Maddaloni In località Marcianise-Maddaloni, a 4 km da Caserta e 15 da Napoli, il Gruppo Barletta ha dato vita all’Interporto Sud Europa (tab. 3.19. fig. 3.23). L’area interportuale sorge in una posizione strategica, estendendosi su una superficie complessiva di 4 milioni di m² delimitata dallo scalo ferroviario del gruppo F.S. a Sud, dall’autostrada A1 Roma-Napoli ad Ovest e dalla A30 Caserta-Salerno a Nord-Est, ed è dotato di collegamenti diretti con le due autostrade. Al proprio interno, l’Interporto è suddiviso in diversi poli funzionali: - un polo intermodale. L’attuale terminal, dotato di 5 binari attrezzati per il trasporto combinato, occupa una superficie di 50.000 m², mentre è in corso la realizzazione di ulteriori strutture ferroviarie che porteranno ad un’estensione complessiva di circa 250.000 m². Il terminal ha avviato le proprie attività predisponendo due coppie di treni al giorno, una con l’interporto di Bologna ed una con lo scalo ferroviario di Milano. Lo sviluppo del trasporto intermodale è comunque destinato a crescere considerevolmente, raddoppiando i viaggi lungo le due tratte già esistenti ed aggiungendovi un collegamento con il Triveneto. Interessanti prospettive sono inoltre legate al potenziamento delle relazioni con il porto di Napoli, di Salerno, di Gioia Tauro, di Taranto e di Bari; - un polo logistico, che costituisce il vero potenziale punto di forza dell’interporto. Se ad oggi sono stati realizzati 150.000 m² di magazzini, occupati da grandi operatori internazionali e nazionali della logistica, le previsioni di sviluppo prevedono che su un’area complessiva di 1.800.000 m² siano realizzati spazi coperti per oltre 1 milione di m². Gli edifici sono progettati su misura in base alle esigenze dei clienti, cui vengono ceduti mediante la formula dell’auto-leasing (utilizzo per un tempo prestabilito in cambio di una rata mensile); - un polo direzionale, dove su una superficie di 500.000 m² sorgeranno uffici, centro direzionale e alberghi. Secondo il progetto, all’interno dell’area è prevista anche una piattaforma per insediamenti industriali e produttivi, mentre è già attivo un polo commerciale che si estende su un’area di 124 Tab. 3.19 - Principali caratteristiche dell’Interporto Sud Europa di Maddaloni-Marcianise Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci che utilizzano soluzioni intermodali Numero di aziende insediate presso l’interporto Numero di addetti operanti presso l’interporto Stima del numero di addetti dell’indotto 1.130.000 27% 16 1.640 1.600 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive euro 113.600.121 euro 37.043.705 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Principale modalità di acquisizione delle aree Criticità emerse nella fase di realizzazione 1998 Accordi bonari all’interno di procedure d’esproprio Rapporti con l’Amministrazione regionale Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 50.000 m2 150.000 m2 Auto-leasing Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Interventi ritenuti prioritari Interventi ritenuti prioritari Centro distribuzione tabacchi Accordi di collaborazione con i porti Realizzazione di una piattaforma informatica Altre caratteristiche Uffici dell’Agenzia delle Dogane con 40 addetti Comando della Guardia di Finanza con piazzale di m² 18.000 Centro di applicazione del progetto Ulisse Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Sud Europa Spa 800.000 m². In particolare, su una superficie di intervento di 357.545 m² è stato realizzato, da un grande gruppo olandese in sinergia con l’Interporto Sud Europa, il Parco Commerciale Campania. Il Centro Commerciale rappresenta uno dei principali sbocchi per le merci che all’interno dell’interporto vengono scambiate, stoccate e lavorate. Non sorprende infatti che tra 125 Fig. 3.23 - Layout dell’Interporto Sud Europa di Marcianise-Maddaloni Fonte: Interporto Sud Europa Spa i clienti che vi sono insediati vi siano alcuni operatori commerciali come Decathlon, Carrefour, Euronics, Zara, Mondadori, Brico, H&M, Saturn. L’eccellenza dell’Interporto Sud Europa deriva dall’adiacente infrastruttura ad esso fortemente integrata: uno dei più grandi Scali di Smistamento Merci del Gruppo Ferrovie dello Stato, che occupa una superficie di 2 milioni di m²; in esso è attiva dal 1993 una stazione ferroviaria composta da un fascio arrivi di 21 binari, un fascio transiti informatizzato ed un fascio direzione e partenze di 48 binari. Ubicato nei pressi della linea Av/Ac lungo la dorsale tirrenica, lo scalo riceve tutti i treni merce provenienti da Nord per il Sud e viceversa e dal Tirreno per l’Adriatico e viceversa. Giunti nel fascio arrivi, i convogli vengono scomposti e spinti lungo una rampa per essere smistati dal sistema automatico di sella. Sul fascio partenze i treni così processati vengono ricomposti e inviati, in un tempo brevissimo, a destinazione. Gli impianti consentono una movimentazione di 150 treni al giorno. 3.8.2.L’Interporto Campano di Nola L’Interporto Campano (tab. 3.20, fig. 3.24) è attivo a Polvica, una frazione di Nola a 20 km da Napoli, dal 1998. Azionista di riferimento della società è il Cisfi, la finanziaria di riferimento del Centro Ingrosso Sviluppo (Cis) che dell’area interportuale è parte integrante. Non è possibile comprendere le particolari caratteristiche dell’interporto senza considerare l’importanza di tale 126 Tab. 3.20 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Nola Dati strutturali Volume di merci movimentate nel 2006 Quota di merci movimentate che utilizzano soluzioni intermodali Quota di trasporto ferroviario tradizionale Numero di addetti operanti presso SocietàInterporto e Società di gestione Numero di aziende insediate presso l’interporto Stima del numero di addetti operanti all’interno dell’area interportuale 4.171.147 6% 12% 60 146 3.500 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 552.333.000 euro 45.000.000 euro 130.284.000 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1994 1998 Procedure d’esproprio Criticità emerse nella fase di realizzazione Pianificazione urbanistica Autorizzazioni da parte delle Amministrazioni locali Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 225.000 m2 347.600 m2 Comodato d’uso e diritto di superficie Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Tessili Alimentari/Refrigerati Meccanici Principali obiettivi di sviluppo Ampliamento fisico dell’interporto Potenziamento dei sistemi informatici Ampliamento della rete di relazioni con porti e interporti Inserimento di personale con funzioni manageriali Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Campano Spa 127 Fig. 3.24 - Layout dell’Interporto Campano di Nola Fonte: Interporto Campano Spa polo distributivo, uno dei più grandi d’Italia, creato nel 1986 con l’intento di portare all’esterno di una Napoli ormai satura le attività di commercio all’ingrosso. La realtà del Cis è cresciuta rapidamente, passando dagli iniziali 12 soci agli attuali 328, tra cui si contano molte importanti aziende del sistema moda. L’importante quantità di merci che il Cis è in grado di concentrare e gli abbondanti spazi a disposizione, oltre ai collegamenti con la rete viaria e ferroviaria, ponevano le premesse ottimali per la costruzione di un interporto. Nel complesso, l’area interportuale complessivamente intesa risulta suddivisa in tre parti: - l’interporto vero e proprio, su una superficie complessiva di 1.700.000 m² di cui 1.227.600 m² ancora da infrastrutturare; - il Cis, che si estende su 1 milione di m² di cui 346.000 m² coperti; - il Centro Servizi Vulcano Buono, un grande polo commerciale da 450.000 m² di cui 150.000 m² coperti. All’interno dell’interporto di Nola si situa anche una stazione ferroviaria gestita da Rfi, composta da 6 binari elettrificati. La stazione è collegata con il terminal intermodale gestito dalla società Tin Spa, costituito da un piazzale di 225.000 m² per lo stoccaggio e la movimentazione di container, casse mobili e semirimorchi e da due fasci di tre binari ciascuno. I servizi disponibili 128 presso il terminal vanno dall’handling al lavaggio e al ricondizionamento dei container e alle fumigazioni, oltre alle operazioni doganali e di custodia temporanea. Per via ferroviaria, l’interporto di Nola è collegato attraverso due coppie di treni a settimana con i porti di Napoli, Taranto e Gioia Tauro, mentre tramite la società privata Rtc ha sviluppato un servizio quotidiano verso Milano-Segrate, con treni programmati in coincidenza con quelli provenienti o diretti a Monaco di Baviera. Il terminal è raccordato con i magazzini frigoriferi, un “polo del freddo” da 15.000 m² formato da 15 celle polivalenti, che è diventato un punto di riferimento sia per la Grande Distribuzione Organizzata che per i produttori di alimenti deperibili, in particolare del comparto ortofrutticolo. Non sono raccordati, invece, i restanti magazzini che raggiungono una superficie coperta di 347.600 m² suddivisa in 5 lotti destinati a corrieri e spedizionieri, ai grandi operatori della logistica e dell’autotrasporto, ma soprattutto a imprese della distribuzione: sulle 140 aziende insediate nell’interporto, 102 sono quelle che effettuano operazioni di confezionamento e trattamento delle merci. Le principali tipologie di prodotti che vengono trattate appartengono al tessile e alla meccanica. Si prevede che la struttura interportuale esistente sia ulteriormente sviluppata con la realizzazione di aree destinate alla logistica e alla manipolazione delle merci, portando ad un sostanziale raddoppio dell’interporto. Grazie alla convergenza tra funzioni logistiche e commerciali al servizio di un tessuto produttivo e distributivo tra i più importanti del Mezzogiorno, l’Interporto di Nola ha la possibilità di concentrare al proprio interno un’importante quantità di merci. Sembra tuttavia necessario potenziare maggiormente la componente intermodale, che attualmente raggiunge un modesto 6% del totale di quanto viene movimentato. In tal senso appare necessario intensificare le relazioni con il sistema dei porti e soprattutto cercare soluzioni che progressivamente incentivino le imprese insediate al suo interno ad avvalersi delle opportunità offerte dall’intermodalità. 3.8.3.Il sistema interportuale della Puglia: Bari e Cerignola La Puglia rappresenta uno dei principali territori di interportualità nascente dell’Italia meridionale. Il sistema regionale è imperniato attorno all’Interporto di Bari-Lamasinata (tab. 3.21), la cui costruzione è iniziata ad opera di privati nel 2001 ed ha consentito l’entrata in funzione di un primo stralcio progettuale già nel 2005. Da allora la struttura sta attraversando una fase di continua 129 Tab. 3.21 - Principali caratteristiche dell’Interporto Regionale della Puglia Dati strutturali Numero di aziende insediate presso l’interporto 10 Numero di addetti operanti presso l’interporto 109 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi ministeriali ex lege 240/90 e successive Altri contributi pubblici euro 57.311.061,00 euro 2.133.586,72 euro 7.752.172,32 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 2001 2005 Procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 50.000 m2 78.500 m2 Affitto Offerta logistica dell’interporto Specializzazioni produttive Interventi ritenuti prioritari Principali obiettivi di sviluppo Ortofrutta e alimenti surgelati Tabacchi Collettame Miglioramento delle connessioni alla rete autostradale e ferroviaria Potenziamento delle attrezzature per movimentazione merci Realizzazione di una piattaforma informatica Ampliamento fisico dell’interporto Campagna di promozione dell’interporto Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Regionale della Puglia Spa crescita: al suo interno sono attualmente presenti 10 aziende, tra cui alcuni importanti protagonisti della logistica intermodale, e vi sono impiegati stabilmente più di 100 addetti. Le principali tipologie di prodotti trattati sono quelle dell’ortofrutta e degli alimenti surgelati, i tabacchi e il collettame. Una volta a regime, si prevede che l’interporto potrà accogliere circa 50 aziende. Su una superficie complessiva di 470.000 m² sono stati realizzati o sono in fase di completamento 78.500 m² di magazzini, di cui 17.500 m² raccordati per il trasporto combinato ferro-gomma. 