Rassegna stampa 4
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Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 04/11/16 Alluvioni in Toscana Tirreno Pontedera Empoli P. V Mostre, libri, film: le celebrazioni nell'anniversario della tragedia 1 Tirreno Pontedera Empoli P. V La quarta foto in regalo col Tirreno 2 Tirreno Pontedera Empoli P. V «Calammo il pane sulle zattere da una finestra» Giacomo Pelfer 3 Tirreno Pontedera Empoli P. XIV «Stavolta l'Arno non potrà sorprenderci» Emilio Chiorazzo 5 Tirreno Pontedera Empoli P. XIV in mostra le immagini dei danni nell'Empolese 7 Tirreno Pontedera Empoli P. XIV Certaldo, dal 10 al 28 "Memoria viva" il progetto per ricordare 1 giorni del '66 8 Tirreno Pontedera Empoli P. XV Castelfiorentino, la Prociv simulerà l'uso delle cateratte Bisenzio 7 P. 24 In arrivo mostre sull'alluvione e laboratori di feltro per adulti Tirreno Pontedera Empoli P. XV Annunziata quel giorno vide suo padre trascinato dall'acqua Bisenzio 7 P. 26 Tutte le iniziative in programma per ricordare l'alluvione del '66 12 Tirreno Prato Pistoia Montecatini P. III A spalare fango nella Firenze ferita 13 Tirreno Prato Pistoia Montecatini P. VII Alluvione del'66, due giorni di iniziative 14 Tirreno Prato Pistoia Montecatini P. XVII L'alluvione di Tavola e Castelnuovo nel libro di Aurora Castellani 15 Corriere Arezzo P. 18 Rischio alluvione, tra un anno via ai lavori per la cassa di espansione sul Bicchieraia e per il borro del Covole Romano Salvi Corriere Arezzo P. 19 L'alluvione, 50 anni fa Romano Salvi 17 Corriere Arezzo P. 20 Ma la colpa non fu delle dighe Remo Chiarini 19 Corriere Arezzo P. 22 Strariparono i torrenti Due metri in città Poi la fuga a Ricasoli Fulvio Bernacchioni 24 Corriere Arezzo P. 25 Da Ponte a Poppi al fango di Firenze Quei vigili "angeli" Gianni Verdi 29 Corriere Arezzo P. 26 "Misi in salvo moglie e figli, poi la frana si portò via la casa" Gianni Verdi 32 Corriere Arezzo P. 27 E gli scout diventarono gli angeli del fango "Così aiutammo Firenze" Marco Cavini 35 Corriere Arezzo P. 28 "Il ponte non c'era più" Alessandro Bindi 37 Corriere Arezzo P. 29 Droni in volo per la sicurezza del grande fiume Viarco Antonucci 39 Corriere Arezzo P. 30 Bassetti: "Nell'acqua a tirar via i fusti che potevano incendiarsi" Corriere Fiorentino P. 1 50 anni di ricordi, 50 anni di ritardi Alessio Gaggioli 45 Corriere Fiorentino P. 2 Noi sott'acqua e fuor d'acqua Paolo Ermini 46 Corriere Fiorentino P. 4 L'ora della Cena, poi la fiaccolata Mauro Bonciani 49 Corriere Fiorentino P. 4 Le firme dei sindaci per conoscere e prevenire i rischi 51 Corriere Fiorentino P. 5 A caccia di una risposta (i perché di ieri e di oggi) 52 Corriere Siena P. 23 Quando Siena corse in aiuto di Firenze Luigi Oliveto 55 Corriere Siena P. 23 "Tra gli angeli del fango c'ero anche io. Emozioni e ricordi indelebili" Giordano Cioli 57 Nazione Arezzo P. 11 Alluvione, la mostra de La Nazione Inediti sul 4 novembre del 1966 Angela Baldi 58 Nazione Firenze P. 3 Firenze riabbraccia i suoi ragazzi Anche Renzi a Palazzo Vecchio Nazione Firenze P. 4 L'Ultima cena del Vasari recuperata Eccezionale, andiamo tutti a vederla Olga Mugnaini 61 Nazione Firenze P. 7 Mattarella stringe la mano agli operai E con il Presidente il lungarno riapre Ilaria Ulivelli 63 Nazione Firenze P. 20 Artigianato nella basilica di san lorenzo 64 Nazione Firenze P. 23 Fiesole e la doppia faccia dell'Arno 66 Nazione Firenze P. 1-2 Eccoci Indice Rassegna Stampa 9 10 Alessandro Marmugi 11 16 42 59 Sandra Nistri 67 Pagina I INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Nazione Grosseto P. 2 OGNI VIALE ERA OMBRONE Il racconto del comandante dei Vigili Irene Blundo 70 Nazione Grosseto P. 3 I butteri rendono omaggio a Santi Quadalti Incontri con gli studenti e proiezioni di video Nazione Grosseto P. 3 La Nazione regala le foto ogni martedì e giovedì Nazione Grosseto P. 3 Gli «angeli» erano in cielo Arrivarono con l'elicottero Nazione Grosseto P. 5 Anche l'arte per ricordare 76 Nazione Grosseto P. 5 Alle Clarisse le foto dell'inferno Ma anche quelle della rinascita 77 Nazione Grosseto P. 5 Due annulli filatelici speciali: «ufficio» agli Industri 78 Nazione Massa Carrara P. 13 Il Carrione: ieri, oggi e domani» Focus di riflessione dei Grillini 79 Nazione Pisa P. 9 Il novembre '66 ricordato al convegno su Franco Zagari 80 Nazione Pisa P. 9 «Il filo dell'acqua» Arca Azzurra teatro 81 Nazione Pisa P. 1-9 72 73 Irene Blundo 74 «QUELLA BIMBA SONO IO» Claudio Laudanna 82 Nazione Pontedera ValderaP. 7 "Due passi sul fiume" per ricordare Un giorno di letture, film e dibattiti Mario Mannucci 85 Nazione Pontedera ValderaP. 7 Spettacolo teatrale dove l'Arno ruppe E le vetrine diventano una mostra di foto Nazione Prato P. 11 «Io e mio padre Jorio Così mi insegnò cos'è la vera politica» Qn P. 2 La voce del giornale scosse l'Italia intera Qn P. 3 L'arte straziata, ferita ancora aperta Mille capolavori in attesa di restauro Olga Mugnaini 90 Qn P. 4 Zeffirelli: io fra gli angeli del fango «Raccontai la tragedia al mondo» Pierfrancesco De Robertis 92 Qn P. 5 Riscoprire i luoghi di ?Amici miei' Il film parlò anche dell'alluvione 95 Qn P. 5 Lapide in ricordo del dramma scoperta a Palazzo Vecchio 96 Qn P. 5 Prevenzione, ecco un manuale 97 Qn P. 5 Ritardi nei lavori e fondi bloccati «Così Firenze è ancora a rischio» Qn P. 5 Invasi e diga più alta Ancora mesi di attesa Qn P. 1-2 Firenze '66 i miei giorni nel fango Stefano Cecchi 101 Qn P. I Un premio al coraggio Pierfrancesco De Robertis 104 Qn P. III Mattarella oggi inaugura la mostra de «La Nazione» 106 Qn P. III Vannoni sfollato, Giani no Rossi: impegno per il futuro 108 Repubblica Firenze P. I-III E Balducci "processò" lo Stato Ernesto Balducci 109 Repubblica Firenze P. I-II Alluvione, 50 anni dopo Firenze è ancora a rischio Ilaria Ciuti 112 Repubblica Firenze P. I-III "L'ultima cena" in Santa Croce e poi film, mostre e fiaccolata Tirreno P. 1 Noi del 4-11-1966 Stefano Taglione Tirreno Cecina Rosignano P. II «Per noi Marina era il mondo» Maria Meini, Michele 120 Falorni Tirreno Cecina Rosignano P. II Anche la scuola fu allagata ma dopo misero i termosifoni Sandra Fedeli Tirreno Cecina Rosignano P. III «Il mio babbo era disperato ma riallacciò subito la luce» 123 Tirreno Cecina Rosignano P. III Mostra fotografica in biblioteca 125 Tirreno Grosseto P. I Acqua e fango, uno scenario di disperazione Tirreno Grosseto P. II «Mio padre, la voce dei grossetani» Tirreno Grosseto P. II L'obiettivo puntato sul disastro Gabriele Baldanzi 130 Tirreno Grosseto P. III Quelle mani giù nel fango E la promessa: «Mai più» Tamara Giorgetti 133 Tirreno Grosseto P. IV Bambi, il fiume visto dal basso In canoa tra miti e aneddoti Pierluigi Sposato 135 Tirreno Grosseto P. IV Appello alle istituzioni «Serve un contratto per diminuire i rischi» Massimo Galletti 137 Tirreno Grosseto P. V io incinta, impiegai 4 giorni per tornare a casa Tirreno Grosseto P. V Omaggio agli angeli del Mantovano Indice Rassegna Stampa 86 Marilena Chiti 87 89 Paola Fichera 98 100 115 116 122 Claudio Bottinelli 126 128 139 Enrico Giovannelli 140 Pagina II INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Tirreno Grosseto P. V La due giorni del Rotary Club 141 Tirreno Grosseto P. V Gli scatti di Bf alle Clarisse 142 Tirreno Massa Carrara P. VI «Ma quando piove la notte non si dorme» Tirreno Massa Carrara P. VII «La Furrer così è risorta equi investiamo ancora» Alessandra Vivoli 144 Tirreno Pisa P. 1-VI Tra danni e sconcerto piazza Garibaldi "violentata" dal fango Mario Neri 146 Tirreno Pisa P. VII Gli "angeli del fango" in Comune Tirreno Pisa P. VII Piazza Garibaldi porta i segni della battaglia con l'Arno Andrea Lanini Avvenire P. 17 FIRENZE '66 La rinascita continua Alessandro Beltrami 152 Corriere Della Sera P. 1 L'alluvione, la generosità e l'ipocrisia Gian Antonio Stella 154 Corriere Della Sera P. 10 Così il salvataggio di Vasari e Cimabue cambiò la storia del restauro Renato Franco 158 Corriere Della Sera P. 10 firenze 1966 Angelo Scola 159 Internazionale P. 102 Firenze '66. Dopo l'alluvione 161 Libero P. 26 Il documentario «Firenze 66-Dopo l'alluvione» su SkyArte 162 Repubblica P. 34 Quella lotta per i libri nel fango di Firenze Mietta Albertini 163 Repubblica P. 34 Il mio ricordo dell'alluvione Fabio Sicari 164 Repubblica P. 1-36 Firenze e l'alluvione l'onda della memoria Elena Stancanelli 165 Repubblica Firenze Speciale P. XVII Repubblica Firenze Speciale P. XVIII La creazione del Laboratorio di restauro 172 Repubblica Firenze Speciale P. XVIII Una storia vera una storia bella 173 Repubblica Firenze Speciale P. XVIII C'è futuro nella solidarietà 174 Repubblica Firenze Speciale P. XIX L'impegno e la passione vengono riconosciuti 176 Repubblica Firenze Speciale P. XIX Calendario eventi Biblioteca Nazionale 178 Sette P. 50 Mare di fango Sole 24 Ore P. 30 Firenze ricorda l'alluvione del 4 novembre 1966 Unità P. 1 C'è un'Italia che sa rialzarsi da fango o macerie Dario Nardella 184 Unità P. 7 Dall'alluvione si esce tutti insieme Giovanni Gozzini 186 Unità P. 7 I ricordi di ieri e le pene di oggi Maurizio Boldrini 188 Unità P. 8 Noi non siamo angeli Franco Quercioli 189 Unità P. 9 La scienza al servizio dell'arte E Vasari si è salvato dalle acque Stefano Miliani 192 Unità P. 9 Gli scatti di Gori per le strade L'occhio di Korab in mostra Unità P. 9 Resta il rischio idrogeologico Per questo ora c'è il Piano dell'Arno Mauro Grassi, Giovanni Massini 195 Venerdi Repubblica P. 42 Firenze l'alluvione in vetrina Cosimo Rossi 196 Venerdi Repubblica P. 45 Fotografie e film ricordando la tragedia e la rinascita 143 150 151 Artigianato in basilica mostra in san lorenzo 170 Enrico Mannucci 179 183 194 199 05/11/16 Alluvioni in Toscana Tirreno Pontedera Empoli P. XXIV L'alluvione del '66 tra mostra itinerante musiche e letture 200 Tirreno Prato Pistoia Montecatini 203 P. II Indice Rassegna Stampa Un angelo della neve nelle giornate della grande alluvione Pagina III INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Tirreno Prato Pistoia Montecatini P. V Bellandi con gli "Angeli del fango" 205 Tirreno Prato Pistoia Montecatini P. IX VISITA IN SANTA CROCE PER 50 ANNI DELL'ALLUVIONE 206 Corriere Arezzo P. 26 Al Chiostro di Cennano oltre cento immagini dell'alluvione del 1966 207 Corriere Fiorentino P. 1 Luci, promesse, fatti 208 Corriere Fiorentino P. 2 Mattarella: insieme ce la faremo Oggi il patto coi fondi per l'Arno Mauro Bonciani 209 Corriere Fiorentino P. 4 Cinquecento fiaccole sulla città A San Miniato anche i profughi Giulio Gori 211 Corriere Fiorentino P. 4 «Dal badile al pastorale» Betori ricorda il suo ?66 Mauro Bonciani 213 Corriere Fiorentino P. 5 Angeli del fango di nuovo insieme «Ora servono quelli della polvere» Marzio Fatucchi 214 Corriere Fiorentino P. 5 Allora furono i soldati la nostra protezione civile Enrico Nistri 216 Corriere Fiorentino P. 13 Amici miei Corriere Siena P. 25 "Ne è passata d'acqua sotto i ponti" Mostra sull'alluvione del 1966 Nazione Arezzo P. 9 Bertelli: «Anch'io angelo del fango» Salva Vasari e ricorda la sua infanzia Nazione Arezzo P. 18 Fotoamatori, la mostra sull'alluvione 221 Nazione Empoli P. 12 Esercitazione sulle cateratte dell'Elsa per evitare una nuova alluvione 222 Nazione Empoli P. 24 La piena del '66 nelle foto di allora 223 Nazione Empoli P. 24 Stasera il libro "Piovve sul bagnato" presentato al Mmab 224 Nazione Firenze P. 3 L'abbraccio della nostra storia Il Presidente ammira la mostra Alberto Andreotti 225 Nazione Firenze P. 4 Il legame con gli Usa «Obama verrà a Firenze» Stefano Vetusti 228 Nazione Firenze P. 4 «forza e dignita'» Betori : «così Firenze risorse» Duccio Moschella 229 Nazione Firenze P. 6 Il nostro Arno 1966-2016 Maurizio Costanzo 232 Nazione Firenze P. 7 Storie e ricordi, il ritorno degli Angeli ?Abbiamo bisogno del vostro spirito' Olga Mugnaini 235 Nazione Firenze P. 8 Santa Croce, che meraviglia: la rinascita del Vasari Olga Mugnaini 237 Nazione Firenze P. 9 «Così la banca aiutò i fiorentini E il legame con la gente si rafforzò» Stefano Vetusti 239 Nazione Firenze P. 25 «Lungo l'Arno» Libro sull'alluvione 241 Nazione Grosseto P. 4 Grosseto non dimentica premiato il maresciallo Caldora 242 Nazione Grosseto P. 5 Legambiente: «Ombrone più sicuro e percorsi didattici per ricordare» 243 Nazione Grosseto P. 5 Altro convegno, una mostra e per finire un concerto 244 Nazione Massa Carrara P. 18 Un tour sul fiume, un convegno e mostra 245 Nazione Massa Carrara P. 19 «Un disastro firmato dal Pd» Il movimento 5 stelle punta l'indice 246 Nazione Massa Carrara P. 19 Ponti storici ancora nel mirino di Seminara «Saranno demoliti e non ricostruiti» 247 Nazione Massa Carrara P. 1-18 Alluvione due anni dopo Luci e ombre sul Carrione Nazione Pistoia P. 9 Il senatore Chiti (Pd): «La solidarietà fu grande» 251 Nazione Pistoia P. 34 Centro Guide Visita a Santa Croce 50 anni dopo 252 Nazione Pistoia P. 35 Alluvione di ricordi 253 Nazione Prato P. 12 A Poggio il centro raccolta «patini» Dalla Versilia bagnini e volontari Nazione Prato P. 12 Alluvione, la cronaca di quei giorni 'Prato rispose subito e aiutò Firenze' Marilena Chiti 255 Nazione Siena P. 11 Una mostra per non dimenticare «Fu un dramma senza precedenti» Paolo Bartalini 257 Nazione Siena P. 11 «Sembrava la guerra» Andrea Valboni e Firenze sott'acqua Paola Tomassoni 258 Qn P. 1 SLANCIO CIVILE Dì Pier Francesco De Robertis 260 Qn P. 3 Il giorno che l'Amo diventò crudele La Nazione dette voce al riscatto Diego Casali 262 Qn P. 4 Il Vasari risorge dalla melma Un capolavoro restituito alla città Paola Fichera 264 Qn P. 5 Venduti, 'angelo' nell'alta marea «Da quel fango è nato il '68» Olga Mugnaini 266 Indice Rassegna Stampa 217 218 Eva Desiderio 219 Cristina Lorenzi 248 254 Pagina IV INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Qn P. 1-2 Il Presidente L'Arno La Nazione Pier Francesco De Robertis 268 Repubblica Firenze P. II Ierie la , cinquanta anni fa Firenze ricorda il dramma tra memoria e futuro Ernesto Ferrara 271 Repubblica Firenze P. III A volo d'angelo sui giorni del fango "Abbiamo scoperto lì solidarietà e amicizia" Ilaria Citi 274 Repubblica Firenze P. IV L'ultima cena Gaia Rau 276 Repubblica Firenze P. XXII Alluvione Tirreno P. 1 Il raduno degli amici della "supercazzola" Tirreno P. 12 Celebrata la festa delle forze armate Tirreno P. 23 L'ultima cena riemerge cinquant'anni dopo Tirreno P. 23 La città celebra gli "angeli del fango" 283 Tirreno P. 23 Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai 284 278 Alessandro Guarducci 279 Gabriele Rizza 281 280 Tirreno Cecina Rosignano P. III La mostra di foto lettere e documenti andrà anche a Marina Tirreno Cecina Rosignano P. III L'acqua della piena fece strage di animali Tirreno Grosseto P. II «Urge la messa in sicurezza» Tirreno Grosseto P. II Ombrone 66 «Non si può escludere che succeda di nuovo» Tirreno Grosseto P. III Oggi gran finale del convegno con un concerto 291 Tirreno Grosseto P. III Ok al monumento a Santi Quadalti, la Curia concede l'area 292 Tirreno Grosseto P. III Anche la Cattedrale ricorda il disastro con un esposizione 293 Tirreno Grosseto P. III Memoria del disastro e rischi idrogeologici Nella sala consiliare un incontro ad hoc 295 Tirreno Grosseto P. III Inaugurata la mostra delle cinquanta foto di Agenzia Bf Tirreno Grosseto P. IV Ombrone 1966 Tutto questo si poteva evitare? Tirreno Grosseto P. IV La mia odissea per rientrare a Castel del Piano 299 Tirreno Grosseto P. V «Avevo sei anni, tornai a casa su un'ambulanza» 300 Tirreno Grosseto P. V Dedo, formidabili quei tuffi per procurarsi latte e cibo Tirreno Grosseto P. V I fratelli Orlandini, tre ragazzi meravigliosi Spalavano via il fango davanti al cancello Tirreno Massa Carrara P. 1-XI «Con il muro è crollata anche la fiducia» Alessandra Vivoli 304 Tirreno Massa Carrara P. IX Alluvione, ferita ancora aperta Alessandra Vivoli 307 Tirreno Massa Carrara P. X Una mostra multimediale e dibattiti per ricordare Tirreno Massa Carrara P. X Venti milioni per il Carrione Tirreno Massa Carrara P. X «La Regione manca di coraggio» Avvenire P. 13 Firenze, il ritorno degli angeli «Ridateci l'energia del 1966» Andrea Fagioli 312 Avvenire P. 13 Betori: «In quei giorni vinsero fierezza e dignità dei fiorentini» Riccardo Bigi 314 Brescia Oggi P. 2 Gli «angeli del fango» tornano a Firenze Brescia Oggi P. 10 Brescia rivive la grande alluvione dell'Arno Corriere Della Sera P. 20 L'omaggio di Mattarella Giornale P. 6 Il capo dello Stato inaugura il Lungarno crollato 320 Giornale Di Vicenza P. 2 Gli «angeli del fango» tornano a Firenze 321 Il Fatto Quotidiano P. 5 Oggi su Sky Arte Hd lo speciale "Firenze 66 dopo l'alluvione" 322 International New York Times P. 16 Saving Vasari's 'Last Supper' Manifesto P. 13 «Firenze 66 - Dopo l'alluvione», il documentario di Enrico Pacciani arriva in tv Mattino P. 5 «I nuovi angeli del fango tra le rovine del sisma» Mario Ajello 328 Messaggero P. 9 Dall'alluvione al sisma quando l'Italia sa reagire Mario Ajello 330 Pagina99 P. 40 A 50 anni dall'alluvione anche il Vasari è salvo Indice Rassegna Stampa 285 Michele Falorni 286 288 Gabriele Baldanzi 289 296 Claudio Bottinelli Gabriele Baldanzi 297 301 303 308 Cinzia Chiappini 309 311 315 Mauro Zappa 317 319 Paula Deitz 323 327 332 Pagina V INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Qn - Il Piacere Della LetturaP. 8 Alluvione Leonardo Gori 334 Qn - Il Piacere Della LetturaP. 38 Pisa. Filo dell'acqua in prima nazionale Sole 24 Ore P. 1 La lezione dell'alluvione: l'alleanza per l'arte Giulia Crivelli 338 Sole 24 Ore P. 1 «Eredi della meglio gioventù» Gerardo Pelosi 340 Sole 24 Ore P. 19 Mattarella a Firenze: il dovere di ricostruire Lina Palmerini 343 Sole 24 Ore P. 19 La marea alta due metri segnò il destino di Venezia Jacopo Giliberto 345 Sole 24 Ore P. 19 Cinque anni e 200 milioni per mettere al sicuro la città Silvia Pieraccini 346 Unità P. 6 « L'alluvione ci insegnò che insieme si può rinascere» Maria Zegarelli 347 337 06/11/16 Alluvioni in Toscana Corriere Arezzo P. 31 L'alluvione dell'Arno in Casentino Incontro a Santa Maria a Buiano 348 Corriere Fiorentino P. 6 «Arno sicuro». Ma quando? Mauro Bonciani 349 Corriere Fiorentino P. 7 E presto l'alluvione dei turisti» Edoardo Semmola 351 Corriere Fiorentino P. 7 La bimba sul tetto, i ricordi e l'appello: «Ora pensate all'Ombrone» Alfredo Faetti 352 Corriere Fiorentino P. 7 Il miracolo (olandese) dell'acqua Giulio Gori 353 Nazione Empoli P. 11 Morirono durante l'alluvione Illeggibile la targa che li ricorda Ylenia Cecchetti 355 Nazione Firenze P. 4 «Che emozione, è stato come rivivere tutto» Maurizio Costanzo 356 Nazione Firenze P. 5 Alluvione, il disastro e la rinascita «Ma non dovrà accadere mai più» Paola Fichera 358 Nazione Firenze P. 5 Viva la gente in redazione incappucciati da vergogna Luigi Caroppo 361 Nazione Firenze P. 22 L'esempio e degli italiani dei fiorentini Giovanni Pallanti 362 Nazione Firenze P. 1-3 Che successo Titti Giuliani Foti 363 Nazione Grosseto P. 7 «In pochi minuti la città venne sommersa dall' acqua» Paolo Pighini 367 Nazione Grosseto P. 7 «Sul tetto tra freddo e paura Ma la salvezza venne dal cielo» Irene Blundo 368 Nazione Massa Carrara P. 11 «La sicurezza idraulica non esiste, il Carrione fa sempre paura» 369 Nazione Pontedera ValderaP. 9 In breve Nazione Siena P. 7 Il team che ha studiato il cielo del disastro «Senza precedenti» Katiuscia Vaselli 371 Nazione Viareggio P. 11 Una terra solidale Enrico Salvadori 372 Qn P. 20 Un tocco e riaffiorano le immagini «Colpiti al cuore da quel disastro» Titti Giuliani Foti 373 Qn P. 21 In coda. tra prime pagine e filmati Ognuno con la propria storia Michele Manzotti 376 Repubblica Firenze P. I "Amici miei", 300 fan al Piazzale Valeria Strambi 377 Tirreno P. 1 Angeli del fango sempre Luigi Vicinanza 378 Tirreno P. 19 Nostalgia di zingarate: raduno sotto la pioggia sui passi di Amici miei Gabriele Rizza 379 Tirreno Grosseto P. VII Quelli della "piena" oggi a Braccagni 380 Tirreno Grosseto P. VII L'Ombrone in musica martedì al Dif 381 Tirreno Grosseto P. VII Agricoltori ai tempi delle alluvioni L'esperto: «Ecco quale coltura fare» Tirreno Massa Carrara P. VI In via Ilice il rumore dell'acqua fa paura Tirreno Massa Carrara P. VI L'allerta, vissuta sul fiume Alessandravivoli 384 Toscana Oggi L'osservatore Toscano P. V I bambini e l'alluvione, quelle lettere commoventi Riccardo Bigi 387 Toscana Oggi La Voce Arezzo Cortona Sansepolcro P. III UN CASENTINESE PRIMA VITTIMA DEL'ALLUVIONE DI FIRENZE Toscana Oggi La Voce Di Prato P. VII Quando Tavola andò sotto tre metri d'acqua Indice Rassegna Stampa 370 Giovanna Mezzana 382 383 390 Serena Travaglini 391 Pagina VI INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna stampa 4 - 6 novembre 2016 Toscana Oggi La Voce Di Prato P. VII In diretta su tv prato la messa in santa croce per il 50° dell'alluvione Toscana Oggi Rinnovamento P. IV Don Franco «memoria» di quei giorni amari: «Così aiutammo la nostra gente» Toscana Oggi Rinnovamento P. IV I contadini commossi per il dono delle stufe Toscana Oggi Rinnovamento P. IV Quel «fiume» di generosità Toscana Oggi Rinnovamento P. IV I danni al seminario e in alcune chiese 396 Famiglia Cristiana P. 70 Firenze 1966, nascono gli "angeli del fango" 397 Famiglia Cristiana P. 72 Il cardinale: «quando sventammo l'esplosione» Francesco Anfossi 400 Famiglia Cristiana P. 74 «E I GIOVANI MOSTRARONO LA LORO FORZA» Francesco Anfossi 402 Indice Rassegna Stampa 392 Giacomo D'Onofrio 393 394 Emiliano Eusepi 395 Pagina VII Mostre, libri, film: le celebrazioni nell'anniversario della tragedia Oggi ricorre il cinquantesimo anniversario dall'alluvione del 1966 che colpì gravemente Pontedera e alcuni paesi vicini. Il Comune di Pontedera, in collaborazione con Tagete Edizioni, organizza una giornata per ricordare quel terribili momenti cui seguiranno altre con eventi, conferenze e presentazioni di libri. Oggi pomeriggio alle 15 in Piazza Cavour "Due passi sul fiume", una passeggiata con letture inedite dal libro di Mario Marianelli con le guide Michele Quirici e Mario Mannucci. Alle 17 in sala del consiglio comunale la commemorazione sarà presieduta dal sindaco Simone Millozzi e vedrà la partecipazione dell'assessore alla Cultura Liviana Canovai, dell'assessore alla Protezione Civile Matteo Franconi, dell'onorevole Giacomo Maccheroni, sindaco durante i tragici eventi dei 1966, e dei rappresentanti delle associazioni di volontariato. Seguirà alle 18 in saletta Carpi, via Valtriani, la presentazione dei volume "Dalla spalletta dell'Arno si racconta. Canti, bettole, fiume e Alluvioni in Toscana l'alluvione dei '66 a Pontedera" di Mario Marianelli, edito da Tagete edizioni con il contributo di Unicoop Firenze. Nelle sue pagine si racconta la Pontedera tra le due guerre: strade, vicoli, negozi si animano di personaggi e a poco a poco il lettore comincia a sentire i rumori e gli odori della Pontedera che fu. Una Pontedera laboriosa e godereccia che mutando la forma non ha mutato oggi la sostanza. La serata si concluderà al Centro Poliedro con un buffet e alle 21la proiezione dei film "Arno 2016". Celebrazioni sono in programma questa sera anche a Castelfranco, all'oratorio di via San Severo, dal titolo "L'Arno in paese", organizzata dal comitato Palio dei barchini con il patrocinio dei Comune. All'appuntamento, in programma alle 21,30 saranno mostrati i filmati dell'epoca curati da Remo Salvadori, insieme ai racconti e alle storie di alcuni castelfranchesi. La serata, ad ingresso libero, sarà anche una sorta di anteprima della mostra fotografica che il comitato Palio allestirà nelle vetrine dei fondi sfitti del centro storico. Pagina 1 La r% „ú4a ce. ? ïïrre La prima era in distribuzione sabato scorso, la seconda mercoledì, la terza ieri e la quarta oggi. Ben 21 appuntamenti in edicola, da mercoledì a sabato, per una collezione importante e accurata. Le foto delle due città alluvionate- Pisae Pontedera- in questo caso arrivano da varie fonti: dall'archivio Frassi di proprietà della Fondazione Pisa (con la collaborazione di Palazzo Blu) e dal l'archivio storico Silvi. Gli stessi luoghi sono stati fotografati oggi a Pisa da Fabio uzzi e a Pontedera da Franco Silvi. I testi sono stati scritti da Andrea Lani ni. La quarta foto è in regalo oggi con l'acquisto del giornale e i nostri lettori potranno inserirla nel raccoglitore regalato con la prima uscita. Alluvioni in Toscana Pagina 2 CASTELFRANCO Ci sono immagini che entrano in attimo nel ricordo di un dramma collettivo destinato a restare indelebile. Immagini in bianco e nero che fissano la memoria e ne accompagnano il racconto, divenendo a loro volta il simbolo di una storia. Una storia fatta di acqua e fango ma anche di intraprendenza e solidarietà, come quella immortalata a Castelfranco, in via Cavour, all'indomani della grande alluvione di cinquant'anni fa. È l'immagine del pane calato dalle finestre, sfornato in tutta fretta dallo storico panificio Nardinelli e distribuito ai castelfranchesi a bordo di zattere di fortuna. Un'immagine che in paese conoscono un po' tutti, fumata dal fotografo Giustino e affissa, ormai da mezzo secolo, tra le mura del celebre forno di Castelfranco. Un'attività che Piero Nardinelli e la moglie Antonietta Sollazzi avevano rilevato, nel 1965, appena un anno prima dell'eruzione di acqua e fango che nella sera del 4 novembre sommerse il Valdarno. Un giorno che Antonietta ricorda nitidamente. Un giorno di festa, com'era all'epoca, quando scuole e negozi restavano chiusi per celebrare la vittoria della Grande Guerra e l'Unità d'Italia. «Nel pomeriggio di quel 4 novembre vennero i vigili a suonarci a casa - ricorda la donna -. Ci dissero di metterci subito a lavorare per sfornare più pane possibile. All'epoca vivevamo proprio sopra al forno, al primo piano. Scendemmo e iniziammo a impastare e a cuocere il pane». L'allarme era appena scattato: di lì apoche ore, come poi avvenne, tutti si aspettavano che l'Arno avrebbe rotto gli argini. Iniziò così la corsa ad assicurarsi i generi di prima necessità. «Ricordo la fila che c'era davanti al forno - riprende Antonietta -: non ci davano neanche il tempo di cuocerlo il pane. La gente aveva paura e si accontentava di prendere la pasta ancora cruda». Una giornata di lavoro febbri le, con il timore della piena alle calcagna. Un timore che divenne realtà in serata. «Erano circa le 20,30 - raccon- Alluvioni in Toscana 0 arla la fornaia che con il marito aiutò ta la donna - quando tutti iniziarono a dire che l'Arno aveva strappato a Ponticelli. Così prendemmo tutto il pane rimasto e lo portammo su, in casa, provando a mettere dalle tavole all'ingresso del negozio per non far entrare l'acqua. Non servi a niente: la piena arrivò da sotto il pavimento, spaccando le mattonelle e riempiendo il piano terra». La mattina dopo, la luce dall' alba rivelò l'immagine di un paese sommerso, con le strade trasformate in canali d'acqua e attraversate da alcune zattere di fortuna. Imbarcazioni improvvisate, sulle quali alcuni cittadini, in modo spontaneo, facevano il giro delle case per chiedere ai castelfranchesi affacciati alle finestre se avessero bisogno di qualcosa. «Così iniziammo a ca- lare il pane di sotto», dice Antonietta indicando la foto, dove si vede lei accanto al merito Piero, scomparso nel 2009, insieme alla sorella Luciana affacciata all' altra finestra. Sulla zattera, invece, c'erano Carlo Conforti e Fabio Soldaini, l'ex portiere di calcio che negli anni'50 avevamilitato anche in serie A. «All'epoca c'erano solo due forni a Castelfranco: noi e quello di Moreno sul viale Italia - riprende Antonietta - clie diventammno un po' il punto di riferimento in quei giorni difficili». IJn dramma, però, che rischiò di far cessare, quasi sul nascere, l'attività del panificio rilevata appena un anno prima. «Dopo l'alluvione restammo chiusi per 15 giorni - ricorda Antonietta -. Fu una grossa batosta per noi: avevamo perso tutto Pagina 3 quello che avevamo investito aggiuntare. Fu lui, invece, a conun anno prima. Io sostenevo vincermi che in quel negozio che si dovesse smettere. Dicevo c'era il nostro futuro. Da allora a Piero di tornare a fare l'opera- sono passati 51 anni e io sono io mentre io mi sarei rimessa ad ancora qua». Giacomo Pelfer 411'1'4j; il pane viene calato sulle zattere da una finestra all 'indomani dell'alluvione a Castelfranco ( Foto Giustino) Antonietta Sollazzi mostrai I puntoti no a cui arrív ® 'acqua a castelfranco . A aestrao un 'altra immagine dell'alluvione nella zona dei cuoio Alluvioni in Toscana Pagina 4 , %í ïir° _, ,,. ,.,. e ,..r,. III G r// •r / o //// "0/// / / r / r//% . i .. ..r///// / / /.i .J////////, . i delegato dell 'Unione protezione civi le Paolo «Previsioni meteo e organizzazione: giochiamo d'anticipo» di EmilioChiorazzo 0 EMPOLI «Il rischio? Non si può azzerare. C'è sempre l'imponderabile. Ma possiamo agire su due fronti: diminuire la fonte di rischio e mettere in atto procedure per la salvaguardia della vita». Così Paolo Masetti, sindaco di Montelupo e delegato dell'Unione per la protezione civile, cerca di spiegare come evitare un altro 4 novembre 1966. «Rispetto a cinquant'anni fa - spiega Masetti - sono stati fatti passi da gigante, grazie al sistema di risposta locale della Protezione civile. In questi anno è stata messa a punto e collaudata anche con eventi naturali, una macchina operativa, pronta a mettersi in moto». Facciamo un esempio: se oggi si verificasse un'esondazione? «Dobbiamo partire da più indietro. Da un'organizzazione che permette di non arrivare a un evento così importante all'improvviso, come più o meno avvenne cinquant'anni fa. Adesso i corsi d'acqua sono monitorati costantemente. C'è una sala operativa attiva 24 ore su 24. E poi ci sono le previsioni meteo». Però, nel tempo, abbiamo vissuto anche di recente situazioni di allagamenti. «Sono casi che riguardano quasi esclusivamente il reticolo idraulico minore. L'Arno, da Alluvioni in Toscana quei tragici giorni di 50 anni fa, è stato curato in modo da renderlo meno pericoloso. Anche se, in sede nazionale, è ritenuto il secondo elemento di rischio, dopo quello rappresentato dal Vesuvio. Tuttavia, durante l'anno, ci sono tante allerte rneLeo, è da queste, anche quelle meno importanti, che partiamo». Come funziona il piano di reazione agli eventi calamitosì? «Tutti gli enti che appartengono al sistema di Protezione civile vengono avvisati: l'Unione riceve l'allerta meteo e lo inoltra alle amministrazioni comunali. Ogni Comune mette in atto ciò che prevede il Piano approvato in sede di Unione: si fanno verifiche sui punti critici, si allerta il volontariato». Quali sono i punti critici? «Nelle relazioni servite per varare il piano dell'Unione, ogni Comune ha evidenziato i propri: si va dai sottopassi a zone dove i tubi non sono adeguati ad accogliere quantità di precipitazioni eccessive». E poi come si procede? «Si aprono le centrali operative, quelle comunali e quelle Intercomunali: quest'ultima si trova nella sede dell'ex tribunale e a breve sarà trasferita al Terrafino, nella caserma dei vigili del fuoco. Il centro di coordinamento attiva le risorse necessarie». Quante persone indicativamente ruotano intorno a questo piano? «Difficile da quantificare, anche perché legato alla gravità dell'evento: nella normalità sappiamo che ogni associazione mette a disposizione 2 squadre. In tutto oltre venti gruppi. Poi, se occorre, arriva personale anche da zone che non sono interessate dagli eventi in corso. In ogni caso si tratta di personale esperto e preparato, formato per affrontare la situazione». Abbiamo detto che l'esondazione non sarà improvvisa... «Certo. Ci vogliono molte ore. Si segue l'evoluzione e se le previsioni meteo sono precise, si riesce con anticipo a capire quel che potrà accadere e si prendono le decisioni necessarie, anche con la consulenza tecnica del servizio "piene" della Regione e dell'Autorità del Bacino dell'Arno. Se la si- tuazione dovesse essere grave, si arriva fino a decidere l'evacuazione delle zone esondabili. Ma a questo punto, proprio per il grado di rischio legato all'Arno, la questione da locale diventa nazionale». Ci sono norme che i cittadini devono conoscere per evitare rischi? «Ce ne sono, si trovano facilmente sul web dei vademecum. Ma due aspetti sono fondamentali, anche se banali: quando l'acqua occupala sede stradale è rischioso andare nei garage o nei seminterrati a spostare i propri veicoli. E lo stesso vale per i sottopassi: se c'è presenza di acqua, è sempre prudente non passarci». Cì RIPRODUZIONE RISERVATA «41a olt., r.Arntr non 1xArà so,1,rü„ dercb> Pagina 5 C' un Piano che prevede i punti critici e le azioni utili a ridurre i rischi: ecco quel che i cittadini devono sapere Qui sopra un 'altra delle immagini €n esposizione all<s mostra fotografica ad Avane Alluvioni in Toscana Pagina 6 nnoslr;; ia i >LA d/úi dzunzá A Empoli sarà allestita una mostra fotografica che racconterà la tragica notte tra il 3 e 4 novembre dei '66 . La mostra intitolata ' Empoli. I giorni dell'alluvione. Cinquant'anni dal 1966 ', verrà inaugurata oggi alle 17.30, nello spazio della vela margherita Hack di Avane , via agolo 32, Empoli. Quella zona fu una tra quelle maggiormente colpite dall'alluvione, insieme alle frazioni di santa Maria, Pagnana, Riottoli, Marcignana , Ponte a Elsa e Brusciana. La mostra resterà visitabile fino a domenica 13 novembre , in orario 17-19.30, per poi diventare itinerante : coinvolgerà anche la scuola secondaria di primo grado 'Busoni - Vanghetti' e nei Circoli Arci che ne r 'L, IrA faranno richiesta. Le foto su 12 pannelli, rappresentano le varie località invase dall'acqua e dal fango , i mezzi di soccorso, le fabbriche e le abitazioni danneggiate e poi ripulite, il danneggiamento del ponte sull'Arno e il suo attraversamento con il traghetto o sul ponte di barche . Alcuni pannelli saranno accompagnati da una serie di manifesti emessi all'epoca dall'amministrazione comunale per gestire l'emergenza dei soccorsi e le difficoltà della ripresa e da una raccolta di foto originali. una seconda sezione della mostra ( circa 12 pannelli) èdedicata al fiume Arno , alla sua storia e alle alluvioni che nel tempo si sono verificate. a11 pol5 Soli, ',dc c' Alluvioni in Toscana Pagina 7 Certaldo, dal 10 al 28 "ñ emoria viva" il progetto per ricordare 1 giorni del '66 Si svolgeranno dallo al 28 novembre le iniziative organizzate dal Comune di Certaldo, in collaborazione con il Comitato della memoria e tanti enti, associazioni e privati , per ricordare il 50esimo anniversario dell'alluvione, l'evento meteorologico che colpì non solo Firenze, ma tutta la Toscana ed anche la Valdelsa e Certaldo. L'iniziativa rientra nel progetto "Memoria viva" intrapreso dal Comitato di Coordinamento della regione Toscana 2016, cui il Comune di Certaldo ha aderito, per promuovere in tutta la zona la raccolta della memoria e della documentazione delle alluvioni del 1966 e la loro conoscenza insieme alla comprensione delle alluvioni di oggi e di quelle che ci attendono. «Parlare dell 'alluvione oggi è un modo per tenere vivo il ricordo di quei giorni a partire dalla memoria di chi li ha vissuti, valorizzando queste persone è creando un ponte generazionale con le nuove generazioni - spiega l'assessore Clara Conforti - questa iniziativa contribuirà a far maturare una maggiore consapevolezza sui temi ambientali e sulla responsabilità nella gestione del territorio. La nostra regione è da qualche anno sottoposta a sempre più frequenti eventi meteorici intensi, che aggrediscono un territorio già fragile e vulnerabile. E' necessario che il ricordo delle alluvioni dei passato, lontano e recente, ci aiuti a trovare nuove strade, nuove soluzioni, nuovi comportamenti». a11 pol5 ssrEircitdcs'ci» Alluvioni in Toscana Pagina 8 Castetfiorentino,la Prociv simulerà l'uso delle cateratte Castelfiorentino celebrare attraverso un nutrito calendario di iniziative e, in particolare, con video e testimonianze inedite recuperate grazie al coinvolgimento e alla partecipazione delle associazioni e di numerosi cittadini i 50 anni dall'alluvione. Appuntamento stamani (ore 10) con la Prociv che effettuerà un'esercitazione di un'ora con il movimento delle cateratte e la chiusura del ponte sull'Elsa. Nel pomeriggio, alle 17 i naugurazione al Ridotto dei Teatro dei Popolo della mostra sulla "memoria collettiva" della comunità castellana sull'alluvione, cui seguirà (ore i8) la proiezione di alcuni video. Una giornata raccontata attraverso le immagini Alluvioni in Toscana e decine di testimonianze che consentiranno di ripercorrere il vissuto della popolazione in quei momenti drammatici. Castelfiorentino fu uno dei comuni più devastati della Valdelsa: danni ingenti, oltre 5 miliardi di lire, secondo una stima fatta all'epoca. Si verificarono anche 4 morti, tre dei quali in seguito all'esplosione di una casa (Guido Borghi, Giovanni e Vittorio tortini, Rosa Grassi). Proprio nel ricordo delle vittime, il Comune di Castelfiorentino invierà oggi una rappresentanza istituzionale con il Gonfalone alla messa che sarà celebrata a Firenze nella Basilica di Santa Croce dal Cardinale Arcivescovo Giuseppe Betori e alla presenza dei capo dello Stato, Sergio Mattarella. Pagina 9 Continua il programma della biblioteca comunale all'insegna della varietà. Numerosi gli appuntamenti per i bimbi In arrivo mostre sull'alluvìone e laboratori di* feltro per adulti* CALENZANO (cgc) Continua fino alle feste natalizie il ricco programma della biblioteca calenzanese, con tante conferme e qualche novità, tra cui gli eventi per il 50° anniversario dell'alluvione di Firenze, gli aperitivi a cura degli «Amici di CiviCa», la presentazione di libri e l'apertura di nuove mostre. Lunedì 7 e martedì 8 ci saranno appuntamenti su prenotazione dedi- cati ai più piccoli nella sala bambini. Sempre l'8 allel8 la sala polivalente ospiterà l'inaugurazione della mostra "Operarte, un'Associazione in mostra" a cura dell' Associazione Culturale Operarte. Mercoledì 9 novembre alle 17 nella sala polivalente, su prenotazione, Manola Nifosì sarà la protagonista di «Pomeriggio con Manola... storie di donne, con donne, su donne, per donne». Giovedì 10 alle 21 si terrà la presentazione del libro «Le Potenze» di Filippo Cardini, accompagnato dalle musiche del trio rock «3bien». Martedì 8 tornerà anche un appuntamento molto gettonato per gli adulti: il laboratorio di feltro curato da Federica Martorelli . Il primo incontro si terrà appunto l'8 alle 17 e verterà sul «Libro Tattile - Sensoriale»; proseguiranno altre lezioni il 15, il 22 ed il 29 novembre. Per informazioni e iscrizioni: [email protected]; Barbara 3337534738. «Un programma all'insegna della qualità e della varietà - ha commentato l'assessore alla cultura Irene Padovani - come abbiamo sempre fatto dall'apertura di CiviCa, cercando ogni volta di rinnovarsi con proposte originali e aperte a tutti». © RIPRODUZIONE RISERVATA Alluvioni in Toscana Pagina 10 % pi. imi, %imi, %z %i ,. i;% `. í%.