il disegno dell`interportualità italiana

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il disegno dell`interportualità italiana
IL DISEGNO
DELL’INTERPORTUALITÀ ITALIANA
Fattori di crescita, sviluppo della logistica
e dinamiche territoriali
Francoangeli
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possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page
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Lo studio è stato realizzato per l’Uir-Unione Interporti Riuniti da un gruppo di
lavoro del Censis – Centro Studi Investimenti Sociali – composto da Francesco Estrafallaces, Maurizio Mastrolembo Ventura e Gabriella Addonisio.
Si ringraziano tutti i Presidenti, i Direttori e i collaboratori degli interporti analizzati per aver contribuito, con le loro idee e con la loro competenza, alla comprensione
e alla migliore definizione delle caratteristiche del sistema interportuale in Italia.
Si ringrazia in particolare Roberto Pesaresi, Vice Presidente dell’Uir, per il prezioso ruolo di coordinamento e di indirizzo che ha svolto.
Il lavoro di analisi e di ricerca qui presentato non sarebbe stato possibile senza il
supporto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nelle persone dell’Ingegnere Giovanni Caruso e del Geometra Gianfranco De Angelis.
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Indice
1. L’interportualità italiana verso una logistica complessa.
Considerazioni di sintesi
1.1.Gli obiettivi dello studio
1.2.Numeri e struttura organizzativa
1.3.Un sistema in divenire, relazionale e polarizzato 1.4. Forze e debolezze
1.5.Per una politica lineare
2. Una visione dinamica della rete interportuale
2.1.L’offerta organica di servizi per gli operatori logistici e
per le imprese manifatturiere
2.2. Imprese e dinamismo occupazionale all’interno degli
interporti
2.3. Le potenzialità di crescita
2.4.Gli interventi prioritari per lo sviluppo
3. Specificità territoriali: le molteplici forme del sistema
interportuale
3.1. Il modello nordestino
3.2. Il sistema poliedrico del Nord-Ovest
3.3.Trento e Cervignano: il tentativo di razionalizzare i flussi
transnazionali attraverso i valichi alpini
3.4.Gli interporti sulla costa: esperienze di riconversione
di aree industriali a Venezia e a Vado Ligure 3.5.La riscoperta della modalità fluviale: l’Interporto di Rovigo
e le potenzialità della navigazione sui canali 3.6.Livorno, Prato e Parma: il valore strategico del quadrante
dell’Alto Tirreno
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3.7.Verso una piattaforma logistica interportuale dell’Italia
centrale pag.106
3.8.La questione meridionale tra problemi irrisolti e elementi
di dinamismo
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4. Focus tematici
4.1. Il sistema organizzativo e di finanziamento
4.2.Sinergie per il cluster terra-mare
4.3.Promuovere l’intermodalità: risparmi economici e benefici
per l’ambiente e la salute
4.4. Uirnet: una piattaforma tecnologica al servizio della
logistica nazionale
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1. L’interportualità italiana verso una
logistica complessa. Considerazioni di sintesi
1.1.Gli obiettivi dello studio
Questo studio si pone l’obiettivo di analizzare le potenzialità di crescita, le
criticità ed il contesto in cui operano gli interporti italiani. L’importanza che
essi assumono come strumenti di incentivazione dell’intermodalità e come
strutture di offerta di servizi legati alla logistica spingono a fare il punto sulla
rete che sta prendendo forma nel Paese e ad individuare pochi obiettivi concreti per una nuova policy che ne sostenga l’ulteriore sviluppo. Ciò appare
utile a distanza di 18 anni dall’approvazione della legge 240/90 che, tra i suoi
obiettivi, intendeva incentivare il trasporto con modalità mista, anche attraverso lo stanziamento di 538 milioni di euro (di cui effettivamente erogati
fino al 2006, 310 milioni) a sostegno degli interporti.
Questo studio si basa oltre che su dati provenienti da fonti secondarie, anche e soprattutto sulle informazioni di dettaglio rilevate in modo sistematico,
tra settembre e dicembre 2007, presso 24 interporti aderenti all’Uir-Unione
Interporti Riuniti, dei 29 totali previsti. Di questi 18 sono operativi mentre 11
sono in fase di realizzazione o di completamento.
Le 24 strutture analizzate nel dettaglio sono: l’Interporto Quadrante Europa Verona, l’Interporto Merci di Padova, l’Interporto di Bologna, l’Interporto Sito di Torino-Orbassano, l’Interporto di Rivalta Scrivia, l’Interporto
Cim Novara, l’Interporto di Trento, l’Interporto Alpe Adria di Cervignano
del Friuli, l’Interporto di Venezia, l’Interporto di Vado Ligure, l’Interporto di
Rovigo, l’Interporto Cepim di Parma, l’Interporto di Prato, l’Interporto di Livorno, l’Interporto Val Pescara, l’Interporto delle Marche (Jesi), l’Interporto
Centro Italia di Orte, l’Interporto di Frosinone, l’Interporto Sud Europa Mad. Tale ammontare fa riferimento agli stanziamenti previsti dalla Legge 240/90, ulteriori finanziamenti pubblici sono stati ottenuti da alcune strutture interportuali a valere su altri strumenti
di finanziamento gestiti o dalle Amministrazioni centrali dello Stato o dalle Regioni.
daloni Marcianise, l’Interporto di Nola, l’Interporto Regionale della Puglia
(Bari), l’Interporto di Cerignola, l’Interporto della Piana di Gioia Tauro, l’Interporto di Catania. Non sono stati effettuati approfondimenti sugli interporti
di Bergamo, di Roma Est, di Tito (Potenza), di Salerno-Battipaglia e di Termoli perché ancora in uno stadio embrionale di progettazione.
1.2.Numeri e struttura organizzativa
Il 25% della merce trasportata su ferro in Italia transita per i 18 interporti
attualmente operativi, che movimentano complessivamente più di 66 milioni
di tonnellate di merci l’anno, delle quali il 37% transita tramite intermodalità; un risultato, questo, più che apprezzabile. Tenendo conto che ulteriori
strutture diverranno operative entro il 2008 e che altre (come Cervignano del
Friuli, Prato, Livorno, Rovigo, Marcianise e Bari) registrano già oggi consistenti incrementi del livello di movimentazione, è prevedibile il rapido superamento della soglia dei 70 milioni di tonnellate movimentate dagli interporti
italiani e la crescita del contributo – anche e soprattutto in termini di maggiore
efficienza – di tali strutture al sistema del trasporto merci in Italia.
All’interno dei 18 interporti operativi sono localizzate, inoltre, 1.021
aziende di logistica e lavorazione merci per un totale di 18.000 addetti, cui
corrisponde un indotto di almeno altri 20.600 unità di lavoro. Il 6,5% degli addetti totali alle attività ausiliarie ai trasporti e alle attività di trasporto terrestre
operano all’interno degli interporti oggi attivi. Dai dati rilevati si stima che ad
un addetto interportuale corrispondano circa 2 addetti dell’indotto costituito
da attività di trasporto e di logistica per la gestione delle merci. Non appare
azzardato affermare che, soprattutto in alcune aree del Nord e del Centro, caratterizzate da uno spesso tessuto manifatturiero, il contributo degli interporti
al rafforzamento della struttura produttiva circostante sia stato determinante.
La genesi di molti interporti, come Bologna, Parma, Padova e Verona, solo
per citare i casi più evidenti, è stata strettamente legata all’obiettivo di rendere
più competitivo il sistema manifatturiero preesistente attraverso un’offerta
ampia di servizi di trasporto, di movimentazione e di magazzinaggio delle
merci. L’elevato rapporto tra imprese dell’indotto e quelle insediate in interporti come Rivalta Scrivia, Prato, Bologna, Padova, Trento, Torino e Verona,
testimoniano della capacità di tali strutture di fungere da volano della crescita
e da elemento qualificante del territorio in cui esse sono insediate. L’offerta di
. Il dato si riferisce a 17 dei 18 interporti oggi effettivamente operativi in Italia, che hanno
fornito il dato sull’occupazione.
servizi logistici a valore aggiunto crescente e l’opportunità di rapidi collegamenti con altri nodi del sistema logistico e, ancora, la possibilità di utilizzare
l’intermodalità sono fattori attrattivi per molte imprese, che esprimo infatti
una domanda di logistica complessa.
Questo sistema così organizzato riesce a generare valore aggiunto non inferiore a 1,6 miliardi di euro, pari al 2,3% del valore aggiunto (in termini correnti)
generato in Italia dal comparto dei trasporti e delle attività logistiche ausiliarie.
In termini economici e di redditività forse è ancora poco, ma le dinamiche in
atto e gli sforzi messi in campo sotto forma di investimenti, ampiamente sostenuti da fonti di natura pubblica, indicano possibilità di crescita apprezzabili.
L’evoluzione del sistema logistico sta sottoponendo, inoltre, larga parte
degli interporti italiani ad una progressiva fase di modernizzazione e di cambiamento costante. Per poter quindi meglio comprendere l’architettura complessiva di tale sistema a rete vale la pena di offrire qualche elementare chiave
di lettura, rinviando ai capitoli successivi gli approfondimenti del caso.
Un primo aspetto rilevante è dato dal fatto che le 24 strutture aderenti a
Uir qui analizzate nel dettaglio sembrano attraversare al contempo una fase di
crescita, intesa sia in termini di dimensione fisica che soprattutto economica,
e una fase di consolidamento, lavorando per potenziare l’offerta di servizi,
eliminare alcune debolezze e definire in modo più chiaro che nel passato il
proprio posizionamento di mercato.
Tra le 18 strutture oggi operative si è andato inoltre definendo un modello
tecnico-operativo ed organizzativo capace di assorbire livelli crescenti di innovazione di tipo tecnico (molti sono i casi di nuovi investimenti in macchinari e attrezzature sofisticate per la movimentazione delle merci, ma anche di
tecnologie Ict). Come si vedrà nel dettaglio più avanti, l’offerta degli interporti si struttura oggi essenzialmente intorno a 3 cardini:
- i servizi rivolti alle merci, che costituiscono la principale espressione di
un’interportualità che non è solo scambio modale, ma offerta di servizi
avanzati alle imprese nel campo della movimentazione, manipolazione e
stoccaggio di prodotti finiti o semilavorati;
- i servizi ai mezzi di trasporto che vanno da quelli più generici (distribuzione carburante, pulizie) ai più sofisticati, come officine per la riparazione
dei veicoli o per la manutenzione dei container;
- i servizi alle persone di tipo commerciale, bancari, postali, di ristorazione
e alloggio.
. Stime effettuate utilizzando le Tavole delle interdipendenze settoriali dell’economia italiana 2003 pubblicata dall’Istat nel 2006. Le stime sono state elaborate nell’ambito dello studio
“Il sistema degli interporti per una logistica ad alto valore aggiunto”, Censis-Uir 2006.
In tutti gli interporti oggi operativi la gamma dei servizi offerti è piuttosto
ampia. Tuttavia solo 7 strutture sono in grado di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container (Bologna, Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma e Rivalta Scrivia).
Gli investimenti realizzati negli ultimi dieci o quindici anni sono molto
consistenti, ma soprattutto l’intenso e vasto piano di miglioramenti previsti
e di ampliamento delle 18 strutture operative, oltre al completamento di altri
interporti in posizione strategica come quello delle Marche a Jesi o quello di
Orte, danno il senso che l’allargamento dell’operatività complessiva della rete
italiana è possibile. Ciò deve divenire una realtà attraverso ulteriori sforzi di
completamento delle opere in atto ed una policy di settore fondata su poche
ma precise azioni di rilevanza strategica.
1.3.Un sistema in divenire, relazionale e polarizzato
Difficile cogliere le molteplici sfumature che definiscono l’architettura
complessiva dell’interportualità italiana, che sconta in primo luogo accentuate
differenze dal punto di vista territoriale, ma in cui i punti di forza appaiono in
numero maggiore rispetto agli elementi critici.
Sistema in divenire, relazionale e polarizzato. Sono questi, tra i tanti, i concetti che meglio riassumono lo stato dell’arte e le prospettive di questa rete di
nodi logistici nati con l’obiettivo di incentivare il trasporto multimodale, ma
divenuti, fortunatamente, strutture con una mission più ampia e consistente.
Il fare quotidiano e la progettualità dei 18 interporti effettivamente operativi ed il completamento delle strutture che inizieranno ad offrire servizi a
breve descrivono un sistema in continuo cambiamento, finalizzato al potenziamento delle proprie attività. Come si avrà modo di constatare nelle pagine
che seguono, gran parte delle strutture analizzate prevedono rilevanti margini
di espansione. Per dare un’idea del fenomeno in atto si possono citare i casi
dell’interporto di Padova dove è in fase di completamento il secondo terminal
ferroviario, di Verona e Bologna in cui è in previsione il raddoppio delle strutture destinate a magazzino, del Cepim di Parma che procederà all’ampliamento del terminal ferroviario, di Novara e Trento che intendono potenziare
l’offerta di servizi logistici ampliando gli spazi destinati a tali attività, di Prato
che intende incentivare il ricorso al trasporto su ferro attraverso treni navetta
verso i porti di Livorno (che ha avviato una riflessione di concerto con gli Enti
Territoriali a proposito della necessità di procedere ad un ampliamento della
struttura) e di La Spezia e che si doterà di 6 nuovi fasci di binari, di Torino
che prevede la realizzazione di un magazzino completamente automatizzato
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su un superficie di 120.000 metri quadri, di Marcianise che amplierà i propri
magazzini ed il terminal ferroviario. In altri interporti, ancora in una fase di
avvio come Jesi o Val Pescara, la realizzazione delle infrastrutture di raccordo
con l’esterno definiscono egualmente una progettualità piuttosto intensa che
dà il senso di un sistema pronto ad interloquire con il territorio e soprattutto
con gli operatori della logistica.
In sostanza l’interportualità intende crescere ancora; appare come un sistema a manutenzione e ad espansione continua e ciò è più evidente nelle
strutture maggiori e consolidate (come Verona, Padova, Bologna o Trento),
quelle che già godono di un apprezzabile posizionamento sul mercato. I fatti
mostrano che il Paese potrebbe trarre notevoli benefici dagli interporti, semplicemente perché essi consentono il decongestionamento della rete viaria
principale (specie al Nord) e delle principali aree portuali, specie nell’alto
Tirreno. Gli esperimenti di treni navetta tra l’interporto di Rivalta Scrivia e
Genova, tra Prato e Livorno, tra Marcianise ed il porto di Napoli indicano
un sentiero virtuoso che occorrerebbe incentivare, esattamente come le autostrade viaggianti (possibilità di caricare su treno motrici e rimorchi), operanti
nell’interporto di Trento e in quello di Torino.
È chiaro che la filosofia dell’espansione continua deve essere debitamente
indirizzata. Oggi, più che nel passato, occorre evitare l’uso di risorse pubbliche e private per opere dettate più da indirizzi di ordine politico (avulsi da una
logica economica) che da un effettivo fabbisogno di logistica avanzata che
proviene dal territorio, dal suo tessuto di imprese. Ma a ben guardare uno per
uno i 29 interporti, tra quelli operativi o in fase di avvio o di progettazione, è
difficile individuare casi realmente critici. Quasi in tutti, attualmente, il principale obiettivo di investimento è di disporre di moderni terminal ferroviari
per incentivare l’intermodalità; ciò non per rispondere pedissequamente alla
legge che negli anni ’90 ha inteso incentivare il trasporto combinato, ma per
promuovere un metodo di movimentazione merci che inizi a vedere il trasporto su ferro quale nuovo protagonista del sistema logistico nazionale. La
prassi più consolidata, da Rivalta Scrivia al Sito di Torino, da Trento, Verona,
Padova e Bologna mostra che il trasporto su ferro (tradizionale o come parte
del trasporto multimodale) potrebbe consentire, a determinate condizioni,
tempi di consegna rapidi, sicuri, efficienti.
È dunque in questa prospettiva che occorre portare a completamento il
più presto possibile – magari con uno sforzo ulteriore rispetto a quanto fatto
finora e con maggiore pragmatismo – gli interporti ancora non operativi e gli
investimenti per l’ampliamento ed il rafforzamento di quelli esistenti, ponendosi l’obiettivo di far crescere consistentemente la quota di merci in transito
presso gli interporti italiani (oggi stimata al 4,4% del totale movimentato in
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Italia), e far crescere soprattutto la quota di trasporto con modalità combinata.
Oltre ad essere un sistema in divenire, l’insieme degli interporti italiani lascia emergere, oggi più che nel passato, un alto grado di capacità relazionale
ovvero di propensione ad interloquire in primo luogo con i principali porti
commerciali e con i grandi operatori delle reti, a cominciare da Rfi, determinante per il corretto funzionamento dei terminal, molti dei quali in fase di
ampliamento. Inoltre, l’idea di fare di alcuni interporti delle strutture logistiche “lato terra” funzionalmente legate ai porti inizia a prendere sempre più
concretezza. A questo mirano in particolare strutture come quella di Rivalta
Scrivia, di Novara, di Prato, di Livorno, di Nola e di Marcianise, cui si darà
conto più avanti. Qui vale sottolineare che l’istituzione di treni navetta tra
porto e interporto, con cadenza regolare, rappresenta uno degli elementi interessanti di un sistema logistico italiano collaborativo, ovvero fondato su una
reale integrazione dei propri nodi.
Certo, ancora molto resta da fare: a cominciare dai miglioramenti sulla rete
ferroviaria, fino a giungere alla rapida realizzazione dei sistemi di innesto di
alcuni interporti con la rete autostradale o alla semplificazione di alcune procedure burocratiche, legate ad esempio al rilascio della Valutazione di Impatto
Ambientale o all’approvazione, da parte degli organi pubblici competenti, degli strumenti di pianificazione urbanistica.
Il sistema appare infine molto polarizzato tra strutture in fase di sviluppo
ed altre che si muovono in uno scenario piuttosto incerto. Ma più di tutte resta
piuttosto marcata la differenza tra strutture interportuali operanti nelle regioni
settentrionali e quelle del Mezzogiorno. Parlare di differenze territoriali nel
2008, in un sistema fatto di mercati interconnessi e di flussi di merci sempre
più intensi che attraversano anche il nostro Paese, sembra ormai paradossale;
i fatti tuttavia mostrano come un elemento altamente discriminante, capace di
determinare l’alta o bassa probabilità di successo di un interporto, sia la collocazione geografica e la densità del tessuto di imprese che operano in prossimità dell’interporto stesso. Non è un caso che gli interporti del Nord-Est e a
seguire quelli del Nord-Ovest, con alcune strutture del Centro, come Prato in
particolare, siano cresciute rapidamente, grazie ad un “aggancio” con i sistemi
produttivi locali che, come è facile immaginare, diventano terreno fertile per
lo sviluppo di piattaforme logistiche complesse. Gli interporti di Bologna, di
Padova, di Verona e di Trento operano intensamente lungo la direttrice del
Brennero in connessione con il Northern Range (Anversa, Ostenda, Rotterdam), ma nel contempo accolgono al loro interno magazzini e talvolta anche
strutture di prima lavorazione (ad esempio: assemblaggio e packaging) di
prodotti di aziende manifatturiere locali. Rivalta Scrivia funge da tempo da
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piattaforma di smistamento merci per vaste porzioni delle filiere alimentari
dell’Alessandrino e del Cuneese; Torino offre servizi logistici dedicati al sistema produttivo dell’automotive, Parma offre sistemi di magazzinaggio per il
secco ed il refrigerato al servizio della filiera agro-alimentare locale, Prato si
va specializzando con un’offerta di servizi logistici dedicati al Sistema Moda,
che trova nel distretto industriale locale un punto di riferimento essenziale.
Più ci si sposta verso Sud meno dinamico appare il sistema degli interporti, quasi proporzionalmente al diradarsi del tessuto produttivo. Se Nola e
Marcianise, in Campania, registrano livelli di movimentazione superiori al
milione di tonnellate all’anno, altri come Pescara e Bari presentano ancora
una transito merci piuttosto contenuto. Ciò che si riesce a dedurre dai dati
disponibili è che gli interporti hanno ragion d’essere lì dove sussiste un certo
livello di movimentazione merci; ed è viceversa difficile immaginare che essi
siano in grado di stimolare sviluppo economico a prescindere dal tessuto produttivo in cui si innestano e, ancora più, a prescindere dall’esistenza o meno
di una solida struttura d’impresa.
1.4.Forze e debolezze
Come più volte sottolineato l’interportualità italiana presenta indubbi elementi positivi ma anche alcune criticità. Di seguito si tenta una ulteriore schematizzazione.
L’intensa progettualità in atto, finalizzata all’ampliamento degli spazi disponibili, allo sviluppo di piattaforme logistiche complesse e all’intensificazione e ottimizzazione della movimentazione di merci anche grazie ad accordi
con altri nodi della rete logistica nazionale appaiono indicatori sufficienti di
una spinta alla crescita cui si sta cercando di dare luogo attraverso strategie
caratterizzate da un discreto livello di propositività. Gran parte delle strutture
del Nord, alcune di quelle collocate nel Centro Italia e nel Mezzogiorno si
caratterizzano per un modello originale di sviluppo, nel senso che ciascuna
di esse tenta la strada della specializzazione a sostegno di specifiche filiere
produttive, oltre che la strada del miglioramento continuo dei servizi di logistica, anche tramite l’utilizzo ed il rinnovamento delle tecnologie disponibili
sul mercato.
Non mancano tuttavia alcune criticità e minacce allo sviluppo futuro.
Un primo elemento di rilievo è rappresentato dal periodo estremamente
lungo che è intercorso per quasi tutti gli interporti tra la fase di approvazione
del progetto esecutivo e la sua realizzazione. Spesso sono stati superati i 10
anni e ciò appare ancora più evidente per gli interporti oggi in fase di com13
pletamento o di avvio. Progettazioni che affondano le proprie radici molto
indietro nel tempo rischiano di rendere obsolete strutture complesse come gli
interporti, oggi costretti ad operare in un mercato della logistica in profonda
evoluzione. In sostanza, l’eccessivo lasso temporale che intercorre tra la progettazione di un’opera e la sua messa in funzione rischia di fare nascere già
vecchie tali strutture. Paesi a noi vicini, come la Spagna e la Francia costituiscono dal punto di vista della competizione nel campo della logistica dei casi
di scuola; tali Paesi sono stati in grado di modernizzare i propri nodi logistici
o crearne di nuovi in tempi record e forse anche con un minore dispendio di
risorse finanziarie rispetto a ciò che è accaduto in Italia.
Esistono tuttavia delle motivazioni profonde che spiegano la lentezza con
cui il sistema interportuale si è sviluppato in Italia; motivazioni che sono
anche e soprattutto da ricercare nei rapporti tra i soggetti realizzatori delle
strutture interportuali e la farraginosità delle procedure burocratiche imposte
dalla normativa in materia di urbanistica, edificabilità, sicurezza e di impatto
ambientale. In alcuni casi il lasso di tempo che è stato necessario affinché gli
organi pubblici competenti rilasciassero la Valutazione di Impatto Ambientale
o effettuassero i collaudi sulle strutture realizzate ha superato i 5 anni. In linea
generale e come si avrà modo di verificare più approfonditamente nei capitoli
successivi, alcune procedure si sono rivelate marcatamente critiche, in particolare:
- quelle relative al rilascio di autorizzazioni da parte delle Amministrazioni
locali (in particolare autorizzazione alla destinazione d’uso dell’area e degli immobili);
- quelle relative al rilascio di attestazioni sul rispetto di norme di sicurezza e
dell’ambiente;
- quelle legate alle procedure d’esproprio;
- quelle legate alla pianificazione urbanistica.
Altri aspetti mettono in evidenza alcuni scompensi che andrebbero progressivamente corretti. La rilevazione effettuate su 24 strutture operative o
in fase di avvio, di cui si darà conto nel dettaglio nelle pagine che seguono,
consente un check-up abbastanza approfondito degli elementi di debolezza
che persistono in alcune strutture.
Se generalmente il raccordo con il sistema viario non presenta evidenti
criticità, più delicato sembra essere il dialogo con Rfi, non sempre lineare,
relativo alle modalità di gestione dei terminal ferroviari (talvolta sottoutilizzati), alla disponibilità di personale per l’utilizzo dei locomotori, all’utilizzo
della rete, alla definizione di tariffe e manovre. Il raccordo con la struttura ferroviaria rappresenta inoltre un problema in sospeso ancora per gli interporti di
Bari e di Venezia.
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In particolare, esiste l’esigenza di arrivare ad un maggior coordinamento
tra i differenti protagonisti delle reti e dei nodi infrastrutturali in Italia. Ci
si riferisce, nello specifico, al caso del Gruppo Ferrovie dello Stato, la cui
programmazione è spesso autonoma e differente rispetto a quella nazionale
riguardante le infrastrutture. La conseguenza, in diversi territori, è una minore
efficienza complessiva del sistema, arrivando addirittura a produrre strutture
che rischiano di entrare in sovrapposizione tra loro. Per una migliore utilizzazione delle risorse pubbliche sarebbe opportuno pertanto un maggior coordinamento tra i diversi soggetti (ferrovie, ma anche porti, aeroporti e autostrade),
compito che dovrebbe essere affidato in primis al Ministero dei Trasporti.
Molti passi avanti sono stati fatti ed a progetti importanti si dovrà dare
luogo nel più breve tempo possibile, come nel caso del riadeguamento della linea ferroviaria tra Parma e La Spezia (c.d. Pontremolese) al fine di connettere
più rapidamente l’Interporto Cepim con il porto ligure, o la creazione della
connessione tra l’interporto di Livorno a la linea ad alta velocità, così come
potrà essere d’aiuto l’intensificazione dei treni-navetta tra alcuni interporti
(ad esempio: Rivalta Scrivia, Prato, Nola, Marcianise) con alcuni porti, sulla
scia delle esperienze già da tempo consolidate come quelle degli interporti di
Bologna, di Padova, di Verona e di Trento, che sono stati capaci di creare stabili sistemi di connessione a lungo raggio con alcune aree del Paese. Inoltre,
se da un lato appare positivo il livello di integrazione tra i nodi interportuali
e altri terminal intermodali, non mancano situazioni problematiche in cui la
proliferazione di strutture analoghe possono forse portare ad una dispersione
e frammentazione che rischia di compromettere lo sforzo di razionalizzare e
ottimizzare il sistema logistico italiano. In una fase di accentuata razionalizzazione e taglio delle risorse pubbliche, pur necessarie alla modernizzazione
e crescita dell’offerta di strutture per la logistica, sarebbe opportuno puntare
in primis sugli interporti esistenti, quelli attivati e sostenuti in passato dall’apposita legge sull’intermodalità 240/90, fino ad arrivare ad un sistema in cui si
aggiungano ai 18 oggi operativi gli 11 in fase di completamento. Le piastre
logistiche e strutture intermodali non qualificabili come interporti, in previsione soprattutto nel Centro Italia ed al Sud, pur rilevanti, rischiano per ora
di attivare delle duplicazioni di cui non sempre le aree produttive del Paese
necessitano. Sarebbe pertanto opportuno scoraggiare la proliferazione di tali
strutture e concentrare eventuali investimenti ed incentivi agli interporti ex. L.
240/90.
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è rappresentato dalle relazioni che sussistono tra interporto e tessuto produttivo circostante. La prassi
oggi mostra che a situazioni di forte affiatamento tra le due entità, come nel
caso di Rivalta Scrivia, di Torino, di Bologna, di Verona e di Trento, corri15
spondono situazioni non certamente ad alta criticità ma sulle quali è opportuno continuare a lavorare. Agli interporti di recente istituzione come Prato,
Cervignano del Friuli, Marcianise, Pescara e Rovigo può giovare l’ulteriore
promozione dell’offerta di soluzioni intermodali.
Infine, sebbene il livello di intermodalità praticata dagli interporti si attesta
su livelli consistenti, pari al 37% del totale movimentato, vale la pena di incentivare ulteriormente tale funzionalità, che può contribuire al decongestionamento di alcuni assi viari, specie al Nord, in prossimità di aree produttive o
di aree portuali di grandi dimensioni (si pensi a quella di Genova, La Spezia
e Napoli), oltre a rendere più efficiente il sistema dei trasporti con la realizzazione di economie di scala, la velocizzazione dei transiti e, non ultimo, un
impatto ambientale meno invasivo di quanto non accada attualmente.
Auspicabile è infine il rafforzamento delle sinergie del cluster terra-mare.
Porti ed interporti dovrebbero sviluppare un ruolo di comprimari nella costituzione di una rete logistica integrata che consenta di ottimizzare i flussi di
merci, di ottimizzare l’uso degli spazi disponibili con una complessiva maggiore efficienza operativa che potrebbe contenere i costi legati alla logistica.
Certo molto dipende non solo da due attori, ovvero i porti e gli interporti,
ma anche dai grandi gestori delle reti a cominciare da Rfi. Sebbene alcuni
passi in avanti siano stati fatti per costruire un vero cluster terra-mare, ad
oggi 9 dei 18 interporti operativi ritengono che l’intensificazione dei rapporti
con il sistema marittimo, e portuale in particolare, sia una priorità assoluta.
1.5.Per una politica lineare
Un sistema in divenire come quello costituito dagli interporti – in cui ancora alcuni aspetti critici sono presenti e che è sottoposto a forti stimoli determinati dal mercato – dovrebbe porsi pochi essenziali obiettivi di crescita.
Nel definire le priorità occorrerebbe, peraltro, fare affidamento e partire dalla
valorizzazione delle prassi positive attivatesi negli ultimi anni.
Il sistema interportuale oggi potrebbe e dovrebbe concentrarsi sui seguenti
obiettivi:
a) dare forma completa al sistema a rete;
b) proseguire nel processo di investimento per la modernizzazione continua
delle strutture che già oggi si confrontano con il mercato e per quelle che a
breve diverranno operative;
c) adottare appieno il metodo del dialogo con altri attori del sistema logistico
nazionale, sì da dare ulteriore sostanza al cluster-terra mare e ad una partecipazione ancora più chiara al sistema logistico nazionale;
16
d) incentivare un reale sistema intelligente, con tecnologie Ict, che metta in
rete tutte le strutture interportuali, nessuna esclusa.
Occorre accelerare il completamento degli interporti ancora in fase di realizzazione. Un Paese come l’Italia che intende, spesso con inutile tono retorico,
candidarsi ad essere piattaforma di interscambi nel Mediterraneo e, ancora di
più, competere con i sistemi portuali del Nord Europa, non può permettersi di
impiegare decenni per il completamento di strutture votate all’intermodalità
ed all’offerta di servizi logistici avanzati.
Gran parte degli interporti in fase di realizzazione è peraltro collocata nel
Mezzogiorno, dove andrebbe ridefinita la mappa dei flussi di merci e valutata
la reale utilità di strutture incardinate in territori non particolarmente ricchi di
imprese o dove è difficile che l’intermodalità possa avere un senso.
La capacità di investimento, per la manutenzione ed il miglioramento continuo delle strutture, oltre che per l’acquisizione di nuove tecnologie connesse
alla logistica resta un must per tutti gli interporti. In questo contesto assume
valore strategico il supporto finanziario pubblico che, nella larga maggioranza
dei casi, sembra essere stato utilizzato appropriatamente generando effetti
moltiplicativi di non poco conto.
L’intervento pubblico, attivato in modo piuttosto consistente soprattutto a
partire dal 1992, e che ha ad oggi consentito flussi per 310 milioni di euro,
(che dovrebbero avvicinarsi ai 500 milioni di euro intorno al 2010) ha, nella
grande maggioranza delle 24 strutture che ne hanno beneficiato, generato
un effetto volano. Come si avrà modo di constatare nel capitolo 4, la realizzazione o il completamento di numerosi terminal ferroviari, molte opere di
ristrutturazione, la realizzazione di magazzini, opere idrauliche e stradali interne alle strutture interportuali sono state spesso realizzate anche grazie ai
finanziamenti previsti dalla legge 240/40, talvolta in sinergia con altre fonti di
finanziamento pubbliche.
La comparazione tra gli investimenti realizzati nel periodo 1992-2007 e gli
incassi delle rate previsti dalle fonti pubbliche mette in evidenza come ad oggi
1 euro di contributo statale abbia generato 3,4 euro di investimento realizzato.
Ciò vale in sostanza per un primo gruppo di interporti che hanno usufruito di
finanziamenti pubblici in un periodo lungo di tempo a partire dal 1992. Per
un secondo raggruppamento di interporti che ha iniziato ad usufruire di finanziamenti pubblici a partire dal 2002, l’effetto positivo dell’intervento statale è
egualmente evidente e testimoniato dalla marcata accelerazione degli investimenti nel periodo successivo alla stipula della convenzione, rispetto ai cinque
anni precedenti.
Partendo dunque da esperienze positive, in cui il sostegno finanziario
pubblico ha avuto un senso compiuto, occorre oggi capire quale strada intra17
prendere. In presenza di una inevitabile e, soprattutto, auspicabile decisiva
razionalizzazione della spesa pubblica, il sistema degli interporti deve ambire
ad un affinamento delle politiche di sostegno, ad una sorta di fine tuning delle
politiche a suo favore, e garantirsi pochi mirati incentivi che consentano di
innescare una nuova propensione agli investimenti e la messa a regime dell’intero sistema.
Per ciò che concerne il terzo dei punti sopra richiamati, vale solo la pena di
sottolineare che gli interporti sono nodi di una rete complessa: quella della logistica. Essi dunque non possono esistere senza una reale connessione con le
altre parti di tale sistema. Da tempo e per primi molti interporti hanno cercato
il dialogo, specie con il sistema portuale italiano attraverso accordi che permettessero ai primi di essere funzionalmente integrati ai porti per la gestione
merci “lato terra”. I primi segnali che confermano la costruzione progressiva
di un cluster terra-mare sono oggi evidenti. Molti interporti hanno ormai collegamenti regolari con strutture portuali vicine e lontane. È un primo passo
rispetto alle potenzialità effettive che il sistema logistico può offrire, ma la
strada giusta è stata imboccata e su di essa occorrerà ancora lavorare.
Ultimo, non certamente per importanza, è l’obiettivo di realizzare un
vero sistema a rete sfruttando le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni oggi a disposizione. Paradossalmente l’insieme degli interporti si
presenta solo parzialmente come sistema integrato al proprio interno. La raccolta dei dati essenziali sulla movimentazione di merci il più delle volte non
è confrontabile tra una struttura e l’altra poiché ciascuna utilizza un proprio
codice di lavoro, di immagazzinamento e di elaborazione dei dati. Occorre
fare della rete interportuale una struttura dialogante, capace di esprimersi in
un linguaggio comune e facilmente comprensibile, che consentirà economie
di scala, ottimizzazione dei flussi e reale integrazione tra nodi logistici di una
medesima rete. Uirnet, il sistema promosso da Uir, si muove lungo questo
percorso assai complesso, verso il quale occorre non abbassare il livello di
attenzione, ma anzi accelerare processi e mezzi per renderlo reale.
18
2. Una visione dinamica della rete interportuale
Il sistema interportuale è attraversato, al proprio interno, da notevoli differenze; risulta pertanto complesso procedere ad una analisi d’insieme, che richiede molteplici precauzioni. Troppo poco omogenee sono le caratteristiche
dei singoli interporti, la loro storia, l’origine e lo stadio d’avanzamento dei progetti, oltre al ruolo che assolvono nei territori in cui sono ubicati. La pluralità di
situazioni dipende in primo luogo dalle naturali specializzazioni che contraddistinguono un Paese complesso quale l’Italia, in cui poli produttivi, aree a forte
incidenza dei consumi e corridoi di transito delle merci incidono notevolmente
sull’importanza e sul senso di tali nodi logistici, la cui funzione va ben al di
là del puro intercambio modale. Simili elementi e le dinamiche innescate a livello locale saranno oggetto di approfondimento nel terzo capitolo dello studio.
Prima di procedere ad un’analisi che raggiunga un tale livello di dettaglio, è tuttavia utile offrire una visione complessiva che dia la misura di quanto il sistema
si stia evolvendo, superando difficoltà e lentezze iniziali per acquisire un ruolo
sempre più importante all’interno del panorama logistico nazionale.
Grazie ad un questionario d’indagine che ha permesso di rilevare dati descrittivi e percorsi di sviluppo di 24 strutture interportuali, attive o in corso di
realizzazione, è possibile cogliere gli elementi fondanti di un sistema che sta
attraversando, al contempo:
- una fase di crescita, intesa sia in termini di dimensione fisica (spazi destinati all’intermodalità o ai magazzini) che, soprattutto, economica (tutti gli
interporti attivi hanno registrato, negli ultimi anni, un notevole incremento
tanto della quantità di merci movimentate quanto del fatturato);
. Dei 29 interporti oggetto d’indagine, non sono disponibili dati quantitativi rilevanti per
5 strutture ancora in una fase embrionale. Si tratta degli interporti di Tito, Termoli, Bergamo,
Salerno e Roma est. Altri 6 interporti (Jesi, Orte, Frosinone, Gioia Tauro, Catania e Cerignola),
pur avendo risposto al questionario, non sono ancora operativi e pertanto le indicazioni emerse
saranno esaminate in maniera distinta da quelle dei 18 già operativi. L’operatività degli interporti
di Livorno e Bari è per il momento soltanto parziale.
19
- una fase di consolidamento, lavorando per potenziare la propria offerta di
servizi e per risolvere alcune debolezze o inefficienze che ne ostacolano la
piena operatività.
2.1.L’offerta organica di servizi per gli operatori logistici e per le imprese
manifatturiere
Obiettivo principale, anche se non esclusivo, degli interporti è promuovere l’intermodalità. Per conseguire tale scopo, le strutture interportuali sono
chiamate ad offrire alle imprese della logistica un reale valore aggiunto che le
incentivi ad utilizzare soluzioni di trasporto combinato. Non sarebbe infatti
sufficiente limitarsi a fornire i servizi minimi previsti dal legislatore, ossia
gli impianti di base, le sedi per gli operatori del trasporto e della logistica e
le aree dedicate alla sosta e alla mobilità dei veicoli stradali e ferroviari. Pertanto, tutti i nodi hanno cercato di sviluppare una vasta gamma di servizi che
permetta loro di raggiungere una maggiore competitività, acquisendo in molti
casi un elevato livello di specializzazione dell’offerta.
Oltre a disporre, com’è ovvio, di un terminal intermodale, di uffici amministrativi, di servizi di vigilanza dell’area e di sistemi informatici con connessione a banda larga, gli interporti strutturano la propria offerta intorno a tre
cardini, avendo quali destinatari merci, mezzi e persone (fig. 2.1):
- i servizi rivolti alle merci costituiscono la principale espressione di un’interportualità che non è soltanto scambio modale. Gli interporti forniscono
agli operatori la possibilità di effettuare al proprio interno tutte le operazioni
doganali, consentono di realizzare operazioni di logistica (talvolta con uno
spiccato carattere innovativo) e talvolta semplici processi di prima lavorazione;
- con riferimento ai mezzi, i servizi offerti dagli interporti vanno da quelli
più generici (all’interno delle strutture sono spesso presenti distributori di
carburante o servizi di pulizia e lavaggio) ai più sofisticati, come officine
per la riparazione dei veicoli o la possibilità di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container;
- per quanto riguarda le persone, gli interporti offrono agli operatori servizi
commerciali, ristorazione, sportelli bancari e postali e spesso anche la possibilità di dormire, oltre a docce e servizi igienici.
. Deliberazione Cipet del 7 aprile 1993, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14
maggio 1993, che definisce le caratteristiche tecniche che il vigente contesto normativo individua
ai fini della definizione di interporto di rilevanza nazionale.
20
Fig. 2.1 - Servizi offerti dalle strutture interportuali (v.a.)
Dogana
15
Strutture per la
refrigerazione
13
Packaging
13
Logistica in ingresso
13
Bar e servizi di
ristorazione
13
Warehousing
5
8
10
2
1
13
1
10
4
0
2
12
7
Logistica urbana
1
11
10
Ricondizionamento
container
2
10
11
Officine e lavaggio
mezzi
3
9
12
Logistica in uscita
4
7
17
4
6
8
3
10
12
14
16
Numero di interporti
Presenti
Previsti
18
20
22
24
Assenti
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
Più la gamma dei servizi offerti è vasta, maggiori sono le capacità attrattive dell’interporto. Se tutti sono attrezzati o si stanno preparando per fornire
ai trasportatori un elevato livello di comfort, maggiori differenze si hanno
con riferimento ai servizi di pronto intervento per la riparazione dei mezzi.
Soltanto 7 strutture sono in grado di effettuare il ricondizionamento e la manutenzione dei container (Bologna, Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma e
Rivalta Scrivia), e oltre a loro poche altre hanno la possibilità di intervenire
sui veicoli (Torino, Vado Ligure, Verona, Trento e Prato).
Quelli relativi ai mezzi e alle persone sono comunque servizi accessori,
mentre la reale differenza nella creazione di valore aggiunto è data dall’opportunità di manipolare le merci e trattarne le diverse fasi della logistica, non
limitandosi alle operazioni di carico e scarico. In quest’ambito emergono le
più significative particolarità dei singoli interporti, che in un costante percorso
di confronto e relazione con le esigenze delle imprese e con le peculiarità
21
dei territori in cui operano hanno sviluppato un’offerta specifica di servizi. In
grado di offrire una completa offerta di logistica industriale sono, attualmente,
11 nodi. Per i restanti, la situazione è la seguente:
- a Novara è possibile svolgere soltanto operazioni di packaging (imballaggio e confezionamento) e di warehousing (posizionamento, pianificazione
del fabbisogno, picking, gestione bolle e gestione resi). L’interporto sta
attualmente ampliando la propria struttura, aumentando la disponibilità di
magazzini, e prevede di dotarsi anche delle funzioni di logistica in entrata
e in uscita;
- nell’interporto di Livorno sono svolte operazioni di packaging e si prevede
di introdurre a breve quelle legate alla logistica in entrata e in uscita oltre
che attivare servizi di city logistics. Assenti, invece, servizi di warehousing;
- l’interporto di Marcianise al momento limita la propria attività di logistica
industriale alla sola logistica in entrata (identificazione della merce e controllo di qualità);
- per quanto riguarda i restanti interporti attivi, quelli di Prato, Bari e Pescara non offrono ancora servizi di trattamento e gestione delle merci.
La maggioranza degli interporti attivi è dotata di celle frigorifere o altre
strutture per la refrigerazione. Si tratta di un servizio costoso, ma molto richiesto dalle aziende che trattano prodotti freschi o surgelati ed in un Paese
in cui la filiera agro-alimentare mantiene un ruolo significativo la loro disponibilità rappresenta un importante fattore di competitività. Gli unici interporti
che, per tipologia di merci trattate, hanno scelto di non sostenere, almeno in
un imminente futuro, il costo di tali strutture sono quelli di Jesi (che in questo
senso adotterà una strategia di specializzazione merceologica nell’area centro-adriatica, dove tali servizi sono già offerti dall’interporto abruzzese), di
Cervignano e di Rovigo.
Il più diffuso, tra i servizi logistici disponibili presso gli interporti, consiste nella possibilità di svolgere al proprio interno le operazioni doganali
per le merci. Soltanto Novara tra quelli attivi e Jesi e Cerignola tra quelli
. Gli 11 interporti al cui interno vengono svolte tutte le fasi della logistica industriale sono
quelli di Bologna, Nola, Padova, Parma, Rivalta Scrivia, Rovigo, Torino, Trento, Vado Ligure,
Venezia e Verona.
. I 13 interporti dotati di strutture disponibili per la refrigerazione delle merci sono quelli
di Bari, Bologna, Livorno, Nola, Padova, Parma, Pescara, Rivalta Scrivia, Torino, Trento, Vado
Ligure, Venezia e Verona.
. Dispongono di un Ufficio delle Dogane i 14 interporti di Bologna, Livorno, Marcianise,
Nola, Padova, Parma, Prato, Rivalta Scrivia, Rovigo, Torino, Trento, Vado Ligure, Venezia e
Verona.
22
in via di realizzazione non prevedono di dotarsi a breve di un Ufficio delle
Dogane.
Uno dei servizi innovativi di maggior interesse che vengono offerti dagli interporti italiani è legato alla gestione della logistica urbana. Attualmente
praticata in 4 realtà e presa in considerazione da altre 17, la city logistics trova
la sua più compiuta espressione nel Comune di Padova. Il Cityporto di Padova ha iniziato le sue attività il 21 aprile 2004, coinvolgendo nel progetto
direttamente (su base volontaria) gli operatori insediati all’interno dell’interporto, che attraverso tale piattaforma logistica è in grado di fornire un supporto tecnologico e organizzativo con garanzie di neutralità. Punto di partenza
condiviso è l’esigenza di affrontare la distribuzione urbana in modo nuovo,
mirando ad una razionalizzazione del servizio di consegna delle merci in ambito cittadino raggruppando le consegne dei diversi operatori commerciali ed
effettuandole mediante l’utilizzo di mezzi a basso impatto ambientale (elettrici, a metano o a tecnologie ibride).
