Rassegna stampa 4

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Rassegna stampa 4
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
04/11/16
Alluvioni in Toscana
Tirreno Pontedera Empoli P. V
Mostre, libri, film: le celebrazioni nell'anniversario della tragedia
1
Tirreno Pontedera Empoli P. V
La quarta foto in regalo col Tirreno
2
Tirreno Pontedera Empoli P. V
«Calammo il pane sulle zattere da una finestra»
Giacomo Pelfer
3
Tirreno Pontedera Empoli P. XIV
«Stavolta l'Arno non potrà sorprenderci»
Emilio Chiorazzo
5
Tirreno Pontedera Empoli P. XIV
in mostra le immagini dei danni nell'Empolese
7
Tirreno Pontedera Empoli P. XIV
Certaldo, dal 10 al 28 "Memoria viva" il progetto per ricordare 1 giorni del '66
8
Tirreno Pontedera Empoli P. XV
Castelfiorentino, la Prociv simulerà l'uso delle cateratte
Bisenzio 7
P. 24
In arrivo mostre sull'alluvione e laboratori di feltro per adulti
Tirreno Pontedera Empoli P. XV
Annunziata quel giorno vide suo padre trascinato dall'acqua
Bisenzio 7
P. 26
Tutte le iniziative in programma per ricordare l'alluvione del '66
12
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
P. III
A spalare fango nella Firenze ferita
13
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
P. VII
Alluvione del'66, due giorni di iniziative
14
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
P. XVII
L'alluvione di Tavola e Castelnuovo nel libro di Aurora Castellani
15
Corriere Arezzo
P. 18
Rischio alluvione, tra un anno via ai lavori per la cassa di espansione sul Bicchieraia e per il borro del
Covole
Romano Salvi
Corriere Arezzo
P. 19
L'alluvione, 50 anni fa
Romano Salvi
17
Corriere Arezzo
P. 20
Ma la colpa non fu delle dighe
Remo Chiarini
19
Corriere Arezzo
P. 22
Strariparono i torrenti Due metri in città Poi la fuga a Ricasoli
Fulvio Bernacchioni
24
Corriere Arezzo
P. 25
Da Ponte a Poppi al fango di Firenze Quei vigili "angeli"
Gianni Verdi
29
Corriere Arezzo
P. 26
"Misi in salvo moglie e figli, poi la frana si portò via la casa"
Gianni Verdi
32
Corriere Arezzo
P. 27
E gli scout diventarono gli angeli del fango "Così aiutammo Firenze"
Marco Cavini
35
Corriere Arezzo
P. 28
"Il ponte non c'era più"
Alessandro Bindi
37
Corriere Arezzo
P. 29
Droni in volo per la sicurezza del grande fiume
Viarco Antonucci
39
Corriere Arezzo
P. 30
Bassetti: "Nell'acqua a tirar via i fusti che potevano incendiarsi"
Corriere Fiorentino
P. 1
50 anni di ricordi, 50 anni di ritardi
Alessio Gaggioli
45
Corriere Fiorentino
P. 2
Noi sott'acqua e fuor d'acqua
Paolo Ermini
46
Corriere Fiorentino
P. 4
L'ora della Cena, poi la fiaccolata
Mauro Bonciani
49
Corriere Fiorentino
P. 4
Le firme dei sindaci per conoscere e prevenire i rischi
51
Corriere Fiorentino
P. 5
A caccia di una risposta (i perché di ieri e di oggi)
52
Corriere Siena
P. 23
Quando Siena corse in aiuto di Firenze
Luigi Oliveto
55
Corriere Siena
P. 23
"Tra gli angeli del fango c'ero anche io. Emozioni e ricordi indelebili"
Giordano Cioli
57
Nazione Arezzo
P. 11
Alluvione, la mostra de La Nazione Inediti sul 4 novembre del 1966
Angela Baldi
58
Nazione Firenze
P. 3
Firenze riabbraccia i suoi ragazzi Anche Renzi a Palazzo Vecchio
Nazione Firenze
P. 4
L'Ultima cena del Vasari recuperata Eccezionale, andiamo tutti a vederla
Olga Mugnaini
61
Nazione Firenze
P. 7
Mattarella stringe la mano agli operai E con il Presidente il lungarno riapre
Ilaria Ulivelli
63
Nazione Firenze
P. 20
Artigianato nella basilica di san lorenzo
64
Nazione Firenze
P. 23
Fiesole e la doppia faccia dell'Arno
66
Nazione Firenze
P. 1-2
Eccoci
Indice Rassegna Stampa
9
10
Alessandro Marmugi
11
16
42
59
Sandra Nistri
67
Pagina I
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Nazione Grosseto
P. 2
OGNI VIALE ERA OMBRONE Il racconto del comandante dei Vigili
Irene Blundo
70
Nazione Grosseto
P. 3
I butteri rendono omaggio a Santi Quadalti Incontri con gli studenti e proiezioni di video
Nazione Grosseto
P. 3
La Nazione regala le foto ogni martedì e giovedì
Nazione Grosseto
P. 3
Gli «angeli» erano in cielo Arrivarono con l'elicottero
Nazione Grosseto
P. 5
Anche l'arte per ricordare
76
Nazione Grosseto
P. 5
Alle Clarisse le foto dell'inferno Ma anche quelle della rinascita
77
Nazione Grosseto
P. 5
Due annulli filatelici speciali: «ufficio» agli Industri
78
Nazione Massa Carrara
P. 13
Il Carrione: ieri, oggi e domani» Focus di riflessione dei Grillini
79
Nazione Pisa
P. 9
Il novembre '66 ricordato al convegno su Franco Zagari
80
Nazione Pisa
P. 9
«Il filo dell'acqua» Arca Azzurra teatro
81
Nazione Pisa
P. 1-9
72
73
Irene Blundo
74
«QUELLA BIMBA SONO IO»
Claudio Laudanna
82
Nazione Pontedera ValderaP. 7
"Due passi sul fiume" per ricordare Un giorno di letture, film e dibattiti
Mario Mannucci
85
Nazione Pontedera ValderaP. 7
Spettacolo teatrale dove l'Arno ruppe E le vetrine diventano una mostra di foto
Nazione Prato
P. 11
«Io e mio padre Jorio Così mi insegnò cos'è la vera politica»
Qn
P. 2
La voce del giornale scosse l'Italia intera
Qn
P. 3
L'arte straziata, ferita ancora aperta Mille capolavori in attesa di restauro
Olga Mugnaini
90
Qn
P. 4
Zeffirelli: io fra gli angeli del fango «Raccontai la tragedia al mondo»
Pierfrancesco De
Robertis
92
Qn
P. 5
Riscoprire i luoghi di ?Amici miei' Il film parlò anche dell'alluvione
95
Qn
P. 5
Lapide in ricordo del dramma scoperta a Palazzo Vecchio
96
Qn
P. 5
Prevenzione, ecco un manuale
97
Qn
P. 5
Ritardi nei lavori e fondi bloccati «Così Firenze è ancora a rischio»
Qn
P. 5
Invasi e diga più alta Ancora mesi di attesa
Qn
P. 1-2
Firenze '66 i miei giorni nel fango
Stefano Cecchi
101
Qn
P. I
Un premio al coraggio
Pierfrancesco De
Robertis
104
Qn
P. III
Mattarella oggi inaugura la mostra de «La Nazione»
106
Qn
P. III
Vannoni sfollato, Giani no Rossi: impegno per il futuro
108
Repubblica Firenze
P. I-III
E Balducci "processò" lo Stato
Ernesto Balducci
109
Repubblica Firenze
P. I-II
Alluvione, 50 anni dopo Firenze è ancora a rischio
Ilaria Ciuti
112
Repubblica Firenze
P. I-III
"L'ultima cena" in Santa Croce e poi film, mostre e fiaccolata
Tirreno
P. 1
Noi del 4-11-1966
Stefano Taglione
Tirreno Cecina Rosignano P. II
«Per noi Marina era il mondo»
Maria Meini, Michele 120
Falorni
Tirreno Cecina Rosignano P. II
Anche la scuola fu allagata ma dopo misero i termosifoni
Sandra Fedeli
Tirreno Cecina Rosignano P. III
«Il mio babbo era disperato ma riallacciò subito la luce»
123
Tirreno Cecina Rosignano P. III
Mostra fotografica in biblioteca
125
Tirreno Grosseto
P. I
Acqua e fango, uno scenario di disperazione
Tirreno Grosseto
P. II
«Mio padre, la voce dei grossetani»
Tirreno Grosseto
P. II
L'obiettivo puntato sul disastro
Gabriele Baldanzi
130
Tirreno Grosseto
P. III
Quelle mani giù nel fango E la promessa: «Mai più»
Tamara Giorgetti
133
Tirreno Grosseto
P. IV
Bambi, il fiume visto dal basso In canoa tra miti e aneddoti
Pierluigi Sposato
135
Tirreno Grosseto
P. IV
Appello alle istituzioni «Serve un contratto per diminuire i rischi»
Massimo Galletti
137
Tirreno Grosseto
P. V
io incinta, impiegai 4 giorni per tornare a casa
Tirreno Grosseto
P. V
Omaggio agli angeli del Mantovano
Indice Rassegna Stampa
86
Marilena Chiti
87
89
Paola Fichera
98
100
115
116
122
Claudio Bottinelli
126
128
139
Enrico Giovannelli
140
Pagina II
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Tirreno Grosseto
P. V
La due giorni del Rotary Club
141
Tirreno Grosseto
P. V
Gli scatti di Bf alle Clarisse
142
Tirreno Massa Carrara
P. VI
«Ma quando piove la notte non si dorme»
Tirreno Massa Carrara
P. VII
«La Furrer così è risorta equi investiamo ancora»
Alessandra Vivoli
144
Tirreno Pisa
P. 1-VI
Tra danni e sconcerto piazza Garibaldi "violentata" dal fango
Mario Neri
146
Tirreno Pisa
P. VII
Gli "angeli del fango" in Comune
Tirreno Pisa
P. VII
Piazza Garibaldi porta i segni della battaglia con l'Arno
Andrea Lanini
Avvenire
P. 17
FIRENZE '66 La rinascita continua
Alessandro Beltrami 152
Corriere Della Sera
P. 1
L'alluvione, la generosità e l'ipocrisia
Gian Antonio Stella
154
Corriere Della Sera
P. 10
Così il salvataggio di Vasari e Cimabue cambiò la storia del restauro
Renato Franco
158
Corriere Della Sera
P. 10
firenze 1966
Angelo Scola
159
Internazionale
P. 102 Firenze '66. Dopo l'alluvione
161
Libero
P. 26
Il documentario «Firenze 66-Dopo l'alluvione» su SkyArte
162
Repubblica
P. 34
Quella lotta per i libri nel fango di Firenze
Mietta Albertini
163
Repubblica
P. 34
Il mio ricordo dell'alluvione
Fabio Sicari
164
Repubblica
P. 1-36 Firenze e l'alluvione l'onda della memoria
Elena Stancanelli
165
Repubblica Firenze Speciale
P. XVII
Repubblica Firenze Speciale
P. XVIII La creazione del Laboratorio di restauro
172
Repubblica Firenze Speciale
P. XVIII Una storia vera una storia bella
173
Repubblica Firenze Speciale
P. XVIII C'è futuro nella solidarietà
174
Repubblica Firenze Speciale
P. XIX
L'impegno e la passione vengono riconosciuti
176
Repubblica Firenze Speciale
P. XIX
Calendario eventi Biblioteca Nazionale
178
Sette
P. 50
Mare di fango
Sole 24 Ore
P. 30
Firenze ricorda l'alluvione del 4 novembre 1966
Unità
P. 1
C'è un'Italia che sa rialzarsi da fango o macerie
Dario Nardella
184
Unità
P. 7
Dall'alluvione si esce tutti insieme
Giovanni Gozzini
186
Unità
P. 7
I ricordi di ieri e le pene di oggi
Maurizio Boldrini
188
Unità
P. 8
Noi non siamo angeli
Franco Quercioli
189
Unità
P. 9
La scienza al servizio dell'arte E Vasari si è salvato dalle acque
Stefano Miliani
192
Unità
P. 9
Gli scatti di Gori per le strade L'occhio di Korab in mostra
Unità
P. 9
Resta il rischio idrogeologico Per questo ora c'è il Piano dell'Arno
Mauro Grassi,
Giovanni Massini
195
Venerdi Repubblica
P. 42
Firenze l'alluvione in vetrina
Cosimo Rossi
196
Venerdi Repubblica
P. 45
Fotografie e film ricordando la tragedia e la rinascita
143
150
151
Artigianato in basilica mostra in san lorenzo
170
Enrico Mannucci
179
183
194
199
05/11/16
Alluvioni in Toscana
Tirreno Pontedera Empoli P. XXIV L'alluvione del '66 tra mostra itinerante musiche e letture
200
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
203
P. II
Indice Rassegna Stampa
Un angelo della neve nelle giornate della grande alluvione
Pagina III
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
P. V
Bellandi con gli "Angeli del fango"
205
Tirreno Prato Pistoia
Montecatini
P. IX
VISITA IN SANTA CROCE PER 50 ANNI DELL'ALLUVIONE
206
Corriere Arezzo
P. 26
Al Chiostro di Cennano oltre cento immagini dell'alluvione del 1966
207
Corriere Fiorentino
P. 1
Luci, promesse, fatti
208
Corriere Fiorentino
P. 2
Mattarella: insieme ce la faremo Oggi il patto coi fondi per l'Arno
Mauro Bonciani
209
Corriere Fiorentino
P. 4
Cinquecento fiaccole sulla città A San Miniato anche i profughi
Giulio Gori
211
Corriere Fiorentino
P. 4
«Dal badile al pastorale» Betori ricorda il suo ?66
Mauro Bonciani
213
Corriere Fiorentino
P. 5
Angeli del fango di nuovo insieme «Ora servono quelli della polvere»
Marzio Fatucchi
214
Corriere Fiorentino
P. 5
Allora furono i soldati la nostra protezione civile
Enrico Nistri
216
Corriere Fiorentino
P. 13
Amici miei
Corriere Siena
P. 25
"Ne è passata d'acqua sotto i ponti" Mostra sull'alluvione del 1966
Nazione Arezzo
P. 9
Bertelli: «Anch'io angelo del fango» Salva Vasari e ricorda la sua infanzia
Nazione Arezzo
P. 18
Fotoamatori, la mostra sull'alluvione
221
Nazione Empoli
P. 12
Esercitazione sulle cateratte dell'Elsa per evitare una nuova alluvione
222
Nazione Empoli
P. 24
La piena del '66 nelle foto di allora
223
Nazione Empoli
P. 24
Stasera il libro "Piovve sul bagnato" presentato al Mmab
224
Nazione Firenze
P. 3
L'abbraccio della nostra storia Il Presidente ammira la mostra
Alberto Andreotti
225
Nazione Firenze
P. 4
Il legame con gli Usa «Obama verrà a Firenze»
Stefano Vetusti
228
Nazione Firenze
P. 4
«forza e dignita'» Betori : «così Firenze risorse»
Duccio Moschella
229
Nazione Firenze
P. 6
Il nostro Arno 1966-2016
Maurizio Costanzo
232
Nazione Firenze
P. 7
Storie e ricordi, il ritorno degli Angeli ?Abbiamo bisogno del vostro spirito'
Olga Mugnaini
235
Nazione Firenze
P. 8
Santa Croce, che meraviglia: la rinascita del Vasari
Olga Mugnaini
237
Nazione Firenze
P. 9
«Così la banca aiutò i fiorentini E il legame con la gente si rafforzò»
Stefano Vetusti
239
Nazione Firenze
P. 25
«Lungo l'Arno» Libro sull'alluvione
241
Nazione Grosseto
P. 4
Grosseto non dimentica premiato il maresciallo Caldora
242
Nazione Grosseto
P. 5
Legambiente: «Ombrone più sicuro e percorsi didattici per ricordare»
243
Nazione Grosseto
P. 5
Altro convegno, una mostra e per finire un concerto
244
Nazione Massa Carrara
P. 18
Un tour sul fiume, un convegno e mostra
245
Nazione Massa Carrara
P. 19
«Un disastro firmato dal Pd» Il movimento 5 stelle punta l'indice
246
Nazione Massa Carrara
P. 19
Ponti storici ancora nel mirino di Seminara «Saranno demoliti e non ricostruiti»
247
Nazione Massa Carrara
P. 1-18 Alluvione due anni dopo Luci e ombre sul Carrione
Nazione Pistoia
P. 9
Il senatore Chiti (Pd): «La solidarietà fu grande»
251
Nazione Pistoia
P. 34
Centro Guide Visita a Santa Croce 50 anni dopo
252
Nazione Pistoia
P. 35
Alluvione di ricordi
253
Nazione Prato
P. 12
A Poggio il centro raccolta «patini» Dalla Versilia bagnini e volontari
Nazione Prato
P. 12
Alluvione, la cronaca di quei giorni 'Prato rispose subito e aiutò Firenze'
Marilena Chiti
255
Nazione Siena
P. 11
Una mostra per non dimenticare «Fu un dramma senza precedenti»
Paolo Bartalini
257
Nazione Siena
P. 11
«Sembrava la guerra» Andrea Valboni e Firenze sott'acqua
Paola Tomassoni
258
Qn
P. 1
SLANCIO CIVILE
Dì Pier Francesco
De Robertis
260
Qn
P. 3
Il giorno che l'Amo diventò crudele La Nazione dette voce al riscatto
Diego Casali
262
Qn
P. 4
Il Vasari risorge dalla melma Un capolavoro restituito alla città
Paola Fichera
264
Qn
P. 5
Venduti, 'angelo' nell'alta marea «Da quel fango è nato il '68»
Olga Mugnaini
266
Indice Rassegna Stampa
217
218
Eva Desiderio
219
Cristina Lorenzi
248
254
Pagina IV
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Qn
P. 1-2
Il Presidente L'Arno La Nazione
Pier Francesco De
Robertis
268
Repubblica Firenze
P. II
Ierie la , cinquanta anni fa Firenze ricorda il dramma tra memoria e futuro
Ernesto Ferrara
271
Repubblica Firenze
P. III
A volo d'angelo sui giorni del fango "Abbiamo scoperto lì solidarietà e amicizia"
Ilaria Citi
274
Repubblica Firenze
P. IV
L'ultima cena
Gaia Rau
276
Repubblica Firenze
P. XXII
Alluvione
Tirreno
P. 1
Il raduno degli amici della "supercazzola"
Tirreno
P. 12
Celebrata la festa delle forze armate
Tirreno
P. 23
L'ultima cena riemerge cinquant'anni dopo
Tirreno
P. 23
La città celebra gli "angeli del fango"
283
Tirreno
P. 23
Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai
284
278
Alessandro
Guarducci
279
Gabriele Rizza
281
280
Tirreno Cecina Rosignano P. III
La mostra di foto lettere e documenti andrà anche a Marina
Tirreno Cecina Rosignano P. III
L'acqua della piena fece strage di animali
Tirreno Grosseto
P. II
«Urge la messa in sicurezza»
Tirreno Grosseto
P. II
Ombrone 66 «Non si può escludere che succeda di nuovo»
Tirreno Grosseto
P. III
Oggi gran finale del convegno con un concerto
291
Tirreno Grosseto
P. III
Ok al monumento a Santi Quadalti, la Curia concede l'area
292
Tirreno Grosseto
P. III
Anche la Cattedrale ricorda il disastro con un esposizione
293
Tirreno Grosseto
P. III
Memoria del disastro e rischi idrogeologici Nella sala consiliare un incontro ad hoc
295
Tirreno Grosseto
P. III
Inaugurata la mostra delle cinquanta foto di Agenzia Bf
Tirreno Grosseto
P. IV
Ombrone 1966 Tutto questo si poteva evitare?
Tirreno Grosseto
P. IV
La mia odissea per rientrare a Castel del Piano
299
Tirreno Grosseto
P. V
«Avevo sei anni, tornai a casa su un'ambulanza»
300
Tirreno Grosseto
P. V
Dedo, formidabili quei tuffi per procurarsi latte e cibo
Tirreno Grosseto
P. V
I fratelli Orlandini, tre ragazzi meravigliosi Spalavano via il fango davanti al cancello
Tirreno Massa Carrara
P. 1-XI
«Con il muro è crollata anche la fiducia»
Alessandra Vivoli
304
Tirreno Massa Carrara
P. IX
Alluvione, ferita ancora aperta
Alessandra Vivoli
307
Tirreno Massa Carrara
P. X
Una mostra multimediale e dibattiti per ricordare
Tirreno Massa Carrara
P. X
Venti milioni per il Carrione
Tirreno Massa Carrara
P. X
«La Regione manca di coraggio»
Avvenire
P. 13
Firenze, il ritorno degli angeli «Ridateci l'energia del 1966»
Andrea Fagioli
312
Avvenire
P. 13
Betori: «In quei giorni vinsero fierezza e dignità dei fiorentini»
Riccardo Bigi
314
Brescia Oggi
P. 2
Gli «angeli del fango» tornano a Firenze
Brescia Oggi
P. 10
Brescia rivive la grande alluvione dell'Arno
Corriere Della Sera
P. 20
L'omaggio di Mattarella
Giornale
P. 6
Il capo dello Stato inaugura il Lungarno crollato
320
Giornale Di Vicenza
P. 2
Gli «angeli del fango» tornano a Firenze
321
Il Fatto Quotidiano
P. 5
Oggi su Sky Arte Hd lo speciale "Firenze 66 dopo l'alluvione"
322
International New York
Times
P. 16
Saving Vasari's 'Last Supper'
Manifesto
P. 13
«Firenze 66 - Dopo l'alluvione», il documentario di Enrico Pacciani arriva in tv
Mattino
P. 5
«I nuovi angeli del fango tra le rovine del sisma»
Mario Ajello
328
Messaggero
P. 9
Dall'alluvione al sisma quando l'Italia sa reagire
Mario Ajello
330
Pagina99
P. 40
A 50 anni dall'alluvione anche il Vasari è salvo
Indice Rassegna Stampa
285
Michele Falorni
286
288
Gabriele Baldanzi
289
296
Claudio Bottinelli
Gabriele Baldanzi
297
301
303
308
Cinzia Chiappini
309
311
315
Mauro Zappa
317
319
Paula Deitz
323
327
332
Pagina V
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Qn - Il Piacere Della LetturaP. 8
Alluvione
Leonardo Gori
334
Qn - Il Piacere Della LetturaP. 38
Pisa. Filo dell'acqua in prima nazionale
Sole 24 Ore
P. 1
La lezione dell'alluvione: l'alleanza per l'arte
Giulia Crivelli
338
Sole 24 Ore
P. 1
«Eredi della meglio gioventù»
Gerardo Pelosi
340
Sole 24 Ore
P. 19
Mattarella a Firenze: il dovere di ricostruire
Lina Palmerini
343
Sole 24 Ore
P. 19
La marea alta due metri segnò il destino di Venezia
Jacopo Giliberto
345
Sole 24 Ore
P. 19
Cinque anni e 200 milioni per mettere al sicuro la città
Silvia Pieraccini
346
Unità
P. 6
« L'alluvione ci insegnò che insieme si può rinascere»
Maria Zegarelli
347
337
06/11/16
Alluvioni in Toscana
Corriere Arezzo
P. 31
L'alluvione dell'Arno in Casentino Incontro a Santa Maria a Buiano
348
Corriere Fiorentino
P. 6
«Arno sicuro». Ma quando?
Mauro Bonciani
349
Corriere Fiorentino
P. 7
E presto l'alluvione dei turisti»
Edoardo Semmola
351
Corriere Fiorentino
P. 7
La bimba sul tetto, i ricordi e l'appello: «Ora pensate all'Ombrone»
Alfredo Faetti
352
Corriere Fiorentino
P. 7
Il miracolo (olandese) dell'acqua
Giulio Gori
353
Nazione Empoli
P. 11
Morirono durante l'alluvione Illeggibile la targa che li ricorda
Ylenia Cecchetti
355
Nazione Firenze
P. 4
«Che emozione, è stato come rivivere tutto»
Maurizio Costanzo
356
Nazione Firenze
P. 5
Alluvione, il disastro e la rinascita «Ma non dovrà accadere mai più»
Paola Fichera
358
Nazione Firenze
P. 5
Viva la gente in redazione incappucciati da vergogna
Luigi Caroppo
361
Nazione Firenze
P. 22
L'esempio e degli italiani dei fiorentini
Giovanni Pallanti
362
Nazione Firenze
P. 1-3
Che successo
Titti Giuliani Foti
363
Nazione Grosseto
P. 7
«In pochi minuti la città venne sommersa dall' acqua»
Paolo Pighini
367
Nazione Grosseto
P. 7
«Sul tetto tra freddo e paura Ma la salvezza venne dal cielo»
Irene Blundo
368
Nazione Massa Carrara
P. 11
«La sicurezza idraulica non esiste, il Carrione fa sempre paura»
369
Nazione Pontedera ValderaP. 9
In breve
Nazione Siena
P. 7
Il team che ha studiato il cielo del disastro «Senza precedenti»
Katiuscia Vaselli
371
Nazione Viareggio
P. 11
Una terra solidale
Enrico Salvadori
372
Qn
P. 20
Un tocco e riaffiorano le immagini «Colpiti al cuore da quel disastro»
Titti Giuliani Foti
373
Qn
P. 21
In coda. tra prime pagine e filmati Ognuno con la propria storia
Michele Manzotti
376
Repubblica Firenze
P. I
"Amici miei", 300 fan al Piazzale
Valeria Strambi
377
Tirreno
P. 1
Angeli del fango sempre
Luigi Vicinanza
378
Tirreno
P. 19
Nostalgia di zingarate: raduno sotto la pioggia sui passi di Amici miei
Gabriele Rizza
379
Tirreno Grosseto
P. VII
Quelli della "piena" oggi a Braccagni
380
Tirreno Grosseto
P. VII
L'Ombrone in musica martedì al Dif
381
Tirreno Grosseto
P. VII
Agricoltori ai tempi delle alluvioni L'esperto: «Ecco quale coltura fare»
Tirreno Massa Carrara
P. VI
In via Ilice il rumore dell'acqua fa paura
Tirreno Massa Carrara
P. VI
L'allerta, vissuta sul fiume
Alessandravivoli
384
Toscana Oggi
L'osservatore Toscano
P. V
I bambini e l'alluvione, quelle lettere commoventi
Riccardo Bigi
387
Toscana Oggi La Voce
Arezzo Cortona
Sansepolcro
P. III
UN CASENTINESE PRIMA VITTIMA DEL'ALLUVIONE DI FIRENZE
Toscana Oggi La Voce Di
Prato
P. VII
Quando Tavola andò sotto tre metri d'acqua
Indice Rassegna Stampa
370
Giovanna Mezzana
382
383
390
Serena Travaglini
391
Pagina VI
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016
Toscana Oggi La Voce Di
Prato
P. VII
In diretta su tv prato la messa in santa croce per il 50° dell'alluvione
Toscana Oggi
Rinnovamento
P. IV
Don Franco «memoria» di quei giorni amari: «Così aiutammo la nostra gente»
Toscana Oggi
Rinnovamento
P. IV
I contadini commossi per il dono delle stufe
Toscana Oggi
Rinnovamento
P. IV
Quel «fiume» di generosità
Toscana Oggi
Rinnovamento
P. IV
I danni al seminario e in alcune chiese
396
Famiglia Cristiana
P. 70
Firenze 1966, nascono gli "angeli del fango"
397
Famiglia Cristiana
P. 72
Il cardinale: «quando sventammo l'esplosione»
Francesco Anfossi
400
Famiglia Cristiana
P. 74
«E I GIOVANI MOSTRARONO LA LORO FORZA»
Francesco Anfossi
402
Indice Rassegna Stampa
392
Giacomo D'Onofrio
393
394
Emiliano Eusepi
395
Pagina VII
Mostre, libri, film: le celebrazioni nell'anniversario della tragedia
Oggi ricorre il cinquantesimo anniversario
dall'alluvione del 1966 che colpì gravemente
Pontedera e alcuni paesi vicini. Il Comune di
Pontedera, in collaborazione con Tagete Edizioni,
organizza una giornata per ricordare quel terribili
momenti cui seguiranno altre con eventi,
conferenze e presentazioni di libri. Oggi pomeriggio
alle 15 in Piazza Cavour "Due passi sul fiume", una
passeggiata con letture inedite dal libro di Mario
Marianelli con le guide Michele Quirici e Mario
Mannucci. Alle 17 in sala del consiglio comunale la
commemorazione sarà presieduta dal sindaco
Simone Millozzi e vedrà la partecipazione
dell'assessore alla Cultura Liviana Canovai,
dell'assessore alla Protezione Civile Matteo
Franconi, dell'onorevole Giacomo Maccheroni,
sindaco durante i tragici eventi dei 1966, e dei
rappresentanti delle associazioni di volontariato.
Seguirà alle 18 in saletta Carpi, via Valtriani, la
presentazione dei volume "Dalla spalletta
dell'Arno si racconta. Canti, bettole, fiume e
Alluvioni in Toscana
l'alluvione dei '66 a Pontedera" di Mario Marianelli,
edito da Tagete edizioni con il contributo di Unicoop
Firenze. Nelle sue pagine si racconta la Pontedera
tra le due guerre: strade, vicoli, negozi si animano
di personaggi e a poco a poco il lettore comincia a
sentire i rumori e gli odori della Pontedera che fu.
Una Pontedera laboriosa e godereccia che mutando
la forma non ha mutato oggi la sostanza. La serata
si concluderà al Centro Poliedro con un buffet e alle
21la proiezione dei film "Arno 2016". Celebrazioni
sono in programma questa sera anche a
Castelfranco, all'oratorio di via San Severo, dal
titolo "L'Arno in paese", organizzata dal comitato
Palio dei barchini con il patrocinio dei Comune.
All'appuntamento, in programma alle 21,30
saranno mostrati i filmati dell'epoca curati da
Remo Salvadori, insieme ai racconti e alle storie di
alcuni castelfranchesi. La serata, ad ingresso
libero, sarà anche una sorta di anteprima della
mostra fotografica che il comitato Palio allestirà
nelle vetrine dei fondi sfitti del centro storico.
Pagina 1
La
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La prima era in distribuzione
sabato scorso, la seconda
mercoledì, la terza ieri e la quarta
oggi. Ben 21 appuntamenti in
edicola, da mercoledì a sabato, per
una collezione importante e
accurata. Le foto delle due città
alluvionate- Pisae Pontedera- in
questo caso arrivano da varie fonti:
dall'archivio Frassi di proprietà
della Fondazione Pisa (con la
collaborazione di Palazzo Blu) e
dal l'archivio storico Silvi. Gli stessi
luoghi sono stati fotografati oggi a
Pisa da Fabio uzzi e a Pontedera
da Franco Silvi. I testi sono stati
scritti da Andrea Lani ni. La quarta
foto è in regalo oggi con l'acquisto
del giornale e i nostri lettori
potranno inserirla nel raccoglitore
regalato con la prima uscita.
Alluvioni in Toscana
Pagina 2
CASTELFRANCO
Ci sono immagini che entrano
in attimo nel ricordo di un
dramma collettivo destinato a
restare indelebile. Immagini in
bianco e nero che fissano la memoria e ne accompagnano il
racconto, divenendo a loro volta il simbolo di una storia. Una
storia fatta di acqua e fango ma
anche di intraprendenza e solidarietà, come quella immortalata a Castelfranco, in via Cavour,
all'indomani della grande alluvione di cinquant'anni fa. È l'immagine del pane calato dalle finestre, sfornato in tutta fretta
dallo storico panificio Nardinelli e distribuito ai castelfranchesi
a bordo di zattere di fortuna.
Un'immagine che in paese conoscono un po' tutti, fumata
dal fotografo Giustino e affissa,
ormai da mezzo secolo, tra le
mura del celebre forno di Castelfranco. Un'attività che Piero
Nardinelli e la moglie Antonietta Sollazzi avevano rilevato, nel
1965, appena un anno prima
dell'eruzione di acqua e fango
che nella sera del 4 novembre
sommerse il Valdarno. Un giorno che Antonietta ricorda nitidamente. Un giorno di festa,
com'era all'epoca, quando scuole e negozi restavano chiusi per
celebrare la vittoria della Grande Guerra e l'Unità d'Italia.
«Nel pomeriggio di quel 4 novembre vennero i vigili a suonarci a casa - ricorda la donna -.
Ci dissero di metterci subito a lavorare per sfornare più pane
possibile. All'epoca vivevamo
proprio sopra al forno, al primo
piano. Scendemmo e iniziammo a impastare e a cuocere il pane».
L'allarme era appena scattato: di lì apoche ore, come poi avvenne, tutti si aspettavano che
l'Arno avrebbe rotto gli argini.
Iniziò così la corsa ad assicurarsi i generi di prima necessità.
«Ricordo la fila che c'era davanti
al forno - riprende Antonietta -:
non ci davano neanche il tempo
di cuocerlo il pane. La gente aveva paura e si accontentava di
prendere la pasta ancora cruda».
Una giornata di lavoro febbri le, con il timore della piena alle
calcagna. Un timore che divenne realtà in serata.
«Erano circa le 20,30 - raccon-
Alluvioni in Toscana
0
arla la fornaia che con il marito aiutò
ta la donna - quando tutti iniziarono a dire che l'Arno aveva
strappato a Ponticelli. Così
prendemmo tutto il pane rimasto e lo portammo su, in casa,
provando a mettere dalle tavole
all'ingresso del negozio per non
far entrare l'acqua. Non servi a
niente: la piena arrivò da sotto il
pavimento, spaccando le mattonelle e riempiendo il piano terra».
La mattina dopo, la luce dall'
alba rivelò l'immagine di un paese sommerso, con le strade trasformate in canali d'acqua e attraversate da alcune zattere di
fortuna. Imbarcazioni improvvisate, sulle quali alcuni cittadini,
in modo spontaneo, facevano il
giro delle case per chiedere ai
castelfranchesi affacciati alle finestre se avessero bisogno di
qualcosa. «Così iniziammo a ca-
lare il pane di sotto», dice Antonietta indicando la foto, dove si
vede lei accanto al merito Piero,
scomparso nel 2009, insieme alla sorella Luciana affacciata all'
altra finestra. Sulla zattera, invece, c'erano Carlo Conforti e Fabio Soldaini, l'ex portiere di calcio che negli anni'50 avevamilitato anche in serie A. «All'epoca
c'erano solo due forni a Castelfranco: noi e quello di Moreno
sul viale Italia - riprende Antonietta - clie diventammno un po'
il punto di riferimento in quei
giorni difficili». IJn dramma, però, che rischiò di far cessare,
quasi sul nascere, l'attività del
panificio rilevata appena un anno prima.
«Dopo l'alluvione restammo
chiusi per 15 giorni - ricorda Antonietta -. Fu una grossa batosta
per noi: avevamo perso tutto
Pagina 3
quello che avevamo investito aggiuntare. Fu lui, invece, a conun anno prima. Io sostenevo vincermi che in quel negozio
che si dovesse smettere. Dicevo c'era il nostro futuro. Da allora
a Piero di tornare a fare l'opera- sono passati 51 anni e io sono
io mentre io mi sarei rimessa ad ancora qua».
Giacomo Pelfer
411'1'4j;
il pane viene calato sulle zattere da una finestra all 'indomani dell'alluvione a Castelfranco ( Foto Giustino)
Antonietta Sollazzi mostrai I puntoti no a cui arrív ® 'acqua a castelfranco . A aestrao un 'altra immagine dell'alluvione nella zona dei cuoio
Alluvioni in Toscana
Pagina 4
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i delegato dell 'Unione
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Paolo
«Previsioni meteo e organizzazione: giochiamo d'anticipo»
di EmilioChiorazzo
0 EMPOLI
«Il rischio? Non si può azzerare. C'è sempre l'imponderabile. Ma possiamo agire su due
fronti: diminuire la fonte di rischio e mettere in atto procedure per la salvaguardia della
vita». Così Paolo Masetti, sindaco di Montelupo e delegato
dell'Unione per la protezione
civile, cerca di spiegare come
evitare un altro 4 novembre
1966.
«Rispetto a cinquant'anni fa
- spiega Masetti - sono stati
fatti passi da gigante, grazie al
sistema di risposta locale della
Protezione civile. In questi anno è stata messa a punto e collaudata anche con eventi naturali, una macchina operativa,
pronta a mettersi in moto».
Facciamo un esempio: se
oggi si verificasse un'esondazione?
«Dobbiamo partire da più
indietro. Da un'organizzazione che permette di non arrivare a un evento così importante
all'improvviso, come più o meno avvenne cinquant'anni fa.
Adesso i corsi d'acqua sono
monitorati
costantemente.
C'è una sala operativa attiva
24 ore su 24. E poi ci sono le
previsioni meteo».
Però, nel tempo, abbiamo
vissuto anche di recente situazioni di allagamenti.
«Sono casi che riguardano
quasi esclusivamente il reticolo idraulico minore. L'Arno, da
Alluvioni in Toscana
quei tragici giorni di 50 anni fa,
è stato curato in modo da renderlo meno pericoloso. Anche
se, in sede nazionale, è ritenuto il secondo elemento di rischio, dopo quello rappresentato dal Vesuvio. Tuttavia, durante l'anno, ci sono tante allerte rneLeo, è da queste, anche quelle meno importanti,
che partiamo».
Come funziona il piano di
reazione agli eventi calamitosì?
«Tutti gli enti che appartengono al sistema di Protezione
civile vengono avvisati: l'Unione riceve l'allerta meteo e lo
inoltra alle amministrazioni
comunali. Ogni Comune mette in atto ciò che prevede il Piano approvato in sede di Unione: si fanno verifiche sui punti
critici, si allerta il volontariato».
Quali sono i punti critici?
«Nelle relazioni servite per
varare il piano dell'Unione,
ogni Comune ha evidenziato i
propri: si va dai sottopassi a zone dove i tubi non sono adeguati ad accogliere quantità di
precipitazioni eccessive».
E poi come si procede?
«Si aprono le centrali operative, quelle comunali e quelle
Intercomunali: quest'ultima si
trova nella sede dell'ex tribunale e a breve sarà trasferita al
Terrafino, nella caserma dei vigili del fuoco. Il centro di coordinamento attiva le risorse necessarie».
Quante persone indicativamente ruotano intorno a questo piano?
«Difficile da quantificare,
anche perché legato alla gravità dell'evento: nella normalità
sappiamo che ogni associazione mette a disposizione 2
squadre. In tutto oltre venti
gruppi. Poi, se occorre, arriva
personale anche da zone che
non sono interessate dagli
eventi in corso. In ogni caso si
tratta di personale esperto e
preparato, formato per affrontare la situazione».
Abbiamo detto che l'esondazione non sarà improvvisa...
«Certo. Ci vogliono molte
ore. Si segue l'evoluzione e se
le previsioni meteo sono precise, si riesce con anticipo a capire quel che potrà accadere e si
prendono le decisioni necessarie, anche con la consulenza
tecnica del servizio "piene"
della Regione e dell'Autorità
del Bacino dell'Arno. Se la si-
tuazione dovesse essere grave,
si arriva fino a decidere l'evacuazione delle zone esondabili. Ma a questo punto, proprio
per il grado di rischio legato
all'Arno, la questione da locale
diventa nazionale».
Ci sono norme che i cittadini devono conoscere per evitare rischi?
«Ce ne sono, si trovano facilmente sul web dei vademecum. Ma due aspetti sono fondamentali, anche se banali: quando l'acqua occupala
sede stradale è rischioso andare nei garage o nei seminterrati a spostare i propri veicoli. E
lo stesso vale per i sottopassi:
se c'è presenza di acqua, è
sempre prudente non passarci».
Cì RIPRODUZIONE RISERVATA
«41a olt., r.Arntr
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Pagina 5
C' un Piano che prevede i punti critici e le azioni utili
a ridurre i rischi: ecco quel che i cittadini devono sapere
Qui sopra un 'altra delle immagini €n esposizione all<s mostra fotografica ad Avane
Alluvioni in Toscana
Pagina 6
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>LA d/úi dzunzá
A Empoli sarà allestita una mostra
fotografica che racconterà la tragica notte
tra il 3 e 4 novembre dei '66 . La mostra
intitolata ' Empoli. I giorni dell'alluvione.
Cinquant'anni dal 1966 ', verrà inaugurata
oggi alle 17.30, nello spazio della vela
margherita Hack di Avane , via agolo 32,
Empoli. Quella zona fu una tra quelle
maggiormente colpite dall'alluvione,
insieme alle frazioni di santa Maria,
Pagnana, Riottoli, Marcignana , Ponte a Elsa
e Brusciana. La mostra resterà visitabile fino
a domenica 13 novembre , in orario 17-19.30,
per poi diventare itinerante : coinvolgerà
anche la scuola secondaria di primo grado
'Busoni - Vanghetti' e nei Circoli Arci che ne
r 'L,
IrA
faranno richiesta. Le foto su 12 pannelli,
rappresentano le varie località invase
dall'acqua e dal fango , i mezzi di soccorso, le
fabbriche e le abitazioni danneggiate e poi
ripulite, il danneggiamento del ponte
sull'Arno e il suo attraversamento con il
traghetto o sul ponte di barche . Alcuni
pannelli saranno accompagnati da una serie
di manifesti emessi all'epoca
dall'amministrazione comunale per gestire
l'emergenza dei soccorsi e le difficoltà della
ripresa e da una raccolta di foto originali.
una seconda sezione della mostra ( circa 12
pannelli) èdedicata al fiume Arno , alla sua
storia e alle alluvioni che nel tempo si sono
verificate.
a11 pol5
Soli, ',dc c'
Alluvioni in Toscana
Pagina 7
Certaldo, dal 10 al 28 "ñ emoria viva"
il progetto per ricordare 1 giorni del '66
Si svolgeranno dallo al 28 novembre le iniziative organizzate dal
Comune di Certaldo, in collaborazione con il Comitato della memoria
e tanti enti, associazioni e privati , per ricordare il 50esimo
anniversario dell'alluvione, l'evento meteorologico che colpì non
solo Firenze, ma tutta la Toscana ed anche la Valdelsa e Certaldo.
L'iniziativa rientra nel progetto "Memoria viva" intrapreso dal
Comitato di Coordinamento della regione Toscana 2016, cui il
Comune di Certaldo ha aderito, per promuovere in tutta la zona la
raccolta della memoria e della documentazione delle alluvioni del
1966 e la loro conoscenza insieme alla comprensione delle alluvioni
di oggi e di quelle che ci attendono.
«Parlare dell 'alluvione oggi è un modo per tenere vivo il ricordo di
quei giorni a partire dalla memoria di chi li ha vissuti, valorizzando
queste persone è creando un ponte generazionale con le nuove
generazioni - spiega l'assessore Clara Conforti - questa iniziativa
contribuirà a far maturare una maggiore consapevolezza sui temi
ambientali e sulla responsabilità nella gestione del territorio. La
nostra regione è da qualche anno sottoposta a sempre più frequenti
eventi meteorici intensi, che aggrediscono un territorio già fragile e
vulnerabile. E' necessario che il ricordo delle alluvioni dei passato,
lontano e recente, ci aiuti a trovare nuove strade, nuove soluzioni,
nuovi comportamenti».
a11 pol5
ssrEircitdcs'ci»
Alluvioni in Toscana
Pagina 8
Castetfiorentino,la Prociv simulerà l'uso delle cateratte
Castelfiorentino celebrare
attraverso un nutrito calendario
di iniziative e, in particolare, con
video e testimonianze inedite
recuperate grazie al
coinvolgimento e alla
partecipazione delle associazioni
e di numerosi cittadini i 50 anni
dall'alluvione.
Appuntamento stamani (ore 10) con la Prociv che effettuerà
un'esercitazione di un'ora con il
movimento delle cateratte e la
chiusura del ponte sull'Elsa. Nel
pomeriggio, alle 17 i naugurazione
al Ridotto dei Teatro dei Popolo
della mostra sulla "memoria
collettiva" della comunità
castellana sull'alluvione, cui
seguirà (ore i8) la proiezione di
alcuni video. Una giornata
raccontata attraverso le immagini
Alluvioni in Toscana
e decine di testimonianze che
consentiranno di ripercorrere il
vissuto della popolazione in quei
momenti drammatici.
Castelfiorentino fu uno dei
comuni più devastati della
Valdelsa: danni ingenti, oltre 5
miliardi di lire, secondo una stima
fatta all'epoca. Si verificarono
anche 4 morti, tre dei quali in
seguito all'esplosione di una casa
(Guido Borghi, Giovanni e Vittorio
tortini, Rosa Grassi). Proprio nel
ricordo delle vittime, il Comune di
Castelfiorentino invierà oggi una
rappresentanza istituzionale con
il Gonfalone alla messa che sarà
celebrata a Firenze nella Basilica
di Santa Croce dal Cardinale
Arcivescovo Giuseppe Betori e alla
presenza dei capo dello Stato,
Sergio Mattarella.
Pagina 9
Continua il programma della biblioteca comunale all'insegna della varietà. Numerosi gli appuntamenti per i bimbi
In arrivo mostre sull'alluvìone e laboratori di* feltro per adulti*
CALENZANO (cgc) Continua fino alle
feste natalizie il ricco programma della
biblioteca calenzanese, con tante conferme e qualche novità, tra cui gli
eventi per il 50° anniversario dell'alluvione di Firenze, gli aperitivi a cura
degli «Amici di CiviCa», la presentazione di libri e l'apertura di nuove
mostre.
Lunedì 7 e martedì 8 ci saranno
appuntamenti su prenotazione dedi-
cati ai più piccoli nella sala bambini.
Sempre l'8 allel8 la sala polivalente
ospiterà l'inaugurazione della mostra
"Operarte, un'Associazione in mostra"
a cura dell' Associazione Culturale
Operarte.
Mercoledì 9 novembre alle 17 nella
sala polivalente, su prenotazione, Manola Nifosì sarà la protagonista di «Pomeriggio con Manola... storie di donne,
con donne, su donne, per donne».
Giovedì 10 alle 21 si terrà la presentazione del libro «Le Potenze» di
Filippo Cardini, accompagnato dalle
musiche del trio rock «3bien».
Martedì 8 tornerà anche un appuntamento molto gettonato per gli adulti:
il laboratorio di feltro curato da Federica Martorelli . Il primo incontro si
terrà appunto l'8 alle 17 e verterà sul
«Libro Tattile - Sensoriale»; proseguiranno altre lezioni il 15, il 22 ed il 29
novembre. Per informazioni e iscrizioni: [email protected]; Barbara 3337534738.
«Un programma all'insegna della
qualità e della varietà - ha commentato
l'assessore alla cultura Irene Padovani
- come abbiamo sempre fatto
dall'apertura di CiviCa, cercando ogni
volta di rinnovarsi con proposte originali e aperte a tutti».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alluvioni in Toscana
Pagina 10
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1 EMPOLI
C'è la storia di Annunziata, che si vide portare via il padre da quella maledetta valanga d'acqua. Quella di Paolo, la cui casa e il
cui luogo di lavoro furono spazzati via in
pochi secondi. E poi c'è la storia di Carla,
che con un bimbo di pochi giorni in braccio riuscì a scappare prima che il luogo in
cui abitava fosse completamente divelto
da devastanti onde fangose. Racconti dolorosi, ferite ancora aperte che difficilmente
potranno rimarginarsi. Le ha raccolte Edoardo Antonini nel libro "Piovve sul bagnato" edito da Ibiskos che raccoglie, a 50 anni
esatti da quel tragico 4 novembre del 1966,
i racconti e le testimonianze di chi quel
giorno c'era e si è visto portar via dall'acqua una parte della propria vita. Una parte
del proprio cuore. Racconti e foto della tragica alluvione che colpi anche l'Empolese
Valdelsa. Da Montelupo, sommerso sin
dalle prime ore del mattino dalle acque della Pesa ed isolato dal resto del mondo fino
ad Empoli, colpito soprattutto nelle frazioni di Marcignana, Brusciana e Ponte a Elsa.
E poi Sovigliana, Vinci Capraia e Limite,
Cerreto Guidi, Fucecchio, Anselmo-Montespertoli, Castelfiorentino e Certaldo. Annunziata Mancini viveva a Brusciana con la
sua famiglia. Oggi a 93 anni ricorda ancora
quel terribile giorno.
Quando la piena travolse suo padre Pierpaolo, rappresentante di Vini, che stava andando a lavoro non ci fu niente da fare. Invano l'uomo provò ad aggrapparsi al tronco di un albero per resistere alla forza della
corrente ma non ci fu niente da fare. Prima
furono ritrovati alcuni effetti personali, poi
il suo corpo, vicino ai binari. L'alluvione
aveva colpito fortemente la zona e la chiesa
del paese era stata resa inagibile, così Annunziata e i suoi familiari furono costretti
ad allestire la casa e a celebrare il funerale
all'interno della loro abitazione. Pierpaolo
fu una delle sette vittime che ci furono
nell'empolese. Non fu solo l'Arno a portare
morte e distruzione, ma anche i torrenti
esondarono travolgendo senza pietà paesi
e frazioni. Come all'Anselmo nel comune
di Montespertoli dove il torrente Virginio
colpì duramente la frazione dell'Anselmo.
Furono in tanti a farne le spese tra questi
anche Paolo Marcucci. Era appena uscito
di casa quando la violenza del torrente saltato fuori dagli argini, porto via la sua casa e
il negozio di falegname nel quale lavorava.
Bastò un attimo per vedere la propria dimora inghiottita in pochi secondi e i sacrifici di una vita completamente andati in fu-
Alluvioni in Toscana
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mo. Oltre al danno la beffa per il povero Paolo che dovette fare i conti anche con la burocrazia. L'indennizzo per i danni subiti infatti arrivò solamente sedici anni più tardi
nel 1982. In tanti quel giorno si salvarono
per miracolo tra questi anche la signora
Carla Costoli di Capraia. Si trovava nella
sua casa in via Mazzini a Capraia proprio a
due passi dall'argine dell'Arno quando fu
avvertita dell'imminente pericolo. Così di
corsa prese in braccio il figlio nato da appena 45 giorni e se ne andò fuori di casa portandosi immediatamente in un luogo sicu-
ro. Venti minuti più tardi la sua casa venne
distrutta dalla forza dirompente del fiume
in piena. Qualche attimo di ritardo e forse
questa storia non avrebbe potuto raccontarla. Queste e molte altre testimonianze
sono raccolte nel volume edito da Ibiskos e
già da qualche giorno in tutte le librerie.
Il volume sarà presentato domani alle
ore 17 a Montelupo presso il MMab di
Montelupo e sabato prossimo al Pisa Book
Festival. Storie sì, ma anche foto impressionanti, come quella di Piazza dei leoni sommersa dall'acqua, o quella del ponte tra Sovigliana ed Empoli incrinato dalla furia della piena. Oggi a 50 anni di distanza quei ricordi restano impressi nella memoria di
chili ha vissuti e nel cuore ma anche di chi
li ha ascoltati e conosciuti attraverso testi,
immagini e foto. E che ha capito che il 4 novembre 1966 non è stato un giorno uguale
a tutti gli altri.
Alessandro Marmugi
CRIPRODL'ZIONE RISERVATA
Pagina 11
Tutte le iniziative in programma
per ricordare l'alluvione del `66
SIGNA (M) Signa ricorda i 50 anni dall'alluvione. Venerdì 4 novembre, alle 17.30, presso la Sala dell'Affresco
del Palazzo comunale verrà ricordato l'anniversario
dell'alluvione che nel 1966 sommerse i 4/5 del territorio
signese. Nell'occasione verrà inaugurata una mostra
fotografica curata da Adriano Paoli e dal circolo Sorms
di San Mauro con la presentazione di alcuni scatti
inediti. Per domenica 6 sono invece previste alcune
iniziative presso la Misericordia di San Mauro. La celebrazione ufficiale del luttuoso evento è stata invece
calendarizzata per il prossimo venerdì 25 novembre alle
17.30 nella chiesa di San Lorenzo. Per quell'occasione
sono stati invitati i sindaci dei comuni gemellati e degli
enti che cinquant'anni fa vennero a portare soccorso
nel nostro territorio. Nella stessa serata verrà presentata
una nuova edizione, riveduta e corretta, della pubblicazione «1966: l'alluvione a Signa».
2 RIPRODUZIONE RISERVATA
Alluvioni in Toscana
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C
1 50 anni dell'alluvione, il ricordo dei prof. Paolo Baldassarri e Mauro Matteucci
D PISTOIA
Insegnanti ora, angeli del fango
cinquant'anni fa,
all'epoca
dell'alluvione di Firenze il cui infausto anniversario ricorre proprio oggi. Si tratta di Paolo Baldassarri, ex preside dell'ItcPacini e Mauro Matteucci. Entrambi
ricordano quell'evento che è rimasto indelebile nella loro memoria e nel loro cuore. «Fui informato che non avrei potuto
dare l'esame nei primi giorni di
novembre come previsto - ricorda Baldassarri - L'esame era importante, Fisica 1, da sostenere
con un frate francescano, don
Galli, docente molto noto a Firenze e adArcetri. Il giorno dopo
la catastrofe, 4 novembre 1966,
quale volontario della Croce
Rossa di San Marcello, fui incaricato dall'allora presidente, cavalier Amato Arcangeli, di recarmi
quotidianamente a Firenze per
portare acqua ed altro ad una famiglia scelta dalla Croce Rossa
italiana e per ripulire dal fango il
materiale prezioso nel Palazzo
Alluvioni in Toscana
L'alluvione a Firenze in una foto scattata dal Palazzo Serristori
Serristori sul lungarno omonimo, dove la melma aveva raggiunto le sale nobili del primo
piano. Ricordo che altri giovani
di San Marcello ebbero incarichi
analoghi; uno di loro era l'amico
Andrea Dazzi presidente della
Croce Rossa di Piteglio. Tutti insieme, col cuore e la pala in mano, liberavamo quadri, arredi,
incunaboli e libri preziosi. Usavai-no la pala come avessimo un
bisturi per non compromettere
la vita stessa di quanto via via
eravamo capaci di salvare dalla
completa distruzione ormai imminente». «Ho parlato raramente, se non ai familiari, della mia
presenza nei giorni successivi al
disastro, nella città ferita, e che
allora sembrava colpita a morte
- racconta Mauro Matteucci anch'io sono stato uno degli angeli dei fango, di cui spesso si è
parlato in modo retorico. Infatti,
quella di accorrere per dare una
mano a Firenze e ai fiorentini, fu
per noi una scelta per niente
eroica, ma allo stesso tempo
spontanea e quasi inconsapevole: era la città dove da un anno
frequentavo l'università e sembrava quasi naturale, anche per
curiosità, andare». «Ci dettero
una pala e dei gambali di genima - i cosiddetti chantilly - e cominciammo a spalare la mota prosegue - Ma la volontà mia e
di alcuni compagni era di andare, anzi di penetrare quanto prima in Piazza Brunelleschi, dove
era la sede della nostra facoltà di
Lettere e Filosofia. Ricordo con
una certa emozione che, quando vi giungemmo, ci venne da
piangere, trovando il fango dappertutto: sembrava che una parte della nostra vita fosse stata
cancellata per sempre dalla furia degli elementi!»
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® PONTE BUGGIANESE
L'alluvione del 4 novembre
1966 non colpì soltanto Firenze con lo straripamento del fiume Arno. In molte zone della
Toscana torrenti e corsi d'acqua si riversarono in strada e
nei paesi provocando numerosi danni, e tra queste c'era il
territorio di Ponte Buggianese.
E nel 50° anniversario di quel
tragico evento, il Comune organizza una due giorni di iniziative e incontri nell'edificio
mediceo della Dogana del Capannone, porta di accesso
ovest al Padule di Fucecchio,
in localitàAnchione.
L'appuntamento e per ve-
Alluvioni in Toscana
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nerdì 11 e sabato 12 novembre. Venerdì con inizio alle 10
è in programma un incontro
educativo con gli alunni delle
scuole del territorio: oltre agli
amministratori saranno presenti i rappresentanti del corpo di Protezione civile comunale. Il giorno successivo allo
stesso orario altra conferenza
sul tenia "rischio idrogeologico: problema attuale", con relatori anche gli esperti del Consorzio di bonifica del Basso
Valdarno, che organizzano il
convegno in collaborazione
con l'amministrazione pontigiana.
Nell'occasione, inoltre, verrà inaugurata una mostra di fo-
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n z at ve
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tografie e di video d'epoca, materiali forniti direttamente dai
cittadini nelle scorse settimane: è del luglio scorso infatti
l'avviso pubbicato dal Comune che invitava i residenti a
portare scatti e reperti originali che raffiguravano i giorni
dell'alluvione, i luoghi coinvolti, le difficoltà e le reazioni dei
paesani a quell'evento, con
più importanza al contenuto
che alla qualità della foto. E in
Comune sono arrivati decine
di contributi che ritraggono il
tragico e imprevisto fatto avvenuto il 4 novembre di 50 anni
fa, memorie visive di un alluvione che è ancora nei ricordi
di molte persone.
(fusi.)
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PRATO. Il libro 'Valtra Alluvione, il
4 novembre 1966 a Prato, Campi
Bisenzio, Signa, Lastra a Signa e
Quarrata", curato da Aurora
Castellani è stato presentato eri
pomeriggio nella sala consiliare.11
volume raccoglie documenti nediti,
interviste e fotografie dell'alluvione
che 50 anni fa Colpì Firenze e
comuni limitrofi e per quanto
riguarda Prato principalmente le
frazioni di Tavola e Casteinuovo,
nellazona sud della Città. Ha
moderato l'incontro la giornalista
del Tirreno Venia Reali. Allestita
anche una mostra fotografica.
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La giornalista Reali, la curatrice Castellani, il vicesindaco Faggi
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Alluvioni in Toscana
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Il sindaco Ghinelli e l assessore Sacchetti fanno il punto sui progetti per mettere
in sicurezza la città. Firmato l'accordo di programma tra Regione, Provincia e Comune
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SA DICC era. e per borro del Covole
di Romano Salvi
AREZZO - L'occasione è
offerta dal cinquantesimo anniversario dell'alluvione di Firenze. Ma è anche l'attualità di
un altro tragico evento naturale, il terremoto, a richiamare
l'attenzione sui rischi di un fenomeno naturale come quello
dell'esondazione dei corsi d'acqua, ai quali è esposta almeno
una parte della città.
Lo hanno fatto ieri in Comune, con le carte idrogeologiche
sul tavolo, il sindaco Alessandro Ghinelli e l'assessore all'ambiente Marco Sacchetti.
"Non che il nostro territorio ha detto Ghinelli - sia a forte
rischio idrogeologico,ma il rischio c'è ed è diffuso con i torrenti sempre più messi alla prova quanto più stanno cambiando le condizioni climatiche". Al di là delle coincidenze
con anniversari e gli inevitabili
coinvolgimenti con la tragedia
del terremoto che sta sconvolgendo territori che a quello di
Arezzo sono affini, è anche un
atto formale, come quello della firma messa in questi giorni
Alluvioni in Toscana
sull'accordo di programma
tra Regione, Provincia e Cogiustificare
mune,
a
l'opportunità di un punto sugli interventi da tempo programmati e finanziati dai tre
enti per mettere in sicurezza la
città dal rischio idraulico, an-
che alla luce del trasferimento
alla Regione delle competenze
della difesa del suolo. "La sinergia fra i tre enti - ha detto
Sacchetti - permette di destinare risorse importanti per un
adeguamento del borro Covole, prioritario all'interno dei lavori per la cassa di espansione
sul torrente Bicchïeraia". Per
la quale sono stati già stanziati
2 milioni e 400mila curo: con
un bando di gara d'appalto all'inizio del prossimo anno da
parte della Regione, per lavori
da avviare dopo l'estate. Un invaso con una capacità complessiva di contenimento di poco meno di oltre 90mila metri
cubi di acqua. Poco meno della cassa di espansione già realizzata sul Castro e che ha una
capacità di 104mila metri cubi. "Né l'una né l'altra - dice
Sacchetti - sono risolutive per
la parte tombata del Castro in
città, secondo studi teorici, ridurrebbero dell'85 per cento le
superfici esposte all'allagamento anche in coincidenza di
eventi con frequenza centennale". Casse di espansione, ma
anche interventi da centomila
curo, in via di approvazione in
Comune, per la riduzione dei
detriti sul Castro. E lavori sui
corsi d'acqua del Valtina e del
Sellina, sempre a rischio di tracimazione, a cura del Consorzio di Bonifica Alto Valdarno
che si occuperà anche della
manutenzione sul reticolo idrico: 400mila curo destinati alla
cura dei fossi più importanti
del territorio.
"Il Comune - aveva precisato
Ghinelli presentando l'accordo di programma con Regione e Provincia - farà la sua parte anche sull'intervento sul Covole, funzionale alla realizzazione della cassa di espansione
del Bicchieraia". La farà investendo 640niila curo che si aggiungono ai 928mi1a della Regione e ai centomila della Provincia.
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Alluvioni in Toscana
Pagina 17
I mostri da prevenire
di Romano Salvi
li uomini discutono, la natuGra agisce. Lo diceva Voltaire. E spesso, ma questo Voltaire
non lo diceva, la natura agisce come una bella donna che se non le
dai le giuste attenzioni, prima o
poi ti tradisce. Che c'è di più bello
al mondo della natura italiana?
Ma se non la rispetti con le giuste
attenzioni, lei che è tanto bella
quanto fragile, prima o poi ti tradisce anche lei. Lo fa in tanti modi e
quando meno te l'aspetti. Poi ci
piangi sopra, chiedi solidarietà ai
vicini, arrivano a soccorrerti da tutto il mondo gli angeli del fango, o i
volontari a estrarre dalle macerie
le vittime del terremoto e a dare
riparo e ristoro a chi è rimasto senza tetto, celebri i cinquantenari del
mostro che il 4 novembre del 1966
uccise venti persone e coprì Firenze e i suoi tesori di fango, vai ai
funerali dei trecento abitanti nel
cuore dell'Italia che la natura ha
dipinto come solo Dio sa fare, ma
che è pronta a distruggerlo sotto le
vesti di un altro mostro, il terremoto. Si fanno tante promesse per
non trovarsi impreparati al prossimo tradimento, e intanto si mettono a posto tutte le coscienze con
una visita agli alluvionati o ai terremotati o con una medaglia ai pochi uomini che, per dirla con Voltaire, agiscono, invece di discutere,
quelli della Protezione civile. E
con loro gli angeli del fango o i
volontari che estraggono corpi dalle macerie. Poi si riprende a discutere, di casse di espansione per arginare l'alluvione, di costruzioni antisismiche per limitare i danni del
terremoto. Si discute per anni fino
al prossimo pianto di fronte alla
natura che agisce: o per ribellarsi
alle ferite del cemento al posto del
verde, o per mettere a nudo
l'incapacità dell'uomo, soprattutto se italiano, di difendersi dal mostro del terremoto. Questi sono i
giorni del mostro che sta devastando il cuore dell'Italia: e per una tragica coincidenza oggi è anche il
giorno della memoria dei morti e
della devastazione del mostro alluvione che cinquanta anni fa sfregiò Firenze e che lasciò un segno
indelebile anche su due valli aretine, Casentino e Valdarno. Anche
il Corriere di Arezzo, il giornale di
Alluvioni in Toscana
un territorio ferito e coinvolto in
quel tragico 4 novembre, dà con
queste pagine un contributo alla
giornata della memoria. La memoria serve per ricordare, ma serve
soprattutto per ammonire. Perché
le tragedie, anche quelle della natura che si ribella, non si ripetano.
Ecco perché il contributo del Corriere di Arezzo vuol andare oltre i
toni celebrativi e troppo spesso retorici. Lo fa ristabilendo la verità,
con una dettagliata ricostruzione
di Remo Chiarini, massimo esperto di ingegneria idraulica, sulla
notte più drammatica vissuta sopra la diga della Penna, che ancora oggi si porta dietro la fama non
più giustificata di responsabile dell'alluvione di Firenze. Ma lo fa anche con un sopralluogo virtuale,
rapido quanto significativo nella
sua denuncia, di un altro esperto
di infrastrutture sul territorio, l'ex
ingegnere capo della Provincia,
Giovanni Cardinali, uno dei pochi
che in questi 50 anni non ha solo
discusso, ha anche agito. "Tanti dice Cardinali - gli studi e i progetti
proposti. Pochissimi quelli realiz-
zati. E quelli realizzati, o in via di re di quelle di Montevarchi. Bibrealizzazione, tutti parziali e su af- biena e Poppi". E pensare che profluenti minori dell'Arno, come prio grazie all'ingegner Cardinali
l'Ambra, il Ciuffenna, il Castro o le varianti stradali della Regionale
il Bicchieraia". Sull'onda dell'emo- 69 in Valdarno e della statale 71 in
zione si pensò a Firenze abbassan- Casentino sono state progettate e
do i fondali dell'Arno a Ponte Vec- costruite con argini da utilizzare
chio e a Ponte Santa Trinita. Qual- come barriera idraulica. Rischiache anno dopo, il primo vero inter- no di fare la fine dei cavalcavia e
vento a valle con lo scolmatore dei ponti raddoppiati sul raccordo
che devia una parte della piena pri- autostradale 50 anni fa, grazie alla
ma di Pisa. Ci vollero 33 anni pri- lungimiranza di chi prevedeva che
ma che il Governo approvasse il un giorno sarebbe stato necessario
piano contro il rischio idraulico il raddoppio di tutto il raccordo.
del bacino dell'Arno, che prevede- Quel giorno è passato da parecchi
va, tra l'altro, 12 casse di espansio- anni, ma il raccordo è ancora quelne in grado di contenere 70 milio- lo di 50 anni fa. Quanti anni doni di metri cubi d'acqua. Ma nel vranno passare prima che gli argipiano c'era anche lo sfangamento ni sulle varianti svolgano la funziodegli invasi delle dighe di Levane e ne di barriera idraulica per la quadella Penna. Che fine ha fatto quel le sono stati costruiti? L'unità di
piano? Ce lo spiega Cardinali: "A misura è quella dell'anno burocradiciassette anni dalla sua approva- tico. E intanto dello sfangamento
zione, è stato aperto un cantiere, degli invasi delle dighe nessuno
ancora da chiudere, quello delle parla più. "Per fortuna -ci consola
casse di espansione di Figline che Cardinali - c'è stato un salto di
non possono contenere più di tre qualità sui sistemi di allerta della
milioni di metri cubi di acqua. Per Protezione Civile". Insomma, se ci
le altre casse di espansione, non si sarà un'altra alluvione, almeno
va oltre la progettazione prelimina- non farà vittime Farà solo disastri. E a quelli ci penseranno gli
angeli del fango. Tutto o quasi come mezzo secolo fa.
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Ma 1a colpa non f u delle dighe
di Remo Chiarini *
Sento oggi il dovere di riproporre
questa testimonianza che pubblicai già dieci anni , fa sul Corriere di
Arezzo del 4 novembre 2006 perché allora, come ora, non riuscivo a tollerare
che si perseverasse nella distorsione della verità dei fatti (accertati perfino dalla magistratura) e si continuasse ad
alimentare, addirittura a mezzo stampa, la diceria infondata che imputò alle
dighe dell'Enel di La Penna e di Levane la maggior responsabilità del disastro che si verificò a Firenze il4 novembre 1966. Il mio personale disappunto
per questa ingiuriosa "leggenda metropolitana" si è poi nel tempo acuito da
quando ebbi modo di conoscere la reale sofferenza che, per una tale infamante e ingiusta accusa, avevano dovuto
sopportare per lungo tempo i protagonisti di quella drammatica nottata, trascorsa quasi eroicamente al loro posto,
mettendo a repentaglio la propria stessa vita, nel tentativo di governare un
evento di fatto pressoché ingovernabile.
La perizia ordinata dalla magistratura e le ipotesi di reato Una decina
d'anni fa, proprio come ora, mentre
fervevano i preparativi delle tante iniziative dedicate al ricordo dell'immane tragedia che quaranta anni prima
aveva colpito Firenze, frugando tra le
carte che avevo nel tempo raccolto in-
Alluvioni in Toscana
tomo a questa catastrofe, ebbi modo un'ampia parte del Valdarno aretino
di rileggere le conclusioni della peri- e fiorentino. In quella rilettura mi imzia che all'indomani dell'alluvione la pressionò e incuriosi soprattutto la
Procura di Firenze affidò al collegio sintesi della risposta dei periti ai quesidi esperti formato dal professor Gio- ti 4, 13 e 14, dove si legge: "...(omisvanni Cocchi (Ordinario di Idraulica sis).....gli inconvenienti verificatisi al
all'Università di Bologna) e dagli in- comando oleodinarnico di apertura
gegneri Alessandro Giani e Giorgio delle paratoie di `La Penna', non soHautman di Firenze. I quesiti posti ai no attribuibili a difetti o guasti dell'imperiti dagli allora giovani sostituti pro- pianto, ma ad errori materiali nelle
curatori Caponnetto e Vigna, verteva- manovre eseguite dal personale...(
no tutti sulla necessità di stabilire se le omissis).... è però doveroso obiettivamanovre effettuate sugli organi di sca- mente osservare che le condizioni amrico delle dighe di Levane e La Penna bientali erano tali da giustificare inceravessero contribuito ad aggravare gli tezze ed orgasmo del personale in sereffetti di quella devastante piena del- vizio".
l'Arno.
Così il mio pensiero corse istintivaIl tremendo sospetto che infatti in- mente all'assurda vicenda di quegli
combeva sulla testa degli indagati era uomini che per aver messo addirittuche ad essi potesse essere ascritto il ra la propria vita a rischio nel tentatireato di "disastro colposo" o anche vo di compiere il proprio dovere fino
quello, non certo meno grave, di "pro- in fondo, si erano poi visti ripagare
curata alluvione" e persino quello gra- con accuse così terribili e infamanti.
vissimo di "strage", visto che nel cor- E allora, attraverso le mie conoscenze
so di quella alluvione, purtroppo, si tra il personale a riposo dell'Enel, cererano contate ben 23 vittime a Firen- cai di rintracciare qualcuno dei superze e altre 16 in provincia. Ma, la mia stiti di quella drammatica avventura.
attenzione non si soffermò tanto sul Ebbi così la fortuna di conoscere e
fatto già noto (seppur ignorato dai intervistare a più riprese il signor Alpiù), che la perizia degli esperti aveva varo Pippucci, all'epoca dei fatti periampiamente scagionato le dighe dal- to industriale dipendente Enel e rela pesantissima accusa che le voleva sponsabile dell'Impianto Idroelettricolpevoli, o almeno corresponsabili, co della Penna. I1 Pippucci, che all'edell'inondazione di Firenze e di
Pagina 19
Furono
i sostituti
procuratori
Caponnetto
e Vigna
ad affidare
la perizia:
il collegio
era formato
dal professor
Cocchi
e dagli ingegneri
Giani e Hautman
Dopo cinque
anni tutti
gli indagati
perla vicenda
delle dighe
furono
prosciolti
e scagionati
l periti
avevano
accertato
che il ritardo
nelle manovre
degli scarichi
della Penna,
trattenendo più
a lungo l'onda
di piena
nell'invaso,
aveva
paradossalmente diminuito
sia la portata
che l'altezza
dell'acqua
a Firenze
poca dei fatti era un giovane di trentadue anni, è recentemente mancato.
Quando lo incontrai per la prima volta aveva settantadue anni ed ebbi subito l'impressione di trovarmi di fronte
una persona affabile e sincera. Alla
mia richiesta di aiutarmi a sfatare
pubblicamente quella ingiusta diceria che ancora lo indicava come colpevole insieme ai suoi colleghi, non nascose affatto il suo legittimo desiderio
di riscatto. Ovviamente sentiva soprattutto la necessità di un riscatto di
tipo morale e sociale, visto che quello
professionale non gli era stato fatto
mancare da parte dell'Enel che nell'ultima fase della sua carriera, per la lunga e impeccabile esperienza maturata
sugli impianti idroelettrici, lo aveva inviato in giro per l'Italia, a formare altri
giovani tecnici impegnati nelle dighe.
Il suo accento fiorentino mi fece subito intendere il grave imbarazzo con
cui per tanto tempo il Pippucci si era
rapportato ai suoi concittadini dopo
il disastro che li aveva colpiti e di cui,
insieme ai suoi colleghi, era stato ingiustamente accusato. Dalla premura di rincontrarmi dopo un nostro primo breve colloquio telefonico, percepii chiaramente la sua urgenza di accedere finalmente a quegli stessi mezzi d'informazione, anche se solo di ri-
Alluvioni in Toscana
lievo locale, che quarant'anni prima,
con titoli a sensazione (che mi mostrò
con sincero dispiacere - indimenticabile per lui una locandina a caratteri
cubitali con la scritta: "L'incubo di Firenze si chiama La Penna"), avevano
contribuito purtroppo a innescare il
solito iniquo processo mediatico, che
allora come oggi, tende sempre ad anticipare la sentenza sulla base di indizi, magari sensazionali, ma che poi al
vaglio dei fatti si rilevano tanto spesso infondati. Aveva voglia di raccontare come erano andate realmente le
cose e poter così riabilitare anche la
memoria dei suoi colleghi che, ormai
scomparsi, non avevano fatto in tempo ad ottenere questo giusto risarcimento morale.
Il racconto dei fatti
E così il Pippucci mi raccontò che la
sera del 3 novembre, verso le 20, fu
richiamato in centrale alla Penna dai
suoi colleghi, già, allertati dell'imminenza di una piena di un certo rilievo
dal tecnico della centralina Enel della
Nussa, sempre sull'Amo, più a monte, a. Subbiano. Già verso le 22 la, portata in ingresso all'invaso aveva raggiunto valori eccezionali e, come prescritto dal protocollo di gestione della piena, il Pippucci aveva già dato
avvio alle operazioni di scarico. Dapprima attivando l'apertura degli scarichi di superficie controllati dalle
paratoie a settore poste sulla soglia
tracimabile della diga (le cinque bocche con paratoie, posizionate in alto, sotto la, passerella di coronamento nella.foto 1), poi facendo sollevare le paratoie degli scarichi di fondo
(i due fori in basso nel corpo della
diga, sempre in fioro 1). Ma, ciò nonostante, il livello dell'invaso continuava a salire, quasi noncurante delle portate scaricate. Intanto il rumore della pioggia scrosciante diventava sempre più intenso, sebbene fosse completamente assorbito
da quello ben più assordante dell'enorme portata d'acqua scaricata,
che precipitava a valle con un salto
di circa venti metri. Ormai non era
più possibile comunicare con i compagni di lavoro se non urlando ai
colleghi gli ordini direttamente nelle orecchie. In questa fase già di per
sé drammatica, intorno alle 23 un
improvviso black-out fece piombare nel buio tutte le aree operative della diga: locali di manovra e passerelle; compresa quella superiore che,
collegando le due sponde, permetteva di raggiungere le saracinesche
dei circuiti oleodinamici di apertura
dello scarico diversivo in destra. Fu
un momento di assoluta disperazione nel quale gli operai e i tecnici si
mossero a tentoni, completamente
persi nell'oscurità e nel rombo assordante della piena, investiti dagli
spruzzi d'acqua gelida che il vento
rimandava indietro dagli scarichi di
superficie. Ma le manovre di apertura dovevano essere ancora completate e intanto il livello dell'invaso
non accennava a scendere. Mi ha
confessato il Pippucci che a quel
punto si sentì del tutto impotente di
fronte a quel cataclisma di una violenza inimmaginabile; ormai rassegnato a subire il corso degli eventi.
Per fortuna dopo neppure un minuto tornò la luce. Si ripresero le manovre di apertura, ma nella fatica, lo
smarrimento, il terrore di finire in
acqua. E, come rileveranno, poi i periti, non fu difficile commettere qualche errore. Un operatore fu inviato
sulla sponda opposta ad azionare il
circuito d'apertura dello scarico diversivo. Dopo aver di fatto sfidato
la morte camminando, nella penombra, su un esigua passerella metallica che rasentava la sponda destra del lago, investito di tanto in
tanto dalle cascate dei rivoli torrenziali che con forza venivano giù dal
pendio, raggiunse a stento il pozzetto delle saracinesche. Ce ne erano
tre del tutto simili, ma solo una era
quella di apertura dello scarico.
Azionò quella sbagliata e quell'apertura fu ritardata di qualche ora. Temendo qualche strascico a causa di
questa e di altre modeste incertezze,
nei giorni successivi da Firenze fu
chiesto di "aggiornare" i registri di
centrale sui quali, peraltro, nella giustificata concitazione del momento,
non c'era stato il tempo materiale di
registrare tutte le manovre effettuate. Quelle correzioni non sfuggirono però agli inquirenti e finirono
per aumentare i loro iniziali sospetti. 1 tecnici e gli operai della Penna e
di Levane furono allora sottoposti
a ripetuti ed estenuanti interrogatori. Ricorda il Pippucci che nel corso
di uno di essi uno degli operai addetti alle manovre sugli scarichi della
diga di Levane, sentendosi trattato
alla stregua di un terrorista, vessato
dalle domande incalzanti e con la
lampada puntata in faccia, perse la
calma e gridò la sua innocenza ricordando ai magistrati la sua ferrea lealtà allo stato che gli era già costata
la campagna di Russia e un disperato viaggio di ritorno di 1500 chilometri a piedi.
Il proscioglimento degli indagati
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Le indagini si protrassero per circa
cinque anni, ma alla fine tutti gli indagati per la questione delle dighe
furono prosciolti e scagionati. I periti avevano accertato che il ritardo
nelle manovre degli scarichi della
Penna, trattenendo più a lungo l'onda di piena nell'invaso, aveva paradossalmente diminuito sia la portata che l'altezza dell'acqua a. Firenze
"..... alle soglie della città la portata
è stata inferiore di circa 80 inc al
secondo ed il livello massimo di 5
cm circa". Le dighe erano innocenti
e, tutto sommato, non poteva essere
diversamente, visto che il volume
complessivo d'acqua che esse erano
in grado di trattenere era valutabile
in circa 16 milioni di mc nell'invaso
della Penna e in circa 5 milioni di
mc nell'invaso di Levane, mentre a
Firenze, nel corso della piena, l'Arno aveva scaricato oltre 400 milioni
di metri cubi d'acqua e fango, dei
quali almeno 80 erano transitati e
ristagnati per le strade e le piazze
della città. Le dighe e il personale
preposto al loro controllo erano finalmente scagionati.
Alla Penna si era fatto fronte, senza
riportare alcun apprezzabile danno
agli impianti ed alle strutture, ad
una piena catastrofica di circa 2645
mc al secondo, sebbene gli scarichi
fossero stati progettati per smaltire
al massimo 2300 mc al secondo.
Ciò nonostante, pur dopo un così
definitivo e chiaro pronunciamento
degli organi giudiziari, nell'immaginario collettivo persiste però ancora
un'ombra di colpevolezza che talora colpevolmente riaffiora in qualche articolo di giornale o nei vari
resoconti di volta in volta pubblicati. In realtà questa convinzione si
formò proprio nei giorni del disastro anche grazie ad un servizio del
telegiornale Rai che a lungo si era
soffermato sull'inquadratura della
valanga d'acq ua in uscita, dagli scarichi di Levane (vedifoto 2).
I momenti di panico nel Valdarno
La mattina del sabato 5 novembre
1966 la notizia dell'imminente crollo della diga di Levane (di li a poco
rivelatasi del tutto infondata) si diffuse a Montevarchi e San Giovanni
Valdarno. Sembra che l'allarme fosse stato originato dalla fortuita intercettazione di una conversazione radiofonica tra le forze di polizia e
non appena la notizia cominciò a
diffondersi scatenò immediatamente il panico tra la popolazione che
visse scene apocalittiche, come mi
raccontò un ex vigile urbano di San
Giovanni: 1 genitori accorrevano a
scuola a prelevare i figli, li caricava-
no in auto e scappavano verso le colline portandosi dietro l'indispensabile. Le auto si scontravano nel traffico impazzito, ma non si fermavano
neppure a constatare i danni. Davanti ai passaggi a livello chiusi qualcuno proseguiva a piedi. Malati in
pigiama o con gli arti ingessati si precipitavano in strada fuori dagli ospedali". Troppo vicino era il ricordo
della tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963 che aveva, lasciato sul terreno quasi duemila vittime e questo
drammatico dato, forse, spiega da
solo il terrore che si era potuto propagare quel mattino in Valda.rno
tra la gente. Accaddero cose inaudite che ci danno la misura degli effetti incontrollabili che può originare
nell'emergenza la mancanza di una
vera e propria strategia di protezione civile. Qualcuno del personale
della stazione di Laterina si recò trafelato alla diga della Penna a sincerarsi di persona che la diga non fosse crollata. La mattina del 5 novembre perfino un ministro della Repubblica telefonò personalmente al Pippucci per essere rassicurato dalla
sua viva voce che la diga era ancora
stabile al suo posto.
*Ingegnere idraulico
della Chiarini associati ingegneria civile
e ambientale di Arezzo
Avaro Pippucci e Remo Chiarini davanti alla centrale Enel Francesco
Cartesegna alimentata dall'invaso della Penna
Alluvioni in Toscana
Pagina 21
Foto 2 La diga di Levane il 5 novembre 1966. La coda della piena defluisce dallle paratoie
Pierluigi Vigna
Fu il magistrato
delta Procura
di Firenze
che si occupò
dell'inchiesta
insieme a Caponnetto
Alluvioni in Toscana
Pagina 22
Foto í La diga della Penna vista da valle. In basso le due aperiure degli scarichi di tondo,
in alto le cinque paratoie degli scarichi di superficie
Nella foto a destra
dopo il passaggio della piena,
i danni a valle della diga di Levane
documentano la forza devastante
della corrente
La diga di Levane,
vista da valle,
come appare oggi
Alluvioni in Toscana
Pagina 23
Giglio, Dogana e tim bra a Levane ruppero gli argini
Allagate la ferrovia e le strade: Montevarchi
rimase isolata
-----------------------------------------------------La testimonianza
di quei giorni
nelle foto
di Gastone
Rotesi
tratte
dall'archivio
Fratelli Rotesi
e contenute
nel libro
"1966 Alluvione
a Montevarchi"
Strariparono i torrenti
Due metri in città
Poi la fuga a -29-1%L da
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Alluvioni in Toscana
Pagina 24
di Fulvio Bernacchioni
MONTEVARCHI - I14 novembre di cinquanta anni fa il Valdarno
prima e Firenze, poche ore dopo, furono invasi dalla furia devastatrice
delle acque. Non fu la prima alluvione, le cronache ci hanno trasmesso
numerose tracce di eventi alluvionali
accaduti nel passato, ma quello del
1966 fu senza dubbio il più devastante del XX secolo. Se le scene di Firenze, una delle città più famose al mondo, con le strade allagate, le chiese
deturpate, le opere d'arte distrutte o
seriamente danneggiate, sono patrimonio comune, un po' meno nota è
la storia dei comuni di fondovalle
del bacino valdarnese. Questi, ancor
prima del capoluogo di regione, subirono gli effetti devastanti dell'inondazione. Stretta tra due torrenti, il
Dogana a sud ed il Giglio a Nord,
Montevarchi fu una delle città più
colpite del Valdarno. Ma per capire i
contorni della catastrofe occorre fare un passo indietro.
L'autunno del `66. L'autunno del
1966 era iniziato all'insegna della
pioggia: dopo gli abbondanti nubifragi di ottobre, che avevano investito tutta la Penisola, novembre era
iniziato con una rinnovata ondata di
maltempo. Nell'Italia centro-settentrionale la situazione si fece critica
nella notte tra il 3 ed il 4 novembre;
le acque di numerosi fiumi, dopo oltre un giorno di pioggia ininterrotta
e torrenziale, infransero gli argini
portando ovunque panico e distruzione. Nel Valdarno la pioggia fu
particolarmente intensa, furono generalmente superati i 200 millimetri,
con della punte massime in Valdambra dove furono registrati oltre 400
millimetri di pioggia. I fiumi, con il
livello dell'acqua già al limite di guardia a causa delle abbondanti precipitazioni dei giorni precedenti, superarono l'ultimo ostacolo inondando
ampie zone di territorio.
Straripano i torrenti . A Montevarchi, causa lo straripamento dei tor-
Alluvioni in Toscana
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Via dei Pestello: il torrente Dogana in prossimità della ferrovia
renti Giglio e Dogana verificatosi
nella serata del 3 novembre, la situazione si fece subito molto grave: la
ferrovia fu allagata al pari delle strade e la città, invasa da una massa di
acqua fangosa, rimase isolata. Nella
popolazione erano ancora vive le
drammatiche notizie del disastro della diga del Vajont, accaduto qualche
anno prima, ed il timore diffuso fu
quello che avesse ceduto la diga di
Levane. Per fortuna la diga non cedette, né quella notte, né nei giorni
successivi ed il peggio fu scongiurato. I corsi d'acqua minori erano tracimati in quanto l'Arno, già gonfio
per la grande massa d'acqua proveniente dal Casentino, non riusciva
più a ricevere la portata idrica dei
suoi affluenti valdarnesi; i torrenti
che lambiscono la città, il Dogana
ed il Giglio e l' Ambra a Levane uscirono dalle naturali sedi di scorrimento.
Due metri d'acqua in Via Marzia.
Nel corso della notte per le strade di
Montevarchi, almeno stando alle
cronache dell'epoca, l'acqua raggiunse il metro di altezza ed in qualche punto del centro storico, nella
zona detta del Lavacchio in via Marzia, sfiorò i due metri. I primi soccorsi rimasero bloccati alla periferia della città: l'allagamento era completo.
Numerosi artigiani e commercianti,
che avevano le botteghe nel centro
storico, uscirono in piena notte e
con l'acqua alla cintola, con il rischio di cadere in qualche fogna ormai scoperchiata ed occultata dalla
furia delle acque, raggiunsero i laboratori e i negozi ormai allagati per
cercare di salvare il salvabile. La fornitura di energia elettrica era interrotta e ci fu chi lavorò fino al mattino, al lume di candela, per smontare
i motori dei macchinari, nel tentativo di contenere il danno economico
che comunque, già dai primi momenti, si profilava di non poco conto. Sempre quella notte esondò il torrente Ambra, portando acqua, fango e distruzione nella frazione di Levane. Di li a poche ore l'ondata di
piena, ingrossata in modo sostanzioso dall'apporto del fiume Sieve,
avrebbe raggiunto Firenze con conseguenze ben più disastrose, sia in
termini di vite umane, che di danni
alla abitazioni, agli esercizi commer-
Pagina 25
Nella notte
trail3eil4
i primi soccorsi
rimasero
bloccati
alla periferia
di Monte varchi
Un day after
di tralicci a terra,
alberi divelti
e fango ovunque
Settecento
le aziende
danneggiate
dall'inondazione,
colpite anche
alcune industrie
ciali ed al patrimonio artistico. Per la
città gigliata si trattava della quarantaduesima alluvione registrata a partire dalle cronache medievali, probabilmente Lina delle più distruttive.
Quella notte a Montevarchi La notte
tra il 3 ed il 4 novembre fu una lunga
notte per i montevarchini: le notizie
erano vaghe e confuse, per non parlare delle strade rese impraticabili
dall'acqua e dal fango. Il pericolo
era ancora incombente e già si alzava lo spettro del colossale danno economico: l'ondata di piena, che ancora non si era ritirata, aveva già compiuto una diffusa opera devastatrice
andando ad allagare fondi, negozi
ed abitazioni al piano terra; inutile
aggiungere che gli scantinati somigliavano più a cisterne dell'acqua
che a locali solitamente ubicati sotto
il piano stradale.
Le foto di Gastone Rotesi. In questo
scenario apocalittico c'era un fotografo locale, il compianto e stimato
Gastone Rotesi, che, pur avendo il
negozio di via Roma invaso dalle acque, preferì seguire l'istinto del fotoreporter iniziando a girare, in piena
notte, per le strade cittadine con le
sue macchine fotografiche al fine
di raccogliere immagini relative al
catastrofico avvenimento. I suoi
scatti, a distanza di anni, si sono
rivelati uria testimonianza storica
importantissima, in grado di documentare un evento che nell'immediato passò quasi sotto silenzio o
comunque non fit considerato dai
grandi mezzi d'informazione, attirati dall'immane catastrofe che aveva colpito Firenze. Gli scatti fotografici di Gastone Rotesi, conservati dai figli, sono stati raccolti e pubblicati una trentina di anni fa in un
volume dal titolo "1966 L'alluvione e Montevarchi". Un libro che
ha il pregio di documentare un momento drammatico della storia locale.
L'alba del 4.114 novembre, con la
luce del giorno, le dimensioni della
catastrofe si presentarono impietose agli occhi dei montevarchini. Il
commissario prefettizio aveva
emesso un'ordinanza per interrompere l'erogazione dell'acqua a causa delle rotture dei tubi e per il timore di un possibile inquinamento
della risorsa idrica. Lo spettacolo
Alluvioni in Toscana
Pacchi di carta danneggiati nello scatolificio Noferi in via Cennano
era desolante e volendolo descrivere al giorno d'oggi, in un periodo
in cui le "contaminazioni" della lingua inglese sono assai diffuse, potremmo dire che quello che si presentò la mattina del 4 novembre a
Montevarchi era uno scenario da
"day after": tralicci a terra, alberi
divelti, fango ovunque. Ammesso
che quella notte abbiano chiuso occhio i montevarchini andarono incontro ad un amaro risveglio. Ma
l'incubo non era finito.
"Diga crollata": la falsa notizia.
Nella tarda mattinata iniziò a diffondersi una voce incontrollata
che avvalorava la notizia del crollo
della diga di Levane. Dalla voce al
panico il passo fu breve. Già duramente provati dalle vicende notturne molti abitanti del luogo iniziarono una fuga disordinata verso le
zone collinari che si trovano ad
ovest della città. "Alla notizia del
crollo della diga uscimmo da scuola - ci racconta una testimone degli
eventi che all'epoca frequentava la
scuole del Giglio - e nel timore che
tutta la pianura venisse allagata
corremmo, con una mia amica, fino a raggiungere Ricasoli". Il borgo di Ricasoli è una piccola frazione collinare distante due o tre chilometri dal capohwgo. Le due ragazzine non furono le uniche ad avere
l'idea di rifugiarsi in collina: ad un
certo punto anche il parroco della
collegiata di San Lorenzo, don
Emilio, fui visto arrivare al borgo di
Ricasoli, con le vesti intrise di acqua e fango dalla cintola in giù.
Per fortuna la diga era integra: non
c'era stato nessun cedimento strutturale. Era bastata però una voce
falsa ed incontrollata per dare il via
ad una psicosi collettiva. Forse si
trattò di una reazione eccessiva ma
per poter valutare occorre calarsi
nella mentalità dell'epoca. Troppe
volte l'opinione pubblica era stata
colpita da catastrofi che nel corso
di pochi anni avevano seminato lutti e distruzioni un po' in tutta Italia: prima il Polesine, nel 1951, tre
anni dopo a Salerno e nel 1963 la
tragedia della diga del Vajont. Come avrebbe dovuto reagire una persona alla notizia che la diga di Le-
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vane aveva ceduto? Con la fuga,
come in effetti ci fu. Nei giorni successivi alo novembre, nei giornali
dell'epoca, si diffuse anche una polemica relativa alla tracimazione di
una consistente massa d'acqua dalla diga di La Penna. Questo segnale, secondo i più critici, doveva bastare per intuire il pericolo e far
scattare l'allarme a Firenze, avvertendo i suoi abitanti prima che la
grande massa d'acqua invadesse la
città. Una tesi che fu all'epoca confutata dall'Enel.
L'economia in ginocchio. A Montevarchi l'impatto economico dell'alluvione fu enorme. L'8 novembre
1966 il quotidiano La Nazione
titolò: "Accertati danni a Montevarchi per un miliardo e duecento
milioni". Settecento le aziende artigiane danneggiate dall'inondazione, a queste si aggiungevano alcune industrie, numerosi agricoltori e
commercianti. Duramente colpite
anche le opere pubbliche, dalle tubazioni, agli argini per non parlare
delle strade, solo per citare i casi
più eclatanti. Come da copione ad
ogni sciagura seguono le polemiche politiche ed a Montevarchi, in
quella occasione, non fu fatta eccezione.
La diga di Levane
Le polemiche politiche . Erano trascorsi appena due giorni dal disastro quando il commissario prefettizio, che all'epoca governava la città, emise una dura ordinanza nella
quale si deploravano "azioni inconsulte di ben individuati gruppi di
persone" che avrebbero ostacolato
il lavoro delle squadre incaricate di
mettere in sicurezza gli argini dei
torrenti e le strade pubbliche. Il manifesto suscito la sdegnata replica
del Pci che tacciò come "borbonici" gli atti del commissario. Arrivò
la replica della Democrazia Cristiana che accusò di "speculazione politica" i comunisti e portò la "solidarietà fattiva dell'onorevole Fanfani" ai montevarchini. "Chi sono
gli speculatori?" Risposero con
una domanda contenuta in lungo
manifesto polemico i comunisti.
Nel dibattito non potevano mancare i socialisti che uscirono con un
appello del tenore: "Non è ora di
polemiche, ma è ora di mettersi al
lavoro!" Per fortuna, al di là del dibattito politico, la gente si mise veramente al lavoro ed anche quella
dura prova fu superata.
Via Roma ricoperta di fango
La devastazione
A Montevarchi
strariparono
i torrenti
Giglio e Dogana
Nella zona
dei Lavacchio,
in via Marzia,
l'acqua sfiorò
i due metri
di altezza
Alluvioni in Toscana
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In alto Via Roma allagata nella notte tra il 3 e il 4 novembre
Sopra l'acqua invade il vicolo Martini
A sinistra l'esterno di un esercizio commerciale dei centro storico
Alluvioni in Toscana
In Valdarno I danni provocati dall'alluvione
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Le gesta degli uomini del distaccamento di Pratovecchio
Dall incontro con Ted Kennedy al grazie del Comune di Poppi
Da Ponte a Poppi
al fango di Firenze
Quei vigili "angeli"
di Gianni Verdi
PRATOVECCHIO - L'immagine non sbiadisce e non
perde neanche un minimo della sua carica drammatica: in
primo piano, unico vestito di
bianco in tutto quel fango,
l'allora trentaduenne Ted
Kennedy, che si era precipitato nel capoluogo toscano per
dare il suo contributo nel tentativo di salvare libri e opere
d'arte. Fra quelli che si chiesero "O cosa ci fa quello lì vestito di bianco in tutto `sto sudiciume?" c'era anche qualche
accento casentinese . La spalla sinistra del fratello di JFK
è macchiata per la pacca ricevuta da uno di quei soccorritori. E la foto ritrae, sorridente e in primo piano, uno dei
vigili del fuoco volontari del
distaccamento di Pratovec-
Alluvioni in Toscana
chio. Il primo da sinistra, in
basso, è infatti Umberto Pagani, membro di una famiglia che al distaccamento ha
dato tante altre braccia, come
quelle dei figli di Umberto:
Lorenzo, Roberto e Pietro
(quest'ultimo ha svolto attività nel gruppo sportivo). Sporchi all'inverosimile, i vigili volontari pratovecchini erano
fra quelli che facevano, appunto, il lavoro " sporco" nel
senso anche di pericoloso. Gli
scaffali della biblioteca, imbarcati per la grande quantità di acqua, avevano agli snodi viti e bulloni che saltavano
di colpo e partivano come
proiettili. La storia, o forse la
leggenda, racconta che Umberto non potesse essere lì:
aveva infatti già raggiunto
l'età limite per effettuare servizi da vigile del fuoco, ancorché volontario. "Ma non ci fu
verso di tenerlo a casa", raecontava Giorgio Lucatello,
per molti anni responsabile
del distaccamento, lui che in
foto si distingue appena perché è in secondo piano e, manco a dirlo, nero come uno
spazzacamino. Finché è stato
in vita, Giorgio è stato miniera inesauribile di aneddoti e
racconti, riportando anche i
momenti più drammatici del
salvataggio di una famiglia alluvionata a Ponte a Poppi.
Nel distaccamento, dove si
bada soprattutto al concreto,
c'è una cospicua documentazione di immagini di quel periodo, ma si usa scrivere poco e
i racconti si tramandano soprattutto a memoria. E chi oggi è fra i meno giovani era allora un ragazzino, e ricorda la
piena dell'Arno e il fiume che
d'improvviso si colorò di rosso, di verde, di blu, quando le
vasche delle tinture usate nel
vecchio lanificio Berti si ruppero, e il contenuto si riversò
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tra i flutti.
Oggi nella caserma intitolata
al fondatore Giuseppe Vigiani, appeso al muro insieme a
tanti altri diplomi, c'è il "grazie" del Comune di Poppi per
gli interventi di quei giorni, ci
sono le immagini delle celebrazioni del 2006 a Firenze
per i 40 anni, ci sono storie e
racconti tramandati ai nuovi
ragazzi che si affacciano a
questo affascinante modo di
fare volontariato. Manca il
più, manca la gente, mancano quelli che quei racconti li
hanno vissuti. Anche Ted
Kennedy se n'è andato, ricevendo gli onori pubblici di un
Barack Obama appena all'inizio del suo primo mandato.
Sono rimasti invece molti volumi della Biblioteca Nazionale di Firenze, anche grazie
al lavoro dei tanti volontari di
tutto il mondo.
L'alluvione a Ponte
a Poppi Foto tratte
dall'archivio dei sito
dei Vigili dei fuoco
di Pratovecchio
In Casentino I soccorsi dei vigili dei fuoco
Alluvioni in Toscana
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Ted Kennedy con gli "angeli dei fango " Nella foto il primo da sinistra in basso è Umberto Pagnini
0 vigili del fuoco
volontari
in forza
al distaccamento
Il ricordo
intervennero
del salvataggio
alla Biblioteca
di una famiglia
Nazionale
a Ponte a Poppi
e di quando
le tinture
Umberto
del vecchio
Pagnini,
lanificio Berti
raggiunti i limiti colorarono
d'età, non
l'Arno
avrebbe dovuto di rosso, di verde
essere a Firenze e di blu
`Ma non ci fu
verso di tenerlo
a casa"
raccontava
il collega,
oggi scomparso,
Giorgio
Lucatello
Alluvioni in Toscana
Pagina 31
Michele Cugusi, oggi, 85enne, era a Ortaglia, vicino Croce ai Mori:
"Lidi il podere scivolare a valle, a qualche centinaio di metri"
"Misi in salvo mo
e figli, poila frana
si portò via la
di Gianni Verdi
CASENTINO - Mille e
mille sono le storie di gente
comune che deve ad un soffio
benevolo del destino la propria vita, e quella dei propri
cari, in un evento drammatico come l'alluvione del 1966.
Questa è una storia che inizia
dove l'Arno non c'entra niente, semplicemente perché all'Ortaglia, vecchio podere poco sotto al valico di Croce ai
Mori, l'Arno non c'è.
Ma anche così lontano dal
fiume, il diluvio di quel 4 novembre ha fatto paura. Tanta. All'Ortaglia non c'erano
che una casa, la campagna intorno, una famiglia, di contadini, immigrati in continente
da una Barbagia allora poco
ospitale. Michele, il padre, alleva li le sue pecore, i maiali,
lavora la terra, tiene qualche
altro animale da cortile. E bu-
Alluvioni in Toscana
io pesto ormai quando si accorge che in casa non c'è acqua corrente. Piove da giorni, anzi diluvia. Ma lui ha moglie e cinque figli: la più grande è vicina a compiere gli 8
anni, la più piccola è venuta
al inondo da appena sette mesi. L'acqua insomma ci vuole. Michele esce per procurarsela all'esterno, c'è un pozzo,
e comunque con tutta quella
pioggia raccogliere acqua da
bollire non sarà un problema. "Mentre ero fuori - racconta l'oggi 85enne Michele
Cugusi - mi sento la terra
mancare sotto i piedi. Il terreno stava franando. Salgo in
macchina, accendo i fari e illumino la casa. Le mura stavano gonfiando, e si formavano le prime crepe". Non c'è
tempo da perdere. "Corro in
casa, prendo moglie e figli,
via subito, tutti". Via, sì, ma
dove? "Anche Croce ai Mori
a quell'epoca era un podere.
In un certo senso erano i nostri vicini". Sono almeno un
paio di chilometri di sentiero,
da fare a piedi sotto la pioggia battente, ma, l'alternativa
non c'è. La famiglia si mette
in cammino, il lume che indica il podere si fa sempre più
vicino, come sempre più forte
si fa lo scroscio della pioggia,
gli scricchiolii sinistri della frana. "Arriviamo alla casa più
vicina, sistemo alla meglio la
moglie e i ragazzi, chiedo al
vicino di accompagnarmi a
vedere la casa, in che condizioni è. Avevo lasciato la macchina coi fanali accesi, per vedere se si muoveva o no, e i fari
erano sempre là. Penso di tornare a prendere qualcosa ma
all'improvviso un rumore forte, un crollo, la macchina non
si muove ma la casa scivola
via, rovina insieme all'intero
costone, finisce qualche centinaio di metri a valle".
Ami dopo, da quelle parti,
fu l'inntera frazione di Serelli a
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sparire inghiottita da un colossale smottamento. Se quella frana fosse arrivata nottetempo, avrebbe forse sorpreso la famiglia Cugusi nel sonno e sarebbe stata una strage.
"Invece si salvarono anche le
pecore, ne avevo forse una sessantina, in altri momenti ne
ho avute molte di più; la frana travolse invece alcuni dei
miei maiali. La casa? Era scivolata via per metà, le stalle,
le camere, non c'erano più; la
cucina era sventrata ma rima-
se al suo posto. Non ci mettemmo più piede". Un pastore sardo non ha troppi problemi all'idea di cambiare casa,
perché lo fa spesso, alternando i pascoli e seguendo le
greggi. "Non fu facile, perché
eravamo rimasti così, con
quello che avevamo indosso
e basta, cinque bambini piccoli, tutto da ricominciare da
capo. Ci aiutarono, trovammo una nuova sistemazione
in poco tempo". Ma quello
fu uno degli ultimi spostamenti, perché poi in Casentino - fatta eccezione per brevi
stagioni in Valdichiana o nel
Senese - la famiglia ci mise radici.
Michele Cugusi oggi è un
pensionato che passa le giornate fra l'orticello e il circolo
di Ponte a Poppi, i cinque figli sono anch'essi stabiliti in
vari paesi del Casentino, sono arrivati nel tempo diversi
Scampati alla frana
La famiglia Cugusi
e Michele oggi
nella sua casa
di Ponte a Poppi
nipoti. Lui è rimasto vedovo
e si è risposato, ha lasciato le
campagne ed ha la casa sull'argine dell'Arno, cosa che
non gli fa certo dimenticare
quella disavventura che 50 anni fa rischiò di inghiottire la
sua famiglia.
Come ogni buon sardo, più
di mezzo secolo trascorso in
continente non gli ha fatto
perdere le abitudini casalinghe: l'inflessione dialettale, le
poche parole, la predilezione
per certe specialità della gastronomia isolana come l'anzone, l'agnello, che ancora oggi si diletta a cucinare sulla
brace, cuocendo a fuoco lento per ore e ore, rifinendo la
cottura con lo stiddìu, la colata di grasso fuso che arricchisce il sapore, specie adesso
che sta per arrivare il freddo,
e in una casa calda, a guardare l'Arno che scorre, si sta
davvero bene.
I
Ventre sono
fuori mi sento
la terra mancare
sotto ai piedi
Salgo in auto
e con i fari
illumino /a casa:
al valico
le mura stavano
Oggi Michele
gonfiando,
abita
a Ponte a Poppi, si formavano
le prime crepe"
vicino all'Arno
La famiglia,
originaria
della Sardegna,
viveva in un
edificio posto
poco sotto
"Le camere
e le stalle
non c'erano più:
la cucina
era sventrata
ma rimase
al suo posto.
Ricominciare
non fu facile,
eravamo rimasti
con quello
che avevamo
indosso"
L'alluvione L'Arno a Ponte Vecchio
Alluvioni in Toscana
Pagina 33
Marzo Maggi, di Castel San Niccolò, perse la vita all'alba del 4 novembre
Il ricordo della prima vittima
CASTEL SAN NICCOLO'
Mario Maggi fu la prima vittima dell'alluvione. Aveva 44 anni e risiedeva a Castel
San Niccolò. Nei giorni scorsi una commovente cerimonia nel cimitero casentinese lo ha ricordato, dopo che la sua storia è stata ricostruita dai giornalisti Franco Mariani e Mattia Lattanzi, raccontata
nel loro libro "Firenze 1966-1'Alluvione"
dopo una ricerca che era stata avviata cinque anni fa grazie alla figlia Lina.
Mario Maggi lavorava con un'impresa
Alluvioni in Toscana
edile a Pratolino. Lui e un suo collega
dovevano rientrare in Casentino la sera
del 3, ma viste le piogge rimandarono il
loro ritorno a casa. In via Bolognese per
una frana il loro camion uscì di strada,
ribaltandosi. Maggi morì sul colpo, il corpo fu sbalzato fuori dall'abitacolo e trascinato dalle acque del Mugnone. Le ricerche di Mariani e Lattanzi hanno permesso di ricostruire quell'incidente, giungendo ad accertare che Mario Maggi fu la
prima vittima dell'alluvione.
Pagina 34
5
()
i,
ann R. .
K
L
Luigi Armandi: Avevo 19 anni, distribuivamo cibo da Palazzo Vecchio"
Tito Rossi: `Giravamo la città, andando dove cera bisogno"
di Marco Cavini
E gli scout diventarono
gli angeli del fango
"Così aiutammo Firenze"
AREZZO - Uno degli eventi che maggiormente ha coinvolto gli scout è stata l'alluvione di Firenze di cinquant'anni
fa, un'occasione in cui capi e
ragazzi si sono tirati su le maniche delle loro camicie blu per
calarsi tra gli "angeli del fango". Tra loro c'erano anche gli
aretini delle due associazioni
dell'Asci (Associazione Scautistica Cattolica Italiana, oggi diventata Agesci) e dei Cngei
(Corpo Nazionale Giovani
Esploratori ed Esploratrici Italiani) che il 4 novembre 1966,
appena l'Arno uscì dagli argini, iniziarono ad organizzarsi
per portare il loro servizio a Firenze 1l 4 novembre - ricorda
Luigi Armandi, capo del Cngei allora diciannovenne ma
già dirigente nazionale - stavo
andando ad Imola per un incontro nazionale ma, appena
saputo dell'alluvione, ho fatto
saltare questo appuntamento
Alluvioni in Toscana
e sono tornato ad Arezzo per
preparare un contingente per
raggiungere Firenze. Il commissario del Cngei di Firenze,
Gianfranco Paloschi, chiamò
infatti per primi gli scout di
Arezzo e di Castiglion Fiorentino. La collaborazione avviata con i Vigili del Fuoco rese
possibile una prima operazione di Protezione civile e noi siamo potuti partire in autonomia, muniti di pale e di tutto
l'occorrente necessario per essere immediatamente operativi ed efficienti".
Trentatré uomini e donne del
Cngei partirono così alla volta
del capoluogo toscano e, per
ventidue lunghi giorni, si misero al servizio della città e della
popolazione. Armandi fu incaricato del coordinamento del
magazzino che forniva le razioni di cibo dall'androne di Palazzo Vecchio: arrivavano camion carichi di formaggi e di
salumi, poi gli scout si occupavano di scaricare le pesanti cas-
se di legno contenenti cibo, di
fare i panini e di distribuirli ai
fiorentini. In totale, Armandi
ha contato che realizzarono e
consegnarono 3Omila razioni
di cibo. Nel frattempo, altri
scout agivano con pale e stivali
per pulire cantine e garage dal
fango e per renderli nuovamente agibili.
"La situazione era drammatica e anormale - aggiunge Armandi - Il nostro maggior contributo fu in termini di entusiasmo e di voglia di fare, vivendo
un'esperienza di servizio indimenticabile. Ricordo soprattutto gli incontri di quei giorni, a partire dai singoli cittadini a cui distribuivamo il cibo
per arrivare al sindaco di Firenze Piero Bargellini e a Ted Kennedy, il politico statunitense
che si presentò con un bellissimo impermeabile bianco che
diventò nero a forza di strascicarlo nel fango e che ci strinse
le mani con un'impressionante
gentilezza".
In parallelo, si attivarono anche otto ragazzi dell'Asci del
gruppo Arezzo 1 di padre Capraia con sede a San Domenico. Con un furgone Volkswagen bianco e verde di un asilo
infantile del centro storico, caricato con bottiglie d'acqua,
generi alimentari e pale per
spalare, gli scout partirono immediatamente alla volta di Firenze. Arrivati in città, furono
fatti salire su un mezzo anfibio
e, nel viaggio fino a Santa Croce, toccarono subito con mano il dramma dell'alluvione.
"L'uniforme scout - commenta l'all ora rover diciottenne Tito Rossi, - era il nostro lasciapassare: appena ci hanno visti
arrivare hanno capito la nostra volontà di aiutare e ci hanno accompagnato nei luoghi
più colpiti per portare il nostro
contributo".
Giorno dopo giorno, per tutta
una settimana, gli scout dell'Arezzo 1 partivano la mattina
da Arezzo e tornavano la sera,
Pagina 35
Decine
di ragazzi
aretini,
con le uniformi
dell Asci
e del Cngei,
partirono
alla volta
del capoluogo
"Gli sguardi
riconoscenti
dei fiorentini
rappresentavano
la più
grande
gratificazione"
e nel frattempo spalavano il
fango nei luoghi più significativi della città: via dei Calzaiuoli, Ponte Vecchio, San Lorenzo, il sottopassaggio della stazione, piazza del duomo e le
Cascine dove c'era il giardino
zoologico. "Giravamo la città
dove c'era bisogno - spiega
Rossi - Eravamo io, il Gigi, il
Balena, il Dodo, il Mercurio,
Enzo, il Peglia e Clodoveo:
con le mani spaccate dal fango, abbiamo spalato in molte
zone della città e questo nostro lavoro fu ripreso anche
dal telegiornale nazionale. Vedevamo la gente disperata che
aveva perso tutto e noi ci siamo impegnati per fare qualcosa di buono. Gli sguardi riconoscenti e i ringraziamenti ricevuti quotidianamente dai cittadini di Firenze rappresentavano la miglior gratificazione di
un servizio di cui andiamo orgogliosi e che ci ha fatto provare la vera essenza dell'essere
scout".
Gli scout aretini Nella Firenze del novembre 1966
Donata al t Iseo dei A lezzi di Comunicazione da Carlo Luigi Ciapetti: oggi sarà al centro di due incontri
La Stazione radioamatoriale che collegò Firenze al mondo
AREZZO
Arezzo ricorda i cinquant'anni dall'alluvione dell'Arno con una giornata di
studio che si terrà al Museo dei Mezzi
di Comunicazione. "Per non dimenticare - spiegano gli organizzatori - quella che fu una grande tragedia ma anche una grande possibilità di dimostrazione della solidarietà che nasce in simili momenti".
II Museo di via Ricasoli, alcuni anni fa,
fu al centro di unimportante donazione: la Stazione radioamatoriale che,
nella notte del 4 novembre 1966 (precisamente alle 2.30), Carlo Luigi Ciapetti, radioamatore di Firenze, mise imme-
Alluvioni in Toscana
diatarnente a disposizione del Prefetto
consentendo dalla stessa prima mattina di collegare Firenze con il resto del
mondo e di coordinare tutti i reparti
necessari ad arginare l'emergenza, dai
vigili del fuoco alla protezione civile.
Oggi, al Museo dei Mezzi di Comunicazione, si svolgerà un doppio incontro, la mattina rivolto alle scuole (ore
10.30 presso l'auditorium Aldo Ducci,
con ingresso dal Museo dei Mezzi di
Comunicazione) ed il pomeriggio per
la cittadinanza (ore 17.30 sempre nell'auditorium).
Sarà, inoltre, possibile vedere nel Museo la Stazione radioamatoriale dona-
ta da Carlo Luigi Ciapetti. Entrambi
gli incontri saranno ad ingresso gratuito.
Ospiti del convegno saranno Claudio
Santoni, presidente della Brigata Aretina Amici dei Monumenti, Giuseppe
Misuri, presidente nazionale Cisar Centro Italiano Sperimentazione ed
Attività Radiantistiche - e il Fotoclub
Chimera di Arezzo. Gli interventi vedranno alternarsi racconti di storie personali, spiegazioni sul ruolo dei mezzi
di comunicazione nell'emergenza con
un confronto tra ieri e oggi e la proiezione di filmati inediti sull'alluvione che
sconvolse Firenze cinquant'anni fa.
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Gualdani: il rumore, dell acqua e Ponte Puriano sotto la piena, mi vengono i brividi
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L-POnte nOn C era DIU
di Alessandro Bindi
AREZZO - L'alluvione
nei ricordi di Gualberto
Gualdani. All'epoca giovanissimo, Gualdani, conosciuto come l'uomo del ponte
della Gioconda - in prima fila più volte per evitare che
con l'innalzamento della diga Ponte Buriano finisse sott'acqua - è stato tra i pochi a
vedere scomparire, sotto la
forza della natura, il famoso
ponte dipinto da Leonardo.
Prezioso custode della tradizione di Ponte Buriano,
Gualberto Gualdani, la notte tra il 3 e il 4 di novembre di
cinquant'anni fa si mise in
salvo uscendo di casa con la
famiglia durante i drammatici momenti dell'alluvione.
L'acqua superò la spalletta
facendo scomparire il ponte
romanico. A distanza di mezzo secolo, Gualdani ricorda
la paura, il rumore dell'acqua e l'inspiegabile immersione alla quale seguì il repentino deflusso dell'acqua. Alle
spalle l'alluvione lasciò fango, danni e detriti.
"Fu una serata drammatica.
L'acqua ci colse nel sonno.
Ricordo ancora di essere stato svegliato di soprassalto da
mio fratello. Ho sempre avuto il vizio di andare a letto
presto. Anche da ragazzo, a
vent'anni, quella sera ero in
camera. Fu mio fratello minore a chiamare me e i miei
genitori. Ricordo che arrivò
concitato incitandoci ad al-
Alluvioni in Toscana
zarci perché l'acqua stava salendo in paese. Erano le
23.30, io non ci credevo".
Sorpreso nel sonno, Gualdani capì però che non era il
momento di scherzare. "L'insistenza di mio fratello che
continuava a dire che la piena stava arrivando mi convinse a vestirmi di corsa e a
scendere le scale". E la famiglia Gualdani in auto si allontanò da casa alla ricerca
di un posto lontano dalla furia dell'acqua. "Salimmo in
auto - ricorda - proprio di
La piena
ci colse
nel sonno
Scappammo
via in auto
l tubi dellla
vettura
erano immersi
nell'acqua "
fronte all'ex trattoria dei Pescatori. Uscimmo dalla strada con i tubi della vettura
praticamente immersi nell'acqua, diretti in un posto sicuro". "Mio padre - racconta Gualdani scavando nei ricordi di quella notte - era preoccupato per le zie e quindi
decise di ripartire e tornare
in strada per avvicinarci a casa loro". E fu in questa fase
che Gualberto Gualdani sfilò cari l'auto di fronte allo
scenario apocalittico con
l'acqua che scorreva sopra le
spallette del Ponte Buriano.
"Il ponte non esisteva più testimonia Gualdani - Non
riuscimmo a vederlo. Era
praticamente
scomparso,
completamente sott'acqua.
Una scena veramente da panico. Ancora mi vengono i
brividi al ricordo. Indimenticabile anche il rumore dello
scorrere dell'acqua". Terrore e paura salirono insieme
alla piena, fino a quando di
colpo l'acqua si ritirò. Un fenomeno tutt'oggi inspiegabile. "Un mistero. Intorno alle
tre e mezzo del mattino l'acqua in poche ore era defluita
facendo riapparire Ponte Buriano. Non sono mai riuscito a dare una spiegazione a
questo fenomeno". L'acqua
scomparve misteriosamente,
lasciando dietro a sé fango e
detriti. "Per fortuna non ci
furono feriti. 1 danneggiamenti furono ai garage e alle
cantine. Ho ancora negli occhi le immagini del fango e
dei garage allagati con le suppellettili e i mobili rovinati e
fuori uso".
`Non riuscivamo
a vedere più
il ponte
completamente
sommerso
Poi, di colpo,
l'acqua defluì"
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Gualberto Gualdani e il Ponte della Gioconda oggi La testimonianza: "Intorno alle 3
e mezzo dei mattino l'acqua era defluita, facendo riapparire Ponte Buriano"
Alluvioni in Toscana
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L impegno del Consorzio 2 Altovaldarno sui nove chilometri
da Figline a Regaello. Lavori anche tra Capolona e Castel Focognano
Droni in volo
per la sicurezza.
del grande fiume
di Marco Antonucci
AREZZO - Anche i droni
sono stati utilizzati per osservare dall'alto e mettere in sicurezza quel tratto di nove
chilometri dell'Amo. Non è
la prima volta. "Permettono
una valutazione più obiettiva
dell'intervento da fare".
A farli volare, ultimamente,
ci ha pensato il Consorzio di
Bonifica 2 Altovaldarno che
ha fatto sorvolare quei chilometri di fiume che attraversano i territori dei comuni di Figline e Incisa, San Giovanni
fino ad arrivare a Reggello.
Un secondo intervento sull'Arno sta interessando il tratto che interessa i comuni di
Capolona, Subbiano e Castel Focognano. Si tratta di interventi di manutenzione straordinaria che si stanno realizzando grazie all'accordo con
la Regione Toscana sulle opere idrauliche di terza categoria idraulica.