(. 11/3 1/111, , e .. 1 EMPOLI C'è la storia di Annunziata, che si vide portare via il padre da quella maledetta valanga d'acqua. Quella di Paolo, la cui casa e il cui luogo di lavoro furono spazzati via in pochi secondi. E poi c'è la storia di Carla, che con un bimbo di pochi giorni in braccio riuscì a scappare prima che il luogo in cui abitava fosse completamente divelto da devastanti onde fangose. Racconti dolorosi, ferite ancora aperte che difficilmente potranno rimarginarsi. Le ha raccolte Edoardo Antonini nel libro "Piovve sul bagnato" edito da Ibiskos che raccoglie, a 50 anni esatti da quel tragico 4 novembre del 1966, i racconti e le testimonianze di chi quel giorno c'era e si è visto portar via dall'acqua una parte della propria vita. Una parte del proprio cuore. Racconti e foto della tragica alluvione che colpi anche l'Empolese Valdelsa. Da Montelupo, sommerso sin dalle prime ore del mattino dalle acque della Pesa ed isolato dal resto del mondo fino ad Empoli, colpito soprattutto nelle frazioni di Marcignana, Brusciana e Ponte a Elsa. E poi Sovigliana, Vinci Capraia e Limite, Cerreto Guidi, Fucecchio, Anselmo-Montespertoli, Castelfiorentino e Certaldo. Annunziata Mancini viveva a Brusciana con la sua famiglia. Oggi a 93 anni ricorda ancora quel terribile giorno. Quando la piena travolse suo padre Pierpaolo, rappresentante di Vini, che stava andando a lavoro non ci fu niente da fare. Invano l'uomo provò ad aggrapparsi al tronco di un albero per resistere alla forza della corrente ma non ci fu niente da fare. Prima furono ritrovati alcuni effetti personali, poi il suo corpo, vicino ai binari. L'alluvione aveva colpito fortemente la zona e la chiesa del paese era stata resa inagibile, così Annunziata e i suoi familiari furono costretti ad allestire la casa e a celebrare il funerale all'interno della loro abitazione. Pierpaolo fu una delle sette vittime che ci furono nell'empolese. Non fu solo l'Arno a portare morte e distruzione, ma anche i torrenti esondarono travolgendo senza pietà paesi e frazioni. Come all'Anselmo nel comune di Montespertoli dove il torrente Virginio colpì duramente la frazione dell'Anselmo. Furono in tanti a farne le spese tra questi anche Paolo Marcucci. Era appena uscito di casa quando la violenza del torrente saltato fuori dagli argini, porto via la sua casa e il negozio di falegname nel quale lavorava. Bastò un attimo per vedere la propria dimora inghiottita in pochi secondi e i sacrifici di una vita completamente andati in fu- Alluvioni in Toscana %.%// .G , /, jj Jf ,. l.l %% % mo. Oltre al danno la beffa per il povero Paolo che dovette fare i conti anche con la burocrazia. L'indennizzo per i danni subiti infatti arrivò solamente sedici anni più tardi nel 1982. In tanti quel giorno si salvarono per miracolo tra questi anche la signora Carla Costoli di Capraia. Si trovava nella sua casa in via Mazzini a Capraia proprio a due passi dall'argine dell'Arno quando fu avvertita dell'imminente pericolo. Così di corsa prese in braccio il figlio nato da appena 45 giorni e se ne andò fuori di casa portandosi immediatamente in un luogo sicu- ro. Venti minuti più tardi la sua casa venne distrutta dalla forza dirompente del fiume in piena. Qualche attimo di ritardo e forse questa storia non avrebbe potuto raccontarla. Queste e molte altre testimonianze sono raccolte nel volume edito da Ibiskos e già da qualche giorno in tutte le librerie. Il volume sarà presentato domani alle ore 17 a Montelupo presso il MMab di Montelupo e sabato prossimo al Pisa Book Festival. Storie sì, ma anche foto impressionanti, come quella di Piazza dei leoni sommersa dall'acqua, o quella del ponte tra Sovigliana ed Empoli incrinato dalla furia della piena. Oggi a 50 anni di distanza quei ricordi restano impressi nella memoria di chili ha vissuti e nel cuore ma anche di chi li ha ascoltati e conosciuti attraverso testi, immagini e foto. E che ha capito che il 4 novembre 1966 non è stato un giorno uguale a tutti gli altri. Alessandro Marmugi CRIPRODL'ZIONE RISERVATA Pagina 11 Tutte le iniziative in programma per ricordare l'alluvione del `66 SIGNA (M) Signa ricorda i 50 anni dall'alluvione. Venerdì 4 novembre, alle 17.30, presso la Sala dell'Affresco del Palazzo comunale verrà ricordato l'anniversario dell'alluvione che nel 1966 sommerse i 4/5 del territorio signese. Nell'occasione verrà inaugurata una mostra fotografica curata da Adriano Paoli e dal circolo Sorms di San Mauro con la presentazione di alcuni scatti inediti. Per domenica 6 sono invece previste alcune iniziative presso la Misericordia di San Mauro. La celebrazione ufficiale del luttuoso evento è stata invece calendarizzata per il prossimo venerdì 25 novembre alle 17.30 nella chiesa di San Lorenzo. Per quell'occasione sono stati invitati i sindaci dei comuni gemellati e degli enti che cinquant'anni fa vennero a portare soccorso nel nostro territorio. Nella stessa serata verrà presentata una nuova edizione, riveduta e corretta, della pubblicazione «1966: l'alluvione a Signa». 2 RIPRODUZIONE RISERVATA Alluvioni in Toscana Pagina 12 ii„ C 1 50 anni dell'alluvione, il ricordo dei prof. Paolo Baldassarri e Mauro Matteucci D PISTOIA Insegnanti ora, angeli del fango cinquant'anni fa, all'epoca dell'alluvione di Firenze il cui infausto anniversario ricorre proprio oggi. Si tratta di Paolo Baldassarri, ex preside dell'ItcPacini e Mauro Matteucci. Entrambi ricordano quell'evento che è rimasto indelebile nella loro memoria e nel loro cuore. «Fui informato che non avrei potuto dare l'esame nei primi giorni di novembre come previsto - ricorda Baldassarri - L'esame era importante, Fisica 1, da sostenere con un frate francescano, don Galli, docente molto noto a Firenze e adArcetri. Il giorno dopo la catastrofe, 4 novembre 1966, quale volontario della Croce Rossa di San Marcello, fui incaricato dall'allora presidente, cavalier Amato Arcangeli, di recarmi quotidianamente a Firenze per portare acqua ed altro ad una famiglia scelta dalla Croce Rossa italiana e per ripulire dal fango il materiale prezioso nel Palazzo Alluvioni in Toscana L'alluvione a Firenze in una foto scattata dal Palazzo Serristori Serristori sul lungarno omonimo, dove la melma aveva raggiunto le sale nobili del primo piano. Ricordo che altri giovani di San Marcello ebbero incarichi analoghi; uno di loro era l'amico Andrea Dazzi presidente della Croce Rossa di Piteglio. Tutti insieme, col cuore e la pala in mano, liberavamo quadri, arredi, incunaboli e libri preziosi. Usavai-no la pala come avessimo un bisturi per non compromettere la vita stessa di quanto via via eravamo capaci di salvare dalla completa distruzione ormai imminente». «Ho parlato raramente, se non ai familiari, della mia presenza nei giorni successivi al disastro, nella città ferita, e che allora sembrava colpita a morte - racconta Mauro Matteucci anch'io sono stato uno degli angeli dei fango, di cui spesso si è parlato in modo retorico. Infatti, quella di accorrere per dare una mano a Firenze e ai fiorentini, fu per noi una scelta per niente eroica, ma allo stesso tempo spontanea e quasi inconsapevole: era la città dove da un anno frequentavo l'università e sembrava quasi naturale, anche per curiosità, andare». «Ci dettero una pala e dei gambali di genima - i cosiddetti chantilly - e cominciammo a spalare la mota prosegue - Ma la volontà mia e di alcuni compagni era di andare, anzi di penetrare quanto prima in Piazza Brunelleschi, dove era la sede della nostra facoltà di Lettere e Filosofia. Ricordo con una certa emozione che, quando vi giungemmo, ci venne da piangere, trovando il fango dappertutto: sembrava che una parte della nostra vita fosse stata cancellata per sempre dalla furia degli elementi!» Pagina 13 IF , ,, L 510 ß • !% í R;,) del 66 due ® PONTE BUGGIANESE L'alluvione del 4 novembre 1966 non colpì soltanto Firenze con lo straripamento del fiume Arno. In molte zone della Toscana torrenti e corsi d'acqua si riversarono in strada e nei paesi provocando numerosi danni, e tra queste c'era il territorio di Ponte Buggianese. E nel 50° anniversario di quel tragico evento, il Comune organizza una due giorni di iniziative e incontri nell'edificio mediceo della Dogana del Capannone, porta di accesso ovest al Padule di Fucecchio, in localitàAnchione. L'appuntamento e per ve- Alluvioni in Toscana 1V ' • , nerdì 11 e sabato 12 novembre. Venerdì con inizio alle 10 è in programma un incontro educativo con gli alunni delle scuole del territorio: oltre agli amministratori saranno presenti i rappresentanti del corpo di Protezione civile comunale. Il giorno successivo allo stesso orario altra conferenza sul tenia "rischio idrogeologico: problema attuale", con relatori anche gli esperti del Consorzio di bonifica del Basso Valdarno, che organizzano il convegno in collaborazione con l'amministrazione pontigiana. Nell'occasione, inoltre, verrà inaugurata una mostra di fo- • • i n z at ve i i i tografie e di video d'epoca, materiali forniti direttamente dai cittadini nelle scorse settimane: è del luglio scorso infatti l'avviso pubbicato dal Comune che invitava i residenti a portare scatti e reperti originali che raffiguravano i giorni dell'alluvione, i luoghi coinvolti, le difficoltà e le reazioni dei paesani a quell'evento, con più importanza al contenuto che alla qualità della foto. E in Comune sono arrivati decine di contributi che ritraggono il tragico e imprevisto fatto avvenuto il 4 novembre di 50 anni fa, memorie visive di un alluvione che è ancora nei ricordi di molte persone. (fusi.) Pagina 14 '//GZ'4ii Vp. ,d/ L ' a li 4o..v$a ,i; v l ae PRATO. Il libro 'Valtra Alluvione, il 4 novembre 1966 a Prato, Campi Bisenzio, Signa, Lastra a Signa e Quarrata", curato da Aurora Castellani è stato presentato eri pomeriggio nella sala consiliare.11 volume raccoglie documenti nediti, interviste e fotografie dell'alluvione che 50 anni fa Colpì Firenze e comuni limitrofi e per quanto riguarda Prato principalmente le frazioni di Tavola e Casteinuovo, nellazona sud della Città. Ha moderato l'incontro la giornalista del Tirreno Venia Reali. Allestita anche una mostra fotografica. /'/ rG4„r % i i %'i i°g' // ih,// ii° /ii„,„i h,/ / %'ii / - r, / rl,// „/ /,ir La giornalista Reali, la curatrice Castellani, il vicesindaco Faggi I nnnvi r'v ineH di Pr.i t , Alluvioni in Toscana Pagina 15 Il sindaco Ghinelli e l assessore Sacchetti fanno il punto sui progetti per mettere in sicurezza la città. Firmato l'accordo di programma tra Regione, Provincia e Comune R sch o alluv one, i via i (il£§ #IL '11 p i a§ iVI" lavi ^ il -xr la osa dí u,3,,ansione SA DICC era. e per borro del Covole di Romano Salvi AREZZO - L'occasione è offerta dal cinquantesimo anniversario dell'alluvione di Firenze. Ma è anche l'attualità di un altro tragico evento naturale, il terremoto, a richiamare l'attenzione sui rischi di un fenomeno naturale come quello dell'esondazione dei corsi d'acqua, ai quali è esposta almeno una parte della città. Lo hanno fatto ieri in Comune, con le carte idrogeologiche sul tavolo, il sindaco Alessandro Ghinelli e l'assessore all'ambiente Marco Sacchetti. "Non che il nostro territorio ha detto Ghinelli - sia a forte rischio idrogeologico,ma il rischio c'è ed è diffuso con i torrenti sempre più messi alla prova quanto più stanno cambiando le condizioni climatiche". Al di là delle coincidenze con anniversari e gli inevitabili coinvolgimenti con la tragedia del terremoto che sta sconvolgendo territori che a quello di Arezzo sono affini, è anche un atto formale, come quello della firma messa in questi giorni Alluvioni in Toscana sull'accordo di programma tra Regione, Provincia e Cogiustificare mune, a l'opportunità di un punto sugli interventi da tempo programmati e finanziati dai tre enti per mettere in sicurezza la città dal rischio idraulico, an- che alla luce del trasferimento alla Regione delle competenze della difesa del suolo. "La sinergia fra i tre enti - ha detto Sacchetti - permette di destinare risorse importanti per un adeguamento del borro Covole, prioritario all'interno dei lavori per la cassa di espansione sul torrente Bicchïeraia". Per la quale sono stati già stanziati 2 milioni e 400mila curo: con un bando di gara d'appalto all'inizio del prossimo anno da parte della Regione, per lavori da avviare dopo l'estate. Un invaso con una capacità complessiva di contenimento di poco meno di oltre 90mila metri cubi di acqua. Poco meno della cassa di espansione già realizzata sul Castro e che ha una capacità di 104mila metri cubi. "Né l'una né l'altra - dice Sacchetti - sono risolutive per la parte tombata del Castro in città, secondo studi teorici, ridurrebbero dell'85 per cento le superfici esposte all'allagamento anche in coincidenza di eventi con frequenza centennale". Casse di espansione, ma anche interventi da centomila curo, in via di approvazione in Comune, per la riduzione dei detriti sul Castro. E lavori sui corsi d'acqua del Valtina e del Sellina, sempre a rischio di tracimazione, a cura del Consorzio di Bonifica Alto Valdarno che si occuperà anche della manutenzione sul reticolo idrico: 400mila curo destinati alla cura dei fossi più importanti del territorio. "Il Comune - aveva precisato Ghinelli presentando l'accordo di programma con Regione e Provincia - farà la sua parte anche sull'intervento sul Covole, funzionale alla realizzazione della cassa di espansione del Bicchieraia". La farà investendo 640niila curo che si aggiungono ai 928mi1a della Regione e ai centomila della Provincia. Pagina 16 1M Alluvioni in Toscana Pagina 17 I mostri da prevenire di Romano Salvi li uomini discutono, la natuGra agisce. Lo diceva Voltaire. E spesso, ma questo Voltaire non lo diceva, la natura agisce come una bella donna che se non le dai le giuste attenzioni, prima o poi ti tradisce. Che c'è di più bello al mondo della natura italiana? Ma se non la rispetti con le giuste attenzioni, lei che è tanto bella quanto fragile, prima o poi ti tradisce anche lei. Lo fa in tanti modi e quando meno te l'aspetti. Poi ci piangi sopra, chiedi solidarietà ai vicini, arrivano a soccorrerti da tutto il mondo gli angeli del fango, o i volontari a estrarre dalle macerie le vittime del terremoto e a dare riparo e ristoro a chi è rimasto senza tetto, celebri i cinquantenari del mostro che il 4 novembre del 1966 uccise venti persone e coprì Firenze e i suoi tesori di fango, vai ai funerali dei trecento abitanti nel cuore dell'Italia che la natura ha dipinto come solo Dio sa fare, ma che è pronta a distruggerlo sotto le vesti di un altro mostro, il terremoto. Si fanno tante promesse per non trovarsi impreparati al prossimo tradimento, e intanto si mettono a posto tutte le coscienze con una visita agli alluvionati o ai terremotati o con una medaglia ai pochi uomini che, per dirla con Voltaire, agiscono, invece di discutere, quelli della Protezione civile. E con loro gli angeli del fango o i volontari che estraggono corpi dalle macerie. Poi si riprende a discutere, di casse di espansione per arginare l'alluvione, di costruzioni antisismiche per limitare i danni del terremoto. Si discute per anni fino al prossimo pianto di fronte alla natura che agisce: o per ribellarsi alle ferite del cemento al posto del verde, o per mettere a nudo l'incapacità dell'uomo, soprattutto se italiano, di difendersi dal mostro del terremoto. Questi sono i giorni del mostro che sta devastando il cuore dell'Italia: e per una tragica coincidenza oggi è anche il giorno della memoria dei morti e della devastazione del mostro alluvione che cinquanta anni fa sfregiò Firenze e che lasciò un segno indelebile anche su due valli aretine, Casentino e Valdarno. Anche il Corriere di Arezzo, il giornale di Alluvioni in Toscana un territorio ferito e coinvolto in quel tragico 4 novembre, dà con queste pagine un contributo alla giornata della memoria. La memoria serve per ricordare, ma serve soprattutto per ammonire. Perché le tragedie, anche quelle della natura che si ribella, non si ripetano. Ecco perché il contributo del Corriere di Arezzo vuol andare oltre i toni celebrativi e troppo spesso retorici. Lo fa ristabilendo la verità, con una dettagliata ricostruzione di Remo Chiarini, massimo esperto di ingegneria idraulica, sulla notte più drammatica vissuta sopra la diga della Penna, che ancora oggi si porta dietro la fama non più giustificata di responsabile dell'alluvione di Firenze. Ma lo fa anche con un sopralluogo virtuale, rapido quanto significativo nella sua denuncia, di un altro esperto di infrastrutture sul territorio, l'ex ingegnere capo della Provincia, Giovanni Cardinali, uno dei pochi che in questi 50 anni non ha solo discusso, ha anche agito. "Tanti dice Cardinali - gli studi e i progetti proposti. Pochissimi quelli realiz- zati. E quelli realizzati, o in via di re di quelle di Montevarchi. Bibrealizzazione, tutti parziali e su af- biena e Poppi". E pensare che profluenti minori dell'Arno, come prio grazie all'ingegner Cardinali l'Ambra, il Ciuffenna, il Castro o le varianti stradali della Regionale il Bicchieraia". Sull'onda dell'emo- 69 in Valdarno e della statale 71 in zione si pensò a Firenze abbassan- Casentino sono state progettate e do i fondali dell'Arno a Ponte Vec- costruite con argini da utilizzare chio e a Ponte Santa Trinita. Qual- come barriera idraulica. Rischiache anno dopo, il primo vero inter- no di fare la fine dei cavalcavia e vento a valle con lo scolmatore dei ponti raddoppiati sul raccordo che devia una parte della piena pri- autostradale 50 anni fa, grazie alla ma di Pisa. Ci vollero 33 anni pri- lungimiranza di chi prevedeva che ma che il Governo approvasse il un giorno sarebbe stato necessario piano contro il rischio idraulico il raddoppio di tutto il raccordo. del bacino dell'Arno, che prevede- Quel giorno è passato da parecchi va, tra l'altro, 12 casse di espansio- anni, ma il raccordo è ancora quelne in grado di contenere 70 milio- lo di 50 anni fa. Quanti anni doni di metri cubi d'acqua. Ma nel vranno passare prima che gli argipiano c'era anche lo sfangamento ni sulle varianti svolgano la funziodegli invasi delle dighe di Levane e ne di barriera idraulica per la quadella Penna. Che fine ha fatto quel le sono stati costruiti? L'unità di piano? Ce lo spiega Cardinali: "A misura è quella dell'anno burocradiciassette anni dalla sua approva- tico. E intanto dello sfangamento zione, è stato aperto un cantiere, degli invasi delle dighe nessuno ancora da chiudere, quello delle parla più. "Per fortuna -ci consola casse di espansione di Figline che Cardinali - c'è stato un salto di non possono contenere più di tre qualità sui sistemi di allerta della milioni di metri cubi di acqua. Per Protezione Civile". Insomma, se ci le altre casse di espansione, non si sarà un'altra alluvione, almeno va oltre la progettazione prelimina- non farà vittime Farà solo disastri. E a quelli ci penseranno gli angeli del fango. Tutto o quasi come mezzo secolo fa. Pagina 18 ) 2. 1 1 1 1 . 1 txa il 3eil ravù 1 9iGÚiAl rtraPp c% altiolo clnl tic Ma 1a colpa non f u delle dighe di Remo Chiarini * Sento oggi il dovere di riproporre questa testimonianza che pubblicai già dieci anni , fa sul Corriere di Arezzo del 4 novembre 2006 perché allora, come ora, non riuscivo a tollerare che si perseverasse nella distorsione della verità dei fatti (accertati perfino dalla magistratura) e si continuasse ad alimentare, addirittura a mezzo stampa, la diceria infondata che imputò alle dighe dell'Enel di La Penna e di Levane la maggior responsabilità del disastro che si verificò a Firenze il4 novembre 1966. Il mio personale disappunto per questa ingiuriosa "leggenda metropolitana" si è poi nel tempo acuito da quando ebbi modo di conoscere la reale sofferenza che, per una tale infamante e ingiusta accusa, avevano dovuto sopportare per lungo tempo i protagonisti di quella drammatica nottata, trascorsa quasi eroicamente al loro posto, mettendo a repentaglio la propria stessa vita, nel tentativo di governare un evento di fatto pressoché ingovernabile. La perizia ordinata dalla magistratura e le ipotesi di reato Una decina d'anni fa, proprio come ora, mentre fervevano i preparativi delle tante iniziative dedicate al ricordo dell'immane tragedia che quaranta anni prima aveva colpito Firenze, frugando tra le carte che avevo nel tempo raccolto in- Alluvioni in Toscana tomo a questa catastrofe, ebbi modo un'ampia parte del Valdarno aretino di rileggere le conclusioni della peri- e fiorentino. In quella rilettura mi imzia che all'indomani dell'alluvione la pressionò e incuriosi soprattutto la Procura di Firenze affidò al collegio sintesi della risposta dei periti ai quesidi esperti formato dal professor Gio- ti 4, 13 e 14, dove si legge: "...(omisvanni Cocchi (Ordinario di Idraulica sis).....gli inconvenienti verificatisi al all'Università di Bologna) e dagli in- comando oleodinarnico di apertura gegneri Alessandro Giani e Giorgio delle paratoie di `La Penna', non soHautman di Firenze. I quesiti posti ai no attribuibili a difetti o guasti dell'imperiti dagli allora giovani sostituti pro- pianto, ma ad errori materiali nelle curatori Caponnetto e Vigna, verteva- manovre eseguite dal personale...( no tutti sulla necessità di stabilire se le omissis).... è però doveroso obiettivamanovre effettuate sugli organi di sca- mente osservare che le condizioni amrico delle dighe di Levane e La Penna bientali erano tali da giustificare inceravessero contribuito ad aggravare gli tezze ed orgasmo del personale in sereffetti di quella devastante piena del- vizio". l'Arno. Così il mio pensiero corse istintivaIl tremendo sospetto che infatti in- mente all'assurda vicenda di quegli combeva sulla testa degli indagati era uomini che per aver messo addirittuche ad essi potesse essere ascritto il ra la propria vita a rischio nel tentatireato di "disastro colposo" o anche vo di compiere il proprio dovere fino quello, non certo meno grave, di "pro- in fondo, si erano poi visti ripagare curata alluvione" e persino quello gra- con accuse così terribili e infamanti. vissimo di "strage", visto che nel cor- E allora, attraverso le mie conoscenze so di quella alluvione, purtroppo, si tra il personale a riposo dell'Enel, cererano contate ben 23 vittime a Firen- cai di rintracciare qualcuno dei superze e altre 16 in provincia. Ma, la mia stiti di quella drammatica avventura. attenzione non si soffermò tanto sul Ebbi così la fortuna di conoscere e fatto già noto (seppur ignorato dai intervistare a più riprese il signor Alpiù), che la perizia degli esperti aveva varo Pippucci, all'epoca dei fatti periampiamente scagionato le dighe dal- to industriale dipendente Enel e rela pesantissima accusa che le voleva sponsabile dell'Impianto Idroelettricolpevoli, o almeno corresponsabili, co della Penna. I1 Pippucci, che all'edell'inondazione di Firenze e di Pagina 19 Furono i sostituti procuratori Caponnetto e Vigna ad affidare la perizia: il collegio era formato dal professor Cocchi e dagli ingegneri Giani e Hautman Dopo cinque anni tutti gli indagati perla vicenda delle dighe furono prosciolti e scagionati l periti avevano accertato che il ritardo nelle manovre degli scarichi della Penna, trattenendo più a lungo l'onda di piena nell'invaso, aveva paradossalmente diminuito sia la portata che l'altezza dell'acqua a Firenze poca dei fatti era un giovane di trentadue anni, è recentemente mancato. Quando lo incontrai per la prima volta aveva settantadue anni ed ebbi subito l'impressione di trovarmi di fronte una persona affabile e sincera. Alla mia richiesta di aiutarmi a sfatare pubblicamente quella ingiusta diceria che ancora lo indicava come colpevole insieme ai suoi colleghi, non nascose affatto il suo legittimo desiderio di riscatto. Ovviamente sentiva soprattutto la necessità di un riscatto di tipo morale e sociale, visto che quello professionale non gli era stato fatto mancare da parte dell'Enel che nell'ultima fase della sua carriera, per la lunga e impeccabile esperienza maturata sugli impianti idroelettrici, lo aveva inviato in giro per l'Italia, a formare altri giovani tecnici impegnati nelle dighe. Il suo accento fiorentino mi fece subito intendere il grave imbarazzo con cui per tanto tempo il Pippucci si era rapportato ai suoi concittadini dopo il disastro che li aveva colpiti e di cui, insieme ai suoi colleghi, era stato ingiustamente accusato. Dalla premura di rincontrarmi dopo un nostro primo breve colloquio telefonico, percepii chiaramente la sua urgenza di accedere finalmente a quegli stessi mezzi d'informazione, anche se solo di ri- Alluvioni in Toscana lievo locale, che quarant'anni prima, con titoli a sensazione (che mi mostrò con sincero dispiacere - indimenticabile per lui una locandina a caratteri cubitali con la scritta: "L'incubo di Firenze si chiama La Penna"), avevano contribuito purtroppo a innescare il solito iniquo processo mediatico, che allora come oggi, tende sempre ad anticipare la sentenza sulla base di indizi, magari sensazionali, ma che poi al vaglio dei fatti si rilevano tanto spesso infondati. Aveva voglia di raccontare come erano andate realmente le cose e poter così riabilitare anche la memoria dei suoi colleghi che, ormai scomparsi, non avevano fatto in tempo ad ottenere questo giusto risarcimento morale. Il racconto dei fatti E così il Pippucci mi raccontò che la sera del 3 novembre, verso le 20, fu richiamato in centrale alla Penna dai suoi colleghi, già, allertati dell'imminenza di una piena di un certo rilievo dal tecnico della centralina Enel della Nussa, sempre sull'Amo, più a monte, a. Subbiano. Già verso le 22 la, portata in ingresso all'invaso aveva raggiunto valori eccezionali e, come prescritto dal protocollo di gestione della piena, il Pippucci aveva già dato avvio alle operazioni di scarico. Dapprima attivando l'apertura degli scarichi di superficie controllati dalle paratoie a settore poste sulla soglia tracimabile della diga (le cinque bocche con paratoie, posizionate in alto, sotto la, passerella di coronamento nella.foto 1), poi facendo sollevare le paratoie degli scarichi di fondo (i due fori in basso nel corpo della diga, sempre in fioro 1). Ma, ciò nonostante, il livello dell'invaso continuava a salire, quasi noncurante delle portate scaricate. Intanto il rumore della pioggia scrosciante diventava sempre più intenso, sebbene fosse completamente assorbito da quello ben più assordante dell'enorme portata d'acqua scaricata, che precipitava a valle con un salto di circa venti metri. Ormai non era più possibile comunicare con i compagni di lavoro se non urlando ai colleghi gli ordini direttamente nelle orecchie. In questa fase già di per sé drammatica, intorno alle 23 un improvviso black-out fece piombare nel buio tutte le aree operative della diga: locali di manovra e passerelle; compresa quella superiore che, collegando le due sponde, permetteva di raggiungere le saracinesche dei circuiti oleodinamici di apertura dello scarico diversivo in destra. Fu un momento di assoluta disperazione nel quale gli operai e i tecnici si mossero a tentoni, completamente persi nell'oscurità e nel rombo assordante della piena, investiti dagli spruzzi d'acqua gelida che il vento rimandava indietro dagli scarichi di superficie. Ma le manovre di apertura dovevano essere ancora completate e intanto il livello dell'invaso non accennava a scendere. Mi ha confessato il Pippucci che a quel punto si sentì del tutto impotente di fronte a quel cataclisma di una violenza inimmaginabile; ormai rassegnato a subire il corso degli eventi. Per fortuna dopo neppure un minuto tornò la luce. Si ripresero le manovre di apertura, ma nella fatica, lo smarrimento, il terrore di finire in acqua. E, come rileveranno, poi i periti, non fu difficile commettere qualche errore. Un operatore fu inviato sulla sponda opposta ad azionare il circuito d'apertura dello scarico diversivo. Dopo aver di fatto sfidato la morte camminando, nella penombra, su un esigua passerella metallica che rasentava la sponda destra del lago, investito di tanto in tanto dalle cascate dei rivoli torrenziali che con forza venivano giù dal pendio, raggiunse a stento il pozzetto delle saracinesche. Ce ne erano tre del tutto simili, ma solo una era quella di apertura dello scarico. Azionò quella sbagliata e quell'apertura fu ritardata di qualche ora. Temendo qualche strascico a causa di questa e di altre modeste incertezze, nei giorni successivi da Firenze fu chiesto di "aggiornare" i registri di centrale sui quali, peraltro, nella giustificata concitazione del momento, non c'era stato il tempo materiale di registrare tutte le manovre effettuate. Quelle correzioni non sfuggirono però agli inquirenti e finirono per aumentare i loro iniziali sospetti. 