130 Al momento l’interporto è attrezzato soltanto per le operazioni di scambio gomma-gomma, mentre è in corso di completamento l’infrastrutturazione necessaria alle operazioni intermodali attraverso la realizzazione di un terminal di 50.000 m² dotato di 4 binari operativi, posto in adiacenza allo scalo ferroviario. Il sistema dell’intermodalità nella regione può contare, tuttavia, anche sull’interessante esperienza dell’interporto realizzato attraverso il Consorzio Ofanto Sviluppo dalle amministrazioni comunali di Cerignola e di San Ferdinando di Puglia (tab. 3.22). La struttura, che si estende su un’area di 450.000 m², disporrà di 52.000 m² di magazzini, di cui 13.000 m² già realizzati, e di un terminal da 75.000 m². Il primo lotto funzionale, terminato nel giugno del 2002, ha avuto una serie di problemi legati ai collaudi tecnico-amministrativi: situazione che si è sbloccata soltanto nel settembre del 2007. Tab. 3.22 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Cerignola Dati strutturali Numero di addetti operanti presso la SocietàInterporto 2 Dati finanziari Investimenti complessivi realizzati al 2007 Contributi pubblici euro 63.064.076,13 euro 13.954.701,05 Operatività dell’interporto Anno di inizio della costruzione delle opere Anno di entrata in funzione dell’interporto Principale modalità di acquisizione delle aree 1999 2008 Procedure d’esproprio Attuale estensione e modalità gestionale delle aree Terminal intermodale Magazzini Modalità di gestione delle aree 50.000 m2 13.400 m2 Affitto Offerta logistica dell’interporto Interventi ritenuti prioritari Miglioramento dei sistemi di gestione dei flussi di merci Ampliamento dei piazzali Potenziamento della strumentazione informatica Potenziamento dei servizi offerti Accordi di collaborazione con i porti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ofanto Sviluppo Srl 131 L’interporto si colloca in un territorio adiacente all’agglomerato di Cerignola-San Ferdinando di Puglia, importante polo agro-alimentare che si estende su una superficie di 2.220.000 m² su cui operano circa 6.000 aziende. Oltre ai traffici legati a tale comparto, l’Interporto si propone di intercettare anche parte dei flussi di merce che transitano attraverso la provincia di Foggia. 132 4. Focus tematici Oltre 100 milioni di euro nel solo 2006. A tanto ammonta il contributo diretto che il sistema interportuale ha offerto all’Italia, in termini di contenimento dei costi ambientali e sociali imputabili al trasporto merci: un importo calcolato sulla base di dati relativi all’intermodalità generata dalle singole strutture e di proposte avanzate in sede comunitaria per monetarizzare (e confrontare) le esternalità provocate dagli spostamenti interurbani di veicoli pesanti e di treni. Nel favorire lo spostamento dalla strada verso soluzioni alternative, con i conseguenti benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas inquinanti, del numero di incidenti stradali o del livello di congestionamento della rete, trova concreta espressione l’importante funzione di natura pubblica e di interesse generale svolta dagli interporti. Il riconoscimento di un simile ruolo, ad opera dei Governi e di amministrazioni locali che partecipano spesso attivamente alla loro realizzazione, costituisce uno dei presupposti fondamentali per lo sviluppo e il potenziamento del sistema. Dal 1992, anno in cui è diventata operativa la legge per promuovere l’intermodalità, al 2006 tra interporti e Ministero dei Trasporti sono state firmate convenzioni per un importo complessivo di 538 milioni di euro che hanno portato all’erogazione effettiva di 310 milioni di euro. Tali risorse hanno innescato un effetto volano in grado di attivare, per ogni euro di contributi statali, 3,4 euro di investimenti da parte di quei soggetti economici, pubblici e privati, che hanno deciso di puntare sulla sfida della logistica intermodale. I margini di crescita del sistema sono, però, ancora molto elevati. Oltre alla necessità di completare le infrastrutture previste è, infatti, necessario lavorare per raggiungere una maggiore efficienza complessiva: obiettivo conseguibile, innanzitutto, attraverso una più stretta sinergia con il cluster marittimo e un migliore utilizzo delle opportunità offerte dalle moderne tecnologie informatiche. Le fonti di finanziamento, la prospettiva di un cluster terra-mare, l’impatto ambientale e la realizzazione della piattaforma tecnologica Uirnet: 133 tali argomenti sono l’oggetto degli approfondimenti tematici sviluppati nel presente capitolo. 4.1.Il sistema organizzativo e di finanziamento Gli interporti sono strutture che, indipendentemente dalla prevalente partecipazione pubblica o privata della società cui fanno capo, svolgono una funzione di natura pubblica e di interesse generale. Promuovere l’intermodalità, favorendo lo spostamento del trasporto merci dalla strada verso soluzioni alternative, ha un impatto positivo sia sotto l’aspetto ambientale che per la sicurezza e la qualità della vita delle popolazioni: produce delle esternalità positive che non possono essere innescate e sostenute dal mercato. I costi necessari alla realizzazione di un terminal e la resistenza al cambiamento da parte di operatori logistici che per inerzia tendono a restare strutturalmente sbilanciati verso il tutto-gomma, rendono necessaria (e giustificano) un’azione economicamente incisiva delle istituzioni. Tale azione, in Italia, è stata avviata in maniera razionale e organica grazie alla legge 240 del 4 agosto 1990, relativa agli “Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell’intermodalità”. Sulla base della legge 240/90 e di suoi successivi rifinanziamenti o integrazioni, 24 interporti hanno stipulato una serie di convenzioni con il Ministero dei Trasporti. I contributi così attivati hanno permesso di integrare le risorse proprie di tali strutture, generando nella maggior parte dei casi una sorta di effetto volano rivelatosi essenziale per la crescita e l’infrastrutturazione del sistema. Inoltre, ai contributi ministeriali si è aggiunta una pluralità di finanziamenti integrativi, di cui i principali sono d’origine comunitaria oppure interministeriale. I primi sono legati al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Fers), che viene gestito dalle amministrazioni regionali mediante programmi operativi (Por) o documenti di programmazione (Docup); i secondi passano attraverso le delibere del Cipe per la realizzazione di terminali per il trasporto combinato in aree depresse. Va detto, tuttavia, che i contributi pubblici solitamente non coprono che una quota minoritaria degli investimenti necessari alla realizzazione e allo sviluppo degli interporti. Per tale ragione, prima di esaminare nello specifico le differenti situazioni, è opportuna una riflessione relativa al loro assetto societario e al capitale che gli azionisti hanno la possibilità di conferirvi. 134 4.1.1.Una partnership strategica tra pubblico e privato La struttura societaria dell’Ente deputato a rappresentare istituzionalmente un interporto può essere assai variegata, andando da casi di società a capitale totalmente privato ad altri in cui è esclusiva la presenza pubblica. Molto più diffuse, comunque, sono situazioni in cui vi è una partecipazione congiunta da parte di Amministrazioni locali e imprenditori, spesso con il sostegno delle Camere di Commercio, di Consorzi per lo sviluppo industriale o di società finanziarie regionali. Per la precisione, tra gli interporti oggetto d’indagine, la situazione è la seguente (fig. 4.1): - in due casi tra loro molto diversi (Verona e Gioia Tauro), la società ha capitale interamente pubblico; - i tre interporti legati al 100% a privati sono invece quelli di Nola, Marcianise e Vado Ligure, che fanno capo rispettivamente al Gruppo Barletta, al Cis presieduto da Giovanni Punzo e alla famiglia Pacorini; - a capitale in prevalenza pubblico (con quote superiori al 75%) sono gli 8 interporti di Cerignola, Cervignano, Rovigo, Trento, Jesi, Catania, Prato e Frosinone; - a capitale in prevalenza privato (con quote superiori al 50%) sono i 6 interporti di Parma, Val Pescara, Venezia, Tito, Rivalta Scrivia e Bari; - una situazione mista, con quote di partecipazione pubblica comprese tra il 50% e il 75% accompagnata da una forte presenza privata, si hanno nei 6 interporti di Bologna, Padova, Torino, Novara, Livorno e Orte. Al di là degli elementi meramente descrittivi, che permettono una volta di più di mostrare quanto sia complesso e diversificato il sistema interportuale, soffermarsi sugli aspetti societari offre la possibilità di comprendere come il successo o meno degli interporti non dipenda dalla loro natura, pubblica o privata, bensì da una serie di altri fattori che alla scelta gestionale sono tuttavia fortemente legati. Come l’esperienza dimostra, l’obiettivo di garantire un servizio di pubblica utilità può essere perseguito in maniera ottimale sia dal pubblico che dal privato, o da entrambe le parti congiuntamente, a condizione che sussistano determinati presupposti: - innanzitutto, è fondamentale che i partner siano disposti ad investire in maniera significativa nell’impresa; - la società cui fa capo l’interporto non deve essere vista come un potenziale concorrente da parte degli operatori che potrebbero insediarvisi; - è auspicabile che nessun azionista, specialmente se pubblico, detenga da solo oltre il 50% del capitale sociale, per quanto in determinati casi nella fase di avvio dell’infrastruttura tale scelta possa rivelarsi obbligata. Come si è avuto modo di verificare nel secondo capitolo del presente stu135 Fig. 4.1 - Assetto societario delle società interportuali (val. %) Interporto di Gioia Tauro 100,0 Interporto di Verona 100,0 Interporto di Cerignola 99,0 Interporto di Cervignano 1,0 86,6 Interporto di Rovigo 13,4 83,5 16,5 Interporto di Trento 80,3 19,7 Interporto di Jesi 79,7 20,3 Interporto di Catania 79,0 21,0 Interporto di Prato 75,6 24,4 Interporto di Frosinone 75,0 25,0 Interporto di Bologna 60,1 39,9 Interporto di Padova 58,7 41,3 Interporto di Torino 54,5 45,5 Interporto di Novara 54,0 46,0 Interporto di Livorno 53,3 46,7 Interporto di Orte 51,5 48,5 Interporto di Parma 32,6 Interporto di Pescara 67,4 26,3 Interporto di Venezia 73,7 20,0 80,0 Interporto di Tito 7,2 92,3 Interporto di Rivalta Scrivia 1,7 98,3 Interporto di Bari 0,2 99,8 Interporto di Vado Ligure 100,0 Interporto di Marcianise 100,0 Interporto di Nola 100,0 0 10 20 30 40 50 Quota di capitale pubblico Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 136 60 70 80 90 Quota di capitale privato 100 dio, la realizzazione di un interporto richiede ingenti investimenti non soltanto per la costruzione dei terminal intermodali (in gran parte coperti dai contributi ministeriali), quanto piuttosto per la realizzazione delle necessarie opere accessorie ed, in particolare, dei magazzini destinati ad accogliere gli operatori della logistica. Una serie di soluzioni possono essere praticate: interventi di project financing, creazione di società di scopo, cessione di aree edificabili direttamente dagli operatori logistici. Tuttavia è evidente che l’ideale sarebbe disporre di capitale sufficiente per realizzare in modo autonomo la maggior parte degli investimenti immobiliari previsti. Il problema si pone in particolare per quegli interporti in cui le Amministrazioni locali mantengono un peso preponderante, senza tuttavia avere la possibilità di destinarvi risorse sufficienti per sostenere la crescita delle strutture ed il completamento delle opere. Alla scelta di mantenere un ruolo di primo piano, certamente sensata per poter orientare le politiche e le decisioni strategiche che verranno adottate, deve quindi accompagnarsi un conseguente impegno sotto il profilo finanziario. Sarebbe opportuno, inoltre, che nessun azionista pubblico individualmente considerato detenga la maggioranza assoluta del capitale sociale: pur restando soci di riferimento, le amministrazioni dovrebbero favorire la partecipazione e la discussione dei partner in merito alle linee di indirizzo degli interporti, conferendo alla loro presenza una reale possibilità di incidere sulle decisioni adottate. Anche nei casi in cui la presenza pubblica è nettamente prevalente, è raro trovare situazioni in cui un unico socio detenga la maggioranza assoluta del capitale. Su 16 realtà, avviene soltanto (tab. 4.1): - a Cervignano del Friuli, dove la finanziaria regionale Friulia Spa ha l’81% del capitale; - a Jesi, dove la Regione arriva al 60,4%; - a Frosinone, dove il 52,4% delle azioni fa capo alla Provincia; - a Cerignola, dove le amministrazioni comunali di Cerignola e San Ferdinando di Puglia hanno dato vita alla società Ofanto Sviluppo Srl. Si tratta di interporti che ancora non hanno raggiunto la piena operatività e la cui realizzazione si inseriva in contesti particolarmente delicati, dove una leadership forte e unitaria era necessaria per riuscire a dar vita ad un progetto che le sole forze di mercato non avrebbero potuto realizzare. La scelta di un processo in due tappe è particolarmente evidente nel caso dell’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli, dove ad una prima fase – recentemente conclusasi – destinata all’infrastrutturazione di base di un’area di 460.000 m², farà seguito una più attiva partecipazione dei privati nello sviluppo della seconda fase, dove su ulteriori 510.000 m² dovrebbero sorgere 66.000 m² di magazzini da affiancare ai 24.000 m² già esistenti. 