2.2.Imprese e dinamismo occupazionale all’interno degli interporti
All’interno dei 17 interporti al momento in attività sono operative complessivamente 1.021 unità locali di imprese. Si tratta, in prevalenza, di operatori
della logistica (spedizionieri, corrieri): sono 707 le unità locali di aziende del
settore attive nelle aree interportuali, pari al 69,2% del totale di quelle insediate. Rilevante è poi il numero di imprese erogatrici di servizi, così ripartite:
- 223 (il 21,8% del totale) svolgono essenzialmente operazioni di manipolazione delle merci (ad esempio: imballaggio prodotti, confezionamento,
attività di trasformazione), senza occuparsi della loro movimentazione;
- 65 (il 6,4%) per quanto riguarda le persone;
- 26 (il 2,5%) per quanto riguarda i mezzi.
Assieme alla quantità e al valore delle merci movimentate e alla disponibilità di magazzini, il numero delle aziende attive all’interno di un interporto
e l’apporto occupazionale che tali strutture sono in grado di generare costituiscono i più significativi indicatori della dimensione economica e del ruolo che
simili nodi possono svolgere nel tessuto logistico nazionale. La concentra. Non si considera, nella presente sezione, l’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli
in quanto la struttura, in fase di avvio, sta attualmente procedendo all’assegnazione degli spazi
agli operatori. Oltre ai 14 addetti impiegati tra Società-Interporto e Società di Gestione, si stima
che siano presenti nell’area 16 occupati della società Friulitrans e che l’indotto ammonti a circa
100 addetti.
23
zione di una pluralità di operatori in uno stesso luogo innesca infatti positivi
processi di concorrenza che portano ad una maggiore efficienza complessiva
del sistema e rappresentano la più sicura garanzia della piena operatività della
struttura.
Le sedi interportuali che ospitano il maggior numero di operatori logistici sono quelle di: Torino (160), Bologna (100), Verona (90), Padova (80)
e Parma (80). Ad un livello intermedio si collocano invece le realtà di Prato,
Trento e Nola, con circa 40 aziende ciascuna, mentre tutte le altre accolgono
attualmente al proprio interno meno di 15 operatori logistici (tab. 2.1). Per
quanto riguarda le 314 imprese erogatrici di servizi, il loro numero è significativo (superiore alle 10 unità) nei soli 5 interporti di Nola (108), Torino (63),
Padova (45), Verona (30) e Trento (30). Molto particolare è il caso di Nola:
l’Interporto Campano rappresenta l’unico esempio di interporto in cui quasi
il 70% delle aziende presenti non è costituito da operatori della logistica, ma
piuttosto da imprese che operano nel campo dei confezionamento e della manipolazione delle merci. Tale peculiarità deriva dalla sua origine, legata al Cis
(Centro Ingrosso Sviluppo) di Nola, uno dei poli distributivi tra i più importanti del Paese.
Nel complesso, data la situazione attuale, il 90% delle 1.021 unità locali
si colloca all’interno di 8 interporti soltanto: è, questo, un dato significativo
che sta ad indicare le potenzialità di crescita di un sistema non ancora a regime ma che già oggi impiega, al proprio interno, più di 19.500 addetti (tab.
2.2): 18.384 sono stimati operare per conto delle aziende insediate all’interno
dell’area interportuale, mentre 1.200 lavorano direttamente per le diverse
società interportuali e/o per le società di gestione. Si tratta di personale amministrativo, funzionario o dirigenziale operante per l’interporto o presso le
imprese che vi sono presenti oppure di forza lavoro addetta alla gestione dei
magazzini, alla movimentazione delle merci, al controllo del traffico ferroviario interno, alle operazioni doganali oppure ai diversi servizi offerti a merci,
mezzi e persone. Non vengono considerati, invece, i cosiddetti “padroncini”
che prestano la propria opera per spedizionieri ed operatori della logistica,
venendo conteggiati all’interno dell’indotto.
Considerando, da un punto di vista prettamente funzionale, i singoli interporti e le aziende che vi sono insediate come se fossero un’unica entità, 8
sono le strutture al cui interno è impiegata una manodopera superiore alle 900
unità. Si tratta delle realtà di Verona, Nola, Torino, Parma, Marcianise, Bo. Non sono disponibili dati diretti relativi agli addetti delle aziende insediate all’interno
degli interporti di Nola e di Livorno. Secondo uno studio Databank 2006 gli occupati presenti
nelle due aree sarebbero rispettivamente 3.500 e 100.
24
Tab. 2.1 - Unità locali delle aziende presenti nei singoli interporti (dati in valore assoluto) (*)
Operatori
logistici
Interporto di Val Pescara
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Rovigo
Interporto di Livorno
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Bari
Interporto di Venezia
Interporto di Marcianise
Interporto di Novara
Interporto di Prato
Interbrennero - Trento
Interporto di Parma
Interporto di Bologna
Interporto di Verona
Interporto di Padova
Interporto di Nola
Interporto di Torino
Totale imprese
3
2
5
11
7
10
5
16
14
45
43
80
100
90
80
38
160
Imprese di
manipolazione delle
merci
1
1
1
3
2
0
4
0
1
0
16
5
0
20
30
102
40
707
223
Imprese
servizi
persone
0
2
1
0
1
0
2
0
2
1
12
2
2
5
10
5
20
65
Imprese
servizi
mezzi
0
1
0
1
0
0
0
0
3
3
2
0
2
5
5
1
3
26
Totale
imprese
4
6
7
15
10
10
11
16
20
49
73
87
104
120
125
146
223
1.021
(*) Non sono disponibili i dati relativi al numero di imprese operanti all’interno dell’Interporto di
Cervignano poiché, essendo la struttura in fase di avvio, è attualmente in corso l’assegnazione
degli spazi agli operatori.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
logna, Padova, Trento e Prato. Significativa è inoltre l’occupazione generata
dagli interporti di Venezia (303 addetti) e di Rivalta Scrivia (595). A Rivalta
Scrivia si segnala in particolare la presenza di 525 persone, membri di una
cooperativa, direttamente impiegate dalla società di gestione per lo svolgimento delle attività logistiche. A Venezia l’importanza occupazionale dell’interporto è evidente fin dalla sua origine, quando una cordata di imprenditori
ha rilevato i terreni dell’ex azienda siderurgica Alesuisse e tutti i dipendenti
messi in mobilità, riconvertendoli dalla metalmeccanica alla logistica.
Con riferimento esclusivamente ai 18.384 addetti stimati per le 1.021 società insediate presso gli interporti, è possibile sviluppare una riflessione anche in merito all’importanza che tali strutture svolgono in quanto stimolo al
consolidamento e ad una maggiore efficienza del comparto. Le attività logistiche hanno mediamente una dimensione superiore rispetto al resto del sistema
25
Tab. 2.2 - Addetti operanti presso i singoli interporti (dati in valore assoluto)
Soggetto
attuatore e/o
società
di gestione
Interporto di Val Pescara
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Novara
Interporto di Livorno
Interporto di Bari
Interporto di Rovigo
Interporto di Venezia
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Prato
Interbrennero - Trento
Interporto di Padova
Interporto di Bologna
Interporto di Parma
Interporto di Marcianise
Interporto di Torino
Interporto di Nola
Interporto di Verona
Totale addetti
Operatori
insediati
3
25
60
5
9
16
103
525 (**)
6
38
72
15
21
140
23
60
78
1.199
6
35
40
100 (*)
100
94
200
70
900
1.109
1.300
1.400
1.530
1.500
2.000
3.500 (*)
4.500
18.384
Indotto
Totale addetti
(escluso
indotto)
10
60
250
n.d.
n.d.
220
n.d.
1.000
1.800
n.d.
3.200
2.500
n.d.
1.600
4.000
n.d.
6.000
9
60
100
105
109
110
303
595
906
1.147
1.372
1.415
1.551
1.640
2.023
3.560
4.578
20.640
19.583
(*) Stime Databank 2006
(**) Si fa riferimento non soltanto ai dipendenti dell’Interporto di Rivalta Scrivia, ma anche al personale di una cooperativa che lavora stabilmente all’interno dell’area per conto della società interportuale.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
d’impresa: l’Archivio Statistico delle Imprese Attive dell’Istat stima in 12,3
addetti per azienda la media delle attività ausiliarie e di supporto dei trasporti
(a fronte di una media pari a 7,7 per il totale delle attività di trasporto, magazzinaggio e comunicazione ed una media complessiva per il sistema d’imprese
nazionale di 3,8 addetti). All’interno degli interporti, la dimensione media
delle unità locali insediate è invece di 18 addetti per ognuna e soltanto in un
numero molto limitato di casi si raggiunge un valore notevolmente inferiore
alla media (tab. 2.3): Novara, che con soltanto 28.000 m² di magazzini attualmente funzionanti limita per il momento la propria azione in prevalenza al
puro intercambio modale; Val Pescara, che ancora non è pienamente operativo; Vado Ligure, che è una realtà di dimensioni relativamente contenute e
che punta su un’elevata meccanizzazione delle procedure.
26
Tab. 2.3 - D
imensione media delle unità locali operanti all’interno del sistema inter­
portuale (*)
Totale imprese
Interporto di Val Pescara
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Rovigo
Interporto di Livorno
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Bari
Interporto di Venezia
Interporto di Marcianise
Interporto di Novara
Interporto di Prato
Interbrennero - Trento
Interporto di Parma
Interporto di Bologna
Interporto di Verona
Interporto di Padova
Interporto di Nola
Interporto di Torino
Totale imprese
Totale imprese (escluso Nola)
Totale addetti
Media di addetti
per impresa
4
6
7
15
10
10
11
16
20
49
73
87
104
120
125
146
223
6
70
94
100
35
100
200
1.500
40
900
1.109
1.530
1.400
4.500
1.300
3.500
2.000
1,5
11,7
13,4
10,0
3,5
10,0
18,2
93,8
2,0
18,4
15,2
17,6
13,5
37,5
10,4
24,0
9,0
1.021
875
18.384
14.884
18,0
17,0
(*) Non sono disponibili i dati relativi al numero di imprese operanti all’interno dell’Interporto di
Cervignano poiché, essendo la struttura in fase di avvio, è attualmente in corso l’assegnazione
degli spazi agli operatori.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
In sintesi, le unità locali operanti all’interno degli interporti – mediamente
di 18 addetti ciascuna – hanno una dimensione del 46,3% più elevata rispetto
alla media delle aziende che svolgono attività ausiliarie e di supporto dei trasporti, pari a 12,3 addetti.
Le considerazioni fin qui sviluppate sull’impatto occupazionale degli interporti non rilevano la forza lavoro che indirettamente, attraverso l’indotto,
. Le stime qui riportate sono realizzate “come se” tutti gli addetti fossero impiegati nella
logistica. Una simile approssimazione è possibile perché all’interno di tutti gli interporti attivi,
con l’unica eccezione di Nola, la quasi totalità dei lavoratori è occupata in tale comparto. Se anche si escludesse dal conteggio l’Interporto di Nola la situazione non sarebbe molto differente: si
avrebbero 14.884 addetti per 875 imprese, con una media di 17 addetti ciascuna: una dimensione,
rispetto alla media del comparto, del 38,2% più elevata.
27
viene generata dal sistema interportuale. Se non è semplice avere sotto controllo il numero esatto degli addetti operanti presso le decine di imprese presenti negli interporti, ancora più complesso è monitorare l’indotto che viene
generato attraverso i corrieri impiegati da spedizionieri o operatori logistici
oltre che dalle imprese che alla prossimità di tali nodi ed ai servizi cui possono accedere acquisiscono maggiore potere competitivo. I dati sull’indotto
mancano per gli interporti di Nola, Parma, Trento, Venezia, Livorno e Bari.
Per i restanti, le stime fornite indicano una cifra che ammonta a circa 19.000
unità, di cui 18.300 nei soli 6 interporti di Verona (6.000), Torino (4.000), Padova (3.200), Bologna (2.500), Marcianise (1.600) e Rivalta Scrivia (1.000).
Sulla base di simili stime, è possibile ipotizzare che – almeno nei 6 interporti per cui sono disponibili dati significativi – sul rapporto tra l’indotto
generato ed il personale interno operi un effetto moltiplicatore pari a 1,57.
Un effetto ancora maggiore sarebbe riscontrabile per gli interporti più piccoli
in termini di addetti (Val Pescara, Vado Ligure, Rovigo e Novara), dove a 297
addetti complessivi interni alle quattro strutture fanno riscontro 540 addetti
esterni (effetto moltiplicatore pari a 1,94).
L’occupazione così generata, direttamente o indirettamente, dai 17 interporti che hanno fornito il dato ammonterebbe attualmente a oltre 40.200
unità: una quota che rappresenta almeno il 6,5% del totale degli addetti occupati nelle attività ausiliarie dei trasporti e nelle attività di trasporto terrestre
complessivamente intese (ad esclusione di quelle espressamente dedicate al
trasporto passeggeri).
Se si esclude dal conteggio l’anomalia lombarda, dove non è presente alcuna struttura di questo tipo, il contributo degli interporti al totale dell’occupazione nel comparto della logistica e dei trasporti terrestri arriva all’8,1%.
. I dati disponibili non consentono un maggior livello di dettaglio. I calcoli sono stati
effettuati partendo dalle stime Asia per il 2005, che parlano di 346.695 addetti per le attività
ausiliarie dei trasporti e le agenzie viaggi e di 555.844 addetti per il trasporto terrestre. Il numero
degli addetti delle attività ausiliarie è stato depurato da quello delle agenzie viaggi, mentre quello
degli addetti dei trasporti terrestri da quello delle attività espressamente dedicate al trasporto
passeggeri, ipotizzando che la rispettiva incidenza percentuale sia rimasta la stessa rilevata tramite il censimento del 2001. Si ottengono così 229.891 addetti per le attività ausiliarie e 322.390
per quelle di trasporto terrestre, con un totale di 622.281 addetti. Analogo procedimento è stato
utilizzato per scorporare il dato dagli addetti operanti in Lombardia, che all’epoca del censimento
rappresentavano il 20% del totale.
28
2.3. Le potenzialità di crescita
La rilevante importanza economica e occupazionale degli interporti, già
in una fase di solo parziale operatività, è destinata a rafforzarsi ulteriormente
con il prossimo sviluppo di un sistema che dimostra di avere ancora considerevoli margini di crescita. Basti pensare che nell’arco di due anni il numero
di addetti operanti presso le società attive all’interno dei 14 interporti per cui
sono disponibili dati completi è cresciuto del 21,2%, passando dalle 11.889
unità del 2005 alle 14.409 del 2007 (tab. 2.4).
La spiegazione di simili tassi di crescita ha una duplice origine. Da un lato,
è determinante l’attuale – e prevista – forte espansione degli impianti, sia in
termini di superfici utilizzabili che di capacità di movimentazione delle merci.
Dall’altro, l’offerta di servizi disponibili presso le aree interportuali sortisce
un forte appeal per gli operatori del settore, che tendono a spostare all’interno
di tali strutture la propria attività.
I 18 interporti attualmente funzionanti, sia quelli emergenti sia i più consolidati, hanno concluso tutti il 2007 con un incremento tanto dei ricavi quanto
del livello di merci movimentate rispetto al 2006: una crescita che gli intervi-
Tab. 2.4 - Trend di crescita dell’occupazione generata dagli interporti negli ultimi tre anni
Numero di addetti
Interporto di Verona
Interporto di Torino
Interporto di Parma
Interporto di Marcianise
Interporto di Bologna
Interporto di Padova
Interbrennero - Trento
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Venezia
Interporto di Bari
Interporto di Rovigo
Interporto di Novara
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Val Pescara
Totale
2005
2006
2007
Variazione
percentuale
2007/2005
4.000
1.500
1.500
1.200
1.250
1.100
615
464
140
20
55
30
15
0
4.200
2.000
1.530
1.380
1.300
1.200
736
538
140
60
73
30
35
4
4.500
2.000
1.530
1.500
1.400
1.300
1.109
595
200
100
94
40
35
6
12,5
33,3
2,0
25,0
12,0
18,2
80,3
28,2
42,9
400,0
70,9
33,3
133,3
n.d.
11.889
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
29
13.226
14.409
21,2
stati attribuiscono in massima parte alla qualità dei servizi e delle infrastrutture presenti all’interno del proprio interporto (fig. 2.2).
Molti sono, ovviamente, gli interporti che riconoscono un’importanza fondamentale anche alla propria posizione geografica. In effetti, la gran parte dei
centri esistenti sorge in aree interessate da un considerevole transito di merci,
permettendo così all’interporto di assolvere la propria funzione di catalizzatore e razionalizzatore dei flussi, specialmente nei pressi di importanti poli
produttivi o di consumo. Sempre maggiori sono inoltre le opportunità offerte
dagli interporti che si collocano nelle vicinanze di porti marittimi o che comunque sono efficacemente collegati a tali nodi. I cambiamenti intercorsi nel
sistema produttivo hanno incrementato lo scambio di merci via mare in misura tale da portare in molti casi ad una situazione di congestionamento delle
aree portuali: diviene così cruciale, per la fluidità e la competitività del sistema, poter disporre di aree retroportuali facilmente raggiungibili e gli interporti possono assolvere proprio ad una simile funzione. Meno diffuso appare
invece il contributo di una favorevole situazione congiunturale del mercato e
delle attività economiche.
Fig. 2.2 - Ragioni del positivo andamento dell’interporto nel 2007 (v.a.)
Offerta interportuale
16
Posizione geografica
14
Dinamiche di mercato
6
1
3
5
7
9
11
13
Numero di interporti
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
30
15
17
19
2.3.1.Crescita della dimensione economica
Particolarmente importante, per valutare l’andamento e la crescita economica del sistema interportuale, sarebbe la possibilità di monitorare la quantità delle merci movimentate ed il loro valore. Si tratta di un compito tutt’altro che agevole, specialmente per la quota di merci che transita soltanto su
gomma10.
Non tutti gli interporti effettuano stime precise ed i metodi di calcolo differiscono notevolmente da un interporto all’altro. Per citare soltanto alcuni degli
esempi più significativi: a Verona sono state installate delle spire magnetiche
sotto la pavimentazione stradale (all’entrata del Centro Spedizionieri e degli
ex Magazzini Generali) che conteggiano il numero di passaggi effettuati dai
mezzi pesanti; Trento dispone di strumenti per la pesa in linea di tutti i mezzi
in entrata e in uscita; a Padova non è possibile effettuare che delle stime approssimative basate su studi relativi al rapporto tra il traffico intermodale e
quello complessivo; a Bologna i calcoli vengono realizzati sulla base di dati
forniti dagli operatori e considerando i metri quadri di magazzino a loro disposizione e la capacità di movimentazione dei macchinari. In pratica, in ogni
singolo contesto viene utilizzato un criterio differente e tale problema rende
attualmente impossibile effettuare confronti tra la dimensione dei differenti
nodi logistici e soprattutto valutarne con precisione i livelli di crescita. Ferma
restando la necessità di identificare criteri e metodi condivisi per una quantificazione del traffico merci all’interno dei singoli interporti, in questa sede non
si può far altro che analizzare, con molte precauzioni, quanto individualmente
dichiarato. Ad ogni modo, per le ragioni appena espresse, si ritiene opportuno
non fornire la stima “precisa” della movimentazione merci indicata dai 16
interporti che hanno fornito dati al riguardo. Saranno invece esaminati i tre
aspetti che seguono:
- la suddivisione degli interporti per “classi dimensionali”;
- un’analisi dell’incidenza percentuale che le diverse modalità di trasporto
hanno all’interno dei singoli interporti;
- i tassi di crescita registrati nel periodo 2005-2007.
Con riferimento al primo dei tre aspetti, si ritiene utile ripartire gli interporti in 4 classi dimensionali, a seconda che al loro interno nel corso del 2006
siano state movimentate:
- più di 5 milioni di tonnellate di merci. Al primo gruppo appartengono si10. Difficoltà a risalire a dati certi, tuttavia, si evidenziano anche con riferimento alla componente ferroviaria. Spesso, infatti, sono stati utilizzati criteri molto differenti per la conversione
tra Uti, Teu e Tonnellate.
31
curamente i tre grandi interporti del Nord-Est: quelli di Verona, Padova e
Bologna. Si tratta dei centri intermodali più importanti del Paese, che oltre
a offrire servizi all’avanguardia trattano i principali prodotti high-tech e
high-quality del Made in Italy;
- oltre 3 milioni di tonnellate di merci, fino a 5 milioni. Rispetto al precedente,
il secondo raggruppamento (che conta gli interporti di Parma, Trento, Nola
e Novara) presenta notevoli differenze al proprio interno. Se il Cepim di
Parma può ricordare, per molti aspetti, il tipico modello nordestino (anche
se con peculiarità proprie che ne orientano il raggio d’azione in prevalenza
verso i porti del Tirreno), quelli di Trento e Novara sono soprattutto degli
interporti di transito, collocati lungo l’asse del Brennero l’uno, lungo il cosiddetto “Corridoio dei due mari” l’altro. Particolarità di Trento è l’elevata
incidenza di spedizioni accompagnate (la famosa Autostrada Viaggiante).
Novara, che ancora non dispone di magazzini sufficienti, vede l’85% delle
sue merci viaggiare su rotaia. L’Interporto Campano, infine, nonostante
la grande quantità di beni movimentati, non è particolarmente sviluppato
sotto il profilo dell’intermodalità, ma deve la propria forza principalmente
alle funzioni di logistica commerciale. Certamente, in prospettiva, la realtà
di Nola potrà offrire un contributo significativo nell’incentivare gli operatori presenti a riconvertire, in parte, la loro attività e utilizzare le opportunità offerte dalla presenza di un terminal intermodale e di una stazione
ferroviaria interna;
- oltre 1 milione di tonnellate di merci, fino a 3 milioni sono state movimentate, nel 2006, all’interno degli interporti di Torino, Venezia, Rivalta Scrivia e Marcianise. In questa fascia, l’interporto del capoluogo piemontese è
quello che nell’immediato futuro sembra dotato delle maggiori possibilità
di crescita. Già nel 2006 si avvicina molto alla soglia alta (dichiarando 2,7
milioni di tonnellate, mentre i 3 milioni dovrebbero essere stati superati
nel 2007); dispone di un’area di circa 400.000 m² destinata a magazzini di
cui è prevista un’espansione su ulteriori 500.000 m²; l’entrata in funzione
della linea Alta Velocità/Alta Capacità su Torino incrementerà notevolmente le potenzialità di trasporto ferroviario. Importanti sono, comunque,
i margini di sviluppo anche degli altri tre centri: quello di Venezia è recentemente giunto ad un accordo con la Montefibre che consentirà all’interporto di usufruire di circa 30 ettari di aree dismesse dall’industria chimica
e di una banchina da 1.000 metri di lunghezza, che si aggiungerà a quella
da 500 metri già operativa; l’Interporto Sud Europa di Marcianise sorge
su un’area di 4 milioni di metri quadri, contiguo ad uno dei nodi ferroviari
per il passaggio delle merci più importanti del Paese, lungo la linea Av/Ac
Nord-Sud; Rivalta Scrivia ha avviato da pochi mesi un servizio shuttle con
32
il porto di Genova che ne incrementa la funzione retroportuale e consente
quindi un più intenso utilizzo degli impianti;
- fino ad 1 milione di tonnellate di merci si hanno nell’ultimo gruppo, che
comprende Rovigo, Prato, Cervignano, Vado Ligure, Val Pescara, Livorno
e Bari. Sono tutti interporti di recente istituzione e non ancora operanti a
pieno regime, soprattutto a causa di alcune inefficienze esterne che ne limitano la connessione alla rete ferroviaria (o viaria, nel caso di Cervignano
del Friuli). Rovigo e Livorno sono, tra questi, gli interporti più strutturati,
avendo superato nel 2007 la soglia del milione di tonnellate. Particolarmente interessante è il caso dell’interporto padano che deve la propria
crescita ad una riscoperta della modalità fluvio-marittima per il trasporto
merci.
Ovviamente, considerando che l’essenza dell’attività di un interporto consiste nel promuovere ed incentivare l’utilizzo di soluzioni intermodali per il
trasporto merci, con tutte le positive ricadute in termini ambientali e di qualità
della vita che ne derivano, non è di per sé sufficiente limitarsi ad analizzare
le quantità complessivamente movimentate. Cruciale è invece incrociare tale
dato con la ripartizione percentuale tra le differenti soluzioni utilizzate (tab.
2.5):
- innanzitutto, emerge con evidenza la forte polarizzazione verso un’unica
modalità all’interno degli interporti più piccoli. A parte Bari e Val Pescara, che ancora non dispongono di collegamento ferroviario e quindi
per il momento si sono limitati ad affittare i propri magazzini per il solo
trasporto su gomma, ad essere sbilanciati verso un’unica tipologia sono
anche gli altri interporti del quarto raggruppamento: a Prato soltanto il
15% delle merci transita attraverso soluzioni intermodali; a Vado Ligure via gomma viaggia il 90% dei carichi; Cervignano del Friuli è in
sofferenza dal punto di vista dei collegamenti stradali, con l’imbocco
dell’autostrada a 10 km di distanza, e soprattutto dispone di magazzini
di dimensioni relativamente contenute (28.000 m²), ragioni che spiegano un’incidenza dell’intermodalità che arriva al 98%. Diversa è la
situazione di Rovigo, dove come si è detto il 40% delle merci sfrutta la
modalità fluvio-marittima. In ogni caso, per la parte terrestre resta tutt’ora un consistente sbilanciamento a favore della componente stradale.
Il potenziamento delle arterie di comunicazione ed una migliore connessione alla rete ferroviaria sono fondamentali, per poter sfruttare le potenzialità di crescita di queste recenti infrastrutture;
- quote elevate di merci che ancora vengono trasportate attraverso la sola
modalità tutto-gomma si hanno anche nella fascia intermedia, precisamente
presso gli interporti di Rivalta Scrivia, Venezia e Nola. Il servizio shuttle
33
Tab. 2.5 -Classi dimensionali degli interporti e distribuzione percentuale delle merci
movimentate per modalità di trasporto
Tutto gomma
Ferroviario
Tradizionale
Intermodalità
ferro-gomma
Totale
46,7
n.d.
25,0
100,0
100,0
100,0
85,0
6,0
25,0
40,4
100,0
100,0
100,0
100,0
5,0
20,0
20,0
10,0
27,0
0,0
30,0
0,0
100,0
100,0
100,0
100,0
0,0
1,0
0,0
0,0
10,0
0,0
10,0
0,0
98,0
0,0
15,0
40,0
0,0
0,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Primo gruppo - oltre 5 milioni di tonnellate di merci
Interporto Di Bologna
Interporto Di Padova(1)
Interporto Di Verona
46,1
n.d.
75,0
7,2
n.d.
0,0
Secondo gruppo - oltre 3 milioni di tonnellate di merci, fino a 5 milioni
Interporto Di Novara
Interporto Di Nola
Interporto Di Parma
Interporto Di Trento(2)
5,0
82,0
70,0
59,6
10,0
12,0
5,0
0,0
Terzo gruppo - oltre 1 milione di tonnellate di merci, fino a 3 milioni
Interporto Di Marcianise
Interporto Di Rivalta Scrivia
Interporto Di Torino
Interporto Di Venezia(3)
68,0
80,0
50,0
90,0
Quarto gruppo - fino a 1 milione di tonnellate di merci
Interporto Di Bari
Interporto Di Cervignano
Interporto Di Livorno
Interporto Di Prato
Interporto Di Rovigo(4)
Interporto Di Val Pescara
Interporto Di Vado Ligure
100,0
1,0
100,0
85,0
50,0
100,0
90,0
(1) Non sono disponibili stime aggiornate sulla ripartizione all’interno dell’Interporto (aperto) di
Padova. Gli studi realizzati negli anni ‘90 ipotizzano una rapporto tra intermodale e solo-gomma di
1 a 2, ma è probabile che tale dato si sia modificato a vantaggio del trasporto combinato.
(2) Il 40,4% di merci movimentate attraverso rotaia dall’Interporto di Trento sono così suddivise al
loro interno: per il 12% si tratta di trasporto ferroviario tradizionale, per il 65% di spedizioni accompagnate (Autostrada Viaggiante) e per il 23% di spedizioni non accompagnate.
(3) Data la peculiarità di essere dotato di banchina, la quasi totalità delle merci in arrivo e partenza
dall’Interporto di Venezia sono trasportate attraverso l’intermodalità terra-mare. Le quote riportate
si riferiscono esclusivamente alla componente terrestre.
(4) Nel caso dell’Interporto di Rovigo, quando si parla di intermodalità si fa riferimento a quella
fluvio-marittima, essendo la componente ferroviaria ancora molto minoritaria.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
34
recentemente avviato tra l’interporto piemontese ed il porto di Genova dovrebbe comunque ridurre tale squilibrio. A Venezia è attualmente in corso
la costruzione di 2.000 metri di binari, che si aggiungeranno ai 3.000 già
esistenti e che sono inseriti in un programma di ampliamento che prevede
un miglioramento dei collegamenti alla linea ferroviaria principale ed una
maggiore infrastrutturazione ferroviaria della banchina. A Nola le tradizionali attività di ingrosso sono ancora in larga misura legate all’utilizzo del
trasporto su strada e l’assenza di magazzini raccordati (a parte una banchina collegata con il Polo del Freddo, che consente l’intermodalità per le
merci reefer) ne limita in parte le potenzialità, relegando l’intermodalità ad
una quota del 6%;
- ad essere sbilanciato verso il solo intercambio modale è l’interporto di Novara, che allestisce settimanalmente circa 156 treni diretti verso il Nord
Europa e 10 collegamenti gateway con lo scalo di Pomezia. La quota di intermodale puro è destinata a ridursi nei prossimi anni, quando ai 28.000 m²
di magazzini raccordati si aggiungeranno gli ulteriori 50.000 m², raccordati e non, che potenzieranno l’offerta di servizi logistici a disposizione;
- in tutti i casi restanti la situazione appare più equilibrata, anche se con una
fisiologica prevalenza del tutto-gomma rispetto all’intermodale. Soltanto
l’interporto di Bologna ha recentemente raggiunto il “sorpasso”, riducendo
la quota di solo-strada dal 51% del 2005 al 46,5% del 2006. Molto particolare è l’intermodalità operata (con una quota in termini di quantità pari
al 40%) dall’interporto di Trento. Si tratta in massima parte di spedizioni
accompagnate, la cosiddetta Autostrada viaggiante che consente agli autotrasportatori di caricare il proprio Tir su treno per attraversare il Brennero, superando così le limitazioni imposte dall’Austria alla circolazione
di mezzi pesanti sul proprio territorio.
Dagli elementi sopra indicati emerge chiaramente che il sistema interportuale ha ancora notevoli margini di miglioramento, sia per quanto concerne
la possibilità di svolgere una funzione catalizzatrice per le merci, sia per promuovere un maggiore utilizzo dell’intermodalità presso gli operatori che vi
sono insediati. I due obiettivi corrono in parallelo: maggiore è la quantità di
merci movimentate, superiore è la possibilità di formare treni completi. In tal
senso, molto positivo è il trend di crescita che sembra stia vivendo l’intero sistema. Stando ai dati forniti dai singoli Interporti, nel periodo che va dal 2005
al 2007 l’incremento delle quantità di merci movimentate è stato eccezionalmente elevato: per quanto riguarda i primi tre raggruppamenti, a parte Nola e
Novara le variazioni percentuali sono sempre state a doppia cifra, superando
in molti casi il 20% (tab. 2.6). Tra gli interporti più piccoli, molto importante
è stata la crescita registrata negli ultimi anni presso l’Interporto di Rovigo,
35
che rispetto alle 400.000 tonnellate del 2005 ha raggiunto, nel 2007, quota
1.200.000 tonnellate.
Tab. 2.6 - Incremento della quantità di merce movimentata secondo quanto dichiarato dagli
interporti per il periodo 2005-2007
Variazione percentuale 2007/2005
Primo Gruppo
Interporto di Bologna
Interporto di Padova (1)
Interporto di Verona
22,0
11,1
27,3
Secondo Gruppo
Interporto di Novara
Interporto di Nola
Interporto di Parma
Interporto di Trento
1,6
5,8 (al 2006)
11,1
24,7
Terzo Gruppo
Interporto di Marcianise
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Torino
Interporto di Venezia
32,1
26,3
20,0
40,0
Quarto Gruppo
Interporto di Bari (2)
Interporto di Cervignano (2)
Interporto di Livorno (2)
Interporto di Prato
Interporto di Rovigo
Interporto di Val Pescara (2)
Interporto di Vado Ligure
n.d.
n.d.
n.d.
9,5
200,0
n.d.
n.d.
(1) A differenza degli altri Interporti, Padova fornisce la stima esclusivamente per la quantità di
merci movimentata via ferro. L’incremento indicato non considera pertanto tutta la componente
trasportata esclusivamente su gomma.
(2) Il dato non è disponibile poiché gli interporti di Bari, Cervignano, Livorno e Val Pescara hanno
iniziato la propria attività nell’arco del triennio.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
36
2.3.2.Crescita della dimensione fisica
Per accompagnare e favorire la crescita della dimensione economica degli
interporti, il cui indicatore più evidente ed immediato è senza dubbio rappresentato dalla quantità di merci che riescono a concentrare e a spostare verso
soluzioni alternative al tutto-strada, è indispensabile che tali infrastrutture
adeguino i propri spazi e le risorse di cui dispongono per la movimentazione
delle merci.
È cioè essenziale che aumenti la disponibilità di magazzini, soprattutto
quelli raccordati per l’intercambio gomma-ferro, e che vengano completati,
dove necessario, i terminali ferroviari ed i piazzali previsti. Anche in questo
senso, quello interportuale si dimostra un sistema dai notevoli margini di sviluppo. Lo si nota con particolare evidenza comparando le classi dimensionali
esistenti e previste per due componenti essenziali di ogni interporto, ossia il
terminal intermodale ed i magazzini (fig. 2.3).
Allo stato attuale, 8 dei 18 centri già operativi dispongono di terminal ferroviari che si estendono su una superficie inferiore ai 100.000 m², mentre soltanto 6 superano la soglia dei 200.000 m²: nei prossimi anni, in quest’ultima
fascia saranno invece presenti 9 interporti. Come si può facilmente intuire, la
variabile dimensionale è determinante per definire le potenzialità di traffico
ferroviario degli interporti, vale a dire il numero massimo di treni programmabili quotidianamente. Va detto, comunque, che non è possibile definire una
relazione lineare tra le due variabili, in quanto intervengono una serie di altri
fattori, strutturali e gestionali, tra cui11:
- il numero e la capacità dei gate di ingresso al terminal;
- il numero e la lunghezza dei binari operativi;
- l’orario di attività;
- la disponibilità di aree per il deposito delle unità di traffico intermodali;
- il tempo medio per le operazioni di carico e scarico.
Particolarmente importante è la possibilità di adottare, per il terminal, un
regime di gestione quanto più possibile dinamico, che consenta cioè l’avvicendamento di più coppie di treni al giorno su un unico binario operativo12.
Ciò implica la disponibilità di binari di appoggio presso cui lasciar sostare
i treni in attesa della partenza o prima dell’arrivo: all’interno del sistema interportuale, soltanto il terminal di Verona dispone della possibilità di trattare
11. Bruno Dalla Chiara, Danilo Marigo, Gianfranco Benzo, Interporti e terminali intermodali, Hoepli, Milano 2006, pag. 56-61.
12. La gestione di ciascuna coppia di treni/giorno è in grado di garantire una potenzialità di
circa 250.000 tonnellate lorde/anno.
37
Fig. 2.3 - Superficie attuale e prevista occupata da terminal intermodale e magazzini (v.a.)
10
10
8
8
Numero di interporti
7
6
6
4
4
4
3
2
4 4
3
2
2
1
2
1
1
0
Attuale
Prevista
Attuale
Terminal intermodale
Inferiore a 100.000 m2
Prevista
Magazzini
Tra 100.000 e 199.999 m2
Tra 300.000 e 499.999 m2
Tra 200.000 e 299.999 m2
Oltre 500.000 m2
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
tre coppie di treni al giorno per binario, mentre più diffusa è la possibilità di
arrivare a due.
I magazzini, in particolare quelli raccordati per l’intercambio modale, assolvono ad una funzione altrettanto importante. Anche con riferimento a tale
componente il sistema interportuale manifesta significative possibilità di crescita, con 8 centri – invece dei 5 attuali – che a regime dovrebbero mettere a
disposizione delle merci degli operatori una superficie superiore ai 300.000
m², mentre solamente 7 si manterranno su dimensioni inferiori ai 100.000 m².
Non sono soltanto quelli di più recente istituzione, che devono quindi completare la realizzazione delle proprie infrastrutture, gli interporti che prevedono rilevanti margini di espansione. Riprendendo la suddivisione per livelli
di merci movimentate, è possibile osservare che (tab. 2.7):
- all’interno del primo gruppo, Padova sta lavorando per il completamento
del secondo terminal ferroviario al proprio interno, mentre Verona e Bologna intendono sostanzialmente raddoppiare la disponibilità di magazzini.
38
Tab. 2.7 - Stato di avanzamento dei lavori rispetto al progetto - approvato - definitivo (val. %)
Terminal
intermodale
Interporto di Val Pescara
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Rovigo
Interporto di Livorno
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Bari
Interporto di Venezia(*)
Interporto di Marcianise
Interporto di Novara
Interporto di Prato
Interbrennero - Trento
Interporto di Parma
Interporto di Bologna
Interporto di Verona
Interporto di Padova
Interporto di Nola
Interporto di Torino
Interporto di Cervignano
57,1
60,0
n.d.
100,0
n.d.
100,0
60,0
20,0
100,0
37,5
95,3
28,3
100,0
60,0
56,7
n.d.
100,0
100,0
Magazzini
25,0
90,0
n.d.
17,6
n.d.
100,0
100,0
14,3
37,5
74,0
57,4
100,0
40,0
50,0
83,3
n.d.
44,4
48,0
Piazzali
26,3
83,3
n.d.
53,3
n.d.
100,0
100,0
24,3
27,5
100,0
65,9
66,7
87,4
60,0
100,0
n.d.
n.d.
100,0
(*) È qui considerato esclusivamente il riferimento ai fasci di binario funzionanti sul totale di quelli
previsti.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
Anche il Quadrante Europa ha sviluppato un nuovo terminal (Interterminal) specializzato nei container ed entrato in esercizio nell’autunno 2007.
Inoltre sta curando la realizzazione di un ulteriore, moderno terminale intermodale (QETG Quadrante Europa Terminal Gate) su un’area di 66x550
metri che, entrando in esercizio nel 2009, aumenterà la performance operativa totale sino a 15 coppie di treni al giorno;
- nel secondo raggruppamento si colloca da un lato il Cepim di Parma, che
ha la necessità di attenuare un certo squilibrio a favore del trasporto su
strada, che assorbe il 70% della movimentazione merci complessiva, ed
intende farlo migliorando la propria dotazione ferroviaria; dall’altro interporti come quelli di Trento e Novara che hanno invece l’obiettivo opposto,
ossia sostenere l’intercambio modale mediante un significativo sviluppo
degli spazi destinati alla logistica;
- tra gli interporti che già nel 2006 hanno movimentato merci per oltre un
milione di tonnellate, Marcianise sembra quello interessato dai maggiori
39
progetti di sviluppo. Estendendosi su una superficie complessiva che raggiunge i 4 milioni di m², l’interporto di Marcianise prevede la realizzazione
di rilevanti progetti di espansione. Innanzitutto, oltre all’attuale terminal
ferroviario da 50.000 m² dovrebbe esserne costruito un altro da 200.000
m². Inoltre, all’interno di un Polo Logistico che si svilupperà su un’area
di 1.900.000 m² complessivi, dovrebbero essere realizzati magazzini per
quasi un milione di m², oltre al più grande centro-uffici di tutto il sistema.
Lavori di potenziamento e di trasformazione sono in corso d’opera anche
a Torino, dove entro il 2010 sarà ultimata l’edificazione di un’area di circa
500.000 m² destinata a magazzini, che andrà ad aggiungersi a quella da
400.000 m² già esistente.
2.3.3.Crescita del numero di interporti attivi
Cresce l’importanza economica del sistema interportuale. Cresce la dimensione fisica delle strutture esistenti. Non meno rilevante, tuttavia, è la crescita
del numero di soggetti che possono operare in un prossimo futuro.
La questione del numero di interporti che devono essere realizzati è di primaria importanza per garantire l’efficienza e la funzionalità del sistema. La
realizzazione di simili piattaforme logistiche è un’operazione complessa e
delicata. La loro costruzione, oltre a necessitare inevitabilmente di cospicui
contributi pubblici, avrà un considerevole impatto ambientale sul territorio in
cui dovrà sorgere: è pertanto indispensabile che tali centri rispondano a reali
esigenze di razionalizzazione dei traffici e ad un’effettiva domanda di intermodalità proveniente dai territori. Pur senza la necessità di raggiungere le dimensioni e i volumi di traffico di quelli già esistenti nel Nord del Paese, nell’Italia
centro-meridionale l’intermodalità può essere incentivata soltanto grazie a interporti capaci di attrarre rilevanti flussi di merce ed andrebbe pertanto evitata
una loro proliferazione eccessiva. Al tempo stesso, è però urgente portare a
compimento i lavori per la realizzazione dei centri attualmente previsti:
- quello di Jesi, divenuto operativo nel corso del 2008;
- quelli di Orte e di Frosinone, che hanno ripreso i lavori dopo una lunga
fase di stallo legata principalmente all’esito della Valutazione di Impatto
Ambientale;
- quelli di Gioia Tauro e di Catania, ma anche di Tito, Termoli, Battipaglia e
Roma Est, i cui tempi di realizzazione appaiono ancora piuttosto incerti.
I tre interporti dell’Italia centrale, in particolare, esprimono significative
potenzialità di sviluppo: il primo ha quale naturale bacino d’utenza il territorio marchigiano, con il denso tessuto imprenditoriale che lo contraddistingue;
40
sui due laziali sono invece destinati a convergere gran parte dei flussi a Nord
e a Sud della Capitale.
2.4.Gli interventi prioritari per lo sviluppo
Coerentemente con la necessità di offrire un adeguato sostegno alla crescita
della dimensione economica e delle quantità di merci movimentate dai singoli
interporti, l’ampliamento fisico di tali infrastrutture si conferma il principale
obiettivo perseguito da tutte le società interportuali. Al tempo stesso, tuttavia,
emerge con evidenza come il sistema richieda un intervento ben più complesso e articolato, che vada oltre la semplice infrastrutturazione delle aree.
Tale intervento si dovrebbe focalizzare intorno a due componenti essenziali:
- il potenziamento dei network di collaborazione, che emerge dall’opportunità di pervenire a un più intenso livello di relazioni con le imprese attive
nel territorio, con gli altri elementi del sistema interportuale e soprattutto
con la rete dei porti, con cui sono molte le convergenze e le affinità di
intenti;
- il superamento di una serie di strozzature, interne o esterne, che limitano
il livello di efficienza complessivo della struttura. Ci si riferisce a fattori
esogeni, quali la connessione con la rete ferroviaria o collegamenti viari
non sempre ottimali, oppure a debolezze endogene legate ad una dotazione
informatica o a quella di macchinari e attrezzature per la movimentazione
delle merci parzialmente inadeguate rispetto alle esigenze.