1 tecnici e gli operai della Penna e di Levane furono allora sottoposti a ripetuti ed estenuanti interrogatori. Ricorda il Pippucci che nel corso di uno di essi uno degli operai addetti alle manovre sugli scarichi della diga di Levane, sentendosi trattato alla stregua di un terrorista, vessato dalle domande incalzanti e con la lampada puntata in faccia, perse la calma e gridò la sua innocenza ricordando ai magistrati la sua ferrea lealtà allo stato che gli era già costata la campagna di Russia e un disperato viaggio di ritorno di 1500 chilometri a piedi. Il proscioglimento degli indagati Pagina 20 Le indagini si protrassero per circa cinque anni, ma alla fine tutti gli indagati per la questione delle dighe furono prosciolti e scagionati. I periti avevano accertato che il ritardo nelle manovre degli scarichi della Penna, trattenendo più a lungo l'onda di piena nell'invaso, aveva paradossalmente diminuito sia la portata che l'altezza dell'acqua a. Firenze "..... alle soglie della città la portata è stata inferiore di circa 80 inc al secondo ed il livello massimo di 5 cm circa". Le dighe erano innocenti e, tutto sommato, non poteva essere diversamente, visto che il volume complessivo d'acqua che esse erano in grado di trattenere era valutabile in circa 16 milioni di mc nell'invaso della Penna e in circa 5 milioni di mc nell'invaso di Levane, mentre a Firenze, nel corso della piena, l'Arno aveva scaricato oltre 400 milioni di metri cubi d'acqua e fango, dei quali almeno 80 erano transitati e ristagnati per le strade e le piazze della città. Le dighe e il personale preposto al loro controllo erano finalmente scagionati. Alla Penna si era fatto fronte, senza riportare alcun apprezzabile danno agli impianti ed alle strutture, ad una piena catastrofica di circa 2645 mc al secondo, sebbene gli scarichi fossero stati progettati per smaltire al massimo 2300 mc al secondo. Ciò nonostante, pur dopo un così definitivo e chiaro pronunciamento degli organi giudiziari, nell'immaginario collettivo persiste però ancora un'ombra di colpevolezza che talora colpevolmente riaffiora in qualche articolo di giornale o nei vari resoconti di volta in volta pubblicati. In realtà questa convinzione si formò proprio nei giorni del disastro anche grazie ad un servizio del telegiornale Rai che a lungo si era soffermato sull'inquadratura della valanga d'acq ua in uscita, dagli scarichi di Levane (vedifoto 2). I momenti di panico nel Valdarno La mattina del sabato 5 novembre 1966 la notizia dell'imminente crollo della diga di Levane (di li a poco rivelatasi del tutto infondata) si diffuse a Montevarchi e San Giovanni Valdarno. Sembra che l'allarme fosse stato originato dalla fortuita intercettazione di una conversazione radiofonica tra le forze di polizia e non appena la notizia cominciò a diffondersi scatenò immediatamente il panico tra la popolazione che visse scene apocalittiche, come mi raccontò un ex vigile urbano di San Giovanni: 1 genitori accorrevano a scuola a prelevare i figli, li caricava- no in auto e scappavano verso le colline portandosi dietro l'indispensabile. Le auto si scontravano nel traffico impazzito, ma non si fermavano neppure a constatare i danni. Davanti ai passaggi a livello chiusi qualcuno proseguiva a piedi. Malati in pigiama o con gli arti ingessati si precipitavano in strada fuori dagli ospedali". Troppo vicino era il ricordo della tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963 che aveva, lasciato sul terreno quasi duemila vittime e questo drammatico dato, forse, spiega da solo il terrore che si era potuto propagare quel mattino in Valda.rno tra la gente. Accaddero cose inaudite che ci danno la misura degli effetti incontrollabili che può originare nell'emergenza la mancanza di una vera e propria strategia di protezione civile. Qualcuno del personale della stazione di Laterina si recò trafelato alla diga della Penna a sincerarsi di persona che la diga non fosse crollata. La mattina del 5 novembre perfino un ministro della Repubblica telefonò personalmente al Pippucci per essere rassicurato dalla sua viva voce che la diga era ancora stabile al suo posto. *Ingegnere idraulico della Chiarini associati ingegneria civile e ambientale di Arezzo Avaro Pippucci e Remo Chiarini davanti alla centrale Enel Francesco Cartesegna alimentata dall'invaso della Penna Alluvioni in Toscana Pagina 21 Foto 2 La diga di Levane il 5 novembre 1966. La coda della piena defluisce dallle paratoie Pierluigi Vigna Fu il magistrato delta Procura di Firenze che si occupò dell'inchiesta insieme a Caponnetto Alluvioni in Toscana Pagina 22 Foto í La diga della Penna vista da valle. In basso le due aperiure degli scarichi di tondo, in alto le cinque paratoie degli scarichi di superficie Nella foto a destra dopo il passaggio della piena, i danni a valle della diga di Levane documentano la forza devastante della corrente La diga di Levane, vista da valle, come appare oggi Alluvioni in Toscana Pagina 23 Giglio, Dogana e tim bra a Levane ruppero gli argini Allagate la ferrovia e le strade: Montevarchi rimase isolata -----------------------------------------------------La testimonianza di quei giorni nelle foto di Gastone Rotesi tratte dall'archivio Fratelli Rotesi e contenute nel libro "1966 Alluvione a Montevarchi" Strariparono i torrenti Due metri in città Poi la fuga a -29-1%L da u, i lrnmu2 I)ue inclri in (il t, Pai l[dj l;l Ifir.wil Alluvioni in Toscana Pagina 24 di Fulvio Bernacchioni MONTEVARCHI - I14 novembre di cinquanta anni fa il Valdarno prima e Firenze, poche ore dopo, furono invasi dalla furia devastatrice delle acque. Non fu la prima alluvione, le cronache ci hanno trasmesso numerose tracce di eventi alluvionali accaduti nel passato, ma quello del 1966 fu senza dubbio il più devastante del XX secolo. Se le scene di Firenze, una delle città più famose al mondo, con le strade allagate, le chiese deturpate, le opere d'arte distrutte o seriamente danneggiate, sono patrimonio comune, un po' meno nota è la storia dei comuni di fondovalle del bacino valdarnese. Questi, ancor prima del capoluogo di regione, subirono gli effetti devastanti dell'inondazione. Stretta tra due torrenti, il Dogana a sud ed il Giglio a Nord, Montevarchi fu una delle città più colpite del Valdarno. Ma per capire i contorni della catastrofe occorre fare un passo indietro. L'autunno del `66. L'autunno del 1966 era iniziato all'insegna della pioggia: dopo gli abbondanti nubifragi di ottobre, che avevano investito tutta la Penisola, novembre era iniziato con una rinnovata ondata di maltempo. Nell'Italia centro-settentrionale la situazione si fece critica nella notte tra il 3 ed il 4 novembre; le acque di numerosi fiumi, dopo oltre un giorno di pioggia ininterrotta e torrenziale, infransero gli argini portando ovunque panico e distruzione. Nel Valdarno la pioggia fu particolarmente intensa, furono generalmente superati i 200 millimetri, con della punte massime in Valdambra dove furono registrati oltre 400 millimetri di pioggia. I fiumi, con il livello dell'acqua già al limite di guardia a causa delle abbondanti precipitazioni dei giorni precedenti, superarono l'ultimo ostacolo inondando ampie zone di territorio. Straripano i torrenti . A Montevarchi, causa lo straripamento dei tor- Alluvioni in Toscana ------------------------------ Via dei Pestello: il torrente Dogana in prossimità della ferrovia renti Giglio e Dogana verificatosi nella serata del 3 novembre, la situazione si fece subito molto grave: la ferrovia fu allagata al pari delle strade e la città, invasa da una massa di acqua fangosa, rimase isolata. Nella popolazione erano ancora vive le drammatiche notizie del disastro della diga del Vajont, accaduto qualche anno prima, ed il timore diffuso fu quello che avesse ceduto la diga di Levane. Per fortuna la diga non cedette, né quella notte, né nei giorni successivi ed il peggio fu scongiurato. I corsi d'acqua minori erano tracimati in quanto l'Arno, già gonfio per la grande massa d'acqua proveniente dal Casentino, non riusciva più a ricevere la portata idrica dei suoi affluenti valdarnesi; i torrenti che lambiscono la città, il Dogana ed il Giglio e l' Ambra a Levane uscirono dalle naturali sedi di scorrimento. Due metri d'acqua in Via Marzia. Nel corso della notte per le strade di Montevarchi, almeno stando alle cronache dell'epoca, l'acqua raggiunse il metro di altezza ed in qualche punto del centro storico, nella zona detta del Lavacchio in via Marzia, sfiorò i due metri. I primi soccorsi rimasero bloccati alla periferia della città: l'allagamento era completo. Numerosi artigiani e commercianti, che avevano le botteghe nel centro storico, uscirono in piena notte e con l'acqua alla cintola, con il rischio di cadere in qualche fogna ormai scoperchiata ed occultata dalla furia delle acque, raggiunsero i laboratori e i negozi ormai allagati per cercare di salvare il salvabile. La fornitura di energia elettrica era interrotta e ci fu chi lavorò fino al mattino, al lume di candela, per smontare i motori dei macchinari, nel tentativo di contenere il danno economico che comunque, già dai primi momenti, si profilava di non poco conto. Sempre quella notte esondò il torrente Ambra, portando acqua, fango e distruzione nella frazione di Levane. Di li a poche ore l'ondata di piena, ingrossata in modo sostanzioso dall'apporto del fiume Sieve, avrebbe raggiunto Firenze con conseguenze ben più disastrose, sia in termini di vite umane, che di danni alla abitazioni, agli esercizi commer- Pagina 25 Nella notte trail3eil4 i primi soccorsi rimasero bloccati alla periferia di Monte varchi Un day after di tralicci a terra, alberi divelti e fango ovunque Settecento le aziende danneggiate dall'inondazione, colpite anche alcune industrie ciali ed al patrimonio artistico. Per la città gigliata si trattava della quarantaduesima alluvione registrata a partire dalle cronache medievali, probabilmente Lina delle più distruttive. Quella notte a Montevarchi La notte tra il 3 ed il 4 novembre fu una lunga notte per i montevarchini: le notizie erano vaghe e confuse, per non parlare delle strade rese impraticabili dall'acqua e dal fango. Il pericolo era ancora incombente e già si alzava lo spettro del colossale danno economico: l'ondata di piena, che ancora non si era ritirata, aveva già compiuto una diffusa opera devastatrice andando ad allagare fondi, negozi ed abitazioni al piano terra; inutile aggiungere che gli scantinati somigliavano più a cisterne dell'acqua che a locali solitamente ubicati sotto il piano stradale. Le foto di Gastone Rotesi. In questo scenario apocalittico c'era un fotografo locale, il compianto e stimato Gastone Rotesi, che, pur avendo il negozio di via Roma invaso dalle acque, preferì seguire l'istinto del fotoreporter iniziando a girare, in piena notte, per le strade cittadine con le sue macchine fotografiche al fine di raccogliere immagini relative al catastrofico avvenimento. I suoi scatti, a distanza di anni, si sono rivelati uria testimonianza storica importantissima, in grado di documentare un evento che nell'immediato passò quasi sotto silenzio o comunque non fit considerato dai grandi mezzi d'informazione, attirati dall'immane catastrofe che aveva colpito Firenze. Gli scatti fotografici di Gastone Rotesi, conservati dai figli, sono stati raccolti e pubblicati una trentina di anni fa in un volume dal titolo "1966 L'alluvione e Montevarchi". Un libro che ha il pregio di documentare un momento drammatico della storia locale. L'alba del 4.114 novembre, con la luce del giorno, le dimensioni della catastrofe si presentarono impietose agli occhi dei montevarchini. Il commissario prefettizio aveva emesso un'ordinanza per interrompere l'erogazione dell'acqua a causa delle rotture dei tubi e per il timore di un possibile inquinamento della risorsa idrica. Lo spettacolo Alluvioni in Toscana Pacchi di carta danneggiati nello scatolificio Noferi in via Cennano era desolante e volendolo descrivere al giorno d'oggi, in un periodo in cui le "contaminazioni" della lingua inglese sono assai diffuse, potremmo dire che quello che si presentò la mattina del 4 novembre a Montevarchi era uno scenario da "day after": tralicci a terra, alberi divelti, fango ovunque. Ammesso che quella notte abbiano chiuso occhio i montevarchini andarono incontro ad un amaro risveglio. Ma l'incubo non era finito. "Diga crollata": la falsa notizia. Nella tarda mattinata iniziò a diffondersi una voce incontrollata che avvalorava la notizia del crollo della diga di Levane. Dalla voce al panico il passo fu breve. Già duramente provati dalle vicende notturne molti abitanti del luogo iniziarono una fuga disordinata verso le zone collinari che si trovano ad ovest della città. "Alla notizia del crollo della diga uscimmo da scuola - ci racconta una testimone degli eventi che all'epoca frequentava la scuole del Giglio - e nel timore che tutta la pianura venisse allagata corremmo, con una mia amica, fino a raggiungere Ricasoli". Il borgo di Ricasoli è una piccola frazione collinare distante due o tre chilometri dal capohwgo. Le due ragazzine non furono le uniche ad avere l'idea di rifugiarsi in collina: ad un certo punto anche il parroco della collegiata di San Lorenzo, don Emilio, fui visto arrivare al borgo di Ricasoli, con le vesti intrise di acqua e fango dalla cintola in giù. Per fortuna la diga era integra: non c'era stato nessun cedimento strutturale. Era bastata però una voce falsa ed incontrollata per dare il via ad una psicosi collettiva. Forse si trattò di una reazione eccessiva ma per poter valutare occorre calarsi nella mentalità dell'epoca. Troppe volte l'opinione pubblica era stata colpita da catastrofi che nel corso di pochi anni avevano seminato lutti e distruzioni un po' in tutta Italia: prima il Polesine, nel 1951, tre anni dopo a Salerno e nel 1963 la tragedia della diga del Vajont. Come avrebbe dovuto reagire una persona alla notizia che la diga di Le- Pagina 26 vane aveva ceduto? Con la fuga, come in effetti ci fu. Nei giorni successivi alo novembre, nei giornali dell'epoca, si diffuse anche una polemica relativa alla tracimazione di una consistente massa d'acqua dalla diga di La Penna. Questo segnale, secondo i più critici, doveva bastare per intuire il pericolo e far scattare l'allarme a Firenze, avvertendo i suoi abitanti prima che la grande massa d'acqua invadesse la città. Una tesi che fu all'epoca confutata dall'Enel. L'economia in ginocchio. A Montevarchi l'impatto economico dell'alluvione fu enorme. L'8 novembre 1966 il quotidiano La Nazione titolò: "Accertati danni a Montevarchi per un miliardo e duecento milioni". Settecento le aziende artigiane danneggiate dall'inondazione, a queste si aggiungevano alcune industrie, numerosi agricoltori e commercianti. Duramente colpite anche le opere pubbliche, dalle tubazioni, agli argini per non parlare delle strade, solo per citare i casi più eclatanti. Come da copione ad ogni sciagura seguono le polemiche politiche ed a Montevarchi, in quella occasione, non fu fatta eccezione. La diga di Levane Le polemiche politiche . Erano trascorsi appena due giorni dal disastro quando il commissario prefettizio, che all'epoca governava la città, emise una dura ordinanza nella quale si deploravano "azioni inconsulte di ben individuati gruppi di persone" che avrebbero ostacolato il lavoro delle squadre incaricate di mettere in sicurezza gli argini dei torrenti e le strade pubbliche. Il manifesto suscito la sdegnata replica del Pci che tacciò come "borbonici" gli atti del commissario. Arrivò la replica della Democrazia Cristiana che accusò di "speculazione politica" i comunisti e portò la "solidarietà fattiva dell'onorevole Fanfani" ai montevarchini. "Chi sono gli speculatori?" Risposero con una domanda contenuta in lungo manifesto polemico i comunisti. Nel dibattito non potevano mancare i socialisti che uscirono con un appello del tenore: "Non è ora di polemiche, ma è ora di mettersi al lavoro!" Per fortuna, al di là del dibattito politico, la gente si mise veramente al lavoro ed anche quella dura prova fu superata. Via Roma ricoperta di fango La devastazione A Montevarchi strariparono i torrenti Giglio e Dogana Nella zona dei Lavacchio, in via Marzia, l'acqua sfiorò i due metri di altezza Alluvioni in Toscana Pagina 27 --------------------------------------------------------------------------- --------------------------- In alto Via Roma allagata nella notte tra il 3 e il 4 novembre Sopra l'acqua invade il vicolo Martini A sinistra l'esterno di un esercizio commerciale dei centro storico Alluvioni in Toscana In Valdarno I danni provocati dall'alluvione Pagina 28 Le gesta degli uomini del distaccamento di Pratovecchio Dall incontro con Ted Kennedy al grazie del Comune di Poppi Da Ponte a Poppi al fango di Firenze Quei vigili "angeli" di Gianni Verdi PRATOVECCHIO - L'immagine non sbiadisce e non perde neanche un minimo della sua carica drammatica: in primo piano, unico vestito di bianco in tutto quel fango, l'allora trentaduenne Ted Kennedy, che si era precipitato nel capoluogo toscano per dare il suo contributo nel tentativo di salvare libri e opere d'arte. Fra quelli che si chiesero "O cosa ci fa quello lì vestito di bianco in tutto `sto sudiciume?" c'era anche qualche accento casentinese . La spalla sinistra del fratello di JFK è macchiata per la pacca ricevuta da uno di quei soccorritori. E la foto ritrae, sorridente e in primo piano, uno dei vigili del fuoco volontari del distaccamento di Pratovec- Alluvioni in Toscana chio. Il primo da sinistra, in basso, è infatti Umberto Pagani, membro di una famiglia che al distaccamento ha dato tante altre braccia, come quelle dei figli di Umberto: Lorenzo, Roberto e Pietro (quest'ultimo ha svolto attività nel gruppo sportivo). Sporchi all'inverosimile, i vigili volontari pratovecchini erano fra quelli che facevano, appunto, il lavoro " sporco" nel senso anche di pericoloso. Gli scaffali della biblioteca, imbarcati per la grande quantità di acqua, avevano agli snodi viti e bulloni che saltavano di colpo e partivano come proiettili. La storia, o forse la leggenda, racconta che Umberto non potesse essere lì: aveva infatti già raggiunto l'età limite per effettuare servizi da vigile del fuoco, ancorché volontario. "Ma non ci fu verso di tenerlo a casa", raecontava Giorgio Lucatello, per molti anni responsabile del distaccamento, lui che in foto si distingue appena perché è in secondo piano e, manco a dirlo, nero come uno spazzacamino. Finché è stato in vita, Giorgio è stato miniera inesauribile di aneddoti e racconti, riportando anche i momenti più drammatici del salvataggio di una famiglia alluvionata a Ponte a Poppi. Nel distaccamento, dove si bada soprattutto al concreto, c'è una cospicua documentazione di immagini di quel periodo, ma si usa scrivere poco e i racconti si tramandano soprattutto a memoria. E chi oggi è fra i meno giovani era allora un ragazzino, e ricorda la piena dell'Arno e il fiume che d'improvviso si colorò di rosso, di verde, di blu, quando le vasche delle tinture usate nel vecchio lanificio Berti si ruppero, e il contenuto si riversò Pagina 29 tra i flutti. Oggi nella caserma intitolata al fondatore Giuseppe Vigiani, appeso al muro insieme a tanti altri diplomi, c'è il "grazie" del Comune di Poppi per gli interventi di quei giorni, ci sono le immagini delle celebrazioni del 2006 a Firenze per i 40 anni, ci sono storie e racconti tramandati ai nuovi ragazzi che si affacciano a questo affascinante modo di fare volontariato. Manca il più, manca la gente, mancano quelli che quei racconti li hanno vissuti. Anche Ted Kennedy se n'è andato, ricevendo gli onori pubblici di un Barack Obama appena all'inizio del suo primo mandato. Sono rimasti invece molti volumi della Biblioteca Nazionale di Firenze, anche grazie al lavoro dei tanti volontari di tutto il mondo. L'alluvione a Ponte a Poppi Foto tratte dall'archivio dei sito dei Vigili dei fuoco di Pratovecchio In Casentino I soccorsi dei vigili dei fuoco Alluvioni in Toscana Pagina 30 Ted Kennedy con gli "angeli dei fango " Nella foto il primo da sinistra in basso è Umberto Pagnini 0 vigili del fuoco volontari in forza al distaccamento Il ricordo intervennero del salvataggio alla Biblioteca di una famiglia Nazionale a Ponte a Poppi e di quando le tinture Umberto del vecchio Pagnini, lanificio Berti raggiunti i limiti colorarono d'età, non l'Arno avrebbe dovuto di rosso, di verde essere a Firenze e di blu `Ma non ci fu verso di tenerlo a casa" raccontava il collega, oggi scomparso, Giorgio Lucatello Alluvioni in Toscana Pagina 31 Michele Cugusi, oggi, 85enne, era a Ortaglia, vicino Croce ai Mori: "Lidi il podere scivolare a valle, a qualche centinaio di metri" "Misi in salvo mo e figli, poila frana si portò via la di Gianni Verdi CASENTINO - Mille e mille sono le storie di gente comune che deve ad un soffio benevolo del destino la propria vita, e quella dei propri cari, in un evento drammatico come l'alluvione del 1966. Questa è una storia che inizia dove l'Arno non c'entra niente, semplicemente perché all'Ortaglia, vecchio podere poco sotto al valico di Croce ai Mori, l'Arno non c'è. Ma anche così lontano dal fiume, il diluvio di quel 4 novembre ha fatto paura. Tanta. All'Ortaglia non c'erano che una casa, la campagna intorno, una famiglia, di contadini, immigrati in continente da una Barbagia allora poco ospitale. Michele, il padre, alleva li le sue pecore, i maiali, lavora la terra, tiene qualche altro animale da cortile. E bu- Alluvioni in Toscana io pesto ormai quando si accorge che in casa non c'è acqua corrente. Piove da giorni, anzi diluvia. Ma lui ha moglie e cinque figli: la più grande è vicina a compiere gli 8 anni, la più piccola è venuta al inondo da appena sette mesi. L'acqua insomma ci vuole. Michele esce per procurarsela all'esterno, c'è un pozzo, e comunque con tutta quella pioggia raccogliere acqua da bollire non sarà un problema. "Mentre ero fuori - racconta l'oggi 85enne Michele Cugusi - mi sento la terra mancare sotto i piedi. Il terreno stava franando. Salgo in macchina, accendo i fari e illumino la casa. Le mura stavano gonfiando, e si formavano le prime crepe". Non c'è tempo da perdere. "Corro in casa, prendo moglie e figli, via subito, tutti". Via, sì, ma dove? "Anche Croce ai Mori a quell'epoca era un podere. In un certo senso erano i nostri vicini". Sono almeno un paio di chilometri di sentiero, da fare a piedi sotto la pioggia battente, ma, l'alternativa non c'è. La famiglia si mette in cammino, il lume che indica il podere si fa sempre più vicino, come sempre più forte si fa lo scroscio della pioggia, gli scricchiolii sinistri della frana. "Arriviamo alla casa più vicina, sistemo alla meglio la moglie e i ragazzi, chiedo al vicino di accompagnarmi a vedere la casa, in che condizioni è. Avevo lasciato la macchina coi fanali accesi, per vedere se si muoveva o no, e i fari erano sempre là. Penso di tornare a prendere qualcosa ma all'improvviso un rumore forte, un crollo, la macchina non si muove ma la casa scivola via, rovina insieme all'intero costone, finisce qualche centinaio di metri a valle". Ami dopo, da quelle parti, fu l'inntera frazione di Serelli a Pagina 32 sparire inghiottita da un colossale smottamento. Se quella frana fosse arrivata nottetempo, avrebbe forse sorpreso la famiglia Cugusi nel sonno e sarebbe stata una strage. "Invece si salvarono anche le pecore, ne avevo forse una sessantina, in altri momenti ne ho avute molte di più; la frana travolse invece alcuni dei miei maiali. La casa? Era scivolata via per metà, le stalle, le camere, non c'erano più; la cucina era sventrata ma rima- se al suo posto. Non ci mettemmo più piede". Un pastore sardo non ha troppi problemi all'idea di cambiare casa, perché lo fa spesso, alternando i pascoli e seguendo le greggi. "Non fu facile, perché eravamo rimasti così, con quello che avevamo indosso e basta, cinque bambini piccoli, tutto da ricominciare da capo. Ci aiutarono, trovammo una nuova sistemazione in poco tempo". Ma quello fu uno degli ultimi spostamenti, perché poi in Casentino - fatta eccezione per brevi stagioni in Valdichiana o nel Senese - la famiglia ci mise radici. Michele Cugusi oggi è un pensionato che passa le giornate fra l'orticello e il circolo di Ponte a Poppi, i cinque figli sono anch'essi stabiliti in vari paesi del Casentino, sono arrivati nel tempo diversi Scampati alla frana La famiglia Cugusi e Michele oggi nella sua casa di Ponte a Poppi nipoti. Lui è rimasto vedovo e si è risposato, ha lasciato le campagne ed ha la casa sull'argine dell'Arno, cosa che non gli fa certo dimenticare quella disavventura che 50 anni fa rischiò di inghiottire la sua famiglia. Come ogni buon sardo, più di mezzo secolo trascorso in continente non gli ha fatto perdere le abitudini casalinghe: l'inflessione dialettale, le poche parole, la predilezione per certe specialità della gastronomia isolana come l'anzone, l'agnello, che ancora oggi si diletta a cucinare sulla brace, cuocendo a fuoco lento per ore e ore, rifinendo la cottura con lo stiddìu, la colata di grasso fuso che arricchisce il sapore, specie adesso che sta per arrivare il freddo, e in una casa calda, a guardare l'Arno che scorre, si sta davvero bene. I Ventre sono fuori mi sento la terra mancare sotto ai piedi Salgo in auto e con i fari illumino /a casa: al valico le mura stavano Oggi Michele gonfiando, abita a Ponte a Poppi, si formavano le prime crepe" vicino all'Arno La famiglia, originaria della Sardegna, viveva in un edificio posto poco sotto "Le camere e le stalle non c'erano più: la cucina era sventrata ma rimase al suo posto. Ricominciare non fu facile, eravamo rimasti con quello che avevamo indosso" L'alluvione L'Arno a Ponte Vecchio Alluvioni in Toscana Pagina 33 Marzo Maggi, di Castel San Niccolò, perse la vita all'alba del 4 novembre Il ricordo della prima vittima CASTEL SAN NICCOLO' Mario Maggi fu la prima vittima dell'alluvione. Aveva 44 anni e risiedeva a Castel San Niccolò. Nei giorni scorsi una commovente cerimonia nel cimitero casentinese lo ha ricordato, dopo che la sua storia è stata ricostruita dai giornalisti Franco Mariani e Mattia Lattanzi, raccontata nel loro libro "Firenze 1966-1'Alluvione" dopo una ricerca che era stata avviata cinque anni fa grazie alla figlia Lina. Mario Maggi lavorava con un'impresa Alluvioni in Toscana edile a Pratolino. Lui e un suo collega dovevano rientrare in Casentino la sera del 3, ma viste le piogge rimandarono il loro ritorno a casa. In via Bolognese per una frana il loro camion uscì di strada, ribaltandosi. Maggi morì sul colpo, il corpo fu sbalzato fuori dall'abitacolo e trascinato dalle acque del Mugnone. Le ricerche di Mariani e Lattanzi hanno permesso di ricostruire quell'incidente, giungendo ad accertare che Mario Maggi fu la prima vittima dell'alluvione. Pagina 34 5 () i, ann R. . K L Luigi Armandi: Avevo 19 anni, distribuivamo cibo da Palazzo Vecchio" Tito Rossi: `Giravamo la città, andando dove cera bisogno" di Marco Cavini E gli scout diventarono gli angeli del fango "Così aiutammo Firenze" AREZZO - Uno degli eventi che maggiormente ha coinvolto gli scout è stata l'alluvione di Firenze di cinquant'anni fa, un'occasione in cui capi e ragazzi si sono tirati su le maniche delle loro camicie blu per calarsi tra gli "angeli del fango". Tra loro c'erano anche gli aretini delle due associazioni dell'Asci (Associazione Scautistica Cattolica Italiana, oggi diventata Agesci) e dei Cngei (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani) che il 4 novembre 1966, appena l'Arno uscì dagli argini, iniziarono ad organizzarsi per portare il loro servizio a Firenze 1l 4 novembre - ricorda Luigi Armandi, capo del Cngei allora diciannovenne ma già dirigente nazionale - stavo andando ad Imola per un incontro nazionale ma, appena saputo dell'alluvione, ho fatto saltare questo appuntamento Alluvioni in Toscana e sono tornato ad Arezzo per preparare un contingente per raggiungere Firenze. Il commissario del Cngei di Firenze, Gianfranco Paloschi, chiamò infatti per primi gli scout di Arezzo e di Castiglion Fiorentino. La collaborazione avviata con i Vigili del Fuoco rese possibile una prima operazione di Protezione civile e noi siamo potuti partire in autonomia, muniti di pale e di tutto l'occorrente necessario per essere immediatamente operativi ed efficienti". Trentatré uomini e donne del Cngei partirono così alla volta del capoluogo toscano e, per ventidue lunghi giorni, si misero al servizio della città e della popolazione. Armandi fu incaricato del coordinamento del magazzino che forniva le razioni di cibo dall'androne di Palazzo Vecchio: arrivavano camion carichi di formaggi e di salumi, poi gli scout si occupavano di scaricare le pesanti cas- se di legno contenenti cibo, di fare i panini e di distribuirli ai fiorentini. In totale, Armandi ha contato che realizzarono e consegnarono 3Omila razioni di cibo. Nel frattempo, altri scout agivano con pale e stivali per pulire cantine e garage dal fango e per renderli nuovamente agibili. "La situazione era drammatica e anormale - aggiunge Armandi - Il nostro maggior contributo fu in termini di entusiasmo e di voglia di fare, vivendo un'esperienza di servizio indimenticabile. Ricordo soprattutto gli incontri di quei giorni, a partire dai singoli cittadini a cui distribuivamo il cibo per arrivare al sindaco di Firenze Piero Bargellini e a Ted Kennedy, il politico statunitense che si presentò con un bellissimo impermeabile bianco che diventò nero a forza di strascicarlo nel fango e che ci strinse le mani con un'impressionante gentilezza". In parallelo, si attivarono anche otto ragazzi dell'Asci del gruppo Arezzo 1 di padre Capraia con sede a San Domenico. Con un furgone Volkswagen bianco e verde di un asilo infantile del centro storico, caricato con bottiglie d'acqua, generi alimentari e pale per spalare, gli scout partirono immediatamente alla volta di Firenze. Arrivati in città, furono fatti salire su un mezzo anfibio e, nel viaggio fino a Santa Croce, toccarono subito con mano il dramma dell'alluvione. "L'uniforme scout - commenta l'all ora rover diciottenne Tito Rossi, - era il nostro lasciapassare: appena ci hanno visti arrivare hanno capito la nostra volontà di aiutare e ci hanno accompagnato nei luoghi più colpiti per portare il nostro contributo". Giorno dopo giorno, per tutta una settimana, gli scout dell'Arezzo 1 partivano la mattina da Arezzo e tornavano la sera, Pagina 35 Decine di ragazzi aretini, con le uniformi dell Asci e del Cngei, partirono alla volta del capoluogo "Gli sguardi riconoscenti dei fiorentini rappresentavano la più grande gratificazione" e nel frattempo spalavano il fango nei luoghi più significativi della città: via dei Calzaiuoli, Ponte Vecchio, San Lorenzo, il sottopassaggio della stazione, piazza del duomo e le Cascine dove c'era il giardino zoologico. "Giravamo la città dove c'era bisogno - spiega Rossi - Eravamo io, il Gigi, il Balena, il Dodo, il Mercurio, Enzo, il Peglia e Clodoveo: con le mani spaccate dal fango, abbiamo spalato in molte zone della città e questo nostro lavoro fu ripreso anche dal telegiornale nazionale. Vedevamo la gente disperata che aveva perso tutto e noi ci siamo impegnati per fare qualcosa di buono. Gli sguardi riconoscenti e i ringraziamenti ricevuti quotidianamente dai cittadini di Firenze rappresentavano la miglior gratificazione di un servizio di cui andiamo orgogliosi e che ci ha fatto provare la vera essenza dell'essere scout". Gli scout aretini Nella Firenze del novembre 1966 Donata al t Iseo dei A lezzi di Comunicazione da Carlo Luigi Ciapetti: oggi sarà al centro di due incontri La Stazione radioamatoriale che collegò Firenze al mondo AREZZO Arezzo ricorda i cinquant'anni dall'alluvione dell'Arno con una giornata di studio che si terrà al Museo dei Mezzi di Comunicazione. "Per non dimenticare - spiegano gli organizzatori - quella che fu una grande tragedia ma anche una grande possibilità di dimostrazione della solidarietà che nasce in simili momenti". II Museo di via Ricasoli, alcuni anni fa, fu al centro di unimportante donazione: la Stazione radioamatoriale che, nella notte del 4 novembre 1966 (precisamente alle 2.30), Carlo Luigi Ciapetti, radioamatore di Firenze, mise imme- Alluvioni in Toscana diatarnente a disposizione del Prefetto consentendo dalla stessa prima mattina di collegare Firenze con il resto del mondo e di coordinare tutti i reparti necessari ad arginare l'emergenza, dai vigili del fuoco alla protezione civile. Oggi, al Museo dei Mezzi di Comunicazione, si svolgerà un doppio incontro, la mattina rivolto alle scuole (ore 10.30 presso l'auditorium Aldo Ducci, con ingresso dal Museo dei Mezzi di Comunicazione) ed il pomeriggio per la cittadinanza (ore 17.30 sempre nell'auditorium). Sarà, inoltre, possibile vedere nel Museo la Stazione radioamatoriale dona- ta da Carlo Luigi Ciapetti. Entrambi gli incontri saranno ad ingresso gratuito. Ospiti del convegno saranno Claudio Santoni, presidente della Brigata Aretina Amici dei Monumenti, Giuseppe Misuri, presidente nazionale Cisar Centro Italiano Sperimentazione ed Attività Radiantistiche - e il Fotoclub Chimera di Arezzo. Gli interventi vedranno alternarsi racconti di storie personali, spiegazioni sul ruolo dei mezzi di comunicazione nell'emergenza con un confronto tra ieri e oggi e la proiezione di filmati inediti sull'alluvione che sconvolse Firenze cinquant'anni fa. Pagina 36 50 rann i `; Gualdani: il rumore, dell acqua e Ponte Puriano sotto la piena, mi vengono i brividi JUL L-POnte nOn C era DIU di Alessandro Bindi AREZZO - L'alluvione nei ricordi di Gualberto Gualdani. All'epoca giovanissimo, Gualdani, conosciuto come l'uomo del ponte della Gioconda - in prima fila più volte per evitare che con l'innalzamento della diga Ponte Buriano finisse sott'acqua - è stato tra i pochi a vedere scomparire, sotto la forza della natura, il famoso ponte dipinto da Leonardo. Prezioso custode della tradizione di Ponte Buriano, Gualberto Gualdani, la notte tra il 3 e il 4 di novembre di cinquant'anni fa si mise in salvo uscendo di casa con la famiglia durante i drammatici momenti dell'alluvione. L'acqua superò la spalletta facendo scomparire il ponte romanico. A distanza di mezzo secolo, Gualdani ricorda la paura, il rumore dell'acqua e l'inspiegabile immersione alla quale seguì il repentino deflusso dell'acqua. Alle spalle l'alluvione lasciò fango, danni e detriti. "Fu una serata drammatica. L'acqua ci colse nel sonno. Ricordo ancora di essere stato svegliato di soprassalto da mio fratello. Ho sempre avuto il vizio di andare a letto presto. Anche da ragazzo, a vent'anni, quella sera ero in camera. Fu mio fratello minore a chiamare me e i miei genitori. Ricordo che arrivò concitato incitandoci ad al- Alluvioni in Toscana zarci perché l'acqua stava salendo in paese. Erano le 23.30, io non ci credevo". Sorpreso nel sonno, Gualdani capì però che non era il momento di scherzare. "L'insistenza di mio fratello che continuava a dire che la piena stava arrivando mi convinse a vestirmi di corsa e a scendere le scale". E la famiglia Gualdani in auto si allontanò da casa alla ricerca di un posto lontano dalla furia dell'acqua. "Salimmo in auto - ricorda - proprio di La piena ci colse nel sonno Scappammo via in auto l tubi dellla vettura erano immersi nell'acqua " fronte all'ex trattoria dei Pescatori. Uscimmo dalla strada con i tubi della vettura praticamente immersi nell'acqua, diretti in un posto sicuro". "Mio padre - racconta Gualdani scavando nei ricordi di quella notte - era preoccupato per le zie e quindi decise di ripartire e tornare in strada per avvicinarci a casa loro". E fu in questa fase che Gualberto Gualdani sfilò cari l'auto di fronte allo scenario apocalittico con l'acqua che scorreva sopra le spallette del Ponte Buriano. "Il ponte non esisteva più testimonia Gualdani - Non riuscimmo a vederlo. Era praticamente scomparso, completamente sott'acqua. Una scena veramente da panico. Ancora mi vengono i brividi al ricordo. Indimenticabile anche il rumore dello scorrere dell'acqua". Terrore e paura salirono insieme alla piena, fino a quando di colpo l'acqua si ritirò. Un fenomeno tutt'oggi inspiegabile. "Un mistero. Intorno alle tre e mezzo del mattino l'acqua in poche ore era defluita facendo riapparire Ponte Buriano. Non sono mai riuscito a dare una spiegazione a questo fenomeno". L'acqua scomparve misteriosamente, lasciando dietro a sé fango e detriti. "Per fortuna non ci furono feriti. 