Alluvioni in Toscana
"Siamo molto orgogliosi sottolinea il presidente del
Consorzio 2 Altovaldarno,
Paolo Tamburini - in quanto
con questi interventi intendiamo rispondere con tempestività alla sicurezza del territorio assicurando un migliore
deflusso delle acque nel più
importante corso d'acqua
della regione. Il Consorzio dimostra la propria capacità
progettuale e operativa nella
gestione delle opere idrauliche dei grandi fiumi. Ricordo
che questo primo lotto di lavori in corrispondenza dell'abitato di Figline, considerata
l'urgenza, è stato realizzato
dal Consorzio in conduzione
diretta con le proprie maestranze e in collaborazione
con quelle delle Unioni dei
Comuni del Casentino e del
Pratomagno con le quali il
nostro ente ha stretti rapporti
istituzionali, mentre per l'intervento in Casentino ci siamo avvalsi dell'Unione dei
Comuni". Ma l'obiettivo del
Consorzio guidato da Paolo
Tamburini va oltre: "Questi
sono interventi straordinari a
cui dovranno seguirne altri.
Noi puntiamo però a far sì
che diventino ordinari, che
sia il Consorzio 2 Altovaldar-
no ad occuparsi della mamrtenzione ordinaria, dal Falterona fino alle porte di Firenze". Una cura costante, con
interventi ricorrenti, efficace
dal punto di vista della prevenzione. Rideterminare le
briglie, intervenire sugli argini e sull'alveo del fiume affinché l'Arno possa essere costantemente "seguito". Resta da, rivedere un nodo di natura tecnica. Per il Consorzio
deve essere rivista la classificazione del tratto iniziale del fium per far sì che gli interventi previsti oggi da Firenze a
Pisa siano equiparati a quelli
del tratto iniziale. Una differente classificazione che comporta un diverso impegno
economico altrimenti a carico solo dei cittadini dell'Alto
Valdarno e del Casentino e
non di tutta la collettività co-
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me avviene nel tratto da Firenze fino alla foce.
Inattesa di quelle che potranno essere le decisioni per il futuro, il lavoro del Consorzio
va avanti.
E questo intervento in Valdamo, per la cui progettazione sono stati utilizzati i droni,
prevede la manutenzione della vegetazione che si è sviluppata nell'alveo dell'Arno, in
modo da assicurare una corretta regimazione delle acque. In particolare è previsto
il "taglio selettivo" della vegetazione arborea sulle sponde
e un "taglio raso" con rimozione delle ceppaie. Ad essere
interessato dai lavori è il tratto di fiume compreso tra la
traversa Enel, subito a valle
dell'abitato di San Giovanni
Valdarno, e l'immissione in
Alluvioni in Toscana
destra idraulica del torrente
Chiesimone, tre chilometri
circa a valle del ponte di Figline, in corrispondenza della
zona industriale. "L'intervento - spiega il presidente Paolo
Tamburini - mira ad eliminare lo stato di pericolosità
idraulica per cose e persone
dato dalla presenza di alberi
instabili o in alveo che possono creare grave intralcio al regolare scorrimento delle acque del fiume. Con i lavori,
oltre a consentire un regolare
flusso dell'acqua, si evita anche il pericoloso accumulo di
materiale a ridosso dei numerosi ponti presenti nel tratto e
si ripristina il paesaggio fluviale. L'intervento permetterà inoltre di fruire delle fasce
fluviali,
favorendone
l'accessibilità anche mediante la creazione e il ripristino
anche di piste di servizio".
Pagina 40
11 presidente
Paolo Tamburini:
"Con questi
lavori, oltre
a consentire
un regolare
flusso
dell'acqua,
si evita
il pericoloso
accumulo
di materiale
a ridosso
dei ponti"
interventi
che il Consorzio
effettua
in collaborazione
con le Unioni
dei Comuni
del Casentino
e del
Pratomagno
L'utilizzo
dei droni,
nella fase
di progettazione,
permette
una migliore
valutazione
delle operazioni
da effettuare
Alluvioni in Toscana
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Il ricordo del cardinale, allora giovane prete a San Salvi,
nell intervista per i cinquant anni di sacerdozio
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AREZZO
Nello scorso giugno, nei giorni in cui festeggiò i suoi cinquant'anni di sacerdozio, il
cardinale Gualtiero Bassetti
fu intervistato dal nostro giornale, dalla collega Patrizia Antolini. L'ex vescovo di Arezzo
raccontò la sua vita, dalla nascita a Marradi alla chiamata
di Papa Benedetto, con l'inc rico di guidare la diocesi di Perugia. A Firenze, il giorno dell'alluvione, l'allora sacerdote
della parrocchia di San Michele a San Salvi, fu protagonista di uno straordinario gesto di eroismo. Ecco il racconto di quelle ore drammatiche
nelle parole dello stesso cardinale Bassetti, pubblicate dal
Corriere di Arezzo lo scorso
29 giugno. "La zona era pericolosa, l'Amo aveva tracimato a Bellariva. La piena non
arrivò subito perché c'erano
le mura dello Psichiatrico a
contenerla. Ricordo che vedevamo salire l'acqua, arrivava
Alluvioni in Toscana
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dappertutto, anche in chiesa.
Con gli altri ragazzi cominciammo a sentire odore di gas
acetilene: sapevamo che nella
zona c'era un deposito di fusti
di carburo che si potevano in-
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cendiare a contatto con l'acqua. Capimmo che c'era pericolo che potesse saltare la
piazza come purtroppo avvenne in via Scipione Ammirato,
dove andò in frantumi un inte-
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L'ex vescovo
di Arezzo,
oggi cardinale,
fu protagonista
di un gesto
di eroismo
insieme
ad altri
giovani
del quartiere
Dopo
l'alluvione
ci fu una grande
solidarietà
Non più
divisioni:
bisognava
solo aiutare
la gente"
Alluvioni in Toscana
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II cardinale Gualtiero Bassetti A sinistra davanti al Duomo,
negli anni che lo hanno visto guidare la Diocesi di Arezzo
ro stabile. Con l'acqua fino alle ginocchia, prendemmo una
mazza di ferro e aprimmo la
serranda del magazzino a furia di colpi. Prendemmo i fusti uno a uno facendo una catena umana e io, ultimo della
catena, li gettavo dentro la corrente in discesa. I fusti finivano così contro un muro ed
esplodevano con una fiammata altissima. Una scena terrificante. Ricordo che l'acqua saliva, era onnai arrivata alle cosce. Uno dei miei ragazzi mi
disse che al piano terra di una
piccola abitazione di fronte alla chiesa c'era nonna Rosa
che rischiava di affogare. Corremmo nella casa e trovammo la signora seduta sul tavolo con il rosario in mano. 'Lasciatemi stare, fatemi morire,
sono vecchia, non rischiate'.
ci disse. Allora uno dei miei
ragazzi le fa: 'Nonna Rosa vi
do un cazzotto, non mi fate
imprecare!' La prendemmo
in braccio portandola via e la
salvammo". Bassetti tornò
nella sua chiesa. "Le porte a
un certo punto si spalancano
per la forza della piena. Assieme al parroco prendemmo
dal tabernacolo il Santissimo
Sacramento e riuscimmo a
salvarci salendo in canonica
da dietro l'altare. Nel dopo alluvione c'è stata una grande
solidarietà. Non più divisioni.
partiti: bisognava solo aiutare
la gente. Per me quel primo
anno di sacerdozio fu una
grande spinta che mi ha poi
orientato per tutto il resto della vita".
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Il ricordo dell'allora caposquadra Felice Tavanti
Furono 9 gli "angeli del fango " castiglonesi
"Con i pompieri di Castiglioni
al lavoro nella Biblioteca Nazionale"
"Quel fango da spalare e poi
mettevanno in sicurezza i libi"
CASTIGLION F.NO - Per giorni e giorni lavorò nel fango di Firenze. Con lui cinque uomini del distaccamento dei
Vigili del Fuoco di Castiglion Fiorentino , che all'epoca aveva il suo contingente di pompieri (attivo fino al 1980). Felice
Tavanti - da tutti conosciuto come "il Cice" - era sottufficiale
dei Vigili del Fuoco e capo squadra. "All'inizio venimmo
impiegati in via Villa Magna per interventi di prosciugamento di scantinati - ricorda - poi iniziò il lungo lavoro alla Biblioteca Nazionale. Ricordo bene che un giorno, mentre ero
intento a svolgere quel lavoro, passò Ted Kennedy". Cinquanta anni dopo la missione dei vigili del fuoco castiglionesi, il capo squadra di allora, Felice Tavanti, vuol ricordare i
nomi dei suoi uomini: Francesco Senserini , Sergio Botti,
Federico Magi, Giuliano Tanganelli e Corrado Crott.
CASTIGLION ENO - Gli "angeli del fango " saranno
ricevuti oggi a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento.
Tra loro ci sono anche nove castiglionesi: Maria Letizia
Ricci, Gabriele Butini, Roberto Secci, Aldo Cenciai, Vinicio Aretini, Lucio Casagni, Oliviero Bernardini, Mauro
Pellegrini, Roberto Peruzzi e Franco Landini . Avevano tra
1 17 e i 20 anni e facevano parte della sezione castiglionese
dei boy scout d'Italia.
"Restammo a Firenze fino al 26 novembre, la nostra occupazione andava tra spalare il fango e mettere in sicurezza i
libri della Biblioteca Nazionale e la distribuzione dei viveri" raccontano oggi, a cinquant'anni di distanza da quei
giorni.
Alluvioni in Toscana
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50 ANNI
DI RICORDI,
50 ANNI
DI RITARDI
di Alessio Gaggioli
e immagini, le
parole di allora, le
opere d'arte salvate e
da salvare. I
fiorentini, gli Angeli
del fango. Ieri, 5o anni fa. E
oggi, 5o anni dopo. Anche
per chi di noi non ha vissuto
l'Alluvione. Lo spavento, lo
smarrimento,le foto a colori
che riescono quasi a farci
sentire l'odore della nafta
mischiata alla melma.
Sembra di rivivere quelle
emozioni. Ieri e oggi. Il 4
novembre dei fiorentini e
dei cittadini del mondo che
si ritrovano dopo aver
dimostrato - proprio nei
giorni in cui l'Italia è scossa
dal terremoto - che il bene
comune, i valori universali
della cultura e la solidarietà
esistono e possono essere
condivisi da tutti. C'è un filo
che lega Firenze all'Umbria e
alle Marche. Lo porta con sé
il Capo dello Stato, ieri nei
luoghi devastati dal sisma,
oggi a Firenze per ricordare
il 4 novembre e per riaprire
il Lungarno Torrigiani
risistemato a tempo di
record. Il filo è quello
dell'impegno. Conservare la
memoria di una catastrofe
che oggi sarebbe ancora,
colpevolmente, possibile.
Ecco allora l'impegno:
custodire il ricordo,
trasformandolo però in una
molla. Firenze e la Toscana
sono ancora minacciate
dall'Arno. In mezzo secolo è
stato realizzato l'invaso di
Bilancino e a breve sarà
inaugurata la prima cassa di
espansione nel Valdarno. La
prima di tante. Le previsioni
dicono che ci vorranno
almeno dieci anni per
dichiararci al sicuro.
Cerchiamo di accorciare i
tempi. Gli alibi non possono
reggere più. In ogni caso
vanno abbattuti.
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Alluvioni in Toscana
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111
d i Paolo Ermini
Fuori Porta Romana il silenzio era quasi assoluto in quell'alba del 4 novembre. Di li a poco sarebbe cominciato un giorno di festa. Niente carretti dei
contadini diretti dal Chianti ai
mercati rionali, niente corriere
piene di lavoratori, che allora si
chiamavano «Site operaie». Si
dormiva, insomma. Ignari del
dramma che era già scoppiato
in altre zone di Firenze e, prima, in Valdarno. La telefonata
arrivò che non erano ancora le
6. Era di per sé un segnale di allarme. In un pugno di secondi
tutta la famiglia si era precipitata nell'ingresso dove appoggiato sulla consolle c'era l'apparecchio grigio della Sip. Una voce dalla cornetta: «L'Arno ha
dato di fuori. Per strada l'acqua
è già alta. Non possiamo più
uscire di casa». Era la zia. Una
zia come tante, però in posizione strategica. Come fosse una
vedetta. Dal balcone al secondo
piano tra via de' Neri e via de'
Vagellai lei e lo zio potevano vedere sia il torrente che veniva
dalla Biblioteca Nazionale sia
l'acqua che irrompeva giù per
via de' Bencí dal ponte alle Grazie, con le spallette che ormai
emergevano a stento, sommerse dalla piena. Quell'antica forca che si para davanti a Corso
dei Tintori sembrava già la prua
di una barca in un mare arrabbiato. Molto arrabbiato. Ma il
peggio sarebbe arrivato più tardi. E velocemente.
Il telefono non squillò più.
Era cominciata l'Alluvione di
Firenze. Per tutti: sia per chi restò assediato dall'acqua, sia per
chi non potette fare altro che
assistere impotente al disastro.
Con i primi a fuggire dai piani
terreni e poi a misurare la crescita della piena, centimetro
dopo centimetro, scalino dopo
scalino.
Alle 8 la radio italiana annunciava: «Oggi 4 novembre,
festa delle Forze armate, eccetera eccetera... Il Presidente
della Repubblica... eccetera eccetera... tutte le caserme... cc-
Alluvioni in Toscana
cetera eccetera». Un'informazione avvilente nella sua lentezza ci diceva che in Toscana pioveva forte e che sarebbe piovuto
ancora. Eppure nella notte l'Arno aveva già rotto gli argini in
Casentino, a Pontassieve, alle
Sieci. All'Anchetta, ormai alle
porte della città, aveva portato
via il bellissimo ponte sospeso,
fatto di ferro, costruito con le
sue mani dal barcaiolo Guido
Bartoloni e che univa il territorio di Fiesole con quello di Bagno a Ripoli: cavi spezzati e
ponte travolto, con un gran fragore, in un battibaleno. Eppure
ai primi bagliori del giorno
l'Arno aveva già invaso la sede
dell'acquedotto all'Anconella
facendo la sua prima vittima, il
tecnico Carlo Maggiorelli, che
non aveva voluto lasciare il suo
posto di lavoro per senso del
dovere: «Non posso abbandonare gli impianti», aveva risposto a chi lo esortava a scappar
via. Eppure alle prime luci dell'alba l'Arno si era già riversato
sui rioni di Gavinana e di Ricorbolí cogliendo di sorpresa
quell'avamposto di fiorentini
inconsapevoli, colpiti prima di
tutti per la sfortuna di avere casa sotto il livello abituale del
fiume. Eppure nelle ore precedenti si era già dipanata la matassa della inefficienza, tra sottovalutazioni, inconcludente,
contraddizioni. Il prefetto aveva dato il cessato allarme di ritorno da un sopralluogo in Vaidamo; alle dighe della Penna e
di Levane avevano aumentato
rapidamente il deflusso per
evitare il collasso; il sindaco
Bargellini si era precipitato sul
Ponte Vecchio che era diventato
una barriera, e che faceva temere per la sua sorte, mentre gli
orefici chiamati da non si sa chi
portavano via più oro e preziosi
possibile dalle loro botteghe
lambite dalle onde. Ogni tronco trascinato dalla corrente era
un botto contro una pigna o
un'arcata. «Crollerà!». Ma il
Ponte Vecchio, sempre più Vecchio, resisterà anche questa
volta.
«Oggi 4 novembre, festa...».
Una cronaca dí,50 anni fa
I una telefonaia all'alba
c'era già tutto il dramma
I fiorentini 'visi
dal muro de n Arno
D i là la p aur a,
' qua a ®scla impotente
Sembravano una beffa quelle
parole, in un mondo senza cellulari e senza social network.
Zero comunicazioni, a parte le
voci metalliche dei radioamatori, l'unica rete che in quelle
ore funzionò. Nella città ancora
all'asciutto non restava che andare a vedere. Fin dov'era possibile. Fino al punto in cui una
strada o l'altra diventavano battigie. In piazza San Marco, in
via Serragli, in via Masaccio. Un
lago agitato. Il lago Firenze. Che
dal piazzale Michelangelo mostrava per intero la sua terrificante espansione. Lungo la ringhiera di ferro una fila di uomini e donne con il cappotto e con
l'ombrello. Perché continuava a
piovere, maledizione, e allora,
mezzo secolo fa, a inizio novembre faceva anche freddo.
Davanti, un panorama agghiacciante. Brumoso. Una scena da
diluvio universale. A poco a poco dei grandi portoni del lungarno Diaz e del lungarno delle
Grazie rimarrà visibile solo un
piccola luce. La città stava affogando e nessuno sapeva quan-
do l'ondata di piena si sarebbe
placata. Laggiù migliaia di fiorentini prigionieri. Una voce tra
i bisbigli, perché al Piazzale
parlavano tutti piano, attoniti:
«Stamattina ha suonato il Bargello, come per la guerra». Ma
nessuno, in seguito, lo potrà
confermare con certezza.
A fine mattinata tutto il centro e gran parte dell'Oltrarno
erano già sommersi dall'Arno.
Un metro d'acqua, due metri,
tre metri... E cominciava il calvario della Piana, quello della
gente rimasta prigioniera nelle
sue casine senza scale. Di li a
poco cercheranno scampo sui
tetti. La radio ripeteva, implacabile: «Oggi festa...». Fu Radio
Londra a rompere il muro dell'indifferenza: «11 mondo rischia di perdere una sua gemma: Firenze». Marcello Giannini, energico giornalista della
Rai, perse le staffe e con le cattive convinse la sua azienda che
Firenze era un'emergenza vera
e assoluta. Alla fine gli credettero e lui si conquistò un posto
nella memoria collettiva della
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città. Aprì le finestre della sede
a Santa Maria Maggiore (allora)
e calò Il microfono. Si sentì un
grande scroscio . Lui disse solo:
«E via Cerretani!». Poi l'annuncio più commovente: «Le porte
del Battistero si sono aperte e
sbattono contro gli stipiti». in
qualunque sciagura sono le
perdite di vite umane quelle
più dolorose, ma niente dà più
emozione del crollo dei simboli di tutta una comunità. Succede sempre. Succederà anche
con il terremoto di Assisi che
nel 1997 farà crollare le vele della Basilica Superiore. Quel pomeriggio fu la violenza subita
dalla Porta del Paradiso a dare
l'entità della tragedia.
L'acqua saliva, saliva, saliva.
In Santa Croce e in San Niccolò
ormai aveva superato i cinque
metri. Nelle trombe scure e
strette dei palazzi più popolari
si controllava il livello al lume
delle candele . Ma non era più
acqua. Ormai era morchia. La
nafta era uscita dalle case e l'Arno se la portava ovunque. Seminando paura su paura: la paura di un incendio che trasformasse l'acqua in fuoco. Una paura senza senso, forse. Ma di
questo si parlava da finestra a
finestra. Anche sulla prua di
Corso dei Tintori. All'improvviso un'esplosione . Direzione
piazza Beccaria. In via Scipione
Ammirato era scoppiato un deposito di carburo, ma a lungo si
temette l'apocalisse finale. E
mentre cominciavano a scendere le prime ombre della sera
l'Arno accennava a frenare il
suo impeto. La città però entrava in una notte d'angoscia, di
buio totale, di smarrimento.
Dal carcere di Santa Teresa (o
dalle Murate? Le versioni discordano) era evaso un gruppo
di detenuti. Si sapeva, ma non
si sapeva dove fossero finiti. Altri brividi: che cosa avrebbero
combinato? In un convento di
monache gli dettero da mangiare e loro se ne andarono ringraziando. Così dice la leggenda. Uno mori annegato.
Mezzanotte. Le tre. Le sei. Il
giorno appena cominciato sarà
tutto diverso. Meno drammati-
Alluvioni in Toscana
co e più disperante. Via via che
le acque si ritiravano non riappariva Firenze, ma la città di Dite accerchiata dallo Stige. Nera.
Infernale. Un antro accanto all'altro. Chi mai sarebbe riuscito
a ridarle vita e dignità? Succederà, invece. Con buona pace
dei soliti pessimisti. O degli
sciacalli scatenati nel cercare
piccole fortune tra le sfortune
altrui. Il posto di guardia della
forca dei Tintori funzionò anche contro di loro in quelle notti senza luci. A colpi di badilate
il fango sarà sconfitto dopo una
battaglia durata giorni e giorni.
Giorni di fatica, ma anche di
polemiche. Sulla mancata allerta e sul ritardo dei soccorsi,
in un'Italia ancora priva della
Protezione civile. Polemiche
perfino sulla visita del Presidente della Repubblica Saragat.
Il suo camion, stracarico di
comprimari e di notabili in cerca di visibilità, affondò nella
melma davanti al cinema Capitol: «Andate via, qui ci abbiamo
da lavorare !», urlarono alcuni
volontari. Che poi però dettero
la spinta decisiva per far ripartire il Capo dello Stato e il suo
seguito. L'indomani il direttore
de La Nazione, Enrico Mattei,
scriverà, severo: «E superfluo
dire che le promesse e le assicurazioni dei nostri governanti
ci trovano più che mai corazzati
di scetticismo. Non vorremmo
tuttavia togliere ai cittadini di
Firenze e della Toscana e a noi
stessi la speranza (o la illusione) che le cose possano andare
meglio di come sono andate fi-
nora. Il nostro augurio è che
coloro che hanno fischiato Saragat , cedendo a un risentimento che certo non si volgeva
alla sua persona, ma all'insufficienza dello Stato, possano
pentirsi di questo atto incivile». Alcuni danni erano irreparabili: parecchi morti, avvolti
per troppo tempo in una omertà ancora oggi inspiegabile. Finalmente un numero: 35, 35
caduti. Migliaia di botteghe e
aziende rovinate, un patrimonio di arte e cultura ferito in
profondità nonostante il prodigarsi di tanti angeli accorsi da
ogni dove. Soprattutto quelli
della Nazionale che portarono
in salvo centinaia e centinaia di
libri. Muri fradici e fetore di
muffa. Lo avremmo sentito per
mesi. In qualche casa per anni.
Per non parlare delle cantine.
Nessuno più bevve l'acqua della
cannella. Qualcuno si arricchirà con le minerali. Nelle piazze,
intanto, sostavano le autocisterne dell'esercito. Ogni fiorentino aveva la sua brava tanica. Come al tempo delle mezzine di rame per andare a prendere l'acqua del pozzo.
Scuole chiuse, per giorni e
giorni. Riapriranno tra mille
difficoltà. Alla «Machiavelli»,
quella storica di piazza Pitti,
doppi turni per ospitare i ragazzi della succursale inagibile,
alle Leopoldine di piazza Santa
Maria Novella. Classe terza C di
pomeriggio e in «piccionaia»
(ma era la bellissima altana). La
prof di educazione artistica decise una gara di disegno. Tema:
la mia Alluvione. Quante foto
scopiazzate. Pietro invece disegnò lo sky-fine della città e poi,
all'altezza del tamburo della
Cupola, tirò una riga con la chi-
na rosso scuro e la lasciò sgrondare sul foglio. Il ritratto perfetto di Firenze offesa. Tutti battuti, magari da un nuovo piccolo
Giotto? Macché, neanche questa soddisfazione : lui farà l'ingegnere.
Nei negozi squassati si svendeva quel poco che ancora si
poteva vendere. Erano i saldi
del 4 novembre. Accompagnati
da cartelli scherzosi. L'ironia
dei fiorentini: «Qui tutta merce
già lavata: non si ritirerà».
Nella notte di quel Natale
1966 arriverà il Papa. Quattro
ore in tutto. In tutti i quartieri
più devastati. Paolo VI, il Papa
del dubbio, verrà a dare forza,
fiducia, certezza di rinascita.
Tante parrocchie monteranno
televisori dentro le chiese per
la messa di mezzanotte, un po'
celebrata dal vivo e un po' in diretta tv, in collegamento con
Santa Maria del Fiore. Dopo il
rito in Duomo , quando ormai
saranno le una passate, il Papa
prenderà la via del ritorno a Roma, ma prima vorrà andare a visitare il Cristo del Cimabue orrendamente sfregiato nel viso e
nel corpo e ricoverato per le
prime cure nella Limonaia di
Boboli. Entrerà nel giardino dei
Medici in piedi sulla grande
berlina scoperta, coperto da
una mantella rosso fiammante.
Le suore della Calza si scateneranno con le loro quattro campanine e poi correranno sul
piazzale per non perdersi almeno il passaggio finale. Il Papa
riuscirà dal grande cancello e le
saluterà, benedicente. Poi su
verso il casello di Certosa, per la
via Senese illuminata dalle fiaccole d'addio di noi santilarini.
Ma quella notte si commuoveranno anche gli atei.
I
La radio italiana
insisteva: o«(-n' è festa...
Poi la verità in 'rea,
dalle finestre della Rai
in via Cerretani
Pagina 47
Dopo il diluvio
Le famiglie alluvionate gridano «Aiuto» nel disegno di
M. Massi , seconda elementare di San Piero a Ponti in
uno dei disegni del 1967 raccolti negli archivi dell'ex
Centro didattico nazionale di studi e documentazione
, . a ta sui
-,rilievi de s-: . rattedrale di Santa Maria dei Fiore
La visita di Paolo VI nella notte di Natale del 1966
Il Papa passò per i quartieri più devastati della città
Tutto durò poche ore . Nella foto Montini mentre
appunta la medaglia sul Gonfalone di Firenze
Alluvioni in Toscana
Pagina 48
giorno del 'cordo: Mattarella all'inaugurazione e 'opera del Tasari
La messa con Beton e altri «vescovi-angeli». A sera tutti a San L iato
L'ora della Cena, poi la fiaccolata
Cinquanta anni dopo Firenze ricorda la tremenda alluvione del 4 novembre 1966 e le sue
vittime, guarda ad un fiume
non più nemico ma che ancora
invaderebbe strade e piazze
con una piena della stessa forza, celebra il ritorno dell'opera
simbolo del Vasari L'ultima cena devastata dalla furia dell'Arno come e più del Crocifisso
del Cimabue, accoglie gli angeli del fango. La giornata, che vedrà la presenza del Presidente
della Repubblica, Sergio Mattarella, si chiuderà con la fiaccolata da San Miniato a Santa Croce, per ricordare quella del novembre 1967, un anno dopo
l'alluvione. Luci nel buio, su
una ferita che per tantissimi
fiorentini è ancora viva.
La ricorrenza è stata preceduta e sarà seguita da molti
eventi, mostre, spettacoli, film.
Un altro momento emozionante sarà lame ssa nella basilica di
Santa Croce concelebrata stamani dal cardinale e arcivescovo Giuseppe Betori, che fu giovane seminarista angelo del
fango a Gavinana e Badia a Pipoli, aiutando i negozianti e gli
abitanti del popolare rione, assieme ad altri sei angeli del
fango diventati poi vescovi o
cardinali: monsignor Diego
Coletti, vescovo emerito di Livorno e di Como, il vescovo di
Brescia Luciano Monari, il vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio, l'arcivescovo di Lucca
Italo Castellani, il vescovo di Civitavecchia, Luigi Marrucci, il
cardinale Gualtiero Bassetti
(assente solo il cardinale di Milano, Angelo Scola, anche lui
Gli eventi
Alle 9
Consiglio
comunale con
gli angeli
dei fango
Dalle 10 alle
16 apertura
straordinaria
dell'Istituto
Geografico
Militare con
annullo postale
Alle 11:30
messa in Santa
Croce con il
cardinale
Giuseppe
Betori
Alle 13
corteo dalla
basilica a Ponte
alle Grazie in
memoria delle
vittime
Alluvioni in Toscana
Alle 15
svelato il
restauro de
«L'Ultima
cena» di Vasari
in Santa Croce
con Mattarella
Alle 17
cerimonia
in Palazzo
Vecchio che
sarà chiusa dal
Presidente
della
Repubblica
Alle 20.30
fiaccolata da
San Miniato al
Monte a piazza
Santa Croce
Domani alle
11 alla
Biblioteca
nazionale la
presentazione
del restauro di
un volume
sostenuto dal
club
Soroptimist
due
angelo del fango). Alla fine della messa, verso le ore 13, un
corteo raggiungerà Ponte alle
Grazie per la deposizione di
una corona in Arno in memoria delle vittime. Come accade
ogni anno. Già ieri le finestre
dell'Oratorio delle Grazie, così
legato alla memoria dell'Alluvione, erano arricchite da drappi color cremisi. Durante il
Consiglio comunale straordinario, sempre in mattinata, ci
sarà la testimonianza video di
Franco Zeffirelli, intervistato
dalla Rai, ed alle l1 alla sede del
Quartiere Uno, in piazza Santa
Croce, verrà scoperta una lapide dedicata alle 35 vittime del
disastro. Alla 15 la cerimonia
per la ricollocazione de L'Ultima cena di Vasari nel cenacolo
del Santa Croce alla presenza
del Capo dello Stato. Alle 17 la
cerimonia ufficiale nel Salone
de' Cinquecento sempre con
Mattarella. Saranno proiettate
immagini riprese dai documentario Firenze novembre
1966 di Mario Carbone, restaurato per l'occasione, e dall'inedito Dopo l'alluvione di SkyarteHd, seguite dalle testimonianze su quei giorni e dall'intervento conclusivo del
Presidente della Repubblica.
A fine giornata la fiaccolata,
che partirà alle 20 da San Miniato al Monte, una delle chiese simbolo della fede e della
cultura fiorentina per raggiungere in piazza Santa Croce, come avvenne il 4 dicembre del
1967. Palazzo Vecchio ha invitato tutti gli angeli del fango che
hanno già raggiunto e raggiungeranno Firenze e tutti i fiorentini.11 Comune chiama alla partecipazione soprattutto i giovani studenti universitari, italiani
e stranieri, «per segnare una
sorta di "passaggio di consegne" tra la generazione del
1966 e quella del 2016». Sabato
invece la presentazione del Piano «Arno sicuro». Verranno
spiegate dall'unità della Presidenza del Consiglio #Italiasicura le opere in corso e in progettazione per garantire la
massima sicurezza possibile
lungo il fiume. Domenica invece niente villaggio della Protezione Civile: il sisma dell'Italia
centrale impegna tecnici e volontari, così si è deciso di annullare l'appuntamento. Quasi
un richiamo: se le ferite di Firenze appartengono al passato,
altre sono più che mai aperte.
Mauro Bonciani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 49
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La presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi davanti all'Ultima Cena del Vasari restaurata durante la puntata di «Porta a Porta sull'alluvione del '66
Alluvioni in Toscana
Pagina 50
Varata la Carta
`
Fi
renze
Le firm e dei sindaci
per conoscere
e prevenire 1 rischi
Un impegno comune delle città sulla resistenza
ai disastri naturali e a quelli causati dall'uomo, in
particolar modo su quelli legati al rischio
idraulico e idrogeologico. Lo prevede il
«Manifesto di Firenze» firmato ieri dai sindaci
alla seconda edizione di «Unity in Diversity», la
conferenza internazionale che da mercoledì
riunisce in Palazzo Vecchio 50 delegazioni
provenienti da quattro continenti. Nel Salone dei
L'assessore Mantovani e il sindaco Nardella firmano la Carta
Cinquecento, ieri, si è parlato della tutela del
patrimonio culturale in quelle città che
quotidianamente devono affrontare
problematiche legate alla convivenza con i corsi
d'acqua, con le guerre e con i terremoti. «Questo
manifesto rappresenta uno sviluppo della "Carta
di Firenze" firmata l'anno scorso - sottolinea il
sindaco Dario Nardella - Vuole ampliare la
collaborazione sulla capacità di adattarsi alle
situazioni difficili causate dai disastri naturali e
di organizzarsi perla prevenzione e la gestione
post emergenza». Tra le azioni concrete previste
dal manifesto la mappatura delle zone di rischio,
l'analisi degli interventi da fare e le iniziative
mirate all'informazione della popolazione. Nel
pomeriggio Nardella ha avuto un incontro con il
ministro degli Esteri del governatorato di Mosca,
Sergey Cheremin, con cui ha tracciato le basi per
una futura collaborazione. Infine, sempre
ieri, all'Accademia dei Georgofili durante un
workshop sul tema «Arno 1966: 50 anni di
innovazione in meteorologia», il presidente
dell'Accademia, Giampiero Maracchi ha detto
che «le alluvioni nei secoli hanno dimostrato
una cadenza di una volta ogni looanni, pertanto
il rischio che» anche a Firenze, «entro il 2066 ce
ne possa essere un'altra è molto elevato». (A.P.)
Alluvioni in Toscana
Pagina 51
DO SSIER
A CACCIA DI UNA RISPO S TA
(I PERCHÉ DI IERI L DI OGGI)
hé la notte dei 4
more a Firenze
- c"to l'allarme?
I danni dell'Alluvione del'66
furono ancora più gravi anche
perché la popolazione non fu
avvertita del pericolo. Malgrado
le piogge nessuno sembrava
badare all'Arno: l'ultima
esondazione a Firenze risaliva al
1844 e nessuno ricordava più il
pericolo. Le previsioni erano
meno affidabili di oggi, non
esistevano sistemi di
telerilevamento delle piogge e
della portata del fi urne, né la
Protezione Civile. Risultato:
nessun allarme fu lanciato, né
dal Comune, né dalla Prefettura,
tanto che nei quartieri non
alluvionati nessuno si accorse di
nulla, e solo perché il 4
novembre era allora festivo
limitarono morti e feriti. Sui
giornali fu polemica: neanche la
Martinella, la campana di
Palazzo Vecchio, aveva suonato
per avvertire i fiorentini.
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soccorsi
no in ritardo?
Croce, su sollecitazione dello
stesso Presidente della
Repubblica iniziò la
mobilitazione dell'esercito. In
Palazzo Vecchio solo lo stesso
il 6 novembre sera si insediò
un «comitato di emergenza»,
formato dal sindaco Piero
Bargellini, da tutti gli
assessori, dai capigruppo del
Consiglio comunale e dal
presidente della Provincia,
Elio Gabbuggiani.
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on ci fu
_za immediata
ero
ime?
Può sembrare incredibile, ma
non esiste un bilancio ufficiale
delle vittime a Firenze e
provincia. Il conto dei morti del
novembre del'66 è sempre stato
incerto, anche per il riserbo
delle autorità. Secondo una
stima affidabile il numero delle
vittime dovrebbe essere pari a
35:17 a Firenze e 18 in provincia.
Per la maggior parte anziani,
anche se non mancarono
bambini, e l'elenco ormai
ritenuto sicuro è redatto in base
al documento della Prefettura di
Firenze inviato nel dicembre
1966 al ministro degli Interni.
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:hé la Rai diede la
olamente otto
7
Alla sottovalutazione della
portata dell'Alluvione contribuì
anche la difficoltà dei mezzi di
comunicazione di massa e
rendersi conto di quanto
accaduto. Anche la Rai dette la
notizia solo in ritardo. L'Arno
ruppe gli argini alle prime ore
del 4 novembre a Rovezzano e
poi all'alba in centro e le agenzie
dettero le prime informazioni e
gli stessi giornalisti dell'Ansa
dovettero in mattinata lasciare
precipitosamente la sede in via
de' Pucci per evitare l'acqua. Fu
la Bbc, alle u, a dare l'allarme «il mondo sta per perdere una
delle sue gemme: Firenze» seguita dalle televisioni Usa e la
Rai solo alle 1,5, nonostante le
ripetute sollecitazioni di
Marcello Giannini, concesse la
diretta nazionale. Giannini, al
fianco di Gianfranco Pancani,
calò da una finestra della
redazione Rai in piazza Santa
Maria Maggiore il microfono
fino a lambire l'acqua in via de'
Cerretani. «Quella che sentite
- disse Giannini - è via
Cerretani». Così il Paese
cominciò a rendersi conto.
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I soccorsi tardarono a scattare
per gli stessi motivi. La
mancanza cioè di un
meccanismo centralizzato di
protezione civile, sia a livello
statale che regionale, nè
esistevano piani comunali di
allerta. Così i primi
mobilitarsi furono i fiorentini,
assieme ai vigili urbani ed
impiegati del Comune.
Ancora la mattina del 5 Roma
non aveva capito la portata
della tragedia e solo
domenica 6 novembre, dopo
la visita del Capo dello Stato,
Giuseppe Saragat, che rimase
impantanato in piazza Santa
Alluvioni in Toscana
Pagina 52
ì opere ad oggi
e realizzate
ssaïn
1 fiume?
Sono passati 5o anni e da
allora per la messa in
sicurezza dell'Arno e del suo
bacino sono state fatte
essenzialmente tre cose: la
diga di Bilancino, interventi
sugli affluenti minori,
abbassamento del letto del
fiume in corrispondenza di
ponte Santa T inita e di Ponte
Vecchio aumentando al
portata del fiume nel tratto
fiorentino da 2.200 metri
cubi al secondo a 3.3000
metri cubi. Il 4 novembre
1966 l'Arno raggiunse i 4.100
metri cubi al secondo di
portata e quindi una piena
analoga causerebbe ancora
l'esondazione del fiume in
molte parti della città. Nel
dettaglio sono stati spesi ad
oggi l'equivalente di circa 200
milioni di giuro per interventi
grandi e piccoli su tutto il
bacino dell'Arno. Sono in
corso di realizzazione le casse
di espansione a monte di
Firenze, a Figline, con un
costo complessivo di 45
milioni di euro, che
permetteranno di allagare
alcune aree verdi in modo
controllato. Sono previsti
anche interventi sul corso di
Ema e Mensola, nonché sul
Mugnone alle Cure, mentre il
suo corso è già stato messo in
sicurezza nella parte finale,
prima delle Cascine, da cui si
getta nell'Arno. A valle di
Firenze è iniziata invece la
realizzazione delle due
vasche di espansione di
Fibbiana, nell'Empolese,
mentre poco più di un mese
fa è stato dato il via libera ai
cantieri per il potenziamento
del canale scolmatore
dell'Arno a Pisa, per un
investimento pari a 15 milioni
di giuro, che avrà una capacità
raddoppiata.
Alluvioni in Toscana
cesto ritardo
rventi?
Oltre alla eterna lunghezza
delle grandi opere in Italia,
per il bacino dell'Amo è
mancata a lungo una visione
complessiva e le risorse sono
arrivate sempre con difficoltà.
Il primo piano di intervento fu
redatto nel 1974 da una
commissione
interministeriale, ma solo nel
1999 arrivò il Piano di Bacino
stralcio perla «Riduzione del
Rischio Idraulico», approvato
dall'Autorità di Bacino del
Fiume Arno che prevedeva
interventi per 3.115 miliardi di
lire, cioè 1,6 miliardi di euro.
Infine nel 2007 è stato varato
un altro piano, molto meno
costoso e ridimensionato nel
numero di cantieri e con
alcuni interventi strategici
come le vasche di espansione
di Figline. Stato e Regione nel
2014 hanno firmato un'intesa
che prevede anche
l'innalzamento della diga di
Levane, intesa rinnovata nel
2015, ma vanno trovate le
risorse. E lo scorso anno Città
Metropolitana e Consorzio di
Bonifica 3 Medio Valdarno
hanno siglato l'intesa per la
manutenzione dei fiumi.
Ai anni la città e
urne saranno
se in sicurezza?
Gli esperti e la
Autorità di Bacino
del Fiume Arno
spiegano che più
che di messa in
sicurezza si
deve parlare di
riduzione del
rischio in
quanto non
esiste la messa
in sicurezza al
100 davanti ad
eventi simili, che
possono avere
caratteristiche
diverse da quelle del
1966 ed essere
altrettanto pericolosi. E
per ridurre ancora il rischio
serviranno anni: le quattro
casse di espansione di Figline
saranno terminate nel 2021,
quelle sulla Sieve, nel
Mugello, nel 2025 dato che
sono oggi solo allo stadio di
progettazione preliminare. Ed
il 2025 potrebbe vedere finito
il rialzamento della diga di
Levane. Per la sicurezza
contano non solo le
infrastrutture, ma anche i
piani di prevenzione, di
messa in sicurezza di opere
d'arte, per le scuole e gli
ospedali, piani di
informazione verso i cittadini.
L'uso dei mezzi di
comunicazione e delle nuove
tecnologie è ormai decisivo
per ridurre i rischi.
,ori si draga il
econdo quali
?ne effettuata
degli argini?
L'Arno, come tutti gli altri
fumi, non viene più dragato
per motivi di sicurezza.
Dragando aumenterebbe la
portata dell'acqua e quella
solida (sabbia e ghiaia),
aumenterebbe la velocità
della corrente e quindi il
fiume scaverebbe con più
forza l'alveo; aumenterebbe
l'instabilità delle sponde. Ed
aumenterebbe il rischio per
le zone a valle di quelle
scavate sia per l'arrivo di una
corrente più forte sia per la
massa di acqua e detriti
portata dal fiume. Viene
invece effettuata ogni sei
mesi la manutenzione delle
sponde e degli argini, con il
taglio dell'erba e
l'asportazione di eventuali
tronchi o detriti. Le modalità
di manutenzione, sia
ordinaria che straordinaria
con il taglio di alberi e la
riduzione o risagomatura
delle «isole» di sabbia del
fiume, viene decisa da
Regione e Genio Civile (come
stabilito dalla recente
normativa in materia) ed
effettuata dal Consorzio di
Bonifica 3 Medio Valdarno.
A cura di
Mauro Bonciani
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Pagina 53
II Ponte Vecchio
nei giorni dopo
l'Alluvione in una
rara immagine a
colori dal
documentario
«Alluvione
1966» che sarà
proiettato oggi
alle 21 al cinema
La Compagnia
Le operazioni di risagomatura della riva in corso in questi giorni tra ponte
alle Grazie e ponte San Niccolò all'altezza di piazza Poggi
Alluvioni in Toscana
Pagina 54
Il 4 novembre di cinquantanni fa lesondazione dellArno. Si mobilitarono studenti, docenti e tanti cittadini
Quando Siena corse in aiuto di Firenze
di Luigi Oliveto
della città, l'acqua raggiunge
i quattro metri d'altezza.
FIRENZE - La prima no- Ovunque fango, detriti, suptizia dell'Ansa battuta alle pellettili trascinate dalla cor03.48 di venerdì 4 novembre rente, nafta fuoriuscita dagli
1966 diceva: "La situazione impianti di riscaldamento.
in Toscana diventa sempre
più grave. La pioggia non accenna a cessare e i corsi d'acqua, specialmente i più piccoli, sono notevolmente ingrossati. In provincia di Firenze, è
emergenza a Incisa Valdarno
e negli altri centri in prossimità dell'Amo, nel quale confluiscono altri torrenti. Le acque hanno invaso molte abitazioni". Da li a poche ore Firenze è travolta dal suo frume. Gli orefici di Ponte Vecchio accorrono a salvare la
merce, cede la spalletta di
piazza Cavalleggeri, l'Arno si
riversa per le strade di Santa
Croce, irrompe nei locali della Biblioteca Nazionale, alle
Murate gli abitanti della zona si adoperano per mettere
in salvo i carcerati. Da Palazzo Vecchio il sindaco Piero
Bargellini e il prefetto sollecitano aiuti al Ministero, ma a
Roma non si è ancora compresa la gravità della situazione. Celebre l'aneddoto del caporedattore della sede Rai fiorentina, Marcello Giannini,
che per dare il più realisticamente possibile la notizia (e
soprattutto l'entità di quanto
stava accadendo) calò dalla finestra un microfono mentre
la sua voce commentava: "Ecco, non so se da Roma sentite
questo rumore. Quello che
state sentendo non è un fiume, ma è via Cerretani, è la
via Panzani, è il centro storico di Firenze invaso dalle acque". Nelle parti più basse
A Firenze persero la vita 17
persone, 18 nel territorio della provincia. Quasi tutti anziani, alcuni di loro paralizzati; una donna quarantacinquenne che abitava in Santa
Croce fu colta da infarto e
mori perché impossibile trovare l'ossigeno per la respirazione artificiale; un giovane
carcerato di 25 anni venne travolto dalla piena mentre tentava di salvarsi insieme agli altri detenuti.
Fin da subito, però, a, prevalere fu la percezione della tragedia che aveva, colpito il patrimonio artistico. La porta del
Battistero sfondata dalla
esondazione, le formelle del
Ghiberti divelte, libri rari e
manoscritti della. Biblioteca
Nazionale scompaginati da
acqua e melina., i depositi degli Uffizi anch'essi alluvionati. Il Crocifisso di Cimabue
conservato in Santa Croce e
oltraggiato da quella furia divenne ben presto il simbolo
della profanazione perpetrata contro arte e bellezza. Il poeta Mario Luzi avrebbe composto i dolenti versi di "Prega, dice, per la città sommersa", confidando nella speranza, che "Non c'è morte che
non sia anche nascita. / Soltanto per questo pregherò / le
dico sciaguattando ferito nella melma / mentre il suo lume
lampeggia e si eclissa in un
vicolo. / E la continuità, manda un riflesso / duro, ambiguo, visibile alla talpa e alla
lince".
La, reazione del mondo, soprattutto di quello rappresentato dai giovani, fu sorprendente. Giunsero così "gli angeli del fango". La definizione venne coniata, da Giovanni Grazzini, giornalista fiorentino, che all'epoca lavorava al Corriere della Sera. I110
novembre pubblicò un articolo intitolato "Si calano nel buio della melma,", scrivendo
che dinanzi alla generosità di
quei ragazzi "non sarà più
permesso a nessuno fare dei
sarcasmi sui giovani beats".
Perché - annotava il giornalista - "questa stessa gioventù
oggi ha dato un esempio meraviglioso, spinta dalla gioia
di mostrarsi utile, di prestare
la propria forza, e il proprio
entusiasmo per la salvezza di
un bene comune". Dunque
"onore ai beats, onore agli angeli del fango".
mondo stava per compiersi.
Già da qualche anno soffiava
il vento della "nuova frontiera" kennedyana, lo spirito di
rinnovamento profuso dal
Concilio di Giovanni XXIII,
il toccante "I have a dream"
di Martin Luther King nel ribadire l'ovvia (?) verità che
"tutti gli uomini sono stati
creati uguali".
Portava lo stesso affiato di
nuovo e di universalità anche
"la meglio gioventù" giunta
in soccorso di Firenze per riparare la bellezza violata, il
sublime offeso. Tutto era parte di un con/fuso sentimento
di fratellanza, di un "possibile" inondo nuovo arpeggiato
sugli accordi di "Blowin in
the wind".
Pure da. Siena mossero in aiuto della devastata Firenze diversi studenti, alcuni docenti,
volontari di associazioni laiche e religiose. Qualcuno con-
In effetti il dramma dell'alluvione di Firenze andò a, iscriversi, a proprio modo, sul diario del cambiamento che nel
Alluvioni in Toscana
Pagina 55
serva, tra le reliquie di gioventù, l'attestato che venne loro
rilasciato per l'opera svolta.
Una donna sensibile e intraprendente, la signora Erina
Martini, moglie del professore Fernando Marcolongo (insigne clinico medico) e madre di Roberto (altrettanto
noto reumatologo) fu vista
caricare più volte la propria
auto per trasportare a Firenze medicinali e generi di prima necessità. All'Abbazia di
Monte Oliveto, presso l'Istituto di Patologia del Libro gestito dai monaci olivetani, cominciarono ad arrivare dalla
Biblioteca Nazionale manoscritti, incunaboli, codici bisognosi di accurati restauri.
Una diffusa solidarietà, attraversò veramente il inondo. Si
ricorda l'accorato appello di
Edward Kennedy, di Richard Burton, i soccorsi della
Croce Rossa tedesca, delle
forze armate americane di
stanzza in Italia, gli aiuti provenienti dal freddo d'oltrecortina di Russia, Cecoslovacchia, Ungheria; ma, non di
meno, i bagnini e i gommoni
provenienti dalla Versilia, materiali e persone tempestivamente inviati dai comuni della Toscana.
Tutto ciò accadde ai primi di
novembre di cinquant'anni
fa. Quasi in una beffarda profezia, da mesi un gruppo musicale chiamato The Rokes
andava cantando "è la pioggia che va e ritorna il sereno".
Su una cosa avevano comunque ragione: che le nubi di
quella pioggia erano metafora di un mondo in via di cambiamento. Eccome se è cambiato.
------------------------------------------------------------------------A Firenze Cinquant'anni fa l'esondazione dell'Arno. Da tutto il mondo, e naturalmente anche da Siena, partirono volontari per dare una mano
Alluvioni in Toscana
Pagina 56
1l racconto di quei giorni terribili di Giordano Cioli: Avevo 13 anni rna volevo andare ad aiutare. Padre Gregorio mi portò sulla l'espa con sé"
"Tra gli angeli del fio c'ero anche io. Emozioni e ricordi indelebili "
SIENA
Il 4 novembre 1966 Firenze si svegliò
devastata dall'acqua dell'Amo che
ruppe gli argini e inondò senza pietà
case, strade, chiese e musei . I danni
furono irreversibili, da ogni parte della Toscana e del mondo, i volontari
giunsero in aiuto alla popolazione e
a salvare il patrimonio del Rinascimento di cui Firenze è la culla. I volontari, lottando con l'acqua e il fango, in un continuo lavoro per salvare
il salvabile. furono chiamati "gli angeli del fango" dal giornalista Giovanni Grazzini, ma io ricordo che più
che "angeli" eravamo delle "maschere di fango". La televisione, la radio,
in quei giorni parlavano solo di questo. Io ero un ragazzino di 13 anni,
era morto mio padre in un incidente
sul lavoro appena quindici giorni prima. Andavo a scuola a Montepulciano, il mio professore di religione padre Gregorio ci parlava attentamente di Firenze, del patrimonio di cultura che se ne stava andando, ci raccontava che migliaia di persone stavano
dando una mano in maniera volontaria. Un giorno disse in classe che lui
stesso sarebbe andato a Firenze come volontario. Quelle parole mi frullarono molto veloci in testa, volevo
andare anch'io, ma ero troppo piccolo. Però ebbi il coraggio di dirlo a padre Gregorio. La mia richiesta fu in
primo momento scartata, ma poi fu
proprio lui a presentarsi dai miei familiari per farli acconsentire alle mie
richieste di andare a Firenze con lui.
La mi mamma, vedova da pochi
giorni, mi guardò in faccia e mi sussurrò il suo "sì". Per me furono i giorni più felici, a parte il lutto, giorni che
non passavano mai. Era mercoledì
16 novembre 1966, dopo una notte
insonne a preparare un po ' di vestiti,
messi dentro a una sporta di scaggia,
alle sei del mattino mia madre mi preparò due fette di pane con dentro
una frittata e dopo un caloroso abbraccio ci fu la partenza alla volta di
Firenze. Era ancora buio, solo la luce
fioca della vespa di padre Gregorio
illuminava i nostri bagagli legati con
la corda da presse della paglia. Mi
sentivo emozionatissimo. Partimmo
da Sant'Albino, era molto freddo, riparato da una sciarpa di lana fatta
dalla mia mamma e mi nascondevo
il volto frustato dal vento, mi riparavo con il capo chino sulle spalle di
Alluvioni in Toscana
?w ruure9r/r/9Fi/rmpG?ññ m;rcn,.
padre Gregorio. Fu un viaggio molto faticoso. appena superato Siena,
la vespa incominciò a fare capricci.
Ci fermammo un paio di volte, dopo
aver smontato la candela della vespa
e averla ripulita. si partì nuovamente.
Arrivammo a Firenze alle due del pomeriggio, stremati, non avevamo fame perché avevamo mangiato il pane con la frittata preparata da mia
madre, ma eravamo stanchi del viaggio. Vidi tanto fango per terra, nelle
strade, nei negozi, dappertutto. Poi
c, nminammo per circa un chilometro e ci fermammo davanti ad un
grandissimo palazzo, era la biblioteca nazionale; fuori, una cinquantina
di giovani e meno giovani a fare il
passamani di materiale, che in primo
momento mï sembravano pezzi di cemento armato, invece erano libri coperti di fango. Davanti a noi vedevo
l'Amo, lo odiavo per quello che aveva fatto, ma non era colpa sua, la
colpa era dell'uomo che non aveva
saputo gestire la vicinanza con il fiume. Io ero il più piccolo, ma anche il
più coccolato, giunti a destinazione
mi misero da parte a disposizione dei
lavori più leggeri. Io non volli e presto mi feci strada per andare con gli
altri a fare la catena umana. Le ore
passavano, tra una battuta e un bicchiere d'acqua, in un bicchiere che
sembrava più che fosse di fango che
di vetro. Il nostro volto coperto di
fango, come lo era il nostro corpo,
tra la fatica e l'odore acro della pelle
delle copertine dei libri inzuppati di
acqua e del nostro sudore, che cadeva continuamente. Oggi ci sarà il raduno degli angeli del fango, nel Salone dei Cinquecento, dove è prevista
la presenza anche del presidente del
Consiglio Renzi e del presidente della Repubblica Mattarella.
Giordano Cioli
Pagina 57
«L'ALLUVIONE HA SOMMERSO ...» CORTOMETRAGGIO
SULL' EDIZIONE 1914 DEI CANTI ORFICI DI DINO
CAMPANA SARA ' PROIETTATO OGGI IN ANTEPRIMA
ALLE 16 AL MUSEO DELLA LANA DI STIA IN CASENTINO
•
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ul nov bre
Alluvtone. l
s
m
di ANGELA BALDI
PER RACCONTARE e non dimenticare l'alluvione e quello che
successe quella mattina del 4 novembre di 50 anni fa, La Nazione
organizza la grande mostra «L'Arno straripa a Firenze» che si terrà
nell'auditorium del nostro giornale in via Paolieri a Firenze, nella
quale si documenta di come il gironale seppe raccontare la tragedia.
Il vernissage è previsto per oggi,
da domani l'esposizione sarà visitabile dal pubblico a ingresso libero.
Verranno esposte le pagine
dell'epoca, insieme a foto e filmati
inediti custoditi nei nostri archivi.
E verrà proiettato un documentario che ricorderà di quei giorni vissuti dentro al giornale. Quant'anni fa l'Arno uscì dal suo corso, vincendo le resistenze create dall'uomo e allagando il centro di Firenze. La più terribile catastrofe del
secolo che segnò come uno spartiacque. Proprio come succede
con le guerre, anche l'Alluvione di
Firenze tracciò una separazione
netta fra ciò che era stato prima e
ciò che sarebbe avvenuto poi. Con
la città che non sarebbe più stata la
stessa. La grande piena dell'Arno
causò gravi danni anche in provincia di Arezzo, nelle vallate di Ca-
Alluvioni in Toscana
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st
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e
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sentina e Valdarno. Ecco perchè
queste vallate organizzano vari
eventi per ricordare l'evento. «L'alluvione ha sommerso...» è un cortometraggio sull'edizione 1914 dei
Canti Orfici di Dino Campana.
Appartenuta a Eugenio Montale, è
stata portata via dalla piena
dell'Arno il 4 novembre 1966. E
nel Casentino «nascono» i Canti
Orfici di Dino Campana, uno dei
capolavori della poesia italiana del
`900, ma si creano anche le condizioni dell'alluvione che devastò Firenze. Oggi alle 16 al museo
dell'Arte della lana di Stia l'anteprima del cortometraggio «L'alluvione ha sommerso...» di Luca
Dal Canto. Tra i molti danni, e le
migliaia di opere d'arte disperse e
danneggiate, si annovera anche la
perdita dell'esemplare della prima
edizione dei Canti Orfici. Il poeta
premio Nobel definì la lirica di
Campana «poesia in fuga».
L'Amministrazione Comunale di
Castel San Niccolò ha celebrato invece in una cerimonia pubblica
svoltasi al cimitero monumentale
di Strada in Casentino la figura di
Mario Maggi, 44enne o eraio e padre di famiglia che nella notte fra
il 3 e il 4 novembre del '66, fu la
prima vittima dell'alluvione di Firenze secondo studi recenti condotti dall'associazione Firenze
Promuove.
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de
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i eventi' ne
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Sette storie di uomini e donne,
bambini e anziani, che hanno vissuto sulla propria pelle l'alluvione
di Firenze nel 1966 sono quelle trate dall'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e lette a
Radio3 ogni sera in apertura della
messa in onda di Radio3 Suite. Oggi alle 20.30 l'ultima testimonianza, quella di Annalisa Pippi «Occhi piccoli e umidi» letta da Giulia
Weber.
ESERCITO 1 militari impegnati
nei soccorsi alea popolazioni
Pagina 58
SCOPERTA IERI NEL CORTILE DELLA DOGANA
DI PALAZZO VECCHIO DAL SINDACO NARDELLA
LA LAPIDE CHE RICORDA L'ALLUVIONE DEL'66
STAMANI GLI INTERVENTI DI ERASMO D'ANGELIS,
DEL SINDACO NARDELLA, DELL'AMBASCIATORE USA
JOHN PHILLIPS, DEL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE
e riabbraccia i suoi ragazzi
Al
a
u
l`to
eli Angeli del fango.
CI SIAMO. Gli Angeli del fango, il popolo del
mondo che aiutò Firenze a rialzarsi dopo
l'alluvione del'66, sono arrivati in città. E oggi
arrivano a Firenze anche il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella e il premier
Matteo Renzi, che apre la settima edizione
della Leopolda e ieri a Milano in un incontro
sul progetto per la messa in sicurezza del Paese
ha ricordato l'alluvione di Firfenze e «la
reazione bellissima degli Angeli del fingo».
Renzi sarà in Palazzo Vecchio alle 12,30 al
raduno degli Angeli del fango. Intanto ieri
nella sede della Regione in piazza dell'Unità gli
Angeli hanno ricevuto dalla protezione civile
un kit di benvenuto. Stamani alle 9 si tiene il
consiglio comunale straordinario alla presenza
degli Angeli del fango, con il successivo raduno
Con
rto
Stasera alle 20,30 fiaccolata
da San Miniato al Monte a
piazza Santa Croce in
memoria di quella
organizzata il 4 novembre
1967. Ritrovo alle 20. A
conclusione concerto
dell'orchestra da camera
fiorentina in Santa Croce.
Oggi alle 15.15 su Rai3 «La
grande storia» trasmette
Firenze 1966. L'alluvione.
Uno speciale sulla notte tra
il 3 e il 4 novembre 1966 con
l'Arno che inondò Firenze
Alluvioni in Toscana
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7.11
71
la
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lafiaccolata
e le loro testimonianze nel Salone dei
Cinquecento. Nel corso del raduno, invece,
oltre alle testimonianze degli Angeli del fango,
verrà presentata l'intervista inedita a Franco
Zeffirelli realizzata dalla Rai e il maestro
Giuseppe Lanetta eseguirà con l'orchestra due
brani composti per l'occasione. La cerimonia si
chiuderà alle 13 circa. L'ingresso sarà aperto a
tutti, con preghiera di mostrare il badge
distribuito in Piazza dell'Unità nei giorni
scorsi. Agli Angeli del'66 è dedicato anche
l'inno che sarà eseguito nel Salone dei 500, con
testi e musiche scritte di Alessandro Barbieri,
mentre gli Angeli di quei giorni saranno
protagonisti anche alla Santa Messa che sarà
celebrata alle 11,30 dal cardinale Giuseppe
Beton, anche lui Angelo del fango in quei
giorni terribili per Firenze, nella basilica di
Santa Croce, una delle chiese simbolo dei
danni subiti dal patrimonio artistico e storico.
A fianco di Betori ci sarà l'arcivescovo di
Perugia, cardinale Gualtiero Bassetti, che nel
1966 era cappellano nella chiesa di San Salvi.
Dopo la messa, alle 13 corteo fino al Ponte alle
Grazie con la deposizione della corona di alloro
alle vittime dell'alluvione e, alle 14 in Palazzo
Vecchio la presentazione ufficiale del
francobollo dedicato agli Angeli del fango. Alle
16 Mattarella sarà in visita al nostro giornale,
quindi «inaugurerà» la riapertura del lungarno
Torrigiani e alle 17 sarà nel Salone dei
Cinquecento per la cerimonia ufficiale. alle
20,30 la fiaccolata dalla basilica di San Miniato
al Monte fino a Santa Croce.
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Pagina 59
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Una messa solenne per
ricordare prima di tutto le
vittime dell'Alluvione del
1966, e il dramma vissuto
dalla città di Firenze, sarà
celebrata oggi alle 11,30
nella Basilica di Santa Croce.
La messa sarà presieduta
dal cardinale Betori. Con lui
altri otto ex Angeli del fango
oggi vescovi
Alle 14 di oggi presentazione
del francobollo dedicato agli
Angeli del fango in Palazzo
Vecchio. Alle 18,30
proiezione del documentario
«Firenze '66 - Dopo
l'alluvione», di Enrico
Pacciani prodotto da
Alkermes e Sky Arte Hd col
contributo della Fondazione
Cassa Risparmio di Firenze
Tante ragazze protagoniste dei soccorsi alla città alluvionata. Molte giovani di allora si ritroveranno oggi a Palazzo Vecchio Foto da «Angeli dei fango»
Alluvioni in Toscana
Pagina 60
ACCADEMIAARTI DEL DISEGNO
E L'OMAGGIO A SANTA CROCE
CON "DA CIMABUE IN QUA"
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MATTARELLA SARÀ IL PRIMO
A PASSEGGIARE OGGI
SUL RINNOVATO LUNGARNO
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L 1,',,Jltîma uena del
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acari recuperata
otuttï a vederla
Due serate speciali a Santa Croce per ammirare il restauro
di OLGA MUCNAINi
SANTA Croce, il quartiere colpito al cuore dalla furia dell'Arno.
Acqua, fango, detriti di ogni genere. Senza risparmiare la basilica
francescana con i suoi capolavori.
Anzi, è proprio lì - insieme alla Biblioteca Nazionale - che il patrimonio artistico la notte del 4 novembre 1966 subì uno dei colpi
più duri. Il Crocifisso di Cimabue
(1280 circa) fu la vittima più illustre, con l'iconografia del Christus
patiens, cioè un Cristo morente
sulla croce, sfregiato per gran parte
della superficie pittoria. Restaurato e recuperato in maniera quasi
miracolosa, appena tre anni fa venne ricollocato nella sacrestia di
Santa Croce. Oggi tocca a un altro
simbolo del disastro di quella notte: L'«Ultima cena», di Giorgio Vasari, un'enorme tavola che per quarant'anni era rimasta nei depositi
della soprintendenza con pochissime speranze di recupero. Il dipinto era rimasto per 48 ore immerso
nell'acqua e nel fango in una sala
del Museo dell'Opera, e non si sapeva da dove cominciare per salvarlo. E invece dopo 50 anni sono
arrivate tecnologie di ultima gene-
Alluvioni in Toscana
razione che, unite alle professionalità dell'Opificio delle Pietre Dure,
hanno consentito il prodigio.
La giornata fiorentina del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella inizierà proprio da qui, dalla Basilica di Santa Croce, dove alle 15 nel Cenacolo avverrà la ricollocazione del dipinto di Vasari.
Il dipinto rimase
48 ore
immerso nel fan g o in una
sala del M useo dell'Opera
Dopo la cerimonia ufficiale, tutti i
fiorentini potranno tornare ad ammirare i colori, i panneggi, le prospettive e l'atmosfera devozionale
della tavola recuperati con l'intervento dell'Opificio, il contributo
di Prada, Getty Foundation e Protezione Civile. Inoltre, così come
gran parte delle opere del museo
sono state trasferit a una quota superiore in spazi adiacenti alla Basilica, per questo dipinto è stato appositamente pensato e creato un sistema di contrappesi, realizzato anche grazie alla Fondazione CR Fi-
renze che, in caso di preallerta permette di sollevare l'opera in pochi
minuti a 7 metri di altezza.
Per dare il bentornato all'«Ultima
cena», la presidente dell'Opera di
Santa Croce, Irene Sanesi, ha voluto organizzare due notti tutte per
Vasari. Stasera e domani dalle 20 a
mezzanotte ci sarà un'apertura
straordinaria con ingresso libero
ingresso da piazza Santa Croce 16.
A RENDERE un omaggio a Santa Croce e al Croficisso di Cimabue è anche l'Accademia delle Arti
del Disegno, che sempre oggi alle
18 inaugura una mostra dal titolo
"Da Cimabue in qua", e curata da
Cristina Acidini, Giulia Coco ed
Enrico Sartoni (fino al 28 dicembre). Allestita nella Sala del Cenacolo di Andrea del Sarto, all'Accademia di Belle Arti, via Ricasoli
66, l'esposizione racconta le vicende conservative vissute dal Crocifisso, ma anche l'esperienza profondamente umana di chi ha lavorato a stretto contatto con l'opera,
grazie a materiali inediti messi a disposizione dall'archivio dello Studio Granchi.
Pagina 61
Stasera e do m ani dalle 20
a m ezzanotte ci sarà
un'ape rt ura straordinaria
con in g resso libero
1*1
L'enorme tavola è stata recuperata grazie alla bravura dei tecnici
dell'Opificio delle Pietre Dure
Alluvioni in Toscana
Acqua e fango nel piazzate
degli Uffizi, direttori,
restauratori , semplici custodi
con dipinti sotto braccio
intenti a portare all ' asciutto
quelle fragili creature. Il
racconto i quei giorni è
rivissuto nella mostra che si
apre stamani alla Galleria
degli Uffizi dal titolo
«L'alluvione e gli Uffizi.
Immagini del Gabinetto
fotografico».
Pagina 62
«NON FAREMO NESSUNA CERIMONIA PERCHÉ
NON Si TRATTA DELL' INAUGURAZIONE
DI UNA NUOVA OPERA PUBBLICA, NON SAREBBE
NEMMENO IL CASO»: SOTTOLINEA NARDELLA
o
Mattarella stringe la mano agii o
E con il Presidente il lungarno riapre
To ' i i, nuova vit
di ILARIA ULIVELLI
SARÀ il presidente della Repubblica, insieme ai fiorentini, a camminare per primo sul lungarno restituito a nuova vita dopo la profonda ferita del 25 maggio scorso,
quando sprofondò, insieme alla città, in un abisso di terrore. Paura
che lo smottamento potesse portarsi dietro i palazzi, timori che la frana fosse causata dal dissesto idrogeologico della collina che, dietro
via dei Bardi, scivola a valle.
L'INCUBO che quella voragine
fosse il sintomo di qualcosa di più
grande dell'autostrada dell'acqua
che era schiantata nella notte mangiandosi la terra, con una pressione pazzesca, e inghiottendo le auto
in sosta, solo per fortuna senza fare vittime. E ancora, il terrore che
se non si fosse fatto in fretta a riparare il danno , una piena vigorosa
d'autunno avrebbe potuto agitare
dolorosi spettri proprio nel cinquentesimo anniversario dell'alluvione.
Sergio Mattarella arriverà in auto,
dopo le 16.30. Si fermerà. Scenderà per salutare e ringraziare gli operai che hanno lavorato senza sosta,
giorno e notte, nei giorni festivi, rinunciando a ferie programmate e
Alluvioni in Toscana
il crollo: ïl co dello Stato con ïoreiz txi
giornate libere. Anche stanotte è
stata una corsa contro il tempo. Il
capo dello Stato percorrerà il lungarno a piedi . Non per una passerella, ma per una matura presa di
coscienza, la dimostrazione limpida che l'Italia, se vuole, è capace di
rialzarsi e di fare le opere pubbliche in tempi giapponesi.
«NON FAREMO nessuna cerimonia perché non si tratta
dell'inaugurazione di una nuova
opera pubblica, non sarebbe nemmeno il caso». Sobriamente il sindaco Nardella annuncia che oggi
alle 17 il lungarno Torrigiani riaprirà a tutti . E i cittadini non saranno esclusi: potranno assistere
alla riapertura dal marciapiede del
lungarno sul lato abitazioni e salutare il presidente . Che sarà felice
di scambiare strette di mano anche in piazza della Signoria, subito dopo, quando andrà a Palazzo
Vecchio per la cerimonia ufficiale
del cinquantesimo anniversario
dell'alluvione.
«Credo che a Firenze abbiamo dimostrato di essere una città capace
di reagire di fronte ai disastri spiega Dario Nardella - Fino a
qualche mese fa nessuno credeva
che saremmo riusciti a ripristinare il lungarno e invece abbiamo
raggiunto un traguardo inimmaginabile».
In tempo, con 35.000 ore di lavoro
degli operai, in poco più di cinque
mesi. «Dobbiamo essere fieri di
aver dato prova che quando si è
trattato di ricostruire una zona importante colpita da un evento
drammatico , simo stati al livello
dei giapponesi», dice il sindaco
inorgoglito . Senza fanfare, con rispetto.
Gli ultimi ritocchi
al cantiere del Lungarno
Pagina 63
ARTIGIANATO NELLA BASILICA DI SAN LORENZO
La mostra in occasione dei 50 anni dall 'Alluvione
L'evento di Cna Pensionati Firenze è visitabile dal 12 al27 novembre
i intitola %rtigianato
' è Arte" la mostra che
a vede protagonista
l'artigianato artisti- no
co, la pittura e la scultura e
che verrà ospitata presso la
Basilica di San Lorenzo di
Firenze. L'esposizione, organizzata da Cna Pensionati
Firenze, aprirà al pubblico
sabato 12 novembre (alle
10.30) e sarà visitabile fino
al 27 novembre. La mostra
è stata curata da Renzo Del
Lungo e rientra tra gli eventi che si inseriscono nelle
celebrazioni di Cna Firenze in occasione dei 50 anni
dall'Alluvione.
Gli espositori saranno sessantatré e ognuno di loro
metterà "in vetrina" non
meno di due creazioni artistiche.
'Le opere esposte sono
una variegata espressione
di stile e genere, nelle quali domina la passione per
il paesaggio, soprattutto
quello intorno a Firenze, con
qualche spaccato urbano,
con nature morte di grande
eleganza - commenta il
Alluvioni in Toscana
curatore della mostra Renzo Del Lungo -. Nella rappresentazione delle figure
si aprono richiami classici,
accanto alla vivacità di stile
moderno. Alcune opere
fanno diretto riferimento
all'Alluvione, con interpretazioni originali di tecniche
che vanno dall'informale
al figurativo più estremo.
Nella nostra esposizione ospitiamo anche opere fatte
interamente con materiale
di riciclo'
Faranno parte della mostra
anche alcuni documenti unici, inerenti l'Alluvione, come
per esempio foto e reperti di
botteghe storiche; e poi, ancora, si potranno ammirare
sculture marmoree, opere in
bronzo e ottone, ceramiche
e terracotta, intagli e intarsi
in legno di noce e cirmolo.
Fra i manufatti ci saranno
anche i ricami e gli abiti da
bambini, i costumi storici
rinascimentali fiorentini, i
cuscini artistici e le lavorazioni orafe, insieme alla manifattura di altissimo livello
della pelletteria.
L'esposizione è patrocinata
dal Comune di Firenze, Artigiancassa, Opera Medicea
Laurenziana e dal Centro
Guide Turismo.
L'orario delle visite ad "Artigianato è Arte" è 10-12.30
e 15-17.
Info: www.firenze.cna.it
Pagina 64
AIIIIIIIVI, Gli appuntamenti
con Cna Firenze
"Alfabeti Sommersi"
Sala D'Arme dall'1 al 13 novembre
La mostra è patrocinata da Cna Firenze
Salone dell'Arte e dei Restauro di Firenze:
Desk di accoglienza Cna Firenze per informare
sulle iniziative a sostegno della categoria.
• "Le mie mani nel fango"
Convegno, coordinato da Bruno Santi, dal titolo
(10 novembre 2016, dalle 10 alle 11,
Talking Corner)
• "Qualifica di Restauratore di beni culturali:
la proroga del termine di conclusione della
selezione e gli effetti della pubblicazione
anticipata dell'elenco parziale".
Convegno congiunto con altre associazioni dei
restauro e operatori dei settore.
Parteciperà anche il coordinatore nazionale Cna
Restauro Gianoberto Galieri
(11 novembre, alle 14.30 in sala Dini).
"ARTIGIANATO È ARTE"
Mostra organizzata da Cna Pensionati Firenze
nella Basilica dì San Lorenzo di Firenze
Dal 12 fino al 27 novembre (10-12.30 e 15-17).
Cna Firenze ha sostenuto la ristampa del volume
in italiano e alla nuova edizione in inglese di
"Firenze-Guerra & Alluvione"
scritto da Mario Carniani e Paolo Paoletti
e ha patrocinato il film"Camminando sull'acqua"
di Gianmarco D'Agostino.
Alluvioni in Toscana
Pagina 65
Fie sole
doppia faccia dell '
HA SUSCITATO grande interesse
il libro di Berlinghiero Buonarroti e
Marco Masini Là dove Fiesole si specchia in Arno, commissionato dal Comune di Fiesole e che tratta della vita
dell'Arno nei secoli, inclusa l'alluvione del 1966. Il libro, ampiamente fotografico, ripercorre storicamente gli
aspetti della vita che si è svolta lungo
le sue sponde, e svela la doppia faccia
dell'Arno: l'Arno archeologo che, oltre ad avere favorito la nascita e lo
Alluvioni in Toscana
svolgersi di numerose attività e mestieri come i renaioli, mugnai, gualchierai, lavandaie ecc., ha anche riportato alla luce interessanti reperti archeologici come le gualchiere dei
Compiobbesi del XIII secolo, sommerse dalla sabbia per molti secoli; e
l'Arno assassino che, purtroppo, è stato, nei secoli colpevole di numerose
vittime per annegamento, oltre che
raggiungere livelli distruttivi inauditi
durante le varie alluvioni.
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Alluvioni in Toscana
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DA OGGI AL 7 NOVEMBRE I MUSEI CIVICI SARANNO
VISITABILI GRATUITAMENTE DAGLI ANGELI DEL FANGO
CHE AIUTARONO FIRENZEA RIALZARSI NEL'66
Un
`ivi sono rivisto in quella foto, un tuffo al cuore'
di SANDRA NISTRI
RACCONTA di avere avuto un
tuffo al cuore vedendo la foto
d'epoca pubblicata, giovedì scorso, sul nostro giornale e di essere
tornato, in un secondo, al freddo
novembre di 50 anni fa. Renzo Cavafave oggi ha 71 anni e abita a
Guadamello, piccola frazione di
Narni, in Umbria: quando l'immagine è stata scattata ne aveva
poco più di 20 ed era uno degli `angeli del fango' in una Firenze devastata dall'alluvione.
«MI SONO subito riconosciuto
nella foto - racconta ora - perché
ricordo benissimo quell'episodio
e quella donna che portavo sulle
spalle per farle attraversare la strada. In realtà le donne aiutate erano state tre: io e il mio collega avevamo già portato nello stesso modo due ragazze molto carine ricevendo tanti ringraziamenti. Poi il
mio amico si è accorto che c'era
Alluvioni in Toscana
un'altra donna, ci sembrava anziana ma non lo era affatto, da far attraversare e allora io mi sono prestato». Renzo, che faceva il servizio militare ed era di stanza alla
Cecchignola a Roma, era arrivato
a Firenze con molti commilitoni
con i quali alloggiava alla caserma
dei Lupi di Toscana: «In caserma
passavamo pochissime ore per
dormire - dice - perché i 20 giorni
che ho passato a Firenze li ho trascorsi quasi tutti in piazza Santa
Croce, dove avevo il compito di
guidare un mezzo e garantire l'illuminazione per le persone che
stavano lavorando. Anch'io, con
tanti colleghi, ho cercato di ridurre i danni e ci sono immagini rimaste indelebili nella mia mente.
Ricordo le tante saracinesche
scoppiate per l'acqua, le devastazioni alle case e ai negozi, la chiesa di Santa Croce che mi è apparsa splendida quando l'ho vista per
la prima volta, i ragazzi che si passavano i libri alla biblioteca Nazionale cercando di salvarli. Quando
siamo arrivati a Firenze, per me
che provenivo da un paesino di
poche centinaia di anime, è stato
uno choc fortissimo: ho visto auto sugli alberi e gente disperata...».
IN MEZZO alla disperazione, però, tanta solidarietà e, perché no,
anche lo spazio per una risata:
«Ricordo - prosegue infatti Renzo
- che sulla scalinata di Santa Croce c'era una montagnola di fango
che si era solidificata. Si è presentato un giornalista con taccuino e
macchina fotografica che ha voluto salirci sopra: io, che ho origini
contadine, gli ho detto che il fango non avrebbe retto ma lui ha voluto provare lo stesso sprofondando nella melma fino alle ginocchia. Io e altri tre colleghi lo abbiamo tirato fuori con una specie di
corda fatta con cravatte di un negozio che erano state abbandonate in piazza». Firenze è rimasta
nel cuore di Renzo, sposato e padre di due figli, che ci è voluto tornare anche per il viaggio di nozze.
Pagina 68
«Nei prossimi giorni ho
intenzione di tornare ancora
una volta , portando anche mio
nipote, per visitare la mostra
netta sede de La Nazione e
rivedere quelle immagini che
ancora conservo dentro di me»
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fino at 19 novembre
IL 4 NOVEMBRE del 1966,
quando Firenze fu invasa
dall'acqua dell 'Arno, La
Nazione fu la voce dei
fiorentini e dei toscani che
raccontò al mondo
l'alluvione . Con una
esposizione nel nostro
auditorium aperta a tutti,
fino al 19 novembre,
mostreremo le pagine
originali di quei giorni,
insieme a foto inedite e
filmati custoditi negli archivi
del nostro giornale.
La mostra , che verrà
inaugurata oggi alla
presenza del presidente
della Repubblica Sergio
Mattarella , sarà aperta al
pubblico con ingresso
gratuito con il seguente
orario : domani, sabato 5
novembre , dalle 12 .30 alle
18, dal lunedì al sabato dalle
9.30 alle 12 . 30 e dalle 15 alle
18. Domenica chiuso.
Alluvioni in Toscana
Pagina 69
FELICE SERRA ALL'EPOCA ERA IL COMANDANTE
DEI VIGILI URBANI E FU UNO DEI PRIMI, INSIEME
AL SUO PERSONALE, A PRESTARE AIUTI E SOCCORSI
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Alluvioni in Toscana
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«L'EMERGENZA iniziò con il nubifragio del 3 novembre e nei primi
giorni del disastro contammo esclusivamente sulle forze e sui mezzi locali. Soltanto dopo arrivarono e riuscirono ad entrare in città gli aiuti
da fuori, come la prima Colonna mobile del comando di Roma».
Il capitano Felice Serra nel 1966 era
il comandante dei Vigili urbani.
Una delle foto simbolo dell'alluvione del 4 novembre lo ritrae su una
barchetta fluttuante nella città lago,
mentre porta il cibo agli alluvionati.
Tutto il personale il 3 novembre era
andato a casa con l'ordine di tenersi
pronto ad accorrere alla prima chiamata. Si temeva che l'Ombrone
esondasse.
«La mattina del 4 novembre fui svegliato dal vice brigadiere Pierotti in
servizio notturno al comando di
piazza La Marmora. Aveva telefonato il sindaco per una riunione d'urgenza in Comune. Allora - ricorda
Felice Serra - detti l'ordine di radunare tutto il personale. Bisognava
bloccare immediatamente il traffico
in direzione dell'Ombrone». Erano
da poco passate le 7. Pattuglie di motociclisti si distribuirono per la città
sonnacchiosa in un giorno allora festivo, ignara dell'imminente tragedia. Quando il fiume cominciò a
D 11 SAS1`R(2 Piazza del Mercato sembrava un lago. Questa parte
della città fu tra le zone più colpite dall 'alluvione di cinquanta anni fa
esondare, l'automobile della polizia
urbana azionò la sirena girando per
la zona sud della città a dare l'allarme. Acqua e fango sommergevano
tutto rendendo il paesaggio uniforme. Nelle case più vicine al punto di
rottura degli argini, tra la Rampa di
Grancia e l'Aurelia nei pressi del motel Agip, l'acqua salì velocemente lasciando poco tempo per mettere in
salvo gli oggetti più cari. I primi piani delle abitazioni vennero invasi fino al soffitto. E si cercò rifugio negli
Lo strappo déZ fiurne
ALLE 77. 55 il fiume strappò
davanti al motel Agip, prima
in un punto, poi nell'altro
qualche minuto dopo. Una
valanga d'acqua si abbattè
sulla città.
R àni í7 ,
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I N UN ARTICOLO de La
Nazione il 20 novembre del
1966, le azioni portate avanti
dal comandante vennero
definite «Serra-Sos»,
sottolineando le sue capacità
Alluvioni in Toscana
appartamenti di sopra. Alle 8 l'acqua era già in piazza La Marmora e
per poco non bloccava in viale Sonnino il vigile Alvo Bernardini rimasto sul posto fino all'ultimo per sbarrare il traffico. Intanto Serra era andato in Municipio alla riunione urgente, dopo aver dato delle disposizioni. Con il meccanico Ilario Chessa, il capitano Serra mise in acqua
un fuoribordo cercando di portare
soccorso a un'automobile rimasta
bloccata in viale Sonnino.
«L'acqua intanto aveva cominciato
a mugghiare, a venire a forte velocità, e il piccolo fuoribordo non era governabile. Impossibile avventurarsi
nei gorghi, non c'erano mezzi adatti. Il livello dell'acqua cresceva e a
mezzogiorno aveva raggiunto i 4 metri nella zona di viale Ximenes, via
Granisci, via Guerrazzi. Si alzarono
in volo gli elicotteri dell'Aeronautica militare per soccorrere le persone, soprattutto nelle campagne, ri-
Con una piccola barca
riuscì a portare viveri
a motti cittadini isolati
maste isolate e salite sui tetti per
sfuggire all'annegamento. Guidai le
macchine dei vigili urbani all'aeroporto per portare a Grosseto uomini, donne e bambini che gli elicotteri salvavano. Furono trasportate 110
persone».
La mattina del 5 novembre, Serra
trovò una lancia abbandonata e con
un equipaggio di coraggiosi occupò
la barchetta portandola in tutta la zona sud della città, carica di pane, latte, acqua; ristorando centinaia e centinaia di persone.
Irene Blundo
Pagina 71
SETTIMANA RICCA DI EVENTI ORGANIZZATI DAL «GRUPPO GALLI SILVESTRO»
I butteri rendono omaggio a Santi Quadalti
Incontri con gli studenti e proiezioni di video
UNA SETTIMANA di iniziative a
Braccagni, promosse dal Gruppo di tradizioni popolari Galli Silvestro, per ricordare
i tragici avvenimenti del 4 novembre del
1966: la «piena» dell'Ombrone che invase Grosseto e non solo; anche gli altri torrenti comprimari si dettero da fare per
inondare tutto il comprensorio della pianura mare
na. Dopo l'appuntamento di domenica scorsa con l'inaugurazione della mostra con scatti dell'epoca di fotografi amatoriali e l'intervento di vari testimoni (Claudia Milani, la bambina della foto sulla copertina del libro di Pilade
Rotella e Luciano Bianciardi «Grosseto,
un'alluvione per la povera gente»; l'ex comandante dei vigili urbani, Felice Serra,
con altri vigili urbani che parteciparono
attivamente alle operazioni di soccorso),
il prossimo appuntamento è fissato per
oggi. Un ricordo particolare, da parte di
chi lo ha conosciuto, sarà dedicato alla figura di Santi Quadalti, il buttero degli
Acquisti, unica vittima dell'alluvione del
1966 in Maremma. Oggi, dalle 8.30 alle
11, gli alunni della scuola elementare visi-
teranno la mostra fotografica sull'alluvione al centro sociale «Gli Anta». Dalle 11
alle 12 i butteri del Marruchetone, in memoria di Santi Quadalti, incontreranno
gli alunni della scuola elementare di
Braccagni. «Inoltre domenica, dalle 17 al-
Parleranno i vigili del fuoco
che parteciparono alle operazioni
salvando anche una donna incinta
le 20, si terrà l'incontro - spiega Vladimiro Capecchi del Gruppo Galli Silvestro con i curatori del gruppo Facebook Grosseto, la piena del 1966, Massimo Ciani e
Giampaolo Ciurli, che leggeranno i contributi rilasciati nei post con i ricordi, le
esperienze, le paure di quelli che vissero
quell'esperienza in prima persona. Ci saranno i vigili del fuoco Guido Caciagli e
Franco De Angelis, che in quei giorni
operarono senza tregua (furono effettua-
te operazioni di soccorso anche nelle
campagne di Braccagni, in particolare
Barbaruta); Corrado Barontini, Marco
Renzetti, Mario Cini, Umberto Spallone
e altri. E' gradita la presenza e l'eventuale
intervento testimoniale di tutti coloro
che avessero qualcosa da ricordare e raccontare sulla piena che colpì, in minima
parte, anche l'area di Braccagni. Durante
gli incontri, nei locali degli Anta scorreranno su uno schermo immagini e filmati sull'alluvione».
«Nella notte del 3 novembre, il primo intervento della mia squadra, guidata da
Luigi Venturini, fu al mulino di Roselle.
Poi - ricorda il vigile del fuoco Guido Caciagli - aiutammo una donna incinta rimasta bloccata a Braccagni e che doveva
essere portata all'ospedale per partorire.
Andavamo peri poderi, l'acqua saliva piano piano. Liberavamo gli animali legati.
Alle 4 di mattina ci offrì un caffè il dottore della farmacia di Braccagni. Poche ore
dopo il fiume ruppe gli argini. E per noi
iniziò un periodo di lavoro senza sosta alcuna».
Fe 17' Uno dei tanti negozi devastati da acqua
e fango che l'esondazione dell'Ombrone fece
arrivare nelle strade cittadine il 4 novembre 1966
Alluvioni in Toscana
Pagina 72
Cí1e
regala le foto
ogni marte&
e giovedì
OLTRE alle testimonianze,
rimangono le immagini della
piena del 4 novembre del
1966, che raffigurano la
disperazione della gente, la
città e le campagne devastate,
e poi i lavori per il ritorno
alla normalità. Fino all'8
dicembre i nostri lettori
riceveranno in regalo in
edicola, in abbinamento con
il quotidiano La Nazione,
dodici straordinarie
fotografie dell'epoca e il
contenitore per raccogliere
questa nuova, emozionante
collezione che racconta la
Maremma. Le foto, molte
delle quali inedite, saranno
distribuite gratuitamente
ogni martedì e ogni giovedì e
provengono da due archivi
importanti: l'Archivio
Fratelli Gori e l'Archivio
Giacomo Aprili. Da entrambi
gli archivi, quindi, un
contributo fondamentale per
portare in edicola questo
nuovo progetto che è stato
poi possibile realizzare grazie
all'aiuto di Acquedotto del
Fiora, Consorzio Bonifica 6
Toscana Sud, Comune di
Grosseto e Assicurazioni
Generali (Agenzia di
Maurizio Marraccini).
Alluvioni in Toscana
Pagina 73
PER IL LAVORO SVOLTO DURANTE I GIORNI
DELL'ALLUVIONE IL «4° STORMO»
E' STATO INSIGNITO DEL «GRIFONE D'ORO»
FELICE CALDORA ERA MOTORISTA DI BORDO
SUGLI ELICOTTERI CONI QUALI I MILITARI
RIUSCIRONO A RECUPERARE MOLTE PERSONE
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Caldora era sul velivolo dell 'Aeronautica militare
LA SALVEZZA arrivò anche
dal cielo con gli elicotteri dell'Aeronautica militare. Nell'equipaggio che partecipò ai soccorsi c'era
il giovane sottufficiale Felice Caldora, motorista di bordo.
«Appena alzati in volo, ci rendemmo subito conto della gravità della situazione. Aiutammo soprattutto le persone rimaste isolate in
campagna, che erano salite sui tetti. Da lî le prendevamo - racconta
Felice Caldora, poi diventato maresciallo - e trasportavamo al sicuro, sulla terra asciutta, alla base
militare». Anche la piccola Claudia Milani, raffigurata nella copertina del libro a cura di Luciano
Bianciardi e Pilade Rotella, con la
sua famiglia venne salvata dagli
uomini dell'Aeronautica militare. I140 Stormo, proprio per l'aiuto portato alla popolazione durante l'alluvione del 1966, ricevette il
Grifone d'oro, massimo riconoscimento della città di Grosseto. Nella motivazione si legge: «Per il lustro arrecato costantemente alla
vita cittadina e, in modo particolare, per l'abnegazione dimostrata
nelle tragiche circostante dell'alluvione». Il 40 Stormo, attualmente
comandato dal colonnello Marco
Lant, è tra i reparti più anziani
dell'Aeronautica militare: i due
gruppi e alcune sue squadriglie ri-
Alluvioni in Toscana
salgono alla prima guerra mondiale. Allo stesso tempo è anche tra i
più moderni e tecnologici avendo
ricevuto per primo in Italia, nel
2004, il velivolo Eurofighter, con
cui assicura il controllo e la sorveglianza dello spazio aereo per la
difesa del nostro Paese, 365 giorni
all'anno, 24 ore su 24. Lo Stormo,
che ha trovato la sua base stabile a
Grosseto nel 1962, in passato si è
avvalso anche della 604a Squadriglia Collegamenti nei ruoli Sear-
« Quando ci alza mmo in volo
ci rendemmo subito conto
della gravità della situazione»
ch and Rescue, eliambulanza e
protezione civile. Squadriglia che
portò la salvezza dal cielo nel `66.
L'ottantunenne Felice Caldora
oggi pomeriggio al teatro degli Industri, nel corso del convengo organizzato dal Rotary Club e dalla
Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», riceverà il riconoscimento «Paul Harris Fellow» proprio per il suo intervento durante
quei drammatici giorni. Il convegno in teatro prenderà il via alle
15. Saranno presenti il sindaco
Antonfranesco Vivarelli Colonna, il presidente del Rotary Club,
Luigi Mansi; il presidente del
Consorzio di Bonifica 6 Toscana
Sud, Fabio Bellacchi, e altri ospiti.
Irene Blundo
IMPEGNO Felice Caldora mentre prepara l'elicottero prima del decollo
Pagina 74
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XŸco Li 12 a1/ro
10 al teatro
DOMANI
degli Industri comincerà la
seconda sessione del
convegno «Alluvione e
bonifiche nell ' area Sud della
Toscana».
APRE oggi alle 16 la mostra
organizzata dal Comune di
Castiglione. Il curatore
dell'evento, Luigi
Carotenuto, presenterà
l'iniziativa con 52 foto inedite
Mus i ca
« Spaz i o
72 »
A SPAZIO 72, in via Ugo
Bassi, martedì alle 21 si
terrà lo spettacolo
«L'Ombrone in musica», a
cura dell'Archivio delle
Tradizioni popolari.
Alluvioni in Toscana
Pagina 75
A ffie l arte
per ncordare
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GLI STUDENTI del Liceo Artistico
del Polo Bianciardi hanno dato il loro
contributo alla memoria. Nello spazio
espositivo della Galleria Eventi, insieme
ai propri insegnanti, hanno progettato degli interventi installativi per ricordare il
50°anniversario dell'alluvione. Partendo
dallo studio delle fonti, con ricerche di
immagini, racconti, notizie dirette ricevute da chi visse in prima persona l'alluvione che colpì la città, gli studenti hanno
lavorato durante l'arco di una settimana
all'interno dello spazio e, grazie alla propria sensibilità creativa, hanno realizzato
opere puntando su interventi che hanno
esaltato la forza dei colori e delle forme,
le immagini che interagiscono tra loro in
un dialogo comunicativo che coinvolge
l'osservatore, parte integrante dell'opera.
Infatti una delle caratteristiche principali
per definire un'opera d'arte installativa è
il fatto che essa abbia come soggetto principale il fruitore. Le classi 3A, 4B e SA indirizzo Arti Figurative, coordinate dai docenti Cuomo, De Felice, Govi, hanno realizzato opere con tecniche e materiali diversi, sia di tipo più tradizionale che alternativo.
Alluvioni in Toscana
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VERRÀ INAUGURATA oggi alle 18 al Polo espositivo culturale delle Clarisse, in via Vinzaglio, la mostra fotografica
«L'alluvione del 1966», alla presenza del presidente del consiglio comunale, Claudio Pacella, e del direttore del museo archeologico, Mariagrazia Celuzza. L'esposizione è organizzata
dall'Agenzia fotografica «BF»
insieme al Comune.
La mostra, a ingresso gratuito,
è composta da alcune delle immagini più significative tratte
dal libro fotografico «L'alluvione del `66» realizzato dall'Agenzia «BF».
Immagini che ritraggono i
drammatici momenti della città invasa da un mare di acqua e
fango che tutto travolge e distrugge. Tante le foto che hanno reso immortali anche i momenti in cui, dopo il disastro,
.
le acque, ormai calme, si ritiravano e lasciavano strade, case,
negozi e vite di tante persone
segnate.
GRAZIE alla mostra è possibile ammirare il lavoro instancabile di tanti: vigili del fuoco,
agenti della polizia municipale, volontari che cercarono di riportare la città alla normalità,
riservando uno sguardo attento a tutti quei cittadini che in
quella tragedia avevano perso
tutto.
Sono presenti gli elicotteri del
4° Stormo dell'Aeronautica militare, l'Esercito con la brigata
«Centauro» e i tanti accorsi in
aiuto di chi già stava lottando
con il fango, anche nelle vicine
campagne.
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dalfango
Taglio del nastro alle 18
L'esposizione resterà
visitabile fino a dicembre
Figurano pure immagini dedicate alla visita di Aldo Moro,
l'allora presidente del Consiglio, che portò il conforto di un
intero Paese . La mostra potrà
essere visitata fino a dicembre,
il martedì e il giovedì dalle 9 alle 19; mercoledì, venerdì e sabato dalle 14 alle 19. Domenica e
lunedì chiuso.
SI SCORGE una città ferita
anche nel commercio, con tante attività danneggiate, ma comunque pronte a ricominciare.
Alluvioni in Toscana
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ACCOLTE LE RICHIESTE DEL CIRCOLO MAREMMANO E DEL LA FON DAZIONE ROTARIANA
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POSTE Italiane sarà presente oggi a Grosseto
con due annulli speciali in occasione delle iniziative riguardanti il 50° anniversario dell'alluvione del 1966 e il convegno «Alluvione e bonifiche nell'area Sud della Toscana». Gli annulli, ovale e quadrato, sono stati richiesti dal
Circolo filatelico cartofilo maremmano e riportano al centro l'uno la scritta Ombrone
1966, 50° dell'alluvione e l'inaugurazione della mostra fotografica e filatelica; l'altro richiama la Fondazione rotariana Carlo Zoppi, men-
Alluvioni in Toscana
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unicio agl ine[uStn
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tre la legenda esterna richiama al convegno
«Alluvione e bonifiche nel Sud Toscana».
Gli annulli filatelici saranno disponibili per
tutti coloro che lo desiderano, dalle 15 alle 19
nello spazio allestito al teatro degli Industri.
Si conferma ancora una volta 1 importanza
della filatelia come strumento di divulgazione
e valorizzazione del territorio. Il piastrino filatelico sarà conservato per 60 giorni alle Poste
in piazza Rosselli e poi andrà al museo storico
al ministero dello Sviluppo economico delle
Comunicazioni a Roma.
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L'ALLUVIONE DEL NOVEMBRE DI DUE ANNI FA CAUSÒ
PESANTISSIMI DANNI ALLE AZIENDE E A MARINA DI
CARRARA: OLTRE CENTO I MILIONI DI DANNI
REGISTRATI PER LA CATASTROFE DEL CARRIONE
«Il Carrione: ieri, oggi e
brus dï riflessione dei
Giorna ta intensa quella
A DUE ANNI dall'alluvione che
mise in ginocchio il nostro territorio i Grillini propongono una
giornata di riflessione. Sabato dai
monti al mare si parlerà del dissesto idrogeologico.
Il Movimento 5 Stelle non dimentica e sabato ha organizzato una
giornata per ricordare: «Il Carrione: due anni dopo» è il titolo
dell'iniziativa che si svolgerà in
¿4JAST4'á
1 vigili dei fuoco sul
luogo dove è
avvenuto il crollo
dell'argine che ha
devastato Marina
Alluvioni in Toscana
l
mani»
domaní: mostra, vídelo e ci
tre distinti momenti. Alle 10
all'Autorità portuale sarà allestita
una mostra multimediale: «Il Carrione: ieri, oggi e domani» che attraverso una serie di video ripercorrerà la storia del torrente, le
più recenti criticità e le sue prospettive future. Alle 14 si svolgerà
una visita guidata lungo il bacino
di Tarano del Carrione, uno dei
punti più critici e oggetto dello
1
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studio idraulico di Giovanni Seminara. Il ritrovo alle 13.45 in viale Potrignano, di fronte alle scuole elementari. Alle 17 incontro
all'Autorità Portuale sul tema «Il
Carrione due anni dopo: rischi e
soluzioni», dove si entrerà nei dettagli del Masterplan di Seminara.
Nel corso della conferenza nell'ottica di un confronto aperto, sono
stati invitati cinque relatori che
esprimeranno tesi non necessariamente riferibili al MSS: Michele
Santini (ingegnere idraulico), Alberto
Grossi
(ambientalista
dell'anno 2015), Marcello Palagi
(giornalista), Giorgio Pizziolo
(professore universitario), Paola
Antonioli (Legambiente Carrara). Interverranno inoltre i due
portavoce del MSS, rispettivamente in Senato e in Consiglio regionale: Laura Bottici e Giacomo
Giannarelli.
«A CARRARA, più che in altri
territori - dicono dal M5 S - l'attività dell'uomo ha profondamente alterato la funzionalità del principale bacino di scorrimento delle
acque dal monte al mare. Per questi motivi il focus della giornata
- spiegano - sarà centrato sullo
studio Seminare, commissionato
dalla Regione Toscana, e in particolare sulle considerazioni conclusive riferite a una gestione sostenibile delle attività al monte e della
loro ulteriore non procrastinabilità. Tutta la cittadinanza è invitata
a partecipare».
Pagina 79
novembre ' 66
ricordato
alconvegno
su Franco Zagarí
CON IL RICORDO dell'alluvione del 1966 si chiuderà
oggi al Bastione Sangallo il
ciclo di conferenze su «città
e bellezza» organizzato in occasione della mostra la mostra di Franco Zagari. A partire dalle 15 ci saranno gli interventi del sindaco Marco
Filippeschi in occasione del
cinquantenario dell'alluvione e la testimonianza dell'architetto Franco Zagari, angelo del fango . Seguirà il seminario « L'intervento pubblico. Politiche, indirizzi strategie per il progetto di paesaggio». Alla conclusione del
convegno parteciperanno il
rettore dell'Università di Pisa Paolo Mancarella, i professori Marco Giorgio Bevilacqua, e Franco Purini, il rettore dello Iuav Alberto Ferlenga, il sociologo Alberto
Abruzzese, l'architetto Fabio Di Carlo, docente
dell'Università della Sapienza di Roma, l'architetto Alfonso Femia e le voci "fuori
campo" di Jean- Louis Fulcrand, amico e partner di Zagari ed Elias Torres, architetto di formazione catalana.
«Pisa - dicono gli architetti
Massimo Del Seppia e Silvia
Lucchesini dell'associazione
Lp - oggi ha una grande occasione di crescita culturale
sui temi del paesaggio urbano: può far tesoro di queste
esperienze e, in particolare,
può adottare il sistema del
Alluvioni in Toscana
Pagina 80
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Arca Azzurra teatro
L'ALLUVIONE del '66
secondo Arca Azzurra
Teatro con Il nuovo
spettacolo di Francesco
N iccolini «Il filo dell'acqua»
Debutto in prima nazionale
domani e domenica al
Teatro Verdi.
Alluvioni in Toscana
Pagina 81
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Alluvioni in Toscana
Pagina 82
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«L'ARNO straripa» è il titolo della mostra che oggi sarà
inaugurata nella sede de La Nazione a Firenze dal
presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La
mostra resterà aperta sino al 19 novembre
1
«Quel soldato
prese collo
e mi salvò dell'o da dell
zi
ci i si è'
riconosciuta
di CLAUDIO LAUDANNA
«LE PARATIE sul lungarno non
reggevano più e un fiume d'acqua
e fango scendeva veloce per corso
Italia. I miei genitori avevano le
mani occupate da pacchi e valige
e stavano cercando una strada per
allontanarci il prima possibile
quando un giovane soldato mi ha
sollevato di peso e ha cominciato
a correre verso la stazione». Sono
passati 50 anni da quando l'Arno
inondò tutta la città, ma nei ricordi di Patrizia Pacini certe immagini sono impresse a fuoco vivo come se risalissero a pochi giorni fa.
«Eravamo arrivati in treno
da M ilano e doveva mo
andare dai m iei nonni»
Nel 1966 aveva solo due anni e
l'immagine di lei bambina in
braccio a un giovane militare immerso nell'acqua fino alle ginocchia fu catturata dal fotografo Luciano Frassi e ora viene riproposta da La Nazione (uscirà giovedì
10 novembre) come una delle dodici stampe allegate al quotidiano
in edicola per ricordare quelle terribili giornate.
«VEDERE quella fotografia per
me è stata un'emozione forte - racconta Patrizia Pacini -, all'epoca
ero molto piccola, ma quegli attimi me li ricordo ancora molto bene. Non ho mai saputo come si
chiamasse il soldato che mi portò
Alluvioni in Toscana
foto r ssi: «Avevo due annì»
in salvo, ma ho sempre desiderato
incontrarlo di nuovo per ringraziarlo».
Patrizia Pacini oggi fa la fioraia,
ha un negozio in via Sant'Agostino, nel quartiere di San Giusto, e
non ha difficoltà a riandare indietro nel tempo a quando la furia
dell'Arno ha rischiato di travolgerla. «All'epoca - racconta - con
i miei genitori abitavamo a Milano, quel giorno di novembre eravamo appena arrivati in treno e
stavamo andando con pacchi e valige dai miei nonni che vivevano
in via delle Belle Donne. Quando
siamo arrivati all'altezza della
chiesa del Carmine ci hanno fermato e ci hanno detto di tornare
indietro perché l'Arno stava tracimando. Ricordo ancora - prosegue - i miei genitori che cercavano di capire cosa fare quando questo soldato molto giovane mi prese in braccio e cominciò a correre
tra l'acqua e il fango. Mi mise a
terra che ormai eravamo di nuovo
in stazione. Quel giorno alla fine
andammo dagli altri miei nonni
in via Sant'Agostino dove aspettammo che la situazione si normalizzasse. Quei momenti però me li
ricordo ancora, nonostante fossi
solo una bambina il rumore
dell'acqua che arrivava mi è sempre rimasto impresso».
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C-,/ALFA"
Alluvioni in Toscana
Patrizia Pacini immortalata da Luciano Frassi 50 anni fa mentre viene portata in salvo
Pagina 84
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Si PARTE DA BOCCADERA
ssl sul fiume" per ' C 1
Un gíomo 1 letture, filin e dìbattítí
NEL PRIMO pomeriggio di 50
anni fa l'acqua dell'Era invase la
città spaccando l'argine dalla
Montagnola. E oggi alle 15, praticamente nello stesso momento, i
pontederesi ricorderanno l'alluvione partendo proprio dai loro
fiumi e con prima tappa a Boccadera dove l'Arno superò le spallette, per poi toccare altre tappe cittadine fino a notte. Il pomeriggio di
questo venerdì, il calendario del
2016 ha voluto proprio un venerdì come 50 anni fa, prende il via
con un raduno in Piazza Cavour
la "Due passi sul fiume", una passeggiata con letture inedite dal libro di Mario Marianelli e con le
guide Michele Quirici e Mario
Mannucci. Alle 17 nella sala del
consiglio comunale la commemo-
Alluvioni in Toscana
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razione sarà presieduta dal sindaco Simone Millozzi e vedrà la partecipazione dell'assessore alla cultura Liviana Canovai, asessore alla protezione civile Matteo Franconi, Giacomo Maccheroni, sindaco durante quei tragici eventi, e
rappresentanti delle associazioni
di volontariato. Seguirà alle 18 in
saletta Carpi di via Valtriani la
presentazione del volume "Dalla
spalletta dell'Arno si racconta.
Canti, bettole, fiume e l'alluvione
del '66 a Pontedera di Mario Marianelli", edito da Tagete edizioni
con il contributo di Unicoop Firenze. Nelle sue pagine si racconta la Pontedera tra le due guerre:
strade, vicoli, negozi si animano
di personaggi e a poco a poco il lettore comincia a sentire i rumori e
S CCC
SI A Pontedera
gli odori della Pontedera che fu.
La serata si concluderà al centro
Poliedro con un buffet e alle 21 la
proiezione del film "Arno 2016".
Un pomeriggio intero, gratuito e
organizzazione dal Comune e Tagete Edizioni.
Mario Mannuccí
Pagina 85
SANTA MARIA A MONTE E CASTELFRANCO
Spettacolo teatrale dove l'Amo
' diventano
foto
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«ARNO d'oro» è il titolo della rassegna di iniziative per il cinquantesimo anniversario dell'alluvione a
Santa Maria a Monte dove l'Arno
ruppe il 4 novembre del 1966. Era
il tardo pomeriggio. E sull'argine ricostruito - circa 250 metri di cemento ora ricoperto da terra e erba
- Franco Di Corcia jr e gli attori
della compagnia «I Pensieri di Bo'»
allestiranno uno spettacolo teatrale. L'appuntamento è per domani,
sabato 5, alle 16,30.
LO SPETTACOLO rientra nel
programma delle manifestazioni
per il mezzo secolo dall'alluvione
che comprende anche mostre, incontri, presentazioni di libri tra oggi, domani e domenica quando, alle 16,30, il vescovo di San Miniato,
Alluvioni in Toscana
monsignor Andrea Migliavacca, celebrerà una messa in suffragio alle
16,30 nella chiesa di San Donato, la
frazione di Santa Maria a Monte
più danneggiata dall'alluvione insieme a Ponticelli. Santa Maria a
Monte è stato l'unico comune a pagare con la morte di quattro persone, un'intera famiglia che abitava
in una casa colonica in golena dove
l'Arno ruppe l'argine.
A CASTELFRANCO, invece,
l'allusione verrà ricordato con una
mostra fotografica itinerante nel
centro storico. Una quarantina di
gigantografie attaccate alle vetrine
dei fondi sfitti a cura del Comitato
del Palio con presentazione all'Oratorio San Severo.
g.n.
Pagina 86
CONTINUA IL NOSTRO VIAGGIO NEI RACCONTI
SULLA TRAGEDIA DEL 1966. OGGI 4 NOVEMBRE
L'ANNIVERSARIO DI UN EVENTO INDELEBILE
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GOFFREDO
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e la vera poAtica»
E' STATO il primo pratese a ricevere il Fiorino d'oro della città di
Firenze e qualche anno dopo la
sua morte avvenuta nel 1997, nella natia Tavola gli è stata intitolata una strada, proprio alla congiunzione con quella via Giulio
Braga che nell'alluvione del 1966
fu la più colpita. torio Borchi, classe 1925, consigliere comunale, uomo di spicco della Democrazia
Cristiana, nei giorni dell'alluvione assieme all'assessore Mario Dine si occupò della situazione
d'emergenza a Tavola. E fece anche di più. Grazie al suo ufficio
import-export di materie tessili,
in stretto contatto con l'Inghilterra e i Paesi scandinavi, proprio da
queste terre riuscì ad attivare una
catena di solidarietà che nel capo-
L'esponente della Dc
è stato il pri m o pratese
a ricevere il F iorino d'oro
luogo toscano e anche a Prato portò merci necessarie per andare
avanti. E altrettanto preziosi furono i suoi rapporti con gli imprenditori pratesi per dare motore alla
macchina degli interventi. «Per
questa sua capacità organizzativa,
per questa sua generosa disponibilità ad aiutare gli altri, il sindaco
Bausi di Firenze gli conferì il Fiorino d'oro». A ricordarlo è il figlio
Goffredo, ex vicesindaco nella
giunta Cenni. «Avevo 15 anni, ma
quelle giornate sono state la mia
prima lezione di vita politica. Vidi avversari di schieramenti diversi, con grande reciproco rispetto e
comunione d'intenti, lavorare assieme, notte e giorno. Nella nostra abitazione acqua ne era arrivata poca e defluì in fretta. Il salone
Alluvioni in Toscana
®
al piano terra diventò un primo
centro di riferimento per le merci
che arrivavano e dovevano essere
smistate. Un viavai continuo. Tutti insieme a rimboccarsi le maniche, fare quello che c'era da fare
per aiutare e sostenere». Il padre,
dopo qualche giorno dalla piena
dell'Ombrone lo portò sull'argine
del fiume e alle Cascine di Tavola. «Vidi una grande quantità di
mucche accatastate l'una sull'altra, con le pance gonfie, annegate.
E' un'immagine rimasta forte e
chiara nel tempo. Così come rammento, nella notte più difficile,
quella tra il 4 e il 5 novembre, il
rumore degli spari. La gente si
era messa in salvo sui tetti e sparando in aria dai fucili da caccia,
richiamava l'attenzione dei soccorritori che si muovevano
nell'oscurità. Era per la paura di
non essere visti, di non essere portati in salvo».
GOFFREDO Borchi era un ragazzino che assieme ad altri coetanei aveva formato il complessino
beat «I Robots». Con la tastiera
elettronica cantava e suonava Beatles e Rolling Stones. L'acqua distrusse gli strumenti e soltanto
con l'aiuto economico dei genitori riuscirono a ricostituire il gruppo musicale. «Soffrimmo tanto
per quella perdita, ma la mia tristezza era poca cosa difronte alla
sofferenza di tanta gente. Fu lì
che mi allenai all'ascolto degli altri, imparai davvero il significato
della parola solidarietà». Un impegno condiviso senza steccati, per
il bene della comunità. «Nel disastro più vicini e responsabili - ribadisce Borchi - un aiutarsi frenetico e silenzioso che deve restare
memoria collettiva e insegnamento».
Marilena Chiti
Pagina 87
A sinistra Jorio Borchi su una barchetta
attraversa le strade di Tavola sommerse
dall'acqua. In alto, alcuni aiuti portati
dai soccorsi sempre nella frazione di Tavola
Alluvioni in Toscana
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OS( RA INTERATTIVA O RGANIZZATA
ELL'ta.UDITVRILIM ATTILI0 MONTI'
La voce del giomale scosse l'italia intera
ffi- FIRENZE
IL TITOLO è significativo: «L'Arno straripa a Firenze». E' lo stesso
con la quale il giornale uscì quella
mattina del 4 novembre del 1966.
Sì, La Nazione, unico giornale in
Italia, seppe infatti raccontare per
prima ai suoi lettori cosa l'Arno
stesse combinando alla città. Una
cronaca dei fatti puntuale e esaustiva, quasi in tempo reale, che
continuò nei giorni seguenti,
quando il giornale non mancò
mai l'appuntamento nelle edicole
nonostante l'acqua e il fango avessero devastato la sua sede, bloccandone l'enorme rotativa inaugurata solo poche settimane prima.
Tutto ciò è documentato nella
mostra
dall'omonimo
titolo,
«L'Arno straripa a Firenze» ap-
punto, realizzata nel nostro auditorium di via Paolieri a Firenze,
che il presiedente Mattarella inaugurerà oggi e che da domani sarà
aperta a tutti coloro che volessero
conoscere come La Nazione raccontò la vicenda Alluvione.
In esposizione ci saranno infatti
le pagine dell'epoca insieme a foto inedite tratte dal nostro archivio e altre inviateci dai nostri lettori. Non solo. Nel percorso espositivo sarà mostrato anche il filmcapolavoro che Zeffirelli girò
nell'immediatezza dei fatti, e un
documentario realizzato dal nostro giornale nel quale tipografi e
giornalisti dell'epoca raccontano
di quei giorni vissuti dentro La
Nazione.
La mostra è aperta tutti i giorni
tranne la domenica dalle 9,30 alle
13,30 e dalle 15 alle 18.
TESTH,I 'ií2°1I1A
Uno scorcio della mostra `L'Arno straripa a
Firenze' allestita nell'auditorium Monti de La Nazione : oggi viene
inagurata dal presidente Mattarella , da domani sarà aperta al pubblico
Alluvioni in Toscana
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Pisa, c
' it ponte
Ma per i
m iracotata
i
invasa i prirna
Ventirnita
riingoiati datt'acqua
L'Arno, la notte del 4 novembre , provocò ingenti
danni anche alla città di Pisa con il crollo dello
storico ponte Solferino , ricostruito anni dopo.
Pisa si poté comunque considerare " miracolata"
A GROSSETO l'acqua invase la città e si fermò
dopo aver allagato 20mita ettari di Maremma.
Danni incalcolabili e una vittima: il buttero Santi
Quadalti che voleva salvare la mandria
sgraziata, ferita ancora aperta
e caDolavor in attesa dï restauro
L,a lunga banaglia
le offese deila melma e i
più o meno restituiti alle loro meraviglie. Oggi, simbolo di questa redenzione, è proprio la tavola del Vasari che sarà ricollocata nel Cenacolo di Santa Croce alla presenza del
presidente Mattarella.
FIRENZE
DIPINTI illustri, sculture monumentali, arazzi preziosi. Santi, cristi e madonne. Nessuno si salvò dalla furia dell'Arno. Chiese, chiostri,
palazzi, tabernacoli e cappelle. Ritirata l'acqua restò il fango, spietato.
E le benzine, i gasoli e le nafte, che
cominciarono a mangiare colori,
scorticare i legni, macchiare i marmi. Per non dire di tutto ciò che
era cartaceo, come i codici miniati,
e che iniziò a diventare poltiglia.
L'alluvione del '66 è storia di disastro artistico, ma anche di rinascita, invenzione e progresso. La beffa
fu tale che a finire sott'acqua fu persino il gabinetto di restauro degli
Uffizi, aperto nel 1932 da Ugo Procacci accanto alle ex Poste Reali. In
poche ore, distrutto. E allora via alla Fortezza da Basso, dove all'improvviso nasceva il nuovo Opificio
delle pietre dure, il mega ospedale
delle opere d'arte, dove accorsero
"luminari" da tutto il mondo.
LA LISTA delle opere danneggiate
era inaffrontabile. Ma in quello
straziante spettacolo spiccavano i
dipinti della basilica di Santa Croce, inondata da metri d'acqua. Primo fra tutti lui, il Crocifisso di Cimabue. E poi la tavola con l'Ultima
Cena di Giorgio Vasari, le straordinarie pale del Bronzino con "Cristo al limbo" e di Francesco Salviati con la "Deposizione dalla Croce". E ancora l'altra Deposizione di
Alessandro Allori, la Croce dipinta
di Lippo di Benivieni, artista della
metà del Trecento, vicino a Giotto.
C'è voluto quasi mezzo secolo, ma
tutti questi capolavori sono stati
Alluvioni in Toscana
"VITTIME" blasonate in attesa di
restauro ne sono rimaste poche.
Ma quello che ancora resta da fare
è togliere dal fango, qualche volta
in maniera letterale, un immenso
patrimonio di piccole e grandi cose, tasselli fondamentali alla bellezza di una città e corredo indispensabile alle grandi opere: candelabri,
affreschi, altari, cornici, reliquiari.
Un inventario quasi impossibile da
Il Crocifisn Y42: C1nahue
Il Crocifisso di Cimabue
in S. Croce (dipinto tra il
1272 e il 1280) è il simbolo
delle ferite inferte a Firenze
dall'alluvione. Dopo un lungo
restauro, lo si può di nuovo
ammirare nella basilica
r ssi ` l legno
stilare. Eppure Maria Matilde Simari, responsabile dei depositi della soprintendenza fiorentina, ha affrontato l'impresa. Poco tempo fa
ha presentato il secondo volume
del censimento di tutto ciò che ancora giace nei depositi. Si parla di
ancora 1114 pezzi fra dipinti, affreschi e opere d'arte in genere, catalogati e disseminati in cinque sedi.
Nel corso degli anni, 570 oggetti sono stati restituiti ai proprietari,
mentre più di 800 sono ancora in restauro.
«I DIPINTI furono portati via subito - racconta Maria Matilde Simari
- mentre tante altre suppellettili furono spostate dal fango dopo settimane. Molti arredi lignei finirono
alle Ville Medicee di Poggio a Caiano e della Petraia. E per lo più sono
ancora lì. Negli anni sono state fatte disinfestazioni per evitare che
gli insetti xilofagi facessero ulteriori danni, ma molti oggetti sono ancora coperti di fango». Come un
enorme altare ligneo dipinto e dorato, opera di Vasari e Buontalenti,
proveniente da Santa Croce e ancora smontato nella sala della Pallacorda della Villa di Poggio. Altri
due grandi ricoveri sono alla Limonaia di Villa Corsini e al Rondò delle Carrozze di Palazzo Pitti, entrambi riservati agli affreschi e alle sinopie, ossia i disegni preparatori: «Ne
abbiamo 286 da una parte e almeno
altrettanti dall'altra - prosegue fra piccoli frammenti e brani di affresco di due metri per due metri e
mezzo come quelli di Giovanni del
Biondo di Santa Croce o quelli staccati dal chiostro della Badia Fiorentina. Molti sono ancora arrotolati,
senza il supporto. E sono i "malati"
più dolorosi da assistere, perché è
difficile trovare sponsor disposti a
finanziare i restauri. Per le grandi
opere è facile, ma per le piccole, belle ma senza nome altisonante...»
Pagina 90
torna aLLa Luce
dopo mezzo secoLo
'Due notti per Vasari' è
l'iniziativa con cui i fiorentini
si riappropriano dell'Ultima
Cena dipinta da Giorgio
Vasari . La tavola
cinquecentesca il 4
novembre 1966 era esposta
nel museo dell 'Opera di
Santa Croce e fu devastata
dalla mota . Il restauro viene
svelato oggi alle 15 alla
presenza di M attarella.