È stato chiesto ai 18 interporti attivi di esprimere, attraverso un voto compreso tra un minimo di 1 e un massimo di 5, il valore che attribuiscono ad
una serie di obiettivi di sviluppo. La media delle risposte fornisce indicazioni
alquanto esplicite sulle priorità percepite dai membri del sistema, priorità la
cui importanza potrebbe essere ripartita all’interno di quattro fasce (fig. 2.4):
- alta è quella attribuita non soltanto agli obiettivi che prevedono un ampliamento fisico dell’interporto (che ottengono un voto medio pari a 4,5) o la
realizzazione di nuovi immobili (4,3), ma anche agli elementi relazionali,
quali il rafforzamento della collaborazione esistente con la rete dei porti
(4,3) o con le piattaforme logistiche e gli altri interporti (4,2);
- medio-alta è invece la necessità di superare una serie di vincoli alla propria operatività, aumentando le potenzialità e l’efficienza della struttura
attraverso un adeguamento dei sistemi informativi (3,9) o una più ampia
offerta di servizi per la movimentazione delle merci (3,8);
- media (3,3) è l’urgenza con cui si intende lanciare una campagna di
marketing e di comunicazione per la promozione dell’interporto, esigenza
41
Fig. 2.4 - Obiettivi di sviluppo del sistema interportuale (punteggio medio)
Ampliamento fisico
dell’interporto
4,5
Realizzazione nuovi immobili
4,3
Rete di relazioni con il sistema
dei porti
4,3
Rete di relazioni con altri
interporti
4,2
Miglioramento dei sistemi
informativi
3,9
Ampliamento dei servizi di
movimentazione merci
3,8
Campagna di promozione
dell’interporto
3,3
Potenziamento o nuova offerta
di logistica urbana
3,3
Nuovi macchinari per
movimentazione merci
3,0
Nuovo materiale rotabile
per la linea ferroviaria
2,8
Inserimento di personale con
funzioni manageriali
2,6
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
5,0
Voto da 1 a 5
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
avvertita con particolare intensità da alcuni dei centri di più recente istituzione come quelli di Livorno, Bari, Val Pescara o Marcianise, ma anche da
strutture ormai consolidate come quelle di Padova e di Nola. Altrettanta
importanza è attribuita al potenziamento o all’attivazione di un servizio
di city logistics, avvertita ovviamente in modo particolare nei pressi dei
grandi centri urbani (Padova, Bologna, Torino o Napoli, per esempio);
- medio-bassa appare, infine, l’importanza che assume l’obiettivo di dotarsi
di nuovo materiale rotabile per la parte ferroviaria interna (2,8), di nuovi
macchinari per la movimentazione delle merci (3,0) o di nuove figure con
funzioni manageriali (2,6).
Una suddivisione così netta è possibile grazie alla precisa consapevolezza,
da parte dei protagonisti del sistema, di quelli che sono i limiti ed i punti di
forza degli interporti e alla loro volontà di impegnarsi attivamente per consolidare e migliorare il livello di efficienza delle strutture che gestiscono.
42
Per quanto riguarda le potenzialità di sviluppo, non sorprende che la
posizione geografica sia unanimemente considerata una delle principali
fonti di opportunità di cui il sistema può beneficiare. Ciascuno degli interporti attivi è infatti ubicato in una posizione strategica per quanto riguarda
i flussi di merci: in prossimità di importanti centri urbani, di un denso tessuto produttivo o lungo i principali corridoi di traffico. Maggiori difficoltà
destano, invece, gli ulteriori fattori che incidono sulle prospettive future
(fig. 2.5):
- per quanto riguarda il cruciale aspetto dei collegamenti tra l’interporto e la
rete viaria e ferroviaria, si osserva che mentre con riferimento alla prima
non emergono criticità di rilievo (se non per quanto riguarda la situazione
di Cervignano, dove l’Amministrazione comunale intende attendere che
sia definito il tracciato dell’Alta Velocità prima di procedere ad un adegua-
Fig. 2.5 - Punti di forza ed elementi di debolezza del sistema interportuale (*) (v.a.)
9
9
Rapporti con sistema
dei porti
Rapporti con le imprese
dell’area
5
Macchine e attrezzature
movimentazione merci
5
Offerta logistica del
territorio
4
Connessione con rete
ferroviaria
4
Connessione con rete
stradale e autostradale
Elementi di debolezza
Punti di forza
12
12
12
13
1
17
Posizione geografica
18
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
Numero di interporti
(*) In certi casi la somma di ogni voce è diversa da 18 poiché vi sono interporti che non hanno
risposto o ritengono neutrale un determinato fattore.
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
43
mento delle infrastrutture di collegamento esistenti), maggiori problemi
interessano il raccordo tra interporti e ferrovie. È, questa, l’unica criticità
segnalata dall’Interporto Merci di Padova, che lamenta un utilizzo degli
impianti al di sotto delle potenzialità effettive a causa della carenza di materiale rotabile messo a disposizione. Quello del raccordo in termini infrastrutturali rappresenta invece un problema attuale per le strutture di Bari
o di Venezia, ma come si vedrà sono molti gli interporti che pur considerando complessivamente positive le opportunità offerte dalla connessione
su rotaia ne lamentano alcune inefficienze o ritardi;
- l’offerta logistica presente sul territorio è solitamente un valore aggiunto
per gli interporti, che sorgono in aree su cui agiscono operatori con esperienza consolidata e strutturalmente preparati per sostenere l’intermodalità. Positivo è, in particolare, il livello di integrazione che solitamente
intercorre tra i nodi interportuali ed altri terminal intermodali, anche se
non mancano situazioni problematiche, in cui la proliferazione di strutture
analoghe (solitamente private, ma sostanzialmente realizzate anche con
contributi pubblici locali) porta ad un’eccessiva dispersione e frammentazione che rischia di compromettere lo sforzo di razionalizzare il settore;
- i rapporti con le imprese dell’area rappresentano un fattore di debolezza
soltanto per alcuni interporti di recente istituzione, quali quelli di Prato,
Cervignano, Marcianise, Val Pescara e Rovigo, che hanno bisogno di promuovere maggiormente le opportunità offerte dall’utilizzo di soluzioni intermodali;
- l’elemento determinante, comunque, è rappresentato dalla necessità di potenziare le sinergie all’interno di quello che viene definito il cluster terramare. Porti e interporti dovrebbero, nel reciproco interesse, sviluppare un
ruolo da comprimari nella costituzione di una rete logistica integrata che
permetta di accrescere i volumi di merci trattate, fluidificare i flussi e contenerne i costi. Ad oggi, tuttavia, ben 9 dei 18 interporti attivi manifesta
la propria insoddisfazione per i rapporti con il sistema dei nodi marittimi,
esprimendo il desiderio di potenziarli eventualmente mediante la sottoscrizione di accordi specifici.
La stipula di accordi di collaborazione con i porti italiani è tra gli interventi
più frequentemente citati dagli interporti, quando si domanda loro di indicare
cosa potrebbe portare ad una maggiore operatività della struttura13 (fig. 2.6).
Oltre alla necessità di migliori connessioni ferroviarie, avvertita da ben 13 dei
18 nodi operativi, è interessante osservare come le più significate innovazioni
13. L’argomento è approfondito attraverso un focus tematico sul cluster terra-mare nel
quarto capitolo del Rapporto.
44
Fig. 2.6 - Elementi da migliorare per accrescere la competitività dell’interporto (v.a.)
Connessione ferroviaria
13
Piattaforma informatica per
la gestione della logistica
13
Accordi di collaborazione
con i porti
12
Gestione flussi di merci
11
Macchinari movimentazione
merci
10
Connessione autostradale
8
Servizi offerti
8
0
2
4
6
8
10
12
14
Numero di interporti
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
auspicate per accrescere la competitività degli interporti siano rappresentate
dalla disponibilità di una piattaforma di rete per la gestione della logistica e
dal potenziamento della capacità di controllo dei flussi di merci. Una risposta a tali esigenze verrà dalla piattaforma integrata Uirnet, tra i cui obiettivi
principali vi è proprio quello di favorire una maggiore efficienza complessiva
del sistema. Offrendo una serie di servizi destinati ai trasportatori e ai gestori
di infrastrutture logistiche, Uirnet permetterà di favorire l’aggregazione e la
razionalizzazione di domanda e offerta, consentendo un maggiore sviluppo
del trasporto intermodale ed una riduzione complessiva dei costi di trasporto.
All’interno degli interporti, renderà inoltre possibile una pianificazione degli
arrivi e delle partenze ed un’ottimizzazione dei tempi operativi14.
14. L’argomento è approfondito attraverso un focus tematico sulle piattaforme informatiche
nel quarto capitolo del Rapporto.
45
3. Specificità territoriali: le molteplici forme
del sistema interportuale
Le sue caratteristiche fondamentali sono sostanzialmente analoghe in tutto
il Paese: quella interportuale si contraddistingue per essere un’innovativa rete
di piattaforme logistiche, in rapida crescita e in grado di attivare le leve del
consolidamento, puntando su un mix di politiche tecnologiche, gestionali e
relazionali che consentono di raggiungere un sempre maggior grado di efficienza. Dopo aver esaminato tali elementi nel secondo capitolo e prima di
affrontare alcune tematiche essenziali per comprendere appieno il contributo
economico, ambientale e sociale che il sistema sta apportando all’Italia, è utile
tuttavia approfondire le dinamiche generate dal rapporto costante e bidirezionale tra interporti e territorio.
In Italia le differenze geografiche sono molto rilevanti, al punto da sfociare
in situazioni di vero e proprio squilibrio tra regioni e all’interno delle regioni.
Si tratta di un’eterogeneità che modella il Paese, forgiandolo attraverso un
intreccio di aree caratterizzate da un tessuto produttivo più o meno denso e
diffuso, da stili di vita e di consumo assai variegati, e da merci che col loro
transito innescano una potenziale tensione tra le esigenze dei cittadini e le
opportunità di sviluppo per la collettività. I 29 interporti italiani si collocano
in tale contesto, dove adattandosi alle esigenze locali e globali dell’economia
e delle popolazioni cercano di rispondere al meglio ad un bisogno di razionalizzazione sempre più urgente. Ovviamente, nel farlo non possono adottare
ovunque un modello ideale e astratto di interporto, inteso magari come grande
piattaforma estesa su una superficie di alcuni milioni di metri quadri. Se una
simile impostazione è idonea per le esigenze dei primi interporti del NordEst, ben altro è lo schema da adottarsi in zone diverse come quelle dell’Italia
centrale o meridionale, in prossimità dei valichi alpini o lungo la costa. Con
l’obiettivo di definire e valorizzare le molteplici forme dell’interportualità italiana, nel presente capitolo sono esaminate le peculiarità di 8 raggruppamenti
di strutture logistiche sostanzialmente omogenee tra loro per caratteristiche,
finalità e fase di crescita.
47
3.1.Il modello nordestino
A differenza del sistema interportuale realizzato a partire dal 1990, le tre
grandi strutture del Nord-Est non avevano in origine quale unico obiettivo
quello di promuovere l’intermodalità. Divenuti operativi tra gli anni ’70 e ’80,
gli interporti di Verona, Padova e Bologna sorgono nelle zone industriali delle
rispettive città con una triplice finalità: oltre che di incentivo allo sviluppo
del trasporto ferro-gomma, infatti, si ponevano anche prospettive di ordine
urbanistico ed economico. Sotto il primo profilo, rappresentano un significativo esempio di apprezzabile pianificazione del territorio: mediante una programmazione intelligente e razionale delle attività logistiche, che ha portato
a concentrare il traffico merci fuori dai centri urbani, hanno consentito una
riduzione del livello di congestionamento e delle emissioni di gas inquinanti.
Dal punto di vista economico, invece, hanno contribuito a rendere più efficiente il sistema dell’autotrasporto, localizzando le principali aziende in una
stessa area e sottoponendole ad una maggiore concorrenza.
Le peculiari caratteristiche dei tre nodi si riflettono nel particolare assetto
societario che li contraddistingue, incentrato su una forte partnership tra Amministrazioni comunali, provinciali e Camere di Commercio:
- tali soggetti sono gli unici azionisti della società che ha dato vita all’Interporto Quadrante Europa: il Consorzio per la Zona Agricolo Industriale di
Verona (Consorzio Zai). Si tratta di un ente istituzionale a base territoriale
che ha, per l’appunto, compiti di pianificazione urbanistica e di sviluppo
economico. Dal 1948 il Consorzio Zai, godendo di podestà governativa
sui terreni di sua competenza, ha accompagnato la creazione dell’area industriale veronese, della superficie di 7 milioni di m² suddivisi in differenti zone, procedendo alla loro urbanizzazione, infrastrutturazione e alla
costruzione di raccordi stradali e ferroviari. Per migliorare i servizi alla
produzione e alla distribuzione dei prodotti e per favorire lo sviluppo degli
scambi internazionali, a partire dalla seconda metà degli anni ’60 il Consorzio ha iniziato la realizzazione di quello che oggi è l’Interporto Quadrante Europa: un’infrastruttura logistica che si estende su una superficie
di 2,5 milioni di m² dove sono insediate oltre 100 aziende che, direttamente
o indirettamente, producono un’occupazione di oltre 4.000 addetti;
- la società Interporto Merci Padova Spa è stata costituita il 6 giugno 1973
dal Comune, la Provincia e la Cciaa., insieme alle Ferrovie dello Stato,
con lo scopo di realizzare un interporto nella zona industriale della città,
un comprensorio di 11 milioni di m². La scelta è legata, innanzitutto, ad
esigenze di razionalizzazione urbanistica: fino alla metà degli anni ’60,
la maggior parte delle aziende di trasporto era insediata lungo la circon48
vallazione cittadina, che risultava ormai inglobata nel centro urbano con
gravi ripercussioni sul traffico e la qualità della vita dei residenti. La zona
industriale, ottimamente servita sia dal punto di vista stradale che ferroviario, rappresenta pertanto l’ubicazione ideale per spedizionieri ed operatori
della logistica. Sorto su una superficie di quasi 2 milioni di m², l’Interporto
Merci Padova ospita circa 80 aziende presso cui sono attualmente occupate circa 1.200 persone, con un indotto di oltre 3.000 addetti;
- l’interporto del capoluogo emiliano, che ad oggi ha infrastrutturato un’area
di 2.270.000 m², è proprietario di terreni che si estendono su una superficie
complessiva di circa 4 milioni di m². La sua realizzazione nasce ancora una
volta dall’esigenza di spostare fuori dalla città il traffico pesante e si inserisce in un progetto complessivo di sviluppo del territorio bolognese avviato
negli anni ’60 e ’70. La società Interporto Bologna Spa viene costituita il
22 giugno 1971 (inizialmente con la denominazione di Autoporto) per iniziativa del Comune, della Provincia, della Cciaa e delle associazioni degli
autotrasportatori. Come Verona e Padova, anche l’interporto di Bologna
rientra nella “fascia alta” del sistema, movimentando ogni anno più di 5
milioni di tonnellate di merci e dando lavoro attraverso le 100 aziende che
vi sono insediate a circa 1.300 addetti e ad un indotto stimabile in 2.500
unità.
Nei quarant’anni trascorsi dalle prime esperienze interportuali del NordEst, i tre centri hanno acquisito un valore ed un significato perfino maggiore
di quello inizialmente previsto. Anche grazie ai contributi della legge 240/90
e all’interessamento di un numero sempre crescente di soggetti interessati a
partecipare alla compagine sociale, negli anni tali interpoti sono stati in grado
di potenziare la propria struttura e di adeguarla alle mutate esigenze della
logistica, offrendo un contributo interessante alla competitività di imprese a
forte vocazione internazionale.
Attraverso gli interporti transita gran parte delle merci a maggior valore
aggiunto realizzate nei distretti e nei cluster produttivi del Nord-Est e dalle
industrie di punta del Made in Italy. Il sistema moda, la meccanica e l’elettronica, i prodotti plastici e l’agro-alimentare di qualità sono soltanto alcuni dei
principali comparti che si appoggiano ai tre interporti per le operazioni logistiche, considerandoli una preziosa piattaforma per accedere ai mercati esteri.
La posizione geografica contribuisce ad accrescerne le potenzialità, essendo
localizzati lungo le due principali direttrici transnazionali di traffico che attraversano il Paese: il Corridoio I Nord-Sud, che passando per il Brennero
collega direttamente Bologna e Verona con l’Austria, la Germania e l’Europa
settentrionale, fondamentali mercati di sbocco dei prodotti italiani, ed il Corridoio V Est-Ovest, lungo il quale si trovano Verona e Padova. Tale localizza49
zione ne accentua la propensione alle esportazioni, particolarmente evidente
per esempio presso l’interporto di Padova, dove è in export il 75% del traffico
container movimentato, e nell’interporto di Verona. Il 100% del traffico intermodale realizzato da/per il Quadrante Europa ha O/D estera, ovvero si inquadra all’interno di scambi di import o di export di rango continentale (Centro e
Nord Europa) o intercontinentale (porti Nord-europei e del Tirreno). Accanto
a ciò, un’indagine empirica effettuata nel 2006 dall’Osservatorio Logistico
Veneto ha stimato che relativamente alle attività di trasporto tutto-strada il
56,2 % ha O/D estera.
3.1.1.L’Interporto Quadrante Europa di Verona
L’Interporto Quadrante Europa di Verona (tab. 3.1) inizia il proprio sviluppo a partire dal 1968, anno in cui viene avviata la costruzione dell’Agenzia delle Dogane nella zona industriale della città scaligera, attorno alla quale
successivamente saranno realizzati dal Consorzio Zai i Magazzini Generali,
il Centro Spedizionieri e tutte le aree che hanno portato tale infrastruttura ad
essere una delle più grandi piattaforme interportuali attualmente esistenti in
Italia, con una superficie complessiva di circa 2,5 milioni di m² ed una zona
di futura espansione prevista di ulteriori 2 milioni di m² (fig. 3.1). La collocazione geografica dell’interporto è particolarmente felice, all’incrocio tra i due
Corridoi transnazionali I e V. Oltre ad essere attraversato dalla Tangenziale
Nord cittadina, sorge, infatti, nei pressi del punto di intersezione tra l’autostrada A4 Milano-Venezia e la A22 Modena-Brennero, nonché tra le linee ferroviarie Milano-Venezia e Bologna-Brennero, con cui il terminale intermodale
è collegato direttamente attraverso una stazione interna.
Al suo interno sono insediate 110 aziende, di cui 90 dedite a logistica e
movimentazione merci, con un’occupazione diretta all’interno del “Parco di
attività logistiche” stimata in oltre 1.800 addetti, e un’occupazione complessiva superiore alle 4.000 unità. Tra le varie tipologie merceologiche trattate
nell’area, che sono quelle tipiche del suo bacino di riferimento, risaltano in
particolare due specializzazioni: quella dei prodotti refrigerati alimentari (che
trova riscontro nell’elevata presenza di automezzi a temperatura controllata, i
quali superano il 12,6% del totale) e quelle delle autovetture, grazie alla presenza di un importante centro logistico di Volkswagen Italia.
Nei confronti dell’interporto, il Consorzio Zai si limita essenzialmente al
ruolo di Authority, senza entrare negli aspetti operativi: si occupa della progettazione urbanistica, sviluppando piani di intervento ed infrastrutture e cedendo i lotti alle aziende. Attraverso la società controllata Quadrante Servizi
50
Tab. 3.1 - Principali caratteristiche dell’Interporto Quadrante Europa di Verona
Dati strutturali
Dati di traffico merci ferroviario 2006
Dati stimati di traffico merci su strada 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
Uti 289.560; Teu 361.202; Tonnellate 5.999.587
19.589.191 (*)
25%
120
4.500
6.000
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 90.200.000 (**)
euro 59.600.000
euro 2.000.000
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1968
1974
Accordi bonari all’interno di procedure
d’esproprio
Pianificazione urbanistica
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
300.000 m2
500.000 m2
Affitto
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Prodotti refrigerati alimentari
Autovetture
Ampliamento fisico dell’interporto
Ampliamento dei servizi di movimentazione
merci
Miglioramento connessione autostradale
Potenziamento attrezzature movimentazione
merci
Accordi di collaborazione con i porti
Potenziamento strumentazione informatica
Principali obiettivi di sviluppo
Interventi ritenuti prioritari
(*) Stime ottenute applicando al numero di mezzi rilevati in transito i seguenti pesi netti: 0,7 tonnellate per 1.107.023 furgoni e 12,6 tonnellate per 2.133.591 automezzi pesanti e autoarticolati (dati
di transito inbound + outbound ottenuti mediante spire magnetiche).
(**) Non sono compresi gli investimenti effettuati nell’interporto da soggetti diversi dal Consorzio Zai
quali Rete Ferroviaria Italiana ed Ente Autonomo Magazzini Generali di Verona, stimati rispettivamente in circa euro 100.000.000 e euro 30.000.000.
Fonte: elaborazioni Censis su dati Consorzio Zai
51
Fig. 3.1 - Layout dell’Interporto Quadrante Europa di Verona
Fonte: Consorzio Zai
Srl fornisce poi i servizi comuni offerti agli operatori: controllo degli accessi
al palazzo direzionale, trazione ferroviaria, controllo degli accessi di mezzi
pesanti, gestione diretta del Park Tir, pesa pubblica, rete telematica interportuale e sicurezza informatica.
Vero punto di forza dell’interporto veronese è il sistema ferroviario, che
secondo dati forniti dai due operatori che utilizzano il terminal (Fs e Rtc) ha
permesso di movimentare complessivamente, nel 2006, 289.560 Uti (361.202
Teu) tra casse mobili, container e semirimorchi. La zona ferroviaria si estende
su una superficie di 310.000 m², di cui si prevede un’espansione per ulteriori
490.000 m² che consentiranno l’ampliamento del terminal intermodale ed il
trasferimento nell’area interportuale dello Scalo Merci ferroviario. Il terminal
intermodale, gestito dalla società Cemat, si sviluppa su una superficie di circa
136.000 m² ed è operativo 24 ore al giorno con orario continuato. Composto
da 12 binari, il terminal è supportato da un fascio di appoggio che con 18
binari copre una superficie di 155.000 m². Il contiguo raccordo ferroviario
52
consente a 30.000 convogli ferroviari all’anno di essere movimentati verso le
diverse strutture.
L’area interportuale, definita in base a criteri geografico-funzionali, comprende inoltre le seguenti componenti:
- l’agenzia delle dogane, dove su una superficie di 65.000 m² vengono svolte
le pratiche necessarie all’import/export, è espletato il servizio fito-patologico e le operazioni di custodia temporanea;
- il centro spedizionieri, costituito da 11 blocchi di capannoni raccordati e
serviti ognuno da una banchina gomma-gomma e una banchina gommaferro. Tali magazzini occupano una superficie coperta di 70.000 m²;
- l’Hangartner Terminal, che si estende su un’area di 385.000 m² dove sorgono 58.000 m² di magazzini coperti e un magazzino frigorifero da 65.000
m³. Nel 2004 il gruppo svizzero Hangartner ha acquisito gli spazi precedentemente di proprietà dei Magazzini Generali di Verona, ottenendo tutte
le licenze doganali e fiscali e aggiungendo quelle relative alla gestione dei
prodotti alcolici soggetti ad accisa. Nonostante sia una società attiva nel
settore logistico, Hangartner non è venuta meno all’impegno di offrire i
servizi di Centro Smistamento Merci e Magazzini Generali con criteri di
universalità. Il terminale rappresenta il gateway di treni navetta da e per
il Nord Europa (Rostock e Freilassing), l’Europa orientale (Ungheria e
Romania) ed il porto di La Spezia, oltre che di treni per trasporto autovetture;
- il centro logistico Volkswagen Italia, distribuzione di autovetture e ricambistica del gruppo VW in tutto il Sud Europa e il Mediterraneo, che sui
suoi 150.000 m² di superficie rappresenta un elemento di integrazione tra
strutture interportuali, produzione e mercato;
- il Centro Agroalimentare, che sorge su un’area di 550.000 m² all’interno
del Quadrante Europa ed è la più vasta piattaforma logistica italiana per la
raccolta, la distribuzione e la commercializzazione all’ingrosso di prodotti
agroalimentari.
L’interporto dispone inoltre di un centro di assistenza ai mezzi di 14.000
m² dove possono essere realizzate operazioni di pronto intervento meccanico
per autotreni, semirimorchi e autovetture, di un parcheggio Tir da 30.000 m² e
di un centro direzionale presso il quale, oltre agli uffici e ad una vasta gamma
di servizi alle persone, è ubicato il laboratorio chimico della dogana.
Dal 2004 il Quadrante Europa si è dotato di un sistema di monitoraggio del
traffico in transito nell’area interportuale, realizzato mediante un sistema di
spire magnetiche poste all’ingresso del Centro Spedizionieri e dell’Hangartner Terminal. Nel corso del 2005 sono stati contati oltre 2 milioni di attraversamenti da parte di camion o di autoarticolati.
53
3.1.2.L’Interporto Merci di Padova
A Padova l’interporto (tab. 3.2) sorge nella zona industriale situata nel
quadrante Nord-orientale della città ed è ben collegato alle reti ferroviarie e
viarie che attraversano il Veneto da Est a Ovest (l’asse Venezia-Milano) e da
Nord a Sud (Padova-Bologna). Il raccordo alla rete ferroviaria è assicurato
mediante una dorsale di 4 km, mentre l’immissione sulla rete autostradale avviene tramite i due caselli di Padova Est sulla A4 e di Padova Zona Industriale
lungo la A13.
L’interporto si estende su una superficie complessiva di quasi 2 milioni
di m², al cui interno sono operative circa 125 aziende, di cui 80 di trasporti,
logistica e movimentazione merci. L’occupazione stimata ammonta a 1.200
unità, mentre l’indotto supera le 3.000 unità. Dal punto di vista ferroviario,
la principale caratteristica dell’intermodalità padovana è rappresentata dall’elevata movimentazione di container, per il 75% in export, che ha reso l’interporto il principale inland terminal nazionale. Settimanalmente sono oltre
un centinaio i treni completi che collegano l’interporto di Padova con i più
importanti porti italiani (La Spezia, Genova, Livorno, Trieste, Gioia Tauro) e
del Nord Europa (Rotterdam, Anversa, Zeebrugge, Le Havre, Bremerhaven e
Amburgo), per un traffico complessivo, nel corso del 2006, di oltre 290.000
Teu. A Verona, invece, il traffico intermodale è principalmente legato a casse
mobili e semirimorchi e tra i due interporti veneti si è in qualche modo creata
una sorta di specializzazione naturale nella ripartizione dei traffici. Un tale
livello di specializzazione nel trasporto di container ha spinto l’interporto di
Padova ad intraprendere un’attività diretta a supporto delle operazioni e dei
servizi terminalistici intermodali, attività che viene svolta attraverso la società
controllata Padova Container Service. Pcs offre una vasta gamma di servizi
che vanno dall’handling di unità di carico alla riparazione e manutenzione
sia di container che di casse mobili. Ne effettua inoltre lavaggio ordinario e
fitochimico, servizi di fumigazione, consolidamento e deconsolidamento.
All’interno dell’interporto sono presenti circa 350.000 m² di infrastrutture
terminalistiche, costituite da (fig. 3.2):
- due terminal container a disposizione degli operatori per la formazione di
treni completi, rispettivamente della superficie di 70.000 m² e di 100.000
m², uno di proprietà delle Fs e l’altro dell’interporto. Il terminal Fs è composto da due fasci di tre binari ciascuno, mentre altri 8 binari sono disponibili presso il terminal di proprietà dell’interporto. La gestione di entrambi
è affidata a Nord Est Terminal, la prima società in Italia a partecipazione
mista ferrovie-interporti per i terminali intermodali;
- una stazione merci ed un terminal per il trasporto combinato, strutture che
54
Tab. 3.2 - Principali caratteristiche dell’Interporto Merci di Padova
Dati strutturali
Quantità di merci movimentate su rotaia nel
2006
2.800.000 tonnellate
Quantità di merci movimentate su gomma nel
2006
5.000.000 di tonnellate (*)
Quota di merci movimentate su rotaia che
utilizzano soluzioni intermodali
90%
Numero di aziende insediate presso l’interporto 125
Numero di addetti operanti presso l’interporto
1.372
Stima del numero di addetti dell’indotto
3.200
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
euro 135.460.988
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 58.421.604
Altri contributi pubblici
euro 1.157.092
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
1982
Anno di entrata in funzione dell’interporto
1984
Principale modalità di acquisizione delle aree
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
170.000 m2
Magazzini
250.000 m2
Modalità di gestione delle aree
Affitto e vendita
Offerta logistica dell’interporto
Principali obiettivi di sviluppo
Acquisto di nuovi macchinari per
movimentazione merci
Campagna di comunicazione per promozione
dell’interporto
Potenziamento offerta di city logistics
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento connessione ferroviaria
Ampliamento dei piazzali movimentazione merci
Potenziamento attrezzature movimentazione
merci
Realizzazione di una piattaforma informatica
(*) Dato stimato.
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Padova Spa
55
Fig. 3.2 - Layout dell’Interporto Merci di Padova
Fonte: Interporto di Padova Spa
interessano un’area complessiva di 153.000 m² formata da un fascio di
smistamento di 21 binari di presa e consegna, una stazione merci dotata
di 7 binari dove le Fs svolgono le operazioni di carrellamento stradale dei
carri merci ed un terminal intermodale Cemat per le operazioni relative a
casse mobili e semirimorchi.
A servizio degli operatori del trasporto e della logistica, l’interporto offre
circa 250.000 m² di magazzini coperti suddivisi tra:
- fabbricati per spedizionieri, raccordati ai terminal container o alla stazione
merci;
- fabbricati per corrieri;
- due magazzini a pronti, raccordati alla rete ferroviaria e destinati a servizi
di logistica distributiva;
- una cittadella della logistica, di cui sono state recentemente realizzate le
prime due parti per oltre 61.000 m² di magazzini, mentre la terza (6.700
m²) è in fase di completamento;
- un distripark, della superficie di 47.500 m², strutturato in due corpi di fabbrica, uno dei quali raccordato alla rete ferroviaria.
56
La cittadella della logistica ed il distripark, entrambi di recente costruzione, portano ad una notevole espansione degli spazi a disposizione degli
operatori e sono necessari per far fronte ad una richiesta in continua crescita.
All’interno del distripark è possibile svolgere il ciclo completo della gestione
logistica delle merci (logistica d’ingresso, warehousing, logistica d’uscita e
packaging), beneficiando di agevolazioni doganali.
Oltre a dogana, uffici, negozi e servizi ausiliari, altre strutture presenti
nell’area interportuale in senso lato (intesa secondo una logica geograficofunzionale e non aziendale) sono il Mercato Agroalimentare di Padova, con
un’area coperta di più di 86.000 m², ed i 100.000 m² dei Magazzini Generali,
la cui estensione supera i 250.000 m².
A differenza di molti interporti, quello di Padova non si limita a svolgere
un ruolo di progettazione e infrastrutturazione degli spazi. Dai primi mesi del
2000, la società ha deciso di entrare direttamente nella gestione dei magazzini
attraverso la costituzione di una specifica “Divisione Logistica” che accanto
alla mera gestione della parte immobiliare fornirà, in particolare all’interno
del Distripark e in misura diversa a seconda degli accordi e delle necessità del
cliente, tutta una serie di servizi logistici. Le soluzioni personalizzate fornite
dalla Divisione Logistica permettono di occuparsi di ogni passaggio della gestione merci, dallo stoccaggio alla consegna all’utente finale.
Il più innovativo tra i servizi messi a disposizione è probabilmente il cityporto, operativo dal 21 aprile 2004. Il progetto, promosso dall’interporto e
dall’Amministrazione comunale, in collaborazione con Provincia, Camera di
Commercio e APS Holding Spa (azienda che si occupa di trasporto pubblico
urbano), nasce dall’esigenza di cercare soluzioni capaci di combinare da una
parte il bisogno di garantire nell’area urbana una distribuzione sempre puntuale
e veloce, dall’altra l’intenzione di porre limitazioni ai veicoli per il trasporto
urbano delle merci, così da minimizzare l’impatto ambientale e rendere le città
più vivibili e più sicure. Grazie alla sua posizione strategica a ridosso della città
e alla caratteristica di essere per natura il luogo verso cui convergono importanti
quantità di merci, l’interporto rappresenta una piattaforma ideale da cui effettuare la distribuzione nel cosiddetto “ultimo miglio”. Al di là dei contributi finanziari previsti per un periodo sperimentale di quattro anni, i 7 mezzi ecologici
a basso impatto ambientale utilizzati per il servizio godono della possibilità di
avvalersi delle corsie preferenziali ed hanno libero accesso e possibilità di sosta
all’interno della Zona a Traffico Limitato per tutte le 24 ore. L’impiego di tali
veicoli consente inoltre di raggiungere un più alto livello di riempimento e permette quindi di ridurre il numero di viaggi. Gli operatori coinvolti nell’iniziativa
vi partecipano su base volontaria. L’interporto offre loro supporto tecnologico
ed organizzativo e, soprattutto, garanzia di neutralità.
57
3.1.3.L’Interporto di Bologna
L’interporto di Bologna (tab. 3.3) sorge nel Comune di Bentivoglio in
un’area a circa 20 km dalla città, in prossimità della linea ferroviaria per Padova ed a pochi chilometri dalla rete autostradale, cui accede con casello dedicato.
La localizzazione prescelta consente di disporre di vasti spazi per la realizzazione delle necessarie infrastrutture e per eventuali future espansioni e
la presenza nelle vicinanze del Centergross, un vero e proprio distretto del
commercio che ospita 600 aziende, consente di concentrare nella medesima
zona le funzioni del trasporto merci e della distribuzione all’ingrosso.
All’interno dell’interporto sono attive circa 100 imprese appartenenti alla
filiera logistica: corrieri, spedizionieri internazionali, spedizionieri doganali,
autotrasportatori, imprese di logistica e facchinaggio ed aziende operanti
presso il terminal Fs. Nella struttura gravita stabilmente una forza lavoro stimata in circa 1.300 addetti, mentre l’indotto generato dovrebbe raggiungere
le 2.500 unità. I treni che transitano per l’interporto sono oltre 180 alla settimana, mentre i mezzi pesanti in entrata e in uscita sono circa 5.000 al giorno.
Per la prima volta nella sua storia, nel 2006 la quota di merci movimentate
utilizzando soluzioni intermodali ha superato la percentuale di quella trasportata soltanto su gomma, 46,7% contro 46,1%, mentre il 7,2% dei prodotti
transitano utilizzando il trasporto ferroviario tradizionale.
Tale successo si deve principalmente al potenziamento di alcuni importanti
collegamenti, come quello tra Bologna e Marcianise per il trasporto combinato di casse mobili e semirimorchi o quello tra Bologna e il porto di Ravenna
per il traffico container, su una tratta di 90 km. In fase di studio è invece
la realizzazione di treni navetta con il porto di Livorno. La ricerca di nuovi
collegamenti ferroviari è uno dei principali obiettivi dell’interporto, che ha
recentemente avviato anche la tratta Bologna-Brescia e che mira ad attivare
relazioni ferroviarie settimanali con il Nord-Est europeo prolungando fino a
Kiev e alla Russia l’attuale linea che già collega Bologna a Budapest.
Le opere finora realizzate occupano una superficie di 2.270.000 m², con
progetti di espansione che porteranno l’area fino a 4 milioni di m² (fig. 3.3).
Al suo interno si trovano due terminali ferroviari, entrambi di proprietà delle
Ferrovie dello Stato e gestiti dalla società Net: un terminal container da
147.000 m² ed un terminal intermodale da 130.000 m². Per quanto riguarda le
infrastrutture logistiche, sono disponibili:
- 12 ribalte gomma-gomma;
- 4 ribalte ferro-gomma;
- i Magazzini Generali di stoccaggio;
58
Tab. 3.3 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Bologna
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
5.206.000
46,7%
104
1.400
2.500
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 172.990.636,00
euro 52.136.278,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1971
1981
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
551.000 m2
300.000 m2
Vendita e affitto
Offerta logistica del’interporto
Specializzazioni produttive
Principali obiettivi di sviluppo
Interventi ritenuti prioritari
Meccanica
Autovetture
Prodotti plastici
Ampliamento fisico dell’interporto
Accordi specifici di collaborazione con porti e
interporti
Nuova offerta di logistica urbana
Miglioramento della connessione con
autostradale e ferroviaria
Realizzazione di una piattaforma informatica
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Bologna Spa
- 5 magazzini di grandi dimensioni;
- l’Agenzia delle Dogane.
Nel complesso, la superficie coperta è di 300.000 m², con previsione di
estenderla fino a 750.000 m² nell’arco di un decennio. Tali progetti richiedono
un forte sviluppo degli investimenti, volti all’acquisizione di terreni e alla realizzazione diretta e indiretta di ribalte e magazzini destinati a futura vendita.
59
Fig. 3.3 - Layout dell’Interporto di Bologna
Fonte: Interporto Bologna Spa
Nel solo 2006, per esempio, gli investimenti realizzati ammontano a quasi 25
milioni di euro: risorse reperite, in massima parte, attraverso un considerevole
incremento del capitale da parte dei soci, oltre che con fonti di finanziamento
esterne provenienti principalmente da affidamenti bancari e anticipi da parte
dei clienti.
Per quanto riguarda le infrastrutture telematiche, l’interporto offre una
piattaforma a banda larga che, oltre a consentire di centralizzare i servizi di
sicurezza e di accedere a banche dati e servizi informativi forniti dalle Amministrazioni pubbliche, permette il controllo degli automezzi pesanti tramite
il servizio Interpass. Interpass è un sistema informativo relativo al controllo
degli accessi nell’interporto, che ha il compito di impedire che veicoli non
autorizzati possano entrare e successivamente uscire dall’area senza avere ottenuto il consenso del personale addetto.
Altra particolarità dell’interporto di Bologna è che è il primo in Italia ad
avere attivato al proprio interno un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni, entrato in esercizio nell’aprile 2007. Dietro il pagamento di un canone
simbolico, l’interporto ha messo a disposizione della multiutility Hera uno dei
60
suoi magazzini, sul quale sono stati istallati 1.096 pannelli fotovoltaici: il progetto, il più significativo a livello regionale, non ha particolari ritorni economici per la Società-Interporto, ma consente una riduzione dell’inquinamento
atmosferico e un migliore utilizzo delle risorse energetiche.
3.2.Il sistema poliedrico del Nord-Ovest
Gli interporti di Torino, Rivalta Scrivia (nella provincia di Alessandria)
e Novara costituiscono un sistema poliedrico (fig. 3.4), con strutture logistiche che sembrano attualmente impegnate nel raggiungimento di obiettivi diversi, ma fra loro complementari. Il livello di movimentazione delle merci è
nel complesso abbastanza consistente, sebbene non comparabile con ciò che
avviene nei principali interporti del Nord-Est. Dato però il posizionamento
strategico di tali strutture – non lontane dai confini francese e svizzero e dalla
direttrice plurimodale dell’Alto Tirreno (con la presenza di porti di primaria
importanza quali Genova, Savona e La Spezia) – il loro potenziale di crescita
appare rilevante. Le previsioni di breve periodo stimano, infatti, l’aumento
ulteriore delle attività di movimentazione, con un contributo rilevante alla
crescita di competitività del territorio in cui essi insistono.
Fig. 3.4 - Sistema interportuale del Nord-Ovest
Fonte: Censis
61
Gli orientamenti diversi e complementari di tale sistema poliedrico possono essere sintetizzati come segue:
- la struttura di Torino ambisce ad essere una moderna piattaforma logistica
collocata nel cuore del Piemonte con una strategia bifocale: da un lato
essa intende essere centro logistico di smistamento e trattamento merci al
servizio del tessuto produttivo regionale, ancora di forte matrice manifatturiera; dall’altro lato essa intende fungere da porta intermodale per le merci
destinate alla Francia ed al Nord-Ovest europeo attraverso il Frejus. Una
delle peculiarità modali presenti nel polo logistico torinese è poi costituita
dall’autostrada ferroviaria alpina, attualmente costituita da 4 treni giornalieri a/r Italia/Francia;
- l’Interporto di Rivalta Scrivia, si configura come struttura altamente
orientata da un lato a fungere da piattaforma complessa, in cui le merci
non vengono solo movimentate e immagazzinate, ma subiscono operazioni ad elevato valore aggiunto (assemblaggio, imballaggio, lavorazioni
su prodotti grezzi poi direttamente trasferiti in impianti esterni per una
ulteriore lavorazione); da questo punto di vista forte è ormai il legame
con numerose aziende dell’Alessandrino e del Cuneese, determinando
una marcata identità localistica di questa struttura intermodale. Dall’altro
lato l’interporto sta consolidando la propria funzione di naturale area retroportuale di Genova Voltri, attualmente collegata con un treno a/r giornaliero;
- l’interporto di Novara è fortemente orientato all’intermodalità, svolgendo
per ora poche operazioni di magazzinaggio; l’85% dei 5 milioni di tonnellate di merci all’anno che vi transitano sono sottoposte a trasporto combinato. Il Cim di Novara ambisce a rafforzare i legami con i nodi della
rete logistica posti nel Nord Europa lungo una direttrice che attraversa la
Svizzera, l’Austria e prosegue verso i porti del Mare del Nord: Rotterdam,
Anversa e Zeebrugge sono infatti i punti di destinazione di una parte consistente delle merci che transitano per l’interporto di Novara, che tuttavia
riesce nel contempo a fungere da sistema retroportuale di Genova;
È indubbio che i tre interporti trovano la propria ragion d’essere nel fitto
tessuto di imprese manifatturiere e di servizi del territorio circostante, oltre
che nella vicinanza ad un sistema portuale ligure che necessita di spazi merci
più ampi di quelli oggi disponibili. Il transito merci tra Genova Voltri e Rivalta
Scrivia a cadenze regolari attraverso il treno shuttle (giornaliero) istituito a
partire da settembre 2007 traccia un percorso interessante di collaborazione
efficace e possibile tra due nodi logistici e delinea i fondamenti di una buona
prassi che andrebbe replicata in ulteriori contesti e che, pur timidamente, inizia a diffondersi presso altri interporti italiani.
62
Vi è, infine, un ulteriore aspetto che accomuna i tre interporti: essi appaiono
come tre strutture in divenire, in cui processi, metodi e infrastrutture sono costantemente aggiornati e ampliati con il fine di modernizzare le piattaforme
logistiche che essi rappresentano. Così, la società Sito intende fare dell’interporto di Torino non solo un transit point, ma una struttura in grado di creare
valore aggiunto tramite la lavorazione sulle merci e tramite l’offerta di servizi
di alta logistica. Tra le sue recenti realizzazioni vi è un magazzino totalmente
meccanizzato e informatizzato di circa 22.000 mq, sul versante intermodale
è invece prevista entro due/tre anni la realizzazione di una nuova piattaforma
intermodale di circa 60.000 mq, con magazzini raccordati alla ferrovia per
oltre 30.000 mq ed un traffico previsto di 5 treni completi a settimana. Rivalta Scrivia intende investire ulteriormente sulle attività di movimentazione
“lato terra” in collaborazione con i porti liguri antistanti. L’Interporto Cim di
Novara intende ampliare in modo sostanziale le attività di magazzinaggio e
logistica non configurandosi più solo come transit point. È probabilmente in
questa evoluzione costante che si configura un vantaggio competitivo per ciascuna di queste strutture, ovvero la capacità di adattarsi alle evoluzioni continue del mercato e della struttura produttiva incardinata nel territorio.
3.2.1.L’Interporto Sito di Torino-Orbassano
Operativo dai primi anni ’90, l’interporto (tab. 3.4) ha tra i suoi punti di
forza la collocazione geografica, con una posizione baricentrica (localizzato
ad Orbassano a sud-ovest di Torino) nel Nord-Ovest italiano (quindi con la
possibilità di essere un punto di confluenza di merci da direzioni diverse in
una arco temporale abbastanza breve) e l’immediata connessione con la A32
verso la Francia, con il sistema ferroviario che attraversa il Frejus e con la A5
verso la Svizzera. La posizione geografica permette pertanto a questo interporto di configurarsi come piattaforma logistica utile a fluidificare e ad incentivare l’intermodalità da e verso le Alpi, sulla direttrice del Corridoio V,
verso Lione. Questo orientamento a fungere da piattaforma merci destinate al
Quadrante europeo Nord-occidentale sta acquisendo consistenza anche attraverso il consolidamento del servizio dell’Autostrada Viaggiante (che consente
il trasporto di veicoli completi o dei semirimorchi), con quattro collegamenti
giornalieri via ferro a/r con la Francia, passando per il traforo del Frejus, a
partire dal novembre 2003.
Il centro controllo traffico, il gruppo manovra, il terminal ed i piazzali di stoccaggio consentono di integrare le diverse modalità di trasporto:
attualmente, il 30% dei 3 milioni di merci movimentati viaggiano tramite
63
Tab. 3.4 - Principali caratteristiche dell’Interporto Sito di Torino-Orbassano
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Quota di traffico ferroviario tradizionale
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
2.700.000
30%
20%
223
2.023
4.000
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
n.d.
euro 45.596.230,34
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1985
1990
Procedure d’esproprio e accordi bonari
d’acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
80.000 m2
900.000 m2 (superficie complessiva, compresi
spazi esterni)
Concessione - Affitto - Vendita
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Specializzazioni produttive
Interventi ritenuti prioritari
Automotive
Magazzini a temperatura controllata
Materie prime
Ampliamento fisico dell’interporto
Rapporti di collaborazione con il sistema dei
porti
Miglioramento attrezzature movimentazione
merci
Fonte: elaborazioni Censis su dati Sito Spa
intermodale, cui si aggiunge un’ulteriore quota del 20% che transita tramite ferrovia tradizionale. Gli spazi disponibili sono molto consistenti,
in particolare: 900.000 metri quadri destinati a magazzini e 150.000 metri quadri per lo stoccaggio all’aperto, cui si aggiungeranno 500.000 metri quadri per ulteriori insediamenti logistici. È in previsione la realizza64
Fig. 3.5 - Layout dell’Interporto Sito di Torino
Fonte: Interporto Sito Spa
zione di una magazzino di 120.000 metri quadri totalmente automatizzato
(fig. 3.5).