1 danneggiamenti furono ai garage e alle cantine. Ho ancora negli occhi le immagini del fango e dei garage allagati con le suppellettili e i mobili rovinati e fuori uso". `Non riuscivamo a vedere più il ponte completamente sommerso Poi, di colpo, l'acqua defluì" Pagina 37 ---------------------- Gualberto Gualdani e il Ponte della Gioconda oggi La testimonianza: "Intorno alle 3 e mezzo dei mattino l'acqua era defluita, facendo riapparire Ponte Buriano" Alluvioni in Toscana Pagina 38 L impegno del Consorzio 2 Altovaldarno sui nove chilometri da Figline a Regaello. Lavori anche tra Capolona e Castel Focognano Droni in volo per la sicurezza. del grande fiume di Marco Antonucci AREZZO - Anche i droni sono stati utilizzati per osservare dall'alto e mettere in sicurezza quel tratto di nove chilometri dell'Amo. Non è la prima volta. "Permettono una valutazione più obiettiva dell'intervento da fare". A farli volare, ultimamente, ci ha pensato il Consorzio di Bonifica 2 Altovaldarno che ha fatto sorvolare quei chilometri di fiume che attraversano i territori dei comuni di Figline e Incisa, San Giovanni fino ad arrivare a Reggello. Un secondo intervento sull'Arno sta interessando il tratto che interessa i comuni di Capolona, Subbiano e Castel Focognano. Si tratta di interventi di manutenzione straordinaria che si stanno realizzando grazie all'accordo con la Regione Toscana sulle opere idrauliche di terza categoria idraulica. Alluvioni in Toscana "Siamo molto orgogliosi sottolinea il presidente del Consorzio 2 Altovaldarno, Paolo Tamburini - in quanto con questi interventi intendiamo rispondere con tempestività alla sicurezza del territorio assicurando un migliore deflusso delle acque nel più importante corso d'acqua della regione. Il Consorzio dimostra la propria capacità progettuale e operativa nella gestione delle opere idrauliche dei grandi fiumi. Ricordo che questo primo lotto di lavori in corrispondenza dell'abitato di Figline, considerata l'urgenza, è stato realizzato dal Consorzio in conduzione diretta con le proprie maestranze e in collaborazione con quelle delle Unioni dei Comuni del Casentino e del Pratomagno con le quali il nostro ente ha stretti rapporti istituzionali, mentre per l'intervento in Casentino ci siamo avvalsi dell'Unione dei Comuni". Ma l'obiettivo del Consorzio guidato da Paolo Tamburini va oltre: "Questi sono interventi straordinari a cui dovranno seguirne altri. Noi puntiamo però a far sì che diventino ordinari, che sia il Consorzio 2 Altovaldar- no ad occuparsi della mamrtenzione ordinaria, dal Falterona fino alle porte di Firenze". Una cura costante, con interventi ricorrenti, efficace dal punto di vista della prevenzione. Rideterminare le briglie, intervenire sugli argini e sull'alveo del fiume affinché l'Arno possa essere costantemente "seguito". Resta da, rivedere un nodo di natura tecnica. Per il Consorzio deve essere rivista la classificazione del tratto iniziale del fium per far sì che gli interventi previsti oggi da Firenze a Pisa siano equiparati a quelli del tratto iniziale. Una differente classificazione che comporta un diverso impegno economico altrimenti a carico solo dei cittadini dell'Alto Valdarno e del Casentino e non di tutta la collettività co- Pagina 39 me avviene nel tratto da Firenze fino alla foce. Inattesa di quelle che potranno essere le decisioni per il futuro, il lavoro del Consorzio va avanti. E questo intervento in Valdamo, per la cui progettazione sono stati utilizzati i droni, prevede la manutenzione della vegetazione che si è sviluppata nell'alveo dell'Arno, in modo da assicurare una corretta regimazione delle acque. In particolare è previsto il "taglio selettivo" della vegetazione arborea sulle sponde e un "taglio raso" con rimozione delle ceppaie. Ad essere interessato dai lavori è il tratto di fiume compreso tra la traversa Enel, subito a valle dell'abitato di San Giovanni Valdarno, e l'immissione in Alluvioni in Toscana destra idraulica del torrente Chiesimone, tre chilometri circa a valle del ponte di Figline, in corrispondenza della zona industriale. "L'intervento - spiega il presidente Paolo Tamburini - mira ad eliminare lo stato di pericolosità idraulica per cose e persone dato dalla presenza di alberi instabili o in alveo che possono creare grave intralcio al regolare scorrimento delle acque del fiume. Con i lavori, oltre a consentire un regolare flusso dell'acqua, si evita anche il pericoloso accumulo di materiale a ridosso dei numerosi ponti presenti nel tratto e si ripristina il paesaggio fluviale. L'intervento permetterà inoltre di fruire delle fasce fluviali, favorendone l'accessibilità anche mediante la creazione e il ripristino anche di piste di servizio". Pagina 40 11 presidente Paolo Tamburini: "Con questi lavori, oltre a consentire un regolare flusso dell'acqua, si evita il pericoloso accumulo di materiale a ridosso dei ponti" interventi che il Consorzio effettua in collaborazione con le Unioni dei Comuni del Casentino e del Pratomagno L'utilizzo dei droni, nella fase di progettazione, permette una migliore valutazione delle operazioni da effettuare Alluvioni in Toscana Pagina 41 5 () i, ann R. . K L Il ricordo del cardinale, allora giovane prete a San Salvi, nell intervista per i cinquant anni di sacerdozio GG ? r- _IO-2 Bassett at rarv a fusti incendiars i: i AREZZO Nello scorso giugno, nei giorni in cui festeggiò i suoi cinquant'anni di sacerdozio, il cardinale Gualtiero Bassetti fu intervistato dal nostro giornale, dalla collega Patrizia Antolini. L'ex vescovo di Arezzo raccontò la sua vita, dalla nascita a Marradi alla chiamata di Papa Benedetto, con l'inc rico di guidare la diocesi di Perugia. A Firenze, il giorno dell'alluvione, l'allora sacerdote della parrocchia di San Michele a San Salvi, fu protagonista di uno straordinario gesto di eroismo. Ecco il racconto di quelle ore drammatiche nelle parole dello stesso cardinale Bassetti, pubblicate dal Corriere di Arezzo lo scorso 29 giugno. "La zona era pericolosa, l'Amo aveva tracimato a Bellariva. La piena non arrivò subito perché c'erano le mura dello Psichiatrico a contenerla. Ricordo che vedevamo salire l'acqua, arrivava Alluvioni in Toscana i i dappertutto, anche in chiesa. Con gli altri ragazzi cominciammo a sentire odore di gas acetilene: sapevamo che nella zona c'era un deposito di fusti di carburo che si potevano in- i" cendiare a contatto con l'acqua. Capimmo che c'era pericolo che potesse saltare la piazza come purtroppo avvenne in via Scipione Ammirato, dove andò in frantumi un inte- Pagina 42 L'ex vescovo di Arezzo, oggi cardinale, fu protagonista di un gesto di eroismo insieme ad altri giovani del quartiere Dopo l'alluvione ci fu una grande solidarietà Non più divisioni: bisognava solo aiutare la gente" Alluvioni in Toscana ,'j/////////// ,;iisïrr ï ;; II cardinale Gualtiero Bassetti A sinistra davanti al Duomo, negli anni che lo hanno visto guidare la Diocesi di Arezzo ro stabile. Con l'acqua fino alle ginocchia, prendemmo una mazza di ferro e aprimmo la serranda del magazzino a furia di colpi. Prendemmo i fusti uno a uno facendo una catena umana e io, ultimo della catena, li gettavo dentro la corrente in discesa. I fusti finivano così contro un muro ed esplodevano con una fiammata altissima. Una scena terrificante. Ricordo che l'acqua saliva, era onnai arrivata alle cosce. Uno dei miei ragazzi mi disse che al piano terra di una piccola abitazione di fronte alla chiesa c'era nonna Rosa che rischiava di affogare. Corremmo nella casa e trovammo la signora seduta sul tavolo con il rosario in mano. 'Lasciatemi stare, fatemi morire, sono vecchia, non rischiate'. ci disse. Allora uno dei miei ragazzi le fa: 'Nonna Rosa vi do un cazzotto, non mi fate imprecare!' La prendemmo in braccio portandola via e la salvammo". Bassetti tornò nella sua chiesa. "Le porte a un certo punto si spalancano per la forza della piena. Assieme al parroco prendemmo dal tabernacolo il Santissimo Sacramento e riuscimmo a salvarci salendo in canonica da dietro l'altare. Nel dopo alluvione c'è stata una grande solidarietà. Non più divisioni. partiti: bisognava solo aiutare la gente. Per me quel primo anno di sacerdozio fu una grande spinta che mi ha poi orientato per tutto il resto della vita". Pagina 43 Il ricordo dell'allora caposquadra Felice Tavanti Furono 9 gli "angeli del fango " castiglonesi "Con i pompieri di Castiglioni al lavoro nella Biblioteca Nazionale" "Quel fango da spalare e poi mettevanno in sicurezza i libi" CASTIGLION F.NO - Per giorni e giorni lavorò nel fango di Firenze. Con lui cinque uomini del distaccamento dei Vigili del Fuoco di Castiglion Fiorentino , che all'epoca aveva il suo contingente di pompieri (attivo fino al 1980). Felice Tavanti - da tutti conosciuto come "il Cice" - era sottufficiale dei Vigili del Fuoco e capo squadra. "All'inizio venimmo impiegati in via Villa Magna per interventi di prosciugamento di scantinati - ricorda - poi iniziò il lungo lavoro alla Biblioteca Nazionale. Ricordo bene che un giorno, mentre ero intento a svolgere quel lavoro, passò Ted Kennedy". Cinquanta anni dopo la missione dei vigili del fuoco castiglionesi, il capo squadra di allora, Felice Tavanti, vuol ricordare i nomi dei suoi uomini: Francesco Senserini , Sergio Botti, Federico Magi, Giuliano Tanganelli e Corrado Crott. CASTIGLION ENO - Gli "angeli del fango " saranno ricevuti oggi a Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento. Tra loro ci sono anche nove castiglionesi: Maria Letizia Ricci, Gabriele Butini, Roberto Secci, Aldo Cenciai, Vinicio Aretini, Lucio Casagni, Oliviero Bernardini, Mauro Pellegrini, Roberto Peruzzi e Franco Landini . Avevano tra 1 17 e i 20 anni e facevano parte della sezione castiglionese dei boy scout d'Italia. "Restammo a Firenze fino al 26 novembre, la nostra occupazione andava tra spalare il fango e mettere in sicurezza i libri della Biblioteca Nazionale e la distribuzione dei viveri" raccontano oggi, a cinquant'anni di distanza da quei giorni. Alluvioni in Toscana Pagina 44 50 ANNI DI RICORDI, 50 ANNI DI RITARDI di Alessio Gaggioli e immagini, le parole di allora, le opere d'arte salvate e da salvare. I fiorentini, gli Angeli del fango. Ieri, 5o anni fa. E oggi, 5o anni dopo. Anche per chi di noi non ha vissuto l'Alluvione. Lo spavento, lo smarrimento,le foto a colori che riescono quasi a farci sentire l'odore della nafta mischiata alla melma. Sembra di rivivere quelle emozioni. Ieri e oggi. Il 4 novembre dei fiorentini e dei cittadini del mondo che si ritrovano dopo aver dimostrato - proprio nei giorni in cui l'Italia è scossa dal terremoto - che il bene comune, i valori universali della cultura e la solidarietà esistono e possono essere condivisi da tutti. C'è un filo che lega Firenze all'Umbria e alle Marche. Lo porta con sé il Capo dello Stato, ieri nei luoghi devastati dal sisma, oggi a Firenze per ricordare il 4 novembre e per riaprire il Lungarno Torrigiani risistemato a tempo di record. Il filo è quello dell'impegno. Conservare la memoria di una catastrofe che oggi sarebbe ancora, colpevolmente, possibile. Ecco allora l'impegno: custodire il ricordo, trasformandolo però in una molla. Firenze e la Toscana sono ancora minacciate dall'Arno. In mezzo secolo è stato realizzato l'invaso di Bilancino e a breve sarà inaugurata la prima cassa di espansione nel Valdarno. La prima di tante. Le previsioni dicono che ci vorranno almeno dieci anni per dichiararci al sicuro. Cerchiamo di accorciare i tempi. Gli alibi non possono reggere più. In ogni caso vanno abbattuti. RIPRODUZIONE RISERVATA Alluvioni in Toscana Pagina 45 111 d i Paolo Ermini Fuori Porta Romana il silenzio era quasi assoluto in quell'alba del 4 novembre. Di li a poco sarebbe cominciato un giorno di festa. Niente carretti dei contadini diretti dal Chianti ai mercati rionali, niente corriere piene di lavoratori, che allora si chiamavano «Site operaie». Si dormiva, insomma. Ignari del dramma che era già scoppiato in altre zone di Firenze e, prima, in Valdarno. La telefonata arrivò che non erano ancora le 6. Era di per sé un segnale di allarme. In un pugno di secondi tutta la famiglia si era precipitata nell'ingresso dove appoggiato sulla consolle c'era l'apparecchio grigio della Sip. Una voce dalla cornetta: «L'Arno ha dato di fuori. Per strada l'acqua è già alta. Non possiamo più uscire di casa». Era la zia. Una zia come tante, però in posizione strategica. Come fosse una vedetta. Dal balcone al secondo piano tra via de' Neri e via de' Vagellai lei e lo zio potevano vedere sia il torrente che veniva dalla Biblioteca Nazionale sia l'acqua che irrompeva giù per via de' Bencí dal ponte alle Grazie, con le spallette che ormai emergevano a stento, sommerse dalla piena. Quell'antica forca che si para davanti a Corso dei Tintori sembrava già la prua di una barca in un mare arrabbiato. Molto arrabbiato. Ma il peggio sarebbe arrivato più tardi. E velocemente. Il telefono non squillò più. Era cominciata l'Alluvione di Firenze. Per tutti: sia per chi restò assediato dall'acqua, sia per chi non potette fare altro che assistere impotente al disastro. Con i primi a fuggire dai piani terreni e poi a misurare la crescita della piena, centimetro dopo centimetro, scalino dopo scalino. Alle 8 la radio italiana annunciava: «Oggi 4 novembre, festa delle Forze armate, eccetera eccetera... Il Presidente della Repubblica... eccetera eccetera... tutte le caserme... cc- Alluvioni in Toscana cetera eccetera». Un'informazione avvilente nella sua lentezza ci diceva che in Toscana pioveva forte e che sarebbe piovuto ancora. Eppure nella notte l'Arno aveva già rotto gli argini in Casentino, a Pontassieve, alle Sieci. All'Anchetta, ormai alle porte della città, aveva portato via il bellissimo ponte sospeso, fatto di ferro, costruito con le sue mani dal barcaiolo Guido Bartoloni e che univa il territorio di Fiesole con quello di Bagno a Ripoli: cavi spezzati e ponte travolto, con un gran fragore, in un battibaleno. Eppure ai primi bagliori del giorno l'Arno aveva già invaso la sede dell'acquedotto all'Anconella facendo la sua prima vittima, il tecnico Carlo Maggiorelli, che non aveva voluto lasciare il suo posto di lavoro per senso del dovere: «Non posso abbandonare gli impianti», aveva risposto a chi lo esortava a scappar via. Eppure alle prime luci dell'alba l'Arno si era già riversato sui rioni di Gavinana e di Ricorbolí cogliendo di sorpresa quell'avamposto di fiorentini inconsapevoli, colpiti prima di tutti per la sfortuna di avere casa sotto il livello abituale del fiume. Eppure nelle ore precedenti si era già dipanata la matassa della inefficienza, tra sottovalutazioni, inconcludente, contraddizioni. Il prefetto aveva dato il cessato allarme di ritorno da un sopralluogo in Vaidamo; alle dighe della Penna e di Levane avevano aumentato rapidamente il deflusso per evitare il collasso; il sindaco Bargellini si era precipitato sul Ponte Vecchio che era diventato una barriera, e che faceva temere per la sua sorte, mentre gli orefici chiamati da non si sa chi portavano via più oro e preziosi possibile dalle loro botteghe lambite dalle onde. Ogni tronco trascinato dalla corrente era un botto contro una pigna o un'arcata. «Crollerà!». Ma il Ponte Vecchio, sempre più Vecchio, resisterà anche questa volta. «Oggi 4 novembre, festa...». Una cronaca dí,50 anni fa I una telefonaia all'alba c'era già tutto il dramma I fiorentini 'visi dal muro de n Arno D i là la p aur a, ' qua a ®scla impotente Sembravano una beffa quelle parole, in un mondo senza cellulari e senza social network. Zero comunicazioni, a parte le voci metalliche dei radioamatori, l'unica rete che in quelle ore funzionò. Nella città ancora all'asciutto non restava che andare a vedere. Fin dov'era possibile. Fino al punto in cui una strada o l'altra diventavano battigie. In piazza San Marco, in via Serragli, in via Masaccio. Un lago agitato. Il lago Firenze. Che dal piazzale Michelangelo mostrava per intero la sua terrificante espansione. Lungo la ringhiera di ferro una fila di uomini e donne con il cappotto e con l'ombrello. Perché continuava a piovere, maledizione, e allora, mezzo secolo fa, a inizio novembre faceva anche freddo. Davanti, un panorama agghiacciante. Brumoso. Una scena da diluvio universale. A poco a poco dei grandi portoni del lungarno Diaz e del lungarno delle Grazie rimarrà visibile solo un piccola luce. La città stava affogando e nessuno sapeva quan- do l'ondata di piena si sarebbe placata. Laggiù migliaia di fiorentini prigionieri. Una voce tra i bisbigli, perché al Piazzale parlavano tutti piano, attoniti: «Stamattina ha suonato il Bargello, come per la guerra». Ma nessuno, in seguito, lo potrà confermare con certezza. A fine mattinata tutto il centro e gran parte dell'Oltrarno erano già sommersi dall'Arno. Un metro d'acqua, due metri, tre metri... E cominciava il calvario della Piana, quello della gente rimasta prigioniera nelle sue casine senza scale. Di li a poco cercheranno scampo sui tetti. La radio ripeteva, implacabile: «Oggi festa...». Fu Radio Londra a rompere il muro dell'indifferenza: «11 mondo rischia di perdere una sua gemma: Firenze». Marcello Giannini, energico giornalista della Rai, perse le staffe e con le cattive convinse la sua azienda che Firenze era un'emergenza vera e assoluta. Alla fine gli credettero e lui si conquistò un posto nella memoria collettiva della Pagina 46 città. Aprì le finestre della sede a Santa Maria Maggiore (allora) e calò Il microfono. Si sentì un grande scroscio . Lui disse solo: «E via Cerretani!». Poi l'annuncio più commovente: «Le porte del Battistero si sono aperte e sbattono contro gli stipiti». in qualunque sciagura sono le perdite di vite umane quelle più dolorose, ma niente dà più emozione del crollo dei simboli di tutta una comunità. Succede sempre. Succederà anche con il terremoto di Assisi che nel 1997 farà crollare le vele della Basilica Superiore. Quel pomeriggio fu la violenza subita dalla Porta del Paradiso a dare l'entità della tragedia. L'acqua saliva, saliva, saliva. In Santa Croce e in San Niccolò ormai aveva superato i cinque metri. Nelle trombe scure e strette dei palazzi più popolari si controllava il livello al lume delle candele . Ma non era più acqua. Ormai era morchia. La nafta era uscita dalle case e l'Arno se la portava ovunque. Seminando paura su paura: la paura di un incendio che trasformasse l'acqua in fuoco. Una paura senza senso, forse. Ma di questo si parlava da finestra a finestra. Anche sulla prua di Corso dei Tintori. All'improvviso un'esplosione . Direzione piazza Beccaria. In via Scipione Ammirato era scoppiato un deposito di carburo, ma a lungo si temette l'apocalisse finale. E mentre cominciavano a scendere le prime ombre della sera l'Arno accennava a frenare il suo impeto. La città però entrava in una notte d'angoscia, di buio totale, di smarrimento. Dal carcere di Santa Teresa (o dalle Murate? Le versioni discordano) era evaso un gruppo di detenuti. Si sapeva, ma non si sapeva dove fossero finiti. Altri brividi: che cosa avrebbero combinato? In un convento di monache gli dettero da mangiare e loro se ne andarono ringraziando. Così dice la leggenda. Uno mori annegato. Mezzanotte. Le tre. Le sei. Il giorno appena cominciato sarà tutto diverso. Meno drammati- Alluvioni in Toscana co e più disperante. Via via che le acque si ritiravano non riappariva Firenze, ma la città di Dite accerchiata dallo Stige. Nera. Infernale. Un antro accanto all'altro. Chi mai sarebbe riuscito a ridarle vita e dignità? Succederà, invece. Con buona pace dei soliti pessimisti. O degli sciacalli scatenati nel cercare piccole fortune tra le sfortune altrui. Il posto di guardia della forca dei Tintori funzionò anche contro di loro in quelle notti senza luci. A colpi di badilate il fango sarà sconfitto dopo una battaglia durata giorni e giorni. Giorni di fatica, ma anche di polemiche. Sulla mancata allerta e sul ritardo dei soccorsi, in un'Italia ancora priva della Protezione civile. Polemiche perfino sulla visita del Presidente della Repubblica Saragat. Il suo camion, stracarico di comprimari e di notabili in cerca di visibilità, affondò nella melma davanti al cinema Capitol: «Andate via, qui ci abbiamo da lavorare !», urlarono alcuni volontari. Che poi però dettero la spinta decisiva per far ripartire il Capo dello Stato e il suo seguito. L'indomani il direttore de La Nazione, Enrico Mattei, scriverà, severo: «E superfluo dire che le promesse e le assicurazioni dei nostri governanti ci trovano più che mai corazzati di scetticismo. Non vorremmo tuttavia togliere ai cittadini di Firenze e della Toscana e a noi stessi la speranza (o la illusione) che le cose possano andare meglio di come sono andate fi- nora. Il nostro augurio è che coloro che hanno fischiato Saragat , cedendo a un risentimento che certo non si volgeva alla sua persona, ma all'insufficienza dello Stato, possano pentirsi di questo atto incivile». Alcuni danni erano irreparabili: parecchi morti, avvolti per troppo tempo in una omertà ancora oggi inspiegabile. Finalmente un numero: 35, 35 caduti. Migliaia di botteghe e aziende rovinate, un patrimonio di arte e cultura ferito in profondità nonostante il prodigarsi di tanti angeli accorsi da ogni dove. Soprattutto quelli della Nazionale che portarono in salvo centinaia e centinaia di libri. Muri fradici e fetore di muffa. Lo avremmo sentito per mesi. In qualche casa per anni. Per non parlare delle cantine. Nessuno più bevve l'acqua della cannella. Qualcuno si arricchirà con le minerali. Nelle piazze, intanto, sostavano le autocisterne dell'esercito. Ogni fiorentino aveva la sua brava tanica. Come al tempo delle mezzine di rame per andare a prendere l'acqua del pozzo. Scuole chiuse, per giorni e giorni. Riapriranno tra mille difficoltà. Alla «Machiavelli», quella storica di piazza Pitti, doppi turni per ospitare i ragazzi della succursale inagibile, alle Leopoldine di piazza Santa Maria Novella. Classe terza C di pomeriggio e in «piccionaia» (ma era la bellissima altana). La prof di educazione artistica decise una gara di disegno. Tema: la mia Alluvione. Quante foto scopiazzate. Pietro invece disegnò lo sky-fine della città e poi, all'altezza del tamburo della Cupola, tirò una riga con la chi- na rosso scuro e la lasciò sgrondare sul foglio. Il ritratto perfetto di Firenze offesa. Tutti battuti, magari da un nuovo piccolo Giotto? Macché, neanche questa soddisfazione : lui farà l'ingegnere. Nei negozi squassati si svendeva quel poco che ancora si poteva vendere. Erano i saldi del 4 novembre. Accompagnati da cartelli scherzosi. L'ironia dei fiorentini: «Qui tutta merce già lavata: non si ritirerà». Nella notte di quel Natale 1966 arriverà il Papa. Quattro ore in tutto. In tutti i quartieri più devastati. Paolo VI, il Papa del dubbio, verrà a dare forza, fiducia, certezza di rinascita. Tante parrocchie monteranno televisori dentro le chiese per la messa di mezzanotte, un po' celebrata dal vivo e un po' in diretta tv, in collegamento con Santa Maria del Fiore. Dopo il rito in Duomo , quando ormai saranno le una passate, il Papa prenderà la via del ritorno a Roma, ma prima vorrà andare a visitare il Cristo del Cimabue orrendamente sfregiato nel viso e nel corpo e ricoverato per le prime cure nella Limonaia di Boboli. Entrerà nel giardino dei Medici in piedi sulla grande berlina scoperta, coperto da una mantella rosso fiammante. Le suore della Calza si scateneranno con le loro quattro campanine e poi correranno sul piazzale per non perdersi almeno il passaggio finale. Il Papa riuscirà dal grande cancello e le saluterà, benedicente. Poi su verso il casello di Certosa, per la via Senese illuminata dalle fiaccole d'addio di noi santilarini. Ma quella notte si commuoveranno anche gli atei. I La radio italiana insisteva: o«(-n' è festa... Poi la verità in 'rea, dalle finestre della Rai in via Cerretani Pagina 47 Dopo il diluvio Le famiglie alluvionate gridano «Aiuto» nel disegno di M. Massi , seconda elementare di San Piero a Ponti in uno dei disegni del 1967 raccolti negli archivi dell'ex Centro didattico nazionale di studi e documentazione , . a ta sui -,rilievi de s-: . rattedrale di Santa Maria dei Fiore La visita di Paolo VI nella notte di Natale del 1966 Il Papa passò per i quartieri più devastati della città Tutto durò poche ore . Nella foto Montini mentre appunta la medaglia sul Gonfalone di Firenze Alluvioni in Toscana Pagina 48 giorno del 'cordo: Mattarella all'inaugurazione e 'opera del Tasari La messa con Beton e altri «vescovi-angeli». A sera tutti a San L iato L'ora della Cena, poi la fiaccolata Cinquanta anni dopo Firenze ricorda la tremenda alluvione del 4 novembre 1966 e le sue vittime, guarda ad un fiume non più nemico ma che ancora invaderebbe strade e piazze con una piena della stessa forza, celebra il ritorno dell'opera simbolo del Vasari L'ultima cena devastata dalla furia dell'Arno come e più del Crocifisso del Cimabue, accoglie gli angeli del fango. La giornata, che vedrà la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si chiuderà con la fiaccolata da San Miniato a Santa Croce, per ricordare quella del novembre 1967, un anno dopo l'alluvione. Luci nel buio, su una ferita che per tantissimi fiorentini è ancora viva. La ricorrenza è stata preceduta e sarà seguita da molti eventi, mostre, spettacoli, film. Un altro momento emozionante sarà lame ssa nella basilica di Santa Croce concelebrata stamani dal cardinale e arcivescovo Giuseppe Betori, che fu giovane seminarista angelo del fango a Gavinana e Badia a Pipoli, aiutando i negozianti e gli abitanti del popolare rione, assieme ad altri sei angeli del fango diventati poi vescovi o cardinali: monsignor Diego Coletti, vescovo emerito di Livorno e di Como, il vescovo di Brescia Luciano Monari, il vescovo di Piacenza Gianni Ambrosio, l'arcivescovo di Lucca Italo Castellani, il vescovo di Civitavecchia, Luigi Marrucci, il cardinale Gualtiero Bassetti (assente solo il cardinale di Milano, Angelo Scola, anche lui Gli eventi Alle 9 Consiglio comunale con gli angeli dei fango Dalle 10 alle 16 apertura straordinaria dell'Istituto Geografico Militare con annullo postale Alle 11:30 messa in Santa Croce con il cardinale Giuseppe Betori Alle 13 corteo dalla basilica a Ponte alle Grazie in memoria delle vittime Alluvioni in Toscana Alle 15 svelato il restauro de «L'Ultima cena» di Vasari in Santa Croce con Mattarella Alle 17 cerimonia in Palazzo Vecchio che sarà chiusa dal Presidente della Repubblica Alle 20.30 fiaccolata da San Miniato al Monte a piazza Santa Croce Domani alle 11 alla Biblioteca nazionale la presentazione del restauro di un volume sostenuto dal club Soroptimist due angelo del fango). Alla fine della messa, verso le ore 13, un corteo raggiungerà Ponte alle Grazie per la deposizione di una corona in Arno in memoria delle vittime. Come accade ogni anno. Già ieri le finestre dell'Oratorio delle Grazie, così legato alla memoria dell'Alluvione, erano arricchite da drappi color cremisi. Durante il Consiglio comunale straordinario, sempre in mattinata, ci sarà la testimonianza video di Franco Zeffirelli, intervistato dalla Rai, ed alle l1 alla sede del Quartiere Uno, in piazza Santa Croce, verrà scoperta una lapide dedicata alle 35 vittime del disastro. Alla 15 la cerimonia per la ricollocazione de L'Ultima cena di Vasari nel cenacolo del Santa Croce alla presenza del Capo dello Stato. Alle 17 la cerimonia ufficiale nel Salone de' Cinquecento sempre con Mattarella. Saranno proiettate immagini riprese dai documentario Firenze novembre 1966 di Mario Carbone, restaurato per l'occasione, e dall'inedito Dopo l'alluvione di SkyarteHd, seguite dalle testimonianze su quei giorni e dall'intervento conclusivo del Presidente della Repubblica. A fine giornata la fiaccolata, che partirà alle 20 da San Miniato al Monte, una delle chiese simbolo della fede e della cultura fiorentina per raggiungere in piazza Santa Croce, come avvenne il 4 dicembre del 1967. Palazzo Vecchio ha invitato tutti gli angeli del fango che hanno già raggiunto e raggiungeranno Firenze e tutti i fiorentini.11 Comune chiama alla partecipazione soprattutto i giovani studenti universitari, italiani e stranieri, «per segnare una sorta di "passaggio di consegne" tra la generazione del 1966 e quella del 2016». Sabato invece la presentazione del Piano «Arno sicuro». Verranno spiegate dall'unità della Presidenza del Consiglio #Italiasicura le opere in corso e in progettazione per garantire la massima sicurezza possibile lungo il fiume. Domenica invece niente villaggio della Protezione Civile: il sisma dell'Italia centrale impegna tecnici e volontari, così si è deciso di annullare l'appuntamento. Quasi un richiamo: se le ferite di Firenze appartengono al passato, altre sono più che mai aperte. Mauro Bonciani © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 49 j/ i % r'ï La presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi davanti all'Ultima Cena del Vasari restaurata durante la puntata di «Porta a Porta sull'alluvione del '66 Alluvioni in Toscana Pagina 50 Varata la Carta ` Fi renze Le firm e dei sindaci per conoscere e prevenire 1 rischi Un impegno comune delle città sulla resistenza ai disastri naturali e a quelli causati dall'uomo, in particolar modo su quelli legati al rischio idraulico e idrogeologico. Lo prevede il «Manifesto di Firenze» firmato ieri dai sindaci alla seconda edizione di «Unity in Diversity», la conferenza internazionale che da mercoledì riunisce in Palazzo Vecchio 50 delegazioni provenienti da quattro continenti. Nel Salone dei L'assessore Mantovani e il sindaco Nardella firmano la Carta Cinquecento, ieri, si è parlato della tutela del patrimonio culturale in quelle città che quotidianamente devono affrontare problematiche legate alla convivenza con i corsi d'acqua, con le guerre e con i terremoti. «Questo manifesto rappresenta uno sviluppo della "Carta di Firenze" firmata l'anno scorso - sottolinea il sindaco Dario Nardella - Vuole ampliare la collaborazione sulla capacità di adattarsi alle situazioni difficili causate dai disastri naturali e di organizzarsi perla prevenzione e la gestione post emergenza». Tra le azioni concrete previste dal manifesto la mappatura delle zone di rischio, l'analisi degli interventi da fare e le iniziative mirate all'informazione della popolazione. Nel pomeriggio Nardella ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri del governatorato di Mosca, Sergey Cheremin, con cui ha tracciato le basi per una futura collaborazione. Infine, sempre ieri, all'Accademia dei Georgofili durante un workshop sul tema «Arno 1966: 50 anni di innovazione in meteorologia», il presidente dell'Accademia, Giampiero Maracchi ha detto che «le alluvioni nei secoli hanno dimostrato una cadenza di una volta ogni looanni, pertanto il rischio che» anche a Firenze, «entro il 2066 ce ne possa essere un'altra è molto elevato». (A.P.) Alluvioni in Toscana Pagina 51 DO SSIER A CACCIA DI UNA RISPO S TA (I PERCHÉ DI IERI L DI OGGI) hé la notte dei 4 more a Firenze - c"to l'allarme? I danni dell'Alluvione del'66 furono ancora più gravi anche perché la popolazione non fu avvertita del pericolo. Malgrado le piogge nessuno sembrava badare all'Arno: l'ultima esondazione a Firenze risaliva al 1844 e nessuno ricordava più il pericolo. Le previsioni erano meno affidabili di oggi, non esistevano sistemi di telerilevamento delle piogge e della portata del fi urne, né la Protezione Civile. Risultato: nessun allarme fu lanciato, né dal Comune, né dalla Prefettura, tanto che nei quartieri non alluvionati nessuno si accorse di nulla, e solo perché il 4 novembre era allora festivo limitarono morti e feriti. Sui giornali fu polemica: neanche la Martinella, la campana di Palazzo Vecchio, aveva suonato per avvertire i fiorentini. © RIPRODUZIONE RISERVATA soccorsi no in ritardo? Croce, su sollecitazione dello stesso Presidente della Repubblica iniziò la mobilitazione dell'esercito. In Palazzo Vecchio solo lo stesso il 6 novembre sera si insediò un «comitato di emergenza», formato dal sindaco Piero Bargellini, da tutti gli assessori, dai capigruppo del Consiglio comunale e dal presidente della Provincia, Elio Gabbuggiani. ©RI PRODUZIONE RISERVATA on ci fu _za immediata ero ime? Può sembrare incredibile, ma non esiste un bilancio ufficiale delle vittime a Firenze e provincia. Il conto dei morti del novembre del'66 è sempre stato incerto, anche per il riserbo delle autorità. Secondo una stima affidabile il numero delle vittime dovrebbe essere pari a 35:17 a Firenze e 18 in provincia. Per la maggior parte anziani, anche se non mancarono bambini, e l'elenco ormai ritenuto sicuro è redatto in base al documento della Prefettura di Firenze inviato nel dicembre 1966 al ministro degli Interni. © RIPRODUZIONE RISERVATA :hé la Rai diede la olamente otto 7 Alla sottovalutazione della portata dell'Alluvione contribuì anche la difficoltà dei mezzi di comunicazione di massa e rendersi conto di quanto accaduto. Anche la Rai dette la notizia solo in ritardo. L'Arno ruppe gli argini alle prime ore del 4 novembre a Rovezzano e poi all'alba in centro e le agenzie dettero le prime informazioni e gli stessi giornalisti dell'Ansa dovettero in mattinata lasciare precipitosamente la sede in via de' Pucci per evitare l'acqua. Fu la Bbc, alle u, a dare l'allarme «il mondo sta per perdere una delle sue gemme: Firenze» seguita dalle televisioni Usa e la Rai solo alle 1,5, nonostante le ripetute sollecitazioni di Marcello Giannini, concesse la diretta nazionale. Giannini, al fianco di Gianfranco Pancani, calò da una finestra della redazione Rai in piazza Santa Maria Maggiore il microfono fino a lambire l'acqua in via de' Cerretani. «Quella che sentite - disse Giannini - è via Cerretani». Così il Paese cominciò a rendersi conto. © RIPRODUZIONE RISERVATA I soccorsi tardarono a scattare per gli stessi motivi. La mancanza cioè di un meccanismo centralizzato di protezione civile, sia a livello statale che regionale, nè esistevano piani comunali di allerta. Così i primi mobilitarsi furono i fiorentini, assieme ai vigili urbani ed impiegati del Comune. Ancora la mattina del 5 Roma non aveva capito la portata della tragedia e solo domenica 6 novembre, dopo la visita del Capo dello Stato, Giuseppe Saragat, che rimase impantanato in piazza Santa Alluvioni in Toscana Pagina 52 ì opere ad oggi e realizzate ssaïn 1 fiume? Sono passati 5o anni e da allora per la messa in sicurezza dell'Arno e del suo bacino sono state fatte essenzialmente tre cose: la diga di Bilancino, interventi sugli affluenti minori, abbassamento del letto del fiume in corrispondenza di ponte Santa T inita e di Ponte Vecchio aumentando al portata del fiume nel tratto fiorentino da 2.200 metri cubi al secondo a 3.3000 metri cubi. Il 4 novembre 1966 l'Arno raggiunse i 4.100 metri cubi al secondo di portata e quindi una piena analoga causerebbe ancora l'esondazione del fiume in molte parti della città. Nel dettaglio sono stati spesi ad oggi l'equivalente di circa 200 milioni di giuro per interventi grandi e piccoli su tutto il bacino dell'Arno. Sono in corso di realizzazione le casse di espansione a monte di Firenze, a Figline, con un costo complessivo di 45 milioni di euro, che permetteranno di allagare alcune aree verdi in modo controllato. Sono previsti anche interventi sul corso di Ema e Mensola, nonché sul Mugnone alle Cure, mentre il suo corso è già stato messo in sicurezza nella parte finale, prima delle Cascine, da cui si getta nell'Arno. A valle di Firenze è iniziata invece la realizzazione delle due vasche di espansione di Fibbiana, nell'Empolese, mentre poco più di un mese fa è stato dato il via libera ai cantieri per il potenziamento del canale scolmatore dell'Arno a Pisa, per un investimento pari a 15 milioni di giuro, che avrà una capacità raddoppiata. Alluvioni in Toscana cesto ritardo rventi? Oltre alla eterna lunghezza delle grandi opere in Italia, per il bacino dell'Amo è mancata a lungo una visione complessiva e le risorse sono arrivate sempre con difficoltà. Il primo piano di intervento fu redatto nel 1974 da una commissione interministeriale, ma solo nel 1999 arrivò il Piano di Bacino stralcio perla «Riduzione del Rischio Idraulico», approvato dall'Autorità di Bacino del Fiume Arno che prevedeva interventi per 3.115 miliardi di lire, cioè 1,6 miliardi di euro. Infine nel 2007 è stato varato un altro piano, molto meno costoso e ridimensionato nel numero di cantieri e con alcuni interventi strategici come le vasche di espansione di Figline. Stato e Regione nel 2014 hanno firmato un'intesa che prevede anche l'innalzamento della diga di Levane, intesa rinnovata nel 2015, ma vanno trovate le risorse. E lo scorso anno Città Metropolitana e Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno hanno siglato l'intesa per la manutenzione dei fiumi. Ai anni la città e urne saranno se in sicurezza? Gli esperti e la Autorità di Bacino del Fiume Arno spiegano che più che di messa in sicurezza si deve parlare di riduzione del rischio in quanto non esiste la messa in sicurezza al 100 davanti ad eventi simili, che possono avere caratteristiche diverse da quelle del 1966 ed essere altrettanto pericolosi. E per ridurre ancora il rischio serviranno anni: le quattro casse di espansione di Figline saranno terminate nel 2021, quelle sulla Sieve, nel Mugello, nel 2025 dato che sono oggi solo allo stadio di progettazione preliminare. Ed il 2025 potrebbe vedere finito il rialzamento della diga di Levane. Per la sicurezza contano non solo le infrastrutture, ma anche i piani di prevenzione, di messa in sicurezza di opere d'arte, per le scuole e gli ospedali, piani di informazione verso i cittadini. L'uso dei mezzi di comunicazione e delle nuove tecnologie è ormai