Stasera e domani dalle 20 a
mezzanotte apertura
straordinaria e gratuita del
refettorio della basilica
U
:-s, r•
. ..: : •ss:%s..,:.:
CAPOLAVORO L' Ultima Cena dei Vasari prima del lungo
e delicato restauro che ha salvato l 'opera dai disastri dei fango
P"4ST
II manifesto
della mostra de La Nazione
Alluvioni in Toscana
Pagina 91
TRA MEMOR I A E FUTURO
Zeffirelli: ïo fra gli angeli del fango
d gedia al mondo»
«Raccontai
l.a
ft
.
«Per
battezzai così i volontari. Ricordo lo choc i te
di PIERFRANCESCO
DE ROBERTIS
«HO avuto un trattamento generoso dalla vita, e la grande partenza si è allontanata. Guardo avanti
con fiducia. Allungo le mani, cammino verso il grande mare e vedo
che tutto si fa più distante e si ritira ogni giorno di più».
Il Maestro Franco Zeffirelli è l'italiano più famoso nel mondo. Il
suo Gesù di Nazareth fu visto da oltre un miliardo e mezzo di persone. Ma come quando si avvoltola
intorno al collo la sciarpa viola,
ogni 4 novembre si sente più che
altro fiorentino. «Quando viaggiavo portavo sempre nella mia valigia una foto del Cupolone. In qualsiasi camera di albergo arrivassi
lo tiravo fuori e l'appoggiavo sul
colmò». E da fiorentino ricorda
con emozione quel 4 novembre di
cinquanta anni fa. Nel giardino
della sua villa sull'Appia antica la
voce esce piano, ma i ricordi sono
nitidissima.
«Avevo appena finito di girare La
Bisbetica domata con Burton e la
Taylor, stavo montando. Ero a Roma. Al mattino presto sentii il telefono squillare».
Chi era?
«Mia sorella Fanny, da Firenze.
Quando riconobbi la voce mi prese un colpo perché il babbo, che
abitava con lei, stava male da tempo e non camminava. Era su una
seggiola a rotelle. Pensai a una disgrazia».
invece?
«Fanny mi disse che stava accadendo qualcosa di tragico in città.
Era tutto buio, ma si sentiva il
rombo dell'acqua che saliva. Abitavamo in via dell'Oriuolo, dietro
al Duomo, e lì l'alluvione fu po-
Alluvioni in Toscana
E ro a R oma. Chi am ò
m ia sorella. M ì precipitai
subito a F irenze
con mezzi di fortuna
tente».
Che cosa fece?
«Mi precipitai subito a Firenze.
Con grandissima fatica e qualche
mezzo di fortuna raggiunsi casa
dei miei, e poi feci l'unica cosa
che in quei casi fa un regista».
Cioè?
«Chiamai Ettore Bernabei e gli
chiesi una macchina fotografica e
una troupe per iniziare a girare».
Fi renze moriva e i chiese
una macchina da presa?
«Ma i registi, gli artisti sono così.
Era il mio modo per rendermi utile».
In tutto quel caos ci riuscì?
«Mi misi gli stivali e iniziai ad andare in giro per la città. Vedevo solo fango e disperazione. Mi colpiva quell'onda nera, causata dalla
nafta con la quale a quel tempo andavano i riscaldamenti. E l'odore,
terribile, di petrolio. A parole o
anche con le igini era difficile mostrarlo. Eppure fotografavo,
e filmavo. Poi chiamai Burton».
Richard urton era in Italia?
«Era ancora a Roma, perché le riprese de La Bisbetica domata erano finite da poco. C'era da fare il
zi
le»
doppiaggio, ma gli dissi di mollare tutto e di raggiungermi. Burton amava profondamente Firenze, come tutti i britannici. Venne
subito e con lui nacque l'idea del
famoso documentario prodotto
dalla Rai poi diventato celebre in
tutto il mondo».
u n nel documentario è
fanta stico. Magnetico. Parla
un italiano con accen to gallese da cineteca.
«E molto affascinante, uno sguardo che cattura e lascia senza fiato.
In questa piscina qui sull'Appia
antica conobbe Liz Taylor, qui si
sono dati il primo bacio».
Che valore ebbe quel fil m per
l'alluvione e Firenze?
«Lo girammo in pochissimi gior-
Pagina 92
ni e lo montammo subito, proprio con lo scopo di far conoscere
il dramma di una delle capitali
del mondo, e del nostro straordinario patrimonio culturale. A
quel tempo le comunicazione erano molto più lente di adesso, e per
colpire l'opinione pubblica serviva agire in fretta. Ne facemmo
due versioni, una in italiano e una
in inglese».
fu visto dovunque.
«Ci servì a racimolare molti soldi,
Chiesi una macchina
fotografica e una troupe
per cominciare a girare
Così mi sentivo utile
decine e decine di milioni di dollari. In quei casi gli americani sono molto generosi, perché già a
quel tempo certi tipi di donazioni
erano esentasse. Penso che contribuimmo in maniera decisiva a
creare quel moto di solidarietà collettiva a livello mondiale che tutti
conosciamo».
Gli angeli del fango.
«Sinceramente credo di essere stato io a usare per primo quel termi-
bersani rinuncia
att'anniversario
«Essendo un angelo
del fango m i hanno chiesto
di andare» a Firenze
per l'anniversario.
«Mi piacerebbe ma poi mi
chiedono della Leopolda...
Mi dispiace, un saluto a tutti
gli angeli, arcan g eli.
M a io ormai sono un angelo
da poco, demonizzabile...»
Alluvioni in Toscana
ne. In quel novembre nacque il
volontariato civile. Fu la prima
volta al mondo».
A distanza di anni che sensazione le ricorda l'alluvione
del '66?
«E stata un'esperienza terribile
dal punto di vista umano, ma provo un bellissimo ricordo. Perché
mi resi conto di quanto fosse amata Firenze in tutto il mondo, e perché venne fuori il vero spirito dei
fiorentini».
Polemici, litigiosi...
«Si, è vero. Purtroppo. Siamo tutto questo, ma nei momenti bui
sappiamo unirsi in difesa della nostra città. Un riflesso antico, da repubblica del Rinascimento, che
non abbiamo mai perso. Forse
perché sappiamo di essere privilegiati per il solo fatto di essere nati
qui, e questo ci dà una responsabilità ulteriore».
Maestro, adesso come passa
le sue giorna
«Incontro tante persone, tutti gli
attori di Holly Tood che passano
da Roma vengono a trovarmi.
L'altro giorno c'era Richard Gere. Questa casa è sempre piena di
gente. Lavoro. Guardo bozzetti, li
correggo, penso alla mia fondazione, quella che sto costituendo con
il comune di Firenze e alla quale
ho destinato tutto il mio immenso archivio. E ogni scusa è buona
per tornare a Firenze a vedere dal
vivo il Cupolone».
Fiorentino doc
Con Burton
L'italiano più famoso
del mondo si sente
sempre fiorentino.
«in qualunque Paese
andassi mi portavo
sempre dietro una
foto del Cupolone»
«Appena arrivato
chiamai subito
Richard Burton, che
mi raggiunse. Lui
amava moltissimo
Firenze. Da ii l'idea
di un documentario»
Pagina 93
MAESTRO
Franco
Zeffirelli coi
direttore de
La Nazione
Pierfrancesco De
Robertis
durante
l'intervista
Zeffirelli ha
compiuto
93 anni
lo scorso
febbraio
Alluvioni in Toscana
Pagina 94
Ríscoprire i Luoghí dí'Amící miei'
i
r® anche deLL'attuAone
Riscoprirei luoghi per il set di «Amici miei»:
ecco il raduno dei fan «Amici Miei - Alluvionati
dentro» domani a Firenze. L'alluvione del 1966
fu raccontata nel secondo atto della serie cult
Alluvioni in Toscana
Pagina 95
Lapide in ricordo
Vecchio
Una lapide in ricordo dell'alluvione del 1966
è stata scoperta a Palazzo Vecchio a Firenze
Così la città ringrazia gli Angeli del fango e
quanti si prodigarono allora a favore della città
Alluvioni in Toscana
Pagina 96
Prevenzione ,
ecco un manuate
Prevenzione di emergenze
per mitigare i danni
e ripristinare i servizi
pubblici, in particolare
idrici. Questo l'obiettiva
del Manuale Alluvioni»
messo a punto da Utilitalia,
la Federazione delle
imprese che si occupano di
ambiente, energia e acqua
Alluvioni in Toscana
Pagina 97
dï nei lavorï e Idi bloccati
«Così
coca a rischio»
L'espe®• {<
icompletate le opere per mettere al sicura
di PAOLA
FICHE
FIRENZE
Al FI OREN TI N I non piace ricordarlo, ma l'Arno è sempre stato
un fiume ribelle. Più o meno ogni
cento anni, da che se se ne ha notizia, ha rotto gli argini. Dal 1177 ci
sono state 180 alluvioni e per 56
volte l'intera Firenze è finita
sott'acqua. E almeno otto volte sono state distruttive. Numeri e statistiche che, fino a oggi, non sono
bastati a fare in modo che la città,
scrigno d'arte del mondo, fosse
messa in sicurezza. In cinquant'anni troppo poco è stato fatto. E, ad aggravare la situazione ci
si è messo anche il cambiamento
climatico. Le bombe d'acqua che
arrivano a sorpresa, il terreno
`consumato' da troppo asfalto e cemento che non riesce a contenere
l'acqua.
GLI ESPERTI lo ripetono da decenni. Se l'Arno tornasse a esondare la città, oggi come nel 1966,
non avrebbe scampo. L'ultimo
in ordine di tempo - a ripetere l'allarme è stato Giampiero Maracchi, climatologo di fama internazionale e presidente dell'Accademia dei Georgofili. «Entro il
2066, statistiche alla mano, l'Arno potrebbe esondare di nuovo e,
ad oggi, le opere necessarie a mettere in sicurezza Firenze, non sono state completate».
Ë un dato di fatto. Dal 1966 a oggi, colpa di leggi sulla tutela del
territorio che nessuno aveva ancora scritto, colpa di risorse finanziarie inesistenti nelle casse statali e
Alluvioni in Toscana
documentar ì o
Per le celebrazioni ufficiali
di oggi col presidente della
Repubblica, sarà presentato
in anteprima il documentario
«Firenze 66 - Dopo
l'alluvione», prodotto
da Alkermes e Sky Arte HD
e diretto dal regista
fiorentino Enrico Pacciani.
Andrea Zappia, ad Sky Italia:
«Con questa produzione Sky
riafferma il proprio impegno
per valorizzare la
conoscenza del patrimonio
culturale italiano». Il
documentario andrà in onda
domani alle 21.15 su Sky
Arte HD e verrà poi proposto
alle scuole di Firenze
e provincia
regionali e nonostante le 10lire di
accisa sulla benzina che fino al
2013 gli italiani pagavano per i
danni dell'alluvione di Firenze,
non è stato fatto gran che per mettere in sicurezza la città, i suoi abitanti e nemmeno l'inestimabile
valore artistico e storico che il
mondo ci invidia. In cinquant'anni sono stati spesi poco meno degli attuali 200milioni di euro. Negli anni Settanta è stato dato il via
alla progettazione delle casse di
espansione di Figline e dei Renai
(ancora in corso di realizzazione).
Poi c'è stato l'invaso di Bilancino
(più utile a garantire acqua ai fiorentini durante l'estate che a pro-
ci '»
teggerli dalle furie dell'Arno) e unica opera a oggi compiuta - l'abbassamento delle platee sotto il
Ponte Vecchio. Oggi la portata
dell'Arno sotto le secolari arcate è
di 3300 metri cubi al secondo contro i 25001nc del 1966. Più di allora, certo, ma è stato calcolato che
la massa d'acqua che raggiunse il
Ponte Vecchio durante l'alluvione era di almeno 4.100 mc al secondo.
DOPO annidi ritardi e inestricabili nodi legislativi, la svolta sulle
opere di prevenzione è arrivata solo nel 2011 con la legge regionale
35 che ha sbloccato finora 350 milioni di euro rimasti, è il caso di
dirlo, impantanati nella burocrazia. Per dare il via alle casse di
espansione dei Renai e di Figline
ci sono voluti due commissariamenti. Un anno fa, finalmente, la
svolta del governo che ha dirottato sulla prevenzione del rischio
idrogeologico in tutta Italia 650
milioni di euro, in una prima tranche, e altri 650 milioni a partire
dalla primavera di quest'anno (10
per la Toscana e 55 solo per Firenze). Fanno parte del piano di prevenzione quinquennale che prevede investimenti per 8 miliardi e
300 milioni di euro in tutta la penisola.
LO STRUMEN TO tecnico più efficace per fronteggiare una possibile nuova piena del fiume sono le
casse di espansione, aree dove l'acqua può riversarsi senza danni. A
Firenze ne sono state previste
quattro nei pressi di Figline e Reggello (Pizziconi, Restone, Prulli e
Leccio) e a queste si aggiunge
l'adeguamento dell'invaso di Levane. Ma sono ancora tutti lavori
in corso.
Pagina 98
FANGO
Per la Firenze
martoriata
dall'alluvione la
mobilitazione
coinvolse
autorità
politiche,
militari
e della Chiesa.
Ma anche
gli italiani
`semplici'
(specie
i giovani) si
rimboccarono
le maniche per
far rinascere
la città.
(Pressphoto)
Alluvioni in Toscana
Pagina 99
•
• ®
Invasi e d ga
Ancora mesi d atte
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*
FIRENZE
110 M ILIO NI di euro di cui
finanziati e 80 da finanziare e
suddivisi per metà fra Stato e
Regione. Sono gli impegni in
programma per un decisivo
passo avanti verso la messa
in sicurezza del bacino
dell'Arno. Nel piano ci sono
la cassa di espansione di
Pizziconi (4,5 milioni di mc
per 21 milioni di euro); la
cassa di espansione di
Restone nei pressi di Fig ° e
(5,5 milioni di mc per 15
in); le casse di espansione
di Prullí (6,5 milioni di mc
per 25 milioni) e di Leccio
(10,3 milioni di mc per 24
milioni) pronte a metà 2017.
Inoltre si prevede il rialzo
della diga di Levane dalla
quota attuale di 169 metri a
quota di 174. Il costo è
intorno a 25 milioni di euro. I
lavori di Enel potrebbero
essere ultimati a metà 2018.
Alluvioni in Toscana
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sa
Un Lungarno distrutto
dopo l'alluvione di Firenze
Pagina 100
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Blvtlle p a g ine2 ,
Alluvioni in Toscana
Pagina 101
TRA MEMOR I A E FUTURO
Firenze, l'onda che camb i ò la Storia
fango, la distruzione. La rinascita
battaglia
Nazione contro le istituzioni assenti dí,fronte al r
strade e dalle loro case (ne fece le
spese il povero Saragat, uno dei pochi che in quei giorni a Firenze comunque arrivarono: «Presidente
benvenuto, ma ci lasci lavorare», lo
liquidò l'allora direttore della Biblioteca Nazionale Casamassima).
FIRENZE
OGGI avremmo usato altre parole.
Oggi avremmo parlato di bomba
d'acqua, di fenomeni climatici innaturali, di una Natura impazzita
per i capricci dell'uomo. Allora eravamo più semplici, e anche le parole lo erano. Così quella mattina del
4 novembre di 50 anni fa, guardando l'acqua marrone e violenta
dell'Arno saltare le spallette dei lungarni e da lì ruzzolare con rabbia
dentro la città, una sola parola corse di bocca in bocca e tutti la capirono: «Alluvione».
L'ALLUVIONE di Firenze del
1966, il più grosso disastro naturale
degli ultimi 200 anni che colpì la
città e altre aree della Toscana come Grosseto, Pontedera, Empoli, il
Valdarno aretino. Una tragedia che
segnò per sempre un "prima" e un
"dopo", come accade con le insurrezioni popolari, con le guerre, con le
cose dolorose.
Perché prima che l'Arno si facesse
lago fradiciando e inumidendo per
mesi Firenze, c'era ancora l'Italia
leggera del boom economico; l'Italia dalle parole semplici e delle istituzioni lontane e inavvicinabili.
Dopo, qualcosa cambiò.
Cambiò che una città, per la prima
volta dal dopoguerra, si scopri a fischiare gli uomini di quello Stato
che, per giorni, si era dimenticato
di Firenze, sottovalutando l'impatto del disastro e lasciando i fiorentini a spalare da soli il fango dalle
Alluvioni in Toscana
CA I , il concetto degli aiuti del
dopo disastro, facendoli diventare
da spontanei che erano a organizzati (il germe della Protezione Civile
di oggi nacque lì). Cambiò, soprattutto l'idea della prossimità, della
terra in difficoltà che può essere
aiutata solo dalla sua gente.
Quando, una settimana dopo l'alluvione, i militari arrivarono finalmente con i mezzi meccanici concessi dal governo per togliere l'enorme mole di fango che imprigionava la città, questi non trovarono solo i fiorentini a spalare ma anche
centinaia di ragazzi arrivati fin qui
da tutto il mondo. «Gli angeli del
fango», come gli ribattezzò un inviato del Corriere della Sera, Giovanni Grazzini.
O : CH I EDERSI ancora oggi quale misterioso richiamo abbia smosso le coscienze dei giovani di mezzo mondo, fino a farli prendere sacco a pelo e stivali di gomma e farli
arrivare a Firenze nel fango e nel
gelo di quel novembre del 1966, resta un mistero. Ma di certo se erano
lì era perché le tv e i giornali di mezzo mondo erano andati oltre il silenzio e le renitenze della televisione italiana e di gran parte dei quotidiani nazionali, mostrando per intero il dramma di Firenze (come
seppe fare meravigliosamente anche Zeffirelli con un suo documentario passato alla storia). Quelle immagini e quegli articoli commossero quei cuori e quelle coscienze giovani, in una stagione che non era
più del «me ne frego», piuttosto
dell'«i care», «mi sta a cuore».
ECCO : DI CIO questo giornale può
andare fiero. Perché nel momento
in cui Firenze era avvolta da una
cappa di disinformazione e mïnimizzazione degli eventi (il sindaco
Bargellini fu costretto a scrivere
una lettera di fuoco all'allora direttore generale della Rai, Bernabei)
questo giornale, con coraggio, ingaggiò un vero corpo a corpo mediatico col governo allora guidato
da Aldo Moro, riuscendo alla fine a
rompere il muro di inefficienza e
disorganizzazione edificato dalle
istituzioni. E se la città seppe ripartire in un nuovo rinascimento di solidarietà e in un ritrovato fervore
economico, un po' di merito fu anche di questo giornale che, in quei
momenti drammatici, fu la voce
più limpida e autorevole dei fiorentini e dei toscani. Ricordarlo oggi, a
50 anni esatti di distanza, rende ancora più orgogliosi giornalisti, poligrafici e lettori che, tutti insieme,
fanno parte di questa grande famiglia giornalistica chiamata "La Nazione".
Pagina 102
''
4'a aLLO
4t.
Per giorni le istituzioni
sottovalutarono il disastro.
1 fiorentini dovettero spalare
da soli il fango . L'esercito
arrivò dopo una settimana
PRESI D E NTE Sergio Ma rella
in una recente visita a Firenze
1,,
L
4
i3+i n sizi i ^
E' un mistero il perché da
mezzo mondo accorsero a
Firenze. Tv e giornali esteri,
ma non la Rai , avevano
mostrato il dramma
L cela
Oggi dalle 9 alle 13 raduno
degli angeli del fango in
Palazzo Vecchio . Alle 11,30
la messa celebrata in Santa
Croce dall 'arcivescovo
Betori. Alle 20 , 30 fiaccolata
dalla basilica di San M iniato
a piazza Santa Croce
Cerinionia
Il momento più solenne
della tre giorni di iniziative
per i 50 anni dall'alluvione
e oggi alle 17, con
la cerimonia nel Salone
de'Cinquecento di Palazzo
Vecchio alla presenza
del presidente Mattarella
Alluvioni in Toscana
Pagina 103
L'EDITORIALE
di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS
UN PREMIO
AL CORAGGIO
ENVENUTO Presidente
Mattarella. A dirglielo non è
B solo un giornale ma una città
intera. Una città che 50 anni fa fu
colpita da un disastro naturale
inaspettato e violento, un disastro
che lasciò dietro di sé una scia
dolorosa di lutti (33 morti secondo le
statistiche uff ciali) e di sfregi a un
patrimonio culturale unico, senza
però piegare mai Firenze nella sua
dignità. Sì, signor Presidente, anche
le acque e le tonnellate di fango che
quel giorno l'Arno rovesciò nelle
strade magnifiche di questa città,
avvolgendo in una morsa umida e
sporca i suoi palazzi, le sue chiese e
le sue case, non riuscirono a
fiaccare l'animo di questa gente, la
mia gente, che di fronte
alt emergenza, reagì semplicemente
prendendo una pala in mano e
iniziando a scavare nel fango prima
ancora che la macchina dei
soccorsi, allora lenta e farraginosa,
si mettesse in moto. I veri "angeli
nelfango", semi è oggi consentito
dire senza fare offesa a nessuno,
furono insomma i fiorentini. Niente
di strano. Firenze è fatta così. E'
abituata da secoli a cavarsela da
sola con la forza del proprio
carattere, che solo da lontano può
sembrare ruvido ma, mi creda, è un
dono che il Cielo ha dato a questa
terra. Per questo, caro Presidente, a
Lei che ha fatto della sobrietà e
della dignità un punto di riferimento
del suo mandato, diciamo
`benvenuto"con calore. Con la sua
visita alla città, al nostro giornale e
a chi allora aiutò Firenze a uscire
dal tempo buio del dopo alluvione,
Lei viene a celebrare non
l anniversario di una catastrofe
naturale ma l'impegno con il quale
questa terra e questa gente seppero
ripartire. Lei oggi celebra il loro
coraggio e i loro sacrifici. E se
Firenze seppe ripartire in tempi
rapidi, un po'di merito nii creda è
anche di questo giornale. Del suo
editore Attilio Monti, dei suoi
giornalisti e dei suoi tipografi che
anche in quei giorni diff cilissimi,
riuscirono a non far mai mancare
l'appuntamento con le edicole,
rappresentando così il punto di
riferimento per tutti coloro che
lottavano nel fango e nel dolore,
La Nazione, voce più limpida e vera
di Firenze nei giorni dell'alluvione.
Alluvioni in Toscana
Pagina 104
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U NA PRESE NZA nel segno della
Memoria migliore. Per rievocare i
giorni tragici dell'Alluvione a 50
anni di distanza, e ricordare allo
stesso tempo cosa rappresentò "La
Nazione" per i fiorentini e per i
toscani in quella stagione
drammatica. Questo pomeriggio il
Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella verrà a trovarci
nella nostra sede fiorentina, per
inaugurare la mostra «L'Arno
straripa a Firenze», un'esposizione
realizzata nell'auditorium Attilio
Monti di via Paolieri per mostrare
come il giornale seppe raccontare
quei fatti, non mancando mai un
solo giorno dalle edicole.
Nonostante l'acqua avesse affogato
la nuovissima rotativa, un gigante
tecnologico di 84 metri di
lunghezza, il giornale riuscì
infatti lo stesso a "uscire" ,
venendo stampato a Bologna nella
sede del quotidiano confratello "Il
Resto del Carlino", dove si trasferì
Alluvioni in Toscana
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Firenze: così r cc
un gruppo di giornalisti e di
tipografi fiorentini.
A MATTARELLA, che verrà
accolto alla "Nazione" dal
presidente della Poligrafici
Editoriale, Marisa Monti Riffeser,
dall'amministratore delegato
Andrea Riffeser e dal direttore
Pier Francesco De Robertis,
verranno dunque mostrate le
prime pagine originali dell'epoca
oltre a foto inedite custodite nel
nostro archivio.
Il capo dello Stato si fermerà poi
insieme al maestro Franco
Zeffirelli, ospite del nostro
giornale, a vedere alcuni momenti
del film-capolavoro che il regista
girò sull'Alluvione, quindi
assisterà alla proiezione di un
documentario nel quale giornalisti
e tipografi di allora ricordano quei
giorni. Quello con "La Nazione"
non sarà l'unico appuntamento di
Mattarella a Firenze.
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IL CAPO dello Stato arriverà
intorno alle 15 e per prima cosa si
recherà in Santa Croce, dove si
terrà la cerimonia di
ricollocazione del restauro
dell'Ultima Cena del Vasari,
gravemente danneggiato dalla
furia dell'Arno. Quindi, dopo la
visita al nostro giornale prevista
per le 16, il presidente della
Repubblica si recherà in Palazzo
Vecchio alla cerimonia ufficiale
per il 150° anniversario
dell'Alluvione nel Salone dei
Cinquecento. Qui incontrerà le
autorità civili, religiose e militari e
una folta rappresentanza di
`Angeli del fango', ovvero di
quegli ex giovani che accorsero da
ogni parte del mondo per aiutare
la città dopo il disastro. Infine
Mattarella alle 18,30 si recherà al
Palazzo dei Congressi per
presenziare alla Global Conference
on Maternal Infant Health.
Pagina 106
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L'ingresso dell'esposizione organizzata da La Nazione
Alluvioni in Toscana
Pagina 107
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Rossi: .impegno per il futuro
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ci mettevamo in salvo l'acqua arrivò al soffitto. Riparammo dai parenti in campagna. In poche ore
tutti i ricordi dei miei furono travolti. E andò perduta anche la
Fiat 500 bianca di mio padre».
« L OVE M RE 1966 avevo sette anni, abitavo nel quartiere di
Legnaia, a Firenze, dove l'acqua
per pochi metri non arrivò. Mi
ero svegliato presto. La luce non
funzionava e mio padre arrabbiato chiamò l'Enel. Lo ricordo ammutolito con la cornetta in mano:
gli stavano spiegando che Firenze era invasa dall'acqua». Così Eugenio Giani, presidente del Consiglio Regionale della Toscana ricorda l'alluvione. Al bambino
Giani restarono impressi «i barconi che si muovevano tra i primi
piani delle case a salvare le persone. E i volti disperati, di chi per
salvarsi la vita lasciava tutto ciò
che aveva».
NON RICORDI, ma impegno. Enrico Rossi presidente della Regikone Toscana guarda avanti.
«Questo anniversario dev'essere
soprattutto impegno per investire
di più in prevenzione. Nel 1966
contraemmo un debito verso Firenze e la Toscana che in questi
anni si è ingrandito per gli sciagu-
rati interventi di chi ha puntato
più agli utili che al bene comune.
Oggi onoriamo quel debito, vincolando una buona fetta del territorio e realizzando casse di espansione e dighe: celebriamo i 50 anni
dall'alluvione del 1966 e facendo
sì che quel disastro non si ripeta».
AVEVA solo undici mesi, Filippo
Vannoni, presidente di Publicqua. «Ma di quell'evento ho sentito molto parlare in famiglia».
«Abitavamo a Porta Romana al
pian terreno, scappammo in fretta e furia, io piccolo e mia madre
in attesa di mio fratello. Mentre
Alluvioni in Toscana
Pagina 108
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gran fragore, si sarebbe spalancata sul caos: il campanile di
Giotto attorno a cui per un giorno l'acqua ha fatto mulinello,
sarebbe stato divelto come un
fiore. Invece la diga a monte della città ha retto: lode ai tecnici e
vergogna allo Stato che a suo
tempo li lasciò indisturbati in
un gioco dal cui esito la morte
di Firenze non era esclusa. Non
sarebbe pietoso, anzi non sarebbe giusto dimenticare che la
sciagura che ha sommerso la
nostra città r i entra nel più vasto bilancio che riguarda l'Italia intera».
Comincia così l'articolo di padre Ernesto Balducci pubblicato sulla rivista Testimonianze il
20 novembre del 1966, due settimane dopo la tragedia che
sconvolse Firenze.
A PAGINA III
Alluvioni in Toscana
Pagina 109
- Sul numero speciale di "Testimonianze"
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è stato ripubblicato l'intervento scrítto dal sacerdote
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ani del disastro. Un'analisi attenta e severa
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ERNESTO BALDUCCI
Questo articolo venne scritto
dapadreErnestoBalducci
sulla rivista "Testimonianze"
il20 novembre 1966, due
settimane dopo l'alluvione.
Ne pubblichiamo un estratto.
Firenze c'è ma poteva non
esserci più: bastava che la
parete di una diga cedesse.
La porta del Paradiso, che per
tutta la notte del 4 novembre ha
sbattuto con gran fragore, si sarebbe spalancata sul caos: il campanile di Giotto attorno a cui per
un giorno l'acqua ha fatto mulinello, sarebbe stato divelto come un fiore. Invece la diga a
monte della città ha retto: lode
ai tecnici e vergogna allo Stato
che a suo tempo li lasciò indisturbati in un gioco dal cui esito la
morte di Firenze non era esclusa. Non sarebbe pietoso, anzi
non sarebbe giusto dimenticare
che la sciagura che ha sommerso la nostra città rientra nel più
vasto bilancio che riguarda l'Italia intera e in cui ogni vita persa,
ogni ricchezza distrutta meritano lo stesso rimpianto e le stesse
premure.
"Fin dalle prime ore
capimmo che l'opinione
pubblica non si era resa
conto dell'accaduto"
Alluvioni in Toscana
Ma Firenze si misura con Firenze: le perizie e le statistiche
possono e devono collocare la
sua sventura nel parametro generale, ma non possono rilevarne la terribile singolarità. Fin
dalle prime ore avvertimmo che
l'opinione pubblica nazionale
non si rendeva conto di quel che
era avvenuto: solo più tardi il
mondo ha capito che il nostro
lutto era anche il suo. Il contesto
architettonico più armonioso
era diventato come un intreccio
di fogne scoperchiate, la rete artigianale più antica del mondo è
stata distrutta in poche ore, il patrimonio culturale in cui la cultura moderna rinnova la coscienza delle proprie origini è stato irrimediabilmente menomato...
Le responsabilità dello Stato
E fuori dubbio, in ogni caso,
che lo Stato non ha saputo tenere al sicuro la vita dei suoi uomi-
ni e quella della sua città più preziosa, almeno nella misura delle
sue possibilità, prevedendo con
saggezza, provvedendo con larghezza di mezzi, impedendo le
prevaricazioni
dell'economia
del profitto. L'accusa non colpisce soltanto il nostro Stato, colpisce la civiltà da cui è nato e di cui
si vanta, la stessa civiltà che
spende in armi nucleari e convenzionali una ricchezza destinata dalla natura a sollevare la
fame e la miseria di più che mezzo genere umano. Uno Stato ancora deciso a riservare un'enorme porzione del bilancio per tenere in vita un esercito di fanti
per una guerra che non si farà
mai e nella quale, in ogni caso,
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esso sarebbe poco più che uno
spettatore inerme. Uno Stato
che si rivela talmente incapace
di scelte economiche programmate secondo precise finalità
pubbliche, da non aver niente o
quasi a sua disposizione per un
servizio che sia pronto ad intervenire in modo tempestivo ed efficace, in difesa della popolazione civile nei casi delle pubbliche
calamità che invece ci sono sempre...
La frattura fra la Firenze reale e
la città legale
Quando finalmente il Comune è sembrato prendere in mano la situazione, era già nata la
frattura fra il popolo e gli organi
dello Stato, fra la Firenze reale e
la città legale.
Nei quartieri popolari lo spettacolo della comune sciagura e
lo sforzo della ripresa hanno promosso forme di solidarietà capaci di preoccupare non solo i benpensanti, ma anche il centrosinistra di Palazzo Vecchio. A Santa
Croce, a Gavinana, all'Isolotto, a
San Frediano, al Mercato Vec-
chio, a Brozzi e altrove sono nati
organismi di solidarietà e di soccorso, i «comitati di quartiere»,
eccezionali per slancio operativo e per competenza tecnica e
politica, le cui matrici preminenti e i cui strumenti erano le case
del popolo e le parrocchie, organismi che hanno completamente sostituito l'autorità pubblica,
giungendo sino a provvedere alle centinaia di senza tetto mediante provvedimenti di requisizione e di occupazione, estesi talora a interi stabili. In queste zone, gesuiti, carmelitani, salesiani, seminaristi si sono trovati a
far parte degli stessi gruppi, i
cui animatori erano, assieme,
parroci e dirigenti dal Partito Comunista, e a cui approdava l'ondata dei giovani volontari accorsi da ogni dove assieme al soccorso tempestivo e generosissimo
dei Comuni democratici Italiani. Gli amministratori comunali
non hanno nascosto la loro diffidenza per questa viva realtà democratica - una alluvione può
esprimere più democrazia di
cento consultazioni elettorali che li metteva fuori gioco: la paura ha incrinato i loro sforzi e ha
"Non esiste un servizio
pronto a difendere la
popolazione civile nelle
pubbliche calamità"
Pagina 110
persino suggerito ad alcuni di lo- sformandole in una civile liturro qualche velleità di opporsi gia di fraternità umana e di soliall'iniziativa popolare.
darietà civica.
Una città in mano ai giovani
Firenze risorgerà. Firenze, lo
Questo timbro di novità delle sappiamo, non sarà più come priangosciose giornate vissute da ma: l'ora più terribile della sua
Firenze è reso più schietto lunga storia, con il suo carattere
dall'altro fatto che abbiamo sot- repentino e lucido, le ha fatto
tolineato: prima che arrivassero scoprire la propria precarietà.
i soldati la città era già in mano La sua bellezza avrà d'ora in poi
ai giovani: è stato come se la fit- un'ombra, come persona che abta rete dei gruppi d'ogni colore bia rasentato la morte.
ideologico, che sono in tempi
Per questo da oggi saremo
normali la vita segreta di Firen- più gelosi e fervidi custodi non
ze, si fosse tesa, emergendo solo dei suoi monumenti ma andall'acqua e dal fango, per atte- che della sua anima, che, cadute
nuare la tristezza del post-dilu- per un momento le barriere
vio. Non sembri irriverente: nel- ideologiche, si è rivelata molto
la memoria di tutti noi queste migliore dello Stato di cui fa pargiornate conserveranno quasi te e di quei partiti che l'hanno launa traccia di letizia, tanto cerata.
straordinario è stato il fervore
giovanile che le ha riempite, tra-
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Alluvioni in Toscana
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Non è stato fatto nulla: solo pochi interventi locali, niente di strutturale
Il direttore di Italia Sicura: "Se si ripetesse danni per 7 miliardi in città"
IN 50 anni a Firenze non è stato
fatto praticamente niente per
il pericolo alluvioni. Se non interventi locali. «Se a questi aggiungiamo l'affinamento delle
previsioni meteo e la nascita
della protezione civile il rischio
è sceso del 30 per cento», dice
Erasmo D'Angelis , coordinatore di Italia sicura.
CIUTI A PAGINA II
Piazza Santa Croce il 4 novembre del 1966
Alluvioni in Toscana
Pagina 112
Alluvione 1966/2016
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Solo pochi interventi locali ma nulla di strutturale
Quasi ultimata una nuova cassa di espansione
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QUATTRO novembre 1966 - 4
novembre 2016. In mezzo 50
anni in cui, per affrontare il pericolo alluvioni a Firenze, non è
stato fatto praticamente niente. Se non qualche intervento locale, come l'innalzamento delle spallette sui Lungarni e lo scavo del letto dell'Arno in modo
che adesso ci possono passare
3.800 metri cubi di acqua al secondo contro i 3.300 del '66 e i
4.000 che sono il limite massimo, come spiega Mauro Grassi,
direttore di Italia sicura, la
struttura di missione del governo per il rischio idrogeologico.
Oltre che la costruzione della diga di Bilancino che lamina le acque della Sieve, che allora si aggiunse all'Arno moltiplicando
l'inondazione . Niente interventi strutturali, però , se non verso
San Miniato , Empoli e Pisa e
nell'alto Casentino . Ma niente
di strutturale che protegga Fi-
renze. «Se agli interventi locali
aggiungiamo l'affinamento delle previsioni meteo e la nascita
della protezione civile il rischio
a Firenze è diminuito, dal '66,
del 30 per cento», dice Erasmo
D'Angelis, coordinatore di Italia sicura.
Il restante 70 per cento del rischio è ancora li, in agguato. Anzi, il restante 30 per cento è virtuale. Perché, come depreca
Grassi, «dall'alluvione a oggi si
è costruito moltissimo, troppo,
soprattutto fino al 1970 quando c'era una possibilità di costruzione quasi illimitata». Più
immobili, più attività. E di maggior valore rispetto al'66. «Tanto che si ipotizza, in caso di alluvione adesso, un danno di 7 miliardi solo a Firenze. Una cifra
pazzesca che induce Italia sicura a ragionare nell'ottica del
"whatever it takes", ossia tutto
quello che ci vuole. Tradotto, significa che a partire dalle città
metropolitane, Firenze, Genova e Milano, si stanzieranno tutti i finanziamenti necessari a
evitare il rischio».
Per ora però il pericolo c'è.
«L'aumento delle attività e del
loro valore fa sì che il rischio, invece di diminuire, sia aumenta-
to», dice preoccupato il coordinatore del Comitato Firenze
2016, Giorgio Federici. Che aggiunge: «Per fortuna ora ci si
Stanziati 200 milioni per mettere
in sicurezza il fiume. Brugioni: "2
necessario informare la gente dei
rischi e di come fronteggiarli"
Alluvioni in Toscana
sta muovendo». Ma per avere
la possibilità di gestirlo questo
rischio dovremo attendere il
2021, prevede D'Angelis. Che
spiega: «Stiamo correndo contro il tempo per fare adesso tutto quello che era stato progettato nel 1968 e poi non realizzato». Per gestire il rischio a Firenze sono previste quattro casse
di espansione nei dintorni di Figline e l'innalzamento di 9 metri della diga di Levane, di cui
cinque riempibili d'acqua, più
altre casse di espansione nella
Valdisieve. Per tutto questo sono stati stanziati 200 milioni
spendibili via via che i progetti
partono: 130 del governo e 70
della Regione. «La prima cassa
di espansione a Figline sarà finita in questi giorni - annuncia
D'Angelis - I cantieri per le altre tre e per Levane sono in partenza. Dopodiché inizierà la progettazione per la Valdisieve».
L'Autorità indica le necessità e
fa la modellistica, la Regione
progetta e gestisce i cantieri,
governo e Regione finanziano.
Uno sforzo tardivo ma che
D'Angelis giura sarà fatto interamente. Salvo, però, l'imponderabile. Lo dice lo stesso coordinatore di Italia sicura che,
pur mostrandosi ottimista «perché ora esistono i piani della
protezione civile e quelli per
mettere in sicurezza l'arte», avverte dei «possibili scherzi del
cambio climatico». Marcello
Brugioni, responsabile dell'area rischio idraulico dell'Autorità di bacino va oltre: «Non esiste la sicurezza assoluta. Me-
glio non illudere e deresponsabilizzare. Possiamo solo dire se
il rischio può o non può essere
gestito». D'Angelis sottolinea
che nel '66 fu «una quasi irripetibile tempesta perfetta che riusci a mettere insieme una serie
di
coincidenze
disastrose».
Grassi ricorda che «furono dieci
giorni di piogge, più i tre ultimi
di precipitazioni come si verifica ogni duecento anni». Potremmo pensare di esserne ragionevolmente fuori per molto tempo a venire e forse per sempre.
Invece mai rilassarsi, raccomanda Brugioni: «Gli interventi programmati nell'aretino e
nella Valdisieve sono quelli giusti e prioritari. Ma siccome, come nel terremoto, non si può
mai parlare di sicurezza totale,
è necessario informare i cittadini dei rischi e di cosa si deve fare per fronteggiarli. Come l'Opera di Santa Croce che ha comunque fatto il piano di immediata messa in sicurezza del
Crocifisso di Cimabue in caso di
pericolo». Anche per i cittadini
esistono, secondo Brugioni, «ottimi piani della protezione civile». Bisogna però diffonderli,
farli conoscere e abituare le persone a metterli in pratica.
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Pagina 113
I PUNTI
LE SPALLETTE
È stato uno dei pochi
interventi che
sono stati realizzati
in questi 50 anni,
ma ovviamente
non è sufficiente
a garantire la
sicurezza
dell'Arno
IL LETTO DEL FIUME
È stato scavato
in modo da
permettere il
passaggio di 3.800
metri cubi di acqua
al secondo contro i
3.300 del '66 e i
4.000 che sono il
limite massimo
IL PROGETTO
Per gestire il rischio a
Firenze previste 4
casse di espansione
a Figline e altre in
Valdisieve,oltre
all'innalzamento di 9
metri della diga di
Levane, di cui cinque
riempibili d'acqua
Stiamo correndo
contro il tempo
per fare adesso tutto
quello che era stato
progettato nel 1968
e poi non realizzato
ERASMO D'ANGELIS
Coordinatore
di "Italia sicura"
Alluvioni in Toscana
Da allora si è
costruito troppo,
un'esondazione
adesso farebbe
danni per almeno
7 miliardi
MAURO GRASSI
Direttore
di "Italia sicura"
Pagina 114
E
"L'ultima cena" in Santa Croce
e poi film, mostre e fiaccolata
IKRYPTON
Quattro ingressi
oggi (18.30,19.30,
20.30, 21.45) nel
chiostro di Santa
Verdiana per
l'installazione-perfor
mance "Idrossss" a
cura dei Krypton,
ispirata a Leonardo,
di Cauteruccio
Alluvioni in Toscana
INSIEME al "Crocifisso" di Cimabue, è stato uno dei capolavori simbolo dell'alluvione del 4 novembre 1966. Ma a differenza dell'opera del maestro duecentesco, restituita a Santa Croce nel 1976 (e
nel 2013 spostata nella sagrestia, al riparo da nuove esondazioni),
"L'ultima cena" di Giorgio Vasari - monumentale dipinto di 6,60
per 2,62 metri costituito da cinque pannelli in pioppo, scoperto nel
2003 dopo quasi quarant'anni di abbandono e ricoverato, dal
2005, nei laboratori dell'Opificio delle pietre dure per un restauro
finanziato da Prada, Getty Foundation e Protezione Civile - ha atteso ben mezzo secolo per tornare nella basilica. Succederà oggi
con una cerimonia, alle 15.15 nel Cenacolo, alla quale è atteso anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L'opera resterà poi visibile al pubblico, gratis, stasera e domani dalle 20 alle 24.
Il capo dello Stato presenzierà inoltre alla commemorazione solenne in programma alle 17 nel Salone dei Cinquecento di Palazzo
Vecchio, culmine delle celebrazioni per il cinquantenario, seguita
alle 18.30 dalla proiezione, in prima mondiale, del documentario
"Firenze 66 - Dopo l'alluvione" di Enrico Pacciani, prodotto da Alkermes e SkyArte HD e, alle 20.30, da una fiaccolata da San Miniato a piazza Santa Croce, Al corteo parteciperanno anche gli Angeli
del fango, ai quali sarà dedicato un francobollo emesso dalle Poste
per iniziativa del comitato "Firenze 2016". Fra gli altri appuntamenti della giornata l'inaugurazione, alle 18.30 nel chiostro di
Santa Verdiana, dell'installazione-performance "Idrossss" a cura
dei Krypton, ispirata a Leonardo. Alle 9.30 al rettorato dell'università in piazza San Marco un convegno sulla sicurezza idraulica
mentre alle 21, al cinema della Compagnia, è in programma la proiezione, a cura del Festival dei Popoli, della copia restaurata di "Firenze, novembre '66" di Mario Carbone, con immagini a colori inedite di quei giorni. Alle 18 proiezione di foto dedicate all'Arno sulla
facciata della Palazzina Reale di Santa Maria Novella; alla stessa
ora all'Accademia delle arti e del disegno inaugurazione della mostra "Da Cimabue in qua" a cura di Cristina Acidini, Giulia Coco, Enrico Sartoni.
Pagina 115
coi del 4-11-1966
David Franchi, 50 anni oggi, con la mamma
Negli ospedali mancavano medici e cibo ma
loro sono venuti alla luce. Siamo andati a ricercare i nati sotto il segno dell'alluvione.
TAGLIONE A PAG.5
Alluvioni in Toscana
Pagina 116
s; pro -assore è arrivato in clinica
con gli stivaloni da pesca,
le galosce e per farmi uscire
dal grembo di mia madre
ha dovuto usare il forcipe
r-&r,-ica
di STEFANO TAGLIONE
io Damiano era un intrepido.
Da giovane, all'epoca di Faur sto Coppie Gino Bartali, correva in bicicletta. E sempre stato un
"azzardose". Così quella mattina, mentre il livello dell'acqua si alzava e mamma Luciana stava per darmi alla luce,
prese il suo camioncino e per un pelo
riuscì a guadare il fiume. E grazie a lui se
oggi sono qui».
Quattro novembre 1966: l'Arno esonda. Non solo a Firenze, dove porta con sé
35 vittime innocenti. Anche a Fucecchio. Ë qui che nasce Paolo Prosperi.
Medico chirurgo all'ospedale di Careggi,
non è nato sotto il segno dello scorpione, ma sotto quello dell'alluvione. Prosperi festeggerà i suoi 50 anni proprio
nella città che tanto ha pagato nel giorno
dell'esondazione dell'Arno. «Vivo qui da
30 anni - racconta il dottore - e sono sicuro che senza il coraggio di mio zio, che
ora è morto, il parto sarebbe stato estremamente difficile. Sarei nato in casa,
magari in un cestino. Chissà se sarei sopravvissuto. Le comunicazioni erano
bloccate e le macchine erano già sominerse dall'acqua e dal fango».
Come a Grosseto, dove mezzo secolo
fa è tracimato
l'Ombrone e c'è
stata anche una Abbiamo trovato
vittima:
Santi
Quadalti. Il but- quattro toscani
tero maremmano è morto in ch e vennero alla luce
quel maledetto
venerdì cercan- in quel tragico giorno
do di mettere in
salvo una mandria di vitelli. A lui potreb-
Alluvioni in Toscana
be essere intitolato un monumento nella frazione di Braccagni, proprio dove
stava per compiere quest'atto eroico che
gli è valso una medaglia d'oro. Nel frattempo David Franchi è nel grembo di
sua mamma, Barbarina Taddei. È mercoledì, sta già piovendo forte. «Ricordo
che mi hanno portato nella clinica Franche, in via Don Minzoni - racconta oggi
la signora Barbarina, titolare di un negozio di tappezzeria in via Bengasi - proprio perché c'era il timore degli allagainenti». La mattina del 4 novembre, in
ospedale, si rompono le acque. «Le infermiere prendevano servizio alle sei - racconta oggi David - e una di loro in mezzo
all'alluvione andò a svegliare il professor
Francini nella sua villa di viale Giacomo
Matteotti. Si è poi ammalata di una brutta polmonite». Il parto, la signora Barbarina, lo ricorda come un miracolo. «Il
professore è arrivato in clinica con gli stivaloni da pesca, le galosce - ricorda la
commerciante grossetana - e per far
uscire David ha dovuto usare il forcipe.
Lui era grosso, pesava quattro chili e 200
grammi e non aveva fretta. Ma non
c'erano alternative: o morivo o provavano a farlo nascere. Per fortuna è andata
bene: è stato un miracolo».
In ospedale le provviste di cibo scarseggiavano. Le cucine erano allagate e
mentre David veniva alla luce, babbo
Alessio (scomparso nel 2004) aiutava gli
altri uomini impegnati al pian terreno a
liberare le stanze. Nelle cantine della clinica - si dice - riposavano i cadaveri. E
Pagina 117
non potevano morire un'altra volta, sepolti dalla furia dell'Ombrone. «Mio padre è salito fino al paesino di Batignano
- racconta David, che per anni ha lavorato a Londra come blogger e nel campo
del marketing - e ha portato a mia madre una cesta dove c'era pane, latte e un
po' di frutta. La clinica era sottosopra».
Franchi ha scoperto solo 25 anni fa il ri schio corso alla nascita. «Me ne sono reso conto guardando la televisione - spiega il neo cinquantenne-. C'era questo
dottore che a fine 1800 doveva salvare la
vita a una puerpera. "Deve usare il forcipe? È pericoloso?", gli chiede la domestica. E lui ribatte: "Si, si può staccare la testa del bambino". A quel punto ho chiesto a mia mamma se fosse vero e lei, comodamente seduta sulla poltrona, mi
ha risposto: "Si è vero. Ma dovevano farti nascere per forza perché c'era l'alluvione"».
Sandra Pe i i, ragioniera per una cooperativa di Grosseto, è ancora emozionata. 1 suoi genitori, Remo e Lauretta,
non sono più con lei. Ma ricorda bene
cosa le hanno raccontato di quel giorno.
E a stento trattiene le lacrime. «Abitavamo in viale Mameli, nel palazzo della
Valle, vicino alla stazione dei treni - racconta Sandra - e all'ora di pranzo mio
padre ha deciso
di portare mamLe città sprofondavano ma alla clinica
Francini. Le ambulanze non ponell'acq ua,
tevano arrivare,
gli osped ali erano
così sono andati
a piedi. Non era
senza medici e cibo
lontano, distava
appena cinque
minuti, nia non voglio neanche immaginare come possa essere stato quella volta. In ospedale - continua Sandra - non
c'era nemmeno un dottore. Così sono
nata da sola: mia madre è stata aiutata
da una sarta, la mia vicina di casa. La signora Liana, me la ricordo, ora è morta.
Fino a poco tempo fa abitava a Follonica». L'arrivo del medico servì solo per tagliare il cordone ombelicale. «Mamma
diceva sempre che in quella giornata tri ste e orrenda quel fiocco rosa appeso al
portone era l'unica cosa bella - conclude la contabile grossetana - e riavvolgendo il nastro della mia vita posso solo
ritenermi fortunata. È incredibile, poi,
aver sposato proprio un vigile del fuoco:
ho scelto l'unica figura che mi poteva
trasmettere sicurezza. Siamo felici».
Carlo Bracci, titolare di un'azienda
nautica di Porto Santo Stefano, è nato
nella notte. Qualche ora prima della terribile alluvione. Suo babbo l'ha scoperto parecchi giorni dopo. «Non poteva
mettersi in contatto con noi - ricorda
l'imprenditore maremmano - figuriamoci venirci a trovare. La Maremma era
diventata un lago». Ma poi le acque si sono ri tirate. E Grosseto - conce le altre località toscane colpite dalle violentissime inondazioni - è tornata splendere.
Come la vita di questi cinquantenni nati
sotto il segno dell'alluvione. Medici, ragionieri e scrittori. E chissà quanti altri.
Buon compleanno anno avoi, avoi fiocchi colorati emersi dal fango.
CaRaglions
@R,
IONE RISERVATA
1
Il
un'alluvione devastò Firenze,
buona parte della Toscana
e alcune regioni dei Nord-est
(Trentino-Alto Adige, Veneto,
Friuli-Venezia Giulia).
centinaia di feriti e
Enormi i danni
al patrimonio artistico.
Nelle regioni settentrionali
i morti furono 87,
oltre 42.000 gli sfollati.
Alluvioni in Toscana
Pagina 118
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%io padre ha scoperto che ero nato
parecchi giorni dopo. Era isolato
e non poteva mettersi in contatto
con la mamma. La M aremma era un lago
96
Zio Damiano era un intrepido.
Quella mattina, mentre il livello dell'acqua
si alzava e mamma Luciana stava per darmi
alla luce, prese il suo camioncino
e per un pelo riuscii a guadare il fiume.
grazie a lui se oggi sono qui
Alluvioni in Toscana
Pagina 119
l'alluvione
41
II dramma nelle testimonianze i Rossana Ricci e Renato
Le
che
sfondano la porta
di casa, i maialini
morti, l'anfibio
dei pompieri:
una ferita
ancora viva
nell'anima
di MARIA MEINI
e MICHELE FALORNI
a mattina del 4 novembre 1966, venerdì, Rosr sana Ricci - professores_.
sa di lettere a ragioneria per
quarant'anni - è un'adolescente che frequenta la seconda liceo classico. Si è alzata alle 5.30 per studiare letteratura greca. Nella casa di via Carlo Ginori 60, a breve distanza
dal ponte sul fiume che congiunge Marina alle Gorette,
dormono tutti. Ë festa. Lei
apre il libro e inizia a ripassare. Si concentra, nia ad un
tratto un colpo sordo la scuote. «Mi bastò un attimo - racconta mezzo secolo dopo con
le lacrime agli occhi - per capire. Non pioveva. Svegliai i
miei genitori, Elio Ricci e lolanda Capanna, parlando loro di quel rumore strano. Mio
padre, memore della piena
del 1930, spalancò la finestra.
"Siamo rovinati", disse a bassa voce senza aggiungere altro. L'acqua aveva già riempito il giardino. Prese una pietra di marmo, provò a murarla davanti alla porta che affacciava sul fiume: niente. Un'
onda entrò di prepotenza e
raggiunse il mezzo metro di
altezza portando con sé topi,
bisce e distruzione». Pazzesco. La famiglia Ricci, terrorizzata, apre l'ingresso che dà
sulla strada per farla defluire.
Sente la paura che sale, vede
attorno a sé altre famiglie nel
panico, non sa come fare perché capisce che questa è una
catastrofe. Non c'è ancora
l'argine, che sarà costruito dopo. In mezzo alla disperazione, il testo di letteratura greca
cade dalla scrivania. Le pagine si sporcano di fango, nia
Rossana lo recupera e lo tiene
come una reliquia fino al 31
gennaio 2014, quando un'altra piena colpisce Marina e le
zone vicine, provocando danni ingenti da ogni punto di vista. «Rimanemmo seduti sul
tavolo di cucina - prosegue la
professoressa - l'unico punto
sicuro, aspettando che quel
giorno finisse. Pranzammo
con un cavalluccio e una sola
salsiccia. Ho ricordi nitidi anche di ciò che successe dopo:
Alfonso Sileoni che portava
via i maialini morti, il mezzo
anfibio credo dei vigili del
fuoco al lavoro. Era venerdì. A
scuola, tornai il lunedì se-
ic cci
Oggi ricorre il cinquantenario della grande piena
del fiume Cecina, che il 4
novembre del 1966 sconvolse la città. Il Tirreno ha proposto ai suoi lettori di raccontare la loro testimonianza sull'evento. Tantissime le risposte che sono arrivate e stanno arrivando
in queste ore. Oggi ne proponiamo alcune, e proseguiremo la pubblicazione
nei prossimigiorni.
Di seguito due testimonianze: una vissuta sul posto, un 'altra da lontano.
Ma entrambe con la stessa
passione e partecipazione
perle sorti della "cittadella
marina". Eccole.
guente».
Le foto di quei drammatici
momenti dicono quasi tutto.
Sono quadri in bianco e nero
che raccontano il senso di impotenza della gente, le case
distrutte , gli anni di sacrifici
dopo la fine della guerra per
costruirsi una vita migliore
sfumati in un attimo. Sono
immagini forti e testimonianze dirette che colpiscono ancora al cuore, a distanza di 50
anni . « Quale lezione trarre dice Ricci - da quell'esperienza? Una: quando la natura si
sveglia non guarda in faccia a
nessuno , anche a causa dell'
uomo che la provoca . L'argine all'epoca non esisteva. La
devastante esperienza del
1930 non aveva insegnato
niente, sebbene molti sapessero che un'altra alluvione
avrebbe distrutto ogni cosa.
Un avvertimento. Per questo
andava costruito subito. Furono momenti difficilissimi:
noi, per esempio, buttammo
via alcuni mobili, ormai inutilizzabili, e poi li ricomprammo». La furia della piena aveva devastato case ed edifici.
Nel 1966, il sindaco di Cecina
è Osvaldo Giovannelli. «Si
comportò bene - conclude
Rossana - perché il giorno dopo consegnò a tutte le famiglie di via Ginori una borsa
della spesa pagata dall'amministrazione. Un gesto di solidarietà non comune».
Un dramma vissuto lontano dalla sua Marina, ma solo
I m:h:!IIloera disp' "rto
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er noi Marina era it mundu»
Alluvioni in Toscana
Pagina 120
fisicamente. Perché con il
cuore Renato Menicucci,
scrittore, poeta e per tanti anni bibliotecario alla biblioteca comunale di Cecina, è lì.
Nella sua piccola grande terra
di mare. A cui Renato Menicucci ha dedicato un libro,
"Ceneiblò", che racconta i
personaggi e l'anima bella
della sua Marina. E tanti dei
protagonisti del suo fortunato romanzo (ornai introvabile) sono gli stessi "valorosi"
giovanotti che si danno da fare per aiutare le persone in
difficoltà perla piena.
«Quel giorno ero in Francia, a Lione - racconta Menicucci - ospite di alcuni amici
francesi, che conoscevo da alcuni anni. La sera, seduto in
salotto, in attesa di andare a
tavola, guardavo distrattamente la TV in compagnia di
uno di loro, mio coetaneo.
Una pioggia leggera, ma insistente, batteva ai vetri, una
cosa abituale, a Lione, non
soltanto a novembre. "Madonna, piove sempre qui da
voi..." dissi, per gioco. Un atti-
mo dopo, la Tv annunciò che
l'Italia era allagata».
E un colpo al cuore. «Ci sarebbe stato da ridere - racconta ancora lo scrittore - se non
ci fosse stato da piangere». Le
notizie che arrivano Oltralpe
sono terribili. Il 4 novembre
per l'Italia, la Toscana e la costa livornese è un D-Day di
dolore. A Firenze l'Arno ha
straripato sommergendo di
fango monumenti e preziose
opere d'arte.
A Cecina va un po' meglio,
perché non ci sono vittime.
Ma il cuore chiama. «Partii la
mattina all'alba, del giorno
dopo - dice Renato Menicuc-
ci -. In Francia, il treno viaggiò senza intoppi, ma da Torino in poi, il diluvio.
«Impossibile contattare i
miei famigliari - prosegue -.
Arrivai a Marina di Cecina la
sera del 7 novembre: dappertutto, pozzanghere e buche,
fra i Bagni Bisori e la casa dove abitavo, una voragine...
Sembrava la fine del mondo,
soprattutto per chi, come noi,
Marina era, il mondo».
ia piena sulla prima pagina dei Telegrafo
"Apocalisse in Toscana" titola in prima pagina il Telegrafo il 5
novembre 1966, il giorno dopo la catastrofe.
All'epoca il Tirreno si chiamava ancora ii Telegrafo. Per giorni le
cronache nazionali e locali parlano della terribile alluvione che ha
flagellato la nostra regione e la costa livornese . Nella foto grande
riproponiamo alcuni di quegli articoli.
Nei giorni successivi, la piena che ha messo in ginocchio Cecina Mare
appare ancora più evidente in tutta la sua drammaticità. Nella
provincia di Livorno Cecina è il comune più colpito. Si susseguono
foto e articoli che descrivono nel dettaglio l'evento e i danni che ha
causato. Ma anche l'ondata spontanea di solidarietà che arriva dai
comuni vicini, in particolare Rosignano.
Ross .n í>
Renato enicucci
Alluvioni in Toscana
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ANCHE LA SCUOLA FU ALLAGATA
MA I)OPO MISERO VITRMOSIFONI
di SANDRA FEDELI
cl 1966 avevo sei anni e
avevo appena iniziato la
scuola elementare. II 4
novembre era festa a scuola. Abitavo sul viale della Repubblica,
vicino al panificio di metà viale,
a pianterreno. Babbo, invece,
avendola macelleria in largo Cairoti, a Marina, ed essendo il negozio aperto, si era recato al lavoro molto presto. Mamma, come tutte le mattine, lo raggiungeva più tardi, con la sua bicicletta. Ma quella mattina, per
fortuna, era andata a comprare
il pane al forno vicino casa, prima di partire per Marina. Lì fu
avvisata che il filone aveva straripato, così corse subito a casa, ad
avvisare i nonni e a svegliare me.
Concitata mi chiamava, e mi diceva: "Sandra, svelta, alzati, che
arriva l'acqua in casa!" lo, intontita e assonnata, le rispondevo:
"Ma se entra l'acqua, dai un po'
di cencio!" Intervenne nonno Gino, che per fortuna era ancora
nel pieno delle sue forze. Mi prese dal letto, e con un guizzo, portandomi in braccio, eravamo già
fuori casa, avvolta in una coperta. Fui portata da dei vicini che
abitavano al secondo piano. Mi
fecero passare attraverso un muro di cinta, salendo su delle sedie, e fui presa in braccio dall'altra parte. Mamma e i nonni rimasero per un po' in casa, cercando di salvare il più possibile
le cose, poi mi raggiunsero. Eravamo, nella nuova abitazione,
diverse persone e soprattutto
bimbi. Tutti noi piccoli ancora
in pigiama. Giocammo tutto il
giorno(...) Ero estasiata, nel guardare fuori, e vedere questa grande massa di acqua che saliva. Vedevo mamma preoccupata, ma
pensavo per l'acqua in casa...
Quella sera ho mangiato insieme ad Anna e Giancarlo, i genitori di Elena. In quei giorni loro
erano a Piombino dai nonni, ma
avvertiti di ciò che stava succedendo rientrarono in fretta, lasciando Elena dai nonni. Così,
quella sera, cenando a lume di
candela, perché non c'era luce
elettrica, e coperta da diversi
plaid, perché non avevamo il riscaldamento, sono stata accolta
amorevolmente in quella casa, e
ancora oggi ho un tenero ricordo di allora. Mentre però, io dormivo sonni tranquilli, in casa
mia si viveva un dramma. Babbo non dava notizie, e mamma
era davvero preoccupata. Dovette passare tutta la notte e parte
del nuovo giorno quando babbo
finalmente arrivò, portato da un
mezzo anfibio dei vigili del fuoco. Era rimasto dentro il negozio
fino allo stremo, cercando di sal-
vare il salvabile. Quando si decise ad abbandonare la macelleria, tutto intorno era stracolmo
d'acqua, una voragine si era
aperta dinanzi ai bagni Armida,
inghiottendo le auto che erano
lì. Babbo fu tratto in salvo dai vigili del fuoco, e riportato a casa
solo il giorno dopo, senza poter
avvisare. I telefoni erano fuori
servizio, e i telefonini dovevano
ancora inventarli. Anche la nostra scuola fu allagata al piano
terreno. Quell'inverno andavamo a scuola una settimana al
mattino e una al pomeriggio,
per permettere a tutti gli alunni
di frequentare le lezioni, che si
tenevano al secondo piano.
L'unica cosa bella fu, che alla fine dei lavori, furono installati i
termosifoni, e così fu risolto anche il problema del freddo.
(Da "Quando ero piccola e
dintorni '9
Sandra Fedeli
Alluvioni in Toscana
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LA MEMORIA
«1I mio babbo era disperato
ma riallacciò subito la luce»
Maria Grazia Ranieri ricorda l'allagamento dell'hotel Massimo, inaugurato
l'anno precedente. «Noi piccoli giocavamo nell'acqua con li stivali»
1 CECBNA
« Il niio babbo aveva aperto l'albergo l'anno precedente, nel
maggio del 1965. La piena lo
mise a dura prova, perché i
danni furono ingenti. Ma non
si arrese e riuscì a ripartire».
Maria Grazia Ranierï , albergatrice di Marina, apre l'archivio
fotografico di famiglia. L'hotel
Massima è una creatura del
babbo, Puro Ranieri, e la figlia
ne è molto orgogliosa. Nel '66
aveva solo due anni, ma ricorda ancora - forse aiutata dalle
immagini dell'epoca - quando
«noi ragazzetti si giocava ignari
di tutto con gli stivaloni in mezzo all'acqua». Per gli adulti un
dramma. «ll mio babbo - dice
Maria Grazia - raccontava di
quando un cliente, l'ex pretore
di Cecina dottor Schiazza che
appena trasferito soggiornava
[.
L'ALBUM
da noi, tornò col treno e nell'albergo non c'era nemmeno la
luce. "Non si preoccupi, dottore, gli disse, stasera tornerà la
corrente". E così fu. Non si dette per vinto, eppure i danni erano enormi: il fango era entrato
negli scantinati e al primo piano, aveva invaso la sala, portando dentro di tutto. E distruggendo la cantina, i mobili.. Ricordo l'armadio della mia
mamma, dove erano appesi i
vestiti suoi e i miei: si vedeva il
segno dell'acqua sul legno».
Una catastrofe, «ma le persone
si aiutavano allora, c'era tanta
solidarietà. Il mio babbo riuscì
a ripartire velocemente e l'hotel è stato per anni il primo e
più importante di Marina».
1 RICORD I
ACQUA E FANGO NELL'HOTEL APPENA NATO
ViaZaccaria
è un fiume
d'acqua
efango
Nel 1966
il fosso della
Cecinella
è aperto,
non è stato
ancora
coperto,
e intorno ci
sono solo
campi
Dal fosso
l'acqua tracima
senza sosta
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Alluvioni in Toscana
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ali a i» i, « .
Pagina 123
piazza S.Andrea
sembrava Venezia
con l'alta marea
Due immagini
del dopo
alluvione
all'hotel
massimo
L'albergo
è stato invaso
dail'acquae dal
fango. Si lavora
per ripulire
e per mettere
in salvo
quel poco
che resta
Maria Grazia Ranieri ha aperto 1-archivio" fotografico di famiglia, che raccoglie preziose testimonianze sull'alluvione del
'66: nelle foto il padre Puro, che aveva aperto l'hotel Massimo
nel 1.965, lavora insieme ad alcuni operai, per ripulire e mettere
in salvo quel poco che resta. l danni furono molto consistenti.
Maria Grazia Ranieri
Alluvioni in Toscana
Ci scrive Enzo 8ugliesi: «Le
inondazioni dei fiume Cecina
sono iniziate già da molti
anni. lo ricordo solamente
quella del 4 novembre 1966
che fu abbastanza
devastante . La zona più
colpita fu quella di Cecina
Marina. Infatti, per
muoversi da una via all'altra
era necessario andarci con
una barca o con un
gommone . Nella piazza della
chiesa di Sant'Andrea
l'acqua era talmente alta,
simile a quella di piazza San
Marco a Venezia quando
c'era l'alta marea. in chiesa
non si poteva entrare,
rinunciando anche alla
messa domenicale. i
contadini che avevano i loro
terreni vicini al fiume,
nonché quelli più inoltrati
della Cinquantina, furono
costretti a seminare il grano
in ritardo perché il terreno
era troppo fangoso . Anche le
prime case ubicate al piano
terra di San Pietro in Palazzi
furono invase dall'acqua,
procurando danni alle
abitazioni. Siamo arrivati
alla ricorrenza di
cinquant'anni dall'enorme
disagio , il fiume si è calmato
da diverso tempo e speriamo
che si comporti così anche
per il futuro».
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Sí inaugura oggí alle 17: ci nq uepannelli con foto e oc
® CECBNA
S'inaugura oggi alle 17, nella
sede provvisoria della biblioteca comunale (in via Pertini, angolo viaAmbrogi) la mostra fotografica documentaria sull'alluvione a Cecina.
La locandina della mostra
Cinquant' anni dopo il 4 novembre 1966. Per il cinquantenario, il Comune di Cecina ha
deciso infatti di ricordare
l'evento con un allestimento
curato dall'archivio storico comunale, dalla biblioteca e dalla cooperativa Il Cosmo (che
ha in gestione i due servizi culturali). La mostra comprende
una trentina di fotografie, per
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la quasi totalità di proprietà
dell'archivio comunale, e un
documento sui danni dell'alluvione. Un percorso che si snoda attraverso cinque pamielli,
che ricostruiscono l'evento illustrando le zone più colpite e
i danni causati dallo straripamento del fiume , in particolare Marina di Cecina ma anche
Palazzi e La Cinquantina.
Un evento che è ancora una
ferita aperta nell'anima dei cecinesi: di chi la grande piena
l'ha vissuta in prima persona,
ma anche dei più giovani, che
l'hanno conosciuta nei racconti familiari . Una memoria preziosa che la mostra - la prima
che viene organizzata in 50 anni sulla piena del 66 - si propone di condividere con gli studenti e le nuove generazioni.
Le foto sono corredate da didascalie. La mostra è stata curata daBeatrice Gori, dirigente
del settore Cultura del Comune di Cecina, da Nicoletta Porciani, responsabile dell'Archivio storico comunale , e dal coordinatore della biblioteca Simone Ticciati. L'esposizione
proseguirà fino al 18 novembre e sarà visitabile da chiunque negli orari di apertura della biblioteca, ovvero dal lunedì
al venerdì dalle 8,30 alle 19,30
e il sabato dalle 8,30 alle 12,30.
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Alluvioni in Toscana
Pagina 125
Acqua e fango, uno scenario di disperazione
Quattro novembre, il fiume rompe gli argini: il racconto di un cronista all'epoca in servizio nella nostra redazione
di CLAUDIO BOTTINELLI
a sera del 3 novembre,
chiusa la redazione,
x Omero Marraccini, giornalista de "Il Telegrafo" andò
sugli argini deü'Ombrone, nella zona dell'Idrometro del Berrettino, e si sentì gelare fl sangue: il fiume riempiva la golena, la corrente passava mugghiando conce una mandria di
bovini inferociti; roba mai vista. Restò lì per quasi un'ora
chiedendosi se gli argini avrebbero retto, poi se ne andò.
E la mattina presto fu svegliato da una telefonata di un amico carabiniere: «C'è l'alluvione!
Presto...» Omero corse, e fu
l'unico giornalista grossetano a
correre in quella prima giornata di confusione e di tragedia
perché tutti gli altri, per i più diversi motivi, erano rimasti bloccati. Con lui si trovò sulla breccia della disperazione un fotografo del giornale, Mario Bernieri, e assieme, infilate due paia di stivali di gomma per affondare i piedi nella melma e
nell'acqua, saltarono dalla Prefettura al Comune, dalla Provincia alle Mura, da un angolo
all'altro della città restata fuori
dal fango per registrare, fotografare, cogliere il senso di
quella sciagura.
La città cercò di organizzarsi.
La zona di via I Jgo Bassi era sotto di quattro metri, il mare di
melma era passato di là dalla
ferrovia e andava verso il mare
mentre l'acqua arrivava limacciosa fino a dentro le Mura. Saranno state le 10 - raccontò poi
l'assessore Enzo Gíorgetti, che
fu tra quelli che lavorarono di
più - quando ci rendemmo conto che la situazione era completamente fuori controllo. Ci fu
una riunione in Prefettura, ci si
chiese se anche il Bruna e il Sovata e gli altri corsi d'acqua fossero usciti dagli alvei. Venne
chiesto l'intervento dell'Aeronautica militare e gli elicotteri
cominciarono al alzarsi non appena fu possibile. «C'è un pullman carico di gente bloccato al
Casalone!», e l'intervento fu
Alluvioni in Toscana
,;seto subito dopo la grande piena (foto Bi
provvidenziale; «C'è gente sui
tetti dei poderi fra Grosseto e il
mare!»; «E gli animali? Che fine
hanno fatto?«; «All'erta, c'è da
portare in salvo due gemelline
di 20 giorni in un podere del
Pianetto»; «Tutta la piana è
sott'acqua, fino a Castiglione, e
a Marina è saltato anche il ponte sul canale...»
Un allarme dopo l'altro, una
segnalazione dopo l'altra, un
dramma dopo l'altro... Omero
Marraccini cercava di stare dietro a tutti, e Mario si sfiancava a
correre ed a fotografare, a volare con elicotteri (a proposito, è
sua la foto della bambina che
urla sul tetto che ha fatto il giro
del inondo ed è divenuta il simbolo dell'alluvione) o a salire
sugli anfibi. Poi arrivò la sera,
scese il buio e fu silenzio, un silenzio che metteva i brividi, rotto solo da qualche schianto
qua e là, di cui non si capivano
le cause.
La seconda notte Omero ritrovò anche me in redazione.
Appena ero riuscito a liberarmi
della morsa dell'acqua (ero rimasto prigioniero in un palazzo di via IJgo Bassi) mi ero presentato al giornale. E cominciai
anch'io a correre da una noti-
CLAUDIO
BOTTINELLI
Non potrò mai
dimenticare la rabbia della
gente che, nei giorni
successivi, spalava
dalle case, dalle officine,
dai negozi devastati
Pagina 126
zia all'altra, da una segnalazione all'altra, da una persona
all'altra. Ricordo il Luna Park
che era in via Amiata, dove oggi
c'è un parcheggio interrato; tutto fu rovinato. Ricordo i racconti di chi aveva visto il ponte di
Istia sollevarsi per la forza della
piena, essere strappato dagli argini e portato in alto intero, per
sgretolarsi poi quando l'acqua
Alluvioni in Toscana
lo lasciò a mezz'aria. Ricordo il
mucchio di cambiali che la
Banca Toscana chiese alla nostra redazione (che era proprio
sopra la banca, in Corso Carducci) di ospitare in una stanza
perché erano intrise d'acqua e
di melma; un mucchio enorme, sarà stato un cubo di tre
metri per più di due in altezza
che rimase chiuso in quella
stanza guardato a vista da un
agente armato. Ricordo la giovane dottoressa MariaAlessandra Barbantini della Questura
che dirigeva il centro di soccorso alla popolazione allestito in
piazza della Vasca. Ricordo le
voci incontrollate di tragedie e
devastazioni, le più fortunatamente non vere. Ricordo i giovani e gli Scout che, da subito,
si fecero avanti per allestire
squadre. Ricordo i portuali di
Piombino e Livorno, i primi a
venirci in aiuto. Ma soprattutto
non potrò più dimenticare la
rabbia della gente che, nei giorni successivi, spalava il fango
dalle case, dalle officine, dai negozi devastati. Ebbi l'incarico
di girare la città, strada per strada, armato di taccuino, e di parlare con la gente, di scrivere per
il giornale la loro disperazione,
i loro racconti, le loro speranze.
Che erano quelle di una città
che per giorni venne di fatto lasciata sola o ebbe comunque
ben pochi aiuti. «Il lutto di
Grosseto non si addice alla tv»
scrisse Beppe Bottai in un articolo che è rimasto storico. D'altra parte anche Firenze era stata travolta dall'alluvione del
suo fiume, e Firenze per il mondoera piìi importante.
Anche Grosseto finì sulle pagine dei grandi giornali e nei
notiziari della tv: gli inviati, i
giornalisti famosi, comparvero
dopo qualche giorno. Andavano in Prefettura, parlavano col
Sindaco, venivano a chiedere a
noi che l'alluvione l'avevamo
vissuta da giornalisti. Arrivavano la mattina e a sera - i più erano di nuovo in viaggio per
Firenze, visto che soprattutto
era di Firenze che dovevano interessarsi.
Dal Telegrafo
al Tirreno
per non dimenticare
Cinquant'anni dopo siamo
ancora qui. Allora il giornale si
chiamava il Telegrafo, oggi ë il
Tirreno. Allora come oggi in
prima linea a raccontare
Grosseto e la sua provincia, la
storia e le storie di una
comunità. Storie di tutti i giorni,
a volte storie grandi, a volte
storie terribili. Come quella
dell'alluvione del novembre
196& Oggi di quel dramma
ricorre il cinquantesimo
anniversario. Per fortuna nel
novembre del 1966 a Grosseto
c'era il Telegrafo, con i suoi
cronisti e i suoi fotografi- è
anche grazie a loro se oggi di
quel dramma, per molti versi
silenzioso, resta memoria
ufficiale, pubblica. in occasione
dei 500, oggi il Tirreno - in
edicola con il quotidianoregala "il Telegrafo del
novembre 1966", le pagine e le
cronache di quei giorni. Un
fascicolo speciale realizzato dal
Consorzio di Bonifica e
stampato da Effigi, che aiuta a
comprendere la dimensione del
dramma raccontato "in diretta"
da chi lo stava vivendo. Gli stessi
che, nelle pagine del Tirreno dei
4 novembre 2016, cinquant'anni
dopo ricordano perchi non
c'era. Perla memoria,
nell'auspicio che la memoria sia
da guida nella costruzione di un
futuro migliore.
Pagina 127
IL LAVORO DE L CRONISTA
giornate e del suo lavoro?
«Certo. Più di una volta. Mi
a
, Mìo padre, la voce dei grossetan
11/
i»
orn eero Marraccini ricordato da Maurizio : sono orgoglioso di lui
mero Marraccini è stato, insieme a Claudio
Bottinelli, una penna-simbolo del Tirreno. Diventò caposervizio nel 1960 e
guidò la redazione grossetana
fino al 1970, prima di passare
a La Stampa. Fu lui, più e meglio di ogni altro, a raccontare
l'alluvione del ' 66.Omero mo rìnel 1991, quando aveva solo
57 anni, dopo una brillante
carriera da giornalista con tre
testate diverse: Telegrafo/Tirreno, Stampa e Nazione.
Omero arraccini
Ieri abbiamo incontrato il figlio, Maurizio, per ricordare
Omero a 50 anni di distanza
dall'evento che ne segnò lavita professionale. «Mio padre attacca Maurizio - mi ha senopre detto che in quei giorni
terribili, quando sembrava
che ci fosse solo Firenze e la
sciagurata alluvione della Maremma fosse una quisquiglia,
addirittura assente sulle pagine dei grandi giornali, Il Telegrafo riuscì a dare voce ai grossetani. Forse anche per questo, in tanti, in questi 50 anni,
hanno usato parole lusinghiere verso di lui, commenti che
mi hanno sempre reso orgoglioso».
Le ha mai parlato di quelle
ha sempre detto che il 4 novembre del 1966 (io avevo solo due anni) I1 Telegrafo arrivò
puntuale a Grosseto col treno
delle cinque e mezzo e in prima pagina titolava a quattro
colonne: "Alluvione in Maremma". L'articolo si riferiva
agli allagamenti del pomeriggio-sera precedente, quando
babbo era uscito con il fotografo Mario Bernieri per rendersi conto di persona e poi
scrivere l'articolo di apertura».
Si ricorda se Omero tornò
a casa la notte tra il 3 e il 4?
«Mi ha sempre detto che dopo aver inviato i pezzi - rimase fino all'una a guardare
l'Ombrone, alternando un salto in Prefettura e una visita alla caserma dei vigili del fuoco,
perché nel frattempo, dai corrispondenti, arrivavano notizie di allagamenti a Castiglione, Braccagni e in altri comuni della provincia, anche a
sud. Mentre l'Ombrone era
sempre più minaccioso. Poi
venne a casa a dormire qualche ora, ma già alle 7 era di
nuovo in macchina, perché
aveva capito ciò che stava per
succedere. Lo rivedemmo
qualche giorno dopo arrivare
in via Adamello con un gommone dei vigili del fuoco a
portarci i viveri. Ma tutto questo babbo lo racconta benissimo in un articolo scritto, sempre per Il Telegrafo, in occasione del decennale» (Maurizio ha in mano proprio quella
copia del novembre 1976).
Cosa dice l'articolo?
Maurizio legge alcune righe: «A giorno aveva quasi
Alluvioni in Toscana
Pagina 128
Maurizio, il figlio
smesso di piovere, ma non si
vedeva un solo uccello volare.
Anche i migratori palustri erano fuggiti da 24 ore. Giravo, in
auto, per una città che aveva
perso la voce. (...) Poi mi ritrovai su viale Sonnino con la
mano rattrappita sul clacson.
Avevo paura. Pigiai sull'acce-
Alluvioni in Toscana
leratore e la macchina fece il
suo dovere. Raggiunsi piazza
della Vasca. Facce sbiancate
in Prefettura. Accorrere di
commessi da una stanza all'altra, con il prefetto Felice Marchioni monumento all'infelicità del funzionario piovuto
qui chissà come. Era arrivato
da quindici giorni. Superato
lo choc si rivelò il Mac Arthur
della situazione».
Della reazione dei maremmani cosa le ha raccontato
suo padre?
«Che fu immediata e positiva. Che i grossetani, ma anche
gli abitanti delle campagne,
delle frazioni, dei paesi vicini,
si misero a lavorare, accompagnando il lavoro con qualche
bestemmia. E che soprattutto
i primi giorni gli aiuti da fuori
restarono una speranza, un
miraggio».
(g. b.)
Pagina 129
L'obiettivo puntato sul disas ro
Mario
r i ri e Antonio
® di Agenzia f
l'immagine
della ragazzina
,«
ia
prima del l'alba
si era capito
chela situazione
era d íff
di GABRIELE BALDANZI
un simbolo più che
una fotografia. Un'immagine diventata lo
spot dell'alluvione in Maremma: una bambina disperatamente attaccata in cima al
tetto di un casolare, in campagna; gli occhi rivolti verso
l'alto, il volto tirato per la
paura.
Per quella e altre foto
l'Agenzia fotografica Bf, negli ultimi cinquant'anni, ha
ottenuto riconoscimenti, citazioni, premi a livello nazionale. Un pezzetto de Il Tirreno (all'epoca Il Telegrafo)
che in quelle grigie giornate
di novembre marcò la differenza rispetto alle altre testate. Una foto che al giornale e
agli autori (Mario Bemieri e
Antonio " Tonino " Ferrari) è
stata chiesta centinaia di volte e che all'epoca fu pubblicata anche da quotidiani e riviste straniere.
Alluvioni in Toscana
rr ri raccontano la loro alluvione
Tonino e Mario li abbiamo
incontrati nei giorni scorsi,
in quello stesso fondo - in via
Vinzaglio - dove si trovavano
nel 1966, quando avevano 30
anni e da poco intrapreso la
professione di fotoreporter.
La sede storica dell'Agenzia
Bf. B e F, le iniziali dei loro cognomi. «In quei giorni e nelle
settimane successive scattammo migliaia di foto - attaccano - raccontammo il disastro, la desolazione, la città
e le campagne invase dalle
acque limacciose, i danni a
Roselle, Istia e Braccagni. E
poi la ripulitura, la ricostruzione, la volontà e la speranza in un periodo in cui tutto
sembrava possibile, in cui
già si parlava dell'uomo sulla
luna. Figuriamoci se in Maremma ci poteva fermare
un'alluvione...».
Oggi sorridono ripensando al tour de force compiuto
a partire dal pomeriggio del 3
novembre. A parlare è Mario
Bernieri: «Coni Omero Marraccini, che era il caposervizio della redazione di Grosseto del Tirreno, partimmo a
bordo della sua LanciaAppia
subito dopo pranzo, il giorno
3. Sapevamo che a Braccagni-Sticciano, nella zona del
Madonnino, era tutto impelagato. E in effetti, già arrivati
al Bottegone, nelle fossette
laterali della strada, l'acqua
era piuttosto alta, i campi allagati. Omero era vestito bene, io invece avevo portato
anche gli stivali e a Braccagni
mi tolsi le scarpe e indossai
la gomma. roi tacemmo un
giro. Ci accompagnarono alcuni abitanti. La situazione
non era drammatica, a dire il
vero. Qualche scantinato allagato, gli affluenti del Bruna
gonfi. A Sticciano il sistema
fognario era saltato. Feci
qualche foto per il giornale,
nulla di indimenticabile.
Quando tornammo alla macchina scoprii che mi avevano
fregato le scarpe asciutte...».
Mario e Tonino furono gli
occhi dell'alluvione: «Il lavoro vero e proprio iniziò prima dell'alba del 4 novembre
- sono parole di Tonino Ferrari - eravamo già dalla sera
prima in contatto con i vigili
del fuoco e la Prefettura. Era
bastato fare un giro sull'argine per capire che la situazione era compromessa. Andammo, avanti giorno, alla
caserma dei vigili, in via Senese, e da lì iniziò la giostra.
Grosseto era già fradicia. Aveva fatto tanta pioggia. La sera
prima alcune strade erano
state chiuse verso Roselle,
dove il Salica aveva tracimato e diverse persone trasferite in città, i primi alluvionati.
Alle 6 eravamo presenti alla
telefonata tra il comandante
dei vigili del fuoco e un dirigente del Genio civile. Si cercavano rassicurazioni a vicenda, ma nessuno era tran-
fotografi
quillo. In città erano già arrivate voci - da alcuni camionisti - che al Motel Agip l'Ombrone stava iniziando a tracimare. Noi portammo la macchina dell'agenzia dentro al
piazzale della caserma, pensando che fosse al sicuro. Poi
io rimasi e Mario uscì con i vigili del fuoco per un altro intervento a Roselle. Rientrò
dalla strada dello Sbirro, riprendendo la vecchia Aurelia. Ma arrivato a Grosseto,
da Barbanella, fu costretto a
traversare la ferrovia e rifugiarsi in piazza della Vasca».
Mario conferma questo
racconto: «Che al Motel Agip
si era aperta una falla nell'argine dell'Ombrone l'avevo
saputo mentre passavo a
prendere i giornali, al mattino. Lo raccontava un camionista che veniva da Orbetello
e che ci aveva raccontato ciò
che aveva visto, ma noi non
ci arrivammo mai in quel
punto, alle Quattro Strade.
Almeno fino ai giorni successivi». Lì il fiume aveva fatto i
danni maggiori, lì l'acqua era
troppo alta.
Pagina 130
Tonino e Mario: la fatica, i premi
e il titolo di "Angeli del fango"
aria e Tonino tenevano
al collo due Rolleiflex
con pellicola mediofor-
mato 6x6, (12 fotogrammi quadrati di 56 mm di lato), macchine tedesche straordinarie, con
una sincronizzazione flash su
tutti i tempi di scatto e lenti dalla definizione incredibile. «Il fotografo doveva essere bravino specifica, con orgoglio, Mario
Bernieri - ma davano grandi
soddisfazioni». L'Agenzia Bf,
con Tonino e Mario, copri la città e la periferia. «Paradossalmente - sono parole di Antonio
Ferrari - di
quelle giornate
mi è rimasto
fissato dentro,
a distanza di 50
anni, l'impatto
olfattivo
più
che visivo: il
puzzo di fango,
di idrocarburi,
di marcio». I
Qui sopra
immagine
ef dei 1966
Nella foto
grande
Mario
Bernieri
(a sinistra)
e Tonino
Ferrari
con
ia nuovo
libro
due reporter del Telegrafo condivisero i pericoli con quanti allora si prodigarono al limite delle loro forze: «Uscivamo di casa
al mattino, alle 6, e rientravamo
a notte. Andammo avanti così
per diverse settimane». Mario si
mise alle calcagna dei militari,
viaggiò sugli elicotteri dellabase
Baccarini, sui gommoni, i barchini, i mezzi anfibi. Tonino fotografò l'umanità, la Grosseto
fangosa. «A volte capitò di fare
da cronisti e da fotografi - corifermano entrambi - mettemmo
insieme, quasi senza accorger-
Alluvioni in Toscana
sene, una documentazione
sconfinata, amplissima e dettagliata, riuscendo a testimoniare
la crudezza dei fatti, l'angoscia
dei volti, ma anche la speranza».
Sia a Mario che a Tonino chiediamo quali, tra migliaia di immagini, sono ai loro occhi quelle più significative: «Oltre alla
bimba sul tetto - rispondono - ci
mettiamo il pianoforte attaccato al soffitto in casa Pantani, in
via dei Mille. E poi i cavalli da
corsa rimasti impiccati all'allevamento di Barbaruta, quando
le acque iniziarono a ritirarsi.
Un brutto spettacolo. E ancora
le giostre sommerse al campo
Amiata».
Per la cronaca la sede
dell'agenzia, in via Vinzaglio, si
salvò. L'acqua arrivò alla soglia
senza entrare. Rimasero compromettesse
la
vettura
dell'agenzia e altro materiale durante le uscite, ma non chiesero
mai risarcimenti.
Infine i concorsi: «Con le foto
dell'alluvione - conclude Tonino - ci siamo tolti delle belle soddisfazioni. Abbiamo vinto perfino un concorso nazionale organizzato da La Nazione, il giornale concorrente. Siamo stati insigniti della qualifica di "Angeli
delfango", ma soprattutto - ed è
la soddisfazione più grande - le
nostre foto hanno fatto il giro
del mondo e ancora oggi sono richiestissirne. Peccato per le negative che sono andate perse
con i viaggi da e per Livorno con
i fuori sacco...».
(g. b.)
Pagina 131
Da via San Martino a via Ferrucci
Le nuove foto in regalo con il Tirreno
E a proposito dell'Agenzia Bf,
prosegue il viaggio fotografico
con le immagini di
quell'inesauribile archivio. Oggi
il Tirreno in edicola regala la
nuova scheda, che ci porta in via
San Martino, da sempre uno dei
"cuori" del commercio in centro
storico . La piena del novembre
1966 qui provocò danni
incalcolabili, perché l'Ombrone
salendo da via de' Barberi entrò
dritto da Porta Vecchia, devastando in particolare piazza del Sale e
via San Martino, tra le zone più "basse " del centro. Come sempre
accanto alla foto dei 1966 la scheda propone l 'immagine dello stesso
punto oggi. Nel 2016 esiste ancora il panificio, all'epoca distrutto, e
Ombretta Panichi - nipote dell'allora titolare - racconta attraverso
la penna di Luca Sonetti , la vicenda di quello storico negozio. Ma il
lungo viaggio col Tirreno tra passato e presente non finisce qui. Ci
sono altre undici tappe , la prima domani. Quando andremo in via
Ferrucci, a ritrovare - riemersi da una foto simbolo - "i tre ragazzi
meravigliosi" di Pilade Rotella e Luciano Bianciardi.
Alluvioni in Toscana
Pagina 132
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fango
Parla la figlia dell'assessore Giorgetti che alle 7 di mattina si precipitò nella golena
«Noi eravamo a casa e lui ci mandò un biglietto, così scoprimmo il cataclisma»
di TAMARA GIORGETTI *
-
uel maledetto 4 novembre 1966 cominciò, per la veri-
tà, il gion,,9-prima. Il cielo si fece color piombo e l'acqua per
troppe ore venne giù a catinelle in Maremma e, soprattutto,
in montagna. Fece buio prima
quella sera, un'oscurità minacciosa, rotta da un fitto
"balenio", come fosse un bombardamento. Pareva che le cateratte del cielo si fossero rotte;
un "lavoro" in quel modo non
si ricordava a memoria d'uomo. La gente cominciò a preoccuparsi, ci si interrogava aggrottando le fronti, i più vecchi
cominciarono a presagire il disastro: e disastro fu!».
Comincia cosa il capitolo
sull'alluvione nel libro di mio
padre. Solo due paginette alla
fine, non aveva voglia di parlare dell'alluvione e come dice
lui «troppe cose di cui si è scritto e parlato fino alla noia». Ma
ricordo alcune immagini che
sono stampate nella memoria
di tutti noi come la foto della
bambina sul tetto dell'idrovora di Cernaia.
L'Ombrone ruppe gli argini
in quattro punti alle 7,55 della
mattina del 4 novembre 1966
ed entrò con tutta la sua prepotenza in città sommergendola
con la sua acqua marrone, portandosi dietro tutto quello che
trovava. In poche ore la città e
la provincia furono sotto quattro metri di acqua. I segnali
Alluvioni in Toscana
c'erano tutti, da giorni ormai
pioveva a monte, e in Maremma si sa che, quando piove a
lungo a Buonconvento, le notizie non sono mai buone. Nonno Gino scuoteva la testa e borbottava fra sé e sé parole che
non lasciavano dubbi: il peggio
poteva arrivare. Ne avevano viste di piene i vecchi grossetani;
e specialmente loro che venivano da Volta di Sacco conoscevano bene il fiume. Le targhe
sono tutte li attaccate sulle mura, a Porta Vecchia, a testimoniare le piene dell'Ombrone
degli ultimi 100 anni e i metri
erano sempre più alti.
L'alluvione di Grosseto, definita giustamente da Pilade Rotella e Luciano Bianciardi
"L'alluvione della povera gente", l'alluvione che colpi una
provincia già molto povera
con un alto tasso di disoccupazione. Grosseto fu dimenticata
perché lo stesso giorno l'Arno
esondò allagando Firenze: la
capitale
dell'arte italiana
"rubò" la scena e non solo, a Firenze arrivò di tutto da tutto il
mondo.
Ma una cosa va detta: a Firenze l'Arno esondò, ma a
Grosseto l'Ombrone ruppe gli
argini ed è cosa ben diversa.
Un fiume esonda dolcemente,
ma quando rompe lo fa con
tutta la prepotenza di cui è capace e l'Ombrone è un fiume a
carattere torrentizio quindi ha
la prepotenza di un torrente,
non la dolcezza di un fiume.
ze e neppure qualche riga sulla
Maremma. Sicuramente l'alluvione di Firenze fu drammatica, perché colpi un patrimonio
di inestimabile valore; ma la
piccola provincia maremmana visse lo stesso dramma.
Quindi dopo 50 anni rendiamo
giustizia, ricordiamo, ricordiamo tutti quelli che lavorarono
giorni e mesi. Anche in Maremma ci furono gli Angeli del fango.
Il Genio civile era in preallarme, i turni di guardia per capire quanto cresceva il fiume erano ormai fissi e fu la prima volta che sentii parlare di "portata
d'acqua della piena", di metri
oltre il "limite di guardia". E ormai superato il limite di guardia, era importante capire se
l'acqua correva verso il mare o
no: se durava il vento di terra il
mare riceveva l'acqua dell'Ombrone. Ma il vento cambiò.
La mattina il telefono squillò
molto presto, prima delle 7 e
andai io a rispondere. Era il comando dei vigili urbani che voleva urgentemente babbo, seppi dopo che lo avvisavano di
andare subito a controllare
perché sembrava che l'Ombrone stesse andando fuori dalla
golena, ma non sapevano di
preciso dove, e alcune strade
erano già allagate. Noi abitavamo al quinto piano, quindi eravamo più che sicure, babbo
uscì e lo rivedemmo a notte
fonda, arrivò solo un biglietto
per avvisarci di quello che stava succedendo.
Uscito da casa si era diretto
verso sud, aveva pensato di gridare verso la "barca" passare la
ferrovia a Gorarella e andare a
vedere il livello dell'acqua. Ma
si trovò di fronte un muro di acqua che stava arrivando, fece
una rapida conversione sui binari e si diresse verso la Prefettura, che fu l'unica sede di istituzione a rimanere asciutta anche il Comune era finito
sott'acqua - e da 13 parti la macchina dei soccorsi.
L'Ombrone aveva rotto gli
argini in quattro punti, due appena fuori città dove era il Motel dell'Agip e poi in via dei Barberi, dove il fiume entra in città, l'argine è vicino alle case.
All'inizio c'era un solo elicottero, uno di quelli piccoli con
sotto lo zatterone arancione.
Gli altri, quelli dell'esercito,partiti da Roma, erano rimasti
bloccati per il forte vento, così
come rimasero bloccati i mezzi anfibi: non riuscirono a metterli in acqua per attraversare il
ponte Mussolini, spazzato via.
Rimase bloccata anche la troupe della Rai che stata venendo
a Grosseto per i festeggiamenti
del 4 novembre all'aeroporto
militare.
Nessuno riuscii a entrare in
I giornali e i telegiornali di
tutto il mondo riportarono solo articoli e immagini di Firen-
Pagina 133
Via Telamonio , il ponte dei Macelli e in alto Enzo Giorgetti
Nei giorni
precedenti
c'erano stati
dei segnali. Nonno Gino
e i vecchi grossetani
avevano intuito prima
degli altri che cosa
stava per accadere
Alluvioni in Toscana
Dal nostro
terrazzo
si vedeva bene
il ponte dei Macelli
Da li passava di tutto
Macchine, autobus,
camion e tanti animali
Alcuni erano ancora vivi
città prima di due giorni, ma i
grossetani non si lasciarono
vincere dalle acque, conoscevano la forza dell'Ombrone e
sapevano cosa dovevano fare:
rimboccarsi le maniche.
Babbo, come assessore al
Comune di Grosseto, fu consegnato dal nostro sindaco Renato Pollini in quanto conoscitore del territorio anche senza
cartine topografiche, inutili essendo tutto il territorio sott'acqua. Il pilota, militare (dettero
un grosso aiuto i militari), e
mio padre partirono per un giro d'ispezione, e si resero conto che la situazione era più
drammatica del previsto. Tutto era sommerso, le cascine, i
poderi, le case cantoniere, tutto coperto, e non si capiva che
fine avesse fatto la gente: una
grande desolazione. Avvisarono la popolazione, con un megafono dall'elicottero, dicendo
di salire sui tetti e cominciarono i lanci di biscotti e latte: a
quei tempi le bottiglie erano di
vetro e molte si rompevano,
ma poi cominciarono ad arrivare a segno e la gente non si
sentì più sola.
Le acque si ritirarono lasciando fango dappertutto,
carcasse di animali, macchine,
biciclette, motorini e anche autobus, tutto quello che si trovava nelle case, sulle strade e in
ogni luogo dove l'acqua era entrata. Grosseto non aveva grandi opere d'arte come Firenze,
rna ha avuto l'acqua molto alta
ed è stata dimenticata. I ma-
remmani, gente dura e tenace,
si sono rimboccati le maniche
e hanno saputo da subito che
avrebbero dovuto fare da soli e
da soli fecero.
Il giorno in cui si ritirarono le
acque i prezzi degli stivali di
plastica e delle pompe per aspirare l'acqua dagli appartamenti e cantine erano andati alle
stelle: gli sciacalli sono sempre
presenti nelle disgrazie.
Dal nostro terrazzo si vedeva
bene il ponte dei Macelli, e da
sotto quel ponte passava di tutto: macchine, autobus, camion addirittura e animali, tanti animali di tutte le specie e taglie, alcuni ancora vivi che cercavano disperatamente di salvarsi. In tutto questo dramma
che si stava consumando ci
giunse voce che i proprietari
del negozio di alimentari proprio attaccato al ponte, che abitavano nel nostro palazzo, erano rimasti bloccati dall'acqua.
Pensando che fosse una cosa
passeggera non avevano pensato di chiudere e andarsene.
Quando l'acqua cominciò a salire anche loro cominciarono a
scalare gli scaffali del loro negozio e dovettero passare la
notte abbarbicati sull'ultimo
piano degli scaffali. Furono salvati due giorni dopo.
Quando riuscimmo a uscire
da casa e fare pochi metri intorno a noi, c'erano solo fango e
desolazione, ma anche tanti
grossetani con le mani nel fango. E da quelle immagini la promessa che non sarebbe più
successo.
*Figlia di Enzo Giorgetti
Pagina 134
hi, il firme visto (Ial basso
ii canoa tra triti e aneddoti
Lo
disceso per intero tre volte: «bisogna lasciar fr tutto alla natura»
di PIERLUIGI SPOSATO
e conosce i suoni e i rumori. E soprattutto i silenzi. Ne conosce i pericoli e i segreti. E soprattutto il fascino. Ne conosce il passato e il
presente. Ma immaginarsene il
futuro non è facile nemmeno
per lui. A ottanta anni, Umberto
Mario Bambi è ancora innamorato dell'Ombrone, forse anche
più di quella prima volta che impugnò la pagaia.
Talmente innamorato che
quasi tutti i pomeriggi di questa
estate ha di nuovo vestito i panni della guida, reclamato dalla
cooperativa Silva e dai suoi
clienti, per far scoprire ai turisti
questo angolo di Maremma.
Trenta anni di servizi. Difficile
trovare chi conosca meglio di
lui - dal basso - l'Ombrone, lui
che l'ha anche disceso interamente - celebri le imprese del
1986 e nel 1996, rna anche quella del 2006 - in compagnia di un
drappello di appassionati: Claudio Venturi e Fabrizio Giustini
tra quelli della prima impresa di
cui anche Il Tirreno, insieme ad
Aics, fu promotore. Una testimonianza di affetto che non si
spegne nemmeno adesso, nemmeno di fronte alle decine e decine di domande dei visitatori
che vogliono sapere le stesse cose: i pesci, i cinghiali, le
alluvioni... Per tutti Mario ha
una risposta, un aneddoto, una
storia più o meno vera.
«Non so bene come fosse
Alluvioni in Toscana
Umberto Mario Bambi con la sua canoa in una foto di qualche tempo fa
l'Ombrone prima di 30-40 anni
fa - dice oggi Bambi - So che di
recente tante cose sono cambiate: la depurazione finalmente efficace, a monte, ha migliorato in
molti aspetti la qualità delle acque anche nel tratto finale. Però
occorre fare attenzione, il fiume
è sempre un'insidia». Lui di fiumi - e che fiumi! - se ne intende:
Ira percorso anche il Danubio,
ha partecipato alla discesa
dell'Arno. Non lo confessa, accampa l'età avanzata e problemi di salute : ma gli si legge negli
occhi che un'occhiata a tutti
quei 160 chilometri gliela darebbe di nuovo volentieri, magari
per cogliere aspetti mai visti o
trasformati. «L'Ombrone è vivo:
non tutti i fiumi sono vivi rna
l'Ombrone lo è ancora»".
Lo testimoniano i cambiamenti di percorso, più o meno
marcati, la presenza di animali,
i segni dell'uomo che riaffiorano. «Tra la Barca e ii ponte della
ferrovia deve esserci stato, tanto
tempo fa, un approdo o qualcosa di similare. Mi hanno detto
che, cercando bene, si trovano
piccoli cocci, presenza di non so
quale periodo».
Chi sceglie di scendere il liume in canoa sale alla Barca sulle
canadesi compagne di mille avventure: ce ne sono di appaiate,
per garantire una stabilità magF
Pagina 135
vare fino in fondo in canoa: l'ultimo tratto è zona protetta dal
Parco, c'è il falco pellegrino. E
uno dei tratti più belli. E anche
quello è cambiato : è diventato
estuario, mentre prima assomigliava più a un delta, con i chiari». Pesci? Si, ce ne sono. E sulle
sponde fanno capolino cinghiali e daini. Il fiume è vivo.
La nostra inïziativa dei 1986
giore, per evitare che qualcuno
piombi inavvertitamente in acqua: «Ma è capitato lo stesso,
sa? Una turista tedesca, tanti anni fa. Vidi un movimento strano, con la coda dell'occhio, e intuii che era caduta in acqua.
Non aspettai nemmeno di aver
capito: mi gettai giù e, tastando
con le braccia nell'acqua melmosa, torbida, riuscii a trovarla.
Ma non fu facile riportarla su:
addirittura rischiai di affogare
anche io. Un brutto momento».
Il regno di Bambi ha, adesso,
confini geografici ben precisi:
sono quelli che arrivano fino a
tre chilometri dalla foce dell'
Ombrone. «Non si può più arri-
Alluvioni in Toscana
Se ii cammino della canoa deve fermarsi per regolamento, la
fantasia di Umberto non ha confini. Arriva fino all'Uccellina: il
luogo delle leggende . «A chi mi
chiede qualche storia di queste
parti, racconto spesso quella
della Bella Marsilia: a modo
mio, a prescindere da come si ritiene che sia andata veramente». E chi vuole sapere come la
racconta lui, non deve far altro
che salire in canoa. Bambi attinge poi al serbatoio della memoria, e racconta di quando era ragazzo: di quando, dalle parti del
Berrettino, andava a fare il bagno con i coetanei. Storie che
sembrano lontanissime e che invece fanno parte del bagaglio
dei ricordi di tanti grossetani.
Ma oggi l'Ornbrone fa paura?
«Io ho visto tanti cambiamenti
nel fiume, anche da fuori. Ho visto che tanti alberi, all'interno
del letto, sono stati strappati via
dalla furia di queste tempeste di
acqua che si sono abbattute sui
nostri territori . Sono un presidio importante, gli alberi: non
credo che si debba lasciar fare
tutto alla natura, bisogna intervenire».
Pagina 136
L
1
T
T ERRAMARE
Appello alle istituzioni
«Serve un contratto
per diminuire i rischi»
r 1 fiume Ombrone come un
gigante addormentato, che
iL_ scorre a volte placido, altre
volte meno. Quando il gigante si
sveglia, fermarlo non è facile.
Dall'alluvione del 1966 l'intervento è stato indirizzato verso il
controllo e il monitoraggio: valorizzare il fiume e nello stesso
tempo metterlo sempre più in
sicurezza. E ciò che si sono riproposte l'associazione Terramare, la Uisp di Grosseto e Legambiente,
rilanciando
il
"Contratto di Fiume" come strumento strategico anche dal punto di vista della sicurezza. Fra le
tante iniziative, è stata organizzata una manifestazione sportiva, presentata nella sede del comitato provinciale Uisp di Via
Romania.
Proprio in questa occasione
Legarnbiente attraverso il re-
Alluvioni in Toscana
sponsabile nazionale, Angelo
Gentili, e Teramare con il presi dente, Maurizio Zaccherotti,
lanciano un accorato appello. Il
fiume ad oggi ha degli aspetti
positivi per l'ambiente. Unico
in tutta Italia a livello naturale,
ma con grossi problemi dovuti
al deflusso delle acque. Criticità
dovute ad una gestione poco organizzata, che lo porta spesso a
riempirsi di detriti, ad essere
meno navigabile e più pericoloso in caso di piena: «Sono iniziative molto belle alle quali collaboriamo volentieri - spiega Gentili - per testimoniare quali sono
le condizioni attuali di questo
fiume. Sono passati tanti anni
dall'alluvione. Oggi l'Ombrone
ha da una parte grandi potenzialità. Dall'altra conserva grossi rischi. Basti pensare che vaste
aree della città di Grosseto sono
La presentazione della due giorni di manifestazioni sull'Ombrone (foto Bf)
a rischio dal punto di vista
idraulico. La dove si è costruito
malamente, il flume tende a dare le risposte negative».
Cosa si può fare oggi? Legarnbiente ha già una risposta:
«Dobbiamo trovare tutti insieme delle soluzioni come discendere il fiume e vedere le sue reali
condizioni. Controllare la presenza di rifiuti abbandonati.
Quella dei detriti che creano difficoltà al deflusso delle acque.
Sono informazioni importantis-
sime, unite al fatto che fa fatta
una continua manutenzione.
Noi lo ripetiamo continuamente. Il fiume va curato e non può
essere lasciato a se stesso. Va anche in qualche misura guidato.
In questo senso facciamo un appello molto forte alle istituzioni
attraverso il "Contratto di Fiume". Un contratto che viene stipulato, fra istituzioni, cittadini e
associazioni per diminuire il rischio idraulico e per valorizzare
le potenzialità del fiume stesso,
Pagina 137
%/L°.,d/.
Da
Alluvioni in Toscana
o4, Ist Ln/. ,irbí' 77 rr. nr ,
Due giorni di manifestazioni
sportive per non dimenticare
l'alluvione dei 1966 . E' l'iniziativa
ecologica organizzata da comitato
Uisp di Grosseto, Lega Ciclismo e
Acqua Viva, associazione
Terramamare, Legambiente, con
Istituto agrario e Liceo sportivo di
Grosseto, Croce rossa e il patrocinio
dei comune di Grosseto. Domani
(ore 9 ) la ciclo passeggiata
sull'argine dei fiume di circa 13 km
che inizierà proprio dal punto in cui
cinquanta anni fa si creò il varco
che provoco l'inondazione. Insieme
ai ciclisti anche un gruppo di
podisti. Nello stesso tempo
Terramare organizzala discesa del
fiume, 77 km da Buonconvento a
Istiad'Ombronedi due giorni. Si
parte domani , con il primo tratto
che si concluderà a Paganico. Per
proseguire il giorno dopo fino a
Istiad 'Ombrone. a il condizionale
è d'obbligo. infatti fanno sapere da
Terramare che attualmente i tratti
navigabili sono pochi . Nello stesso
tempo le previsioni meteo
prevedono grossi fenomeni
temporaleschi e la manifestazione,
sopratutto per motivi di sicurezza,
non potrebbe avere luogo. (m.g.)
contribuendo attraverso coloro
che godono e partecipano
dell'area fluviale, come già avviene in molte zone d'Europa.
Dobbiamo spingere affinché il
Consorzio Bonifica da una parte e le istituzioni comunali
dall'altra che sono attraversate
dal percorso del fiume si facciano carico delle loro responsabilità sotto questo aspetto».
Anche Zaccherotti è molto
critico: «Sono anni che monitoriamo il fiume. Abbiamo raccol-
to una montagna di dati, che
mettiamo a disposizione delle
istituzioni. Attualmente dei 77
chilometri da Buonconvento a
Istia d'Ombrone, pochi sono navigabili, proprio per l'eccessiva
sedimentazione del corso del
fiume e peri troppi detriti lungo
il suo percorso. Va bene ricordare l'alluvione, ma bisogna guardare al futuro, perché gli stessi
eventi tragici di quei giorni non
si debbano ripetere ancora».
Massimo Galletti
Pagina 138
io incinta, impiegai 4 giorni per tornare a casa
«Quel giorno melo ricordo bene : tornavo da Roma in treno ed ero
incinta di mio figlio Enrico . Ad ogni stazione, il convoglio si fermava: e
nessuno sapeva darci notizie. Nessuno capiva cosa stava accadendo.
C'era molta confusione, ma era chiaro che era successo qualcosa di
grave. Si capi tutto quando arrivammo nei pressi di Grosseto, con le
campagne allagate e un clima irreale. Arrivata alla stazione mi ritrovai
purtroppo sola. Per tornare acasa , a Batignano, ci misi quattro giorni».
Maria Vittoria Peruzzi non può dimenticare cosa successe il 4 novembre
dei 1966. Era andata a Roma al ministero delle Poste per chiarimenti
sul suo posto di lavoro : per sapere la sua nuova destinazione, che poi
l'avrebbe portata per un periodo in Liguria. «All'epoca le comunicazioni
non erano facili - racconta Maria Vittoria -e mi ero messa d'accordo
coni miei fratelli che dovevano venire a prendermi, ma nessuno poteva
passare. Le stradeerano impraticabili, compresa quella che da
Batignano portava a Grosseto. Non mi scoraggiai però, e in qualche
modo in mezzo a quella valanga di fango mi incamminai verso casa di
una mia zia, che mi ospitò. Furono ore drammatiche , soprattutto
perché non potevo mettermi in contatto con la famiglia, che
immaginavo in pensiero per me». Nel giorni successivi fu chiaro che
sarebbe stato davvero complicato far sapere dove Maria vittoria fosse
finita. «Mici vollero quattro giorni per mandare un messaggio a casa e
dire dove fossi. Meno male che i miei fratelli avevano un camion e
riuscirono in qualche modo a passare. Un'avventura che anche a
distanza di cinquantanni certo non posso proprio dimenticare». en.gi.
Alluvioni in Toscana
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Omaggio agli angeli del Mantovano
una mostra con 52 foto inedite ricorda chi nel'66 portò aiuto da S. Benedetto Po
di ENRICO GIOVANNELLI
14 novembre del 1966 l'alluvione non colpì solo Grosseto: anche a Castiglione
della Pescaia i danni furono
tantissimi, specialmente nelle
campagne e nelle frazioni, come nella piana sotto Vetulonia.
E stata un po' "Un'alluvione dimenticata": il richiamo mediatico si concentrò su Firenze. Di
storie da raccontare però ce ne
sono: una è quella dell'aiuto
portato dai cittadini di San Benedetto Po, arrivati per dare
una mano; una loro delegazione è attesa oggi.
L'idea, partita in collaborazione con l'Unitre di Castiglione e a cui l'Amministrazione
comunale ha aderito, è: ricordare quei tragici giorni e chi si
era dato da fare per aiutare la
popolazione, rimanendo però
tra gli sconosciuti. Oggi pomeriggio a partire dalle 16 nella sala consiliare si aprirà la mostra,
con foto e immagini inedite, e
nei locali della biblioteca Italo
Alluvioni in Toscana
L'alluvione del '66 nelle campagne castiglionesi
Calvino si terrà una conferenza
con l'architetto Pietro Pettini
che ricostruirà cosa successe in
quei giorni al territorio castiglionese.
«ll territorio di Castiglione osserva l'assessore alla cultura
Susanna Lorenzini passò quasi inosservato e invece tanti furono i danni provocati dall'allu-
vione del '66, comprese le frazioni, specialmente nella campagna di Vetulonia. È stato fatto un lavoro certosino per ritrovare documenti, foto e testimonianze. La mostra omaggia i cittadini di San Benedetto Po che
ci vennero ad aiutare, capendo
quello che era avvenuto».
L'evento multimediale è arti-
colato su tre attività: un lavoro
durato alcuni mesi, fatto di raccolta di materiale fotografico,
testimonianze orali e documenti inediti riguardanti quei
tragici giorni; il curatore
dell'appuntamento, Luigi Carotenuto, presenterà il lavoro
di raccolta della mostra, che durerà una settimana e dove verranno presentate 52 fotografie
inedite, oltre alla voce dei testimoni dell'epoca e molti documenti estratti dall'archivio comunale, tra cui articoli dei quotidiani locali e nazionali. Materiale mai presentato al pubblico prima d'ora, come la storia
scoperta da un quotidiano che
un anno dopo raccontò la vicenda di un vigile urbano, Altidoro Ro iolani, che in due
giorni portò in salvo circa 180
persone dai poderi alluvionati,
con una barca recuperata quasi per caso, e che nessuno aveva registrato.
L'alluvione colpi duramente
tutto il territorio di Castiglione,
da Pian di Rocca a Pian d'Alma
e in particolare Vetulonia. Eppure la cittadina costiera non
compare nell'elenco dei comuni alluvionati o nelle varie pubblicazioni che sono seguite negli anni su quel tragico 4 novembre 1966.
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La due giorni
del Rotary Club
er il 50" anniversario dell'alluvione che mise in ginocchio Grosseto, il Rotary Club insieme alla Fondazione rotariana "Carlo
Berliri Zoppi" - ha organizzato una serie di iniziative per consolidare la memoria: dalle iniziative a tutela dei cittadini, allo spirito di squadra
che si mise in campo per far fronte alla tragedia.
Si comincia con un Convegno, alle 15 di oggi al
Teatro degli Industri. Ci saranno il presidente del
Rotary Club Grosseto Luigi Mansi, il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, e tanti illustri
ospiti: Alessandro Vignani , governatore del distretto Rotary 2071; Fabio Bellacchi , presidente
del Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud; Franco
Angotti, ingegnere (Università di Firenze) che
spiegherà cosa fa il Rotary con le istituzioni per
l'ambiente e per attenuare il rischio idrogeologico in Toscana; Renzo Ricciardi , ingegnere, dirigente Genio Civile Toscana Sud, che parlerà
dell'Onibrone; Enio Paris (Università di Firenze), che relazionerà sulle ricerche in campo
idraulico per un corretto governo del territorio;
Giulio De Simone, presidente del Tribunale di
Grosseto, che spiegherà come si è evoluta la normativa per la difesa del suolo; Anna Guarducci
(Università di Siena), che concluderà con un
excursus storico sull'Ombrone e la bonifica grossetana fra Granducato e dittatura.
Ci sarà anche la consegna del riconoscimento
"Paul Harris Fellow" a Felice Caldora, membro
dell'equipaggio dell'elicottero dell'aeronautica
militare che nel'66 partecipò.
Non finisce qui. Domani, dalle 10, sempre al
Teatro degli Industri - dopo una breve introduzione del presidente del Rotary Mansi - seguiranno gli interventi di: Enrico Bonari della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa; Giampiero Maracchi, presidente dell'Accademia dei Georgofili; Gabriella Papponi Morelli, presidente del Polo Unversitario Grossetano. E poi ci sarà la proiezione del film "4 novembre 1966: racconti dell'alluvione" del regista Francesco Falaschi . Verranno premiati anche i vincitori del Concorso per tesi magistrali e di dottorato di ricerca "Chiare fresche e dolci acque" sui sistemi idrici; parteciperanno: Roberto Giorgetti, Fabio Bellacchi, Banca Carige, Claudio Scali, Enrico Bonari.
Presenterà e coordinerà i lavori delle due giornate Rita Martini . E corre chiusa della due-giorni - domani alle 21, nella Cattedrale di San Lorenzo a Grosseto - ci sarà un solenne concerto,
in nnemnoria di Guglielmo Francini già presidente della Fondazione rotariana Carlo Berliri Zoppi. Si esibirà l'Orchestra Città di Grosseto, Società Corale Giacomo Puccini di Grosseto, il coro
polifonico San Nicola e il coro dell'Università di
Pisa diretti da Stefano Barandone con Federica
Nardi, Fulvia Bertoli , Marco Mustaro e Giorgio
Marcallo . Direttore d'orchestra, Francesco Iannitti Piromallo.
Alluvioni in Toscana
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Gli scatti di Bf
alle Clarisse
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La copertina del libro e locandina della mostra
inaugura oggi alle 18, al Polo espositiva
culturale delle Clarisse in via Vinzaglio, la
mostra "L'Alluvione del '66": una cinquantina di fotografie (stampate in grande formato) dell'archivio storico dell'Agenzia Bf esposte per un mese, a raccontare la grande piena "in
diretta" da quei giorni.
Cinquant'anni fa due giovani fotografi, Mario
Bernieri eAntonio Ferrari, all'arrivo della piena si
lanciarono nel cuore del disastro per documentarlo. Si deve a loro la più vasta e straordinaria
raccolta di immagini della grande alluvione di
Grosseto. La mostra, a ingresso gratuito, è composta da alcune delle immagini più significative
tratte dal libro fotografico "L'alluvione del'66" realizzato dall'Agenzia: la nuova edizione del libro,
fresca di stampa e aggiornata- con oltre 140 foto,
molte delle quali inedite - è disponibile da oggi
nel negozio Bf di via Vinzaglio. In copertina, in
questa nuova edizione, l'immagine simbolo
dell'alluvione di Grosseto: la bambina sul tetto.
La mostra sarà aperta martedì e giovedì dalle 9
alle 19; mercoledì, venerdì e sabato dalle 14 alle
19. Domenica e lunedì chiuso.
Alluvioni in Toscana
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Le tre sorelle Carassali, simbolo di via Firenze: siamo sempre rimaste a casa, ma quanta paura
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Quelle tre ragazze piene di
energie Anna Maria, Franca e
Giuseppina Carassali erano diventate un simbolo di Marina
vecchia, nei giorni dell'alluvione del 2014. Un simbolo della
"resistenza", di chi non ha voluto saperne di abbandonare
le proprie abitazioni nei momenti drammatici del post alluvione e dei successivi allerta. Nei momenti dell'evacuazione e di una Marina in "zona
rossa" quasi totalmente deserta.