Come in molti casi, anche l’Interporto Sito di Torino si sta orientando
verso l’offerta di servizi logistici specializzati per filiera: in particolare la movimentazione ed il transito merci riguarda attualmente per lo più prodotti del
settore automotive, prodotti alimentari e materie prime. Specie per i due primi
comparti citati, appare evidente il forte “ancoraggio” di questa struttura al territorio di appartenenza che ha, infatti, come propri punti di forza sia l’industria della componentistica auto che le produzioni alimentari. Inoltre si vanno
diffondendo all’interno dell’area interportuale attività di manipolazione delle
merci stoccate, come l’imballaggio, il lavaggio (specie nel caso di prodotti
dell’ortofrutta) ed il confezionamento.
Fa parte della policy dichiarata dell’interporto avere solo una funzione di
gestione delle aree disponibili mentre l’erogazione dei servizi viene affidata o
a privati o a società partecipate dall’ente gestore dell’interporto.
65
È attualmente difficile individuare delle vere criticità: la struttura dispone di
ampi spazi, il livello di utilizzo del trasporto combinato va lentamente aumentando, i sistemi Ict più avanzati sono utilizzati, l’area è completamente cablata
e vi è in previsione, come indicato in precedenza, la realizzazione di nuove
strutture di stoccaggio e l’ampliamento delle superfici destinate ad insediamenti
logistici. Ovviamente sono possibili ulteriori interventi ed è per questo che la
società di gestione dell’interporto (Sito Spa) intende migliorare la connessione
con il sistema ferroviario e la gestione delle merci in entrata ed in uscita, potenziare la dotazione di macchinari per la movimentazione ed il sollevamento
merci, oltre ad avviare accordi di collaborazione con i porti più vicini.
3.2.2.L’Interporto di Rivalta Scrivia
Primo interporto ad essere realizzato in Italia (operativo dal 1966), Rivalta
Scrivia (tab. 3.5) si caratterizza per il forte accentramento delle funzioni organizzative ed operative nella società di gestione (l’Interporto Rivalta Scrivia
Spa). È questo l’effetto determinato dalla fatto che esso nacque per esclusiva
iniziativa di soggetti privati, i quali, solo di recente, hanno aperto il capitale
societario alla partecipazione pubblica.
Questo nodo logistico si è inoltre sempre contraddistinto per una marcata
e positiva vocazione localistica e per il forte radicamento nel territorio, nel
senso che esso ha sempre intercettato i flussi di merci soprattutto delle aziende
della provincia di Alessandria e di poche altre delle province contermini, non
limitandosi peraltro allo stoccaggio o alla movimentazione ma effettuando,
spesso in modo molto intenso, alcune lavorazioni di trasformazione, soprattutto sui prodotti alimentari.
Rivalta Scrivia si è specializzata in particolare nella lavorazione di prodotti
alimentari grezzi (ad esempio: burro di cacao), nell’imballaggio e raggruppamento di merci destinate a centri commerciali della Grande Distribuzione
Organizzata. All’interno dell’interporto sono stati pertanto creati appositi impianti per lo svolgimento di tali operazioni sulle merci.
La vicinanza al casello di Tortona consente una facile accessibilità agli
assi autostradali A7 e A21, ma soprattutto la vicinanza al porto di Genova, ha
sempre fatto della struttura di Rivalta Scrivia il retroporto di Genova Voltri.
La possibilità di fare uscire o entrare nel porto del capoluogo ligure solo su
ferro una parte delle merci sbarcate o da imbarcare consente il parziale decongestionamento degli assi stradali di accesso al porto con beneficio per la
città ligure. Sebbene molto possa essere ancora fatto per ottimizzare i flussi
di mezzi di trasporto in entrata ed in uscita dal porto di Genova, l’attivazione,
66
Tab. 3.5 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Rivalta Scrivia
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci movimentate su rotaia
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
1.382.000
20%
6
595
1.000
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 125.230.825,27
euro 25.656.275,96
euro 413.160,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1963
1966
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
300.000 m2
360.000 m2
Gestione diretta
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Principali obiettivi di sviluppo
Soft commodities
Beni di largo consumo/GDO
Autovetture
Ampliamento fisico dell’interporto
Acquisto di nuovi macchinari per
movimentazione merci
Ampliamento relazioni con il sistema dei porti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Rivalta Scrivia Spa
dal mese di settembre 2007, di un treno navetta a/r tra l’interporto di Rivalta
Scrivia ed il porto genovese rappresenta il primo passo per una collaborazione
con ricadute positive dal punto di vista ambientale, di decongestionamento
dell’area portuale genovese e di accelerazione del tempo di consegna delle
merci. Esistono inoltre le condizioni per intensificare questo tipo di servizio
di rapida movimentazione merci “lato terra” se Rfi permettesse un più intenso
utilizzo della linea ferroviaria tra l’interporto ed il porto. Altri porti con cui
Rivalta Scrivia ha rapporti regolari sono quello di La Spezia e di Ravenna.
67
Nella prospettiva di fungere da piattaforma logistica complessa, inoltre,
l’interporto sta realizzando un nuovo terminal al fine di accogliere ed operare con convogli di 650 metri, fino ad arrivare ad una lunghezza massima
di 1.000 metri. Le merci movimentate nel 2007 hanno superato 1.700.000
tonnellate (in crescita rispetto agli anni precedenti), il 25% delle quali subisce lavorazioni e trasformazioni all’interno dell’interporto. Il 20% del movimentato inoltre transita su ferro tradizionale ed il restante 80% su gomma. In
sostanza non viene praticata l’intermodalità nel senso più stretto e tecnico del
termine, ovvero non si sviluppano traffici containerizzati con modalità mista
ferro-gomma, ma la quota di utilizzo del mezzo ferroviario appare apprezzabile anche se la prospettiva dovrebbe essere l’intensificazione della stessa.
La dotazione di spazi è abbastanza consistente, con 250.000 metri quadri
di piazzali per autoveicoli, con 300.000 metri quadri di terminal intermodale
in fase di ampliamento, con 360.000 metri quadri di magazzini e 10.000 metri
quadri per uffici (fig. 3.6).
Gli obiettivi di medio periodo consistono in un ulteriore radicamento dell’interporto nel territorio di riferimento fungendo da piattaforma al servizio
Fig. 3.6 - Layout dell’Interporto di Rivalta Scrivia
Fonte: Interporto Rivalta Scrivia Spa
68
delle imprese locali e da struttura di smistamento “lato terra” soprattutto dei
sistemi portuali dell’alto Tirreno. Pertanto è previsto in primis il rafforzamento del dialogo con i porti vicini, in particolare con Genova, ma anche una
ulteriore azione di modernizzazione della struttura attraverso il potenziamento
dei macchinari di movimentazione merci, il potenziamento della dotazione di
Ict – Tecnologie dell’informazione e comunicazione, la disponibilità di nuovo
materiale rotabile.
3.2.3.L’Interporto Cim di Novara
Con i 156 treni a settimana collegati con le aree portuali del Nord Europa,
l’Interporto Cim di Novara (tab. 3.6) si configura come una delle strutture intermodali più aperte agli scambi con l’estero. La collocazione nelle immediate
vicinanze di un centro economico e produttivo come Milano e la possibilità
di una rapida connessione con la Svizzera conferiscono all’Interporto Cim di
Novara degli indubbi vantaggi competitivi e la possibilità di gestire flussi di
ampio respiro. Non è un caso che esistano ormai rapporti stabili con i porti
olandesi e belgi di Rotterdam, Genk, Anversa, Ostenda, Zeebrugge, ma anche
con quello francese di Le Havre.
Il livello di movimentazione raggiunto nel 2007 si avvicina ai 5 milioni di
tonnellate, l’85% delle quali con trasporto intermodale. Tale percentuale così
elevata è determinata dalla forte specializzazione in attività di trasporto e da
pochi spazi oggi destinati ad attività di magazzinaggio. La struttura novarese
ha preferito focalizzarsi sull’attività di interscambio, sebbene sia prevista l’intensificazione delle attività di stoccaggio delle merci con la realizzazione di
ulteriori magazzini oltre a quelli attuali presenti su 28.000 metri quadri.
Che il Cim ambisca ad essere prima di tutto una piattaforma di movimentazione merci specie dal Northern Range è d’altra parte sottolineato oltre che
dall’allestimento settimanale dei 156 treni cui in precedenza si è fatto riferimento anche dal transito giornaliero di almeno 500 camion che trasportano
container, casse mobili, semirimorchi e cisterne. In tale modo la struttura si
configura ormai come un interessante:
- punto di confluenza di merci provenienti dal Nord Europa e da una vasta porzione del sistema produttivo collocato nel Nord-Ovest (Piemonte e
Lombardia in particolare)
- e anello di congiunzione Nord-Sud, grazie al transito di merci provenienti
dal Northern Range e dal Nord Italia e diretto al Centro-Sud, specie verso
la direttrice tirrenica (esiste ad esempio un rapporto stabile con lo scalo
merci di Pomezia, nel Lazio).
69
Tab. 3.6 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Novara
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
194.476 Uti
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
85%
Numero di aziende insediate presso l’interporto 20
Numero di addetti operanti presso l’interporto
100
Stima del numero di addetti dell’indotto
250
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
euro 74.636.674,00
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 8.505.971,86
Altri contributi pubblici
euro 7.753.795,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
1987
Anno di entrata in funzione dell’interporto
1995
Principale modalità di acquisizione delle aree
Accordi bonari all’interno di procedure
d’esproprio
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Pianificazione urbanistica
Procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
200.000 m2
Magazzini
28.500 m2
Modalità di gestione delle aree
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Interventi ritenuti prioritari
Realizzazione di magazzini frigo
Impianto di pannelli fotovoltaici
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Nuovo materiale rotabile
Miglioramento gestione dei flussi di merce
Potenziamento delle relazioni con porti e
interporti
Ampliamento dei servizi di movimentazione
merci
Offerta di logistica urbana
Fonte: elaborazioni Censis su dati Cim Spa
70
Sebbene la parte più consistente dei servizi caratteristici di un interporto
siano oggi disponibili (dalle officine per la pulizia delle merci a quelle per la
riparazione dei container, dal terminal container agli impianti per il packaging di alcuni prodotti), il Cim di Novara punterà a breve sulla realizzazione
di strutture per la refrigerazione e sull’attivazione di una serie di servizi per
l’espletamento delle operazioni di logistica in entrata ed in uscita (disbrigo
pratiche doganali, tracciabilità e identificazione delle merci, ecc.) e per
l’avvio di city logistics per la città di Novara e Milano. Interessante infine
l’impegno alla realizzazione di un impianto con pannelli fotovoltaici per la
produzione di energia, specie in previsione della realizzazione dei magazzini
refrigerati.
Come per i principali interporti che cercano un migliore posizionamento
di mercato, anche il Cim di Novara ha come obiettivi di medio periodo lo
sviluppo di una strategia fondata soprattutto sul dialogo ed il rafforzamento
dei rapporti con altri nodi logistici del territorio nazionale, a cominciare dai
porti (in particolare, si rivela strategico il rapporto con Genova Voltri) e con
altri operatori della logistica.
3.3.Trento e Cervignano: il tentativo di razionalizzare i flussi transnazionali
attraverso i valichi alpini
L’Italia si colloca lungo due dei principali corridoi di traffico che attraversano l’Unione europea: il Corridoio I, che tramite l’asse del Brennero la
collega all’Europa centro-settentrionale, ed il Corridoio V, che la taglia da
Est a Ovest. Indubbiamente intercettare e partecipare a tali flussi rappresenta
una preziosa opportunità per la crescita economica del Paese, ma pone al contempo delicati problemi di congestionamento che se non vengono adeguatamente fronteggiati rischiano di limitarne le potenzialità di sviluppo.
Il livello di saturazione della viabilità può essere ridotto attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture, capaci di sostenere i ritmi di crescita di un
traffico stradale in costante aumento, oppure mediante un migliore utilizzo di
quelle già esistenti. Il problema è particolarmente delicato quando coinvolge
ecosistemi come quelli alpini, dove la salvaguardia dei valori ambientali assume un’importanza fondamentale. In tale contesto, puntare su una maggiore
efficienza dei sistemi di trasporto attraverso una scelta politica forte che promuova l’intermodalità e ponga un plafond al trasporto su strada sembra una
via obbligata, tanto più che a differenza della rete stradale quella ferroviaria
mostra ancora notevoli margini di crescita, con percentuali di utilizzo ancora
molto distanti dal 50% della capacità potenziale.
71
3.3.1.L’Interporto di Trento
L’interporto di Trento (tab. 3.7) è portatore, sotto molti aspetti, di interessanti peculiarità all’interno del sistema interportuale italiano. Ne costituiscono esempi di rilievo la particolare specializzazione intermodale, il modello
gestionale, gli investimenti realizzati e gli obiettivi di lungo termine.
Nel 2007, il volume di merci movimentate presso l’interporto ha raggiunto
5,6 milioni di tonnellate, un milione in più rispetto all’anno precedente. Il
servizio intermodale accompagnato (Autostrada Viaggiante), attivo dal 2001,
rappresenta il punto di forza dell’offerta di Interbrennero Spa. Nel 2006 le
tonnellate di merci movimentate con il servizio di Autostrada Viaggiante sono
pari a 1.200.000, valore corrispondente al 65% della movimentazione ferroviaria totale dell’interporto. Tale servizio è attivo sulla tratta Trento-Woergl
e prosegue fino a Regensburg. Il 23% del ferroviario movimentato, pari a
410.000 tonnellate, è invece costituito da spedizioni realizzate con il servizio
intermodale non accompagnato (tratte Trento-Colonia, Trento-Norimberga e
Trento-Ferrara, cui si aggiungerà la futura relazione tra Trento e Monaco). Il
restante 12% (230.000 tonnellate) è composto dal trasporto ferroviario tradizionale di merci sfuse o pallettizzate (Ravenna, Forlì, Ferrara, Milano e Duisburg).
In un anno, lungo i 241 km della tratta Trento-Woergl il servizio di Autostrada Viaggiante ha reso possibile sottrarre dalla circolazione su gomma
37.440 TIR. I 14 treni che quotidianamente effettuano il collegamento di andata e ritorno tra le due città stanno lavorando a pieno regime, con un tasso
medio di utilizzo delle navette pari al 90% e con la previsione di raddoppiare
l’offerta entro il 2009. L’intermodale accompagnato ha successo perché offre
agli operatori un’opportunità per bypassare il valico del Brennero conveniente
sia in termini di tempo che di costi:
- innanzitutto, l’utenza che ha un contratto continuato con Interbrennero Spa
può contare su una tariffa chilometrica inferiore rispetto al tutto-strada:
può spendere fino a 0,75 euro/km rispetto a costi su strada compresi tra
1,10 euro/km e 1,50 euro/km;
- il tempo di attraversamento, comprensivo delle operazioni di imbarco e
sbarco, è equivalente o addirittura inferiore rispetto a quello impiegato su
gomma. I tempi potrebbero essere ridotti ulteriormente se si adeguasse la
vigente normativa ferroviaria, che non permette al personale viaggiante di
operare su territorio estero;
- inoltre, per le imprese vi è anche il beneficio derivante dal fatto che sul
treno il cronotachigrafo digitale si ferma e l’autotrasportatore può svolgere
le ore di riposo previste per legge nell’apposita carrozza passeggeri;
72
Tab. 3.7 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Trento
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci movimentate su rotaia
4.634.313
40,4%
(65% spedizioni intermodali accompagnate;
23% spedizioni non accompagnate;
12% ferroviario tradizionale)
Numero di aziende insediate presso l’interporto 73
Numero di addetti operanti presso l’interporto
1.147
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 39.638.000,00
euro 0,00
euro 50.000,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1982
1984
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
138.213 m2
85.000 m2
Gestione diretta-Affitto-Vendita
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni logistiche
Autostrada Viaggiante
Pietrisco-ballast ferroviario
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Ampliamento delle relazioni con porti e interporti
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento della connessione con rete
ferroviaria
Miglioramento della gestione dei flussi di merci
Realizzazione di una piattaforma informatica
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interbrennero Spa
- non da ultimo, vi sono i vincoli per il superamento del Brennero dettati
dallo Stato austriaco, che tra le 22 di sera e le 6 del mattino raddoppia
la tariffa per il superamento del Ponte Europa, mentre l’Autostrada Viaggiante permette di spostarsi anche durante la notte senza dover sostenere
costi aggiuntivi.
73
Nonostante i numerosi vantaggi, l’intermodalità accompagnata è spesso
criticata in quanto definita un servizio non ottimale, poiché fa muovere oltre alle merci anche la tara. Tale posizione, che sarebbe condivisibile se la
rete ferroviaria operasse ad un livello prossimo a quello di saturazione, non è
tuttavia compatibile con l’urgente e fondamentale necessità di incentivare il
trasporto combinato:
- va detto che l’asse ferroviario del Brennero, a differenza della corrispondente autostrada, è ben lungi dall’essere saturo. A fronte di una capacità
di 240 treni giornalieri, oggi se ne spostano 150. Secondo le previsioni,
la rete è tranquillamente in grado di reggere i tassi di crescita previsti per
i prossimi 15 anni e soltanto in seguito si potrebbe porre effettivamente il
problema dell’efficienza complessiva del servizio;
- gran parte degli autotrasportatori non è ancora pronto a convertirsi all’intermodale puro non accompagnato, sia per ragioni di ordine strutturale che
di mentalità. Con riferimento al primo aspetto, in Italia le imprese o sono
poco strutturate (realtà di piccole dimensioni prive di sedi all’estero) oppure sono eccessivamente strutturate sul tutto-gomma, in termini di mezzi
e di personale, ed hanno bisogno di tempo per aggiornarsi, adeguarsi e
modificare la propria organizzazione aziendale. Per quanto riguarda la
mentalità, il trasportatore ha maturato negli anni una forte diffidenza nei
confronti del sistema ferroviario. L’intermodale accompagnato può consentirne un graduale riavvicinamento, da realizzarsi non chiedendogli di
smantellare la propria flotta ma semplicemente il modo in cui viene gestita,
pensando di farne viaggiare una quota anche su ferrovia. Se l’esperienza
sarà positiva, allora le quote di intermodalità accompagnata aumenteranno
e questo potrebbe essere il primo passo per una progressiva conversione
all’intermodale puro.
Favorire una conversione graduale e progressiva degli operatori all’intermodalità: è questa la sfida che si pone Interbrennero. Coerentemente con
tale obiettivo, la società ha adottato un modello di gestione degli spazi molto
particolare. Non si limita, infatti, a mettere a disposizione delle aziende i magazzini e gli uffici che provvede a edificare: ogni contratto di cessione o di locazione contiene impegni ben precisi e garantiti con fideiussione bancaria che
vincolano ad effettuare, per i primi 6 anni dall’insediamento, una certa quota
di spedizioni intermodali. Qualora non venissero realizzate, l’impresa dovrà
pagare una penale per ogni Uti o spedizione mancante. L’aspettativa di Interbrennero è che aziende esclusivamente dedite al tutto-gomma riescano nel
corso di sei anni a convertire la propria struttura, perché avranno avuto modo
di riorganizzare le sedi nazionali ed estere e di comprendere la convenienza in
termini di tempi e di costi rappresentata dall’intermodalità.
74
Terza peculiarità dell’interporto di Trento riguarda la questione degli investimenti e più in generale l’assetto economico-organizzativo. Tutti i lavori,
infatti, sono stati auto-finanziati attraverso incrementi di capitale e utili reinvestiti nella struttura: i terreni sono stati acquisiti e le opere realizzate senza
che l’interporto di Trento abbia potuto accedere ai finanziamenti previsti dalla
legge 240/90 né da altri contributi statali o comunitari. L’area interportuale
del Brennero sta fiorendo attraverso un approccio gestionale di tipo privatistico, basato su ricerche di mercato, identificazione delle aree di business e
verifica della clientela potenziale, con contratti pre-firmati prima di iniziare
gli investimenti. Un simile approccio non esclude, ovviamente, un ruolo di
primo piano degli enti pubblici locali nell’iniziativa.
La scommessa di puntare sul potenziamento della rete ferroviaria rappresenta la risposta politica e strategica della Regione Trentino-Alto Adige
e delle Province Autonome di Trento e Bolzano al continuo incremento dei
traffici lungo l’asse del Brennero. Invece che realizzare opere sulla rete viaria
come per esempio la terza corsia della A22 o la costruzione dell’autostrada
Valdastico Nord, tali enti hanno scelto di investire in via prioritaria con forza
e con ottimi risultati sull’intermodalità. Hanno pertanto deciso, in sinergia
con altri partner pubblici e privati, di acquistare, senza ricorrere a procedure
d’esproprio, 100 ettari di terreni da destinare alla costruzione di una piattaforma logistica. La decisione di non avvalersi di strumenti pubblici quali
l’esproprio, giudicati incompatibili con la natura privatistica della società, ha
portato ad acquistare i terreni ai prezzi di mercato, che in quella valle arrivano
a circa 450 euro al m². Il costo dei terreni ha spinto notevolmente verso l’alto
il valore complessivo degli investimenti realizzati: tra il 2003 e il 2008 la
società ha mosso, direttamente o indirettamente, risorse per 350 milioni di
euro, benché quelle ascrivibili alla capogruppo Interbrennero ammontino a
una cifra molto inferiore.
Sebbene il terminal intermodale sia in funzione già dal 1994, gli investimenti più significativi hanno avuto inizio nel 1999: si pensi che se nel
2006 il trasporto ferroviario ha superato 1,8 milioni di tonnellate e nel 2007
dovrebbe essere arrivato a 2,4 milioni di tonnellate, nel 1999 era soltanto di
104.000 tonnellate. Allo stato attuale, l’interporto è completamente cantierato (fig. 3.7).
Su un’area complessiva di 1 milione di m² adiacenti allo scalo ferroviario
pubblico sono stati realizzati un terminal intermodale di quasi 150.000 m²
dotato di 9 aste di binari di cui una impermeabilizzata per le lavorazioni speciali ed 85.000 m² di magazzini. I lavori porteranno ad una superficie coperta
di 148.000 m² suddivisa in 8 lotti destinati agli autotrasportatori artigiani e
industriali e alle imprese della logistica, oltre che ad attività di commercio
75
Fig. 3.7 - Layout dell’Interporto di Trento
3
1
11
2
5
4
6
7
10
8
11
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Autoparco
Circuito doganale
Scalo merci FS
Terminal
Centro servizi
Centro direzionale
Autotrasportatori artigiani
Autotrasportatori industriali
Trentino Trasporti spa
9
11
12
10 Sait scarl
11 Magazzini per la logistica
12 Piattaforma commercio
ingrosso e dettaglio
Strutture realizzate al 2007
Strutture in costruzione
Fonte: Interbrennero Spa
all’ingrosso. È in corso di realizzazione anche la costruzione di un centro direzionale e di un centro servizi che conterranno uffici, un albergo da 187 posti
letto, un auditorium, spazi commerciali e per la ristorazione, oltre ad un’officina multimarca.
Uno degli investimenti più lungimiranti effettuati dall’interporto riguarda
l’assetto informatico-organizzativo, concepito con lo specifico intento di
comprimere al massimo i tempi morti per i trasportatori. Oggi l’interporto di
Trento garantisce un tempo massimo di presa e consegna delle unità di carico,
con tutte le operazioni compiute e verifica dell’integrità esterna, inferiore ai
15 minuti. Tutte le procedure sono infatti automatizzate e gestite mediante un
sistema software: per accedere all’interporto i veicoli entrano in aree di decompressione dove avviene la filmatura dell’unità di carico, la verifica della
sagoma e la pesatura in linea (l’interporto di Trento è l’unico che effettua la
pesa di tutti i mezzi che entrano ed escono). Sono quindi indirizzati presso
un terminal di accettazione ove, a seguito di esito positivo di conformità, si
rilascia la carta d’imbarco. Lavorando soltanto su prenotazione, l’interporto
76
attraverso le tecnologie informatiche sa quando la merce arriverà, come e
quale posizione prenderà sul treno. Il trasportatore potrà quindi posizionarsi
sul binario in corrispondenza del punto ove avverrà il “tiro di gru” per il trasferimento del carico, senza messa a terra, riducendo i tempi di attesa e i costi
del servizio.
L’interporto di Trento è particolare, nello scenario logistico italiano, anche per quanto riguarda gli obiettivi di lungo termine. A differenza degli altri
protagonisti del sistema, infatti, sembra (forse paradossalmente) perseguire
la finalità di non espandersi ulteriormente, auspicando anzi una riduzione dei
valori di traffico. Tale atteggiamento non deve stupire: si consideri che la finalità principale della società Interbrennero Spa è sottrarre dalla circolazione
stradale il maggior numero possibile di veicoli. L’interporto può risolvere o
almeno alleviare il problema tra il valico del Brennero e la città di Trento,
mentre resta, invece, per tutta la parte sud della regione. Per tale ragione Interbrennero Spa è attualmente impegnata nel potenziamento e nella realizzazione
di terminali intermodali nel Nord Italia, a Domegliara di Valpolicella, Nogara,
Isola della Scala e Somma Campagna nel veronese e a Bondeno nel ferrarese,
con l’intento di poter incentivare l’utilizzo dell’intermodalità (accompagnata
e non) già al di fuori del Trentino Alto Adige.
3.3.2.L’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli
Come quello di Trento con riferimento all’Europa centro-settentrionale,
l’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli (tab. 3.8) sorge in una posizione strategica per quanto concerne i collegamenti tra l’Italia e l’Europa centro-orientale. Gode, infatti, dell’indubbio vantaggio di essere ubicato proprio
sugli assi ferroviario e autostradale del Corridoio V, attraversati da un volume
di merci in continua crescita, e lungo la trasversale orientale che tramite il
valico di Tarvisio collega le regioni adriatiche con l’Austria.
Proprio l’attraversamento del valico alpino del Tarvisio palesa l’urgente
necessità di un interporto friulano a regime, capace di sottrarre dalla strada un
traffico pesante in continua crescita. Il Tarvisio è il valico che nell’ultimo decennio ha visto crescere maggiormente il transito di mezzi pesanti, che sono
passati dai 500.000 veicoli all’anno del 1995 a 1.404.000 nel 2004: un incremento del 180% che porta a far convergere lungo tale direttrice il 18,9% del
traffico merci complessivo che attraversa le Alpi, a fronte di un più modesto
9,7% di dieci anni prima. Lo squilibrio modale è molto elevato, con un’incidenza del trasporto ferroviario che non supera il 23%: si stima infatti che
attraverso il Tarvisio transitino su gomma 19,1 milioni di tonnellate di merci,
77
Tab. 3.8 - Principali caratteristiche dell’Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli
Dati strutturali
Quantità di merci movimentate nel 2006
105.000 tonnellate + 8.400 Uti
Quota di intermodalità
98%
Numero di aziende insediate presso l’interporto 1
Numero di addetti operanti presso l’interporto
30
Stima del numero di addetti dell’indotto
100
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
euro 48.255.572
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 9.768.292
Altri contributi pubblici
euro 7.786.956
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
1997
Anno di entrata in funzione dell’interporto
2007
Principale modalità di acquisizione delle aree
Procedure d’esproprio e accordi bonari di
acquisizione
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Criticità nelle procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
160.000 m2
Magazzini
24.000 m2
Modalità di gestione delle aree
Gestione diretta per intermodale, affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Merci pericolose
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento della connessione con il sistema
autostradale
Miglioramento dei sistemi di gestione dei flussi
di merci
Potenziamento della dotazione informatica
Accordi di collaborazione con i porti
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Ampliamento dell’offerta di servizi rivolti alle
merci
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Alpe Adria di Cervignano del Friuli Spa
78
mentre su rotaia vengono movimentate appena 5,8 milioni di tonnellate, valore rimasto sostanzialmente stabile nell’arco del decennio. Tale tendenza si
è verificata nonostante negli stessi anni sia stata completata la nuova linea
Pontebbana tra Udine e il Tarvisio, a doppio binario elettrificato, che ha notevolmente incrementato la capacità ferroviaria: sulla nuova linea si potrebbero
agevolmente trasportare da 20 a 25 milioni di tonnellate di merci all’anno,
con uno sfruttamento delle potenzialità offerte che attualmente non supera il
20%.
Nella prospettiva di un rafforzamento dell’intermodalità per gli attraversamenti alpini, la localizzazione geografica dell’Interporto Alpe Adria e la
qualità e quantità delle infrastrutture che tale nodo mette a disposizione degli
operatori possono consentirgli di assumere un ruolo decisamente significativo, anche se non mancano una serie di problemi che ne frenano le potenzialità di sviluppo.
Cervignano del Friuli è collocato in una posizione baricentrica rispetto ai
più importanti centri urbani e logistici della regione: Udine, a Nord, dista 29
km; Gorizia, a Nord-Est, 29 km; Pordenone, a Nord-Ovest, 62 km; Trieste,
con il suo importante porto, si trova a circa 48 km di distanza in direzione
Sud-Est; 29 km dista anche il porto di Monfalcone; Porto Nogaro è invece
soltanto a 11 km. L’Interporto è tuttavia ancora carente sotto il profilo dei collegamenti viari: l’autostrada A4 passa a 9 km di distanza ed il traffico merci si
sovrappone a quello locale attraversando il centro abitato. Per ovviare a tale
problema, si è deciso di realizzare un nuovo collegamento tra l’autostrada e
l’interporto, prevedendo la costruzione di un casello dedicato e una variante
alla strada statale di grande comunicazione che ne consenta l’accesso diretto
senza dover passare dal Comune di Cervignano. Come qualsiasi infrastruttura
puntuale, l’interporto di Cervignano del Friuli può essere realmente competitivo soltanto se inserito in un contesto complessivo efficiente: la predisposizione della viabilità di accesso ed un migliore collegamento con l’autostrada
è pertanto indispensabile. Sembra che i ritardi, che hanno paralizzato l’attività
dell’interporto per quasi due anni, siano dovuti alla necessità di comprendere
con precisione quale sarà l’esatto percorso della linea Alta Velocità/Alta Capacità in via di definizione.
Per quanto riguarda le strutture a disposizione, il centro intermodale è
stato concepito per essere realizzato in due fasi, la prima ad Est e la seconda
ad Ovest del grande scalo di smistamento ferroviario di Cervignano, la prima
con una partecipazione attiva da parte dell’Amministrazione regionale e la
seconda lasciando spazio all’iniziativa degli operatori privati. La prima fase,
che si sviluppa su una superficie complessiva di circa 46 ettari, ha visto la
costruzione:
79
- di un terminal intermodale da 160.000 m², costituito da 6 binari da 750 m
ed un binario di raccordo al limitrofo scalo di smistamento ferroviario;
- di 24.000 m² coperti, costituiti da due magazzini raccordati;
- di un piazzale operativo per l’intermodalità;
- di 7.000 m² di tettoie per il ricovero delle merci.
La seconda fase prevede la realizzazione di ulteriori 26.000 m² di magazzini con i relativi piazzali di sosta e di altri 17.000 m² di tettoie ed occupa una
superficie di circa 51 ettari. Sarà possibile servire tale area mediante un apposito binario di raccordo, già previsto nel piano regionale particolareggiato,
anche se manca al momento la copertura economica. Il problema si spiega
con l’intenzione di non apportare contributi pubblici alla realizzazione della
seconda fase: l’idea che sta alla base della costruzione dell’Interporto Alpe
Adria prevedeva infatti un ruolo attivo della Regione, attraverso una società
controllata, soltanto nella fase di start-up dell’interporto per poi lasciare al
mercato la realizzazione delle ulteriori opere.
Se il progetto di realizzazione dell’interporto risale al 1988, quando fu inserito nel Piano Regionale Integrato dei Trasporti della Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia, e lo studio di fattibilità tecnico-economica fu completato nel 1990, l’interporto non è entrato realmente in funzione che nel 2006,
anno in cui ha movimentato 105.000 tonnellate di merci sfuse o pallettizzate e
8.400 unità di traffico intermodale. Dal 2000 era invece attiva esclusivamente
una piccola parte del piazzale intermodale. Al suo interno opera attualmente
un’azienda soltanto, la Friultrans, che offre servizi di spedizione. È invece in
fase di sviluppo l’assegnazione delle restanti aree.
Oltre all’assenza di collegamenti viari adeguati, l’interporto soffre anche
per un’eccessiva proliferazione nell’area di strutture che intendono convertirsi all’intermodalità: l’autoporto di Fernetti e l’autoporto di Sant’Andrea,
per esempio, sono strutture originariamente funzionali allo svolgimento delle
operazioni doganali e che hanno dovuto inventarsi una nuova finalità in seguito all’apertura delle frontiere. Tuttavia il bacino di utenza di tali centri, in
una realtà produttiva relativamente limitata quale è quella regionale, rischia
di rendere insufficiente il volume di merci movimentabile in ognuno di essi
per giustificarne l’esistenza e per rendere competitivi i loro costi. Inoltre, la
società interportuale lamenta un trattamento sfavorevole da parte del gruppo
Ferrovie dello Stato, che penalizzando in termini di costi le tratte da e per
Cervignano le rende poco attraenti per gli operatori.
80
3.4.Gli interporti sulla costa: esperienze di riconversione di aree industriali
a Venezia e a Vado Ligure
Comunemente si attribuisce alla piattaforma intermodale degli interporti
la denominazione di inland terminal, in quanto tali strutture di solito sono
collocate nell’entroterra ed i fondamentali rapporti di interscambio con i porti
avvengono per via ferroviaria. Da tale regola, in Italia si discostano i due interporti costieri di Venezia e di Vado Ligure. Entrambe strutture prevalentemente private, che fanno riferimento rispettivamente agli imprenditori della
famiglia De Vecchi e della famiglia Pacorini, hanno però caratteristiche e fasi
di sviluppo molto differenti l’uno dall’altro. Quello veneto ha realizzato investimenti per oltre 100 milioni di euro, movimenta ogni anno circa 2 milioni di
tonnellate di merci ed è attualmente impegnato in progetti di forte espansione;
quello ligure, strettamente integrato all’attività del porto di Savona-Vado, è
un polo tecnologicamente all’avanguardia specializzato nella lavorazione,
conservazione e distribuzione del caffè e di altre soft-commodities. Investimenti complessivi per circa 20 milioni di euro hanno consentito di realizzare
una struttura in grado di movimentare attualmente circa 130.000 tonnellate di
merci all’anno.
3.4.1.Un investimento imprenditoriale e sociale a Porto Marghera
L’Interporto di Venezia (tab. 3.9) rappresenta una delle più significative
esperienze di riconversione dell’area industriale di Marghera. La sua storia
ha inizio nel 1993, quando l’azienda siderurgica Alusuisse è costretta a chiudere, mettendo in mobilità 176 dipendenti. Una compagine di imprenditori è
allora intervenuta, acquistando i 18 ettari su cui sorgeva la precedente realtà
imprenditoriale ed assumendone tutto il personale. Gli stabilimenti sono stati
demoliti ed ha avuto inizio la trasformazione dell’area in polo logistico. Il
primo investimento significativo, dell’importo di quasi 7 milioni di euro interamente realizzato con fondi propri, ha riguardato la capacità di approdo della
banchina, che ha consentito un immediato aumento dei traffici.
Il salto di qualità si è avuto nel 1998, con il riconoscimento pubblico dell’interporto e la possibilità di accedere ai contributi ministeriali a sostegno
dell’intermodalità. Dopo aver firmato la convenzione con il Ministero dei
Trasporti, tra il 2003 e il 2007 l’interporto ha ricevuto finanziamenti per 30
milioni di euro, che hanno consentito di attivare investimenti complessivi
per 70 milioni di euro. Dal 1994 ad oggi l’Interporto di Venezia ha realizzato
opere per oltre 100 milioni di euro.
81
Tab. 3.9 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Venezia
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci movimentate su rotaia
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
1.800.000 tonnellate
10%
11
303
1.500
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 103.192.880,88
euro 29.898.391,08
euro 11.751.494,99
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1994
1994
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Magazzini
Piazzali
Modalità di gestione delle aree
90.000 m²
3.000 m²
Affitto-Diritto di superficie-Gestione diretta
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Principali obiettivi di sviluppo
Siderurgia
Rinfuse
Potenziamento dei sistemi informativi
Ampliamento fisico dell’interporto
Accordi di collaborazione con porti e interporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Venezia Spa
Attualmente l’interporto può contare su 25 ettari di terreno, grazie all’acquisto dell’ex-Sava (Società Anonima Veneta Alluminio) e dell’Ekrart (storica fabbrica che produceva pasta d’alluminio e che aveva chiuso licenziando
42 dipendenti, molti dei quali assunti dall’interporto). Su tale area (ex-Sava
ed Ekrart) sono stati realizzati 90.000 m² di magazzini, tra cui un polo per la
logistica del freddo recentemente inaugurato e 5 silos verticali destinati allo
stoccaggio di merci alla rinfusa capaci di contenere complessivamente circa
150.000 tonnellate. Magazzini e uffici vengono dati in locazione mediante
contratti di servizio pluriennali (9+9) con tariffa indicizzata.
82
Le 11 aziende insediate, tra cui si contano 5 operatori logistici e 4 imprese
che effettuano lavorazione delle merci, occupano all’incirca 200 persone. Oltre al personale direttamente assunto dalla società Interporto di Venezia Spa
(13 persone) e dalla società di gestione Centro Intermodale Adriatico Spa (90
persone) e a quello dei soggetti che operano all’interno dell’interporto, l’occupazione generata attraverso l’indotto viene stimata in 1.500 persone. Le tipologie merceologiche trattate si suddividono in due categorie:
- i prodotti siderurgici (ghisa, coils, bramme, billette, ferro e leghe, tubi,
chiusini e tondoni, lingotti di ferro);
- le rinfuse (granaglie, fertilizzanti, carbonati e solfati, sabbia ed argilla,
gesso e magnesite, clinker, carbone, ferroleghe, cemento, alluminio).
Vero punto di forza dell’interporto di Venezia è la capacità di offrire ai
propri clienti, tra cui le principali imprese siderurgiche del Nord-Est ed alcuni
grandi gruppi internazionali, un’interessante offerta di servizi logistici e di
prima lavorazione, che permette in certi casi di ottenere già alcuni prodotti
finiti. Il personale della società di gestione dell’interporto, la Cia (Centro Intermodale Adriatico Spa) svolge in prevalenza servizi ausiliari alle operazioni
di imbarco e sbarco delle merci, tra cui l’insacco e la pallettizzazione delle
merci alla rinfusa, la macinazione, la setacciatura, la miscelazione e la deferrizzazione.
Nella situazione attuale l’operatività dell’interporto è massima: tutti gli
spazi disponibili sono utilizzati e si lavora a pieno regime. Le prospettive future sono positive e prevedono una significativa crescita dell’interporto, sia
in termini di spazi che di occupazione, volumi di merci e fatturato. Di particolare rilievo è l’accordo cui, nel maggio 2007, l’interporto è pervenuto con
la Montefibre, azienda chimica che proprio a Porto Marghera ha uno dei suoi
più importanti stabilimenti nazionali. L’accordo prevede che 30 ettari attualmente inutilizzati dei 66 occupati dalla Montefibre siano bonificati e convertiti ad attività logistiche. L’area, oltre ad essere ben servita dalla rete viaria, è
dotata di una banchina da 1,2 km che aggiungendosi ai 470 metri di quella già
funzionante presso l’interporto ne accrescerà considerevolmente la capacità
di movimentazione delle merci.
Sotto il profilo economico-imprenditoriale, solitamente il principale merito degli interporti è quello di contribuire alla razionalizzazione e al consolidamento degli operatori logistici presenti sul territorio e di offrire quindi,
indirettamente, un sostegno alle imprese che vi operano. L’importanza del
caso veneziano consiste nel produrre, oltre a tali effetti, anche quelli legati
al recupero di un’area che da lungo tempo sta ormai attraversando una fase
di declino. La riconversione alle attività logistiche, intuita con lungimiranza
dagli imprenditori che hanno avviato l’esperienza dell’interporto, ha saputo
83
cogliere le opportunità offerte dai mutamenti in atto nel tessuto produttivo
del territorio ed è riuscita a dare nuove prospettive occupazionali ai lavoratori.
La sfida che però ad oggi resta sostanzialmente irrisolta è legata alla questione dell’intermodalità terrestre. Il 90% delle merci che giungono all’interporto su nave proseguono il tragitto su gomma, attraverso la tangenziale di
Mestre o la Romea. L’interporto è invece in sofferenza per quanto riguarda
i collegamenti ferroviari. Per favorire il trasferimento merci su rotaia si sta
attualmente procedendo alla realizzazione di 2.000 metri di binari di nuova
costruzione, che si aggiungono ai 3.000 già esistenti, inseriti in un programma
di ampliamento che prevede un miglioramento dei collegamenti alla linea ferroviaria principale ed una maggiore infrastrutturazione ferroviaria della banchina.
3.4.2.L’Interporto di Vado Ligure
Pur non disponendo di una propria banchina, l’interporto di Vado Ligure si
estende su un’area di 145.000 m² proprio alle spalle del porto di Savona-Vado,
con cui lavora in stretta sinergia (fig. 3.8). Gestito dalla famiglia Pacorini, uno
dei più grandi gruppi italiani operanti nelle attività di trasporto e manipolazione di materie prime, è una piattaforma logistica integrata per la gestione, lo
stoccaggio e la distribuzione di merci via mare e via terra.
La struttura è sorta su quello che un tempo era uno stabilimento industriale della Fiat, un capannone da 300 metri di lunghezza e 175 di larghezza
che grazie ad un investimento iniziale di circa 5 milioni di euro è stato riconvertito, tra il 1997 e il 1999, in centro logistico intermodale. Attualmente è
composto da 54.000 m² di magazzini tecnologicamente all’avanguardia, di
cui 18.000 m² destinati a servizi di lavorazione e conservazione di prodotti
alimentari e 3.000 m² a celle frigorifere, e da 2.000 m² di uffici. In tali spazi
sono insediate complessivamente 10 aziende, tra cui 7 imprese di trasporti,
movimentazione e distribuzione e 2 specializzate nelle operazioni di manipolazione e prima lavorazione. 60 sono gli addetti complessivamente operanti
all’interno dell’area e ad altrettanti si stima ammonti l’indotto dell’interporto
(tab. 3.10).
Le specializzazioni principali sono legate alla movimentazione ed al
trasporto di prodotti dell’elettronica e degli elettrodomestici, oltre che dell’industria agro-alimentare, anche con riferimento alla filiera del fresco e
dei surgelati. Come da tradizione, comunque, il Gruppo Pacorini si dedica
in particolare ad articoli quali frutta secca, spezie e caffè. Il caffè verde è il
84
Fig. 3.8 - Localizzazione dell’Interporto di Vado Ligure
Interporto di Vado Ligure
Fonte: Autorità portuale di Savona
vero core business dell’interporto. In quest’ambito Pacorini ha una consolidata esperienza iniziata negli anni ’70, quando ha introdotto le prime novità
nella logistica del caffè con la pallettizzazione dei sacchi del crudo, e consolidatasi con lo sviluppo della tecnologia Silocaf, utilizzata per migliorare
qualitativamente le miscele con l’eliminazione delle impurità e dei difetti.
Grazie alla realizzazione dell’impianto Silocaf l’azienda Pacorini è diventata
il primo operatore logistico di caffè in Italia e nel mondo e dal 1992 esporta il
proprio know-how negli Usa ed in Brasile, attraverso società controllate. Nell’impianto industriale Silocaf di Vado vengono eseguite operazioni di carico e
scarico, pulitura, upgrading, crivellatura ottica, spietratura, separazione, stoccaggio e movimentazione. A tal fine è utilizzata una batteria di silos costituita
da 42 celle da 110 tonnellate.