decisivo per ridurre i rischi. ,ori si draga il econdo quali ?ne effettuata degli argini? L'Arno, come tutti gli altri fumi, non viene più dragato per motivi di sicurezza. Dragando aumenterebbe la portata dell'acqua e quella solida (sabbia e ghiaia), aumenterebbe la velocità della corrente e quindi il fiume scaverebbe con più forza l'alveo; aumenterebbe l'instabilità delle sponde. Ed aumenterebbe il rischio per le zone a valle di quelle scavate sia per l'arrivo di una corrente più forte sia per la massa di acqua e detriti portata dal fiume. Viene invece effettuata ogni sei mesi la manutenzione delle sponde e degli argini, con il taglio dell'erba e l'asportazione di eventuali tronchi o detriti. Le modalità di manutenzione, sia ordinaria che straordinaria con il taglio di alberi e la riduzione o risagomatura delle «isole» di sabbia del fiume, viene decisa da Regione e Genio Civile (come stabilito dalla recente normativa in materia) ed effettuata dal Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno. A cura di Mauro Bonciani © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 53 II Ponte Vecchio nei giorni dopo l'Alluvione in una rara immagine a colori dal documentario «Alluvione 1966» che sarà proiettato oggi alle 21 al cinema La Compagnia Le operazioni di risagomatura della riva in corso in questi giorni tra ponte alle Grazie e ponte San Niccolò all'altezza di piazza Poggi Alluvioni in Toscana Pagina 54 Il 4 novembre di cinquantanni fa lesondazione dellArno. Si mobilitarono studenti, docenti e tanti cittadini Quando Siena corse in aiuto di Firenze di Luigi Oliveto della città, l'acqua raggiunge i quattro metri d'altezza. FIRENZE - La prima no- Ovunque fango, detriti, suptizia dell'Ansa battuta alle pellettili trascinate dalla cor03.48 di venerdì 4 novembre rente, nafta fuoriuscita dagli 1966 diceva: "La situazione impianti di riscaldamento. in Toscana diventa sempre più grave. La pioggia non accenna a cessare e i corsi d'acqua, specialmente i più piccoli, sono notevolmente ingrossati. In provincia di Firenze, è emergenza a Incisa Valdarno e negli altri centri in prossimità dell'Amo, nel quale confluiscono altri torrenti. Le acque hanno invaso molte abitazioni". Da li a poche ore Firenze è travolta dal suo frume. Gli orefici di Ponte Vecchio accorrono a salvare la merce, cede la spalletta di piazza Cavalleggeri, l'Arno si riversa per le strade di Santa Croce, irrompe nei locali della Biblioteca Nazionale, alle Murate gli abitanti della zona si adoperano per mettere in salvo i carcerati. Da Palazzo Vecchio il sindaco Piero Bargellini e il prefetto sollecitano aiuti al Ministero, ma a Roma non si è ancora compresa la gravità della situazione. Celebre l'aneddoto del caporedattore della sede Rai fiorentina, Marcello Giannini, che per dare il più realisticamente possibile la notizia (e soprattutto l'entità di quanto stava accadendo) calò dalla finestra un microfono mentre la sua voce commentava: "Ecco, non so se da Roma sentite questo rumore. Quello che state sentendo non è un fiume, ma è via Cerretani, è la via Panzani, è il centro storico di Firenze invaso dalle acque". Nelle parti più basse A Firenze persero la vita 17 persone, 18 nel territorio della provincia. Quasi tutti anziani, alcuni di loro paralizzati; una donna quarantacinquenne che abitava in Santa Croce fu colta da infarto e mori perché impossibile trovare l'ossigeno per la respirazione artificiale; un giovane carcerato di 25 anni venne travolto dalla piena mentre tentava di salvarsi insieme agli altri detenuti. Fin da subito, però, a, prevalere fu la percezione della tragedia che aveva, colpito il patrimonio artistico. La porta del Battistero sfondata dalla esondazione, le formelle del Ghiberti divelte, libri rari e manoscritti della. Biblioteca Nazionale scompaginati da acqua e melina., i depositi degli Uffizi anch'essi alluvionati. Il Crocifisso di Cimabue conservato in Santa Croce e oltraggiato da quella furia divenne ben presto il simbolo della profanazione perpetrata contro arte e bellezza. Il poeta Mario Luzi avrebbe composto i dolenti versi di "Prega, dice, per la città sommersa", confidando nella speranza, che "Non c'è morte che non sia anche nascita. / Soltanto per questo pregherò / le dico sciaguattando ferito nella melma / mentre il suo lume lampeggia e si eclissa in un vicolo. / E la continuità, manda un riflesso / duro, ambiguo, visibile alla talpa e alla lince". La, reazione del mondo, soprattutto di quello rappresentato dai giovani, fu sorprendente. Giunsero così "gli angeli del fango". La definizione venne coniata, da Giovanni Grazzini, giornalista fiorentino, che all'epoca lavorava al Corriere della Sera. I110 novembre pubblicò un articolo intitolato "Si calano nel buio della melma,", scrivendo che dinanzi alla generosità di quei ragazzi "non sarà più permesso a nessuno fare dei sarcasmi sui giovani beats". Perché - annotava il giornalista - "questa stessa gioventù oggi ha dato un esempio meraviglioso, spinta dalla gioia di mostrarsi utile, di prestare la propria forza, e il proprio entusiasmo per la salvezza di un bene comune". Dunque "onore ai beats, onore agli angeli del fango". mondo stava per compiersi. Già da qualche anno soffiava il vento della "nuova frontiera" kennedyana, lo spirito di rinnovamento profuso dal Concilio di Giovanni XXIII, il toccante "I have a dream" di Martin Luther King nel ribadire l'ovvia (?) verità che "tutti gli uomini sono stati creati uguali". Portava lo stesso affiato di nuovo e di universalità anche "la meglio gioventù" giunta in soccorso di Firenze per riparare la bellezza violata, il sublime offeso. Tutto era parte di un con/fuso sentimento di fratellanza, di un "possibile" inondo nuovo arpeggiato sugli accordi di "Blowin in the wind". Pure da. Siena mossero in aiuto della devastata Firenze diversi studenti, alcuni docenti, volontari di associazioni laiche e religiose. Qualcuno con- In effetti il dramma dell'alluvione di Firenze andò a, iscriversi, a proprio modo, sul diario del cambiamento che nel Alluvioni in Toscana Pagina 55 serva, tra le reliquie di gioventù, l'attestato che venne loro rilasciato per l'opera svolta. Una donna sensibile e intraprendente, la signora Erina Martini, moglie del professore Fernando Marcolongo (insigne clinico medico) e madre di Roberto (altrettanto noto reumatologo) fu vista caricare più volte la propria auto per trasportare a Firenze medicinali e generi di prima necessità. All'Abbazia di Monte Oliveto, presso l'Istituto di Patologia del Libro gestito dai monaci olivetani, cominciarono ad arrivare dalla Biblioteca Nazionale manoscritti, incunaboli, codici bisognosi di accurati restauri. Una diffusa solidarietà, attraversò veramente il inondo. Si ricorda l'accorato appello di Edward Kennedy, di Richard Burton, i soccorsi della Croce Rossa tedesca, delle forze armate americane di stanzza in Italia, gli aiuti provenienti dal freddo d'oltrecortina di Russia, Cecoslovacchia, Ungheria; ma, non di meno, i bagnini e i gommoni provenienti dalla Versilia, materiali e persone tempestivamente inviati dai comuni della Toscana. Tutto ciò accadde ai primi di novembre di cinquant'anni fa. Quasi in una beffarda profezia, da mesi un gruppo musicale chiamato The Rokes andava cantando "è la pioggia che va e ritorna il sereno". Su una cosa avevano comunque ragione: che le nubi di quella pioggia erano metafora di un mondo in via di cambiamento. Eccome se è cambiato. ------------------------------------------------------------------------A Firenze Cinquant'anni fa l'esondazione dell'Arno. Da tutto il mondo, e naturalmente anche da Siena, partirono volontari per dare una mano Alluvioni in Toscana Pagina 56 1l racconto di quei giorni terribili di Giordano Cioli: Avevo 13 anni rna volevo andare ad aiutare. Padre Gregorio mi portò sulla l'espa con sé" "Tra gli angeli del fio c'ero anche io. Emozioni e ricordi indelebili " SIENA Il 4 novembre 1966 Firenze si svegliò devastata dall'acqua dell'Amo che ruppe gli argini e inondò senza pietà case, strade, chiese e musei . I danni furono irreversibili, da ogni parte della Toscana e del mondo, i volontari giunsero in aiuto alla popolazione e a salvare il patrimonio del Rinascimento di cui Firenze è la culla. I volontari, lottando con l'acqua e il fango, in un continuo lavoro per salvare il salvabile. furono chiamati "gli angeli del fango" dal giornalista Giovanni Grazzini, ma io ricordo che più che "angeli" eravamo delle "maschere di fango". La televisione, la radio, in quei giorni parlavano solo di questo. Io ero un ragazzino di 13 anni, era morto mio padre in un incidente sul lavoro appena quindici giorni prima. Andavo a scuola a Montepulciano, il mio professore di religione padre Gregorio ci parlava attentamente di Firenze, del patrimonio di cultura che se ne stava andando, ci raccontava che migliaia di persone stavano dando una mano in maniera volontaria. Un giorno disse in classe che lui stesso sarebbe andato a Firenze come volontario. Quelle parole mi frullarono molto veloci in testa, volevo andare anch'io, ma ero troppo piccolo. Però ebbi il coraggio di dirlo a padre Gregorio. La mia richiesta fu in primo momento scartata, ma poi fu proprio lui a presentarsi dai miei familiari per farli acconsentire alle mie richieste di andare a Firenze con lui. La mi mamma, vedova da pochi giorni, mi guardò in faccia e mi sussurrò il suo "sì". Per me furono i giorni più felici, a parte il lutto, giorni che non passavano mai. Era mercoledì 16 novembre 1966, dopo una notte insonne a preparare un po ' di vestiti, messi dentro a una sporta di scaggia, alle sei del mattino mia madre mi preparò due fette di pane con dentro una frittata e dopo un caloroso abbraccio ci fu la partenza alla volta di Firenze. Era ancora buio, solo la luce fioca della vespa di padre Gregorio illuminava i nostri bagagli legati con la corda da presse della paglia. Mi sentivo emozionatissimo. Partimmo da Sant'Albino, era molto freddo, riparato da una sciarpa di lana fatta dalla mia mamma e mi nascondevo il volto frustato dal vento, mi riparavo con il capo chino sulle spalle di Alluvioni in Toscana ?w ruure9r/r/9Fi/rmpG?ññ m;rcn,. padre Gregorio. Fu un viaggio molto faticoso. appena superato Siena, la vespa incominciò a fare capricci. Ci fermammo un paio di volte, dopo aver smontato la candela della vespa e averla ripulita. si partì nuovamente. Arrivammo a Firenze alle due del pomeriggio, stremati, non avevamo fame perché avevamo mangiato il pane con la frittata preparata da mia madre, ma eravamo stanchi del viaggio. Vidi tanto fango per terra, nelle strade, nei negozi, dappertutto. Poi c, nminammo per circa un chilometro e ci fermammo davanti ad un grandissimo palazzo, era la biblioteca nazionale; fuori, una cinquantina di giovani e meno giovani a fare il passamani di materiale, che in primo momento mï sembravano pezzi di cemento armato, invece erano libri coperti di fango. Davanti a noi vedevo l'Amo, lo odiavo per quello che aveva fatto, ma non era colpa sua, la colpa era dell'uomo che non aveva saputo gestire la vicinanza con il fiume. Io ero il più piccolo, ma anche il più coccolato, giunti a destinazione mi misero da parte a disposizione dei lavori più leggeri. Io non volli e presto mi feci strada per andare con gli altri a fare la catena umana. Le ore passavano, tra una battuta e un bicchiere d'acqua, in un bicchiere che sembrava più che fosse di fango che di vetro. Il nostro volto coperto di fango, come lo era il nostro corpo, tra la fatica e l'odore acro della pelle delle copertine dei libri inzuppati di acqua e del nostro sudore, che cadeva continuamente. Oggi ci sarà il raduno degli angeli del fango, nel Salone dei Cinquecento, dove è prevista la presenza anche del presidente del Consiglio Renzi e del presidente della Repubblica Mattarella. Giordano Cioli Pagina 57 «L'ALLUVIONE HA SOMMERSO ...» CORTOMETRAGGIO SULL' EDIZIONE 1914 DEI CANTI ORFICI DI DINO CAMPANA SARA ' PROIETTATO OGGI IN ANTEPRIMA ALLE 16 AL MUSEO DELLA LANA DI STIA IN CASENTINO • o ra ul nov bre Alluvtone. l s m di ANGELA BALDI PER RACCONTARE e non dimenticare l'alluvione e quello che successe quella mattina del 4 novembre di 50 anni fa, La Nazione organizza la grande mostra «L'Arno straripa a Firenze» che si terrà nell'auditorium del nostro giornale in via Paolieri a Firenze, nella quale si documenta di come il gironale seppe raccontare la tragedia. Il vernissage è previsto per oggi, da domani l'esposizione sarà visitabile dal pubblico a ingresso libero. Verranno esposte le pagine dell'epoca, insieme a foto e filmati inediti custoditi nei nostri archivi. E verrà proiettato un documentario che ricorderà di quei giorni vissuti dentro al giornale. Quant'anni fa l'Arno uscì dal suo corso, vincendo le resistenze create dall'uomo e allagando il centro di Firenze. La più terribile catastrofe del secolo che segnò come uno spartiacque. Proprio come succede con le guerre, anche l'Alluvione di Firenze tracciò una separazione netta fra ciò che era stato prima e ciò che sarebbe avvenuto poi. Con la città che non sarebbe più stata la stessa. La grande piena dell'Arno causò gravi danni anche in provincia di Arezzo, nelle vallate di Ca- Alluvioni in Toscana one /// st em e • 1 , sentina e Valdarno. Ecco perchè queste vallate organizzano vari eventi per ricordare l'evento. «L'alluvione ha sommerso...» è un cortometraggio sull'edizione 1914 dei Canti Orfici di Dino Campana. Appartenuta a Eugenio Montale, è stata portata via dalla piena dell'Arno il 4 novembre 1966. E nel Casentino «nascono» i Canti Orfici di Dino Campana, uno dei capolavori della poesia italiana del `900, ma si creano anche le condizioni dell'alluvione che devastò Firenze. Oggi alle 16 al museo dell'Arte della lana di Stia l'anteprima del cortometraggio «L'alluvione ha sommerso...» di Luca Dal Canto. Tra i molti danni, e le migliaia di opere d'arte disperse e danneggiate, si annovera anche la perdita dell'esemplare della prima edizione dei Canti Orfici. Il poeta premio Nobel definì la lirica di Campana «poesia in fuga». L'Amministrazione Comunale di Castel San Niccolò ha celebrato invece in una cerimonia pubblica svoltasi al cimitero monumentale di Strada in Casentino la figura di Mario Maggi, 44enne o eraio e padre di famiglia che nella notte fra il 3 e il 4 novembre del '66, fu la prima vittima dell'alluvione di Firenze secondo studi recenti condotti dall'associazione Firenze Promuove. •u de i i eventi' ne -1-9 v -1 -V Sette storie di uomini e donne, bambini e anziani, che hanno vissuto sulla propria pelle l'alluvione di Firenze nel 1966 sono quelle trate dall'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e lette a Radio3 ogni sera in apertura della messa in onda di Radio3 Suite. Oggi alle 20.30 l'ultima testimonianza, quella di Annalisa Pippi «Occhi piccoli e umidi» letta da Giulia Weber. ESERCITO 1 militari impegnati nei soccorsi alea popolazioni Pagina 58 SCOPERTA IERI NEL CORTILE DELLA DOGANA DI PALAZZO VECCHIO DAL SINDACO NARDELLA LA LAPIDE CHE RICORDA L'ALLUVIONE DEL'66 STAMANI GLI INTERVENTI DI ERASMO D'ANGELIS, DEL SINDACO NARDELLA, DELL'AMBASCIATORE USA JOHN PHILLIPS, DEL CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE e riabbraccia i suoi ragazzi Al a u l`to eli Angeli del fango. CI SIAMO. Gli Angeli del fango, il popolo del mondo che aiutò Firenze a rialzarsi dopo l'alluvione del'66, sono arrivati in città. E oggi arrivano a Firenze anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi, che apre la settima edizione della Leopolda e ieri a Milano in un incontro sul progetto per la messa in sicurezza del Paese ha ricordato l'alluvione di Firfenze e «la reazione bellissima degli Angeli del fingo». Renzi sarà in Palazzo Vecchio alle 12,30 al raduno degli Angeli del fango. Intanto ieri nella sede della Regione in piazza dell'Unità gli Angeli hanno ricevuto dalla protezione civile un kit di benvenuto. Stamani alle 9 si tiene il consiglio comunale straordinario alla presenza degli Angeli del fango, con il successivo raduno Con rto Stasera alle 20,30 fiaccolata da San Miniato al Monte a piazza Santa Croce in memoria di quella organizzata il 4 novembre 1967. Ritrovo alle 20. A conclusione concerto dell'orchestra da camera fiorentina in Santa Croce. Oggi alle 15.15 su Rai3 «La grande storia» trasmette Firenze 1966. L'alluvione. Uno speciale sulla notte tra il 3 e il 4 novembre 1966 con l'Arno che inondò Firenze Alluvioni in Toscana ,i Vecc cerimonia, ilc 7.11 71 la t lafiaccolata e le loro testimonianze nel Salone dei Cinquecento. Nel corso del raduno, invece, oltre alle testimonianze degli Angeli del fango, verrà presentata l'intervista inedita a Franco Zeffirelli realizzata dalla Rai e il maestro Giuseppe Lanetta eseguirà con l'orchestra due brani composti per l'occasione. La cerimonia si chiuderà alle 13 circa. L'ingresso sarà aperto a tutti, con preghiera di mostrare il badge distribuito in Piazza dell'Unità nei giorni scorsi. Agli Angeli del'66 è dedicato anche l'inno che sarà eseguito nel Salone dei 500, con testi e musiche scritte di Alessandro Barbieri, mentre gli Angeli di quei giorni saranno protagonisti anche alla Santa Messa che sarà celebrata alle 11,30 dal cardinale Giuseppe Beton, anche lui Angelo del fango in quei giorni terribili per Firenze, nella basilica di Santa Croce, una delle chiese simbolo dei danni subiti dal patrimonio artistico e storico. A fianco di Betori ci sarà l'arcivescovo di Perugia, cardinale Gualtiero Bassetti, che nel 1966 era cappellano nella chiesa di San Salvi. Dopo la messa, alle 13 corteo fino al Ponte alle Grazie con la deposizione della corona di alloro alle vittime dell'alluvione e, alle 14 in Palazzo Vecchio la presentazione ufficiale del francobollo dedicato agli Angeli del fango. Alle 16 Mattarella sarà in visita al nostro giornale, quindi «inaugurerà» la riapertura del lungarno Torrigiani e alle 17 sarà nel Salone dei Cinquecento per la cerimonia ufficiale. alle 20,30 la fiaccolata dalla basilica di San Miniato al Monte fino a Santa Croce. --,,,. .;z ,.,:, p,,,, Pagina 59 b/ sa cen, ,r Una messa solenne per ricordare prima di tutto le vittime dell'Alluvione del 1966, e il dramma vissuto dalla città di Firenze, sarà celebrata oggi alle 11,30 nella Basilica di Santa Croce. La messa sarà presieduta dal cardinale Betori. Con lui altri otto ex Angeli del fango oggi vescovi Alle 14 di oggi presentazione del francobollo dedicato agli Angeli del fango in Palazzo Vecchio. Alle 18,30 proiezione del documentario «Firenze '66 - Dopo l'alluvione», di Enrico Pacciani prodotto da Alkermes e Sky Arte Hd col contributo della Fondazione Cassa Risparmio di Firenze Tante ragazze protagoniste dei soccorsi alla città alluvionata. Molte giovani di allora si ritroveranno oggi a Palazzo Vecchio Foto da «Angeli dei fango» Alluvioni in Toscana Pagina 60 ACCADEMIAARTI DEL DISEGNO E L'OMAGGIO A SANTA CROCE CON "DA CIMABUE IN QUA" -19 MF A MATTARELLA SARÀ IL PRIMO A PASSEGGIARE OGGI SUL RINNOVATO LUNGARNO -49 L 1,',,Jltîma uena del í acari recuperata otuttï a vederla Due serate speciali a Santa Croce per ammirare il restauro di OLGA MUCNAINi SANTA Croce, il quartiere colpito al cuore dalla furia dell'Arno. Acqua, fango, detriti di ogni genere. Senza risparmiare la basilica francescana con i suoi capolavori. Anzi, è proprio lì - insieme alla Biblioteca Nazionale - che il patrimonio artistico la notte del 4 novembre 1966 subì uno dei colpi più duri. Il Crocifisso di Cimabue (1280 circa) fu la vittima più illustre, con l'iconografia del Christus patiens, cioè un Cristo morente sulla croce, sfregiato per gran parte della superficie pittoria. Restaurato e recuperato in maniera quasi miracolosa, appena tre anni fa venne ricollocato nella sacrestia di Santa Croce. Oggi tocca a un altro simbolo del disastro di quella notte: L'«Ultima cena», di Giorgio Vasari, un'enorme tavola che per quarant'anni era rimasta nei depositi della soprintendenza con pochissime speranze di recupero. Il dipinto era rimasto per 48 ore immerso nell'acqua e nel fango in una sala del Museo dell'Opera, e non si sapeva da dove cominciare per salvarlo. E invece dopo 50 anni sono arrivate tecnologie di ultima gene- Alluvioni in Toscana razione che, unite alle professionalità dell'Opificio delle Pietre Dure, hanno consentito il prodigio. La giornata fiorentina del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella inizierà proprio da qui, dalla Basilica di Santa Croce, dove alle 15 nel Cenacolo avverrà la ricollocazione del dipinto di Vasari. Il dipinto rimase 48 ore immerso nel fan g o in una sala del M useo dell'Opera Dopo la cerimonia ufficiale, tutti i fiorentini potranno tornare ad ammirare i colori, i panneggi, le prospettive e l'atmosfera devozionale della tavola recuperati con l'intervento dell'Opificio, il contributo di Prada, Getty Foundation e Protezione Civile. Inoltre, così come gran parte delle opere del museo sono state trasferit a una quota superiore in spazi adiacenti alla Basilica, per questo dipinto è stato appositamente pensato e creato un sistema di contrappesi, realizzato anche grazie alla Fondazione CR Fi- renze che, in caso di preallerta permette di sollevare l'opera in pochi minuti a 7 metri di altezza. Per dare il bentornato all'«Ultima cena», la presidente dell'Opera di Santa Croce, Irene Sanesi, ha voluto organizzare due notti tutte per Vasari. Stasera e domani dalle 20 a mezzanotte ci sarà un'apertura straordinaria con ingresso libero ingresso da piazza Santa Croce 16. A RENDERE un omaggio a Santa Croce e al Croficisso di Cimabue è anche l'Accademia delle Arti del Disegno, che sempre oggi alle 18 inaugura una mostra dal titolo "Da Cimabue in qua", e curata da Cristina Acidini, Giulia Coco ed Enrico Sartoni (fino al 28 dicembre). Allestita nella Sala del Cenacolo di Andrea del Sarto, all'Accademia di Belle Arti, via Ricasoli 66, l'esposizione racconta le vicende conservative vissute dal Crocifisso, ma anche l'esperienza profondamente umana di chi ha lavorato a stretto contatto con l'opera, grazie a materiali inediti messi a disposizione dall'archivio dello Studio Granchi. Pagina 61 Stasera e do m ani dalle 20 a m ezzanotte ci sarà un'ape rt ura straordinaria con in g resso libero 1*1 L'enorme tavola è stata recuperata grazie alla bravura dei tecnici dell'Opificio delle Pietre Dure Alluvioni in Toscana Acqua e fango nel piazzate degli Uffizi, direttori, restauratori , semplici custodi con dipinti sotto braccio intenti a portare all ' asciutto quelle fragili creature. Il racconto i quei giorni è rivissuto nella mostra che si apre stamani alla Galleria degli Uffizi dal titolo «L'alluvione e gli Uffizi. Immagini del Gabinetto fotografico». Pagina 62 «NON FAREMO NESSUNA CERIMONIA PERCHÉ NON Si TRATTA DELL' INAUGURAZIONE DI UNA NUOVA OPERA PUBBLICA, NON SAREBBE NEMMENO IL CASO»: SOTTOLINEA NARDELLA o Mattarella stringe la mano agii o E con il Presidente il lungarno riapre To ' i i, nuova vit di ILARIA ULIVELLI SARÀ il presidente della Repubblica, insieme ai fiorentini, a camminare per primo sul lungarno restituito a nuova vita dopo la profonda ferita del 25 maggio scorso, quando sprofondò, insieme alla città, in un abisso di terrore. Paura che lo smottamento potesse portarsi dietro i palazzi, timori che la frana fosse causata dal dissesto idrogeologico della collina che, dietro via dei Bardi, scivola a valle. L'INCUBO che quella voragine fosse il sintomo di qualcosa di più grande dell'autostrada dell'acqua che era schiantata nella notte mangiandosi la terra, con una pressione pazzesca, e inghiottendo le auto in sosta, solo per fortuna senza fare vittime. E ancora, il terrore che se non si fosse fatto in fretta a riparare il danno , una piena vigorosa d'autunno avrebbe potuto agitare dolorosi spettri proprio nel cinquentesimo anniversario dell'alluvione. Sergio Mattarella arriverà in auto, dopo le 16.30. Si fermerà. Scenderà per salutare e ringraziare gli operai che hanno lavorato senza sosta, giorno e notte, nei giorni festivi, rinunciando a ferie programmate e Alluvioni in Toscana il crollo: ïl co dello Stato con ïoreiz txi giornate libere. Anche stanotte è stata una corsa contro il tempo. Il capo dello Stato percorrerà il lungarno a piedi . Non per una passerella, ma per una matura presa di coscienza, la dimostrazione limpida che l'Italia, se vuole, è capace di rialzarsi e di fare le opere pubbliche in tempi giapponesi. «NON FAREMO nessuna cerimonia perché non si tratta dell'inaugurazione di una nuova opera pubblica, non sarebbe nemmeno il caso». Sobriamente il sindaco Nardella annuncia che oggi alle 17 il lungarno Torrigiani riaprirà a tutti . E i cittadini non saranno esclusi: potranno assistere alla riapertura dal marciapiede del lungarno sul lato abitazioni e salutare il presidente . Che sarà felice di scambiare strette di mano anche in piazza della Signoria, subito dopo, quando andrà a Palazzo Vecchio per la cerimonia ufficiale del cinquantesimo anniversario dell'alluvione. «Credo che a Firenze abbiamo dimostrato di essere una città capace di reagire di fronte ai disastri spiega Dario Nardella - Fino a qualche mese fa nessuno credeva che saremmo riusciti a ripristinare il lungarno e invece abbiamo raggiunto un traguardo inimmaginabile». In tempo, con 35.000 ore di lavoro degli operai, in poco più di cinque mesi. «Dobbiamo essere fieri di aver dato prova che quando si è trattato di ricostruire una zona importante colpita da un evento drammatico , simo stati al livello dei giapponesi», dice il sindaco inorgoglito . Senza fanfare, con rispetto. Gli ultimi ritocchi al cantiere del Lungarno Pagina 63 ARTIGIANATO NELLA BASILICA DI SAN LORENZO La mostra in occasione dei 50 anni dall 'Alluvione L'evento di Cna Pensionati Firenze è visitabile dal 12 al27 novembre i intitola %rtigianato ' è Arte" la mostra che a vede protagonista l'artigianato artisti- no co, la pittura e la scultura e che verrà ospitata presso la Basilica di San Lorenzo di Firenze. L'esposizione, organizzata da Cna Pensionati Firenze, aprirà al pubblico sabato 12 novembre (alle 10.30) e sarà visitabile fino al 27 novembre. La mostra è stata curata da Renzo Del Lungo e rientra tra gli eventi che si inseriscono nelle celebrazioni di Cna Firenze in occasione dei 50 anni dall'Alluvione. Gli espositori saranno sessantatré e ognuno di loro metterà "in vetrina" non meno di due creazioni artistiche. 'Le opere esposte sono una variegata espressione di stile e genere, nelle quali domina la passione per il paesaggio, soprattutto quello intorno a Firenze, con qualche spaccato urbano, con nature morte di grande eleganza - commenta il Alluvioni in Toscana curatore della mostra Renzo Del Lungo -. Nella rappresentazione delle figure si aprono richiami classici, accanto alla vivacità di stile moderno. Alcune opere fanno diretto riferimento all'Alluvione, con interpretazioni originali di tecniche che vanno dall'informale al figurativo più estremo. Nella nostra esposizione ospitiamo anche opere fatte interamente con materiale di riciclo' Faranno parte della mostra anche alcuni documenti unici, inerenti l'Alluvione, come per esempio foto e reperti di botteghe storiche; e poi, ancora, si potranno ammirare sculture marmoree, opere in bronzo e ottone, ceramiche e terracotta, intagli e intarsi in legno di noce e cirmolo. Fra i manufatti ci saranno anche i ricami e gli abiti da bambini, i costumi storici rinascimentali fiorentini, i cuscini artistici e le lavorazioni orafe, insieme alla manifattura di altissimo livello della pelletteria. L'esposizione è patrocinata dal Comune di Firenze, Artigiancassa, Opera Medicea Laurenziana e dal Centro Guide Turismo. L'orario delle visite ad "Artigianato è Arte" è 10-12.30 e 15-17. Info: www.firenze.cna.it Pagina 64 AIIIIIIIVI, Gli appuntamenti con Cna Firenze "Alfabeti Sommersi" Sala D'Arme dall'1 al 13 novembre La mostra è patrocinata da Cna Firenze Salone dell'Arte e dei Restauro di Firenze: Desk di accoglienza Cna Firenze per informare sulle iniziative a sostegno della categoria. • "Le mie mani nel fango" Convegno, coordinato da Bruno Santi, dal titolo (10 novembre 2016, dalle 10 alle 11, Talking Corner) • "Qualifica di Restauratore di beni culturali: la proroga del termine di conclusione della selezione e gli effetti della pubblicazione anticipata dell'elenco parziale". Convegno congiunto con altre associazioni dei restauro e operatori dei settore. Parteciperà anche il coordinatore nazionale Cna Restauro Gianoberto Galieri (11 novembre, alle 14.30 in sala Dini). "ARTIGIANATO È ARTE" Mostra organizzata da Cna Pensionati Firenze nella Basilica dì San Lorenzo di Firenze Dal 12 fino al 27 novembre (10-12.30 e 15-17). Cna Firenze ha sostenuto la ristampa del volume in italiano e alla nuova edizione in inglese di "Firenze-Guerra & Alluvione" scritto da Mario Carniani e Paolo Paoletti e ha patrocinato il film"Camminando sull'acqua" di Gianmarco D'Agostino. Alluvioni in Toscana Pagina 65 Fie sole doppia faccia dell ' HA SUSCITATO grande interesse il libro di Berlinghiero Buonarroti e Marco Masini Là dove Fiesole si specchia in Arno, commissionato dal Comune di Fiesole e che tratta della vita dell'Arno nei secoli, inclusa l'alluvione del 1966. Il libro, ampiamente fotografico, ripercorre storicamente gli aspetti della vita che si è svolta lungo le sue sponde, e svela la doppia faccia dell'Arno: l'Arno archeologo che, oltre ad avere favorito la nascita e lo Alluvioni in Toscana svolgersi di numerose attività e mestieri come i renaioli, mugnai, gualchierai, lavandaie ecc., ha anche riportato alla luce interessanti reperti archeologici come le gualchiere dei Compiobbesi del XIII secolo, sommerse dalla sabbia per molti secoli; e l'Arno assassino che, purtroppo, è stato, nei secoli colpevole di numerose vittime per annegamento, oltre che raggiungere livelli distruttivi inauditi durante le varie alluvioni. Pagina 66 ,a 'ïüüí;ëA'f'' .. !i;i?, ï;;:: :: ,. :•.. _:z.%59,;:f': i :tii7 J ,;:;d>.: -%/%/%///ii. ..}:::•:S::r:. ::: : etla forza . . dív; roazïoú li. e ao . Pr ésìtl e r ti :C 1 t : t . _. : ::.;<,::., ,..:<<: .;;i . . ..::: .. ...::•:.;.:;;;::::,::,;;;ïrs;3z ,a,M naugur. a östrËáG. . . . ; ramni plau ï., nti eu . el-. #and ;n N z 8u,i'i:• %.é; e Alluvioni in Toscana A ri:ag, Pagina 67 DA OGGI AL 7 NOVEMBRE I MUSEI CIVICI SARANNO VISITABILI GRATUITAMENTE DAGLI ANGELI DEL FANGO CHE AIUTARONO FIRENZEA RIALZARSI NEL'66 Un `ivi sono rivisto in quella foto, un tuffo al cuore' di SANDRA NISTRI RACCONTA di avere avuto un tuffo al cuore vedendo la foto d'epoca pubblicata, giovedì scorso, sul nostro giornale e di essere tornato, in un secondo, al freddo novembre di 50 anni fa. Renzo Cavafave oggi ha 71 anni e abita a Guadamello, piccola frazione di Narni, in Umbria: quando l'immagine è stata scattata ne aveva poco più di 20 ed era uno degli `angeli del fango' in una Firenze devastata dall'alluvione. «MI SONO subito riconosciuto nella foto - racconta ora - perché ricordo benissimo quell'episodio e quella donna che portavo sulle spalle per farle attraversare la strada. In realtà le donne aiutate erano state tre: io e il mio collega avevamo già portato nello stesso modo due ragazze molto carine ricevendo tanti ringraziamenti. Poi il mio amico si è accorto che c'era Alluvioni in Toscana un'altra donna, ci sembrava anziana ma non lo era affatto, da far attraversare e allora io mi sono prestato». Renzo, che faceva il servizio militare ed era di stanza alla Cecchignola a Roma, era arrivato a Firenze con molti commilitoni con i quali alloggiava alla caserma dei Lupi di Toscana: «In caserma passavamo pochissime ore per dormire - dice - perché i 20 giorni che ho passato a Firenze li ho trascorsi quasi tutti in piazza Santa Croce, dove avevo il compito di guidare un mezzo e garantire l'illuminazione per le persone che stavano lavorando. Anch'io, con tanti colleghi, ho cercato di ridurre i danni e ci sono immagini rimaste indelebili nella mia mente. Ricordo le tante saracinesche scoppiate per l'acqua, le devastazioni alle case e ai negozi, la chiesa di Santa Croce che mi è apparsa splendida quando l'ho vista per la prima volta, i ragazzi che si passavano i libri alla biblioteca Nazionale cercando di salvarli. Quando siamo arrivati a Firenze, per me che provenivo da un paesino di poche centinaia di anime, è stato uno choc fortissimo: ho visto auto sugli alberi e gente disperata...». IN MEZZO alla disperazione, però, tanta solidarietà e, perché no, anche lo spazio per una risata: «Ricordo - prosegue infatti Renzo - che sulla scalinata di Santa Croce c'era una montagnola di fango che si era solidificata. Si è presentato un giornalista con taccuino e macchina fotografica che ha voluto salirci sopra: io, che ho origini contadine, gli ho detto che il fango non avrebbe retto ma lui ha voluto provare lo stesso sprofondando nella melma fino alle ginocchia. Io e altri tre colleghi lo abbiamo tirato fuori con una specie di corda fatta con cravatte di un negozio che erano state abbandonate in piazza». Firenze è rimasta nel cuore di Renzo, sposato e padre di due figli, che ci è voluto tornare anche per il viaggio di nozze. Pagina 68 «Nei prossimi giorni ho intenzione di tornare ancora una volta , portando anche mio nipote, per visitare la mostra netta sede de La Nazione e rivedere quelle immagini che ancora conservo dentro di me» ì%%o,?%¿"ù a Lì, Nazi one fino at 19 novembre IL 4 NOVEMBRE del 1966, quando Firenze fu invasa dall'acqua dell 'Arno, La Nazione fu la voce dei fiorentini e dei toscani che raccontò al mondo l'alluvione . Con una esposizione nel nostro auditorium aperta a tutti, fino al 19 novembre, mostreremo le pagine originali di quei giorni, insieme a foto inedite e filmati custoditi negli archivi del nostro giornale. La mostra , che verrà inaugurata oggi alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella , sarà aperta al pubblico con ingresso gratuito con il seguente orario : domani, sabato 5 novembre , dalle 12 .30 alle 18, dal lunedì al sabato dalle 9.30 alle 12 . 30 e dalle 15 alle 18. Domenica chiuso. Alluvioni in Toscana Pagina 69 FELICE SERRA ALL'EPOCA ERA IL COMANDANTE DEI VIGILI URBANI E FU UNO DEI PRIMI, INSIEME AL SUO PERSONALE, A PRESTARE AIUTI E SOCCORSI omi face Alluvioni in Toscana uttO -11 ® t Pagina 70 «L'EMERGENZA iniziò con il nubifragio del 3 novembre e nei primi giorni del disastro contammo esclusivamente sulle forze e sui mezzi locali. Soltanto dopo arrivarono e riuscirono ad entrare in città gli aiuti da fuori, come la prima Colonna mobile del comando di Roma». Il capitano Felice Serra nel 1966 era il comandante dei Vigili urbani. Una delle foto simbolo dell'alluvione del 4 novembre lo ritrae su una barchetta fluttuante nella città lago, mentre porta il cibo agli alluvionati. Tutto il personale il 3 novembre era andato a casa con l'ordine di tenersi pronto ad accorrere alla prima chiamata. Si temeva che l'Ombrone esondasse. «La mattina del 4 novembre fui svegliato dal vice brigadiere Pierotti in servizio notturno al comando di piazza La Marmora. Aveva telefonato il sindaco per una riunione d'urgenza in Comune. Allora - ricorda Felice Serra - detti l'ordine di radunare tutto il personale. Bisognava bloccare immediatamente il traffico in direzione dell'Ombrone». Erano da poco passate le 7. Pattuglie di motociclisti si distribuirono per la città sonnacchiosa in un giorno allora festivo, ignara dell'imminente tragedia. Quando il fiume cominciò a D 11 SAS1`R(2 Piazza del Mercato sembrava un lago. Questa parte della città fu tra le zone più colpite dall 'alluvione di cinquanta anni fa esondare, l'automobile della polizia urbana azionò la sirena girando per la zona sud della città a dare l'allarme. Acqua e fango sommergevano tutto rendendo il paesaggio uniforme. Nelle case più vicine al punto di rottura degli argini, tra la Rampa di Grancia e l'Aurelia nei pressi del motel Agip, l'acqua salì velocemente lasciando poco tempo per mettere in salvo gli oggetti più cari. I primi piani delle abitazioni vennero invasi fino al soffitto. E si cercò rifugio negli Lo strappo déZ fiurne ALLE 77. 