137 138 Fonte: indagine Censis-Uir, 2007 Interporto di Nola Interporto di Marcianise Interporto di Vado Ligure Interporto di Bari Interporto di Rivalta Scrivia Interporto di Tito Interporto di Venezia Interporto di Val Pescara Interporto di Parma Interporto di Orte Interporto di Livorno Interporto di Novara Interporto di Torino Interporto di Padova Interporto di Bologna Interporto di Frosinone Interporto di Prato Interporto di Catania Interporto di Jesi Interbrennero - Trento Interporto di Rovigo Interporto di Cervignano Interporto di Cerignola Interporto di Gioia Tauro Interporto di Verona 0,0 0,0 0,0 0,2 1,7 7,2 20,0 26,3 32,6 51,5 52,3 54,0 54,5 58,7 60,1 75,0 75,6 79,0 79,7 80,3 83,5 86,6 99,0 100,0 100,0 Totale 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,8 3,3 1,0 20,2 25,4 12,8 19,6 0,0 5,3 35,1 14,0 45,5 22,0 5,5 3,6 18,5 5,0 99,0 0,0 33,3 Amministrazioni comunali 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 3,3 1,0 8,7 13,5 5,1 2,7 0,0 11,2 17,6 52,9 0,0 13,0 1,5 57,9 18,8 0,0 0,0 0,0 33,3 Amministrazioni provinciali Tab. 4.1 - Assetto societario delle società interportuali (val. %) 0,0 0,0 0,0 0,0 1,7 1,8 3,3 0,0 0,0 0,0 17,8 30,1 44,5 0,0 0,0 0,0 4,6 0,0 60,4 16,7 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,2 0,0 1,8 0,0 21,3 2,3 0,0 11,0 0,0 0,0 30,8 5,9 8,1 25,0 20,0 4,8 2,1 1,4 0,0 0,0 20,0 33,3 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,4 3,1 1,1 1,7 4,0 1,5 1,5 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Ammini- Camere di Ferrovie strazioni Commercio regionali Pubblico 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 1,8 10,0 3,0 0,0 9,4 3,2 0,0 6,0 9,9 0,0 0,0 0,5 24,0 7,5 0,0 44,7 81,6 0,0 80,0 0,0 Altri 100,0 100,0 100,0 99,8 98,3 92,8 80,0 73,8 67,4 48,5 47,7 46,0 45,5 41,3 40,0 25,0 24,4 21,0 20,3 19,7 16,6 13,4 1,0 0,0 0,0 Totale 0,5 0,0 0,0 0,0 0,2 2,2 0,0 7,8 23,7 0,0 39,6 7,1 0,0 12,6 23,5 13,5 22,0 0,0 0,0 8,3 11,9 0,0 0,0 0,0 0,0 di cui: gruppi bancari Privati Tra i soggetti economici che svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo del sistema vi sono sicuramente le Amministrazioni comunali, presenti in 18 delle 25 realtà esaminate e con una partecipazione di rilievo (superiore al 10% del capitale) in 11 interporti. Quelle provinciali, presenti in 14 interporti, hanno un ruolo determinante soprattutto a Verona (con la partecipazione a un terzo del capitale, paritetica a quella che detengono l’Amministrazione comunale e la Camera di Commercio), a Frosinone e a Trento. Nella società Interbrennero, la Provincia Autonoma di Trento e quella di Bolzano detengono rispettivamente il 41,2% e il 16,7% del capitale. Tra le amministrazioni regionali, quelle della Toscana, del Piemonte e delle Marche, oltre alla Regione Autonoma Trentino Alto Adige, sono le uniche a detenere una significativa partecipazione diretta al capitale. Un’azione particolarmente importante è svolta dalle locali Camere di Commercio, che partecipando alla crescita di questi nodi di rete adempiono nel migliore dei modi al proprio ruolo di ente promotore dello sviluppo economico territoriale. Tra le molte Cciaa che contribuiscono, spesso in misura determinante, al rafforzamento del sistema interportuale, la presenza camerale più significativa si ha sicuramente nei due interporti di Verona e di Padova, rispettivamente con quote del 33,3% e del 30,6%. Altri Enti pubblici rilevanti nell’assetto societario degli interporti sono: - la finanziaria di investimento regionale Friulia Spa, fondata nel 1967 come agenzia di sviluppo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con lo scopo di sostenere la crescita del sistema delle imprese regionali. Friulia Spa detiene attualmente l’81,6% del capitale dell’Interporto Alpe Adria di Cervignano; - il Consorzio Asi di Reggio Calabria, che detenendo l’80% delle azioni dell’Interporto della Piana di Gioia Tauro Spa, società fondata nel 2004, avrebbe dovuto consentirne la realizzazione. La società di Gioia Tauro è però, attualmente, in corso di liquidazione; -Sistemi Territoriali è una società a partecipazione pubblica controllata dalla Regione Veneto, attiva nei campi del trasporto ferroviario e delle infrastrutture idroviarie. È presente con il 23,2% delle azioni nel capitale dell’Interporto di Rovigo; - l’Autorità Portuale di Venezia è presente con il 10% al capitale dell’interporto lagunare; - nella Società Interporti Siciliani, che lavora alla realizzazione del nodo di Catania e della piattaforma intermodale di Termini Imerese, una quota pari al 20% è detenuta dall’Azienda Trasporti Siciliani e un ulteriore 4% dal Consorzio Asi di Palermo; - quasi il 10% delle azioni dell’Interporto di Padova sono controllate dal 139 Consorzio Zona Industriale di Padova, un ente pubblico economico creato nel 1956 con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del territorio realizzando infrastrutture adeguate e offrendo servizi per facilitare l’insediamento di imprese. Del Consorzio Zip sono soci paritari il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio; - negli interporti di Jesi e di Orte partecipa, con circa il 7% e l’8% del capitale, la società Sviluppumbria, che dal 1973 lavora per favorire le condizioni della crescita economica della regione. La presenza dell’Umbria al capitale dei due interporti dell’Italia centrale è una scelta strategica che mostra la volontà delle tre regioni di collaborare in forma razionale ed integrata. Di particolare interesse è la partecipazione delle Ferrovie dello Stato nell’assetto societario. Si tratta di una modalità assai importante per rafforzare la partnership tra due sistemi, quello ferroviario e quello interportuale, che hanno la necessità di dialogare e confrontarsi, operando in stretta sinergia. Ad oggi, tuttavia, soltanto nei 7 interporti di Padova, Parma, Orte, Torino, Novara, Livorno e Bologna, vi è una presenza, peraltro di modesta entità, di aziende del Gruppo. 4.1.2.L’effetto volano dei contributi pubblici Una solida capacità di autofinanziamento costituisce un elemento imprescindibile per la realizzazione di una rete infrastrutturale complessa quale quella interportuale. Tuttavia, la rilevanza degli investimenti richiesti e la lunghezza dei tempi di ritorno tendono a disincentivare un autonomo intervento di soggetti del territorio, pubblici o privati, che a fronte di una spesa iniziale certa ed immediata difficilmente possono calcolare con precisione il momento a partire dal quale i costi sostenuti inizieranno a diventare remunerativi, né gli utili che potranno scaturirne. La promozione di un sistema che abbia l’intermodalità quale obiettivo fondamentale non poteva pertanto affidarsi esclusivamente al mercato o alla determinazione delle Amministrazioni locali. Era necessario che il Paese si dotasse di strumenti economico-finanziari idonei a incentivare la realizzazione di una serie ben definita di nodi interportuali considerati prioritari: una rete di infrastrutture strategiche capaci di modificare la tradizionale concezione del trasporto merci, offrendo alternative al tutto-gomma nei luoghi in cui esiste un’elevata domanda, attuale o realisticamente potenziale, di simili soluzioni. È con la legge 240 del 1990 che, in Italia, ha avuto inizio una reale politica in tal senso, basata su una programmazione a livello centrale 140 definita di concerto con le Amministrazioni locali ed accompagnata dalla disponibilità di risorse necessarie a sostenere almeno in parte gli interventi più onerosi. La legge aveva una duplice finalità: da un lato, vi era la necessità di potenziare e riconvertire verso una logica di sistema gli interporti pre-esistenti; dall’altro, il difficile obiettivo di far sorgere dal nulla nuove esperienze interportuali. La legge 240/90 ed i suoi successivi adeguamenti e rifinanziamenti non erano di per sé sufficienti a portare a regime il sistema nel suo complesso. L’Amministrazione centrale non poteva intervenire nella fase progettuale, né risolvere ritardi imputabili a cause esterne quali, primo fra tutti, l’esito della Valutazione di Impatto Ambientale. Quello che è stato fatto (che poteva essere fatto) dal Ministero dei Trasporti era mettere a disposizione degli interporti i fondi necessari ed erogare gli importi autorizzati in base all’effettivo e documentato avanzamento dei lavori. In tal senso, è da ritenersi sicuramente positivo il giudizio nei confronti delle procedure attivate, tanto che si può constatare come nessun interporto attribuisca a tale Ente la causa di eventuali criticità nella fase di realizzazione. Al contrario, molti sono i casi in cui non è eccessivo parlare di effetto volano generato proprio dai contributi ministeriali. È piuttosto evidente constatare come, soprattutto negli interporti sorti ex novo, sia proprio quello della stipula di una convenzione con il Ministero, se non quello dell’emanazione del relativo decreto, il momento in cui hanno realmente inizio gli investimenti. Nonostante l’obiettivo della legge fosse l’entrata in funzione di tutto il sistema interportuale in un arco di tempo relativamente breve, soltanto 9 strutture – quasi tutte già attive in precedenza – sono state in grado di stipulare la convenzione, e percepire i relativi contributi, fin dal 1992 (tab. 4.2). Si tratta degli interporti di Rivalta Scrivia, Verona, Bologna, Torino, Livorno, Padova, Parma, Nola e Marcianise: a favore di tali Enti sarebbe stata erogata una quota semestrale pari al 5% dell’importo della convenzione per un periodo di 15 anni (erogazione condizionata all’effettivo avanzamento dei lavori). La legge 240/90 ha avuto un ruolo fondamentale, per esempio, nel rilancio dell’Interporto di Rivalta Scrivia, che nell’aprile del 1989 era stato in gran parte distrutto a causa di un grave incendio: la legge ha consentito la ricostruzione dell’area e la realizzazione di infrastrutture adeguate alle esigenze di una logistica moderna. Più in generale, comunque, gli interporti che hanno accompagnato gli importanti contributi pubblici con un’autonoma capacità di spesa sono riusciti ad avviare un processo virtuoso di crescita e consolidamento. 