85
Tab. 3.10 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Vado Ligure
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci movimentate su rotaia
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
125.000 tonnellate
10%
10
59
60
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 18.891.000,00
euro 7.633.852,66
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1994
1999
Accordi bonari di acquisizione
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Magazzini
Uffici
Modalità di gestione delle aree
54.000 m²
2.000 m²
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Prodotti agroalimentari
Prodotti freschi e congelati
Elettronica ed elettrodomestici
Principali obiettivi di sviluppo
Miglioramento dei sistemi informativi per
gestione merci
Realizzazione di nuovi immobili
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento connessione con il sistema
ferroviario
Miglioramento delle attrezzature di
movimentazione merci
Potenziamento dei servizi offerti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Vado I.O. Scpa
Dal 2003 l’interporto di Vado Ligure ha sviluppato una capacità di movimentazione complessiva che si mantiene intorno alle 130.000 tonnellate
all’anno. Grazie alla realizzazione di nuovi magazzini, si prevede che nei
prossimi anni raggiungerà una capacità tra le 250.000 e le 300.000 tonnellate,
così da poter adeguatamente rispondere alle prospettive di crescita dei traffici
86
portuali, legate nel breve periodo all’azione commerciale dei terminal e, a
medio termine, all’attuazione della progettualità del nuovo Piano Regolatore
dello scalo. L’Autorità Portuale di Savona ha elaborato un progetto innovativo
che coinvolge operatori ferroviari e logistici, pubblici e privati, basato su un
approccio che punta ad integrare in un unico sistema multimodale i differenti
canali di trasporto terrestre che servono il porto di Savona-Vado: autostrade,
ferrovia e funivia. Il primo passo prevede l’attivazione di collegamenti shuttle diretti dal porto verso i parchi ferroviari dove i treni saranno consegnati
agli operatori di rete. L’Autorità Portuale provvederà all’acquisto di mezzi
di trazione dedicati al servizio navetta, mentre ha già avviato interventi per
potenziare gli impianti ferroviari portuali.
Oltre al previsto ampliamento fisico delle strutture, i due elementi di cui
per l’interporto è prioritario un miglioramento sono rappresentati dalla connessione con il sistema ferroviario e dai sistemi di gestione dei flussi di merci
in entrata e in uscita. Ad oggi, soltanto una quota residuale del traffico viene
infatti movimentato per via ferroviaria.
3.5.La riscoperta della modalità fluviale: l’Interporto di Rovigo e le potenzialità della navigazione sui canali
Peculiarità e ragion d’essere dell’Interporto di Rovigo è la riscoperta della
modalità fluvio-marittima per il trasporto delle merci. Posizionato lungo
l’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, che consente di raggiungere l’Adriatico dalle province di Mantova, di Cremona e di Verona senza i
problemi legati al regime idrico altalenante del Po, è direttamente collegato al
cuore della Pianura Padana, un territorio densamente industrializzato che da
un potenziamento della navigazione fluviale potrebbe trarre notevoli benefici
(fig. 3.9, tab. 3.11).
Stime risultanti da uno studio effettuato dalla Società Consortile Idrovie
Padane, ritengono che il bacino di merci potenzialmente attraibile da un sistema fluviale a regime ammonta a circa 4 o 5 milioni di tonnellate. Oltre
che le tipologie di prodotti per cui già oggi viene utilizzato (cereali, derivati
energetici e merci varie alla rinfusa), un miglioramento dell’arsenale permetterebbe di spostare su tale modalità gran parte del trasporto di prodotti siderurgici e di materiali inerti per le costruzioni, così come grossi manufatti destinati all’esportazione quali motori o turbine. I benefici sarebbero immediati,
tanto per le imprese che per la collettività. Già ognuna delle chiatte attuali, la
cui capacità di carico è di circa 1.200 tonnellate, sottrae alla circolazione stradale l’equivalente di circa 40 tir. I progetti di navi fluvio-marittime realizzati
87
Fig. 3.9 - Il sistema fluviale del Nord-Est
Fonte: Società Consortile Idrovie Padane
dall’Università di Genova ed in corso di realizzazione ne aumenterebbero la
capacità a 2.000 tonnellate o 98 Teu. Per molte imprese l’utilizzo della modalità acqua potrebbe rappresentare un notevole vantaggio, in termini di costi
di trasporto. Inoltre sul canale, ben lontano da un livello di saturazione, le
chiatte possono circolare 24 ore al giorno senza incontrare le limitazioni che
invece ostacolano i trasporti su strada (su arterie spesso congestionate) o ferrovia (dove, specialmente in certe fasce orarie, la priorità è data al trasporto
passeggeri).
Se la domanda potenziale è elevata, insufficiente è invece l’offerta attualmente disponibile, per mancanza di armatori che investono su questa modalità. Per tale ragione, l’interporto di Rovigo oltre alla propria attività logistica
sta svolgendo un’intensa opera di marketing finalizzata a promuovere e far
conoscere le potenzialità offerte dal naviglio. Tra i progetti di sistema di cui
la società interportuale si è fatta promotrice, il più interessante consiste cer88
Tab. 3.11 - La rete idroviaria padano-veneta attualmente in esercizio
Km
Il fiume Ticino da Pavia alla confluenza con il Po
Il fiume Po dalla foce del Ticino a Cremona
Il fiume Po da Cremona al mare
Il primo tratto del canale MI-CR-Po (fermo a Pizzighettone)
Il fiume Mincio da Mantova al Po (via Governolo)
Il canale Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante
Il Po di Levante
L’Idrovia Ferrarese (Pontelagoscuro-Porto Garibaldi)
Il canale Po-Brontolo (Chioggia)
La Laguna Veneta (da Chioggia a Venezia)
La Litoranea Veneta (da Venezia alla foce dell’Isonzo)
Totale
7
97
292
14
21
117
18
70
19
30
127
812
Fonte: Società Consortile Idrovie Padane
tamente nella realizzazione di un “porto a mare” nell’Adriatico, in un punto
in cui i fondali raggiungono i 25 metri. È noto che il problema principale di
quasi tutti i porti dell’Adriatico è la bassa profondità dei fondali, non adatti
a ricevere navi di grosso tonnellaggio come le Superpanamax. La proposta
dell’interporto di Rovigo, accolta con interesse e migliorata con il contributo
del porto di Venezia e di imprenditori privati, consiste nella costruzione di una
piattaforma (lunga 400 metri e larga 150) a circa 2,8 miglia dalla costa, sulla
quale avverrà la rottura di carico. Il trasbordo potrà avvenire sia direttamente,
tra la nave e un’imbarcazione adibita alla navigazione fluvio-marittima, sia
attraverso una banchina di stoccaggio. I carichi potranno quindi raggiungere
i porti interni di Rovigo, Canda, Legnago, Mantova, Cremona e Ferrara (fig.
3.10).
L’intervento è già stato approvato e pubblicato dalla Regione Veneto ed
ora è all’approvazione della Via regionale.
Nella prospettiva di un simile scenario, l’interporto di Rovigo (tab. 3.12)
si troverebbe ad assumere un’importanza considerevole. Attivo dal 2003, già
oggi movimenta merci per oltre un milione di tonnellate, legate in prevalenza
alla filiera agro-industriale (soja e girasoli i prodotti trattati in prevalenza),
di cui il 45% viene movimentata attraverso la banchina fluviale. Le aree di
pertinenza dell’interporto si espandono su una superficie complessiva di 1,9
milioni di m² di cui 500.000 già urbanizzate e a disposizione del sistema economico per insediamenti logistici e produttivi.
89
Fig. 3.10 - Terminal merci al largo della costa di Porto Levante
Fonte: Società Consortile Idrovie Padane
L’interporto di Rovigo è quindi un nodo plurimodale che integra tre tipologie di vettori: stradale, ferroviario e fluviomarittimo. Infrastruttura improntata
alla massima efficienza che prevede la suddivisione funzionale delle superfici
su cui sorge: una riservata completamente alla logistica e l’altra adiacente e
complementare adibita ad insediamenti produttivi connessi con l’intermodalità.
A tutt’oggi l’interporto è così infrastrutturato:
- 41.000 m² di magazzini raccordati ferroviariamente;
- 3.000 m² uffici;
- 35.000 m² piazzali per la movimentazione e lo stoccaggio delle merci;
- 18.000 m² terminal ferroviario;
- 800 metri di banchina di accosto fluviale;
- darsena per natanti da diporto.
La capacità di movimentazione delle merci è pari a 3.500 tonnellate al
giorno. È, inoltre, previsto un ampliamento del terminal ferroviario ed un
90
Tab. 3.12 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Rovigo
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
900.000 tonnellate
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
50%
Numero di aziende insediate presso l’interporto 7
Numero di addetti operanti presso l’interporto
110
Stima del numero di addetti dell’indotto
220
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
1998
Anno di entrata in funzione dell’interporto
2003
Principale modalità di acquisizione delle aree
Accordi bonari di acquisizione
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Ottenimento della Valutazione di Impatto
Ambientale
Pianificazione Urbanistica
Procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
50.000 m²
Magazzini
40.000 m²
Piazzali
3.000 m²
Modalità di gestione delle aree
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Agro-industria
Principali obiettivi di sviluppo
Potenziamento dei sistemi informativi
Ampliamento fisico dell’interporto
Accordi di collaborazione con porti e interporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto di Rovigo Spa
riassetto della viabilità stradale. Con riferimento alla rete viaria, l’interporto
è direttamente collegato all’autostrada A13 Bologna-Padova, alla Transpoletana e alla Romea; per quanto riguarda quella ferroviaria, l’interporto è collegato mediante un fascio di presa e consegna di 2,5 km alla stazione di Rovigo,
posta sulla linea Bologna-Padova e su quella Verona-Chioggia.
L’interporto, riconosciuto quale soggetto finanziabile dalla legge 240/90,
per la propria infrastrutturazione ha beneficiato di fondi comunitari e regionali.
91
3.6.Livorno, Prato e Parma: il valore strategico del quadrante dell’Alto
Tirreno
C’è un filo rosso che lega gli interporti di Livorno, di Prato e di Parma ed
è l’ambizione di connettere il quadrante centro-orientale della fascia tirrenica
con il medesimo quadrante della fascia adriatica (fig. 3.11). Si viene così a
determinare, almeno da un punto di vista ideale e funzionale, un sistema interportuale complesso, grazie a fitte connessioni tra nodi e reti della logistica.
Il valore strategico di tale sistema tirreno-adriatico può forse essere meglio compreso tenendo conto che:
- l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno, da pochi anni operativo e con ampia disponibilità di spazi, mira ad intercettare i flussi di merci
da e per i porti di Livorno, di La Spezia e di Genova, per fungere da strutFig. 3.11 - Quadrante settentrionale Tirreno
Fonte: Censis
92
tura di smistamento sia verso il versante adriatico, ovvero verso Bologna
e Ravenna, che lungo la direttrice tirrenica che dalla costa della Toscana
settentrionale volge a Sud (Napoli, Gioia Tauro);
- l’interporto di Prato si configura, già da tempo, piattaforma di smistamento
di flussi di materie prime (zolfo liquido in particolare) e commodities provenienti dal Mezzogiorno e dirette più a Nord o verso i siti di lavorazione
nell’area di Grosseto (Scarlino in particolare). Si vanno consolidando i legami con il porto di Livorno, presso il quale sono operativi 3 treni-navetta
settimanali, oltre i legami con il porto di La Spezia. Nei piani futuri dell’ente di gestione della struttura vi è l’idea di fare dell’interporto pratese
un nodo logistico al centro della direttrice orizzontale che ha come estremi
La Spezia ad ovest e Ravenna ad est;
- l’Interporto Cepim di Parma si colloca al centro dell’area padana e lungo
la direttrice segnata dal Corridio TEN 1; più che apparire in concorrenza
con una struttura consolidata, di grandi proporzioni e competitiva quale il
vicino interporto di Bologna esso appare quasi complementare. Il Cepim è
specializzato per filiera produttiva (accoglie in larga misura aziende operanti in pochi comparti) e mira anche esso a fungere da area di interscambio intermodale lungo la direttrice tirreno-adriatica settentrionale che ha
come estremi da un lato i porti di Livorno, La Spezia e Genova e dall’altro
il porto di Ravenna; esso sembra avere in sostanza un raggio di azione più
specifico e ridotto rispetto all’interporto di Bologna, ma non per questo di
minore rilevanza.
Al contrario del Cepim di Parma, con un elevato livello di utilizzo degli
spazi, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno e quello della Toscana Centrale di Prato presentano ancora ampi margini di utilizzo; essi presentano in sostanza elevate potenzialità di crescita, ovvero capacità di movimentazione merci e di più intenso utilizzo dell’intermodalità. Ciò presuppone,
tuttavia, un consistente livello di collaborazione con le strutture portuali, specie della fascia tirrenica, con nuovi accordi per l’allestimento di treni shuttle e
l’adeguamento di alcune infrastrutture di rete, a cominciare dalla linea ferroviaria Pontremolese che collega l’area parmense con quella di La Spezia.
Le buone performance in termini sia di ricavi, ma soprattutto di crescita
dei livelli di merci movimentate negli ultimi anni soprattutto dal Cepim di
Parma e dall’Interporto della Toscana Centrale di Prato, nonché le prime attività svolte dall’interporto di Livorno lasciano immaginare che la capacità di
tali strutture di incidere sia sui processi di sviluppo economico dei territori
circostanti che di incentivare l’intermodalità sia consistente.
I tre interporti trovano una specifica ragion d’essere in un tessuto di imprese abbastanza fitto con consistenti e crescenti fabbisogni in termini di logi93
stica avanzata, ovvero di corretta ed efficiente gestione di flussi di prodotti finiti e di semilavorati, che trovano sia nei porti che negli interporti interessanti
aree di stoccaggio e smistamento: è questo, ad esempio il caso dei prodotti
alimentari, delle autovetture e della cellulosa nell’area livornese, dei prodotti
del tessile-abbigliamento-moda nell’area di Prato e dei prodotti alimentari e
della meccanica nell’area parmense.
L’offerta dell’intermodalità ed in particolare della movimentazione su ferro
appare, inoltre, un fattore rilevante per i tre territori in cui si collocano gli
interporti qui considerati: essi garantirebbero, in particolare, il decongestionamento di alcuni assi stradali; è questo il caso, in particolare, della A15 Parma
mare, che collega il Parmense con l’area di La Spezia, dell’A11 Autostrada
Firenze-Mare e della Strada di Grande Comunicazione Firenze-Pisa-Livorno
(in questo caso l’interporto di Prato si rivela, già oggi, come una struttura di
decongestionamento del traffico merci per Firenze e, in futuro, di city logistics sempre per il capoluogo toscano).
Sebbene sia azzardato configurare un sistema interportuale integrato, cioè
composto da tre nodi con forti legami funzionali, non è neanche possibile dire
che le strutture di Livorno, Prato e Parma siano fra loro in competizione o in
sovrapposizione. Ciò che colpisce è, infatti, la capacità di tutti e tre di captare
i flussi di merci che derivano dai sistemi portuali dell’alto Tirreno (Livorno,
La Spezia, Genova e anche Savona) e l’orientamento a collaborare in modo
da offrire servizi di navetta che si spingano fino al versante adriatico, in particolare fino al porto di Ravenna. Da questo punto di vista, il recente avvio dei
collegamenti settimanali tra l’Interporto della Toscana Centrale e l’interporto
ed il porto di Livorno appare come una buona prassi, verso la quale anche il
Cepim di Parma si sta orientando con il progetto Shuttle, finalizzato a creare
collegamenti ferroviari rapidi (una volta risolti alcuni problemi di ordine tecnico) a cadenza regolare con La Spezia.
Occorre naturalmente sottolineare che non mancano, come si vedrà più
avanti, delle criticità che impediscono il completo dispiegamento delle potenzialità di ulteriore sviluppo dei tre interporti qui presi in considerazione.
Si tratta in particolare dell’adeguamento di alcuni assi di collegamento o di
linee ferroviarie (la Pontremolese tra Parma e La Spezia è il caso più noto)
tra il singolo interporto ed altri nodi della rete logistica nazionale, della intensificazione degli accordi tra gli interporti ed alcuni porti per l’istituzione
di treni navetta a cadenza regolare, così come dell’attivazione di alcuni
servizi avanzati che possono ulteriormente qualificare la struttura interportuale.
94
3.6.1.L’Interporto Cepim di Parma
Meglio conosciuto come Cepim – Centro Padano Interscambio Merci – dal
nome della società che lo ha realizzato, l’interporto di Parma nasce ufficialmente nel 1974 da un accordo fra imprenditoria privata ed enti locali, con
l’obiettivo di garantire la disponibilità, concentrata in un’area definita, di infrastrutture che favoriscano l’interscambio tra le diverse modalità di trasporto,
la razionalizzazione dei flussi, la presenza di un gran numero di operatori
specializzati e di servizi per lo stoccaggio e la distribuzione delle merci (tab.
3.13).
L’interporto di Parma è passato negli anni attraverso le diverse fasi dello
sviluppo economico dell’area padana applicando politiche imprenditoriali che
ne consolidassero il ruolo strategico al servizio del mercato, distrettuale ma
anche internazionale.
Sul piano interno, la strategia sulla quale si è fondata la politica di sviluppo dell’interporto di Parma è stata realizzata facendo leva sull’alta densità
di aziende del territorio circostante e sulla necessità diffusa di servizi logistici
integrati, captandone i flussi di merci e veicolandoli per quanto possibile attraverso soluzioni intermodali. Parallelamente l’interporto ha mirato a captare
la domanda di trasporto merci “lato terra” proveniente dal sistema marittimo/
portuale di La Spezia e destinato a Bologna, a Verona e, più in generale, alla
direttrice del Brennero. Pur essendo collocato sul versante di Nord-Est del
Paese e pur presentando delle somiglianze (per operatività e livello di sviluppo) con gli interporti di Bologna, Padova e Verona, il Cepim ha un ruolo di
rilievo (come nel caso dell’interporto di Prato) anche nei processi di connessione tra il versante tirrenico settentrionale e quello adriatico e della direttrice
del Brennero (fig. 3.12).
Sotto il profilo dei rapporti internazionali, il Cepim si è posto l’obiettivo
di essere interlocutore di aziende produttrici del Nord Europa, dei Paesi del
bacino mediterraneo e dell’Est europeo ed asiatico.
In tale contesto, oggi, l’interporto di Parma si inserisce con un curriculum
ed un corredo funzionale di tutto rispetto. All’interno della sua area di circa
2,5 milioni di metri quadrati operano 87 aziende, specializzate nel settore della
logistica, dei trasporti e delle spedizioni. Sono di oltre 600.000 metri quadrati
le aree scoperte predisposte per lo stoccaggio delle merci, di uguali dimensioni gli spazi destinati a magazzino. Tra questi ultimi, un posto di rilievo
meritano i depositi a temperatura controllata (refrigerazione possibile fino a
-28 gradi centigradi). L’interporto offre inoltre una serie di servizi accessori
a merci e persone, alle cui attività sono dedicati circa 2.500 metri quadrati di
centro direzionale (fig. 3.13).
95
Tab. 3.13 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Parma
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
5.000.000
25%
87
1.551
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 48.795.000,00
euro 20.762.000,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
Criticità emerse nella fase di realizzazione
1985
1988
Accordi bonari di acquisizione
Pianificazione urbanistica
Autorizzazioni da parte delle Amministrazioni
locali
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
65.000 m2
177.000 m2
Gestione diretta - Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Interventi ritenuti prioritari
Prodotti refrigerati
Carta, cellulosa e derivati
Autovetture
Miglioramento della connessione ferroviaria
Miglioramento della gestione dei flussi di merci
Realizzazione di una piattaforma informatica
Accordi di collaborazione con il sistema dei porti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Cepim Spa
Specializzazione e flessibilità, spazi modulabili e servizi attivabili targethead sono le quattro leve strategiche sulle quali si muove oggi l’interporto
con la sua offerta di logistica e di trasporto. L’articolazione per aree merceologiche omogenee, caratterizzate da specifiche esigenze di trattamento e
conservazione, consente infatti all’infrastruttura di offrire servizi con standard
di prestazione adeguati salvaguardando il principio delle economie di scala.
96
Fig. 3.12 - Localizzazione dell’Interporto Cepim di Parma
Fonte: Cepim Spa
Fig. 3.13 - Layout dell’Interporto Cepim di Parma
Fonte: Cepim Spa
97
Una soluzione che diviene strategica e competitiva nel caso di quei prodotti,
come gli oli lubrificanti o l’agroalimentare, che richiedono spazi e tecnologie
mirati.
L’infrastruttura ha movimentato nel 2007 5,3 milioni di tonnellate, con un
sensibile incremento rispetto agli anni precedenti (nel 2005 erano 4,5 milioni
di tonnellate, salite a 5 milioni nel 2006). La parte movimentata attraverso
l’intermodalità è il 25%, una quota ancora piuttosto contenuta ma che si punta
ad incrementare attraverso il potenziamento ed il miglioramento soprattutto
della tratta ferroviaria Parma-La Spezia e al consistente ampliamento del terminal intermodale, uno sforzo consistente su cui il Cepim attualmente è impegnato.
Entro pochi anni è previsto il raddoppio della linea Parma-La Spezia, con
la realizzazione di un nuovo tratto di valico dell’Appennino Tosco-Emiliano.
La nuova linea consentirà la circolazione di un numero consistente di treni al
giorno con una riduzione dei tempi di percorrenza di circa 45 minuti ed un
investimento complessivo di circa 2,2 miliardi di euro. La riduzione dei tempi
di percorrenza dovrebbe portare ad un risparmio dei costi dei treni merci,
permettendo l’utilizzo dello stesso personale di macchina per l’andata ed il
ritorno. Inoltre l’uso dei locomotori di ultima generazione permetterà il traino
di treni fino a 1.200 tonnellate senza la doppia trazione o trazione “a spinta”
oggi necessaria su tale tratta a causa della sua accentuata pendenza.
Su questo progetto di sviluppo si innesta il legame consolidato nell’ultimo
anno con la città portuale e con l’interporto di Verona. I tre poli logistico-distributivi sorgono lungo un percorso – oggi in fase di potenziamento – orientato al cuore dell’Europa: il Corridoio Tirreno-Brennero.
Una maggiore competitività dei territori posti sull’asse stradale-ferroviario,
il collegamento dei sistemi di trasporto e dei poli logistici della Spezia, Parma
e Verona, lo sviluppo sostenibile a vantaggio delle aree interessate con l’alleggerimento del traffico pesante su strade e autostrade sono alcuni dei punti
fondamentali nei quali si articola l’intesa siglata nel 2007, che si pone l’ambizioso obiettivo di sviluppare il trasporto su rotaia delle merci che viaggiano in
container e che arrivano al porto di La Spezia dirette al Nord Europa.
Il progetto prevede, nello specifico, partenze cadenzate di convogli ferroviari dal porto di La Spezia verso Parma e Verona, dove attività di movimentazione, stoccaggio e distribuzione si affiancherebbero ad eventuali lavorazioni
accessorie. Si tratta di operazioni che porterebbero incrementi di occupazione
e sviluppo per gli operatori economici dei territori, mentre le attività produttive avrebbero un servizio di trasporto merci flessibile e a costi contenuti.
L’accordo di programma coincide con la previsione di un potenziamento
della rete e dei nodi infrastrutturali attraverso un accordo con Ferrovie dello
98
Stato. E proprio in funzione di tale potenziamento il Cepim ha consolidato, in
questi ultimi mesi, un’intesa con Rfi per la realizzazione del nuovo terminal
intermodale nel perimetro interportuale di Parma. Accanto a questo si pone
l’altro importante conseguimento: l’elettrificazione della linea ferroviaria interna dell’interporto parmense. Due opere che si attendevano da tempo per il
decollo delle attività logistico-distributive dell’area.
Non sono da sottovalutare nemmeno le ricadute positive in termini di ecosostenibilità e di sicurezza stradale: lo spostamento su rotaia, sull’asse Ti.Bre,
di container e merci alleggerirebbe la modalità di trasporto su gomma e ridurrebbe la presenza di mezzi pesanti in circolazione sulla rete stradale.
3.6.2.L’Interporto della Toscana Centrale di Prato
Baricentrico rispetto alla direttrice Tirreno-Adriatica nella fascia centrale
del Paese, l’interporto di Prato (tab. 3.14) ambisce a sviluppare una serie di
collegamenti regolari con i porti di Livorno, La Spezia e Ravenna. I lavori
di realizzazione della struttura hanno avuto inizio nel 1991 e nel 1995 sono
stati utilizzati i primi spazi disponibili per la movimentazione delle merci e
per i magazzini. La fase di vendita delle unità immobiliari è in fine e l’Ente
di gestione dell’interporto si appresta a gestire e ad erogare i primi servizi di
logistica.
La superficie disponibile è consistente, pari a 700.000 metri quadri dei
quali 290.000 destinati alle attività caratteristiche, non tutti ancora utilizzati
(fig. 3.14). Dei 50.000 metri quadri destinati a strutture ferroviarie ne sono
stati utilizzati 20.000, degli 80.000 metri quadri per il terminal intermodale ne
sono stati utilizzati 30.000, dei 100.000 metri quadri per magazzini ne sono
stati utilizzati 74.000 e dei 20.000 metri quadri per uffici ne sono stati utilizzati 14.800. Verranno aumentati a breve gli insediamenti destinati a magazzini, collocando al suo interno la funzione di Magazzini Generali di Prato. A
questo si aggiungerà l’allargamento della piattaforma ferroviaria con un ulteriore fascio di binari. Ai due binari oggi esistenti, infatti, se ne aggiungeranno
a fine 2008 altri 6, sviluppando in questo modo una piattaforma logistica che
dovrebbe consentire una maggiore capienza in termini di treni e quindi una
maggiore livello di movimentazione di merci.
Da tempo giungono nell’interporto treni settimanali da Guidonia, per il
trasporto di cemento e da Catania, con carichi di zolfo liquido, generalmente
destinati a tornare verso Sud, nell’area di Grosseto. L’obiettivo è, tuttavia,
quello di attivare legami stabili con alcune aree portuali del Centro-Nord. A
fine 2007 è stato attivato un primo treno-navetta con cadenza trisettimanale
99
Tab. 3.14 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Prato
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
840.000
15%
49
900
1.850
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 92.744.297,57
euro 13.743.084,00
euro 34.724.469,00
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
Criticità emerse nella fase di realizzazione
1991
1995
Accordi bonari d’acquisizione
Pianificazione urbanistica
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
30.000 m2
74.000 m2
Comodato d’uso - Affitto - Vendita
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Tessile/abbigliamento
Logistica urbana
Prodotti refrigerati
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Nuovo materiale rotabile
Accordi specifici di collaborazione con i porti
Interventi ritenuti prioritari
Realizzazione di una piattaforma informatica
Miglioramento dell’offerta di servizi
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto della Toscana Centrale Spa
diretto verso il porto di Livorno. L’obiettivo è quello di ottimizzare la tratta
facendo proseguire gli shuttle per il porto di La Spezia, mentre al ritorno dalla
costa tirrenica essi potrebbero proseguire verso Bologna e verso il porto di
Ravenna (questa ulteriore possibilità è ancora in fase di studio).
100
Fig. 3.14 - Layout Interporto della Toscana Centrale di Prato
Fonte: Interporto della Toscana Centrale Spa
Si definisce in questo modo un disegno strategico apprezzabile, in quanto
Prato si candida a vero nodo logistico con un triplice obiettivo:
- incentivare quanto più possibile l’intermodalità, massimizzando l’uso del
trasporto ferroviario;
- operare su largo raggio secondo una logica complessa, muovendosi orizzontalmente da est ad ovest;
- connettersi con altri nodi fungendo da struttura logistica “lato terra” delle
strutture portuali presenti sulla direttrice tirrenica e su quella adriatica.
Per ciò che concerne, invece, l’utilizzo delle aree di deposito interne all’interporto, gli operatori logistici e le aziende che utilizzano i magazzini disponibili sono 45, gran parte operanti nel campo del trasporto di tessile-abbigliamento e di prodotti refrigerati. È interessante rilevare che la struttura si sta
configurando sempre più come centro di raccolta e di spedizione del Sistema
Moda, che ha a Prato un consistente numero di aziende dei filati, tessuti e
abbigliamento di qualità. Il trasporto di tali prodotti richiede procedure di imballaggio particolari e spedizioni in gran parte effettuate per via aerea. Per tali
motivi, sono piuttosto frequenti gli invii dall’interporto di Prato di prodotti
del comparto della moda verso gli aeroporti di Milano Malpensa, Milano Linate e presso l’aeroporto di Francoforte. Il fatto che l’Interporto della Toscana
101
Centrale si stia accreditando come nodo logistico al servizio di una specifica
filiera produttiva (in questo caso per il Sistema Moda) può, nel tempo generare un vantaggio competitivo e dare riconoscibilità all’esterno.
Inoltre tra gli obiettivi di sviluppo vi è l’attivazione di servizi di city logistics con un raggio di azione abbastanza ampio che ricomprende le città di
Prato, di Firenze e di Pistoia. L’idea è di fare dell’interporto pratese un transit
point di smistamento e frazionamento dei lotti di merci da distribuire nelle
aree urbane citate, il che aiuterebbe ad attenuare il problema del congestionamento del traffico specie nella cinta urbana di Firenze.
Strategie e obiettivi di miglioramento fanno dell’interporto di Prato una
struttura con un interessante potenziale di crescita e capace di accomunare le
dinamiche di sviluppo di un’ampia porzione di territorio dell’Italia centrale.
L’essere collocato all’interno di un’area con una consolidata tradizione manifatturiera (pur in radicale trasformazione), con un’elevata densità di distretti
produttivi e, nello stesso tempo, la disponibilità di buoni accessi alla rete stradale, in particolare alla A1 Autostrada del Sole, alla A11 (che porta dall’area
fiorentina verso la direttrice tirrenica) attraverso gli svincoli di Prato Est e di
Calenzano, oltre che alla Firenze-Pisa-Livorno, lascia pensare che l’interporto
di Prato abbia una chiara ragion d’essere. La struttura appare tuttavia ancora
in una fase di lento assestamento, nel senso che molto può e deve essere fatto
per ampliare le sue potenzialità di crescita in termini di offerta. In particolare:
- pur movimentando volumi di merci piuttosto consistenti, pari nel 2007 a
920.000 tonnellate, si è lontani dall’obiettivo dichiarato di sviluppare una
movimentazione di 800.000 tonnellate anno su strada e di altre 800.000
tonnellate anno tramite ferrovia;
- pur aumentando, da un anno all’altro, la quota di movimentazione intermodale di merci, essa resta ancora piuttosto contenuta, pari al 12% del
totale nel 2005 e al 15% nel 2006;
- non sono ancora disponibili, anche se programmate, le strutture di messa
in sicurezza delle merci all’interno dell’area interportuale, il cablaggio in
fibra ottica, le strutture per la manutenzione dei container, i servizi di logistica in ingresso (controllo qualità, noli marittimi, identificazione delle
merci), i servizi di logistica in uscita (stampa documenti di trasporto, rilevazione matricole), il warehousing (ovvero la gestione informatizzata dei
magazzini).
Inoltre tra gli obiettivi di miglioramento esplicitati dall’ente di gestione
dell’interporto figurano:
- i sistemi di gestione dei flussi di merci in entrata e in uscita;
- il potenziamento delle attrezzature e macchinari per il sollevamento e la
movimentazione delle merci;
102
- il potenziamento della rete informatica;
- il potenziamento dei servizi offerti alle imprese utilizzatrici degli spazi disponibili;
- il miglioramento dei rapporti con Rfi, per ciò che riguarda il più intenso
uso dei raccordi ferroviari tra l’interporto e la rete esterna.
Molto sembra si possa fare per promuovere l’offerta interportuale presso
le aziende locali (in alcuni casi tale rapporto appare ancora critico secondo
quanto indicato dallo stesso ente di gestione) e per rafforzare i legami funzionali con i porti più vicini. Da questo punto di vista il 2007 appare già come un
anno di svolta, con l’avvio di un accordo con il porto di Livorno e su questa
strada si proseguirà verosimilmente nel 2008.
3.6.3.L’Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno
Dopo un lungo periodo, iniziato nel 1992, necessario all’avvio ed al completamento dei lavori per la realizzazione delle strutture principali, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci (tab. 3.15) è divenuto parzialmente operativo nel 2001. La superficie a disposizione è ampia, pari a 2,5 milioni di metri
quadri, solo in parte oggi utilizzati (fig. 3.15). A regime l’interporto avrà ampi
spazi per il parcheggio degli autoveicoli (dagli attuali 80.000 metri quadri si
potrà arrivare a 150.000 metri quadri), per i magazzini (dagli attuali 60.000
metri quadri si potrà arrivare a 340.000 metri quadri) e per gli uffici (dagli
attuali 1.500 metri quadri a 4.600 metri quadri). Gli spazi destinati al terminal
intermodale sono pari a 130.000 metri quadri.
La localizzazione della struttura ha una buona valenza strategica data dalla
vicinanza del porto di Livorno (oltre che di quello di Piombino) e dalla presenza del così detto corridoio plurimodale tirrenico. I collegamenti infrastrutturali sono di elevato livello; è rapido l’accesso all’Autostrada Tirrenica A12,
all’A11 Pisa-Firenze, all’A15 La Spezia-Parma e la Tirreno Brennero. Il raccordo tra il terminal ferroviario e la rete non è ancora disponibile.
L’interporto ha la possibilità di specializzarsi nella movimentazione delle
merci generate dalle filiere produttive dell’area livornese e delle aree vicine
(in particolare di quelle di Pisa, dove la presenza della meccanica è consistente). Le merci fino ad oggi in entrata ed in uscita afferiscono al comparto
delle auto, dei prodotti alimentari, del legname, della cellulosa e dei prodotti
chimici sfusi, segnale evidente della capacità di tali nodi logistici di sostenere
i processi di sviluppo delle filiere produttive locali. Non si riesce inoltre a
dare risposta immediata alle numerose richieste che vengono da operatori locali e fuori sede.
103
Tab. 3.15 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Livorno
Dati strutturali
Numero di aziende insediate presso l’interporto 15
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 116.228.000,00
euro 39.379.000,00
euro 18.997.000,00
Operatività del’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1996
2001
Procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
130.000 m2
60.000 m2
Diritto di superficie - Vendita - Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Agroalimentare
Forestale
Autovetture
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Ampliamento della rete di relazioni con porti e
interporti
Campagna di comunicazione per promuovere
l’interporto
Miglioramento della dotazione informatica
Attivazione intermodalità per via d’acqua
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Toscano A. Vespucci Spa
Sono inoltre considerati, dall’ente gestore, come punti di forza:
- la connessione con la rete stradale e autostradale;
- la facile raggiungibilità;
- la buona dotazione di macchine e di attrezzatura per la movimentazione
delle merci;
- i rapporti con i porti ed altri interporti;
- i rapporti con le imprese dell’area livornese e pisana.
Nonostante gli sforzi compiuti, l’Interporto Toscano Amerigo Vespucci
presenta alcune criticità, quasi tutte derivanti dal fatto che esso è divenuto
104
Fig. 3.15 - Layout Interporto Toscano Amerigo Vespucci di Livorno
Fonte: Interporto Toscano A. Vespucci Spa
operativo solo di recente, dopo un lungo periodo di progettazione e realizzazione delle attività di infrastrutturazione. Tuttavia il livello di movimentazione merci è notevolmente cresciuto negli ultimi tempi raggiungendo nel
2007 il numero di 175.000 passaggi rispetto ai 115.000 del 2006.
Il livello di movimentazione merci inoltre dovrebbe incrementarsi già a
partire dai prossimi anni in maniera esponenziale sia per la messa a regime
dei nuovi capannoni in costruzione per 60.000 mq. sia per lo sviluppo delle
modalità ferro-gomma essendo il terminal ormai attivo da tempo ed affidato
nel 2007 in gestione a Nord Est Terminal.
L’altro aspetto di notevole interesse è da individuare nel possibile sviluppo
che potrà essere portato dalla navigabilità della via d’acqua confinante con
l’interporto (Scolmatore dell’Arno), collegato, in questo modo, direttamente
con il porto di Livorno. Per la sistemazione del canale è già in fase avanzata
la progettazione definitiva e sono stati stanziati ingenti finanziamenti europei
che fanno presumere la sua attivazione entro il 2012.
Non ancora disponibili ma in fase di realizzazione alcuni servizi che serviranno a qualificare ancora di più l’offerta di un interporto quali: le strutture
per la messa in sicurezza delle merci, il cablaggio in fibra ottica e la possibilità di connessione wireless, i servizi per la logistica in ingresso (ad esempio:
identificazione merci, disbrigo pratiche), i servizi di logistica in uscita. Tutti
questi unitamente alla stazione carburanti saranno funzionanti e operativi entro la fine dell’anno 2008. È previsto, in futuro, lo svolgimento di attività
105
di city logistics, legate in particolare alla distribuzione merci nella città di
Livorno (l’interporto è localizzato nel vicino Comune di Guasticce).
L’ente gestore inoltre ritiene opportune nell’immediato futuro alcune opere
di miglioramento o di efficientamento dell’interporto. In particolare è ritenuto
utile:
- il miglioramento della viabilità interna;
- l’ampliamento dei piazzali di raccolta e movimentazione merci;
- il potenziamento della strumentazione e della rete informatica;
- la realizzazione di una piattaforma informatica per la gestione della logistica.
Il livello di accelerazione dei lavori negli ultimi tempi sta riempiendo di
contenuti e vocazioni l’interporto dell’area livornese che comincia a dare risposta agli operatori e cogliere le opportunità, in termini di possibile sviluppo
di traffico merci, che il quadrante del Tirreno settentrionale è oggi in grado
di sviluppare. Sembrano esistere quindi le premesse per attivare un processo
virtuoso in cui questo nodo logistico potrà giocare un ruolo interessante.
3.7.Verso una piattaforma logistica interportuale dell’Italia centrale
L’area geografica che coincide con i confini di Lazio, Umbria, Marche e
Abruzzo è caratterizzata dalla presenza di un grande polo catalizzatore dei
consumi, intorno alla metropoli di Roma, e da un tessuto produttivo dinamico
e diffuso sul territorio, formato da imprese che hanno saputo trasformarsi e
riposizionarsi cogliendo con successo le sfide dell’internazionalizzazione e la
crescente apertura dei mercati. Oltre ad una moltitudine di aziende di piccole
e medie dimensioni che pure mostrano una spiccata propensione ad agire su
mercati vasti, le regioni dell’Italia centrale annoverano importanti realtà imprenditoriali che negli ultimi anni hanno consolidato il proprio ruolo di leader
in specializzazioni quali l’aerospaziale, la produzione di elettrodomestici, il
calzaturiero, l’agro-alimentare o nel campo delle tecnologie della comunicazione. Aziende per le quali la riduzione del transit time e del time to market
diventa un elemento strategico fondamentale. Tale evoluzione, che richiede
un sempre più intenso ricorso alla movimentazione delle merci, ha bisogno di
essere accompagnata da una pianificazione territoriale che consenta di ridurne
l’impatto ambientale e di ottimizzare i costi della logistica, contribuendo così
a migliorare la qualità della vita per i residenti e a rafforzare la competitività
delle imprese e dei sistemi produttivi.
In tale direzione si stanno movendo le Amministrazioni delle quattro regioni, che in un’ottica di “Piattaforma Logistica Tirreno-Adriatica” hanno
106
intrapreso un percorso comune con riferimento alle tematiche della programmazione, dell’infrastrutturazione fisica, della formazione in ambito logistico
e della tecnologia per lo scambio di dati e l’ottimizzazione dei flussi di merci.
L’obiettivo principale è quello di migliorare il ruolo, l’importanza e l’efficienza dei corridoi di traffico che attraversano le regioni lungo le due direttrici costiere ed orizzontalmente. I progetti vertono soprattutto su quest’ultima
prospettiva, che prevede un miglioramento nei collegamenti tra Civitavecchia,
Orte, Jesi e Ancona a nord e tra Civitavecchia, Roma, Pescara e Ortona a
sud, con confluenza ad Avezzano dell’asse Frosinone-Ortona. Le opportunità
di un simile sviluppo sono particolarmente interessanti, sia perché consentirebbero agli insediamenti produttivi della sponda adriatica di essere collegati
agevolmente con la città di Roma, sia perché offrirebbero a tutte le imprese,
ed in particolare a quelle situate nell’entroterra, la possibilità di disporre di un
sistema a doppia sponda con i porti sia del Tirreno che dell’Adriatico. Non
mancano inoltre ambiziose proposte legate ad un potenziamento della linea
ferroviaria Civitavecchia-Ancona quale asse di interconnessione tra corridoi
trans-europei.
L’accordo raggiunto dalle quattro regioni sulle linee guida di un percorso
comune rappresenta un prezioso punto di partenza, per almeno due ragioni:
- innanzitutto, l’obiettivo di conseguire una maggiore efficienza e sostenibilità ambientale nel trasporto merci può essere raggiunto soltanto se i decisori politici non ragionano esclusivamente secondo una logica circoscritta
ai confini geografici o istituzionali dei propri territori, ma secondo una
logica di sistema economico. Promuovere l’intermodalità, convogliando
merci su rotaia e riducendo quindi il traffico (e l’inquinamento) su gomma,
richiede la realizzazione di sinergie che portino a creare volumi di merci
sufficienti alla formazione di treni-blocco: obiettivo che non sarebbe raggiungibile se ognuno andasse per conto proprio e, in un territorio caratterizzato da imprese di piccola dimensione e molto diffuse, si assistesse
al proliferare di strutture interportuali in concorrenza tra loro. In questo
senso, in un’ottica di sistema e di collaborazione sovra-regionale, va interpretata per esempio la scelta della Regione Umbria di non dotarsi di
un proprio interporto ma di preferire piuttosto la creazione di una serie di
piattaforme logistiche (a Foligno, a Terni e a Città di Castello), che opereranno in stretta collaborazione con i due interporti di Jesi e di Orte, ai cui
capitali la Regione partecipa attraverso la società Sviluppumbria;
- ragionare secondo una logica di sistema consente di comprendere, condividere e coordinare gli interventi strategicamente prioritari, evitando di
realizzare opere tra loro scollegate o perfino in palese contraddizione. Se
la finalità principale è potenziare la direttrice Tirreno-Adriatico ed in par107
ticolare la componente intermodale che si sviluppa lungo tale direttrice,
diventa fondamentale che le regioni interessate operino congiuntamente.
Il che significa investire al tempo stesso, in maniera integrata e con una visione complessiva degli obiettivi da raggiungere, sul sistema portuale, aeroportuale, interportuale e ferroviario. Significa che le opere che verranno
realizzate nei porti di Civitavecchia, Ancona e Ortona per migliorarne gli
accosti e le banchine dovranno essere accompagnate da interventi relativi
all’allacciamento ferroviario del porto alla rete nazionale; significa che il
settore cargo nel traffico aeroportuale potrà essere razionalizzato favorendone lo sviluppo in quegli aeroporti in grado di integrarsi con i limitrofi
centri intermodali; significa che il sistema ferroviario dovrà essere rafforzato mediante lavori di modernizzazione e potenziamento delle linee e
con la creazione di eventuali raccordi mancanti tra i principali nodi della
rete.
Perché la prospettiva di una piattaforma logistica Tirreno-Adriatico nell’Italia centrale si realizzi, è però necessario giungere rapidamente al completamento e alla messa in opera degli interporti di Jesi, di Orte, di Frosinone
e di Val Pescara. Anche in questo, la convergenza d’intenti ed un protocollo
firmato dalle Amministrazioni regionali può risultare determinante, fornendo
agli interporti una maggiore autorevolezza nel dialogare con soggetti terzi
(quali Anas o Ferrovie dello Stato) a cui può essere imputata parte delle responsabilità per la lentezza che ne sta caratterizzando la fase di avvio.
3.7.1.Elementi comuni ai quattro interporti
Quelli di Jesi, Val Pescara, Frosinone ed Orte sono quattro interporti che,
pur avendo iniziato la propria attività progettuale all’inizio degli anni ’90,
sono ad oggi sostanzialmente inattivi. Il nodo abruzzese ha già iniziato ad
affittare i propri magazzini ad imprese ed operatori della logistica, ma resta
tuttavia in attesa di poter completare i lavori per la parte relativa all’intermodalità. Analogamente l’interporto di Jesi, mentre sta lavorando per il completamento delle opere previste in progetto, ha affittato, a partire da gennaio
del 2008, i primi 5.000 mq di magazzini realizzati ad un trasportatore locale.
Iniziati dopo il 2000, gli investimenti finora realizzati ammontano a circa 45
milioni di euro per Val Pescara, a 35 per l’Interporto Marche, mentre non superano i 10 milioni per Frosinone ed Orte, dove si è recentemente usciti da un
lungo periodo di stallo ed i lavori sono ancora in una fase iniziale.