55 il fiume strappò davanti al motel Agip, prima in un punto, poi nell'altro qualche minuto dopo. Una valanga d'acqua si abbattè sulla città. R àni í7 , lco I N UN ARTICOLO de La Nazione il 20 novembre del 1966, le azioni portate avanti dal comandante vennero definite «Serra-Sos», sottolineando le sue capacità Alluvioni in Toscana appartamenti di sopra. Alle 8 l'acqua era già in piazza La Marmora e per poco non bloccava in viale Sonnino il vigile Alvo Bernardini rimasto sul posto fino all'ultimo per sbarrare il traffico. Intanto Serra era andato in Municipio alla riunione urgente, dopo aver dato delle disposizioni. Con il meccanico Ilario Chessa, il capitano Serra mise in acqua un fuoribordo cercando di portare soccorso a un'automobile rimasta bloccata in viale Sonnino. «L'acqua intanto aveva cominciato a mugghiare, a venire a forte velocità, e il piccolo fuoribordo non era governabile. Impossibile avventurarsi nei gorghi, non c'erano mezzi adatti. Il livello dell'acqua cresceva e a mezzogiorno aveva raggiunto i 4 metri nella zona di viale Ximenes, via Granisci, via Guerrazzi. Si alzarono in volo gli elicotteri dell'Aeronautica militare per soccorrere le persone, soprattutto nelle campagne, ri- Con una piccola barca riuscì a portare viveri a motti cittadini isolati maste isolate e salite sui tetti per sfuggire all'annegamento. Guidai le macchine dei vigili urbani all'aeroporto per portare a Grosseto uomini, donne e bambini che gli elicotteri salvavano. Furono trasportate 110 persone». La mattina del 5 novembre, Serra trovò una lancia abbandonata e con un equipaggio di coraggiosi occupò la barchetta portandola in tutta la zona sud della città, carica di pane, latte, acqua; ristorando centinaia e centinaia di persone. Irene Blundo Pagina 71 SETTIMANA RICCA DI EVENTI ORGANIZZATI DAL «GRUPPO GALLI SILVESTRO» I butteri rendono omaggio a Santi Quadalti Incontri con gli studenti e proiezioni di video UNA SETTIMANA di iniziative a Braccagni, promosse dal Gruppo di tradizioni popolari Galli Silvestro, per ricordare i tragici avvenimenti del 4 novembre del 1966: la «piena» dell'Ombrone che invase Grosseto e non solo; anche gli altri torrenti comprimari si dettero da fare per inondare tutto il comprensorio della pianura mare na. Dopo l'appuntamento di domenica scorsa con l'inaugurazione della mostra con scatti dell'epoca di fotografi amatoriali e l'intervento di vari testimoni (Claudia Milani, la bambina della foto sulla copertina del libro di Pilade Rotella e Luciano Bianciardi «Grosseto, un'alluvione per la povera gente»; l'ex comandante dei vigili urbani, Felice Serra, con altri vigili urbani che parteciparono attivamente alle operazioni di soccorso), il prossimo appuntamento è fissato per oggi. Un ricordo particolare, da parte di chi lo ha conosciuto, sarà dedicato alla figura di Santi Quadalti, il buttero degli Acquisti, unica vittima dell'alluvione del 1966 in Maremma. Oggi, dalle 8.30 alle 11, gli alunni della scuola elementare visi- teranno la mostra fotografica sull'alluvione al centro sociale «Gli Anta». Dalle 11 alle 12 i butteri del Marruchetone, in memoria di Santi Quadalti, incontreranno gli alunni della scuola elementare di Braccagni. «Inoltre domenica, dalle 17 al- Parleranno i vigili del fuoco che parteciparono alle operazioni salvando anche una donna incinta le 20, si terrà l'incontro - spiega Vladimiro Capecchi del Gruppo Galli Silvestro con i curatori del gruppo Facebook Grosseto, la piena del 1966, Massimo Ciani e Giampaolo Ciurli, che leggeranno i contributi rilasciati nei post con i ricordi, le esperienze, le paure di quelli che vissero quell'esperienza in prima persona. Ci saranno i vigili del fuoco Guido Caciagli e Franco De Angelis, che in quei giorni operarono senza tregua (furono effettua- te operazioni di soccorso anche nelle campagne di Braccagni, in particolare Barbaruta); Corrado Barontini, Marco Renzetti, Mario Cini, Umberto Spallone e altri. E' gradita la presenza e l'eventuale intervento testimoniale di tutti coloro che avessero qualcosa da ricordare e raccontare sulla piena che colpì, in minima parte, anche l'area di Braccagni. Durante gli incontri, nei locali degli Anta scorreranno su uno schermo immagini e filmati sull'alluvione». «Nella notte del 3 novembre, il primo intervento della mia squadra, guidata da Luigi Venturini, fu al mulino di Roselle. Poi - ricorda il vigile del fuoco Guido Caciagli - aiutammo una donna incinta rimasta bloccata a Braccagni e che doveva essere portata all'ospedale per partorire. Andavamo peri poderi, l'acqua saliva piano piano. Liberavamo gli animali legati. Alle 4 di mattina ci offrì un caffè il dottore della farmacia di Braccagni. Poche ore dopo il fiume ruppe gli argini. E per noi iniziò un periodo di lavoro senza sosta alcuna». Fe 17' Uno dei tanti negozi devastati da acqua e fango che l'esondazione dell'Ombrone fece arrivare nelle strade cittadine il 4 novembre 1966 Alluvioni in Toscana Pagina 72 Cí1e regala le foto ogni marte& e giovedì OLTRE alle testimonianze, rimangono le immagini della piena del 4 novembre del 1966, che raffigurano la disperazione della gente, la città e le campagne devastate, e poi i lavori per il ritorno alla normalità. Fino all'8 dicembre i nostri lettori riceveranno in regalo in edicola, in abbinamento con il quotidiano La Nazione, dodici straordinarie fotografie dell'epoca e il contenitore per raccogliere questa nuova, emozionante collezione che racconta la Maremma. Le foto, molte delle quali inedite, saranno distribuite gratuitamente ogni martedì e ogni giovedì e provengono da due archivi importanti: l'Archivio Fratelli Gori e l'Archivio Giacomo Aprili. Da entrambi gli archivi, quindi, un contributo fondamentale per portare in edicola questo nuovo progetto che è stato poi possibile realizzare grazie all'aiuto di Acquedotto del Fiora, Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud, Comune di Grosseto e Assicurazioni Generali (Agenzia di Maurizio Marraccini). Alluvioni in Toscana Pagina 73 PER IL LAVORO SVOLTO DURANTE I GIORNI DELL'ALLUVIONE IL «4° STORMO» E' STATO INSIGNITO DEL «GRIFONE D'ORO» FELICE CALDORA ERA MOTORISTA DI BORDO SUGLI ELICOTTERI CONI QUALI I MILITARI RIUSCIRONO A RECUPERARE MOLTE PERSONE n . 1 % e i'nvaro rio » ermo cor i .,,% ci elo % Caldora era sul velivolo dell 'Aeronautica militare LA SALVEZZA arrivò anche dal cielo con gli elicotteri dell'Aeronautica militare. Nell'equipaggio che partecipò ai soccorsi c'era il giovane sottufficiale Felice Caldora, motorista di bordo. «Appena alzati in volo, ci rendemmo subito conto della gravità della situazione. Aiutammo soprattutto le persone rimaste isolate in campagna, che erano salite sui tetti. Da lî le prendevamo - racconta Felice Caldora, poi diventato maresciallo - e trasportavamo al sicuro, sulla terra asciutta, alla base militare». Anche la piccola Claudia Milani, raffigurata nella copertina del libro a cura di Luciano Bianciardi e Pilade Rotella, con la sua famiglia venne salvata dagli uomini dell'Aeronautica militare. I140 Stormo, proprio per l'aiuto portato alla popolazione durante l'alluvione del 1966, ricevette il Grifone d'oro, massimo riconoscimento della città di Grosseto. Nella motivazione si legge: «Per il lustro arrecato costantemente alla vita cittadina e, in modo particolare, per l'abnegazione dimostrata nelle tragiche circostante dell'alluvione». Il 40 Stormo, attualmente comandato dal colonnello Marco Lant, è tra i reparti più anziani dell'Aeronautica militare: i due gruppi e alcune sue squadriglie ri- Alluvioni in Toscana salgono alla prima guerra mondiale. Allo stesso tempo è anche tra i più moderni e tecnologici avendo ricevuto per primo in Italia, nel 2004, il velivolo Eurofighter, con cui assicura il controllo e la sorveglianza dello spazio aereo per la difesa del nostro Paese, 365 giorni all'anno, 24 ore su 24. Lo Stormo, che ha trovato la sua base stabile a Grosseto nel 1962, in passato si è avvalso anche della 604a Squadriglia Collegamenti nei ruoli Sear- « Quando ci alza mmo in volo ci rendemmo subito conto della gravità della situazione» ch and Rescue, eliambulanza e protezione civile. Squadriglia che portò la salvezza dal cielo nel `66. L'ottantunenne Felice Caldora oggi pomeriggio al teatro degli Industri, nel corso del convengo organizzato dal Rotary Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», riceverà il riconoscimento «Paul Harris Fellow» proprio per il suo intervento durante quei drammatici giorni. Il convegno in teatro prenderà il via alle 15. Saranno presenti il sindaco Antonfranesco Vivarelli Colonna, il presidente del Rotary Club, Luigi Mansi; il presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, Fabio Bellacchi, e altri ospiti. Irene Blundo IMPEGNO Felice Caldora mentre prepara l'elicottero prima del decollo Pagina 74 , eá XŸco Li 12 a1/ro 10 al teatro DOMANI degli Industri comincerà la seconda sessione del convegno «Alluvione e bonifiche nell ' area Sud della Toscana». APRE oggi alle 16 la mostra organizzata dal Comune di Castiglione. Il curatore dell'evento, Luigi Carotenuto, presenterà l'iniziativa con 52 foto inedite Mus i ca « Spaz i o 72 » A SPAZIO 72, in via Ugo Bassi, martedì alle 21 si terrà lo spettacolo «L'Ombrone in musica», a cura dell'Archivio delle Tradizioni popolari. Alluvioni in Toscana Pagina 75 A ffie l arte per ncordare n,o ' GLI STUDENTI del Liceo Artistico del Polo Bianciardi hanno dato il loro contributo alla memoria. Nello spazio espositivo della Galleria Eventi, insieme ai propri insegnanti, hanno progettato degli interventi installativi per ricordare il 50°anniversario dell'alluvione. Partendo dallo studio delle fonti, con ricerche di immagini, racconti, notizie dirette ricevute da chi visse in prima persona l'alluvione che colpì la città, gli studenti hanno lavorato durante l'arco di una settimana all'interno dello spazio e, grazie alla propria sensibilità creativa, hanno realizzato opere puntando su interventi che hanno esaltato la forza dei colori e delle forme, le immagini che interagiscono tra loro in un dialogo comunicativo che coinvolge l'osservatore, parte integrante dell'opera. Infatti una delle caratteristiche principali per definire un'opera d'arte installativa è il fatto che essa abbia come soggetto principale il fruitore. Le classi 3A, 4B e SA indirizzo Arti Figurative, coordinate dai docenti Cuomo, De Felice, Govi, hanno realizzato opere con tecniche e materiali diversi, sia di tipo più tradizionale che alternativo. Alluvioni in Toscana Pagina 76 A ,,,, _ —d —d 0 • • i ., Alle, o aeï i Z J/ -i Z , devastata e c ittadin i pronti a VERRÀ INAUGURATA oggi alle 18 al Polo espositivo culturale delle Clarisse, in via Vinzaglio, la mostra fotografica «L'alluvione del 1966», alla presenza del presidente del consiglio comunale, Claudio Pacella, e del direttore del museo archeologico, Mariagrazia Celuzza. L'esposizione è organizzata dall'Agenzia fotografica «BF» insieme al Comune. La mostra, a ingresso gratuito, è composta da alcune delle immagini più significative tratte dal libro fotografico «L'alluvione del `66» realizzato dall'Agenzia «BF». Immagini che ritraggono i drammatici momenti della città invasa da un mare di acqua e fango che tutto travolge e distrugge. Tante le foto che hanno reso immortali anche i momenti in cui, dopo il disastro, . le acque, ormai calme, si ritiravano e lasciavano strade, case, negozi e vite di tante persone segnate. GRAZIE alla mostra è possibile ammirare il lavoro instancabile di tanti: vigili del fuoco, agenti della polizia municipale, volontari che cercarono di riportare la città alla normalità, riservando uno sguardo attento a tutti quei cittadini che in quella tragedia avevano perso tutto. Sono presenti gli elicotteri del 4° Stormo dell'Aeronautica militare, l'Esercito con la brigata «Centauro» e i tanti accorsi in aiuto di chi già stava lottando con il fango, anche nelle vicine campagne. Z dalfango Taglio del nastro alle 18 L'esposizione resterà visitabile fino a dicembre Figurano pure immagini dedicate alla visita di Aldo Moro, l'allora presidente del Consiglio, che portò il conforto di un intero Paese . La mostra potrà essere visitata fino a dicembre, il martedì e il giovedì dalle 9 alle 19; mercoledì, venerdì e sabato dalle 14 alle 19. Domenica e lunedì chiuso. SI SCORGE una città ferita anche nel commercio, con tante attività danneggiate, ma comunque pronte a ricominciare. Alluvioni in Toscana Pagina 77 ACCOLTE LE RICHIESTE DEL CIRCOLO MAREMMANO E DEL LA FON DAZIONE ROTARIANA . 1~ -9 . , , . , : « i POSTE Italiane sarà presente oggi a Grosseto con due annulli speciali in occasione delle iniziative riguardanti il 50° anniversario dell'alluvione del 1966 e il convegno «Alluvione e bonifiche nell'area Sud della Toscana». Gli annulli, ovale e quadrato, sono stati richiesti dal Circolo filatelico cartofilo maremmano e riportano al centro l'uno la scritta Ombrone 1966, 50° dell'alluvione e l'inaugurazione della mostra fotografica e filatelica; l'altro richiama la Fondazione rotariana Carlo Zoppi, men- Alluvioni in Toscana , unicio agl ine[uStn -1r i i tre la legenda esterna richiama al convegno «Alluvione e bonifiche nel Sud Toscana». Gli annulli filatelici saranno disponibili per tutti coloro che lo desiderano, dalle 15 alle 19 nello spazio allestito al teatro degli Industri. Si conferma ancora una volta 1 importanza della filatelia come strumento di divulgazione e valorizzazione del territorio. Il piastrino filatelico sarà conservato per 60 giorni alle Poste in piazza Rosselli e poi andrà al museo storico al ministero dello Sviluppo economico delle Comunicazioni a Roma. Pagina 78 L'ALLUVIONE DEL NOVEMBRE DI DUE ANNI FA CAUSÒ PESANTISSIMI DANNI ALLE AZIENDE E A MARINA DI CARRARA: OLTRE CENTO I MILIONI DI DANNI REGISTRATI PER LA CATASTROFE DEL CARRIONE «Il Carrione: ieri, oggi e brus dï riflessione dei Giorna ta intensa quella A DUE ANNI dall'alluvione che mise in ginocchio il nostro territorio i Grillini propongono una giornata di riflessione. Sabato dai monti al mare si parlerà del dissesto idrogeologico. Il Movimento 5 Stelle non dimentica e sabato ha organizzato una giornata per ricordare: «Il Carrione: due anni dopo» è il titolo dell'iniziativa che si svolgerà in ¿4JAST4'á 1 vigili dei fuoco sul luogo dove è avvenuto il crollo dell'argine che ha devastato Marina Alluvioni in Toscana l mani» domaní: mostra, vídelo e ci tre distinti momenti. Alle 10 all'Autorità portuale sarà allestita una mostra multimediale: «Il Carrione: ieri, oggi e domani» che attraverso una serie di video ripercorrerà la storia del torrente, le più recenti criticità e le sue prospettive future. Alle 14 si svolgerà una visita guidata lungo il bacino di Tarano del Carrione, uno dei punti più critici e oggetto dello 1 ¢ 'o studio idraulico di Giovanni Seminara. Il ritrovo alle 13.45 in viale Potrignano, di fronte alle scuole elementari. Alle 17 incontro all'Autorità Portuale sul tema «Il Carrione due anni dopo: rischi e soluzioni», dove si entrerà nei dettagli del Masterplan di Seminara. Nel corso della conferenza nell'ottica di un confronto aperto, sono stati invitati cinque relatori che esprimeranno tesi non necessariamente riferibili al MSS: Michele Santini (ingegnere idraulico), Alberto Grossi (ambientalista dell'anno 2015), Marcello Palagi (giornalista), Giorgio Pizziolo (professore universitario), Paola Antonioli (Legambiente Carrara). Interverranno inoltre i due portavoce del MSS, rispettivamente in Senato e in Consiglio regionale: Laura Bottici e Giacomo Giannarelli. «A CARRARA, più che in altri territori - dicono dal M5 S - l'attività dell'uomo ha profondamente alterato la funzionalità del principale bacino di scorrimento delle acque dal monte al mare. Per questi motivi il focus della giornata - spiegano - sarà centrato sullo studio Seminare, commissionato dalla Regione Toscana, e in particolare sulle considerazioni conclusive riferite a una gestione sostenibile delle attività al monte e della loro ulteriore non procrastinabilità. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare». Pagina 79 novembre ' 66 ricordato alconvegno su Franco Zagarí CON IL RICORDO dell'alluvione del 1966 si chiuderà oggi al Bastione Sangallo il ciclo di conferenze su «città e bellezza» organizzato in occasione della mostra la mostra di Franco Zagari. A partire dalle 15 ci saranno gli interventi del sindaco Marco Filippeschi in occasione del cinquantenario dell'alluvione e la testimonianza dell'architetto Franco Zagari, angelo del fango . Seguirà il seminario « L'intervento pubblico. Politiche, indirizzi strategie per il progetto di paesaggio». Alla conclusione del convegno parteciperanno il rettore dell'Università di Pisa Paolo Mancarella, i professori Marco Giorgio Bevilacqua, e Franco Purini, il rettore dello Iuav Alberto Ferlenga, il sociologo Alberto Abruzzese, l'architetto Fabio Di Carlo, docente dell'Università della Sapienza di Roma, l'architetto Alfonso Femia e le voci "fuori campo" di Jean- Louis Fulcrand, amico e partner di Zagari ed Elias Torres, architetto di formazione catalana. «Pisa - dicono gli architetti Massimo Del Seppia e Silvia Lucchesini dell'associazione Lp - oggi ha una grande occasione di crescita culturale sui temi del paesaggio urbano: può far tesoro di queste esperienze e, in particolare, può adottare il sistema del Alluvioni in Toscana Pagina 80 « ®L 71,J111 'w%iC q Ua » Arca Azzurra teatro L'ALLUVIONE del '66 secondo Arca Azzurra Teatro con Il nuovo spettacolo di Francesco N iccolini «Il filo dell'acqua» Debutto in prima nazionale domani e domenica al Teatro Verdi. Alluvioni in Toscana Pagina 81 awl i%ti: ` wi./G! Alluvioni in Toscana Pagina 82 1 «L'ARNO straripa» è il titolo della mostra che oggi sarà inaugurata nella sede de La Nazione a Firenze dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La mostra resterà aperta sino al 19 novembre 1 «Quel soldato prese collo e mi salvò dell'o da dell zi ci i si è' riconosciuta di CLAUDIO LAUDANNA «LE PARATIE sul lungarno non reggevano più e un fiume d'acqua e fango scendeva veloce per corso Italia. I miei genitori avevano le mani occupate da pacchi e valige e stavano cercando una strada per allontanarci il prima possibile quando un giovane soldato mi ha sollevato di peso e ha cominciato a correre verso la stazione». Sono passati 50 anni da quando l'Arno inondò tutta la città, ma nei ricordi di Patrizia Pacini certe immagini sono impresse a fuoco vivo come se risalissero a pochi giorni fa. «Eravamo arrivati in treno da M ilano e doveva mo andare dai m iei nonni» Nel 1966 aveva solo due anni e l'immagine di lei bambina in braccio a un giovane militare immerso nell'acqua fino alle ginocchia fu catturata dal fotografo Luciano Frassi e ora viene riproposta da La Nazione (uscirà giovedì 10 novembre) come una delle dodici stampe allegate al quotidiano in edicola per ricordare quelle terribili giornate. «VEDERE quella fotografia per me è stata un'emozione forte - racconta Patrizia Pacini -, all'epoca ero molto piccola, ma quegli attimi me li ricordo ancora molto bene. Non ho mai saputo come si chiamasse il soldato che mi portò Alluvioni in Toscana foto r ssi: «Avevo due annì» in salvo, ma ho sempre desiderato incontrarlo di nuovo per ringraziarlo». Patrizia Pacini oggi fa la fioraia, ha un negozio in via Sant'Agostino, nel quartiere di San Giusto, e non ha difficoltà a riandare indietro nel tempo a quando la furia dell'Arno ha rischiato di travolgerla. «All'epoca - racconta - con i miei genitori abitavamo a Milano, quel giorno di novembre eravamo appena arrivati in treno e stavamo andando con pacchi e valige dai miei nonni che vivevano in via delle Belle Donne. Quando siamo arrivati all'altezza della chiesa del Carmine ci hanno fermato e ci hanno detto di tornare indietro perché l'Arno stava tracimando. Ricordo ancora - prosegue - i miei genitori che cercavano di capire cosa fare quando questo soldato molto giovane mi prese in braccio e cominciò a correre tra l'acqua e il fango. Mi mise a terra che ormai eravamo di nuovo in stazione. Quel giorno alla fine andammo dagli altri miei nonni in via Sant'Agostino dove aspettammo che la situazione si normalizzasse. Quei momenti però me li ricordo ancora, nonostante fossi solo una bambina il rumore dell'acqua che arrivava mi è sempre rimasto impresso». Pagina 83 54 C-,/ALFA" Alluvioni in Toscana Patrizia Pacini immortalata da Luciano Frassi 50 anni fa mentre viene portata in salvo Pagina 84 4ç Si PARTE DA BOCCADERA ssl sul fiume" per ' C 1 Un gíomo 1 letture, filin e dìbattítí NEL PRIMO pomeriggio di 50 anni fa l'acqua dell'Era invase la città spaccando l'argine dalla Montagnola. E oggi alle 15, praticamente nello stesso momento, i pontederesi ricorderanno l'alluvione partendo proprio dai loro fiumi e con prima tappa a Boccadera dove l'Arno superò le spallette, per poi toccare altre tappe cittadine fino a notte. Il pomeriggio di questo venerdì, il calendario del 2016 ha voluto proprio un venerdì come 50 anni fa, prende il via con un raduno in Piazza Cavour la "Due passi sul fiume", una passeggiata con letture inedite dal libro di Mario Marianelli e con le guide Michele Quirici e Mario Mannucci. Alle 17 nella sala del consiglio comunale la commemo- Alluvioni in Toscana y razione sarà presieduta dal sindaco Simone Millozzi e vedrà la partecipazione dell'assessore alla cultura Liviana Canovai, asessore alla protezione civile Matteo Franconi, Giacomo Maccheroni, sindaco durante quei tragici eventi, e rappresentanti delle associazioni di volontariato. Seguirà alle 18 in saletta Carpi di via Valtriani la presentazione del volume "Dalla spalletta dell'Arno si racconta. Canti, bettole, fiume e l'alluvione del '66 a Pontedera di Mario Marianelli", edito da Tagete edizioni con il contributo di Unicoop Firenze. Nelle sue pagine si racconta la Pontedera tra le due guerre: strade, vicoli, negozi si animano di personaggi e a poco a poco il lettore comincia a sentire i rumori e S CCC SI A Pontedera gli odori della Pontedera che fu. La serata si concluderà al centro Poliedro con un buffet e alle 21 la proiezione del film "Arno 2016". Un pomeriggio intero, gratuito e organizzazione dal Comune e Tagete Edizioni. Mario Mannuccí Pagina 85 SANTA MARIA A MONTE E CASTELFRANCO Spettacolo teatrale dove l'Amo ' diventano foto E le vetnne «ARNO d'oro» è il titolo della rassegna di iniziative per il cinquantesimo anniversario dell'alluvione a Santa Maria a Monte dove l'Arno ruppe il 4 novembre del 1966. Era il tardo pomeriggio. E sull'argine ricostruito - circa 250 metri di cemento ora ricoperto da terra e erba - Franco Di Corcia jr e gli attori della compagnia «I Pensieri di Bo'» allestiranno uno spettacolo teatrale. L'appuntamento è per domani, sabato 5, alle 16,30. LO SPETTACOLO rientra nel programma delle manifestazioni per il mezzo secolo dall'alluvione che comprende anche mostre, incontri, presentazioni di libri tra oggi, domani e domenica quando, alle 16,30, il vescovo di San Miniato, Alluvioni in Toscana monsignor Andrea Migliavacca, celebrerà una messa in suffragio alle 16,30 nella chiesa di San Donato, la frazione di Santa Maria a Monte più danneggiata dall'alluvione insieme a Ponticelli. Santa Maria a Monte è stato l'unico comune a pagare con la morte di quattro persone, un'intera famiglia che abitava in una casa colonica in golena dove l'Arno ruppe l'argine. A CASTELFRANCO, invece, l'allusione verrà ricordato con una mostra fotografica itinerante nel centro storico. Una quarantina di gigantografie attaccate alle vetrine dei fondi sfitti a cura del Comitato del Palio con presentazione all'Oratorio San Severo. g.n. Pagina 86 CONTINUA IL NOSTRO VIAGGIO NEI RACCONTI SULLA TRAGEDIA DEL 1966. OGGI 4 NOVEMBRE L'ANNIVERSARIO DI UN EVENTO INDELEBILE I GOFFREDO . . «ikj t; mio -«--% adre i onu C os cos ' • • ì e la vera poAtica» E' STATO il primo pratese a ricevere il Fiorino d'oro della città di Firenze e qualche anno dopo la sua morte avvenuta nel 1997, nella natia Tavola gli è stata intitolata una strada, proprio alla congiunzione con quella via Giulio Braga che nell'alluvione del 1966 fu la più colpita. torio Borchi, classe 1925, consigliere comunale, uomo di spicco della Democrazia Cristiana, nei giorni dell'alluvione assieme all'assessore Mario Dine si occupò della situazione d'emergenza a Tavola. E fece anche di più. Grazie al suo ufficio import-export di materie tessili, in stretto contatto con l'Inghilterra e i Paesi scandinavi, proprio da queste terre riuscì ad attivare una catena di solidarietà che nel capo- L'esponente della Dc è stato il pri m o pratese a ricevere il F iorino d'oro luogo toscano e anche a Prato portò merci necessarie per andare avanti. E altrettanto preziosi furono i suoi rapporti con gli imprenditori pratesi per dare motore alla macchina degli interventi. «Per questa sua capacità organizzativa, per questa sua generosa disponibilità ad aiutare gli altri, il sindaco Bausi di Firenze gli conferì il Fiorino d'oro». A ricordarlo è il figlio Goffredo, ex vicesindaco nella giunta Cenni. «Avevo 15 anni, ma quelle giornate sono state la mia prima lezione di vita politica. Vidi avversari di schieramenti diversi, con grande reciproco rispetto e comunione d'intenti, lavorare assieme, notte e giorno. Nella nostra abitazione acqua ne era arrivata poca e defluì in fretta. Il salone Alluvioni in Toscana ® al piano terra diventò un primo centro di riferimento per le merci che arrivavano e dovevano essere smistate. Un viavai continuo. Tutti insieme a rimboccarsi le maniche, fare quello che c'era da fare per aiutare e sostenere». Il padre, dopo qualche giorno dalla piena dell'Ombrone lo portò sull'argine del fiume e alle Cascine di Tavola. «Vidi una grande quantità di mucche accatastate l'una sull'altra, con le pance gonfie, annegate. E' un'immagine rimasta forte e chiara nel tempo. Così come rammento, nella notte più difficile, quella tra il 4 e il 5 novembre, il rumore degli spari. La gente si era messa in salvo sui tetti e sparando in aria dai fucili da caccia, richiamava l'attenzione dei soccorritori che si muovevano nell'oscurità. Era per la paura di non essere visti, di non essere portati in salvo». GOFFREDO Borchi era un ragazzino che assieme ad altri coetanei aveva formato il complessino beat «I Robots». Con la tastiera elettronica cantava e suonava Beatles e Rolling Stones. L'acqua distrusse gli strumenti e soltanto con l'aiuto economico dei genitori riuscirono a ricostituire il gruppo musicale. «Soffrimmo tanto per quella perdita, ma la mia tristezza era poca cosa difronte alla sofferenza di tanta gente. Fu lì che mi allenai all'ascolto degli altri, imparai davvero il significato della parola solidarietà». Un impegno condiviso senza steccati, per il bene della comunità. «Nel disastro più vicini e responsabili - ribadisce Borchi - un aiutarsi frenetico e silenzioso che deve restare memoria collettiva e insegnamento». Marilena Chiti Pagina 87 A sinistra Jorio Borchi su una barchetta attraversa le strade di Tavola sommerse dall'acqua. In alto, alcuni aiuti portati dai soccorsi sempre nella frazione di Tavola Alluvioni in Toscana Pagina 88 OS( RA INTERATTIVA O RGANIZZATA ELL'ta.UDITVRILIM ATTILI0 MONTI' La voce del giomale scosse l'italia intera ffi- FIRENZE IL TITOLO è significativo: «L'Arno straripa a Firenze». E' lo stesso con la quale il giornale uscì quella mattina del 4 novembre del 1966. Sì, La Nazione, unico giornale in Italia, seppe infatti raccontare per prima ai suoi lettori cosa l'Arno stesse combinando alla città. Una cronaca dei fatti puntuale e esaustiva, quasi in tempo reale, che continuò nei giorni seguenti, quando il giornale non mancò mai l'appuntamento nelle edicole nonostante l'acqua e il fango avessero devastato la sua sede, bloccandone l'enorme rotativa inaugurata solo poche settimane prima. Tutto ciò è documentato nella mostra dall'omonimo titolo, «L'Arno straripa a Firenze» ap- punto, realizzata nel nostro auditorium di via Paolieri a Firenze, che il presiedente Mattarella inaugurerà oggi e che da domani sarà aperta a tutti coloro che volessero conoscere come La Nazione raccontò la vicenda Alluvione. In esposizione ci saranno infatti le pagine dell'epoca insieme a foto inedite tratte dal nostro archivio e altre inviateci dai nostri lettori. Non solo. Nel percorso espositivo sarà mostrato anche il filmcapolavoro che Zeffirelli girò nell'immediatezza dei fatti, e un documentario realizzato dal nostro giornale nel quale tipografi e giornalisti dell'epoca raccontano di quei giorni vissuti dentro La Nazione. La mostra è aperta tutti i giorni tranne la domenica dalle 9,30 alle 13,30 e dalle 15 alle 18. TESTH,I 'ií2°1I1A Uno scorcio della mostra `L'Arno straripa a Firenze' allestita nell'auditorium Monti de La Nazione : oggi viene inagurata dal presidente Mattarella , da domani sarà aperta al pubblico Alluvioni in Toscana Pagina 89 ri Pisa, c ' it ponte Ma per i m iracotata i invasa i prirna Ventirnita riingoiati datt'acqua L'Arno, la notte del 4 novembre , provocò ingenti danni anche alla città di Pisa con il crollo dello storico ponte Solferino , ricostruito anni dopo. Pisa si poté comunque considerare " miracolata" A GROSSETO l'acqua invase la città e si fermò dopo aver allagato 20mita ettari di Maremma. Danni incalcolabili e una vittima: il buttero Santi Quadalti che voleva salvare la mandria sgraziata, ferita ancora aperta e caDolavor in attesa dï restauro L,a lunga banaglia le offese deila melma e i più o meno restituiti alle loro meraviglie. Oggi, simbolo di questa redenzione, è proprio la tavola del Vasari che sarà ricollocata nel Cenacolo di Santa Croce alla presenza del presidente Mattarella. FIRENZE DIPINTI illustri, sculture monumentali, arazzi preziosi. Santi, cristi e madonne. Nessuno si salvò dalla furia dell'Arno. Chiese, chiostri, palazzi, tabernacoli e cappelle. Ritirata l'acqua restò il fango, spietato. E le benzine, i gasoli e le nafte, che cominciarono a mangiare colori, scorticare i legni, macchiare i marmi. Per non dire di tutto ciò che era cartaceo, come i codici miniati, e che iniziò a diventare poltiglia. L'alluvione del '66 è storia di disastro artistico, ma anche di rinascita, invenzione e progresso. La beffa fu tale che a finire sott'acqua fu persino il gabinetto di restauro degli Uffizi, aperto nel 1932 da Ugo Procacci accanto alle ex Poste Reali. In poche ore, distrutto. E allora via alla Fortezza da Basso, dove all'improvviso nasceva il nuovo Opificio delle pietre dure, il mega ospedale delle opere d'arte, dove accorsero "luminari" da tutto il mondo. LA LISTA delle opere danneggiate era inaffrontabile. Ma in quello straziante spettacolo spiccavano i dipinti della basilica di Santa Croce, inondata da metri d'acqua. Primo fra tutti lui, il Crocifisso di Cimabue. E poi la tavola con l'Ultima Cena di Giorgio Vasari, le straordinarie pale del Bronzino con "Cristo al limbo" e di Francesco Salviati con la "Deposizione dalla Croce". E ancora l'altra Deposizione di Alessandro Allori, la Croce dipinta di Lippo di Benivieni, artista della metà del Trecento, vicino a Giotto. C'è voluto quasi mezzo secolo, ma tutti questi capolavori sono stati Alluvioni in Toscana "VITTIME" blasonate in attesa di restauro ne sono rimaste poche. Ma quello che ancora resta da fare è togliere dal fango, qualche volta in maniera letterale, un immenso patrimonio di piccole e grandi cose, tasselli fondamentali alla bellezza di una città e corredo indispensabile alle grandi opere: candelabri, affreschi, altari, cornici, reliquiari. Un inventario quasi impossibile da Il Crocifisn Y42: C1nahue Il Crocifisso di Cimabue in S. Croce (dipinto tra il 1272 e il 1280) è il simbolo delle ferite inferte a Firenze dall'alluvione. Dopo un lungo restauro, lo si può di nuovo ammirare nella basilica r ssi ` l legno stilare. Eppure Maria Matilde Simari, responsabile dei depositi della soprintendenza fiorentina, ha affrontato l'impresa. Poco tempo fa ha presentato il secondo volume del censimento di tutto ciò che ancora giace nei depositi. Si parla di ancora 1114 pezzi fra dipinti, affreschi e opere d'arte in genere, catalogati e disseminati in cinque sedi. Nel corso degli anni, 570 oggetti sono stati restituiti ai proprietari, mentre più di 800 sono ancora in restauro. «I DIPINTI furono portati via subito - racconta Maria Matilde Simari - mentre tante altre suppellettili furono spostate dal fango dopo settimane. Molti arredi lignei finirono alle Ville Medicee di Poggio a Caiano e della Petraia. E per lo più sono ancora lì. Negli anni sono state fatte disinfestazioni per evitare che gli insetti xilofagi facessero ulteriori danni, ma molti oggetti sono ancora coperti di fango». Come un enorme altare ligneo dipinto e dorato, opera di Vasari e Buontalenti, proveniente da Santa Croce e ancora smontato nella sala della Pallacorda della Villa di Poggio. Altri due grandi ricoveri sono alla Limonaia di Villa Corsini e al Rondò delle Carrozze di Palazzo Pitti, entrambi riservati agli affreschi e alle sinopie, ossia i disegni preparatori: «Ne abbiamo 286 da una parte e almeno altrettanti dall'altra - prosegue fra piccoli frammenti e brani di affresco di due metri per due metri e mezzo come quelli di Giovanni del Biondo di Santa Croce o quelli staccati dal chiostro della Badia Fiorentina. Molti sono ancora arrotolati, senza il supporto. E sono i "malati" più dolorosi da assistere, perché è difficile trovare sponsor disposti a finanziare i restauri. Per le grandi opere è facile, ma per le piccole, belle ma senza nome altisonante...» Pagina 90 torna aLLa Luce dopo mezzo secoLo 'Due notti per Vasari' è l'iniziativa con cui i fiorentini si riappropriano dell'Ultima Cena dipinta da Giorgio Vasari . La tavola cinquecentesca il 4 novembre 1966 era esposta nel museo dell 'Opera di Santa Croce e fu devastata dalla mota . Il restauro viene svelato oggi alle 15 alla presenza di M attarella. Stasera e domani dalle 20 a mezzanotte apertura straordinaria e gratuita del refettorio della basilica U :-s, r• . ..: : •ss:%s..,:.: CAPOLAVORO L' Ultima Cena dei Vasari prima del lungo e delicato restauro che ha salvato l 'opera dai disastri dei fango P"4ST II manifesto della mostra de La Nazione Alluvioni in Toscana Pagina 91 TRA MEMOR I A E FUTURO Zeffirelli: ïo fra gli angeli del fango d gedia al mondo» «Raccontai l.a ft . «Per battezzai così i volontari. Ricordo lo choc i te di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS «HO avuto un trattamento generoso dalla vita, e la grande partenza si è allontanata. Guardo avanti con fiducia. Allungo le mani, cammino verso il grande mare e vedo che tutto si fa più distante e si ritira ogni giorno di più». Il Maestro Franco Zeffirelli è l'italiano più famoso nel mondo. Il suo Gesù di Nazareth fu visto da oltre un miliardo e mezzo di persone. Ma come quando si avvoltola intorno al collo la sciarpa viola, ogni 4 novembre si sente più che altro fiorentino. «Quando viaggiavo portavo sempre nella mia valigia una foto del Cupolone. In qualsiasi