141 Tab. 4.2 - Convenzioni stipulate tra Ministero dei Trasporti e Soggetti Attuatori Interporti 1 Verona 2 Polo di Marcianise 3 Livorno 4 Bologna 5 Rivalta Scrivia 6 Torino 7 Padova 8 Venezia 9 Polo di Nola 10 Prato 11 Novara 12 Val Pescara 13 Parma 14 Jesi 15 Bari 16 Cervignano 17 Vado Ligure 18 Orte 19 Bergamo Montello 20 Frosinone 21 Tito 22 Battipaglia 23 Termoli Totale Fonte Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 341/95 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 341/98 Legge 240/90 Legge 240/90 Legge 454/97 Legge 641/96 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 641/96 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Legge 240/90 Legge 413/98 Finanziamenti Data della Data di Importo (euro) Convenzione emanazione complessivo del decreto (euro) 31.504.000 19/04/1992 19/06/1992 39.251.000 7.747.000 28/07/1999 28/03/2001 15.494.000 22/04/1992 19/06/1992 36.619.000 21.125.000 27/12/2002 27/12/2002 25.306.000 21/04/1992 19/06/1992 2.066.000 29/03/2000 04/05/2000 35.117.000 7.745.000 27/12/2002 27/12/2002 29.955.000 16/04/1992 13/06/1992 34.758.000 4.803.000 23/07/1999 27/03/2000 32.020.000 20/04/1992 19/06/1992 34.602.000 2.582.000 05/08/1999 24/11/1999 27.889.000 17/04/1992 15/06/1992 32.747.000 4.858.000 26/07/1999 27/03/2000 20.658.000 18/04/1992 17/06/1992 28.405.000 7.747.000 27/07/1999 27/03/2000 15.494.000 29/03/2000 07/12/2000 28.444.000 12.950.000 27/12/2002 27/12/2002 15.494.000 23/04/1992 19/06/1992 28.404.000 12.910.000 27/12/2002 27/12/2002 24.947.000 07/07/2000 07/12/2000 27.572.000 2.625.000 27/12/2002 27/12/2002 11.034.000 26/03/2001 02/05/2001 27.284.000 16.250.000 27/12/2002 27/12/2002 15.494.000 20/11/2002 13/12/2002 24.024.000 8.530.000 20/11/2002 13/12/2002 17.043.000 16/04/1992 13/06/1992 20.761.000 3.718.000 25/07/1999 27/03/2000 15.583.000 29/03/2000 07/12/2000 20.563.000 4.980.000 27/12/2002 27/12/2002 10.668.000 20/12/2001 18/10/2002 18.968.000 8.300.000 27/12/2002 27/12/2002 15.360.000 29/03/2000 07/12/2000 18.460.000 3.100.000 27/12/2002 27/12/2002 10.906.000 05/05/2000 07/12/2000 18.406.000 7.500.000 27/12/2002 27/12/2002 14.461.000 07/06/2002 18/10/2002 17.036.000 2.575.000 27/12/2002 27/12/2002 Legge 240/90 14.429.000 10/12/2002 16/12/2002 Legge 341/97 Legge 413/98 Legge 641/96 Legge 135/97 Legge 341/96 9.243.000 1.900.000 8.460.000 7.747.000 4.630.000 22/05/2002 27/12/2002 30/12/2002 17/12/2003 12/12/2002 18/10/2002 27/12/2002 30/12/2002 22/12/2003 16/12/2002 533.200.000 Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti 142 14.429.000 11.143.000 8.460.000 7.747.000 4.630.000 Dalla figura 4.2 alla figura 4.9 è rappresentato graficamente il rapporto tra investimenti realizzati e contributi ricevuti dagli interporti che hanno firmato la convenzione nel 1992. A fronte di una spesa complessiva, al 2006, di 210,6 milioni di euro da parte del Ministero dei Trasporti, i 7 interporti del primo gruppo di firmatari per cui sono disponibili dati completi ed omogenei hanno realizzato un investimento totale pari a 712,5 milioni di euro: in pratica, ogni euro di contributi statali ha generato un effetto volano tale da attivare 3,4 euro di investimenti da parte dei soggetti economici, pubblici e privati, del territorio. Ancora è prematuro, invece, valutare l’impatto degli incentivi a favore dell’intermodalità sugli interporti che hanno stipulato una convenzione con il Ministero soltanto in un momento successivo. Per una serie di cause di ordine legislativo e politico, le restanti strutture non hanno potuto avere la certezza di ricevere i contributi se non nel triennio 2000-2002, anni in cui sono state firmate e ratificate le ulteriori convenzioni. All’instabilità dei Governi e alla politica di Fig. 4.2 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Bologna (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Bologna Spa . Non sono riportati i dati relativi all’Interporto di Nola. La società Interporto Campano Spa indica tuttavia di avere realizzato investimenti per complessivi 552,3 milioni di euro, a fronte di un contributo pubblico (fondi europei, nazionali e regionali) di 175,3 milioni di euro. Della società Sito Spa di Torino non è disponibile il dettaglio annuale di investimenti e contributi pubblici non derivanti dalla legge 240/90. 143 Fig. 4.3 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Padova (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Padova Spa Fig. 4.4 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Rivalta Scrivia (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Rivalta Scrivia Spa 144 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.5 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Livorno (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Toscano A.Vespucci Spa Fig. 4.6 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Marcianise (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Sud Europa Spa 145 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.7 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Verona (*) (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti (*) Non sono compresi gli investimenti effettuati nell’interporto da soggetti diversi dal Consorzio Zai quali Rete Ferroviaria Italiana ed Ente Autonomo Magazzini Generali di Verona rispettivamente di circa 100.000.000 euro e circa 30.000.000 euro (dati stimati al valore attualizzato 2008) Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Consorzio Zai Fig. 4.8 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Parma (euro) 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2006 2005 2004 2003 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Cepim 146 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.9 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Torino (*) (euro) 180.000.000 160.000.000 140.000.000 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti (*) A fronte di finanziamenti ministeriali per 49,1 milioni di euro, l’Interporto Sito di Torino ha realizzato investimenti complessivi per 79,4 milioni di euro, beneficiando di ulteriori contributi pubblici per 16,9 milioni di euro. Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Sito Spa rigore che l’Italia ha dovuto sostenere per rispettare i parametri di Maastricht è possibile imputare parte della responsabilità per la perdita di quasi un decennio di attività. Altre cause sono invece legate alla fase progettuale. La norma dispone che gli interporti siano realizzati mediante la tecnica della cosiddetta “progettazione integrata”, che prevede tre distinte fasi di elaborazione: - un progetto preliminare, finalizzato a ottenere l’ammissione al contributo statale; - un progetto definitivo, subordinato all’esito favorevole della fase precedente e finalizzato alla stipula di un’apposita convenzione; - un progetto esecutivo, ai fini dell’ottenimento di tutte le approvazioni di legge e a consentire l’inizio delle procedure di affidamento dei lavori. Le prime due fasi devono essere corredate da una valutazione dell’impatto ambientale che l’infrastruttura avrà sull’area di ubicazione e su un’area vasta di riferimento, specificando eventuali misure di mitigazione. Data la dimensione dei territori interessati e la tipologia di attività, l’esito della Via ha sempre richiesto tempi molto lunghi, dovendo analizzare non soltanto la distanza dai centri urbani o la facilità di realizzare adeguati collegamenti, ma 147 anche tutte le conseguenze che l’interporto porterà per l’atmosfera, l’ambiente idrico, il suolo, la flora e la fauna, l’ecosistema, l’inquinamento acustico e il paesaggio nelle zone circostanti. Espletato l’iter burocratico, la firma della convenzione con il Ministero ha rappresentato una svolta per l’attività di quasi tutti questi interporti. I grafici riportati tra la figura 4.10 e la figura 4.19 mostrano come numerose realtà (Venezia, Prato, Novara, Jesi, Bari, Val Pescara, Cervignano o Vado Ligure) in seguito alla stipula della convenzione hanno visto crescere i propri investimenti in maniera significativa: nel complesso, negli 8 interporti qui considerati gli investimenti realizzati nei 5 anni precedenti la stipula della convenzione ammontano a 99 milioni di euro; nei 5 anni successivi all’entrata in vigore del decreto di finanziamento arrivano a 271 milioni di euro. La storia dell’Interporto di Venezia è emblematica: nato nel 1993 per volontà di una compagine imprenditoriale, l’interporto ha realizzato un vero e proprio salto di qualità nel 1998, quando ha ottenuto il riconoscimento pubblico e la possibilità di accedere ai contributi ministeriali. Se dal 1994 al 2006 l’interporto ha effettuato investimenti per circa 100 milioni di euro, soltanto tra il 2003 e il 2007 sono state attivate risorse per 70 milioni di euro, di cui 30 provenienti dai contributi pubblici. Fig. 4.10 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Venezia (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Venezia Spa 148 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.11 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Prato (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto della Toscana Centrale Spa Fig. 4.12 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Novara (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 2006 2005 2004 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Cim Spa 149 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.13 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Bari (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Regionale della Puglia Spa Fig. 4.14 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Val Pescara (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Val Pescara Spa 150 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.15 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Cervignano (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli Spa Fig. 4.16 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Jesi (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Società Interporto Marche 151 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.17 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Vado Ligure (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Altri fondi pubblici Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Vado I.O. Scpa Fig. 4.18 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Frosinone (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 Convenzioni con Ministero dei Trasporti Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Frosinone Spa 152 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.19 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Orte (*) (euro) 120.000.000 100.000.000 80.000.000 60.000.000 40.000.000 20.000.000 Investimenti complessivi Altri fondi pubblici 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Convenzioni con Ministero dei Trasporti (*) Superata la fase di stallo, nel 2007 sono stati svolti lavori per 5,9 milioni di euro. Da cronogramma, nel corso 2008 verranno realizzati investimenti per ulteriori 12,6 milioni e nel 2009 per 16 milioni, che porteranno alla conclusione delle opere previste. Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Centro Merci Orte Spa Resta, infine, un ultimo gruppo di interporti, che non ha potuto beneficiare dei contributi erogati in base alla legge 240/90. Si tratta del gruppo costituito dagli interporti di Trento, Cerignola, Catania, Gioia Tauro e Rovigo (figg. 4.20-4.24). I contributi per i tre interporti meridionali sono legati essenzialmente alle delibere del Cipe per le aree depresse. Rovigo, pur essendo idoneo a ricevere i finanziamenti previsti dalla legge 240/90, non ha ottenuto in sede di valutazione un punteggio sufficiente ed ha dovuto pertanto limitarsi ai contributi comunitari. Per la società Interbrennero sono invece sufficienti le risorse proprie messe a disposizione dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dalla Regione, che hanno deciso di puntare sull’intermodalità – e quindi su un più efficiente utilizzo delle infrastrutture attualmente esistenti – come scelta alternativa alla realizzazione di nuove infrastrutture viarie quali per esempio la realizzazione della terza corsia lungo l’Autostrada del Brennero o la Valdastico Nord. L’investimento complessivo effettivamente sostenuto dagli enti pubblici del Trentino e da soggetti privati per la realizzazione dell’interporto, al di là di quanto espressamente imputabile alla società interportuale, dovrebbe ammontare a circa 350 milioni di euro. 153 Fig. 4.20 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Cerignola (euro) 70.000.000 60.000.000 50.000.000 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 2005 2006 2006 2007 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Contributi pubblici Investimenti complessivi Fonte: elaborazioni Censis su dati Ofanto Sviluppo Srl Fig. 4.21 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Gioia Tauro (euro) 70.000.000 60.000.000 50.000.000 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 