La ragione dei ritardi nella prima fase, quella di avvio dei lavori, è riconducibile alle esigenze di “progettazione integrata” richieste per l’ottenimento
108
del co-finanziamento ministeriale. L’elaborazione di progetti di interesse
pubblico, così come previsto dalla legge n.109/94, prevede infatti tre fasi distinte:
- un progetto preliminare, finalizzato a ottenere l’ammissione al contributo
statale;
- un progetto definitivo, subordinato all’esito favorevole della fase precedente e finalizzato alla stipula di un’apposita convenzione;
- un progetto esecutivo, che consente l’inizio delle procedure di affidamento
dei lavori.
Il momento più problematico di tutto l’iter progettuale ha riguardato l’ottenimento della Valutazione di Impatto Ambientale, che si innestava nella fase
della progettazione definitiva. Per progetti iniziati nel 1992 o addirittura precedentemente (Val Pescara nel 1989), si è giunti alla firma delle prime Convenzioni tra Ministero e Società interportuale tra il 2000 e il 2002 e talvolta
è stato necessario un ulteriore anno per la registrazione del decreto di finanziamento: soltanto allora hanno avuto sostanzialmente inizio i lavori per la
realizzazione delle infrastrutture fisiche. Va segnalato che la lunghezza dei
tempi di questa prima fase non ha sortito esclusivamente effetti negativi: gli
interporti, infatti, hanno avuto l’opportunità di modificare in itinere la propria impostazione, specialmente per quanto riguarda la lunghezza dei binari
o concezione dei magazzini per le merci. Inizialmente di piccole dimensioni,
separati l’uno dall’altro e pensati in un’ottica esclusivamente di intercambio
modale, nella versione definitiva sono stati resi funzionali alle esigenze di una
moderna logistica che necessita di spazi vasti e modulabili.
3.7.2.L’Interporto d’Abruzzo di Val Pescara
L’11 novembre 2006 è stata ufficializzata l’entrata in esercizio del
primo lotto dell’Interporto di Val Pescara, una struttura considerata prioritaria dalla Regione Abruzzo e la cui realizzazione è stata affidata in concessione ad una società in massima parte privata cui partecipano imprenditori
e associazioni di industriali, con il supporto della Camera di Commercio
(tab. 3.16). Localizzato in un nodo strategico di connessione autostradale e
ferroviaria a 20 chilometri dal porto di Ortona, l’interporto è destinato a diventare il centro di un sistema integrato del trasporto merci e della logistica
nella regione, operando in stretto collegamento con gli autoporti di Roseto e
di San Salvo e con il Centro Smistamento Merci della Marsica.
Ad oggi, tuttavia, non è funzionante che una parte piuttosto modesta di
quello che dovrebbe essere l’interporto quando raggiungerà la piena opera109
Tab. 3.16 - Principali caratteristiche dell’Interporto Val Pescara
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2007
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
150.120 tonnellate
0%
4
9
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
Criticità emerse nella fase di realizzazione
2000
2006
Procedure d’esproprio e accordi bonari di
acquisizione
Ottenimento della Valutazione di Impatto
Ambientale
Pianificazione Urbanistica
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Piazzali
Uffici
Modalità di gestione delle aree
20.000 m²
20.000 m²
25.000 m²
3.000 m²
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Prodotti da semola di grano duro
Prodotti per la casa
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Val Pescara Spa
tività: in pratica, soltanto i 20.000 m² di magazzini che sono stati affittati ad
alcune società locali (specializzate nei prodotti da semola di grano duro o nei
prodotti per la casa) ed un piazzale per autoveicoli di 25.000 m², oltre alla
palazzina-uffici. A regime, magazzini e piazzali dovrebbero raggiungere rispettivamente una dimensione di 80.000 m² e di 95.000 m²: un ampliamento
necessario in vista del decentramento degli attuali scali merci di Pescara P.N.
e di Chieti all’interno della struttura. Ancora non attive sono però, soprattutto,
le piattaforme intermodali dell’interporto, da raccordare alla linea Roma-Pescara attraverso un binario elettrificato di circa 3 km.
Per completare l’infrastrutturazione fisica ed i raccordi alla linea ferroviaria
e alla viabilità autostradale sono necessari investimenti per circa 70 milioni di
110
euro, disponibili grazie ad un intervento di project financing con cofinanziamento privato per il 30%. Gli interventi legati al sistema viario prevedono la
realizzazione di un casello dedicato, particolarmente importante per mitigare
l’impatto del traffico di mezzi pesanti sulla viabilità ordinaria che attraversa
il Comune di Manoppello. Per quanto riguarda la rete ferroviaria, i ritardi e
i maggiori costi sono attribuibili ad una variante al progetto iniziale richiesta da parte di Rfi, che nel gennaio 2006 comunica la necessità di utilizzare
raccordi in linea anche per le tratte secondarie. Oltre alle risorse finanziarie,
per l’ampliamento dell’interporto è però necessaria anche la disponibilità dei
terreni: a tal proposito, è del dicembre 2007 la sottoscrizione di un accordo tra
il Comune di Manoppello e la Regione per la trasformazione di 100 ettari di
terreno in strade, ferrovie e centri di smistamento, accordo che agevolerà le
procedure d’esproprio e renderà più rapida la conclusione delle opere.
3.7.3.L’Interporto Marche di Jesi
La fase di realizzazione di quello che dovrebbe diventare il principale interporto dell’Adriatico e dell’Italia centrale ha avuto inizio nel 2001. Le attività logistiche dovrebbero essere avviate nel 2008, non appena completati
alcuni investimenti sulla parte ferroviaria. Nell’arco di sette anni sono stati
costruiti, su una superficie complessiva di 54 ettari, 5.000 m² di magazzini
raccordati ferro-gomma, un centro direzionale ed un terminal intermodale da
90.000 m². Inoltre sulla superficie di 54 ettari, di proprietà della Società sussiste una concessione edilizia per la realizzazione di ulteriori 40.000 m² di
magazzini sempre raccordati ferro-gomma. Si tratta del dimensionamento minimo necessario per garantire l’operatività della struttura, ma il progetto definitivo prevede già un’espansione che porterà l’Interporto Marche a disporre
di una superficie territoriale complessiva di 101 ettari, con una potenzialità
edificatoria di 100.000 m² di magazzini e di ulteriori 20.000 m² per il terminal
container (tab. 3.17, fig. 3.16). Dal primo gennaio 2008, i 5.000 m² di magazzini già realizzati risultano affittati ad una azienda locale di autotrasportatori.
Nel caso dell’interporto marchigiano, il principale fattore di criticità nella
fase preliminare all’entrata in funzione è legato alla pianificazione urbanistica.
Nonostante la progettazione sia stata approvata in tempi relativamente rapidi
e le due regioni di riferimento, le Marche (azionista di maggioranza della società interportuale) e l’Umbria, ne abbiano identificato un nodo strategicamente essenziale per la razionalizzazione del traffico merci e della logistica
nell’area e vi colleghino funzionalmente una serie di autoporti e di piattaforme
intermodali, l’approvazione della variante al piano regolatore comunale, che
111
Tab. 3.17 - Principali caratteristiche dell’Interporto Marche
Dati strutturali
Numero di addetti operanti presso l’interporto
6
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
2002
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Previsto 2008
Principale modalità di acquisizione delle aree
Accordi bonari all’interno di procedure
d’esproprio
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Pianificazione Urbanistica
Ottenimento delle autorizzazioni dagli Enti locali
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento della connessione con rete
stradale e ferroviaria
Sistemi di gestione dei flussi di merci in entrata
e in uscita
Accordi di collaborazione con i porti
Estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità (previste) di gestione delle aree
90.000 m²
45.000 m²
Affitto, vendita e società di scopo
Offerta logistica dell’interporto
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Realizzazione di nuovi immobili
Nuovo materiale rotabile per la linea ferroviaria
Dotarsi di un sistema informativo per gestione
merci
Fonte: elaborazioni Censis su dati Società Interporto Marche
consentirà l’ampliamento della superficie territoriale dell’Interporto Marche a
101 ettari, ha avuto tempi eccessivamente lunghi, non compatibili con l’avvio
e la gestione della struttura. L’approvazione della variante urbanistica è fondamentale, infatti, per conferire alla struttura interportuale caratteristiche dimensionali tali da consentirne una efficace gestione economica e funzionale.
Altro aspetto fondamentale è la certezza degli strumenti economico-finanziari attraverso i quali realizzare quanto progettato. Se l’infrastrutturazione e
l’urbanizzazione poteva essere finanziata con contributi pubblici, infatti, non
altrettanto può avvenire per quanto riguarda i magazzini ancora da costruire
o le opere accessorie. I milioni di euro necessari si possono reperire attra112
Fig. 3.16 - Layout dell’Interporto Marche di Jesi
Fonte: Società Interporto Marche
verso una società di scopo aperta di mercato o al limite attraverso la cessione
delle aree in proprietà o diritto di superficie: è però fondamentale sapere che
l’interporto ha la possibilità di crescere, di raggiungere una dimensione sufficiente a fungere da reale polo di aggregazione delle merci così da poter costituire un volano per l’intermodalità. I tempi per la sua completa realizzazione
costituiscono il fattore chiave per comprendere le sorti dell’Interporto Marche. Eppure non dipendono che in minima parte dalla volontà o dall’impegno
della società interportuale: le maggiori difficoltà provengono infatti dagli Enti
esterni, che non riescono a fornire i servizi richiesti nei tempi che sarebbero
opportuni. Tale criticità non riguarda esclusivamente l’autorizzazione a costruire da parte dell’Amministrazione locale; si ritrova anche nelle relazioni
tra l’interporto di Jesi e soggetti quali Rfi o Anas:
- l’Anas, incaricata di realizzare uno svincolo autostradale dedicato all’interporto, quasi interamente finanziato dall’Amministrazione regionale,
non ha ancora iniziato i lavori;
113
- la società interportuale non ha ancora appaltato la realizzazione di una propria stazione per non creare opere in sovrapposizione con quelle previste
da Rfi, che dovrebbe decidere di sostituire lo scalo merci di Falconara con
uno limitrofo all’interporto: intervento già approvato e finanziato dal Cipe.
Il 25/02/2008, la Società Interporto Marche ha provveduto all’aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione dell’armamento ferroviario all’interno dell’area interportuale, i cui lavori saranno completati entro i primi
mesi del 2009. Tali opere garantiranno il collegamento ferroviario della
struttura mediante tradotta ferroviaria dalla stazione di Falconara, il che
rappresenta una prima fase di funzionamento dell’impianto, in attesa che
vengano definite le questioni relative alla stazione che permetterà l’instradamaneto diretto dei treni lungo linea.
L’auspicio è che l’accordo approvato da Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo
conferisca all’interporto di Jesi maggiore peso contrattuale, diventando un canale per accelerare i tempi del dialogo con i soggetti terzi.
3.7.4.L’Interporto Centro Italia di Orte
Su un’area complessiva di 60 ettari ubicata in un’ansa del fiume Tevere, in
posizione strategica sotto il profilo dei collegamenti viari e ferroviari, sorgerà
l’Interporto Centro Italia di Orte, la cui costruzione dovrebbe essere completata entro il 31 dicembre 2009.
La collocazione geografica rappresenta il principale punto di forza della
nascente struttura, che si trova al crocevia tra importanti flussi di trasporto:
- per quanto riguarda la rete viaria, è adiacente allo svincolo della A1 Autostrada del Sole e della E45, strada di grande comunicazione che una volta
ultimata dovrebbe connettere Civitavecchia e Ancona;
- sotto il profilo della rete ferroviaria, oltre che trovarsi sulla direttissima
Roma-Firenze, la prima linea ad alta velocità realizzata in Europa, Orte
costituisce il perno di quell’asse longitudinale rappresentato dalla OrteFalconara, linea da modernizzare e raddoppiare che una volta ultimata
connetterà Civitavecchia con Ancona.
Oltre ad essere un importante collettore di flussi di transito, l’interporto
potrà offrire un servizio logistico particolarmente utile alle realtà produttive
che si trovano nelle aree limitrofe: il Distretto Ceramico di Civita Castellana,
l’area siderurgico-industriale di Terni ed una pluralità di imprese generalmente
di piccole dimensioni e disaggregate nel territorio. Va, infine, ricordata la decisione del novembre 2007 di realizzare a Viterbo il terzo scalo aeroportuale
del Lazio, con cui l’interporto potrebbe lavorare in stretta sinergia.
114
Se le condizioni esterne sono ottimali, resta il problema di un interporto la
cui realizzazione effettiva ha inizio in tempi assai recenti, benché il progetto
definitivo sia stato approvato nel 2000. La causa principale delle difficoltà
nell’avvio dei lavori è imputabile, come in molte altre situazioni, all’adempimento della Valutazione di Impatto Ambientale, cui si aggiungono inoltre le
procedure autorizzative da parte dell’Autorità di Bacino. Venendo realizzato
in un’ansa del Tevere, l’interporto deve rispondere dell’esigenza di consentire
le esondazioni del fiume in previsione di eventuali piene. Per tale ragione, è
stato necessario mantenere un limite di 80 metri dagli argini e preparare un
piano di posa che lo rilevasse a 60 metri sopra il livello del Tevere.
I ritardi, come si è visto anche nel caso di Jesi, non hanno avuto soltanto
conseguenze negative, consentendo di adeguare il progetto originario del
1997 alle nuove esigenze di una logistica moderna e alle evoluzioni normative
e tecnologiche del trasporto ferroviario. La variante approvata nel novembre
2007 ha introdotto essenzialmente due novità (fig. 3.17):
- innanzitutto, consente di realizzare infrastrutture ferroviarie più lunghe di
quelle inizialmente previste, sia per quanto riguarda il fascio di presa e
Fig. 3.17 - Layout dell’Interporto Centro Italia di Orte
Fonte: Interporto Centro Italia Spa
115
consegna (ora elettrificato e di una lunghezza di circa 900 metri) che i
binari interni. Se il progetto di partenza prevedeva fasci della lunghezza di
400 metri, quelli che verranno realizzati sono 4 binari di almeno 850 metri
ciascuno;
- per quanto riguarda i volumi edificati, la modifica più sostanziale riguarda
l’ottimizzazione dei magazzini. Nel progetto erano previste due strutture
separate di cui una sola con ribalta ferroviaria, mentre la variante approvata consentirà di realizzare un’unica struttura che ha la ribalta sia per
la ferrovia che per lo scarico/carico dei mezzi su gomma. Si tratta di un
magazzino coperto da 40.000 m² con campata da 48 metri che consente
l’apertura e la lavorazione dei container. Tale processo è importante perché consentirà di svolgere all’interno del centro intermodale servizi di certificazione di qualità, con la possibilità di effettuare analisi chimiche per
verificare l’assenza di radiazioni. L’interporto, infatti, opererà in sinergia
con il gruppo siderurgico Thyssen, che a Terni ha un’importante stabilimento per la produzione di acciai speciali.
Altre modifiche da segnalare sono poi la riduzione del limite di esondazione dai 150 metri inizialmente previsti a 80 metri, portando così la superficie utilizzabile dell’interporto da 40 a 50 ettari, e lo spostamento di alcune
strutture come la dogana in posizioni che ne consentissero una maggiore potenzialità di utilizzo.
Il costo delle opere comporta un investimento complessivo per 31 milioni
di euro, così suddivisi:
- 14 milioni concessi dal Ministero dei Trasporti in base ai contributi per
l’intermodalità;
- 5,6 milioni assegnati dal Docup della Regione Lazio;
- 1 milione proveniente dal Docup della Regione Umbria;
- 10,4 milioni di autofinanziamento da parte della società Interporto Centro
Italia Spa.
Altri fondi sono disponibili per interventi complementari, che contribuiranno a migliorare notevolmente le performance dell’interporto. I primi sono
legati al programma comunitario TEN-T: il 21 novembre 2007 la Commissione europea ha ammesso a cofinanziamento il progetto di ripristino della
tratta ferroviaria Civitavecchia-Orte: un progetto da 2 milioni di euro che
verrà sostenuto per il 50% dalla Commissione europea, per il 30% dalla Regione Lazio e per il restante 20% in parti uguali dall’Autorità Portuale di Civitavecchia e dall’interporto di Orte. Ulteriori risorse di origine comunitaria
attengono, invece, alla navigabilità del Tevere: sono allo studio progetti per
trasportare su chiatta da Orte a Roma sia le acque minerali prodotte nell’Umbria e nell’Alto Lazio, sia materiali inerti per le costruzioni.
116
Tra le prospettive future di crescita dell’interporto vi è poi la previsione di
spostare al suo interno lo scalo merci ferroviario di Orte, attualmente ubicato
all’interno della Stazione Rfi di Orte. Così facendo, la stazione potrebbe recuperare binari e incentivare il servizio passeggeri in funzione dell’aeroporto
viterbese. Un ostacolo alle sue potenzialità di sviluppo potrebbe però venire
proprio dal Gruppo delle Ferrovie dello Stato, che sta procedendo secondo
una progettazione autonoma che non tiene conto delle linee di indirizzo definite a livello nazionale. Le Ferrovie dello Stato, che pure dell’interporto di
Orte partecipano al capitale sociale, intendono realizzare un grande scalo di
smistamento merci ai confini tra le province di Roma e di Rieti, opera che
andrebbe parzialmente a sovrapporsi con quella interportuale.
3.7.5.L’Interporto di Frosinone
L’interporto che sorgerà sui terreni dell’Area di Sviluppo Industriale della
Provincia di Frosinone si estende su un’area complessiva di 60 ettari, ottimamente collegata sotto il profilo della viabilità stradale e ferroviaria. Dal punto
di vista ferroviario, infatti, il sito è adiacente alla linea Roma-Cassino-Napoli, è
collegato mediante un binario dedicato con la stazione ferroviaria di Frosinone
e con l’area industriale, mentre a pochi chilometri di distanza è attiva l’interconnesione con la linea Alta Velocità/Alta Capacità Milano-Napoli; per quanto
riguarda la rete viaria l’interporto è agevolmente raggiungibile dalla A1 Autostrada del Sole e dalle strade statali SS6 Casilina e SS156 Frosinone-Latina ed è
collegato alla rete interna dell’area industriale dell’agglomerato di Frosinone.
I progetti finanziati, in corso di realizzazione, consentiranno la disponibilità di un’area logistica che comprende capannoni per 10.000 m² ed un’area
intermodale ferro-gomma in grado di ospitare treni completi, con 3.560 metri
lineari di binari e 68.000 m² di piazzale di manovra e deposito container. A
completamento dell’intero programma l’area logistica avrà la possibilità di
realizzare un totale di 58.000 m² di magazzini, l’area intermodale sarà estesa
portando l’area di stoccaggio a 125.000 m² ed il totale dei binari a circa 7.200
metri, con la possibilità di accogliere moduli europei di 750 metri.
Sin dalla fase iniziale di avvio le funzioni ed i servizi insediati nell’interporto corrispondono a quelli individuati nella Deliberazione Cipet del 7 aprile
1993, comprendendo aree ed edifici destinati, oltre che alle funzioni logistica
ed intermodale, ai servizi alle persone (centro direzionale con uffici, sale riunioni, bar, ristorante, ecc.) ed agli autoveicoli (officine automezzi e manutenzione container, parcheggio attrezzato per soste notturne e festive, impianto
distribuzione carburanti).
117
La tardiva approvazione del nuovo Piano Regolatore del Consorzio Industriale (definitivamente licenziato dal Consiglio Regionale del Lazio, dopo un
lunghissimo iter, soltanto nel gennaio 2008) ha comportato sinora l’impossibilità a ricorrere alle procedure di esproprio per completare l’acquisizione dei
terreni. Inoltre per svincolare l’area e poter realizzare l’opera sono stati necessari complessi scavi archeologici, non ancora conclusi, per l’importo di circa
un milione di euro. La realizzazione del primo stralcio operativo, iniziato nel
2004 e che avrebbe dovuto essere ultimato nei primi mesi del 2006, è stata sospesa a causa delle difficoltà generate dalla parziale indisponibilità delle aree,
che ha portato a rescindere il contratto con la ditta appaltatrice.
Attualmente la società interportuale è in attesa di poter disporre delle aree
nella loro interezza così da procedere, nel corso del 2008, ad un secondo appalto e giungere alla conclusione dei lavori, sulla base di un progetto sensibilmente innovato per meglio rispondere alle nuove caratteristiche ed esigenze
del mercato, direttamente interpellato con un bando di manifestazione di interesse. Nonostante le difficoltà, ad oggi sono stati effettuati investimenti per
oltre 5,8 milioni di euro; il completamento delle opere comprese nelle convenzioni con il Ministero dei Trasporti è previsto per il 2010.
L’Interporto di Frosinone, in definitiva, sebbene la sua realizzazione sia
in ritardo rispetto alle previsioni, può contare su una serie di importanti elementi:
- è inserito a pieno titolo nella programmazione nazionale (PNT) e regionale;
- si colloca in un nodo di traffico di grande rilievo territoriale, su una direttrice fondamentale di traffico in direzione Nord-Sud (corridoio 1 TEN),
con importanti collegamenti trasversali sia verso il Tirreno (sistema portuale di Gaeta/Formia, provincia di Latina) che verso l’Adriatico (SoraAvezzano, Pescara);
- ha la possibilità di instradamento dei treni sulla linea ferroviaria ad alta
velocità, la cui interconnessione dista pochi chilometri;
- è inserito in un contesto industriale che, nonostante la crisi, è tuttora di
notevole rilevanza;
- è stato progettato per moduli da sviluppare in funzione delle richieste del
mercato e si colloca localmente in un’area che ne permette l’espansione
ed il collegamento con altre piattaforme intermodali di minori dimensioni
attive nella zona, nei cui confronti si candida a svolgere funzioni di hub.
118
3.8.La questione meridionale tra problemi irrisolti e elementi di dinamismo
Ogni analisi che intenda fornire una superficiale panoramica complessiva
del sistema interportuale in Italia tende a scontrarsi con una situazione apparentemente netta e ben definita. Da un lato, vi sarebbe un Nord dove gli
interporti attivi sono numerosi e operano a pieno regime; dall’altro, un Mezzogiorno in cui tali strutture sono pressoché assenti ed i considerevoli fondi
pubblici che vi sono impiegati non riescono ancora ad avere quell’effetto volano capace di far decollare l’intermodalità. A ben vedere, tuttavia, la situazione è decisamente più complessa e bisognerebbe evitare rapide, eccessive
schematizzazioni. Ovviamente è impossibile non constatare che i tempi di
realizzazione delle nuove infrastrutture intermodali siano molto più lunghi del
previsto. Tuttavia, ritardi analoghi si sono verificati in tutte le macro-aree del
Paese e soltanto le realtà in cui vi era una piattaforma logistica pre-esistente
ne sono esenti. Le ragioni delle inefficienze sono trasversali e vanno imputate
a lentezza nella pianificazione regionale o a difficoltà nell’ottenimento di un
esito positivo per la Valutazione di Impatto Ambientale, che rendono irrealizzabile l’avanzamento delle opere.
Inoltre, occorre tenere presente che i flussi di traffico merci nelle regioni
meridionali sono ben più modesti di quelli registrati al Centro-Nord e che
pertanto ben diversa è la funzione che i terminali intermodali sono chiamati
ad assolvere. Lo squilibrio è evidente: se nel Centro-Nord le tonnellate-chilometri (Tkm) che viaggiano sulla rete viaria ogni anno sono 157 miliardi, nel
Meridione tale valore si riduce a 34,6 miliardi (tab. 3.18).
Le uniche regioni meridionali da cui proviene un’imponente quantità di
merci sono la Campania (9,5 miliardi di Tkm) e la Puglia (8 miliardi di Tkm),
seguite dalla Sicilia con 5,2 miliardi. Non stupisce che siano proprio tali realtà
ad esprimere le più significative esperienze interportuali del Mezzogiorno: i
Tab. 3.18 - Trasporti complessivi su strada per regione di origine e di destinazione
Trasporti complessivi
Tonnellate
Tkm (migliaia)
Regione di
origine
Nord-Centro
Mezzogiorno
1.268.538.397
214.331.251
157.023.938
34.621.807
Regione di destinazione (val. %)
Nord-Centro Mezzogiorno
Estero
95,7
14,2
2,6
84,8
1,6
1,0
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat
. Con l’eccezione dell’Abruzzo, che per ragioni analitiche nella presente analisi viene considerato come se facesse parte dell’Italia centrale.
119
due interporti di Nola e di Marcianise innanzitutto, ma anche quelli, ben più
recenti, di Bari e di Cerignola, dove la componente intermodale non è ancora
operativa.
Indubbiamente al Meridione non serve il proliferare di piattaforme logistiche di grandi dimensioni, che rischierebbero di divenire nuove “cattedrali nel
deserto” che andrebbero ad aggiungersi alla lunga lista di quelle già esistenti.
Eppure gli interporti, per loro natura, pongono ulteriori delicate questioni. Si
inseriscono, infatti, in un complesso dibattito tra infrastrutture e sviluppo che
sembra non trovare ancora soluzione: è la carenza di infrastrutture che frena
lo sviluppo del Sud, oppure è la mancanza di un solido tessuto produttivo a
rendere quasi superflua la loro realizzazione?
Le province meridionali manifestano un drammatico ritardo rispetto al resto del Paese sotto quasi tutti gli aspetti macro-economici: i consumi delle
famiglie, innanzitutto (fig. 3.18), ma anche la densità del tessuto produttivo
(fig. 3.19) o la capacità esportativa delle imprese (fig. 3.20). Il sistema interportuale è in grado, da solo, di contribuire alla risoluzione di una simile
situazione? La risposta non può che essere negativa. L’obiettivo che il sistema
si pone consiste “semplicemente” nel trasferimento di merci dalle modalità di
trasporto tradizionali al combinato ferro-gomma, consentendo di ridurre l’imFig. 3.18 - Consumi finali pro capite, 2004 (euro)
Fino a 11.500
Da 11.501 a 14.000
Da 14.001 a 16.500
Da 16.501 in poi
Interporti
Attivi
In fase di start up o non attivi
Previsti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne
120
Fig. 3.19 - Imprese manifatturiere attive per 1.000 abitanti, 2006
Fino a 8,0
Da 8,1 a 10,0
Da 10,1 a 13,0
Da 13,1 in poi
Interporti
Attivi
In fase di start up o non attivi
Previsti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Infocamere - Movimprese
Fig. 3.20 - Capacità esportativa delle imprese, 2006 (euro per impresa attiva)
Fino a 15.000
Da 15.001 a 50.000
Da 50.001 a 90.000
Da 90.001 in poi
Interporti
Attivi
In fase di start up o non attivi
Previsti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat
121
patto ambientale e sociale del trasporto su strada. Come dimostra l’esperienza
fin qui maturata, gli interporti contribuiscono a razionalizzare e rendere più
efficiente il settore della logistica laddove già esistono attività imprenditoriali
che di logistica hanno bisogno: sarebbe invece fonte di delusioni attribuire
loro il compito di far nascere tale comparto e di favorire – come conseguenza
– il proliferare di nuove unità produttive ed una maggiore competitività di
quelle già esistenti.
Gli interporti sono dei nodi di rete, che consentono agli operatori una migliore fruibilità della stessa. Tuttavia è proprio la rete che, nel Sud Italia, più
necessita di essere migliorata. Utilizzando per le 103 province italiane l’indice
di dotazione infrastrutturale elaborato dal Tagliacarne, si può osservare che:
- per quanto riguarda la rete stradale, il 52,2% delle province collocate nel
Centro-Nord ha una dotazione superiore rispetto alla media nazionale, a
fronte di un più modesto 41,7% del Meridione (fig. 3.21);
- per quanto riguarda la rete ferroviaria, la distanza è ancora maggiore con
un rapporto tra Centro-Nord e Mezzogiorno di 50,7% a 36,2% (fig. 3.22).
Con riferimento alla componente ferroviaria, per esempio, il Sud soffre
per la mancanza di collegamenti diretti oltre che per lunghe tratte prive del
doppio binario e con linee spesso non elettrificate. Uno dei problemi maggiori
riguarda la connessione ferroviaria dei porti meridionali. Con l’esclusione
di quelli di Messina e di Villa San Giovanni (RC), dove sono necessari per
consentire l’imbarco dei treni sulle navi traghetto che attraversano lo Stretto,
in tutta la macroarea soltanto il porto di Catania sembra essere dotato di un
adeguato numero di binari (19). Se a Taranto se ne contano 8, uno soltanto è
disponibile a Gioia Tauro o a Napoli.
In un simile scenario, appare evidente che nelle condizioni attuali la prospettiva di un’interportualità meridionale assume un significato radicalmente
differente rispetto al Nord del Paese. Se in gran parte dell’Italia settentrionale
un sistema interportuale diffuso e capace di movimentare grandi quantità di
merci è ormai una vitale necessità, nel Sud rappresenta invece un utile servizio di interesse generale da fornire esclusivamente laddove vi sia un’effettiva
domanda, attuale o realisticamente potenziale, di intermodalità. I terminali che
vengono e verranno realizzati devono essere in grado di attrarre un significativo bacino d’utenza, tale da garantire la formazione di treni completi. Non
stupisce pertanto constatare che i pochi centri attualmente operativi o in fase
di avvio (Marcianise, Nola, Bari e Cerignola) o quelli ancora in costruzione,
se non in progettazione (Gioia Tauro, Catania, Tito, Termoli e Battipaglia)
siano localizzati in aree capaci di concentrare importanti quantità di merci
– tra le più significative del Mezzogiorno – grazie alla prossimità a zone di
consumo, di produzione o di transito.
122
Fig. 3.21 - Indice di dotazione della rete stradale, 2004 (Italia=100)
Fino a 65,0
Da 65,1 a 100,0
Da 100,1 a 130,0
Da 130,1 in poi
Interporti
Attivi
In fase di start up o non attivi
Previsti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne
Fig. 3.22 - Indice di dotazione della rete ferroviaria, 2004 (Italia=100)
Fino a 55,0
Da 55,1 a 100,0
Da 100,1 a 150,0
Da 150,1 in poi
Interporti
Attivi
In fase di start up o non attivi
Previsti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istituto Tagliacarne
123
La decisione di creare strutture soltanto nei luoghi in cui vi è una reale
domanda di servizi logistici e di adeguare le caratteristiche dimensionali alle
effettive necessità dei traffici, è stata una scelta strategicamente lungimirante.
Quando si è riusciti, superando gli ostacoli di ordine esterno, ad avviare le
attività intermodali è emersa anche nel Meridione quella vivacità che contraddistingue il sistema interportuale nel suo complesso.
3.8.1 L’Interporto Sud Europa di Marcianise Maddaloni
In località Marcianise-Maddaloni, a 4 km da Caserta e 15 da Napoli, il
Gruppo Barletta ha dato vita all’Interporto Sud Europa (tab. 3.19. fig. 3.23).
L’area interportuale sorge in una posizione strategica, estendendosi su una superficie complessiva di 4 milioni di m² delimitata dallo scalo ferroviario del
gruppo F.S. a Sud, dall’autostrada A1 Roma-Napoli ad Ovest e dalla A30 Caserta-Salerno a Nord-Est, ed è dotato di collegamenti diretti con le due autostrade. Al proprio interno, l’Interporto è suddiviso in diversi poli funzionali:
- un polo intermodale. L’attuale terminal, dotato di 5 binari attrezzati per il
trasporto combinato, occupa una superficie di 50.000 m², mentre è in corso
la realizzazione di ulteriori strutture ferroviarie che porteranno ad un’estensione complessiva di circa 250.000 m². Il terminal ha avviato le proprie
attività predisponendo due coppie di treni al giorno, una con l’interporto
di Bologna ed una con lo scalo ferroviario di Milano. Lo sviluppo del trasporto intermodale è comunque destinato a crescere considerevolmente,
raddoppiando i viaggi lungo le due tratte già esistenti ed aggiungendovi un
collegamento con il Triveneto. Interessanti prospettive sono inoltre legate
al potenziamento delle relazioni con il porto di Napoli, di Salerno, di Gioia
Tauro, di Taranto e di Bari;
- un polo logistico, che costituisce il vero potenziale punto di forza dell’interporto. Se ad oggi sono stati realizzati 150.000 m² di magazzini, occupati
da grandi operatori internazionali e nazionali della logistica, le previsioni
di sviluppo prevedono che su un’area complessiva di 1.800.000 m² siano
realizzati spazi coperti per oltre 1 milione di m². Gli edifici sono progettati
su misura in base alle esigenze dei clienti, cui vengono ceduti mediante la
formula dell’auto-leasing (utilizzo per un tempo prestabilito in cambio di
una rata mensile);
- un polo direzionale, dove su una superficie di 500.000 m² sorgeranno uffici, centro direzionale e alberghi. Secondo il progetto, all’interno dell’area
è prevista anche una piattaforma per insediamenti industriali e produttivi, mentre è già attivo un polo commerciale che si estende su un’area di
124
Tab. 3.19 - Principali caratteristiche dell’Interporto Sud Europa di Maddaloni-Marcianise
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci che utilizzano soluzioni
intermodali
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Numero di addetti operanti presso l’interporto
Stima del numero di addetti dell’indotto
1.130.000
27%
16
1.640
1.600
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
euro 113.600.121
euro 37.043.705
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Principale modalità di acquisizione delle aree
Criticità emerse nella fase di realizzazione
1998
Accordi bonari all’interno di procedure
d’esproprio
Rapporti con l’Amministrazione regionale
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
50.000 m2
150.000 m2
Auto-leasing
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Interventi ritenuti prioritari
Interventi ritenuti prioritari
Centro distribuzione tabacchi
Accordi di collaborazione con i porti
Realizzazione di una piattaforma informatica
Altre caratteristiche
Uffici dell’Agenzia delle Dogane con 40 addetti
Comando della Guardia di Finanza con piazzale di m² 18.000
Centro di applicazione del progetto Ulisse
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Sud Europa Spa
800.000 m². In particolare, su una superficie di intervento di 357.545 m² è
stato realizzato, da un grande gruppo olandese in sinergia con l’Interporto
Sud Europa, il Parco Commerciale Campania. Il Centro Commerciale rappresenta uno dei principali sbocchi per le merci che all’interno dell’interporto vengono scambiate, stoccate e lavorate. Non sorprende infatti che tra
125
Fig. 3.23 - Layout dell’Interporto Sud Europa di Marcianise-Maddaloni
Fonte: Interporto Sud Europa Spa
i clienti che vi sono insediati vi siano alcuni operatori commerciali come
Decathlon, Carrefour, Euronics, Zara, Mondadori, Brico, H&M, Saturn.
L’eccellenza dell’Interporto Sud Europa deriva dall’adiacente infrastruttura ad esso fortemente integrata: uno dei più grandi Scali di Smistamento
Merci del Gruppo Ferrovie dello Stato, che occupa una superficie di 2 milioni
di m²; in esso è attiva dal 1993 una stazione ferroviaria composta da un fascio
arrivi di 21 binari, un fascio transiti informatizzato ed un fascio direzione e
partenze di 48 binari. Ubicato nei pressi della linea Av/Ac lungo la dorsale
tirrenica, lo scalo riceve tutti i treni merce provenienti da Nord per il Sud e
viceversa e dal Tirreno per l’Adriatico e viceversa. Giunti nel fascio arrivi, i
convogli vengono scomposti e spinti lungo una rampa per essere smistati dal
sistema automatico di sella. Sul fascio partenze i treni così processati vengono
ricomposti e inviati, in un tempo brevissimo, a destinazione. Gli impianti consentono una movimentazione di 150 treni al giorno.
3.8.2.L’Interporto Campano di Nola
L’Interporto Campano (tab. 3.20, fig. 3.24) è attivo a Polvica, una frazione
di Nola a 20 km da Napoli, dal 1998. Azionista di riferimento della società è
il Cisfi, la finanziaria di riferimento del Centro Ingrosso Sviluppo (Cis) che
dell’area interportuale è parte integrante. Non è possibile comprendere le particolari caratteristiche dell’interporto senza considerare l’importanza di tale
126
Tab. 3.20 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Nola
Dati strutturali
Volume di merci movimentate nel 2006
Quota di merci movimentate che utilizzano
soluzioni intermodali
Quota di trasporto ferroviario tradizionale
Numero di addetti operanti presso SocietàInterporto e Società di gestione
Numero di aziende insediate presso l’interporto
Stima del numero di addetti operanti all’interno
dell’area interportuale
4.171.147
6%
12%
60
146
3.500
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 552.333.000
euro 45.000.000
euro 130.284.000
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1994
1998
Procedure d’esproprio
Criticità emerse nella fase di realizzazione
Pianificazione urbanistica
Autorizzazioni da parte delle Amministrazioni
locali
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
225.000 m2
347.600 m2
Comodato d’uso e diritto di superficie
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Tessili
Alimentari/Refrigerati
Meccanici
Principali obiettivi di sviluppo
Ampliamento fisico dell’interporto
Potenziamento dei sistemi informatici
Ampliamento della rete di relazioni con porti e
interporti
Inserimento di personale con funzioni
manageriali
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Campano Spa
127
Fig. 3.24 - Layout dell’Interporto Campano di Nola
Fonte: Interporto Campano Spa
polo distributivo, uno dei più grandi d’Italia, creato nel 1986 con l’intento di
portare all’esterno di una Napoli ormai satura le attività di commercio all’ingrosso. La realtà del Cis è cresciuta rapidamente, passando dagli iniziali 12
soci agli attuali 328, tra cui si contano molte importanti aziende del sistema
moda.
L’importante quantità di merci che il Cis è in grado di concentrare e gli
abbondanti spazi a disposizione, oltre ai collegamenti con la rete viaria e ferroviaria, ponevano le premesse ottimali per la costruzione di un interporto.
Nel complesso, l’area interportuale complessivamente intesa risulta suddivisa
in tre parti:
- l’interporto vero e proprio, su una superficie complessiva di 1.700.000 m²
di cui 1.227.600 m² ancora da infrastrutturare;
- il Cis, che si estende su 1 milione di m² di cui 346.000 m² coperti;
- il Centro Servizi Vulcano Buono, un grande polo commerciale da 450.000
m² di cui 150.000 m² coperti.
All’interno dell’interporto di Nola si situa anche una stazione ferroviaria
gestita da Rfi, composta da 6 binari elettrificati. La stazione è collegata con
il terminal intermodale gestito dalla società Tin Spa, costituito da un piazzale
di 225.000 m² per lo stoccaggio e la movimentazione di container, casse mobili e semirimorchi e da due fasci di tre binari ciascuno. I servizi disponibili
128
presso il terminal vanno dall’handling al lavaggio e al ricondizionamento dei
container e alle fumigazioni, oltre alle operazioni doganali e di custodia temporanea.
Per via ferroviaria, l’interporto di Nola è collegato attraverso due coppie di
treni a settimana con i porti di Napoli, Taranto e Gioia Tauro, mentre tramite
la società privata Rtc ha sviluppato un servizio quotidiano verso Milano-Segrate, con treni programmati in coincidenza con quelli provenienti o diretti a
Monaco di Baviera.
Il terminal è raccordato con i magazzini frigoriferi, un “polo del freddo”
da 15.000 m² formato da 15 celle polivalenti, che è diventato un punto di
riferimento sia per la Grande Distribuzione Organizzata che per i produttori di
alimenti deperibili, in particolare del comparto ortofrutticolo. Non sono raccordati, invece, i restanti magazzini che raggiungono una superficie coperta
di 347.600 m² suddivisa in 5 lotti destinati a corrieri e spedizionieri, ai grandi
operatori della logistica e dell’autotrasporto, ma soprattutto a imprese della
distribuzione: sulle 140 aziende insediate nell’interporto, 102 sono quelle che
effettuano operazioni di confezionamento e trattamento delle merci. Le principali tipologie di prodotti che vengono trattate appartengono al tessile e alla
meccanica.
Si prevede che la struttura interportuale esistente sia ulteriormente sviluppata con la realizzazione di aree destinate alla logistica e alla manipolazione
delle merci, portando ad un sostanziale raddoppio dell’interporto.
Grazie alla convergenza tra funzioni logistiche e commerciali al servizio di
un tessuto produttivo e distributivo tra i più importanti del Mezzogiorno, l’Interporto di Nola ha la possibilità di concentrare al proprio interno un’importante quantità di merci. Sembra tuttavia necessario potenziare maggiormente
la componente intermodale, che attualmente raggiunge un modesto 6% del
totale di quanto viene movimentato. In tal senso appare necessario intensificare le relazioni con il sistema dei porti e soprattutto cercare soluzioni che
progressivamente incentivino le imprese insediate al suo interno ad avvalersi
delle opportunità offerte dall’intermodalità.
3.8.3.Il sistema interportuale della Puglia: Bari e Cerignola
La Puglia rappresenta uno dei principali territori di interportualità nascente
dell’Italia meridionale. Il sistema regionale è imperniato attorno all’Interporto
di Bari-Lamasinata (tab. 3.21), la cui costruzione è iniziata ad opera di privati
nel 2001 ed ha consentito l’entrata in funzione di un primo stralcio progettuale già nel 2005. Da allora la struttura sta attraversando una fase di continua
129
Tab. 3.21 - Principali caratteristiche dell’Interporto Regionale della Puglia
Dati strutturali
Numero di aziende insediate presso l’interporto 10
Numero di addetti operanti presso l’interporto
109
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi ministeriali ex lege 240/90 e
successive
Altri contributi pubblici
euro 57.311.061,00
euro 2.133.586,72
euro 7.752.172,32
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
2001
2005
Procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
50.000 m2
78.500 m2
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Specializzazioni produttive
Interventi ritenuti prioritari
Principali obiettivi di sviluppo
Ortofrutta e alimenti surgelati
Tabacchi
Collettame
Miglioramento delle connessioni alla rete
autostradale e ferroviaria
Potenziamento delle attrezzature per
movimentazione merci
Realizzazione di una piattaforma informatica
Ampliamento fisico dell’interporto
Campagna di promozione dell’interporto
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Regionale della Puglia Spa
crescita: al suo interno sono attualmente presenti 10 aziende, tra cui alcuni
importanti protagonisti della logistica intermodale, e vi sono impiegati stabilmente più di 100 addetti. Le principali tipologie di prodotti trattati sono quelle
dell’ortofrutta e degli alimenti surgelati, i tabacchi e il collettame. Una volta
a regime, si prevede che l’interporto potrà accogliere circa 50 aziende. Su
una superficie complessiva di 470.000 m² sono stati realizzati o sono in fase
di completamento 78.500 m² di magazzini, di cui 17.500 m² raccordati per il
trasporto combinato ferro-gomma.
130
Al momento l’interporto è attrezzato soltanto per le operazioni di scambio
gomma-gomma, mentre è in corso di completamento l’infrastrutturazione necessaria alle operazioni intermodali attraverso la realizzazione di un terminal
di 50.000 m² dotato di 4 binari operativi, posto in adiacenza allo scalo ferroviario.
Il sistema dell’intermodalità nella regione può contare, tuttavia, anche
sull’interessante esperienza dell’interporto realizzato attraverso il Consorzio
Ofanto Sviluppo dalle amministrazioni comunali di Cerignola e di San Ferdinando di Puglia (tab. 3.22). La struttura, che si estende su un’area di 450.000
m², disporrà di 52.000 m² di magazzini, di cui 13.000 m² già realizzati, e di
un terminal da 75.000 m². Il primo lotto funzionale, terminato nel giugno del
2002, ha avuto una serie di problemi legati ai collaudi tecnico-amministrativi:
situazione che si è sbloccata soltanto nel settembre del 2007.
Tab. 3.22 - Principali caratteristiche dell’Interporto di Cerignola
Dati strutturali
Numero di addetti operanti presso la SocietàInterporto
2
Dati finanziari
Investimenti complessivi realizzati al 2007
Contributi pubblici
euro 63.064.076,13
euro 13.954.701,05
Operatività dell’interporto
Anno di inizio della costruzione delle opere
Anno di entrata in funzione dell’interporto
Principale modalità di acquisizione delle aree
1999
2008
Procedure d’esproprio
Attuale estensione e modalità gestionale delle aree
Terminal intermodale
Magazzini
Modalità di gestione delle aree
50.000 m2
13.400 m2
Affitto
Offerta logistica dell’interporto
Interventi ritenuti prioritari
Miglioramento dei sistemi di gestione dei flussi
di merci
Ampliamento dei piazzali
Potenziamento della strumentazione informatica
Potenziamento dei servizi offerti
Accordi di collaborazione con i porti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ofanto Sviluppo Srl
131
L’interporto si colloca in un territorio adiacente all’agglomerato di Cerignola-San Ferdinando di Puglia, importante polo agro-alimentare che si
estende su una superficie di 2.220.000 m² su cui operano circa 6.000 aziende.
Oltre ai traffici legati a tale comparto, l’Interporto si propone di intercettare
anche parte dei flussi di merce che transitano attraverso la provincia di Foggia.