Marina durante l'alluvione
Tre ragazze speciali di 84,
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Le sorelle Carassali due anni fa sulla soglia di casa
Alluvioni in Toscana
81 e 76 anni, che si erano affacciate dalla loro casa in via Firenze, dicendo a gran voce
che da lì nari se ne sarebbero
mai andate. Nemmeno nei
giorni più critici, quelli delle
nuove allerte, quelli della paura per nuove bombe d'acqua e
dello sgombero forzato.
Loro la loro ragione l'avevano detta subito, senza giri di
parole, nel modo schietto che
le contraddistingue.
«Siamo tre sorelle, tutte vecchie - avevano detto dopo il 5
novembre di due anni fa - qui
c'è la nostra vita. Abbiamo già
pulito tutto una volta, siamo
pronte a rifarlo. Ma non chiedeteci di andare via».
In quella strada nel cuore
della Marina vecchia, dove
per giorni gli autoparlanti delle macchine dei vigili e dai carabinieri, invitavan o la gente a
uscire di casa, a trovare altre
sistemazioni fino al cessato allerta, le sorelle Carassali erano
rimaste lì. Nella loro abitazione con la porta di legno e la
cassetta delle lettere in ferro
battuto.
Ora, a distanza di due anni,
si fanno fotografare sempre lì.
Sulla soglia di una casa dove,
anche soltanto all'esterno,
qualcosa da due anni fa è cambiato: «Adesso abbiamo le paratie da mettere durante i temporali - dicono Anna Maria,
Franca e Giuseppina - Quando comincia a piovere forte viene nostro nipote a sistemare
tutto, lui che nei giorni dopo
l'esondazione ci ha aiutato a rimettere tutto a posto».
Ma erano state anche loro, le
tre "ragazze" di via Firenze, a
prendere stracci, secchi e pala
e a buttare via il fango dalle
stanze, dal giardino, dai mobili
e dai cassetti.
Adesso la casa è a posto. Ma
la paura, da quel 5 novembre
di due anni fa non se ne è mai
andata.
«Quando piove forte - dicono le tre sorelle - ci guardiamo
negli occhi e, senza dire neppure una parola, ci capiamo al
volo: "stanotte nari si dorme".
E succede così, ogni volta. Perché quello che abbiamo visto,
quello che abbiamo dovuto fare per ripulire tutto, è difficile
da dimenticare».
Il fiume, cosa vicino alla casa, per Anna Maria, Franca e
Giuseppina ora è un sorvegliato speciale: «Ci auguriamo che
l'argine adesso lo abbiamo fatto a modo, ma la paura resta e
con quella ormai dobbiamo
conviverci».
(a. e.)
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Il patron Gino Mazzi ricorda: in un mese e mezzo l'azi n a è tornata operativa
Acquisita la ex Valta, diventerà un nuovo show room per marmo e lastre
questa zona ha addirittura deciso di continuare a investire:
«La rimettiamo in piedi. La no- ha acquisito la ex Valla, prostra azienda la rimettiamo in prio davanti alla Furrer e quei
l5mila metri quadrati ospitepiedi».
E questo che ha pensato Gi- ranno a breve uno show room
no Mazzi, storico patron e lo stoccaggio del materiale.
«L'uomo che agisce può tutdell'azienda Furrer, una big del
marmo conosciuta in tutto il to - dichiara Mazzi - questa è la
mondo, guardando dal ponte lezione che ho imparato
di via Pucciarelli la devastazio- dall'alluvione. Nei momenti di
ne del Carrione. Alle 7 di matti- difficoltà non bisogna arrenna del 5 novembre di due anni dersi ma rimboccarsi le maniche e cercare di rimettersi in
fa.
«Mi hanno chiamato alle 6 e piedi, il prima possibile».
Di mezzo c'era il lavoro. Cinmezzo, ho subito pensato, soI CARRARA
quanta posti di lavoro, chiquanta famiglie.
«Il messaggio che era passato, nei momenti successivi
all'alluvione - ricorda il dottor
Mazzi - è che la Furrer era andata distrutta, che non avremmo più potuto lavorare. Questo ci ha dato la forza per una
corsa contro il tempo, per ripartire il prima possibile e per
far tornare l'azienda quella di
prima. Prima che tutto quanto
finisse sotto quello tsunami di
acqua e fango».
anni dall'alluvione, si appresta
a raddoppiare, allargandosi
anche dalla parte opposta della strada, in via Pucciarelli,
sempre a un tiro di schioppo
dal Carrione e dall'argine che
si è sbriciolato.
«Ora ci sentiamo al sicuro conclude Mazzi - perché il muro è stato ricostruito come doveva essere costruito. Per quello precedente c'erano state
tante segnalazioni, ma alla fine tutto è andato sott'acqua».
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La Furrer è risorta e, a due
©P.IPROr JZIONE RISERVATA
no i soliti esagerati, ci sarà qualche allagamento. Quando sono arrivato sul ponte ho avuto
un attimo di scoramento. Il fiume scorreva in mezzo ai blocchi, aveva sommerso i macchinari. Gli uffici al piano interrato non esistevano più, c'erano
quaranta centimetri d'acqua
dentro alla segheria - racconta
oggi Gino Mazzi, con addosso
solo un maglione leggero e non
la cerata dei giorni peggiori Abbiamo reagito subito, abbiamo pensato ai cinquanta dipendenti che lavorano alla Furrer: anche grazie a loro in un
mese e mezzo ci siamo rimessi
in piedi, siamo tornati operativi».
«Qui, in questi piazzali eravamo a lavorare in cento - continua - Ci siamo affidati a una
ditta specializzata nel recupero delle aziende devastate, la
Ben Power: mangiavamo tutti
insieme, in mezzo al fango.
Non ci siamo fermati e abbiamo ripulito le lastre una per
una, lavato i blocchi, tutto
quanto. C'è un solo rammarico, quello di aver perso l'archivio dei lavorati, per quello non
c'è stato nulla da fare».
Tutto il resto, nel giro di un
mese e mezzo ha ricominciato
a funzionare alla Furrer. E Gino Mazzi non ha renai pensato
neppure per un istante di spostarsi da un'altra parte, di portare la sua azienda un po' più
distante dal Carrione. Anzi in
Alluvioni in Toscana
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Gino Mazzi davanti alla Furrer d ue anni fa
Alluvioni in Toscana
Gino Mazzi alla Furrer oggi
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Piazza Garibaldi aggredita dar tango
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Alluvioni in Toscana
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Un mezzo dei vigili del fuoco impegnato a Pisa nel novembre 1966
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ricord i i mil itari che parteci parono i socco rsi
durante i disastro: «Proteggemmo Pisa con i sacchi»
Alluvioni in Toscana
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di paura.
Perché se nella distruzione
no, due. Uno, due. Un l'alluvione ha ricostruito qualsacco dopo l'altro. li su- cosa è anche il rapporto fra cividore sulla fronte, l'aria li e parà, un distacco mai sanadal
dopoguerra
per
che punge nei polmoni. Se non to
fosse per quella lastra marrone, quell'adesione riottosa del corquel groviglio di acque tronchi po alla Repubblica, per una diauto carcasse di animali che stanza dal tessuto sociale di
scorre verso il mare, oggi il cie- una città universitaria che stalo si sarebbe ridisteso sul fiume va scoprendo i Beatles e l'orrocon i suoi colori pastello. Dopo re della guerra nel Vietnam.
otto giorni, dalla Torre Guelfa «Erano tempi in cui fra civili e
sta sbucando un tramonto. E parà c'erano i nervi tesi,
loro hanno eseguito gli ordini, quell'applauso ci colpì», dice
cucito gli argini, steso una cer- Gonnella. «E molto ci regalaroniera sulle spallette, un muro no i contadini, gli allevatori deldi stracci e sabbia montato per le campagne di Pontedera», ri-
di MARIO NERI
ingabbiare la bestia. Che ruggisce ancora ma finalmente sembra solo una grande paurosa attrazione. l pisani sono venuti a
vederla, assiepati sulle sponde
come sugli spalti di un circo itinerante. «Ce l'abbiamo fatta,
Carlo, è finita». E pensare che
l'ultimo mese è stato un'agonia, un pensiero fisso, tutto il
tempo a dirsi «evvai, è finita la
naja». Quel pensiero poi è piovuto nell'elenco dei dispersi,
travolto dalla piena degli allarmi, degli sos, della disperazione. Nella mente di Natale Gonnella, milanese di 21 anni, è
riaffiorato solo ora, ore 17 del
12 novembre 1966, con lo scroscio dell'applauso dei pisani affacciati sulla fatica di questi ragazzi, comparso negli occhi del
commilitone Carlo Alteri, lui
romano, 20 anni, che invece il
congedo se l'è fatto promettere
"anticipato" dal tenente Giorgio Caccavella minacciando
una fuga da perfetto disertore.
Rimbomba, sembra un'eco
nel petto questo battito di mani, il ciaf ciaf ha perfino smorzato i grugniti dell'Arno, «ma soprattutto ha spezzato la silenziosa ostilità dei pisani e di Pisa
nei confronti dei paracadutisti». Così fra le donne, gli uomini e i ragazzi sul lungarno Pacinotti ora c'è qualcuno che a Natale e Carlo sta anche andando
incontro, e sì, ora li ringrazia, li
abbraccia questi ragazzi della
Folgore, centinaia di ventenni
da giorni con le mimetiche e gli
anfibi piantati nel fango, inviati
nelle campagne a portare in salvo famiglie, impiegati notte e
giorno in una città trasformata
in trincea, in un campo di battaglia, un conflitto fra uomo e
natura. Ci sono ricordi che in
questi 50 anni sono riusciti a
sfuggire alla fame della bestia,
alla sua voracità di dolore e tragedia, immagini che ci ricordano come ognuno coltivi, culli o
rimuova la sua personale memoria del disastro, ma che a
volte ci restituiscono il quadro
d'insieme offuscato dalla fame
Alluvioni in Toscana
corda Pio Enzo Merli, di Vigevano. «Nonostante non ci
amassero, i loro volti, la loro riconoscenza, mi hanno fatto ricredere». «C'era stato un parapiglia una sera, militari e civili
se le erano date, da allora ci
guardavamo in cagnesco, il fango fu una medicina, spalare
uno a fianco dell'altro ci restituì rispetto reciproco», raccontaAdelio Cudicio , anche lui milanese. Erano ragazzi, ingenui,
forti, allegri, spensierati, questi
uomini oggi tutti oltre la soglia
dei 70 anni, e per tutti quell'animale ricoperto di croste fu anche un'occasione di crescita, il
rintocco per un lungo gesto
eroico. Poi, certo, l'Arno non ha
mai smesso di frugare fra suoni
e immagine depositate sul fondo delle vite che ha travolto. Anche i parà hanno negli occhi le
case sommerse nelle campagne di Pontedera, le migliaia di
mucche annegate nei cascinali, le fucilate e i pianti delle famiglie fatte salire sui tetti, le
perlustrazioni con i gommoni,
i mezzi anfibi, le ronde anti
sciacallaggio a Firenze o le sliding doors nel buio della sera
del4 novembre.
«Uscite, via, uscite!». Mannaggia, la Bibbia è il suo ultimo
film al cinema Italia. Ancora
cinque giorni e sarà a casa. La
pioggia, per due gocce di pioggia annullare tutto, che esagerazione. Ma fuori è diluvio, corso Italia si allaga, l'Arno ingoia
Ponte di Mezzo. «Dobbiamo
passare», urla Natale agli altri.
Carlo s'è fermato a salutare
una bella, arriva un minuto dopo. «Via di qui», urla il pompiere, dovete passare sul ponte di
Solferino. A Natale lanceranno
una furie i carabinieri da Borgo
Stretto, a Carlo una coperta calda alla Gamerra. Uno è stato
spedito a Santa Maria a Monte,
l'altro a Massaciuccoli per giorni. Ma ora sono qui, a godersi
l'applauso dal ponte, appena
prima che la bestia divori anche lui.
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Carlo Alteri
Adello Cudldo
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Oggí in regalo con il Tirreno la quarta fotografia storica
della rassegna i scattidedicata all'anniv l'anniversario
A sinistra piazza Garibaldi dopo l'aggressione del fango ; qui sopra piazza Garibaldi com'è oggi
Alluvioni in Toscana
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Alle 17 la co mmem orazione ufficiale nella sala delle Baleari
Alluvione 1966-2016: continuano le iniziative per ricordare i 50 anni da quel tragico
evento che è rimasto impresso nella memoria collettiva.
alle 21). Sempre domani e domenica, dalle 10 alle 16, in occasione dell'apertura straordinaria delle Mura, in piazza
delle Gondole la mostra fotografica "L'Arno e la Piazza,
l'alluvione del 1966".
Oggi, giorno dell'anniversario, alle 17, in sala delle Baleari, è in programma la commemorazione ufficiale con la partecipazione degli "angeli del
fango" e dei paracadutisti della Folgore che furono impegnati nell'opera di salvataggio
dei beni culturali e nell'aiuto
alla popolazione. A Palazzo
Gambacorti la mostra fotografica "Festival Arno" a cura di
Unicoop. Al Bastione Sangallo, nell'ambito del convegno
"Bellezza e Civitas", la testimonianza
dell'architetto
Franco Zagari, "angelo del
fango".
Domani e domenica al teatro Verdi la prima nazionale
de "Il filo dell'acqua. L'alluvione, le alluvioni", di Francesco
Niccolini (tre spettacoli: sabato matinèe per le scuole alle
10, replica sabato e domenica
A Palazzo Blu continua la
mostra fotografica "4 novembre 1966, l'alluvione a Pisa",
con le immagini dell'archivio
Frassi di Giuseppe Meucci e
Stefano Renzoni . Gli appuntamenti proseguono lunedì 7
novembre alle 15.30 al dipartimento Civiltà e Forme del Sapere in via Paoli, con la presentazione del libro "Pisa e
l'Amo a mezzo secolo dall'alluvione del 1966", a cura di
Sergio Pinna dell'Università
di Pisa. Domenica 13 novembre, "A 50 anni dal crollo del
Ponte Solferino": alle 16.30 alla Chiesa della Spina la presentazione del libro "Il giorno
del Diluvio" di Giuseppe
Meucci. Alle 18 il cine-battello a cura dell'associazione
"Acquario della Memoria",
con proiezioni sulle spallette
e sui palazzi dei lungarni e
1 PISA
Alluvioni in Toscana
crociere sul fiume con partenza da Arnovivo (lungarno Buozzi) .
Sabato 19 novembre, alle
10, nella sala Baleari di Palazzo Gambacorti la conferenza
"Allegorie dell'Anno e di Pisa
nell'arte" a cura della storica
dell'arte Cristina Cagianelli.
Giovedì 24 novembre, alle
9.30, all'auditorium del Cnr il
convegno "La Grande Alluvionale cinquant'anni dopo la catastrofe del 1966", con il geologo Mario Tozzi, l'ingegner
Ottavio Zirilli e il vicesindaco
Paolo Ghezzi.
Sabato 14 gennaio, alle 9,
nella sala delle Baleari di Palazzo Gambacorti, "La testimonianza del volontariato":
convegno sul contributo e il
sostegno che la Pubblica Assistenza ha dato per l'emergenza alluvione. E ancora da novembre a marzo concorso per
le scuole elementari e medie
inferiori. Il logo della manifestazione è stato realizzato dai
ragazzi del liceo artistico Russoli.
©RIPROD(RIONE RISERVATA
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b4,P- iia con l'.
di ANDREA LANINI
lazza Garibaldi, nei giorni inimediatamente seguenti l'inondazione del
4 novembre 1966, il venerdì nera
dell'alluvione. A partire dalla mattina di
quel giorno plumbea, in quelle ore in cui il
terrore di una città, di un'intera regione,
ha il colore del fango, il fronte della battaglia tra Pisa e il suo fiume, che prenderà a
esondare di l3 a poco, corre lungo gli argini,
e l'epicentro dello scontro è Ponte di Mezzo, già quasi inghiottito dalla piena.
Affollati di gente impaurita, piazza Garibaldi e Corso Italia gli montano la guardia
(o meglio: lo vegliano come si veglia un
moribondo) dalla notte precedente - una
notte insonne: i pisani l'hanno trascorsa a
scrutare la corrente scura, che non fa che
crescere, conquistando centimetri su centimetri, apprestandosi a divorare cori morsi di schiuma fuligginosa, limacciosa, i culmini delle spallette. In quegli istanti, dall'
alto di un amato monumento, "L'Eroe dei
due mondi" e il suo cipiglio di condottiero
sembrano vigilare sulle frenetiche operazioni di messa in sicurezza degli argini da
parte dei soldati, dei pompieri, dei numerosi corpi di soccorso presenti, della popolazione.
È una battaglia epica, e impari. Per ore,
militari e civili tentano in ogni modo di respingere le acque dell'Arno in piena, che a
Ponte di Mezzo stanno strappando, una a
una, le balaustre in marmo, che si piegano
e cadono come tasselli del domino. Poco
dopo le 20, la furia del fiume si scaglia contro il centro storico. Sembra stia per scoppiare, l'Arno. Esce in più punti, Pisa teme il
peggio - invece, durante la notte, l'acqua
inizierà impercettibilmente a calare; ma in
pochi, di nuovo, riusciranno a chiudere occhio: la paura inizierà a sbiadire solo alla
luce dei giorno dopo. Ma il sole di sabato 5
novembre illumina scenari di desolazione.
La città è sotto una coltre di acqua e melma - si ritirerà presto, lasciando ai pisani
l'incombenza della conta dei danni. E in
queste ore che Luciano Frassi fotografa
piazza Garibaldi. I sacchi di sabbia abbandonati sul selciato, allineati a formare tristi
linee di difesa che non hanno potuto difendere granché. Qualche passante le guarda
distrattamente, quasi con dispetto: sono i
resti di un naufragio che tutti vogliono già
dimenticare. Le strade di nuovo praticabili; e tante auto fuori uso, quando non da
rottamare: meglio muoversi in bicicletta.
Se ne vedono molte, in questo scatto.
Lo stesso Frassi può di nuovo contare
Alluvioni in Toscana
sulla sua due ruote preferita - la Vespa, il
mezzo con cui in queste ore si sposta da
una parte all'altra della città, di quartiere
in quartiere, per immortalare gli effetti di
un'alluvione di cui nessuno si scorderà
più.
Pisa in ginocchio, "grazie" al suo Arno.
Fosse qui, potesse seguire Frassi nei suoi
reportage, chissà cosa penserebbe, quali
parole troverebbe, di fronte a questo sconfortante spettacolo, lo scrittore tedesco
Rudolf Borchardt, colui che nel suo celebre volume "Pisa, solitudine di un impe-
II "mitico " fotografo Luciano Frassi
ro", descrisse con parole appassionate il
sodalizio tra l'orgogliosa città toscana e il
suo fiume, sulle cui acque le filanti imbarcazioni di quella che fu una fulgida Repubblica marinara navigavano per raggiungere il mare e conquistare il Mediterraneo,
splendido teatro di vittorie che resero la
città, scrisse Borchardt, "capitale di un impero fondato sulle vele, anziché sulle spade".
Delizie dei secoli che furono. Ultimamente il più grande fiume toscano a Pisa
ha riservato più che altro croci. Ancora vivissimo il ricordo dell'alluvione del novembre (mese caro alle piene) 1949. Altre
nottate datregenda. Poi, nel'66, una tragica replica. Le gloriose vele di cui ragionava
Borchardt sono un lontanissimo ricordo: il
4 novembre di cinquant'anni fa, su quell'
acqua scura, scorrono grovigli immondi di
rami e tronchi, indistinguibile ciarpame,
carcasse di animali.
(ìRIPRODLIZIOVE RISERVATA
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DO UFIL, . Restauratori all'opera su "L'ultima cena" del Vasari all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze (da "Firenze 66")
Un documentario (domani)
su Sky Arte racconta
i restauri, che durano
tuttora, delle opere colpite
dalla furia dell'Arno
ALESSANDRO BELTRAMI
a ragione Swietlan Kraczyna incisore polacco, formazione americana e vita fiorentina quando descrive la sua esperienza dell'alluvione di Firenze.
Spiega nel profondo i motivi per
cui la piena di acqua, fango e
nafta che travolse la città il 4 novembre di 50
anni fa ha suscitato una simile reazione in tutto il mondo. «La mia mano sinistra era dentro l'acqua che distruggeva tutta Firenze. Sentivo la potenza della natura. E mi ricordo che
in quel momento pensavo che la mia storia
personale e quella di Firenze coincidevano. E
io vivevo questo momento storico insieme
con la città».
Alluvioni in Toscana
La voce di Kraczyna è una delle molte che
punteggiano Firenze 66 - Dopo l'alluvione, documentario che Sky Arte manderà in onda domani in prima serata, dopo l'anteprima di oggi a Palazzo Vecchio nell'ambito delle celebrazioni ufficiali. Diretto dal fiorentino Enrico Pacciani, ricostruisce con filmati d'archivio e testimonianze (tra le altre quelle di Ornella Casazza, restauratrice del Crocifisso di
Cimabue, le storiche dell'arte Mina Gregori e
Kirsten Piacenti, il documentarista Mario Carbone) il montare dell'Arno il 3 novembre, lo
straripamento del 4, l'intervento degli angeli
del fango, giovani giunti da tutto il mondo allora in piena Guerra fredda. Ma, soprattutto,
getta uno sguardo lungo per seguire la mobilitazione della cultura internazionale accorsa
al capezzale della capitale del Rinascimento.
Ad Arno rientrato nell'alveo, la conta delle o-
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pere d'arte danneggiate è da capogiro. Il Crocifisso di Cimabue, il simbolo dell'alluvione, dipinti di Botticella, Paolo Uccello e Vasari sono
solo il frammento più evidente del pack di
quadri, carte, arredi stretti sotto un'atroce
morsura di nafta e sterco: un conto approssimativo parla di 1.300.000 volumi della Biblioteca Nazionale e 1.500 opere d'arte, ma sono
stime per difetto. «Tra poco riusciremo a pubblicare per la prima volta un censimento
completo delle opere danneggiate» spie-
ga ad Avvenire" Marco Ciatti, direttore
dell'Opificio delle pietre dure, anche lui
tra i protagonisti del documentario. «Il
numero dei dipinti è più alto del previsto: non 1.500 ma quasi il doppio».
L'alluvione diventa motore positivo.
Scattano raccolte fondi internazionali (le racconta con aneddoti gustosi il figlio di Carlo Ludovico Ragghianti), giungono storici dell'arte ed
esperti di restauro dal mondo anglosassone, si allestiscono laboratori nei palazzi fiorentini. F con l'alluvione che la
pratica del restauro in Italia fa un balzo vertiginoso in avanti, costretta a individuare-in
piena situazione di emergenza - metodi, teorie, tecniche innovative. A partire dal Cimabue,
un intervento durato dieci anni. Un caso estremo ed emblematico, che ha finito paradossalmente per nascondere tutti gli altri: «Il
Cimabue- spiega Ciatti -fu uno dei pochi casi di danno gravissimo. L'acqua entrò subito
nella superficie priva di vernice: l'acqua entrò tra le crepature del colore sciogliendo il
gesso. Nessuno avrebbe potuto fare niente.
Fortunatamente in tutti gli altri dipinti la presenza della vernice ha salvato la superficie pittorica. Il problema era interno, nei legni gonfiati dall'acqua. Per fortuna avevamo grandi
personaggi a quel tempo, che hanno salvato
l'arte a Firenze, dal sovrintendente Ugo Procacci a Umberto Baldini, il fondatore dell'Opificio moderno. Quando l'acqua calò sapevano perfettamente cosa sarebbe successo e
fecero velinare le opere. Il colore, per quanto
staccato dal fondo, è rimasto fermo rispetto
al movimento del legno che perdeva umidità.
A distanza di anni possiamo intervenire di
nuovo e risolidificare gli strati pittorici».
Ma, come racconta il documentario, calata la piena, anche l'onda emotiva con
il tempo si spegne, e così anche i fondi.
1 restauri non sono mai stati conclusi.
«Le opere più significative sono state
restaurate-spiega Ciatti -.Il vero problema è che sono rimasti indietro le
arti applicate, gli arredi lignei, i tessuti liturgici... Frutto dell'enormità
del danno e di una storica disattenzione degli studi verso le arti cosiddette "minori" che si è riflessa, automaticamente, nel restauro. Eppure costituiscono il tessuto connettivo delle opere maggiori». L'Opificio ha continuato
a restaurare opere dell'alluvione, facendo
Alluvioni in Toscana
ciclicamente riemergere all'attenzione dell'opinione pubblica una realtà sommersa. Tra
molte difficoltà. L'ultima impresa il recupero
dell' Ultima cena delVasari, raccontata nel documentario. «Dieci anni di lavoro, dal 2006 al
2016, per un'impresa considerata impossibile. E invece abbiamo recuperato tutte le parti di colore, senza interventi invasivi. È stato
un restauro rivoluzionario nel concetto, basato sulla prevenzione. Il dipinto resterà fragile, ma abbiamo adottato espedienti per cui
questo equilibrio gracile possa durare».
Questa è solo l'ultima in ordine di tempo delle svolte nel campo del restauro messe in moto dall'alluvione. C'è un pre e un post'66, che
il filmato cerca di fare emergere: «Con Firenze il restauro è stato costretto a rivedere i propri strumenti per far fronte alla gravità del
danno. A partire da un più stretto rapporto
con il mondo scientifico, prima sporadico e da
allora irrinunciabile. Sono anche gli anni della commissione Franceschini, che redasse un
rapporto sullo stato dei beni culturali, termine e concetto che nascono in quegli anni, la
cui onda lunga portò alla creazione del ministero nel'75. L'armo in cui l'Opificio ricevette
un nuova forma, grazie a Baldini: non più un
laboratorio locale ma un istituto nazionale di
conservazione. Sotto ogni punto di vista, siamo figli dell'alluvione».
o RIPRODUZIONE RISERVATA
"TESTIMONIANZE" SULL'ALLUVIONE
«Ebbene, Firenze c'è ma poteva non esserci più»
scriveva padre Ernesto Balduccì nel numero dì
novembre 1966 della sua rivista "Testimonianze".
Un'analisi a caldo del disastro dell'alluvione, tra la perdita di
vite umane, le ferite al patrimonio e all'economia, e
soprattutto la solidarietà manifestata dai giovani volontari,
una fitta rete di gruppi d'ognì colore ideologico».
"Testimonianze" ritorna con un volume monografico sulla
"grande alluvione", riproponendo l'editoriale di padre
Balduccí, seguito da un lungo elenco dì testi, sia d'epoca
che riletture a distanza del disastro (anche con un
occhio allargato alla Toscana, che fu coinvolta
dall'esondazione dell'Arno), il salvataggio dei
benì culturalì, la sicurezza del territorio.
Pagina 153
L'alluvione,
la generosità
e l'ipocrisia
di Gian Antonio Stella
F
irenze ha fame e
« sete...» . «Occorrono
scatolette, pane, frutta...».
«Firenze ha freddo. Sono
saltati i depositi di nafta
per gli impianti di
riscaldamento. Occorrono
materassi, occorrono
coperte...». «Un elicottero
è riuscito ad accostarsi a
un tetto...» .
continua a pagina 11
R. Franco e il ricordo
del cardinale Angelo Scola
a pagina 10
Alluvioni in Toscana
Pagina 154
E alla radio
si sentì l'acqua
nell-10 e strade
di Glan Antonio Stella
Le famiglie sui ' te ', gli appelli e l'altruismo dei più giovani
Ma non m° cô l'ipocrisia perle promesse mai mantenute
I lavori per rendere più sicuro il fiume partiti 48 anni dopo
SEGUE DALLA PRIMA
ortunosamente è stato tratto
in salvo un bimbo in fasce, digiuno da due giorni, mezzo assiderato. Intere famiglie erano
appollaiate sui tetti...».
Toccò il cuore di tutti il reportage del nostro
Alfonso Madeo sulla disastrosa alluvione di Firenze. E così l'audio del cronista fiorentino della Rai Marcello Giannini che cercava di spiegare ai colleghi in collegamento radio da Roma la
gravità della situazione allungando un microfono fuori dalla finestra per far sentire il frastuono della piena: «Non so se vi giunge questo rumore». «Perfettamente». «Ecco, questo
non è un fiume, è la via Cerretani. t il cuore di
Firenze invaso dall'acqua».
Memorabile. Come memorabile fu l'appello
lanciato con le parole di Furio Colombo, grazie
a Franco Zeffirelli, dall'immenso Richard Burton: «L'acqua che sale da uno a due, a quattro,
persino a sei metri, le caldaie che scoppiano, la
nafta che si mescola al fango, l'acqua che penetra dappertutto, raggiunge i ponti, riempie piani bassi e negozi, comincia a inghiottire e a trascinare le automobili...». L'omaggio ai volontari: «Nessuno avrebbe potuto lavorare con più
cura e più amore nonostante la fatica, l'odore,
la melma, il freddo». La richiesta d'aiuto al
mondo, spiegando che per quanto generoso
potesse essere sarebbe stato «troppo poco per
tutto quello che questa città ci ha dato».
Alluvioni in Toscana
Furono trentacinque, i morti. Spazzati via
dal fiume gonfiato da giorni e giorni di pioggia. E catastrofici furono i danni alle piazze, ai
ponti, ai musei, ai monumenti, ai negozi, alle
case. «L'Arno era molto arrabbiato. Ecco la parola giusta. Sembrava qualcuno che si sfogava», spiega l'artista d'origine polacca Swietian
Nicholas Kraczyna, nel bel documentario di
Sky Arte presentato oggi a Palazzo Vecchio alla
cerimonia con Sergio Mattarella, raccontando
di un rumore assordante: «Quello delle acque
che entravano sotto gli archi del ponte di Santa
Trinita e ribollivano dall'altra parte». «La violenza dell'acqua faceva tremare i muri. Col pericolo costante di crolli», ricorda Giulio Cesare
Polidori, custode della Galleria Palatina. «I muri laterali di Ponte Vecchio erano transennati
con corde di acciaio che sonavano come corde
di chitarra».
All'ippodromo delle Mulina, raccontò il Corriere, «quasi tutti i cavalli da corsa, sorpresi
dall'inondazione durante la notte, sono morti.
Sono forse centosessanta-centosettanta...».
Dal carcere delle Murate, allagato, scapparono
83 detenuti: «Alcuni degli evasi si sono poi costituiti affermando d'essere fuggiti per timore
di annegare; alcuni altri sono stati catturati. Ma
una settantina sono scomparsi». Due travestiti
da suore.
Ciò che più colpì milioni di italiani, accanto
alle immagini di lutti e devastazioni, prima fra
tutte quella del meraviglioso crocifisso di Cimabue, fu (come scriveva ieri Marco Cianca) la
generosità di migliaia di ragazzi e ragazze che,
accorsi non solo dall'Italia ma dal mondo intero, cercavano inzuppati d'acqua e immersi nel
fango di salvare quanto si poteva salvare a partire dalle inestimabili ricchezze fiorentine: pale d'altare, statue, quadri, libri... Erano i ragazzi
che sarebbero diventati per tutti gli Angeli del
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fango, come cita il titolo del libro di Erasmo
D'Angelis. C'erano tra loro quattordici futuri
vescovi e cardinali. Come Giuseppe Betori:
«Aiutammo una signora anziana che aveva
perso da poco suo marito e aveva la casa completamente devastata dall'acqua. Era disperata
soprattutto per una cosa: perché non riusciva
più a ritrovare le lettere scritte dal marito. Le
aveva gelosamente conservate in una cassettina di metallo che era stata trascinata via dalla
furia dell'acqua. Iniziammo quindi a ripulire e
a togliere acqua e fango. Quando arrivammo in
cantina, la ritrovammo, e quando gliela consegnai la sua emozione è stata fortissima. Come
fango, come cita il titolo del libro di Erasmo
D'Angelis. C'erano tra loro quattordici futuri
vescovi e cardinali. Come Giuseppe Betori:
«Aiutammo una signora anziana che aveva
perso da poco suo marito e aveva la casa completamente devastata dall'acqua. Era disperata
soprattutto per una cosa: perché non riusciva
più a ritrovare le lettere scritte dal marito. Le
aveva gelosamente conservate in una cassettina di metallo che era stata trascinata via dalla
furia dell'acqua. Iniziammo quindi a ripulire e
a togliere acqua e fango. Quando arrivammo in
cantina, la ritrovammo, e quando gliela consegnai la sua emozione è stata fortissima. Come
se avesse ritrovato un pezzo della sua vita».
«Se è vero che l'acqua spenge il fuoco, l'alluvione dovrebbe aver ridotto in poltiglia la "gioventù bruciata". Com'è, allora, che in questi
giorni, in tutte le cronache del diluvio, si sente
dire un gran bene dei giovani?», si chiedeva
Giovanni Grazzini. Uffa, le lagne sui capelloni
da parte di «anziani che non hanno fatto nessun sforzo per comprenderli»! Quei ragazzi
«sanno che gli uomini si giudicano da quello
che fanno non da quello che dicono. E loro fanno. Con un'insolenza che è amore».
Mezzo secolo dopo, però, non restano solo
quelle storie e quelle immagini che mostrano
un'Italia ferita ma generosa. Grande. Resta anche la rabbia per l'ipocrisia di troppe promesse
al vento. Bastarono otto giorni, a Indro Montanelli, per denunciare la melassa che rischiava
di coprire le dimensioni della tragedia: «Tutto,
anche le catastrofi, dev'essere presentato in
modo da non inquietare, turbare, allarmare...». Insomma, evviva i soccorsi ma «sembrava che l'alluvione di soldati, pompe, autobotti,
camionette, viveri, indumenti, medicinali, attrezzi, ministri e deputati, fosse più imponente
di quella dell'Arno». Chiuse invitando i politici
di governo a evitare i piagnistei: «Aprano ai fiorentini un conto in banca, quale che sia, e li lascino fare. Ma soprattutto smettano di piangergli addosso. Ad annaffiarli, ha già provveduto l'Arno».
Il presidente del Consiglio Aldo Moro ammise onesto che, diluvio o non diluvio, erano
stati fatti degli errori e doveva essere realizzata
«una difesa più efficiente» dalle piene. L'inchiesta finì ad Antonino Caponnetto e Pier
Luigi Vigna. Ma proprio mentre stavano per
partire certe incriminazioni illustri, fu tolta loro di mano. «Mi misi a piangere», avrebbe ricordato Vigna: non sarebbero mai arrivati alla
verità. Quanto alle nuove norme, accusa D'Angelis, tra i padri della struttura di missione del
governo contro il dissesto idrogeologico, «rimasero nei cassetti di Montecitorio per un anno intero, e grazie a un provvidenziale emendamento-truffa slittò la loro entrata in vigore e
furono edificate anche le sponde dei fiumi appena esondati». Furono costruiti nel `67 otto
milioni e mezzo di vani: il triplo della media
annuale. Tre decenni dopo il geologo Raffaello Nardi, segretario dell'Autorità di bacino istituita solo negli anni 8o, spiegava che «degli
undici invasi e delle quindici casse d'espansione progettate» per prevenire nuove piene, solo
uno era «in avanzata fase di realizzazione». I
lavori, quelli veri, sospira D'Angelis, son partiti
sul serio soltanto nel 2oi4. Quarantotto anni
dopo.
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Il livello raggiunto dall'acqua
Santa Maria
Novella
1,95 m
Alluvioni in Toscana
San Frediano
(sulla riva opposta)
4,05 m /-\
Piazza
Duomo
2,15 m
Piazza
Signoria
1,86 m
San Niccolò
(sulla riva opposta)
3,81 m
,
Santa
Croce
4,83 m
Pagina 156
in barca
Aloni militari,
a bordo di una
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il capoluogo
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Alluvioni in Toscana
Pagina 157
II, 1)(1CUNìF N"i AI2I()1)I SKY ifflF
Così il salvataggio di Vasari e Cimabue cambiò la storia del restauro
Le testimonianze dei protagonisti dei soccorsi, il commento degli esperti, l 'impiego di
immagini d'archivio: un salto all 'indietro di 50
anni, un viaggio nella macchina del tempo per
immergersi - termine involontariamente
sinistro - nella realtà della Firenze del 1966
quando acqua e fango ghermirono la città,
quando il luogo che i Medici avevano immaginato come una «nuova Atene» rischiò di trovarsi sommersa come una nuova Atlantide. Il
documentario Firenze 66 - Dopo l 'alluvione
del fiorentino Enrico Pacciani - prodotto da
Alkermes e Sky Arte - si muove su diverse
linee narrative, dunque non solo la straordinaria mobilitazione degli «angeli del fango» - i
soccorritori accorsi da tutto il mondo per salvare il patrimonio artistico della città-, ma
anche il cambio di passo che quella tragedia
innescò, dando una spinta decisiva a sviluppare nuove conoscenze e nuove competenze nei
campi del restauro e della tutela dei beni culturali. Un tema, quest'ultimo, che viene trattato
ponendo l'attenzione su due opere chiave, il
«Crocifisso » di Cimabue e l'«Ultima Cena» del
Vasari, le cui storie sono particolarmente rappresentative e permettono , da un lato, di raccontare il clima di collaborazione internazionale che si crea in quegli anni e, dall'altro, di
affrontare la questione etica dell'intervento a
posteriori sulle opere danneggiate : fino a dove
è giusto spingersi? E in questo momento così
vivo dal punto di vista culturale che nascono
Alluvioni in Toscana
infatti, oltre a nuove tecniche di recupero dei
materiali, anche le più importanti teorie sul
restauro. Come spiega il regista Enrico Pacciani: «Questa indagine porta a esplorare anche la
spinta rigeneratrice innescata dalla catastrofe,
l'impulso a sviluppare nuove conoscenze e
competenze, in particolare nei campi del restauro e della tutela dei beni culturali. Di fronte alle calamità siamo spesso capaci di imprese
straordinarie». C'è un «ma», attuale in questi
giorni. «Quasi mai gestiamo con attenzione le
attività ordinarie che ridurrebbero i rischi di
calamità. Questo è anche un caso esemplare di
come tendiamo a ricordarci della vera importanza di qualcosa solo quando stiamo per perderla irrimediabilmente». Firenze 66 - Dopo
l'alluvione sarà presentato in anteprima oggi a
Firenze nel corso delle celebrazioni ufficiali del
5o° anniversario dall'alluvione - presente
anche il presidente della Repubblica Mattarella
- mentre la messa in onda su Sky Arte è in
palinsesto domani alle 21.15. Il canale continua
sulla strada tracciata da tempo: «Cerchiamo di
raccontare l'identità dell'Italia - spiega Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte -, attraverso le
nostre opere d'arte mostriamo come lavorano
le eccellenze italiane e come sia importante
per la memoria collettiva continuare a trasmettere questo dna». Insomma tv a pagamento ma
che fa servizio pubblico.
Renato Franco
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
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L'anniversario
Cinquanta anni fa la città venne sommersa dall'alluvione
Gli «angeli del fango» arrivati da ogni pa°te d'Italia
diventarono simbolo di generosità e voglia ' riscatto
I
i ricordi del cardinale
«ERO UN PROF DI LI CEO
DENTRO QUE L DI SAST RO
CAPII COS'É LA CARITÀ»
di Angelo Scola
el 1966 ero un giovane professore di
liceo appena laureato, presidente della
FUCI di Milano. Nei giorni della tragica
alluvione di Firenze, decidemmo come
universitari cattolici milanesi di venire
tutti insieme a dare una mano. Per circa quattro mesi assicurammo la nostra
presenza nel capoluogo toscano. Ricordo che si iniziò spalando in Santo
Spirito, poi fummo trasferiti in gruppo
allo Spedale degli Innocenti, in piazza
Santissima Annunziata, dove spalammo il fango riuscendo anche a recuperare parecchi preziosi fogli di alcuni
manoscritti della biblioteca, travolti
dalla furia delle acque. Fu per noi
un'occasione di straordinaria importanza, proprio perché venivamo da una
certa esperienza di divisione tra giovani studenti cattolici, anche da una certa
Alluvioni in Toscana
dialettica, e il fatto di aver lavorato insieme in quei mesi a Firenze favorì la
nascita di un'amicizia tra noi, con il superamento delle tensioni prima presenti all'interno dell'Associazione. Sono stati momenti molto belli, come
sempre accade quando si dona qualcosa di sé agli altri.
Soprattutto ho ancora ben nitido
nella memoria, in modo del tutto particolare, il ricordo dell'incontro che il
sindaco Bargellini volle organizzare a
Palazzo Vecchio con tutte le realtà giovanili venute a prestare il loro aiuto a
Firenze per dirci tutta la riconoscenza
della città. Fece un discorso degno del
suo stile di vita cristiana, e anche della
traduzione civile di questo stile, in continuità con la sensibilità di La Pira, ma
anche con quel suo personale accento,
molto affascinato dal tenia della santità, a cui dedicava le popolari e seguitissime trasmissioni radiofoniche. Ricordo anche bene la grande solidarietà
della popolazione e lo stemperarsi,
giorno dopo giorno, della sofferenza,
della fatica, del dolore, della grande
prova.'l'anti anni dopo, quando il Papa
mi nominò Patriarca a Venezia, venni a
sapere che la grande alluvione di Firenze aveva del tutto oscurato la terribile
alluvione subita anche da \enezia che
diede inizio ai grandi guai con cui la
città ancora oggi deve fare i conti.
Nel '66 io non ero ancora entrato in
seminario, stavo maturando la mia vocazione, nra certamente quegli anni di
esperienza, prima in Gioventù Studentesca e poi nel mondo universitario,
sono stati molto preziosi per me. Anche perché, contrariamente a quello
che si pensa, lo studio non sta solo nelle «sudate carte», ma sta anche nello
scambiare, in termini infornali, nell'interloquire. Noi ci interrogavamo
con passione sul significato, persino
culturale, in senso nobile, di un'azione
caritativa di fronte al disastro dell'alluvione, impegnati a scoprire come la carità consenta quello sguardo che fu lo
sguardo di Gesù sulla realtà del mondo. E da lì poi partire per avere il dono
Pagina 159
di una sapienza su cui innestare i diversi saperi. Mi ricordo come, la sera, con
il buio che ci costringeva ad interrompere il lavoro, si stava insieme, cantando, discutendo del più e del ninno, ma
soprattutto ho la viva memoria di come
da questo nostro stare insieme nascesse una conoscenza nuova, una nuova
capacità di fare cultura.
1 Io parlato spesso ai giovani, soprattutto da quando sono arrivato a Venezia, della esperienza fatta nei giorni
successivi all'alluvione di Firenze, per
far capire loro un'idea che mi sta molto
a cuore: quella che io definisco «educazione al gratuito».
Come cristiani abbiamo bisogno tutti quanti di vivere con fedeltà e con un
ritmo regolare, come facciamo partecipando ogni domenica all'Eucarestia,
dei gesti di condivisione, donando una
parte del nostro tempo agli altri, condividendo i bisogni dei più poveri, con
l'unico scopo di imparare ad amare,
perché un equivoco molto diffuso oggi
è che tutti sappiano cos'è l'amore. E'
perciò non s'impegnano ad impararlo.
1. un errore gravissimo, perché invece a donare se stessi si impara, come ci
ha insegnato Gesù in tutta la sua vita e
come ci hanno insegnato i grandi santi
della carità.
Alluvioni in Toscana
Una nuova coscienza
Si iniziò spalando
in Santo Spirito,
poi fununo trasferiti
in gruppo allo Spedale
degli Innocenti, dove
riuscimmo a recuperare
parecchi preziosi fogli
di alami manoscritti
della biblioteca
Io non ero ancora
entrato in seminario,
stavo maturando la mia
vocazione. La sera,
con il buio, si stava
insieme, cantando,
discutendo del più e del
meno, ma soprattutto
ho la viva memoria
di come da questo nostro
stare insieme nascesse
una conoscenza nuova
Pagina 160
Firenze'66.
Dopo l'alluvione
Sabato 5 novembre, ore 21.15,
SkyArte
Cinquant'anni dopo l'alluvione, la storia dei ragazzi che accorsero per preservare il patrimonio della città, nella prima
grande mobilitazione spontanea di giovani di tutto il mondo del secondo dopoguerra.
Alluvioni in Toscana
Pagina 161
II docu m entario « Firenze 66- Dopo l'alluvione» su SkyArte
«Firenze 66-Dopo l'alluvione» è il documentario presentato in anteprima nel corso delle celebrazioni ufficiali del 50° anniversario dell'alluvione alla presenza del presidente della Repubblica. Ë
prodotto da Alkermes e Sky Arte HD e andrà in onda su SkyArte HD il 5 novembre. Andrea Zappia,
ad di Sky Italia, ha dichiarato: «Con questa produzione Sky riafferma il proprio impegno per
valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio culturale italiano».
Alluvioni in Toscana
Pagina 162
Quella lotta per i libri
nel fango di Firenze
Mietta Albertini
C'ero anche io a Firenze dopo
l'alluvione. Avevo 17 anni ed
ero partita con altri 7-8 compagni del Liceo artistico di Brera di
Milano. Ricordo il peso esagerato di quei libroni della Biblioteca Nazionale, carichi di acqua e
fango, che ci sfondavano i bicipiti passandoli in catena. Nelle
ore passate nel fango ogni tanto
veniva qualcuno con acqua e
una brioche, un morso a testa
dalle mani dei vivandieri, le nostre erano coperte di guanti e
fango. Ricordo il fango che ci
bloccava come una morsa fino
ai polpacci, lo sforzo per riuscire
a fare due passi. Ricordo le sere
nelle carrozze dei treni alla stazione di Rifredi dove dormivamo nelle cuccette, le minestrine
liofilizzate cucinate con l'acqua
minerale, talvolta gasata... Alla
mattina un camion militare ci
caricava per portarci dai treni alla Biblioteca. E tutti cantavamo
Dylan. Nella stanchezza e nel disastro generale, la giovane età
ci permetteva di ridere e ancora
oggi possiamo dire, poco "angeli" e senza vergogna, di esserci
anche divertiti. Per tutti un'e-
sperienza indimenticabile. Dieci anni fa, in quattro, siamo tornati a Firenze per il4Qennale,
Alluvioni in Toscana
Pagina 163
Il mio ricordo
dell'alluvione
Fabio Sicari
Bergamo
Avevo poco meno di sei anni
quando mio padre, con la "storica" Giardinetta, mi portò verso
i paesi della Valdicornia, nella
Maremma toscana. Prima di arrivare a Venturina si dovette fermare, perché il fiume Cornia
era straripato e stava allagando
le campagne e l'unica strada di
collegamento. Non c'erano cartelli che proibivano il transito.
Mio padre fece retromarcia e
tornò indietro, verso Piombino,
in tempo utile per non rimanere coinvolto nell'alluvione. Non
avevamo la radio e fino a sera
nulla si seppe dell'Arno che aveva devastato Firenze. Le prime
immagini in bianco e nero tra-
smesse sul canale nazionale parlavano chiaro. Era una tragedia.
Poi, nei mesi successivi, gli "angeli del fango", gli abitanti e le
Forze Armate ripulirono Firenze, ma anche i paesi della Valdicornia. Era il 4 novembre 1966.
Alluvioni in Toscana
Pagina 164
IL CONFRONTO TRA IL PRESENTE E I GIORNI DEL FANGO
Un fotogramma dei 1966 sovrapposto all'immagine della strada come è oggi: è il progetto di Ilaria Di Biagio
l' alluví one
Fí,
l ' onda el
ELENA STANCARELLI
Alluvioni in Toscana
FOTO: ILARIA DI BIAGIO
dell'alluvione di Firenze si sovrappongono allo strazio infinito del terremoto che continua a scuotere le montagne. Anche allora la natura è andata a sconquassare qualcosa che si riteneva sacro, intangibile, di valore inestimabile. Tutti raccontano le lacrime degli angeli di
fronte allo scempio.
I
CINQUANT'ANNI
ALLE PAGINE 36E37
Pagina 165
Rïtomo al futuro
Firenze galleggia
sulla memoria
ELENA STANCELLI
FOTODIMARIADIBIAGIO
cinquant' anni dell 'alluvione di Firenze si
sovrappongono allo strazio infinito del
terremoto che continua a scuotere le montagne.
Anche allora la natura è andata a sconquassare
qualcosa che si riteneva sacro , intangibile, di
valore inestimabile. Tutti raccontano le lacrime degli
angeli di fronte allo scempio. Quando, per esempio, il
crocefisso di Cimabue fu estratto dal fango, scempiato
com'era. La foto di quel recupero è una delle più celebri
di quei giorni del novembre 1966. Ce ne sono altre,
molte, ma nessuna che abbia una forza iconica, che sia
tanto più potente delle altre da essere divenuta il
simbolo di quella catastrofe. Forse la piazza Santa Croce
interrata, con la facciata della Chiesa sullo sfondo, e
Dante immerso nell'acqua , che si regge il mantello per
la prima volta con una buona ragione. É una delle foto
usate da Ilaria Di Biagio . Sullo sfondo, in contrasto, ha
messo la facciata della chiesa pulitissima. Qualcuno
ricorderà le file di libri salvati dalla Biblioteca Nazionale
ridotti a mattoni di fango , stesi al sole ad asciugare per
poter poi essere puliti . O magari quelle dei ragazzi con
gli stivaloni, che mangiano pane e mortadella , fumano,
e spalano, raccogliendo detriti con la carriola. Ce ne sono
tante, ma nessuna che abbia la forza dell'immagine
della basilica di San Benedetto da Norcia, distrutta
all'alba del 30 ottobre da una scossa di grado 6 . 5. Forse
perché adesso siamo più bravi a raccontare le storie con
le fotografie, sappiamo scegliere l'orrore con più
precisione, siamo abituati a dover testimoniare la
catastrofe con inquadrature indimenticabili. Ormai
siamo più scaltri, abbiamo imparato che se non
facciamo così, se non produciamo del materiale con cui
tenere accesa la memoria, il ricordo scompare. Se non
teniamo l'intensità della fotografia più alta possibile,
quella si perde tra le altre, non serve. Le foto
Alluvioni in Toscana
dell'alluvione di Firenze sono documenti, come si diceva
allora e oggi quasi più, non pugni nello stomaco come si
dice adesso. Io avevo un anno, abitavo molto vicino
all'Arno, ma a un piano alto. Il fiume si era portato via la
nostra macchina, e mio padre aveva trovato un
gommone a motore, e insieme agli altri padri
percorreva le strade allagate della città distribuendo tra
gli amici i pannolini, genere di prima necessità divenuto
in poche ore rarissimo. Mi raccontano che stavo in piedi
su una sedia davanti alla finestra, a guardare incantata
la città che era diventata un'altra. Come in un racconto
di Calvino, Firenze era la sua metà, quella che sporgeva
dall'acqua. Come se non avesse più una base, fosse
sospesa, galleggiasse. L'alluvione, come il terremoto, ha
la capacità di trasformare uno spazio noto in qualcosa di
molto diverso, in pochissimo tempo. Come se una
creatura gigantesca scuotesse la scatola dei giochi,
rovesciandoli. Per una bambina, doveva essere uno
spettacolo favoloso. Anche perché l'acqua è meno
violenta delle macerie, sembra buona, non fa male.
E infatti l'alluvione diventa mostruosa dopo qualche
giorno, quando l'acqua se ne va e resta la nafta, il fango,
resta quella poltiglia puzzolente che si attacca e rende
inutile qualsiasi oggetto. Quando il fango si asciuga,
diventa una trappola. Nel vedere la luce e il colore di
oggi, con quelle pecette in bianco e nero, sgranate del
passato, viene voglia di pensare che poi tutto passa. Che
anche questo terremoto infinito alla fine passerà, ma nei
nostri occhi rimarrà, deve rimanere, il palinsesto di
tutto quello che è accaduto. Come se ogni catastrofe
stesse lì a ricordarci che davvero "il bello non è che
l'orrore al suo inizio".
3 RICftO[JULONE NIíHNATA
Pagina 166
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Firenze com'era
durante l'alluvione
del4 novembre 1966
e com'è adesso, mezzo
secolo dopo: è questo
il senso del progetto
"L'Arno nongonfca
d'acqua chiara"
dellafotografa
IlariaDiBiagio,
che hacombinato
in una sorta
di puzzle le foto
di alcuni scorci
cittadini, scattate
oggi, con immagini
dei medesimi scorci
catturate allora,
mentre l'acqua
invadeva strade.
piazze, edifici storici
LE, IFLMAGINI
In questa pagina
sei immagini di luoghi
diFirenze oggi
con inserti di fotografie
in bianco e nero
,*e documentano
1 'alluvione del 1966
Asinistra, dall'alto,
via Tornabuoni;
viaArnolfo e l'interno
della Biblioteca
Nazionale centrale
A destra, dall'alto,
piazza Cavalleggeri;
via di San Giuseppe
e una vista sulla
Biblioteca Nazionale
da sopra San Niccolò
Foto d'epoca utilizzate
per questo progetto:
©Archivio Rivista
IlPonte, tranne
laprimain alto
, i destra
©PierLuigi Brunetti
L'AEFRICE
Ilaria Di Biagio
hastudiato
antropologia visuale
e giornalismo
d'inchiesta aRoma
e poi fotografca
allaDanish School
ofMedia
and Iournalism
Ha collaborato
con riviste nazionali
e internazionali
e con il collettivo
Around the Walk
e ha partecipato
a numerose mostre
in Italia e all'estero
Attualmente vive
e lavora ín Italia
con progetti
che spesso riguardano
le persone e i luoghi
a cui è più legata
Alluvioni in Toscana
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Alluvione di Firenze
i intitola `Artigianato è
Arte" la mostra che vede
protagonista l'artigianato
artistico, la pittura e la scultura
e che verrà ospitata presso la Basilica di San Lorenzo di Firenze.
L'esposizione, organizzata da Cna
Pensionati Firenze, aprirà al pubblico sabato 12 novembre (alle
10.30) e sarà visitabile fino al 27
novembre. La mostra è stata curata da Renzo Del Lungo e rientra
tra gli eventi che si inseriscono
nelle celebrazioni di Cna Firenze
in occasione dei 50 anni dall'Alluvione. Gli espositori saranno
sessantatré e ognuno di loro metterà "in vetrina" non meno di due
creazioni artistiche. "Le opere
esposte sono una variegata espres-
sione di stile e genere, nelle quali
domina la passione per il paesaggio, soprattutto quello intorno a
Firenze, con qualche spaccato urbano, con nature morte di grande
eleganza - commenta il curatore
della mostra Renzo Del Lungo
-. Nella rappresentazione delle
figure si aprono richiami classici, accanto alla vivacità di stile
moderno. Alcune opere fanno
diretto riferimento all'Alluvione,
con interpretazioni originali di
tecniche che vanno dall'informale
al figurativo più estremo.
Nella nostra esposizione ospitiamo anche opere fatte interamente
con materiale di riciclo". Faranno
parte della mostra anche alcuni
documenti unici, inerenti l'Al-
luvione, come per esempio foto
e reperti di botteghe storiche; e
poi, ancora, si potranno ammirare sculture marmoree, opere
in bronzo e ottone, ceramiche e
terracotta, intagli e intarsi in legno di noce e cirmolo. Fra i manufatti ci saranno anche i ricami
e gli abiti da bambini, i costumi
storici rinascimentali fiorentini,
i cuscini artistici e le lavorazioni
orafe, insieme alla manifattura di
altissimo livello della pelletteria.
Lesposizione è patrocinata dal
Comune di Firenze, Artigiancassa, Opera Medicea Laurenziana e
dal Centro Guide Turismo.
L'orario delle visite ad "Artigianato è Arte" è 10-12.30 e 15-17.
Info: www.firenze.ena.it
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Gli appuntamenti
con Cna Firenze
• "Alfabeti Sommersi"
Sala D'Arme dall' 1 al 13 novembre
la mostra è patrocinata da Cna Firenze
• Salone dell'Arte e del Restauro di
Firenze:
Desk di accoglienza Cna Firenze per informare sulle iniziative a sostegno della
categoria.
» "le mie mani nel Fango",
Convegno, coordinato da Bruno Santi,
(10 novembre 2016, dalle 10 alle 11,
Alluvioni in Toscana
Talking Corner)
• "Artigianato è Arte"
»"Qualifica di Restauratore di beni culturali: la proroga del termine di conclusione
della selezione e gli effetti della pubblicazione anticipata dell'elenco parziale".
Convegno congiunto con altre associazioni dei restauro e operatori dei settore.
Parteciperà anche il coordinatore nazionale Cna Restauro Gianoberto Galieri
(11 novembre, alle 14.30 in sala Dìni).
Mostra organizzata da Cna Pensionati
Firenze nella Basilica di San Lorenzo di
Firenze . Dal 12 fino al 27 novembre
(10-12.30 e 15-17).
• Cna Firenze ha sostenuto la ristampa dei
volume in italiano e alla nuova edizione in
inglese di "Firenze-Guerra & Alluvione",
scritto da Mario Camiani e Paolo Paoletti, e ha patrocinato il film "Camminando
sull'acqua" di Gianmarco D'Agostino.
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50 anni dopo Quando l'Arno inondò il centro storico e sommerse tutto
nche il David e Santa
Croce nella melma
Due immagini storiche
dell'Accademia di Belle
Arti, che ospitavano
opere di Mici-
50
SETTE 144-04.11.2016
httlr://cdicola .cnrrïcrc.it - Per info: [email protected]
Copyright 2 Uio P RCS Digital Spa - TU'HTi I DIRMI REG1STiìAT1
Alluvioni in Toscana
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II giornalista
di "Sette" aveva
14 anni il giorno
in cui Firenze
fu allagata.
ui ricorda tutto:
l'acqua che
sale, la corsa a
casa dei nonni
che sembrava
(erroneamente)
in salvo, i canotti
di salvataggio...
Ecco il racconto
di una giornata
che lascerà
a tutta la città un
segno indelebile
di Enrico Mannucci
ra giorno di festa, quella della
Vittoria, come ancora si chiamava allora, e solo dopo - non
molto dopo - avremmo capito
quanto bisognava ringraziare
Iddio - o qualunque altra entità
cui affidare il nostro destino che non fosse stata una giornata
normale, quelle in cui si andava a scuola, al lavoro, a
fare la spesa. La sveglia fu comunque presto, mentre
si era pensato di dormire fino a tardi, ovvero, per un
quattordicenne com'ero io, fino alle nove invece che
alle sette e mezzo. Proprio alle sette e mezzo, invece, cominciai a sentire grande animazione, di là dal
corridoio dove dormivano i miei genitori, in una camera che dava su via della Mattonaia, a mezza strada
fra piazza d'Azeglio, coi suo bei palazzi ottocenteschi ricordo della breve stagione di Firenze capitale
e del Poggi come architetto che dettava l'immagine
architettonica della città, e piazza Sant'Ambrogio, il
confine a nord est del quartiere di Santa Croce, cioè
stradine strette, botteghe artigiane e trattorie, ancora immuni dal grande - e per molti provvidenziale
- contagio turistico che sarebbe arrivato nei decenni
successivi. Discutevano concitati, mio padre e mia
madre, sporgendosi dalla finestra a guardare verso
l'estremità della strada che andava verso l'Arno. Forse mi sollevarono dalle ascelle, sporgendomi per far
vedere anche a me (francamente non lo ricordo, ma
mi pare probabile osservando oggi l'altezza del davanzale). Non che mi coinvolgessero nelle decisioni,
sostanzialmente valevo poco più di un bambino. La
prima, comunque, era già stata presa e mio padre
uscì per spostare la macchina (se non sbaglio, era
una improbabile Austin A4o). Perché laggiù, in fondo a via Mattonaia, la strada non c'era più. Era sparita
Bollo uno strato di acqua che lull'allro che acqua pareva. L'avrei vista meglio dopo, molto più da vicino,
ma anche a distanza era un liquido di genere diverso:
vischioso, color ocra, con striature nerastre.
Un crescendo di voci drammatiche . Del mare,
piuttosto, aveva alcuni movimenti: non le onde, ma i
flussi improvvisi, i gorghi e i vortici, anche certe correnti apparentemente incomprensibili. Una striscia
mobile e crescente. Ci fu, certo, l'illusione che fosse
un incidente localizzato: una fogna ostruita che ributtava, un condotto esploso che allagava un incrocio. Ma durò un attimo. Anche perché, ormai dalle
strade e dalle finestre era cominciata a passare la voce
sul fiume che allagava la città. E che non si fermava.
Tornò mio padre. E portava voci sempre più drammatiche. Si era sentito un botto fortissimo. Si parlava di
morti. Sembravano morti incongrue. Perché non di
annegati si trattava: a causarle pareva fosse stata l'esplosione di uno stabile, forse in via Capo di Mondo.
In realtà era in via Scipione Ammirato, poco lontano.
Un morto c'era stato davvero, e anche dei feriti gravi, perché era scoppiato un deposito di carburo. Che
cosa c'entrasse l'acqua, io l'avrei capito dopo, molto
dopo. La cosa importante era la paura che cominciava a prendere i miei genitori. L'appartamento dove
abitavamo era al terzo piano: francamente sembrava
assolutamente impossibile restare sott'acqua, però
c'erano delle "spie" nei muri. Le "spie" sono - forse
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Codice
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Pagina 180
erano, da tanto tempo non ne vedo in giro - delle
losanghine di vetro incastrate nell'intonaco per verificare lesioni e cedimenti nelle strutture. Non erano
interventi gratuiti visto che una sopraelevazione al
piano superiore aveva causato delle crepe. Insomma, in capo a una ventina di minuti, il babbo decise
di tornar fuori. Stavolta assieme alla famiglia, cioè
mia madre, mio fratello minore ed io, per abbandonare casa nostra e rifugiarci in quella dei nonni materni che era in via Masaccio, di là dal viale, in una
zona che -pareva assolutamente sicuro - l'acqua ormai maledetta non avrebbe mai potuto raggiungere. Acqua, però, che già era arrivata quasi a un metro
davanti - e dentro - al portone del nostro stabile.
Così scendemmo le scale (l'ascensore era fermo dalle 7.29, l'ora in cui era saltata la luce in tutta o quasi
la città), bardati di golf e cappotti per un destino da
sfollati, ed entrammo in quella poltiglia schifosa e,
soprattutto, gelida a quel che ricordo. Mio fratello in collo a babbo, mia mamma con una valigia e
dentro qualcosa di prezioso, io con un'altra valigetta
- che, appena affondai in quella che era stata una
«Arrivarono
poi i soldati,
e partirono
anche insulti
da chi, con la
casa distrutta,
percepiva
responsabilità
ad alti livelli»
strada e ora era un ruscello abbastanza impetuoso,
mi dovetti caricare sul capo per non infradiciarla dove avevo stipato la collezione di francobolli: a mia
volta era quel che consideravo più prezioso.
Quella brodaglia viscida e unta . Neanche duecento metri di marcia, ma abbastanza difficile perché la corrente, le correnti, anzi, diverse e contrastanti, tiravano forte in quella brodaglia viscida e
unta. Poi, ci ritrovammo all'asciutto. Io ero bagnato
come un pulcino e tremolante ma già notevolmente eccitato: avevo affrontato una prova francamente
inimmaginabile e ce l'avevo fatta. Stavano succedendo cose che il giorno prima mai avrei potuto neppure sognare. Arrivammo dai nonni come astronauti
da Marte. E anche come messaggeri di disgrazia.
Le notizie erano sempre più confuse ma non passò
molto - a occhio direi fra l'una e le due di pomeriggio - che i primi tentacoli liquidi cominciarono
a comparire anche in via Masaccio. E a ingrossarsi velocemente. Non ci volle molto a capire che ci
aspettava un nuovo sfollamento visto che i nonni
Un libro e un documentario per chi vuole ricordare
Poi if fiume diventò nero: con
questo titolo, il fiorentino Giovanni
Morandi, editorialista del Quotidiano Nazionale, racconta in un libro
la cronaca, scandita ora per ora,
dei giorni dell'alluvione di Firenze
(edito da Bompiani, p. 176, euro 12).
Un'occasione per mostrare anche
52
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un'Italia fatta di solidarietà, di una
generazione di giovani che a Firenze
scoprirà l'impegno civile e di quella
voglia di ricostruire che permeava
la società. Alla tragedia di 50 anni fa
anche Sky dedica una produzione
televisiva originale: il documentario
Firenze'66 - dopo Paffuvione, in
onda domani alle 21 sul canale Sky
Arte HD, che ha recuperato immagini e testimonianze dei protagonisti
del salvataggio, indagando, con il
commento di esperti, in che modo
l'alluvione abbia segnato, in questi
decenni, la città e i cittadini.
http!//cdiecla.corriere.it - Per info ! edico1a(resdigitaLil
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Copyright 2010 Œ RCS Digital Spa e TU M 1 Dliü'ri'i 1tG1S'rRATI
Alluvioni in Toscana
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volontari che furono chiamati a ngeli del
rango (e furono poi espulsi perché capelloni)
'Angeli del fango", vennero chiamali
così i ragazzi che da tutto il mondo
vennero a Firenze per aiutare dopo
chivio di Stato», precisa Marchini che
poi ha percorso tutto il lungo tragitto
del restauro e del recupero. Una storia
l'alluvione. Appartenevano a una fascia
d'età che, poco tempo prima, era stata
definita, nel titolo di un volume Laterza,
di miracoli che conta anche numerose
proposte stravaganti e tentativi presto
abbandonati. Il 7 novembre, in un'inter-
La generazione degli anni difficili. Nel
giro di un periodo altrettanto breve,
gran parte di quei giovani sarebbero
diventati protagonisti del fatidico'68.
vista, Emanuele Casamassima, allora
direttore, annunciò che la collezione
dei giornali era perduta: a oggi, invece
è stato recuperato il 90%. A parte il
E spesso l'epopea dell'alluvione è stata
ritenuta incubatrice dei rivolgimenti
in imminente arrivo. Va detto subito
pessimismo , Casamassima fu uno
degli eroi di quella stagione (un altro fu
il bibliotecario Ivaldo Baglioni citato da
che molti dei "cosiddetti", in verità, non
amano troppo esser definiti così. Sergio
Marchini è uno di loro. Oggi è in pensio-
Romano Bilenchi in Amici come quello
che cerca di portar fuori i giornali).
Non furono però idilliaci i rapporti fra
ne dalla Biblioteca Nazionale Centrale
di Firenze. Ci arrivò, da studente e
volontario, proprio nei giorni succes-
la gran parte dei dipendenti interni e
i volontari. «I primi ad arrivare furono
degli studenti americani, anzi studen-
sivi al 4 novembre. Fu la Nazionale, in
piazza de' Cavalleggeri, praticamente
affacciata sull'Arno il campo dell'o-
tesse. Furono loro un canale importante
per attirare sul disastro l'attenzione del
mondo. Le raccolte di giornali erano
nore su cui guadagnarono i galloni gli
"angeli del fango'. Lì, l'acqua e il fango
arrivarono presto, verso le sette del
avvolte in carta da pacchi: i danni più
gravi toccavano i primi numeri, quelli
più esterni. Bisognava organizzare delle
mattino, da corso Tintori e straripando dal Lungarno della Zecca. Sotto la
'torre" che sorge su un lato, i gorghi
catene umane per estrarre ciò che
c'era nei sottosuoli: non si respirava,
facemmo turni di 30-40 minuti. Noi
violenti ruppero le finestre e il flusso
invase la zona dove erano conservati i
giornali, le collezioni complete di tutte
volontari fummo messi a fare i giornali,
e difficilmente ci s'incontrava con gli
interni. C'era abbastanza puzza sotto
le testate italiane depositate obbligatoriamente qui in base a una legge
del 1882.1 danni furono giganteschi.
il naso nei nostri confronti. Non mancarono attriti: noi giovani si era di un
altro mondo». Il clima di diffidenza durò
L'elenco parte da circa 300.000 libri
(fra cui i testi antichi della collezione
Magliabechiana e i grandi formati') e,
a lungo se è vero che nel'67 alcuni
ex volontari - ormai strutturati in una
cooperativa - furono allontanati con
soprattutto, riguarda i giornali (circa
400.000 volumi), le riviste (60.000
volumi), la miscelllanea (opuscoli ed
estratti), innumerevoli manifesti e quasi
8 milioni di schede: «Anche se quelle
galleggianti nella melma citate da
Procacci e Montanelli venivano dallAr-
foglio di via, sostanzialmente perché
erano capelloni. E fu laboriosa anche la
nascita di un circolo culturale nella Biblioteca, intitolato a Martin Luther King.
Si discusse se ammettere i giovani della
cooperativa: la scelta finale fu positiva,
ma senza diritto di voto.
stavano al piano terreno. Stavolta meno complesso perché al primo abitava la famiglia di mio zio. 11
problema era che, di questo passo, l'appartamento
sarebbe stato sommerso. E c'erano bei mobili, bei
quadri, soprattutto - mi fissai io - bei libri e documenti antichi che rischiavano di andare distrutti. Le
avevo guardate tante volte - da quando mi era stato
permesso - quelle carte che mi piangeva il cuore
all'idea di perderle. E così m'ingaggiai nel secondo
salvataggio della giornata. Dopo i francobolli privati, i volumi pregiati dei nonni. Forse li sopravvalutavo, ma qualcosa di buono c'era e me ne sarei reso
conto anni dopo: una prima edizione di Leopardi,
Le vittime
e il salvataggio
degli archivi
In alto a sinistra, le strade
di Firenze alluvionate.
A destra, i cosiddetti
"angeli del fango" al lavoro
nel recupero del materiale
cartaceo della Biblioteca
Nazionale Centrale. A
lungo il numero delle
vittime è stato incerto:
il dato ufficiale, alla fine,
contò 35 morti.
un Button completo, a dir la verità quel che mi affascinava allora erano certi librotti molto anticomunisti e molto colorati in copertina usciti in Italia al
tempo della rivoluzione russa.
L'arrivo dell'anfibio. Con i vicini di via Masaccio,
io ormai mi atteggiavo come un veterano: l'alluvione la conoscevo già. Non conoscevo, invece, i primi
aiuti che, da quelle parti, arrivarono nel pomeriggio.
Prima dei canotti, a volte di privati, a volte dei vigili
del fuoco che avevano la caserma non lontano. Poi,
ricordo un'ulteriore eccitazione. Quando il fiume
che era la strada fu percorso da un Mn3, un anfibio
dell'esercito per il trasporto truppe che poteva viaggiare anche in un metro d'acqua. Dalla torretta, col
megafono, qualcuno urlava chiedendo se c'erano
emergenze immediate e promettendo imminenti
aiuti. Così, cominciarono presto anche gli sberleffi,
i "vaffa" di chi si trovava con la casa distrutta e percepiva - confusamente, è chiaro - qualche pasticcio
colpevole ad alli livelli e non aveva molla voglia di
accogliere benevolmente un soccorso comunque
tardivo.
Non era finita, invece, la mia personale epopea.
Che raggiunse il culmine, tre o quattro giorni dopo,
quando accompagnai il nonno in campagna, a recuperare una piccola pompa idrovora con cui voleva
prosciugare le stanze sommerse. Era un trabiccolo
su due ruote e io ebbi l'onore di spingerlo da piazza
della Libertà a via Masaccio, lungo tutti i viali, con i
fiorentini - tutti coperti di fango, ai piedi ogni tipo
di stivale recuperato nelle soffitte, armati di pale e
secchi - che mi facevano ala, ammirati e anche un
po' invidiosi del potente mezzo che stava per entrare in funzione.
Enrico Mannucci
C RIPRODUZIONE RISERVATA
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Copyright PUio CO RCS Digita] Spa - TUrI'i LWRLri'i Rff!C1S'rRATl
Alluvioni in Toscana
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Firenze ricorda l'alluvione del 4 novembre 1966
«In ricordo della città ferita dall'alluvione del 4 novembre 1966 con eterna gratitudine
peri fiorentini e tutti coloro che accorsero in aiuto». È quanto scritto sulla lapide scoperta
ieri pomeriggio nel Cortile della Dogana di Palazzo Vecchio al termine della cerimonia a
cui hanno preso parte fra gli altri il sindaco Dario Nardella e l'assessore alla
Toponomastica, And reaVannucci. Oggi, nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio,
si terrà una seduta straordinaria del consiglio comunale alla presenza del capo dello
Stato, Sergio Mattarella per commemorare l'anniversario. Sempre da oggi, e fino al7
novembre, i musei civici saranno visitabili gratuitamente dagli Angeli del fango.
Alluvioni in Toscana
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C'è un'Italia che
sa rialzarsi da
fango o macerie
Dario Nardella
ensate a Firenze.
Pensate ai suoi
P
monumenti e simboli
immortali: il Duomo,
Palazzo Vecchio, Ponte
Vecchio, Santa Croce.
Ecco, pensateli come li conoscete ora
e immaginateli immersi nella melma
atroce dell'alluvione del 4 novembre
1966,50 anni esatti fa, che con furia
avvolse tutto in poche ore e sembrò
seppellire sotto il fango l'intera città e
tutta la sua storia universale.
Morirono 35 persone, 17 in città, 18
nella provincia. La città fu paralizzata
sotto il fango: negozi e imprese
distrutti, attività interrotte, opere
d'arte danneggiate, alcune
irrimediabilmente, soccorsi difficili.
Le immagini di quei giorni che
tutti abbiamo in testa e nel cuore
sono di una città completamente
inondata, dove i monumenti più noti
sembrano soccombere alla furia del
fiume. Esemplare mi sembra la foto
di uno dei soccorritori del Crocifisso
di Cimabue, Salvatore Franchino, che
allarga le braccia, sconfitto, di fronte
all'opera bagnata dal fango.
Eppure la città seppe rialzarsi.
Ferita, abbattuta, ma non sopraffatta.
Subito i fiorentini si diedero da fare,
parrocchie e sedi di partito
organizzarono comitati senza
neppure aspettare le autorità
romane.
Dall'Italia e dall'estero arrivarono
organismi di soccorso e aiuti.
Arrivarono giovani, centinaia e
centinaia, spontaneamente o tramite
amici e scuole, col semplice
passaparola. Diventarono gli Angeli
del fango. Di loro restano indelebili le
immagini di giovani sorridenti con
vestiti e scarpe melmosi, appoggiati a
un portone a fumare una sigaretta,
oppure con l'acqua fino alle
ginocchia, mentre in una catena
umana improvvisata si passano di
mano in mano i libri fradici raccolti
dall'acqua che aveva invaso la
Biblioteca nazionale.
Il lutto di Firenze era quindi il
lutto dell'Italia tutta e del mondo
intero, il lutto di chi sa di perdere non
solo una città, non solo vite umane,
non solo opere d'arte, ma un pezzo
dell'anima del nostro paese, della sua
storia, della sua umanità.
Oggi però non è il giorno della
celebrazione di un anniversario. I
nostri morti non lo meritano. Oggi
noi dobbiamo affiancare al doveroso
e rispettoso ricordo delle risposte. Le
alluvioni non sono improvvise come i
terremoti, e soprattutto se ne
possono prevenire e mitigare gli
effetti con opportune opere
idrauliche. La vera cura è la
prevenzione. Gli errori del passato
vanno ricordati per non ripeterli.
Segue a pag.11
Mi,,ranti , strage senza fine
Alluvioni in Toscana
Pagina 184
C'è un'Italia
che sa rialzarsi
Dario
Nardella
SEGUE DALLA PRIMA
di un anno fa l'accordo di programma
quadro tra regione Toscana, ministero
dell'Ambiente, l'unità di missione di
Palazzo Chigi #Italiasicurae Città
Metropolitana di Firenze.I fondi sono interamente
destinati alle opere strategiche più urgenti perla
protezione dal rischio idraulico e idrogeologico. Tra
questi ci sono le quattro casse di espansione a monte
di Firenze e l'adeguamento dell'invasodi Levane. I
lavori dovrebbero essere ultimati afine 2018.
Speriamo che questa sia la svolta finale. Troppo
alto il rischio perFirenze per lasciar fallire questa
occasione. Maè l'Italia, il mondo, che non possono
più permettersi di rischiare.
Alluvioni in Toscana
Pagina 185
ione
all
si esce tutti
aProtezione Civile alloranonesisteva. Esistevano le sezioni
del partito comunista e della
democrazia cristiana tante
quasi come le parrocchie. Esistevano le botteghe degli arti-
giani. Esistevano gli operai della Galileo, la
fabbrica più grande della città. Un poeta che
veniva dall'altra parte del mondo, Pablo Neruda, lo scrisse bene. «E quando in Palazzo
Vecchio, bello come un'agaGiovanni
ve di pietra, salii i gradini
Gozzini *
consunti, attraversai le antiche stanze, e usci a ricevermi
un operaio, capo della città, del vecchio fiume, delle case tagliate come in pietra di luna,
io non me ne sorpresi: la maestà del popolo
governava».
Si chiamava Mario Fabiani, comunista, e
morì troppo presto, ben prima dell'alluvione. A fronteggiare il vecchio fiume si trovò il
suo esatto contrario: un democristiano letterato, Piero Bargellini. Ma la gente se lo ricorda con le calosce ai piedi nel fango. La maestà del popolo al posto della Protezione Civile, appunto. Ma la maestà lasciamola ai poeti. Tante bestemmie e tanta disperazione.
Questo fu l'alluvione. Eppure i comitati di
quartiere nacquero allora, per aiutare, semplicemente. Tutti insieme. Niente politica.
Oppure l'unica politica che conta davvero.
L'anno dopo i ragazzi del priore di Barbiana,
don Lorenzo Milani, lo scrissero nella loro
Lettera a una professoressa: sortire (in dialet-
to vuol dire uscire) da un problema da soli è
egoismo, sortirne insieme è politica. Lasciamo stare anche la retorica degli angeli del
fango. Facciamo da noi, grazie. Se posso riassumere il senso dell'alluvione nella storia di
Firenze (solo adesso la chiamo per nome) è
in questo maleducato sentimento di comunità. Anche un po' leghistaexenofobo, se volete. Ma questa città da cartolina, di cui vi
riempitela bocca nei ricordi di viaggio, è nostra e adesso è soffocata da questa mota
(sempre dialetto, vuol dire fango) gialla che
sembra merda ma è peggio perché nonvavia
quasi con niente. Eppure adesso noi comunque la puliremo.
Venne il Papa in quei giorni e gli andò an cora bene perché Paolo VI era uno che la sofferenza gli si vedeva in faccia. Ma al Presidente Saragat, grassottello e goffo com'era,
gli andò parecchio meno bene. Facciamo da
noi, grazie. I comitati di quartiere, appunto.
Si sorte (il contrario di cosa vuol dire in italiano: si esce, in spregio alla mala sorte) dal problema tutti insieme. O non ne esce nessuno.
Forse mi sbaglio, ma non ho ricordo nel
dopo della ricostruzione di risentimenti dettati da ineguaglianze nei soccorsi e ingiustizie conseguenti. La solidarietà nutriva l'orgoglio. Se lo Stato ci aiutava bene, per carità.
Ma prima di tutto ci si aiuta tra noi. Se devo
misurare la distanza storica da quel tempo,
la trovo innanzitutto in questo atteggiamento ancora non abituato a fare sempre e comunque affidamento sullo Stato.
Lasciamo stare la maestà, ma è il popolo
che governa se stesso. Oggi quando succede
una catastrofe stiamo lì a vedere quanto
tempo ci impiega lo Stato ad arrivare. E va
bene, non dico di no. Misuriamo il progresso
dalle capacità sempre nuove e maggiori che
le istituzioni riescono a mettere in campo
per migliorare la vita di tutti. Ma quanto abbiamo perso in capacità di rimboccarsi le
maniche e di aiutarci tra noi? I fiorentini non
sapevano di averla quell a capacità e anzi, come al solito, erano molto scettici. Eppure
giorno dopo giorno si dovettero ricredere,
con discreta sorpresa. E dopo le bestemmie e
la disperazione, tornò anche qualche battuta di spirito. Ma abbiate disprezzo dellagente
che quella capacità proclama di averla ad ogni passo e poi la mette in piazza solo per
chiudere la porta in faccia a chi ha più bisogno di loro. Quella è solo gente che ha paura
del mondo ed è egoista, incapace di sortire
insieme dai problemi, probabilmente si odiano sotto sotto anche tra loro.
Tutti possiamo diventare così. E non è un
bel diventare. Ci si fa il fegato grosso elanotte
si dorme male. Purtroppo c'è poco da fare:
quell'egoismo è figlio del benessere, ancor
più quando la ricchezza è recente e si hapaura che possano portartela via. Il vecchio fiume nel 1966 la portò via in una notte a parecchi. Preti, comunisti, democristiani di allora
sapevano che poteva accadere: la guerra in
fondo era finita da poco. E si aiutarono.
*storico
Ualf a1luviorne
si esce tutti
Alluvioni in Toscana
Pagina 186
era
I
Alluvioni in Toscana
Pagina 187
I ricordi di ieri
e le pene di oggi
I
1 ricordo di ieri si confonde con lo
stato d'animo di oggi: le ferite già
risanate ci fanno gioire mentre quelle
che ancora stanno lacerando il corpo
del paese ci rattristano. Che strane
sensazioni provocano i tanti
appuntamenti che Firenze ha messo in
campo. Tanta è la preoccupazione e la paura anche mentre celebriamo un passato da
celebrare - per il destino di quella parte
dell'Appennino che continua ad alzarsi e
abbassarsi, in preda ad un turbinio di scosse. I
ricordi di quella terribile notte in cui l'Arno
offese mortalmente la città di Dante si
mescolano alle pene di queste ore. Ieri la
tragedia che si trasforma in una formidabile
leva di partecipazione e diventa una presa di
coscienza sulla fragilità del nostro immenso
patrimonio e dell'urgenza della sua tutela. Fu
naturale ritrovarsi: soldati di leva, giovani
capelloni, studenti, amanti dell'arte si dettero
appuntamento nella città ferita e lì trovarono
preti e comunisti che, come nei libri di
Guareschi, dismisero le tonache e
depositarono le bandiere rosse, mescolandosi
in un'operosità che salvò il salvabile e indicò
una via. Oggi occorrerebbe un eguale scatto
del nostro orgoglio nazionale, la forza di
accantonare divisioni politiche, dando senso
profondo alla svolta di cui il paese ha bisogno.
Gli eredi degli angeli del fango sono, in
questi mesi, le migliaia di volontari della
Protezione civile che salvano vite, i vigili del
fuoco che puntellano i borghi cadenti e tutti
quelli che stanno accanto ai terremotati. Il
terremoto ci ha scosso tutti. Credevamo di esser
divenuti insensibili alle sequenze di violenza e
di guerra, alle immagini di distruzioni, di essere
diventati ormai spettatori insensibili di fronte
allo "spettacolo del dolore". Non è così.
Sarà la vicinanza, sarà la comunanza degli
stili di vita, sarà la nostra stessa lunga storia
nazionale a farci sentire partecipi nel tentativo
di uscire dalla notte della paura. Ieri e oggi. E
domani? In un secolo l'Italia ha pianto 170mila
morti per i disastri provocati dai terremoti e
altri 5800 per le piene dei fiumi e le alluvioni
solo negli ultimi 40 anni. Forse è bene pensare
a un domani in cui tutto ciò sia solo un ricordo.
Come se fosse avvenuto in un altro mondo. E se
ce la faremo, quella sarà la grande data da
festeggiare.
Alluvioni in Toscana
Pagina 188
Noi non siamo
di giovani che salivano sui camion con le
damigiane, pronti a partire per le sorgenti di Roveta, sulle colline di Scandicci.
Franco Quercioli
Nelle case l'acquatornò due giorni dopo.
alba del 5 novembre
fu l'alba livida della
tregua tra 1 Arno e i
fiorentini. Alle due
del mattino, a buio
pieno, l'acqua si era
fermata e poi era cominciata a scendere.
Illuminata dalla fioca luce della candela
la vedemmo retrocedere dall'ultimo scalino, prima che invadesse il pianerottolo a
terreno di via degli Agrifogli 23. L'Isolotto
(periferia sul lato sud dell'Arno, ndr) era
praticamente salvo. Il fiume aveva ri preso
il suo vecchio corso, il Bisamo, e aveva invaso solo le case,
latoviaTorcicoda
e via Palazzo dei
Diavoli. In via
Torcicoda correva un torrente
giallo e limaccioso che si portava
via la roba più varia, niente in confronto a quello
che si vedeva dalla passerella dell'Isolotto, prima
che si tornasse in
casa.
L'Argingrosso
l'aveva
protetto e l'Arno
era dilagato verso
le Cascine. Isolotto era e Isolotto
eratornato aessere. E noi, fortunati astarci sopra, questa volta guardavamo la città
con gli occhi di quelli che, ripulitele cantine dalla melma oleosa, dovevano dare
una mano.
In parrocchia quella mattina c'erano
già gli scout aorganizzare il primo centro
di soccorso. Unagrande mappa dellacittà, appesa alla parete, e le prime squadre
Alluvioni in Toscana
Tutto era mota, coperta daun velo di nafta. Anche laLambrettaeradabuttare, come tutte le auto, i motorini, le vespe che i
vicini non avevano fatto a tempo a spostare.
La bicicletta l'avevo portata dentro
casa, quando l'acqua era cominciata a
salire. Ora era l'unico mezzo in grado di
attraversare Firenze. Gonfiai le gomme e
la portai in spalla fino sulla strada, poi iniziai a pedalare lentamente per non
schizzarmi troppo di mota. Lasciai via
Torcicoda, gli usci e le finestre aperte, la
roba da buttare via dalle case e dalle botteghe già sui marciapiedi, lagente con gli
stivali melmosi avanti e indietro alla ricerca delle pompe idrovore. Girai a destra per via Bronzino e mi fermai alla "25
Aprile". Nel bar della Casa del Popolotrovai il Pirricchi che spazzava il fango. C'era solo lui. Era stato il capo dei partigiani
di Monticelli e di Legnaia. «Che fate?»,
chiesi, alludendo al soccorso da organizzare. «Pulisco», rispose, e mi guardò strano. Lui aveva in mente la sua Resistenza
di ventidue anni prima, la mia stava cominciando quella mattina.
A San Frediano e in Santo Spirito già
operavano le prime squadre di soccorso.
Don Cuba in via Santa Monaca, Don Panerai nei locali della parrocchia e quelli
della Casa del Popolo Ferrucci. «Chiuso
per fanghi» aveva scritto un artigiano su
un cartone appeso alla porta della bottega, in via Sant'Agostino. Di là dal ponte
Santa Trinita, il lungarno era sventrato,
la piena si era mangiatala spalletta e l'argine; il Ponte Vecchio mostrava le sue ferite. In Borgo San Iacopo il selciato era divelto, scesi dallabici e mi «smotai» fin sopra alla caviglia. A Gavinana «sfangavano» i locali del Circolo Vie Nuove e
cominciavano adistribuire il pane e il latte e così nella canonica di San Piero in
Palco. Ripassai l'Arno sul ponte Ferrucci
e dal lungarno della Zecca giunsi dentro
Santa Croce, dove l'acqua era entrata fino ai primi piani. In piazza dei Ciompi avevano già aperto la Casa del Popolo alla
gente che aveva bisogno.
Si contava sui preti e sui comunisti
Si dice che in quei giorni a Firenze si poteva contare solo sui preti e sui comunisti. Le chiese dell'Isolotto, di Gavinana,
della Nave, le Case del Popolo Vie Nuove, Buonarroti, il Circolo Lavoratori di
Porta a Prato, si riempirono di casse che
i camion dei Comuni "rossi" dell'Emilia
e dell'Umbria scaricavano direttamente, dove c'era un parroco o un segretario
di sezione, di cui ci si poteva fidare. In
via dell'Argingrosso gli alluvionati facevano la fila per occupare le case popolari, non ancora assegnate. Venivano con i
furgoni, le auto, a volte con i carretti con
sopra i pochi mobili salvati dal fango. E
noi del Comitato di Quartiere ad accoglierli all'ingresso degli stabili con il tavolino e i timbri del Comune, per dare il
senso della legalità dove legalità non
c'era. A sera cercavamo anche le ville in
collina, quelle non abitate. Una notte,
verso Marignolle, scavalcammo un muro con la scala, mentre i cani dei vicini ci
abbaiavano, ma gli alluvionati, che don
Borghi ci aveva mandato da Brozzi, ci
passarono solo una notte. A Sorgane
l'occupazione delle case popolari ebbe
dimensioni notevoli. Sapevamo tutto
da Mario. Abitava da quelle parti e insegnava all a scuola della Montagnola.
Pagina 189
Lo striscione con la scritta rossa
Paolo VI venne a Firenze la notte di Natale. La lettera dei Comitati da consegnare al Papa fu scritta a più mani nella
parrocchia dell'Isolotto. Lo striscione di
stoffa bianca con la scritta rossa «I Comitati di Quartiere vogliono parlare con
il Papa» fu disegnato sul pavimento insieme a Piero, un compagno del Psiup (il
Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria in attività dal 1964 al 1972, ndr)
che sapeva disegnare bene ma che, fino
a quel giorno, a parlare con il Papa non ci
aveva mai pensato. Il fatto è che il Cardinale Florit intorno a noi aveva fatto terra
bruciata e il professor La Pira era stato
ormai neutralizzato. Ci restava solo la
possibilità di una azione a sorpresa, sotto la luce delle telecamere.
Quella notte si portò lo striscione in
piazza Santa Croce, dove il Papa diceva
la Messa. Passando da via dei Macci,
cercammo di avvicinarci alle transenne. L'idea era quella di scavalcarle con
mossa rapida, per consentire allo Scarpelli, con uno scatto dei suoi, di consegnare la lettera a Paolo Sesto, a Messa finita. Eriberto badava ai due agenti in
borghese che ci seguivano senza parere,
ma non furono loro che fecero fallire il
nostro piano. Ce lo impedirono le donne del quartiere. Non sopportavano lo
striscione che avevamo alzato davanti a
loro e impediva lavista del Papa. A forza
di spintoni e improperi fummo ricacciati indietro. Cercammo di tenere invista lo striscione più che si poteva, men
tre le braccia ci dolevano e il freddo della
notte «ci diacciava le mele» ("ci ghiacciava le natiche", in fiorentino ndr), come diceva sempre Mauro, quando lo
raccontava. Alla fine si ripiegò lo striscione, che poi abbandonammo durante la corsa per trovare un punto buono,
lungo il percorso del Papa, in uscita da
Firenze, in San Frediano. E fu all'angolo
con piazzadei Nerli, chelo Scarpelli tentò il tutto per tutto. Il Papa, in piedi sulla
grande macchina scoperta, si avvicinava benedicendo la folla. Lo Scarpelli,
che era un tipo alto, agile e assai veloce,
che lavorava alla Nuova Pignone, prese
la rincorsa, scavalcò le transenne e lanciò la lettera, sperando di fare centro.
Ma la lettera finì per terra, travolta dalle
ruote pontificie. La pubblicò il giorno
dopo solo l'Unità, in versione integrale.
L'alba era livida,
gli argini mangiati,
la bicicletta l'unico
mezzo possibile
Come Comitato
di quartiere
scrivemmo una
lettera al Papa nella
chiesa dell'Isolotto
Volevamo parlarci
Il fogliò finì sotto
la sua auto: solo
l'Unità lo pubblicò
Ponte Santa Trinita e, in alto
a destra, la Biblioteca Nazionale.
Due scatti in mostra alla Tethys
Gallery di Firenze.
FOTO:BALTHAZAR KoiAa
Il Battistero e il centro storico
sotto l'acqua.
FOTO: ARCHIVIO Lucvo GORI
Le testimonianze sul dopo alluvione che qui
pubblichiamo arrivano dall'Archivio dei
Movimento di Quartiere di Firenze, creato nel
2005 da alcuni protagonisti di quel movimento
di base che dal 1966 lavorava per una più diretta
partecipazione alla vita sociale e politica
cittadina. Il materiale dell'Associazione è presso
I
Alluvioni in Toscana
Pagina 190
0,1
_ ..)rrentínl
uni
Chi aveva visto la
televisione parlava dell 'emozione del mondo intero per il
Cristo di Cimabue nella Chiesa di S.Croce, ma, nello stesso
quartiere, l'ospizio dei vecchietti a Montedomini era
invaso dal fango, che ancora nessuno aveva cominciato a
spalare.
Mentre nelle scale della Biblioteca Nazionale file di
giovani si intralciavano quasi, nel passare di mano in
mano libri intrisi di acqua maleodorante, la stessa acqua
invadeva i magazzini delle farmacie , dove non andava
nessuno. Fu facile infondo decidere cosa fare.
C
Coìnítatodì )r-
A Sorgane cinque-seicento famiglie alluvionate
occuparono case già assegnate . Il clima era di
illegalità ma insieme di emergenza . La prima
fase fu quella di assicurare a questa gente i
servizi essenziali, dal riscaldamento alla
corrente elettrica, ai lavori di completamento.
Fu occupato un fondo, già assegnato a una
scuola guida, per allocare una cooperativa; si
prese possesso di una villa che servì per la
collettività, dalla mensa calda alle attività con
i ragazzi, all'ambulatorio, alla sala riunioni,
alla celebrazione della Messa. Fu questa la sede
del Comitato di Quartiere.
Se gli abitanti della Nave mangiarono
qualcosa, ciò dipese dal fatto che essi
nominarono un Comitato d'emergenza, il
quale mandò i suoi membri ad acquistare
dalla campagna il necessario e ricevette
aiuto dal Comune di Bagno a Ripoli. Pane e
panettoni, uova e scatolette ci giunsero
indipendentemente dal signore inviato dalla
Prefettura. Chi portò questa roba si rifiutò
di consegnarla al Comitato, che l'avrebbe
assegnata con razionalità, ma fece una
plateale distribuzione nella piazza. E i non
alluvionati poterono riempire le dispense,
agli alluvionati non toccò nulla...
Alluvioni in Toscana
ïlaril, ,rcilo "Víe Nuove"
Si sono ricordati spesso, in modo retorico , "gli angeli del fi
Uffizi, poco si è detto dei non meno numerosi giovani che s
presentarono ai Comitati, alle Case del Popolo, alle Parre
offrendo il loro tempo, attratti da un impegno diverso da
avevano conosciuti. Capimmo
allora, e vale ricordarlo oggi,
quanto nonfosse vera la storia del
disinteresse e quanto invece da
collegare alle difficoltà fra
generazioni la causa del distacco
dei giovani dal sociale e dalla
politica da sempre lamentato.
Sa U- _,re assi a,
C; l L
Santa Croce
Il senatore Tristano Codignola
mi aveva invitato a un incontro
in Prefettura, presente il
ministro della pubblica
istruzione, per illustrare lo
stato delle scuole nel quartiere
di Santa Croce. Alla riunione il
Provveditore non seppe offrire
un quadro della situazione
scolastica cittadina. La
distanza dai problemi si
evidenziava anche fisicamente:
mentre i sovrintendenti alle
Belle Arti viaggiavano per
Firenze, spesso a piedi e con gli
stivali infangati, il
Provveditore, con le scarpe
lucide, a fine riunione risalì
sull'auto guidata dall 'autista.
Pagina 191
La scienza al servizio dell'arte
E Vasari si è salvato dalle acque
Il direttore dell'Opificio Ciatti descrive come ha recuperato l'ultimo quadro malato
Il responsabile della Biblioteca nazionale Bellingeri: «Siamo pronti a un'emergenza»
Stefano Miliani
Data per spacciata, sembrava una larva di
forme e colori perduti. Era la grande malata dell'arte fiorentina alluvionata: l'enorme Ultima cena che Giorgio Vasari dipinse
nel 1546 è di nuovo nel museo di Santa Croce di Firenze dove, il4 novembre 1966, finì
inzuppata di fango, nafta e altre scorie maleodoranti. Sotto la direzione del soprintendente Marco Ciatti, e con Cecilia Frosinini, l'Opificio delle pietre dure ha restaurato questa tela gigante e, dalle 20 alle 24 di
oggi e domani, Il Cenacolo mostra gratuitamente a tutti il figliol ritrovato. E questo
ritorno ha un significato particolare: ricorda che quel disastro impresse alla pratica
del restauro una svolta più aperta alla
scienza.
Al dipinto era in condizioni disperate»
«Il recupero dell'Ultima cena era ritenuto
impossibile - ricorda Ciatti -Fummo coinvolti nel 2004». Il guasto più grave? «L'acquadefluì in dodici ore. Lo strato di gesso e
coll a su cui Vasari lavorò si era sciolto per
cuiilcolorenon avevapiùunabasecuiaderire. E in un dipinto largo sei metri e mezzo
e alto 2,32 non è un problemino da poco».
Già, recuperare quei colori acidi tipici del
Manierismo fiorentino sembrava un'impresa disperata. «Sono serviti un progetto
apposito e vari sponsor oltre alle risorse
consuete. La Protezione civile ha coperto
gli studi e i test. Andava risanato il legno, e
qui ci ha sostenuto la Getty Foundation di
Los Angeles. Poi tre restauratrici diplomate all'Opificio hanno eseguito Il restauro estetico con un contratto finanziato da Prada. Dico la verità, il dipinto era il nostro incubo, non credevo venisse così bene», confessa Ciatti e sorride sollevato. Tuttavia
Santa Croce è a breve distanza dall'Arno:
rischia? «Una persona può sollevare il dipinto oltre il livello del 1966 con un sistema
manuale di contrappesi perché con un'alluvione la corrente elettrica salta». Di quei
giorni di sgomento cosa resta da restaurare? «Opere significative non cene sono. Aggiungo che solo una struttura pubblica poteva compiere un lavoro così imponente. E
il restauratore della pittura, Roberto Bellucci (insieme a Mauro Parri e Ciro Castelli
per la parte lignea), ha continuato in pensione a titolo gratuito tanto era coinvolto».
Alluvioni in Toscana
Bonsanti : « Fu una svolta scientifica»
Il cambio di passo scaturito dall'urgenza e
dalla vastità di guasti lo illustra Giorgio
Bonsanti, che diresse l'Opificio dal 1988 al
2000, docenteeteorico del restauro: «Si sono sprovincializzate tecniche e metodologie grazie acontatti con altre realtà italiane
ed europee. Lascienzahaacquisitounruolo sempre più importante. Pensiamo ai dipinti murali: si usò l'idrossido di bario che
ha permesso di mantenere sul posto, consolidandoli, affreschi che altrimenti sarebbero stati "strappati" dalla parete e questa
tecnologia fu dovuta all'interazione fra
uno scienziato, il chimico Enzo Ferronipoi
diventato rettore, e il restauratore Dino Dini». Le opere d'arte danneggiate furono un'infinità. Quante? «Sono numeri aleatori.
Si è parlato di un migliaio di dipinti dei
quali unterzosutavolaedueterzisutela, di
500 sculture, 125 affreschi, però le perdite
totali e irrecuperabili sono stati gli arredi liturgici nelle chiese».
Sull'arte occorre smentire una voce ricorrente: agli Uffizi anche i dipinti nei depositi sono in alto, nel mezzanino sul lato
di ponente a oltre cinquanta scalini d'altezza dal suolo. Se l'Arno irrompe per le
strade assalirebbe musei come il Bargello,
che è vicino al fiume e ha, a piano terra, capolavori di Donatello e Michelangelo, sebbene le sculture reggano meglio dei quadri
l'acqua e il fango. Un piano di evacuazione
esiste, il vero imperativo è impedire che
tutto quanto accada di nuovo.
www.bncffirenze. sbn.it), ma se labestia del
fiume sirialzacosasuccedeinquesto palazzo con sei milioni di volumi a pochi metri?
«Anche un'esondazione minore ci riguarda. Abbiamo due misure. Primo: tutto ciò
che è nei magazzini sotto il livello stradale è
sotto vuoto, in buste prive d'aria che impediscono al libro di bagnarsi e la formazione
di muffe o parassiti. Secondo: in base a un
piano con la prefettura, l'autorità di bacino
e gli istituti culturali, veniamo avvertiti in
caso di preallarme e abbiamo 12 ore per agire prima che la piena raggiunga Firenze.
Abbiamo le squadre di emergenza pronte a
trasportare ilmateriale più prezioso ai piani
alti. I manoscritti e il materiale antico sono
già al primo piano che corrisponde al terzo
di un edificio normale». Poiché la storia fiorentina è fitta di alluvioni, perché la Nazionale fu eretta davanti all'Arno? «Nel 1906,
quando fuprogettata, eravivo ilricordodell'incendioche colpì Torinopercuivollero avere vicina l'acqua per spegnere il fuoco.
Nel 1935, all 'apertura, si resero conto di non
aver considerato i grandi formati, come i
giornali, quindi fecero scaffalature nuove e
l'unico spazio era il seminterrato». A ogni
modo, sostiene Bellingeri , oggi l'istituto ha
un grattacapo in meno: « Non esistono più i
cataloghi cartacei e gli schedari finiti nel
fango 50 anni fa. È tutto informatizzato e
con un backup di sicurezza fuori della bibliotecaperevitare rischi . Maconqueldisastro iniziò la cultura moderna del restauro
librario, ricordarlo è importante».
«Biblioteca, recuperato tutto»
Un capitolo essenziale investe la Biblioteca nazionale. Passarono lì dentro giornate
e nottate molti dei circa diecimila "angeli
delfango" (tra loro spuntarono anchei giovanissimi Ted Kennedy e Margherita
Hack). Ancora negli anni'90 chi cercava là
un testo poteva incappare, come risposta,
in un no perché «alluvionato». Oggi? «Ormai la quota di libri alluvionati ancora da
restaurare è molto esigua - risponde il direttore Luca Bellingeri - L'allora direttore
Emanuele Casamassima stimò 1,2 milioni
di documenti danneggiati in modo serio o
leggero. Ne sono rimasti appena 18mila;
abbiamo l'obbligo di restaurarli perché
siamo l'archivio nazionale del libro, però
sono opuscoli, miscellanee, nulla di rilevante. Certo - ammette - l'acqua portò via
molti libri e quelli saranno alluvionati per
sempre». Peri 50 anni dal 1966 l'istituto ha
organizzato mostre, incontri (c'è il sito
Pagina 192
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Nel 1966. Padre Franchi con "L'ultima Cena" del Vasari.
Alluvioni in Toscana
FOTO: MONDADORI PORTFOLIO/ARCHIVIO GIORGIO LOTTI
Pagina 193
1 FOTOGRAFI
Gli scatti di Gori per le strade
L'occhio di Korab in mostra
Le foto /1 L'immagine a pagina 7, quella delle persone in
strada e le tre piccole con il centro allagato provengono
dall'Archivio Luciano Gori (1935-1985), maestro di scuola
che fotografò Firenze alluvionata. Per i 50 anni
dall'alluvione il Comune ha affisso in città gigantografie di
questi scatti finora inediti (info: Archivio del Movimento di
Quartiere, www.movimentoquartierefirenze.it).
Le foto /2 Balthazar Korab (1926-2013) è stato un
importante fotografo ungherese esiliato. Era a Firenze per
caso nei giorni dell'alluvione. I suoi scatti su quei giorni
sono esposti fino al alla galleria di fotografia Tethys, in via
dei Vellutini 17r. fino al 26 novembre.
Alluvioni in Toscana
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Resta il rischio
idrogeologico
Per questo ora c'è
il Piano dell'Arno
Mauro Grassi *
Giovanni Massini **
O
ggi è il 50esimo anniversario della grande alluvione in Italia. Le regioni più colpite furono quelle del
Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Ve-
nezia Giulia) e del Centro (Toscana, e più limitata-
mente Emilia-Romagna e Umbria), dove avvennero estese
inondazioni e numerose frane. Ma è indubbio che il 1966 viene ricordato per lo più come l'anno dell'alluvione di Firenze.
La devastazione che colpì la città fu vasta e profonda e, cosa
che rese quel fatto un grande e toccante evento mediatico
internazionale, fu senz'altro il contraccolpo che l'acqua produsse, con la sua miscela esplosiva fatta di fango e di petrolio, sui beni culturali e architettonici della città. Fra tutti l'oramai famoso Cristo di Cimabue e la Porta del Paradiso del
Battistero del Ghiberti. Immagini che hanno lasciato in molti di noi, fiorentini ma non solo, la forte convinzione e proposizione che una cosa del genere non dovesse mai più succe-
dere.
In effetti in questi anni molto è sta-
Dopo decenni
di stop e veti
si è pianificato
cosa fare: i
lavori in corso
saranno finiti
entro il 2021
to fatto per Firenze ma molto rimane
da fare. Seda una parte infatti è stato
prodotto tanto in termini di ricostruzione, ripristino e restauro di parti
importanti della città e di beni culturali e architettonici, altrettanto non si
può dire per quanto riguarda gli interventi di prevenzione dei fenomeni di
rischio alluvione. Per quasi cinquant'anni la mancanza di una strategia
nazionale, i localismi e i veti incrociati hanno purtroppo rappresentato ostacoli insormontabili alla realizzazione degli interventi. Solo in tempi
recenti si è potuto procedere all'indi-
subirebbero a tutt'oggi importanti allagamenti, sebbene i volumi esondati, nel centro storico di Firenze, si ridurrebbero a
meno di 10 milioni di metri cubi rispetto ai 70 milioni stimati
per l'evento di cinquant'anni fa.
La situazione di rischio idraulico a Firenze e lungo l'asta
dell'Arno, pur mitigata dagli interventi realizzati nel corso
degli ultimi cinquant'anni, risulta quindi ancora critica. In
questo contesto si inserisce il Piano per l'Arno che il nuovo
Governo in collaborazione con la Regione Toscana e il Comune di Firenze ha varato nel 2015 e che vedrà la realizzazione
entro il 2020/2021 per la gran parte degli interventi programmati.
Si tratta di un Piano che prevede nella prima fase la costruzione di quattro casse di espansione nell'area di Figline, a
monte di Firenze, per oltre 20 milioni di mc per un controvalore di circa 92 min di euro. La seconda fase (25 milioni di
lavori) prevede l'innalzamento della diga di Levane di 5 metri
con un contributo di contenimento della piena di circa 10 milioni di metri cubi. Ed infine la terza e quarta fase (65 milioni
di lavori) che prevede interventi di laminazione delle acque
della Sieve, principale affluente a monte di Firenze. Si tratta,
in quest'ultimo caso, di lavori ancora in fase preliminare di
progettazione che con il Fondo Progettazione messo a punto
da #Italiasicura potranno venire realizzate in tempi non eccessivamente lunghi e comunque, almeno per i primi stralci
funzionali, entro il 2021.
La grande opera per la messa in sicurezza di Firenze prevede, a oggi, un volume di investimenti intorno ai 180 milioni
di euro di cui il 70% di provenienza statale e il 30% regionale,
in parte già assegnati al Presidente della Regione che è anche
Commissario governativo.
Con la realizzazione delle casse d'espansione della Sieve,
in aggiunta alle casse di Figline e alla Diga di Levane, si riuscirebbe potenzialmente ad affrontare ogni tipo di evento paragonabile a quello del '66, caratterizzato da portate ben superiori a quelle di un evento duecentennale, arrivando a gestire
nel tratto a monte di Firenze oltre alle piene dell'Arno anche
quelle del suo principale affluente, la Sieve, portando così ad
un livello di sicurezza finalmente accettabile il sistema urbano che si adagia sul vasto bacino fluviale dell'Arno.
#Italiasicura- Presidenza del Consiglio
**Regione Toscana
viduazione e alla realizzazione di interventi in grado di ridurre in modo significativo il rischio idraulico per la città di Firenze.
È per questo che la Struttura di Missione contro il dissesto
idrogeologico (#Italiasicura), ha puntato ad intervenire invia
prioritaria su Firenze e più in generale, attraverso il Piano
Stralcio sulle Città Metropolitane, sulle altre principali realtà
urbane critiche come Genova, Milano e Venezia.
La situazione del fiume Arno e della città di Firenze può
essere così sintetizzata in termini di rischio idrogeologico.
Occorre considerare che nel 1966 il valore di massima piena
in ingresso al centro storico di Firenze, è stato intorno ai 4000
m3/sec a fronte di un'attuale capacità di smaltimento nel
tratto più critico degli Uffizi e della Biblioteca nazionale di
circa 3300 m3/sec. e di soli 2800 m3/sec nel tratto a valle, ricadente nei comuni di Signa, Lastra a Signa e Scandicci. È evidente che, a fronte di un evento come quello del '66, sia il
centro storico che il tratto cittadino immediatamente a valle
Alluvioni in Toscana
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1 i
ITALIA O LIVELLI DI GUARDIA
FIRENZE
L'ALLUVIONE
INVETRINA
di Cosimo Rossi
Cinquant'anni fa, la piena dell'Arno
e la corsa per salvare le opere d'arte,
i bar e i negozi del centro. Che
non hanno però resistito all'ondata
delle grandi griffe della moda
O
IItENZE . È oggi. Sono passati cinquant'anni da quel ma-
ledetto 4 novembre. Mezzo
secolo durante il quale tutto
(o quasi) è stato restituito alla città. Ma
anche tolto: il centro storico di Firenze,
quello che ha resistito ai danni dell'alluvione, si è arreso alla globalizzazione.
Ciò che l'Arno ha risparmiato se lo sono
portati via brand e griffe di alta moda.
Un assalto a colpi di euro che ha invaso
le strade soffocando non solo - e non
tanto - lo spirito sfrontato dei piccoli
artigiani e negozianti che nel buio
dell'autunno '66 spalavano fango dalle
botteghe esibendo cartelli all'insegna
del "Chiuso per umido", "Dalla mota al
consumatore", "Prezzi sott'acqua". Ma
anche le doti mercantili dell'aristocrazia commerciale fiorentina, quella delle
storiche insegne del lusso cittadino. Dei
negozi celebri e dei loro arredi scampati
al fango, infatti, non resta quasi traccia.
In quello che oggi è il cuore pulsante
dello shopping turistico fiorentino, tra
via Tornabuoni e via Strozzi, solo la fitta
esposizione di porcellane e argenteria
della famiglia Poggi sopravvive stretta
tra le nuove insegne.
Ugo Poggi c'era quel venerdì di festa
(si celebrava la festa delle Forze armate
nella ricorrenza della vittoria della Prima guerra mondiale). «Ricordo come
fosse oggi», racconta seduto alla sua
scrivania, «si veniva ad alzare il bandone e accendere le luci». Ed è quello che il
2lenne Poggi stava facendo quel 4 novembre quando si è trovato l'acqua alle
caviglie invia Torn abuoni. «Poi, visto che
la corrente rendeva impossibile tornare
a casa, trovammo riparo nell'Hotel de
Ville di via Tornabuoni » continua
❑
+
È LA MATTINA DEL 4
NOVEMBRE 1966, L'ARNO
ROMPE GLI ARGINI
E ALLAGA FIRENZE.
Ë UNA TRAGEDIA.
L'ACOUA INVADE LE VIE
DEL CENTRO, DEVASTA
CASE, NEGOZI,
BIBLIOTECHE, SFREGIA
OPERE D'ARTE.
LA GARA DI
SOLIDARIETÀ CHE Si
SCATENERÀ SUBITO
DOPO RESTERÀ NELLA
STORIA. SOPRA,
A SINISTRA, LA VETRINA
DEL CAFFÈ GIACOSA
NEL 1966. OGGI
(A DESTRA) I LOCALI
SONO STATI PRESI
DALLA GRIFFE CAVALLI
42 • IL VENERDÌ • 4 NOVEMBRE 2016
Alluvioni in Toscana
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Alluvioni in Toscana
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ITALIA O LIVELLI DI GUARDIA
Poggi. «Insieme al figlio del proprietario
che era mio amico ci rifugiammo al primo piano. Trascorremmo tutto il giorno
e la notte insieme agli ospiti dell' albergo
che erano terrorizzati». Quello che turba
i ricordi è lo scenario che si presenta il
giorno dopo, quando il deflusso dell'acqua rese possibile arrivare in negozio
sepolto dal fango. «Arrivai e vidi che lì
c'era già mio padre. Ci abbracciammo in
lacrime». La furia del fiume infatti aveva
travolto e distrutto quasi ogni cosa:
«Acqua e fango ovunque, ma ci mettemmo a ripulire il mobilio in mogano. Una
sfida che ci permise, seppur in modo
provvisiorio, di riaprire, il 10-12 dicembre». Lo stesso fecero gli altri commercianti all'insegna dell'indefesso spirito
fiorentino: con l' aiuto di cinquecentomila lire una tantum e una montagna di
candele per far luce sul disastro ma con
la voglia di rialzarsi mentre inADDIO
AGLI STORICI
combeva il Natale
AFFÉ
di quel 1966.
LETTERARI,
Questa è la stoDOMINANO
ria di una resurreI MARCHI
DELLA MODA
zione che però nasconde nelle sue
pieghe un altro evento che ha trasformato radicalmente uomini, cose ed economia cittadina. C'è un periodo, che molti
fanno coincidere con gli ultimi 20/25
anni, quando i gestori o proprietari hanno cominciato a cedere i loro antichi locali piegandosi al nuovo che avanzava.
Impossibile resistere alla concorrenza.
Come dire: la globalizzazione non fa
prigionieri. Cedere diventa un'esigenza
di sopravvivenza. Un fenomeno tipico di
molte città italiane ma che a Firenze ha
funzionato da acceleratore.
E così il salotto tra via Tornabuoni e
via Strozzi è sparito. Chi vuol saperne di
più può sfogliare qualche cartolina d'epoca. A cominciare dal celebre caffè
Giacosa, dove «siamo andati a prendere
il caffè per tre generazioni», prosegue
ancora Poggi. Oggi i locali sono occupati dal marchio Cavalli (alle prese con una
pesante ristrutturazione), che almeno si
e dato la briga di preservare il nome e il
bar in un locale adiacente. Altra cosa,
però, rispetto a divanetti imbottiti e tovaglie rosa del vecchio caffè riemerso
dall'alluvione. Dentro si continuava a
❑
SOPRA, LE VETRINE DEL NEGOZIO DI ABBIGLIAMENTO
NEUBER , ALL'ANGOLO TRA VIA STROZZI
E VIA DEI PESCIONI. È STATO CHIUSO NEL 2004
respirare l'aria d'inizio secolo dell'aristocratico caffè Casoni(come si chiamava in origine) dove il pittore Telemaco
Signorini si dava appuntamento per
l'aperitivo con lo scultore Raffaello Romanelli. E dove soprattutto un giorno
del 1919 il conte Camillo Negroni (romanzesca figura di avventuriero amante del bere, dei cavalli, di caccia e scherma, che dilapidò le sue fortune al gioco
tra Eastcoast e casinò diVenezia) chiese
al fidato barman Fosco Scarselli di rinforzare l'Americano (a base di vermuth
rosso e Campaci) sostituendo la soda col
gin di cui aveva riportato il gusto da una
recente trasferta londinese. La targa che
ricordava l'invenzione che rese celebre
il nome del conte se n'è andata con la
ristrutturazione per far posto alle vetrine di Cavalli.Addio anche agli impareggiabili panini tartufati (un tempo celebri come quelli di Procacci, sempre in
via Tornabuoni).
La memoria più vivida delle prelibatezze perse dai fiorentini rimane però
quella della pasticceria aperta il 31
maggio 1827 da Gasparo Doney, ufficia-
IL LIBRO
L DEDICATO A TUTTI
COLORO CHE, ARMATI
SOLO DI PALE,
SALVARONO FIRENZE
DAL DISASTRO. È
ANGELI DEL FANGO
DI ERASMO
D'ANGELIS (GIUNTI,
PP. 214, EURO 28)
le francese che, esiliato dalla famiglia
dopo la disfatta di Napoleone e stabilitosi a Firenze, cominciò a importare
pasticceria francese. Eleganti e spaziosi, coi soffitti a volta decorati di stucchi
e fregi d'oro sostenuti da quattro colonne (da cui il nome Caffè delle Colonne
con cui veniva chiamato), gli ambienti
di Doney in via Tornabuoni divennero
presto ritrovo per l'alta società e gli
stranieri, centro di gravità del cosmopolitismo culturale della città. «Dopo la
colazione al caffè Doney ho sbrigato
alcuni affari e poi sono andato alla Galleria degli Uffizi per un'ultima visita»,
scriveva nel suo Diario italiano Herman Melville, che alloggiava nell'adiacente Hotel du Nord. Da Doney si fermava Giosuè C arducci enel periodo fiorentino era assiduo Giovanni Verga. Frequentato dal mondo della cultura anche
per la vicinanza al gabinettoVieusseux,
proprio negli anni a cavallo dell'alluvione, il caffè era luogo d'incontro dei
poeti ermetici. Famoso per la ricercatezza dei ricevimenti durante le sfilate
di moda di Pitti, proprio Doney è stato
tra i primi a cedere il passo alla forza
dello shopping nel 1985.
Insieme ai caffè son così "annegate"
molte insegne del lusso e dell'artigianato locale. Le scarpe di Raspini, Romano
e Pollini, le secolari librerie Seeber e
Marzocco (che aveva pubblicato la prima edizione de Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi) o la cartoleria Pineider di piazza Signoria, a Firenze dal
1774. Generazioni di madri dei liceali
del Michelangelo e del Galilei hanno
sfoggiato gli abiti di Neuber, all'angolo
tra via Strozzi e via dei Pescioni: tessuti
in cui identificavano l'idea di eleganza
fiorentina fatta di un gusto un po' inglese e un po' sportivo, mai troppo stravagante e sempre di alta qualità. Lungo via
Tornabuoni si scorgono ancora le insegne in pietra con le iscrizione dorate
della Profumeria inglese fondata nel
1843 dal farmacista Henry Roberts,
quello del Borotalco, così come gli arredi in mogano sopravvissuti alla furia
dell'Arno. Da qualche anno l'attività si
è trasferita per lasciare il posto alle
scarpe di uno dei marchi della famiglia
Della Valle.