Investimenti complessivi Contributi pubblici Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto della Piana di Gioia Tauro Spa 154 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.22 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Trento (*) (euro) 70.000.000 60.000.000 50.000.000 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Contributi pubblici Investimenti complessivi (*) Gli investimenti complessivi realizzati per la costruzione dell’Interporto di Trento ammontano a circa 350 milioni di euro. Sono qui disponibili soltanto quelli direttamente imputabili alla società Interbrennero Spa Fonte: elaborazioni Censis su dati Interbrennero Spa Fig. 4.23 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Rovigo (euro) 70.000.000 60.000.000 50.000.000 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 Investimenti complessivi Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Rovigo Spa 155 Contributi pubblici 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Fig. 4.24 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Catania (euro) 70.000.000 60.000.000 50.000.000 40.000.000 30.000.000 20.000.000 10.000.000 Investimenti complessivi 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 0 Contributi pubblici Fonte: elaborazioni Censis su dati Società Interporti Siciliani Spa 4.2.Sinergie per il cluster terra-mare Come si è potuto constatare (cfr. fig. 2.7), la stipula di accordi di collaborazione con i porti è tra gli interventi più frequentemente citati quando si domanda agli interporti di indicare cosa potrebbe portare ad una maggiore operatività della loro struttura. In effetti, già attualmente tra i due differenti sistemi logistici i rapporti di interscambio sono molto intensi. Tutte le piattaforme attive hanno uno o più porti di riferimento, attraverso i quali transita un crescente flusso di merci in entrata e in uscita. Lo sviluppo di simili relazioni dovrebbe portare benefici per entrambe le parti e per il Paese nel suo complesso: - da un lato, appare evidente che gli interporti potranno accrescere il volume di merci movimentate e di conseguenza il proprio giro d’affari; - per quanto riguarda il cluster marittimo, è ormai nota la situazione di congestionamento in cui versano le banchine di molti porti e l’urgenza di trovare aree retroportuali verso cui far confluire la gestione della distribuzione e le operazioni di prima manipolazione delle merci, minimizzando i tempi di entrata e di uscita; - un rafforzato collegamento ferroviario diretto tra porti ed interporti sposte156 rebbe dalle aree urbane di importanti città costiere come Genova o Napoli gran parte del traffico di veicoli pesanti, consentendo sia di alleggerire i livelli di congestionamento che di ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorando così direttamente la qualità della vita; - una più efficiente movimentazione delle merci in entrata e in uscita consentirebbe al Paese di intercettare una maggiore quota dei flussi intercontinentali, soprattutto alla luce di stime sull’andamento dei traffici che assegnano una rinnovata potenziale centralità al Mediterraneo rispetto ai porti del Nord Europa. Riuscire a raggiungere tali obiettivi non è certo immediato. Richiede, in primo luogo, la volontà di superare nell’azione i confini istituzionali che vedono ancora parzialmente separati il cluster marittimo e quello interportuale; ma richiede, soprattutto, che si lavori in una logica di sistema per adeguare la dotazione infrastrutturale dei porti, spesso carenti di binari e materiale rotabile, e per realizzare i necessari collegamenti ferroviari con le aree destinate a svolgere un ruolo retroportuale. In Italia si contano, complessivamente, 243 porti marittimi di cui 45 hanno una spiccata vocazione mercantile. Il sistema interportuale ha finora maturato relazioni di rilievo con 24 di queste strutture. Un cluster terra-mare di elevata intensità sembra essere in fase avanzata di sviluppo soprattutto per quanto riguarda le relazioni tra gli interporti dell’Italia settentrionale ed i porti dell’alto Tirreno: Genova, Livorno e La Spezia. Dai tre porti transitano circa 80 milioni di tonnellate di merci, in massima parte generati dalla navigazione internazionale. La buona disponibilità di infrastrutture ferroviarie proprie (23 binari sono presenti nel porto di Genova, 12 in quello di Livorno e 5 in quello spezzino) ed una superficie per piazzali ormai satura sono condizioni che hanno portato a cercare una fitta rete di relazioni con il sistema interportuale. Sono frequenti – spesso quotidiani – i collegamenti tra i tre porti e i nodi di Bologna, Verona, Padova, Parma, Prato, Novara e Rivalta Scrivia: - come si è analizzato nel terzo capitolo, Prato, Livorno e Parma sono interporti che operano in prevalenza lungo la direttrice tirrenica in stretto contatto con i porti di Livorno e La Spezia; - particolarmente interessante è il caso dell’Interporto di Rivalta Scrivia, che nel settembre 2007 ha attivato un collegamento shuttle con il porto di Genova. Si tratta di un convoglio ferroviario che, con frequenza giornaliera, permette di trasferire su rotaia 17 container da 40 piedi e 20 container da 20 piedi, per un totale di 54 Teu. Finita la fase sperimentale, dalla primavera del 2008 i treni giornalieri diventeranno 3. Dallo sviluppo di tale servizio l’interporto, che attualmente non opera nel pieno delle proprie capacità potenziali, riceverebbe un impulso significativo che contribuirebbe 157 a fare dell’Alessandrino la plaque tournante del sistema portuale ligure verso la pianura padana e il Centro Europa. Sulla sponda tirrenica, altri porti interessati da significativi scambi con il sistema interportuale sono quelli di Savona-Vado (con il limitrofo interporto di Vado e con quello di Torino), Napoli (con i due interporti campani di Marcianise e Nola) e di Gioia Tauro. Nell’attesa che siano ultimati i lavori per la realizzazione dell’Interporto della Piana di Gioia Tauro, con un’ovvia vocazione retroportuale, l’importante porto calabrese intrattiene relazioni esclusivamente con le strutture di Nola e di Marcianise nell’Italia meridionale e con quelle di Padova e di Bologna nel Nord del Paese. Nonostante sia essenzialmente destinato al transhipment, il porto di Gioia Tauro movimenta via terra una significativa quantità di merci. Per il 2006, le statistiche fornite dall’Autorità portuale parlano di circa 31.995 veicoli su gomma e 2.249 treni, per un totale rispettivamente di 68.618 Teu trasportate su gomma e 93.406 Teu su rotaia. Attualmente, il traffico merci ferroviario consente la composizione di 5 treni al giorno. La situazione sulla sponda adriatica, come è noto, è meno dinamica. Un cluster terra-mare in divenire passa essenzialmente attraverso i porti di Venezia, Trieste, Ravenna e Taranto, che stanno sviluppando una rete di relazioni che ha quali partner principali le infrastrutture logistiche della macro-area in cui sono ubicati: essenzialmente Verona, Padova, Bologna e Trento per i porti nordestini, cui si aggiunge Cervignano per Trieste; Nola e Marcianise per quello pugliese. Particolarmente significativo è l’accordo di programma raggiunto il 27 novembre 2007 tra l’Autorità Portuale di Venezia e l’Interporto Merci di Padova. Attraverso una lettera d’intenti, le due strutture si impegnano a “stringere un accordo di partnership volto ad individuare le possibili soluzioni atte a sviluppare la retroportualità ed al contempo a creare un sistema funzionalmente integrato porto-interporto”, mentre “la fase di studio in corso sulle prospettive infrastrutturali permetterebbe anche di verificare la fattibilità di realizzare un raccordo ferroviario dedicato”. La prospettiva di un cluster terra-mare è senza dubbio una necessità per i grandi porti italiani, quelli che movimentano ogni anno più di 10 milioni di tonnellate di merci (tab. 4.3). Tuttavia, lo sviluppo di tali relazioni potrebbe contribuire notevolmente alla crescita anche di nodi di dimensioni più contenute, come quelli di Civitavecchia, Ancona, Salerno o Monfalcone (tab. 4.4), il cui potenziamento è essenziale per riuscire ad intercettare il maggiore af. Fonte: Autorità Portuale di Gioia Tauro. Complessivamente, compreso il transhipment, nel 2006 il porto di Gioa Tauro ha movimentato 2.938.176 Teu. . Regione del Veneto, Comunicato stampa nr. 1955 del 27/11/2007. 158 Tab. 4.3 - L e relazioni tra gli interporti ed i loro principali porti di riferimento, 2005 e 2007 Porti Totale Accosti: Superfici Numero merci mo- lunghezza dei di vimentate comples- piazzali binari (migliaia siva per le ferroviari di tonnel(m) merci late) (mq) Intensità delle relazioni con gli interporti Elevata Intermedia Bassa Taranto 47.869 11.276 3.100.000 8 Trieste 43.355 16.761 2.041.000 39 Cervignano Nola, Marcianise Bologna Padova, Bologna Genova 42.640 23.893 1.400.000 23 Rivalta Scrivia, Bologna, Verona, Padova, Vado Ligure Novara, Trento, Prato Venezia 30.547 33.315 3.185.000 Gioia Tauro 29.634 Ravenna 55 Venezia, Rovigo Verona, Trento n.d. 1 Nola, Marcianise, Padova 24.253 20.262 1.453.000 9 Livorno 24.048 25.350 760.000 SavonaVado 14.556 13.929 La Spezia 13.486 Napoli Porti del Nord Europa 4.763 Bologna Trento Bologna, Rivalta Scrivia 12 Livorno, Prato, Parma, Padova Bologna, Verona Vado Ligure 380.000 14 Vado Ligure, Torino 4.420 100.000 5 Prato, Parma, Vado Ligure, Bologna, Verona Rivalta Scrivia 10.958 12.470 455.000 1 Nola, Marcianise n.d. n.d. n.d. n.d. Novara Padova Trento Verona Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat e indagine Censis-Uir flusso di merci che si prevede per i prossimi anni nel Mediterraneo. Due sono i pre-requisiti per rendere possibile una riconfigurazione dei traffici nell’area a vantaggio dell’Italia: - innanzitutto, che gli interporti ancora in costruzione diventino rapidamente attivi. In quest’ottica, le prospettive più interessanti riguardano l’Italia centrale, dove i centri intermodali di Jesi, Orte, Frosinone e Val Pescara, opportunamente supportati da un adeguamento delle infrastrutture ferroviarie, potrebbero diventare i punti di snodo di un sistema a doppia sponda Tirreno-Adriatico che collegherebbe Civitavecchia con Ancona e Ortona; - al tempo stesso, è fondamentale che i porti migliorino la propria dotazione ferroviaria, invertendo una rotta che negli anni passati li ha portati ad abbandonare quasi completamente l’utilizzo della rotaia per la movimentazione delle merci. 159 Tab. 4.4 - Prospettive di retroportualità in divenire, 2005 e 2007 Porti Totale merci movimentate (migliaia di tonnellate) Superfici dei piazzali per le merci (mq) Numero di binari ferroviari Interporti collegati 33.041 6.038 4.862 4.323 4.120 2.626 2.471 1.348 1.254 1.194 1.043 n.d. n.d. n.d. 132.000 803.000 130.000 110.000 65.000 n.d. n.d. 33.000 n.d. 6 1 12 6 2 n.d 1 n.d n.d n.d Catania (*) Orte (*), Frosinone (*) Nola, Marcianise Jesi (*) Cervignano Rovigo Bari, Cerignola (*) Val Pescara Cervignano Catania (*) Cerignola (*) Augusta Civitavecchia Salerno Ancona Monfalcone Chioggia Bari Ortona Porto Nogaro Termini Imerese Manfredonia (*) Interporto non attivo Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat e indagine Censis-Uir Il problema dei collegamenti ferroviari è particolarmente delicato per i porti del Mezzogiorno. Tra Campania, Calabria, Puglia e Abruzzo, presso le 16 Capitanerie esistenti si contano complessivamente 19 binari ferroviari: con l’esclusione di quelli di Messina e di Villa San Giovanni (RC), dove sono necessari per consentire l’imbarco dei treni sulle navi traghetto che attraversano lo Stretto, in tutta la macroarea soltanto il porto di Catania sembra essere dotato di un adeguato numero di binari (19). Se a Taranto se ne contano 8, in porti importanti come quelli di Napoli o di Gioia Tauro ne è disponibile uno soltanto (tab. 4.5). La questione delle infrastrutture e di una loro efficiente armonizzazione diviene pertanto essenziale al fine di promuovere sinergie tra i due sistemi. In una simile prospettiva, non si può prescindere da un rigoroso studio delle dinamiche che avvengono a livello territoriale e della loro possibile evoluzione futura: un’analisi che tenga conto delle caratteristiche del trasporto marittimo, della tipologia di carico trasportato (tab. 4.6) e del rapporto tra imbarchi e sbarchi (tab. 4.7), ma soprattutto che prenda in considerazione i territori in una logica più ampia rispetto a quella prettamente istituzionale. Le reti della logistica devono essere esaminate in funzione dei sistemi economici a cui si collegano, più che in virtù dei confini geografici e amministrativi regionali. Due esperienze particolarmente significative in questo senso sono quelle di Slala, nell’arco ligure-alessandrino, e di Luma nell’Italia centrale. 