camera di albergo arrivassi lo tiravo fuori e l'appoggiavo sul colmò». E da fiorentino ricorda con emozione quel 4 novembre di cinquanta anni fa. Nel giardino della sua villa sull'Appia antica la voce esce piano, ma i ricordi sono nitidissima. «Avevo appena finito di girare La Bisbetica domata con Burton e la Taylor, stavo montando. Ero a Roma. Al mattino presto sentii il telefono squillare». Chi era? «Mia sorella Fanny, da Firenze. Quando riconobbi la voce mi prese un colpo perché il babbo, che abitava con lei, stava male da tempo e non camminava. Era su una seggiola a rotelle. Pensai a una disgrazia». invece? «Fanny mi disse che stava accadendo qualcosa di tragico in città. Era tutto buio, ma si sentiva il rombo dell'acqua che saliva. Abitavamo in via dell'Oriuolo, dietro al Duomo, e lì l'alluvione fu po- Alluvioni in Toscana E ro a R oma. Chi am ò m ia sorella. M ì precipitai subito a F irenze con mezzi di fortuna tente». Che cosa fece? «Mi precipitai subito a Firenze. Con grandissima fatica e qualche mezzo di fortuna raggiunsi casa dei miei, e poi feci l'unica cosa che in quei casi fa un regista». Cioè? «Chiamai Ettore Bernabei e gli chiesi una macchina fotografica e una troupe per iniziare a girare». Fi renze moriva e i chiese una macchina da presa? «Ma i registi, gli artisti sono così. Era il mio modo per rendermi utile». In tutto quel caos ci riuscì? «Mi misi gli stivali e iniziai ad andare in giro per la città. Vedevo solo fango e disperazione. Mi colpiva quell'onda nera, causata dalla nafta con la quale a quel tempo andavano i riscaldamenti. E l'odore, terribile, di petrolio. A parole o anche con le igini era difficile mostrarlo. Eppure fotografavo, e filmavo. Poi chiamai Burton». Richard urton era in Italia? «Era ancora a Roma, perché le riprese de La Bisbetica domata erano finite da poco. C'era da fare il zi le» doppiaggio, ma gli dissi di mollare tutto e di raggiungermi. Burton amava profondamente Firenze, come tutti i britannici. Venne subito e con lui nacque l'idea del famoso documentario prodotto dalla Rai poi diventato celebre in tutto il mondo». u n nel documentario è fanta stico. Magnetico. Parla un italiano con accen to gallese da cineteca. «E molto affascinante, uno sguardo che cattura e lascia senza fiato. In questa piscina qui sull'Appia antica conobbe Liz Taylor, qui si sono dati il primo bacio». Che valore ebbe quel fil m per l'alluvione e Firenze? «Lo girammo in pochissimi gior- Pagina 92 ni e lo montammo subito, proprio con lo scopo di far conoscere il dramma di una delle capitali del mondo, e del nostro straordinario patrimonio culturale. A quel tempo le comunicazione erano molto più lente di adesso, e per colpire l'opinione pubblica serviva agire in fretta. Ne facemmo due versioni, una in italiano e una in inglese». fu visto dovunque. «Ci servì a racimolare molti soldi, Chiesi una macchina fotografica e una troupe per cominciare a girare Così mi sentivo utile decine e decine di milioni di dollari. In quei casi gli americani sono molto generosi, perché già a quel tempo certi tipi di donazioni erano esentasse. Penso che contribuimmo in maniera decisiva a creare quel moto di solidarietà collettiva a livello mondiale che tutti conosciamo». Gli angeli del fango. «Sinceramente credo di essere stato io a usare per primo quel termi- bersani rinuncia att'anniversario «Essendo un angelo del fango m i hanno chiesto di andare» a Firenze per l'anniversario. «Mi piacerebbe ma poi mi chiedono della Leopolda... Mi dispiace, un saluto a tutti gli angeli, arcan g eli. M a io ormai sono un angelo da poco, demonizzabile...» Alluvioni in Toscana ne. In quel novembre nacque il volontariato civile. Fu la prima volta al mondo». A distanza di anni che sensazione le ricorda l'alluvione del '66? «E stata un'esperienza terribile dal punto di vista umano, ma provo un bellissimo ricordo. Perché mi resi conto di quanto fosse amata Firenze in tutto il mondo, e perché venne fuori il vero spirito dei fiorentini». Polemici, litigiosi... «Si, è vero. Purtroppo. Siamo tutto questo, ma nei momenti bui sappiamo unirsi in difesa della nostra città. Un riflesso antico, da repubblica del Rinascimento, che non abbiamo mai perso. Forse perché sappiamo di essere privilegiati per il solo fatto di essere nati qui, e questo ci dà una responsabilità ulteriore». Maestro, adesso come passa le sue giorna «Incontro tante persone, tutti gli attori di Holly Tood che passano da Roma vengono a trovarmi. L'altro giorno c'era Richard Gere. Questa casa è sempre piena di gente. Lavoro. Guardo bozzetti, li correggo, penso alla mia fondazione, quella che sto costituendo con il comune di Firenze e alla quale ho destinato tutto il mio immenso archivio. E ogni scusa è buona per tornare a Firenze a vedere dal vivo il Cupolone». Fiorentino doc Con Burton L'italiano più famoso del mondo si sente sempre fiorentino. «in qualunque Paese andassi mi portavo sempre dietro una foto del Cupolone» «Appena arrivato chiamai subito Richard Burton, che mi raggiunse. Lui amava moltissimo Firenze. Da ii l'idea di un documentario» Pagina 93 MAESTRO Franco Zeffirelli coi direttore de La Nazione Pierfrancesco De Robertis durante l'intervista Zeffirelli ha compiuto 93 anni lo scorso febbraio Alluvioni in Toscana Pagina 94 Ríscoprire i Luoghí dí'Amící miei' i r® anche deLL'attuAone Riscoprirei luoghi per il set di «Amici miei»: ecco il raduno dei fan «Amici Miei - Alluvionati dentro» domani a Firenze. L'alluvione del 1966 fu raccontata nel secondo atto della serie cult Alluvioni in Toscana Pagina 95 Lapide in ricordo Vecchio Una lapide in ricordo dell'alluvione del 1966 è stata scoperta a Palazzo Vecchio a Firenze Così la città ringrazia gli Angeli del fango e quanti si prodigarono allora a favore della città Alluvioni in Toscana Pagina 96 Prevenzione , ecco un manuate Prevenzione di emergenze per mitigare i danni e ripristinare i servizi pubblici, in particolare idrici. Questo l'obiettiva del Manuale Alluvioni» messo a punto da Utilitalia, la Federazione delle imprese che si occupano di ambiente, energia e acqua Alluvioni in Toscana Pagina 97 dï nei lavorï e Idi bloccati «Così coca a rischio» L'espe®• {< icompletate le opere per mettere al sicura di PAOLA FICHE FIRENZE Al FI OREN TI N I non piace ricordarlo, ma l'Arno è sempre stato un fiume ribelle. Più o meno ogni cento anni, da che se se ne ha notizia, ha rotto gli argini. Dal 1177 ci sono state 180 alluvioni e per 56 volte l'intera Firenze è finita sott'acqua. E almeno otto volte sono state distruttive. Numeri e statistiche che, fino a oggi, non sono bastati a fare in modo che la città, scrigno d'arte del mondo, fosse messa in sicurezza. In cinquant'anni troppo poco è stato fatto. E, ad aggravare la situazione ci si è messo anche il cambiamento climatico. Le bombe d'acqua che arrivano a sorpresa, il terreno `consumato' da troppo asfalto e cemento che non riesce a contenere l'acqua. GLI ESPERTI lo ripetono da decenni. Se l'Arno tornasse a esondare la città, oggi come nel 1966, non avrebbe scampo. L'ultimo in ordine di tempo - a ripetere l'allarme è stato Giampiero Maracchi, climatologo di fama internazionale e presidente dell'Accademia dei Georgofili. «Entro il 2066, statistiche alla mano, l'Arno potrebbe esondare di nuovo e, ad oggi, le opere necessarie a mettere in sicurezza Firenze, non sono state completate». Ë un dato di fatto. Dal 1966 a oggi, colpa di leggi sulla tutela del territorio che nessuno aveva ancora scritto, colpa di risorse finanziarie inesistenti nelle casse statali e Alluvioni in Toscana documentar ì o Per le celebrazioni ufficiali di oggi col presidente della Repubblica, sarà presentato in anteprima il documentario «Firenze 66 - Dopo l'alluvione», prodotto da Alkermes e Sky Arte HD e diretto dal regista fiorentino Enrico Pacciani. Andrea Zappia, ad Sky Italia: «Con questa produzione Sky riafferma il proprio impegno per valorizzare la conoscenza del patrimonio culturale italiano». Il documentario andrà in onda domani alle 21.15 su Sky Arte HD e verrà poi proposto alle scuole di Firenze e provincia regionali e nonostante le 10lire di accisa sulla benzina che fino al 2013 gli italiani pagavano per i danni dell'alluvione di Firenze, non è stato fatto gran che per mettere in sicurezza la città, i suoi abitanti e nemmeno l'inestimabile valore artistico e storico che il mondo ci invidia. In cinquant'anni sono stati spesi poco meno degli attuali 200milioni di euro. Negli anni Settanta è stato dato il via alla progettazione delle casse di espansione di Figline e dei Renai (ancora in corso di realizzazione). Poi c'è stato l'invaso di Bilancino (più utile a garantire acqua ai fiorentini durante l'estate che a pro- ci '» teggerli dalle furie dell'Arno) e unica opera a oggi compiuta - l'abbassamento delle platee sotto il Ponte Vecchio. Oggi la portata dell'Arno sotto le secolari arcate è di 3300 metri cubi al secondo contro i 25001nc del 1966. Più di allora, certo, ma è stato calcolato che la massa d'acqua che raggiunse il Ponte Vecchio durante l'alluvione era di almeno 4.100 mc al secondo. DOPO annidi ritardi e inestricabili nodi legislativi, la svolta sulle opere di prevenzione è arrivata solo nel 2011 con la legge regionale 35 che ha sbloccato finora 350 milioni di euro rimasti, è il caso di dirlo, impantanati nella burocrazia. Per dare il via alle casse di espansione dei Renai e di Figline ci sono voluti due commissariamenti. Un anno fa, finalmente, la svolta del governo che ha dirottato sulla prevenzione del rischio idrogeologico in tutta Italia 650 milioni di euro, in una prima tranche, e altri 650 milioni a partire dalla primavera di quest'anno (10 per la Toscana e 55 solo per Firenze). Fanno parte del piano di prevenzione quinquennale che prevede investimenti per 8 miliardi e 300 milioni di euro in tutta la penisola. LO STRUMEN TO tecnico più efficace per fronteggiare una possibile nuova piena del fiume sono le casse di espansione, aree dove l'acqua può riversarsi senza danni. A Firenze ne sono state previste quattro nei pressi di Figline e Reggello (Pizziconi, Restone, Prulli e Leccio) e a queste si aggiunge l'adeguamento dell'invaso di Levane. Ma sono ancora tutti lavori in corso. Pagina 98 FANGO Per la Firenze martoriata dall'alluvione la mobilitazione coinvolse autorità politiche, militari e della Chiesa. Ma anche gli italiani `semplici' (specie i giovani) si rimboccarono le maniche per far rinascere la città. (Pressphoto) Alluvioni in Toscana Pagina 99 • • ® Invasi e d ga Ancora mesi d atte ï * FIRENZE 110 M ILIO NI di euro di cui finanziati e 80 da finanziare e suddivisi per metà fra Stato e Regione. Sono gli impegni in programma per un decisivo passo avanti verso la messa in sicurezza del bacino dell'Arno. Nel piano ci sono la cassa di espansione di Pizziconi (4,5 milioni di mc per 21 milioni di euro); la cassa di espansione di Restone nei pressi di Fig ° e (5,5 milioni di mc per 15 in); le casse di espansione di Prullí (6,5 milioni di mc per 25 milioni) e di Leccio (10,3 milioni di mc per 24 milioni) pronte a metà 2017. Inoltre si prevede il rialzo della diga di Levane dalla quota attuale di 169 metri a quota di 174. Il costo è intorno a 25 milioni di euro. I lavori di Enel potrebbero essere ultimati a metà 2018. Alluvioni in Toscana ï sa Un Lungarno distrutto dopo l'alluvione di Firenze Pagina 100 a El VI v Blvtlle p a g ine2 , Alluvioni in Toscana Pagina 101 TRA MEMOR I A E FUTURO Firenze, l'onda che camb i ò la Storia fango, la distruzione. La rinascita battaglia Nazione contro le istituzioni assenti dí,fronte al r strade e dalle loro case (ne fece le spese il povero Saragat, uno dei pochi che in quei giorni a Firenze comunque arrivarono: «Presidente benvenuto, ma ci lasci lavorare», lo liquidò l'allora direttore della Biblioteca Nazionale Casamassima). FIRENZE OGGI avremmo usato altre parole. Oggi avremmo parlato di bomba d'acqua, di fenomeni climatici innaturali, di una Natura impazzita per i capricci dell'uomo. Allora eravamo più semplici, e anche le parole lo erano. Così quella mattina del 4 novembre di 50 anni fa, guardando l'acqua marrone e violenta dell'Arno saltare le spallette dei lungarni e da lì ruzzolare con rabbia dentro la città, una sola parola corse di bocca in bocca e tutti la capirono: «Alluvione». L'ALLUVIONE di Firenze del 1966, il più grosso disastro naturale degli ultimi 200 anni che colpì la città e altre aree della Toscana come Grosseto, Pontedera, Empoli, il Valdarno aretino. Una tragedia che segnò per sempre un "prima" e un "dopo", come accade con le insurrezioni popolari, con le guerre, con le cose dolorose. Perché prima che l'Arno si facesse lago fradiciando e inumidendo per mesi Firenze, c'era ancora l'Italia leggera del boom economico; l'Italia dalle parole semplici e delle istituzioni lontane e inavvicinabili. Dopo, qualcosa cambiò. Cambiò che una città, per la prima volta dal dopoguerra, si scopri a fischiare gli uomini di quello Stato che, per giorni, si era dimenticato di Firenze, sottovalutando l'impatto del disastro e lasciando i fiorentini a spalare da soli il fango dalle Alluvioni in Toscana CA I , il concetto degli aiuti del dopo disastro, facendoli diventare da spontanei che erano a organizzati (il germe della Protezione Civile di oggi nacque lì). Cambiò, soprattutto l'idea della prossimità, della terra in difficoltà che può essere aiutata solo dalla sua gente. Quando, una settimana dopo l'alluvione, i militari arrivarono finalmente con i mezzi meccanici concessi dal governo per togliere l'enorme mole di fango che imprigionava la città, questi non trovarono solo i fiorentini a spalare ma anche centinaia di ragazzi arrivati fin qui da tutto il mondo. «Gli angeli del fango», come gli ribattezzò un inviato del Corriere della Sera, Giovanni Grazzini. O : CH I EDERSI ancora oggi quale misterioso richiamo abbia smosso le coscienze dei giovani di mezzo mondo, fino a farli prendere sacco a pelo e stivali di gomma e farli arrivare a Firenze nel fango e nel gelo di quel novembre del 1966, resta un mistero. Ma di certo se erano lì era perché le tv e i giornali di mezzo mondo erano andati oltre il silenzio e le renitenze della televisione italiana e di gran parte dei quotidiani nazionali, mostrando per intero il dramma di Firenze (come seppe fare meravigliosamente anche Zeffirelli con un suo documentario passato alla storia). Quelle immagini e quegli articoli commossero quei cuori e quelle coscienze giovani, in una stagione che non era più del «me ne frego», piuttosto dell'«i care», «mi sta a cuore». ECCO : DI CIO questo giornale può andare fiero. Perché nel momento in cui Firenze era avvolta da una cappa di disinformazione e mïnimizzazione degli eventi (il sindaco Bargellini fu costretto a scrivere una lettera di fuoco all'allora direttore generale della Rai, Bernabei) questo giornale, con coraggio, ingaggiò un vero corpo a corpo mediatico col governo allora guidato da Aldo Moro, riuscendo alla fine a rompere il muro di inefficienza e disorganizzazione edificato dalle istituzioni. E se la città seppe ripartire in un nuovo rinascimento di solidarietà e in un ritrovato fervore economico, un po' di merito fu anche di questo giornale che, in quei momenti drammatici, fu la voce più limpida e autorevole dei fiorentini e dei toscani. Ricordarlo oggi, a 50 anni esatti di distanza, rende ancora più orgogliosi giornalisti, poligrafici e lettori che, tutti insieme, fanno parte di questa grande famiglia giornalistica chiamata "La Nazione". Pagina 102 '' 4'a aLLO 4t. Per giorni le istituzioni sottovalutarono il disastro. 1 fiorentini dovettero spalare da soli il fango . L'esercito arrivò dopo una settimana PRESI D E NTE Sergio Ma rella in una recente visita a Firenze 1,, L 4 i3+i n sizi i ^ E' un mistero il perché da mezzo mondo accorsero a Firenze. Tv e giornali esteri, ma non la Rai , avevano mostrato il dramma L cela Oggi dalle 9 alle 13 raduno degli angeli del fango in Palazzo Vecchio . Alle 11,30 la messa celebrata in Santa Croce dall 'arcivescovo Betori. Alle 20 , 30 fiaccolata dalla basilica di San M iniato a piazza Santa Croce Cerinionia Il momento più solenne della tre giorni di iniziative per i 50 anni dall'alluvione e oggi alle 17, con la cerimonia nel Salone de'Cinquecento di Palazzo Vecchio alla presenza del presidente Mattarella Alluvioni in Toscana Pagina 103 L'EDITORIALE di PIERFRANCESCO DE ROBERTIS UN PREMIO AL CORAGGIO ENVENUTO Presidente Mattarella. A dirglielo non è B solo un giornale ma una città intera. Una città che 50 anni fa fu colpita da un disastro naturale inaspettato e violento, un disastro che lasciò dietro di sé una scia dolorosa di lutti (33 morti secondo le statistiche uff ciali) e di sfregi a un patrimonio culturale unico, senza però piegare mai Firenze nella sua dignità. Sì, signor Presidente, anche le acque e le tonnellate di fango che quel giorno l'Arno rovesciò nelle strade magnifiche di questa città, avvolgendo in una morsa umida e sporca i suoi palazzi, le sue chiese e le sue case, non riuscirono a fiaccare l'animo di questa gente, la mia gente, che di fronte alt emergenza, reagì semplicemente prendendo una pala in mano e iniziando a scavare nel fango prima ancora che la macchina dei soccorsi, allora lenta e farraginosa, si mettesse in moto. I veri "angeli nelfango", semi è oggi consentito dire senza fare offesa a nessuno, furono insomma i fiorentini. Niente di strano. Firenze è fatta così. E' abituata da secoli a cavarsela da sola con la forza del proprio carattere, che solo da lontano può sembrare ruvido ma, mi creda, è un dono che il Cielo ha dato a questa terra. Per questo, caro Presidente, a Lei che ha fatto della sobrietà e della dignità un punto di riferimento del suo mandato, diciamo `benvenuto"con calore. Con la sua visita alla città, al nostro giornale e a chi allora aiutò Firenze a uscire dal tempo buio del dopo alluvione, Lei viene a celebrare non l anniversario di una catastrofe naturale ma l'impegno con il quale questa terra e questa gente seppero ripartire. Lei oggi celebra il loro coraggio e i loro sacrifici. E se Firenze seppe ripartire in tempi rapidi, un po'di merito nii creda è anche di questo giornale. Del suo editore Attilio Monti, dei suoi giornalisti e dei suoi tipografi che anche in quei giorni diff cilissimi, riuscirono a non far mai mancare l'appuntamento con le edicole, rappresentando così il punto di riferimento per tutti coloro che lottavano nel fango e nel dolore, La Nazione, voce più limpida e vera di Firenze nei giorni dell'alluvione. Alluvioni in Toscana Pagina 104 •r.x°x • -: : x'n e .' . . `:., r.»?x .n. k,✓:.r . 6.w'. °..M•vs a•.-_sE.,..,...., „ .............. ., Alluvioni in Toscana •... °, ;.a'.. 'sac .. . -w$:. .,.k.rr . ,, °% :á.:h M í':`•:3 : i ,̀+:+. á' MYy^: ,....•,?RM°„ Pagina 105 rr,,.., e L 'Amo StY` n i i ug T ' U NA PRESE NZA nel segno della Memoria migliore. Per rievocare i giorni tragici dell'Alluvione a 50 anni di distanza, e ricordare allo stesso tempo cosa rappresentò "La Nazione" per i fiorentini e per i toscani in quella stagione drammatica. Questo pomeriggio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella verrà a trovarci nella nostra sede fiorentina, per inaugurare la mostra «L'Arno straripa a Firenze», un'esposizione realizzata nell'auditorium Attilio Monti di via Paolieri per mostrare come il giornale seppe raccontare quei fatti, non mancando mai un solo giorno dalle edicole. Nonostante l'acqua avesse affogato la nuovissima rotativa, un gigante tecnologico di 84 metri di lunghezza, il giornale riuscì infatti lo stesso a "uscire" , venendo stampato a Bologna nella sede del quotidiano confratello "Il Resto del Carlino", dove si trasferì Alluvioni in Toscana ogg na ura az one» 11 Firenze: così r cc un gruppo di giornalisti e di tipografi fiorentini. A MATTARELLA, che verrà accolto alla "Nazione" dal presidente della Poligrafici Editoriale, Marisa Monti Riffeser, dall'amministratore delegato Andrea Riffeser e dal direttore Pier Francesco De Robertis, verranno dunque mostrate le prime pagine originali dell'epoca oltre a foto inedite custodite nel nostro archivio. Il capo dello Stato si fermerà poi insieme al maestro Franco Zeffirelli, ospite del nostro giornale, a vedere alcuni momenti del film-capolavoro che il regista girò sull'Alluvione, quindi assisterà alla proiezione di un documentario nel quale giornalisti e tipografi di allora ricordano quei giorni. Quello con "La Nazione" non sarà l'unico appuntamento di Mattarella a Firenze. t i il r. IL CAPO dello Stato arriverà intorno alle 15 e per prima cosa si recherà in Santa Croce, dove si terrà la cerimonia di ricollocazione del restauro dell'Ultima Cena del Vasari, gravemente danneggiato dalla furia dell'Arno. Quindi, dopo la visita al nostro giornale prevista per le 16, il presidente della Repubblica si recherà in Palazzo Vecchio alla cerimonia ufficiale per il 150° anniversario dell'Alluvione nel Salone dei Cinquecento. Qui incontrerà le autorità civili, religiose e militari e una folta rappresentanza di `Angeli del fango', ovvero di quegli ex giovani che accorsero da ogni parte del mondo per aiutare la città dopo il disastro. Infine Mattarella alle 18,30 si recherà al Palazzo dei Congressi per presenziare alla Global Conference on Maternal Infant Health. Pagina 106 U il f , `. iî€C;} il i`I 7. ia-,'f, !J„ il! 'd, ; .!iJ iL I'(-,I' W2A nprR ii /r/ i'/i//%/// r //1ì L'ingresso dell'esposizione organizzata da La Nazione Alluvioni in Toscana Pagina 107 +__ r. » ALLI V oni sfollato, Mani no Rossi: .impegno per il futuro t..:::m a ci mettevamo in salvo l'acqua arrivò al soffitto. Riparammo dai parenti in campagna. In poche ore tutti i ricordi dei miei furono travolti. E andò perduta anche la Fiat 500 bianca di mio padre». « L OVE M RE 1966 avevo sette anni, abitavo nel quartiere di Legnaia, a Firenze, dove l'acqua per pochi metri non arrivò. Mi ero svegliato presto. La luce non funzionava e mio padre arrabbiato chiamò l'Enel. Lo ricordo ammutolito con la cornetta in mano: gli stavano spiegando che Firenze era invasa dall'acqua». Così Eugenio Giani, presidente del Consiglio Regionale della Toscana ricorda l'alluvione. Al bambino Giani restarono impressi «i barconi che si muovevano tra i primi piani delle case a salvare le persone. E i volti disperati, di chi per salvarsi la vita lasciava tutto ciò che aveva». NON RICORDI, ma impegno. Enrico Rossi presidente della Regikone Toscana guarda avanti. «Questo anniversario dev'essere soprattutto impegno per investire di più in prevenzione. Nel 1966 contraemmo un debito verso Firenze e la Toscana che in questi anni si è ingrandito per gli sciagu- rati interventi di chi ha puntato più agli utili che al bene comune. Oggi onoriamo quel debito, vincolando una buona fetta del territorio e realizzando casse di espansione e dighe: celebriamo i 50 anni dall'alluvione del 1966 e facendo sì che quel disastro non si ripeta». AVEVA solo undici mesi, Filippo Vannoni, presidente di Publicqua. «Ma di quell'evento ho sentito molto parlare in famiglia». «Abitavamo a Porta Romana al pian terreno, scappammo in fretta e furia, io piccolo e mia madre in attesa di mio fratello. Mentre Alluvioni in Toscana Pagina 108 VARTICOLO EBald ucci cc ®» processo lo Stato F IRENZE c'è ma poteva /j non esserci più: basta\\ va che la parete di una diga cedesse. La porta del Paradiso, che per tutta la notte del 4 novembre ha sbattuto con gran fragore, si sarebbe spalancata sul caos: il campanile di Giotto attorno a cui per un giorno l'acqua ha fatto mulinello, sarebbe stato divelto come un fiore. Invece la diga a monte della città ha retto: lode ai tecnici e vergogna allo Stato che a suo tempo li lasciò indisturbati in un gioco dal cui esito la morte di Firenze non era esclusa. Non sarebbe pietoso, anzi non sarebbe giusto dimenticare che la sciagura che ha sommerso la nostra città r i entra nel più vasto bilancio che riguarda l'Italia intera». Comincia così l'articolo di padre Ernesto Balducci pubblicato sulla rivista Testimonianze il 20 novembre del 1966, due settimane dopo la tragedia che sconvolse Firenze. A PAGINA III Alluvioni in Toscana Pagina 109 - Sul numero speciale di "Testimonianze" r è stato ripubblicato l'intervento scrítto dal sacerdote all'ira ani del disastro. Un'analisi attenta e severa 01,111_ 55 G v irenze lF ê--- e-- -reva non esserc • k..osi w-~a re Dalducci rïtar ï c ll' ci e ERNESTO BALDUCCI Questo articolo venne scritto dapadreErnestoBalducci sulla rivista "Testimonianze" il20 novembre 1966, due settimane dopo l'alluvione. Ne pubblichiamo un estratto. Firenze c'è ma poteva non esserci più: bastava che la parete di una diga cedesse. La porta del Paradiso, che per tutta la notte del 4 novembre ha sbattuto con gran fragore, si sarebbe spalancata sul caos: il campanile di Giotto attorno a cui per un giorno l'acqua ha fatto mulinello, sarebbe stato divelto come un fiore. Invece la diga a monte della città ha retto: lode ai tecnici e vergogna allo Stato che a suo tempo li lasciò indisturbati in un gioco dal cui esito la morte di Firenze non era esclusa. Non sarebbe pietoso, anzi non sarebbe giusto dimenticare che la sciagura che ha sommerso la nostra città rientra nel più vasto bilancio che riguarda l'Italia intera e in cui ogni vita persa, ogni ricchezza distrutta meritano lo stesso rimpianto e le stesse premure. "Fin dalle prime ore capimmo che l'opinione pubblica non si era resa conto dell'accaduto" Alluvioni in Toscana Ma Firenze si misura con Firenze: le perizie e le statistiche possono e devono collocare la sua sventura nel parametro generale, ma non possono rilevarne la terribile singolarità. Fin dalle prime ore avvertimmo che l'opinione pubblica nazionale non si rendeva conto di quel che era avvenuto: solo più tardi il mondo ha capito che il nostro lutto era anche il suo. Il contesto architettonico più armonioso era diventato come un intreccio di fogne scoperchiate, la rete artigianale più antica del mondo è stata distrutta in poche ore, il patrimonio culturale in cui la cultura moderna rinnova la coscienza delle proprie origini è stato irrimediabilmente menomato... Le responsabilità dello Stato E fuori dubbio, in ogni caso, che lo Stato non ha saputo tenere al sicuro la vita dei suoi uomi- ni e quella della sua città più preziosa, almeno nella misura delle sue possibilità, prevedendo con saggezza, provvedendo con larghezza di mezzi, impedendo le prevaricazioni dell'economia del profitto. L'accusa non colpisce soltanto il nostro Stato, colpisce la civiltà da cui è nato e di cui si vanta, la stessa civiltà che spende in armi nucleari e convenzionali una ricchezza destinata dalla natura a sollevare la fame e la miseria di più che mezzo genere umano. Uno Stato ancora deciso a riservare un'enorme porzione del bilancio per tenere in vita un esercito di fanti per una guerra che non si farà mai e nella quale, in ogni caso, G d 25 eli esso sarebbe poco più che uno spettatore inerme. Uno Stato che si rivela talmente incapace di scelte economiche programmate secondo precise finalità pubbliche, da non aver niente o quasi a sua disposizione per un servizio che sia pronto ad intervenire in modo tempestivo ed efficace, in difesa della popolazione civile nei casi delle pubbliche calamità che invece ci sono sempre... La frattura fra la Firenze reale e la città legale Quando finalmente il Comune è sembrato prendere in mano la situazione, era già nata la frattura fra il popolo e gli organi dello Stato, fra la Firenze reale e la città legale. Nei quartieri popolari lo spettacolo della comune sciagura e lo sforzo della ripresa hanno promosso forme di solidarietà capaci di preoccupare non solo i benpensanti, ma anche il centrosinistra di Palazzo Vecchio. A Santa Croce, a Gavinana, all'Isolotto, a San Frediano, al Mercato Vec- chio, a Brozzi e altrove sono nati organismi di solidarietà e di soccorso, i «comitati di quartiere», eccezionali per slancio operativo e per competenza tecnica e politica, le cui matrici preminenti e i cui strumenti erano le case del popolo e le parrocchie, organismi che hanno completamente sostituito l'autorità pubblica, giungendo sino a provvedere alle centinaia di senza tetto mediante provvedimenti di requisizione e di occupazione, estesi talora a interi stabili. In queste zone, gesuiti, carmelitani, salesiani, seminaristi si sono trovati a far parte degli stessi gruppi, i cui animatori erano, assieme, parroci e dirigenti dal Partito Comunista, e a cui approdava l'ondata dei giovani volontari accorsi da ogni dove assieme al soccorso tempestivo e generosissimo dei Comuni democratici Italiani. Gli amministratori comunali non hanno nascosto la loro diffidenza per questa viva realtà democratica - una alluvione può esprimere più democrazia di cento consultazioni elettorali che li metteva fuori gioco: la paura ha incrinato i loro sforzi e ha "Non esiste un servizio pronto a difendere la popolazione civile nelle pubbliche calamità" Pagina 110 persino suggerito ad alcuni di lo- sformandole in una civile liturro qualche velleità di opporsi gia di fraternità umana e di soliall'iniziativa popolare. darietà civica. Una città in mano ai giovani Firenze risorgerà. Firenze, lo Questo timbro di novità delle sappiamo, non sarà più come priangosciose giornate vissute da ma: l'ora più terribile della sua Firenze è reso più schietto lunga storia, con il suo carattere dall'altro fatto che abbiamo sot- repentino e lucido, le ha fatto tolineato: prima che arrivassero scoprire la propria precarietà. i soldati la città era già in mano La sua bellezza avrà d'ora in poi ai giovani: è stato come se la fit- un'ombra, come persona che abta rete dei gruppi d'ogni colore bia rasentato la morte. ideologico, che sono in tempi Per questo da oggi saremo normali la vita segreta di Firen- più gelosi e fervidi custodi non ze, si fosse tesa, emergendo solo dei suoi monumenti ma andall'acqua e dal fango, per atte- che della sua anima, che, cadute nuare la tristezza del post-dilu- per un momento le barriere vio. Non sembri irriverente: nel- ideologiche, si è rivelata molto la memoria di tutti noi queste migliore dello Stato di cui fa pargiornate conserveranno quasi te e di quei partiti che l'hanno launa traccia di letizia, tanto cerata. straordinario è stato il fervore giovanile che le ha riempite, tra- (dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA -!Shitsnri • IL NUMERO IN VENDITA Su testimonian zeonhhne.com Alluvioni in Toscana Pagina 111 ,.. /// 11n J//nJ`//`< 1 a4//n ✓, i/ i / . Non è stato fatto nulla: solo pochi interventi locali, niente di strutturale Il direttore di Italia Sicura: "Se si ripetesse danni per 7 miliardi in città" IN 50 anni a Firenze non è stato fatto praticamente niente per il pericolo alluvioni. Se non interventi locali. «Se a questi aggiungiamo l'affinamento delle previsioni meteo e la nascita della protezione civile il rischio è sceso del 30 per cento», dice Erasmo D'Angelis , coordinatore di Italia sicura. CIUTI A PAGINA II Piazza Santa Croce il 4 novembre del 1966 Alluvioni in Toscana Pagina 112 Alluvione 1966/2016 C' 11 ne^ i ~ U lq ^ - a D ,/. N. N. N111 ,n n a , eßC Leo: f ,nV , olo a 0 /C/ rii, ; Solo pochi interventi locali ma nulla di strutturale Quasi ultimata una nuova cassa di espansione ILARIA CIUTI QUATTRO novembre 1966 - 4 novembre 2016. In mezzo 50 anni in cui, per affrontare il pericolo alluvioni a Firenze, non è stato fatto praticamente niente. Se non qualche intervento locale, come l'innalzamento delle spallette sui Lungarni e lo scavo del letto dell'Arno in modo che adesso ci possono passare 3.800 metri cubi di acqua al secondo contro i 3.300 del '66 e i 4.000 che sono il limite massimo, come spiega Mauro Grassi, direttore di Italia sicura, la struttura di missione del governo per il rischio idrogeologico. Oltre che la costruzione della diga di Bilancino che lamina le acque della Sieve, che allora si aggiunse all'Arno moltiplicando l'inondazione . Niente interventi strutturali, però , se non verso San Miniato , Empoli e Pisa e nell'alto Casentino . Ma niente di strutturale che protegga Fi- renze. «Se agli interventi locali aggiungiamo l'affinamento delle previsioni meteo e la nascita della protezione civile il rischio a Firenze è diminuito, dal '66, del 30 per cento», dice Erasmo D'Angelis, coordinatore di Italia sicura. Il restante 70 per cento del rischio è ancora li, in agguato. Anzi, il restante 30 per cento è virtuale. Perché, come depreca Grassi, «dall'alluvione a oggi si è costruito moltissimo, troppo, soprattutto fino al 1970 quando c'era una possibilità di costruzione quasi illimitata». Più immobili, più attività. E di maggior valore rispetto al'66. «Tanto che si ipotizza, in caso di alluvione adesso, un danno di 7 miliardi solo a Firenze. Una cifra pazzesca che induce Italia sicura a ragionare nell'ottica del "whatever it takes", ossia tutto quello che ci vuole. Tradotto, significa che a partire dalle città metropolitane, Firenze, Genova e Milano, si stanzieranno tutti i finanziamenti necessari a evitare il rischio». Per ora però il pericolo c'è. «L'aumento delle attività e del loro valore fa sì che il rischio, invece di diminuire, sia aumenta- to», dice preoccupato il coordinatore del Comitato Firenze 2016, Giorgio Federici. Che aggiunge: «Per fortuna ora ci si Stanziati 200 milioni per mettere in sicurezza il fiume. Brugioni: "2 necessario informare la gente dei rischi e di come fronteggiarli" Alluvioni in Toscana sta muovendo». Ma per avere la possibilità di gestirlo questo rischio dovremo attendere il 2021, prevede D'Angelis. Che spiega: «Stiamo correndo contro il tempo per fare adesso tutto quello che era stato progettato nel 1968 e poi non realizzato». Per gestire il rischio a Firenze sono previste quattro casse di espansione nei dintorni di Figline e l'innalzamento di 9 metri della diga di Levane, di cui cinque riempibili d'acqua, più altre casse di espansione nella Valdisieve. Per tutto questo sono stati stanziati 200 milioni spendibili via via che i progetti partono: 130 del governo e 70 della Regione. «La prima cassa di espansione a Figline sarà finita in questi giorni - annuncia D'Angelis - I cantieri per le altre tre e per Levane sono in partenza. Dopodiché inizierà la progettazione per la Valdisieve». L'Autorità indica le necessità e fa la modellistica, la Regione progetta e gestisce i cantieri, governo e Regione finanziano. Uno sforzo tardivo ma che D'Angelis giura sarà fatto interamente. Salvo, però, l'imponderabile. Lo dice lo stesso coordinatore di Italia sicura che, pur mostrandosi ottimista «perché ora esistono i piani della protezione civile e quelli per mettere in sicurezza l'arte», avverte dei «possibili scherzi del cambio climatico». Marcello Brugioni, responsabile dell'area rischio idraulico dell'Autorità di bacino va oltre: «Non esiste la sicurezza assoluta. Me- glio non illudere e deresponsabilizzare. Possiamo solo dire se il rischio può o non può essere gestito». D'Angelis sottolinea che nel '66 fu «una quasi irripetibile tempesta perfetta che riusci a mettere insieme una serie di coincidenze disastrose». Grassi ricorda che «furono dieci giorni di piogge, più i tre ultimi di precipitazioni come si verifica ogni duecento anni». Potremmo pensare di esserne ragionevolmente fuori per molto tempo a venire e forse per sempre. Invece mai rilassarsi, raccomanda Brugioni: «Gli interventi programmati nell'aretino e nella Valdisieve sono quelli giusti e prioritari. Ma siccome, come nel terremoto, non si può mai parlare di sicurezza totale, è necessario informare