132
4. Focus tematici
Oltre 100 milioni di euro nel solo 2006. A tanto ammonta il contributo
diretto che il sistema interportuale ha offerto all’Italia, in termini di contenimento dei costi ambientali e sociali imputabili al trasporto merci: un importo
calcolato sulla base di dati relativi all’intermodalità generata dalle singole
strutture e di proposte avanzate in sede comunitaria per monetarizzare (e
confrontare) le esternalità provocate dagli spostamenti interurbani di veicoli
pesanti e di treni.
Nel favorire lo spostamento dalla strada verso soluzioni alternative, con i
conseguenti benefici in termini di riduzione delle emissioni di gas inquinanti,
del numero di incidenti stradali o del livello di congestionamento della rete,
trova concreta espressione l’importante funzione di natura pubblica e di interesse generale svolta dagli interporti. Il riconoscimento di un simile ruolo,
ad opera dei Governi e di amministrazioni locali che partecipano spesso attivamente alla loro realizzazione, costituisce uno dei presupposti fondamentali
per lo sviluppo e il potenziamento del sistema. Dal 1992, anno in cui è diventata operativa la legge per promuovere l’intermodalità, al 2006 tra interporti
e Ministero dei Trasporti sono state firmate convenzioni per un importo complessivo di 538 milioni di euro che hanno portato all’erogazione effettiva di
310 milioni di euro. Tali risorse hanno innescato un effetto volano in grado di
attivare, per ogni euro di contributi statali, 3,4 euro di investimenti da parte di
quei soggetti economici, pubblici e privati, che hanno deciso di puntare sulla
sfida della logistica intermodale.
I margini di crescita del sistema sono, però, ancora molto elevati. Oltre alla
necessità di completare le infrastrutture previste è, infatti, necessario lavorare
per raggiungere una maggiore efficienza complessiva: obiettivo conseguibile,
innanzitutto, attraverso una più stretta sinergia con il cluster marittimo e un
migliore utilizzo delle opportunità offerte dalle moderne tecnologie informatiche. Le fonti di finanziamento, la prospettiva di un cluster terra-mare,
l’impatto ambientale e la realizzazione della piattaforma tecnologica Uirnet:
133
tali argomenti sono l’oggetto degli approfondimenti tematici sviluppati nel
presente capitolo.
4.1.Il sistema organizzativo e di finanziamento
Gli interporti sono strutture che, indipendentemente dalla prevalente partecipazione pubblica o privata della società cui fanno capo, svolgono una funzione di natura pubblica e di interesse generale. Promuovere l’intermodalità,
favorendo lo spostamento del trasporto merci dalla strada verso soluzioni
alternative, ha un impatto positivo sia sotto l’aspetto ambientale che per la
sicurezza e la qualità della vita delle popolazioni: produce delle esternalità
positive che non possono essere innescate e sostenute dal mercato. I costi necessari alla realizzazione di un terminal e la resistenza al cambiamento da
parte di operatori logistici che per inerzia tendono a restare strutturalmente
sbilanciati verso il tutto-gomma, rendono necessaria (e giustificano) un’azione
economicamente incisiva delle istituzioni. Tale azione, in Italia, è stata avviata in maniera razionale e organica grazie alla legge 240 del 4 agosto 1990,
relativa agli “Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati
al trasporto merci e in favore dell’intermodalità”.
Sulla base della legge 240/90 e di suoi successivi rifinanziamenti o integrazioni, 24 interporti hanno stipulato una serie di convenzioni con il Ministero
dei Trasporti. I contributi così attivati hanno permesso di integrare le risorse
proprie di tali strutture, generando nella maggior parte dei casi una sorta di
effetto volano rivelatosi essenziale per la crescita e l’infrastrutturazione del
sistema. Inoltre, ai contributi ministeriali si è aggiunta una pluralità di finanziamenti integrativi, di cui i principali sono d’origine comunitaria oppure interministeriale. I primi sono legati al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
(Fers), che viene gestito dalle amministrazioni regionali mediante programmi
operativi (Por) o documenti di programmazione (Docup); i secondi passano
attraverso le delibere del Cipe per la realizzazione di terminali per il trasporto
combinato in aree depresse.
Va detto, tuttavia, che i contributi pubblici solitamente non coprono che
una quota minoritaria degli investimenti necessari alla realizzazione e allo
sviluppo degli interporti. Per tale ragione, prima di esaminare nello specifico
le differenti situazioni, è opportuna una riflessione relativa al loro assetto societario e al capitale che gli azionisti hanno la possibilità di conferirvi.
134
4.1.1.Una partnership strategica tra pubblico e privato
La struttura societaria dell’Ente deputato a rappresentare istituzionalmente
un interporto può essere assai variegata, andando da casi di società a capitale
totalmente privato ad altri in cui è esclusiva la presenza pubblica. Molto più
diffuse, comunque, sono situazioni in cui vi è una partecipazione congiunta
da parte di Amministrazioni locali e imprenditori, spesso con il sostegno delle
Camere di Commercio, di Consorzi per lo sviluppo industriale o di società
finanziarie regionali. Per la precisione, tra gli interporti oggetto d’indagine, la
situazione è la seguente (fig. 4.1):
- in due casi tra loro molto diversi (Verona e Gioia Tauro), la società ha
capitale interamente pubblico;
- i tre interporti legati al 100% a privati sono invece quelli di Nola, Marcianise e Vado Ligure, che fanno capo rispettivamente al Gruppo Barletta, al
Cis presieduto da Giovanni Punzo e alla famiglia Pacorini;
- a capitale in prevalenza pubblico (con quote superiori al 75%) sono gli 8
interporti di Cerignola, Cervignano, Rovigo, Trento, Jesi, Catania, Prato e
Frosinone;
- a capitale in prevalenza privato (con quote superiori al 50%) sono i 6 interporti di Parma, Val Pescara, Venezia, Tito, Rivalta Scrivia e Bari;
- una situazione mista, con quote di partecipazione pubblica comprese tra il
50% e il 75% accompagnata da una forte presenza privata, si hanno nei 6
interporti di Bologna, Padova, Torino, Novara, Livorno e Orte.
Al di là degli elementi meramente descrittivi, che permettono una volta di
più di mostrare quanto sia complesso e diversificato il sistema interportuale,
soffermarsi sugli aspetti societari offre la possibilità di comprendere come il
successo o meno degli interporti non dipenda dalla loro natura, pubblica o
privata, bensì da una serie di altri fattori che alla scelta gestionale sono tuttavia fortemente legati. Come l’esperienza dimostra, l’obiettivo di garantire un
servizio di pubblica utilità può essere perseguito in maniera ottimale sia dal
pubblico che dal privato, o da entrambe le parti congiuntamente, a condizione
che sussistano determinati presupposti:
- innanzitutto, è fondamentale che i partner siano disposti ad investire in
maniera significativa nell’impresa;
- la società cui fa capo l’interporto non deve essere vista come un potenziale
concorrente da parte degli operatori che potrebbero insediarvisi;
- è auspicabile che nessun azionista, specialmente se pubblico, detenga da
solo oltre il 50% del capitale sociale, per quanto in determinati casi nella
fase di avvio dell’infrastruttura tale scelta possa rivelarsi obbligata.
Come si è avuto modo di verificare nel secondo capitolo del presente stu135
Fig. 4.1 - Assetto societario delle società interportuali (val. %)
Interporto di Gioia Tauro
100,0
Interporto di Verona
100,0
Interporto di Cerignola
99,0
Interporto di Cervignano
1,0
86,6
Interporto di Rovigo
13,4
83,5
16,5
Interporto di Trento
80,3
19,7
Interporto di Jesi
79,7
20,3
Interporto di Catania
79,0
21,0
Interporto di Prato
75,6
24,4
Interporto di Frosinone
75,0
25,0
Interporto di Bologna
60,1
39,9
Interporto di Padova
58,7
41,3
Interporto di Torino
54,5
45,5
Interporto di Novara
54,0
46,0
Interporto di Livorno
53,3
46,7
Interporto di Orte
51,5
48,5
Interporto di Parma
32,6
Interporto di Pescara
67,4
26,3
Interporto di Venezia
73,7
20,0
80,0
Interporto di Tito 7,2
92,3
Interporto di Rivalta Scrivia 1,7
98,3
Interporto di Bari 0,2
99,8
Interporto di Vado Ligure
100,0
Interporto di Marcianise
100,0
Interporto di Nola
100,0
0
10
20
30
40
50
Quota di capitale pubblico
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
136
60
70
80
90
Quota di capitale privato
100
dio, la realizzazione di un interporto richiede ingenti investimenti non soltanto
per la costruzione dei terminal intermodali (in gran parte coperti dai contributi
ministeriali), quanto piuttosto per la realizzazione delle necessarie opere accessorie ed, in particolare, dei magazzini destinati ad accogliere gli operatori
della logistica. Una serie di soluzioni possono essere praticate: interventi di
project financing, creazione di società di scopo, cessione di aree edificabili
direttamente dagli operatori logistici. Tuttavia è evidente che l’ideale sarebbe
disporre di capitale sufficiente per realizzare in modo autonomo la maggior
parte degli investimenti immobiliari previsti. Il problema si pone in particolare
per quegli interporti in cui le Amministrazioni locali mantengono un peso preponderante, senza tuttavia avere la possibilità di destinarvi risorse sufficienti
per sostenere la crescita delle strutture ed il completamento delle opere.
Alla scelta di mantenere un ruolo di primo piano, certamente sensata per
poter orientare le politiche e le decisioni strategiche che verranno adottate,
deve quindi accompagnarsi un conseguente impegno sotto il profilo finanziario. Sarebbe opportuno, inoltre, che nessun azionista pubblico individualmente considerato detenga la maggioranza assoluta del capitale sociale: pur
restando soci di riferimento, le amministrazioni dovrebbero favorire la partecipazione e la discussione dei partner in merito alle linee di indirizzo degli
interporti, conferendo alla loro presenza una reale possibilità di incidere sulle
decisioni adottate.
Anche nei casi in cui la presenza pubblica è nettamente prevalente, è raro
trovare situazioni in cui un unico socio detenga la maggioranza assoluta del
capitale. Su 16 realtà, avviene soltanto (tab. 4.1):
- a Cervignano del Friuli, dove la finanziaria regionale Friulia Spa ha l’81%
del capitale;
- a Jesi, dove la Regione arriva al 60,4%;
- a Frosinone, dove il 52,4% delle azioni fa capo alla Provincia;
- a Cerignola, dove le amministrazioni comunali di Cerignola e San Ferdinando di Puglia hanno dato vita alla società Ofanto Sviluppo Srl.
Si tratta di interporti che ancora non hanno raggiunto la piena operatività
e la cui realizzazione si inseriva in contesti particolarmente delicati, dove una
leadership forte e unitaria era necessaria per riuscire a dar vita ad un progetto
che le sole forze di mercato non avrebbero potuto realizzare. La scelta di un
processo in due tappe è particolarmente evidente nel caso dell’Interporto Alpe
Adria di Cervignano del Friuli, dove ad una prima fase – recentemente conclusasi – destinata all’infrastrutturazione di base di un’area di 460.000 m², farà
seguito una più attiva partecipazione dei privati nello sviluppo della seconda
fase, dove su ulteriori 510.000 m² dovrebbero sorgere 66.000 m² di magazzini
da affiancare ai 24.000 m² già esistenti.
137
138
Fonte: indagine Censis-Uir, 2007
Interporto di Nola
Interporto di Marcianise
Interporto di Vado Ligure
Interporto di Bari
Interporto di Rivalta Scrivia
Interporto di Tito
Interporto di Venezia
Interporto di Val Pescara
Interporto di Parma
Interporto di Orte
Interporto di Livorno
Interporto di Novara
Interporto di Torino
Interporto di Padova
Interporto di Bologna
Interporto di Frosinone
Interporto di Prato
Interporto di Catania
Interporto di Jesi
Interbrennero - Trento
Interporto di Rovigo
Interporto di Cervignano
Interporto di Cerignola
Interporto di Gioia Tauro
Interporto di Verona
0,0
0,0
0,0
0,2
1,7
7,2
20,0
26,3
32,6
51,5
52,3
54,0
54,5
58,7
60,1
75,0
75,6
79,0
79,7
80,3
83,5
86,6
99,0
100,0
100,0
Totale
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
1,8
3,3
1,0
20,2
25,4
12,8
19,6
0,0
5,3
35,1
14,0
45,5
22,0
5,5
3,6
18,5
5,0
99,0
0,0
33,3
Amministrazioni
comunali
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
3,3
1,0
8,7
13,5
5,1
2,7
0,0
11,2
17,6
52,9
0,0
13,0
1,5
57,9
18,8
0,0
0,0
0,0
33,3
Amministrazioni
provinciali
Tab. 4.1 - Assetto societario delle società interportuali (val. %)
0,0
0,0
0,0
0,0
1,7
1,8
3,3
0,0
0,0
0,0
17,8
30,1
44,5
0,0
0,0
0,0
4,6
0,0
60,4
16,7
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,2
0,0
1,8
0,0
21,3
2,3
0,0
11,0
0,0
0,0
30,8
5,9
8,1
25,0
20,0
4,8
2,1
1,4
0,0
0,0
20,0
33,3
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
1,4
3,1
1,1
1,7
4,0
1,5
1,5
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Ammini- Camere di Ferrovie
strazioni Commercio
regionali
Pubblico
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
1,8
10,0
3,0
0,0
9,4
3,2
0,0
6,0
9,9
0,0
0,0
0,5
24,0
7,5
0,0
44,7
81,6
0,0
80,0
0,0
Altri
100,0
100,0
100,0
99,8
98,3
92,8
80,0
73,8
67,4
48,5
47,7
46,0
45,5
41,3
40,0
25,0
24,4
21,0
20,3
19,7
16,6
13,4
1,0
0,0
0,0
Totale
0,5
0,0
0,0
0,0
0,2
2,2
0,0
7,8
23,7
0,0
39,6
7,1
0,0
12,6
23,5
13,5
22,0
0,0
0,0
8,3
11,9
0,0
0,0
0,0
0,0
di cui:
gruppi
bancari
Privati
Tra i soggetti economici che svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo del sistema vi sono sicuramente le Amministrazioni comunali, presenti
in 18 delle 25 realtà esaminate e con una partecipazione di rilievo (superiore
al 10% del capitale) in 11 interporti. Quelle provinciali, presenti in 14 interporti, hanno un ruolo determinante soprattutto a Verona (con la partecipazione
a un terzo del capitale, paritetica a quella che detengono l’Amministrazione
comunale e la Camera di Commercio), a Frosinone e a Trento. Nella società
Interbrennero, la Provincia Autonoma di Trento e quella di Bolzano detengono
rispettivamente il 41,2% e il 16,7% del capitale. Tra le amministrazioni regionali, quelle della Toscana, del Piemonte e delle Marche, oltre alla Regione
Autonoma Trentino Alto Adige, sono le uniche a detenere una significativa
partecipazione diretta al capitale.
Un’azione particolarmente importante è svolta dalle locali Camere di
Commercio, che partecipando alla crescita di questi nodi di rete adempiono
nel migliore dei modi al proprio ruolo di ente promotore dello sviluppo economico territoriale. Tra le molte Cciaa che contribuiscono, spesso in misura
determinante, al rafforzamento del sistema interportuale, la presenza camerale
più significativa si ha sicuramente nei due interporti di Verona e di Padova,
rispettivamente con quote del 33,3% e del 30,6%.
Altri Enti pubblici rilevanti nell’assetto societario degli interporti sono:
- la finanziaria di investimento regionale Friulia Spa, fondata nel 1967 come
agenzia di sviluppo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con lo
scopo di sostenere la crescita del sistema delle imprese regionali. Friulia
Spa detiene attualmente l’81,6% del capitale dell’Interporto Alpe Adria di
Cervignano;
- il Consorzio Asi di Reggio Calabria, che detenendo l’80% delle azioni
dell’Interporto della Piana di Gioia Tauro Spa, società fondata nel 2004,
avrebbe dovuto consentirne la realizzazione. La società di Gioia Tauro è
però, attualmente, in corso di liquidazione;
-Sistemi Territoriali è una società a partecipazione pubblica controllata
dalla Regione Veneto, attiva nei campi del trasporto ferroviario e delle infrastrutture idroviarie. È presente con il 23,2% delle azioni nel capitale
dell’Interporto di Rovigo;
- l’Autorità Portuale di Venezia è presente con il 10% al capitale dell’interporto lagunare;
- nella Società Interporti Siciliani, che lavora alla realizzazione del nodo di
Catania e della piattaforma intermodale di Termini Imerese, una quota pari
al 20% è detenuta dall’Azienda Trasporti Siciliani e un ulteriore 4% dal
Consorzio Asi di Palermo;
- quasi il 10% delle azioni dell’Interporto di Padova sono controllate dal
139
Consorzio Zona Industriale di Padova, un ente pubblico economico creato
nel 1956 con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del territorio realizzando infrastrutture adeguate e offrendo servizi per facilitare l’insediamento di imprese. Del Consorzio Zip sono soci paritari il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio;
- negli interporti di Jesi e di Orte partecipa, con circa il 7% e l’8% del capitale, la società Sviluppumbria, che dal 1973 lavora per favorire le condizioni della crescita economica della regione. La presenza dell’Umbria
al capitale dei due interporti dell’Italia centrale è una scelta strategica che
mostra la volontà delle tre regioni di collaborare in forma razionale ed integrata.
Di particolare interesse è la partecipazione delle Ferrovie dello Stato nell’assetto societario. Si tratta di una modalità assai importante per rafforzare
la partnership tra due sistemi, quello ferroviario e quello interportuale, che
hanno la necessità di dialogare e confrontarsi, operando in stretta sinergia.
Ad oggi, tuttavia, soltanto nei 7 interporti di Padova, Parma, Orte, Torino,
Novara, Livorno e Bologna, vi è una presenza, peraltro di modesta entità, di
aziende del Gruppo.
4.1.2.L’effetto volano dei contributi pubblici
Una solida capacità di autofinanziamento costituisce un elemento imprescindibile per la realizzazione di una rete infrastrutturale complessa quale
quella interportuale. Tuttavia, la rilevanza degli investimenti richiesti e la lunghezza dei tempi di ritorno tendono a disincentivare un autonomo intervento
di soggetti del territorio, pubblici o privati, che a fronte di una spesa iniziale
certa ed immediata difficilmente possono calcolare con precisione il momento
a partire dal quale i costi sostenuti inizieranno a diventare remunerativi, né gli
utili che potranno scaturirne.
La promozione di un sistema che abbia l’intermodalità quale obiettivo
fondamentale non poteva pertanto affidarsi esclusivamente al mercato o alla
determinazione delle Amministrazioni locali. Era necessario che il Paese si
dotasse di strumenti economico-finanziari idonei a incentivare la realizzazione di una serie ben definita di nodi interportuali considerati prioritari: una
rete di infrastrutture strategiche capaci di modificare la tradizionale concezione del trasporto merci, offrendo alternative al tutto-gomma nei luoghi in
cui esiste un’elevata domanda, attuale o realisticamente potenziale, di simili
soluzioni. È con la legge 240 del 1990 che, in Italia, ha avuto inizio una
reale politica in tal senso, basata su una programmazione a livello centrale
140
definita di concerto con le Amministrazioni locali ed accompagnata dalla
disponibilità di risorse necessarie a sostenere almeno in parte gli interventi
più onerosi. La legge aveva una duplice finalità: da un lato, vi era la necessità di potenziare e riconvertire verso una logica di sistema gli interporti
pre-esistenti; dall’altro, il difficile obiettivo di far sorgere dal nulla nuove
esperienze interportuali.
La legge 240/90 ed i suoi successivi adeguamenti e rifinanziamenti non
erano di per sé sufficienti a portare a regime il sistema nel suo complesso.
L’Amministrazione centrale non poteva intervenire nella fase progettuale, né
risolvere ritardi imputabili a cause esterne quali, primo fra tutti, l’esito della
Valutazione di Impatto Ambientale. Quello che è stato fatto (che poteva essere
fatto) dal Ministero dei Trasporti era mettere a disposizione degli interporti
i fondi necessari ed erogare gli importi autorizzati in base all’effettivo e documentato avanzamento dei lavori. In tal senso, è da ritenersi sicuramente
positivo il giudizio nei confronti delle procedure attivate, tanto che si può
constatare come nessun interporto attribuisca a tale Ente la causa di eventuali
criticità nella fase di realizzazione. Al contrario, molti sono i casi in cui non
è eccessivo parlare di effetto volano generato proprio dai contributi ministeriali. È piuttosto evidente constatare come, soprattutto negli interporti sorti
ex novo, sia proprio quello della stipula di una convenzione con il Ministero,
se non quello dell’emanazione del relativo decreto, il momento in cui hanno
realmente inizio gli investimenti.
Nonostante l’obiettivo della legge fosse l’entrata in funzione di tutto il
sistema interportuale in un arco di tempo relativamente breve, soltanto
9 strutture – quasi tutte già attive in precedenza – sono state in grado di
stipulare la convenzione, e percepire i relativi contributi, fin dal 1992
(tab. 4.2). Si tratta degli interporti di Rivalta Scrivia, Verona, Bologna, Torino, Livorno, Padova, Parma, Nola e Marcianise: a favore di tali Enti sarebbe
stata erogata una quota semestrale pari al 5% dell’importo della convenzione
per un periodo di 15 anni (erogazione condizionata all’effettivo avanzamento
dei lavori). La legge 240/90 ha avuto un ruolo fondamentale, per esempio,
nel rilancio dell’Interporto di Rivalta Scrivia, che nell’aprile del 1989 era
stato in gran parte distrutto a causa di un grave incendio: la legge ha consentito la ricostruzione dell’area e la realizzazione di infrastrutture adeguate alle
esigenze di una logistica moderna. Più in generale, comunque, gli interporti
che hanno accompagnato gli importanti contributi pubblici con un’autonoma
capacità di spesa sono riusciti ad avviare un processo virtuoso di crescita e
consolidamento.
141
Tab. 4.2 - Convenzioni stipulate tra Ministero dei Trasporti e Soggetti Attuatori
Interporti
1 Verona
2 Polo di
Marcianise
3 Livorno
4 Bologna
5 Rivalta Scrivia
6 Torino
7 Padova
8 Venezia
9 Polo di Nola
10 Prato
11 Novara
12 Val Pescara
13 Parma
14 Jesi
15 Bari
16 Cervignano
17 Vado Ligure
18 Orte
19 Bergamo
Montello
20 Frosinone
21 Tito
22 Battipaglia
23 Termoli
Totale
Fonte
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 341/95
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 341/98
Legge 240/90
Legge 240/90
Legge 454/97
Legge 641/96
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 641/96
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Legge 240/90
Legge 413/98
Finanziamenti Data della
Data di
Importo
(euro)
Convenzione emanazione complessivo
del decreto
(euro)
31.504.000
19/04/1992 19/06/1992
39.251.000
7.747.000
28/07/1999 28/03/2001
15.494.000
22/04/1992 19/06/1992
36.619.000
21.125.000
27/12/2002 27/12/2002
25.306.000
21/04/1992 19/06/1992
2.066.000
29/03/2000 04/05/2000 35.117.000
7.745.000
27/12/2002 27/12/2002
29.955.000
16/04/1992 13/06/1992
34.758.000
4.803.000
23/07/1999 27/03/2000
32.020.000
20/04/1992 19/06/1992
34.602.000
2.582.000
05/08/1999 24/11/1999
27.889.000
17/04/1992 15/06/1992
32.747.000
4.858.000
26/07/1999 27/03/2000
20.658.000
18/04/1992 17/06/1992
28.405.000
7.747.000
27/07/1999 27/03/2000
15.494.000
29/03/2000 07/12/2000
28.444.000
12.950.000
27/12/2002 27/12/2002
15.494.000
23/04/1992 19/06/1992
28.404.000
12.910.000
27/12/2002 27/12/2002
24.947.000
07/07/2000 07/12/2000
27.572.000
2.625.000
27/12/2002 27/12/2002
11.034.000
26/03/2001 02/05/2001
27.284.000
16.250.000
27/12/2002 27/12/2002
15.494.000
20/11/2002 13/12/2002
24.024.000
8.530.000
20/11/2002 13/12/2002
17.043.000
16/04/1992 13/06/1992
20.761.000
3.718.000
25/07/1999 27/03/2000
15.583.000
29/03/2000 07/12/2000
20.563.000
4.980.000
27/12/2002 27/12/2002
10.668.000
20/12/2001 18/10/2002
18.968.000
8.300.000
27/12/2002 27/12/2002
15.360.000
29/03/2000 07/12/2000
18.460.000
3.100.000
27/12/2002 27/12/2002
10.906.000
05/05/2000 07/12/2000
18.406.000
7.500.000
27/12/2002 27/12/2002
14.461.000
07/06/2002 18/10/2002
17.036.000
2.575.000
27/12/2002 27/12/2002
Legge 240/90
14.429.000
10/12/2002
16/12/2002
Legge 341/97
Legge 413/98
Legge 641/96
Legge 135/97
Legge 341/96
9.243.000
1.900.000
8.460.000
7.747.000
4.630.000
22/05/2002
27/12/2002
30/12/2002
17/12/2003
12/12/2002
18/10/2002
27/12/2002
30/12/2002
22/12/2003
16/12/2002
533.200.000
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti
142
14.429.000
11.143.000
8.460.000
7.747.000
4.630.000
Dalla figura 4.2 alla figura 4.9 è rappresentato graficamente il rapporto tra
investimenti realizzati e contributi ricevuti dagli interporti che hanno firmato
la convenzione nel 1992.
A fronte di una spesa complessiva, al 2006, di 210,6 milioni di euro da
parte del Ministero dei Trasporti, i 7 interporti del primo gruppo di firmatari
per cui sono disponibili dati completi ed omogenei hanno realizzato un investimento totale pari a 712,5 milioni di euro: in pratica, ogni euro di contributi
statali ha generato un effetto volano tale da attivare 3,4 euro di investimenti
da parte dei soggetti economici, pubblici e privati, del territorio.
Ancora è prematuro, invece, valutare l’impatto degli incentivi a favore
dell’intermodalità sugli interporti che hanno stipulato una convenzione con il
Ministero soltanto in un momento successivo. Per una serie di cause di ordine
legislativo e politico, le restanti strutture non hanno potuto avere la certezza di
ricevere i contributi se non nel triennio 2000-2002, anni in cui sono state firmate
e ratificate le ulteriori convenzioni. All’instabilità dei Governi e alla politica di
Fig. 4.2 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Bologna (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Bologna Spa
. Non sono riportati i dati relativi all’Interporto di Nola. La società Interporto Campano
Spa indica tuttavia di avere realizzato investimenti per complessivi 552,3 milioni di euro, a fronte
di un contributo pubblico (fondi europei, nazionali e regionali) di 175,3 milioni di euro. Della
società Sito Spa di Torino non è disponibile il dettaglio annuale di investimenti e contributi pubblici non derivanti dalla legge 240/90.
143
Fig. 4.3 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Padova (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Padova Spa
Fig. 4.4 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Rivalta Scrivia (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Rivalta Scrivia Spa
144
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.5 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Livorno (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Toscano A.Vespucci Spa
Fig. 4.6 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Marcianise (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Sud Europa Spa
145
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.7 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Verona (*) (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
(*) Non sono compresi gli investimenti effettuati nell’interporto da soggetti diversi dal Consorzio Zai
quali Rete Ferroviaria Italiana ed Ente Autonomo Magazzini Generali di Verona rispettivamente di
circa 100.000.000 euro e circa 30.000.000 euro (dati stimati al valore attualizzato 2008)
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Consorzio Zai
Fig. 4.8 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Parma (euro)
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2006
2005
2004
2003
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Cepim
146
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.9 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Torino (*) (euro)
180.000.000
160.000.000
140.000.000
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
(*) A fronte di finanziamenti ministeriali per 49,1 milioni di euro, l’Interporto Sito di Torino ha realizzato investimenti complessivi per 79,4 milioni di euro, beneficiando di ulteriori contributi pubblici
per 16,9 milioni di euro.
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Sito Spa
rigore che l’Italia ha dovuto sostenere per rispettare i parametri di Maastricht è
possibile imputare parte della responsabilità per la perdita di quasi un decennio di attività. Altre cause sono invece legate alla fase progettuale. La norma
dispone che gli interporti siano realizzati mediante la tecnica della cosiddetta
“progettazione integrata”, che prevede tre distinte fasi di elaborazione:
- un progetto preliminare, finalizzato a ottenere l’ammissione al contributo
statale;
- un progetto definitivo, subordinato all’esito favorevole della fase precedente e finalizzato alla stipula di un’apposita convenzione;
- un progetto esecutivo, ai fini dell’ottenimento di tutte le approvazioni di
legge e a consentire l’inizio delle procedure di affidamento dei lavori.
Le prime due fasi devono essere corredate da una valutazione dell’impatto ambientale che l’infrastruttura avrà sull’area di ubicazione e su un’area
vasta di riferimento, specificando eventuali misure di mitigazione. Data la
dimensione dei territori interessati e la tipologia di attività, l’esito della Via
ha sempre richiesto tempi molto lunghi, dovendo analizzare non soltanto la
distanza dai centri urbani o la facilità di realizzare adeguati collegamenti, ma
147
anche tutte le conseguenze che l’interporto porterà per l’atmosfera, l’ambiente
idrico, il suolo, la flora e la fauna, l’ecosistema, l’inquinamento acustico e il
paesaggio nelle zone circostanti.
Espletato l’iter burocratico, la firma della convenzione con il Ministero ha
rappresentato una svolta per l’attività di quasi tutti questi interporti. I grafici
riportati tra la figura 4.10 e la figura 4.19 mostrano come numerose realtà
(Venezia, Prato, Novara, Jesi, Bari, Val Pescara, Cervignano o Vado Ligure)
in seguito alla stipula della convenzione hanno visto crescere i propri investimenti in maniera significativa: nel complesso, negli 8 interporti qui considerati gli investimenti realizzati nei 5 anni precedenti la stipula della convenzione ammontano a 99 milioni di euro; nei 5 anni successivi all’entrata in
vigore del decreto di finanziamento arrivano a 271 milioni di euro. La storia
dell’Interporto di Venezia è emblematica: nato nel 1993 per volontà di una
compagine imprenditoriale, l’interporto ha realizzato un vero e proprio salto
di qualità nel 1998, quando ha ottenuto il riconoscimento pubblico e la possibilità di accedere ai contributi ministeriali. Se dal 1994 al 2006 l’interporto
ha effettuato investimenti per circa 100 milioni di euro, soltanto tra il 2003 e
il 2007 sono state attivate risorse per 70 milioni di euro, di cui 30 provenienti
dai contributi pubblici.
Fig. 4.10 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Venezia (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Venezia Spa
148
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.11 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Prato (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto della Toscana Centrale Spa
Fig. 4.12 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Novara (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
2006
2005
2004
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Cim Spa
149
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.13 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Bari (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Regionale della Puglia Spa
Fig. 4.14 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Val Pescara (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Val Pescara Spa
150
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.15 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Cervignano (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto Alpe Adria di Cervignano del
Friuli Spa
Fig. 4.16 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Jesi (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Società Interporto Marche
151
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.17 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Vado Ligure (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Altri fondi pubblici
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Vado I.O. Scpa
Fig. 4.18 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Frosinone (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Interporto di Frosinone Spa
152
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.19 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Orte (*) (euro)
120.000.000
100.000.000
80.000.000
60.000.000
40.000.000
20.000.000
Investimenti complessivi
Altri fondi pubblici
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Convenzioni con Ministero dei Trasporti
(*) Superata la fase di stallo, nel 2007 sono stati svolti lavori per 5,9 milioni di euro. Da cronogramma, nel corso 2008 verranno realizzati investimenti per ulteriori 12,6 milioni e nel 2009 per 16
milioni, che porteranno alla conclusione delle opere previste.
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ministero dei Trasporti e Centro Merci Orte Spa
Resta, infine, un ultimo gruppo di interporti, che non ha potuto beneficiare
dei contributi erogati in base alla legge 240/90. Si tratta del gruppo costituito
dagli interporti di Trento, Cerignola, Catania, Gioia Tauro e Rovigo (figg.
4.20-4.24). I contributi per i tre interporti meridionali sono legati essenzialmente alle delibere del Cipe per le aree depresse. Rovigo, pur essendo idoneo a ricevere i finanziamenti previsti dalla legge 240/90, non ha ottenuto in
sede di valutazione un punteggio sufficiente ed ha dovuto pertanto limitarsi
ai contributi comunitari. Per la società Interbrennero sono invece sufficienti
le risorse proprie messe a disposizione dalle province autonome di Trento e
di Bolzano e dalla Regione, che hanno deciso di puntare sull’intermodalità
– e quindi su un più efficiente utilizzo delle infrastrutture attualmente esistenti – come scelta alternativa alla realizzazione di nuove infrastrutture viarie
quali per esempio la realizzazione della terza corsia lungo l’Autostrada del
Brennero o la Valdastico Nord. L’investimento complessivo effettivamente
sostenuto dagli enti pubblici del Trentino e da soggetti privati per la realizzazione dell’interporto, al di là di quanto espressamente imputabile alla società
interportuale, dovrebbe ammontare a circa 350 milioni di euro.
153
Fig. 4.20 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Cerignola (euro)
70.000.000
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
2005
2006
2006
2007
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Contributi pubblici
Investimenti complessivi
Fonte: elaborazioni Censis su dati Ofanto Sviluppo Srl
Fig. 4.21 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Gioia Tauro (euro)
70.000.000
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
Investimenti complessivi
Contributi pubblici
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto della Piana di Gioia Tauro Spa
154
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.22 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Trento (*) (euro)
70.000.000
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Contributi pubblici
Investimenti complessivi
(*) Gli investimenti complessivi realizzati per la costruzione dell’Interporto di Trento ammontano
a circa 350 milioni di euro. Sono qui disponibili soltanto quelli direttamente imputabili alla società
Interbrennero Spa
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interbrennero Spa
Fig. 4.23 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Rovigo (euro)
70.000.000
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
Investimenti complessivi
Fonte: elaborazioni Censis su dati Interporto Rovigo Spa
155
Contributi pubblici
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Fig. 4.24 - Investimenti e finanziamenti per l’intermodalità - Catania (euro)
70.000.000
60.000.000
50.000.000
40.000.000
30.000.000
20.000.000
10.000.000
Investimenti complessivi
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
0
Contributi pubblici
Fonte: elaborazioni Censis su dati Società Interporti Siciliani Spa
4.2.Sinergie per il cluster terra-mare
Come si è potuto constatare (cfr. fig. 2.7), la stipula di accordi di collaborazione con i porti è tra gli interventi più frequentemente citati quando si
domanda agli interporti di indicare cosa potrebbe portare ad una maggiore
operatività della loro struttura. In effetti, già attualmente tra i due differenti
sistemi logistici i rapporti di interscambio sono molto intensi. Tutte le piattaforme attive hanno uno o più porti di riferimento, attraverso i quali transita un
crescente flusso di merci in entrata e in uscita. Lo sviluppo di simili relazioni
dovrebbe portare benefici per entrambe le parti e per il Paese nel suo complesso:
- da un lato, appare evidente che gli interporti potranno accrescere il volume
di merci movimentate e di conseguenza il proprio giro d’affari;
- per quanto riguarda il cluster marittimo, è ormai nota la situazione di
congestionamento in cui versano le banchine di molti porti e l’urgenza di
trovare aree retroportuali verso cui far confluire la gestione della distribuzione e le operazioni di prima manipolazione delle merci, minimizzando i
tempi di entrata e di uscita;
- un rafforzato collegamento ferroviario diretto tra porti ed interporti sposte156
rebbe dalle aree urbane di importanti città costiere come Genova o Napoli
gran parte del traffico di veicoli pesanti, consentendo sia di alleggerire i
livelli di congestionamento che di ridurre l’inquinamento atmosferico, migliorando così direttamente la qualità della vita;
- una più efficiente movimentazione delle merci in entrata e in uscita consentirebbe al Paese di intercettare una maggiore quota dei flussi intercontinentali, soprattutto alla luce di stime sull’andamento dei traffici che assegnano una rinnovata potenziale centralità al Mediterraneo rispetto ai porti
del Nord Europa.
Riuscire a raggiungere tali obiettivi non è certo immediato. Richiede, in
primo luogo, la volontà di superare nell’azione i confini istituzionali che vedono ancora parzialmente separati il cluster marittimo e quello interportuale;
ma richiede, soprattutto, che si lavori in una logica di sistema per adeguare la
dotazione infrastrutturale dei porti, spesso carenti di binari e materiale rotabile, e per realizzare i necessari collegamenti ferroviari con le aree destinate a
svolgere un ruolo retroportuale.
In Italia si contano, complessivamente, 243 porti marittimi di cui 45 hanno
una spiccata vocazione mercantile. Il sistema interportuale ha finora maturato relazioni di rilievo con 24 di queste strutture. Un cluster terra-mare di
elevata intensità sembra essere in fase avanzata di sviluppo soprattutto per
quanto riguarda le relazioni tra gli interporti dell’Italia settentrionale ed i porti
dell’alto Tirreno: Genova, Livorno e La Spezia. Dai tre porti transitano circa
80 milioni di tonnellate di merci, in massima parte generati dalla navigazione
internazionale. La buona disponibilità di infrastrutture ferroviarie proprie (23
binari sono presenti nel porto di Genova, 12 in quello di Livorno e 5 in quello
spezzino) ed una superficie per piazzali ormai satura sono condizioni che
hanno portato a cercare una fitta rete di relazioni con il sistema interportuale.
Sono frequenti – spesso quotidiani – i collegamenti tra i tre porti e i nodi di
Bologna, Verona, Padova, Parma, Prato, Novara e Rivalta Scrivia:
- come si è analizzato nel terzo capitolo, Prato, Livorno e Parma sono interporti che operano in prevalenza lungo la direttrice tirrenica in stretto
contatto con i porti di Livorno e La Spezia;
- particolarmente interessante è il caso dell’Interporto di Rivalta Scrivia, che
nel settembre 2007 ha attivato un collegamento shuttle con il porto di Genova. Si tratta di un convoglio ferroviario che, con frequenza giornaliera,
permette di trasferire su rotaia 17 container da 40 piedi e 20 container
da 20 piedi, per un totale di 54 Teu. Finita la fase sperimentale, dalla primavera del 2008 i treni giornalieri diventeranno 3. Dallo sviluppo di tale
servizio l’interporto, che attualmente non opera nel pieno delle proprie capacità potenziali, riceverebbe un impulso significativo che contribuirebbe
157
a fare dell’Alessandrino la plaque tournante del sistema portuale ligure
verso la pianura padana e il Centro Europa.
Sulla sponda tirrenica, altri porti interessati da significativi scambi con il
sistema interportuale sono quelli di Savona-Vado (con il limitrofo interporto
di Vado e con quello di Torino), Napoli (con i due interporti campani di Marcianise e Nola) e di Gioia Tauro. Nell’attesa che siano ultimati i lavori per la
realizzazione dell’Interporto della Piana di Gioia Tauro, con un’ovvia vocazione retroportuale, l’importante porto calabrese intrattiene relazioni esclusivamente con le strutture di Nola e di Marcianise nell’Italia meridionale e con
quelle di Padova e di Bologna nel Nord del Paese. Nonostante sia essenzialmente destinato al transhipment, il porto di Gioia Tauro movimenta via terra
una significativa quantità di merci. Per il 2006, le statistiche fornite dall’Autorità portuale parlano di circa 31.995 veicoli su gomma e 2.249 treni, per un
totale rispettivamente di 68.618 Teu trasportate su gomma e 93.406 Teu su
rotaia. Attualmente, il traffico merci ferroviario consente la composizione di
5 treni al giorno.
La situazione sulla sponda adriatica, come è noto, è meno dinamica. Un
cluster terra-mare in divenire passa essenzialmente attraverso i porti di Venezia, Trieste, Ravenna e Taranto, che stanno sviluppando una rete di relazioni
che ha quali partner principali le infrastrutture logistiche della macro-area
in cui sono ubicati: essenzialmente Verona, Padova, Bologna e Trento per i
porti nordestini, cui si aggiunge Cervignano per Trieste; Nola e Marcianise
per quello pugliese. Particolarmente significativo è l’accordo di programma
raggiunto il 27 novembre 2007 tra l’Autorità Portuale di Venezia e l’Interporto Merci di Padova. Attraverso una lettera d’intenti, le due strutture si impegnano a “stringere un accordo di partnership volto ad individuare le possibili soluzioni atte a sviluppare la retroportualità ed al contempo a creare un
sistema funzionalmente integrato porto-interporto”, mentre “la fase di studio
in corso sulle prospettive infrastrutturali permetterebbe anche di verificare la
fattibilità di realizzare un raccordo ferroviario dedicato”.
La prospettiva di un cluster terra-mare è senza dubbio una necessità per i
grandi porti italiani, quelli che movimentano ogni anno più di 10 milioni di
tonnellate di merci (tab. 4.3). Tuttavia, lo sviluppo di tali relazioni potrebbe
contribuire notevolmente alla crescita anche di nodi di dimensioni più contenute, come quelli di Civitavecchia, Ancona, Salerno o Monfalcone (tab. 4.4),
il cui potenziamento è essenziale per riuscire ad intercettare il maggiore af. Fonte: Autorità Portuale di Gioia Tauro. Complessivamente, compreso il transhipment,
nel 2006 il porto di Gioa Tauro ha movimentato 2.938.176 Teu.
. Regione del Veneto, Comunicato stampa nr. 1955 del 27/11/2007.
158
Tab. 4.3 - L
e relazioni tra gli interporti ed i loro principali porti di riferimento, 2005 e 2007
Porti
Totale
Accosti: Superfici Numero
merci mo- lunghezza
dei
di
vimentate comples- piazzali binari
(migliaia
siva
per le ferroviari
di tonnel(m)
merci
late)
(mq)
Intensità delle relazioni con gli interporti
Elevata
Intermedia
Bassa
Taranto
47.869
11.276 3.100.000
8
Trieste
43.355
16.761 2.041.000
39
Cervignano
Nola, Marcianise Bologna
Padova, Bologna
Genova
42.640
23.893 1.400.000
23
Rivalta Scrivia,
Bologna, Verona, Padova,
Vado Ligure
Novara, Trento,
Prato
Venezia
30.547
33.315 3.185.000
Gioia Tauro
29.634
Ravenna
55
Venezia, Rovigo Verona, Trento
n.d.
1
Nola, Marcianise, Padova
24.253
20.262 1.453.000
9
Livorno
24.048
25.350
760.000
SavonaVado
14.556
13.929
La Spezia
13.486
Napoli
Porti del
Nord Europa
4.763
Bologna
Trento
Bologna, Rivalta
Scrivia
12
Livorno, Prato,
Parma, Padova
Bologna, Verona Vado
Ligure
380.000
14
Vado Ligure,
Torino
4.420
100.000
5
Prato, Parma,
Vado Ligure,
Bologna, Verona Rivalta Scrivia
10.958
12.470
455.000
1
Nola, Marcianise
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
Novara
Padova
Trento
Verona
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat e indagine Censis-Uir
flusso di merci che si prevede per i prossimi anni nel Mediterraneo. Due sono
i pre-requisiti per rendere possibile una riconfigurazione dei traffici nell’area
a vantaggio dell’Italia:
- innanzitutto, che gli interporti ancora in costruzione diventino rapidamente
attivi. In quest’ottica, le prospettive più interessanti riguardano l’Italia
centrale, dove i centri intermodali di Jesi, Orte, Frosinone e Val Pescara,
opportunamente supportati da un adeguamento delle infrastrutture ferroviarie, potrebbero diventare i punti di snodo di un sistema a doppia sponda
Tirreno-Adriatico che collegherebbe Civitavecchia con Ancona e Ortona;
- al tempo stesso, è fondamentale che i porti migliorino la propria dotazione
ferroviaria, invertendo una rotta che negli anni passati li ha portati ad abbandonare quasi completamente l’utilizzo della rotaia per la movimentazione delle merci.
159
Tab. 4.4 - Prospettive di retroportualità in divenire, 2005 e 2007
Porti
Totale merci
movimentate (migliaia
di tonnellate)
Superfici dei
piazzali per le
merci (mq)
Numero
di binari
ferroviari
Interporti collegati
33.041
6.038
4.862
4.323
4.120
2.626
2.471
1.348
1.254
1.194
1.043
n.d.
n.d.
n.d.
132.000
803.000
130.000
110.000
65.000
n.d.
n.d.
33.000
n.d.