160 Tab. 4.5 - Opere ed infrastrutture portuali per Capitaneria di Porto e regione al 31/12/2006 Capitaneria di Porto e Regione Numero di porti Numero di accosti Lunghezza complessiva accosti (m) Numero di binari ferroviari Superfici dei piazzali per le merci (mq) Imperia Savona Genova La Spezia Liguria Marina di Carrara Viareggio Livorno PortoFerraio Toscana Civitavecchia Roma Gaeta Lazio Napoli Torre del Greco Castellammare di Stabia Salerno Campania Vibo Valentia Marina Gioia Tauro Reggio di Calabria Crotone Calabria Taranto Gallipoli Brindisi Bari Molfetta Manfredonia Puglia Termoli Molise Ortona Pescara 8 8 7 1 24 15 32 88 9 144 9.344 13.929 23.893 4.420 51.586 3 14 23 5 45 25.000 380.000 1.400.000 100.000 1.905.000 1 1 10 5 17 3 2 7 12 12 2 5 2 83 21 111 25 24 21 70 29 3 1.705 261 25.350 2.635 29.951 4.846 3.650 6.292 14.788 12.470 211 2 12 14 6 6 1 - 142.500 13000 760.000 20.500 936.000 2.000 74.000 76.000 455.000 - 9 15 38 16 45 93 2.728 11.570 26.979 1 2 13.000 468.000 4 1 22 9 3.316 4.763 1 5.500 - 4 3 12 2 2 4 2 5 7 22 2 2 2 2 24 31 86 26 10 34 20 28 20 138 8 8 13 17 3.845 5.290 17.214 11.276 2.222 7.066 3.615 5.823 7.908 37.910 1.559 1.559 3.148 4.086 7 8 8 8 1 - 17.500 344.000 367.000 3.100.000 38.500 56.000 110.000 52.000 33.000 3.389.500 58.000 58.000 65.000 16.000 (segue) 161 (segue) Tab. 4.5 - O pere ed infrastrutture portuali per Capitaneria di Porto e regione al 31/12/2006 Capitaneria di Porto e Regione Abruzzo San Benedetto del Tronto Ancona Pesaro Marche Rimini Ravenna Emilia Romagna Chioggia Venezia Veneto Monfalcone Trieste Friuli V.G. Cagliari Olbia La Maddalena Porto Torres Oristano Sardegna Messina Catania Augusta Siracusa Pozzallo Gela Porto Empedocle Mazara del Vallo Trapani Palermo Milazzo Sicilia Italia Numero di porti Numero di accosti Lunghezza complessiva accosti (m) Numero di binari ferroviari 4 30 7.234 1 81.000 2 5 2 9 6 4 30 45 19 94 21 44 5.383 7.166 3.190 15.739 14.821 20.262 12 12 1 9 132.000 132.000 1.000 1.453.000 10 1 4 5 4 1 5 7 4 3 5 1 20 2 10 1 4 3 1 65 10 110 120 17 74 91 50 27 8 43 1 129 19 33 56 28 6 12 35.083 2.835 33.315 36.150 8.639 16.761 25.400 7.047 5.788 1.053 15.048 2.614 31.550 4.560 6.047 7.651 3.326 1.699 1.640 10 2 55 57 6 39 45 2 1 3 9 19 - 1.454.000 130.000 3.185.000 3.315.000 803.000 2.041.000 2.844.000 214.000 129.000 500 150.000 4.000 497.500 138.000 41.000 75.000 10.000 5 12 3.411 - 20.500 1 12 9 15 63 243 9 52 29 36 292 1.471 1.830 9.579 8.464 9.839 58.046 389.189 2 30 241 53.000 59.500 95.000 492.000 16.015.000 Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 162 Superfici dei piazzali per le merci (mq) 163 Contenitori 473 11 69 34 5.064 126 1 316 1 11.657 29.082 7.427 1 4.818 119 10 1.544 - Porti (**) Ancona Augusta Bari Barletta Brindisi Cagliari Catania Chioggia Civitavecchia Falconara Marittima Fiumicino Gaeta Gela Genova Gioia Tauro La Spezia Lipari Livorno Manfredonia Marina di Carrara Messina Milazzo Monfalcone Napoli Olbia Oristano 43 31995 169 286 2.814 603 523 17 2.442 4.894 6.542 1.944 7.942 18.287 220 3.576 1.231 8.901 200 62 199 17.481 287 5.833 99 Rinfusa liquida 1.548 897 1258 801 6.340 471 242 1.537 1.025 0 604 3.551 101 1.854 340 1.235 811 1.015 26 107 1.060 1.037 66 1.503 Rinfusa solida V.a. 2.204 902 809 3.028 1.085 44 2.044 6 0 7.336 183 9 90 6.767 1.449 148 469 2.447 4.906 - Ro-Ro 54 138 73 113 213 121 183 1.027 212 0 0 184 0 1.808 49 621 0 2.327 31 1.723 105 131 2.293 97 56 110 Altro carico 4.323 33.041 2.471 1.201 10.210 9.287 2.160 2.626 6.038 4.901 6.542 2.733 7.942 42.640 29.634 13.486 1.662 24.048 1.043 2.920 1.779 17.867 4.120 10.958 5.029 1.711 Totale 10,9 0,0 2,8 0,3 54,5 5,8 0,0 5,2 0,0 27,3 98,1 55,1 0,1 20,0 4,1 0,2 14,1 - 1,0 96,8 6,8 23,8 27,6 6,5 24,2 0,6 40,4 99,9 100,0 71,1 100,0 42,9 0,7 26,5 74,1 37,0 19,2 2,1 11,2 97,8 7,0 53,2 5,8 35,8 2,7 50,9 66,7 62,1 5,1 11,2 58,5 17,0 0,0 22,1 8,3 0,3 13,7 20,5 5,1 77,8 34,8 1,5 0,6 25,7 9,5 1,3 87,8 Conteni- Rinfusa Rinfusa tori liquida solida 51,0 36,5 7,9 32,6 50,2 1,7 33,9 0,1 0,0 17,2 0,6 0,1 5,4 28,1 81,5 0,8 11,4 22,3 97,6 - Ro-Ro Val. % 1,2 0,4 3,0 9,4 2,1 1,3 8,5 39,1 3,5 0,0 0,0 6,7 0,0 4,2 0,2 4,6 0,0 9,7 3,0 59,0 5,9 0,7 55,7 0,9 1,1 6,4 Altro carico (segue) 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Totale Tab. 4.6 - M erci trasportate nel complesso della navigazione per tipo di carico e porto di sbarco e imbarco, 2005 (v.a. in migliaia di tonnellate e val. %) (*) 164 76.064 1 334 1 4 36 1.709 2.096 1.879 5.227 145 1.926 1.914 39 Contenitori 245.446 839 1.235 348 102 22.728 15 2.739 1.090 2 5.303 2 23.254 7.646 7.662 277 85 35.818 13.520 906 5.285 Rinfusa liquida 102.670 393 187 4.375 937 33 500 2.179 4.515 854 12.962 761 4.467 25.454 105 17 2.130 11.224 218 3.930 7 2.755 1.801 30 805 118 2 539 1.858 116 2.295 799 942 3.205 1.511 4.132 Ro-Ro 54.841 V.a. Rinfusa solida 29.925 108 64 1.383 10 739 14 56 177 3.741 146 447 7.231 12 10 275 2.377 7 1.459 Altro carico 508.946 1.348 4.575 7.909 1.079 22.760 1.254 5.741 5.778 1.071 24.253 4.862 23.254 14.556 47.869 1.194 1.198 43.355 30.547 1.131 14.840 Totale 14,9 0,1 7,3 0,0 0,1 3,4 7,0 43,1 12,9 10,9 12,1 4,4 6,3 0,3 48,2 62,2 27,0 4,4 9,5 99,9 1,2 47,7 18,9 0,2 21,9 0,0 100,0 52,5 16,0 23,2 7,1 82,6 44,3 80,1 35,6 20,2 29,2 4,1 55,3 86,8 0,1 39,9 38,0 78,1 79,7 53,4 15,7 30,7 53,2 8,8 1,4 4,9 36,7 19,3 26,5 10,8 0,5 60,2 22,8 2,8 14,0 2,0 0,2 2,2 38,2 0,8 4,8 66,9 78,6 7,4 4,9 27,8 Ro-Ro Val. % Conteni- Rinfusa Rinfusa tori liquida solida 5,9 8,0 1,4 17,5 0,9 58,9 0,2 1,0 16,5 15,4 3,0 3,1 15,1 1,0 0,8 0,6 7,8 0,6 9,8 Altro carico 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Totale Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat (*) Le eventuali differenze nei totali di riga e di colonna sono dovute alla procedura di arrotondamento (**) Porti che trattano annualmente, nel complesso della navigazione, più di 1.000.000 di tonnellate di merci (Direttiva comunitaria n.64/95, Art.4, comma 2) Totale Ortona Palermo Piombino Porto Empedocle Porto Foxi Porto Nogaro Porto Torres Portovesme Pozzallo Ravenna Salerno Santa Panagia Savona - Vado Taranto Termini Imerese Trapani Trieste Venezia Vibo Valentia Altri porti Porti (**) (segue) Tab. 4.6 - Merci trasportate nel complesso della navigazione per tipo di carico e porto di sbarco e imbarco, 2005 (v.a. in migliaia di tonnellate e val. %) (*) 165 Sbarchi 332 2.609 228 297 1.466 2.064 917 193 2.304 332 1.307 1.080 1.146 9.675 1.412 1.354 1.280 5.599 86 38 703 1.370 291 5.250 2.621 85 1.029 2.779 Porti (**) Ancona Augusta Bari Barletta Brindisi Cagliari Catania Chioggia Civitavecchia Falconara Marittima Fiumicino Gaeta Gela Genova Gioia Tauro La Spezia Lipari Livorno Manfredonia Marina di Carrara Messina Milazzo Monfalcone Napoli Olbia Oristano Ortona Palermo 205 8.643 229 170 566 2.660 853 231 1.185 843 655 411 2.530 5.070 2.945 401 65 4.712 457 34 956 6.790 68 2.574 2.317 162 10 1.480 Imbarchi 537 11.252 457 467 2.032 4.724 1.771 424 3.489 1.175 1.962 1.491 3.676 14.744 4.357 1.755 1.344 10.311 543 72 1.659 8.160 359 7.824 4.938 247 1.039 4.259 Totale In navigazione di cabotaggio 2.396 15.115 1.448 379 7.088 2.457 334 1.619 2.338 3.378 4.179 1.219 3.382 21.620 13.278 6.788 10.431 446 1.690 93 8.442 3.402 2.615 29 864 257 153 Sbarchi 1.390 6.674 567 354 1.090 2.106 55 583 211 348 400 22 884 6.276 11.999 4.943 3.306 54 1.158 27 1.266 358 519 62 600 53 162 Imbarchi 3.786 21.789 2.014 733 8.178 4.563 389 2.202 2.550 3.726 4.580 1.241 4.266 27.896 25.277 11.731 13.737 500 2.848 120 9.707 3.760 3.134 91 1.464 309 316 Totale In navigazione internazionale 2.728 17.725 1.676 676 8.554 4.521 1.252 1.812 4.642 3.710 5.487 2.300 4.528 31.294 14.690 8.141 1.280 16.030 532 1.728 796 9.811 3.693 7.865 2.650 948 1.286 2.933 Sbarchi Tab. 4.7 - Merci per tipologia di navigazione per porto di sbarco e imbarco, 2005 (migliaia di tonnellate) (*) 1.594 15.316 796 524 1.656 4.767 908 815 1.396 1.191 1.055 433 3.414 11.345 14.945 5.345 383 8.018 511 1.192 983 8.056 427 3.093 2.379 762 63 1.642 Imbarchi Totale merci (segue) 4.323 33.041 2.471 1.201 10.210 9.287 2.160 2.626 6.038 4.901 6.542 2.733 7.942 42.640 29.634 13.486 1.662 24.048 1.043 2.920 1.779 17.867 4.120 10.958 5.029 1.711 1.348 4.575 Totale 166 1.219 85 246 1.911 219 12 5.766 1.281 994 949 2.173 645 519 1.779 6.975 897 5.931 79.448 Piombino Porto Empedocle Porto Foxi Porto Nogaro Porto Torres Portovesme Pozzallo Ravenna Salerno Santa Panagia Savona - Vado Taranto Termini Imerese Trapani Trieste Venezia Vibo Valentia Altri porti Totale 1.559 542 4.653 884 187 35 1.263 1.134 3.935 217 9.272 348 593 976 1.684 171 5.008 79.683 Imbarchi 2.778 628 4.899 2.795 405 47 7.029 2.414 4.929 1.166 11.445 993 1.113 2.755 8.659 1.067 10.941 159.131 Totale 4.662 68 12.561 639 2.331 4.326 566 15.450 1.322 11.673 12.180 27.073 39 37.879 19.668 2.910 268.787 Sbarchi 469 384 5.300 597 615 1.046 458 1.775 1.126 6.652 1.210 9.351 46 2.721 2.220 1.591 81.028 Imbarchi 5.131 451 17.861 1.236 2.946 5.372 1.023 17.225 2.448 18.325 13.390 36.424 85 40.599 21.888 4.504 349.815 Totale In navigazione internazionale 5.881 153 12.807 648 4.242 4.545 578 21.216 2.603 12.668 13.129 29.246 845 558 39.658 26.643 954 8.573 348.235 Sbarchi 2.028 926 9.953 606 1.499 1.233 493 3.037 2.260 10.587 1.427 18.623 349 640 3.697 3.904 176 6.264 160.711 Imbarchi Totale merci 7.909 1.079 22.760 1.254 5.741 5.778 1.071 24.253 4.862 23.254 14.556 47.869 1.194 1.198 43.355 30.547 1.131 14.840 508.946 Totale Fonte: Istat (*) Le eventuali differenze nei totali di riga e di colonna sono dovute alla procedura di arrotondamento. (**) Porti che trattano annualmente, nel complesso della navigazione, più di 1.000.000 di tonnellate di merci (Direttiva comunitaria n.64/95, Art.4, comma 2). Sbarchi Porti (**) In navigazione di cabotaggio (segue) Tab. 4.7 - Merci per tipologia di navigazione per porto di sbarco e imbarco, 2005 (migliaia di tonnellate) (*) Slala è una società costituita alla fine del 2003 da una pluralità di Enti piemontesi e liguri impegnati nella promozione di infrastrutture ed insediamenti a supporto della logistica. Grazie al ruolo di interconnessione tra le due regioni, Slala ha reso possibile avviare la valorizzazione dell’entroterra alessandrino in un’ottica di logistica retroportuale. La sua azione è stata determinante per: - dare vita ad un sistema di deflusso rapido delle merci dal porto di Genova tramite un servizio di treni-navetta verso l’interporto di Rivalta Scrivia e lo scalo merci di Alessandria; - individuare e progettare interventi di ammodernamento e di realizzazione delle infrastrutture complementari, stradali e ferroviarie; - avviare un lavoro con Rfi per definire le priorità di intervento nel lungo periodo. Una funzione analoga è quella svolta nell’Italia centrale da quella che il coordinatore del Piano Nazionale della Logistica, Rocco Giordano, ha ribattezzato Luma, dall’acronimo delle 4 regioni interessate. Luma è un tavolo di concertazione permanente tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo costituito per pilotare in maniera congiunta la programmazione sul tema della logistica. Ha invece base prettamente locale, date le caratteristiche del trasporto merci che interessano la regione, la società Logica istituita da una pluralità di enti e nodi logistici della Campania con l’obiettivo di favorire l’integrazione tra gli attori della logistica e di supportare le decisioni in ambito infrastrutturale. 