Cosimo Rossi
44 • IL VENERDd • 1 NOVEMBRE 2016
Alluvioni in Toscana
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Fotografie
efilm
ricordando
la tragedia
e la rinascita
LA M OSTRA
L'ALLUVIONE RACCONTATA DAGLI SCATTI DI
BALTHAZAR KORAB , UNO DEI PIÙ CELEBRI
FOTOGRAFI DI ARCHITETTURA DEL SECOLO
SCORSO. NEI PRIMI GIORNI DI NOVEMBRE DEL 1966,
L'AUTORE DELLE FAMOSE IMMAGINI DEI LAVORI DI
MIES VAN DER ROHE E FRANK LLOYD WRIGHT, DI LE
L
CORBUSIER, RICHARD MEIER E DI EERO SAARINEN,
Si TROVÒ CASUALMENTE AD ASSISTERE
ALL'ALLUVIONE. ARMATO DELLA SUA HASSELBLAD
MEDIO -FORMATO E DI CINQUE RULLINI, GIRÒ
PER UN GIORNO INTERO PER LA CITTÀ INONDATA,
FOTOGRAFANDO QUEI MOMENTI DRAMMATICI.
TRAMITE L'ASSOCIATED PRESS E LA RIVISTA LIFE
LE SUE IMMAGINI FECERO IL GIRO DEL MONDO
E KORAB DIVENNE IL FOTOGRAFO DELL'ALLUVIONE.
SEDICI SUOI SCATTI VENGONO PROPOSTI , FINO AL 25
NOVEMBRE, ALLA TETHYS GALLERY DI FIRENZE
NELLA MOSTRA CURATA DA JOHN COMAZZI
°
E DA CHRISTIAN KORAB. (GIUSEPPE ORTOLANO)
UN DOCUMENTARIO PER CONSERVARE LA MEMORIA
E CELEBRARE IL LAVORO DI CHI Si IMPEGNA
NELLA TUTELA DEL PATRIMONIO ARTISTICO.
È FIRENZE 66 - DOPO LALLUVIONE, UNA COPRODUZIONE SKY ARTE HD € ALKERM ES, CHE SARÀ
PRESENTATA IN ANTEPRIMA OGGI NELLA SALA DEL
CINQUECENTO IN PALAZZO VECCHIO A FIRENZE E POI
GRATUITAMENTE AL PUBBLICO NELLA CASA DEL
CINEMA. ATTRAVERSO LE TESTIMONIANZE DI
PROTAGONISTI , IL COMMENTO DEGLI ESPERTI,
L'IMPIEGO DI IMMAGINI D'ARCHIVIO
E NUOVE RIPRESE GIRATE IN LUOGHI SIMBOLO,
IL DOCUMENTARIO RICOSTRUISCE 1 DRAMMATICI
GIORNI DELL'ALLUVIONE E IL LAVORO DI RECUPERO
E RESTAURO DI OPERE D'ARTE COME IL CROCIFISSO
DI CIMABUE E L'ULTIMA CENA DI VASARI. IL
DOCUMENTARIO SARÀ PROIETTATO IN PRIMA
VISIONE DOMANI ALLE 21,15 SU SKY ARTE HD. (G.O.)
4 NOVEMBRE 2016 • IL VENERDÌ • 45
Alluvioni in Toscana
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L' uv one
tra mostra Yinerante
musiche e letture
G
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i
Le foto sono ad vane
poi potranno essere richieste
li appuntamenti
da scuole e circoli Arci. Ecco il programma
EMPOLI
Immagini di un territorio martoriato, fotografie di persone attonite e impaurite, ma anche gli
inizi dell'opera di ricostruzione
e il lento ritorno alla normalità.
Sono le istantanee delle mostra
fotografica'Empoli. I giorni dell'
Alluvione. Cinquant'anni dal
1966', organizzata per la ricorrenza dei 50 an ni da quel tragico
4 novembre 1966 all'interno dello spazio della Vela Margherita
Hack diAvane, in via Magolo 32.
La mostra è stata aperta dal vicesindaco del Comune Franco
Mori, dall 'assessore alla cultura
Eleonora Caponi e dalle curatrici Stefania Terreni, dell'archivio storico del Comune, e Francesca Pepi, dell'ufficio cultura.
ponte di barche . Alcuni pannelli
sono accompagnati da una serie
di manifesti emessi all'epoca
dall'amministrazione comunale
per gestire l'emergenza dei soccorsi e le difficoltà della ripresa e
da una raccolta di foto originali.
Una seconda sezione della mostra (circa 12 pannelli) è dedicata al fiume Arno, alla sua storia e
alle alluvioni che nel tempo si sono verificate e ai danni dell'alluvione nel centro storico di Firenze. Inoltre, la mostra è accompagnata da una brochure di otto
pagine dallo stesso titolo, con
un breve testo narrante.
«La mostra resterà visitabile li-
no a domenica 13 novembre,
sempre dalle 17 alle 19.30, per
poi diventare itinerante - ha
spiegato l'assessore Caponi cori molto piacere abbiamo accolto la proposta della scuola secondaria di primo grado'Busoni
- Vanghetti' di ospitare per un
periodo la mostra che ci auguriamo sarà un momento divulgativo ed educativo per gli alunni.
Anche Arci Empolese Valdelsa
ce la ha chiesta. La prima tappa
sarà il circolo Arci di Limite sull'
Arno. Ma visto la ricorrenza così
sentita non sono escluse altre
occasioni per mettere in mostra
queste immagini che apparten-
gono alla storia di questo territorio».
Il vicesindaco Mori ha parlato
da testimone oculare di quegli
eventi: «Avevo 15 anni e a quell'
età i ricordi ti si stampano nella
mente. Furono momenti e giorni indimenticabili, tragicamente indimenticabili. Ma anche di
coesione sociale, con tanta gente che si dette una mano formando una catena di sostegno senza
precedenti. Oggi fortunatamente, dal punto di vista infrastrutturale, il territorio si presenta molto diverso grazie a investimenti
pesanti fatti nel corso degli anni».
La sciagura dell'alluvione che
toccò Firenze, ma anche e fortemente l'Empolese, viene raccontata cori foto in bianco e nero.
Sono disposte su dodicipannelli, rappresentano le varie località invase dall' acqua e dal fango, i
mezzi di soccorso, le fabbriche e
le abitazioni danneggiate e poi
ripulite, il danneggiamento del
ponte sull'Arno e il suo attraversamento con il traghetto o sul
Sopra la press'ntazione ad Avane,
a destra una foto della mostra
e poi a seguire altre immagini
nei pannelli (foto agenzia Sest ni)
Alluvioni in Toscana
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Un gruppo di bambini in visita ad Avane
L'esercitazïone sull'Elsa
Alluvioni in Toscana
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Esercitazioni con le cateratte a Castello
A molte persone che hanno vissuto in prima persona l'alluvione del
1966 il movimento delle cateratte del ponte sull'Elsa avrà ridestato
una certa emozione. Ieri mattina i volontari della Prociv hanno
svolto un'esercitazione con la chiusura delle cateratte sul ponte
principale di Castelfiorentino , l'ultima "linea di difesa" del
capoluogo per contenere un'eventuale ondata di piena dell'Elsa.
All'operazione hanno preso parte anche il sindaco, Alessio Falorni, e
il vicesindaco, Claudia Centi. Una iniziativa dal carattere simbolico
(utile, in ogni caso, per verificare il corretto funzionamento di tutto
l'impianto) che ha aperto ufficialmente il 50° anniversario
dell'alluvione (4 novembre 1966 ), ricorrenza che il Comune di
Castelfiorentino intende celebrare - come tutti i comuni colpiti da
quel tragico evento - attraverso un nutrito calendario di eventi.
Dopo l'esercitazione di stamani, in particolare, appuntamento alle
ore 17.00 al Ridotto del Teatro dei Popolo, per una riflessione a 360°
gradi su quanto è avvenuto cinquant'anni fa, con foto,
testimonianze e filmati inediti . Come si ricorderà, Castelfiorentino
fu uno dei comuni più devastati della Valdelsa.
5, sino ala mostra a Castelfiorentino, sopra alcune
foto esposte. A destra 1 danni a Ltontelupo
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Athos Frosini, pompiere pistoiese, fu mandato a Fossato
per portare il latte a una bimba nel paese rimasto isolato
D PISTOIA
Il 4 novembre 1966 è una data
tristemente nota per le terribili
alluvioni che inondarono parte
del nostro Paese. Pochi sanno
che in quei giorni in cui Firenze
annaspava nel fango, una bimba di 3 mesi veniva soccorsa da
un vigile del fuoco pistoiese a
Fossato, un piccolo paese
dell'Appennino tosco-emiliano
rimasto isolato per la n eve. Ecco
come andò. Dopo la grande piena del 3 e 4 novembre, che aveva sciolto la neve sulle Alpi e
sull'Appennino settentrionale
caduta prematuramente tra la fine di ottobre e i primissimi giorni del mese, la neve in montagna tornò a più riprese, con
quantitativi anche significativi.
Quel poco di protezione civile
che esisteva si affidava in massima parte all'esercito e all'opera
instancabile dei Vigili del fuoco.
In questo quadro s'inserisce
una storia a lieto fine. Fossato
domina la valle del Lianentra a
747 metri di altitudine e si trova
nell'estremo
angolino
nord-ovest dell'attuale provincia di Prato e vicino al confine
con quelle di Bologna e Pistoia.
Il paese ha acquistato una certa
nomea nei dintorni per la cena
medioevale, rigorosamente in
costume e con menù dell'epoca, che si tiene nelle sue strade a
fine luglio in memoria della
Contessa Matilde di Canossa,
che intorno al 1000 fu la proprietaria e protettrice di questi pos-
Alluvioni in Toscana
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1"iti((irr''ì dì íwar a
rte
ardi'ffl
E' stato presentato, in occasione
della ricorrenza del 501
anniversario dell'al luvione di
Firenze, il volume "L'Arno dà di
fòri" curato da Luca Gianneli i, che
contiene le memorie di tanti
fiorentini e non che, in quei giorni
drammatici e concitati , nei quali la
città di Dante era sommersa dalle
acque, si trovarono a far fronte
al l'emergenza. Mara Cortesi
Bardelli, all'epoca studentessa
pistoiese iscritta alla facoltà di
economia e commercio, il 3
novembre si trovava regolarmente
in facoltà e con i compagni
organizzava una serata di allegria
e divertimento, erano ragazzi e non
faceva impressione il tempo che
peggiorava e la pioggia incessante
che non sembrava volersi placare.
Ma quello doveva essere 'ultimo
pomeriggio di spensieratezza
goliardica per molto tempo.
Mara tortesi , adesso madre e
nonna, racconta spesso ai nipoti gli
eventi legati alla giovinezza e
quando e è stato chiesto di
partecipare alla stesura del
volume, con un suo ricordo
sull'alluvione, lo ha fatto con
piacere, perchè conserva ancora
vive e nitide le immagini di quei
giorni.
sedimenti. Dodici anni fa, in
una tiepida e assolata giornata
di settembre, un signore attempato è entrato nel bar Lambrini
di Fossato insieme alla moglie.
«Mi chiamo Athos Frosini e vengo da Pistoia, cercavo la signora
Marzia». «Sono io, mi dica», rispose stupita la donna da dietro
il bancone, non avendo riai visto prima quelle persone. «lo sono il pompiere che nel novembre del 1966, in piena notte col
paese isolato dalla neve, le ha
portato il latte artificiale di cui
lei aveva bisogno. Sono tornato
dopo 38 anni perché volevo rivederla».
Un brivido di stupore e com-
mozione ha percorso tutto il
bar. Marzia, con gli occhi lucidi,
ha chiesto all'uomo di raccontare quella storia incredibile di cui
aveva appena sentito parlare
dai genitori. Nel bar è piombato
il silenzio, la tv è stata spenta e i
clienti hanno smesso di giocare
a carte per ascoltare il racconto
diAthos.
«Fossato era sotto la neve,
con la corrente elettrica saltata
e gli abitanti isolati dal resto del
mondo. Al comando dei Vigili
del fuoco di Firenze arrivò una
telefonata di allerta: c'è una
bambina di appena tre mesi in
un paese isolato dalla neve che
ha urgente bisogno di latte». 1
pompieri di Firenze in quei giorni avevano il loro bel daffare e fu
avvertito il comando di Pistoia.
Dappertutto c'erano acqua e
fango da togliere, maAthos e un
gruppo di suoi colleghi furono
incaricati di svolgere quella singolare missione in mezzo alla
neve, in un paese sperduto dell'
Appennino a confine con l'Ernilia. Un incarico che doveva sembrare loro fuori dallo spazio e
dal tempo.
«Siamo arrivati lassù con uno
dei mezzi utilizzati all'epoca,
impiegando ore perrisalire l'Appennino - prosegue il racconto
diAthos - dapprima fra le continue interruzioni a causa di frane e smottamenti, poi sulla strada innevata. A un certo punto la
macchina non an dava più avan ti: abbiamo dovuto lasciarla a
Lentula e proseguire a piedi e
con gli sci. Era ormai buio e con
la neve alta i miei colleghi non
ce la facevano più e decisero di
tornare indietro. Rimasi solo,
proseguendo sulla stradina innevata con gli sci ai piedi e il latte nello zaino, senza altri punti
di riferimento. Dopo un bel po'
vidi un bagliore in lontananza:
era un fuoco, acceso dagli abitanti di Fossato all'inizio del paese per aiutarmi a trovare la strada. Il fuoco spariva ad ogni curva e sembrava irraggiungibile.
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Ma alla fine, stremato dalle forze, riuscii a raggiungere Fossato, dove fui subito circondato
da una grande e calda accoglienza». La piccola Marzia ebbe il
suo latte e gli abitanti arrostirono della carne per offrirla allo
sconosciuto benefattore. Athos
nari la volle: era troppo stanco e
pensava ai colleghi lasciati al buio in mezzo alla neve. Alla fine
del racconto la proprietaria del
bar, Lidia Lambrini, ha offerto
da bere ad Athos e alla moglie.
Ma lui, anche questa volta, non
ha voluto niente e se n'è andato
come era arrivato, con molta
semplicità.
Francesco Albonetti
II borgo di Fossato , sull'Appennino fra Prato e Pistoia
Alluvioni in Toscana
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II sindaco a Firenze con gli ex compagni di liceo che intervennero alla Biblioteca
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C'era anche un'intera classe del
liceo Coluccio Salutati (e tra gli
studenti anche un giovane Giuseppe Bellandi), quel 4 novembre 1966 a Firenze a spalare il
fango e a tentare di salvare il salvabile dalle acque impazzite
dell'Arno. Ieri nella città capoluogo era in programma una
giornata di celebrazioni per
l'anniversario dei 50 anni
dall'alluvione. Una delegazione montecatinese, che insieme
a tanti ragazzi passati alla storia
col nome di "Angeli del fango",
partecipò attivamente al lavoro
di ripulitura di archivi e biblioteche, era presente a Palazzo
Vecchio. Assieme al sindaco
Bellandi c'erano gli amici e
compagni di quinta liceo di allora: Roberto Giusti, Marco Baldanzi, Alessandro Bracali, Valdernaro Pellegrini, Rodolfo Se-
Alluvioni in Toscana
Bellandi egli altri "Angeli " montecatinesi con il sindaco Nardella
veri, Augusto Teglia, Arturo Rossi, Alessandro Marradi (ma nel
'66 a Firenze andarono anche
Agostino Sorce, Alessandro
Marradi, Paolo Degli Innocenti,
Fiorenzo Figini ed Enrico Spinelli).
Il gruppo ha anche incontrato il sindaco di Firenze Dario
Nardella al termine di una cerimonia alla quale ha preso parte
anche il presidente del consiglio Matteo Renzi. «La preside
del liceo, che si chiamava Ghir-
landa- racconta il sindaco - era
amica del Soprintendente della
Biblioteca nazionale . Questi
aveva lanciato un messaggio di
aiuto che la professoressa raccolse chiedendoci se fossimo interessati ad andare a Firenze
per dare una mano alle zone alluvionate . Andammo tutti: chi
aveva un ' auto (e io non ero tra
quelli perché non avevo ancora
compiuto i 18 anni), una Fiat
600, una 850 e addirittura una
Topolino , dette un passaggio
gli altri . Finimmo a lavorare trai
locali della biblioteca e la casa
del Soprintendente, dove c'erano da recuperare libri e materiale d'archivio».
«Ma soprattutto - conclude
Bellandi - spalammo tanta mota, dalla mattina alla sera. Mi ricordo il gran freddo e il forte
odore di gasolio proveniente
dalla caldaie, ma fu una bella
esperienza».
(rnec)
Pagina 205
VISITA IN SANTA CROCE
PER 150 ANNI DELL'ALLUVIONE
in occasione dei 50 anni
dall'alluvione che la colpi
duramente, domani il Centro
Guide Turismo Pistoia organizza
una visita alla Basilica di Santa
Croce a Firenze. La partenza ù
alle ore 15, la durata è di tre ore
circa. il costo della visita guidata
a persona e di 8 euro escluso
l'utilizzo di auricolari (al costo di
€1.50, obbligatori per gruppi di
15 o più persone). Costo dei
biglietti peraccedere alla Basilica
di Santa Croce: intero:8 euro,
ridotto 4 euro, Prenotazioni al
Centro Guide Turismo Pistoia
telefono 335 7116713 oppure
inviando una mail a
[email protected]
Alluvioni in Toscana
Pagina 206
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" Oggz anche un convegno
Al Chiostro di Cennano
oltre cento
dell'alluvione del 1966
Prima
del taglio
del nastro
una tavola
rotonda
sui cambiamenti
climatici
Alluvione Al
chiosco
di Cennano
si inaugura
una mostra
MONTEVARCHI----- Sarà inaugurata questo pomeriggio alle 18 presso il
Chiostro di Cennano una, grande mostra fotografica dal
titolo "Montevarchi - L'alluvione del 3 e 4 Novembre
1966".
Così l'Associazione Fotoamatori Francesco Mochi di
Montevarchi, in occasione del50° anniversario dell'alluvione che sconvolse tutta la Toscana, ha voluto ricordare quei tragici avvenimenti. "La mostra - spiega Massimo Anselmi, uno dei curatori - si compone di oltre cento immagini per la maggior parte inedite e documenta, i
danni che i torrenti Dogana,Giglio, Ambra e Caposelvi
ed in parte anche l'Amo, provocarono nel territorio
montevarchino, con particolare riferimento al capoluogo e a Levane. Si tratta di immagini molto significative
accompagnate anche da pagine di giornale dell'epoca e
altra documentazione. Le fotografie sono del compianto Gastone Rotesi e di Leonello Picchioni". L'inaugurazione della mostra si svolgerà a chiusura, di una tavola
rotonda organizzata presso l'Accademia Valdamese del
Poggio, in collaborazione con il Comune di Montevarchi e con il patrocinio della Regione Toscana, che ha
come tema —Cambiamenti climatici e gestione del territorio" e che avrà inizio alle ore 15,30.
Alluvioni in Toscana
Pagina 207
LUCI, PROMESSE, FATTI
oco dopo le 9 di sera una cascata di luci è
venuta giù da San Miniato raggiungendo
un Arno incredibilmente in secca. Erano le
fiaccole dell'Alluvione, il ricordo del disastro,
ma anche della straordinaria reazione che
salvò Firenze. C'erano anche gli Angeli del
fango, tanti stranieri e anche un gruppo di
profughi. La riprova del valore universale di
questa città. E stato il momento più suggestivo
di una giornata ricca di emozioni, trascorsa
insieme con il Presidente della Repubblica
Mattarella. Forte il richiamo al dramma del
terremoto e ai i volontari che là stanno prodigandosi, proprio come qui nel `66. Precisa la
promessa di mettere finalmente in sicurezza la
nostra città. Ma altre promesse in passato
sono state tradite. Ora occorre non spengere le
luci e vigilare affinché sifaccia quello che finora colpevolmente è stato rinviato. Però con la
stessa rapidità con cui si è riparato il Lungarno Torrigiani. Non sempre l'Arno è placido
come ieri sera. (p.e.)
1 nLi.,ol Irdr - lAnm
Alluvioni in Toscana
Pagina 208
El
L'anniversario dell'Alluvione
AIL
MaLtarella: insieme cc la f aremo
Oggi il patto coi fondi per l'Arno
Il Capo dello Stato in Palazzo Vecchio lega iI `66 al terremoto. Renzi: la Protezione civile nacque qui
«Voi Angeli del fango avete
dimostrato che la solidarietà
non conosce confini, né divisioni. Oggi altri Angeli, nelle
Marche, nell'Umbria, nel Lazio
colpite dal terremoto; nelle
aree di guerra e di carestia;
ovunque ci siano uomini, donne e bambini in pericolo. Sono
anche vostri eredi». Il Presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, nel 5o anni dall'Alluvione del 4 novembre 1966,
ha voluto così legare la Firenze
piegata dal fango ma dignitosa
e le terre devastate dalle scosse. «La solidarietà del nostro
Paese, delle persone comuni,
dei gruppi organizzati, delle
istituzioni, nei momenti di
difficoltà, rappresenta una
straordinaria energia ricostruttiva. Questo il messaggio
di incoraggiamento e speranza, da Firenze che ricorda i
giorni difficili dell'Alluvione,
alle popolazioni dell'Italia centrale. Non siete soli! Condivideremo la vostra ripartenza:
insieme ce la faremo», ha aggiunto scatenando all'applauso in un Salone de' Cinquecento gremitissimo anche dagli ex
ragazzi del'66.
Il discorso del Capo dello
Stato ha chiuso la cerimonia
ufficiale per i 5o anni dall'Alluvione, in un'atmosfera di emozioni e ricordi che ha passato il
testimone alla fiaccolata della
sera dopo averlo ricevuto dal
Consiglio comunale straordinario e dalla messa con i vescovi e cardinali angeli del fango in Santa Croce; ma anche
dal ritorno de «L'Ultima cena»
di Vasari e dagli applausi dei
fiorentini a Mattarella ed agli
operai che hanno permesso la
riapertura di lungarno Torrigiani. Un grande tricolore sulla facciata di Palazzo Vecchio
ha accolto Mattarella, arrivato
in città in treno. «Voglio dedicare la giornata di ricordo del
5oesimo anniversario dell'Alluvione alle popolazioni dell'Italia centrale colpite dal terremoto - ha detto Nardella,
aprendo l'incontro - Per noi
5o anni fa fu un conforto la
presenza del Presidente della
Repubblica Giuseppe Saragat
e oggi lo è la sua - ha detto
poi rivolgendosi direttamente
al presidente Mattarella Grazie per far sentire la vicinanza delle istituzioni al cittadini». Mattarella ha ricordato
che «chi, come me, ha memoria di quegli avvenimenti e ricorda gli appelli del sindaco
Piero Bargellini, non può non
riviverli con dolore e con emozione», aggiungendo «sembrava quasi che si fosse materializzata I-acqua buia- dello
Stige, descritta da Dante nel
lugubre paesaggio del VII Canto dell'Inferno» ed incitato a
non mollare e alla responsabilità: «Oggi come allora, all'indomani dell'Alluvione di Firenze, l'impegno deve essere
quello della ricostruzione».
E delle opere che ancora
mancano per la messa in sicurezza dell'Arno si parlerà oggi
con la firma del «Patto con Firenze» e la conferma dei 18o
milioni per le casse di espansione nel Valdarno fiorentino
e per innalzare la diga a Levane, mentre il premier Matteo
Renzi ieri ha affermato, incontrando gli angeli del fango:
«La protezione civile come
espressione dell'anima nacque allora nel nostro Paese. All'Italia serve la stessa energia
di allora». E il presidente della
Regione, Enrico Rossi, dalle
Azzorre dove si trova per la
Conferenza delle regioni marittime periferiche d'Europa,
ha sottolineato: «Costa meno
la prevenzione che intervenire
sui disastri. E ricordare è il
modo migliore per celebrare
l'alluvione del `66 e ritrovare
nella nostra storia migliore la
forza e la determinazione per
il lavoro di oggi».
Mauro Bonciani
© RIPRODUZIOfd= RSERVA'A
Voi Angeli
avete
dimostrato
che la
solidarietà
non ha
confini: oggi
nel centro
del Paese
devastato
dal sisma
ci sono
i vostri eredi
Il Capo dello Stato rende omaggio al maxi tricolore dei vigili dei fuoco su Palazzo Vecchio
Ifie tra Nardella e Renzì nel salone dei C nquecento
Alluvioni in Toscana
Pagina 209
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n o/iii
Per i fiorentini c'era una sola
certezza: il sindaco era in Palazzo
Vecchio. E pensare che aveva deciso
di lasciare, di tornare alle sue carte.
Firenze è sott'acqua, come si fa? Il
sindaco si mette gli stivali, presiede
riunioni, corre da una parte all'altra.
E nel marzo successivo sale su un
aereo: c'è da dire al mondo che
Firenze aspetta di nuovo tutti.
wrr.
®nrico Ja--lei
C'è un giornale da governare, una
città - anzi un Paese - da
informare. Ci sono edizioni da
preparare a ciclo continuo e capire
ciò che sta succedendo quando i
cellulari non esistono, per il
direttore de La Nazione, è impresa
ardua. C'è da alzare il tono, e lui lo fa
in prima pagina, quando lo Stato
perde tempo e arriva in ritardo.
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r
Se il sindaco Bargellini è il custode
della città, il volto dell'emergenza è
quello del suo giovane assessore
alla Cultura. A lui, appena 37 anni, il
primo cittadino affida gli incontri
quotidiani con la stampa. Qualcuno
in giunta mugugna. «Perché a lui?».
Ma Bargellini in quel ragazzo ha
fiducia illimitata. Non ammette
repliche e non si pentirà.
-- i- Florlt
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Finché l'acqua lo consente il vescovo
apre le porte di piazza San Giovanni
a una trentina di orfane da via dei
Malcontenti. Poi diventa un
generale: raccoglie farmaci e le
distribuisce, scrive alle parrocchie
(colpite e non) e dà indicazioni
nette sugli aiuti. A dicembre due
annunci: in Curia sono arrivati 2
miliardi e, a Natale, arriverà il Papa.
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C'era un ragazzo, tra i ragazzi. Col
suo impermeabile candido il
senatore americano planò da
Ginevra in una Firenze tramortita
ma brulicante di Angeli impegnati.
Per tutti un sorriso, una stretta di
mano, qualche parola in inglese.
Tanti non sapevano chi fosse, ci fu
chi lo riconobbe solo in queste foto,
rimaste immortali.
Alluvioni in Toscana
Il volto è stanco ma soddisfatto. La
direttrice del Museo di Storia della
Scienza racconterà solo dopo di
quanto è successo in piazza dei
Giudici. Uscio e bottega per lei, che
abita al piano terra e si salva per un
pelo: ma non le basta, corre su, sale
su un cornicione e - passando
dalle finestre - mette in salvo la
lente e il canocchiale di Galileo.
Pagina 210
El
L'anniversario dell'Alluvione
Cinquecento fiaccole sulla città
A San Miniato anche i profughi
Padre Bernardo evoca Luzi e La Pira. Poi il corteo nella notte fino a piazza Santa Croce
Tra le cinquecento fiaccole
che scendono giù da San Miniato al Monte, tra i volti segnati di chi cinquant'anni fa
spalò il fango di Firenze, ci sono anche diversi ragazzi.
Giovani americani, che sono venuti «perché Firenze fa
parte di noi», studenti fiorentini che ringraziano gli angeli
del fango «perché è grazie a
loro se questa città ha il volto
che oggi conosciamo». Ci sono anche dei profughi del
Ghana, della Nigeria: «Arrivarono anche dall'Africa per aiutare Firenze: c'eravamo allora,
siamo voluti essere qui anche
oggi».
Quarantanove anni fa, il 4
novembre 1967, un anno dopo
l'Alluvione, gli angeli si ritrovarono per la fiaccolata da San
Miniato a Santa Croce; e ieri
sera, da un'idea nata da Antonina Bargellini, figlia del gran-
de sindaco Piero, molti di loro
hanno ripercorso gli stessi
passi.
sindaco Nardella guarda i tanti
volti arrivati da fuori, spiega
che «Firenze, col suo messagSul sagrato di San Miniato al gio universale di solidarietà, è
Monte, l'abate Bernardo invita del mondo: non dei fiorentini,
tutti dentro la chiesa: «Non c'è di tutti». Nel'67, alla fiaccolata
il rosario, state tranquilli». c'era anche la cantante Joan
Dentro, cita La Pira e il poeta Baez, si cantò l'Alleluiah, il
Luzi, poi legge Bargellini e sve- Gloria, We shall overcome, ce
la un segreto: la fiaccolata di la faremo
49 anni fa fu una replica, la priCosì, stavolta Antonina Barma volta che gli angeli avevano gellini sprona i cinquecento:
risalito via Monte alle Croci fu «Scendiamo cantando, mi aula notte di Capodanno del '67; guro che abbiamo ancora la
anche allora ci furono le fiac- voce per farlo tutti assieme».
cole, tanto che giù, in piazza Ma il serpentone di fiaccole
Santa Croce, quei ragazzi for- scende via Monte alle Croci in
marono «un cerchio di fuoco» silenzio. «Le ali degli angeli
attorno a Bargellini: «Un nuo- non si sono spezzate», dicono,
vo alone d'amore». In chiesa, ma c'è pudore, un filo di comecco le militanti garibaldine mozione. 5o anni fa, Gianluigi
con le coccarde tricolori a cele- aveva 1, anni e scappò da Robrare il secondo Risorgimento ma senza dirlo al babbo per vedi Firenze, ecco la console nire a spalare alla Biblioteca
americana Abigail Rupp, ecco Nazionale: sceglie il silenzio,
l'assessore Alessia Bettini. Il «lo stesso che c'era allora
quando si sentiva solo il rumore degli stivali nel fango». In
San Niccolò un ragazzo americano irrompe nel corteo con
un cartone di pizza in mano, si
rivolge all'amico: « Credo che
sarà il caso di aspettare che
passino».
Non sa cosa si stia commemorando, ma quel silenzio incute rispetto. Poi il ponte delle
Grazie, dove quarantanove anni fa le fiaccole volarono in Arno. Stavolta i suoni del temporale riecheggiano dall'amplificazione lungo le sponde, le
immagini e le date delle alluvioni di Firenze scorrono proiettate su Ponte Vecchio. Le
,oo fiaccole raggiungono Santa Croce, dove un angelo confessa: siamo in pochi, ma qualcuno di noi viene ogni anno.
Da quella notte di San Silvestro
del '66.
Giulio Gori
© RPRODUZIOfd= RSERVA'A
le e oggi
Nel `67 c'era anche
Joan Baez, tutti
cantavano
E la figlia di Bargellini:
facciamolo anche stasera
Alluvioni in Toscana
Pagina 211
CCi
A a,
s
Quel parroco testardo è in San Niccolò in
Oltrarno già da 16 anni. Quando lo
chiamano all'alba lui salta giù da letto, salva
il Santissimo, i registri parrocchiali, poi
stacca la luce per evitare il disastro. La notte
dalla canonica ascolta gli schianti dei mobili
portati dalla corrente. Il 5 mattina salta su
un gommone, raggiunge lo stadio e torna
con quattro prosciutti, dieci salami e quattro
sacchi di pane . Un bottino per San Niccolò
s i
La spalletta cede lì davanti: una furia
irrequieta che invade ogni cosa, travolge e
ammanta di fango libri, stampe, collezioni.
Nell'epicentro c'è lui: il direttore della
Biblioteca Nazionale che non si perde
d'animo. C'è da organizzarsi, decidere, ancor
prima di avere persino una vaga idea del
danno: la carta non aspetta. Poi l'acqua si
ritira e spuntano loro, gli Angeli. Una catena
che dura mesi e il primo anello è lui.
A Roma non capiscono, o non vogliono
capire? Firenze affoga e radio e tv parlano di
pioggia. Il caporedattore della Rai toscana
non ci sta, sbatte i pugni sul tavolo, finché
- è pomeriggio inoltrato - gli concedono
la diretta. C'è un solo modo per fare capire il
dramma, anche se in ritardo, agli italiani:
aprire la finestra e calare un microfono.
«Quella che sentite è Firenze, è via dei
Cerretani».
Alluvioni in Toscana
Pagina 212
«Dal badile al pastorale»
Betoni ricorda il suo `6F>
E Bassetti: il disastro
Giuseppe Betori aveva 19 anni ed era seminarista, Gualtiero Bassetti 24 ed era stato da
poco ordinato sacerdote dal
cardinale Ella Dalla Costa e da
due mesi assegnato alla parrocchia di San Salvi. Con loro
furono angeli del fango altri
sei religiosi diventati poi vescovi e tutti loro, tranne il cardinale arcivescovo di Milano,
Angelo Scola, hanno partecipato alla messa in Santa Croce.
«Questa giornata mi riporta
a 5o anni fa quando venni per
la prima volta a Firenze. Ricordo tanto sgomento, ma anche
tanta dignità nei fiorentini»,
ha detto Betori prima di concelebrare la messa assieme all'arcivescovo di Perugia, cardinale Gualtiero Bassetti, ed al
vescovo di Fiesole Mario Meinï, vicepresidente della Cei, al-
' case del popolo e parrocchie
la presenza di molti dei vescovi della Toscana, funzione
aperta dalla lettura dei 35 nomi delle vittime dell'alluvione.
Nell'omelia Betori ha ringraziato gli Angeli del fango e ha
raccontato la sua esperienza,
come ha fatto più tardi in Palazzo Vecchio, alla presenza di
Mattarella: «Non posso dimenticare che quando Papa
Benedetto XVI mi fece sapere
che voleva nominarmi arcivescovo di Firenze, il mio pensiero fu che un bastone a Firenze
lo avevo già preso in mano:
non era però un pastorale,
bensì un badile. Come allora
dovevo mettermi accanto alla
gente del popolo - a Firenze
nel 1966 non spalai il fango
nobile di biblioteche, musei e
chiese, ma quello umile delle
cantine - e mettermi a servi-
zio di questa città». E di quei
giorni Gualtiero Bassetti racconta: «La mattina del 4 dalla
chiesa vedemmo l'acqua: sentii un odore acre e mi ricordai
che c'era lì vicino un deposito
di carburante e coi ragazzi abbiamo divelto la saracinesca e
fatto una catena umana per
mettere i bidoni all'asciutto, se
fossero stati sommersi sarebbero esplosi, distruggendo
mezza piazza. E poi mettemmo in salvo un'anziana che veniva sempre alla messa,
"Mamma Rosina" la chiamavamo. Quindi tornai in chiesa e il
parroco mi aveva appena detto
"Gualtiero, portiamo via il
Santissimo perché qui succede qualcosa di brutto" che sentimmo il boato: la furia dell'acqua spalancò le porte e se sono
vivo è perché dietro l'altare cominciava una scaletta che portava in casa, al primo piano...».
Poi le acque si ritirarono: «Ci
volle un anno prima che le cose tornassero un po' a posto e
la cosa più bella - conclude
Bassetti - è la coesione che ci
fu nel quartiere: non c'era più
casa del popolo e parrocchia,
ma una grande solidarietà».
Mauro Bonciani
II cardinale Giuseppe Betori,
angelo dei fango nel 1966
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Molti dei vescovi della Toscana hanno partecipato alla messa in Santa Croce per i 50 anni dell'Alluvione
Alluvioni in Toscana
Pagina 213
Angeli del fango di nuovo insieme
«Ora servono quelli della polvere»
Oltre 1.200 hanno risposto alla chiamata di Firenze. Tante storie e mi pensiero, per i terremotati
Alla fine, si è perso il conto.
L'ultima stima è di 1. zoo «Angeli del fango» arrivati a Firenze
per il cinquantesimo anniversario dell'Aluvione . Alcuni non
riescono neanche ad entrare nel
Salone de' Cinquecento, per
motivi di sicurezza. E così Giuseppe De Loreto prende il suo
amico (anche lui «Angelo») e se
ne va alla Nazionale : «Come feci
allora».
Finito il Consiglio comunale
straordinario, tocca a loro. Arrivano sul palco chiamati da Erasmo D'Angelis, direttore dell'Unità di missione Italia Sicura.
Ecco Susan Glasspool - qui a
Firenze in quei giorni ha trovato
anche l'amore -, con il suo accento inglese, lancia un appello: «Ora c'è bisogno degli "Angeli della polvere" , per il terremoto in centro Italia». Un radioamatore ricorda il ruolo dei
tanti che con i «baracchini» fu-
rono indispensabili a coordinare gli aiuti, e furono loro a far
sapere davvero cosa succedeva,
assieme a Marcello Giannini
della Rai, ricordato da Giancarlo Antognoni e Furio Valcareggi:
le loro voci registrate che raccontano il disastro fanno venire
la pelle d'oca. E poi gli olandesi,
gli allievi dei carabinieri, i soldati di leva. Ci sono Carlo Valalesta e Sergio Marrai che partirono con una colonna di 7 camion con viveri, coperte, barche
«e persino pattini da spiaggia»:
d'altra parte venivano da Forte
dei Marmi: «Arrivammo a San
Donnino - raccontano - salvammo delle suore in un convento che poi divenne la nostra
"base". Dei tre piani, solo uno
era fuor d'acqua». in sala ci sono i bolognesi arrivati in delegazione, «partivamo ogni gior-
no con i pullman, tutto era organizzato da Comune e università: c'era un tam tam a cui non
ci si poteva sottrarre, saremo
stati migliaia!», racconta Eleonora Pantano. Maria Cristina
Tardi cerca gli amici di allora
(«eravamo tutti in via Ghibellina 76»), invece ormai Gianni
Fronti, allora studente al Michelangelo, ammette: «Con i tanti
con cui lavoravamo ci siamo
persi di vista».
Peter Mallory fu
convinto a partire da Philadelphia per Firenze
da un «monument man»: il
suo professore di
storia Hartt, che
aveva già salvato
le opere d'arte
fiorentine dal nazisti proprio nel
capoluogo toscano durante la se-
conda guerra
mondiale. Ferdinando Cavaciocchi aveva 17 anni:
«Dovevamo andare a dormire in
una caserma,
quel 4 novembre:
invece, arrivati a
piazza San Marco, il responsabile della mia scuola mi chiese se
volevamo partecipare. E per una
settimana i più robusti furono
mandati negli scantinati per
portare su i libri». C'era anche
lui. Come c'era Mario Addeo,
uno dei Zoo boy scout partiti da
Napoli: fa firmare a tutti, compreso il sindaco Nardella e l'arcivescovo Betori, una bandiera
della Pace: «Noi ci siamo, ora
come allora».
Marzio Fatucchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
rrí !re i re.._.r .-
VIDEO E VOCI3
IL RACCONTO
DI UN GIORNO
La fiaccolata da San
Miniato a Santa Croce è
stata l'ultimo atto di una
giornata piena di ricordi.
Quelli degli angeli
del fango, dei
fiorentini e
A-0, delle
istituzioni.
II
Tutto il
racconto delle
celebrazioni
dell'Alluvione nei video e
nelle foto sul nostro sito
www. corrierefiorentino. it
Come allora
C'è un grande bisogno
di volontari nel centro
Italia, nelle zone
colpite dal sisma
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alcuni degli Angeli del fango arrivati ieri mattina a PaEa..,n Vecchio. Asini
Alluvioni in Toscana
Pagina 214
:.a C ::ì r cci
Alle 7 del mattino il telefono che squilla:
l'acqua minaccia gli Uffizi . I suoi Uffizi: la
direttrice si ritrova in Galleria , con lei ïl
soprintendente Procacci e altre 12 persone.
C'era da correre per salvare da Raffaello a
Fattori, tutti portati sua mano , anche a piedi
nudi. Per poi tornare sul cavalcavia tra gli
Uffizi e Palazzo Vecchio. Da lì il disastro si
vedeva, come dal ponte di comando di una
nave immobile nella corrente.
Erano le ore della conta. Quella dei morti,
mai chiarita fino in fondo. E quella dei feriti.
Lui, professore e storico dell'arte, pensò ai
nostri tesori nelle ore in cui nessuno
riusciva a quantificare il danno. E lanciò un
appello, agli artisti del mondo, perché
compensassero le perdite offrendo un
sollievo, anche simbolico, con le loro opere.
Ne nacque un fondo, a lungo sperduto. E c'è
voluta un'americana per riscoprirlo.
Ii
Le notizie che arrivano a Milano non lo
lasciano indifferente: il fiorentinissimo
critico cinematografico del Corriere della
Sera, all'indomani dell'Alluvione non
ci pensa due volte. Prende il treno
e torna sull'Arno, da cronista, e racconta
all'Italia della città ferita e curata da
quei capelloni, bistrattati da tutti.
E che, con lui, diventano Angeli. Angeli
del fango.
Alluvioni in Toscana
Pagina 215
ALLORA FURONO 1 SOLDATI
LA NOSTRA PROTEZIONE CIVILE
di Enrico Nistri
La memoria è selettiva, per
i popoli come per gli individui. Ed è sempre forte la tentazione di ricostruire il passato in funzione del presente. E
successo anche per le commemorazioni del 4 novembre, in cui, nonostante le belle
immagini che ricordano in
Palazzo Vecchio il contributo
dei militari ai soccorsi, la parte del leone sembra andare
agli angeli del fango. La politica c'entra fino a un certo
punto: fra i giovani che si offrirono per l'opera di soccorso
c'erano ragazzi di tutte le fedi
politiche e religiose, comunisti e democristiani, laici e cattolici, «capelloni» e ragazzi
usciti dalle parrocchie o dalla
Congregazione Mariana dello
Stensen. Il fatto che una certa
vulgata giornalistica e televisiva abbia voluto cogliere nel-
la generosa mobilitazione
giovanile del novembre '66
un'anticipazione delle mobilitazioni di piazza del maggio
di due anni dopo, non cambia
questa realtà. Pesa piuttosto la
constatazione un po' ingrata
che gli angeli del fango erano
volontari, mentre i loro coetanei in uniforme quello che facevano lo facevano per assol-
e-noria
Senza il sudore di quegli
8.200 militari di leva,
armati di vanghe
e di buona volontà
non ci saremmo liberati
delle tonnellate di fango
vere un dovere. Sia pure un sacro dovere, come recita «la
Costituzione più bella del
mondo».
Eppure, senza il sudore di
quegli 8.200 militari di leva,
armati di vanghe e di buona
volontà, ma anche di cingolati
e di «CM», senza il concorso
di quei ragazzi spesso non ancora in età di voto (anche se
erano mandati di guardia ai
seggi), Firenze sarebbe rimasta molto più a lungo impantanata in un mefitico miscuglio di fango e di nafta (e forse, senza l'intervento provvidenziale del Genio militare,
anche Pisa sarebbe stata invasa dalle acque). Senza il contributo dei reparti di stanza in
città, magari alluvionati essi
stessi, come i carristi della
«Predieri», e di quelli affluiti
da altri distretti, difficilmente
ci saremmo liberati così presto delle «450.000 tonnellate
di detriti pari at quattro anni
di scarico rifiuti solidi urbani
ordinari» che, come telegrafò
il vicesindaco Lelio Lagorio al
vicepresidente del Consiglio
Nenni , ne avevano invaso
strade e piazze.
Oggi il servizio di leva è stato sospeso e Firenze ha perso
la maggior parte dei suoi reparti. Le sue caserme sono diventate grandi scatole vuote
in attesa di una nuova destinazione. Ma non è un buon
motivo per dimenticare il
contributo di tutti i militari alla salvezza di Firenze, dal generale Centofanti, comandante della Regione militare tosco-emiliana, all'ultimo marmittone. Non lo fece la giunta
comunale di allora, presieduta da Piero Bargellini, decorato al valore nella grande guerra, quando il 5 dicembre 1966
salutò con un manifesto la
partenza di quei giovani che
«hanno lavorato per uri mese
intero, volenterosi e generosi,
pronti ad ogni servizio anche
repugnante, ad ogni prestazione anche pericolosa, nell'acqua putrida, nel fango infetto (...) guidati da ufficiali di
umanissima comprensione».
A maggior ragione non dimentichiamo nemmeno noi
il nostro debito con quei ragazzi con la faccia pulita e gli
anfibi sporchi, che mezzo secolo or sono furono la nostra
protezione civile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La pausa pranzo di due militari sulla spalletta dell'Arno
Alluvioni in Toscana
Pagina 216
AMICI MIEI
Firenze, Spazio Alfieri, via dell'Ulivo 6
Stasera alle 19.15 e alle 21 proiezione
speciale di «Amici Miei atto H» di Mario
Monicelli (con alcune scene dedicate all'Alluvione dei '66) organizzata in occasione dei I Raduno Amici miei - Alluvionati dentro nato con l'intento di diventare
un momento di riscoperta di una delle
serie cinematografiche cult dei paese. Alle 14.30 al piazzale Michelangelo.
Alluvioni in Toscana
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nsì Da oggi al 13 in sala Quadri
"Ne e passata d'acqua sotto i ponti"
Mostra sull'alluvione del 1966
POGGIBONSI
"Ne è passata d'acqua sotto i ponti" è il titolo della
mostra curata dall'Associazione storica Poggibonsese
che apre oggi alle 17 nella sala Quadri per ricordare il
50esimo anniversario del 4 novembre del `66, per rimanere aperta fino al 13 novembre (visitabile tutti i giorni
dalle 17 alle 20. Ingresso gratuito). All'apertura saranno presenti Silvano Becattelli, lo storico Claudio Biscarini, Giuseppe Mantelli e Rossella Merli. Tutte le foto
sono dell'Associazione storica Poggibonsese. Alcuni
degli scatti saranno esposti anche nella mostra promossa dal Consiglio regionale su "Le alluvioni in Toscana".
Alluvioni in Toscana
Pagina 218
IL MANAGER RIPERCORRE DAVANTI A MATTARELLA
LE SUE RADICI. «ANDAVO A BOTTEGA DAL
RESTAURATORE ROSSI. E ALLA NOTIZIA DEL DISASTRO
A FIRENZE ANDAI ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE»
Berteill: «Anch'io angelo de] fango»
Salva Vasarï e rïcoida la sua rlla a
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Grazie a r
restauro dell'opera alluvionata. « l 'c io di casa»
di EVA DESIDERIO
- FIRENZE «SONO NATO in Piazza Grande, la mia casa di famiglia è a dieci
metri dalle Logge del Vasari così
quando il FAI (Fondo Ambiente
Italia) mi ha segnalato che l'Ultima Cena di Giorgio Vasari, danneggiata dall'Alluvione di 50 anni fa, aveva bisogno di un finanziamento per l'ultima fase dei restauri da parte dell'Opificio delle
Pietre Dure, ho subito capito che
dovevamo intervenire con un sostegno da parte della mia azienda,
Prada. Oggi sono felice ed emozionato per la restituzione di questo
capolavoro all'Italia e al mondo».
Anche uno tosto come Patrizio
Bertelli, fondatore con la moglie
Miuccia Prada di una delle aziende del lusso internazionale tra le
più creative e prestigiose, si emoziona durante la ricollocazione
nel Museo dell'Opera di Santa
Croce del capolavoro che Vasari
ha dipinto nel 1546 che è stato oltraggiato dal fango il 4 novembre
1966 e curato dai restauratori
dell'Opificio grazie al finanziamento per la parte pittorica di
350.000 euro donati da Prada,.
protagonista di questa riscoperta
di bellezza insieme a Protezione
Civile e Getty Foundation.
Alla cerimonia ieri c'era il Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella che ha salutato privatamente Bertelli pochi minuti prima dell'inizio dei discorsi ufficiali davanti al sindaco di Firenze
Nardella, all'Arcivescovo Giuseppe Betori e al ministro dei beni
culturali Dario Franceschini, al
sovrintendente dell'Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti che
Alluvioni in Toscana
ha guidato tutto il prodigioso restauro.
L'ad di Prada dopo la cerimonia
parlando ad un pugno di giornalisti, dopo aver ribadito la necessità
di aiutare lo Stato per la ricostruzione delle zone terremotate del
Centro Italia da parte di tutti gli
imprenditori piccoli medie grandi «perchè lo Stato siamo noi, i cittadini», ha raccontato alcuni particolari che testimoniano l'attaccamento alla sua città. «Sono nato
in Piazza Grande dove c'è la casa
di famiglia e da bambino ho sempre giocato a pallone sotto le Logge del Vasari. Era il luogo dei nostri giochi prima che i genitori ci
chiamassero in casa per le lezioni
- racconta Patrizio Bertelli - e poi
da più grande mi piaceva andare a
bottega dal restauratore Rossi e li
prendevo i colori e facevo il bracciante del restauro!». Sorride Ce-
sare Mazzi, presidente di Prada e
amico di vecchia data dell'amministratore delegato.
Bertelli svela anche un altro lato,
finora sconosciuto, della sua storia personale. «Ricordo tutti i dettagli dell'Alluvione di 50 anni fa,
e quei quindici giorni passati a pulire i libri dal fango alla Biblioteca
Nazionale di Firenze. Sì sono stato anch'io un Angelo del Fango»,
conclude Bertelli.
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SO N O i giorni del ricordo,
quelli dell' alluvione. E
come 50 anni fa ci sono
opere da salvare.
« Ricordo tutti i dettagli
dell'alluvione e di quei
quindici giorni passati a
pulire i libri dal fango alta
Biblioteca Nazionale di
Firenze». M a sono anche i
giorni del terremoto e
BerteLli lancia un appello
agli imprenditori
«Aiutiamo lo Stato netta
ricostruzione delle zone
terremotate . Lo Stato
siamo noi».
Pagina 219
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M ISTER PRADA A FIRE N ZE Patrizia Bertelli ieri davanti al presidente
della Repubblica per l'inaugurazione del grande restauro vasariano
Alluvioni in Toscana
Pagina 220
L7J,-LUV1O;'%E del 3 e 4 novembre 1966». Ela mostra
dell'associazione fotoamatori Francesco Mochi che
ripercorre con 80 foto, pagine di giornale e documenti.
Inaugurazione, alle 18, nel Chiostro di Cennano.
Alluvioni in Toscana
Pagina 221
a
RICORDO DEI MORTI DEL'66
Esercitazione sulle cateratte dell'Elsa
per evitare una nuova alluvìone
A MOLTE persone che hanno
vissuto in prima persona l'alluvione del 1966 il movimento delle cateratte del ponte sull'Elsa avrà ridestato una certa emozione. Ieri
mattina i volontari della Prociv
hanno svolto un'esercitazione
con la chiusura delle cateratte sul
ponte principale di Castelfiorentino, l'ultima «linea di difesa» del
paese per contenere un'eventuale
ondata di piena del fiume. All'operazione hanno partecipato anche
il sindaco Alessio Falorni e il vice
Claudia Centi. Un'iniziativa dal
carattere simbolico (utile, in ogni
caso, per verificare il corretto funzionamento di tutto l'impianto)
che ha aperto ufficialmente il50°
anniversario dell'alluvione (4 novembre 1966) e che il Comune di
Castelfiorentino celebrerà, come
tutti quelli colpiti da quel tragico
evento, attraverso un ricco calendario di eventi.
Nel pomeriggio al Ridotto del
Teatro del Popolo è stata inaugurata la mostra sulla «memoria collettiva». Castelfiorentino fu uno
dei comuni più devastati della
Valdelsa: oltre ai danni ingenti
procurati a centinaia di abitazioni, attività commerciali, artigianali, agricole e industriali (oltre 5
miliardi di lire, secondo una stima dell'epoca) ci furono anche 4
vittime, tre delle quali in seguito
all'esplosione di una casa (Guido
Borghi, Giovanni e Vittorio Cortini, Rosa Grassi). Proprio nel ricordo delle vittime, il Comune ieri
mattina era presente con una rappresentanza istituzionale con il
Gonfalone alla messa celebrata a
Firenze nella Basilica di Santa
Croce dal cardinale Giuseppe Betori, alla presenza del Capo dello
Stato, Sergio Mattarella.
I.P.
Un momento dell'esercitazione
Alluvioni in Toscana
Pagina 222
MOSTRA É STATA INAUGU RATA ALLA VELA HACK DI AVANE
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plena del ' 66 nelle foto di allora
FOTO in bianco e nero, manifesti d'epoca e prime pagine di giornale: tutto per ricordare quel tragico 4 novembre di 50 anni fa, quando l'alluvione colpì Firenze facendosi sentire pesantemente anche
nell'Empolese. Era il'66: tra le zone più danneggiare c'erano le frazioni di Santa Maria, Pagnana,
Riottoli, Marcignana, Ponte a Elsa e Brusciana. A due passi, Avane, da ieri location prescelta per
ospitare, non a caso, la mostra intitolata «Empoli. I giorni dell'alluvione. Cinquant'anni dal 1966».
L'esposizione è stata inaugurata
ieri nello spazio della Vela Margherita Hack di via Magolo: a raccontare la storia di Empoli alluvionata immagini disposte su dodici
pannelli che rappresentano le va-
rie località invase dall'acqua e dal
fango, i mezzi di soccorso, le fabbriche e le abitazioni danneggiate
e poi ripulite, il ponte sull'Arno
divenuto inservibile e l'attraversa-
Sarà possibile visitarla fino
ad
epica. Dopo andrà
in scuole e circoli Arci
mento del fiume con il traghetto
o sul ponte di barche. Una seconda sezione della mostra invece è
dedicata all'Arno, alla sua storia e
alle alluvioni che nel tempo si sono verificate.
«Con questo lavoro di allestimen-
to, utilizzando i documenti presenti nell'archivio storico comunale - ha commentato l'assessore
alla cultura Eleonora Caponi, che
ha idealmente tagliato il nastro accompagnata dal vicesindaco Franco Mori - abbiamo cercato di restituire alla città l'idea di quella che
è stata l'esperienza della nostra alluvione. All'iniziativa, hanno aderito le biblioteche della Rete
REA.net che hanno messo in campo, comune per comune, eventi a
tema a partire da oggi».
La mostra resterà visitabile fino a
domenica 13 novembre, in orario
17 -19,30, per poi diventare itinerante: approderà nei locali della
scuola `Busoni - Vanghetti' e da lì
andrà Circolo Arci di Limite
sull'Arno.
Y.C.
La mostra di fotografie
sull'alluvione del '66 alla Vela Hack
Alluvioni in Toscana
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Stasera R Libro
Viovve sl bagnatC
presentato l Mmab
o
M onteLupo
AL MMAB di Montelupo
oggi si ricorda l'alluvione
del 1966. Alle 17 infatti
nei Locali di piazza
Veneto sarà presentato il
libro «Piovve sul
bagnato-le
testimonianze più
significative
sull'alluvione
nell'Empolese-Valdelsa», curato dal
giornalista Edoardo
Antonini. Un testo
accessibile a tutti, di
facile leggibilità e
piacevolezza, capace di
raccontare l'alluvione e
dare voce a chi, negli
anni, ha tenuto con sé il
ricordo di quanto vissuto.
Alluvioni in Toscana
Pagina 224
' TRE FILMATI IN CONTEMPORANEA
PROIETTATI'IL DOCUMENTARIO DI FRANCO
ZEFFIRELLI, IL FILMATO STORICI
LUCE E QUELLO DEI TESTIMONI GIORNALISTI"
LE PAGINE CHE FECERO LA STORIA
IN MOSTRA LE PRIME PAGINE DE LA NAZIONE
SUI GIORNI DELL'ALLUVIONE E LE COLLEZIONI
DEL GIORNALE SALVATE DAL FANGO
LE FOTO IN BIANCO E NERO
SONO QUELLE CHE VENGONO DAI NOSTRI
ARCHIVI E QUELLE CHE CI SONO STATE
INVIATE DAI LETTORI IN QUESTI GIORNI
L'abbraccio della nostra storia
I ugurazione con 1VMattarella. La commozione del
di ALBERTO
DREOTTI
IL TONO DI voce del Capo
dello Stato è garbatamente soffuso. Tale da non coprire
quell'effetto sonoro di acqua
che scorre, all'ingresso dell'auditorium `Attilio Monti' de La
Nazione, dove è stata allestita la
mostra sull'Alluvione, che Mattarella ieri ha inaugurato. Ad
accoglierlo, con il direttore
Pier Francesco De Robertis, i
vertici della Poligrafici Editoriale. La signora Marisa Monti
Riffeser presidente di Poligrafici, Andrea Riffeser Monti (vicepresidente e ad), Matteo Riffeser Monti (presidente Monrif.net), Sara Riffeser Monti (vicepresidente Speed) e Bruno
Riffeser Monti (consigliere di
amministrazione MonriO. E
ancora il direttore generale Luca Ceroni, il responsabile Risorse umane Alessandro Serrau e
il direttore di sede Stefano Fantoni, i responsabili della pubblicità e del marketing (con il
responsabile Pierluigi Masini),
il corpo redazionale al completo e i poligrafici.
zione di una Firenze colpita e
sofferente, che ha saputo risorgere e riportare alla luce la
sua Grande Bellezza.
INIZIA, sotto la guida del direttore De Robertis, la visita
della mostra. Con Mattarella
ci sono il ministro Franceschini, il prefetto Alessio
Giuffrida, il sindaco Dario
Nardella, il vicepresidente
della giunta regionale Monica Barni, il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, il professor Giuseppe Morbidelli presidente di banca
CR Firenze, che ha collaborato alla realizzazione della mostra.
Un filmato dell'Istituto Luce
racconta La Nazione prima e
dopo l'alluvione: lo stabilimento nuovissimo disegnato
dall'architetto Spadolini allagato e risanato a tempo di record. La prima pagina originale del 4 novembre 1966 ribattuta nel cuore della notte
per volontà del direttore Enrico Mattei, quando si capiva
che sarebbe potuta verificare
una catastrofe. E quelle dei
giorni successivi, stampate in
modo avventuroso con la collaborazione del Resto del Carlino di Bologna, che hanno
raccontato al mondo intero il
dramma che Firenze sott'acqua stava vivendo. In un docu-film curato da Stefano
Lecchi, giornalisti e tipografi
di allora raccontano il dramma della città sott'acqua. E
ancora, nel cuore dell'auditorium dove è stata efficacemente ricostruita la skyline
dei monumenti più celebri
della città, le collezioni del
quotidiano alluvionate e salvate dal fango e le fotografie
in bianco e nero degli archivi de La Nazione e quelle inviate da tanti nostri lettori.
DA OGGI e fino al 19 novembre, la mostra è aperta alla città con ingresso gratuito:
oggi dalle 12.30 alle 18; nei
prossimi giorni, dal lunedì al
sabato gli orari vanno dalle
9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle
18. Domenica chiuso.
APPLAUSO spontaneo
ha accolto l'arrivo del presidente della Repubblica. Poi, dentro l'auditorium, un incontro
speciale. Quello con il regista
Franco Zeffirelli, autore del documentario - capolavoro che
qui viene proiettato. Una stretta di mano sentita, complice,
poche parole per rafforzare la
stima e l'affetto reciproci. Zeffirelli per Mattarella è l'incarna-
Alluvioni in Toscana
Pagina 225
t'ad di Poligr
Riffeser Mon
il capocronis
Foto e prime pagine
La storia raccontata
dal nostro giornale
NELLA mostra allestita nel
nostro auditorium si
trovano varie aree che
raccontano quei giorni
drammatici ma anche la
reazione della città. Il
nostro giornale racconta di
Mattarella insieme al
e al dottor Andrea Riffeser,
Fantor-ti
/'si4igrafici
fatto se stesso attraverso il
quotidiano, te foto tanche
dei tettori), it docufitm con
emozionanti testimonianze
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nell'auditorium
dei nostro giornale
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Alluvioni in Toscana
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Pagina 226
I L NOSTRO ARNO 1966-2016
VIAGGIO NEL FANGO E RITORNO
LA MOSTRA E STATA ALLESTITA DA ONCE EVENTS
E NASCE DALLA COLLABORAZIONE FRA REGIONE,
COMUNE E PUBLIACOUA CON IL NOSTRO GIORNALE
i stamani alle 12
aperta al pubblico
CON la visita del Presidente
Mattarella è stata inaugurata
la mostra sull'alluvione
allestita da La Nazione
nell'auditorium del giornale.
L'esposizione è visibile
gratuitamente dal lunedì al
sabato con orario 9.30-12.30
e 15-18, chiuso la domenica,
isso al 19 novembre.
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Alluvioni in Toscana
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Pagina 227
legame
con g U sa
«Obama v
e»
a
«VEDRETE Obalna per le
strade di Firenze senza
dubbio nei prossimi anni».
Lo ha detto John Phillips,
ambasciatore degli Stati
Uniti d'America in Italia,
intervenendo alla cerimonia
di ieri per i 50 anni
dall'Alluvione del 1966, e
ricordando il colloquio
avuto alcuni mesi fa tra il
presidente degli Usa e il
capo dello Stato Sergio
Mattarella, il quale aveva
invitato Obama a tornare in
Italia. «Il presidente Obama
- ha ricordato Phillips - ha
detto di avere un grande
affetto per l'Italia, che
l'Italia è il suo paese
preferito da visitare, e che
Firenze è la sua città
preferita da visitare. Ha
detto che non sarebbe
tornato da presidente,
perché i suoi giorni da
presidente stavano per
terminare, ma che sapeva
che a fine mandato sarebbe
tornato in Italia e a
Firenze».
Alluvioni in Toscana
«OGGI abbiamo un
rapporto così stretto fra i
nostri due Paesi - ha
aggiunto Phillips - che
credo sia giusto dire che
l'America non ha un alleato
migliore dell'Italia, e nessun
rapporto così stretto con
un'altra nazione».
E dagli Stati Uniti sono
tornati a Firenze ex Angeli
del fango di allora.
«Io vengo dal Minnesota ha detto uno di loro - Ero
studente qui a Firenze, e
tanti giovani americani si
sono spesi per dare una
mano in quei drammatici
giorni. Siamo tornati a
vivere poi in America e oggi
abbiamo risposto alla
chiamata del sindaco di
Firenze. Il presidente
Renzi ci ha lungamente
ringraziato e ha voluto
sapere di ognuno di noi da
dove venivamo».
Stefano Vetusti
Pagina 228
L'ARCIVESCOVO AGLI ANGELI DEL FANGO:
«QUANDO PRESI IN MANO IL PASTORALE A FIRENZE PENSAI
CHE QUI IL MIO PRIMO BASTONE ERA STATO UN BADILE»
iuseppe Betori
tervento come
J...davanti
° tarel la.
" )relato tra l ' altro
di Firenze c'è
jaticana,
'olo VI
Natale
al Pontefice
re
La messa dell'arcïvescovo in Santa Croce
Alluvioni in Toscana
Pagina 229
di DUCCIO MOSCHEL LA
NON ERA più una basilica, ma
una distesa d'acqua alta 5 metri la
Santa Croce del 4 novembre di 50
anni fa. Un disastro dal quale ci si è
risollevati grazie alla «fierezza e la
dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque limacciose, il coraggio di affrontare
il futuro per difendere l'identità di
questa città». Le parole dell'arcivescovo Giuseppe Betori sono risuonate ieri mattina nella stessa basilica, divenuta uno dei simboli del 4
novembre 1966, davanti a un migliaio di persone. L'esperienza di
ieri, durante la liturgia in memoria
delle 35 vittime concelebrata assieme a quasi tutti i vescovi toscani
per ricordare, come ha detto lo stesso cardinale nell'omelia, anche altri luoghi della regione colpiti dalla
tragedia di quei giorni, non faccia
però perdere di vista il presente. «Il
Paese tutto - ha proseguito l'arcivescovo - si senta impegnato a far rinascere con il volto che li ha connotati nei secoli» i paesi funestati dal
sisma in Umbria, Marche, Lazio e
Abruzzo: «Questi nostri fratelli ci
l'emerito di Como Diego Coletti e
l'arcivescovo di Lucca Italo Castellani, presenti ieri in Santa Croce,
ha sottolineato come quei giorni di
«una generosità commovente», fecero scaturire «una condivisione
della sofferenza e una dedizione di
solidarietà che si manifestarono
per la prima volta in Italia, per poi
riapparire, in forme sempre più organizzate, nelle catastrofi naturali»
successive, sino a questi giorni del
terremoto. E l'impegno dev'essere
nella prevenzione. Citando l'enci-
li cardinale Betori e il vescovo di
Fiesole Meini in Santa Croce
sentano vicini, lo sono in particolare io, nato in Umbria, e sappiano
che possono contare sulla presenza
operosa dei nostri volontari». Betori ricordando gli `Angeli del fango',
del quale ha fatto parte insieme al
fiorentino cardinale arcivescovo di
Perugia Gualtiero Bassetti, il vescovo di Brescia Luciano Monari,
La liturgia dedicata
alle 35 vittime dell'Arno
nella basilica si m bolo
elica `Laudato sì' di Papa Francesco dove «non c'è spazio per il fatalismo», l'arcivescovo ha sottolineato
con forza che «c'è un invito a fare
tutto ciò che si deve, senza ulteriori
rinvii, per mettere in opera quanto
può proteggere il territorio. E un
dovere per chi regge le sorti della
convivenza civile».
FORTE l'abbraccio a Firenze: ricordando i morti e le sofferenze,
«privazioni e angosce, perdita di beni e soprattutto di memorie di una
vita», le persone hanno mostrato di
sapersi rialzare con una forza e una
dedizione che le fece stringere
«l'un l'altra per il bene comune»,
dote che venne riconosciuta anche
da Papa Paolo VI che celebrò la
messa della notte di Natale 1966 in
Santa Maria del Fiore: «Conosciamo le vostre virtù umane e civili, la
vostra tempra fiorentina - disse
Paolo VI - sono virtù queste, che,
messe alla prova, insorgono, si affermano e si accrescono, non cedono». Una città che «non solo si è liberata dalle ferite dell'alluvione ha proseguito Betori - e ancora oggi continua a ricostruire il proprio
patrimonio di bellezza, ma vuol
procedere ancora sul cammino della sua vocazione storica» che è quella il poeta Mario Luzi citò davanti
a Giovanni Paolo II nel 1986: «essere titolare e centro di elaborazione
di irradiamento dell'umanesimo».
Sopra i fiorentini sul lungarno Torrigiani con il Capo dello Stato
In alto il presidente Mattarella fra gli operai
Alluvioni in Toscana
Pagina 230
CENTINAIA DI CITTADINI HANNO ATTESO
STIPATI SUI MARCIAPIEDI DEL LUNGARNO:
«PRESIDENTE , VAI AVANTI COSÌ»
;,1
a Santa Croce
IERI sera , a conclusione
delle celebrazioni per i 50
anni dall'alluvione, una
fiaccolata per rievocare
quella che si svolse nel 1967,
l'anno dopo l'inondazione. La
fiaccolata è partita alle 20.30
dalla Basilica di San Miniato
ed è terminata in piazza
Santa Croce
Alluvioni in Toscana
Pagina 231
MOLTI ANGELI NON TORNAVANO A FIRENZE
DA QUEL 1966. E RIVEDERE GLI STESSI LUOGHI
E' STATA DAVVERO UNA GRANDE E M OZIONE
« Quando l' am ore
« Da M i lano i n b us
vince sul dramma»
Ades so vivo quí»
«IO SONO nato in Santa
Croce, e in casa mia c'era 4
metri e 80 centimetri d'acqua. All'epoca avevo appena dieci anni. Mi salvarono
i vigili del fuoco il secondo
giorno, e mi portarono a
campo di Marte. Ma quando seppi che era entrata l'acqua nella basilica di Santa
Croce, andai ad aiutare i frati. I frati li conoscevo bene,
facevo il chierichetto, erano degli amici. Il ricordo
più forte, e terribile, che ho
di quei giorni è l'odore del
fango, che ancora mi pare
di sentire vedendo queste
immagini. Ma ne ho anche
uno bello, quello della gen-
«RICORDO l'amicizia che
nasceva spontanea, e la
straordinaria accoglienza
dei fiorentini. Per noi, che
venivamo da molto lontano - ricorda Francesco
Franchini, arrivato da Milano - fu molto importante.
Ricordo che fumino accolti
benissimo: ci portavano la
merenda, ci portavano da
bere, e chi non aveva l'acqua nelle proprie abitazioni, addirittura ci faceva entrare in casa. Ricordo che
siamo partiti subito, una decina, con quei vecchi pulmini di una volta. Appena appresa la notizia non esitammo un attimo. Quell'espe-
Franco
Naldi
te che si aiutava, che si dava
da fare. Quell'esperienza
mi ha insegnato la solidarietà autentica tra esseri umani. E mi ha fatto capire che
l'amore per la propria città
può essere più forte di tutto
quello che può accadere nella vita».
Francesco
Franchini
rienza mi ha insegnato che
bisogna essere sempre pronti a dare e fare qualcosa. Io
ad esempio, da allora in
avanti, non ho mai smesso
di aiutare gli altri, continuo
a fare volontariato. E da
quarant'anni vivo a Firenze».
i canfora
co ntro gli o do ri»
cc«.rezzi
«RICORDO ancora distintamente l'odore del fango,
era dappertutto, era tremendo. E allora, per non sentirlo più mentre spalavo presi
dei frammenti di canfora, li
misi in un fazzoletto e mi
coprii il volto, il naso e la
bocca. L'odore del fango si
univa al tanfo delle fosse
biologiche e della nafta, perché all'epoca i riscaldamenti erano o a carbone o a nafta. Io mi unii a un gruppo
di scout, feci il possibile per
aiutare chi aveva bisogno. I
miei occhi, in quei giorni,
hanno visto di tutto.
Quell'esperienza mi ha in-
Alluvioni in Toscana
Riccardo
Bellucci
segnato la solidarietà, la forza di riprendersi, nonostante tutto. E ricordo che in
piazza Duomo, all'angolo
di via dello Studio, un negozio mise fuori due assi con
dei ceri, che comprai anch'io perché in casa non
c'era luce».
Pagina 232
MOLTI I VOLONTARI DI ALLORA ARRIVATI
IN CITTA' DA OGNI PARTE DEL M ONDO
IN TUTTO GLI ANGELI ERANO CIRCA MILLE
MATTEO RENZI F ARRIVATO QUASI A SORPRESA
A PALAZZO VECCHIO E HA STRETTO IN UN GRANDE
ABBRACCIO VIRTUALE TUTTI 1 PRESENTI
PER GLI ANGELI ESTATO ORGANIZZATO
UN CONSIGLIO COMUNALE SOLENNE INIZIATO
CON UN CONCERTO DEL MAESTRO LANZETTA
I
ici subito in campo
»
eno un
Giovanni Puleri con la carriola
usata per togliere il fango
« Gornate
E 1-,
IL RICORDO di quel 4 novembre del 1966 è sempre lì nella mente, indelebile, con le stesse emozioni. Orgogliosamente, anch'io posso
dire che sono stato un «Angelo del
Fango» nonostante fossi stato alluvionato. Abitavo in via Guerrazzi.
Ricordo che con alcuni miei amici
ci mettemmo a disposizione: avevo
compiuto sedici anni da poco. Armati di fischietto ci diedero il compito di disciplinare il traffico sui viali
per lasciare libera la corsia centrale
per il transito dei mezzi di soccorso.
Dopo alcuni giorni, con tanto di stivali, pala e carriola, abbiamo aiutato i negozianti di Santa Croce.
La fatica? Mai sentita.
Giovanni
leri
uniche , entusiasmanti
Alluvioni in Toscana
e i l Vajont
Tutto dís ntto»
«L'ARNO, l'acqua altissima, sotto e al di là dei ponti. Il Cristo del Cimabue.
Gli occhi delle persone anziane, così fragili. Nei loro
sguardi traspariva l'incredulità per un evento così
imprevedibile, così devastante, così rovinoso - ricorda la signora Mara Marantonio che, per salvare Firenze, è arrivata da Bologna -.
Mi venne in mente il disastro del Vajont, appena tre
anni prima. I ricordi impressi nella mia mente sono tanti, dalle spallette dei
lungarni distrutti dalla piena alle auto ammassate una
«
1
Mara
Marantonio
sull'altra. Quest'evento mi
ha insegnato il valore, il
senso della solidarietà. Ë
stato un momento importantissimo nella mia vita.
Ma credo sia stato un evento che abbia determinato
una crescita civile e umana
di ciascuno di noi».
Quei clacson
iti di notte»
«IL PRIMO ricordo che
mi viene in mente è quello
della notte fra il 4 e il 5 novembre, quando l'acqua era
arrivata al primo piano della casa dove abitavo, in viale Mazzini. Ricordo distintamente che fu una notte di
buio e rumore e assoluto,
perché si sentivano i clacson delle macchine suonare, azionarsi uno dopo l'altro, in continuazione. Era
successo che l'acqua era entrata dentro le auto e aveva
mandato in cortocircuito il
sistema elettrico. Io all'epoca ero studente universitario e subito mi misi a spalare il fango dalle strade della
FU UNA GRANDE catastrofe,
ma anche l'inizio della rivoluzione. E questo, da angelo del fango,
l'ho capito subito, ventenne, con le
mani impastate nella nafta che ancora oggi, a sentirne l'odore, rivedo
le immagini dell'invasione dell'acqua. Capii immediatamente che
era definitivamente cambiato qualcosa, nella nostra società, nei costumi. Non eravamo ancora agli albori dei movimenti giovanili, studenteschi. Ma quell'avvenimento cifece capire che eravamo pronti. Un
ribaltone dalla vita chiusa all'apertura verso il mondo. Fu per noi
una grande novità. E rappresentò
qualcosa di più di uno straordinario momento di solidarietà.
Titta Meucci
cc
Andrea
Croci
mia città. Quell'esperienza
mi ha insegnato a stare insieme agli altri e a lavorare
per qualcosa. Nella mia vita, così come nel mio lavoro, avrei poi sempre inseguito quello stesso obiettivo:
impegnarmi per migliorare
il mondo in cui viviamo».
Elisabetta M euccì con
il marito Sergio Caruso
Pagina 233
a cura di MAURIZIO COSTANZO
«In fila aglí Uffizi
con i li ' i
ti»
«ERO a Firenze perché ero
ospite di mio fratello, che
abitava già qui dal'64, in costa San Giorgio - ricorda il
signor Ezio Bertin, della
provincia di Padova -. La
mattina del 4 novembre, la
ragazza di mio fratello si alzò per andare a lavorare,
ma quando vide che c'era
l'acqua in piazza Santa Felicita, tornò indietro. Ma era
svizzera, non parlava bene
l'italiano, dunque non capivamo cosa volesse dire. Poi
siamo andati a vedere e solo allora ci siamo resi conto. Mi sono dato subito da
fare per l'archivio degli Uffizi. Ricordo i volumi infan-
Ezio
Bertin
gati che ci passavamo di mano in mano, che poi venivano messi nel camion. Da
quell'evento ho imparato
l'importanza della conservazione, della difesa, della
tutela del nostro patrimonio, che è quanto di più prezioso c'è dato avere».
L'abbraccio del presidente del Consiglio , Matteo Renzi, ad uno degli Angeli del Fango che intervenne nel 19c,,
Alluvioni in Toscana
Pagina 234
Storïe e ricordi, il ritorno degli Angeli
`Abbiamo bisogno del vostro spirito
MNe volontari a Palazzo Vecchia 'a rrivo a sorp resa
di OLGA MUGNAINI
«VOI, ANGELI del fango, dovete continuare ad accompagnarci. Allora non ci fu molto
da parlare, ci si mise gli stivali e si cominciò a
spalare. Oggi abbiamo bisogno di quello stesso spirito». Il premier Matteo Renzi è arrivato nel Salone dei Cinquecento quasi a sorpresa, per contenere in un unico grande abbraccio tutti quei mille signori attempati, che 50
anni fa vennero al capezzale di Firenze martoriata dall'Arno.
Per loro la città ha organizzato un consiglio
comunale solenne, e una cerimonia che è durata una giornata intera, iniziata con il preludio musicale "All'improvviso gli angeli" diretto dal maestro Lanzetta, e proseguita con i
bambini della scuola Rodari con le lettere
scritte dagli alunni del '66 all'allora sindaco
Piero Bargellini.
E' STATO poi il sindaco Dario Nardella a
ricordare le 35 vittime, la ferita inferta al patrimonio artistico e a rammentare «il lutto di
chi sapeva di perdere non solo una città, non
solo vite umane, non solo opere d'arte, ma
un pezzo dell'anima del nostro paese, della
sua storia, della sua umanità». E poi lo sguardo al futuro, affinché da quelle tragedia Firenze continui a trarre forza e riscatto.
«DOPO 50 ANNI non vogliamo che la storia si ripeta - ha proseguito Nardella -. Una
svolta vi è stata un anno fa: la firma per l'assegnazione di un primo stralcio di 106 milioni
di euro per proteggere la città metropolitana
e il territorio toscano dal rischio esondazioni
e dal rischio idrogeologico. I lavori dovrebbero essere ultimati a fine 2018. Mi auguro, la
città si augura, che sia così. Ma è l'Italia tutta
che non può più permettersi di rischiare. Sal-
Alluvioni in Toscana
t Renzì
vare Firenze, avere cura del nostro territorio
e del nostro patrimonio culturale, significa
davvero, oggi più che mai, salvare l'essenza
stessa del nostro essere umani». A organizzare il raduno degli "angeli " è stato Erasmo
D'Angelis, coordinatore a Palazzo Chigi di
Italia Sicura, e in questo viaggio lungo mezzo secolo ha ricordato tanti protagonisti fiorentini, da Riccardo Monni al caporedattore
Rai Marcello Gianni, a Riccardo Marasco.
«OLTRE mille angeli del fango sono tornati
a Firenze da tanti paesi del mondo e regioni
d'Italia con le loro storie, che sono ancora oggi una bella lezione di solidarietà concreta ha ricordato De Angelis -. Coltivare la me-
il
« i on so se nei paesi colpiti
dal terre moto ne sono conoscenza
la protezione civile nacque qui»
moria di quel 1966 è importante. Perché la
cosa più fragile per noi italiani dopo ogni disastro è sempre stata la memoria».
INFINE ancora il premier, che si è unito al
ricordo di Piero Bargellini, ricordando che
lui e Nardella sono i primi sindaci di Firenze
ad essere nati dopo l'alluvione: «Qui è così, le
cose si dividono da prima e dopo il '66 - ha
detto - Noi siamo la generazione che non ha
fatto in tempo a vivere l'esperienza dell'alluvione, ma abbiamo fatto in tempo a dire grazie a chi c'era, ed è venuto qui oggi. Non so
quanti ragazzi che prestano la loro opera nelle zone del terremoto sanno degli `angeli del
fango, ma la protezione civile, volontariato,
terzo settore come espressione dell'anima
nacquero allora nel nostro Paese».
Pagina 235
2QL
Uno degli Angeli del Fango mostra orgoglioso una piccola vanga data in ricordo
«La storia non si deve
ripetere, salvare Firenze
significa salvare l'essenza
dell'essere umani»
Alluvioni in Toscana
Pagina 236
L'OPERA DISPONE DI UN SISTEMA DI SOLLEVAMENTO,
REALIZZATO GRAZIEA FONDAZIONE CR FIRENZE,
LA PORTA A 6 METRI DI ALTEZZA IN POCHI MINUTI
`L'ULTIMA CENA' SV
TA DAVANTI AL PRESIDENTE M
che meraviglia
LE TUN IC H E degli apostoli hanno qualche "rammendo" in
qua e in là. E i colori tradiscono alcune l'opacità che certo non
erano quella volute da Giorgio Vasari. Ma l'effetto è comunque
magnifico, come solo i capolavori sanno trasmettere anche dopo
essere stati strapazzati e maltrattati dalla furia di acqua e fango.
Così è anche per questa enorme tavola con «L'Ultima Cena»,
dipinta dall'artista aretino nel 1546, su cui l'Opificio delle Pietre
Dure ha compiuto un vero miracolo, restituendo l'intensità dei
volti e la luminosità degli sguardi di tutti i personaggi raffigurati.
A mettere il sigillo su questa impresa, dopo 50 annidi attesa, è
stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
intervenuto ieri nel Cenacolo di Santa Croce per il
ricollocamento della tavola. Una festa più di una cerimonia, a
sottolineare la gioia per aver restituito alla basilica francescana
l'ultima grande opera ancora da restaurare. A spiegare al Capo
dello Stato, accompagnato dal ministro del Mibact Dario
Franceschini, le tappe di questa avventura sono stati la
presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi e il
soprintendente dell'Opificio Marco Ciatti, seguiti dalla
L'Ultima Cena del Vasari nella nuova
collocazione in Santa Croce
AREL
C'
testimonianza di Patrizio Bertelli - patron di Prada - e di
Antoine Wilmering della Getty Foundation, che hanno finanziato
parte dei restauro insieme al dipartimento della Protezione
Civile.
Il 4 novembre del '66 il dipinto si trovava in una sala del museo
di Santa Croce dove l'acqua raggiunse i cinque metri, e dove la
tavola rimase per un giorno intero. Oggi, ricollocata nel
Cenacolo, l'opera dispone di un sistema di sollevamento,
realizzato col contributo di Fondazione CR Firenze, che
consente di portarla a circa 6 metri in pochi minuti.
«Ritorna alla luce e ai colore, quanto pareva spento per
sempre - ha detto la presidente Sanesi -. L'Ultima Cena è una
storia che guarda al futuro». «Abbiamo dovuto affrontare
molteplici problemi di restauro - ha spiegato Ciatti -,
cominciando dal risanamento dei supporto ligneo e dal
successivo consolidamento della pellicola pittorica che si era
sollevata. Risultati che abbiamo ottener grazie all'utilizzo delle
più moderne tecnologie, impensabile 50 anni fa».
Olga M ugnaíní
Una co rona ì n Amo
pe r le 35 vitt i me
Una corona benedetta
dall'arcivescovo per ricordare le 35
vittime è stata gettata in Arno a
ponte alle Grazie, al termine della
liturgia in Santa Croce. II corteo era
a cura di Firenze Promuove
Alluvioni in Toscana
Pagina 237
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.< .
;;._ :. :,:
e aNuVione
Ivi ost ra fotogra fi ca
E' stata inaugurata ieri
alla Galleria degli Uffizi
«L'alluvione e gli Uffizi»,
la mostra fotografica
allestita con le immagini
del Gabinetto
fotografico della
Galleria. L'esposizione,
resterà aperta fino all'8
gennaio.
Alluvioni in Toscana
Annu;lo Filatelico
disegnato dai bimbi
Un annullo filatelico per
ricordare i 50 anni
dall'alluvione e l'opera
degli Angeli del fango.
E' un francobollo da 95
cent che ricorda
l'alluvione tramite
il disegno dei bambini
di una scolaresca.
Pagina 238
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_ 6 .
«QUELLA MATTINA DEL 4 NOVEMBRE ERO IN
CASA A STUDIARE CON GABRIELE CHEL ZI
QUANDO SENTIMMO URLARE IN STRADA»
«POCHI GIORNI DOPO L 'ALLUVIONE FURONO
STANZIATI DALLA'CASSA' TRE MILIARDI DI LIRE
PERI COMMERCIANTI E UNO PER GLI ARTIGIANI»
-
I _ -C.._.' --.T:
«IL RUOLO DI SOSTEGNO SVOLTO DALLA BANCA
DOPO LA T RAGEDIA
FFORZO ' ANCO
DI PIU'
IL SUO STORICO LEGAME CONI FIORENTINI»
«Così la banca aiutò i fiorenti
legame A-uon
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p residente dí Banca
di STEFANO VETUSTI
«L'ODORE della nafta, per giorni e giorni. Il fango ovunque». Rimane anche questo addosso, cinquant'anni dopo, a chi ha vissuto
l'alluvione del '66. L'odore della
tragedia. Giuseppe Morbidelli,
presidente della Cassa di Risparmio di Firenze, era allora uno studente universitario. Frequentava
il terzo anno di giurisprudenza.
«Sì. Quell'odore di nafta, il fango
dappertutto... Resta ancora quella
sensazione - racconta - come se
ciò che stava accadendo non fosse
vero... La città devastata come durante una guerra. Negozi e botteghe artigiane sventrate, le auto accartocciate. I viali che erano diventati un cimitero di automobili
fangose. I contatti tra parenti e
amici impossibili, l'energia elettrica che mancava...». Il professor
Morbidelli sfoglia le immagini di
quei giorni dentro di sé, lentamente. Un sorriso gentile, come a esorcizzare la memoria dolorosa di
quei giorni.
P
o, racconti.
« Que
mattina del 4 novembre
era un giorno festivo e venne a casa mia alle 7 del mattino Gabriele
Chelazzi (il magistrato della lotta
alla mafia), con cui preparavamo
insieme l'esame di procedura civile. Pioveva a dirotto ma nulla lasciava presagire quello che poi avvenne. Verso le 8, le otto e mezzo,
sentimmo persone che urlavano
in strada. Andammo in terrazza.
E' uscito l'Arno! La piena! Un attimo dopo mio babbo ci vide in
terrazza, non capì subito, ci richiamò con tono fermo: che ci fate lì,
Alluvioni in Toscana
andate a studiare bighelloni...».
11 dovere dello studio.
«Sì. Mio babbo era dirigente della
Banca d'Italia e rigorosissimo in
tutto».
Poi che successe?
«Dopo poco andò via la luce e cominciammo a capire cosa stava
succedendo».
i dove abitava?
«Con i miei genitori stavo in viale
Mazzini, all'angolo con via della
Robbia. Abitavamo al terzo piano
ma non avemmo disagi eccessivi
salvo la carenza d'acqua e di energia elettrica».
i che cosa fece.
«Insieme agli altri studenti di giurisprudenza, sotto la guida del
professor Mauro Cappelletti, partecipammo per mesi e mesi a recuperare tutti i libri della facoltà che
erano stati alluvionati».
i ogg i è presidente della
Cassa i Risparmio di Firenze. Nel '66 la « Cassa» tese la
mano e aiu Firenze a rialzarsi.
«La'Cassa' ebbe, diciamo così, un
problema doppio. Da una parte rimase alluvionata essa stessa, oltre
a tante sue agenzie in città e provincia. La sede centrale di via Bufalini fu invasa da 35mila metri
cubi d'acqua, il centro elettrocontabile andò fuori uso, le cassette
di sicurezza e gli archivi furono
danneggiati gravemente. Devo dire che la situazione fu risolta in
pochi giorni, grazie anche alla solidarietà, al sostegno concreto da
parte delle Casse di Bologna, Pistoia, di Lucca e della Banca Mutua Popolare di Arezzo che fornirono macchinari per la rapida ri-
l re
ze, 'vive que ì g iOrn í
presa dell'operatività bancaria».
Cassa venne aiutata e aiutò Firenze.
«L'aiuto alla città era il secondo
difficile problema da affrontare.
Eravamo la banca dei commercianti e degli artigiani di Firenze,
dei fiorentini, tutti colpiti duramente dall'alluvione. Sentivamo
la necessità di intervenire subito.
Già pochi giorni dopo l'alluvione
si riunirono i vertici per stanziare
tre miliardi di lire per i commercianti e un miliardo per gli artigiani, con prestiti a tassi agevolatissimi. Poi vennero prese misure di
sostegno per gli agricoltori e concessi prestiti senza rimborso di interessi per chi aveva avuto danni
agli immobili e voleva ristrutturarli. Almeno da quanto risulta
agli atti possiamo dire che non vi
siano stati casi di clienti che non
abbiano ricevuto finanziamenti
agevolati per poter riprendere l'attività».
II legame tra Cassa e fiorenti.ì s' rafforzò ancora di più.
«Sì, si può dire che l'alluvione
contribuì a rinsaldare il legame
storico tra la banca e la gente. Si
accrebbe ancor di più la fidelizzazione con i clienti».
Sono trascorsì 50 anni, qualcosa è stato fatto ma l'Arno ci
fa ancora aura.
«Sono state atte opere molto importanti, come il lago di Bilancino. Certo, questo non è sufficiente, alla luce del dissesto idrogeologico con cui dobbiamo fare i conti
in Italia e del mutamento climatico. Motivi in più per intervenire e
fare ciò che occorre affinché la tragedia del '66 non si ripeta».
Pagina 239
%' cc iq/, ¿;
L
Soccorsi dopo l 'alluvione del'66 ; in alto Giuseppe Morbidelli, 72 anni
Alluvioni in Toscana
c"à . i
1 e, , ¿ i
LA SEDE centrale della
Cassa di Risparmio di
Firenze, in via B ufalini, fu
invasa da 35mila metri cubi
di acqua. I danni furono
ingenti . Prima di tutto
all'rchivio storico, nel
sottosuolo, documenti
storici andarono perduti. La
maggior parte dei valori
contabili , invece , custoditi
nei caveau, pur so m mersi,
furono recuperati . Vi furono
problemi soprattutto per le
collezioni di francobolli.
Pagina 240
Libro sutt'attuvione
ANCHE il Comune di Lastra a
Signa celebra il 50°
anniversario dell'Alluvione. In
programma , oggi, la seconda
giornata di iniziative all 'Antico
Spedale di Sant ' Antonio. Alle
ore 16 ci sarà la presentazione
del libro « Lungo l'Arno.
Paesaggi, storia e culture. Dal
FaLterona , fin là dove il tosco
fiume ha foce » di Saida Grifoni.
Alle 18 si terrà « Il racconto
dell'acqua » recital di e con
Letizia Fuochi e Francesco
Cusumano . Sarà inoltre visibile
la mostra con il materiale
fotografico raccolto dai curatori
del portate www. lastraonLine.it.
Alluvioni in Toscana
Pagina 241
J Ee
,<IN QUELLA TRAGEDIA GROSSETO
Si SCOPRÌ SOLIDALE
IMPEGNATA IN UN MUTUO AIUTO»
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a consegna duran e
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Alluvioni in Toscana
SQUADRIGLIA che portò la salvezza dal cielo nel `66. L'ottantunenne Felice Caldora agli Industri, nel
corso del convengo organizzato dal
Rotarv Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», ha ricevuto il riconoscimento «Paul Harris
Fellow» proprio per il suo intervento durante quei drammatici giorni.
Al convegno sono intervenuti il sindaco Antonfranesco Vivarelli Colonna, il presidente del Rotary Club,
Luigi Mansi; il presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud,
Fabio Bellacchi, e altri illustri ospiti. «Sono passati 50 anni da quel
drammatico 4 novembre quando il
fiume Ombrone ruppe gli argini e
invase Grosseto: danni incalcolabili
per una città di provincia che si avviava lentamente verso il primo vero sviluppo. Tuttavia in quella tragedia - sottolinea il sindaco - Grosseto
//
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EMOZIONATO, il maresciallo
dell'Aeronautica Militare Felice Caldora ieri è salito sul palco del teatro
degli Industri per ricevere un riconoscimento al valore. Infatti nell'equipaggio che nel novembre del 1966
partecipò ai soccorsi per l'alluvione
c'era l'allora giovane sottufficiale Felice Caldora, motorista di bordo.
«Appena alzati in volo, ci rendemmo subito conto della gravità della
situazione. Aiutammo soprattutto le
persone rimaste isolate in campagna, che erano salite sui tetti. Da lì
le prendevamo - racconta Caldora e trasportavamo al sicuro, sulla terra
asciutta, alla base militare. Ricordo
che una donna febbricitante non ne
voleva sapere di salire sull'elicottero. Allora scendemmo in due col verricello per metterla in salvo. Quei
giorni furono di grande paura». Il 4°
Stormo dell'Aeronautica, che ha trovato la sua base stabile a Grosseto
nel 1962, in passato si è avvalso della
604a Squadriglia Collegamenti nei
ruoli Search and Rescue, eliambulanza e protezione civile.
'
DOBBIAMO ASSICURARCI
CHE TUTTO QUESTO
NON SUCCEDA MAI PIÙ
si scoprì solidale, impegnata in un
mutuo aiuto. Oltre a riannodare i fili della memoria, dobbiamo impegnarci affinché il nostro inestimabile patrimonio naturale, in questo caso il fiume Ombrone, sia evocato
non più come una minaccia, ma come un bene, una ricchezza, un gioiello prezioso da preservare, curare e soprattutto da vivere». Il presidente
Bellacchi ha ricordato i lavori che si
sono susseguiti in questi cinquanta
anni per rafforzare, alzare e ampliare gli argini, nonché la necessità di
togliere i cumuli di breccia presenti
nel corso del fiume. «Dobbiamo assicurarci che non succeda mai più)).
Irene Blundo
F®°f «> ::e , ,; -CA maresciallo
de : Aeronautica Felice Caldora
Pagina 242
Lgathbiente: «Ombrone più sicuro
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per ncordare>>
I butteri hanno `ei, cs t il «collega» Quadalti coi bimbi di Braccagni
RICORDO particolare, da parte di chi lo ha conosciuto, è stato dedicato ieri a Braccagni alla figura di
Santi Quadalti, il buttero degli Acquisti, unica vittima dell'alluvione
del `66 in Maremma. Su iniziativa
del Gruppo tradizioni popolari Galli Silvestro, in mattinata gli alunni
della scuola elementare hanno visitato la mostra fotografica sull'alluvione al centro sociale «Gli Anta«.
E poi i butteri del Marruchetone,
in memoria di Santi Quadalti, hanno incontrato gli studenti di Braccagni. Probabilmente se non fosse
stato un giorno festivo quel venerdì 4 novembre del `66 quando alle
7.55 l'Ombrone ruppe gli argini
nel primo punto, vicino al motel
Agip, ci sarebbe stata una strage.
spiega Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente - è in
assoluto una delle priorità per la nostra città.
NEGLI ULTIMI anni il rischio
di esondazione è stato altissimo e
ha coinvolto, per colpa di scelte urbanistiche sbagliate fatte in passato, anche famiglie che risiedono in
aree della città di Grosseto ad alto
rischio idraulico. Bisogna invece
realizzare al più presto, oltre a una
pianificazione ben precisa per la
manutenzione e la cura del fiume e
di tutto il suo bacino idrografico,
un percorso chiaro e trasparente
che coinvolga la cittadinanza e il
mondo associativo tramite i contratti di fiume: uno strumento importantissimo in forte ritardo per
LEGAMBIENTE, invece, da parte sua, vuole ricordare i 50 anni
dall'alluvione chiedendo alle istituzioni, oltre all'impegno per la messa in sicurezza del fiume Ombrone,
la valorizzazione da un punto di vista della memoria storica e didattico dell'area di piazza De Maria dove sono le targhe ricordo. Molti
grossetani, infatti, e soprattutto le
giovani generazioni non sanno neppure l'esistenza di quelle targhe
che ci ricordano invece le alluvioni
che si sono succedute. Da oggi, a
tal proposito, Legambiente comincerà una serie di laboratori, percorsi didattici ed escursioni con le
scuole che si trovano lungo il corso
del fiume, come Grosseto, Paganico e Istia d'Ombrone proprio per
accentuare l'importanza della memoria storica e del rapporto tra le
comunità e il fiume. «La messa in
sicurezza del fiume Ombrone -
aria con le sue
« Piazza
targhe sull'alluvione deve
essere valorizzata»
l'Ombrone, per realizzare una gestione condivisa e partecipata nel
suo complesso, programmando
azioni specifiche e condividendo
percorsi e scelte in modo esteso e
inclusivo per prevenire il rischio
idraulico.
A LIVELLO didattico, invece, è
importante che l'area di piazza De
Maria, dove sono le targhe ricordo
delle alluvioni, venga valorizzata e
utilizzata come punto di partenza
per percorsi sulla memoria storica
e didattici rivolti alle scolaresche e
alla cittadinanza, aumentando le informazioni sul passato e sull'importanza naturalistica del fiume. Oggi,
invece, le targhe sono nascoste dalle auto parcheggiate a ridosso delle
Mura che non consentono la giusta
dignità al più importante segno del
rapporto tra le alluvioni e la città di
Grosseto».
IMPEGNO I butteri a cavallo durante il loro incontro co
Alluvioni in Toscana
Pagina 243
GLI
ENTI ALTEATRO DEGLI INDUSTRI E NEL LA CATTEDRALE DI SAN LORENZO
Altro convegno, una mostra e per finire un concerto
SONO TRE gli eventi di oggi dedicati al ricordo dell'alluvione del
4 novembre del 1966. Anche la
Diocesi di Grosseto vuole celebrare questo anniversario tragico allestendo una piccola mostra sulla
navata destra della Cattedrale. Vi
vengono riproposti ritagli del settimanale diocesano dell'epoca, Vita Nova, che per diversi mesi raccontò l'impegno della Diocesi per
far fronte agli innumerevoli bisogni delle persone. La piccola mostra è arricchita anche da alcune
foto. «Quel 4 novembre '66 - racconta don Franco Cencioni,
all'epoca parroco della Cattedrale
- vedendo la furia delle acque che
aveva invaso piazza Dante, piazza
Duomo e il centro della città, mi
precipitai insieme all'amministratore apostolico, il vescovo Primo
Gasbarri, e don Almleto Pompili,
canonico del Duomo e responsabile dell'Opera diocesana assistenza, in prefettura, da dove il vescovo poté mettersi in contatto con
la Santa Sede. Da lì dettero emme-
Alluvioni in Toscana
diata disposizione a monsignor
Gasbarri di impegnare subito 5
milioni di lire per far fronte ai primi bisogni».
MENTRE al teatro degli Industri, alle 10 si aprirà la seconda
parte del convegno «Alluvione e
bonifiche nell'area Sud della Toscana» promosso dal Rotary Club
e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», che anche oggi
sarà presentato e condotto da Rita
Martini. Verrà proiettato il film
«4 novembre 1966, la Maremma
torna palude» del regista Francesco Falaschi. Poi avverrà la consegna dei premi ai vincitori del concorso per tesi magistrali e di dottorato di ricerca in collaborazione e
con la dotazione di Fondazione
rotariana «Carlo Berliri Zoppi»,
Rotary Club, Rotary Foundation
e Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud. Un solenne concerto di
chiusura della rievocazione, in
memoria del professor Guglielmo
Francini già presidente della Fondazione rotariana «Carlo Berliri
Zoppi», si svolgerà oggi alle 21 alla Cattedrale di San Lorenzo a
Grosseto. Il concerto vedrà esibirsi l'Orchestra Città di Grosseto, la
Corale «Giacomo Puccini», il Coro polifonico «San Nicola» e il coro dell'università di Pisa diretti
dal maestro Stefano Barandone,
oltre che Federica Nardi, Fulvia
Bertoli, Marco Mustaro e Giorgio
Marcallo. Direttore d'orchestra il
maestro Francesco Iannitti Piromallo.
Pagina 244
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T
sul
fiume ,
un convecv
e mostra
ALLUVIONE, due anni dopo
ricordati dal tour del Moviemento 5 stelle. Un'intera giornata dedicata al problema idrogeologico con una mostra, il sopralluogo al Carrione e una
conferenza. «Gli interventi di
salvaguardia non sono più rinviabili» dicono i 5 stelle. Dalle
10 alle 20 nei locali dell'Autorità portuale di Marina sarà allestita una mostra multimediale
dal titolo «Il Carrione: ieri, oggi e domani», che attraverso
una serie di video ripercorrerà
la storia del torrente, le più recenti criticità e le sue prospettive future. Alle 14 si svolgerà
una visita guidata lungo il bacino di Torano del Carrione,
uno dei punti più critici e oggetto dello studio idraulico di
Giovanni Seminarti. Il ritrovo
per partecipare è alle 13,45 in
viale Potrignano, 13, di fronte
alle scuole elementari. Alle 17
si terrà un incontro pubblico
nella sala conferenze dell'Autorità portuale sul tema «Il Car-
Alluvioni in Toscana
rione due anni dopo: rischi e
soluzioni», dove si entrerà nei
dettagli del Masterplan Seminara sugli interventi previsti
nella parte montana del bacino
volti alla riduzione della portata che sollecita il tratto cittadino in occasione di eventi intensi. Nel corso della conferenza
nell'ottica di un confronto aperto, sono stati invitati cinque relatori che esprimeranno tesi
non necessariamente riferibili
al MSS: Michele Santini (ingegnere idraulico), Alberto Grossi (ambientalista dell'anno
2015), Marcello Palagi (giornalista), Giorgio Pizziolo (professore universitario), Paola Antonioli (Legambiente). Interverranno inoltre i due portavoce
del M5 S, rispettivamente in Senato e in Consiglio regionale:
Laura Bottici e Giacomo Giannarelli. Tutta la cittadinanza è
invitata a partecipare.
Pagina 245
«IL CARRIONE, IERI, OGGI E DOMANI»,
QUESTO IL TITOLO DELLA MOSTRA
CHE Si TIENE ALL'AUTORITÀ PORTUALE
IL RITROVO E ALLE 13,45 IN VIALE POTRIGNANO
DOVE CI SARÀ LA VISITA DEL BACINO
DI TORANO, CON 15 STELLE
ALLE 17 INVECE E PREVISTO UN CONVEGNO
SULLO STUDIO DI GIOVANNI SEMINARA
CHE RIGUARDALA RICOSTRUZIONE DELL'ARGINE
ïsasiro
firmato
dal
Pd»
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mov ento 5 stelle punta l'mndïce
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tragedia causata
«L'ALLUVIONE è stata un disastro causato dall'incuria che vede
la firma del Pd. Sulle soluzioni regionali mancano coraggio e coperture». Il Movimento 5 Stelle va
all'attacco e chiede chiarimenti in
consiglio regionale sulla messa in
sicurezza del Carrione a due anni
dall'alluvione che colpì Marina.
«Un filo conduttore lega il 4 e 5
novembre - ha dichiarato Giacomo Giannarelli, consigliere regionale M5S nella conferenza stampa di presentazione dell'interrogazione -: oggi (ieri, ndr) ricordiamo la tragica alluvione di Firenze
che costò la vita a 35 cittadini e domani ricorderemo i 450 carraresi
sfollati nel 2014 per la rottura degli argini del Carrione. In entrambi i casi se si fosse investito nella
cura dei corsi d'acqua avremmo
evitato disastri e risparmiato molto denaro pubblico. Purtroppo
l'esperienza ha insegnato poco,
perché i partiti di maggioranza,
Pd in testa, continuano a spendere 25 volte meno del necessario in
interventi di prevenzione del rischio, continuando a disperderli
in grandi opere inutili e spesso incompiute».
s
«SPIACE rilevare - prosegue che la Regione manchi di coraggio: prima commissiona lo studio
di Giovanni Seminara poi omette
gli interventi indicati da questo,
nel progetto esecutivo degli interventi. Mancano tutte le opere a
monte, soprattutto sui ravaneti ormai divenuti pericolose di terre
di scavo che finiscono nell'alveo
dei corsi d'acqua, fino a provocare
l'innalzamento del Carrione. Un
«La Regione non ha coraggio
e non ha previsto coperture
sufficienti»
fiume che, bene ricordarlo, ha visto dimezzare il suo alveo grazie
ad anni di irresponsabili scelte urbanistiche compiute dai partiti di
maggioranza» ha aggiunto il vicepresidente della commissione ambiente e territorio del consiglio regionale.
«CHIEDIAMO inoltre a Rossi
se, almeno nelle pause tra presentazioni del suo libro e comparsate
tv nazionali, può spiegarci come
mai la Giunta indichi coperture
incuna
de lla pouti ca »
per la messa in sicurezza solo per
quest'anno, 3,9 milioni, non dando garanzie su quelli a venire per
i quali serviranno, dicono, ulteriori approfondimenti tecnici». Il
movimento 5 stelle non si arrende e promette battaglia anche sulla decisione della Regione di affidare i lavori ai tecnici, giudicati
dai grillini come qualcosa ancora
di non definitivo, ma da analizzare: «Lo studio commissionato
all'università di Genova è già chiaro: serve la scelta politica se fare o
meno quanto indicato. Purtroppo
ad oggi sappiamo la risposta:
quanto successo nel 2014 a Carrara è il simbolo dell'incuria Pd verso il territorio» ha concluso il Cinque stelle annunciando che oggi
parteciperà nella nostra città ad
una serie di iniziative di approfondimento organizzate da Movimento 5 Stelle locale. Primo appuntamento alle alle 10 negli spazi dell'Autorità portuale di Marina, alle 14 una visita guidata lungo il bacino di Torano del Carrione per finire alle 17, nuovamente
in Autorità portuale con un focus
sul Masterplan di Giovanni Seminara «Il Carrione due anni dopo:
rischi e soluzioni».
G. ,r; ,,,,
Per i cinque stelle
il progetto Carrione
è delineato, adesso sarà
soltanto una decisione
della politica se fare o meno
quanto deciso da Seminara
Co n t ro
Lai
c oat í z ìone
Il consigliere regionale
Giacomo Giannarelli
sostiene che l'alluvione
è stata causata dall ' incuria
del torrente, che vede
la firma del Pd
Alluvioni in Toscana
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IL CONSORZIO D i BONIFICA AL LAVORO SUGLI 8 CHILOMETRI DI ASSE DEL TORRENTE
Ponti storici ancora nel mirino di Se
«Saranno demoliti e non ricostruiti»
RESTANO in vigore l'abbattimento, come da progettazione, dei ponti storici.
«Negli studi presenti - ha chiarito il sindaco Angelo Zubbani - è prevista la demolizione dei ponti della Bugia e del Mulino Forti che costituiscono un grave
ostacolo al fluire dell'acqua. Se dopo il by
pass urbano e i 3 invasi la situazione sarà
migliorata potremo pensare di rivedere
il progetto di Seminarti. Ma per il momento rimane tutto inalterato. Il masterplan prevede la demolizione senza nemmeno relativa ricostruzione». Intanto sta
andando avanti, oltre al progetto esecutivo per l'idrovora a Marina vecchia
(600mila euro), anche la progettazione
per le fogne nel viale dal porto a via Marco Polo e l'azione di bonifica del Consorzio a cui il sindaco ha inviato una lettera
datata 19 ottobre per sollecitare lo sfalcio
e manutenzione dei 25 canali che costituiscono il reticolo idrico. Così è completato l'intervento dal ponte di Ferro a via
Apuana ed è in corso quello dalla ferrovia a via Giovan Pietro. Sono previsti interventi alla foce con sfalcio e rimozione
di materiali solidi. «Sarà nostra cura- ha
spiegato il sindaco - verificare il lavoro
del Consorzio». Per quanto riguarda le
delibere sui rimborsi sono state accolte
387 domande per un risarcimento di 3
milioni e 850mila euro. Intanto il Consorzio di bonifica fa il punto sulla manutenzione ordinaria. E stata eseguita (nella seconda metà di ottobre) la manuten-
Intensa l'attività sul corso d'acqua
Il sindaco: «Vigilere o
giorno dopo giorno»
zione ordinaria del tratto che va da via
Apuana a Ponte di Ferro, nel centro storico e del tratto dal ponte di via Pucciarelli
a via Menconi. E in corso di completamento il tratto dalla ferrovia, fino al ponte di via Menconi. Gli uomini e i mezzi del Consorzio sono inoltre attualmente attivi nel tratto compreso tra la via Aurelia e il mare, e nel tratto a valle di via
Apuana. Entro la prima metà di novembre prenderanno il via anche i cantieri
che il consorzio, in collaborazione con
ara
l'unione dei Comuni Montana Lunigiana, effettuerà sui tratti a monte: da Canalie a Colonnata. Questi lavori, rientrano
tra quelli previsti dalla convenzione tra
il Consorzio e Unione, firmata dai due
soggetti per sostenere i livelli occupazionali degli operai forestali. Contemporaneamente, il Consorzio completerà la manutenzione dell'intero distretto idraulico afferente il Carrione: complessivamente, l'investimento consortile supera i
270mila euro. La foce del Carrione torna libera, senza la barra di sabbia di deposito e senza il materiale lapideo d'accumulo. Trattandosi di un intervento dalle
caratteristiche straordinarie, esso è reso
possibile da un finanziamento di 40mila
euro da parte della Regione, sulla linea
di stanziamento per le opere idrauliche
di terza categoria.
Si interverrà poi
nell'area di Marina, compresa tra il ponte del viale Giovanni di Verrazzano e il
mare. Alla foce del Carrione, si verifica
in occasione di forti mareggiate, la sedimentazione di parte del materiale trasportato dalla corrente, che non riesce a
defluire. Si procederà adesso alla rottura
della barra di foce mediante la movimentazione del materiale sedimentato.
F
II 5 novembre provocò l 'evacuazione di
450 carraresi . Marina e Avenza furono
totalmente allagate
Alluvioni in Toscana
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SOTT'ACQUA 1 soccorsi alle
persone di Marina di Carrara
sommersa da un fiume di fango
dopo la rottura dell'argine
■ Alle pagine 18 e 19
Alluvioni in Toscana
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STAMANI ALLE 11 IL CONSIGLIO DEI CITTADINI DI MARINA
Si RIUNISCE PER FARE IL PUNTO DEI CANTIERI APERTI
SUL TORRENTE CARRIONE, IN VISTA DELLE PIOGGE
Tutti gli interventi contro il rischio idraulico
di CRISTINA LORENZI
ALL IONE, due anni dopo.
Mentre la città sta con il naso per
aria in attesa di nuove piogge e teme nuovi e vecchi rischi, l'asse
del Carrione è un susseguirsi di
cantieri, interventi e ruspe. Un
pacchetto di lavori da 12 milioni,
già in corso di realizzazione, che
per la fine del 2017 prevede la
messa in sicurezza e l'eliminazione del rischio idraulico. I dettagli
delle opere previste e finanziate
dalla Regione, sono stati illustrati
ieri mattina dal sindaco Angelo
Zubbani, presente il dirigente Luca Amadei. Dal giorno dell'alluvione è attivo il tavolo istituzionale formato da Comune, Regione e
Consorzio bonifica, una task for-
Alluvioni in Toscana
ce che ha monitorato la fase di studio e di realizzazione delle opere
finalizzate a rendere massima la
riduzione del rischio idraulico.
Così gli otto chilometri dell'asse
del Carrione sono costellati da
una ventina di cantieri aperti dalla Provincia prima e dalla Regione poi che per la prima volta nella
storia ha elaborato il masterplan
del Carrione. «Il documento spiega il sindaco - che costituisce
un unicum della Regione è stato
approvato ad agosto e prevede lo
studio idraulico del professor Giovanni Seminara e lo studio strutturale della Gpa di Firenze: un
migliaio di indagini, carotaggi,
esami di laboratorio che danno
gli indirizzi per ogni intervento».
E' momentaneamente fermo il
cantiere sull'argine destro (per lo
spostamento dei sottoservizi delle
linee telefoniche ed elettriche) dove con 3 milioni e 900mila euro
dal 14 novembre riprenderà l'intervento la cui fine è prevista per
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Pietro». Sono invece in fase di progettazione esecutiva le canalette
di magra (l'abbassamento dell'alveo nel tratto centrale) dalla foce
alla ferrovia il cui costo sarà di 2
milioni e 100mila euro già stanziati. A primavera partiranno i rinforzi statici e strutturali dalla foce
alla ferrovia compreso l'argine
crollato per 5 milioni e mezzo da
stanziare: la Regione ha già fatto
richiesta al ministero. Nel 2017
23 STi %%a Oggi ricorre il secondo anniversario dell'alluvione che
mise in ginocchio la città
dicembre 2017. «A gennaio - ha
dichiarato Zubbani - partirà il lotto dall'Aurelia alla ferrovia: un
progetto fatto dalla Provincia, adeguato dalla Regione che sarà eseguito dalla stessa ditta che vinse
l'appalto provinciale: con 3 milioni e 400mila euro sarà fatto un
nuovo argine e alzato il ponte della ferrovia. A valle della ferrovia
si metterà mano ai due lotti per 2
milioni e 600mila euro che prevedono il consolidamento dal ponte
della ferrovia fino a via Giovan
Alluvioni in Toscana
I cantieri ià finanziati
e aperti saranno chiusi
alla fine del 2017
Zubbani ha annunciato la progettazione del by pass urbano previsto dallo studio Seminara: una
galleria che collegherà il torrente
Gragnana da Torano alla Padula
e che consentirà di sgravare il tratto di Vezzala di 80mila metri cubi
di acqua. Saranno progettati e finanziati anche 3 invasi al monte
che dovranno alleggerire il torrente di altri 80mila metri cubi. Intanto sarannno abbattute le 7 passerelle private a valle del centro
storico.
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senatore
®t1 (Pd):
«La s olidarietà
grande »
«50 ANNI fa la furia della
natura si abbattè sulla città
di Firenze, travolgendo e
uccidendo decine di
persone, distruggendo
monumenti e opere d'arte.
Ma la città poté contare su
un grande afflusso di
giovani volontari
provenienti da tutta l'Italia,
dall'Europa e dal mondo».
Così il senatore pistoiese
Vannino Chiti ricorda
l'alluvione di Firenze.
«Gli `angeli del fango' aggiunge l'esponente dem si impegnarono in un'opera
di solidarietà, di recupero,
di contributo per uscire
dall'emergenza. Allora ero
uno studente al liceo
classico Forteguerri di
Pistoia. In tanti partimmo,
ci improvvisammo spalatori
di fango, distributori di
coperte e viveri,
recuperando libri a rischio
di distruzione.
Istituzioni, partiti,
parrocchie, Case del popolo
seppero unirsi in un grande
sforzo a sostegno di chi era
rimasto colpito e per la
ricostruzione. Oggi non
posso fare a meno,
ricordando quegli anni
lontani, di augurare che si
rinnovi da parte di tutti
un'azione concorde e un
clima di collaborazione per
le popolazioni e i territori
colpiti dal terremoto».
Alluvioni in Toscana
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Centro Guide
Visita a Santa Croce
50
i dopo
Pistoia
A 50 ANNI dall'alluvione
che la colpì duramente,
domani il Centro Guide
Turismo Pistoia
organizza una visita alla
Basilica di Santa Croce a
Firenze. Partenza ore 15.
Il costo della visita
guidata a persona è di 8
euro escluso l'uso di
auricolari. Costo dei
biglietti per accedere
alla Basilica: intero: 8
euro, ridotto:4 euro. E'
obbligatorio prenotare:
Centro Guide Turismo
Pistoia al 335 7116713;
centroguide.pistoiaFdgmail.com
Alluvioni in Toscana
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w1
A rae(:,boríír,o ciei caraùiniew Fíen-narùm
«VED EVAMO la gente affacciata alle finestre: gridavano, cercavano di
attirare la nostra attenzione e chiedevano aiuto. Ricordo quel silenzio
particolare, inesorabile, che ci era
piombato addosso con l'acqua
dell'Arno, squarciato da quelle grida di aiuto. Io, come tutti i miei colleghi, non mi sono risparmiato per
cercare di dare soccorso a tutti. Non
mi sono curato della fame, né del
freddo. Ciò che contava era aiutare
la gente». Decimo Piermartini, brigadiere capo dell'Arma in congedo,
in servizio a Montecatini per 33 anni, quel 4 novembre 1966 si trovò
faccia a faccia con l'Arno e si adoperò anche lui, come tutti gli altri carabinieri, per aiutare la gente con
grande coraggio. «Quella mattina ricorda - ero uscito dalla caserma di
via Borgognissanti con un mio collega. Dovevamo recarci in piazza
della Repubblica a uno stand
dell'Arma per fornire informazioni
e materiale divulgativo a chi fosse
interessato a diventare carabiniere.
L'acqua dell'Arno presto ci sorprese. Era già alta mezzo metro e cominciavano a saltare i tombini. Mi
recai comunque verso piazza della
Repubblica, munito di stivali molto
alti: non credevo che l'acqua potesse salire così tanto in quei minuti.
Ben presto - aggiunge - dovetti ricredermi. Per fortuna potei salire
anch'io a bordo di un mezzo anfibio dei carabinieri. L'acqua saliva
sempre di più. Giunti in piazza Beccaria, abbiamo visto persone che
avevano cercato di mettersi in salvo
su un piano rialzato di fortuna. Tra
loro anche una donna incinta con
un bambino per mano: siamo riusciti a riportarli a casa sani e salvi».
Per mangiare non c'era tempo. «Ho
potuto rifocillarmi solo il giorno
successivo. A me ed ai miei colleghi
interessava prima di tutto che fossero i cittadini a poter avere le provviste per mangiare. Ricordo che qualcuno, tra loro, si avventurava con il
canotto per cercare da mangiare,
ma le botteghe erano sott'acqua. Abbiamo avuto riconoscimenti importanti per il nostro operato, ma la
soddisfazione più grande è sapere
di essere stati utili alla gente».
N ett'i mmagíne, elicottero dell'Aeronautica militare allo stadio di Pescia, dove caricava sacchi di aiuti alimentari per le popolazioni alluvionate (foto fornita da Paolo Landi).
Per 33 anni a
Montecatini, it
4 novembre
1966 era in
servizio a
Firenze.
«L'importanza
di aiutare ta
gente»
Alluvioni in Toscana
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A
E IERI AL PONTE ALL'ASSE LA TARGA `FAI DA TE' 11 UN MAZZO DI FIORI
Poggio il centro raccolta «patini»
Dalla Versilia bagnini e volontari
A POGGIO a Caiano alla targa
commemorativa dell'alluvione ci
hanno pensato i cittadini. E' un foglio, attaccato al Ponte all'Asse, «in
ricordo dei tanti poggesi che diedero tutti loro stessi per aiutare ...., soprattutto quelli che non ci sono
più». L'autore del ricordo ha anche
collocato sul ponte un bel mazzo di
fiori. Cinquant'anno fa i poggesi fecero davvero tanto per gli altri. Da
Viareggio e dalla Versilia arrivarono due autobus (70 ersone, bagni
ni e altri volontari con sette camion di patini (25). Fu Poggio a Caiano ad accoglierli diventando il
centro di raccolta e smistamento di
questi mezzi che leggeri, mossi con
maestria dai bagnini potevano essere impiegati anche nelle vie allaga-
te più strette con duttilità di manovra. Insieme arrivarono anche i volontari della Croce verde di Viareggio. Poggio a Caiano poté garantire
un consistente aiuto agli sfollati.