6
1
12
6
2
n.d
1
n.d
n.d
n.d
Catania (*)
Orte (*), Frosinone (*)
Nola, Marcianise
Jesi (*)
Cervignano
Rovigo
Bari, Cerignola (*)
Val Pescara
Cervignano
Catania (*)
Cerignola (*)
Augusta
Civitavecchia
Salerno
Ancona
Monfalcone
Chioggia
Bari
Ortona
Porto Nogaro
Termini Imerese
Manfredonia
(*) Interporto non attivo
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat e indagine Censis-Uir
Il problema dei collegamenti ferroviari è particolarmente delicato per i
porti del Mezzogiorno. Tra Campania, Calabria, Puglia e Abruzzo, presso le
16 Capitanerie esistenti si contano complessivamente 19 binari ferroviari: con
l’esclusione di quelli di Messina e di Villa San Giovanni (RC), dove sono
necessari per consentire l’imbarco dei treni sulle navi traghetto che attraversano lo Stretto, in tutta la macroarea soltanto il porto di Catania sembra essere
dotato di un adeguato numero di binari (19). Se a Taranto se ne contano 8, in
porti importanti come quelli di Napoli o di Gioia Tauro ne è disponibile uno
soltanto (tab. 4.5). La questione delle infrastrutture e di una loro efficiente
armonizzazione diviene pertanto essenziale al fine di promuovere sinergie tra
i due sistemi. In una simile prospettiva, non si può prescindere da un rigoroso
studio delle dinamiche che avvengono a livello territoriale e della loro possibile evoluzione futura: un’analisi che tenga conto delle caratteristiche del trasporto marittimo, della tipologia di carico trasportato (tab. 4.6) e del rapporto
tra imbarchi e sbarchi (tab. 4.7), ma soprattutto che prenda in considerazione
i territori in una logica più ampia rispetto a quella prettamente istituzionale.
Le reti della logistica devono essere esaminate in funzione dei sistemi economici a cui si collegano, più che in virtù dei confini geografici e amministrativi
regionali. Due esperienze particolarmente significative in questo senso sono
quelle di Slala, nell’arco ligure-alessandrino, e di Luma nell’Italia centrale.
160
Tab. 4.5 - Opere ed infrastrutture portuali per Capitaneria di Porto e regione al 31/12/2006
Capitaneria di
Porto e Regione
Numero
di porti
Numero
di accosti
Lunghezza
complessiva
accosti (m)
Numero
di binari
ferroviari
Superfici dei
piazzali per le
merci (mq)
Imperia
Savona
Genova
La Spezia
Liguria
Marina di
Carrara
Viareggio
Livorno
PortoFerraio
Toscana
Civitavecchia
Roma
Gaeta
Lazio
Napoli
Torre del Greco
Castellammare
di Stabia
Salerno
Campania
Vibo Valentia
Marina
Gioia Tauro
Reggio di
Calabria
Crotone
Calabria
Taranto
Gallipoli
Brindisi
Bari
Molfetta
Manfredonia
Puglia
Termoli
Molise
Ortona
Pescara
8
8
7
1
24
15
32
88
9
144
9.344
13.929
23.893
4.420
51.586
3
14
23
5
45
25.000
380.000
1.400.000
100.000
1.905.000
1
1
10
5
17
3
2
7
12
12
2
5
2
83
21
111
25
24
21
70
29
3
1.705
261
25.350
2.635
29.951
4.846
3.650
6.292
14.788
12.470
211
2
12
14
6
6
1
-
142.500
13000
760.000
20.500
936.000
2.000
74.000
76.000
455.000
-
9
15
38
16
45
93
2.728
11.570
26.979
1
2
13.000
468.000
4
1
22
9
3.316
4.763
1
5.500
-
4
3
12
2
2
4
2
5
7
22
2
2
2
2
24
31
86
26
10
34
20
28
20
138
8
8
13
17
3.845
5.290
17.214
11.276
2.222
7.066
3.615
5.823
7.908
37.910
1.559
1.559
3.148
4.086
7
8
8
8
1
-
17.500
344.000
367.000
3.100.000
38.500
56.000
110.000
52.000
33.000
3.389.500
58.000
58.000
65.000
16.000
(segue)
161
(segue) Tab. 4.5 - O
pere ed infrastrutture portuali per Capitaneria di Porto e regione al
31/12/2006
Capitaneria di
Porto e Regione
Abruzzo
San Benedetto
del Tronto
Ancona
Pesaro
Marche
Rimini
Ravenna
Emilia
Romagna
Chioggia
Venezia
Veneto
Monfalcone
Trieste
Friuli V.G.
Cagliari
Olbia
La Maddalena
Porto Torres
Oristano
Sardegna
Messina
Catania
Augusta
Siracusa
Pozzallo
Gela
Porto
Empedocle
Mazara del
Vallo
Trapani
Palermo
Milazzo
Sicilia
Italia
Numero
di porti
Numero
di accosti
Lunghezza
complessiva
accosti (m)
Numero
di binari
ferroviari
4
30
7.234
1
81.000
2
5
2
9
6
4
30
45
19
94
21
44
5.383
7.166
3.190
15.739
14.821
20.262
12
12
1
9
132.000
132.000
1.000
1.453.000
10
1
4
5
4
1
5
7
4
3
5
1
20
2
10
1
4
3
1
65
10
110
120
17
74
91
50
27
8
43
1
129
19
33
56
28
6
12
35.083
2.835
33.315
36.150
8.639
16.761
25.400
7.047
5.788
1.053
15.048
2.614
31.550
4.560
6.047
7.651
3.326
1.699
1.640
10
2
55
57
6
39
45
2
1
3
9
19
-
1.454.000
130.000
3.185.000
3.315.000
803.000
2.041.000
2.844.000
214.000
129.000
500
150.000
4.000
497.500
138.000
41.000
75.000
10.000
5
12
3.411
-
20.500
1
12
9
15
63
243
9
52
29
36
292
1.471
1.830
9.579
8.464
9.839
58.046
389.189
2
30
241
53.000
59.500
95.000
492.000
16.015.000
Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
162
Superfici dei
piazzali per le
merci (mq)
163
Contenitori
473
11
69
34
5.064
126
1
316
1
11.657
29.082
7.427
1
4.818
119
10
1.544
-
Porti (**)
Ancona
Augusta
Bari
Barletta
Brindisi
Cagliari
Catania
Chioggia
Civitavecchia
Falconara Marittima
Fiumicino
Gaeta
Gela
Genova
Gioia Tauro
La Spezia
Lipari
Livorno
Manfredonia
Marina di Carrara
Messina
Milazzo
Monfalcone
Napoli
Olbia
Oristano
43
31995
169
286
2.814
603
523
17
2.442
4.894
6.542
1.944
7.942
18.287
220
3.576
1.231
8.901
200
62
199
17.481
287
5.833
99
Rinfusa
liquida
1.548
897
1258
801
6.340
471
242
1.537
1.025
0
604
3.551
101
1.854
340
1.235
811
1.015
26
107
1.060
1.037
66
1.503
Rinfusa
solida
V.a.
2.204
902
809
3.028
1.085
44
2.044
6
0
7.336
183
9
90
6.767
1.449
148
469
2.447
4.906
-
Ro-Ro
54
138
73
113
213
121
183
1.027
212
0
0
184
0
1.808
49
621
0
2.327
31
1.723
105
131
2.293
97
56
110
Altro
carico
4.323
33.041
2.471
1.201
10.210
9.287
2.160
2.626
6.038
4.901
6.542
2.733
7.942
42.640
29.634
13.486
1.662
24.048
1.043
2.920
1.779
17.867
4.120
10.958
5.029
1.711
Totale
10,9
0,0
2,8
0,3
54,5
5,8
0,0
5,2
0,0
27,3
98,1
55,1
0,1
20,0
4,1
0,2
14,1
-
1,0
96,8
6,8
23,8
27,6
6,5
24,2
0,6
40,4
99,9
100,0
71,1
100,0
42,9
0,7
26,5
74,1
37,0
19,2
2,1
11,2
97,8
7,0
53,2
5,8
35,8
2,7
50,9
66,7
62,1
5,1
11,2
58,5
17,0
0,0
22,1
8,3
0,3
13,7
20,5
5,1
77,8
34,8
1,5
0,6
25,7
9,5
1,3
87,8
Conteni- Rinfusa Rinfusa
tori
liquida
solida
51,0
36,5
7,9
32,6
50,2
1,7
33,9
0,1
0,0
17,2
0,6
0,1
5,4
28,1
81,5
0,8
11,4
22,3
97,6
-
Ro-Ro
Val. %
1,2
0,4
3,0
9,4
2,1
1,3
8,5
39,1
3,5
0,0
0,0
6,7
0,0
4,2
0,2
4,6
0,0
9,7
3,0
59,0
5,9
0,7
55,7
0,9
1,1
6,4
Altro
carico
(segue)
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Totale
Tab. 4.6 - M
erci trasportate nel complesso della navigazione per tipo di carico e porto di sbarco e imbarco, 2005 (v.a. in migliaia di tonnellate
e val. %) (*)
164
76.064
1
334
1
4
36
1.709
2.096
1.879
5.227
145
1.926
1.914
39
Contenitori
245.446
839
1.235
348
102
22.728
15
2.739
1.090
2
5.303
2
23.254
7.646
7.662
277
85
35.818
13.520
906
5.285
Rinfusa
liquida
102.670
393
187
4.375
937
33
500
2.179
4.515
854
12.962
761
4.467
25.454
105
17
2.130
11.224
218
3.930
7
2.755
1.801
30
805
118
2
539
1.858
116
2.295
799
942
3.205
1.511
4.132
Ro-Ro
54.841
V.a.
Rinfusa
solida
29.925
108
64
1.383
10
739
14
56
177
3.741
146
447
7.231
12
10
275
2.377
7
1.459
Altro
carico
508.946
1.348
4.575
7.909
1.079
22.760
1.254
5.741
5.778
1.071
24.253
4.862
23.254
14.556
47.869
1.194
1.198
43.355
30.547
1.131
14.840
Totale
14,9
0,1
7,3
0,0
0,1
3,4
7,0
43,1
12,9
10,9
12,1
4,4
6,3
0,3
48,2
62,2
27,0
4,4
9,5
99,9
1,2
47,7
18,9
0,2
21,9
0,0
100,0
52,5
16,0
23,2
7,1
82,6
44,3
80,1
35,6
20,2
29,2
4,1
55,3
86,8
0,1
39,9
38,0
78,1
79,7
53,4
15,7
30,7
53,2
8,8
1,4
4,9
36,7
19,3
26,5
10,8
0,5
60,2
22,8
2,8
14,0
2,0
0,2
2,2
38,2
0,8
4,8
66,9
78,6
7,4
4,9
27,8
Ro-Ro
Val. %
Conteni- Rinfusa Rinfusa
tori
liquida
solida
5,9
8,0
1,4
17,5
0,9
58,9
0,2
1,0
16,5
15,4
3,0
3,1
15,1
1,0
0,8
0,6
7,8
0,6
9,8
Altro
carico
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Totale
Fonte: elaborazioni Censis su dati Istat
(*) Le eventuali differenze nei totali di riga e di colonna sono dovute alla procedura di arrotondamento
(**) Porti che trattano annualmente, nel complesso della navigazione, più di 1.000.000 di tonnellate di merci (Direttiva comunitaria n.64/95, Art.4,
comma 2)
Totale
Ortona
Palermo
Piombino
Porto Empedocle
Porto Foxi
Porto Nogaro
Porto Torres
Portovesme
Pozzallo
Ravenna
Salerno
Santa Panagia
Savona - Vado
Taranto
Termini Imerese
Trapani
Trieste
Venezia
Vibo Valentia
Altri porti
Porti (**)
(segue) Tab. 4.6 - Merci trasportate nel complesso della navigazione per tipo di carico e porto di sbarco e imbarco, 2005 (v.a. in migliaia di
tonnellate e val. %) (*)
165
Sbarchi
332
2.609
228
297
1.466
2.064
917
193
2.304
332
1.307
1.080
1.146
9.675
1.412
1.354
1.280
5.599
86
38
703
1.370
291
5.250
2.621
85
1.029
2.779
Porti (**)
Ancona
Augusta
Bari
Barletta
Brindisi
Cagliari
Catania
Chioggia
Civitavecchia
Falconara Marittima
Fiumicino
Gaeta
Gela
Genova
Gioia Tauro
La Spezia
Lipari
Livorno
Manfredonia
Marina di Carrara
Messina
Milazzo
Monfalcone
Napoli
Olbia
Oristano
Ortona
Palermo
205
8.643
229
170
566
2.660
853
231
1.185
843
655
411
2.530
5.070
2.945
401
65
4.712
457
34
956
6.790
68
2.574
2.317
162
10
1.480
Imbarchi
537
11.252
457
467
2.032
4.724
1.771
424
3.489
1.175
1.962
1.491
3.676
14.744
4.357
1.755
1.344
10.311
543
72
1.659
8.160
359
7.824
4.938
247
1.039
4.259
Totale
In navigazione di cabotaggio
2.396
15.115
1.448
379
7.088
2.457
334
1.619
2.338
3.378
4.179
1.219
3.382
21.620
13.278
6.788
10.431
446
1.690
93
8.442
3.402
2.615
29
864
257
153
Sbarchi
1.390
6.674
567
354
1.090
2.106
55
583
211
348
400
22
884
6.276
11.999
4.943
3.306
54
1.158
27
1.266
358
519
62
600
53
162
Imbarchi
3.786
21.789
2.014
733
8.178
4.563
389
2.202
2.550
3.726
4.580
1.241
4.266
27.896
25.277
11.731
13.737
500
2.848
120
9.707
3.760
3.134
91
1.464
309
316
Totale
In navigazione internazionale
2.728
17.725
1.676
676
8.554
4.521
1.252
1.812
4.642
3.710
5.487
2.300
4.528
31.294
14.690
8.141
1.280
16.030
532
1.728
796
9.811
3.693
7.865
2.650
948
1.286
2.933
Sbarchi
Tab. 4.7 - Merci per tipologia di navigazione per porto di sbarco e imbarco, 2005 (migliaia di tonnellate) (*)
1.594
15.316
796
524
1.656
4.767
908
815
1.396
1.191
1.055
433
3.414
11.345
14.945
5.345
383
8.018
511
1.192
983
8.056
427
3.093
2.379
762
63
1.642
Imbarchi
Totale merci
(segue)
4.323
33.041
2.471
1.201
10.210
9.287
2.160
2.626
6.038
4.901
6.542
2.733
7.942
42.640
29.634
13.486
1.662
24.048
1.043
2.920
1.779
17.867
4.120
10.958
5.029
1.711
1.348
4.575
Totale
166
1.219
85
246
1.911
219
12
5.766
1.281
994
949
2.173
645
519
1.779
6.975
897
5.931
79.448
Piombino
Porto Empedocle
Porto Foxi
Porto Nogaro
Porto Torres
Portovesme
Pozzallo
Ravenna
Salerno
Santa Panagia
Savona - Vado
Taranto
Termini Imerese
Trapani
Trieste
Venezia
Vibo Valentia
Altri porti
Totale
1.559
542
4.653
884
187
35
1.263
1.134
3.935
217
9.272
348
593
976
1.684
171
5.008
79.683
Imbarchi
2.778
628
4.899
2.795
405
47
7.029
2.414
4.929
1.166
11.445
993
1.113
2.755
8.659
1.067
10.941
159.131
Totale
4.662
68
12.561
639
2.331
4.326
566
15.450
1.322
11.673
12.180
27.073
39
37.879
19.668
2.910
268.787
Sbarchi
469
384
5.300
597
615
1.046
458
1.775
1.126
6.652
1.210
9.351
46
2.721
2.220
1.591
81.028
Imbarchi
5.131
451
17.861
1.236
2.946
5.372
1.023
17.225
2.448
18.325
13.390
36.424
85
40.599
21.888
4.504
349.815
Totale
In navigazione internazionale
5.881
153
12.807
648
4.242
4.545
578
21.216
2.603
12.668
13.129
29.246
845
558
39.658
26.643
954
8.573
348.235
Sbarchi
2.028
926
9.953
606
1.499
1.233
493
3.037
2.260
10.587
1.427
18.623
349
640
3.697
3.904
176
6.264
160.711
Imbarchi
Totale merci
7.909
1.079
22.760
1.254
5.741
5.778
1.071
24.253
4.862
23.254
14.556
47.869
1.194
1.198
43.355
30.547
1.131
14.840
508.946
Totale
Fonte: Istat
(*) Le eventuali differenze nei totali di riga e di colonna sono dovute alla procedura di arrotondamento.
(**) Porti che trattano annualmente, nel complesso della navigazione, più di 1.000.000 di tonnellate di merci (Direttiva comunitaria n.64/95, Art.4,
comma 2).
Sbarchi
Porti (**)
In navigazione di cabotaggio
(segue) Tab. 4.7 - Merci per tipologia di navigazione per porto di sbarco e imbarco, 2005 (migliaia di tonnellate) (*)
Slala è una società costituita alla fine del 2003 da una pluralità di Enti piemontesi e liguri impegnati nella promozione di infrastrutture ed insediamenti
a supporto della logistica.
Grazie al ruolo di interconnessione tra le due regioni, Slala ha reso possibile avviare la valorizzazione dell’entroterra alessandrino in un’ottica di logistica retroportuale. La sua azione è stata determinante per:
- dare vita ad un sistema di deflusso rapido delle merci dal porto di Genova
tramite un servizio di treni-navetta verso l’interporto di Rivalta Scrivia e lo
scalo merci di Alessandria;
- individuare e progettare interventi di ammodernamento e di realizzazione
delle infrastrutture complementari, stradali e ferroviarie;
- avviare un lavoro con Rfi per definire le priorità di intervento nel lungo
periodo.
Una funzione analoga è quella svolta nell’Italia centrale da quella che il
coordinatore del Piano Nazionale della Logistica, Rocco Giordano, ha ribattezzato Luma, dall’acronimo delle 4 regioni interessate. Luma è un tavolo di
concertazione permanente tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo costituito per
pilotare in maniera congiunta la programmazione sul tema della logistica.
Ha invece base prettamente locale, date le caratteristiche del trasporto
merci che interessano la regione, la società Logica istituita da una pluralità di
enti e nodi logistici della Campania con l’obiettivo di favorire l’integrazione
tra gli attori della logistica e di supportare le decisioni in ambito infrastrutturale.
4.3.Promuovere l’intermodalità: risparmi economici e benefici per l’ambiente e la salute
Quando si pensa all’impatto ambientale di un interporto, in Italia l’attenzione tende a focalizzarsi immediatamente sui requisiti richiesti dal Ministero dell’Ambiente per concedere l’autorizzazione ad avviare i lavori. Si
. Azionisti di Slala sono: Regione Liguria (Filse Spa), Regione Piemonte (Finpiemonte
Spa), Provincia di Alessandria, Provincia di Genova, Provincia di Savona, Comune di Alessandria, Comune di Casale Monferrato, Comune di Novi Ligure, Comune di Pozzolo Formigaro,
Comune di Tortona, Cciaa di Alessandria, Cciaa di Genova, Cciaa di Savona, Autorità Portuale di
Genova, Autorità Portuale di Savona, Autorità Portuale di La Spezia, Fondazione Cral, Energia
e Territorio Spa.
. Sono azionisti di Logica: l’Ente Autonomo Volturno Srl, Unioncamere Campania, le Autorità Portuali di Napoli e di Salerno, le società degli interporti di Nola, Marcianise e Salerno,
Confindustria e Confapi regionali, Gesac Spa.
167
ha l’impressione che la Via, a cui molti soggetti attribuiscono le principali
responsabilità per i ritardi nella fase di start-up, sia talvolta divenuta una
rigida procedura tecnico-burocratica volta a valutare gli effetti, diretti e indiretti, che la nuova struttura potrà avere per il territorio circostante, trascurando invece le positive conseguenze su larga scala di un sistema interportuale a regime, in grado di trasferire da gomma a rotaia milioni di tonnellate
di merci.
Ferma restando l’esigenza di mitigare le ripercussioni, ambientali e sociali, delle differenti opzioni localizzative, in alcuni contesti sarebbe stato
certamente possibile procedere in tempi più rapidi e ponendo condizioni
meno stringenti. È infatti essenziale, nell’interesse generale, offrire quanto
prima agli operatori della logistica i presupposti per riconvertire in senso intermodale parte della loro attività. L’attuale ripartizione del trasporto merci,
eccessivamente sbilanciata a favore del tutto-gomma, ha un impatto negativo
sull’ambiente e sulla qualità della vita delle persone, con gravi ripercussioni
in termini di inquinamento atmosferico ed acustico, congestionamento del
traffico ed incidenti stradali.
4.3.1.Intermodalità per mitigare l’emissione di gas inquinanti
L’anidride carbonica continua ad essere il principale tra i gas a effetto
serra generati dall’Unione europea, con un’incidenza dell’83%. Nonostante
gli obiettivi stabiliti in seguito all’accordo di Kyoto, che prevedono una riduzione del 5% rispetto ai livelli del 1990, nell’Ue-15 le emissioni tra tale anno
e il 2005 non sono diminuite, ma anzi cresciute di 125 milioni di tonnellate
(fig. 4.25).
La causa di una mancata inversione del trend è attribuibile essenzialmente
al trasporto su gomma, di passeggeri ma soprattutto di merci, che con una
crescita delle emissioni pari a 157 milioni di tonnellate in 15 anni ha sostanzialmente vanificato l’abbattimento conseguito in altri comparti, tra cui in
particolare quelli industriale e abitativo (fig. 4.26). In sostanza, dopo la produzione di elettricità e di calore, gli spostamenti su strada rappresentano in
Europa la prima fonte di inquinamento, contribuendo per il 23% al valore
complessivo delle emissioni (fig. 4.27). La CO2 originata da tale modalità di
trasporto è aumentata, in 15 anni, del 25%: una tendenza che non si registra,
invece, per gli spostamenti ferroviari (tab. 4.8).
. Tra il 1995 e il 2005 il trasporto merci è cresciuto, in Europa, al ritmo del 2,8% all’anno,
mentre il trasporto passeggeri dell’1,9%.
168
Fig. 4.25 - E
missioni di CO2 equivalenti (escluso LULUCF) nell’Ue-15 tra il 1990 e il 2005
(milioni di tonnellate)
3.700
3.600
3.482
3.500
3.400
3.357
3.300
3.200
3.100
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
3.000
Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007
Fig. 4.26 - V
ariazione assoluta tra il 1990 e il 2005 di CO2 equivalenti (escluso LULUCF)
emessa dalle principali fonti nell’Ue-15 (milioni di tonnellate)
-200
-150
-100
-50
0
Totale CO2
Industria e costruzioni
Altro
Abitazioni
Produzione cemento
Commercio/Istituzioni
Produzione ferro/acciaio
Raffinazione petrolio
Produzione elettricità/calore
Trasporti su strada
Fonte: elaborazione Censis su dati Eea, 2007
169
50
100
150
200
Fig. 4.27 - P
rincipali fonti delle emissioni di CO2 equivalenti (escluso LULUCF) per il 2005
nell’Ue-15 (ripartizione percentuale)
Produzione elettricità/calore
28%
Produzione cemento 2%
Produzione ferro/acciaio 2%
Raffinazione petrolio 4%
Industria e
costruzioni
23%
Commercio/Istituzioni
5%
Altro
8%
Trasporti su strada
16%
Abitazioni
12%
Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007
Tab. 4.8 -Variazione assoluta (in milioni di tonnellate) e percentuale delle emissioni di CO2
equivalenti per modalità di trasporto nell’Ue-15 e in Italia tra il 1990 e il 2005
Europa a 15
1990
Trasporti su strada
Trasporti ferroviari
Aviazione civile
Navigazione
2005
636,78 793,88
7,89
6,00
17,45 25,06
19,17 21,56
Italia
Variazione
1990-2005
mln di
%
tonnellate
157,11
-1,89
7,61
2,39
24,67
-23,90
43,61
13,69
Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea, 2007
170
1990
2005
93,62 117,00
0,44
0,30
1,60
2,65
5,40
6,14
Variazione
1990-2005
mln di
%
tonnellate
23,43
-0,14
1,05
0,74
25,02
-31,29
65,62
46,25
In Italia il treno ha prodotto complessivamente una quota pari allo 0,2%
dell’inquinamento imputabile ai trasporti per l’anno 2005, contro il 92,8%
della gomma, il 4,7% della navigazione ed il 2,1% dell’aviazione. Si tratta di
un dato particolarmente significativo, soprattutto se si considera che in quell’anno in Italia utilizzando la modalità ferroviaria si è spostato il 10,9% delle
merci e il 6% dei passeggeri (tab. 4.9).
La riduzione delle emissioni di CO2 non è l’unica positiva conseguenza,
per l’ambiente e la salute pubblica, che deriverebbe dal contenimento del numero di veicoli pesanti in circolazione. Un mezzo a pieno carico, del peso
totale di 32 tonnellate, viaggiando alla velocità media di 80 Km/h, per ogni
chilometro percorso emette nell’atmosfera 1.708,7 grammi di gas inquinanti,
così ripartiti:
-CO2 (anidride carbonica): 1.672,48 grammi;
-CO (ossido di carbonio): 5,15 grammi;
-NOX (ossido di azoto): 28,384 grammi;
-VOC (composti organici volatili): 2,282 grammi;
-PM (particolato): 0,4 grammi.
In particolare, le polveri sottili (PM10 e PM2,5) sono tra le principali
cause di malattie dell’apparato respiratorio e di quello cardiovascolare.
Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle grandi
città italiane è imputabile all’inquinamento atmosferico il 9% dei decessi
Tab. 4.9 -Ripartizione modale del trasporto merci in Italia e quota di emissioni per tipologia,
anno 2005
Trasporti su strada
Trasporti ferroviari
Navigazione aerea
Navigazione marittima di
cabotaggio e navigazione
interna
Quota di emissioni
di CO2
Ripartizione modale Ripartizione modale
del trasporto merci
del trasporto
nazionale (*)
passeggeri nazionale
92,8
0,2
2,1
68,2
10,9
0,4
92,1
6,0
0,4
4,7
20,5
1,5
(*) escluso condotta
Fonte: elaborazioni Censis su dati Eea e Ministero dei Trasporti
. Fonte: TNT Trasporti e Territorio.
. World Health Organization, Health impact of PM10 and ozone in 13 Italian cities, 2006.
171
Tab. 4.10 - Decessi attribuibili a livelli di PM10 superiori a 20 μg/m3
Effetti cronici (1)
Tutte le cause di mortalità (escluso incidenti)
Tumore ai polmoni
Infarto
Ictus
Effetti acuti (2)
Tutte le cause di mortalità (escluso incidenti)
Malattie all’apparato cardiovascolare
Malattie all’apparato respiratorio
Numerosità
% di casi
attribuibili
8.220
742
2.562
329
9
11,06
19,08
3,03
1.372
843
186
1,5
2,1
3,1
(1) Tra adulti con oltre 30 anni di età
(2) Tutte le età
Fonte: elaborazioni Censis su dati Oms, Health impact of PM10 and ozone in 13 Italian cities,
2006
per morte naturale di persone d’età superiore ai 30 anni, oltre a numerosi
casi di ricoveri ospedalieri e decine di migliaia di bronchiti o asma (tab.
4.10). Occorre tenere presente che in Europa l’Italia, soprattutto nel Nord
del Paese, è tra le aree critiche a maggior concentrazione di polveri sottili
(fig. 4.28).
4.3.2.Intermodalità per ridurre gli incidenti stradali
Contenere il numero di veicoli che trasportano merci lungo le autostrade
italiane porterebbe anche ad una riduzione dei costi sociali legati all’incidentalità. Nell’ultimo decennio, tra il 1995 e il 2005, il tasso di incidenti sulla
rete autostradale si è ridotto in maniera significativa grazie ad una maggiore
professionalità dei conducenti, al miglioramento tecnico dei veicoli e ad una
legislazione più severa in materia di autotrasporto. Tuttavia, nel 2005, sulle
autostrade italiane sono stati 9.005 gli incidenti che hanno visto coinvolti veicoli industriali: il 25% del totale. Tali incidenti hanno causato 146 decessi e
3.057 feriti.
Particolarmente importante, per la sicurezza pubblica, sarebbe riuscire a
spostare su rotaia il trasporto di merci pericolose, che costituiscono attualmente una quota piuttosto significativa del trasporto merci su strada (si stima
172
Fig. 4.28 - Concentrazione di PM10 nelle aree critiche
0
1
2
4
6
9
12
36
Fonte: Eea 2006
ne rappresentino circa il 5,3%). Si tratta nello specifico di:
- prodotti petroliferi per 67,4 milioni di tonnellate;
- prodotti carbochimici e catrami per 787 mila tonnellate;
- altri prodotti chimici per 9,4 milioni di tonnellate.
Nel totale, in Italia nel 2005 sono state trasportate su gomma per lunghe
percorrenze 77,8 milioni di tonnellate di merce pericolosa; su ferrovia ne viaggiano invece appena 4,6 milioni di tonnellate. Gli incidenti che coinvolgono il
trasporto di merci pericolose hanno conseguenze che vanno oltre gli effetti di
un sinistro di veicoli convenzionali. Infatti, se il carico pericoloso fuoriesce,
oltre alle conseguenze dirette possono prodursi gravi danni per l’ambiente,
l’ordine e la sicurezza pubblica.
. Conto Nazionale dei Trasporti, 2005
173
4.3.3.I costi esterni dei trasporti
Attualmente, la struttura dei prezzi legati al trasporto non è in grado di
riflettere le esternalità generate dalle differenti modalità che possono essere
utilizzate. In altri termini, tra i costi relativi alla distribuzione delle merci non
sono considerati quelli a carico della collettività:
- l’inquinamento atmosferico e le malattie che provoca;
- l’emissione di gas a effetto serra e i danni causati agli ecosistemi dal riscaldamento climatico;
- gli incidenti stradali e i danni materiali, morali e biologici per chi ne è
vittima;
- lo stress e il disagio psicofisico derivanti dalla rumorosità;
- i cosiddetti up and down stream processes, ossia i costi sociali relativi alla
gestione e alla manutenzione delle infrastrutture.
La Commissione europea è attualmente impegnata nel tentativo di preparare un percorso, legislativo e fiscale, che progressivamente permetta di integrare nel prezzo dei fattori produttivi per i servizi di trasporto anche i costi
esterni che si ripercuotono sulla collettività10. A tal fine, ha commissionato ad
alcuni importanti istituti di ricerca la realizzazione di un manuale, pubblicato
nel dicembre del 2007, che rappresenti il punto di partenza per un confronto tra
gli esperti scientifici degli Stati membri11. Sulla base di tale studio, è possibile
effettuare una stima (sia pure approssimativa) di quanto il sistema interportuale
italiano abbia consentito alla collettività di risparmiare. Per quanto riguarda
il trasporto interurbano di merci, il modello utilizzato nel manuale valuta in
1,6 centesimi di euro per tonnellata al km i costi esterni imputabili a veicoli
pesanti diesel; in 0,4 ct euro/tkm i costi esterni imputabili a un treno elettrico
viaggiante di notte e in 0,3 ct euro/tkm durante la giornata (tab. 4.11).
Utilizzando le stime sulle quantità complessivamente movimentate dal sistema interportuale attraverso l’intermodalità ferro-gomma (in totale circa 22
milioni di tonnellate) ed ipotizzando una percorrenza media di 400 km:
- i costi esterni attribuibili al sistema interportuale ammontano a 35,2 milioni di euro;
- i costi esterni che sarebbero stati generati se tutte le merci fossero state
trasportate soltanto su gomma ammontano a 140,8 milioni di euro.
Soltanto nell’anno 2006, un sistema interportuale non ancora pienamente
10. Art.11 della direttiva 1999/62/CE, modificata dalla direttiva 2006/38/CE.
11. Handbook on estimation of external cost in the transport sector, Produced within the
study Internalisation Measures and Policies for All external Cost of Transport (IMPACT), Version 1.0.
174
Tab. 4.11 - Comparazione dei costi esterni generati dal trasporto merci su strada e ferrovia (*)
Rumorosità
Incidenti
Inquinamemnto atmosferico
Cambiamento climatico
Gestione e manutenzione
delleinfrastrutture
Natura e paesaggio
Contesto urbano
Contesto interurbano
Urbano, giorno
Urbano, notte
Interurbano, giorno
Interurbano, notte
Urbano
Interurbano
Urbano Diesel/Treno elettrico
Urbano Diesel/Treno Diesel
Interurbano Diesel/Treno elettrico
Interurbano Diesel/Diesel
Urbano Diesel/Treno elettrico
Urbano Diesel/Treno Diesel
Interurbano Diesel/Treno elettrico
Interurbano Diesel/Diesel
Urbano Diesel/Treno elettrico
Urbano Diesel/Treno Diesel
Interurbano Diesel/Treno elettrico
Interurbano Diesel/Diesel
Urbano
Interurbano
Giorno (Diesel/Elettrico)
Giorno (Diesel/Diesel)
Notte (Diesel/Elettrico)
Notte (Diesel/Diesel)
Giorno (Diesel/Elettrico)
Giorno (Diesel/Diesel)
Notte (Diesel/Elettrico)
Notte (Diesel/Diesel)
Trasporto merci (euroct/tkm)
Veicoli pesanti Treno merci
Costo unitario Costo unitario
0,61
1,12
0,09
0,17
0,92
0,23
0,93
0,93
0,73
0,73
0,23
0,23
0,19
0,19
0,27
0,27
0,23
0,23
0,00
0,10
3,0
3,0
3,5
3,5
1,6
1,6
1,6
1,6
0,12
0,49
0,11
0,19
0,02
0,02
0,00
1,05
0,00
0,88
0,00
0,08
0,00
0,08
0,13
0,10
0,13
0,10
0,00
0,02
0,3
1,4
0,6
1,8
0,3
1,2
0,4
1,3
(*) Media calcolata su 19 Paesi Ue utilizzando il modello Tremove. Veicoli pesanti: urbano 11,4
tonnellate/veicolo; interurbano 11,7 tonnellate/veicolo; treno merci: 348 tonnellate/treno.
Fonte: Handbook on estimation of external cost in the transport sector, Delft, December 19th,
2007
a regime ha quindi consentito alla collettività un risparmio superiore a 100
milioni di euro.
Per quanto i dati vadano analizzati con molta cautela (le informazioni disponibili in merito alle tonnellate di merci, ai chilometri percorsi, alla monetarizzazione delle esternalità non permettono che di effettuare delle stime indica175
tive), appare evidente l’utilità sociale ed economica del sistema interportuale.
Nell’interesse generale, i contributi pubblici e gli investimenti per incentivare
l’intermodalità rappresentano pertanto una lungimirante scelta strategica.
Oltre all’intermodalità ferro-gomma, è utile ricordare l’esistenza dell’intermodalità fluvio-marittima. In Italia la possibilità di sfruttare i canali per
la navigazione interna non è ancora adeguatamente valorizzata. Tuttavia, tale
soluzione consentirebbe di trasportare merci con un impatto ambientale ancora più contenuto. Secondo stime Databank, un carico da 2.000 tonnellate
su chiatta produrrebbe soltanto l’11% delle emissioni gassose che sarebbero
immesse nell’atmosfera spostandolo su strada, contro il 43% della ferrovia.
4.3.4.Gli interporti, potenziali generatori di energia
Sempre in tema ambientale, gli interporti potrebbero offrire un ulteriore,
prezioso contributo. Un numero sempre maggiore di società appare interessato a realizzare delle centrali fotovoltaiche sui tetti dei magazzini. Pioniere
in tal senso è l’interporto di Bologna, dove il 26 luglio 2005 è stata inaugurata
la centrale fotovoltaica realizzata dalla multiutility Hera: a copertura di una
superficie di circa 2.000 m² sono stati istallati 1.096 moduli composti da 48
celle di pannelli fotovoltaici per 185 W ciascuno, capaci di produrre annualmente 236.000 kWh di energia. Il fabbisogno annuo di una famiglia media
italiana è di circa 2.500 kWh, per cui già attualmente l’interporto emiliano è in
grado di soddisfare il fabbisogno energetico di 94,4 appartamenti. Si consideri
che l’energia elettrica prodotta con il fotovoltaico ha un costo nullo in termini
ambientali, mentre per ogni kWh consente di risparmiare circa 250 grammi di
olio combustibile ed evita l’emissione di circa 700 grammi di CO2.
Un altro impianto, di minori dimensioni (49 moduli da 30 celle su 95
m²), è stato realizzato presso l’Interporto di Trento, dove però è soprattutto
in corso una sperimentazione in campo eolico in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trento. Le potenzialità di sviluppo del
sistema fotovoltaico all’interno degli interporti sono enormi: secondo un’indagine condotta nel maggio del 2007 dall’interporto di Novara, in Italia vi
sono almeno 14 strutture interessate a installare pannelli fotovoltaici. Se attualmente la superficie utilizzata è complessivamente di 2.095 m², la superficie su cui sarebbe possibile realizzare nuovi impianti ammonta a 3.138.840
m². L’importanza, in termini economici e ambientali, appare evidente. L’Uir
potrebbe svolgere un ruolo molto importante in tale direzione, permettendo di
coordinare gli investimenti e ridurre i costi di iniziative autonome dei singoli
interporti.
176
4.4.Uirnet: una piattaforma tecnologica al servizio della logistica nazionale
L’offerta potenziale di un interporto, la sua attrattività, non dipende esclusivamente dalla dotazione infrastrutturale di cui gode o dai servizi che mette
a disposizione degli operatori. In un settore, quello dei trasporti e della logistica, in cui la compressione dei tempi e la riduzione dei costi diviene sempre più rilevante, il livello di efficienza complessiva che si raggiunge nella
gestione dei flussi di merci rappresenta un cruciale fattore di competitività.
Un’eccellente programmazione delle operazioni, tuttavia, è impossibile senza
un sistema informatico e telematico in grado di elaborare i dati relativi a merci
e persone. Ad oggi, sistemi di questo tipo sono disponibili presso un numero
piuttosto limitato di nodi, 10, ossia: Livorno, Nola, Novara, Padova, Parma,
Rivalta Scrivia, Trento, Vado Ligure, Venezia e Verona. In una realtà come
quella trentina, per esempio, la disponibilità di una piattaforma informatica
interna ha consentito di portare a 15 minuti il tempo necessario allo svolgimento delle operazioni intermodali. In alcuni casi, le piattaforme permettono
di mettere in rete i centri intermodali con gli operatori, oppure l’interporto e i
gestori del terminal ferroviario.
Attraverso l’adozione di moderni sistemi telematici12, gli interporti possono aumentare l’efficienza complessiva del trasporto e della movimentazione
delle merci, riuscendo così ad ottimizzare le potenzialità dell’offerta intermodale. L’immediata trasferibilità e accessibilità delle informazioni consente,
infatti, di coordinare le diverse fasi del processo operativo, razionalizzando il
flusso dei veicoli stradali e di quelli ferroviari, le procedure di carico e scarico
e l’uso delle attrezzature. In tal modo, diventa possibile comprimere i tempi
di attesa:
- tra il completamento del carico del treno e la sua partenza;
- tra l’arrivo del treno e l’inizio delle operazioni di scarico;
- per il passaggio di consegna del treno tra gestore del terminal e il gestore
ferroviario.
Inoltre, si stima che con un sistema telematico adeguato ciascuna procedura di accesso al gate, prelievo e consegna delle Uti ed uscita possa avere
una durata non superiore ai 15 minuti13.
12. Sistemi che si basano su strumenti di telecomunicazione cellulare digitale, reti mobili
per la trasmissione di voce e dati, internet, sistemi di localizzazione e di identificazione automatica dei veicoli, scambio elettronico di documenti, banche dati, reti e sistemi informativi
territoriali.
13. Bruno Dalla Chiara, Danilo Marigo, Gianfranco Benzo, Interporti e terminali intermodali, Hoepli: Milano 2006, pag. 116.
177
Oltre all’efficienza, vi è anche un secondo grande obiettivo che l’utilizzo
dei sistemi telematici consente di raggiungere: quello di una maggiore sicurezza all’interno degli interporti. La società interportuale, solitamente, si fa
carico del controllo e della sicurezza dell’intera area logistica: non solo le
zone comuni, ma anche gli immobili di pertinenza delle singole aziende, contribuendo così ad una riduzione dei costi derivanti da iniziative individuali.
Disporre di un’avanzata tecnologia informatica consentirebbe:
- minori costi di vigilanza dell’area;
- di controllare l’accesso e l’uscita dei veicoli pesanti, eventualmente condizionando quest’ultima all’autorizzazione da parte delle imprese insediate;
- di monitorare le situazioni ambientali degli edifici (temperatura, umidità)
ed il corretto funzionamento degli impianti (di refrigerazione, di condizionamento, di riscaldamento, di pompaggio);
- di erogare un’evoluta offerta di servizi di assistenza per i mezzi e le persone. Sulla base di un messaggio informatizzato che consente l’identificazione e la localizzazione automatica dell’utente che ha richiesto il servizio,
sarebbe possibile svolgere con la necessaria tempestività tutte le operazioni di assistenza tecnica o sanitaria.
Se efficienza e sicurezza sono due esigenze fondamentali di ogni interporto, a maggior ragione la loro importanza è evidente per il sistema interportuale nel suo complesso ed ancor più per il sistema Paese, dove nell’interesse generale i principali protagonisti della logistica e dei trasporti sono
chiamati ad operare tra loro in stretta sinergia. Con l’obiettivo di superare i
limiti delle soluzioni telematiche adottate dai singoli interporti e di offrire
all’intero sistema (interportuale, ma ancor più della logistica italiana nel
suo complesso) una piattaforma integrata in grado di migliorare l’efficienza
e la sicurezza, l’Unione Interporti Riuniti si è pertanto fatta promotrice,
insieme al Ministero dei Trasporti e alla Booz Allen Hamilton, del Progetto
Uirnet.
Rivolgendo i propri servizi a tre categorie di utenti (trasportatori, organizzatori del trasporto e gestori di infrastrutture logistiche – interporti, ma
non solo), Uirnet assolverà una triplice funzione, svolgendo al tempo stesso
il ruolo di:
- supervisore e garante della sicurezza;
- integratore per l’efficienza;
- piattaforma di erogazione di servizi per la comunità della logistica.
178
4.4.1.Uirnet per la competitività del Paese
Una volta a regime, la piattaforma Uirnet dovrebbe consentire di ridurre
tempi e costi del trasporto e di incrementare i volumi di traffico intermodale.
Raggiungere tali obiettivi sarà possibile non soltanto offrendo un supporto
alla gestione dei flussi nei centri logistici, ma anche favorendo:
- l’incontro tra domanda e offerta;
- l’ottimizzazione dei carichi;
- la pianificazione dei viaggi nelle ore e sui percorsi a maggiore fluidità,
anche attraverso informazioni in tempo reale sui tempi di attraversamento;
- la preparazione dei viaggi con servizi di prenotazione o routing multimodale;
- la riduzione dei tempi di controllo mediante la smaterializzazione dei documenti di viaggio.
4.4.2.Uirnet per la sicurezza
Attraverso la realizzazione di un sistema diffuso per la tracciatura delle
spedizioni, integrato con i diversi progetti già avviati a livello nazionale, sia
per aree geografiche che per filiere merceologiche, e con una Sala Situazioni
nazionale interfacciata con i principali organi di sicurezza, Uirnet consentirà
di:
- ridurre i furti dei veicoli e delle merci;
- analizzare minacce e vulnerabilità;
- valutare i rischi e proporre contromisure;
- recepire standard nazionali e internazionali;
- diffondere iniziative per la sicurezza degli utenti;
- gestire l’operatività.
Uirnet renderà inoltre possibile attivare un ciclo di controllo specifico per
il monitoraggio delle merci pericolose, che rappresentano circa il 5,2% del
totale delle tonnellate di merci trasportate.
In maniera complementare a quelle che sono le sue finalità fondamentali,
la piattaforma Uirnet potrà essere utilizzata anche per veicolare servizi a valore aggiunto offerti dal mercato: servizi assicurativi o finanziari, servizi antifurto, servizi informativi, sponsorizzazioni, ecc.
Dal mese di luglio del 2007 è stata avviata la gara per individuare il partner tecnologico per la realizzazione di Uirnet. La selezione dovrebbe concludersi entro marzo 2008 e nei mesi successivi avrà luogo la prima fase di
sviluppo della piattaforma e la realizzazione dei progetti pilota Uirnet Alert
179
(per la localizzazione dei mezzi, la gestione delle comunicazioni e l’invio di
Alert) e Uirnet web services (statistiche e dati di intelligence a supporto della
pianificazione; gestione documentale delle pratiche di trasporto; gestione del
workflow di prenotazioni; accettazioni; informazioni su domanda e offerta).
180