4.3.Promuovere l’intermodalità: risparmi economici e benefici per l’ambiente e la salute Quando si pensa all’impatto ambientale di un interporto, in Italia l’attenzione tende a focalizzarsi immediatamente sui requisiti richiesti dal Ministero dell’Ambiente per concedere l’autorizzazione ad avviare i lavori. Si . Azionisti di Slala sono: Regione Liguria (Filse Spa), Regione Piemonte (Finpiemonte Spa), Provincia di Alessandria, Provincia di Genova, Provincia di Savona, Comune di Alessandria, Comune di Casale Monferrato, Comune di Novi Ligure, Comune di Pozzolo Formigaro, Comune di Tortona, Cciaa di Alessandria, Cciaa di Genova, Cciaa di Savona, Autorità Portuale di Genova, Autorità Portuale di Savona, Autorità Portuale di La Spezia, Fondazione Cral, Energia e Territorio Spa. . Sono azionisti di Logica: l’Ente Autonomo Volturno Srl, Unioncamere Campania, le Autorità Portuali di Napoli e di Salerno, le società degli interporti di Nola, Marcianise e Salerno, Confindustria e Confapi regionali, Gesac Spa. 167 ha l’impressione che la Via, a cui molti soggetti attribuiscono le principali responsabilità per i ritardi nella fase di start-up, sia talvolta divenuta una rigida procedura tecnico-burocratica volta a valutare gli effetti, diretti e indiretti, che la nuova struttura potrà avere per il territorio circostante, trascurando invece le positive conseguenze su larga scala di un sistema interportuale a regime, in grado di trasferire da gomma a rotaia milioni di tonnellate di merci. Ferma restando l’esigenza di mitigare le ripercussioni, ambientali e sociali, delle differenti opzioni localizzative, in alcuni contesti sarebbe stato certamente possibile procedere in tempi più rapidi e ponendo condizioni meno stringenti. È infatti essenziale, nell’interesse generale, offrire quanto prima agli operatori della logistica i presupposti per riconvertire in senso intermodale parte della loro attività. L’attuale ripartizione del trasporto merci, eccessivamente sbilanciata a favore del tutto-gomma, ha un impatto negativo sull’ambiente e sulla qualità della vita delle persone, con gravi ripercussioni in termini di inquinamento atmosferico ed acustico, congestionamento del traffico ed incidenti stradali. 4.3.1.Intermodalità per mitigare l’emissione di gas inquinanti L’anidride carbonica continua ad essere il principale tra i gas a effetto serra generati dall’Unione europea, con un’incidenza dell’83%. Nonostante gli obiettivi stabiliti in seguito all’accordo di Kyoto, che prevedono una riduzione del 5% rispetto ai livelli del 1990, nell’Ue-15 le emissioni tra tale anno e il 2005 non sono diminuite, ma anzi cresciute di 125 milioni di tonnellate (fig. 4.25). La causa di una mancata inversione del trend è attribuibile essenzialmente al trasporto su gomma, di passeggeri ma soprattutto di merci, che con una crescita delle emissioni pari a 157 milioni di tonnellate in 15 anni ha sostanzialmente vanificato l’abbattimento conseguito in altri comparti, tra cui in particolare quelli industriale e abitativo (fig. 4.26). In sostanza, dopo la produzione di elettricità e di calore, gli spostamenti su strada rappresentano in Europa la prima fonte di inquinamento, contribuendo per il 23% al valore complessivo delle emissioni (fig. 4.27). La CO2 originata da tale modalità di trasporto è aumentata, in 15 anni, del 25%: una tendenza che non si registra, invece, per gli spostamenti ferroviari (tab. 4.8). . Tra il 1995 e il 2005 il trasporto merci è cresciuto, in Europa, al ritmo del 2,8% all’anno, mentre il trasporto passeggeri dell’1,9%. 168 Fig. 4.25 - E missioni di CO2 equivalenti (escluso LULUCF) nell’Ue-15 tra il 1990 e il 2005 (milioni di tonnellate) 3.700 3.600 3.482 3.500 3.400 3.357 3.300 3.200 3.100 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 3.000 Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007 Fig. 4.26 - V ariazione assoluta tra il 1990 e il 2005 di CO2 equivalenti (escluso LULUCF) emessa dalle principali fonti nell’Ue-15 (milioni di tonnellate) -200 -150 -100 -50 0 Totale CO2 Industria e costruzioni Altro Abitazioni Produzione cemento Commercio/Istituzioni Produzione ferro/acciaio Raffinazione petrolio Produzione elettricità/calore Trasporti su strada Fonte: elaborazione Censis su dati Eea, 2007 169 50 100 150 200 Fig. 4.27 - P rincipali fonti delle emissioni di CO2 equivalenti (escluso LULUCF) per il 2005 nell’Ue-15 (ripartizione percentuale) Produzione elettricità/calore 28% Produzione cemento 2% Produzione ferro/acciaio 2% Raffinazione petrolio 4% Industria e costruzioni 23% Commercio/Istituzioni 5% Altro 8% Trasporti su strada 16% Abitazioni 12% Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007 Tab. 4.8 -Variazione assoluta (in milioni di tonnellate) e percentuale delle emissioni di CO2 equivalenti per modalità di trasporto nell’Ue-15 e in Italia tra il 1990 e il 2005 Europa a 15 1990 Trasporti su strada Trasporti ferroviari Aviazione civile Navigazione 2005 636,78 793,88 7,89 6,00 17,45 25,06 19,17 21,56 Italia Variazione 1990-2005 mln di % tonnellate 157,11 -1,89 7,61 2,39 24,67 -23,90 43,61 13,69 Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007 170 1990 2005 93,62 117,00 0,44 0,30 1,60 2,65 5,40 6,14 Variazione 1990-2005 mln di % tonnellate 23,43 -0,14 1,05 0,74 25,02 -31,29 65,62 46,25 In Italia il treno ha prodotto complessivamente una quota pari allo 0,2% dell’inquinamento imputabile ai trasporti per l’anno 2005, contro il 92,8% della gomma, il 4,7% della navigazione ed il 2,1% dell’aviazione. Si tratta di un dato particolarmente significativo, soprattutto se si considera che in quell’anno in Italia utilizzando la modalità ferroviaria si è spostato il 10,9% delle merci e il 6% dei passeggeri (tab. 4.9). La riduzione delle emissioni di CO2 non è l’unica positiva conseguenza, per l’ambiente e la salute pubblica, che deriverebbe dal contenimento del numero di veicoli pesanti in circolazione. Un mezzo a pieno carico, del peso totale di 32 tonnellate, viaggiando alla velocità media di 80 Km/h, per ogni chilometro percorso emette nell’atmosfera 1.708,7 grammi di gas inquinanti, così ripartiti: -CO2 (anidride carbonica): 1.672,48 grammi; -CO (ossido di carbonio): 5,15 grammi; -NOX (ossido di azoto): 28,384 grammi; -VOC (composti organici volatili): 2,282 grammi; -PM (particolato): 0,4 grammi. In particolare, le polveri sottili (PM10 e PM2,5) sono tra le principali cause di malattie dell’apparato respiratorio e di quello cardiovascolare. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle grandi città italiane è imputabile all’inquinamento atmosferico il 9% dei decessi Tab. 4.9 -Ripartizione modale del trasporto merci in Italia e quota di emissioni per tipologia, anno 2005 Trasporti su strada Trasporti ferroviari Navigazione aerea Navigazione marittima di cabotaggio e navigazione interna Quota di emissioni di CO2 Ripartizione modale Ripartizione modale del trasporto merci del trasporto nazionale (*) passeggeri nazionale 92,8 0,2 2,1 68,2 10,9 0,4 92,1 6,0 0,4 4,7 20,5 1,5 (*) escluso condotta Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea e Ministero dei Trasporti . Fonte: TNT Trasporti e Territorio. . World Health Organization, Health impact of PM10 and ozone in 13 Italian cities, 2006. 171 Tab. 4.10 - Decessi attribuibili a livelli di PM10 superiori a 20 μg/m3 Effetti cronici (1) Tutte le cause di mortalità (escluso incidenti) Tumore ai polmoni Infarto Ictus Effetti acuti (2) Tutte le cause di mortalità (escluso incidenti) Malattie all’apparato cardiovascolare Malattie all’apparato respiratorio Numerosità % di casi attribuibili 8.220 742 2.562 329 9 11,06 19,08 3,03 1.372 843 186 1,5 2,1 3,1 (1) Tra adulti con oltre 30 anni di età (2) Tutte le età Fonte: elaborazioni Censis su dati Oms, Health impact of PM10 and ozone in 13 Italian cities, 2006 per morte naturale di persone d’età superiore ai 30 anni, oltre a numerosi casi di ricoveri ospedalieri e decine di migliaia di bronchiti o asma (tab. 4.10). Occorre tenere presente che in Europa l’Italia, soprattutto nel Nord del Paese, è tra le aree critiche a maggior concentrazione di polveri sottili (fig. 4.28). 4.3.2.Intermodalità per ridurre gli incidenti stradali Contenere il numero di veicoli che trasportano merci lungo le autostrade italiane porterebbe anche ad una riduzione dei costi sociali legati all’incidentalità. Nell’ultimo decennio, tra il 1995 e il 2005, il tasso di incidenti sulla rete autostradale si è ridotto in maniera significativa grazie ad una maggiore professionalità dei conducenti, al miglioramento tecnico dei veicoli e ad una legislazione più severa in materia di autotrasporto. Tuttavia, nel 2005, sulle autostrade italiane sono stati 9.005 gli incidenti che hanno visto coinvolti veicoli industriali: il 25% del totale. Tali incidenti hanno causato 146 decessi e 3.057 feriti. Particolarmente importante, per la sicurezza pubblica, sarebbe riuscire a spostare su rotaia il trasporto di merci pericolose, che costituiscono attualmente una quota piuttosto significativa del trasporto merci su strada (si stima 172 Fig. 4.28 - Concentrazione di PM10 nelle aree critiche 0 1 2 4 6 9 12 36 Fonte: Eea 2006 ne rappresentino circa il 5,3%). Si tratta nello specifico di: - prodotti petroliferi per 67,4 milioni di tonnellate; - prodotti carbochimici e catrami per 787 mila tonnellate; - altri prodotti chimici per 9,4 milioni di tonnellate. Nel totale, in Italia nel 2005 sono state trasportate su gomma per lunghe percorrenze 77,8 milioni di tonnellate di merce pericolosa; su ferrovia ne viaggiano invece appena 4,6 milioni di tonnellate. Gli incidenti che coinvolgono il trasporto di merci pericolose hanno conseguenze che vanno oltre gli effetti di un sinistro di veicoli convenzionali. Infatti, se il carico pericoloso fuoriesce, oltre alle conseguenze dirette possono prodursi gravi danni per l’ambiente, l’ordine e la sicurezza pubblica. . Conto Nazionale dei Trasporti, 2005 173 4.3.3.I costi esterni dei trasporti Attualmente, la struttura dei prezzi legati al trasporto non è in grado di riflettere le esternalità generate dalle differenti modalità che possono essere utilizzate. In altri termini, tra i costi relativi alla distribuzione delle merci non sono considerati quelli a carico della collettività: - l’inquinamento atmosferico e le malattie che provoca; - l’emissione di gas a effetto serra e i danni causati agli ecosistemi dal riscaldamento climatico; - gli incidenti stradali e i danni materiali, morali e biologici per chi ne è vittima; - lo stress e il disagio psicofisico derivanti dalla rumorosità; - i cosiddetti up and down stream processes, ossia i costi sociali relativi alla gestione e alla manutenzione delle infrastrutture. La Commissione europea è attualmente impegnata nel tentativo di preparare un percorso, legislativo e fiscale, che progressivamente permetta di integrare nel prezzo dei fattori produttivi per i servizi di trasporto anche i costi esterni che si ripercuotono sulla collettività10. A tal fine, ha commissionato ad alcuni importanti istituti di ricerca la realizzazione di un manuale, pubblicato nel dicembre del 2007, che rappresenti il punto di partenza per un confronto tra gli esperti scientifici degli Stati membri11. Sulla base di tale studio, è possibile effettuare una stima (sia pure approssimativa) di quanto il sistema interportuale italiano abbia consentito alla collettività di risparmiare. Per quanto riguarda il trasporto interurbano di merci, il modello utilizzato nel manuale valuta in 1,6 centesimi di euro per tonnellata al km i costi esterni imputabili a veicoli pesanti diesel; in 0,4 ct euro/tkm i costi esterni imputabili a un treno elettrico viaggiante di notte e in 0,3 ct euro/tkm durante la giornata (tab. 4.11). Utilizzando le stime sulle quantità complessivamente movimentate dal sistema interportuale attraverso l’intermodalità ferro-gomma (in totale circa 22 milioni di tonnellate) ed ipotizzando una percorrenza media di 400 km: - i costi esterni attribuibili al sistema interportuale ammontano a 35,2 milioni di euro; - i costi esterni che sarebbero stati generati se tutte le merci fossero state trasportate soltanto su gomma ammontano a 140,8 milioni di euro. Soltanto nell’anno 2006, un sistema interportuale non ancora pienamente 10. Art.11 della direttiva 1999/62/CE, modificata dalla direttiva 2006/38/CE. 11. Handbook on estimation of external cost in the transport sector, Produced within the study Internalisation Measures and Policies for All external Cost of Transport (IMPACT), Version 1.0. 