Patini di salvataggio utilizzati in
estate portarono generi di prima necessità alle famiglie rimaste isolate.
Furono trasportati viveri, medicinali, latte, un andirivieni continuo
da un luogo all'altro. Da Viareggio
gli uomini e i mezzi restarono per
una decina di giorni a Poggio a Caiano. Tanti furono i mezzi utilizzati per trasferire la popolazione dai
luoghi colpiti e per portare viveri.
Si crearono veri e propri centri di
raccolta di questi mezzi. In Via Galcianese il campo di atterraggio per
gli elicotteri; in via Traversa del
Crocifisso, proprio davanti alle Cascine di Tavola dove vivevano una
ventina di famiglie contadine e tanti capi di bestiame, fu allestito il
centro raccolta di gommoni e imbarcazioni. E i cittadini più ardimentosi costruirono anche zattere
di fortuna pur di raggiungere i casolari isolati nella piana pratese e nelle zone limitrofe.
A Poggio sette camion di «patini» dalla Versilia, per andare in soccorso
delle tante famiglie alluvionate Foto Pro Loco Poggio a Calano
Alluvioni in Toscana
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QUATTROMILA VOLUMI DEL'300 FURONO TRASFERITI
ALL'ARCHIVIO DI STATO «DATINI» PER IL RESTAURO
LE SCUOLE GUASTI E L'ASILO CARITAS DIVENTARONO
CENTRI DI ACCOGLIENZA PER OLTRE 500 ALLUVIONAT
Alluvione, la cronaca dï quel gï orni
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ztoi »
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re ín edícola er r co t re fango e coraggìo
IN UEI giorni duri di dolore e
di paura, La Nazione fu sempre
in edicola. Sabato 5 novembre, do
po la prima terribile notte, un nu
mero speciale fu stampato dal
giornale confratello di Bologna, Il
Resto del Carlino.
Poi, grazie allo spone dell'editore
e del direttore, alla volontà di gior
nalisti e tipografi, La Nazione fu
sempre tra i suoi lettori. Giorno
dopo giorno.
A raccontare quanto stava acca
dendo a Firenze invasa dalle ac
que e a Prato, nelle frazioni a sud
del territorio messe in ginocchio.
Raccontò la fatica e l'impegno, la
desolazione e il coraggio. Il corag
gio delle prime ore quanto tutto
sembrava perso e quello dei giorni successivi quando ci fu da fare
la triste conta di quanto la città
aveva perduto in case e lavoro.
«Castelnuovo e le Cascine di Ta
vola sono ancora invase dall'ac
qua
si legge nelle pagine
dell'epoca Tutto il circondaro
pratese è una desolata landa acqui
trinosa. Certe zone si raggiungo
no in canotto, altre con un'indicibile fatica per tirarsi fuori dalla
melma che attanaglia le gambe.
Gli alluvionati del circondaro di
Prato sono oltre quattromila».
Nelle frazioni di Prato a vocazio
ne agricola si stavano insediando
le prime attività tessili, ma «i mac
chinari e le materie prime che era
no negli stanzoni e nei magazzini
lungo la via Giulio Braga» furono
tutti sommersi dall'acqua.
E c'era la paura delle epidemie.
La Nazione, il10 novembre titola
Alluvioni in Toscana
ito
.
St evano epde e:
«Le cara ne che affiorano
a rato sono pericolose»
va «Le carogne affioranti dal fan
go sono il maggior pericolo a Prato». Animali morti, tanti, da sot
terrare o bruciare per arginare, ap
punto, il pericolo di epidemie.
Quattromila volumi del `300 sommersi dalle acque e dal fango
all'Archivio di Stato di Firenze fu
rono trasferiti a Prato all'Archi
vio di Stato in via Ser Lapo Maz
zei per essere restaurati. Una mo
bilitazione senza sosta delle asso
ciazioni di volontariato e l'impe
gno di quelle di categoria.
Le scuole elementari Guasti e
l'asilo Caritas trasformati in cen
tri di accoglienza per 500 alluvionati ai quali furono distribuiti medicinali, viveri e indumenti. Pa
lazzo Pretorio che diventò un cen
tro di raccolta della Croce Rossa
per abiti e scarpe. In Comune fu
rono raccolti e smistati i viveri, soprattutto tanto latte attraverso un
accordo con la Parmalat e secon
do le richieste che arrivarono da
Firenze. Tutto il gran lavoro e
l'impegno profuso in quelle giornate riuscì a riunire gente diver
sa. Prato si fece vera comunità,
senza bandiere ideologiche, pron
ta a fare la propria parte, tutti in
sieme. E La Nazione mise in evi
denza questo comune sentire di
sostegno le frazioni e di aiuto al ca
poluogo ferito. Così si legge sulle
pagine dell'11 novembre:« Il capo
luogo è un'isola. Prato è salva. Ha
tutto: l'acqua, la luce, i medicina
li. Soprattutto le energie e l'ottimi
smo che, in momenti come questi, sono necessari quanto il pane.
Prato è stato ed tuttora il polmo
ne di Firenze moribonda».
Marilena Chiti
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Piazza dei Caduti a Tavola, invasa dall'acqua nel novembre dei '66 Foto Ran fagni, Archivio Comune
Una targa i rícordo
i tutti i disastri
sutt'ex Casa
fascío
Arrívarono l Buzzí
cotonne i soccorsi
tic stoffe c s i usarono 1 0.000 títri
i c tci ti ri i
i ti i dísinfettante
Via raga
Piazza Ciardi
A Prato e nella Piana
STAMANI alle 11.30 in via
Braga, sulla facciata dell'ex
Casa del fascio,
l'amministrazione comunale
affiggerà una targa in
memoria dei disastri
provocati dall'alluvione di
cinquant'anni fa e della
generosità della gente sulla
quale, tra l'altro vi è scritto:
«Ricordare l'impegno e la
solidarietà reciproca
manifestati dalla popolazione
tutta che seppe reagire
prontamente con grande
spirito di volontà e di
rinascita per il ripristino dei
danni e ft ritorno alla
normalità della
popolazione».
ALL'ISTITUTO tecnico
industriale Buzzi ancora
nella vecchia sede di piazza
Ciardi, arrivano pezze, casse
di vestiario da asciugare e
recuperare. Coni camion dai
palazzi storici fiorentini si
fanno arrivare damaschi e
velluti per un'attenta opera
di ripulitura. I tecnici del
Buzzi e gli operai delle ditte
tessiti offrono ft loro lavoro
per ripristinare i preziosi
tessuti. Furono anche Lavati
e asciugati 200 costumi dei
figuranti del calcio storico
fiorentino oltre a cappelli e
bandiere.
CI VOLLE fino alla metà di
novembre per poter liberare
completamente la piana
allagata e le stalle dalle
carogne degli animali. Si
lavorò di buona lena per
scongiurare pericoli di
epidemie. Furono recuperati
e distrutti con calce viva e
fuoco, poi interrati: 506
bovini, 49 suini, 197 ovini, 3
cavalli, 10 asini, 1 mulo, 496
conigli e 3045 polli. Furono
utilizzati oltre 10.000 litri di
soluzione disinfettante.
Disinfettante fu inviato anche
a Firenze con le colonne dei
soccorsi pratesi.
Alluvioni in Toscana
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ANCHE IL CAPOLUOGO VAL ELSA O FU COLPITO DURAMENTE
Una rnostra per non dïrnentïc
«._ u un dramma senza precedenti »
ANCHE Poggibonsi visse il suo
4 novembre 1966. Inteso come data dell'alluvione: quattro giorni
ininterrotti di pioggia provocarono allagamenti in oltre 1.300 ettari di territorio con più di 60 aziende che subirono conseguenze. Secondo un'iniziale stima, l'ammontare complessivo dei danni superò il mezzo miliardo di lire. A ricordare il periodo è adesso la giornalista Ilva Civeli, che segui le vicende dalle colonne de La Nazione e poi da L'Eco della Valdelsa:
«Andarono sott'acqua la Magione, non ancora sede dei Templari,
la zona del Bernino, l'area di Lap-
ltre 300 foto ricordano
l'alluvione nella cittadina
che provocò m otti danni
peto, che allora non era edificata,
e il Palagetto, nella parte più vicina al fiume Elsa, dove si verificarono allagamenti nelle case e inoltre una fabbrica di mobili risultò
raggiungibile solo con una barca.
Non ci furono vittime o feriti perché l'Elsa e gli altri corsi d'acqua
(i torrenti Staggia, Fosci, Carfini
e Drove) tracimarono alle prime
STO RA
Claudio Biscarini
presente all'inaugurazione
Alluvioni in Toscana
ore del mattino e in più le scuole e
i luoghi di lavoro erano chiusi per
la giornata festiva». Oggi alle 17
Poggibonsi torna indietro di 50
anni con la mostra, nella Sala Quadri del Palazzo comunale, dal titolo «Ne è passata d'acqua sotto i
ponti», voluta dall'Associazione
storica poggibonsese (Astop) con
il patrocinio del Comune. «Attraverso 200 foto originali - dicono i
curatori - viene raccontata una pagina indelebile del nostro passato,
ancora viva e profonda per molti,
ignota per altri. Un'occasione per
scoprire un pezzo di storia attraverso un vasto e inedito repertorio fotografico». Saranno esposte
fino al 13 novembre (orario
17-20) le foto che rimandano ad
attimi di terrore e di sgomento e
che, più in generale, sono dedicate all'acqua come elemento intrinsecamente legato alla vita di una
comunità.
« L'ACQUA il tema portante
della mostra - si afferma da Astop
- che vuole essere anche un viaggio nella vitalità, nell'allegria che
traspare ancora contagiosa. Storie
di paura e di scanzonati ragazzi
pronti a tuffarsi in quell'acqua
che solo poche ore prima aveva
trascinato case, mattoni e animali. L'acqua come protagonista,
principio di vita e di ricchezza
per la comunità, ma anche di morte e di rinascita». All'apertura saranno presenti il vice sindaco Silvano Becattelli, lo storico Claudio
Biscarini, Giuseppe Mantelli e
Rossella Merli.
Paolo Ba
i
Pagina 257
i
•
del provved tore
ï
FIRENZE ricorda - con una mostra e tanti eventi - il grande dramma del 1966, l'alluvione. Ma a 50 anni di distanza i ricordi scorrono anche a Siena. Andrea Valboni, attuale provveditore della Misericordia,
aveva 16 anni quando la piena
dell'Arno ruppe gli argini. A 16 anni si ritrovò, suo malgrado ma per
sua iniziativa, `angelo del fango'.«Abitavamo nella zona della
Fortezza da Basso. Nella parte più
alta della via per fortuna. Era domenica pomeriggio, si sentì come un
rombo e dalla finestra di casa vidi
arrivare l'ondata di piena. La zona
di Porta al Prato era già allagata,
c'erano anche 2 metri e mezzo d'acqua, da noi un metro circa. Quella
prima notte fu tremenda: si sentivano urla tutt'intorno e botti, come
degli spari, sembrava di essere in
una città bombardata. In un attimo
ci trovammo senza luce e senza acqua. Solo dalla radio si avevano prime informazioni. Ma ancora non
mi rendevo conto di quel che era
success.
iniziai a telefonare ai compagni di
scuola: uno era inglese, figlio della
signora Misuri, allora proprietaria
di un negozio di pellami fra i più
grandi di Firenze. Era in Santa Croce: l'acqua l'aveva devastato, avevano perso tutto. Allora decisi di andare in centro a vedere con i miei occhi: solo lì capì la gravità della situazione, in piazza Duomo scoprii il
dramma». E Valboni si ritrovò fra
gli angeli del fango: cittadini, volontari, di tutte le età, che per innegabile necessità si rimboccarono le maniche. Ma lui aveva 16 anni: «Mi avventurai verso Borgo Albizi-continua il racconto -, dove avevo saputo
che c'era un punto di ritrovo della
Croce Rossa, che stava organizzando l'intervento alla Biblioteca Nazionale. Chiesi se potevo dare una
mano e mi dissero che lì erano abbastanza; c'era invece da aiutare l'esercito, al tempo non c'era ancora la
protezione civile, che stava evacuando le strutture sanitarie dove erano
LA MATTINA seguente la mamma andò al lavoro, alle Poste e il
babbo alla Fiat. Io andai a scuola,
come sempre a piedi: passai accanto al Mugnone, vidi gente che andava da una casa all'altra con gommoni, infine arrivai a scuola, era completamente allagata. Tornai a casa e
«Alta biblioteca non servivo
M i mandarono ad aiutare
quelli dell'esercito»
Alluvioni in Toscana
V1i3
er cord a
ï
i
alloggiati anziani, come in via della
Pergola. Andai: ricordo corpi, il fango ovunque e indimenticabile l'odore pungente nell'aria, di roba andata a male. Tornai a casa la sera, intorno alle 17,30: la mamma era preoccupata, non c'era il cellulare e
non avevo potuto avvisare. La scuola rimase chiusa per almeno un mese: io mi alzavo la mattina e andavo
a prendere due taniche di acqua da
20 litri ciascuna per la casa, poi tornavo in centro. Così è stato per almeno una ventina di giorni. Un'immagine mi resterà sempre negli occhi: un mese e mezzo dopo, era la
viglia di Natale, il centro della città
era agibile ma con tutti i negozi distrutti e i proprietari intenti a recuperare il recuperabile e a vendere
quel che era rimasto, fuori dai locali. Solo nella primavera successiva
la città tornò apparentemente alla
normalità».
Paola Tomassoni
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Marina Brogí:
«Portavamo viver'
Era un infe o»
MARINA Brogi aveva 36 anni
nel 1966 ed era da 10 anni già
volontaria della Misericordia
Siena, dove la troviamo ancora
oggi a compiere un servizio
fondamentale per la comunità.
«Avevo un negozio di bigiotteria in via San Pietro - ricorda ma appena potevo correvo alla
Misericordia. Poi quel giorno,
era un festivo, da Firenze la Misericordia del capoluogo ci
chiamò chiedendo di portare
acqua. E noi andammo portando tutto quel che potevamo:
partimmo con 3-4 macchine,
io con la mia Seicento. Questo
è il mio ricordo del dramma:
non c'era la protezione civile al
tempo, c'erano le associazioni
di volontari, la solidarietà dei
cittadini. Non entrammo a Firenze quel giorni: facemmo la
consegna a porta Romana, oltre non si andava. Solo più tardi seppi cosa era successo e cosa c'era lungo l'Arno».
PII
' ci D A
Il provveditore Andrea Valboni
Alluvioni in Toscana
Pagina 259
IL COMMENTO
dì PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
SLANCIO
CIVILE
9E
l un filo rosso
che lega
g di
Firenze alle tante
catastrofi che hanno
continuato a colpire il
nostro Paese, la cui
esistenza è stata
opportunamente
rammentata sia dal
presidente della
Repubblica Sergio
Mattarella sia dal
premier Matteo Renzi
nella loro giornata
fiorentina in ricordo
della tragedia di
cinquanta anni fa. Il
filo rosso si chiama
solidarietà.
C
[Segue a pagina 41
Alluvioni in Toscana
Pagina 260
I =Mr EN
di P.r. DE RQBERRTIS
SLANCIO
CIVILE
[SEGUE DALIA PRIMA]
NELLA CITTA che per prima al
mondo (nel Trecento) inventò
le compagnie della
Misericordia per assistere i
malati e che un secolo dopo
dette vita al primo ospedale
al mondo per bambini
abbandonati, quel4 novembre
del '66 nacque il volontariato.
Quasi esistesse un genius loci
del bello, in una terra peraltro
schiettamente laica, i famosi
angeli del fango altro non
furono che il primo esempio di
solidarietà civile. Fu uno
scatto generazionale, fu un
moto collettivo nato da un
germino amore per l'arte e la
cultura, fu la prima
esternazione di un sentimento
altruista di una generazione
che fino a quel punto aveva
più che altro dovuto occuparsi
di ricostruire il Paese
distrutto dalla guerra. Fu
tutto questo. Fu un miracolo
per cui dalla, meglio gioventù
italiana e non solo sgorgò un
Alluvioni in Toscana
I care che non si era mai visto.
Adesso molte cose ci
appaiono scontate, e quando
arriva un terremoto ci pare
normale vedere che tanti
giovani si infilino una divisa
della, protezione civile, della
Misericordia o di qualche
pubblica assistenza e vadano
a «dare una mano» alle
popolazioni colpite. Allora
non era così, ognuno, per
forza di cose, fino a quel
momento aveva pensato per
sé, doveva pensare per sé
perché mancava il necessario
per vivere.
LA LEZIONE che i giovani di
tante parti d'Italia, dettero
quei giorni a Firenze, specie
dalNord e in particolare da
Bologna e dalla Lombardia, è
quindi un frutto del progresso
civile dell'talia di quegli anni.
Un bel frutto, segno di slancio
e vitalità, segno di quel
mondo nuovo - meno
ingessato - che si stava
preparando. Pieno di
contraddizioni, certo, ma
fecondo. Come il
Rinascimento fiorentino,
zeppo di grandi odi ma
ricolmo di tesori. Come diceva
Orson Welles, a differenza
dell'Italia dove le lotte tra i
Borgia, i Medici, i Papi hanno
generato i capolavori del
Cinquecento, in Svizzera
hanno avuto otto secoli di
pace, ma è nato l'orologio a
cucù.
Pagina 261
«GU '
li' fecero risorgere
»
una grande c caffitate
« giorni i ci si materiatizzò
Lo ti dett'inferno dantesco »
Rivolto agli angeli del fango in Palazzo Vecchio,
il presidente ha detto che «è anche merito
vostro se Firenze è tornata ad essere
rapidamente una grande capitale della cultura»
«in quei giorni - ha ricordato commosso il capo
dello Stato - sembrava si fosse materializzato
il canto VII dell'Inferno di Dante con 'l'acqua
buia, le onde bige, la lorda pozza dello Stige'»
Il glomo che l'Amo diventò cmde le
a Nazione dette voce al riscatto
l Capo dello Stato tra ` t,video e installazioni el
nostra mostra
dramma ma anche di speranza, orgoglio, riscatto.
FIRENZE
C''
AN GOLO recondito della
memoria individuale che diventa
universale qualora un fatto della
storia sia vissuto, totalmente, in
maniera collettiva. Ci sono storie
di vita, di morte e di rinascita in
cui il ricordo va oltre l'emozione.
La storia dell'Alluvione di Firenze è il paradigma di una gigantesca e drammatica emozione condi
visa. La storia dell'Alluvione di Firenze e la relativa memoria - punteggiata di immagini, video, frasi
celebri, mostre, rievocazioni di
ogni tipo - sono, a tutti gli effetti,
la storia di Firenze e della fiorentinità.
NON PUO ' essere dunque un caso
se il quotidiano di Firenze - che la
storia è solito raccontarla - fosse
protagonista attivo della città sommersa dall'Arno e abbandonata al
proprio destino. `La Nazione' non
si sottrasse al proprio ruolo di compagna fedele di Firenze e dei fiorentini, sofferenti per le quella ferita inflitta dal loro amato fiume.
Nemmeno nella notte dell'incubo,
il giornale venne meno al suo ruolo. Nemmeno nelle ore del dramma, poi trasformatosi in tragedia.
"La Nazione" uscì in edicola, grazie all'abnegazione di tipografi e
giornalisti coraggiosi che fecero
ciò che sapevano fare. E dovevano
fare. Informare i fiorentini e i toscani di ciò che stava accadendo
nelle strade e nelle piazze invase
dall'ondata di piena.
A mezzo secolo di distanza da quella notte maledetta e da quelle setti-
Alluvioni in Toscana
I
tre
SONO tre le proiezioni visibili
alla mostra L'Arno straripa a
Firenze'. La prima, dell'istituto
Luce, si trova all'ingresso.
L'altro, concesso da Franco
Zeffirelti, è girato dal maestro
(con la testimonianza di
Richard Burton) che venne a
Firenze chiamato dalla sorella
Fanny. L'ultimo, inedito, è il
racconto di giornalisti e
tipografi che riuscirono,
nonostante tutto, a far uscire
La Nazione in edicola.
mane di rabbia e fango, `La Nazione' non solo ha voluto rievocare
l'evento, ma fare semplicemte ciò
che fa da oltre 150 anni: raccontare ai fiorentini e ai toscani cosa fu
l'Alluvione di Firenze. Dal pomeriggio di oggi - dalle 15 alle 18 - il
racconto del diluvio diventa così
una mostra; «L'Arno straripa a Firenze» allestita dentro l'auditorium Attilio Monti, nella sede del
giornale.
L'esposizione sarà aperta ogni
giorno esclusa la domenica dalle
9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18. Così facendo `La Nazione' vuol raccontare Firenze. E la sua storia. Di
E IL RACC ONTO -ricomposto nei
contenuti dai giornalisti de La Nazione e allestito nella scenografia
dalla `Once Events' - è diretto, toccante e di immediato approccio
emozionale. La mostra accoglie i
visitatori con un documentario
drealizzato dall'istituto Luce proprio sul nostro giornale; è il saluto
al visitatore che, avviandosi verso
l'ingresso dell'esposizione, potrà
conoscere da vicino i ruoli di tre
dei protagonisti di quelle ore
drammatiche: ll'editore Attilio
Monti, il direttore Enrico Mattei e
el sindaco Piero Bargellini. Un ritratto non di circostanza.
Una volta nel cuore della mostra,
ecco le collezioni dei quotidiani
del tempo e quelle alluvionate. E
ancora le riproduzioni delle prime
pagine de `La Nazione' e una parte
interattiva dedicata a tutti ma, soprattutto, a giovani. In particolare
alle scuole, di ogni ordine e grado,
tutte invitate alla mostra.
SONO quattro i touch screen con le
riproduzioni delle pagine del quotidiano, leggibili una per una, e
con le foto dei nostri archivi e quelle, toccanti, dei nostri lettori. Quelli stessi che hanno inondato la
mail del giornale per rivivere e
condividere la tragedia. Indelebile
è il ricordo e vivida la memoria come si percepisce nei tre video proiettati all'interno dell'auditorium
Monti. Quello, inedito, curato da
Stefano Cecchi, dà voce a giornalisti e tipografi che riuscirono a
mandare `La Nazione' in edicola
addirittura il giorno successivo
all'esondazione. Ancora oggi, a 50
anni dal diluvio, la voce dei protagonisti trema, lasciando spazio a silenzi e sospiri. Così raccontando
più di mille parole gridate.
Pagina 262
n i---,-
VISI TA
Mattarella
osservale
prime pagine
in mostra. A
fianco, da
sinistra: B runo
e M atteo
Riffeser,
M arisa M onti
Riffeser, Sara
e Andrea
Riffeser
davanti al
ritratto di
Attilio M onti
Alluvioni in Toscana
Pagina 263
trìcoto re i 40 me tri
L'ì nizía tìva dei Ví g ítí del Fuoco
Un grande tricolore di 40 metri è stato
appeso alla facciata di Palazzo Vecchio in
occasione dell'arrivo di Mattarella. Autori
dell'iniziativa i Vigili del Fuoco di Toscana
Vasarï risorge dalla melma
Un capolavoro restïtuïto alla città
Firenze steggí 'L'ultima ce ', danneggíata nel 1966
di PAOLA
FICHE
FIRENZE
UNA giornata speciale quella che
Firenze si è regalata per celebrare
e ricordare l'alluvione del 1966
cinquanta anni dopo. Tanti ce ne
sono voluti perchè i fiorentini riuscissero a superare il trauma del
fiume impazzito. Le strade inondate dall'acqua, dal fango, dal terribile kerosene e dai rifiuti che
l'Arno scaraventò, letteralmente,
nelle strade, nelle piazze. Per anni
la città ha avuto poca voglia di ricordare. Colpa di un dna orgoglioso, delle opere di salvaguardia
mai realizzate, della voglia di celebrare una Firenze vincente piuttosto che ricordare una città
dall'anima infangata. Ieri però i
fiorentini si sono riappropriati
della loro fatica, di quella lotta
contro la melma che - per primi ha ferito i capolavori dell'arte.
Quando i fiorentini e gli angeli
del fango accorsi da tutto il mondo videro passare il Cristo del Cimabue devastato si fermarono increduli. Era come se stesse passando il feretro di un amico.
Ieri la città ha iniziato il suo percorso catartico con il consiglio comunale straordinario in Palazzo
Vecchio e subito dopo il lungo incontro con i mille angeli del fango chiamati a raccolta per raccontare e ricordare quei giorni: quelli
dell'emergenza più dura. Trascorsi con una pala in mano e gli stivali di gomma, impegnati a salvare i
libri della Biblioteca Nazionale,
ma anche a ripulire case, negozi,
strade. In contemporanea nella
Alluvioni in Toscana
Basilica di Santa Croce è stato il
cardinale arcivescovo Giuseppe
Betori (nel '66 seminarista e anche lui angelo del fango) a celebrare la messa. E ad andare in corteo
fino al Ponte delle Grazie per la
deposizione della corona in Arno
in memoria delle 35 vittime
dell'alluvione: 17 a Firenze, 18
nei dintorni. E fra queste 4 bambini. Un numero contenuto solo
perchè l'onda di piena travolse la
città in una giornata che, allora,
era di festa. All'alba del 4 novembre 1966 le strade di Firenze erano semideserte.
Nel pomeriggio di ieri il primo appuntamento è stata la presentazione del francobollo dedicato agli
Angeli del Fango. A fare da cerimonieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti
L'« cdi a cena» fu
dipinta nel 1546. Ri m ase
i mm ersa nell' acqua e nel
fan g o per oltre 40 ore
L' O pificio delle P ietre
D ure è riuscito
nell'i m presa , sfruttando
le nuove tecnologie
e il sindaco Dario Nardella. Anche se l'emozione più grande la
città l'ha vissuta poco più tardi
quando è iniziata la visita del presidente Mattarella. La sua prima
tappa è stata in Santa Croce per la
ricollocazione
del
restauro
dell'«Ultima cena» che Vasari dipinse nel 1546. E' l'ultima grande
opera d'arte che Firenze ritrova.
Il dipinto rimase immerso nell'acqua per oltre 40 ore e ne fu estratto così danneggiato che, per molti
anni, nessuno sapeva come intervenire per effettuare il difficile restauro. Poi le tecniche si sono affinate e l'Opificio delle Pietre Dure
è riuscito nell'impresa. Ieri un
lungo, commosso, applauso ha accompagnato
lo
svelamento
dell'opera.
SANTA CROCE ancora in Palazzo Vecchio, in un Salone
de'Cinquecento illuminato d'azzurro per le celebrazioni ufficiali
del cinquantenario. Con le immagini del fiume impazzito, le spiegazioni del geologo del Cnr Mario Tozzi, le parole del sindaco
Nardella e ancora i ricordi degli
angeli del fango per il Capo dello
Stato Sergio Mattarella. «Firenze
- ha detto il presidente - è oggi
simbolo della rinascita possibile
per le popolazioni dell'Umbria e
delle Marche colpite dal terremoto». Un passaggio del testimone
dagli angeli del fango di 50 anni
fa a chi oggi scava nei paesi distrutti dal sisma. A chiudere la
giornata, solo la rima di un programma che andrà avanti fino a
domenica e oltre, la fiaccolata dalla basilica di San Miniato al Monte fino a piazza Santa Croce. Nel
1967, un anno dopo l'alluvione, i
fiorentini la percorsero senza lacrime. Ma con la rabbia e l'orgoglio di aver salvato Firenze.
Pagina 264
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GI L'opera vasariana è stata nuovamente ricollocata in Santa Croce dopo il restauro alla presenza dei capo dello Stato Sergio Mattarella
E' l'ultima grande opera d'arte che Firenze ritrova, dopo molti anni in cui il recupero sembrava impossibile
IERI II recupero del patrimonio artistico e culturale fu una
delle priorità dei volontari che arrivarono da tutto il mondo
Alluvioni in Toscana
Pagina 265
La studentessa ìngtese
«Non potevamo restare fermì»
L'ambasciatore Usa Phittips
«Obama
i»
L'inglese Susan Glasspool era studentessa. E
oggi ricorda: «Eravamo sconcertati. Ma in quel
momento terribile sapevamo che avremmo
dovuto fare qualcosa. E lo abbiamo fatto».
«Il presidente Obama lo vedrete per le strade
di Firenze, senza dubbio, nei prossimi anni».
Così l'ambasciatore degli Usa in Italia, John
Phillips, sui 50 anni dall'alluvione di Firenze
Venduti, `angéld nell'alta marea
Da
quel
fango
è
nato
ïl
'68,
»
Y
1 cantautore aveva 1 7 annì e
FIRENZE
IL PROFUM O del'68 era lontano,
specialmente in Italia. Eppure gli
adolescenti annusavano che l'aria
sarebbe cambiata, sentivano crescere quella voglia di sollevare il
mondo, rivoltarlo, aprire la finestra e far entrare ventate di tramontana. E' anche questo il richiamo che metterà insieme gli
angeli del fango, una generazione
di ragazzi da tutto il mondo, dai
quindici a trent'anni, che per una
misteriosa alchimia nel novembre del '66 si ritrovarono a spalare
fango nelle strade di Firenze.
Tanti di quei giovani - allora con
i primi jeans e i capelli lunghi, oggi attempati ed eleganti signori dopo 50 anni si sono ritrovati nelle stesse piazze in riva all'Arno,
con l'orgoglio e la commozione di
essere stati fra coloro che aiutarono i fiorentini a strappare i loro tesori dalla melma.
Fra loro, 17 anni appena, c'era anche Antonello Venditti, liceale
del Giulio Cesare a Roma, che riuscì a partire per la Toscana.
Che ricordo conserva di quei
giorni?
«Come l'albore di qualcosa di nuovo. Il '66 è difficile da raccontare,
è un mondo che non c'è più. In
noi ragazzi stava crescendo la coscienza della solidarietà, portavamo dentro di noi questa idea
Alluvioni in Toscana
'v' con
dell'aiutarsi a vicenda, di rompere gli schemi di una società rigida. Ma poi era molto difficile mettere in pratica questi moti dell'animo. Bisogna pensare che quella
era un'Italia in bianco e nero, con
un solo canale alla tv e una radio
di Stato. Non c'erano i telefonini,
Internet, non era l'epoca dei selfie...»
Come arrivò a Firenze?
«Con un gruppo di scout americani collegati a una scuola romana.
Sono riuscito a partire perché
mio padre da viceprefetto coordinava gli uffici delle calamità nazionali, quella che oggi è la protezione civile. Altrimenti sarebbe
stato impensabile partire e saltare
la scuola. Quelli non erano tempi
in cui si leggevano i giornali in
classe o si facevano dibattiti. Era
una scuola nozionistica, a cui la
mia generazione cominciava a ribellarsi. Potremmo dire che erano i primi vagiti del '68. Ma furo-
«Sono riuscito a partire
perché io padre coordinava
gLi uffici caLamità nazionali»
i sc t amerìcaní
no pochi quelli che, pur sentendo
il dovere o la volontà culturale di
rispondere a un senso civico, poterono davvero partire per Firenze».
Come avveniva il lavo in
mezzo a quel fango?
«Era tutto organizzato. La struttura americana di cui facevo parte
sapeva bene cosa fare e dove farci
intervenire. Ricordo che lavoravamo al fianco di tanto personale
competente che ci diceva come
raccogliere e come posizionare sugli scaffali libri, documenti, oggetti di ogni genere. E poi c'erano i
soldati, che arrivarono con i mezzi anfibi e tutta l'attrezzatura necessaria a spalare e a rimuovere i
detriti per le strade. Senza di loro
sarebbe stato impossibile ripulire
la città in così poco tempo».
Cosa
le
ha
insegnato
uell'es rienza?
«C e spesso sono gli altri a ricordarci di quanto sia straordinariamente ricco di meraviglie il nostro paese. L'importanza della nostra cultura lo vedi da quello che
gli stranieri hanno fatto per noi».
Fra li angeli del fango c'era
anche un suo amico e collega, Francesco De Gregori.
«Sì, è vero. Ma non ci conoscevamo. Non è capitato di incontrarci
nelle strade di Firenze e poche
volte abbiamo parlato di quell'avventura del '66. Credo che per entrambi resti prima di tutto un ricordo molto intimo».
Pagina 266
Francesco De Gregorí
Franco ZeffireLLi
Il grande regista era a
Roma. Partì subito per
la sua Firenze. Poi, girò
il famoso documentario
Giuliano Pisapia, futuro
sindaco milanese aveva
17 anni. Andò a Firenze
di nascosto dai genitori
Francesco De Gregori,
15 anni, arrivò
a Firenze col pullman
del suo liceo romano
AFFRONTARONO
ILFUTURO
A risollevare Firenze
dall'alluvione del 1966
ci fu «la fierezza e
« LLE
» Antonello Venduti,
anche lui trai volontari dei 1966
la dignità dei fiorentini,
la loro volontà di non
darla vinta alle acque,
il coraggio di affrontare
il futuro per difendere
l'identità di questa città»
da una tragedia che
causò tra le ferite inferte
alla città dall'acqua
e dal fango «anche
quelle alla sua bellezza»
Monsignor GIUSEPPE BETORI
Alluvioni in Toscana
Pagina 267
NZE S0 ANNI DALL'ALLUVIONE. Il. CAPO DELLO STATO IERI HA INAUG URi
DEL NOSTRO GIC RNALE
.ORfIA
,: QUEI GIORNI NELh'AUp1TC1RlllM
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Alluvioni in Toscana
Pagina 268
èrïta capace dï reagire
1
vostro coraggio»
Fírenze, l'esortazione dí Mattarella durante la visita gio
FIRENZE
«FI RENZE, benché gravemente
ferita, non si arrese. Mostrò al
mondo la sua volontà e la sua capacità di reazione. Ecco: oggi ci
sono persone che, come cinquant'anni fa, hanno perso tutto:
affetti, casa, lavoro, ricordi. Dobbiamo preservare la loro speranza».
Commosso. Come un vecchio padre che torna sui luoghi di un ipotetico passato e riassapora l'emozione forte di quei giorni intensi,
i giorni di una tragedia e dell'enorme vento di solidarietà che ne seguì. Ieri, 50 anni dopo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è arrivato a Firenze a ricordare e commemorare il tempo
dell'Alluvione del 1966. Nel farlo
è voluto passare anche dalla sede
de La Nazione, ovvero del giornale che in quel tempo drammatico
seppe essere la voce forte della città, raccontando all'Italia e al mondo cosa davvero stava accadendo
per le strade di Firenze sommerse
dall'Arno. Una presenza e un passaggio significativi.
Mattarella è arrivato alla sede del
nostro giornale in via Paolieri poco prima delle 16. Ad accoglierlo
ha trovato la presidentessa della
Poligrafici Editoriale Marisa
Monti Riffeser, l'amministratore
delegato Andrea Riffeser Monti e
il direttore Pierfrancesco De Robertis che lo hanno accompagnato a visitare la mostra `L'Arno
straripa a Firenze' realizzata nel
nostro auditorium. «Questo è un
Alluvioni in Toscana
Firenze, benché
g ravemente ferita,
m ostrò al m ondo la sua
volontà di reazione
pezzo di storia di Firenze che meritava di essere visto. Siate fieri
del lavoro fatto allora dal vostro
giornale», ha detto Mattarella sfogliando le collezioni storiche de
La Nazione che, grazie all'aiuto
del giornale confratello Il Resto
del Carlino, riuscì a non mancare
nemmeno per un giorno l'appuntamento coi lettori nonostante lo
stabilimento e la rotativa fossero
imprigionati in un lago di melma
e nafta. Con il capo dello Stato
c'erano anche il ministro dei beni
culturali Dario Franceschini, il
sindaco di Firenze Dario Nardella e il presidente del consiglio regionale toscano, Eugenio Giani.
TUTTI insieme hanno così salutato Franco Zeffirelli, il regista autore del documentario-capolavoro
sull'alluvione, proiettato all'interno della mostra che è voluto essere presente all'evento: «Sono emozionato a essere qui nella sede del
`mio' giornale al quale sono abbonato da 30 anni - ha detto anche
lui commosso - L'alluvione l'ho
vissuta in prima persona e in questa mostra la rivedo perfettamente, insieme allo spirito meraviglioso dei fiorentini, la mia gente».
Già, l'alluvione come fatto epocale per la città. Come confine fra
una stagione e un'altra. Perché
quell'acqua e quel fango che l'Arno rovesciò nel ventre di Firenze
la mattina del 4 novembre 1966,
si portarono via per sempre molte
cose oltre ai mobili e agli infissi
delle case al primo piano.
Si portarono via l'idea che il futuro potesse essere sempre in discesa, che la Nuova Italia potesse
provvedere a se stessa con un'efficienza democratica nuova.
Si portarono via, soprattutto, la
città di Pratolini, quella delle botteghe e degli artigiani d'Oltrarno,
della vita nei vicoli e degli anglobeceri, aprendosi al nuovo. Ovvero a una sorta di globalizzazione
ante litteram assolutamente imprevista.
Perché questo in fondo rappresentarono quei ragazzi di mezzo mondo che, richiamati da chissà quale
forza misteriosa, arrivarono a Firenze nel fango e nel gelo di quel
novembre del 1966 semplicemente per dare una mano a chi ne aveva bisogno. «Un'anticipazione,
una prefigurazione di quel vasto e
impetuoso fenomeno della globalizzazione, esploso a cavallo del
nuovo secolo e che contrassegna i
nostri tempi», ha riassunto il presidente Mattarella. Che sia stato
un bene o un altro diluvio devastante, questo non è ancora chiaro.
Un'anticipazione
di quel vasto e i m petuoso
feno m eno della
g lobalizzazìone
a
tre no
:
Sergio Mattarella è giunto
alle 15 in treno a S. Maria
Novella, spostandosi poi
nella basilica di Santa Croce
per il restauro dell'Ultima
cena del Vasari.
Vecch i o
Il presidente ha visitato la
mostra alle 16, recandosi
quindi sul Lungarno
Torrigiani, riaperto dopo la
voragine del 25 maggio, e a
Palazzo Vecchio
Pagina 269
L'ARRIVO
11 Capo dello
Stato
accolto
da Andrea
Ri °eser e
Marisa
Monti
Rìss-eser,
ri_pettivamente
ad e
presidente
di Poligrafici
Editoriale
La storia
L'att , w , à
L'alluvione di 50 anni
fa divenne un fatto
epocale per la città.
Come un vero e
proprio confine fra
una stagione e
un'altra.
Le prime pagine de
La Nazione hanno
raccontato giorno per
giorno la tragedia nel
novembre 1966,
continuando a
informare la città
L'OMAGGIO
II ministro
Dario Franceschini
saluta
Franco Zeffirelli, ospite
dell'inaugurazione
Con il Capo dello Stato
c'è anche il sindaco
di Firenze
Dario Nardella. Sotto
Mattarella
con il direttore
de La Nazione
Pierfrancesco
De Robertis e Federica
Rotondo
Alluvioni in Toscana
Pagina 270
Nell'anniversario dell'alluvione il presidente
Mattarella ha inaugurato lu a o Torigiani. E
stamani Renzi e Nardella firmano il patto perla città
Ieri, cinq anta anni fa
ir
aildra ma
L'EMOZIONE dei ricordo, la sfida
ancora aperta della messa in sicurezza, la missione compiuta del
lungarno Torrigiani che il presidente della Repubblica Sergio
Mattarella "inaugura" con una
simbolica passeggiata stringendo la mano ai fiorentini e agli operai: «Grazie per la tempestività».
Firenze commemora la grande alluvione 50 anni dopo con
una giornata di cerimonie istituzionali e religiose, la memoria di
quel tremendo 4 novembre 1966
coinvolge i palazzi della politica,
le scuole, le parrocchie. E nei giorni difficili del terremoto del Centro Italia è come se da qui, dal raduno di quegli angeli dei fango
che si ritrovano a centinaia ieri
nel Salone dei Cinquecento e poi
dalla fiaccolata che ieri sera si
snoda da San Miniato al Monte a
Santa Croce, partisse un messaggio di solidarietà per il Centro Italia sconvolto dal terremoto: «Firenze, benché gravemente ferita, non si arrese. Sembra l'Inferno di Dante e io ricordo bene e
con dolore gli appelli del sindaco
Bargellini. Gli angeli del fango
salvarono la città, mentre oggi i
loro eredi sono nelle zone del terremoto. Come Firenze seppe ripartire così, insieme, ce la faremo anche ora», esorta Mattarella in Palazzo Vecchio applauditissimo. Mentre solo poche ore prima il presidente del Consiglio
Matteo Renzi salutando gli angeli del fango («Dateci il vostro ottimismo») aveva lanciatolo stesso
messaggio di coraggio per i terremotati dell'Umbria, delle Marche e dei Lazio e uno, più severo,
per la messa in sicurezza definitiva di Firenze dal rischio alluvioni: «Bisogna spendere. Mettere
tutto in sicurezza perché l'Arno
finalmente diventi alleato. I soldi
ci sono e dobbiamo spenderli bene per le casse di espansione».
C'è un filo che collega la memoria e il futuro, il dolore e la speranza nella giornata di ieri. E forse
questa tensione trova il suo centro sul lungarno Torrigiani, sprofondato 163 giorni fa per lo
schianto di una tubatura e ora risollevato, nella serata di ieri riaperto al traffico, con tanto di nuove strisce dei parcheggi disegnate in terra, in barba alla scaramanzia di chi ha ancora in mente
le 30 auto inghiottite quel 25
maggio. A centinaia si fiondano
su quel lungarno ritrovato nel pomeriggio, alle 16.30, quando il
presidente della Repubblica decide di farci una breve passeggiata
e di salutare gli operai della Trevi
(il sindaco Nardella ha annunciato che darà loro le chiavi della città), ingaggiati da Publiacqua
che ha pagato i 6 milioni necessari all'opera: «Grazie», li omaggia
Mattarella, che dalle loro mani riceve una lettera della Cgil sui problemi del settore edile. «Caro presidente, basta con gli ultrasessantenni sui ponteggi», c'è scritto. Loro, gli operai, hanno lavorato per 36 mila ore, anche di notte
dal 4 luglio in poi, e ora chiederebbero un bonus per lo sforzo. I
residenti ringraziano e applaudono: per quel cantiere finito nei
tempi, rivendicano da Palazzo
Vecchio, non ci sarà forse da festeggiare perché è pur sempre
un risarcimento ad una ferita,
ma è anche una scommessa vinta nel Paese delle opere pubbliche senza fine.
«La dimostrazione che Firenze sa risollevarsi e sa rispondere», dice Nardella. Che poi è quel
che aveva osservato il cardinale
Giuseppe Betori durante la messa, ricordando «la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque limacciose, il coraggio di affrontare il futuro per difendere l'identità di questa città», lo stesso che
Papa Paolo VI riconobbe quando
celebrò la messa della notte di
Natale 1966 nella cattedrale di
Santa Maria dei Fiore,
La vicepresidente della Regione Monica Barni ha ricordato i lavori per l'Arno: «Stiamo costruendo 4 casse di espansione a
Figline ed è avviato il percorso
per l'adeguamento della diga di
Levane». In Palazzo Vecchio stamani alle 10 Renzi, che ieri ha
scherzosamente rinnovato a Nardella la richiesta di fare di più per
togliere le bancarelle da San Firenze, firmerà con il sindaco il
patto per la città con soldi per infrastrutture e cultura: «Ci diranno che saranno pochi, pazienza.
Ci sarà anche il nuovo museo dei
calcio, nel cuore del centro storico, all'americana. Dedicato al calcio e al calcio storico», annuncia
aLadyRadio.
(dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA
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F_IC'.I]/.f'llf' ()li ;_'1', (tl li]íì
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Alluvioni in Toscana
Pagina 271
IL MUSEO DEL CALCIO
Nel Patto per Firenze
tra il governo e il Comune
che si firma stamani alle 10
in Palazzo Vecchio ci
saranno soldi per
aeroporto, tramvie, Uffizi,
case popolari e per il nuovo
museo dei calcio: «Sarà in
centro, su calcio e calcio in
costume»annuncia Renzi
I giovani che nel 1966
erano a Firenze, o
vennero perdare una
mano, dopo la piena
dell'Amo che
sconvolse la città
Il bilancio dei morti,
tra cui 4 bambini
Ieri al ponte alle
Grazie è stata gettata
nel fiume una corona
di alloro
Gli interventi previsti
perla messa in
sicurezza, ma
peril momento ne
sonostati realizzati
soltanto un terzo
Alluvioni in Toscana
Pagina 272
DA TUTTO IL MONDO
IL SALONE DEI CINQUECENTO
Palazzo vecchio gremito peri I raduno degli angeli del fango
che sono tornato in città 50 anni dopo l'alluvione
Moltissimi angeli del fango hanno accolto l'invito del sindaco
Nardella e sono tornati a Firenze da ogni parte del mondo
LA FIACCOLATA
IL PONTE y'XCHIO
Sul maxi schermo sono passate le immagini dei giorni della
distruzione e dell'angoscia
La lunga processione di ieri sera dalla basilica di San Miniato
fino alla basilica di Santa Croce
Ama ar t ffi
DAL DISASTRO ALLA PACE
La bandiera della pace con le firme deg li angeli del fango ieri
ha sventolato in Palazzo Vecchio
EXALLIEVO DEI CARABINIERI
Nel 1966 era un allievo
sottufficiale dei carabinieri e nei
giorni dell'alluvione ha
partecipato, insieme a tanti suoi
compagni di corso, alle
operazioni di salvataggio e
messa ïn sicurezza della città
Alluvioni in Toscana
Pagina 273
Centinaia i volontari
ILARIA CITI
L ? olandese Koos Van Tol dice
che fu «l'anno più bello della
mia vita perché questa vita
me la cambiò. Capii che insieme si
può fare, cambiare le cose, scoprii il
valore di una comunità internazionale>). Peter Mallory, che non era
mai stato in Europa, corse da Philadelphia e si incantò del fatto che «I
could make the differente», che la
differenza uno la può fare. « Iniziai a
voler cambiare il mondo e non ho
più smesso. Ho capito che non lo si
cambia dei tutto, ma si può fare un
pezzettino per volta. Allora, fu l'inizio di quello che poi diventò il '68».
Ora è «terrorizzato» da Trump: «ma
se ce l'avete fata voi con Beriusconi...». Anche la fiorentina consigliera regionale Pd, Titta Meucci, che fu
Angelo "locale", ricorda quel montare di una marea che avrebbe cambiato la vita a molti. «Una scintilla - dice - scoppiata senza neanche bisogno di un passa parola. Per noi ragazze iniziò dai pantaloni che cominciammo a poter portare per strada.
Da lì, il comune passo di tutti noi ragazzi da una città provinciale a una
comunità internazionale fu breve.
Non solo pensammo per la prima volta di cambiare insieme il mondo ma
scoprimmo che il mondo esisteva».
Gli Angeli del fango del 4 novembre 1966, tornati a Firenze, riconoscono i monumenti che pulirono nei
giorni dell'alluvione e si emozionano. Sono andati in centinaia, fiorentini, toscani, italiani, di tutte le nazioni, ieri in Palazzo Vecchio alla celebrazione dei 50 anni dell'alluvione.
Hanno lavorato alla Nazionale,
all'Archivio di Stato, ai centri di restauro, nelle chiese e case. Molti,
non riescono a entrare tanta è la folla. Come rimpiange il sindaco Nardella che li ringrazia per l'aiuto dato
a salvare «l'arte e la cultura che uniscono in nome della pace, oltre la
guerra». Accolti dal cardinal Betori,
Angelo anche lui, dalla giunta, il consiglio comunale, l'inno nazionale e
quello dell'Europa. Quest'ultimo, come dice un Angelo norvegese, «troppo poco apprezzato in Europa di questi tempi, ma noi che abbiamo lavorato gomito a gomito con tanti giovani di tante provenienze, pensiamo
dovrebbe essere universale».
A salutarli viene anche il presidente del consiglio. «Non potevo
mancare a questa festa», dice Renzi,
accolto da Bocci Bargeilini figlia di
Piero, il mai dimenticato sindaco
dell'alluvione che Nardella commemora. Come Renzi, non potevano
mancare i ventenni di allora, venuti
e tornati nelle loro case diversi. C'è
anche chi è rimasto. «Altro che angeli, eravamo sporchi di fango e puzzolenti - dice l'inglese Susan - Ma
quando un ragazzo fiorentino mi disse andiamo al Forte Belvedere, credendo fosse una festa e invece era la
visita al Cimabue alluvionato, mi vestii stile Mary Quant. E lui è diventato mio marito». Ora Susan sottoli-
Alluvioni in Toscana
che accorsero a mettere in salvo
l'arte. L'orgoglio di una generazione
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nea il fatto di avere «una coscienza
politica. Ma me la sono fatta li, i miei
genitori erano ultra conservatori.
Poi venne il '68 e noi ne eravamo
un'avvisaglia». Vent'anni e una rivoluzione. Non sa se commuoversi più
sulla foto del fango in Nazionale o su
quella della ragazza bionda che era
lei, Harriet Roberts Coverston dal
Minnesota. «Ero cresciuta in fattoria, non ero mai stata fuori dagli
Usa. Mi sentii fiorentina e i miei figli
sono venuti a studiare qui».
Hanno 50 annidi più ma non hanno smesso di darsi da fare. Gino Busato lavora nella protezione civile di
Treviso: «La spinta me l'ha data l'alluvione». Koos Van Toi ha pianto arrivando a Firenze e continua a crederci: «alla solidarietà, all'amicizia».
Quasi tutti sono in due: con l'amica o
l'amico con cui spalarono. Sono rimasti quelli dell'affermazione comune
più che individuale. L'aretino Giovanni Rupi corre a presentare Enrico Valentini «che si imbatte all'improvviso con le formelle della porta
del Paradiso divelte a terra e restò a
far loro la guardia tutta la notte».
Sandro Gnetti occupa un fila insieme ai dei compagni di classe che, diciassettenni, si buttarono su ogni
mezzo per raggiungere Firenze da
Monza e impararono «il valore della
partecipazione e della solidarietà».
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Pagina 274
10 CERO...
Tutto l'orgoglio di un Angelo del fango che ha voluto testimoniare
così la sua presenza a Firenze nell'anniversario dell'alluvione
Alluvioni in Toscana
Pagina 275
GAIA RAU
NON sono in molti, in città , a poter ricordare di averla vista coi
propri occhi. Ma non basta questo a spiegare l'emozione che
ha riempito ieri pomeriggio il
Cenacolo di Santa Croce durante lo svelamento, di fronte al
presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, dell"'Ultima
cena" di Giorgio Vasari: l'ultimo grande capolavoro vittima
dell'alluvione del 1966, rimasto chiuso per quarant'anni nei
depositi della soprintendenza e
per altri dieci paziente speciale
nei laboratori dell'Opificio delle pietre dure. Perché il recupero del monumentale dipinto oggi nella stessa posizione occupata, in passato, da un'altra
opera-simbolo del dramma del
4 novembre, il Crocifisso di Cimabue, ma d'ora in avanti al riparo dall'acqua grazie un sistema di contrappesi capace di sollevarlo in appena due minuti,
Il legno era gonfiato, il colore si staccava: i maestri
dell'Opificio hanno vinto la sfida senza precedenti
ieri l'opera a Santa Croce.
metri d'altezza
t
ri
in caso di allarme, a sei metri
d'altezza - ha rappresentato
per i tecnici dell'Opificio e, in generale, per il mondo italiano
del restauro, una sfida di complessità senza precedenti. Una
scommessa, un atto di fiducia,
forse addirittura una professione incondizionata di fede nei
confronti di un'operazione
«che dubitavamo - ammette il
soprintendente Marco Ciatti fosse anche solo possibile». Realizzata nel 1546 per il refettorio
delle Murate su cinque pannelli
in legno di pioppo, per una lunghezza complessiva di 6,60 metri e un'altezza di 2,62, e spostata in Santa Croce solo nel 1815,
nell'autunno di cinquant'anni
fa 1-Ultima cena" rimase per
dodici ore sommersa dall'acqua, che nel Cenacolo raggiunse un livello di cinque metri. A
scongiurare conseguenze irreparabili fu soprattutto la lungimiranza di Umberto Baldini,
all'epoca direttore del laboratorio di restauro della soprintendenza fiorentina ai monumenti
e alle belle arti, il quale «riuscì a
prevedere - spiega ancora
Ciatti - cosa sarebbe successo». E cioè il rigonfiamento e la
successiva, violentissima, contrazione del supporto di legno;
il dilavamento della preparazione in gesso e colla animale e il
conseguente sollevamento e distaccamento del colore. Un fenomeno che fu possibile, almeno in parte, arginare proprio
grazie a due scelte decisive prese da Baldini nei giorni immediatamente successivi all'alluvione, e cioè la copertura dei dipinti danneggiati con velinature protettive e la loro graduale
Alluvioni in Toscana
-isc îta
1 Vasarî
rîmasto 12 ore sott acqua
'
asciugatura in un ambiente a
umidità controllata appositamente allestito alla Limonaia
di Boboii, dove oltre 300 tavole
e 1.200 tele "spodestarono" gli
agrumi in attesa di ricovero invernale.
Ed è qui che si interruppe,
peri successivi quarant'anni, la
storia dell"'Ultima cena". Chiusa in un deposito in attesa di un
futuro migliore, l'opera fu riscoperta nel 2003 e trasferita nei
laboratori della Fortezza soltanto tre anni dopo, quando, grazie a un finanziamento congiunto di Prada, Getty Foundation e
Protezione civile, poterono
prendere finalmente il via le
operazioni di diagnostica e restauro. Affidate, queste ultime,
alla guida di Roberto Bellucci
(per la parte pittorica) e Ciro
Castelli (per il supporto ligneo), e improntate alla minore invasività possibile: «La violenta contrazione del legno racconta Ciatti - aveva causato una riduzione del supporto
che i ricercatori dell'Istituto nazionale di ottica hanno quantificato in circa 2 centimetri per
ognuno dei cinque pannelli. In
pratica, non c'era spazio sufficiente per riposizionare il colore. In passato, in questi casi, si
ricorreva al trasporto della superficie pittorica su un nuovo
supporto, una scelta che inizialmente abbiamo ipotizzato anche per 1-Ultima cena" e che
siamo invece riusciti a evitare
grazie a sistemi tecnici innovativi». «Il restauro - conclude il
soprintendente - non è onnipotente, come non lo è la medicina. Non dobbiamo porci l'aspettativa di ridare all'opera la
solidità ideale, ma garantirle di
vivere nei mesi e negli anni grazie alla prevenzione». Ecco allora che quello che da ieri è tornato a fare mostra di sé in Santa
Croce (dove il pubblico potrà
ammirarlo gratis stasera dalle
20 a mezzanotte, oltre che in futuro, pagando il biglietto, nei
normali orari divi sita) è un Vasari sicuramente diverso da
quello di mezzo secolo fa, ma re-
so forse ancora più eccezionale
da una pulitura che ne ha riportato in luce la straordinaria vivacità dei colori, e senz'altro
più sicuro, protetto non solo da
una nuova cornice ma anche da
una scatola di conservazione climatica, sul retro, concepita per
prevenire futuri movimenti del
legno. Un risultato frutto di
quello che la presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi ha definito «una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche», e di una combinazione di
«eccellenze», «determinazione» e «generosità» che, ha assicurato il ministro ai beni culturali Dario Franceschini, «sono e
saranno al servizio del patrimonio culturale del centro Italia
duramente colpito dal sisma».
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LA VISITA
Stasaera dalle 20 alle 24 l'Ultima
cena si potrà vedere gratis
all'interno di Santa Croce
IL MECCANISMO
Grazie a un moderno sistema
di carrucole il dipinto si può
sollevare fino a 6 metri di altezza
in soli 2 minuti
IL RECUPERO
Ci sono vuluti dieci anni perché
l'Opificio delle pietre dure
riuscisse a completare il restauro
dei capolavoro di Vasari
Alluvioni in Toscana
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ALLUVIONE
Le interviste ai cittadini dei
quartiere 4 nel ricordo di come
l'acqua dell'Arno al lagò quella
zona di Firenze sono le storie e le
testimonianze raccolte da Sergio
Canfailla nel video documentario
"L'acqua arrivò da sotto",
presentato nella sala del consiglio
di villa Vogel in occasione delle
celebrazioni del 50esimo
dell'alluvione. Villa Vogel, via delle
torri 23, ore 16.30
Alluvioni in Toscana
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ci della "s
arapìa tapiòco! Come se fosse
Antani, prematurata la super.._ cazzola con scappellamento a
destra, o scherziamo?». No carissimo Conte
Mascetti, stavolta nessuno scherzo. È tutto
vero: questo pomeriggio ci ritroveremo a Firenze per il primo raduno dei fan dal titolo
"Amici miei - Alluvionati dentro". Il ritrovo
è fissato al piazzale Michelangelo da dove
partirà il tour che passerà, tra l' altro, dal Bar
Necchi (per una bella clacsonata) e dalla
stazione di Santa Maria Novella (i passeggeri affacciati ai finestrini del treno sono avvisati). E parleremo di lei (Tognazzi), del Perozzi (Noiret), del professor Sassaroli (Celi),
del Melandri (Moschin), del Necchi (Del
Alluvioni in Toscana
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Prete e poi Montagnani) e ancora del Righi,
della «cippa lippa», di «chi ha visto la Madonna» e dei marsigliesi. Probabilmente
pioverà, forse farà un po' freddo, ma chissenefrega: è una zingarata. E poi, le «villeggianti di Gavinana» stavano con le scarpe
da ginnastica in mezzo metro di neve...
Ma "Amici miei" non è solo un film che
ha segnato un'epoca e un' intera generazione. Quello di Mario Monicelli è un film unico e irripetibile, politicamente scorretto come solo noi toscani - con quelle battutacce
così cattive - sappiamo essere. E che merita
di essere ricordato in una Italia in cui purtroppo si ride sempre meno ma dove le supercazzole sono sempre di moda.
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A Firenze la cerimonia si è tenuta in piazza dell'Unita. Pinotti: i militari guidarono il popolo alla vittoria
1 FIRENZE
«Oggi (ieri per chi legge, ndr) celebriamo il Giorno dell'Unità
nazionale e la Giornata delle
Forze armate. È questo un connubio non casuale, perché in
quello che fu uno dei momenti
più difficili della nostra storia,
in cui la stessa integrità nazionale fu messa seriamente in discussione, furono le Forze armate a guidare il popolo italiano in quello sforzo corale, epico
e condiviso che portò al vittorioso epilogo di Vittorio Veneto».
Lo ha detto la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, in occasio-
ne del4 novembre 2016.
La cerimonia si è tenuta in diverse piazze d'Itali a tra Firenze.
Una cerimonia militare, con
l'alzabandiera in forma solenne e la commemorazione dei
caduti di tutte le guerre, si è
svolta in piazza dell'Unità. In
occasione del cinquantennale
dall'alluvione di Firenze, eccezionalmente, aperta al pubblico la sede storica dell'Istituto
geografico militare nel quale è
stato possibile visitare, gratuitamente, il museo strumenti e la
biblioteca storica. Nella stessa
mattinata, l'ente cartografico di
Stato ha presentato gli esiti del
lavoro sulla "Nuova livellazione
geometrica di alta precisione
della città di Firenze"e la nuova
edizione della pianta delle zone
alluvionate il4 novembre 1966.
«In questa giornata rievochiamo - continuala ministra Pinotti - quella lunga stagione di eroismo che rese possibile portare a
compimento i grandi ideali del
Risorgimento, non solo con la
conquista delle frontiere naturali e il ricongiungimento della
popolazione italiana alla patria
comune, ma anche con il raggiungimento di una coesione
che diede all'identità italiana la
forza del plebiscito dal quale
non si può più tornare indietro». Oggi - ha continuato la ministra - «meditiamo sul significato profondo di quei valori che
animarono il comportamento
di coraggio e di dignità di tante
migliaia di giovani di tutta Italia; quelli che versarono il proprio sangue sulle pietraie del
Carso, sull'Isonzo, sul Monte
Grappa, sul Piave e su tanti altri
fronti e che in, gran parte, non
ebbero neanche il conforto della sepoltura».
Sono gli stessi valori - ha spiegato la ministra - «che oggi animano il vostro operare quotidiano, per il bene del Paese e
della collettività internazionale, in Italia e all'estero, perché
se sono mutati i contesti operativi, le minacce da affrontare, le
emergenze da fronteggiare, nulla è cambiato nel modo di agire
di chi indossa le stellette».
II presidente della Repubblica e la ministra della Difesa durante la cerimonia
Alluvioni in Toscana
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L'ultima cena riemerge cinquant'anni dopo
Firenze, svelato al Cenacolo di Santa Croce il capolavoro restaurato del Vasari. C'era anche il presidente Mattarella
di Gabriele Rizza
/ FIRENZE
In pochi possono dire d'averlo
visto e quasi nessuno se lo ricorda. Svanito nella memoria, insieme ad altri "pezzi pregiati",
travolto dalla piena dell'Arno di
50 anni fa. Nel corso di una cerimonia solenne, presente il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Ministro dei Beni culturali
Dario Franceschini, riemerge
dall'acqua e dal fango, è proprio il caso di dirlo, novello Lazzaro, a nuova vita restituito, il
capolavoro di Giorgio Vasari
"Ultima cena".
Un grande dipinto a olio su
tavola diviso in cinque pannelli,
rimasto 12 ore a mollo quel tragico 4 novembre 1966 e poi per
amni dormiente nella sua imponenza (40 metri quadri di superficie) all'ombra dei depositi della Sovrintendenza in Palazzo
Pitti, prima di essere trasferito
nel 2004 nei laboratori dell'Opificio della Pietre Dure.
Che, con mirabile impegno e
sopraffina maestria, grazie anche a contributi pubblici e a privati mecenatismi (Prada, Getty
Foundation, Protezione Civile,
Ente cassa di risparmio di Firenze), affinatesi nel frattempo le
tecniche nel campo del restauro, l'ha riportato alla luce in tutto il suo splendore cromatico e
dinamismo espressivo. Così,
dopo mezzo secolo, l'Ultima cena di Giorgio Vasari si può ammirare nel Cenacolo di Santa
Croce, guardata a vista dagli affreschi di Taddeo Gaddi, appoggiato alla parete che fu dei
"Cristo" del Cimabue, l'altra vittima simbolo dello scempio artistico causato dall'alluvione,
dal 2014 ricollocato in assoluta
sicurezza nella Sagrestia della
Basilica, a una quota superiore
al rischio esondazione, insieme
ad altre opere del museo, a loro
volta restaurate.
Ma per la "Cena" del Vasari,
stante il suo collocamento a
una quota inferiore, quali sono
le garanzie di sottrarsi domani
a una nuova, certo non auspicabile, minaccia alluvionale? A
fronte di tanta tecnologia dispiegata nelle operazioni di recupero, ci pensa un sistema
vecchio stile, semplice e affidabile, basato su contrappesi e
carrucole. Un sistema meccanico, quasi artigianale, facilmente manovrabile che, scartate ap-
Alluvioni in Toscana
parecchiature che potrebbero
incepparsi in caso di interruzione elettrica, consente in un hatter d'occhio alla pesante struttura lignea (quasi 600 chili) di issarsi a sei metri di altezza. Oltre
ogni ragionevole rischio. «Si
tratta - ha commentato Marco
Ciatti, soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure - di una
storia straordinaria di studi,
speranze, restauro e avanguardie tecnologiche, di un progetto innovativo dai molteplici significati che permette di riconsegnare al mondo nella sua vivacità cromatica originale un
capolavoro che, per i danni subiti, soprattutto in termini di
sollevamento del legno e conseguente distaccamento del colore, pareva spento per sempre.
Un quadro a lungo considerato
di pressoché impossibile recupero. È stata un'operazione senza precedenti che rappresenta
la vittoria di una sfida che l'Opificio ha raccolto nel 2004 e che
ha portato a compimento grazie alla sua molteplice natura di
laboratorio operativo, istituto
di ricerca e scuola di restauro».
Dipinta nel 1546 per il refettorio delle Murate, il monastero
delle benedettine di clausura situato nell'attuale via Ghibellina, la tavola del Vasari non ha
avuto vita facile. Ora il cerchio
sembra chiudersi su questa parete del Cenacolo di Santa Croce a lungo abitata dal "Cristo"
del Cimabue. Che forse non per
caso fu il primo artista citato da
Vasari nelle sue celebri "Vite".
Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai
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Lo spazio è stato di nuovo reso accesswile ai pubblico dopo il sopralluogo dei presidente della l'epubblica Ser 1o Mattarel',-., accompagnato c_J ministro Dario Fra _eschini e dal sine ._o Da:_ ìo Nardella. Il sindaco ha consegnato le chiavi della città agli operai per ringraziarli dei ripristino record.
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Alluvioni in Toscana
-
Pagina 282
[.a città celebra gli "angeli del fango"
il ricordo dei giovani volontari che aiutarono i fiorentini dopo il disastro
FIRENZE
Tanti italiani, ma anche inglesi,
olandesi, americani, australiani: quegli "angeli del fango", allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento a Palazzo Vecchio a Firenze per ricordare i giorni del disastro quando 50 anni fa la furia delle acque
travolse la città. I capelli si sono
imbiancati, ma l'emozione e
l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento, dove li hanno raggiunti anche il presidente della
Repubblica Sergio Mattarella e
quello del Consiglio Matteo
Renzi, non sembrano diminui-
ti. «Portateci col vostro ottimismo e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo»,
ha detto in mattinata il premier
che, a sorpresa, è arrivato alla
cerimonia per un breve intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha parlato
Mattarella.
«È merito anche vostro scandisce il presidente della Repubblica - se Firenze, da città
dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e nel
mondo, grande capitale culturale. Avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini,
né divisioni di ceto sociale, di
nazionalità, di ideologia, di reli gione». Mattarella li paragona
agli attuali angeli, quelli che sono impegnati nelle zone del terremoto, ma anche nelle aree di
guerra e di carestia dove c'è chi
soffre. Molte le testimonianze si
alternano per tutta la giornata
sul palco.
«Cinquant'anni fa sono stato
qui a Firenze con 140 dei miei
uomini: abbiamo purificato e
reso potabili novemila metri cubi d'acqua. A Firenze mancava
tutto, anche l'acqua da bere: facemmo un grande lavoro e i fiorentini erano molto grati. Come
sono grato io oggi di essere
qui», dice il colonnello olandese France Sedee, allora in Toscana con un contingente. L'inglese Susan Glasspool era invece
solo una studentessa che si trovava a Firenze quando l'Arno
mangiò la città: «Ho visto vie,
case, negozi, i loro arredi, scomparire. Inghiottiti dal fango.
Non ebbi nemmeno la forza di
scattare delle foto - ha raccontato - c'erano opere d'arte, sculture, strappate al loro piedistalli
dalla furia dell'acqua. Eravamo
tutti sconcertati. Ma persino in
quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto fare
qualcosa. E lo abbiamo fatto».
Lo splendido salone dei Cinquecento durante la cerimonia
Alluvioni in Toscana
Pagina 283
Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai
Riaperto dopo cinque mesi di lavori non stop il lungarno Torrigiani, finito sott'acqua il 25 maggio.
Lo spazio è stato di nuovo reso accessibile al pubblico dopo il sopralluogo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dal ministro Dario Franceschini e dal sindaco Dario Nardella. II sindaco ha consegnato le chiavi della città agli operai per ringraziarli del ripristino record.
Alluvioni in Toscana
Pagina 284
® CECINA
«Una piccola grande mostra
che racconta una pagina
draammatica della nostra città, ma anche un significativo
slancio di solidarietà». Così il
vicesindaco Giovanni Salvini
ha commentato l'inaugurazione della mostra fotografica sulla grande piena del 4 novembre 1966, che si è aperta ieri pomeriggio (nel giorno del cinquantenario) negli spazi provvisori della biblioteca, in via
Pertini. Una mostra che raccoglie trenta fotografie dell'alluvione che travolse Marina, documenti originali dell'epoca,
lettere, richieste di danni, messaggi di solidarietà. Tanti. Come la lettera (che pubblichiamo a fianco) del pensionato di
Rosignano Rinaldo Marinai, il
le
Iz
an ,, a M1na
quale in poche righe offrì al
sindaco di Cecina Osvaldo
Giovannelli 20mila lire per " i
sinistrati colpiti dal nubifragio
La mostra è stata allestita
dall'Archivio storico e dalla biblioteca comunale, gestita dalla cooperativa Il Cosmo. Rimarrà aperta fino al 18 novembre e sarà visitatile negli orari
di apertura della biblioteca (da
lunedì al venerdì ore 8,30 19,30, sabato ore 8,30 -12,30).
All'inaugurazione erano presenti gli organizzatori, la dirigente Beatrice Cori, i consiglieri comunali Massimo Gentili,
Mauro Niccolini e Meri Pacchini. Il vicesindaco ha anticipato
di voler portare la mostra anche a Marina, che è la zona più
direttamente
interessata
dall'alluvione: da decidere se
utilizzare i locali dell'ufficio turistico in piazza Sant'Andrea o
la caserma villa Ginori.
Un'operazione di recupero
La lettera di Rinaldo Marinai
della memoria che si avvale anche di un reperto inedito: un
filmato, girato all'epoca da Mario Pagni, adesso di proprietà
dell'Archivio storico comunale, che dà l'esatta dimensione
della furia delle acque tracimate dal fiume. Il video, restaurato e salvato in cd, viene trasmesso a ciclo continuo durante la mostra. Dura poco più di
un minuto, ma offre uno spaccato significativo del dramma
che colpi Marina di Cecina.
Il Tirreno lo ripropone sul
proprio sito web.
(m. m.)
II vicesindaco Giovanni Saivini all'inaugurazione della mostra
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Alluvioni in Toscana
Pagina 285
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Ilda De Francesco i commuove anco ra per i suo cane Less íe
di Michele Falorni
1 CECINA
A volte sono gli episodi e la memoria scritta a scavare la differenza. Ilda De Francesco, classe 1949, aveva 16 anni quella
maledetta mattina del 4 novembre 1966, quando la piena
del fiume scrisse forse il capitolo più triste nella storia della
nostra città, portando la distruzione e il dramma umano nelle case di decine di famiglie. Situazioni tremende che non si
dimenticano. E che rivivono al
momento in cui, dice la testi-
La storia d i "Ione"
che riuscì a salvare
il suo asino face ndogli
salire 3 scalini
mone di quel giorno, quando
la televisione, la radio e le reti
sociali raccontano altre tragedie in giro per l'Italia e il mondo. La signora Ilda, cinquant'
anni orsono, risiedeva in via
Adige, una traversa di viale della Repubblica. Strada principale per raggiungere Marina dal
centro. Non c'era l'argine e
nemmeno le villette a schiera
costruite negli anni Ottanta.
Attorno al podere della famiglia De Francesco, soltanto i
campi e la quiete. Un altro
mondo. Sconvolto dall'alluvione. «Era festa ed io - racconta dormivo in camera con mia sorella, così come i miei nonni
Nicola e Raffaella e i miei genitori Filippo e Antonietta. Ci
svegliarono loro, l'ho scritto
nel diario che conservo anco-
Alluvioni in Toscana
ra». In un attimo, scendono al
piano terra e vedono che il pavimento è già ricoperto da un
filo d'acqua. Non riescono
nemmeno a ragionare che, un'
onda, entra con prepotenza e
sposta tutti gli oggetti che trova. «La nostra paura inizia così
- prosegue Ilda -, con mio padre cine corre via, prende il camion e viene sotto le finestre
perché la porta della cucina
non si può aprire. Non so come facemmo, ma ci calammo
insieme ed entrammo nella cabina, vestiti a fatica e spaventati a morte, senza capacità di reagire. Percorremmo la strada
verso il sottopassaggio, ma
l'acqua ci bloccò». Il babbo e il
nonno si guardano senza dirsi
niente. Non importa, i familiari capiscono che non sarà un
giorno come gli altri e avvertono la paura di morire. «Per fortuna - affermala signora - arrivarono in barca Ferdinando
Fortezza e Pasquale Carillo,
che ci portarono nell'abitazione dei Fortezza dove rimanemmo in attesa degli eventi. Intanto il mio fidanzato, Marco
Sozzi, trovò i vigili del fuoco e
raggiuse Marina con uno dei
loro mezzi». Al podere, purtroppo, sono rimasti gli animali: muoiono i maiali e le galline, muore l'adorato cane Lessi,. Le nnucche si salvano e
vengono vendute. «La sera riprese a piovere - conclude la signora - e noi, con i camion, ci
spostammo nell'abitazione di
Marco in via Carlo Ginori. T'or-
li palazzo a sinistra e dove tu tatto salire l'-
nammo a casa nostra il giorno
seguente, trovando la melma e
gli oggetti distrutti. Senza considerare che eravamo privi della luce elettrica. Ricordo bene
l'aiuto del Comune, che arrivò
con i propri mezzi a portarci
l'acqua potabile e le coperte
per la notte. Gli siamo grati».
Tra le mille storie, ne affiora
una curiosa: Aldo Arinanti "Aldone", uno dei residenti, salvò
un asino riuscendo a fargli salire i 30 scalini che portavano al
secondo piano dell'abitazione. «Quando in tivù vedo la natura che si scatena, mi viene
da piangere». Sono le ultime
parole che Ilda pronuncia. Ma
che ha affidato al diario, custode della memoriae di quel novembre terribile.
'S,RIPRODUZIONE RISERVATA
o. A destra fida De ras,,.
Pagina 286
Un vagone di abiti
per bambini
arrivo dalla Ddr
CECINA. A cinquant'anni
dall'alluvione dei 1966, dai
documenti ufficiali e dalle
testimonianze della gente
escono storie e curiosità. in
pochi, forse, sanno o
ricordano che pochi giorni
dopo il disastro Kari Deuscher,
presidente dei distretto di
Rostock • nella Repubblica
democratica tedesca gemellato con la Provincia di
Livorno, scrisse una lettera al
presidente della Provincia
offrendo il proprio aiuto agli
alluvionati. Nel documento
ufficiale si legge che i tedeschi
orientali sono pronti ad
ospitare "50 bambini della
provincia di Livorno per un
soggiorno gratuito della
durata di tre settimane in una
colonia per ragazzi ". Da non
credere: anche perché, chi ha
studiato questo capitolo di
storia lo sa, era quasi
impossibile soggiornare per
più di un giorno nella parte
della Germania controllata
dall'unione Sovietica. il
permesso durava solo 24 ore,
dopodiché la Stasi - la polizia
politica • entrava in azione.
All'invito dei presidente
Deutscher si aggiunge quello
dei sindaco di Gorlitz, altra
città della Repubblica
democratica, disponibile ad
ospitare altri bimbi . Passano
due mesi e, nella seduta dei 6
gennaio 1967, il parlamento di
Rostock converte la proposta
"nell'invio alla Provincia di
Livorno di un cospicuo
quantitativo di generi di
vestiario per bambini, per il
valore complessivo di 50mila
marchi, paria 7 milioni e
mezzo di lire". il vagone
raggiunge Livorno e consegna
"cappotti, golf, stivaletti,
calzoni, scarpe e calze per un
totale di 4 mila capi circa".
Chissà, forse nessuno si
sarebbe aspettato che, oltre la
Cortina di ferro, ossia al di là
del muro costruito nell'agosto
di cinque anni prima, ci
fossero umanità e
comprensione per i drammi
(m.f.)
degli occidentali.
il mezzo anfibio dei pompieri (l'unico) in funzione durante l'alluvione. A fianco alcuni soccorritori che camminano nell'acqua alta (Archivio storico comunale)
Alluvioni in Toscana
Pagina 287
«Urge la messa ïn sicurezza»
Legambiente chiede un impegno preciso alle istituzioni
Foto di gruppo di Legambiente sotto alla targa ricordo in piazza De Maria a Grosseto
L egambiente vuole ricordare i 50 anni dall'alluvione
di Grosseto con una foto
di gruppo sotto alla targa ricordo in piazza De Maria, chiedendo alle istituzioni, oltre all'impegno per la messa in sicurezza
del fiume Ombrone, la valorizzazione da un punto di vista della memoria storica e didattico
dell'area di piazza De Maria dove sono le targhe ricordo.
Molti grossetani e soprattutto
le giovani generazioni non sanno neppure l'esistenza di quelle
targhe che ci ricordano invece le
alluvioni che si sono succedute.
Da oggi, a tal proposito, Legambiente comincerà una serie di laboratori, percorsi didattici ed
escursioni con le scuole che si
trovano lungo il corso del fiume,
come Grosseto, Paganico e Istia
d'Ombrone proprio per accen-
Alluvioni in Toscana
tuare l'importanza della memoria storica e del rapporto tra le
comunità e il fiume.
«La messa in sicurezza del fiume Ombrone - spiega Angelo
Gentili di Legambiente - è in assoluto una delle priorità per la
nostra città. Negli ultimi anni il
rischio di esondazione è stato altissimo e ha coinvolto, per colpa
di scelte urbanistiche sbagliate
passate, anche famiglie che risiedono in aree della città di
Grosseto ad alto rischio idraulico. Bisogna realizzare al più presto, oltre a una pianificazione
ben precisa per la manutenzione e la cura del fiume e di tutto il
suo bacino idrografico, un percorso chiaro e trasparente che
coinvolga la cittadinanza e il
mondo associativo tramite i
contratti di fiume: uno strumento importantissimo in forte ri tar-
do per il fiume Ombrone, per realizzare una gestione condivisa
e partecipata nel suo complesso, programmando azioni specifiche e condividendo percorsi e
scelte in modo esteso e inclusivo per prevenire il rischio idraulico. A livello didattico è importante che l'area di piazza De Maria, dove sono le targhe ricordo
delle alluvioni, sia valorizzata e
utilizzata come punto di partenza per percorsi sulla memoria
storica e didattici rivolti alle scolaresche e alla cittadinanza, aumentando le informazioni sul
passato e sull'importanza naturalistica del fiume. Oggi, invece,
le targhe sono nascoste dalle auto parcheggiate a ridosso delle
mura che non consentono la
giusta dignità al più importante
segno del rapporto tra le alluvioni e la città di Grosseto».
Pagina 288
di GABRIELE BALDANZI
e parole del presidente
del consorzio di bonifica
Fabio Bellacchi risuonano alte nella bomboniera degli
Industri, quasi come la sirena e
l'altoparlante di Omero Pucci,
quella mattina del 4 novembre
del 1966: «A distanza di mezzo
secolo non possiamo garantire
che ciò che accadde allora possa oggi o domani ripetersi».
Al teatro degli Industri si è
aperto ieri (oggi la conclusione
dei lavori) il convegno organizzato dalla Fondazione Rotariana di Grosseto Carlo Berliri Zoppi. Due giorni per parlare
dell'Ombrone, di alluvioni e bonifiche nella Toscana meridionale in occasione del 50esimo
anniversario del disastro del
'66. Breve spazio al cerimoniale
e alla commemorazione, ma soprattutto contributi tecnici di
alto profilo.
Ad aprire i lavori, con Rita
Martini nel ruolo di conduttrice e moderatrice, l'ingegner
Luigi Mansi, presidente del Rotary Club Grosseto e della Fondazione rotariana territoriale.
Mansi ha evidenziato i caratteri
salienti di questo ampio progetto di eventi commemorativi che non si ferma soltanto al fiume Ombrone, ma più in generale riguarda le acque della Maremma: acque superficiali, acque profonde, acque termali.
Soddisfatto il presidente Mansi
della partecipazione: «Un risultato che premia i nostri sforzi e
dimostra quanto sia importante un focus di questo tipo». Le
iniziative rotariane per i 50 anni
dell'alluvione sono frutto di
una stretta collaborazione tra il
Rotary, il Consorzio bonifica 6 e
Banca Cari ge, pubblico e privato che hanno sposato nei mesi
scorsi il progetto Ombrone
2016.
Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, ha
ricordato la figura di Renato
Pollini, primo cittadino nel
1966. Poi ha raccontato la propria esperienza di alluvionato,
nel 2012, nelle campagne di Albinia. «Mi trovai in poche ore a
dover mettere in salvo 1.200 pecore. L'azienda subì danni ingenti. So cosa significa e posso
immaginare quale sforzo, 50 anni fa, fecero i miei concittadini
per ripartire».
Alessandro Vignani , Gover-
natore del Distretto Rotary
2071, ha sottolineato invece "il
ruolo sociale " del Rotary «che
mai si tira indietro di fronte alle
emergenze, alle richieste di aiuto». A fare da spartiacque tra la
prima parte del convegno, celebrativa e discorsiva, e quella
più tecnica, Rita Martini ha introdotto la consegna del riconoscimento Paul Harris Fellow a
Felice Caldora, simbolo di tutti
coloro che all'epoca si impegnarono nei soccorsi e nei salvataggi. Caldora, oggi ottantenne, era motorista di bordo, un
membro dell'equipaggio dell'
elicottero dell'AeronauticaMilitare: «Partecipai ai soccorsi in
quello che probabilmente è stato il periodo più brutto di questa città, dove sono stato accolto 60 anni fa, dove sono nati e
,\o I ] SI p IÙ eFClllilele
cóesueeecla di no m
Alluvioni in Toscana
Pagina 289
vivono i miei figli e i miei nipoti». La consegna del premio è
stata accompagnata da un caloroso applauso di tutto il teatro.
Nella seconda parte del pomeriggio sul palcoscenico degli Industri sono saliti i tecnici. Il professor Franco Angotti dell'Università di Firenze ha parlato della collaborazione tra il Rotary e
le istituzioni che si occupano di
ambiente per l'attenuazione
del rischio idrogeologico gravante sulla Toscana. A seguire
l'ingegner Renzo Ricciardi, dirigente del Genio Civile (ha lavorato in passato per Consorzio di
bonifica e Provincia), ha tracciato un quadro della situazione in
cui versa oggi il fiume Ombrone, «molto più sicuro rispetto al
1966». Infine il professor Enio
Paris dell'Università di Firenze,
il presidente del Tribunale di
Grosseto Giulio De Simone
(che ha compiuto un'analisi critica dell'evoluzione normativa
concernente la difesa del suolo)
e uno sguardo alle bonifiche ai
tempi del Granduca e della dittatura fascista con la professoressa Anna Guarduc
il convegno promosso dal Rotary ieri al teatro degli industri (foto Bf)
Alluvioni in Toscana
Pagina 290
oggi gran finale
deiconvegno
con un concerto
Oggi si tiene l'appendice del
convegno.
Dalle 10, sempre al Teatro
degli industri, dopo una breve
introduzione del presidente
del Rotary Luigi Mansi sono
previstigli interventi di
Enrico Bonari della Scuola
superiore Sant'Anna di Pisa,
Giampiero Maracchi,
presidente dell'Accademia dei
Georgofili , esperto di
metereologia; Gabriella
Papponi Morelli, presidente
del Polo Unversitario
Grossetano.
A seguire la proiezione del
film "4 novembre 1966:
racconti dell'alluvione" del
regista Francesco Falaschi.
Verranno premiati anche i
vincitori del concorso per tesi
magistrali e di dottorato di
ricerca"Chiare fresche e dolci
acque" sui sistemi idrici.
Presenterà e coordinerà i
lavori , di nuovo, la giornalista
Rita Martini.
E come chiusura della
due-giorni -stasera alle 21,
nella Cattedrale di San
Lorenzo , a Grosseto - solenne
concerto, in memoria di
Guglielmo Francini (già
presidente della Fondazione
rotariana Carlo Berliri Zoppi).
Si esibiranno l'orchestra Città
di Grosseto, la società corale
Giacomo Puccini, il coro
polifonico San Nicola e il coro
dell'Università di Pisa. (g.b.)
Alluvioni in Toscana
Pagina 291
ento a Santí Quadaltí, la Curía concede l'arca
o spazio per ospitare la
scultura c'è. Procede per
il verso giusto l'iter per
creare a Braccagni di un monumento a Santi Quadalti,
unico morto nel disastro del 4
novembre del 1966. Buttero
della Fattoria degli Acquisti,
Quadalti quel giorno fu travolto dalla piena mentre cercava
di salvare i suoi animali.
Il comitato per il Monumento a Santi è stato ricevuto giovedì dal vicesindaco di Grosseto Luca Agresti, che nel corso
di un incontro avvenuto proprio a Braccagni la settimana
scorsa si era preso l'impegno
di interessarsi alla faccenda.
Agresti ha accompagnato in
Curia a Grosseto i membri del
comitato per trovare un accordo per la concessione del terreno dove il monumento sorgerà. «Le cose stanno marciando
bene: abbiamo riscontrato un
atteggiamento buono e collaborativo da parte di Curia e Comune», dice soddisfatto Roberto Tonini, presidente del
comitato (nonché dell'associazione culturale Braccagni.info) dopo l'incontro di giovedì.
La Curia si è detta disponibile
a concedere parte dell'area di
sua proprietà per ospitare il
monumento e ci sono buoni
margini perché la cosa vada in
porto presto, anche grazie
all'interessamento comunale.
Cautela è d'obbligo; il Comitato attende che la situazione si
definisca nei dettagli al più
presto, ma intanto un buon
punto d'arrivo si è raggiunto.
La scultura sarà realizzata a
spese del Comitato, che sta
cercando fondi e sponsorizzazioni per finanziare il lavoro.
Intanto c'è già un bozzetto;
l'opera sarà realizzata dall'apprezzato artista Alberto Inglesi, classe 1952, originario di
Braccagni e che lavora a Siena.
Era presente all'incontro in
Curia, oltre al vicesindaco
Agresti e a Tonini, anche Barbara
Bonari,
presidente
dell'Opificio delle Idee per
Grosseto.
(el.g.)
Santi Quadalti , vittïma dell'alluvione
Alluvioni in Toscana
Pagina 292
nche la Chiesa di Grosseto celebra l'anniversario tragico dei 50 anni dall'alluvione che il 4 novembre 1966 piegò Grosseto.
Lo ha fatto dedicando ampi
servizi, sugli ultimi due numeri del settimanale diocesano
"Rinnovamento", ai ricordi e
alle testimonianze su quei
giorni e allestendo una piccola
mostra sulla navata destra della Cattedrale. Vi vengono riproposti ritagli del settimanale diocesano dell'epoca, Vita
Nova, che per diversi mesi raccontò l'impegno della Diocesi
per far fronte agli innumerevoli bisogni delle persone. La piccola mostra è arricchita da alcune foto.
Domani alle 18 inoltre il vescovo Rodolfo presiederà la
messa in Cattedrale per pregare per chi oggi non c'è più, ma
che in quei difficili momenti
dette un contributo determinante per aiutare la gente a risollevarsi. «Quel 4 novembre
'66 - racconta don Franco Cencioni, all'epoca parroco della
Cattedrale - vedendo la furia
delle acque che avevano invaso piazza Dante, piazza Duomo e il centro, mi precipitai insieme all'amministratore apostolico, il vescovo Primo Gasb arri, e don
leto Pompili,
canonico del Duomo e responsabile dell'Opera diocesana assistenza, in Prefettura, da dove
il vescovo poté mettersi in contatto con la Santa Sede. Da lì
dettero disposizione a monsignor Gasbarri di impegnare subito 5 milioni di lire per far
fronte ai primi bisogni».
In Cattedrale fu allestito il
primo centro di assistenza, sotto la regia della presidente del
Cif provinciale Sofia Orlandini Ginolfi, mentre coi giovani
di Azione Cattolica e dellaFuci
furono organizzati i primi giri
su un anfibio dell'Esercito, nelle zone di via de' Barberi e delle strade tra Porta Vecchia e
Porta Corsica. «Portammo latte e cioccolato caldo - ricorda
don Franco - che furono preparati dall'albergo Duomo. E
in serata potemmo ritornare
Alluvioni in Toscana
che la Cattedrale
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Tante testimonianze per rievocare la gara di s li ri t
Domani messa dei vescovo in Duomo per chi non c' ® più
con provviste e aiuti di altro tipo». La Chiesa si fece presente
anche attraverso l'inviato del
Papa Paolo VI, monsignor Andrea Pangrazio , vescovo di
Gorizia e segretario della Cei.
Il presule venne in Maremma,
visitò tantissime famiglie, soprattutto nelle campagne e
nelle zone più disagiate. «Il Papa - continua monsignor Cencioni - dispose di donare 500
mila lire alle famiglie più danneggiate, mentre a tutte le famiglie di Principina Terra fu
donata una stufa».
Intanto dalle diocesi vicine
agli ordini religiosi o ai singoli
benefattori, non si contano gli
aiuti che tramite la Chiesa furono distribuiti. L'associazione cristiana artigiani italiani,
riunita d'urgenza, invitò i dirigenti e soci a contribuire alle
raccolte mentre l'onorevole Aldo Moro, in occasione della
sua visita a Grosseto, sottolineò il grande lavoro compiuto
dalla Chiesa. Il vescovo riportò
nella rivista diocesana la cifra
totale raggiunta grazie alla generosità di tanti: ben 109 milioni di lire, 48 dei quali del Papa.
Anche la Chiesa di Grosseto
subì danni significativi, al Seminario e alle parrocchie.
Don Piero Caretti, parroco della Cattedrale , e monsignor Cencioni
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Grossetani che accorsero per spalare il fango davanti al Duomo (archivio Bf)
Alluvioni in Toscana
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Memoria
disastro rischi idrogeologici
Nella sala consiliare incontro
Nell'anniversario dell'alluvione, la sala consiliare del Comune di
Grosseto ha ospitato giovedì pomeriggio i I convegno "Difesa del
Territorio in un ambiente delicato come quello della Maremma di
Grosseto". Sul tavolo i fenomeni climatici e la prevenzione del rischio
idrogeologico lungo il corso dell 'Ombrone e del reticolo idrico
grossetano, ma anche la richiesta di un monumento a Santi Quadalti.
L'evento è stato organizzato da opificio delle idee per Grosseto con il
patrocinio dell'assessorato alla cultura, alla presenza di molti addetti ai
lavori e di un pubblico attento e partecipe . Agresti ha ribaditola
necessitàdi non perdere la memoria degli eventi, soprattutto quelli
disastrosi che sono i più bisognosi di attenzione, e ha spiegato che l'esito
dell'incontro con la Curia vescovile avvenuto in mattinata (laCuria è
proprietaria del terreno dove sarà posizionato il Monumento a Quadalti)
è stato positivo (vedi articolo a fianco). L'area potrà così essere messa a
disposizione del Comitato promotore coordinato da Roberto Tonini di
Braccagni . info e promosso da opificio delle idee per Grosseto. A
conclusione il moderatore del convegno, Sergio Rubegni, ha ringraziato
relatori ed ospiti e ha annunciato che il percorso continuerà con
iniziative analoghe per tenere alta l'attenzione sul rischio idrogeologico.
Alluvioni in Toscana
Pagina 295
Inaugurata la mostra delle cìnquanta foto
Agenzìa f
Una piccola folla appassionata è stata presente alla mostra che Agenzia Bf ha inaugurato nei
locali delle Clarisse (rimarrà aperta fino al 4 dicembre) con oltre 50 immagini tra le più rappresentative di quei giorni del 1966. «Ringraziamo tutti i grossetani - tengono a dire Maurizio Mainetti e
Davide Ferrari - che con le loro testimonianze hanno dato voce alle fotografie di Mario e Antonio».
Alluvioni in Toscana
Pagina 296
di CLAUDIO BOTTI NELLI
utto potevo pensare, in
quei primi giorni del novembre del 1966, che cinquant'anni dopo sarei stato
l'unico giornalista ancora vivo
fra quelli grossetani che avevano vissuto e scritto in diretta
dell'alluvione a Grosseto.
All'epoca il numero uno si
chiamava Omero Marraccini,
capocronista de "Il Telegrafo",
che firmò il primo articolo "in diretta" apparso sui giornali la
mattina del 5 novembre, scritto
su una "Lettera 32" alla luce di
una candela piantata nel collo di
una bottiglia di cognac vuota e
trasmesso da Grosseto a Livorno
grazie ad un ponte telefonico organizzato dalla Finanza su richiesta del prefetto, Felice Marchioni.
Perché a Grosseto quel 4 novembre non c'erano né luce,
com'è ovvio, né telefono da poter usare. Poi c 'erano Caio Rosse, Vittorio Donatelli e Foffo Nerozzi de "La Nazione" che scalpitavano perché a Firenze le rotative erano andate sott'acqua di
un'altra alluvione, ben più
"sentita" in tutto il mondo, e
non poterono pubblicare i loro
articoli se non qualche giorno
dopo. E c'erano Isaia Vitali e
Beppe Bottai de "Il Telegrafo" e
Pilade Rotella che riuscì a pubblicare nel giro di poche settimane, un libro con le foto della
Agenzia Bf e una prefazione di
Luciano Bianciardi che l'alluvione non la vide ma la visse da
lontano, con il cuore in gola. Meno di tre mesi prima, d'estate,
Bianciardi aveva fatto notte fonda, a Grosseto, a camminare e a
parlare su e giù per Corso Carducci; c'erano Marraccini, Donatelli, Vitali, Rotella, c'erano se
non erro, Carlo Morì e Gianfranco Elia; e c'ero anch'io, giovane cronista alle prime armi
che ascoltavo e basta. Al
"Telegrafo", oltre a Marraccini e
Vitali c'eravamo io e Bottai, che
era un collaboratore: il vice, che
non era di Grosseto, aveva deciso che tutta quell'acqua non faceva per lui e se ne andò la sera
prima per tornare solo dopo
qualche settimana, quanto tutto
era finito. Assieme a loro la
"protagonista" numero uno, sul
fronte della stampa, di quei giorni terribili fu l'Agenzia fotografica Bf, furono Mario Bernieri e
Tonino Ferrari.
Alluvioni in Toscana
Tutto questo S l pceva evïtare?
Le polemiche sull'allarme non dato e l'altoparlante dell'auto di Pucci
Una domanda si ripeteva insistente più di ogni altra, in quei
giorni terribili: si poteva evitare
che l'Ombrone devastasse Grosseto? E ancora: perché non fu dato in tempo l'allarme alla popolazione che il fiume sorprese ancora a letto, visto che allora il 4
novembre era giorno di festa?
«Ancora oggi non riesco a capire
perché non venne dato l'allarme» confessò il sindaco del
1966, Renato Pollini in un articolo scritto per essere pubblicato
su "I giorni del fango", il libro
che scrissi io assieme a mio figlio
Giacomo, pubblicato trent'anni
dopo l'alluvione dalla Editrice
Caletra.
In effetti l'alluvione del 4 novembre aveva avvertito la città
già la sera prima, quando il Salica era uscito dall'alveo a Roselle
facendo crollare un edificio (erano le 23), e prima l'Ombrone
aveva riempito d'acqua la Fornace di San Martino, gonfiando le
golene e facendo pressione sugli
argini (erano le 24). E la gente
dormiva, mentre nessuna delle
autorità responsabili della città,
nonostante una riunione concitata in Prefettura a mezzanotte,
si volle prendere la responsabilità di avvertire la gente del pericolo. Chi percorse gli argini (e non
furono pochi) quella notte fu
preso dalla paura, ma nessuno
dette l'allarme, né si preoccupò
di far spostare in zone di possibile sicurezza i mezzi di Polizia,
Carabinieri e Vigili del fuoco che
quindi, molti, rimasero inutilizzabili. Le acque dell'Ombrone
continuavano a salire all'idrometro del Berrettino, e il sindaco Pollini (erano le 3 di notte) fece spostare i camion e le ruspe
del Comune nelle zone più elevate della città, salvandole. Ma
solo alle 6,50 vennero avvertite
del pericolo le famiglie che abitavano in via de' Barberi; e alle
7,30 fu Omero Pucci a percorre-
re con la sua auto la zona di via
Ugo Bassi (quella che sarebbe
stata la più colpita) urlando con
il suo altoparlante di salire ai piani più alti dei palazzi perché
c'era pericolo dell'alluvione.
Omero Pucci e due "gazzelle"
dei carabinieri. Ma fu un allarme arrivato in extremis e la gente ebbe appena il tempo di scendere dal letto, perché alle 7,55
l'Ombrone strappò gli argini in
quattro punti a ridosso della città e si avventò su Grosseto.
«A trent'anni di distanza scrisse ancora il sindaco Pollini non saprei dire se avevano ragione loro che non vollero dare l'allarme, oppure io che lo volevo
dare. Probabilmente dare l'allarme (...) avrebbe potuto creare
una situazione di caos (...) e for«
se sarebbe andata peggio di come è andata».
Nei giorni dell'alluvione di
una cosa i grossetani erano convinti: se fosse stato in città l'ingegnerBorriello, che erail capo del
Genio Civile ed era un grande
esperto di fiumi e di alluvioni,
forse sarebbe accaduto qualcosa di diverso, forse sarebbe stato
dato l'allarme, o forse sarebbe
stato deciso di far saltare gli argini a monte della città per far allagare le campagne salvando però
l'abitato, come fecero - pare - gli
americani nel 1944, quando
l'Ombrone era dato di fuori l'ultima volta prima del 1966. Ma
l'ingegner Borriello non era a
Grosseto: erano giorni di festa, e
lui aveva preso un breve periodo
di ferie.
lo , calciatore , non sapevo come rincasare»
C'era anche Sergio Dugaro, ex calciatore del Grosseto , all'epoca non
ancora ventenne , trai testimoni di quel 4 novembre 1966 : «Abitavo
in via Fossombroni 18 davanti al campo Amiata - ricorda Dugaro avevo 18 anni e quando vidi salire l 'acqua, incuriosito, scesi dal
secondo piano ove abitavo , lasciando i miei genitori in casa. Ma
dopo non potei più rientrare poiché l 'acqua saliva velocemente e
rimasi fuori , con grande preoccupazione per loro in quanto non
sapevano ove fossi...»
Momenti terribili, di angoscia per chi non sapeva come fare a
mettersi in comunicazione coni propri cari: «Saggiamente prosegue Dugaro - mi avviai verso l'alto ed andai sulle mura sopra il
campo Amiata ove dominavo tutta la scena che diventava sempre
più tragica: il luna park che era nel campo Amiata fu
completamente sommerso e distrutto,ma le persone furono
ospitate proprio al n°18 mentre l'acqua cominciava a trascinare
auto e mucche come fuscelli soprattutto all'altezza del
sottopassaggio che portava allo stadio, con correnti impetuose e
paurose. Fui ospitato a dormire a casa del maestro Bartalucci, il cui
figlio giocava a calcio con me. L'acqua cominciò poi a defluire e ad
abbassare il livello e potei riabbracciare i miei genitori e la grande
paura passò».
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IL RACCONTO
La mia odissea per rientrare a Castel del Piano
ra la sera del 3 novembre 1966, il tempo era particolar-
mente perturbato e cadeva
una fitta pioggia. Mi trovavo
nel mio ufficio all'Inail, presso
il quale lavoravo da 4 mesi».
Comincia così il racconto di
Giuseppino Terzuoli, da lui affidatoci per ricordare uno dei
tanti problemi in cui si dibattevano i maremmani in quei
giorni: come lasciare la città
per tornare dai propri cari.
«Stante le pessime condizioni
del tempo - prosegue Terzuoli
- il capo ufficio decise di far
uscire il personale prima del
normale orario di lavoro, per
evitare possibili danni alle per-
Alluvioni in Toscana
sone. Per motivi familiari,
avrei dovuto recarmi al mio
paese (Seggiano), per cui mi
misi subito in marcia con la
mia Bianchina 500, confidando nella mia giovane età. Giunto al centro di Roselle, mi resi
conto che non si poteva conti nuare a causa della sede stradale inondata. Cercai di tornare verso Grosseto, ma anche in
questo caso la cosa si dimostrò
particolarmente difficile. A
questo punto, decisi di conti nuare per Istia d'Ombrone. Mi
seguiva un signore di Chianciano, con la sua auto, che mi
pregò di fargli da guida non conoscendo il percorso per raggiungere l'Amiata».
Non era finita: «Prima di
Istia, un'improvvisa ondata di
piena trasportò un tronco di legno sotto la mia auto e, a stento, riuscii a togliere l'ingombro
e a ripartire. Quando traversammo il ponte di Isda, lo stesso sembrava scosso da un terremoto a causa della piena (infatti in seguito crollò). La salita
verso Cinigiano fu molto disagiata a causa di rami e sassi
che dovevano essere rimossi
per liberare la carreggiata. Il
mio compagno di viaggio, non
partecipava alle fatiche dicendomi: "Lei è giovane e, ormai è
bagnato, ed è inutile che mi
bagni anche io!" La visibilità
era pressochè nulla e si arida-
Pagina 299
«Avevo se i ann i,
torna i a casa
un 'ambulanza»
Nel 1966 Grosseto era un
paesone in pieno sviluppo, con
un grande aumento
demografico, al punto da
costringere le scuole ad
adottare i doppi turni.
«Ricordo che il giorno prima
della rovinosa alluvione racconta Maurizio, uno dei
remigini della maestra Anna
Ruozzo - andai nella scuola
elementare di via Mazzini alle
14 per uscire dopo le 18».
La situazione era già
drammatica: pioveva da giorni e
le previsioni non lasciavano
presagire nulla di buono.
«Un lieve miglioramento,
intorno all 'ora di pranzo prosegue - convinse i miei
genitori ad accompagnarmi a
seguire le lezioni. Ma il peggio
doveva venire».
Nel pomeriggio la pioggia
riprese a cadere copiosa,
isolando completamente la
zona intorno alla "Gino
Tombari", allagando il
sottopasso che collega a via
Manetti e rendendo difficile
anche il passaggio nelle altre
zone della città.
«Fortunatamente mio babbo
era un ex volontario della Croce
Rossa Italiana e approfittando
della cortesia di un amico mi
fece caricare sull'ambulanza,
che mi portò proprio davanti a
casa, facendomi tirare un
sospiro di sollievo , maasei anni
non mi rendevo assolutamente
conto che il peggio doveva
ancora arrivare».
Alluvioni in Toscana
Pagina 300
di GABRIELE BALDANZI
lcuni "gesti" di quelle
giornate (il 4, 5 e 6 novembre del 1966) sono rimasti impressi nella memoria collettiva. Tra questi i
tuffi che faceva dal terrazzo
di casa - in via Pietro Micca Dedo Sensini, allora poco
più che trentenne, corredato
di muta da sub, pinne e maschera.
Non erano per divertimento, anche se chi l'ha conosciuto scommette ancora oggi
che lui, pioniere della subacquea, provasse quasi piacere
nell'immergersi e sfidare i
gorghi di quelle acque marroni, per portare aiuto a un vicino o tirare fuori qualcosa da
un garage. «Nel'66 - racconta
Anna Corradini - abitavo
con i miei genitori in via Tazzoli, al primo ed ultimo piano
di una palazzina, fortunatamente l'acqua non arrivò fino al nostro appartamento,
anche se la paura fu tanta
perché non potevamo sapere
quanto la piena sarebbe salita. A distanza di tanti anni c'è
un episodio che mi colpì moltissimo e che ancora mi ricordo con emozione. Alcune finestre del nostro appartamento si affacciavano sul
giardino nel retro della casa,
da dove potevamo vedere via
Pietro Micca e il cortile con i
garage del palazzo vicino. Il
giorno 5 (o forse il 6), quando
l'acqua era ancora alta e con
una forte corrente, vedemmo un uomo in acqua con
una muta nera, che a nuoto
riuscì ad attraversare la strada, a raggiungere un garage,
a tirare fuori un gommone
per poi allontanarsi con lo
stesso. Dopo mia madre mi
disse che era Goffredo Sensini, che avendo tre bambine
molto piccole, doveva in tutti
i modi procurarsi il latte e il
cibo per la famiglia. Ancora
oggi mi chiedo come abbia
potuto vincere la forza
dell'acqua; a quel tempo mi
domandavo anche dove avesse trovato il coraggio di buttarsi in quei vortici, ma allora
non ero genitore...».
do, fcr:rïdablÎi quei tuffi
per procurarsi l atte c cibo
Sensini non aveva esitato a gettarsi e ad affrontare la piena: aveva tre figlie piccole
Irene, Eleonora e Paola: «Era coraggioso, non lo spaventavano due metri d'acqua»
Dedo è scomparso nel
2010 e le tre figlie di cui parla
la vicina di casa - Anna Corradini - sono le gemelle Irene
Sensini ed Eleonora Sensini
(che all'epoca avevano 4 anni) e la piccolissima Paola
Sensini
(classe
1965).
Quest'ultima,
ovviamente,
nulla ricorda di quei giorni,
mentre Irene ed Eleonora,
seppure bimbe, hanno diversi flash legati all'alluvione e a
babbo Dedo in muta.
«Ricordo bene che si tuffava da quella che era la nostra
camera - racconta Irene - e
che mamma (Maria Teresa
Rabagli - ndr) ogni volta
scuoteva la testa e provava a
dissuaderlo. Ma era così e anche lei si era abituata, nel
tempo, alle sue intemperanze. L'avventura, anche quella
estrema, lo attraeva. Non
c'era mare che potesse spa-
ventarlo, figuriamoci due metri d'acqua a Grosseto quando era giovane».
Eleonora ricorda che la muta da sub, la maschera e le
pinne rappresentavano quasi una seconda pelle per Dedo: «All'epoca, 50 anni fa, la
subacquea era una pratica
per pochi appassionati. Babbo ha sempre avuto questa
passione per il mare. Da giovane teneva una pilotina a
Bocca d'Ombrone, poi più
tardi la barca a Castiglione
per le uscite alle Formiche, a
Montecristo, alle Africhelle.
Usciva spesso con Nando
Franci, il corallaro. Io non mi
ricordo di averlo visto immergersi tra i flutti limacciosi che
scorrevano sotto la mia attuale casa, ma non dubito che
l'abbia fatto, anche perché diverse persone ce l'hanno raccontato: i tuffi dal terrazzo, il
canotto o il gommone con
cui andava a cercare provviste e perfino le medicine per
una ragazza che stava vicino
a noi e aveva la febbre alta».
Ma cosa faceva esattamente Goffredo Sensini una volta
tuffatosi e raggiunto il canotto? «Anni dopo - sono ancora
parole delle sorelle Sensini ci raccontò che portavano
provviste, generi di prima necessità a chi sventolava i fazzoletti dalle terrazze. E poi
immagino che portasse anche qualcosa a noi, che rimanemmo bloccate in via Pietro
Micca per giorni. Non si tenevano le scorte in casa nel 66.
Babbo era generoso e non dimostrava mai di avere paura.
Inoltre lo caratterizzava un
forte senso di appartenenza.
Era portavecchino e grossetano purosangue. Per coloro
che erano cresciuti nel quartiere era pronto a dare se stesso».
Da sinistra Irene, Paola ed Eleonora (foto Bf)
Alluvioni in Toscana
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Goffredo "Dedo" sensini durante un 'immersione
Alluvioni in Toscana
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oriand i n i, tre ragazz i merav i gl ios i
nc, v i(, 1
davant i
Ì
Anche loro spalavano, come i
soldati ritratti nella foto Bf qui
sopra. Sono tre ragazzi ritratti
davanti a un cancello in via
Ferrucci uno degli scatti simbolo
della grande piena
del 1966: una foto Bf - che i lettori
troveranno oggi con il nostro
giornale- pubblicata nbel libro di
Pilade Rotella e Luciano
Bianciardi nel libro "Grosseto:
un'alluvione perla povera gente".
Li abbiamo cercati e li abbiamo
trovati: sono i fratelli Orlandini: Goliardo e Fabrizio, oggi
sessantunenni, e Lucia, più giovane di quattro anni. Li abbiamo
riportati davanti a quel cancello e lì li abbiamo rifotografati, sempre
con Agenzia Bf. I lettori troveranno anche questa foto con il nostro
giornale. I fratelli Orlandini non abitano più in quell'abitazione dove
l'alluvione aveva depositato il carico di fango , non abitano più in
quell'abitazione dalla quale avevano assistito atterriti alla
devastazione causata dall 'acqua. Ma anche loro si erano rimboccati le
maniche. Anche la loro è una storia che merita di essere raccontata.
Alluvioni in Toscana
Pagina 303
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II sindaco Zubbani contestato dopo l'alluvione
D I ALESSANDRA VIVOLI
al 5 novembre di due anni fa, come
tanti carraresi, quando la pioggia
si fa più intensa nemmeno lui dorme più. Da quel giorno, ha capito che
qualcosa di molto importante si era rotto
fra lui, sindaco e Carrara, la sua città.
IN CRONACA
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Alluvioni in Toscana
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«Non sono stato lucido, ho sbagliato allora a parlare di non responsabilità
«Se tornassi indietro? Chiederei maggiori verifiche a Provincia e Regione »
di Alessandra vivoli
1 CARRARA
Dal 5 novembre di due anni fa,
come tanti carraresi, quando la
pioggia si fa più intensa nemmeno lui dorme più. E dal giorno dell'alluvione, due anni fa,
ha capito che qualcosa di molto importante si era rotto fra
lui, primo cittadino, e Carrara,
la sua città. «E venuto a mancare il rapporto di fiducia, perchè
quello che è successo è stato in
parte colpa del cielo, della pioggia, ma in buona parte di errori
umani. Un pezzo della nostra
credibilità è crollato, insieme ai
cento metri di argine del Carrione».
La nostra chiacchierata con
il sindaco Angelo Zubbani comincia dal principio.
Sindaco Zubbani dov'era al
momento dell'esondazione
del Carrione?
«Ero venuto in Comune prestissimo, alle S. La Protezione
civile aveva monitorato la situazione della pioggia, intensa,
per tutta la notte. Io ero nella
sala del centro operativo quando mi ha raggiunto la notizia
che il Carrione aveva rotto l'argine e che Marina stava andando sott'acqua».
Cosa ricorda di quei primi
momenti?
«Ricordo l'emergenza, che si
è aperta su diversi fronti. La cosa principale era coordinare i
soccorsi. Era una situazione
complicata: da una parte le ruspe, sul fiume, stavano tentando di tamponare quei cento
metri di argine crollato con
massi e terra. Dall'altra c'erano
le operazioni di soccorso: si erano alzati due elicotteri, c'erano
i gommoni. Si andava casa per
casa per recuperare la gente,
quella sui tetti, quella bloccata
ai primi piani. Si era diffusa la
notizia di un morto e un disperso, il mio primo pensiero, allora era quello di salvare le vite
umane. Il clima era di tensione
estrema: ricordo che a metà
mattina prendemmo la decisione di abbattere parte della re-
Alluvioni in Toscana
cinzione del porto per far defluire l'acqua dal centro di Marina. C'era poi da attrezzare CararraFiere, con posti letto e pasti caldi per gli sfollati. Si lavorava in emergenza, senza sosta,
insieme ai volontari e alla Protezione civile: solo nel tardo pomeriggio l'argine è stato tamponato».
Sindaco lei quando è andato per la prima volta nelle zone alluvionate?
«Sono andato nella zona rossa, nel cuore di Marina la mattina presto, il 6 novembre. Ho visto il disastro. Ho visto la gente
china, a spalare il fango, ho visto montagne di cose care che
erano diventate rifiuti. Ma, soprattutto, mi ha colpito la disperazione che ho visto negli
occhi della gente, era la stessa
che avevo toccato con mano
due anni prima, nella precedente alluvione. Vedere reiterata la stessa situazione, la stessa
disperazione mi ha colpito profondamente».
Qual è stato l'impatto con la
"sua" gente?
«In via Argine Destro mi ha
colpito la dignità, la forza con
cui le persone mni chiedevano
aiuto: c'era bisogno di tutto e
come prima cosa di liberare le
case dal fango e dall'acqua. In
altre strade alluvionate ho sentito la rabbia, il risentimento.
In quel momento ho capito che
il rapporto con la città si era rotto».
responsabilità è stata del cielo,
ed in parte è stata responsabilità dell'uomo. Si è perso un bel
pezzo di credibilità, tutti quanti, tutte le istituzioni. Quello
che mi rimprovero è di aver
perso la lucidità: non sono stato in grado di spiegarmi bene
cari la mia città».
Si riferisce alla frase "non
siamo responsabili " pronunciata il giorno della manifestazione in piazza Due Giugno?
«Certo. Non era mia intenzione far passare il messaggio che
come amministrazione ci sentivamo immuni, non era questo
il senso. Avevo visto sventolare
il cappio, c'erano fumogeni e
gente che mi prendeva le gambe, da sotto le scale del Comune: ho perso la lucidità, ma era
un momento davvero difficile.
Con questo non cerco scuse:
un pezzo di credibilità è crollato, proprio come quei cento
metri di muro durante l'alluvione. Adesso si sta cercando di recuperare il rapporto fiduciario
con tutte le istituzioni, non solo
con il Comune».
C'è una cosa, in positivo che
l'ha colpita in quei giorni così
difficili?
«La cosa bella è stata la forza
di Carrara. Anche in quei momenti difficile la città ha dimostrato tutta la sua storia, e il suo
grande carattere. Il nostro popolo è abituato a lottare, ce l'ha
nel Dna. I carraresi hanno gli
anticorpi per reagire anche nelle situazioni più critiche».
Sindaco cosa non rifarebbe
se potesse tornare indietro a
prima del 5 novembre di due
anni fa?
«Tornassi indietro avrei senza dubbio un rapporto meno fiduciario con gli enti competenti (Regione e Provincia), per legge, ai progetti e alla manutenzione sul Carrione. Avrei chiesto di essere tenuto aggiornato
dei progetti, delle opere, e avrei
convocato il tavolo tecnico e
istituzionale per fare le verifiche».
Perché?
«L'alluvione ha segnato il
punto di massima criticità. Credo che la gente abbia capito subito che in quell'evento, in
quella esondazione in parte la
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ovü i'%/m
La contestazione in piazza Due Giugno
C'è una cosa bella
che ricordo
di quei momenti terribili:
la forza di Carrara.
La cosa píù brutta?
Quando ho visto
sventolare il cappio
sotto il Comune
II sindaco Zubbani invia Argine Destro subito dopo l'alluvione
Alluvioni in Toscana
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Alluvìone, ferìta ancora aperta
Un viaggio nelle strade e nelle case colpite dall'esondazione ® il "mostro " non e il Carrione
OCCHI A C LO, l-' A PUCTNO
QUFHA FERITA NON SI C HIUDE
di ALESSANDRA VIVOLI
li occhi rivolti al cielo.
Le mani strette a pugno. Forte. Se si potes-
se descrivere , utilizzando solo
un paio di immagini, lo stato
d'animo della gente di Marina
di Carrara, due anni dopo l'alluvione che ha portato via molto, a qualcuno tutto, i gesti da
fermare in uno scatto sarebbero proprio questi. Gli occhi al
cielo, perché quando si parla
di alluvione, nella pancia della
vecchia Marina, istintivaTnente lo sguardo va alle nuvole. Si
scruta il cielo . E chi vive a un tiro di schioppo dal Carrione
oramai lo fa d'abitudine, appe-
na l'umidità si fa più pesante.
Le mani invece si stringono,
per frenare la rabbia. Non contro il fiume, stavolta no. Il Carrione non è il mostro. La rabbia però è ancora la stessa.
Contro chi ha costruito
quell' argine, franato come fosse fatto d' argilla sotto Fonda di
piena che all'alba del 5 novembre di due anni fa ha mandato
sott'acqua interi quartieri.
Il sindaco Angelo Zubbani
ha detto una cosa forte: «Subito dopo l'alluvione ho sentito
che il rapporto di fiducia fra la
città, il Comune e le istituzioni
era venuto meno. Era crollato
insieme all' argine del fiume».
A due anni dall'alluvione la
sensazione è proprio questa.
Anzi, sembra che quel rapporto di fiducia si sia interrotto in
maniera definitiva e che la ferita di una comunità colpita
nell'intimo , nelle proprie case
e nei propri ricordi ridotti a
poltiglia, non sia stata ancora
ricucita. Vagando fra le strade
di Marina, in quella che per
giorni, settimane e mesi, è statala "zonarossa", a dispetto di
un passato che l'aveva eletta
come la zona residenziale per
eccellenza, chi ha vissuto l'alluvione sulla propria pelle alza
gli occhi al cielo. E stringe le
mania pugno.
Le storie sono tante. I punti
in comune troppi. «Ho perso
tutto, mi hanno dato cinquemila euro, solo per rifar partire
la macchinane ho spesi il doppio», racconta Sabrina Bertoloni, da via Del Medico. «Abbiamo dovuto rifare la casa da
principio, non c'era più nulla
da salvare», le fa eco Evo Bertuccelli, daviaMenotti.
Spese da affrontare ingenti,
e, ad oggi, pochi contributi.
«Vogliono le fatture, è tutta
una roba complicata - si sfoga
Milva Del Padrone - non ci
pensano che a 74 anni ho dovuto comprare di nuovo perfino i fazzoletti e la biancheria
per il letto, come una sposa».
C'è la rabbia per una ricostruzione lenta, per una burocrazia che rende tutto più difficile e per un senso di abbandono che, nel cuore di Marina, in
molti sentono ancora. A questo sentimento si aggiunge la
paura, quella che non fa dormire quando il cielo è più nero. Ma anche quella che si addensa attorno al nuovo argine,
quello che si sta ricostruendo
proprio là dove era crollato.
«Ma sarà sicuro ? E noi saremo al sicuro?» È la domanda
più frequente in via Menotti,
invia Firenze, in via Argine Destro. La fanno soprattutto gli
anziani quando si parla dei lavori sul fiume. Sono quelli che
non ci possono nemmeno
pensare a rivivere quel 5 novembre e che, forse, oggi non
avrebbero più le energie per
mettersi a combattere con il
fango.
E così si ritorna al punto di
partenza. Agli occhi al cielo, alle mani strette a pugno. A una
Marina ancora ferita, a una ricostruzione faticosa e a un rapporto con le istituzioni che
sembra minato dalle fondamenta. Eppure adesso i lavori,
il masterplan - per dirla in termini tecnici - degli interventi
per la messa in sicurezza del
territorio proprio ieri mattina
è stato presentato a palazzo.
Un monitoraggio completo
sul Carrione, dalla foce ai monti. La ricostruzione del muro
crollato, in via Argine Destro,
invece è sotto gli occhi di tutti
come quelle pesanti palancole
destinate a ancorare l'argine e
tenere lontana la paura.
Ma qualcosa da quel 5 novembre di due anni fa è cambiato. Qualcosa si è rotto, di
ancora più profondo del muro. Ma ricostruire è un dovere.
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Nella "zut iuss, prevale
la rabbia per una
ricostruzione lenta:
qualcosa si è rotto
Alluvioni in Toscana
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LE INIZIATIVE 1 OGGI
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il*
una mostra munnuediale
e dibattiti per ricordare
CARRARA
Assemblea Permantente, Movimento 5 Stelle e Consiglio dei
Cittadini di Marina di Carrara ricordano l'alluvione 2014 con
una serie di iniziative. E i titoli
scelti la dicono lunga sul tenore,
per lo più critico, degli eventi.
Assemblea Permanente ha scelto di ispirarsi alle parole pronunciate dal sindaco di Carrara Angelo Zubbani davanti alle migliaia di cittadini scesi in piazza per
protestare nei giorni immediatamente successivi all'alluvione:
alle 12 di oggi si aprirà "Il Carrione non si sente responsabile".
Alluvioni in Toscana
L'appuntamento è in Sala di
Rappresentanza dove è stata allestita una mostra fotografica con proiezione - dedicata alle
immagini di quei drammatici
giorni. Poi, nel pomeriggio, alle
14 in Piazza 2 giugno si terrà il
gioco di società collettivo "Marmopoly-Edizione
aggiornata
2016"; dalle ore 15 spazio al dibattito sullo stato dei lavori di
"Non messa in sicurezza" con
Dariella Piolanti (Ass. Amare
Marina), Riccardo Caniparoli
(Italia Nostra), Giuseppe Sansoni (Legambiente), Egidio Pedrini (Sindaco di Zeri), Maurizio Pascucci (Fond. A. Caponnetto).
Marina allagata per l'alluvione
E anche il Movimento 5 Stelle
dedicherà l'intera giornata al torrente Carrione. L'appuntamento, intitolato "Il Carrione... ieri,
oggi e domani" si aprirà alle 10
nei locali della PortAuthority in
viale Colombo 6 a Marina dove
per tutta la giornata sarà possibile visitare una mostra multime-
daale. Dalle 14 visita guidata lungo il bacino di Tarano del Carrione con partenza alle ore 13.45 da
Viale Potrignano 13 di fronte alle
scuole elementari. Dalle 17 si
torna all'Autorità Portuale per il
dibattito, "Il Carrione due anni
dopo: rischi e soluzioni" con Michele Santini (ingegnere idraulico), Alberto Grossi (ambientalista dell'anno 2015), Marcello Palagi (giornalista), Giorgio Pizziolo (professore universitario), PaolaAntonioli (Legambiente Carrara), Laura Bottici (senatrice
M5s) e Giacomo Giannarelli
(consigliere regionale M5s).
Anche il consiglio dei cittadini
di Marina di Carrara ricorda il
biennale dell'alluvione e lo fa
con una seduta "straordinaria"
dedicata agli aggiornamenti sullo stato dei lavori nel tratto marinello del torrente. L'appuntamento è alle 11 nella sede della
ex circoscrizione a Marina.
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L'elenco ( i tempi) di tutti gli interventi in programma dai monti al mare
alla
manutenzione
dell'inter
distretto idraulico
da Avenza
a Colon nata
di Cinzia Chiappini
1 CARRARA
Alla vigilia del secondo anniversario dal crollo dell'argine
del Carrione, il sindaco Angelo
Zubbani ha fatto il punto sullo
stato di avanzamento degli interventi di mitigazione del rischio idraulico previsti dal Masterplan approvato dalla giunta regionale lo scorso agosto.
«,Azzerare il rischio è impossibile, abbatterlo si può e qualcosa
abbiamo iniziato a fare» ha dichiarato il primo cittadino
elencando opera per opera, finanziamento per finanziamento, il crono-programma dei lavori. «A chi mi chiede cosa sia
cambiato in questi due anni rispondo che oggi, dopo una
lunga serie di studi e indagini
sul territorio abbiamo un'idea
chiara di quello dobbiamo fare».
il programma di interventi. Il
sindaco Zubbani "celebra" il
secondo anniversario del crollo della sponda di via Argine
Destro, nel tratto avenzino del
Carrione, con una disarnina
puntuale delle opere avviate e
da avviare sul torrente secondo quanto indicato nel Masterplan approvato ad agosto dalla
giunta del presidente Enrico
Rossi. Un programma di intervento a lungo termine, ha spiegato il primo cittadino, con
una tempistica dettata dalle
priorità indicate da tecnici ed
esperti, sulla base delle criticità rilevate sul campo. Non è un
Alluvioni in Toscana
caso dunque che il primo intervento a partire, lo scorso luglio,
sia stato quello per la ricostruzione dell'argine crollato: il
cantiere da 3,9 milioni di giuro
è attualmente in stand by causa spostamento sottoservizi
ma riaprirà a metà novembre
e, secondo quanto ha lasciato
intendere il titolare della ditta
appaltatrice in occasione del
sopralluogo a settembre del
presidente Rossi, sarà consegnato prima dei termini indicati in sede di gara.
i lavori sull'Aurelia e a Marina.
Le ruspe sono in arrivo anche
più a monte: a gennaio partiranno il lavori del lotto VIII, ovvero il tratto del Carrione tra
l'Aurelia e il ponte Rfi: qui sono
previsti interventi su argini e alveo per 3,4 milioni di euro, già
stanziati. Subito dopo si proseguirà a valle, tra il ponte ferroviario e quello di via Giovan
Piero con l'adeguamento delle
campate dell'attraversamento
di Rfi, uno
dei tanti
"tormentosi" dei residenti che
ormai da due anni ne segnalano regolarmente l'occlusione.
Ancora in fase di progettazione, ma l'iter è agli sgoccioli, la
"canaletta di magra" per il tratto vallivo del torrente, che dovrebbe ridurre l'accumulo dei
sedimenti da Avenza alla foce,
con un intervento da 2,1 milioni di euro.
Fin qui le opere nella fase
più avanzata, già state avviate
o in avvio nel 2017, a cui si aggiungerà l'intervento di rinforzo degli argini nella zona di
Marina - in progettazione ma
non ancora finanziato: la Regione Toscana ha già chiesto al
governo 5,5 milioni di euro
dando la disponibilità a finanziare lei l'opera in caso di risposte negative (o eccessivamente
lunghe) da Roma.
La progettazione. Per quanto ri guarda il capitolo delle cose
"ancora da fare", Masterplan
alla mano, Zubbani ha annunciato che il 2017 sarà l'anno
della progettazione di quelle
che sono già state ribattezzate
le "grandi opere" previste dal
professor Giovanni Seminara,
a cui la Regione ha "affidato" il
paziente Carrione: si tratta del
bypass tra il ramo di Torano e il
torrente Gragnana e di tre invasi nei bacini marmiferi che, dicono i bene informati, potrebbero costare «qualche decina
di milioni di euro». Il primo intervento prevede la creazione
di un canale sotterraneo che
convogli le acque che scendono da Torano sotto il monte
d'Arma, alleggerendo la portata del Carrione nel centro storico e scaricando il surplus nel
Gragnana che lo riverserebbe
sì nel torrente cittadino ma a
valle del tratto più critico.
Le mini dighe al monte. Il secondo intervento è quello delle
"mini dighe" da costruire nei
bacini marmiferi per trattenere l'acqua nella fase più acuta
delle piogge, per poi rilasciarla
gradualmente dopo l'evento.
Messe in atto le "grandi opere", si procederà a valutare la
situazione dei ponti storici:
«Sulle passerelle private non ci
sono dubbi, saranno rimosse
nel corso del prossimo anno.
Proprio in occasione dell'aggiornamento sul Masterplan
del Carrione, il Consorzio di
Bonifica Toscana Nord ha risposto al sollecito dell'amministrazione carrarese sulla manutenzione del torrente: conclusi
i lavori sul centro di Carrara, a
breve verrà completata anche
la zona di Avenza per poi partire entro metà di novembre alle
Canalie e a Colonnata. «Il Consorzio completerà la manutenzione dell'intero distretto
idraulico del Carrione per un
investimento da oltre 270 mila
curo». Nelle prossime settimane sarà avviata la rimozione
della barra di foce grazie a un
co-finanziamento da 40 mila
curo dalla Regione Toscana.
I ponti storici . «Per i ponti storici c'è ancora tempo per riflettere» ha spiegato Zubbani lasciando intendere che una volta "soppesata" l'efficacia di
bypass e invasi a monte, dati
sulle portate alla mano, tecnici
e politica decideranno cosa fare del Ponte della Bugia e del
Mulino Forti.
Manutenzione da 27Omila euro.
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La piena dei Carrione il 5 novembre di due anni fa
I lavori in corsa in-A, 5i ne nastro e le pala.-. áel muro in ricost.
Alluvioni in Toscana
Pagina 310
G IANNARE-ELLI (MOVI MENTO CI NQUE STE LLE)
«jua 1
one manca dì coraggio»
il consigliere grillino: servono chiarimenti sulla messa in sicurezza
1 CARRARA
Chiarimenti sulla messa in sicurezza del torrente Carrione
a due anni dall'alluvione che
ha colpito Marina di Carrara. E
quanto ha chiesto ieri il consigliere regionale M5S Giacomo
Giannarelli, annunciando un'
interrogazione in merito.
«Un filo conduttore lega il 4
e 5 novembre: ricordiamo la
tragica alluvione di Firenze
che costò la vita a 35 cittadini e
oggi ricorderemo i 450 carraresi sfollati nel 2014 per la rottura degli argini del Carrione. In
entrambi i casi se si fosse inve-
Alluvioni in Toscana
stito nella cura dei corsi d'acqua avremmo evitato disastri
e risparmiato molto denaro
pubblico - ha sottolineato
Giannarelli -. Purtroppo l'esperienza ha insegnato poco, perch i partiti di maggioranza, Pd
in testa, continuano a spendere 25 volte meno del necessario in interventi di prevenzione del rischio, continuando a
disperderli in grandi opere
inutili e spesso incompiute».
Secondo l'esponente del Movimento Cinque Stelle «spiace rilevare che la Regione manchi
di coraggio: prima coni missiona uno studio apposito, lo Stu-
dio Seminara, poi omette gli
interventi indicati da questo,
nel progetto esecutivo degli interventi nel quale mancano
tutte le opere a monte».
Giannarelli ha chiesto quindi al governatore Rossi «se, almeno nelle pause tra presentazioni del suo libro e comparsate tv nazionali, può spiegarci
come mai la Giunta indichi coperture perla messa in sicurezza solo per quest'anno, 3,9 milioni, non dando garanzie su
quelli a venire per i quali serviranno, dicono, ulteriori approfondimenti tecnici».
01 RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 311
Firenze, il ritorno degli angeli
«Ridateci l'energia del 1966»
Alluvione: Mattarella e Renzi in città coi volontari
ANDREA FAGIOLI
FIRENZE
ultima cena è tornata in Santa
Croce, a cinquant ' anni dall'alluvione. Vasari si è riavvicinato a Cimabue , ma non più di tanto . Il preziosissimo "Crocifisso" è in alto, al sicuro, nell'antica sacrestia della basilica francescana. Non è più nel Cenacolo dove l'acqua
melmosa lo sommerse il 4 novembre 1966.
Sembrava perduto per sempre , ma è stato recuperato ed è stato spostato tre anni
fa. Un sistema di contrappesi, realizzato
appositamente , consentirà di metterlo in
salvo in circa due minuti. Nel refettorio
trecentesco trova invece nuova collocazione il monumentale dipinto vasariano
dopo il restauro voluto con forza dall'Opera di Santa Croce ed eseguito, grazie anche ad alcuni sponsor, dall'Opificio delle
pietre dure. All'inaugurazione è intervenuto ieri il presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella. Primo appuntamento
di un pomeriggio fiorentino che lo ha visto attraversare , accompagnato dal sindaco Dario Nardella, anche il ripristinato
(a tempo di record) Lungarno Torrigiani
dopo la voragine di cinque mesi fa, prima
di recarsi in Palazzo Vecchio per la cerimonia ufficiale per il cinquantesimo dell'alluvione.
Nella sua città , ieri, a sorpresa per
quanto riguarda l'anniversario, anche
il premier Matteo Renzi . La sua presenza non era prevista dal programma
(anche se si sapeva del suo impegno
serale alla Leopolda).
«Non potevo mancare», ha precisato il presidente del Consiglio. Mentre agli "angeli del fango " tornati a Firenze per l'anniversario ha chiesto di trasmettere «ottimismo ed energia per guardare al futuro
con entusiasma ». All'Italia, infatti, secondo Renzi, anche a proposito del recente
terremoto, non mancherebbero i soldi per
ricostruire bensì « l'entusiasmo e l'energia che caratterizzarono quel 1966».
Mattarella, intervenendo nel Salone dei
Cinquecento, ha fatto anche lui un parallelo tra l ' alluvione e il terremoto : «Ci sono persone che, oggi come cinquant'anni fa, hanno perso tutto: affetti, casa, lavoro, ricordi. Dobbiamo preservare la loro speranza ». Altri " angeli" come quelli
Alluvioni in Toscana
del fango sono oggi impegnati in altre parti d'Italia, nelle Marche, nell'Umbria, nel
Lazio colpite dal terremoto ; nelle aree di
guerra e di carestia ; ovunque ci siano uomini, donne e bambini in pericolo, scavano tra le macerie, curano malati e feriti, assistono profughi e indigenti «Firenze,
allora, ha dimostrato che rinascere è possibile. I giovani accorsero per liberarla dal
fango ma , in fondo, anche per liberare se
stessi, per sentirsi partecipi di un mondo
che desideravano migliore. Ricostruire è
un dovere, con l'aiuto dello Stato e con la
solidarietà di tanti ». Ai terremotati il Capo dello Stato ha detto : «Non siete soli. Insieme ce la faremo : la solidarietà del nostro Paese, delle persone comuni, dei
gruppi organizzati , delle istituzioni, nei
momenti di difficoltà , rappresenta una
straordinaria energia ricostruttiva».
Ma l'altra notizia di ieri è che Firenze rischia ancora. La tragedia dell'alluvione
non ha insegnato molto se ancora oggi, a
cinquant'anni di distanza , con la stessa
situazione climatica , l'Arno andrebbe
nuovamente di fuori. Per decenni si è fatto ben poco . Solo negli ultimi anni c'è stata una accelerazione . Anche a questo proposito Renzi ha detto che i soldi ci sono,
che occorre «investire tutto quello che serve per riportare l'Arno a essere l'anima
della città». E proprio stamani sarà firmato il Patto per Firenze tra governo e amministrazione comunale per la realizzazione di interventi infrastrutturali e non in
favore del capoluogo toscano.
Capo dello Stato e premier
tracciano un parallelo con
terremoto: « Qui abbiamo visto
che rinascere è possibile»
Pagina 312
La mappa dell'alluvione
Come le acque dell'Arno hanno invaso il centro storico di Firenze cinquant'anni fa
ore 3 Piazza
/'ore 4 S.to Spirito , San Frediano
IVlentana
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LIVELLO MASSIMO
PIAZZA SANTA CROCE
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Alluvioni in Toscana
ore Dopo aver toccato i 6 metri
18 di altezza l'Arno comincia
a rientrare
Pagina 313
C:
Beton
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fierezza e d gn t de fiorent n
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Nella chiesa di Santa Croce (luogo
simbolo dell'alluvione, che la sommerse con cinque metri d'acqua) ani fronte alla fragilità della nache molti vescovi toscani e igonfalotura «non c'è spazio per il fani di numerosi comuni: a testimoniare che quel tragico evento non
talismo; c'è un invito a fare
colpì solo il capoluogo, ma gran partutto ciò che si deve, senza ulteriori
te del territorio toscano. Così come
rinvii, per mettere in opera quanto
non solo fiorentine furono le vittime
può proteggere il nostro territorio. E
di quel 4 novembre: un elenco di 35
un dovere per chi regge le sorti della
nomi letto prima della Messa dal preconvivenza civile». È il richiamo del
sidente dell'associazione Firenze
cardinale Giuseppe Betori, citando le
Promuove Franco Mariani.
parole di Papa Francesco nella Lau- II cardinale Betori
Proprio dal ricordo delle vittime è
dato si', nel cinquantesimo anniversano dell'alluvione di Firenze. Alla cepartita la riflessione del cardinale. Al
lebrazione, nella basilica di Santa Crobuio di quei giorni seguirono, però,
ce, erano presenti anche alcuni presuli
anche molte luci: «la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di
che nel 1966, da seminaristi, erano venuti a ripulire la città, in mezzo agli alnon darla vinta all e acque limacciotri "angeli del fango": come il vescovo
se. Poi l'accorrere di tanti uomini e
donne in nostro aiuto, soprattutto di
di Brescia Luciano Monari, il vescovo
giovani che mostrarono una generoemerito di Como Diego Coletti, l'arcisità commovente, ma anche la convescovo di Lucca Italo Castellani. O
sapevolezza che perdere Firenze e i
come il cardinale Gualtiero Bassetti,
suoi tesori di umanità e arte sarebbe
arcivescovo di Perugia -Città dellaPieve, che mezzo secolo fa era un giovastata una rovina irreparabile per l'une prete fiorentino e dette un contributo importanmanità». In quei giorni si manifestò per laprimavolte per aiutare i suoi parrocchiani. Da seminarista
ta in Italia, ha affermato Betori, una solidarietà poi
giunse aFirenze anche lo stesso Betori: «Sapete quanriapparsa «in forme sempre più organizzate nelle alto sia fiero - ha raccontato nell'omelia - di essere otre catastrofi naturali in questi anni, anche in questi
ra pastore di una città dove la prima volta che vi engiorni nel funesto sisma dell'Appennino centrale».
trai non lo feci stringendo un pastorale con cui seL'arcivescovo di Firenze ha ricordato anche la visita
gnare un cammino di fede, ma impugnando un bache il Beato Paolo VI fece a Firenze, la notte di Natadile con cui liberare dal fango le case della gente. Sole del '66, e le parole che il poeta Mario Luzi rivolse
no felice che le mie mani, che ungono con il Crisma
a un altro papa, San Giovanni Paolo II per ricordare
la fronte dei nostri ragazzi e il palmo dei nostri precome l'umanesimo fiorentino dette vita a «slanci di
ti, siano state impregnate in quei gionù della terra e
santità e carità»
dell'acqua raccolte dalle case del nostro popolo».
RICCARDO BIGI
FIRENZE
In Santa Croce
il toccante ricordo
del Cardinale con
altri presuli che
vennero per aiutare
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alluvioni in Toscana
Pagina 314
...................................
FIRENZE
IL RICORDO. Il 4 novembre 1966 l`Arno in poche ore invase la città
Tanti italiani, ma anche inglesi, olandesi, americani, australiani: quegli «angeli del
fango», allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento in Palazzo Vecchio a
Firenze per ricordare i giorni
del disastro quando 50 anni
fa la furia delle acque travolse la città, in quel terribile 4
novembre del 1966.
La voce non sempre è ferma, i capelli si sono imbiancati, ma l'emozione e l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento dove si sono dati appuntamento, e dove li hanno
raggiunti anche il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo
Renzi, non sembrano diminuiti.
«Portateci col vostro ottimisino e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo», ha detto loro in mattinata il premier che, a sorpresa (la sua presenza non era
nel programma), è arrivato
alla cerimonia, per un breve
intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha
parlato Mattarella.
Il presidente della Repubblica ha scandito: «È merito anche vostro se Firenze, da città
dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e
nel mondo, grande capitale
culturale. Avete dimostrato
che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di
ideologia, di religione».
Mattarella li ha paragonati
agli attuali angeli, quelli che
sono impegnati nelle zone
del terremoto, ma anche nelle aree di guerra e di carestia
dove c'è chi soffre.
Molte le testimonianze che
si sono alternate per tutta la
giornata sul palco.
«Cinquant'anni fa, sono stato qui a Firenze con 140 dei
miei uomini: abbiamo purificato e reso potabili novemila
metri cubi d'acqua, uno spazio grande come un canapo
Alluvioni in Toscana
Gli «angeli del fango»
tornano a Firenze
In mille da tutto ïl mondo 50 anni dopo l'alluvione
Mattarella: «La solidarietà non conosce co
'»
Portateci
con il vostro
ottimismo a
guardare al futuro
con entusiasmo
MATTEO RENZI
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
da calcio. A Firenze mancava
tutto, anche l'acqua da bere:
facemmo un grande lavoro, e
i fiorentini erano mollo grati.
Come sono grato io oggi di essere qui», ha detto il colonnello olandese France Sedee, allora inviato nel capoluogo toscano con un contingente.
Dall'Olanda è arrivata anche Renny van Heuven,
all'epoca giovane storica
dell'arte: «La situazione era
terribile, i danni incalcolabili: io e altre cinque colleghe
abbiamo aiutato come potevamo a portare avanti alcuni
restauri all'Opera del Duomo, in palazzo Serristori,
all'ospedale degli Innocenti e
in altri palazzi storici. Lavoravamo tutto il giorno senza sosta, e tutte le sere c'era un parroco che veniva a regalarci
un Bacio Perugina. Abbiamo
fatto di tutto: anche asciugare libri fradici con fogli assorbenti, per settimane. Nella
basilica di Santa Croce ho pulito pure una statua di Baccio
Bandinelli».
L'inglese Susan Glasspool
era invece solo una studentessa che si trovava a Firenze
quando l'Arno mangiò la città: «Ho visto vie, case, negozi, bellissimi con le loro vetrine, i loro arredi, scomparire.
Inghiottiti dal fango. Non ebbi nemmeno la forza di scattare delle foto, c'erano opere
d'arte, sculture strappate ai
loro piedistalli dalla furia
dell'acqua. Eravamo tutti
sconcertati. Ma persino in
quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto
fare qualcosa. E lo abbiamo
fatto».
Fuori, ben visibile a chi passava in piazza della Signoria,
su Palazzo Vecchio sventolava un grande tricolore; lo
hanno messo i Vigili del fuoco, anche loro furono angeli
indispensabili per una città
in ginocchio. •
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Firenze sommersa da acqua e fango per l'alluvione dell 'Arno: 1966
Alluvioni in Toscana
Pagina 316
«impegno
costante»
«La Regione è in primafila per
are che eventi. delgencre
osseno ri petersi da noi»
« P rima
la difesa»
,
7VIANA BECCALOSSI
SSESSORETERRITORIO
Accademici a confronto per la tutela del suolo
«Occorre dedicare personale
auna omogenea pa tica di
difesa del suolo sutterritorirn>
MAURIZIO11RA
- RETTORE UNIVERSITÀ
L1NCONTRO. La piena che 5U anni fa colpi Firenze, la Toscana e grande parte deltltaiia centrale è stata ricordata dati intera comunità scientifica bresciana
Breseï.U * '
la grande ""
*
e dell'
I professori di UniBs Baldassarre Bacchi e Roberto Ranzi hanno curato l'organizzazione di un «seminario diffuso»
Mauro Zappa
..............................................................................
L'alluvione che 50 anni fa colpì Firenze, la Toscana e grande parte dell'Italia centrale è
s tata ricordata dall'intera comunità scientifica nazionale.
Anche a Brescia i drammatici fatti del 1966 sono stati
l'occasione per una loro rivisitazione alla luce delle conoscenze nel frattempo acquisite in ambito idrologico-idraulico.
Ai professori di UniBs Baldassarre Bacchi e Roberto
Ranzi il merito di avere curato l'organizzazione di un «seminario diffuso» svoltosi ieri
nell'aula consiliare della Facoltà di Ingegneria, presente
Maurizio Tira, il nuovo Rettore dell'ateneo cittadino.
UN APPUNTAMENTO che è servito a redarre un bilancio degli interventi strutturali raccomandati dalla «Commissione Interministeriale De
Marchi» istituita all'indarnani della devastazione del capoluogo toscano.
L'organismo che prese il nome dal suo Presidente, quel
Giulio De Marchi unanimemente considerato il padre
dell'idraulica italiana, giunse
a una serie di conclusioni sintetizzate dal Professor Bacchi, la principale delle quali
suggeriva di «dedicare personale a una omogenea e non
contraddittoria politica di difesa del suolo sul territorio
nazionale».
Passarono vent'anni prima
che da quelle riflessioni nascesse una legge, la 183/89.
Punti salienti del provvedimento: la necessità di affrontare i problemi a livello di bacino e la predisposizione di
un Piano non derogabile rispetto ad altri strumenti di
pianificazione territoriale.
La verifica di quanto attuato
dalle azioni previste dalla
«Commissione De Marchi»
è stata oggetto dell'intervento di Viviana Beccalossi, ospite del seminario.
L'assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del Suolo
di Regione Lombardia ha segnalato come la programmazione e la progettazione degli
interventi in materia di prevenzione rivestano «carattere di priorità, soprattutto perché la frequenza degli eventi
calamitosi e la vulnerabilità
del territorio non lasciano
nessuno nelle condizioni di
poter rimandare sempre il
problema».
«Pianificare l'assetto di un
corso d'acqua a scala di bacino, stabilire nel dettaglio le
azioni da intraprendere e prevedere gli interventi strutturali a un livello qualitativo il
più alto possibile - ha proseguito l'esponente di Fratelli
d'Italia - è un obbligo morale
nei confronti dei cittadini
che subiscono le conseguenze delle calamità idrogeologiche».
DOPO AVER RICORDATO che
«a partire dalle alluvioni che
flagellarono la Valtellina nel
lontano 19 87, e in seguito durante tutti gli altri eventi calamitosi di questi ultimi anni, i
nostri tecnici si sono particolarmente distinti, cimentandosi in progettazioni complesse e su situazioni idrogeologiche anche molto difficili,
arrivando a fornire soluzioni
tecniche innovative e ben calibrate rispetto alle diverse situazioni di dissesto».
Beccalossi ha posto poi
l'accento sulla «particolare attenzione che RL dedica al tema del dissesto idrogeologico, certificata dall'impegno
profuso per arrivare ad approvare la recente Legge Regionale (4/2016) in materia
di difesa del suolo, di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dei corsi d'acqua, la
quale, unitamente alla Legge
Regionale inerente alla riduzione del consumo di suolo
(31/2014), pone la Lombardia in una posizione d'avanguardia rispetto alle altre regioni italiane». Come dire
che la Regione è in prima fila
per la prevenzione dei possibili maggiori rischi idreologico.•
O RIPP.000ZIGPIE RISERVATA
L'alluvione dell'Arno 50 anni fa colpì Firenze, la Toscana e grande parte dell'Ita
Alluvioni in Toscana
Pagina 317
Firenze e Castel ella
unite dall'u manità
eli «aneli del fango>>
Si fa presto a dire cinquant'anni
fa avvenne... Chi c'era ha
cancellato in fretta i brutti
ricordi, le paure, l'onda lunga di
acqua melmosa che invadeva
campi e case senza ritegno e
senza chiedere scusa a
nessuno.
E oggi che i giovani non sanno
quello che i padri hanno già
dimenticato, sfogliare le pagine
di cronaca di quei giorni sembra
un esercizio di ripasso
piuttosto che una presa di
coscienza di fatti che «di fatto»
hanno sconvolto il modo di
affrontare mali e catastrofi
disastrosamente rivolte alle
popolazioni. Da quel «4
novembre 1966» niente è
stato come era prima: i giovani
di quel tempo, smisero di
essere giovani spensierati e
diventarono, chi «angeli del
fango», chi «spalatori di fango»
o «soccorritori di anziani e
malati» e chi, anche, «curatori e
mungitori di mucche».
Pioveva dal giorno prima e in
città correva voce che
addirittura il dormiente Garza
scendeva dalla valle di Nave e
Caino con una rabbia mai vista,
pronto a inghiottire, durante il
passaggio nei circuiti
sotterranei della città, tutto
quel che avrebbe incontrato.
Però, sebbene Brescia e
provincia fossero strette tra
minacciosi corsi d'acqua, tutti
parlavano di ciò che stava
accadendo a Firenze, dove
l'Arno «non lo trattiene
neppure l'angelo Gabriele».
Firenze divenne allora il punto a
cui guardare per misurare
l'emergenza, per invocare che
l'acqua passasse senza
seminare distruzione, per
impetrare dal Cielo che almeno
l'arte e la storia millenaria del
popolo non venisse cancellata.
Ma l'acqua non faceva scempio
solo da quelle parti. Don
Bergomi, parroco di
Alluvioni in Toscana
,;
W
Castelmella,fu il primo a chiedere
che nessuno stesse con le mani in
mano di fronte all'ondata di acqua,
temporali e maltempo che si stava
riversando sulla provincia.
In quel «4 novembre 1966», al
pari di Firenze. Castelmella, paese
a due passi dalla città, venne
invaso dalle acque del suo fiume.
«Dateci una mano» invocava il
parroco. Così, improvvisamente,
dieci, mille, duemila mani si
unirono per aiutare la gente a
vincere la sfida.
CASTELMELLA, rispetto a
Firenze e la Toscana era ben poca
cosa e le bastò un giorno e mezzo
per mettere le cose in carreggiata
e dare alla gente la possibilità di
farcela da sola. Invece, a Firenze
non si vedevano soluzioni: radio
Rai annunciava gli scempi e
lanciava grida di aiuto. Ricordo che
don Milani, il prete di Barbiana che
s'incaponiva di dare cultura anche
ai ragazzi e ai giovani più disperati,
spedì a Firenze i «suoi» perché
aiutassero le persone in difficoltà,
ma anche per salvare, se possibile.
«anche i più piccoli lembi di cultura
e di arte». E fu proprio quel prete a
dare il via all'opera di soccorso
volontario orientato al
salvataggio della nostra memoria,
delle tante e buone briciole di
storia appartenenti all'umanità,
del bello dipinto-scolpito, anche
scritto in tomi poderosi e via via
raggruppato inversi e cantate.
Firenze, ma anche Castelmella, si
popolarono di giovani pronti a fare
di tutto pur di rendersi utili.
Firenze e i paesi disseminate
lungo la Valle dell'Arno conobbero
ed apprezzarono gli «angeli del
fango»: belli, giovani, sconosciuti,
uniti uno all'altro dalla convinzione
che, volendo, tutto poteva essere
salvato. Questo o quel
monsignore che insieme ai
cardinali, ieri mattina in Santa
Croce, partecipava alla
concelebrazione della Santa
Messa dell'anniversario-tra
a
Al lavoro tra il fango per salvare le opere d 'arte di Firenze
Anche il vescovo
vile
ivionarì
o
presente
sull'altare
per la messa
celebrativa
di Santa Croce
questi, il nostro vescovo Luciano
Monari - erano gli stessi che
rubando giorni allo studio si
confusero tra i volontari
desiderosi di dare una mano a
Firenze. Ma ieri a Firenze il
vescovo Luciano rappresentava
non la sua esperienza , bensì la
generosa , appassionata e folle
disponibilità esibita dai giovani e
giovanissimi bresciani. Senza
un'organizzazione definita
partirono per primi gli amici dello
scautismo , abituati ad arrangiarsi
anche in condizioni difficili. A
organizzarli e a guidarli furono
Gigi e Fausto Fasser, il primo
architetto e il secondo ingegnere,
entrambi cultori e difensori
dell'arte, dell'anima popolare che
vince le sfide e non s'arrende certo
all'acqua o al fuoco, sostenitori del
bello di tutti e pertutti, guardiani
di qualsiasi sito deputato a
contenere arte e cultura.
COSÌ BRESCIA e i bresciani
aiutarono Firenze a vincere la
sfida. I giovani partiti per aiutare
tornarono dopo giorni intensi di
lavoro e di sacrifici. Erano esausti
e affamati, ma felici. Avevano
contribuito a scrivere pagine di
storia destinate a confermare che
la generosità e la disponibilità di
coloro che tutto fanno senza nulla
chiedere in cambio è la forza che
consente di andare oltre ogni
avversità. Accadde a Castelmella,
provincia di Brescia, e anche a
Firenze, città del mondo. Volendo,
può accadere anche oggi laddove
la terra trema e le case si
sbriciolano . LUCIANO COSTA
D RIPROOUZIUNE RISERVATA
Pagina 318
Firenze
L'omaggio di Mat iarella
«Il pericolo 5o anni fa era l'acqua e il fango,
oggi proviene dal profondo della terra»,
così Il capo dello Stato Sergio Mattarella ieri
a Firenze per ricordare l'alluvione del `66.
Alluvioni in Toscana
Pagina 319
LA VISITA A FIRENZE 50 ANNI DOPO L'ALLUVIONE
II capo dello Stato inaugura il lungarno crollato
II capo dello Stato
Sergio Mattarella
ieri era a Firenze
per i 5o anni
dall'alluvione
Ha inaugurato
il lungarno
Torrigiani dopo
il crollo del 25
maggio scorso
e ha visitato
la mostra
del quotidiano
«La Nazione»
Alluvioni in Toscana
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...................................
FIRENZE
ILRICORDO. Il 4 novembre 1966 l`Arno in poche ore invase la città
Tanti italiani, ma anche inglesi, olandesi, americani, australiani: quegli «angeli del
fango», allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento in Palazzo Vecchio a
Firenze per ricordare i giorni
del disastro quando 50 anni
fa la furia delle acque travolse la città, in quel terribile 4
novembre del 1966.
La voce non sempre è ferma, i capelli si sono imbiancati, ma l'emozione e l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento dove si sono dati appuntamento, e dove li hanno
raggiunti anche il presidente
della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo
Renzi, non sembrano diminuiti.
«Portateci col vostro ottimisino e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo», ha detto loro in mattinata il premier che, a sorpresa (la sua presenza non era
nel programma), è arrivato
alla cerimonia, per un breve
intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha
parlato Mattarella.
Il presidente della Repubblica ha scandito: «È merito anche vostro se Firenze, da città
dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e
nel mondo, grande capitale
culturale. Avete dimostrato
che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di
ideologia, di religione».
Mattarella li ha paragonati
agli attuali angeli, quelli che
sono impegnati nelle zone
del terremoto, ma anche nelle aree di guerra e di carestia
dove c'è chi soffre.
Molte le testimonianze che
si sono alternate per tutta la
giornata sul palco.
Gli «angeli del fango»
tornano a Firenze
In mille da tutto ïl mondo 50 anni dopo l'alluvione
Mattarella: «La solidarietà non conosce co
'»
Portateci
con il vostro
ottimismo a
guardare al futuro
con entusiasmo
restauri all'Opera del Duomo, in palazzo Serristori,
all'ospedale degli Innocenti e
in altri palazzi storici. Lavoravamo tutto il giorno senza sosta, e tutte le sere c'era un parroco che veniva a regalarci
un Bacio Perugina . Abbiamo
fatto di tutto : anche asciugare libri fradici con fogli assorbenti, per settimane. Nella
basilica di Santa Croce ho pulito pure una statua di Baccio
Bandinelli».
L'inglese Susan Glasspool
era invece solo una studentessa che si trovava a Firenze
quando l'Arno mangiò la città: «Ho visto vie, case, negozi, bellissimi con le loro vetri-
ne, i loro arredi, scomparire.
Inghiottiti dal fango. Non ebbi nemmeno la forza di scattare delle foto, c'erano opere
d'arte, sculture strappate ai
loro piedistalli dalla furia
dell'acqua. Eravamo tutti
sconcertati. Ma persino in
quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto
fare qualcosa. E lo abbiamo
fatto».
Fuori, ben visibile a chi passava in piazza della Signoria,
su Palazzo Vecchio sventolava un grande tricolore; lo
hanno messo i Vigili del fuoco, anche loro furono angeli
indispensabili per una città
in ginocchio. •
MATTEO RENZI
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
da calcio. A Firenze mancava
tutto, anche l'acqua da bere:
facemmo un grande lavoro, e
i fiorentini erano mollo grati.
Come sono grato io oggi di essere qui», ha detto il colonnello olandese France Sedee, allora inviato nel capoluogo toscano con un contingente.
Dall'Olanda è arrivata anche Renny van Heuven,
all'epoca giovane storica
dell'arte: «La situazione era
terribile, i danni incalcolabili: io e altre cinque colleghe
abbiamo aiutato come pote«Cinquant'anni fa, sono sta- vamo a portare avanti alcuni
to qui a Firenze con 140 dei
miei uomini: abbiamo purificato e reso potabili novemila
metri cubi d'acqua, uno spazio grande come un canapo
Alluvioni in Toscana
Firenze sommersa da acqua e fango per l'alluvione dell 'Arno: 1966
Pagina 321
IL DOCUMENTARIO
Oggi su Sky Arte Hd
lo speciale "Firenze 66
dopo l'alluvione"
:
IL 4 NOVEMBRE 1966 l'Arno ruppe gli ard 1 7 inondò centro storico Una
gini
Firenze pro i
vocan o 17 vittime nella sola città. Unaa dei luogh
me
'accu,
simbolo
della
cultura italiana nel mondo fu somer sa dall'acqua, assieme al l suo inestimabile pat eri o artistico. In occasione delle celebrazioni
periiil c cinquantenario dell'Alluvione, Sky Italia manda in onda Firenze 66 -Dopo l'alluvione su Sky Arte
1
Hd, oggi in prima serata, alle 21.15. Attraverso le
testimonianzecei protagonisti dei soccorsi, il commento di esperti e l'impiego di immagini d'archivio,
il documentario Firenze 66-Dopol'alluvionedelfiorentino Enrico Pacciani, prodotto da Alkermes e
SkyArte Hd, indaga come l'Alluvione abbia segnato per 50 anni la città di Firenze, ricorda la straordinaria mobilitazione degli "angeli del fango", soccorritori accorsi da tutto il mondo per salvare lo
straordinario patrimonio culturale della città.
Alluvioni in Toscana
Pagina 322
ged in the 1966 flood in Florence,
terwork is reinstalled 50 years later
In early morning light, the low buildings
lining both sides of the Arno River here
glow in their myriad shades of ochre,
like the shallow river itself, which flows
calmly through the city.
When I was here on Nov 4,1966, with
my husband-to-be on our first trip to Europe together, it was quite a different
sight. It had rained for days, and, totally
saturated, the water table rose up; the
CLARA VANNUCCI FOR THE NEW YORK 11MES
Cimabu 's
"Crucif' " a
13th-cen ury work
that had been
submer ed but is
now res red.
river, coursing angrily with a release
from an upriver dam, overflowed its retaining walls into the streets. Stranded
in our hotel along the river, I looked
down from a second-floor interior balcony and saw that the water had risen
Alluvioni in Toscana
frighteningly to the ceiling of the lobby. I
asked for two candles, two bottles of water and' a couple of packets of breadsticks.
Would the foundation of the old building collapse? I took two flat wooden
drawers from the armoire and placed
them by the window in case we needed
flotation devices. Then we took turns
sleeping until dawn broke. Outside,
large metal drums of heating oil, already
topped off for winter, were swept into
the Arno and banged all night against
the bridges. Otherwise, all was ghostly
quiet. By the next moriiing, the headline
in La Notte described the scene: "Florence - City of Ghosts:'
The city was a sea of sludge. With no
food or water, and the risk of typhoid, we
were told by the hotel staff to leave immediately to unburden Florence. One
enterprising guest with a car on a hill
ferried us in shifts to the train for Bologna.
We knew we were leaving behind
hundreds of ruined treasures - more
than 1,500 artworks damaged by the
muddy water and oil mix, by one count,
as well as entire library collections. Of
the eight major floods that have afflicted
Florence since 1333 - three of them on a
Nov 4 - this one in 1966 was considered
the worst.
I have returned here, now the editor of
an arts journal, to remember and to observe the preparations for the 50th anniversary of this catastrophic flood. The
city abounds with commemorative exhibitions, but the main event on the day
itself is the reinstallation in the Cenacolo, the old refectory of Santa Croce, of
Giorgio Vasari's "Last Supper" (1546).
Long in the news, the five-panel painting is the final, most complex; severely
damaged masterpiece in the flood to be
restorëd.
On that Friday, the water rose to 20
feet around Santa Croce, and "Last Sup-
per" was totally immersed for more
than 12 hours, its lower segments for
even longer. The ceremony itself represents the symbolic end of an era, a
poignant half-century in modern art history during which scores of experts in
Florence, and young apprentices just
learning
their
trade,
labored
painstakingly to restore priceless
works. But the challenges for the Vasari
appeared insurmountable until the last
decade, with conservators hoping for
new expertise to help them.
The beloved Vasari painting of Christ
and his disciples, shockingly contemporary for his time, was commissioned by
the Benedictine nuns of the Florentine
Murate Convent, whose cloistered life
prohibited male artists from entering to
paint a fresco. But a painting on poplar
panels was easily transportable from
Vasari's studio. Known for his 1568 second edition of Lives of the Most Eminent
Painters, Sculptors, and Architects, and
his design of Michaelangelo's marble
tomb at Santa Croce, Vasari created a
tableau of realism that drew viewers
into the scene, to the empty place at
Christ's table.
Following the Napoleonic era and the
unification of Italy, the convent was
closed, and the painting was eventually
relocated to the Castellani Chapel in the
basilica of Santa Croce in 1865 and finally to the refectory in the Museum of
the Opera there in the 1950s.
Marco Grassi, now an art conservator
in New York, apprenticed in Florence at
the Uffizi Gallery. At the time of the
flood, he was dividing his work between
his studio in Florence and the Villa Favorita in Lugano, Switzerland, as a visiting conservator for the collection of
Baron Thyssen-Bornemisza. He was in
the Villa studio when the elderly custodian, came in. "Aren't you from Florence?" he asked, explaining that flood
water in the city was up to the first floor
of the Pitti Palace. After listening to the
radio, Mr. Grassi jumped into his car. It
took over 12 hours to make the usual
five-hour trip, negotiating between military convoys.
FLOOD, PAGE 21
Pagina 323
1bp,theArno
Riverduringtñ
Fbrenee riood
Nov.4,1966. Le
ervators
worldng to pre
rve Vasazi's
S La.s[SUpper"
afterthefood.
Alluvioni in Toscana
Pagina 324
Oyeai s
fter the
ood
FLOOD, FROM PAGE 16
On Nov 5, he put on his boots and
went immediately to the Uffizi, where a
major meeting was held. "In truth;' he
recalls, "the experience was new, and no
one could stand up and say what should
be done next technically with works that
had been immersed for hours in water
mixed with mud and black heating oil:'
What they understood was that panel
paintings would first expand and then
shrink, so the immediate decision was to
protect the painted surfaces, which
would eventually buckle.
With acres of paintings affected, "It
was a complete war zone at Santa Croce," Mr. Grassi recalled. While visitors
were fleeing, swarms of volunteers
called Gli Angeli del Fango (The Angels
of Mud), descended on Florence to offer
assistance.
Mr. Grassi started working on "Last
Supper." "We placed sheets of Japanese
wet-strength mulberry paper on the
painted surface and brushed on methacrylate resin to make them adhere," he
said. Nobody could foresee what an ordeal it would be later to remove the papers. It would take 40 years to acquire
the technology and expertise to accomplish the whole restoration.
Two weeks later, the five panels were
divided and placed flat on racks in the
Limonaia, the conservatory for the
Boboli Gardens' lemon trees in winter,
with its high level of humidity; there
they could dry slowly, along with racks
of hundreds of other works of art, often
for years. But as the panels dried, they
shrank, becoming two centimeters narrower, leaving many cracks and fissures
in the wood itself. The gesso undercoating became unstable.
In 2004, the panels were moved for
the first time to the Opificio delle Pietre
Dure (O.P.D.), Italy's first modern
restoration laboratory, set in an old military warehouse. The workshop was
founded by Ferdinando I de' Medici in
1588 for the inlay of precious stones but
now is the major institution for the conservation of art.
When I recently walked with the director, Marco Ciatti, through its cavernous spaces, I saw one young woman in
her white lab coat and jeans sitting on a
stool with a fine paintbrush applying
Alluvioni in Toscana
careful crosshatching - two-way
strokes - to a "Last Supper" disciple's
almost-finished pink robe. "Miraculous"
is the first word that came to mind when
I saw the almost-finished panel. To
guide her strokes, she constantly looked
down at her cellphone screen, following
Vasari's preparatory underdrawing,
which had been obtained by electronic
scans. "It was like bringing back alive a
painting that had literally died;' Mr.
Ciatti said.
A major turning point in the process
came in 2010, when the Getty Foundation, through its Panel Paintings Initiative and a grant of 300,000 euros
($329,000) to the O.P.D., assembled experts to train the next two generations of
conservators in structural treatment
and stabilization. "The breakthrough in
technology came incrementally over the
years as conservators learned how to
improve the wooden support systems
by allówing lateral movement as well as
curvature," said Antoine M. Wilmering,
a senior program officer at the Getty.
It took surgical skills to enlarge the
Vasari wooden panels. The chief "surgeon" was Ciro Castelli, now a senior
painting conservator but at the time of
the flood a 23-year-old carpenter
drafted into service. Over the years, he
figured out how to expand the panels to
their proper size with tiny slits and
pieces of poplar wood filler, so that the
backs now resemble abstract mosaics.
In 2014, Prada, in collaboration with
the Fondo Ambiente Italiano (Italy's
National Trust), provided the O.P.D.
with another grant for an intricate procedure that required flattening out the
paint and filling in the missing areas.
Roberto Bellucci was responsible for
this aesthetic restoration.
As a matter of record, paint restorers
are careful to distinguish between the
original and restored areas. But step
back today, and the soft folds and
shadows of the colorful robes of the figures stretched across the work appear
fluidly of a piece. Christ, in pale rose,
drapes his left arm over St. John in mustard gold, and a bearded St. Peter sits on
his right in blue with a toga-like garment
in yellow clasped at his right shoulder. A
footed glass of wine gleams. It is a scene
of camaraderie as elongated figures under a twilight sky converse. Only Judas
turns away as darkness gathers in the
room. Enhanced by scrupulous attention to details of color, light and shadow,
"Last Supper" radiates its new life without losing Vasari's original strength in
portraiture.
The gilded period frame is actually
the edge of a new state-of-the-art climate control box that stabilizes the interior humidity. A metallic hoist has been
devised to raise "Last Supper" to the
roof - well over the water line - in case
of a future flood.
One of the most admired works at
Santa Croce is Cimabue's "Crucifix," the
13th-century painted cross in wood that
was submerged in the flood up to
Christ's golden halo. Although the work
lost 60 percent of its paint, many chips
floating in water nearby were salvaged
by rescuers. Now hanging in the
church's Sacristy, "Crucifix" is a testament to the first decade of restoration.
"Conservation was born here in Florence," Mr. Ciatti said, citing Medici documents listing payments to restorers. But
this latest decade, he contends, has
changed the world of restoration.
Speaking recently at the opening of
"The Flood," an exhibition of photographs at the Italian Cultural Institute in
New York, the mayor of Florence, Dario
Nardella, said that while experts might
have thought the Vasari impossible to
restore, "with determination it was rebuilt:'
Walking around Florence and entering almost any church, I found restorers
on scaffolding willing to tell their stories
about the flood itself or the environment
that continues to affect frescoes everywhere. In the Basilica of the Santissima
Annunziata, I met Contessa Simonetta
Brandolini d'Adda, the American cofounder and president of Friends of
Florence, and her team, who are involved in restoring 12 wall paintings by
Florentine artists which survived the
flooding but are now endangered by
damp and pollution.
In the evening, I returned to the same
hotel on the Arno where I had stayed in
1966. I remembered my feeling then that
the world around us was in grave danger. As isolated as we were in it, a devotion and romance developed between
my future husband, Frederick Morgan,
and me that lasted our lifetime together.
Every year thereafter, until he died in
2004, we lit our two candles on Nov 4,
Florence Flood Day, to commemorate
the occasion.
Disastrous as it was, that event determined my lifelong devotion to the city.
Fifty years later, as I look out my window onto the dark water glittering with
reflections of the stately row of riverside
lights, fireworks suddenly light up the
sky over the Ponte Vecchio. People are
celebrating somewhere, and here there
is much to celebrate - renewal.
Pagina 325
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Alluvioni in Toscana
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Pagina 326
STASERA SU SKVARTE ND
«Fireme 66-Dopo l'alluvione», il documentario di E ìc® Paccíani
Cinquant'anni fa, a Firenze
il 4 novembre il livello dell'acqua aveva raggiunto i sei metri.
E il Cenacolo di santa Croce
sguazzava nel fango: c'era anche il crocifisso di Cimabue, intriso di umidità, mentre il 70%
della sua pittura era volata via.
Non fu l'unica illustre vittima
dell'alluvione fiorentina del
1966. Migliaia furono i tesori
d'arte e i libri che galleggiaro-
Alluvioni in Toscana
no nella melma, salvati da
quei volontari che vennero
chiamati gli «angeli del fango»,
ragazzi e ragazze arrivati da
tutto il mondo.
Nel 50° anniversario dell'alluvione, che provocò diciassette morti solo in città, stasera,
alle 21,15 Sky Arte HD manderà in onda il documentario Firenze 66 -Dopo l'alluvione. Diretto dal regista Enrico Pacciani,
in collaborazione con il Miur e
la Fondazione Cassa Risparmio di Firenze, il film sarà poi
proposto nelle scuole del capoluogo e in provincia.
E un'indagine, vissuta attraverso le testimonianze dirette
dei protagonisti, che riporta alla
memoria quella catastrofe basandosi su una meticolosa ricerca di immagini e documenti
d'archivio. L'alluvione, oltre al
disastro, segnò anche un momento di alta civiltà. In quei
giorni, in molti vissero un'epopea eroica venuta dal basso: l'impegno collettivo e senza frontiere nel recupero del patrimonio.
Un'esperienza che trasformò la
città fiorentina in un cantiere di
eccellenza e di innovazione nel
campo del restauro, e che oggi
viene ricordata come una grande manifestazioni di solidarietà
e di partecipazione cui si sia mai
assistito nella storia. Per le generazioni più giovani, fu un banco
di prova: la prima mobilitazione spontanea del dopoguerra
era alle prese con una titanica
opera di recupero e messa in sicurezza del patrimonio. Il grande «cantiere» della ricostruzione, narrato nel documentario,
coinvolse specialisti da ogni parte del globo, dando impulso alla
ricerca e creando centri d'avanguardia come l'Opificio delle
Pietre Dure. Firenze 66-Dopo l'alluvione mostra anche il lavoro di
recupero di milioni di volumi a
stampa e migliaia di manoscritti rari della Biblioteca Nazionale
Centrale di Firenze, fino alla nascita del museo Novecento, concepito da un primo progetto dello storico dell'arte Carlo Ludovico Ragghianti.
Pagina 327
«I nuovi angeli del fango tra le rovine del sisma»
Mattarella a Firenze per i 50 anni dell'alluvione e il restauro dell'«Ultima cena» di Vasari
MarioAjello
FIRENZE. Gesù nel crocifisso di Cimabue a
Santa Croce, dove ieri è andato il presidente Mattarella insieme al sindaco Nardella
e al ministro Franceschini, sembra una figura ancora più dolente rispetto agli standard di molta iconografia tradizionale,
perché ancora porta addosso le ferite inferte a quest'opera dall'alluvione fiorentino
del 1966. Su scala minore, ma non meno
importante, sono simili al capolavoro di
Cimabue le tante pale d'altare finite in pezzi o deturpate nei vari paesi del terremoto
umbro-marchigiano. La distruzione di
cinquant'anni fa si confonde con quella di
adesso, il ricordo di allora si mescola allo
stato d'animo odierno.
E Firenze in queste ore - tra la visita di
Mattarella sui luoghi del 1966, l'apertura
del tratto del Lungarno precipitato in una
voragine cinque mesi fa e appena riaperto, la settima edizione della Leopolda renziana in gran parte dedicata a come uscire
dal dissesto - diventa una sorta di racconto generale delle forze e delle debolezze
dell'Italia. E del suo grande paradosso. Le
catastrofi naturali degli anni `60 furono l'altra faccia del miracolo italiano. Anzitutto
l'alluvione di Firenze
con le sue 35 vittime, i
70.000 senza tetto, il rischio della morte dei
II Capo
Masaccio, Lippi, Simodello Stato
ne Martini, Botticelli,
Beato Angelico, Donaincontra
tello, Giotto, Michelani volontari
gelo e «si materializzò
che nel `66
50 annifal'inferno danspalarono
tesco» come ha detto
Mattarella. Ma da quelin città
lo choc nacque, in maniera elitaria e poi via
viapiù diffusa, laconsapevolezza della necessaria salvaguardia
del territorio in un Paese nella cui mentalità, vista la vicinanza degli eventi bellici, fino a quel momento era stata la guerra il
vero fattore di distruzione. L'alluvione - ecco il paradosso tuttora vigente - hagenerato un'opinione pubblica sollecita e solidale quando si tratta di partecipare alle tragedie, di mobilitarsi nell'emergenza e di organizzare l'assistenza ma immobile o addirittura irresponsabile quando si tratta di
investire nella prevenzione. La doppiamorale, anche in questo caso delle calamità e
dei terremoti, come carattere nazionale.
Ma ora basta?
Magari serviranno, per uno scatto in
avanti culturale, questa alluvione di celebrazioni e i continui inviti di Renzi all'ottimismo - agliAngeli del fango del `66 ieri ha
detto: «Dateci entusiasmo per il futuro» qualora lo storytelling della ricostruzione
non rimanga narrazione e diventi reale assunzione di nuove responsabilità permettere in sicurezza l'Italia. Sempre ai canuti
exragazzi del `66, allora muniti di stivaloni
e pale per il fango e c'era «la meglio gioven-
Alluvioni in Toscana
tù» di quegliannie qualcuno di loro anche
diventato Antonello Venditti è tornato ieri
a Firenze per rievocare il tutto, Mattarella
ha parlato così: «Oggi nelle zone del sisma
ci sono i vostri eredi». I progenitori eccoli
nell'ottimo documentario, intitolato «Firenze 66, dopo il terremoto», firmato da
Enrico Pacciani e prodotto da Alkermes e
Sky Arte, che è stato presentato in anteprima a Palazzo Vecchio e oggi sarà messo in
onda suSky alle 21,15. Ma prima della proiezione, Mattarella e gli altri a Santa Croce
hanno partecipato alla presentazione
dell'«Ultima cena» di Giorgio Vasari, restaurata dall'Opificio delle pietre dure grazie anche all'aiuto finanziario di Prada e
della GettyFoundation. Che storia meravigliosa.
Lesionato dall'alluvione `66 questo
enorme dipinto di legno di Vasari, la cui
prima biografia nella sua celebre vita dei
pittori è quella dedicata a Cimabue, e tanti
secoli più tardi i due si sarebbero ritrovati
insieme in mezzo alle acque straripanti, fu
prima messo ad asciugare nella limonaia
di Palazzo Pitti, poi sottoposto aunrecupero meticoloso e iper-moderno concluso di
recente e ora eccolo qui questo capolavoro: simbolo di come la tecnologia può ridare vita alla bellezza italiana ferita a morte
dalle catastrofi naturali.
Applausi per il Vasari rinato e posto a
un'altezza, sulla parete della sacrestia di
Santa Croce dove nel `66 era appeso il crocifisso diCimabue (altro intreccio di destini) alla quale una eventuale nuova alluvione non arriverà, secondo le stime degli
scienziati. La novità di questo restauro vasariano, durato dieci anni, sta nel fatto che
contiene tecniche di conservazione preventiva che dovrebbero metterlo a riparo
da altre inondazioni o terremoti. E naturalmente la sapienza usata in questo caso - se
davvero l'Italia decide di affrontare la messa in sicurezza della propria cultura e di
investire in essa - potrebbe essere estesa a
tanti altri pezzi pregiati della nostra identità.
Il messaggio che viene da Firenze è
quello che dalle catastrofi si esce tutti insieme. Cinquant'anni fa, comunisti e democristianiseppero trovare un'unità d'intenti per la ricostruzione, quella che in queste
ore naturalmente con altri soggetti si cerca di replicare. E il compito, adesso, dovrebbe essere perfino più facile. Perché se nel `66 un
11 capi >k
presidente come
Il dipinto
Giuseppe Saragat
lesionato
appariva lontano e
distante - ma in
dalla terribile
quella Prima Reinondazione
pubblica nel bene
collocato
e nel male la sepain Santa
ratezza tra società
politica e cosiddetCroce
ta società civile era
un dato generale -
e in giro su un gippone nelle vie di Firenze allagata ricevette
fischi di rabbia e di contestazione, adesso
nell'Italia terremotata c'è un Capo dello
Stato che viene accolto con fiducia nelle
zone del dolore, da Amatrice a Norcia.
E dunque ciò che dovrebbe unire la Firenze di allora e il Centro Italia di ora è il
concetto di resilienza. Espressione da
slang sociologico e prima ancora (peggio?) da gergo per psicologici, che però indica una virtù tutta italiana che ha molto a
che vedere con l'economia e con l'economia della cultura: quella di saper reagire
dopo un trauma e di migliorarsi dopo lo
choc. A partire dal dopoguerra, questo
Paese ha sempre dimostrato di sapersi ricostruire perfino incredibilmente (vedi il
miracolo italiano). E ci è riuscito quando
ha dimenticato almeno per un po' di sentirsi un Paese di santi-poeti-navigatori e si
è ricollegato con la cultura tecnica e pragmatica che le appartiene da tempi immemorabili e che guarda caso, e fuori da ogni
retorica, ebbe nella Firenze del Rinascimento uno dei suoi momenti d'eccellenza.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Pagina 328
Vk4
M
Orfini (Pd)
«I consensi crescono giorno
dopo giorno, sono convinto che
il 4 dicembre prevarranno i Sì»
Lorenzin (Ap)
«Se vince il Si alle riforme
non ci sarà il voto anticipato
c'è molto lavoro da fare»
ztss?/9 e Y M
La visita
Mattarella ieri a
Firenze saluta
alcuni volontari
che mezzo
secolo fa
spalarono
il fango.
Asinistra,
l'«Ultima cena» del
Vasari collocata
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della basilica di
Santa Croce dopo
il restauro.
r
Calderoli (Lega)
«Con questa riforma si rischia
di tornare al ventennio fascista
Se vince il No Renzi a casa»
Alluvioni in Toscana
Pagina 329
D all'alluvi one al si s ma
quando l'Italia sa reagire
>Firenze, visita di Mattarella e premier Il Paese si mobilita per le emergenze
per l'anniversario del disastro del 1966 ma resta pigro nella gestione ordinaria
G I ORNATA
dal nostro inviato
FIRENZE Gesù nel crocifisso di Cimabue a Santa Croce, dove ieri è andato il presidente Mattarella insieme
al sindaco Nardella e al ministro
Franceschini, sembra una figura ancora più dolente rispetto agli standard di molta iconografia tradizionale, perché ancora porta addosso
le ferite inferte a quest'opera dall'alluvione fiorentino del 1966. Su scala
minore, ma non meno importante,
sono simili al capolavoro di Cimabue le tante pale d'altare finite in
pezzi o deturpate nei vari paesi del
terremoto umbro-marchigiano. La
distruzione di cinquant'anni fa si
confonde con quella di adesso, il ricordo di allora si mescola allo stato
d'animo odierno.
E Firenze in queste ore - tra la visita di Mattarella sui luoghi del
1966, l'apertura del tratto del Lungarno precipitato in una voragine
cinque mesi fa e appena riaperto, la
settima edizione della Leopolda renziana in gran parte dedicata a come
uscire dal dissesto - diventa una sorta di racconto generale delle forze e
delle debolezze dell'Italia. E del suo
grande paradosso. Le catastrofi naturali degli anni `60 furono l'altra
faccia del miracolo italiano. Anzitutto l'alluvione di Firenze con le
sue 35 vittime, i 70.000 senza tetto,
il rischio della morte dei Masaccio,
Lippi, Simone Martini, Botticelli,
Beato Angelico, Donatello, Giotto,
Michelangelo e «si materializzò 50
anni fa l'inferno dantesco» come ha
detto Mattarella. Ma da quello choc
nacque, in maniera elitaria e poi via
via più diffusa, la consapevolezza
della necessaria salvaguardia del
territorio in un Paese nella cui mentalità, vista la vicinanza degli eventi
bellici, fino a quel momento era stata la guerra il vero fattore di distruzione. L'alluvione - ecco il paradosso tuttora vigente - ha generato
un'opinione pubblica sollecita e solidale quando si tratta di partecipare alle tragedie, di mobilitarsi
nell'emergenza e di organizzare l'assistenza ma immobile o addirittura
Alluvioni in Toscana
irresponsabile quando si tratta di investire nella prevenzione. La doppia morale, anche in questo caso
delle calamità e dei terremoti, come
carattere nazionale. Ma ora basta?
ora eccolo qui questo capolavoro:
simbolo di come la tecnologia può
ridare vita alla bellezza italiana ferita a morte dalle catastrofi naturali.
L'ENTUSIASMO
Magari serviranno, per uno scatto
in avanti culturale, questa alluvione
di celebrazioni e i continui inviti di
Renzi all'ottimismo - agli Angeli del
fango del `66 ieri ha detto: «Dateci
entusiasmo per il futuro» - qualora
lo storytelling della ricostruzione
non rimanga narrazione e diventi
reale assunzione di nuove responsabilità per mettere in sicurezza l'Italia. Sempre ai canuti ex ragazzi del
`66, allora muniti di stivaloni e pale
per il fango e c'era «la meglio gioventù» di quegli anni anni e qualcuno di loro anche diventato Antonello Venditti è tornato ieri a Firenze
per rievocare il tutto, Mattarella ha
parlato così: «Oggi nelle zone del sisma ci sono i vostri eredi». I progenitori eccoli nell'ottimo documentario, intitolato «Firenze 66, dopo il
terremoto», firmato da Enrico Pacciani e prodotto da Alkermes e Sky
Arte, che è stato presentato in anteprima a Palazzo Vecchio e oggi sarà
messo in onda su Sky alle 21,15. Ma
prima della proiezione, Mattarella e
gli altri a Santa Croce hanno partecipato alla presentazione dell Ultima
cena" di Giorgio Vasari, restaurata
dall'Opificio delle pietre dure grazie
anche all'aiuto finanziario di Prada
e della Getty Foundation. Che storia
meravigliosa.
Lesionato dall'alluvione `66 questo enorme dipinto di legno di Vasari, la cui prima biografia nella sua
celebre vita dei pittori è quella dedicata a Cimabue, e tanti secoli più
tardi i due si sarebbero ritrovati insieme in mezzo alle acque straripanti, fu prima messo ad asciugare nella limonaia di Palazzo Pitti, poi sottoposto a un recupero meticoloso e
iper-moderno concluso di recente e
Applausi per il Vasari rinato e posto
a un'altezza, sulla parete della sacrestia di Santa Croce dove nel `66 era
appeso il crocifisso di Cimabue (altro intreccio di destini) alla quale
una eventuale nuova alluvione non
arriverà, secondo le stime degli
scienziati. La novità di questo restauro vasariano, durato dieci anni,
sta nel fatto che contiene tecniche di
conservazione preventiva che dovrebbero metterlo a riparo da altre
inondazioni o terremoti. E naturalmente la sapienza usata in questo
caso - se davvero l'Italia decide di affrontare la messa in sicurezza della
propria cultura e di investire in essa
- potrebbe essere estesa a tanti altri
pezzi pregiati della nostra identità.
Il messaggio che viene da Firenze
è quello che dalle catastrofi si esce
tutti insieme. Cinquant'anni fa, comunisti e democristiani seppero
trovare un'unità d'intenti per la ricostruzione, quella che in queste
ore naturalmente con altri soggetti
si cerca di replicare. E il compito,
adesso, dovrebbe essere perfino più
facile. Perché se nel `66 un presidente come Giuseppe Saragat appariva
lontano e distante - ma in quella Prima Repubblica nel bene e nel male
la separatezza tra società politica e
cosiddetta società civile era un dato
generale - e in giro su un gippone
nelle vie di Firenze allagata ricevette fischi di rabbia e di contestazione,
adesso nell'Italia terremotata c'è un
Capo dello Stato che viene accolto
con fiducia nelle zone del dolore, da
Amatrice a Norcia.
STORIA BELLISSIMA
sempre dimostrato di sapersi ricostruire perfino incredibilmente (vedi il miracolo italiano). E ci è riuscito quando ha dimenticato almeno
per un po' di sentirsi un Paese di
santi-poeti-navigatori e si è ricollegato con la cultura tecnica e pragmatica che le appartiene da tempi
immemorabili e che guarda caso, e
fuori da ogni retorica, ebbe nella Firenze del Rinascimento uno dei
suoi momenti d'eccellenza.
Mario Aje11o
DI FRONTE Al TRAUMI
Si ESALTA LA CAPACITA
DEGLI ITALIANI DI
RIMBOCCARSI MANICHE
RESTANO 1 RITARDI
NELLA PREVENZIONE
E dunque ciò che dovrebbe unire
la Firenze di allora e il Centro Italia
di ora è il concetto di resilienza.
Espressione da slang sociologico e
prima ancora (peggio?) da gergo
per psicologici, che però indica una
virtù tutta italiana che ha molto a
che vedere con l'economia e con
l'economia della cultura: quella di
saper reagire dopo un trauma e di
migliorarsi dopo lo choc. A partire
dal dopoguerra, questo Paese ha
Pagina 330
Nelle due immagini qui
L'immagine simbolo
dei danni a Norcia
La distruzione di San
Benedetto (foto LAPRESSE)
sotto (foto ANSA) Firenze
colpita dall'alluvione
del 4 novembre
•i
ì,//%;•:;
Le macerie del borgo di
Castelluccio e la devastazione
di Amatrice (foto ANSA)
G ii//ï/G ,!! °
a
Sergio Mattarella e Dario Nardella ieri a Firenze (foto LAPRESSE)
Alluvioni in Toscana
Pagina 331
a a ki anni dall álluvionc
anch e il Vasari e salvoArno 1 Il documentario Firenze '66 racconta il recupero
dei tesori dell'arteforentina. Come il crocifisso
di Cimabue. E il recente salvataggio dellUltima Cena
ANDREA DUSIO
■ Fa un caldo terribile per essere il
3 novembre, la vigilia della Festa
delle Forze Armate. La città è già
parata a festa quando, verso le tre
del pomeriggio sul centro storico di
Firenze si abbatte un temporale.
Dai presidi militari dislocati a monte del capoluogo toscano parte un
fonogramma per il Ministero dell'Interno. La situazione dei torrenti
Nei drammafuronoforgiate
leteorie, letecniche
e ii metodo dei restauro
contemporaneo
preoccupa. «Niente allarmismo»,
rispondono dal Viminale. Intanto
però la temperatura sale di cinque
gradi in poche ore, e i nevai di Casentino e Mugello si sciolgono, gonfiando i fiumi. Alle nove di sera, in
una saletta riservata dell'Hotel Minerva, il sindaco Piero Bargellini ha
riunito alcuni assessori: la giunta è
in crisi e si pensa a un rimpasto.
«Che pioggia», commenta uno dei
convenuti. «Firenze pulita va bene,
ma così mi pare che si esageri», replica il primo cittadino. A mezzanotte l'Arno comincia a straripare
in mezza regione. Alle due di notte il
Mugnone rompe l'argine cittadino,
inondando l'ippodromo: settanta
cavalli annegano nelle stalle. All'alba le acque hanno ormai invaso San
Frediano e tutto l'Oltrarno, mentre
gli orefici di Ponte Vecchio cercano
di mettere in salvo i gioielli. Alle sette di mattina la sede Rai chiama Ro-
Alluvioni in Toscana
ma. La redazione è in piazza Maggiore e il caporedattore è Marcello
Giannini, che poi diventerà uno dei
volti delle cronache sportive degli
anni Settanta. Giannini chiede l'apertura, ma da viale Mazzini non
sembrano capire la gravità della situazione. Allora prende il microfono e dalla finestra lo cala verso la
strada. «Ecco», dice Giannini,
«Non so se da Roma sentite questo
rumore. Bene: quello che state sentendo non è un fiume, ma è via Cerretani, via Panzani, il centro storico
di Firenze invaso dalle acque».
Sono cinquant 'anni esatti dall'alluvione che minacciò di distruggere
Firenze e il suo patrimonio culturale salvato dagli "angeli del fango", i
volontari che da ogni parte del mondo arrivarono per lavorare alla messa in sicurezza delle opere d'arte e
dei libri che incarnavano la testimonianza più alta della civiltà del Rinascimento. Sky Arte ha realizzato
Firenze '66, un documentario che
racconta la vicenda di quella straor-
dinaria mobilitazione da un' angolazione nuova, che alla documentazione d'archivio delle ore immediatamente successive all'esondazione
dell'Arno fa seguire un racconto
inedito: quello dell'attivazione del
colossale lavoro di restauro che consentì di salvare alcuni tra i principali tesori dell'arte fiorentina, a partire dal crocifisso di Cimabue, rimasto intrappolato in Santa Croce sotto sei metri d'acqua, così come di
migliaia di volumi a stampa (in onda sabato 5 novembre alle 21.15).
Da Mina Gregori, allora giovane
studiosa che corse agli Uffizi per
cercare di intervenire sui dipinti
ospitati al primo piano, a Ornella
Casazza, restauratrice del crocifisso di Cimabue e vedova di Umberto Baldini (l'allievo di Mario Salmi
che dirigeva il Gabinetto di restauro della Soprintendenza e che
si trovò a gestire l'emergenza), sino a Francesco Ragghianti, il figlio di Carlo Ludovico, il critico
d'arte che riorganizzò le forze intellettuali della città attorno all'idea visionaria di un museo del
contemporaneo nato con le dona-
Pagina 332
zioni di collezionisti e artisti, si
succedono le voci di quel momento irripetibile che nel dramma vide forgiarsi (a partire proprio dalla concezione della stesura a tratteggio che permise di recuperare
l'opera del Cimabue ) l'esperienza
fondativa della teoria, della tecnica e della metodologia del restauro
come oggi lo intendiamo.
La narrazione si spinge sino agli
ultimi mesi, quando, dopo cinquant'anni, grazie al lavoro dell'Opificio
delle Pietre Dure è stato possibile
restituire anche l'ultimo capolavoro
che si credeva irrimediabilmente
perduto nell'alluvione, l'Ultima cena del Vasari le cui cinque tavole rimasero per un tempo lunghissimo
nell'acqua. «Spesso si adopera un'espressione terribile: al primitivo
splendore», spiega nel video Marco
Ciatti, soprintendente dell'Opificio.
«Lo scopo del restauro non è quello
di far sembrare i dipinti nuovi, ma
antichi, e però in buone condizioni.
Il restauro non è indipendente dalla
vita dell 'opera».
Nella storia ancora giovane del
restauro, l'alluvione di Firenze è il
passaggio della linea d'ombra. Dopo, niente è più stato lo stesso. Dal
mito di quella sorta di Atlantide che
stava per essere travolta dalle acque
è nato il rapporto con gli oggetti del
passato per come oggi lo intendiamo, in termini di conservazione e
tutela. Quella vicenda torna ora
drammaticamente d'attualità, ricordandoci che è l'emergenza a imporci di cambiare il modo di guardare la storia.
Gair^ b'ill< ns -estauratree,aa ✓ oro ne n, emLre19G6suunauto- tratto -Jel pittoresparnrclu Vclasgncz_lopo el uvii eCheco parch: IeCall ,radc- Il Jffiz
Alluvioni in Toscana
Pagina 333
Angeli e ribelli. I giovani, l'oro del fango
jo- LEONARDO GORI
L MONDO era già
parecchio inquieto,
il quattro novembre
di cinquant'anni fa,
quando l'alluvione
sconvolse Firenze. I
mezzi di comunicazione di massa
mostravano da tempo una società
in profondo cambiamento. La televisione vomitava guerre e catastrofi, ma qualcosa di nuovo e più subdolo usciva dai tremolanti schermi
in bianco e nero, per insinuarsi nei
salotti buoni, nei tinelli e nelle cucine.
Stavano cambiando i giovani.
Erano diversi, imprevedibili, non
somigliavano alle generazioni precedenti. Soffiava un vento nuovo,
che si era annunciato poco tempo
prima come una semplice moda,
quella dei "capelloni", ma poi era
passato al mondo della musica e ora
stava sgretolando la morale corrente, mettendo in pericolo certezze antiche. Lo chiamiamo Sessantotto,
ma l'autentica rivoluzione del Novecento, quella che ha davvero cambiato il mondo, aveva radici profonde.
Era un
disastro dell'anima, non solo una catastrofe materiale. L'acqua limacciosa dell'Arno cambiò per sempre
il tessuto della città, distrusse il lavoro dei piccoli artigiani e del commercio più antico, dai negozi di Via
Tornabuoni alle piccole latterie di
Alluvioni in Toscana
i uant'ani fa Firenze veniva invasa
dalle acque ipazzite ell' ro.
isastro
dell'anima, non solo una catastrofe materiale
Eppure accadde qualcosa di inatteso
1 raga zzi stavano c amb i ando. S o ffiava
ven to nu ovo,
all'inizio nella moda , coi "cap elloni", p oi nella
sica
e nei primi accenni di contestazione . Migliaia di loro
decisero di accorrere in una città sconvolta , per dare
aiuto e salvare la cultura ferita . Furono accolti
con sorpresa e forse con diffidenza , ma stupirono tutti
San Frediano. La città non sarebbe
potuta più essere la stessa, e non lo
fu.
C'ERANO ferite ancora più profonde al cuore di Firenze, quelle
all'arte e alla cultura. Ferite globali,
diremmo oggi. Per quelle si mobilitarono gli intellettuali e gli artisti.
Uno di loro, Franco Zeffirelli, utilizzò proprio la televisione per far sapere al mondo cos'era successo.
L'Alluvione divenne subito un fenomeno mediatico universale, fece il
giro del mondo. Furono scelte delle
immagini-simbolo, prima fra tutte
quella del Cristo di Cimabue, offeso a morte dal fango e dalla nafta.
La voce autorevole di Richard Burton risuonava nelle coscienze degli
spettatori.
/Iigliaia di mani, gio ni e innocenti. Erano i pionieri del Sessantot-
to, una generazione che prendeva
coscienza di sé come mai era successo a quelle precedenti. Furono accolti con sorpresa e forse con una
punta di diffidenza, ma stupirono
tutti. Alla crisi dei valori tradizionali, quei giovani provenienti da tutto
il mondo, opponevano miti diversi.
Ma allo stesso tempo, incontrandosi col tessuto umano profondo di Firenze, scoprirono che esisteva un
centro di gravità, un punto di contatto con l'universo dei padri, dei
"matusa". Sperimentarono un inatteso senso di appartenenza.
GLI INTELLETTUALI, smuovendo le coscienze per Firenze, difesero uno dei simboli della civiltà.
Proprio in riva all'Arno, nei giorni
terribili del 1944, durante il passaggio della seconda guerra mondiale,
il console germanico di Firenze, Gerald Wolf, aveva fumato una sigaretta, un ideale calumet della pace a distanza, con la sua controparte inglese. Entrambi avevano sognato di poter istituire un Ordine dell'Umanità, dopo il conflitto. Un Ordine cavalleresco senza finanziamenti né ri-
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conoscimenti ufficiali, che avrebbe
dovuto riunire tutti coloro che avevano creduto, nei momenti peggiori,
ai valori imprescindibili della civiltà: tolleranza, compassione, giustizia, solidarietà. AVolf aveva combattuto i nazisti e la polizia politica del
suo stesso Paese, per salvare le vite
degli innocenti. Nel 1955 avrebbe ricevuto addirittura la cittadinanza
onoraria di Firenze, dal leggendario
sindaco La Pira.
LJn decennio dopo, nell'epoca della grande inquietudine, fu a quei valori che risposero i nuovi giovani, gli
angeli del fango, presentandosi in
massa a Firenze. ' ..
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PImiprentiato
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"L'angelo del fango" (Rizzoli,
2005): il colonnello Arcieri indaga
nella catastrofe dell'alluvione.
Con questo libro ha vinto Premio
Scerbanenco e il Premio Fedeli.
romanzo
"L ' Arn o strarip a a ` ente"
LL a inostra d e "L a N azio ne"
"Non è tempo di morire" (Tea
Libri, 2016) è l'ultimo romanzo di
Leonardo Gori: il protagonista
Bruno Arcieri indaga tra le macerie
di piazza Fontana.
"L'Arno straripa a Firenze" è la
mostra promossa da "La
Nazione", e allestita
nell'auditorium del giornale,
che documenta come "La
Nazione" riuscì a raccontare la
tragedia. Sono, infatti, esposte
le pagine dell'epoca, insieme a
foto e filmati inediti custoditi
negli archivi dello storico
giornale fiorentino. Inoltre, sarà proiettato un
documentario che ricorderà quei giorni vissuti dentro al
quotidiano. La mostra apre al pubblico il 5 novembre
alle 12 con ingresso libero. Sarà visitabile fino al 19
novembre, dal lunedì al sabato dalle 9,30 alle 12,30 e
dalle 15 alle 18 (domenica chiuso).
Chi è
Leonardo Gori (nella foto di
Gianmarco D'Agostino) è uno
scrittore fiorentino. Per molti anni
si è interessato al fumetto e al
disegno animato sia come
studioso che come collezionista.
Nel 2000 ha esordito nel giallo
con il romanzo "Nero di maggio".
Alluvioni in Toscana
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Alcune immagini
dell'alluvione di
Firenze del 4
novembre 1966,
quandodopo due giorni
di intensa e
continua pioggia
- l'Arno rompe
gli argini alle
5,30 e inonda la
città
alluvione s. f. [dal 1°-t "___-ryo -onis, der. i alluere «bagnare»]
1. Inondazione, strarir .mento di acque di fiumi, di torrenti, o
piovane; anche, il periodo di piogge violentissime che provoca
tale fenomeno.
2. Accumulo di detriti diversi, depositati da corsi impetuosi
d'acqua nella fase in cui la corrente diminuisce di velocità, il che
si manifesta soprattutto nelle anse o in prossimità della foce dei
fiumi (in questa accezione, per lo più al plur.).
Alluvioni in Toscana
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Filo dell'acqua
in prima nazionale
Arca Azzurra Teatro dedica
una nuova produzione
teatrale al cinquantesimo
anniversario dell'alluvione di
Firenze. Lo spettacolo è "II filo
dell'acqua" scritto da
Francesco Niccolini. La
prima nazionale è in
programma il 5 (ore 21) e il 6
novembre 2016 (ore 17) al
Teatro Verdi a Pisa.
Alluvioni in Toscana
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La lezione dell'alluvione: l'alleanza per l'arte
di Giulia Crivelli
tre opere d'arte travolte dall'alluvione del
4 novembre 1966, il suo salvataggio passò
iù o meno a quest'ora, 5o annifa, l'Ulti- in secondo piano rispetto alle altre emerma cena di Giorgio Vasari aveva già genze. Questo capolavoro del 1546 fu latrascorso sott'acquaoltredodiciore.Poii1 sciato per quarant'anni inun deposito deldipinto fu tirato fuori e fortunosamente la Sovrintendenza.
coperto di teli e, come per moltissime al-
Alluvioni in Toscana
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L'impegno dell'Opificio delle pietre dure, di Prada e della Getty Foundation
Alleanza fra pubblico e privati per l'arte
di Giulia Crivelli
i sono voluti altri dieci anni e
«un'alleanza tra pubblico e privato, tra cittadini e istituzioni per riportare l'Ultima cena nell'Oratorio di Santa Croce», ha detto Marco Ciatti,
direttore dell'Opificio delle pietre dure, che
ha seguito tutte le fasi del restauro e ieri ha
"officiato" la cerimonia di svelamento, presenti il presidente Sergio Mattarella, il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi-
Alluvioni in Toscana
ni e il sindaco di Firenze, Dario Nardella.
Di impegno concreto, diretto e misurabile
ha parlato Patrizio Bertelli, ceo di Prada, il più
grande gruppo italiano della moda, che ha
contribuito alrestauro con35omila euro: «Riconsegnare alla città il dipinto di Vasari oggi e
a pochi giorni dal terremoto di domenica
scorsa e a pochi mesi da quello di agosto ha un
significato particolare. Dimostra che dopo
catastrofi naturali le priorità di un Governo e
di uno Stato nel suo insieme devono essere le
vite dei cittadini. Del patrimonio artistico devono occuparsi i privati. Troppo spesso usia-
mo la parola Stato come se fosse altro da noi.
Invece lo Stato siamo noi e spero che ogni
azienda, piccola, media o grande contribuisca aricostruire chiese e monumenti delle regioni devastate dal terremoto». L'impegno di
Prada per l'Ultima cena iniziò nel 2014, affiancando la Getty Foundation, che ha sede a Los
Angeles ma dal 1984 sostiene interventi a favore del patrimonio artistico in tutto il mondo: 7mila i progetti seguiti fino ad ora, in 180
dei 196 Paesi del nostro pianeta. L'investimento della Getty Foundation è stato di
3oomila euro e dovremmo riflettere sull'entità del contributo dato dauna onlus americana
per il restauro di una delle opere più importanti del Cinquecento italiano. Altri 15omila
euro sono arrivati dalla Protezione civile, che
dagli anni 90, dopo il terremoto di Umbria e
Marche, ha affiancato il Mibac nella salvaguardia dei beni culturali. Prima di lasciare
Santa Croce, Bertelli ha aggiunto un ricordo
personale: «Sono nato ad Arezzo e ho tirato i
miei primi calci alpallone davanti alla Loggia
del Vasari. Giocavo tutti i giorni, però amavo
anche dipingere e frequentavo timidamente
labottega di unfamoso restauratore della città. Ero felice di sentirmi il suo bracciante.
L'impegno per l'Ultima cena sembra chiudere un cerchio, ma se ne apriranno tanti altri».
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INTERVISTA A ROBERTA PINOTTI
«Eredi della meglio gioventù»
di Gerardo Pelosi
n Italia stanno lavorando per i terremotati,
I eredi di quegli "angeli del fango" dell'alluvione di Firenze del '66. Con "Strade sicure"
combattono il rischio terrorismo ma anche la
Continua pagina 6
criminalità comune .
Alluvioni in Toscana
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Roberta Pinotti
Ministro della Difesa
« I 1 .800 soldati inviati per il terremoto
sono gli eredi della meglio gioventù»
di Gerardo Pelosi
n Iraq non partecipano ai raid
aerei ma hanno finora addestrato circa 14m Ha militari che
stanno liberando Mosul dall'Isis
per poi passare a Raqqa, la "centrale delterrore" degli attentatiin
Europa. In Libia hanno creato un
ospedale con5opostilettoe,conla
missione Sophia, stanno formando la nuova Guardia costiera antiscafisti. E con la Nato, ad Est, difendono l'Europa dall e tentazioni
egemoniche di Mosca. Sono militari sempre più integrati nella società civile quelli che il ministro
della Difesa Roberta Pinotti presenta nel giorno della Festa delle
Forze armate.
Ministro Pinotti, l'Italia hannodettoieriaFirenzeilpresidente della Repubblica Sergio Mattarella e ilpremier Matteo Renzi - ha dentro di sé tutte
le risorse necessarie per uscire
dalle difficoltà: 50 anni fa con
l'alluvione oggi per il terremoto. Possiamo dire che i militari
che lavorano insieme alla Protezione civile a Norcia e Amatrice sono gli eredi di quella
"meglio gioventù", gli Angeli
del fango dei 66?
AFirenze avevamo una meglio
gioventù molto mista fatta di militari di leva ma anche volontari e
giovani che da tutta Italia per la
prima volta provarono un'esperienza divolontariato civico quasi
commovente perla drammaticità
di quei giorni. La stessa "meglio
gioventù"l'horivista nelterremoto diAmatrice quando sono andata per ringraziare i militari e ho
trovato tanti giovani che fanno
volontariato. E anche questo il
senso dello spot realizzato per la
Festa delleForze armate "Noi con
voi". Le forze armate stanno dentro la società anche se hanno una
loro peculiarità di cui sono molto
orgogliosa: dalle missioni internazionali perle quali abbiamo attestati digratitudine all'attività interna in funzione antiterrorismo
con "Strade sicure" che per esempio,peril Giubileo,ha comportato
Alluvioni in Toscana
una riduzione del 30% dei reati a
Roma.
Quanti sono i militari impiegati nelle regioni del centro Italia interessate dal terremoto e come stafunzionando il coordinamento con la
Protezione civile?
Sono 1300 più 500 che fanno
parte del dispositivo "Strade sicure" che saranno impiegati nelle
funzioni di sicurezza antisciacallaggio. Con il capo della Protezione civile Curcio abbiamo messo a
LA LOTTA A DAESH
RAQQA DOPO MOSUL
PRESENZA IN LIBIA
punto dell e modalità di relazione
concui si attuauncoordinamento
contutti gli altri organi dello Stato.
Quali settori delle Forze armate sono stati attivatiper il terremoto?
Soprattutto il genio militare
che riattiva viabilità e costruisce
ponti e predisporrà le piattaforme
per costruire le casette di legno.In
situazioni come queste in cui le
persone non vogliono spostarsi
dall e loro abitazioni abbiamo attivato anche molte cucine da campo. Ad Amatrice e anche vicino a
Norcia abbiamo poi messo infunzione una stazione portatile di
controllo deltrafficoaereo pergestire ivolimilitari e non.
Fuori dall'Italia la presenza
maggiore di militari italiani si
concentra oggi in Iraq. Sono
addestrati da nostri militari le
forze irachene che stanno riconquistando Mosul..
t così. Sono circa 14oo i nostri
militari in Iraq. La missione più
numerosa non perché ce l'hanno
chiesto gli alleati ma per una nostra scelta precisa. La decisione di
dare il massimo contributo necessario è stata presa già nel 2014 perché abbiamo considerato l'Isis il
principale pericolo per l'Umanità. Nell'ultima riunione ristretta a
ParigitraiPaesioccidentalil'Italia
risulta come il Paese che contribuisce maggiormente ai risultati
concreti della missione. Anche
con gli AMX e i Praedator facciamo un preziosissimo lavoro per
l'individuazione degli obiettivi.
Tutti ci riconosconounruologuida soprattutto nell'addestramento con risultati eccellenti stando a
quanto dicono i generali iracheni
e curdi.In due anni abbiamo addestrato i soldati dell'esercito iracheno e i peshmerga curdi, le forze speciali irachene conaddestratori dei nostri corpi d'elite e con i
Carabinieri più di 5mila forze di
polizia. In totale abbiamo "formato" circa 14mila uomini.
Quali sono le ultime notizie
da Mosul? Ci sono previsioni
sulla possibilità di liberare anche il centro della città?
Tutti i segnali sono positivi. Si
temeva una resistenza maggiore
mentre l'avanzata è stata più rapida del previsto. Eviterei di fare
previsione sui tempi soprattutto
perché si tratta di una città dove ci
sono molti civili e dove l'Isis cercherà di utilizzare i civili come
s cudi umani. Ma è imp ort ant e che
si sia registrato un accordo tra
esercito iracheno e peshmerga
curdi, mentre la coalizione ha gestito le frizioni con la Turchia e le
milizie sciite facendo guidare il
processo al presidente Hayder alAbadi che si è mostrato all'altezza
della situazione. La riconquista di
Mosul sarà un colpo duro per il
Califfato che è stato proclamato
proprio in una moschea di quella
cittàmailpasso successivo sarà la
presa di Raqqa, luogo dal quale
sembra siano state programmate
e direttele principali azioni terroristiche in Europa. Con la presa di
queste due città potremo dire che
il Califfato, ossia un terrorismo
che sifa Stato,verràmeno.Manon
verrà meno il terrorismo fondamentali sta per cui occorreràtenere la guardia alta.
Un'area a forte instabilità
resta la Libia dalle cui coste
partono centinaia di migliaia
di migranti.
Per contrastare gli scafisti occorrela coll aborazione dituttiilibici. Nel frattempo stiamo addestrando conlamissione europea a
guida italiana Eunavfor MedSophia la nuova Guardia costiera
libica. Su richiesta del governo
Serraj abbiamo attivato un ospedale da campo a Misurata che è in
funzione con 5o posti letto. A Misurata abbiamo 300 uomini: sono
65 tra medici e infermieri, 135 militari addettiallalogistica eioo della Folgore come Force protection. Abbiamo fornito più di 85o
consulenze e curato un centinaio
di feriti. Pochi giorni fa il ministro
della Sanità libico ha fatto una visita durante la quale si è complimentato e ci ha ringraziati.
Se il Mediterraneo resta
un'area a forte instabilità anche
la frontiera Est dell 'Europa preoccupa la Nato perle ambizioni
egemoniche della federazione
russa. Sono preoccupazioni
condivisibili?
Abbiamo sempre sostenuto
una posizione ferma della comunità internazionale nei confronti
della Russia. Come Nato abbiamo rassicurato i Paesi baltici e la
Polonia che vivono con disagio la
politica russa. Al vertice Nato del
luglio scorso l'Italia ha dato la disponibilità a fornire il proprio
contributo schierando una compagnia (150 uomini). Ma questo
non ci impedirà comunque di sostenere e lavorare per il dialogo
conil Governo russo specie su diversi scenari di crisi, in particolare nella lotta a Daesh.
91 RIPRODUZIONE RISERVATA
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A capo dell'amministrazione delle Forze Armate . La ministra della Difesa, Roberta Pinotti
Alluvioni in Toscana
Pagina 342
1966-2016
Il filo del passata La lezionetoseanapu' diventare il modello
per il sismaïn Centro Italia: istituzioni e cittadini uniti per larinascita
Mattarella a Firenze: il dovere di ricostruire
Il presidente: «Normalità non significa solo avere un tetto ma poter progettare il futuro»
di Lina Palmerini
on ha voluto solo ricordare quei
giorni Sergio Mattarella, ma declinare la memoria come un impegno, un obiettivo che vale per oggi.
Cinquant'anni fa l'acqua, oggi il terremoto
ma adesso come ieri persone senza casa e
senza lavoro, un patrimonio artistico perduto. A Palazzo Vecchio, nel cinquantennale
dell'alluvione di Firenze, chiama in causa i
due grandi protagonisti di quella storia di rinascitaper affidar loro una nuova sfida di ricostruzione. Gli Angeli del fango di allora
come ivolontari di questi mesi e, innanzitutto, le istituzioni a cui affida un obiettivo di
"normalità" in tempi di straordinaria emergenza. «Normalità non significa soltanto
avere un tetto ma tornare a poter progettare
il futuro. La Repubblica farà tutto il possibile
per conseguire questo obiettivo».
Il filo del passato si lega con il presente e la
lezione di Firenze diventa una traccia da seguire per le istituzioni e per i cittadini: due
forze che si unirono in un'esperienza di ricostruzione che da locale diventò nazionale e
poi perfino globale perché conquistò l'attenzione e la partecipazione di tutto il mondo.
«La globalità è nata allora», dice Mattarella
che spera sipossareplicare quel modello. Dei
momenti di allora vuole ricordare soprattutto lo sforzo degli Angeli del fango: «I giovani
accorsero a Firenze per liberarla dal fango
Alluvioni in Toscana
ma, in fondo, anche per liberare se stessi, per
sentirsi partecipi di un mondo che desideravano migliore». E oggi ci sono gli "altri angeli". Nelle Marche, nell'Umbria, nel Lazio:
quegli uomini - dice Mattarella - sono anche
vostri eredi. Ed è quello che dice anche il sindaco, Dario Nardella, che ha voluto dedicare
lagiornataallaProtezione civile, acui èpassato il testimone di quella storia.
Ilbilancio dei danni di quell'alluvione fu ingente: quasi l4mila abitazioni devastate, oltre
43milapersone coinvolte.Uncolpo durissimo
aggravato dai danni al patrimonio artistico: gli
Uffizi, la Biblioteca Nazionale e l'Archivio di
Stato, laBasilicadi Santa Croce, il Battistero di
San Giovanni. Scorre tutto l'elenco Mattarella
e quello che in quei giorni sembrava impossibile, è stato invece restituito alla città cal mondo. Atestimoniare quei momenti sono «le mirabili immagini del documentario di Franco
Zeffirelli» ma ieri è stato anche presentato il
documentario "Firenze 66 - Dopo l'alluvione", prodotto da Alkermes e Sky Arte HD in
collaborazione con il Miur e la Fondazione
CassaRisparmio di Firenze che sarà proposto
alle scuole. Si racconta il restauro di opere come l'Ultima cena di Giorgio V ac ari o il Crocifisso di Cimabue, o il recupero divolumi e migliaia di manoscritti rari dellaBibliotecaNazionale. Se nellamemoriadi oggi c'è l'immagine della basilica di San Benedetto a Norcia di cui
rimane sololafacciata,rievocareFirenze,vuol
dire sperare di poterla rivedere intatta.
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L'onda della memoria . Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presenziato a Firenze alle
cerimonie in ricordo dell'alluvione del 4 novembre 1966. Un momento significativo della giornata è
statolo svelamento dell'Ultima cena di Vasari, fresca di restauro (nella fotosopra, il capo dello Stato con,
fra gli altri,il ministro Dario Franceschini,ilsindaco Dario Nardella,ilceodi Prada, Patrizio Bertelli).Il
maltempo colpì oltre a Firenze (in basso o sinistra) anche Venezia (in basso a destra, Piazza San Marco)
Alluvioni in Toscana
Pagina 344
L'altra alluvione
La marea
alta due me 1
segn o il destino
di Venezia
di Jacopo Giliberto
o ricordi sfumati dell'alluvione di
venerdì4novembre 1966. Ricordi
deformati dal bianco e nero della
memoria Avevo 5 anni. L'alluvione del 4 novembre allagò due città fra le più
preziose al mondo: Firenze e Venezia
A Firenze l'Amo furioso prese a pugni la
città. Firenze si riprese dal fango. A Venezia
(proverbio antico della laguna, l'acqua e
l'amore uccidono in silenzio) l'acqua alta194
centimetri fu silenziosa e mortale.
Ho il ricordo di Venezia silenziosa Odore
intenso di cherosene. Grigio sopra nel cielo e
grigiosotto,versoilbasso: acquadappertutto,
sulle calli, nei campielli, nelle case, nei negozi.
Eraacquasucuigalleggiavalapatina neradellanaftaTermosifonifreddi.Nonc'eracorrente. Mutiitelefoni di bachelite. I miei stivaletti
neri da-acqua-alta erano inutili: l'acqua lercia
eraaltaduevolte lamiaaltezzadibambino elasciòunariganera incancellabile sui muri.
Tutta la città era devastata In piazza San
Marco la tempesta frantumavale ondate sulle
Alluvioni in Toscana
vetrine e sui portici.ILamareaaltissimanonse
guìiciclidegli astri, quelli che sei ore calae sei
ore cresce. La marea crescente non si era fermata dopo sei ore. Continuava a crescere. Saliva Saliva I fiumi veneti gonfiati dalle piogge
furiose avevano rotto gli argini e ruggivano
ondate fangose dentro la laguna. E dall'altro
lato, l'Adriatico amarissimo rombava dentro
la laguna una mareggiata violentissima che
scavalcavale difese,fracassavaisole e case.
L'alluvione del 4 novembre 1966 fece scoprire che Venezia sprofondava davvero.
Nacquero i comitati come Save Venice, fu
creatalaLegge Speciale perVenezia, fuistituito il Comitatone cioè il Comitato interministeriale per la Salvaguardia. La città fu messa
sotto una campana di vetro protettiva le cui
pareti saranno il Mose. Oggi il Mos e è quasi finito, tra un paio d'anni dovrebbero essere
pronte queste difese contro l'acqua alta e contro l'innalzament o d eimari d ovuto al cambiamento climatico che si è scoperto direcente.
Ma dal'66 H centro storico di Venezia è diventato unturistificio. Venezia ha perso fabbriche, uffici, negozi. Gli intellettuali amanti
della Venezia da cartolina si mettano il cuore
in pace: l'alluvione del'66 non è stata la causa
di questo cambiamento di Venezia, come
non lo sono né i turisti, né Marghera, né le
grandi navi da crociera Turistificio, deindustrializzazione, perdita di p op ol azione s ono i
segni di un mondo che cambia. Come Venezia, si sono riempiti dimovidae sisonovuotati di abitanti e di ferramenta i centri storici di
tutte le grandi città.11 centro storico diVenezia, che è Venezia stessa, ha perso loomila
abitanti, frai quali me medesimo, io in questa
terraferma remota che fiuto l'odore di salso
quando soffia labora.
Pagina 345
Il premier Renzi: «I soldi ci sono, bisogna spenderli bene»
Cinque anni e 200 milioni
per mettere al sicuro la città
di Silvia Pieraccini
n cinque anni, con una spesa di
200 milioni, Firenze sarà al sicuro da eventi come quelli del 1966
che, se avvenissero prima, ci farebbero drizzare i capelli e tremare i polsi».
Le parole del geologo del Cnr Mario Tozzi,
risuonate ieri pomeriggio nel Salone de'
Cinquecento inPalazzo V ecchio durante le
celebrazioni per i cinquant'anni dall'alluvione, hanno condensato timori e speranze
che oggi accompagnano uno dei disastri
più disastrosi e noti della storia recente (35
morti,14mila case danneggiate, ferite gravissime al patrimonio artistico). Se tutto
procederà senza intoppi, Firenze sarà al sicuro dalle alluvioni tra cinque anni, nel2021.
Per quella data dovranno essere completate quattro casse di espansione nell'area di Figline Valdarno (lavori in corso
per il primo lotto), che permetteranno al
fiume di uscire dagli argini senza sommergerei centri abitati; dovranno essereinnalzate di nove metri le spallette della diga di
Levane (progettazione in corso, obiettivo
avviare i lavori nel 2018); dovranno essere
realizzate le opere dilaminazione delle acque del fiume Sieve.
Tutte queste opere strutturali dovrebbero essere in grado di contenere amonte
dei centri abitati 6o milioni di metri cubi
di acqua in piena.
Gli investimenti complessivi, per un costo di circa200 milioni di euro, sono inseri-
Alluvioni in Toscana
ti nel piano nazionale contro il dissesto
idrogeologico del Governo. Tanto che il
premier Matteo Renzi, intervenendo a
sorpresa nella mattinata di ieri in Palazzo
Vecchio - dove si è celebrato un consiglio
comunale straordinario che ha visto il raduno degli Angeli delfango, accorsi da tutto il mondo cinquant'anni fa per salvare il
patrimonio culturale di Firenze - ha detto:
«Oggi sappiamo che dobbiamo investire
tutto quello che serveperché l'Arno torna
essere un alleato e nonun avversario di Fire nze.I soldi ci sono, bisogna sp end erli b ene». E non ci sono solo i soldi, ha aggiunto
Renzi, «per le casse di espansione dell'Arno, ma ci sono anche gli1,çmiliardi di euro
come abbiamo ufficialmente comunicato
ieri agli amici del Veneto, perché il 4 novembre 1966 anche Venezia e parte del Polesine ebbero danni».
Le opere a cui sta lavorando la Toscana
sono state ricordate in Palazzo Vecchio
pure dalla vicepresidente della Regione,
Monica Barni, che ha voluto sottolineare
anche quello che si è riusciti afare in questi
cinquant'anni: negli anni 9o la costruzione
del lago diBilancino, inMugello: elaprima
cassa di espansione a valle di Firenze, a
Roffia vicino San Miniato. «Questo anniversario - ha concluso Barni - non si deve
limitare a occasione di ricordo ma deve
servire arilanciare l'agenda dello sviluppo
a partire dagli investimenti nella prevenzione e nella cura del territorio».
0 RI P RIE D U710N E RISERVATA
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«L'alluvione ci insegnò che insieme si può rinascere»
MariaZegarelli
Elvezio Galanti, ha 56 anni, è un geologo
che insegna all'Università di Firenze
Scienze della Terra. È stato 35 anni al Dipartimento nazionale della Protezione civile.MaElvezioè unodegliAngelidelfango: aveva sedici anni quando l'Arno inondò Firenze. Ieri sera è salito sul palco della
Leopoldaper raccontare in cinque minuti cosa gli ha insegnato quella storia.
Cinquant'anni dopo l'alluvione di Firenze e il terremoto che sta distruggendo il Centro Italia: come si riparte
dopo prove così dure?
«L'Italia migliore viene fuori nei momenti
«Nei momenti
peggiori viene fuori
l'Italia migliore»
peggiori. Basterebbe che questa Italia diventasse migliore nella quotidianità, che
lavorasse nella prevenzione. Se così fosse
sarebbe già un grosso passo avanti».
soni, cercando insieme agli altri di salvare i
manoscritti di scrittori importanti. Quando finivo lì andavo a ripulire la palestra di
judo che frequentavo, in Borgo Pinti».
I suoi cinque minuti sul palco per dire
che cosa?
Quanto fecero la differenza gli Angeli
delfango?
Per dire che l'alluvione di Firenze seppur
sembra collocata nella preistoria, dal
punto di vista della comunicazione e
dell'organizzazione dei soccorsi, di fatto
è stata una svolta epocale per quanto riguarda l'evoluzione della protezione civile in questo Paese.
«A fare la differenza furono i cittadini, fu
la città. Oggi la chiameremo la città resiliente, ovvero un a città che reagisce ad un
evento catastrofico che lo supera e riparte. E lo fa con importanti punti di riferimento: le istituzioni ressero, tutti noi sapevamo che Il sindaco faceva Il sindaco,
gli artigiani facevano gli artigiani...Cioè
ognuno cercava di tomare in città facendo quello che sapeva fare, sapendo che il
sindaco era a Palazzo Vecchio e chele istituzioni non erano latitanti. Lacittàicittadini erano una cosa sola».
Che cosa ricorda di quei giorni?
Che spalavo fango nellacasaeditrice San -
Oggi le comunità colpite chiedono di
non essere cancellate, di ricostruire
tutto dove era. Si vincerà questa sfida?
«Si deve vincere, perché il problema che
abbiamo di fronte è quello di non ucciderel'identitàe le autonomie locali, lo Stato
deve essere sussidiario. Una grande lezione fu il terremoto del 1976 in Friuli,
quando i sindaci furono esaltati nel loro
ruolo di rappresentanti delle comunità
locali. Questo insegnamento ha fatto sì
che nella legge della nuova Protezione
civile il sindaco diventasse esso stesso
autorità di protezione civile».
Quanto ha influito l'esperienza dell'alluvione sulla sua scelta professionale?
«Quell'alluvione è stata una scuola quotidiana, di insegnamenti che arrivavano
dalla gente comune. Ancora oggi ricordo
i proprietari della casa editrice, che erano i figli del filosofo Giovanni Gentile,
spazzare il fango affianco a noi. E ricordo
ancora quel barista in via Folco Portinari, con il suo grembiule lindo che vendeva il caffè su un banchetto, con unabrocca blu, in mezzo alla strada perché il suo
locale era inagibile, pieno di nafta. Quello che ci stava dicendo, a tutti noi, era che
si poteva risorgere».
Alluvioni in Toscana
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Poppì QMi pomerig. ro appuntamenti a partire dalle 15
L'alluvione dell'Arno in Casentino
Incontro a Santa Maria a Buiano
POPPI
Oggi pomeriggio dalle 15 in poi nella pieve di Santa Maria a Buiano (Poppi) si svolge l'iniziativa dal titolo "Archeologia del
paesaggio e archeologia pubblica in Casentino - La Via delle Pievi dall'età romana al Medioevo, lungo l'Arno dal passato
al presente". Si tratta di una passeggiata
con guida ambientale e archeologi, a partecipazione gratuita. Per info e prenotazioni centro Servizi Rete Ecomuseale;
339-5235682, info a@cooperativainquiete.
it.
Alluvioni in Toscana
Dopo la breve escursione, alle 16.30 circa,
incontro sul tema "Alluvio e abluvio in
Casentino". Installazione multi sensoriale in occasione del 50esimo anniversario
della grande alluvione. Video a cura di
Pier Angelo Bonazzoli, letture di Alessandra Aricò - Suggestioni sonore di Marco
Canaccini - Immagini tratte da La Banca
della Memoria del Casentino. L'iniziativa
è stata confermata, mentre l'escursione
fra Lierna e Moggiona, sempre a cura dell'Ecomuseo del Casentino, è stata rinviata
a causa delle previsioni meteo avverse.
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tro `66
0 o le celebrazio °: fondi e impegni per scongiurare L
Per 'governo servono 6 a '. L'Autoritâ ' bacino: non astera o
«Arno sicuro». Ma quando9
«E stato calcolato che una
nuova Alluvione delle dimensioni di quella del 1966 costerebbe circa sei miliardi di danni. Dopo 5o anni non vogliamo
che la storia si ripeta», ha detto il sindaco Dario Nardella davanti al Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella,
ma perché la storia non si ripeta serviranno almeno altri sei
anni, forse nove.
Perché ancora così tanto
tempo? Perché se è finalmente
chiaro il quadro delle opere da
fare, chi paga e chi fa cosa, resta l'incertezza sulla possibilità di rispettare l'ultima data limite di un programma già slittato più volte, anche recentemente, tanto che il governo
parla di «obietto 2022» e l'Autorità di Bacino dell'Arno di
«2025 come orizzonte». La
certezza è l'accordo su cosa fare e i soldi, ma anche che Firenze con la stessa piena del
`66 andrebbe sott'acqua con
danni economici molto più rilevanti di 5o anni fa. Il quadro
delle opere per la riduzione
del rischio è frutto dell'intesa
tra Regione, ministero dell'ambiente, Presidenza del
Consiglio dei Ministri con la
struttura #Italiasicura e Città
Metropolitana di Firenze,
mentre l'Autorità di Bacino
dell'Arno si occupa di definire
le zone a rischio e i modelli di
intervento. «Oggi il rischio di
un Alluvione come nel `66 è
stato ridotto a Firenze di un
3096 , con una portata del fiume
di 3.300 metri cubi al secondo
contro i 2.2000 del 1966 e contiamo nel 2020 di aver terminato le opere che metteranno
la città in sicurezza rispetto ad
un evento del genere, anche se
la sicurezza al 100 non esiste,
complici anche i mutamenti
del clima - spiega Mauro
Grassi, direttore di #Italiasicura - E ci arriveremo in tre fasi,
con risorse già stanziate per
quasi 200 milioni, che saranno
sufficienti. La prima fase scatterà con il 2019, quando penso
saranno completate le quattro
casse si espansione di Figline». La fase due prevede l'innalzamento della diga di Levane (è in corso la progettazione) con 25 milioni di euro, la
terza la realizzazione delle casse di espansione delle Siena,
mentre l'innalzamento della
diga de La Penna «non è prevista dagli accordi, per adesso è
solo all'orizzonte», aggiunge
Le casse
d'espansione
Il primo passo in
avanti sarà la
conclusione della
costruzione delle
quattro casse di
Figline previsto
nel 2019
Diga più alta
a Levane
La seconda fase
è l'innalzamento di
10 metri della diga
di Levane, così da
contenere più
acqua: fine lavori
nel 2020
Regimazione
della Sieve
Grassi. «E chiaro che oggi i
danni sarebbero molto più ingenti del `66, ci sono molto
meno aree agricole e più auto,
tutti siamo più ricchi e le case
valgono di più - aggiunge
Grassi - Ma la riduzione di
questi danni è importante e
aumenterà: avere 4 metri di acqua in una piazza o strada ovviamente non è come avere 5o
centimetri». I quartieri a rischio di Firenze sono gli stessi,
come spiegano dalla Regione:
«Con 4.000 metri al secondo
di acqua come nel `66 il primo
tratto del centro storico ad essere interessato dalle esondazioni è quello a monte del
ponte alle Grazie, prospiciente
la Biblioteca Nazionale e tutto
11 tratto tra ponte alle Grazie e
ponte Santa Trinita. Poi, in riva
sinistra, la zona di San Niccolò, mentre le aree più critiche
esterne al centro sono Girone,
Rovezzano e Varlungo, Cascine
e Argingrosso».
«Oggi abbiamo un quadro
chiaro - afferma Marcello
Brugioni, responsabile del rischio idraulico per l'Autorità
di Bacino - noi che facciamo
modelli di rischio, la Regione
è commissario straordinario
di governo per le opere, Regione e Stato mettono i finanziamenti per i cantieri. Con le
casse di espansione di Figline
ridurremo di un altro 30% il rischio `66 per Firenze e sarei
contento se le altre opere a Levane e sulla Sieve fossero
pronte entro il 2025: i tempi di
progettazione e realizzazione
sono sempre lunghi».
Mauro Bonciani
© RPRODUZIOfd= RSERVA'A
Terza fase la
costruzione delle
casse di
espansione della
Sieve, per adesso
in calendario
Alluvioni in Toscana
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La foto sbagliata
Nei ritratti
sui principali
protagonisti
dell'Alluvione,
ieri abbiamo
pubblicato la
foto di Enrico Mattei storico
dirigente dell'Eni anziché
quella dell 'omonimo
direttore della Nazione nel
`66 (foto). Errore grave. Ce
ne scusiamo.
Alluvioni in Toscana
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E presto l'alluvione dei turi sti »
All'Odeon il film con la profezia della Bbc. Girato nel `68
«I lo paura» risponde Indro
Montanelli a Roger Graef che
lo intervistava per la Bbc a due
anni di distanza dall'Alluvione. Lo ripete due volte: «Ho
paura». «Che non cambierà
nulla, che questa catastrofe
non sarà nemmeno servita a
insegnarci qualcosa», spiega il
giornalista del Corriere della
Sera al reperter britannico
parlando di prevenzione, in
futuro, di altre tragedie. E che
«Firenze e la Toscana abbiano
smarrito la propria identità e
personalità immerse in questa
Nazione che non è una nazione». Si conclude così, con
un'intervista inedita e intrisa
di pessimismo al giornalista di
Fucecchio, il film che oggi vedremo per la prima volta in
Italia - alle 16 al cinema Odeon alla presenza del regista -
ma che la televisione inglese
mandò in onda nel 1968, suscitando molto clamore nel pubblico per il forte atto di accusa
di incompetenza e immobilismo alla città, all'Italia e ai suoi
governanti. Si intitola Why Save Florence e accompagna, tra
la voce triste di Caterina Bueno
e le testimonianze di Angeli
del fango, esperti d'arte, restauratori ed esponenti politici di allora, i momenti immediatamente successivi al 4 novembre e l'anno e mezzo seguente, tra la ricostruzione
della città e gli interrogativi
circa le responsabilità.
Why Save Florence ci descrive come un museo di bellezze messo in mano a persone che non le meritano, mettendo alla berlina una burocrazia che «è essa stessa una
forma d'arte unica al mondo»
scherza, prendendoci in giro,
il regista. Graef in un'ora di riprese racconta «un fallimento», parole sue, «di chi non
riesce a far vedere ai visitatori
stranieri che Firenze è una città viva, i cui cittadini meritano
rispetto e attenzione».
Buona parte del film si concentra su Santa Croce: i danni,
i soccorsi, i restauri. «Sono felice di sapere dei tanti restauri,
soprattutto del Crocifisso di
Cimabue - prosegue il documentarista oggi - Spero che
altri seguano il suo esempio,
in particolare la Biblioteca Nazionale». Ma mezzo secolo fa
Graef era di tutt'altro avviso:
«Non ho mai capito come mai
l'Italia sia carente di curatori
esperti rispetto ad altre realtà
come l'Hermitage, il Louvre e
il British Museum. L'idea che
si ha del vostro Paese è che vi
limitiate a considerare l'arte
come parte del paesaggio e
motore di turismo, ma non la
valorizziate, avendo invece come priorità l'economia e il calcio». Il film dimostra anche
doti di preveggenza: non sembra siano passati 5o anni
quando parla dell'emergenza
traffico in centro di Firenze,
del turismo di massa definito
«una seconda Alluvione» e
della crisi delle botteghe artigiane. Tutte cause, per il film,
di un disfacimento tanto culturale quanto fisico, reale.
Edoardo Semmola
RIPRODUZ IONE RISERVATA
0
I turisti in piazza Signoria in un'immagine da «Why save Florence»
Alluvioni in Toscana
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di alluvioni tutt'oggi e il fiume
Ombrone rappresenta ancora
un nodo da sciogliere. Ma mai
nella storia recente di questa
terra si è vista una piena
simile. «Quella mattina
dormivo, non ero a scuola
perché allora il 4 Novembre
era festa - spiega Claudia Da giorni pioveva con
insistenza e babbo se ne stava
nell'idrovora, cercando di
GROSSETO Il senso della
pompare l'acqua che già aveva
tragedia sta nel ricordo dei
invaso i campi. Quella mattina
dettagli. «Ricordo come se
arrivò allarmato e disse a
fosse ora cosa indossavo quel
mamma: "Qui dobbiamo
giorno: delle scarpe in tela
nera, un maglione fatto ai ferri andarcene, tra poco arriva la
piena"». 11 padre, dipendente
e un cappotto grigio con i che
del Consorzio di Bonifica,
dovevo ancora rinnovare. Ho
un ricordo lucidissimo di tutti decise di portare la famiglia
all'interno dell'idrovora, dove
i dettagli: queste per farle
c'era una scaletta che
capire come quel 4 novembre
conduceva a una torretta.
resterà per sempre dentro di
«Lassù ci saremmo potuti
me». Claudia Milani è
mettere in salvo - continua il
l'immagine dell'Alluvione che
nel'66 travolse Grosseto. Oggi racconto - Ci rimanemmo
tutta la notte al buio». Solo la
ha 61 anni e fa la maestra
all'asilo, ma nella foto divenuta mattina dopo la famiglia fu
salvata. «Oggi capisco la
la copertina di libri e mostre
disperazione dei miei, che
dedicate all'evento ne aveva
solo 1l. Una bambina ferma su quel giorno persero tutto»
spiega Claudia, impegnata
un tetto che grida, cercando
perché
il ricordo di quanto
aiuto. «Ancora oggi, quando
piove molto, la mia mente va a avvenuto resti vivo: con questo
spirito ha partecipato ad
quei momenti - racconta alcuni eventi organizzati a
Spero che l'Ombrone venga
Grosseto in occasione dei 5o
messo in sicurezza al più
anni dall'Alluvione, ma
presto». La Maremma è terra
soprattutto ha scritto la sua
storia in un paragrafo di un
libro (con la sua foto in
copertina). «Voglio che i miei
nipoti sappiano cosa è
accaduto - dice - Ora sono
piccoli e non possono capire».
Alfredo Faetti
Gro
=.
La bimba sul tetto,
i ricordi e l'appello:
«Ora pensate
all'Ombrone»
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Ieri e oggi Claudia Milani in alto
nella foto simbolo dell'Alluvione nel
Grossetano, sotto oggi con il marito
Alluvioni in Toscana
Pagina 352
Il miracolo (olandese) dell'acqua
Frans Sedee racconta: con i miei 140 soldati ridemmo da bere a Firenze nel fango
Nove milioni di litri d'acqua
potabile in mezzo a un mare di
fango. A Firenze, nel 1966, arrivarono migliaia di angeli del
fango a salvare le opere d'arte
della città. Ma tra i tanti volontari ci furono anche 14o angeli
dell'acqua pulita, che per 17
giorni si sostituirono all'acquedotto per rifornire i fiorentini, le scuole e gli ospedali,
tutti rimasti a secco. Furono
gli olandesi, 140 soldati dell'XI
battaglione del genio militare
dei Paesi Bassi, a installare in
città, per 17 giorni, 12 vasche
per depurare l'acqua e permettere così ai fiorentini di poter
bere. «Firenze in quei giorni
era nel caos: non c'era elettricità, non c'era acqua corrente,
non c'era nulla, non c'erano
informazioni per organizzare
il lavoro. Nella mia vita non ho
mai trovato nulla di altrettanto
difficile come quel che facemmo in quei giorni». Frans Sedee ha 83 anni, è colonnello in
pensione. Ne aveva 33, nel
1966, quando da giovane capitano fu a capo di quei 140 militari. E oggi è tornato a Firenze
per celebrare i 5o anni dell'Alluvione, come uno dei protagonista di quel novembre durissimo. L'esercito olandese,
l'unico ad avere squadre specializzate nella depurazione,
era stato contattato dalla Croce
Rossa, dopo un appello del governo italiano. I 14o partirono
dall'Olanda con 19 aerei, il 14
novembre. Senza sapere dove
andare, senza avere contatti
con Firenze, arrivarono chiedendo informazioni per strada.
cercare qualcuno che ci dicesse dove sistemarci e dove potevamo montare la nostra attrezzatura per la depurazione.
Brancolavamo nel buio». Fu il
generale Arista, dei Carabinieri, dopo ore, a indicare loro la
caserma Marini di Pistoia, come quartiere generale, e i punti strategici in cui sistemarsi
per dare acqua pulita a Firenze. Già il 14 sera gli olandesi
avevano allestito le macchine
ai due lati della pescaia di San
Niccolò. «Sì, il 14 arrivammo, il
14 ci sistemammo a Pistola, il
14 già davamo acqua potabile:
siamo olandesi, siamo tosti»,
dice Frans sbattendo in modo
sonoro le nocche sul tavolo. Il
giorno dopo, il 15 novembre,
era tutto a punto anche sul
Mugnone, con le due postazioni di piazza Dalmazia e di
Santo Stefano in Pane. Ciascuno dei quattro punti aveva tre
vasche in cui l'acqua veniva
mischiata a dei sali che la depuravano da fango, nafta e
batteri. «I fiorentini venivano
con i fiaschi, con le damigiane.