174 Tab. 4.11 - Comparazione dei costi esterni generati dal trasporto merci su strada e ferrovia (*) Rumorosità Incidenti Inquinamemnto atmosferico Cambiamento climatico Gestione e manutenzione delleinfrastrutture Natura e paesaggio Contesto urbano Contesto interurbano Urbano, giorno Urbano, notte Interurbano, giorno Interurbano, notte Urbano Interurbano Urbano Diesel/Treno elettrico Urbano Diesel/Treno Diesel Interurbano Diesel/Treno elettrico Interurbano Diesel/Diesel Urbano Diesel/Treno elettrico Urbano Diesel/Treno Diesel Interurbano Diesel/Treno elettrico Interurbano Diesel/Diesel Urbano Diesel/Treno elettrico Urbano Diesel/Treno Diesel Interurbano Diesel/Treno elettrico Interurbano Diesel/Diesel Urbano Interurbano Giorno (Diesel/Elettrico) Giorno (Diesel/Diesel) Notte (Diesel/Elettrico) Notte (Diesel/Diesel) Giorno (Diesel/Elettrico) Giorno (Diesel/Diesel) Notte (Diesel/Elettrico) Notte (Diesel/Diesel) Trasporto merci (euroct/tkm) Veicoli pesanti Treno merci Costo unitario Costo unitario 0,61 1,12 0,09 0,17 0,92 0,23 0,93 0,93 0,73 0,73 0,23 0,23 0,19 0,19 0,27 0,27 0,23 0,23 0,00 0,10 3,0 3,0 3,5 3,5 1,6 1,6 1,6 1,6 0,12 0,49 0,11 0,19 0,02 0,02 0,00 1,05 0,00 0,88 0,00 0,08 0,00 0,08 0,13 0,10 0,13 0,10 0,00 0,02 0,3 1,4 0,6 1,8 0,3 1,2 0,4 1,3 (*) Media calcolata su 19 Paesi Ue utilizzando il modello Tremove. Veicoli pesanti: urbano 11,4 tonnellate/veicolo; interurbano 11,7 tonnellate/veicolo; treno merci: 348 tonnellate/treno. Fonte: Handbook on estimation of external cost in the transport sector, Delft, December 19th, 2007 a regime ha quindi consentito alla collettività un risparmio superiore a 100 milioni di euro. Per quanto i dati vadano analizzati con molta cautela (le informazioni disponibili in merito alle tonnellate di merci, ai chilometri percorsi, alla monetarizzazione delle esternalità non permettono che di effettuare delle stime indica175 tive), appare evidente l’utilità sociale ed economica del sistema interportuale. Nell’interesse generale, i contributi pubblici e gli investimenti per incentivare l’intermodalità rappresentano pertanto una lungimirante scelta strategica. Oltre all’intermodalità ferro-gomma, è utile ricordare l’esistenza dell’intermodalità fluvio-marittima. In Italia la possibilità di sfruttare i canali per la navigazione interna non è ancora adeguatamente valorizzata. Tuttavia, tale soluzione consentirebbe di trasportare merci con un impatto ambientale ancora più contenuto. Secondo stime Databank, un carico da 2.000 tonnellate su chiatta produrrebbe soltanto l’11% delle emissioni gassose che sarebbero immesse nell’atmosfera spostandolo su strada, contro il 43% della ferrovia. 4.3.4.Gli interporti, potenziali generatori di energia Sempre in tema ambientale, gli interporti potrebbero offrire un ulteriore, prezioso contributo. Un numero sempre maggiore di società appare interessato a realizzare delle centrali fotovoltaiche sui tetti dei magazzini. Pioniere in tal senso è l’interporto di Bologna, dove il 26 luglio 2005 è stata inaugurata la centrale fotovoltaica realizzata dalla multiutility Hera: a copertura di una superficie di circa 2.000 m² sono stati istallati 1.096 moduli composti da 48 celle di pannelli fotovoltaici per 185 W ciascuno, capaci di produrre annualmente 236.000 kWh di energia. Il fabbisogno annuo di una famiglia media italiana è di circa 2.500 kWh, per cui già attualmente l’interporto emiliano è in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di 94,4 appartamenti. Si consideri che l’energia elettrica prodotta con il fotovoltaico ha un costo nullo in termini ambientali, mentre per ogni kWh consente di risparmiare circa 250 grammi di olio combustibile ed evita l’emissione di circa 700 grammi di CO2. Un altro impianto, di minori dimensioni (49 moduli da 30 celle su 95 m²), è stato realizzato presso l’Interporto di Trento, dove però è soprattutto in corso una sperimentazione in campo eolico in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trento. Le potenzialità di sviluppo del sistema fotovoltaico all’interno degli interporti sono enormi: secondo un’indagine condotta nel maggio del 2007 dall’interporto di Novara, in Italia vi sono almeno 14 strutture interessate a installare pannelli fotovoltaici. Se attualmente la superficie utilizzata è complessivamente di 2.095 m², la superficie su cui sarebbe possibile realizzare nuovi impianti ammonta a 3.138.840 m². L’importanza, in termini economici e ambientali, appare evidente. L’Uir potrebbe svolgere un ruolo molto importante in tale direzione, permettendo di coordinare gli investimenti e ridurre i costi di iniziative autonome dei singoli interporti. 176 4.4.Uirnet: una piattaforma tecnologica al servizio della logistica nazionale L’offerta potenziale di un interporto, la sua attrattività, non dipende esclusivamente dalla dotazione infrastrutturale di cui gode o dai servizi che mette a disposizione degli operatori. In un settore, quello dei trasporti e della logistica, in cui la compressione dei tempi e la riduzione dei costi diviene sempre più rilevante, il livello di efficienza complessiva che si raggiunge nella gestione dei flussi di merci rappresenta un cruciale fattore di competitività. Un’eccellente programmazione delle operazioni, tuttavia, è impossibile senza un sistema informatico e telematico in grado di elaborare i dati relativi a merci e persone. Ad oggi, sistemi di questo tipo sono disponibili presso un numero piuttosto limitato di nodi, 10, ossia: Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma, Rivalta Scrivia, Trento, Vado Ligure, Venezia e Verona. In una realtà come quella trentina, per esempio, la disponibilità di una piattaforma informatica interna ha consentito di portare a 15 minuti il tempo necessario allo svolgimento delle operazioni intermodali. In alcuni casi, le piattaforme permettono di mettere in rete i centri intermodali con gli operatori, oppure l’interporto e i gestori del terminal ferroviario. Attraverso l’adozione di moderni sistemi telematici12, gli interporti possono aumentare l’efficienza complessiva del trasporto e della movimentazione delle merci, riuscendo così ad ottimizzare le potenzialità dell’offerta intermodale. L’immediata trasferibilità e accessibilità delle informazioni consente, infatti, di coordinare le diverse fasi del processo operativo, razionalizzando il flusso dei veicoli stradali e di quelli ferroviari, le procedure di carico e scarico e l’uso delle attrezzature. In tal modo, diventa possibile comprimere i tempi di attesa: - tra il completamento del carico del treno e la sua partenza; - tra l’arrivo del treno e l’inizio delle operazioni di scarico; - per il passaggio di consegna del treno tra gestore del terminal e il gestore ferroviario. Inoltre, si stima che con un sistema telematico adeguato ciascuna procedura di accesso al gate, prelievo e consegna delle Uti ed uscita possa avere una durata non superiore ai 15 minuti13. 12. Sistemi che si basano su strumenti di telecomunicazione cellulare digitale, reti mobili per la trasmissione di voce e dati, internet, sistemi di localizzazione e di identificazione automatica dei veicoli, scambio elettronico di documenti, banche dati, reti e sistemi informativi territoriali. 13. Bruno Dalla Chiara, Danilo Marigo, Gianfranco Benzo, Interporti e terminali intermodali, Hoepli: Milano 2006, pag. 116. 177 Oltre all’efficienza, vi è anche un secondo grande obiettivo che l’utilizzo dei sistemi telematici consente di raggiungere: quello di una maggiore sicurezza all’interno degli interporti. La società interportuale, solitamente, si fa carico del controllo e della sicurezza dell’intera area logistica: non solo le zone comuni, ma anche gli immobili di pertinenza delle singole aziende, contribuendo così ad una riduzione dei costi derivanti da iniziative individuali. Disporre di un’avanzata tecnologia informatica consentirebbe: - minori costi di vigilanza dell’area; - di controllare l’accesso e l’uscita dei veicoli pesanti, eventualmente condizionando quest’ultima all’autorizzazione da parte delle imprese insediate; - di monitorare le situazioni ambientali degli edifici (temperatura, umidità) ed il corretto funzionamento degli impianti (di refrigerazione, di condizionamento, di riscaldamento, di pompaggio); - di erogare un’evoluta offerta di servizi di assistenza per i mezzi e le persone. Sulla base di un messaggio informatizzato che consente l’identificazione e la localizzazione automatica dell’utente che ha richiesto il servizio, sarebbe possibile svolgere con la necessaria tempestività tutte le operazioni di assistenza tecnica o sanitaria. Se efficienza e sicurezza sono due esigenze fondamentali di ogni interporto, a maggior ragione la loro importanza è evidente per il sistema interportuale nel suo complesso ed ancor più per il sistema Paese, dove nell’interesse generale i principali protagonisti della logistica e dei trasporti sono chiamati ad operare tra loro in stretta sinergia. Con l’obiettivo di superare i limiti delle soluzioni telematiche adottate dai singoli interporti e di offrire all’intero sistema (interportuale, ma ancor più della logistica italiana nel suo complesso) una piattaforma integrata in grado di migliorare l’efficienza e la sicurezza, l’Unione Interporti Riuniti si è pertanto fatta promotrice, insieme al Ministero dei Trasporti e alla Booz Allen Hamilton, del Progetto Uirnet. Rivolgendo i propri servizi a tre categorie di utenti (trasportatori, organizzatori del trasporto e gestori di infrastrutture logistiche – interporti, ma non solo), Uirnet assolverà una triplice funzione, svolgendo al tempo stesso il ruolo di: - supervisore e garante della sicurezza; - integratore per l’efficienza; - piattaforma di erogazione di servizi per la comunità della logistica. 178 4.4.1.Uirnet per la competitività del Paese Una volta a regime, la piattaforma Uirnet dovrebbe consentire di ridurre tempi e costi del trasporto e di incrementare i volumi di traffico intermodale. Raggiungere tali obiettivi sarà possibile non soltanto offrendo un supporto alla gestione dei flussi nei centri logistici, ma anche favorendo: - l’incontro tra domanda e offerta; - l’ottimizzazione dei carichi; - la pianificazione dei viaggi nelle ore e sui percorsi a maggiore fluidità, anche attraverso informazioni in tempo reale sui tempi di attraversamento; - la preparazione dei viaggi con servizi di prenotazione o routing multimodale; - la riduzione dei tempi di controllo mediante la smaterializzazione dei documenti di viaggio. 4.4.2.Uirnet per la sicurezza Attraverso la realizzazione di un sistema diffuso per la tracciatura delle spedizioni, integrato con i diversi progetti già avviati a livello nazionale, sia per aree geografiche che per filiere merceologiche, e con una Sala Situazioni nazionale interfacciata con i principali organi di sicurezza, Uirnet consentirà di: - ridurre i furti dei veicoli e delle merci; - analizzare minacce e vulnerabilità; - valutare i rischi e proporre contromisure; - recepire standard nazionali e internazionali; - diffondere iniziative per la sicurezza degli utenti; - gestire l’operatività. Uirnet renderà inoltre possibile attivare un ciclo di controllo specifico per il monitoraggio delle merci pericolose, che rappresentano circa il 5,2% del totale delle tonnellate di merci trasportate. In maniera complementare a quelle che sono le sue finalità fondamentali, la piattaforma Uirnet potrà essere utilizzata anche per veicolare servizi a valore aggiunto offerti dal mercato: servizi assicurativi o finanziari, servizi antifurto, servizi informativi, sponsorizzazioni, ecc. Dal mese di luglio del 2007 è stata avviata la gara per individuare il partner tecnologico per la realizzazione di Uirnet. La selezione dovrebbe concludersi entro marzo 2008 e nei mesi successivi avrà luogo la prima fase di sviluppo della piattaforma e la realizzazione dei progetti pilota Uirnet Alert 179 (per la localizzazione dei mezzi, la gestione delle comunicazioni e l’invio di Alert) e Uirnet web services (statistiche e dati di intelligence a supporto della pianificazione; gestione documentale delle pratiche di trasporto; gestione del workflow di prenotazioni; accettazioni; informazioni su domanda e offerta). 180