Noi con i camion portavamo
acqua nelle scuole e negli
ospedali - ricorda il militare
- In 17 giorni abbiamo dato a
Firenze nove milioni di litri
d'acqua potabile, l'unica che
c'era in città era la nostra». Gli
olandesi rimasero fino al 30
novembre, fintanto che l'acquedotto non fu rimesso in
funzione. E i fiorentini? «Ci accolsero con entusiasmo e ogni
volta che venivano a prendere
l'acqua da noi ci ringraziavano». In 17 giorni, tra fare avanti
e indietro da Pistoia e girare
per Firenze a distribuire acqua, i camion degli olandesi
percorsero 53 mila chilometri.
Dello, fatto
Arrivammo il 14,
ci sistemammo
e la sera stessa
eravamo già operativi
Poi, prima di tornare in Olanda, a lavoro finito ebbero
l'onore di essere ricevuti da Paolo VI. Frans mostra la sua foto
col Papa, fiero, ma ci tiene a ricordare che «c'eravamo tutti e
140». Più tardi, l'ufficiale sarebbe stato anche insignito
dallo Stato italiano del titolo di
cavaliere del lavoro.Ora Frans
è a Firenze, si è portato con sé
le foto di allora, i fiorentini che
riempiono i fiaschi di acqua, e
anche i documenti con tutti i
numeri, i nomi, i dati di allora.
E qui, invitato dall'ambasciata
d'Olanda, per partecipare a
una commemorazione che ricorderà anche gli angeli dell'acqua pulita. Ma non è la prima volta che torna in città, c'è
tornato molte volte da turista:
«Ci capitai per la prima volta
molti anni dopo l'Alluvione.
La prima cosa che mi venne in
mente a rivederla? Mamma
mia com'è bella e pulita... Beh,
vuol dire che ho fatto un buon
lavoro».
Giulio Gori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
«La prima cosa da fare, in
città - racconta Frans - fu
Alluvioni in Toscana
Pagina 353
iiiin'a.i,p dca
Il colonnello Frans Sedee con la carta di Firenze:
cinquant'anni fa era al comando dei 140 militari del
genio olandese che sbarcarono nella città alluvionata
e, con le vasche posizionate in quattro luoghi
strategici lungo l'Arno (foto grande)e il Mugnone,
fornirono ai fiorentini 9 milioni di litri di acqua potabile
Un fiorentino prende l'acqua coni fiaschi
Alluvioni in Toscana
Pagina 354
«A GIOVANNI E ORFEA INTITOLEREMO IL SOTTOPASSO
FERROVIARIO. E NEL 2017 DEDICHEREMO UN'AREA DEL
PAESE A FALCONE E BORSELLINO, UN'INIZIATIVA CHE
HA INCONTRATO IL FAVORE DI TUTTI I CONSIGLIERI»
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Ma il sindaco rassicura: «Presto il restauro». E si farà di più
dell'anno sarà intitolato alle due vittime
dell'alluvione un luogo della nostra città».
CINQUANT'ANNI
dall'alluvione:
Montelupo fu colpita duramente.«Ben
vengano i ricordi fotografici sul web, ben
venga la divertente commedia, che la rinata compagnia teatrale del paese porterà in scena oggi al Mignon. Sarebbe stato
bello, però, in questa occasione che ci si
fosse occupati del recupero della targa in
memoria delle vittime». Federico Pavese, consigliere d'opposizione, torna a sollecitare l'amministrazione affinchè «intervenga prima che il ricordo sbiadisca
del tutto».
MENTRE AL MMAB è in corso la presentazione del libro «Piovve sul bagnatole testimonianze più significative sull'alluvione nell'Empolese-Valdelsa», e mentre si ricordano le storie di Giovanni
Chiarugi, «panaio del paese» allora 68enne, e di Orfea Casini (le due vittime montelupine della furia dell'acqua), l'attenzione inevitabilmente cade sulla targa posta
Alluvioni in Toscana
IL PUNTO individuato è il sottopasso
ferroviario, «dove perse la vita Chiarugi
- ricorda Masetti -. Luogo evocativo, un
punto importante da recuperare in vista
anche del più ampio progetto di riqualificazione del viale. Sfrutteremo la ricorrenza del Cinquantennale come occasione
per ricordare le vittime, raccogliendo la
volontà dei parenti».
Ecco come si presenta la targa che
ricorda Giovanni Chiarugi e Orfea Casini
in viale Umberto. Indecifrabile, illeggibi-
le.
MA ANCORA per poco, come garantisce il sindaco Paolo Masetti: «Il recupero
è in corso a cura dei parenti di Giovanni
Chiarugi. Ma non è tutto. Entro la fine
QUELLA del sottopasso ferroviario è la
prima di una serie di intitolazioni che
l'amministrazione ha in programma entro la fine del mandato. «Nel 2017 dedicheremo un'area del paese a Falcone e
Borsellino - conclude il sindaco Masetti
-. Un'iniziativa trasversale, questa, che
ha incontrato il favore di tutti i consiglieri».
Ylenia Cecchetti
Pagina 355
IL PRIMO GIORNO DI APERTURA AL PUBBLICO DELLA
NOSTRA MOSTRA HA RISCOSSO GRANDI CONSENSI
TANTE LE PERSONE IN FILA PER ENTRARE
TANTISSIMI ALL' ESPOSIZIONE DE
IONE, VISITATORI ENTUSIASTI
«che emozione, è stato come rivivere tutto»
TANTISSIMI i visitatori che ieri, nel
primo giorno d'apertura al pubblico,
hanno affollato `L'Arno straripa a Firenze', la mostra che attraverso documenti
originali, immagini, filmati e cronache
dell'epoca, documenta come La Nazione
raccontò al mondo l'alluvione del'66. «È
davvero emozionante, mi ha entusiasmato - commenta Carla Ferrini -. Io abitavo vicino Ponte Vecchio, ho vissuto sulla mia pelle quei tragici momenti, e penso che i giovani, visitandola, possano ricavarne insegnamenti preziosi».
colarmente colpito - afferma la signora
Giulia Bitossi -. E interattiva e coinvolgente. Si vede molto bene il contrasto tra
l'immediatezza della comunicazione di
oggi, rispetto alla lentezza e precisione
di un tempo. E questo credo possa offrire, alle nuove generazioni, uno spunto di
ANCHE ai più giovani è piaciuta tanto:
«I documenti esposti non sono solo informativi - spiega Andrea Sartori - ma rendono anche le emozioni, raccontandomi
l'alluvione in un modo che ancora non
conoscevo». «Il video all'ingresso e le prime pagine della Nazione mi hanno parti-
riflessione molto importante». «L'equilibrio fra gli articoli pubblicati e i documenti visivi produce una grande emozione, sia a quanti hanno vissuto quei momenti, come me che ero molto piccolo,
abitavo all'ultimo piano di un palazzo in
piazza Stazione, e ricordo le macchine
«Uno spunto i riflessione
interessante peri g iovani
L'allestì ento è coinvol ente»
portate dalla corrente - afferma Giovanni Zanfarino - sia ai più giovani, che possono prenderne un'importante consapevolezza». «Anche grazie al rumore
dell'acqua di sottofondo, mi ha riportato
indietro nel tempo - spiega Paola Scotti
Fantoni - a quando avevo 22 anni. Abitavo in piazza Indipendenza, l'acqua lì invase solo le cantine, ma sento ancora
l'odore del fango e della nafta». «Questo
mostra è piena di ricordi vissuti - dice
Andrea Pratesi -. Io all'epoca avevo 16
anni. Dopo aver letto quella mattina La
Nazione, cercai di andare a vedere l'Arno, ma non feci in tempo, perché alla fine l'acqua invase anche tutte queste strade». La mostra, allestita all'auditorium
Monti di via Paolieri 2, è a ingresso libero e aperta dal lunedì al sabato, fino al 19
novembre, 9,30/12,30 - 15/18. Info e prenotazioni per visite scolastiche: marketing.firenze@monrif net.
Maurizio Costanzo
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Alluvioni in Toscana
Pagina 356
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Alla mostra non solo i fiorentini che vissero l'alluvione sulla loro
pelle ma anche tanti giovani che ne hanno solo sentito parlare
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A sinistra i visitatori mentre assistono al
filmato capolavoro realizzato da Franco
Zefirelli. Sopra la proiezione dei film
realizzato da La Nazione con il racconto
dei giornalisti e dei tipografi e, a destra,
l'ingresso della mostra con la
riproduzione della prima pagina di allora
Alluvioni in Toscana
Pagina 357
L'ARNO SI TRASFORMO' IN U N LAGO E FECE
SENTIREI SUOI EFFETTI DA BIBBIENA
AL VALDARNO FINO AD ARRIVARE A PISA
BARGELLINI DOVEVA LASCIARE NEI GIORNI DEL
DISASTRO , MA RESTO' ANCORA. I FIORENTINI:
«E' STATO SALVATO DALLE ACQUE, COME MOSE'»
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DA IERI I PALAZZI PANCIATICHI E CAPPONI
HANNO CAMBIATO NOME: LA SEDE DELLA
REGIONE Si CHIA MA «PALAZZO DEL PEGASO»
A1iuvïoneil disastro e 1a rïnascïta
a non dovrà accadere mai più»
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in
Reg ione, tar
NON SOLO Firenze. L'alluvione del `66 non ha colpito solo la
città simbolo dell'arte e della cultura nel mondo, ma tutta la Toscana. Sono 47 i morti contati in
tutto il territorio e ieri il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani ha tagliato il nastro della mostra fotografica «Le alluvioni in Toscana. La protezione civile e il volontariato oggi». Al suo
fianco, nella sala del Gonfalone, i
consiglieri dell'Ufficio di presidenza Lucia De Robertis, Marco
Stella e Antonio Mazzeo.
Il fiume non esondò
solo a Firenze, in tutto
si contarono 47 vittime
«L'Arno in quei giorni del `66 si
trasformò in un grande lago - ha
ricordato Giani - e cominciò a
produrre i suoi effetti da Bibbiena, al Valdarno superiore, poi nella Piana, fino a Pisa. Gli affluenti
non riuscivano a entrare in Arno,
con l'Elsa che portò devastazioni
e morte da Castelfiorentino a Empoli. E l'Ombrone, che mandò
sott'acqua Grosseto e la Maremma».
E NON DI sole celebrazioni ha
parlato ieri. «Quello che oggi è importante - ha detto Giani - è l'impegno fortissimo delle istituzioni
Alluvioni in Toscana
per fare in modo che non accada
mai più, con le risorse destinate
ai necessari interventi di messa
in sicurezza, e, accanto a questo,
il senso che la Toscana ha saputo
reagire e riprendersi».
Poi sono state consegnate due targhe alla memoria. A Piero Bargellini, e a Riccardo Marasco. «Bargellini - ha ricordato Giani - è il
sindaco che andava a portare con
gli stivaloni una parola buona in
ogni bottega, in ogni centro artigiano, in ogni angolo in cui si respirasse il senso della desolazione
per l'alluvione, ma anche lo spirito della rinascita. Avrebbe dovuto lasciare l'incarico due giorni
dopo quel maledetto 4 novembre
e invece si seppe conquistare unanime apprezzamento e rimase ancora un anno. È il simbolo del
buon amministratore che sa stare
tra la gent». «Nemmeno il sindaco - ha ricordato il figlio Mauro
Bargellini - fu risparmiato
,
rgeltle Marasco
dall'ironia dei fiorentini. Dicevano che il loro sindaco era come
Mosè, era stato salvato dalle acque». A ricordare Marasco «che
con sagacia e ironia seppe interpretare la rinascita» è stato uno
dei suoi amici più cari, l'avvocato
Cantinelli. «I14 novembre del `66
Riccardo stava svolgendo il servizio militare di leva nella caserma
dell'aeronautica militare alle Cascine e quel giorno era di guardia.
La palazzina dove si trovava finì
sotto due metri d'acqua e lui fu
salvato da un canotto. Anche questo spiega forse la sua caparbia ironia per non cedere alla paura
dell'alluvione vissuta da tutta la
città».
L'ULTIMO riconoscimento, il
Pegaso, è stato infine consegnato
a Giorgio Federici, il segretario
del comitato per il50° anniversario dell'alluvione, «che ha coordinato tutte le iniziative».
Ultimo appuntamento della mattinata il presidente Giani lo ha fissato in via Cavour davanti alle
due lapidi di pietra fissate al numero 2 e al numero 4. Da ieri gli
antichi palazzi Panciatichi e Covoni-Capponi, che ospitano il
Consiglio regionale e tutti gli uffici collegati, hanno cambiato nome: sono il «Palazzo del Pegaso».
Dal nome del cavallo alato, simbolo del comitato toscano di liberazione nazionale, già scelto nel
1970 per la costituenda Regione.
Paola ichera
Pagina 358
Eugenio Giani e Marco Stella con i figli del sindaco Bargellini
sindaco con or'; st a%,
e l'assessore Speranza
Sopralluogo nel fango
li
IN MEZZO al fango, con le scarpe sporche
di melma, accanto al sindaco Bargellini
c'era sempre anche il suo giovane assessore
alla cultura Edoardo Speranza, scomparso
due anni fa. Quel grintoso avvocato sarebbe
diventato un protagonista della vita politica, culturale ed economica della città. Ma
nonostante le tante esperienze politiche e la
lunga carriera, niente lo aveva toccato come
la tragedia dell'alluvione, che anni dopo raccontò così: «La mattina presto sentii grida
e rumori sordi. Via Guicciardini era un torrente. Per fortuna come cacciatore avevo gli
stivali in casa e riuscii ad arrivare a Palazzo
Vecchio, lasciando mia moglie e i miei due
bambini piccoli, Jacopo e Camilla. C'era già
il sindaco Bargellini. Lui letterato, storico,
uomo di grande cultura si rivelò in quei
giorni terribili e impegnativi un vero capo.
Mai come quel 4 novembre il mondo sentì
Firenze come la sua capitale culturale e temette di perderla. Un ruolo universalmente riconosciuto da sostenere e rafforzare».
Alluvioni in Toscana
Pagina 359
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DATO in scena al Teatro Niccolini «Sotto una
E'
gran piova d'acqua...», a cura di Sandro Bennucci, Marcello Mancini e Massimo Sandrelli, con gli attori della
Compagnia delle Seggiole Fabio Baronti, Luca Marras,
Andrea Nucci e Sabrina Tinalli. Una narrazione teatrale di quel tragico evento accostata a documenti d'archivio e a riflessioni con ospiti: Giorgio Bonsanti, Luca
Bellingeri, Zeffiro Ciuffoletti. In platea anche Antonello Venditti che nel 1966 fu fra gli angeli del fango
Alluvioni in Toscana
Pagina 360
BUONA DOMENICA
di LUIGI CAROPPO
VIVA LA GENTE
IN REDAZIONE
INCAPPUCCIATI
DA VERGOGNA
C'È UN PASSAGGIO
nell'editoriale della prima
pagina de La Nazione del 6
novembre 2966, quando Firenze
stava vivendo la tragedia
dell'alluvione e il nostro giornale
contava ingentissimi danni, che
mi preme ricordare: «Quello che
abbiamo subito ci ha f "atto sentire
pr"ù che mai vicini ai nostri
lettori. La nostra sola missione e
la nostra unica gloria sono quelle
di vivere intimamente la vita del
popolo toscano, del popolo
fiorentino in particolare, le ore
liete e le ore oscure, la gioia e la
sofferenza. Ci reputiamo quindi
fortunati di" essere stati in
primissima linea nel dramma
che il popolo fiorentino, e tanta
parte delle genti toscane, hanno
vissuto e tuttora vivono da quel
mattino di venerdì 4 novembre in
cui l'Arno travolse e scalvalcò gli"
argini e traboccò sull'abitato
cittadino con la sua sinistra
ondata, apportatrice di
desolazione e di lutto». A 50 anni
Alluvioni in Toscana
di distanza ci reputiamo
fortunati di essere in primissima
linea tutti i giorni a fianco dea
nostri lettori, per la nostra città.
Econ questo spirito La Nazione
ha aperto le porte della
redazione da ieri a mezzogiorno
a una fiumana di gente. La
nostra gente, che voleva
ammirare la mostra (capace di
unire storia e innovazione) e
sentirsi tutt'uno col giornale di
Firenze, protagonista 50 anni fa
di una vera e propria
sollevazione afavore degli aiuti
che non stavano arrivando da
Roma. A quella gente, famiglie,
anziani e giovani, coppie, angeli
del fango o alluvionati, che ha
fatto la fila per entrare e a quella
che aspettiamo da domani, il
nostro grazie di, cuore. Gente
vera che vuol bene a Firenze e al
suo giornale. Bella gente nella
sua semplicità di emozioni, occhi
lucidi, voglia di far conoscere a
figli e nipoti quello che è
accaduto sotto il cielo plumbeo
del novembre del '66. Da
vergogna, invece, gli
incappucciati che sono sfilati
carichi di, violenza e poco da dire
da piazza San Marco ai viali
sostando a lungo proprio davanti
alla nostra sede. Non erano solo
contro il referendum, sono
sempre contro tutto e tutti. Se
avessero permesso di slare
verso piazza Duomo e a1
Leopolda, i manifestanti,
avrebbero lasciato il solito
scenario da vandali. Altro che
dire no alla riforma.
«Manifestare e protestare sono
un diritto, usare violenza per
avere visibilità è ignobile» ha
tuonato giustamente il sindaco
Nardella. Viva Fiorenza. Quella
vera. Gon la testa alta, non
incappucciata. Buona domenica.
Pagina 361
IL FIORENTINO
di GIOVANNI PALLANTI
L'ESEMPIO
E DEGLI ITALIANI
DEI FIORENTINI
QUESTA volta parliamo degli italiani
e dea faorentana.
Per lungo tempo si è detto che il nostro
popolo è debole e che, nelle disgrazie, è
anche molto piagnucoloso. I
comportamenti dei fiorentini del dopo
alluvione del 1966 e quello dei
terremotati, ai nostri giorni, dell'Italia
Centrale, sono stati completamente
diversi. Salvo rare eccezioni i fiorentini
di cinquant'anni fa si misero subito a
riparare i danni dell'alluvione con pochi
pianti e molta voglia di lavorare per
ricominciare a lavorare e restituire la
città al suo splendore.
In questi giorni la stessa cosa sta
accadendo nei Comuni delle Marche,
dell'Umbria e del Lazio che sono stati
massacrati dal terremoto.
Anzi, le popolazioni di quei Comuni
sono state ancora più forti dei fiorentini
del 1966 perché, bisogna dire la verità, il
terremoto è molto peggio dell'alluvione.
Per non parlare poi delle popolazioni
del Friuli distrutte anch'esse dal
terremoto e diventate un esempio civile
per come si comportarono, per come
seppero rialzarsi e per come ricostruirono
i loro paesi distrutti dalla furia degli
elementi.
Allora, tirando le somme di questo
ragionamento: gli italiani sono molto
meglio di come vengono raccontati.
Soprattutto in occasione delle catastrofi
naturali, soprattutto quando c'è davvero
da rimboccarsi le maniche, riaprtire e
magare aiutare anche chi è stato più
sfortunato. Catastrofi che potrebbero
essere anche, in qualche modo, regolate
preventivamente... Ma questo è un altro
discorso.
Alluvioni in Toscana
Pagina 362
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Alluvioni in Toscana
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Pagina 363
LE ISTITUZIONI
IL MONDO DELLA CULTURA
ALLA MOSTRA IL SOTTOSEGRETARIO LUCA LOTTI,
L'EUROPARLAMENTARÉ 5IMON
IN AUDITORIUM IL REGISTA GABRIELE LAVIA,
CINZIA TH TORRINI E MARCO GIORGETTI
DIRETTORE DEL TEATRO DELLA PERGOLA
E L'EX SINDACO DI FIRENZE GIO
O MORALE
L'IMPRENDITORIA
IL PATRON DELLA FIORENTI NA ANDREA
DELLA VALLE, WANNY DE FILIPPO DEL BISONTE
E LEONARDO BASSILICHI (CAMERA DI COMMERCIO)
Immagini e ricordi, che_ oom
-D, ,Lotti a Della Valle, tanti ospiti per l'apertura de
di TITTI GIULIANI FOTI
«UNA MOSTRA bellissima e
importante, chiara e senza fronzoli che vuole sono fare una cosa: raccontare. E la fa benissimo». Così il maestro Gabriele
Lavia ieri all'inaugurazione
della mostra «L'Arno straripa
a Firenze» aperta ieri alla città
e che tutti potranno vedere gratuitamente fino al 19 novembre nella sede del nostro giornale, in via Paolieri 2. Commossa
e partecipe di questo tuffo nel
passato che la riguarda dal più
profondo la nostra editrice, Marisa Monti Riffeser, figlia di Attilio Monti, editore che accoglieva a Bologna, nella sede del
Resto del Carlino, i giornalisti
de La Nazione che portavano
lì a stampare le pagine del giornale. L'alluvione dunque, trattata in questo percorso quasi come un racconto mediatico e
umanissimo: ieri tantissime
persone sono state a rendere
omaggio non solo al nostro
giornale ma in qualche modo a
una famiglia che ha fatto grande la storia di Firenze.
Le immagini su touchscreen
arrivano al cuore: lo stilista Toni Scervino è commosso, come
lo sono l'ex sindaco di Firenze,
Giorgio Morales, e la regista
Cinzia Th Torrini che da addetta ai lavori, riconosce la bellezza dei filmati proposti. Uno,
è quello famoso, di Franco Zeffirelli; l'altro è una testimonianza dei nostri colleghi che
raccontano quel che accadde
quel 4 novembre dei 50 anni
fa, e l'ha curato il nostro Stefano Cecchi. Ci sono nomi illustri di colleghi: Sandro Bertuc-
Alluvioni in Toscana
celli, figlio di Elvio, mitico capocronista de La Nazione e
Paolo Ermini.
Visita gradita anche quella
del presidente della Camera
di Commercio Leonardo Bassilichi. E c'è anche il presidente della Fondazione Teatro
della Toscana e direttore della Pergola, Marco Giorgetti:
«E' qualcosa di straordinario
- ammette - che va oltre il vedere e arriva a farci sentire».
Un antiquario e gallerista come Filippo Pananti, e professori come Cosimo Ceccuti e
Sandro Rogari: «E' una commozione vedere, rivivere», dicono quasi insieme i due docenti. Un riconoscimento meritato per Federica Rotondo,
che questa mostra ha messo
su con impegno, arriva anche
dai vecchi colleghi, maestri
per noi, che hanno nomi come Aurelio Scelba, Cesare
Sartori, Guido Parigi Bini,
Antonio Villoresi, Enrico Bosi. Tra i politici la fiorentina
eurodeputata Pd, Simona Bonafe e il coordinatore di Forza Italia Marco Stella. C'era
anche il coloratissimo Wanny Di Filippo, patron de Il Bisonte con la sua inconfondibile giacca Casentino: «Vorrei
quasi averla fatta io questa cosa da quanto mi piace», dice
sorridendo.
Come l'ex ministro Lamberto Dini, ognuno ha il suo ricordo. C'è Donatella Luccianti dè Peverelli e c'è Francesco Mazzei figlio di quel
Lapo Mazzei presidente del-
la Cassa di Risparmio di Firenze dal 1980 al 1992. Un saluto e un ringraziamento alla
signora Monti Riffeser «per
questa mostra - dice - che dovrebbero vedere tutti i giovani». All'inaugurazione presenti anche don Giovanni
Momigli,
l'imprenditore
Niccolò Manetti, il presidente di Confesercenti Toscana
Nico Granchi col portavoce
Lapo Cantini e Paola Morini
in rappresentanza di Cna.
Arriva il sindaco Dario Nardella e il Sottosegretario di
Stato alla presidenza del consiglio Luca Lotti: solo complimenti per un lavoro fatto
col cuore. E con il grande potere di qualcosa di infinitamente lieve e importante: la
carta.
Pagina 364
IL NOSTRO ARNO 1966-2016
L'APERTURA AL PUBBLICO
DOPO L'INAUGURAZIONE DI VENERDI' CON IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA MATTARELLA
IERI L'APERTURA DELL'ESPOSIZIONE AL PUBBLICO
II giornale
protagonista
Anche ieri, dopo
l'inugurazione con il Capo
dello Stato, Sergio
Mattarella, la signora Marisa
Monti Riffeser, presidente di
Poligrafici Editoriale, ha
voluto essere presente
all'apertura al pubblico. Con
lei il direttore de La Nazione
Pier Francesco De Robertis
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Alluvioni in Toscana
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Pagina 365
La consigliera comuná4e Maria e ederca Giuliani cc ì 3 cäirakYeara di
sede de La Nazione Stefano Fa st s , il sólttosegrs t.,ric lo,,a letti
Alluvioni in Toscana
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Pagina 366
PARLA L'EX VICE PREFETTO RUSSO
«In pochi minuti la città
venne somw_,ersa dall'acqua»
«QUELLA mattina non me la potrò mai dimenticare». Francesco
Russo, 94 anni, ex vice prefetto di
Grosseto, quando ripensa a quelle
ore di cinquant'anni fa, appare ancora molto commosso. «Noi abitavamo in via Crispi dove risiedo
tutt'ora - ricorda emozionato Russo
- e quella mattina avevo detto a mia
moglie Caterina che prima di andare in ufficio sarei passato a prendere
un po' di pane, come ero solito fare,
nel negozio di alimentari, ora non
c'è più, che si trovava all'inizio di
via Crispi. Lei mi rispose che sarebbe scesa in cantina per mettere a posto alcune cose. Ebbene io la salutai,
andai a prendere il pane e, poi, mi
recai in ufficio dove svolgevo il ruolo di dirigente superiore in Prefettura. Dopo poco si scatenò il finimon-
Alluvioni in Toscana
do». E a questo punto si accentua un
po' di emozione. «In pochi minuti la
città venne sommersa dall'acqua prosegue Russo - e io pensai subito
a mia moglie che era in casa con nostro figlio Pasquale. Quando arrivai
vicino a casa l'acqua mi arrivava alla
cintola dei calzoni. Impossibile salire in casa. Io ero preoccupato perché
non avevano più avuto notizia di
mia moglie. Allora mi misi ad attendere, su viale Sonnino, sul selciato
della ferrovia. Dopo alcuni minuti.
Finalmente, vidi la tendina della finestra che si apriva e c'era mia moglie con il piccolo Pasquale in braccio. Per me fu una vera liberazione.
In casa, al secondo piano, riuscii a salire dopo molto tempo grazie ad alcuni mezzi di fortuna».
Paolo Pighini
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Quelle ore drammatiche nel racconto di Claudia Milani
AGGRAPPATA al tetto da cui sta
per essere salvata grazie agli elicotteri del 4° Stormo dell'Aeronautica
Militare. In questo modo è ritratta
Claudia Milani, che nel 1966 aveva
solo undici anni. E diventata una
delle immagini simbolo dell'alluvione in Maremma poiché figura in
bianco e nero sulla copertina del libro di Luciano Bianciardi e Pilade
Rotella, corredato dalle fotografie
dell'agenzia BF. Claudia abitava
con i genitori e i fratelli nella campagna di Cernaia fra Grosseto e Castiglione della Pescaia, dove suo padre lavorava al Consorzio di Bonifica come addetto al controllo
dell'idrovora. «Mio padre decise di
portarci dentro all'idrovora, dove
c'era una scaletta a chiocciola che
conduceva a una torretta; lassù ci saremmo potuti mettere in salvo. La
torretta - ricorda Claudia Milani,
che poi è diventata maestra, moglie, madre e nonna - era scomoda
e fredda. Ci mettemmo a sedere sopra il pavimento, avvolti nelle coperte portate da babbo e lì rimanemmo tutta la notte al buio. Sopra di
noi sentivamo gli elicotteri che volteggiavano, ma non ci avrebbero
mai potuto vedere dentro quella torretta. Il babbo allora appoggiò una
scaletta di legno sotto la finestrella
vicino al soffitto, per lanciare un richiamo d'aiuto.
UNO alla volta passammo, con
grande paura, dalla torretta sul tetto dello stabilimento. Il tetto era pericolante poiché doveva essere ristrutturato e sotto di noi c'era tutta
quell'acqua sporca, alta circa quattro metri, che mulinava. Un elicottero sopra di noi non poteva abbassarsi, perché sul tetto passavano i fili della corrente. Babbo tirò fuori
un coltellino, che portava sempre
con sé, e tagliò i cavi, sperando che
ormai non ci fosse più corrente: bi-
sognava rischiare! Sul quel tetto altissimo io gridavo, perché temevo
di cadere: la ventata delle pale era
tanto potente che mi sbilanciava.
Poi mi feci coraggio perché pensai
che non potevo mollare proprio ora
che arrivava la salvezza. L'elicottero si abbassò e uno alla volta salimmo all'interno». Nell'equipaggio
della 604» Squadriglia dell'Aeronautica che nel novembre del 1966 partecipò ai soccorsi per l'alluvione
c'era l'allora giovane sottufficiale
Felice Caldora, motorista di bordo.
AL TEATRO degli Industri, nel
corso del convegno organizzato dal
Rotary Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi» per il
50° anniversario, Caldora ha ricevuto il riconoscimento «Paul Harris
Fellow» proprio per il suo intervento durante quei drammatici giorni.
Il ricordo dell'alluvione del 4 novembre del 1966 è tenuto vivo
dall'iniziativa de La Nazione. Fino
all'8 dicembre i lettori riceveranno
in regalo in edicola, in abbinamento con il quotidiano, dodici straordinarie fotografie dell'epoca e il contenitore per raccogliere questa nuova
collezione che racconta la Maremma. Le foto sono distribuite gratuitamente ogni martedì e ogni giovedì e provengono da due archivi importanti: l'Archivio Fratelli Gori e
l'Archivio Giacomo Aprili.
Irene Blundo
PARTECIPAZIONE Tanti grossetani hanno preso parte alla due
giorni di convegno organizzata al teatro degli Industri dal Rotary
Alluvioni in Toscana
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SOPRALLUOGO A TO NO E ACCUSE CONTRO L'AMMINISTRAZIONE
«La sicurezza idraulica
esiste, ®
SICUREZZA idraulica al monte: per i cinque
stelle è tutto da rifare. «Come potete vedere ha detto il consigliere comunale Francesco De
Pasquale, ieri pomeriggio in sopralluogo a Torano - l'alveo seminaturale ha una velocità di
afflusso d'acqua molto inferiore a quello realizzato dall'uomo di recente costruzione. Si parla
di una differenza tra un'autostrada e una mulattiera. Serve rivedere questo metodo di sicurezza idraulica. Nell'alveo realizzato dall'uomo si vede chiaramente come la potenza
dell'acqua si sprigioni senza trovare ostacoli».
Alluvioni in Toscana
'
fa sempre paura»
Nel giorno dell'anniversario dell'alluvione di
due anni fa, si è tenuta l'assemblea del consiglio dei cittadini di Marina sul masterplan della Regione per la sicurezza del Carrione. La
presidente Lara Benfatto fa il punto: «I primi
interventi saranno sulla parte di argine crollato che al momento non sono ancora iniziati.
Visto il protrarsi dei tempi chiediamo al sindaco se può sollecitare l'inizio dei lavori. Ricordiamo che sono passati già 2 anni dal tragico
evento e che le piogge stanno tornando copiose. I marinelli non dimenticato e vorrebbero
che la sicurezza dell'argine fosse una priorità
per l'amministrazione. Inoltre durante il consiglio si è evidenziato il fatto che lo studio Seminara non tenga in considerazione la totalità
dell'ambiente
circostante,
escludendo
dall'analisi anche il piazzale città di Massa.
Che questo non rappresenti una criticità per
lo sbocco del fiume ? Lo studio non si deve
limitarsiad una mera analisi del fiume proponendo soluzioni drastiche come l'abbattimento dei ponti, ma debba guardare anche alle criticità presenti alla foce come i due ponti esistenti che restringono notevolmente lo sbocco
al mare».
Pagina 369
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LL'crtj14'
rinviato domenica 13
per colpa del maltempo
Santa María a Monte
Per colpa del maltempo lo
spettacolo teatrale in
programma ieri sull'argine
alle Gallette tra Ponticelli e
San Donato, dove l'Arno
ruppe il4 novembre 1966, è
stato rinviato a domenica 13
novembre alle 16,30.
Saranno gli attori dei
Pensieri di Bo' a mettere in
scena «Se io fossi acqua».
Oggî a Vii tta
cc
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i premi L« ri üi»
L'Arno protagonista
Santa Croce
A Santa Croce le iniziative a
50 anni dall'alluvione al via
oggi alle 18 con le
premiazioni dei giovani
partecipanti al concorso
artistico-letterario «Mario
Marianelli»: tema l'Arno.
Premi peri primi tre
classificati nelle sezioni
racconto e poesia e arte. Una
trentina i partecipanti.
Alluvioni in Toscana
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0
INQUIETANTE
IN POCHE ORE I LIVELLI
DEI FIUMI RAGGIUNSERO
QUOTE IMPENSABILI
IN SOLI DUE GIORNI VENNE
METÀ DELLA PIOGGIA
CHE CADE IN UN ANNO
ASSOC IAZIONE METEOROLOGICA
team
che
ha
studiato
e -1 1 410
ciei disastro
«Senza precedenti»
no
%„
di
TIUSCIA VASELLI
IL 4 NOVEMBRE 1966 la nostra regione e la nostra provincia
hanno conosciuto la più severa
ondata di maltempo degli ultimi
600 anni: in soli due giorni è caduta metà della pioggia che mediamente cade in un anno. Per intenderci, 400 litri di pioggia per metro quadro in due giorni, in zone
che mediamente ne ricevono da
800 a 1.300 circa in un anno.
E' grazie al lavoro dei ragazzi
Fu la più severa ondata
di maltempo
degli ultimi 600 anni
dell'Associazione Meteorologica
Senese - giovani studiosi che oggi
raccolgono l'importante eredità
di padre Vittorio Benucci e monitorano costantemente i movimenti di terra e cielo - che sono state
ricostruite le cause del fenomeno
che buttò sott'acqua la Toscana: i
piccoli passaggi che, nei giorni
precedenti il disastro, hanno creato le condizioni atmosferiche di
una tale eccezionalità. Un lavoro
.
minuzioso, per raccontare ciò che
portò alla vigilia dell'alluvione.
Dal primo pomeriggio del 3 novembre, infatti, anche nel senese
la pioggia torrenziale era oramai
purtroppo una realtà. In città si segnalano alberi caduti in viale Armando Diaz, frane in via Mattioli, dove 40 metri di muro del Tolomei sono precipitati sulla strada.
Disagi anche in via degli Orti, in
via Celso Cittadini, a Costafabbri,
in via Simone Martini ed in via
Nino Bixio.
L,Z
J
dì espertì
I giovani studiosi oggi
raccolgono l'importante
eredità i padre Vittorio
Benucci e monitorano
costantemente
nei
dintorni
della
città
ANCHE
la situazione è drammatica: smot- i movimenti di terra e cielo
tamenti di terreno e cadute di alberi sono segnalati un po' ovunque, così come danni ingenti a
strade, linee ferroviarie, del telegrafo, telefonica ed elettrica. I tor
renti minori sono esondati: il
Massellone si è improvvisamente
ingrossato invadendo la strada statale 408 chiantigiana, così come
impercorribile risulta la statale
223 grossetana, a causa del Merse.
Molti paesi sono invasi dall' acqua: Gaiole in Chianti, Taverne
d'Arbia, Monteroni d' Arbia, ove
il torrente Arbia ha invaso tutti i
primi piani delle abitazioni. Disagi poi a Buonconvento, Rosia, Badesse, Staggia Senese, Rigomagno.
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n
Hanno ricostruito i piccoli
passaggi che, nei giorni
precedenti il disastro
hanno creato le condizioni
atmosferiche
i una tale eccezionalità
§ERE E OGGI
Una foto d'epoca dell'alluvione del'66
A sinistra, scatto di gruppo
dell'Associazione Meteorologica Senese
Alluvioni in Toscana
Pagina 371
BUONA DOMENICA
di ENRICO SALVADORI
UNATERRA
SOLIDALE
GIORNI intensi e carichi di
ricordi quelli che abbiamo
vissuto. Intensi e scolpiti nella
memoria di chi era già
adolescente o adulto o di chi,
come chi scrive, era bambino
ma ha ancora ben impresse
nella mente le immagini di quei
giorni. E per noi de La Nazione
la rievocazione del mezzo secolo
dall'alluvione è ancora più
sentita con la bellissima mostra
nella nostra sede fiorentina
visitata anche dal presidente
Mattarella. La Nazione in quei
giorni fu punto di riferimento
per tutti, fiorentini e toscani. E
nel suo ruolo di servizio
indispensabile raccontò anche
lo slancio dei viareggini e dei
versiliesi che è stato
giustamente celebrato anche in
questi giorni in città. Volontari
che strapparono vite untane
dalle acque, `angeli delfango'
che salvarono il patrimonio
culturali, bagnini impegnati con
i loro mezzi da mare ma
ugualmente utili per mettere al
sicuro le persone. A coordinare
gli aiuti come primo e unico
uomo di governo in quelle
frenetiche ore del 4 novembre fu,
un viareggino, il senatore
Pieraccini allora ministro del
governo Moro. Il grande cuore
Alluvioni in Toscana
di Viareggio e della Versilia si
aprì come in questi 50 anni si è
ripetuto in più di un'occasione.
E lo hanno sottolineato, se mai
ce nefosse bisogno, anche da
coloro che in quel luglio 2009
vennero ad aiutarci dopo il
disastro della stazione.
«Viareggio e la Versilia sono
sempre in prima fila dobbiamo
esserlo anche noi in questa
occasione» ripeterono coloro
che risposero presente. E anche
in questi giorni di celebrazioni
del cinquantennale sconvolti
dalla tragedia del terremoto del
centro Italia, Viareggio e la
Versilia ci sono ancora. Con i
loro slanci di solidarietà fatta di
assistenza sul posto e non solo.
Non sappiamo quanta di quella
povera gente - che vediamo ogni
giorno in Tv soffrire per un
sisma che non dà tregua e ti
uccide nell'anima - verrà qui da
noi. Ma anche se nessuno
accetterà l'invito o saranno in
pochi a farlo, l'aver messo a
disposizione le nostre strutture
ricettive è un'altra pagina del
libro che parla del grande cuore
della nostra gente. Siamo a
volte fin troppo polemici,
sappiamo spesso dividerci, ma
quando c'è bisogno di aiutare
chi ha davvero bisogno noi ci
siamo. Giusto rimarcarlo.
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Un tocco e riaffiorano le imma
«Colpiti a1 cuore da quel disastro»
L'Anio sr' a a Firenze', tanti 'ospiti all'apertura della mostra de
FIRENZE
UNA LIEVE carezza sul tavolo luminoso sposta le foto che scorrono incisive e senza filtri, piene di
acqua e di ricordi. «Fango e carta
sono le due cose più importanti.
E non si sa perché siano così importanti e arrivino dritte al cuore
cinquant'anni dopo, riproposte
in questa mostra straordinaria». Il
placet di un maestro del teatro italiano, Gabriele Lavia.
E quello di Marco Giorgetti, il
presidente della Fondazione Teatro della Toscana e direttore della
Pergola: «E' una occasione stupenda. E gli angeli del fango li rivedo in questo giornale che ha nella sua memoria giornalisti eroici
in anni pazzeschi». Parole schiette per tributare un saluto riconoscente alla presidente della Poligrafici Editoriale, Marisa Monti
Riffeser per questa esposizione
multimediale inaugurata ieri dal
titolo L'Arno straripa a Firenze, che
si potrà vedere a La Nazione - via
Paolieri, 2, Firenze - fino al 19 novembre, a ingresso libero.
re la mostra della memoria. In questo auditorium pensato per gli incontri di giornalisti e diventato itinerario, c'è il presidente del consiglio regionale, Eugenio Giani e c'è
la fiorentina eurodeputata Pd, Simona Bonace . L'ex premier Lamberto Dini con la moglie ricorda
quei giorni carichi di emozione. E
ha il suo ricordo anche un sindaco
che Firenze ha amato: Giorgio Morales. E arriva anche Andrea Della
Valle patron della Fiorentina. Una
carezza, due, dieci servono per sfogliare pagine touch, e arrivare a ricostruire il racconto dell'alluvione
di Firenze con testimonianze dirette. Piace questa idea delle pareti
Tre le proiezioni visibili alla
mostra . Una dell'istituto
Luce, l'altra girata dal
maestro Franco Zeffirelli e
l'ultima, inedita, è prodotta
e realizzata da La Nazione
Nazione
Sui quattro touch screen al
centro dell'auditorium Monti
è possibile osservare le foto
tratte dai nostri archivi e
anche quelle che sono state
inviate dai lettori al giornale
quelli a cui dobbiamo molto del nostro lavoro e della nostra memoria:
Aurelio Scelba, Cesare Sartori, Guido Parigi Bini, Antonio Villoresi,
Francesco Bosi, Umberto Cecchi.
«L'alluvione di Firenze è un miscuglio di sentimenti, come l'acqua
marrone piena di nafta e cose che
galleggiano», dice lo stilista Toni
Scervino. «Una bella mostra che
Sempre sugli schermi al
centro dell'esposizione sono
visibili le pagine del giornale
di quei giorni. La tecnologia
touch consente di poterle
sfogliare e leggere
che grondano alluvione anche alla
regista Cinzia Th Torrini e piace a vorrei aver fatto io - sorride WanFrancesco Mazzei - figlio di Lapo ny Di Filippo, patron de Il Bisonte
Mazzei, ex storico presidente della - . Perchè racconta di noi, che siamo la gente comune».
Cassa di risparmio di Firenze - che
La nobiltà con Donatella Lucciansi congratula con la signora Marisa ti de' Peverelli: «La Nazione fu vitMonti Riffeser. «Questa mostra do- tima ed eroe di una guerra strana,
vrebbero vederla tutti i giovani», le contro la corrente e un fiume imdice. Sono qui i vecchi colleghi, pazzito. E questa forza oggi fa ancora commuovere».
IL FAMOSO film di Zeffirelli, i
quadri con le prime pagine, sono il
racconto di questo percorso che sta
su touch screen: arriva il sindaco
di Firenze, Dario Nardella e il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Luca Lotti. Camminano e
ammirano attenti il lavoro scarno,
efficace e senza fronzoli per costruì-
Alluvioni in Toscana
Pagina 373
P %>la ap/,;„-Iu,
atte scuoLe
Il futuro ha le radici nel
passato. La Nazione vuol
mantenere viva la memoria
con 'L'Arno straripa a
Firenze ' rivolgendosi anche
ai più giovani . Le scuote
possono prenotarsi per
visite guidate tutti i giorni
dalle 9 ,30 alle 12,30 e dalle
15 alle 18 allo 055 . 2495870
íIk'ILIj ci,
1 "I %,Ti li sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti
con P,' -., isa Monti Riffeser, presidente di Poligrafici Editoriale
Un gran parterre di vip ha
presenziato ieri mattina
all'inaugurazione della
mostra organizzata
da «La Nazione » per il 5011
anniversario dell'alluvione
di Firenze . Sono intervenuti
personaggi della politica e
delle istituzioni , tra cui
diversi esponenti del
governo e motti sindaci
toscani , e alcuni dei più
grandi nomi del mondo dello
spettacolo e delta moda.
L e foto grväR%.,n
Alluvioni in Toscana
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1) Lamberto e Donatella Dini 2) Marisa Monti
Riffeser, Wanny Di Filippo e Eugenio Giani
3) Marco Giorgetti e Gabriele Lavia 4) Angelo
Zubbani e Margherita Cassano 5) Andrea Della Valle
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La voce
nei giorni più duri
6) Francesco
M azzeì
con la figlia,
7) Cosimo
Ferri
e Toni
Scervino,
8) Luca
Bassìlìchi,
Cinzia Th
Torrini, Dario
Nardella e
Luca Lotti
Alluvioni in Toscana
Il titolo ' L'Arno straripa a
Firenze ' è lo stesso con cui il
giornale uscì il 4 novembre
1966. La N azione, unico
g iornale in Italia, seppe
raccontare l'alluvione anche
con l'aiuto delle rotative del
quotidiano ' fratello ', 11 Resto
del Carlina di Bologna.
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iinediti a La Nazione
esposizione fino t 19 novembre
La mostra di immagini, anche inedite, allestita
da La Nazione è visitabile fino al 19 novembre, a
ingresso libero da via Paolieri, dal lunedì al
sabato, dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 18.
tt'
it ri
ti
Attitio
i reperti dannegg iati datt'acqua
In esposizione all`auditorium 'Attilio Monti°
nella sede de La Nazione anche le collezioni
del giornale che furono danneggiate da acqua e
fango e che furono poi recuperate
coda. ti a prime pagine e filmati
. nuno con la propria storia
Sfilano le generazioni: dai giovanissimi ai testimoni di quei giorni
FIRENZE
QUELLI che c'erano, vivendo il dramma in
prima persona. E quelli che l'hanno solo sentito raccontare. La mostra «L'Arno straripa a
Firenze» ha accolto ieri una grande folla di
persone: alcuni armati di tablet e smartphone per catturare le immagini, altri attenti alle
spiegazioni e ai filmati. Ma l'interesse ha unito le generazioni, come ha dimostrato Carla
Gori, arrivata con la figlia Sabrina Bartolozzi
e il nipote Alberto Capuano. «Veniamo da
Prato - spiega la signora Gori -. Abitavo li anche allora, mentre mio fratello aveva la casa a
Peretola. Due giorni dopo l'alluvione presi
un autobus per andare a vedere cosa era successo. Mi sono resa conto del clima di desolazione, con l'acqua potabile portata dalle autobotti». E figlia e nipote hanno sottolineato la
curiosità di sapere cosa era successo allora.
Ogni visitatore della mostra ha la propria sto-
ria da raccontare come Piero Lachi: «Io sono
originario di Siena e il dramma dell'alluvione l'ho vissuta nell'Antico setificio fiorentino in San Frediano. Era un laboratorio dove
si lavorava anche per Gucci con telai dotati
di pantografi traforati che per quegli anni erano moderni. Il titolare, il signor Mazzucchi,
era di Siena e arrivai dalla mia città insieme a
un gruppo di scout. Era tutto distrutto. Rileggendo le pagine della vostra mostra, vedo
che la Nazione parlava meno dell'Oltrarno.
Eppure lì l'acqua devastò tutto».
Chi ha trovato le cronache della propria zona, quella di Via Gioberti, è Rita Baroncelli:
«Fu impressionante vedere come un rigagnolo d'acqua diventò in poco tempo un'onda di
oltre un metro. Mio zio fece in tempo a salvarsi dopo aver chiuso il negozio: l'acqua arrivò fino al primo piano e non potei uscire
per un mese».
«Noi non avevamo tempo di leggere il giornale - raccontano Rossella Lupi e Mario Barchielli -; eravamo a togliere il fango, così come tanti altri cittadini prima dell'arrivo degli "angeli". Da questa mostra si capisce bene lo spirito dei fiorentini che hanno agito
subito senza stare a lamentarsi».
Al,
TI 1°,í ""Putti in fila ieri pomeriggio
per entrare nell'auditorium de La Nazione
Alluvioni in Toscana
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Gi
•
•
Amici
•
•!!
!
300 fan al P azzale
i
NA felpa in onore del
"Bar Necchi" e via per
U le strade di Firenze a
fare "zingarate". Sono più di
300 le persone provenienti
da tutta Italia che ieri hanno
sfidato la pioggia per essere
al Piazzale Michelangelo,
luogo di ritrovo per il primo
raduno dei fan di Amici miei.
Si, perché la terrazza fiorentina è la protagonista di una
scena del capolavoro di Mario Monicelli. «Che tragedia
41110
10111;1'
ragazzi, questa alluvione ci B fan di "Amici miei"
Alluvioni in Toscana
ha alluvionati anche dentro»
dicevano gli Amici osservando dall'alto una città piegata
dall'alluvione del'66. A 50 anni da quella data, la pagina Facebook Conte Raffaello "Lello" Mascetti, insieme a Radio
Firenze, ha organizzato un
tour alla riscoperta dei luoghi
del film. Muniti di ombrello e
impermeabile, i partecipanti
hanno camminato per 4 chilometri per poi concludere allo
Spazio Alfieri con un aperitivo a base di "birra Mascetti" e
visione dell'atto II della trilogia.
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Q` 11/E
ANGELI
DELFAINGO
PRE
SEMPRE
di LUIGI VICINANZA
Freddi numeri le statistiche.
Sequenza di aride cifre.
Sanno essere spietate, a
volte, le statistiche. Eppure c'è
un dato, appreso in questi giorni, che mi scalda il cuore. Tra i
giovani diciottenni, freschi di diploma, cresce la voglia di affrontare la dura carriera militare in
marina. Motivo? Salvare vite
umane. Si, soccorrere quelle
donne e quegli uomini coi loro
bambini ammassati su mortali
barconi dai mercanti di carne
umana.
All'Accademia Militare di Livorno, che proprio oggi compie
135 gloriosi anni, mi è stata mostrata una sfide: dal 2013 fino a
quest'anno è cresciuto del 32% il
numero delle domande per entrarvi; 6.200 giovani contro
4.700. Solo un gruppo ristretto
verrà ammesso, un centinaio
all'anno. Ma la tendenza è netta.
Il contrammiraglio Pierpaolo Ribuffo, comandante e gentiluomo, di fronte alla mia sorpresa
parla dell'effetto emulativo provocato dai risultati delle operazioni "Mare nostrum" e `Mare sicuro2. È vero, la nostra Marina,
nelle sue varie articolazioni, ha
salvato migliaia di essere umani
privati di ogni dignità. Ecco un
mestiere delle anni che dà la vita
anziché toglierla. Generosi ed
eroici in mezzo al mare. I problemi con i migranti semmai iniziano sulla terraferma, ma è tutta
un'altra storia.
Questi ragazzi sono i figlie i nipoti degli angeli del fango. A Firenze 50 anni fa. In Irpinia durante il terremoto del 1980. E poi
su e giù lungo lo Stivale in uno
slancio di generosità decennio
dopo decennio. Un'Italia solidale e trasversale che ci piace immaginare così distinta e distante
dagli egoismi e dalle meschinerie di certa cattiva politica o di
un'imprenditoria stracciona. Un
mondo lontano dalle luci della ribalta, operoso e concreto. Se dopo nove anni di crisi nera restiamo a galla e continuiamo a sperare ci sarà pure un buon motivo: forse, proprio quella catena
umana di giovani e meno giovani sempre disposti a tendere una
mano in soccorso dell'altro.
Troppo spesso lo dimentichiamo. Buona domenica.
Alluvioni in Toscana
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di Gabriele Rizza
1 FIRENZE
La pioggerella insistente e fastidiosa di certo contribuiva a creare la giusta atmosfera di quel
grigio, impietoso, 4 novembre
1966. Ma forse guastava un po'
la festa. Senza però togliere il
sorriso e il buonumore ai 300
(c'è chi è arrivato da Udine, chi
da Trento, chi persino da Catania in aereo via Pisa) che sotto
gli ombrelli si sono radunati al
Piazzale Michelangelo per ricordare i 50 anni dell'alluvione
alla maniera di "Anici miei".
Ci voleva Mario Monicelli,
col suo sarcasmo, la sua paradossale ironia, il suo ineguagliato equilibrio fra farsa e tragedia, per abbassare il livello
del fiume di retorica che, inevitabilmente, Angeli del Fango
intesta , ha inondato Firenze in
questi giorni. E allora ben vengano gli sgangherati, finalmente trasgressivi "alluvionati dentro monicelliani", che il regista, in una serie di irresistibili
flashback, inquadra nel secondo capitolo della saga (1982).
L'iniziativa, ideata e promossa
dai curatori della pagina Facebook "Conte Raffaello 'Lelio'
Mascetti" con la collaborazione dell'emittente Radio Firenze (che in questi giorni ha trasmesso a ondate i dialoghi del
film) e dell'associazione guide
turistiche "Tre passi per Firenze", ha condotto i partecipanti
lungo un itinerario rievocativo
che ha toccato, non in religioso
silenzio ma con applausi e haitute, i set ormai in odore di cult
che hanno fatto da fondale alle
memorabili "zingarate" dei
quattro amici.
Che poi diventano cinque,
tutti inguaribili vitelloni che
hanno fatto della burla, ora
estrosa ora crudele, la loro ragione di vita. Accolti dalla macchina del Melandri, con tanto
di targa "vera", la mitica Fiat
125 azzurra, trasportata in loco
da un carro attrezzi che innalzava il cartello "Trasporto vecchie signore", gli applausi e gli
immancabili selfie affacciati su
una Firenze grigia e piovosa, in
un clima di esaltazione complice e contagiosa, i trecento forse non più tanto giovani e forti
"Amici miei. Alluvionati dentro", alcuni sfoderavano il vecchio trench, puro vintage, la
"divisa" dell'epoca, ripescato
in qualche armadio, si sono
mossi in festoso pellegrinaggio
sulle tracce dei loro "eroi".
Alluvioni in Toscana
zinga ate
raduno sotto la pioggia
sui passi di Amici miei
•
1,
1
•
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:
C'erano la mitica Fiat 125 del Meandri e la birra Mascetti
A Firenze in trecento per rievocare le scene del film
Annullata per "motivi di sicurezza" la Stazione di Santa
Maria Novella (ieri off limits
per la covention renziana alla
Leopolda), il tour è proseguito
al cimitero delle Porte Sante ed
ha toccato lo storico Bar Necchi (l'abituale ritrovo per le
partenze delle "zingarate"), è
sfociato in Santo Spirito (il luo-
go dell' ultimo congedo al Perozzi), prima di raggiungere lo
Spazio Alfieri e assistere alla
proiezione del film, l'atto 2 della trilogia, dopo un aperitivo
naturalmente a base di "birra
Mascetti".
A fare gli onori di casa in sala
c'erano Enio Drovandi (il vigile
nella scena del signor Becchi a
Pisa) e Renato Cecchetto (alias
Augusto Verdirame da Brescia). Riecheggiano le celebri
batture dal piazzale davanti a
una Firenze invasa dall'acqua:
«Che tragedia ragazzi, questa
alluvione ci ha alluvionati anche dentro. Ma che si fa oggi?»
chiede il Mascetti. E il Perozzi:
«Lo sci d'acqua!».
I I maxí rad uno deg! í appassisaatì ,J l' "Amici t,7; eP" a piazzai e Michelangelo . C'era anche la Fiat 125 am u. ra del Melasad i i
Pagina 379
e%ii Della" iena"
oggi a racc ni
Si chiama" La piena del
66 a Grosseto" ed è un
gruppo (oltre mille iscritti)
sorto su Facebook per
raccogliere le
testimonianze "dal basso"
di quel tragico evento di
cinquanta anni fa. Ne sono
venute fuori storie raccolte
in un volume rilegato e
presentato qualche giorno
fa. Questo libro collettivo'
sarà letto di nuovo a
Braccagni, oggi dalle 17, in
un incontro al centro
sociale di via dei Garibaldini
organizzato dagli
amministratori del gruppo,
che tramite il socia) hanno
dato appuntamento.
Alluvioni in Toscana
Pagina 380
rone in m usica
L'
martedì al Dif
Non sono ancora
terminati gli appuntamenti
di Ombrone 1966-2016. Ce
ne sono anche nella
settimana che sta per
cominciare: martedì, alle 21,
al teatro del Dopolavoro
ferroviario invia Mameli, lo
spettacolo denominato
"L'Ombrone in musica", un
evento a cura dell'Archivio
tradizioni popolari della
Maremma. 119, 10
novembre sono invece in
programmale giornate
formative coordinate dalla
Prefettura, denominate "il
sistema di Protezione
civile". il libro dì
Acquedotto del Fiora "Una
montagna d'acqua.
Dall'Amiata a Grosseto.
L'acquedotto delle Arbure",
sarà inoltre presentato
venerdì 11 nella Sala Friuli, a
partire dalle 18. Partecipala
Corale Puccini.
Alluvioni in Toscana
Pagina 381
Agricoltori ai tempi delle alluvioni
L'esperto: «Ecco quale coltura fare»
Perla due-giorni del Rotary Club a Grosseto e intervenuto il guru della ciïmatologia aracchi
Secondo gli studiosi in zootecnia ci sono metodi "snaturali" per tamponare gli effetti delle calamità
GROSSETO
Agricoltori, voi potete fare qualcosa- anzi, molto -per arginare
gli effetti devastanti delle calamità naturali: a partire dalle alluvioni. Forse neppure lo sa, ma
chi oggi chiede ancora pane alla
terra ha in mano una leva importante per la salvaguardia del
territorio. E un messaggio chiaro quello che parte dal Teatro
degli Industri, dove ieri si è chiusa la due-giorni con cui il Rotary
Club di Grosseto ha celebrato i
dall'alluvione
cinquant'anni
del '66. E un messaggio rivolto
non solo alle istituzioni che localmente governano, ma anche
a chi ha un'impresa nel Settore
Primario: il modello di coltura
dei terreni agricoli incide sulla
fragilità (o meno) del nostro ecosistema. Una platea attenta ha
seguito con attenzione i tanti interventi tenuti da relatori di
grande competenza in tema di
alluvioni e bonifiche in Toscana.
Tempo pazzo. "Non ci sono più
le stagioni di una volta": lo dice
la saggezza popolare ma al Teatro degli Industri lo confermaspiegandone il perché - anche
Giampiero Maracchi : il guru
della climatologia", presidente
dell'Accademia dei Georgofili.
L'esperto comincia con un
excursus del calendario delle
bombe d'acqua che si sono abbattute negli ultimi anni sul
Granducato. E il 2003 quando si
comincia ad avvertire un sensibile aumento della temperatura. E subito arrivano le conseguenze: è il 23 settembre 2003
quando su Carrara - siamo nel
lembo nord della Toscana - si
abbatte un violento nubifragio;
la forza devastante del fiume
che attraversa la città apuana il Carrione - porta non solo distruzione ma anche morte, trascinando via con sé un'anziana
Alluvioni in Toscana
donna strappata via dalla sua
casa. Maracchi lo ricorda. É l'inizio. Da quel momento, le ondate di calore si sono moltiplicate
e sono sempre più frequenti, dice l'esperto. Tant'è che gli alberi
da frutto hanno perso il seme
dell'equilibrio: «Pensiamo alla
fioritura dei meli - dice Maracchi - Ormai è molto anticipata.
Pensiamo alla mimosa: un tempo fioriva per la Festa della Donna, a marzo, ora sboccia a gennaio, con due mesi di anticipo».
Il caldo africano ha molteplici
effetti: «Cresce la processionaria - continua il climatologo che devasta i nostri boschi. Si
modifica la qualità dei prodotti
della terra: i vini toscani, ad
esempio, assomigliano sempre
di più a quelli prodotti nel Sud
d'Italia». La Maremma è terra di
cacciatori: «Un tempo - nota
Maracchi- era Roma la città più
a nord del Belpaese in cui dimoravano gli stormi. Adesso, invece, stormi, colombacci e piccioni sono diventati volatili stanziali nelle città toscane». E anche
questo è qualcosa si artificioso,
di non naturale: ma la natura,
ormai, è questa. In questo quadro ormai rivoluzionato, sovvertito negli equilibri «io credo - dice Maracchi - che ci sia un futuro per un'agricoltura completamente nuova. Perché l'agricoltura non è soltanto paesaggio,
bosco, idrologia, ma è anche
energie rinnovabili, biogas, nutraceutica».
pagna abbandonata lia un potenziale di devastazione più alto
di una campagna coltivata. Non
solo. «L'erosione- dice Bonaricresce con l'aumento della piovosità. E l'erosione cambia a seconda di come si coltiva». Semina diretta o macchine? «Facciamo zootecnia coi prati e coi pascoli-sottolinea-Diciamo stop
alle colture annuali che ogni anno richiedono di smuovere i ter-
reni. A Manciano alcuni agricoltori già lo fanno e hanno riscontrato una migliore qualità delle
produzioni. Aumentare del 13%
le colture pluriennali, significa
ridurre il rischio di erosione del
33%. E le colture di prato poliennali, rispetto a quelle arative,
consentono di diminuire di molto anche le emissioni di anidride carbonica».
Gïovanna Mezzana
il modello Manciano. L'intervento di Maracchi tira la volata a
quello di Enrico Bonari, paganichese, docente della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
L'agricoltura, appunto: il nodo
è tutto lì. E qualsiasi coltivazione è meglio di un terreno non
coltivato. Perché gli agricoltori,
con il loro lavoro, serio dei custodi, delle sentinelle. Una carn -
Pagina 382
In
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fa paura
Lo sfogo di mamma Franchina: ho una bambina di cinque anni, non cela faccio a rimanere in casa
1 CARRARA
Il rumore del Carrione fa paura. E in via Ilice quella di ieri è
stata una giornata lunga, e difficile, molto difficile. 11 fiume
ha cominciato a gonfiarsi. In
tanti hanno scelto in via precauzionale di mettersi al riparo, di passare la notte, la notte
del secondo
anniversario
dell'alluvione, lontano falle
proprie abitazioni. Quelle case, quelle famiglie, quei cortili
accanto alla ferrovia sono finite sott'acqua già tre volte, nel
2003, nel 2012 e nell'ultirna alluvione, il 5 novembre di due
anni fa. Da allora il fiume, che
unavolta era una sorta di compagno, di vicino di casa, è diventato un sorvegliato speciale. E ogni volta che scatta l'allerta in quelle casette accanto
alla ferrovia, sotto la via Aurelia, nessuno stapiù tranquillo.
Ieri, secondo anniversario
dell'alluvione, di acqua ne è
venuta giù davvero tanta e insieme al livello del Carrione è
cresciuto il terrore. E, come
due anni fa, ci sono state valige
da fare, e notti da passare lontano dalla propria casa, dal
proprio letto.
«Il fiume fa un rumore da
paura - diceva nel pomeriggio
di ieri Franchina Giorgi, da via
Ilice - C'erano dei ragazzi della
protezione civile a controllare
mi sono avvicinata e loro mi
hanno detto che probabilmente questa notte non sarà delle
più facili».
«lo abito da sola con una
bambina di cinque anni - ha
continuato nel suo sfogo Franchina - ho pensato bene di prepare poche cose e di andare da
mia mamma che abita a Fossone. Ma anche i miei genitori
non vivono sereni. e per di più
hanno gravi problemi di salute. Chissà quante altre perso-
ne come me sono in situazioni
simili».
Franchina è una delle dotine coraggio di via Ilice. Una di
quelle che proprio pochi mesi
fa non ha esitato a mettersi
sull'argine del Carrione, insieme a tante vicine di casa, e segnalarele criticità delfiume.
«E veramente dura - dice ora
Franchina - non si può più vivere così. La mia piccola è sballottata ogni volta perché ormai quando piove danno sempre un 'allerta. Allora mi domando perché non chiedere la
privatizzazione? Almeno per
tenere alveo e argini puliti. Ma
è così difficile? E oltretutto paghiamo anche una bella tassa.
E allora? Si sta parlando di vite
umane, di case, di famiglie intere sconvolte non appena la
pioggia si fapiù intensa».
(a. v.)
II carrione ieri in via 11 ice
Alluvioni in Toscana
Pagina 383
Fabrizio, camionista volontario Vab: il Carrione io lo guardo nel muso
di Alessandra Vivoll
1 CARRARA
Il fiume Carrione ha cominciato a guardarlo negli occhi, o
meglio "nel muso", come dice
lui, 13 anni fa, in occasione della alluvione che devastò Carrara e si portò via, con l'onda di
piena, la vita di nonna Idina Nicolai: «Con la tuta della Vab ho
perlustrato in lungo e il largo la
via Carriona, cercavamo proprioldina, era l'unica dispersa.
Ricordo che la trovarono più a
valle, senza vita, alcuni operai.
Fu uno dei momenti più brutti».
Da allora Fabrizio Salviati,
50 anni e un fisico da ragazzo,
della Vab è diventato coordinatore. E si dedica a questo impegno da volontario anima e corpo, approfittando delle ferie
dal suo lavoro, al volante di un
camion del marmo, sù e giù
perle cave.
Un lavoro duro, ma ieri era
sabato, Fabrizio era a casa ed è
stato fra i primi a montare il
turno sul ponte di via Pucciarelli, proprio a pochi passi
dall'argine crollato, ora rinforzato dalle palancole in attesa
della ricostruzione definitiva.
Si perché dopo quella del
2003 a Fabrizio di alluvione ne
è toccata un'altra, pesantissima, quella di due anni fa. Quella che ha mandato Marina
sott'acqua e che lui ha vissuto
ancora una volta col giubbotto
arancione cucito addosso.
«Ricordo che tredici anni fa
c'era più sconforto, era la prima volta che succedeva una cosa del genere a casa nostra, nella nostra città. L'onda di piena
del Carrione aveva devastato
Carrara: il fiume non aveva
mai rotto gli argini. È stato un
dramma, negli occhi di chi trovavo per strada, a spalare, vedevo la disperazione. Vedevo
persone perse, che non sapevano neppure da che parte inizia-
Alluvioni in Toscana
re - racconta Fabrizio Salviati Dopo la gente ci ha fatto il callo e ha reagito corno solo i carraresi sanno fare, perché quando c'è da faticare noi lo impariamo subito, un po' come succede alle cave, da sempre».
«A Marina di Carrara, due
anni fa - prosegue Fabrizio - la
gente è come se sapesse già cosa fare. Quando passavamo
con le nostre idorvore, con i
nostri mezzi per aiutare a liberare i locali dall'acqua, c'erano
uomini e donne con gli stivaloni e le maniche rimboccate,
avevano già cominciato a spa-
lare, ad asciugare con i secchi
egli stracci».
E Fabrizio, allora come tredici anni fa, non si è tirato indietro. Ila spalato fango, svuotato
cantine, e aiutato chi aveva
perso tutto a rimettersi in piedi. «Come Vab - continua - abbiamo dato una mano anche a
coordinare tutti i ragazzi delle
scuole, davvero tanto, che sono venuti ad aiutare e che hanno davvero dato un grande
contributo a chi in quei momenti, subito dopo l'esondazione, aveva la casa devastata
dall'acqua e dal fango».
Giorni e giorni di duro lavoro, e un solo rammarico:
«C'erano due donne rimaste
intrappolate in casa, madre e
figlia, che sono state liberate
solo dopo un paio di giorni.
Ebbene io ricordo che in quella zona, in via Cairoli e via Argine Destro ci sono passato notte e giorno. Ecco mi dispiace
non aver colto alcun segnale,
non essermi accorto che c'erano quelle due donne ancora
prigioniere nella loro casa».
I sgenali ieri Fabrizio Salviati ha cercato di cogliere nel
Carrione. Lo ha guardato nel
muso per tutta la mattina. Poi
un salto a casa, pronto a una
eventuale emergenza: «perché - dice - il fronte del mal-
tempo è intenso, non bisogna
abbassare la guardia». Nemmeno di sabato sera. nemmeno dopo una settimana di lavoro in cava e una trasferta nelle
zone del terremoto.
«Manon mi sento un angelo
del fango - scherza- mercoledì
scorso sono rientrato da Muccia, una delle zone terremotate. Ilo approfittato del ponte
dei Santi per andare giù a
montare una tensostruttura
di trecento metri per quindici
che ospiterà una mensa. Dai
sassi al fango, da una emergenza all'altra: non c'è neppure il tempo di pensare. Quando ti chiamano devi solo infilare gli scarponi, o gli stivali, il
giubbotto e partire».
il consiglio dei cittadini di marina
in un'assemblea pubblica ha
fatto il punto dei lavori su tutta
l'asta dei Carrione. «i primi
interventi saranno sulla parte di
argine crollato che al momento
non sono ancora iniziati in quanto
deve essere spostato un cavo
della Telecom - spiegala
presidente Lara Benfatto - Visto il
protrarsi dei tempi chiediamo al
sindaco se può sollecitare l'inizio
dei lavori in quanto i cittadini
sono molto preoccupati e si
chiedono da mesi quando l'argine
sarà totalmente in sicurezza».
inoltre durante il consiglio si è
evidenziato il fatto che «Io studio
Seminara non tenga in
considerazione la totalità
dell'ambiente circostante,
escludendo dall'analisi anche il
piazzale città di massa. Che
questo non rappresenti una
criticità per lo sbocco del fiume?»
Noi crediamo che lo studio non si
debba limitare ad una mera
analisi dei fiume inteso come
"tubo" ma debba guardare anche
alle criticità presenti alla foce».
I PROD UZION E RISERVATA
Pagina 384
Fabrizio Salviati scruta il Carrione sul ponte di via Pucciarelli
Alluvioni in Toscana
Pagina 385
fafiii iI tleitarcione
Alluvioni in Toscana
Pagina 386
L'INTERVISTA Antonina Bargellini, la figlia del sindaco che aiutò la città a uscire dal fango
r
0
«Sono andata a cercare negli archivi del Comune di Firenze
e ho scoperto cose straordinarie. Arrivarono aiuti da tutto il mondo: ho
contato 95 Paesi. Dopo cinquant'anni bisognerebbe riflettere su cosa
dovremmo fare, come fiorentini, per rispondere a tutto questo amore»
DI RICCARDO BIGI
Antonina Bargellina era una
ragazza di 22 anni quando la
sua casa, come quelle di molti
fiorentini, il 4 novembre del
1966 fu invasa dall'acqua
dell'Amo. Abitava in via delle
Pinzochere, nel quartiere di
Santa Croce. Visse quei giorni a
fianco di suo padre, Piero
Bargellini, che i fiorentini
ricordano come «il sindaco
dell'alluvione».
Qual è il suo ricordo di quel
giorno?
«La mattina mi svegliai molto
presto, aprii la finestra e vidi che
il giardino era diventato un lago.
Scesi giù e mi accorsi che tutta la
mia famiglia si era mossa.
U acqua era alta cinque metri,
mio fratello e mia sorella stavano
cercando di salvare le ultime cose
portandole su. Chiesi dov'erano
il babbo e la mamma, mi dissero
che non c'erano perché il babbo
durante la notte era stato
chiamato, gli avevano detto che
rischiava di crollare il Ponte
Vecchio, allora aveva preso la
macchina ed era andato a vedere,
e la mamma lo aveva seguito. Il
babbo quel giorno non sarebbe
più rientrato: il Ponte Vecchio
resse ma l'Amo esondò, lui andò alla
Nazione, poi alla Rai per lanciare un
appello, poi tornò in Palazzo Vecchio».
Lei invece come visse quei momenti?
«Non sto a ripetere quello che tutti
ricordano, la violenza dell'acqua, la
paura. Una cosa però la voglio
raccontare: le persone dei palazzi vicini
entrarono in casa nostra attraverso i tetti,
o rompendo le finestre, e anche noi
parlavamo attraverso le finestre. Fu
subito un momento importante perché
ci si accorse che non eravamo soli»
Firenze in quelle ore, in quei giorni si
strinse nella solidarietà...
«Sì, in maniera molto forte. Senza luce,
Alluvioni in Toscana
senza acqua, senza gas pero si stava
insieme. Ma la cosa che ricordo di più,
quando smise il turbinio dell'acqua e
scese quel silenzio irreale, salimmo sui
tetti e lì in un buio che ricordava una
città medievale si sentiva la voce delle
persone che passavano da una casa
all'altra le richieste di aiuto: "nella via
tale c'è una signora che si sente male,
passate a Palazzo Vecchio' Queste voci
di lamento, di richiesta di aiuto
rimbalzano fino in Comune. Mio padre
che era in Palazzo Vecchio si sentiva
impotente, perché non aveva modo di
rispondere a tutte le richieste, però lo
inorgogliva sapere che questa gente
aveva fiducia nell'amministrazione
comunale».
L'immagine di Piero Bargellini con gli
stivali e l'impermeabile macchiato di
fango è molto cara alla memoria dei
fiorentini.
«Il babbo diceva: ho fatto tante
dichiarazioni d'amore a Firenze che alla
fine ho dovuto sposarla. Effettivamente
era la sua sposa, che in quel momento
era malata e doveva soccorrerla. Era
molto legato alla famiglia, ai suoi figli,
era molto presente e molto affettuoso:
ma in quel momento tutta la sua
attenzione la dedicò ai fiorentini che
sentiva la sua famiglia allargata».
Suo padre era stato chiamato alla
politica da Giorgio La Pira. Possiamo
dire che per tutti e due la politica è
stata la prosecuzione naturale di
qualcos'altro?
«Il babbo e La Pira ebbero una grande
amicizia. Avevano ideali comuni,
credevano nell'uomo, nei valori
spirituali. In un libretto sulle attività del
Comune il babbo parlava di Firenze
come della città di Gesù e la città di
Maria: a questo tutti e due credevano
I bambini ePalluvione.
quelle lettere commoventi
Pagina 387
profondamente, erano molto simili e
molto legati».
Paolo VI diceva : la politica è la forma
più alta di carità . Loro l'hanno vissuta
così. Di carità in quei giorni
dell'alluvione se ne è vista davvero
tanta. Lei che episodi ricorda?
«Dopo aver parlato per tanti anni dei
miei ricordi personali sono andata a
cercare negli archivi del Comune di
Firenze, e ho scoperto cose straordinarie,
è stato un vero cammino dell'anima.
Non ci sono solo gli anegli del fango che
sono venuti a Firenze, meravigliosi.
C'erano ragazzi di tutto il mondo che
mandavano soldi. C'erano i bambini:
cosa non hanno fatto i bambini di tutto
il mondo! Come i bambini giapponesi
di un paesino di montagna, che
lavorarono tre mesi, scrivono nella loro
lettera, per mandare 120 milayen "per
far tomare il sorriso ai bambini di
Firenze' Certo, poi c'è chi ha mandato
milioni. Però a volte anche un centesimo
può avere un valore immenso. C'erano
bambini che mandavano disegni, uno
chiedeva "signor sindaco lei è ferito? Se
ha bisogno vengo ad aiutarla' Un altro
gruppo di bambini di un paesino
italiano diceva: quest'anno il nostro
paese è stato colpito dalla grandine, non
abbiamo molti soldi ma il ricavato delle
offerte per il presepe lo vogliamo dare a
una bambina che ha perso tutto,
possibilmente una bambina che si
chiami come la nostra maestra, Mariella.
Poi c'è l'episodio più toccante, che ogni
volta che ne parlo mi emoziona. È
l'episodio di Aberfan, un piccolo paese
di minatori del Galles dove il 21 ottobre
del '66 una montagna di carbone era
crollata distruggendo la scuola:
morirono 116 bambini, praticamente
l'intero paese rimase senza bambini. Il
10 novembre partì da Aberfan un
pullman, guidato da un certo signor
Philips, con i vestiti e i giocattoli di quei
bambini, per darli ai bambini
alluvionati di Firenze».
Tutto il mondo dimostrò amore per
Firenze...
«Ho scoperto aiuti dallo Sri Lanka, dal
Costa Rica, dall'Africa: Congo, Eirtrea,
Tunisia. Ho contato 95 Paesi. Dal
Senegal arrivavano navi di banane, dal
Sudafrica finanziarono il restauro del
sagrato del Duomo. Ho scoperto che
arrivarono angeli del fango anche dalla
Siria e dall'Iraq».
So che lei va spesso a parlare nelle
Alluvioni in Toscana
scuole, e che questi racconti
incuriosiscono molto i bambini...
«Vado a parlare dell'alluvione: quando
ho davanti questi volti meravigliosi di
bambini, per prima cosa chiedo chi non
è fiorentino. Poi preciso che per me è
fiorentini chiunque vive a Firenze e ama
questa città. Però qualcuno mi dice che i
suoi genitori vengono dallo Sri Lanka:
allora racconto che lo Sri Lanka aiutò
Firenze durante l'alluvione. Vedo nascere
nei loro visi un sorriso enorme. Allora
anche altri alzano la mano: io sono
brasiliano, io indiano... È bello per loro
sapere che provengono da Paesi che
hanno amato e aiutato Firenze. Secondo
me dopo cinquant'anni bisognerebbe
riflettere su cosa dovremmo fare oggi,
come fiorentini, per rispondere a tutto
questo grande amore che il mondo ha
dimostrato per questa città. U altra cosa
su cui cerco di far riflettere i bambini è
l'importanza dei piccoli gesti: a volte il
gesto di un bambino per un altro
bambino alluvionato, terremotato,
vittima della guerra, può fare tantissimo
per non farlo sentire solo, anche in
catastrofi peggiori di quella vissuta a
Firenze nel'66».
Sul nostro sito www.toscanaoggi.it
il video dell'intervista
In diretta la Messa
da Santa Croce
a Messa con gli «angeli dei fango» in ricordo
L dell'alluvione di Firenze del 1966 sarà
trasmessa questo venerdì 4 novembre dalle 11.30
in diretta su TvPrato (canale 74 del digitale
terrestre),Tsd di Arezzo (canale 85) e in streaming
sul sito di Toscana Oggi (www.toscanaoggi. it). Alla
concelebrazione eucaristica , presieduta dal
cardinale Giuseppe Betori nella Basilica di Santa
Croce, parteciperanno altri vescovi che come lui, da
seminaristi o giovani preti, arrivarono a Firenze
come « angeli del fango».
Gli «angeli del fango»:
raduno
e fiaccolata
F irenze ricorda l'alluvione del '66 con un
calendario di iniziative. La mattina del 4
novembre, alle 9, in Palazzo Vecchio un Consiglio
comunale straordinario con la partecipazione degli
«angeli del fango». Alle 15 in Santa Croce ci sarà la
cerimonia di ricollocazione de «L'Ultima cena» di
Vasari dopo il restauro, alla presenza del Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, che poi sarà in
Palazzo Vecchio alle 17 per la cerimonia ufficiale
nel Salone dei Cinquecento. Alle 20,30 la fiaccolata
dalla Basilica di San Miniato al Monte a Piazza
Santa Croce, in memoria di quella organizzata nel
primo anniversario, il 4 novembre 1967.
Sabato 5 novembre, la presentazione del piano
«Arno Sicuro»; domenica 6 novembre in piazza
Santa Croce sarà allestita una cittadella della
protezione civile della Toscana.
Preghiera alla Madonna
S abato novembre il cardinale Giuseppe Betori
guiderà la preghiera davanti all'immagine della
«Madonna dell'Alluvione», l'opera realizzata dal
pittore fiorentino Galeazzo Auzzi durante
l'alluvione del 4 novembre 1966.11 dipinto è
collocato sulla facciata della chiesa di San Piero in
Palco, nel quartiere di Gavinana. Auzzi (morto il 6
gennaio 2016) dipinse la Madonna sull'anta di un
armadio mentre sotto le sue finestre, poco lontano
dal Ponte alla Carraia, passava l'acqua dell'Arno
travolgendo ogni cosa.
Pagina 388
Salvare il creato:
un depliant Caritas
a Caritas ha realizzato un depliant con
alcuni passaggi della «Laudato si» e
alcune indicazioni (in collaborazione con il
Servizio di Protezione Civile del Comune di
Firenze) su come comportarsi in caso di
calamità. Il depliant viene distribuito in
questi giorni in tutte le chiese della diocesi:
una copia in regalo anche ai lettori di
Toscana Oggi.
L
Il romanzo di Vittorio,
pompiere napoletano
Scandicci e il diluvio
Venerdì 18 novembre alle ore 21 al Teatro
Aurora di Scandicci in via S. Bartolo in
Tuto, 1 l'Associazione San Zanobi presenta
uno spettacolo dal titolo «Scandicci e il
diluvio - Ricordi e scena da un'alluvione»
patrocinato del Comune di Scandicci
nell'ambito degli eventi programmati nel
50 ° dell'alluvione del 1966. La serata
prevede una raccolta fondi a favore
dell'Associazione CUI I ragazzi del Sole per
la costruzione della casa alloggio «Ora con
Noi» a Badia a Settimo per ragazzi disabili e
la vendita del libro «Scandicci sotto il
diluvio» di Gilberto Bacci. Presenta la serata
Alessandro Masti. Ospiti il Sindaco Sandro
Fallani ed il giornalista Franco Mariani.
Ingresso su invito ad offerta libera.
Oltre un milione di libri sommersi da una
coltre impenetrabile di fango. Secoli e
secoli di storia distrutti dalla violenza
inarrestabile dell'acqua. La Biblioteca
Nazionale di Firenze, tra le più prestigiose al
mondo, era ridotta ad accumulo di nafta,
melma, macerie.
A quel tempo non esisteva la protezione
civile, ma accadde, nella tragedia, qualcosa
di straordinario. Migliaia di giovani
volontari accorsero a Firenze per recuperare
le moltissime opere d'arte che erano andate
perdute. Fu una delle più grandi gare di
solidarietà che la città abbia mia vissuto:
italiani, francesi, tedeschi, americani... con
gli stivali immersi nel fango portarono fuori
centinaia di statue, quadri, libri antichi,
patrimonio inestimabile dell'umanità. Tra
gli angeli del fango, così vennero chiamati
quei giovani, c'era anche Vittorio, un vigile
del fuoco napoletano di soli 21 anni. A
raccontare la sua storia, la figlia, Valentina
Schioppa, in un libro edito a giugno, dal
titolo «Con gli occhi di fango». «Un
fotografia di quei terribili momenti, un
ritaglio di vita - afferma Valentina - che
consente di conoscere e svelare quale fosse
lo stato d'animo che animava tanti giovani,
che come suo padre, erano stati spinti dal
desiderio di mettere la propria vita a
disposizione del prossimo, sempre e
comunque».
«Scavammo per ore e ore nel buio più totale
degli scantinati della Biblioteca Nazionale
finché riuscimmo a trovare i primi libri.
Erano impregnati di gasoli, il loro peso era
duplicato tanta era la quantità di fango che
li ricopriva. Le opere passavano di mano in
mano, fino a raggiungere i piani superiori
dove i volontari li lavavano e li asciugavano
proprio come si fa con il bucato. C'era chili
stendeva sulle grate metalliche per farli
gocciolare e chili cospargeva di segatura per
far assorbire l'acqua e l'umidità», si legge nel
libro di memorie.
Nel volume Valentina ricorda anche di
quando il padre le parlava delle difficoltà
che incontrava nel riuscire a comunicare con
gli altri volontari perché alla Nazionale
erano quasi tutti studenti inglesi di
architettura e belle arti. La scrittrice riporta
infine anche alcuni fatti curiosi, come
l'incontro del padre Vittorio con Edward
Kennedy, che si era recato in visita a Firenze,
il 19 novembre, per accertarsi di quale fosse
la situazione.
Daria Arduini
Alluvioni in Toscana
Pagina 389
la
UN CASENTINESE
PRIMAVITTIMA
DEL'ALLUVIONE
DI FIRENZE
L a sua comunità ha voluto ricordarlo
sulla sua tomba, presso il cimitero
monumentale di Strada in Casentino,
proprio in questi giorni, dedicati alla
commemorazione dei defunti.
Parliamo di Mario Maggi di Castel San
Niccolò, morto a Firenze nel novembre
del 1966. Un'indagine giornalistica ha
scoperto che con ogni probabilità Maggi
fu la prima vittima dell'alluvione che
colpì Firenze.
Le ricerche sono partite 5 anni fa,
quando Lina Maggi, figlia di Mario, si è
rivolta all'Associazione Firenze
Promuove, che da 20 anni cura le
cerimonie annuali in ricordo
dell'alluvione di Firenze, e al suo
presidente, Franco Mariani, per chiedere
aiuto per sapere come era morto suo
padre: «Aveva 44 anni - spiega Lina - e
lavorava con una impresa edile a
Pratolino; lui e un suo collega dovevano
rientrare in Casentino la sera del 3
novembre 1966 ma, vista l'impetuosità
delle piogge, rimandarono il rientro.
Non so molto di come siano andate le
cose perché mia madre con quattro figli
piccoli (la più grande disabile), senza
telefono, senza patente e a 70
chilometri di distanza, ha saputo
soltanto quello che le raccontarono».
Fin ad oggi erano noti solo pochi
dettagli del triste destino di Mario:
partito la mattina del venerdì da
Pratolino con un collega a bordo di un
camion, venne trovolto da una frana
mentre percorreva via Bolognese.
L'autista rimase illeso, mentre il corpo
di Mario venne sbalzato fuori. Alcuni
giorni dopo un quotidiano locale
riportò la notizia della morte di un
operaio invia Bolognese.
Nulla si sapeva sul quando e da chi fu
ritrovato il corpo del povero Mario. Di
certo non accanto al camion ribaltato,
perché quando il giorno dopo
riuscirono a sollevarlo, sotto non
trovarono nulla.
Mario venne riconosciuto soltanto
dopo giorni, tra i cadaveri senza nome
dell'obitorio San Giovanni di Dio
(allora in zona Borgognissanti).
Qui terminano gli elementi conosciuti
dalla famiglia Maggi.
Le ricerche dei giornalisti Franco
Mariani e Mattia Lattanzi hanno portato
a scoprire che sul luogo dell'incidente
intervenne una pattuglia della Polizia
Municipale con tre vigili, di cui uno
solo ancora in vita. Sul posto arrivò
anche la Misericordia di Firenze. Il
corpo di Mario cadde nel fiume
Mugnone e per lui non ci fu nulla da
fare. La Procura aprì un fascicolo che ad
oggi risulta misteriosamente sparito.
L'elemento storicamente più
importante consiste nel fatto che, vista
la data e l'ora dell'incidente, Mario
Maggi fu in assoluto la prima vittima
dell'alluvione.
Nonostate questo il suo nome non
compare nell'elenco ufficiale steso dalla
Prefettura.
L'auspicio ora è che si possa dare il
giusto ricordo ad un semplice lavoratore
e padre di famiglia dal destino così
triste.
Il lavoro dei giornalisti Franco Mariani e
Mattia Lattanzi è stato raccolto nel
volume «Firenze 1966-l'Alluvione»,
edizioni Giunti.
Così Ia ' Itiber,
convi ve co n ten.,
m
Alluvioni in Toscana
Pagina 390
IL LIBRO Aurora Castellani racconta «L'altra alluvione» che toccò la Piana e le nostre campagne
DI SERENA TRAVAGLINI
Tavola sotto tre metri di
acqua, Castelnuovo che
perde le proprie
coltivazioni e una
cittadinanza piena di
sollecitudine verso i mille
sfollati, tutti tavolesi, che nel
1966, per circa una settimana,
furono costretti ad abbandonare
le loro abitazioni a causa
dell'esondazione del fiume
Ombrone. Sono solo alcune
delle informazioni che
raccontano la Prato che 50 anni
fa, esattamente la mattina del 4
novembre 1966, si svegliò
invasa dall'acqua, fenomeno che
fortunatamente riguardò
soltanto le frazioni del sud,
nello specifico Tavola e
Castelnuovo, lasciando intatto il
resto della città, fatto che
permise il pronto intervento
dell'amministrazione dell'epoca,
oltre che di numerosi cittadini,
nel sostegno agli sfollati. Il
volume « L altra alluvione»,
curato da Aurora Castellani,
nasce per ricordare il fenomeno
che colpì Firenze e i comuni
limitrofi nel 1966, portando alla
luce il lato sconosciuto della
vicenda: l'alluivione che toccò la
nostra città, oltre Campi
Bisenzio, Signa, Lastra a Signa e
Quarrata. «L'idea del libro afferma Aurora Castellani - è
nata lo scorso gennaio, quando
per caso, navigando sul sito
della Protezione Civile di Prato,
mi sono imbattuta in un fondo
fotografico del 1966 molto
interessante, che raccontava,
attraverso vive immagini, i danni
causati dall'esondazione
dell'Ombrone a Prato. Mi sono
subito rivolta
all'amministrazione comunale,
pensando che come vi erano
fotografie dell'epoca vi
dovessero essere anche
documenti in archivio.
Effettivamente era così: ho
trovato ben 8 faldoni
sull'alluvione in città,
probabilmente mai riaperti dal
momento dell'archiviazione e di
Alluvioni in Toscana
Quando Tavola andò
sotto tre metri d'acqua
50 anni fa
la tragica inondazione
del 4 novembre
1966. Non solo
Firenze, anche Prato
fece la conta
dei danni
cui nessuno sospettava
l'esistenza. Ho creduto conclude la Castellani - che la
quantità e l'importanza del
materiale scoperto meritassero
di essere raccolti e pubblicati,
soprattutto in un anniversario
importante come il
cinquantenario dell'alluvione».
Il lavoro di Castellani non si è
limitato alla ricerca in archivio e
alla ricostruzione di ciò che
avvenne in città, testimoniato da
numerosi documenti: nel
volume sono presenti 20
interviste a testimoni
dell'evento, di cui 11 tavolesi. Lì,
in particolare, l'acqua raggiunse
il primo piano delle abitazioni,
circa tre metri abbondanti di
altezza, costringendo la
popolazione del luogo a
rifugiarsi da amici e parenti
residenti in altre zone della città.
«La prima frazione a essere
invasa dall'acqua in seguito alla
rottura dell'argine sinistro
dell'Ombrone - racconta la
curatrice del volume - fu
Castelnuovo, che però ebbe
meno danni di Tavola, essendo
una zona prevalentemente
agricola e poco popolata. A
Tavola vi furono mille sfollati,
mentre alla Cascine non fu più
possibile allevare animali da
latte e portare avanti le
coltivazioni di mais. Stando ai
documenti dell'epoca -
continua Castellani - pare che
l'alluvione abbia inciso
notevolmente sulla scelta del
settore tessile come attività
remunerativa principale da parte
dei numerosi contadini di
Tavola e Castelnuovo colpiti
dalle conseguenze
dell'inondazione. Ciò contribuì
dunque a segnare anche il
destino di Prato come attivo
distretto tessile degli anni '70 e
'80». Una menzione particolare
merita la grande solidarietà
mostrata da Prato verso le zone
colpite dall'alluvione: la
mobilitazione si tradusse in
raccolta di generi alimentari e di
vestiario da distribuire agli
sfollati. Il volume « L altra
alluvione» viene presentato
questo giovedì 3 novembre alle
18 in Palazzo Comunale,
mentre sabato 5 alle 11,30 è
prevista la deposizione di una
targa in via Braga a Tavola all'ex
casa del Fascio.
Pagina 391
IN DIRETTA SU
TV PRATO LA MESSA
IN SANTA CROCE
PER IL 50°
DELL'ALLUVIONE
T
v l'rato)trasmettcrà in diretta la
messa in ,,,io i, del (lciio
anniversario de ll'alluvione di I
Vencrdi 4 n o ycmhrcalleore 11,;(1 il
cardinale Giuseppe I;ctori hresic lc la
messa, c mcclchrar da molti vescovi
della foscana, tra yucsti anche
monsignor FraneO,Agostinclli. Sarà
possihilc seguire la cclchrazi nc
anche in dirett,1streanmingsui siti wvch
della tv (tvprato.it) e di foscana Oggi
(toscan,loggi.it). II commento delle
immagini e a cura di ,Andrea I giol i,
direttore di 10scana Oggi.
Tra l e tante C O M
avvenute in questi giorni pcr ricordarc
quei tragici eventi avvenuti nel
novcmhrc del 1900, segna) ianno) il
ricordo delle due vittime più piccole,
due himhi di tre anni: Marina Ripari e
LconardO Settile, morti entramhi
all'() sni no rro. Marina e'epolt,1 nel
cimitero della -Iiscric rdia di Prato e
domenica ',0 ottohrc e stata ricordata
R)1 una semplice e commossa
cerimonia alla presenza del
go vcrnat rcdell',Arcic nfratcrnita
I ila Minclli e di Franco Mariani
dcll',Associazionc Firenze Promuove e
dei gonfaloni dei Gomuni di Firenze e
Sesto Iio rcntino. I tomiha e stata
henedetta da padre Paolo I:idolfi.
Alluvioni in Toscana
Pagina 392
I
DI GIACOMO D'ONOFRIO
a sferzata che l'alluvione inferse a
Grosseto quel 4 novembre del '66
risvegliò in tutta la città, un senso
di coesione che è rimasto come
eredità positiva di un evento che nella
memoria di tutti resta tragico e doloroso».
Don Franco Cencioni è senza dubbio una
delle memorie storiche di Grosseto. Coi suoi
90 anni portati disinvoltamente, conserva
nitidi ricordi, aneddoti, particolari
dell'alluvione di 50 anni fa. All'epoca era un
giovane prete di 40 anni, parroco del
Duomo, e dell'impegno che la Chiesa mise
per far fronte ai tanti bisogni della gente
duramente provata e ferita dalle acque
limacciose dell'Ombrone è stato, in tutti
questi anni, fedele e scrupoloso custode. Ha
raccolto documenti, elenchi, lettere, ritagli di
giornali, fotografie che costituiscono un
archivio importante, anzi essenziale, se si
vuol raccontare con puntualità e
completezza quei giorni drammatici ed epici,
dolorosi e al tempo stesso paradigmatici
dell'indomita forza di volontà dei
maremmani.
«Quel 4 novembre del'66 - ricorda
nitidamente - a impressionarmi di più fu il
rombo delle acque, che erano arrivate in
piazza Dante e in piazza Duomo da via
Ricasoli e via Manin. Dal sagrato si ebbe una
visione impressionante. Con don Amleto
Pompili, che oltre che canonico del Duomo
era anche responsabile dell'Opera diocesana
assistenza, ci recammo subito dal vescovo
Primo Gasbarri e con lui in Prefettura, dove
gli fu messo a disposizione un collegamento
telefonico con la Santa Sede. Da Roma
dettero disposizione all'amministratore
Alluvioni in Toscana
apostolico mons. Primo Gasbarri di
impegnare subito 5 milioni delle vecchie lire
per far fronte ai primi bisogni della gente».
Fu la Diocesi la prima a mettere in piedi, in
quelle drammatiche ore, un centro di
assistenza, che fu affidato alla gestione
sapiente della presidente provinciale del
Centro italiano femminile Sofia Orlandini
Ginolfi. «Coi giovani volontari raccattati tra
le fila dell'Ac e della Fuci - ricorda mons.
Cencioni - demmo vita a questo centro di
assistenza nei locali del Duomo.
Acquistammo non so quante confezioni di
acqua e generi alimentari per poterli
distribuire non appena le acque avessero
cominciato a defluire. E infatti il 5 novembre,
grazie a un mezzo anfibio dell'Esercito, con
alcuni ragazzi riuscii a fare un primo giro tra
coloro che abitavano in fondo a via de'
barberi, saliti ai piani alti, ospiti di altri
condòmini, perché le loro case erano state
invase dall'acqua e perché c'era pericolo.
Non andammo a mani vuote: portammo
taniche di latte caldo e cioccolato, preparati
grazie alla disponibilità dell'albergo Duomo,
e prendemmo nota delle necessità della
gente con la promessa che nella stessa
giornata avremmo provveduto. E infatti
riuscimmo a reperire tante cose, portando
perfino bombole del gas e corpi illuminanti.
La prestanza e la sagacia del vice parroco del
Duomo, don Giulio Mariotti e di diversi
giovani, fece sì che anche le famiglie che
vivevano nelle strade tra porta Vecchia e
porta Corsica potessero essere raggiunte e lì
furono portati aiuti di ogni genere». Fu, però,
la solidarietà semplice di tante persone a
commuovere, in quei difficili giorni.
«Ricordo che dalla Puglia e dalla Ciociaria ci
inviarono perfino il pane, che quando arrivò
a Grosseto non era più freschissimo, o i
salumi da Lucca, con vestiti, coperte, utensili
da cucina e l'autotreno carico di materassi
Permaflex, che il Prefetto Chiesi, da poco
trasferito, ci fece giungere da Pistoia. Tutto
raccogliemmo nel nostro centro di
assistenza, senza buttar via nulla e devo dire
che tanta solidarietà ci commosse e ci fece
sentire meno dimenticati, seppure i riflettori
erano accesi su Firenze, non certo sulla
Maremma». Don Franco conserva con
grande cura l'elenco di tutti coloro che fecero
donazioni in soldi, in prodotti, in alimenti.
« un elenco prezioso, che deve continuare a
generare gratitudine», dice. Mentre proprio
in questi giorni mons. Cencioni ha ritrovato
una lettera, scritta da un gruppo di Guide
scout di Roma, nel marzo del 1967, alle
famiglie di Principina Terra dalle quali per
mesi quelle giovani scout della Capitale si
erano recate per portare aiuti. «E una lettera
che mi ha commosso - confida - perché
sono loro a ringraziare noi». Come non
ricordare, poi, l'invio a Grosseto, da parte di
Papa Paolo VI, del suo delegato, mons.
Andrea Pangrazio, allora vescovo di Gorizia e
segretario della Cci. «Con lui e col vescovo
Gasharri - continua - girammo nei luoghi
più sinistrati della città e delle campagne, su
una camionetta messa a disposizione della
Polizia. Facemmo tappa al Seminario, dove
don Umberto Ottolini, che all'epoca era
rettore, fece in tempo a portar via dalla
cappella il SS. Sacramento prima che le
acque invadessero tutto. Andammo tra la
gente che aveva perso tutto e a cui la presenza
del rappresentante del Papa fu di di aiuto a
non mollare. Il Papa dispose di donare 500
mila lire alle famiglie più colpite, mentre a
tutte le famiglie di Principina Terra regalò
una stufa. C'è qualcuno che ancora la
conserva, come ricordo di quei difficili
giorni». Ci sono poi ricordi personali, che
riaffiorano alla mente. Come l'aiuto che per
2 settimane don Franco potè ricevere da un
giovane studente di teologia, Angelo
Comastri. Arrivava da Sorano, con don Enzo
Baccioli e alcuni giovani. Quel, giovane
seminarista, che anni dopo sarebbe diventato
vescovo e poi cardinale, «si dette da fare
alacramente per far fronte ai tanti bisogni che
si presentavano». A 50 anni di distanza da
quell'evento don Franco Cencioni pesca tra i
ricordi e aiuta a non dimenticare che quel 4
novembre la piena dell'Ombrone riversò in
città tanta acqua, che portò distruzione e
sofferenza, ma fece germogliare anche un
ritrovato senso di appartenenza e di
collaborazione «che la gente, in gravissime
difficoltà, notò e apprezzò».
Pagina 393
lcttcrn pc T1
ra i tanti documenti che restano a futura
memoria dell'impegno della Chiesa di
Grosseto in quei tragici giorni del novembre
1966, colpisce la bellissima lettera - riportata
sul settimanale diocesano «Vita Nova»
(antesignano di Toscana Oggi) il 25 dicembre
di quell'anno - scritta a Papa Paolo VI da oltre
50 grossetani. Si trattava di famiglie che
vivevano tra Barbaruta, Cemaia, Manucheto,
Poggialberi, Principina, Squadre Basse e
Squartapaglia. La lettera fu inviata al Papa come
segno di gratitudine per l'assistenza ricevuta
dalla Chiesa. Su iniziativa dell'amministratore
apostolico mons. Gasbani, infatti, in ogni casa
degli assegnatari della Maremma alluvionata fu
portata una stufa con la scritta: «dono del
Papa». «Le nostre parole - si legge nella lettera non appariranno dette e scritte nei normali
termini protocollari e d'uso, ma sono parole
sincere, sgorgate dal cuore di figli che rivolgono
al Padre loro il sentimento più bello e più alto:
quello dell'amore». E in un altro passaggio:
«Abbiamo temuto di essere dimenticati, ma è
giunta a noi la voce patema del Pontefice. Ci è
giunta la vostra voce, la vostra benedizione, i
vostri doni, il vostro rappresentante mons.
Pangrazio. Attorno a noi si è stretta la Chiesa e
già sui campi allagati, dalle nostre case
sommerse, da ciò che era e ci appariva distrutto
la fede meravigliosa è rinata e il sorriso è
tornato sul volto dei nostri bambini».
T
Alluvioni in Toscana
Pagina 394
a storia dell'alluvione è anche la storia di altro fiume, il
ume» della generosità che si riversò sulla nostra
popolazione. Centinaia di persone, d'Italia (e non solo) si fecero
partecipi del dolore e molti scrissero a Mons. Gasbani
accompagnando la loro lettera con contributi materiali. Altri
invece, offrirono la loro vicinanza
spirituale con le preghiere. Impossibile
elencare tutte queste persone, ma tra
queste «offerte spirituali» si nota quella
di una Madre Superiora che il 15
novembre, scrivendo al Vescovo,
sottolinea che«il mistero del dolore non
è qualcosa su cui si debbano fare tante
belle considerazioni spirituali ma è
qualcosa che si vive in tutta la sua
nudità, afferrati al legno della croce e
che per quelli che ne sono direttamente
colpiti, si condivide con i fratelli
sofferenti, calandolo insieme nel
silenzio della preghiera». Ed è proprio in
questo sfondo che va letta l'opera che la
Chiesa ha svolto. Queste forme di carità
spirituale e materiale si intrecciarono
fino a formare una rete di aiuti molto
resistente che non lasciò nessuno
abbandonato. Anche la vicinanza del
Papa si fece subito sentire con parole di
incoraggiamento tramite il Segretario di Stato. Il Papa, recitava il
telegramma, «mentre partecipa dolori popolazione zona
Grossetana colpite odierna alluvione eroga a sollievo loro
sofferenze un milione et incarica eccellenza vostra recare sua
confortatrice benedizione». E grande fu la generosità delle
Diocesi vicine, in modo particolare quelle legate al Vescovo,
come Viterbo e Velletri. Grande mobilitazione anche tra le
associazioni: tra le molte che offrirono la loro vicinanza, il 10
L « fi
Alluvioni in Toscana
novembre si nota l'interessamento dell'Associazione Cristiana
Artigiani Italiani, che, riunita d'urgenza, prese in esame la
situazione invitando dirigenti e soci a contribuire alle raccolte
che si stavano facendo in tutta Italia.
Il 28, il Vescovo Gasbani scrisse a mons. Freschi, presidente della
Pontificia Opera Assistenza inviando un
articolo del giornale «Il Telegrafo» in cui
si riconosceva e apprezzava l'opera che la
Chiesa stava svolgendo, additandola a
tutte le associazioni assistenziali
cittadine come modello di efficienza e di
organizzazione. E fu lo stesso mons.
Freschi a ricordare in una conferenza,
nella sala stampa della Santa Sede,
l'opera generosa della Chiesa e che il
primo carico di vivere e indumenti
giunto a Grosseto dall' Aurelia fu proprio
quello della POA. Un impegno, quello
della Chiesa, riconosciuto anche dall'on.
Moro nel discorso che tenne in
Prefettura. E infine ci fu la riconoscenza
della popolazione alla vicinanza del
Papa e del Vescovo. Riconosciamo questa
gratitudine nelle parole che scrissero i
pastori di maremma della «pia unione»
che si dicono «riconoscenti per quanto
ella ha fatto per noi, per la fiducia che ci
ha fatto ritrovare» o nelle parole scritte dai coltivatori al Papa in
cui oltre alla riconoscenza per la sua generosità ricordano il loro
grande affetto per la sua persona. Nel resoconto finale degli aiuti
privati (ecclesiastici e no) che il Vescovo riportò nella Rivista
Diocesana la rete di salvataggio «tessuta» dalla generosità di
molti risultò composta da ben 109.146.124 milioni di lire, tra
cui si notano ben 48 milioni da parte del Papa.
Emiliano Eusepi
Pagina 395
F urono molte le chiese e gli istituti religiosi
danneggiati durante all'alluvione. Il
Seminario, per la sua particolare posizione,
affrontò, com'è scritto in una relazione
dell'epoca «per primo l'impeto delle acque,
respinte dall'argine della ferrovia, per questo i
danni dovuti all'inondazione sono stati
aggravati dall'urto poderoso delle acque di
piena che hanno sconvolto tutto l'edificio».
Nel piano seminterrato, si registrò la
distruzione della centrale termica, degli
impianti della cucina e di tutti gli arredamenti,
dei magazzini dei viveri e dei guardaroba per i
dormitori. Anche l'arredamento nella cappella
fu reso inservibile, così come quello delle aule.
Ma anche per il Seminario si notò la generosità
delle parrocchie (in modo particolare Porto
Santo Stefano) che offrirono generi alimentari
Alluvioni in Toscana
e «braccia» per lavorare alla pulizia dei locali.
Moltissimi furono anche i danni negli asili
parrocchiali, nelle canoniche e nelle chiese dei
paesi vicini come in quella del Granaione o
quella di Braccagni, dove la perdita di gran
parte delle tegole dal tetto, provocò
infiltrazioni che distaccarono l'intonaco
all'interno della chiesa. Ma subito si mise in
moto la macchina organizzativa della
«ricostruzione». Con lettera del 24 novembre,
mons. Primo Gasharri, vescovo amministratore
apostolico, invitò i parroci a denunciare danni
di carattere personale avendo qualche
possibilità economica per aiutarli e con
successiva circolare del 1 dicembre li esortò a
denunciare i danni agli arredi e ai mobili delle
chiese, fiducioso «di poter erogare qualche
contributo per la loro sostituzione o per il loro
restauro» ed incoraggiò fortemente i sacerdoti
ad affrettarsi a riferire i danni agli immobili,
presentandone la denuncia alla Prefettura e al
Genio Civile ed inviando copia della denuncia
all'Ufficio Amministrativo della Diocesi.
Tra le tante richieste di contributo inviate al
Genio Civile e alla Prefettura ci fu anche quella
della scuola materna del Cottolengo, in cui la
superiora invitava a rispondere presto alla
richiesta affinché presto potessero essere
riprese le attività. «L necessario - scrisse mettersi all'opera subito, perché le mamme
pressano: anche la loro necessità è giustificata».
«Faremo debiti, la Provvidenza ci aiutera! Noi
abbiamo fiducia!». Una frase, segno di una
voglia di ricominciare presto a vivere con
normalità.
E.E.
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FIRENZE 1966, NASCONO
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Alluvioni in Toscana
Pagina 397
GLI "ANGELI DEL FANGO"
TANÏi NOMN E TANTE STORIE
Tra le centinaia di giovarci volontari
che aiutarono Firenze in quei giorni
anche nomi noti come Pierluigi Bersani,
De Gregori e Venditti , Sergio Staino,
Il cardinale, oggi arcivescovo della
città, Giuseppe Retori, e anche un
giovanissimo Angelo Scola.
DOPO IL DISASTRO DI 50 ANNI FA,
CENTINAIA DI GIOVANI CORSERO
AD AIUTARE LA POPOLAZIONE
E A SALVARE IL PATRIMONIO
ARTISTICO. QUEI RAGAZZI
SONO DIVENTATI UN SIMBOLO
DI VERA SOLIDARIETÀ
di Orsola Vetri
entre in televisione si celebrano I Medici, la famiglia che per
eccellenza rappresenta ancora
nel mondo la gloria, la bellezza e il potere culturale di
Firenze, quelle immagini del
passato fastoso di una delle
città tra le più belle al mondo sono il contraltare di quelle che in questi
giorni tutti i media mostrano per ricordare la
disastrosa alluvione avvenuta 50 anni fa,esattamente nelle prime ore del 4 novembre 1966
a seguito di giorni di pioggia intensa.
Fu un evento che ebbe vasta eco nel mondo
per la bellezza dei territorio e dei monumenti colpiti da una piena dell'Arno che finì per
riversare sul capoluogo toscano e sulle zone
circostanti circa 8o milioni di metri cubi d'acqua, provocando 35 vittime e danni immensi al
patrimonio artistico e culturale.
La popolazione e la città non erano state
preparate e nelle ore seguenti al disastro si attesero a lungo le ruspe, i mezzi anfibi, l'esercito
e persino dalla Versilia i bagnini con i pattini.
Non c'era allora la Protezione civile ma nemmeno i social network. Eppure, di fronte al
bisogno tra i giovani si sparse velocemente
il richiamo d 'aiuto e il senso del dover esserci. Attraverso un tam tam, un passaparola, un
appello dalle pagine dei giornali e il sostegno
anche dai radioamatori che si impegna- 4
Alluvioni in Toscana
Pagina 398
QUEI RAGAZZI OGGI
SONO NONNI , MA SONO
ANCHE I FRATELLI
MAGGIORI DEI TANTI
CHE LI HANNO IMITATI
NEGLI ANNI SEGUENTI
4 rono a coordinare i volontari che
giungevano sui luoghi del disastro,
centinaia di ragazzi italiani e stranieri si riversarono nella città ferita. Per
loro, un giornalista del 'Corriere
della Sera", Giovanni Grazzini, coniò in un articolo del so novembre un
termine che è rimasto per sempre impresso nel nostro immaginario e nella
nostra cultura: "angeli del fango" Giovanissimi che si misero in viaggio e
con stivali, impermeabili, pale furono
a disposizione già dalle prime ore del
5 novembre, quando apparve ormai
chiara l'entità della distruzione.
I primi furono gli studenti fiorentini, che portarono aiuto sgombrando
le strade, pulendo negozi, botteghe e
officine, aiutando i proprietari a salvare, quando fosse possibile, la merce, trasportando con secchi e carriole
la melma che imprigionava la città.
E con il passare delle ore quei ragazzi
aiutarono la popolazione rimasta senza acqua potabile e senza cibo.
E poi c'era l'arte, che fa rima con Firenze.Alla Galleria degli Uffizi e nella Biblioteca Nazionale anni e anni
di storia galleggiavano nell'acqua. Gli
angeli aiutarono a ricuperare e ripulire i tesori di un intero Paese.
In questi giorni, 5o anni dopo, la
città si prepara a ricordare e lì chiama
a raccolta. Il 4 novembre nel Salone
dei 500 sono attesi gli angeli dai capelli grigi , carichi di storie, aneddoti e
voglia di raccontare. Sono ormai nonni
ma sono anche i fratelli maggiori dei
tanti che negli anni seguenti abbiamo
visto dopo le alluvioni e i terremoti
presentarsi con la stessa voglia di aiutare. Pronti a mostrare come si mette
in atto la vera solidarietà: sporcandosi
e
le mani con il fango e le macerie,
Alluvioni in Toscana
Pagina 399
GUALTIERO BASSETTI
IL CARDINALE:
«QUANDO
SVENTAMMO
L'ESPLOSIONE»
Insieme ai ragazzi
della parrocchia di cui
era viceparroco evitò una
tragedia e salvò nonna Rosa
di Francesco Anfossi
ioveva da giorni, il fiume
stava per tracimare. Portiamo almeno in salvo il Santissimo, perché qui si sta
mettendo veramente male,
decise il parroco. Lo stavamo trasportando quando all'improvviso le porte
si aprirono con un botto per la forza
impetuosa dell'acqua. I cardini erano
Alluvioni in Toscana
saltati come fuscelli. La chiesa si allagò e facemmo appena in tempo a salire
attraverso una scaletta che portava in
canonica, al primo piano». Il cardinale
Gualtiero Bassetti , arcivescovo di Perugia, fiorentino di nascita, conserva
vividi ricordi dei giorni dell'alluvione.
A quel tempo era viceparroco di San
Michele a San Salvi, l'antica pieve di
Firenze, con una comunità di 12 mila
anime che viveva tra il Campo di Marte e Bellariva, non lontano dall'Arno.
«Da noi l'alluvione fece molti danni
non tanto per il fiume, ma perché l'acqua aveva riempito come una vasca
il cortile dell'ospedale psichiatrico di
San Salvi, che aveva mura alte sette
metri», ricorda il cardinale. «E così a
un certo punto l'acqua abbatté quei
muri scatenando un Vajont. Questo
avvenne mentre io e il parroco ci trovavamo in chiesa per salvare almeno
la pisside con le particole consacrate».
Ma il giorno della piena, quei 4
novembre del 1966 , il viceparroco
don Bassetti fu protagonista di un altro episodio ancor più drammatico.
«Già verso le otto del mattino (dove-
Pagina 400
vamo celebrare Messa) nella piazza
antistante la chiesa c'erano 30 o 40
centimetri d'acqua. Non pensavamo
all'Arno, ma credevamo fossero i tombini che non reggevano. In un angolo
della piazza c'era un deposito di carburo, che a contatto dell'acqua forma
acetilene e diventa esplosivo. lo venivo
dalla campagna, dove avevamo l'illuminazione a carburo , con la calzetta e
la bomboletta per il gas. Riconobbi subito quell'odore intenso e pericoloso.
E mi sono impaurito: qui, ho pensato,
se l'acqua entra nei fusti, salta tutto. E
infatti, si seppe nei giorni seguenti, in
via Scipione Ammirato saltò in aria un
palazzo per i medesimi motivi».
II cardinale torna con la memoria
a quegli attimi frenetici . «In piazza
c'erano sette o otto ragazzi della parrocchia. Li chiamai alla svelta gridando: ragazzi, bisogna aprire quella saracinesca! Trovammo una mazza ferrata,
di quelle che servono a spaccare le pietre, e a furia di colpi ho abbattuto la saracinesca. Ci trovammo di fronte allo
spettacolo che immaginavamo: una
catasta di fusti da una ventina di chili
Alluvioni in Toscana
l'uno allineati. Il carburo stava entrando in contatto con l'acqua, era come
se soffriggesse. Abbiamo fatto una
catena umana passandoci di mano in
mano i fusti, Io ero l'ultimo della fila:
quando toccava a me li gettavo nella corrente d'acqua ormai alta mezzo
metro che scorreva in via Andrea Del
Sarto, una strada in discesa che finiva
a gomito contro il muro di una palestra. Quando sbattevano facevano una
GUALTIERO BASSETTI
Nato a Popolano di
Marradi (Fi) n& 1942, è
arcivescovo di Perugia
dal 2009. Nel 1966 era
viceparroco a Firenze.
fiammata alta cinquanta metri ma a
quel punto non c'era nessun pericolo.
Erano istanti frenetici, ma in fondo
quasi ci divertivamo con l'incoscienza dei nostri anni. Un'incoscienza che
ci fece evitare una grande tragedia».
Ma il racconto del cardinale non finisce qui: «Alla fine di quell'operazione
un ragazzo gridò: "Nonna Rosa!"».
Nonna R osa era un'anziana signora elio abitava a piavi terreno di
rara piccola casa della piazza ormai
ridotta a un lago . «La trovammo che
era salita sul tavolo. 'Signora Rosa'; la
incitammo, "venite via!" : Facemmo
il seggiolino del papa, incrociando le
mani, e la caricammo, ma lei non voleva
andarsene e allora un ragazzo cominciò
a minacciarla: "Nonna Rosa, o venite
con noi o qui si affoga tutti. Se non venite via, mi costringete a essere violento' E fu così che la salvammo».
Nei giorni seguenti Firenze cominciò a popolarsi di angeli. «La
solidarietà tra gli abitanti e da parte
di chi veniva da fuori fu commovente.
I centri di raccolta erano le parrocchie
e le Case dei popolo: fu un grande momento, tutti eravamo intenti a soccorrere e ad aiutare. Firenze divenne
la capitale mondiale della solidarietà,
perché apparteneva al mondo, non
solo ai fiorentini, Si stabilirono amicizie, affetti, gesti esemplari. Ricordo
quei giorni come una delle parentesi
più belle della mia vita»,
o
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EUGENIO E FRANCA FERRARI
«E I GIOVANI
MOSTRARONO
LA LORO FORZA))
Si conobbero dopo l'alluvione
aiutando Firenze ferita. Ora
hanno tre figli e sono nonni
di Francesco Anfossi
erché non vieni a Firenze
a pulire libri?». Quando il
neolaureato ingegner Eugenio Ferrari accettò di
accogliere l'invito dell'amico Pier Andrea, studente di Architettura a Firenze, mai avrebbe immaginato che avrebbe incontrato la sua
futura moglie . «Arrivammo a bordo
di una Giulietta Sprint la sera del
13 novembre in un silenzio irreale. Le
luci erano fioche. I muri erano sporchi
di fango fino a tre metri di altezza».
La mattina dopo si ritrovò dentro
un'aula della facoltà di Architettura ad
asciugare volumi. « Finché il libro stava in acqua rimanevano integri. Ma
quando li toglievi bisognava asciugarli
molto in fretta affinché le pagine non
si incollassero, tamponandoli con una
carta assorbente e borotalco. Si lavora-
Alluvioni in Toscana
va fino a sera, e non ci si fermava mai».
In un angolo di quell'aula era intenta a effettuare la stessa operazione
la matricola fiorentina di Architettura
Franca Cioni e alla fine tra quelle pagine si incollò un grande amore che
CON LA LORO FAMIGLIA
Sotto : Eugenio Ferrarï
con la moglie Franca Cioni,
entrambi architetti, con i tigli
Laura, psicologa e inanuna
della piccola Erica; Chiara,
architetto e Marco , ingegnere
energetico . A fianco: i coniugi
il giorno delle loro noce.
doveva portarli all'altare qualche anno
dopo, il 16 settembre 1972.
«Di quei giorni conservo due sensazioni fondamentali», dice la signora Franca nel salotto di casa, in un bel
quartiere residenziale di Lodi, « una è il
silenzio, l'altra è l'energia vitale che
pervadeva i giovani arrivati da tutto il
mondo per salvare Firenze. Vivevamo
nell'umido tutto il giorno, le mani erano ghiacciate e le infilavamo in secchi
di alcol per scaldarle. Dappertutto c'era
un odore forte e nauseabondo di nafta,
di muschio, di muffa che arrivava dalle
cantine allagate e non ci abbandonava
mai. Mangiavamo panini con salsicce
abbrustolite che ci parevano buonissimi e c'era sempre qualcuno che accompagnava i pasti con la chitarra.
Si cantavano i Beatles e le altri canzoni
che andavano in voga allora».
Per i coniugi Ferrari, che hanno tre
figli (e una nipotina, Erica) quella condivisione di valori è stata trasmessa
anche alla sua famiglia. «Fu la prima
volta che i giovani non erano soltanto una categoria anagrafica ma una
forza sociale , un'onda di solidarietà
che poi innescò il Sessantotto, come è
noto. Ma se i nostri tre figli sono stati
sempre impegnati in opere di accoglienza, ambiente e volontariato, non
e
è certo un caso».
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