i cittadini dei rischi e di cosa si deve fare per fronteggiarli. Come l'Opera di Santa Croce che ha comunque fatto il piano di immediata messa in sicurezza del Crocifisso di Cimabue in caso di pericolo». Anche per i cittadini esistono, secondo Brugioni, «ottimi piani della protezione civile». Bisogna però diffonderli, farli conoscere e abituare le persone a metterli in pratica. (dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA Pagina 113 I PUNTI LE SPALLETTE È stato uno dei pochi interventi che sono stati realizzati in questi 50 anni, ma ovviamente non è sufficiente a garantire la sicurezza dell'Arno IL LETTO DEL FIUME È stato scavato in modo da permettere il passaggio di 3.800 metri cubi di acqua al secondo contro i 3.300 del '66 e i 4.000 che sono il limite massimo IL PROGETTO Per gestire il rischio a Firenze previste 4 casse di espansione a Figline e altre in Valdisieve,oltre all'innalzamento di 9 metri della diga di Levane, di cui cinque riempibili d'acqua Stiamo correndo contro il tempo per fare adesso tutto quello che era stato progettato nel 1968 e poi non realizzato ERASMO D'ANGELIS Coordinatore di "Italia sicura" Alluvioni in Toscana Da allora si è costruito troppo, un'esondazione adesso farebbe danni per almeno 7 miliardi MAURO GRASSI Direttore di "Italia sicura" Pagina 114 E "L'ultima cena" in Santa Croce e poi film, mostre e fiaccolata IKRYPTON Quattro ingressi oggi (18.30,19.30, 20.30, 21.45) nel chiostro di Santa Verdiana per l'installazione-perfor mance "Idrossss" a cura dei Krypton, ispirata a Leonardo, di Cauteruccio Alluvioni in Toscana INSIEME al "Crocifisso" di Cimabue, è stato uno dei capolavori simbolo dell'alluvione del 4 novembre 1966. Ma a differenza dell'opera del maestro duecentesco, restituita a Santa Croce nel 1976 (e nel 2013 spostata nella sagrestia, al riparo da nuove esondazioni), "L'ultima cena" di Giorgio Vasari - monumentale dipinto di 6,60 per 2,62 metri costituito da cinque pannelli in pioppo, scoperto nel 2003 dopo quasi quarant'anni di abbandono e ricoverato, dal 2005, nei laboratori dell'Opificio delle pietre dure per un restauro finanziato da Prada, Getty Foundation e Protezione Civile - ha atteso ben mezzo secolo per tornare nella basilica. Succederà oggi con una cerimonia, alle 15.15 nel Cenacolo, alla quale è atteso anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L'opera resterà poi visibile al pubblico, gratis, stasera e domani dalle 20 alle 24. Il capo dello Stato presenzierà inoltre alla commemorazione solenne in programma alle 17 nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, culmine delle celebrazioni per il cinquantenario, seguita alle 18.30 dalla proiezione, in prima mondiale, del documentario "Firenze 66 - Dopo l'alluvione" di Enrico Pacciani, prodotto da Alkermes e SkyArte HD e, alle 20.30, da una fiaccolata da San Miniato a piazza Santa Croce, Al corteo parteciperanno anche gli Angeli del fango, ai quali sarà dedicato un francobollo emesso dalle Poste per iniziativa del comitato "Firenze 2016". Fra gli altri appuntamenti della giornata l'inaugurazione, alle 18.30 nel chiostro di Santa Verdiana, dell'installazione-performance "Idrossss" a cura dei Krypton, ispirata a Leonardo. Alle 9.30 al rettorato dell'università in piazza San Marco un convegno sulla sicurezza idraulica mentre alle 21, al cinema della Compagnia, è in programma la proiezione, a cura del Festival dei Popoli, della copia restaurata di "Firenze, novembre '66" di Mario Carbone, con immagini a colori inedite di quei giorni. Alle 18 proiezione di foto dedicate all'Arno sulla facciata della Palazzina Reale di Santa Maria Novella; alla stessa ora all'Accademia delle arti e del disegno inaugurazione della mostra "Da Cimabue in qua" a cura di Cristina Acidini, Giulia Coco, Enrico Sartoni. Pagina 115 coi del 4-11-1966 David Franchi, 50 anni oggi, con la mamma Negli ospedali mancavano medici e cibo ma loro sono venuti alla luce. Siamo andati a ricercare i nati sotto il segno dell'alluvione. TAGLIONE A PAG.5 Alluvioni in Toscana Pagina 116 s; pro -assore è arrivato in clinica con gli stivaloni da pesca, le galosce e per farmi uscire dal grembo di mia madre ha dovuto usare il forcipe r-&r,-ica di STEFANO TAGLIONE io Damiano era un intrepido. Da giovane, all'epoca di Faur sto Coppie Gino Bartali, correva in bicicletta. E sempre stato un "azzardose". Così quella mattina, mentre il livello dell'acqua si alzava e mamma Luciana stava per darmi alla luce, prese il suo camioncino e per un pelo riuscì a guadare il fiume. E grazie a lui se oggi sono qui». Quattro novembre 1966: l'Arno esonda. Non solo a Firenze, dove porta con sé 35 vittime innocenti. Anche a Fucecchio. Ë qui che nasce Paolo Prosperi. Medico chirurgo all'ospedale di Careggi, non è nato sotto il segno dello scorpione, ma sotto quello dell'alluvione. Prosperi festeggerà i suoi 50 anni proprio nella città che tanto ha pagato nel giorno dell'esondazione dell'Arno. «Vivo qui da 30 anni - racconta il dottore - e sono sicuro che senza il coraggio di mio zio, che ora è morto, il parto sarebbe stato estremamente difficile. Sarei nato in casa, magari in un cestino. Chissà se sarei sopravvissuto. Le comunicazioni erano bloccate e le macchine erano già sominerse dall'acqua e dal fango». Come a Grosseto, dove mezzo secolo fa è tracimato l'Ombrone e c'è stata anche una Abbiamo trovato vittima: Santi Quadalti. Il but- quattro toscani tero maremmano è morto in ch e vennero alla luce quel maledetto venerdì cercan- in quel tragico giorno do di mettere in salvo una mandria di vitelli. A lui potreb- Alluvioni in Toscana be essere intitolato un monumento nella frazione di Braccagni, proprio dove stava per compiere quest'atto eroico che gli è valso una medaglia d'oro. Nel frattempo David Franchi è nel grembo di sua mamma, Barbarina Taddei. È mercoledì, sta già piovendo forte. «Ricordo che mi hanno portato nella clinica Franche, in via Don Minzoni - racconta oggi la signora Barbarina, titolare di un negozio di tappezzeria in via Bengasi - proprio perché c'era il timore degli allagainenti». La mattina del 4 novembre, in ospedale, si rompono le acque. «Le infermiere prendevano servizio alle sei - racconta oggi David - e una di loro in mezzo all'alluvione andò a svegliare il professor Francini nella sua villa di viale Giacomo Matteotti. Si è poi ammalata di una brutta polmonite». Il parto, la signora Barbarina, lo ricorda come un miracolo. «Il professore è arrivato in clinica con gli stivaloni da pesca, le galosce - ricorda la commerciante grossetana - e per far uscire David ha dovuto usare il forcipe. Lui era grosso, pesava quattro chili e 200 grammi e non aveva fretta. Ma non c'erano alternative: o morivo o provavano a farlo nascere. Per fortuna è andata bene: è stato un miracolo». In ospedale le provviste di cibo scarseggiavano. Le cucine erano allagate e mentre David veniva alla luce, babbo Alessio (scomparso nel 2004) aiutava gli altri uomini impegnati al pian terreno a liberare le stanze. Nelle cantine della clinica - si dice - riposavano i cadaveri. E Pagina 117 non potevano morire un'altra volta, sepolti dalla furia dell'Ombrone. «Mio padre è salito fino al paesino di Batignano - racconta David, che per anni ha lavorato a Londra come blogger e nel campo del marketing - e ha portato a mia madre una cesta dove c'era pane, latte e un po' di frutta. La clinica era sottosopra». Franchi ha scoperto solo 25 anni fa il ri schio corso alla nascita. «Me ne sono reso conto guardando la televisione - spiega il neo cinquantenne-. C'era questo dottore che a fine 1800 doveva salvare la vita a una puerpera. "Deve usare il forcipe? È pericoloso?", gli chiede la domestica. E lui ribatte: "Si, si può staccare la testa del bambino". A quel punto ho chiesto a mia mamma se fosse vero e lei, comodamente seduta sulla poltrona, mi ha risposto: "Si è vero. Ma dovevano farti nascere per forza perché c'era l'alluvione"». Sandra Pe i i, ragioniera per una cooperativa di Grosseto, è ancora emozionata. 1 suoi genitori, Remo e Lauretta, non sono più con lei. Ma ricorda bene cosa le hanno raccontato di quel giorno. E a stento trattiene le lacrime. «Abitavamo in viale Mameli, nel palazzo della Valle, vicino alla stazione dei treni - racconta Sandra - e all'ora di pranzo mio padre ha deciso di portare mamLe città sprofondavano ma alla clinica Francini. Le ambulanze non ponell'acq ua, tevano arrivare, gli osped ali erano così sono andati a piedi. Non era senza medici e cibo lontano, distava appena cinque minuti, nia non voglio neanche immaginare come possa essere stato quella volta. In ospedale - continua Sandra - non c'era nemmeno un dottore. Così sono nata da sola: mia madre è stata aiutata da una sarta, la mia vicina di casa. La signora Liana, me la ricordo, ora è morta. Fino a poco tempo fa abitava a Follonica». L'arrivo del medico servì solo per tagliare il cordone ombelicale. «Mamma diceva sempre che in quella giornata tri ste e orrenda quel fiocco rosa appeso al portone era l'unica cosa bella - conclude la contabile grossetana - e riavvolgendo il nastro della mia vita posso solo ritenermi fortunata. È incredibile, poi, aver sposato proprio un vigile del fuoco: ho scelto l'unica figura che mi poteva trasmettere sicurezza. Siamo felici». Carlo Bracci, titolare di un'azienda nautica di Porto Santo Stefano, è nato nella notte. Qualche ora prima della terribile alluvione. Suo babbo l'ha scoperto parecchi giorni dopo. «Non poteva mettersi in contatto con noi - ricorda l'imprenditore maremmano - figuriamoci venirci a trovare. La Maremma era diventata un lago». Ma poi le acque si sono ri tirate. E Grosseto - conce le altre località toscane colpite dalle violentissime inondazioni - è tornata splendere. Come la vita di questi cinquantenni nati sotto il segno dell'alluvione. Medici, ragionieri e scrittori. E chissà quanti altri. Buon compleanno anno avoi, avoi fiocchi colorati emersi dal fango. CaRaglions @R, IONE RISERVATA 1 Il un'alluvione devastò Firenze, buona parte della Toscana e alcune regioni dei Nord-est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia). centinaia di feriti e Enormi i danni al patrimonio artistico. Nelle regioni settentrionali i morti furono 87, oltre 42.000 gli sfollati. Alluvioni in Toscana Pagina 118 m amma diceva sempre che in quella giornata triste e orrenda quel fiocco rosa appeso al portone era l'unica cosa bella I tr,,. P %io padre ha scoperto che ero nato parecchi giorni dopo. Era isolato e non poteva mettersi in contatto con la mamma. La M aremma era un lago 96 Zio Damiano era un intrepido. Quella mattina, mentre il livello dell'acqua si alzava e mamma Luciana stava per darmi alla luce, prese il suo camioncino e per un pelo riuscii a guadare il fiume. grazie a lui se oggi sono qui Alluvioni in Toscana Pagina 119 l'alluvione 41 II dramma nelle testimonianze i Rossana Ricci e Renato Le che sfondano la porta di casa, i maialini morti, l'anfibio dei pompieri: una ferita ancora viva nell'anima di MARIA MEINI e MICHELE FALORNI a mattina del 4 novembre 1966, venerdì, Rosr sana Ricci - professores_. sa di lettere a ragioneria per quarant'anni - è un'adolescente che frequenta la seconda liceo classico. Si è alzata alle 5.30 per studiare letteratura greca. Nella casa di via Carlo Ginori 60, a breve distanza dal ponte sul fiume che congiunge Marina alle Gorette, dormono tutti. Ë festa. Lei apre il libro e inizia a ripassare. Si concentra, nia ad un tratto un colpo sordo la scuote. «Mi bastò un attimo - racconta mezzo secolo dopo con le lacrime agli occhi - per capire. Non pioveva. Svegliai i miei genitori, Elio Ricci e lolanda Capanna, parlando loro di quel rumore strano. Mio padre, memore della piena del 1930, spalancò la finestra. "Siamo rovinati", disse a bassa voce senza aggiungere altro. L'acqua aveva già riempito il giardino. Prese una pietra di marmo, provò a murarla davanti alla porta che affacciava sul fiume: niente. Un' onda entrò di prepotenza e raggiunse il mezzo metro di altezza portando con sé topi, bisce e distruzione». Pazzesco. La famiglia Ricci, terrorizzata, apre l'ingresso che dà sulla strada per farla defluire. Sente la paura che sale, vede attorno a sé altre famiglie nel panico, non sa come fare perché capisce che questa è una catastrofe. Non c'è ancora l'argine, che sarà costruito dopo. In mezzo alla disperazione, il testo di letteratura greca cade dalla scrivania. Le pagine si sporcano di fango, nia Rossana lo recupera e lo tiene come una reliquia fino al 31 gennaio 2014, quando un'altra piena colpisce Marina e le zone vicine, provocando danni ingenti da ogni punto di vista. «Rimanemmo seduti sul tavolo di cucina - prosegue la professoressa - l'unico punto sicuro, aspettando che quel giorno finisse. Pranzammo con un cavalluccio e una sola salsiccia. Ho ricordi nitidi anche di ciò che successe dopo: Alfonso Sileoni che portava via i maialini morti, il mezzo anfibio credo dei vigili del fuoco al lavoro. Era venerdì. A scuola, tornai il lunedì se- ic cci Oggi ricorre il cinquantenario della grande piena del fiume Cecina, che il 4 novembre del 1966 sconvolse la città. Il Tirreno ha proposto ai suoi lettori di raccontare la loro testimonianza sull'evento. Tantissime le risposte che sono arrivate e stanno arrivando in queste ore. Oggi ne proponiamo alcune, e proseguiremo la pubblicazione nei prossimigiorni. Di seguito due testimonianze: una vissuta sul posto, un 'altra da lontano. Ma entrambe con la stessa passione e partecipazione perle sorti della "cittadella marina". Eccole. guente». Le foto di quei drammatici momenti dicono quasi tutto. Sono quadri in bianco e nero che raccontano il senso di impotenza della gente, le case distrutte , gli anni di sacrifici dopo la fine della guerra per costruirsi una vita migliore sfumati in un attimo. Sono immagini forti e testimonianze dirette che colpiscono ancora al cuore, a distanza di 50 anni . « Quale lezione trarre dice Ricci - da quell'esperienza? Una: quando la natura si sveglia non guarda in faccia a nessuno , anche a causa dell' uomo che la provoca . L'argine all'epoca non esisteva. La devastante esperienza del 1930 non aveva insegnato niente, sebbene molti sapessero che un'altra alluvione avrebbe distrutto ogni cosa. Un avvertimento. Per questo andava costruito subito. Furono momenti difficilissimi: noi, per esempio, buttammo via alcuni mobili, ormai inutilizzabili, e poi li ricomprammo». La furia della piena aveva devastato case ed edifici. Nel 1966, il sindaco di Cecina è Osvaldo Giovannelli. «Si comportò bene - conclude Rossana - perché il giorno dopo consegnò a tutte le famiglie di via Ginori una borsa della spesa pagata dall'amministrazione. Un gesto di solidarietà non comune». Un dramma vissuto lontano dalla sua Marina, ma solo I m:h:!IIloera disp' "rto rt.dl:md9subitolaluc.n er noi Marina era it mundu» Alluvioni in Toscana Pagina 120 fisicamente. Perché con il cuore Renato Menicucci, scrittore, poeta e per tanti anni bibliotecario alla biblioteca comunale di Cecina, è lì. Nella sua piccola grande terra di mare. A cui Renato Menicucci ha dedicato un libro, "Ceneiblò", che racconta i personaggi e l'anima bella della sua Marina. E tanti dei protagonisti del suo fortunato romanzo (ornai introvabile) sono gli stessi "valorosi" giovanotti che si danno da fare per aiutare le persone in difficoltà perla piena. «Quel giorno ero in Francia, a Lione - racconta Menicucci - ospite di alcuni amici francesi, che conoscevo da alcuni anni. La sera, seduto in salotto, in attesa di andare a tavola, guardavo distrattamente la TV in compagnia di uno di loro, mio coetaneo. Una pioggia leggera, ma insistente, batteva ai vetri, una cosa abituale, a Lione, non soltanto a novembre. "Madonna, piove sempre qui da voi..." dissi, per gioco. Un atti- mo dopo, la Tv annunciò che l'Italia era allagata». E un colpo al cuore. «Ci sarebbe stato da ridere - racconta ancora lo scrittore - se non ci fosse stato da piangere». Le notizie che arrivano Oltralpe sono terribili. Il 4 novembre per l'Italia, la Toscana e la costa livornese è un D-Day di dolore. A Firenze l'Arno ha straripato sommergendo di fango monumenti e preziose opere d'arte. A Cecina va un po' meglio, perché non ci sono vittime. Ma il cuore chiama. «Partii la mattina all'alba, del giorno dopo - dice Renato Menicuc- ci -. In Francia, il treno viaggiò senza intoppi, ma da Torino in poi, il diluvio. «Impossibile contattare i miei famigliari - prosegue -. Arrivai a Marina di Cecina la sera del 7 novembre: dappertutto, pozzanghere e buche, fra i Bagni Bisori e la casa dove abitavo, una voragine... Sembrava la fine del mondo, soprattutto per chi, come noi, Marina era, il mondo». ia piena sulla prima pagina dei Telegrafo "Apocalisse in Toscana" titola in prima pagina il Telegrafo il 5 novembre 1966, il giorno dopo la catastrofe. All'epoca il Tirreno si chiamava ancora ii Telegrafo. Per giorni le cronache nazionali e locali parlano della terribile alluvione che ha flagellato la nostra regione e la costa livornese . Nella foto grande riproponiamo alcuni di quegli articoli. Nei giorni successivi, la piena che ha messo in ginocchio Cecina Mare appare ancora più evidente in tutta la sua drammaticità. Nella provincia di Livorno Cecina è il comune più colpito. Si susseguono foto e articoli che descrivono nel dettaglio l'evento e i danni che ha causato. Ma anche l'ondata spontanea di solidarietà che arriva dai comuni vicini, in particolare Rosignano. Ross .n í> Renato enicucci Alluvioni in Toscana Pagina 121 ANCHE LA SCUOLA FU ALLAGATA MA I)OPO MISERO VITRMOSIFONI di SANDRA FEDELI cl 1966 avevo sei anni e avevo appena iniziato la scuola elementare. II 4 novembre era festa a scuola. Abitavo sul viale della Repubblica, vicino al panificio di metà viale, a pianterreno. Babbo, invece, avendola macelleria in largo Cairoti, a Marina, ed essendo il negozio aperto, si era recato al lavoro molto presto. Mamma, come tutte le mattine, lo raggiungeva più tardi, con la sua bicicletta. Ma quella mattina, per fortuna, era andata a comprare il pane al forno vicino casa, prima di partire per Marina. Lì fu avvisata che il filone aveva straripato, così corse subito a casa, ad avvisare i nonni e a svegliare me. Concitata mi chiamava, e mi diceva: "Sandra, svelta, alzati, che arriva l'acqua in casa!" lo, intontita e assonnata, le rispondevo: "Ma se entra l'acqua, dai un po' di cencio!" Intervenne nonno Gino, che per fortuna era ancora nel pieno delle sue forze. Mi prese dal letto, e con un guizzo, portandomi in braccio, eravamo già fuori casa, avvolta in una coperta. Fui portata da dei vicini che abitavano al secondo piano. Mi fecero passare attraverso un muro di cinta, salendo su delle sedie, e fui presa in braccio dall'altra parte. Mamma e i nonni rimasero per un po' in casa, cercando di salvare il più possibile le cose, poi mi raggiunsero. Eravamo, nella nuova abitazione, diverse persone e soprattutto bimbi. Tutti noi piccoli ancora in pigiama. Giocammo tutto il giorno(...) Ero estasiata, nel guardare fuori, e vedere questa grande massa di acqua che saliva. Vedevo mamma preoccupata, ma pensavo per l'acqua in casa... Quella sera ho mangiato insieme ad Anna e Giancarlo, i genitori di Elena. In quei giorni loro erano a Piombino dai nonni, ma avvertiti di ciò che stava succedendo rientrarono in fretta, lasciando Elena dai nonni. Così, quella sera, cenando a lume di candela, perché non c'era luce elettrica, e coperta da diversi plaid, perché non avevamo il riscaldamento, sono stata accolta amorevolmente in quella casa, e ancora oggi ho un tenero ricordo di allora. Mentre però, io dormivo sonni tranquilli, in casa mia si viveva un dramma. Babbo non dava notizie, e mamma era davvero preoccupata. Dovette passare tutta la notte e parte del nuovo giorno quando babbo finalmente arrivò, portato da un mezzo anfibio dei vigili del fuoco. Era rimasto dentro il negozio fino allo stremo, cercando di sal- vare il salvabile. Quando si decise ad abbandonare la macelleria, tutto intorno era stracolmo d'acqua, una voragine si era aperta dinanzi ai bagni Armida, inghiottendo le auto che erano lì. Babbo fu tratto in salvo dai vigili del fuoco, e riportato a casa solo il giorno dopo, senza poter avvisare. I telefoni erano fuori servizio, e i telefonini dovevano ancora inventarli. Anche la nostra scuola fu allagata al piano terreno. Quell'inverno andavamo a scuola una settimana al mattino e una al pomeriggio, per permettere a tutti gli alunni di frequentare le lezioni, che si tenevano al secondo piano. L'unica cosa bella fu, che alla fine dei lavori, furono installati i termosifoni, e così fu risolto anche il problema del freddo. (Da "Quando ero piccola e dintorni '9 Sandra Fedeli Alluvioni in Toscana Pagina 122 LA MEMORIA «1I mio babbo era disperato ma riallacciò subito la luce» Maria Grazia Ranieri ricorda l'allagamento dell'hotel Massimo, inaugurato l'anno precedente. «Noi piccoli giocavamo nell'acqua con li stivali» 1 CECBNA « Il niio babbo aveva aperto l'albergo l'anno precedente, nel maggio del 1965. La piena lo mise a dura prova, perché i danni furono ingenti. Ma non si arrese e riuscì a ripartire». Maria Grazia Ranierï , albergatrice di Marina, apre l'archivio fotografico di famiglia. L'hotel Massima è una creatura del babbo, Puro Ranieri, e la figlia ne è molto orgogliosa. Nel '66 aveva solo due anni, ma ricorda ancora - forse aiutata dalle immagini dell'epoca - quando «noi ragazzetti si giocava ignari di tutto con gli stivaloni in mezzo all'acqua». Per gli adulti un dramma. «ll mio babbo - dice Maria Grazia - raccontava di quando un cliente, l'ex pretore di Cecina dottor Schiazza che appena trasferito soggiornava [. L'ALBUM da noi, tornò col treno e nell'albergo non c'era nemmeno la luce. "Non si preoccupi, dottore, gli disse, stasera tornerà la corrente". E così fu. Non si dette per vinto, eppure i danni erano enormi: il fango era entrato negli scantinati e al primo piano, aveva invaso la sala, portando dentro di tutto. E distruggendo la cantina, i mobili.. Ricordo l'armadio della mia mamma, dove erano appesi i vestiti suoi e i miei: si vedeva il segno dell'acqua sul legno». Una catastrofe, «ma le persone si aiutavano allora, c'era tanta solidarietà. Il mio babbo riuscì a ripartire velocemente e l'hotel è stato per anni il primo e più importante di Marina». 1 RICORD I ACQUA E FANGO NELL'HOTEL APPENA NATO ViaZaccaria è un fiume d'acqua efango Nel 1966 il fosso della Cecinella è aperto, non è stato ancora coperto, e intorno ci sono solo campi Dal fosso l'acqua tracima senza sosta „ < 21,1 Alluvioni in Toscana ,, ali a i» i, « . Pagina 123 piazza S.Andrea sembrava Venezia con l'alta marea Due immagini del dopo alluvione all'hotel massimo L'albergo è stato invaso dail'acquae dal fango. Si lavora per ripulire e per mettere in salvo quel poco che resta Maria Grazia Ranieri ha aperto 1-archivio" fotografico di famiglia, che raccoglie preziose testimonianze sull'alluvione del '66: nelle foto il padre Puro, che aveva aperto l'hotel Massimo nel 1.965, lavora insieme ad alcuni operai, per ripulire e mettere in salvo quel poco che resta. l danni furono molto consistenti. Maria Grazia Ranieri Alluvioni in Toscana Ci scrive Enzo 8ugliesi: «Le inondazioni dei fiume Cecina sono iniziate già da molti anni. lo ricordo solamente quella del 4 novembre 1966 che fu abbastanza devastante . La zona più colpita fu quella di Cecina Marina. Infatti, per muoversi da una via all'altra era necessario andarci con una barca o con un gommone . Nella piazza della chiesa di Sant'Andrea l'acqua era talmente alta, simile a quella di piazza San Marco a Venezia quando c'era l'alta marea. in chiesa non si poteva entrare, rinunciando anche alla messa domenicale. i contadini che avevano i loro terreni vicini al fiume, nonché quelli più inoltrati della Cinquantina, furono costretti a seminare il grano in ritardo perché il terreno era troppo fangoso . Anche le prime case ubicate al piano terra di San Pietro in Palazzi furono invase dall'acqua, procurando danni alle abitazioni. Siamo arrivati alla ricorrenza di cinquant'anni dall'enorme disagio , il fiume si è calmato da diverso tempo e speriamo che si comporti così anche per il futuro». Pagina 124 % 'ii i ✓///À „ +iii % % ,U1111 % % %A.%_ i .%/ ,0, 'I/ %, l 1 / 1 Sí inaugura oggí alle 17: ci nq uepannelli con foto e oc ® CECBNA S'inaugura oggi alle 17, nella sede provvisoria della biblioteca comunale (in via Pertini, angolo viaAmbrogi) la mostra fotografica documentaria sull'alluvione a Cecina. La locandina della mostra Cinquant' anni dopo il 4 novembre 1966. Per il cinquantenario, il Comune di Cecina ha deciso infatti di ricordare l'evento con un allestimento curato dall'archivio storico comunale, dalla biblioteca e dalla cooperativa Il Cosmo (che ha in gestione i due servizi culturali). La mostra comprende una trentina di fotografie, per , ' / U ° rr ,i/ •11,i/Ui E o 11 enti dell'e oca la quasi totalità di proprietà dell'archivio comunale, e un documento sui danni dell'alluvione. Un percorso che si snoda attraverso cinque pamielli, che ricostruiscono l'evento illustrando le zone più colpite e i danni causati dallo straripamento del fiume , in particolare Marina di Cecina ma anche Palazzi e La Cinquantina. Un evento che è ancora una ferita aperta nell'anima dei cecinesi: di chi la grande piena l'ha vissuta in prima persona, ma anche dei più giovani, che l'hanno conosciuta nei racconti familiari . Una memoria preziosa che la mostra - la prima che viene organizzata in 50 anni sulla piena del 66 - si propone di condividere con gli studenti e le nuove generazioni. Le foto sono corredate da didascalie. La mostra è stata curata daBeatrice Gori, dirigente del settore Cultura del Comune di Cecina, da Nicoletta Porciani, responsabile dell'Archivio storico comunale , e dal coordinatore della biblioteca Simone Ticciati. L'esposizione proseguirà fino al 18 novembre e sarà visitabile da chiunque negli orari di apertura della biblioteca, ovvero dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 19,30 e il sabato dalle 8,30 alle 12,30. culoh hboeradis>, „rto ,, rWl.,66 subitola luc.n Alluvioni in Toscana Pagina 125 Acqua e fango, uno scenario di disperazione Quattro novembre, il fiume rompe gli argini: il racconto di un cronista all'epoca in servizio nella nostra redazione di CLAUDIO BOTTINELLI a sera del 3 novembre, chiusa la redazione, x Omero Marraccini, giornalista de "Il Telegrafo" andò sugli argini deü'Ombrone, nella zona dell'Idrometro del Berrettino, e si sentì gelare fl sangue: il fiume riempiva la golena, la corrente passava mugghiando conce una mandria di bovini inferociti; roba mai vista. Restò lì per quasi un'ora chiedendosi se gli argini avrebbero retto, poi se ne andò. E la mattina presto fu svegliato da una telefonata di un amico carabiniere: «C'è l'alluvione! Presto...» Omero corse, e fu l'unico giornalista grossetano a correre in quella prima giornata di confusione e di tragedia perché tutti gli altri, per i più diversi motivi, erano rimasti bloccati. Con lui si trovò sulla breccia della disperazione un fotografo del giornale, Mario Bernieri, e assieme, infilate due paia di stivali di gomma per affondare i piedi nella melma e nell'acqua, saltarono dalla Prefettura al Comune, dalla Provincia alle Mura, da un angolo all'altro della città restata fuori dal fango per registrare, fotografare, cogliere il senso di quella sciagura. La città cercò di organizzarsi. La zona di via I Jgo Bassi era sotto di quattro metri, il mare di melma era passato di là dalla ferrovia e andava verso il mare mentre l'acqua arrivava limacciosa fino a dentro le Mura. Saranno state le 10 - raccontò poi l'assessore Enzo Gíorgetti, che fu tra quelli che lavorarono di più - quando ci rendemmo conto che la situazione era completamente fuori controllo. Ci fu una riunione in Prefettura, ci si chiese se anche il Bruna e il Sovata e gli altri corsi d'acqua fossero usciti dagli alvei. Venne chiesto l'intervento dell'Aeronautica militare e gli elicotteri cominciarono al alzarsi non appena fu possibile. «C'è un pullman carico di gente bloccato al Casalone!», e l'intervento fu Alluvioni in Toscana ,;seto subito dopo la grande piena (foto Bi provvidenziale; «C'è gente sui tetti dei poderi fra Grosseto e il mare!»; «E gli animali? Che fine hanno fatto?«; «All'erta, c'è da portare in salvo due gemelline di 20 giorni in un podere del Pianetto»; «Tutta la piana è sott'acqua, fino a Castiglione, e a Marina è saltato anche il ponte sul canale...» Un allarme dopo l'altro, una segnalazione dopo l'altra, un dramma dopo l'altro... Omero Marraccini cercava di stare dietro a tutti, e Mario si sfiancava a correre ed a fotografare, a volare con elicotteri (a proposito, è sua la foto della bambina che urla sul tetto che ha fatto il giro del inondo ed è divenuta il simbolo dell'alluvione) o a salire sugli anfibi. Poi arrivò la sera, scese il buio e fu silenzio, un silenzio che metteva i brividi, rotto solo da qualche schianto qua e là, di cui non si capivano le cause. La seconda notte Omero ritrovò anche me in redazione. Appena ero riuscito a liberarmi della morsa dell'acqua (ero rimasto prigioniero in un palazzo di via IJgo Bassi) mi ero presentato al giornale. E cominciai anch'io a correre da una noti- CLAUDIO BOTTINELLI Non potrò mai dimenticare la rabbia della gente che, nei giorni successivi, spalava dalle case, dalle officine, dai negozi devastati Pagina 126 zia all'altra, da una segnalazione all'altra, da una persona all'altra. Ricordo il Luna Park che era in via Amiata, dove oggi c'è un parcheggio interrato; tutto fu rovinato. Ricordo i racconti di chi aveva visto il ponte di Istia sollevarsi per la forza della piena, essere strappato dagli argini e portato in alto intero, per sgretolarsi poi quando l'acqua Alluvioni in Toscana lo lasciò a mezz'aria. Ricordo il mucchio di cambiali che la Banca Toscana chiese alla nostra redazione (che era proprio sopra la banca, in Corso Carducci) di ospitare in una stanza perché erano intrise d'acqua e di melma; un mucchio enorme, sarà stato un cubo di tre metri per più di due in altezza che rimase chiuso in quella stanza guardato a vista da un agente armato. Ricordo la giovane dottoressa MariaAlessandra Barbantini della Questura che dirigeva il centro di soccorso alla popolazione allestito in piazza della Vasca. Ricordo le voci incontrollate di tragedie e devastazioni, le più fortunatamente non vere. Ricordo i giovani e gli Scout che, da subito, si fecero avanti per allestire squadre. Ricordo i portuali di Piombino e Livorno, i primi a venirci in aiuto. Ma soprattutto non potrò più dimenticare la rabbia della gente che, nei giorni successivi, spalava il fango dalle case, dalle officine, dai negozi devastati. Ebbi l'incarico di girare la città, strada per strada, armato di taccuino, e di parlare con la gente, di scrivere per il giornale la loro disperazione, i loro racconti, le loro speranze. Che erano quelle di una città che per giorni venne di fatto lasciata sola o ebbe comunque ben pochi aiuti. «Il lutto di Grosseto non si addice alla tv» scrisse Beppe Bottai in un articolo che è rimasto storico. D'altra parte anche Firenze era stata travolta dall'alluvione del suo fiume, e Firenze per il mondoera piìi importante. Anche Grosseto finì sulle pagine dei grandi giornali e nei notiziari della tv: gli inviati, i giornalisti famosi, comparvero dopo qualche giorno. Andavano in Prefettura, parlavano col Sindaco, venivano a chiedere a noi che l'alluvione l'avevamo vissuta da giornalisti. Arrivavano la mattina e a sera - i più erano di nuovo in viaggio per Firenze, visto che soprattutto era di Firenze che dovevano interessarsi. Dal Telegrafo al Tirreno per non dimenticare Cinquant'anni dopo siamo ancora qui. Allora il giornale si chiamava il Telegrafo, oggi ë il Tirreno. Allora come oggi in prima linea a raccontare Grosseto e la sua provincia, la storia e le storie di una comunità. Storie di tutti i giorni, a volte storie grandi, a volte storie terribili. Come quella dell'alluvione del novembre 196& Oggi di quel dramma ricorre il cinquantesimo anniversario. Per fortuna nel novembre del 1966 a Grosseto c'era il Telegrafo, con i suoi cronisti e i suoi fotografi- è anche grazie a loro se oggi di quel dramma, per molti versi silenzioso, resta memoria ufficiale, pubblica. in occasione dei 500, oggi il Tirreno - in edicola con il quotidianoregala "il Telegrafo del novembre 1966", le pagine e le cronache di quei giorni. Un fascicolo speciale realizzato dal Consorzio di Bonifica e stampato da Effigi, che aiuta a comprendere la dimensione del dramma raccontato "in diretta" da chi lo stava vivendo. Gli stessi che, nelle pagine del Tirreno dei 4 novembre 2016, cinquant'anni dopo ricordano perchi non c'era. Perla memoria, nell'auspicio che la memoria sia da guida nella costruzione di un futuro migliore. Pagina 127 IL LAVORO DE L CRONISTA giornate e del suo lavoro? «Certo. Più di una volta. Mi a , Mìo padre, la voce dei grossetan 11/ i» orn eero Marraccini ricordato da Maurizio : sono orgoglioso di lui mero Marraccini è stato, insieme a Claudio Bottinelli, una penna-simbolo del Tirreno. Diventò caposervizio nel 1960 e guidò la redazione grossetana fino al 1970, prima di passare a La Stampa. Fu lui, più e meglio di ogni altro, a raccontare l'alluvione del ' 66.Omero mo rìnel 1991, quando aveva solo 57 anni, dopo una brillante carriera da giornalista con tre testate diverse: Telegrafo/Tirreno, Stampa e Nazione. Omero arraccini Ieri abbiamo incontrato il figlio, Maurizio, per ricordare Omero a 50 anni di distanza dall'evento che ne segnò lavita professionale. «Mio padre attacca Maurizio - mi ha senopre detto che in quei giorni terribili, quando sembrava che ci fosse solo Firenze e la sciagurata alluvione della Maremma fosse una quisquiglia, addirittura assente sulle pagine dei grandi giornali, Il Telegrafo riuscì a dare voce ai grossetani. Forse anche per questo, in tanti, in questi 50 anni, hanno usato parole lusinghiere verso di lui, commenti che mi hanno sempre reso orgoglioso». Le ha mai parlato di quelle ha sempre detto che il 4 novembre del 1966 (io avevo solo due anni) I1 Telegrafo arrivò puntuale a Grosseto col treno delle cinque e mezzo e in prima pagina titolava a quattro colonne: "Alluvione in Maremma". L'articolo si riferiva agli allagamenti del pomeriggio-sera precedente, quando babbo era uscito con il fotografo Mario Bernieri per rendersi conto di persona e poi scrivere l'articolo di apertura». Si ricorda se Omero tornò a casa la notte tra il 3 e il 4? «Mi ha sempre detto che dopo aver inviato i pezzi - rimase fino all'una a guardare l'Ombrone, alternando un salto in Prefettura e una visita alla caserma dei vigili del fuoco, perché nel frattempo, dai corrispondenti, arrivavano notizie di allagamenti a Castiglione, Braccagni e in altri comuni della provincia, anche a sud. Mentre l'Ombrone era sempre più minaccioso. Poi venne a casa a dormire qualche ora, ma già alle 7 era di nuovo in macchina, perché aveva capito ciò che stava per succedere. Lo rivedemmo qualche giorno dopo arrivare in via Adamello con un gommone dei vigili del fuoco a portarci i viveri. Ma tutto questo babbo lo racconta benissimo in un articolo scritto, sempre per Il Telegrafo, in occasione del decennale» (Maurizio ha in mano proprio quella copia del novembre 1976). Cosa dice l'articolo? Maurizio legge alcune righe: «A giorno aveva quasi Alluvioni in Toscana Pagina 128 Maurizio, il figlio smesso di piovere, ma non si vedeva un solo uccello volare. Anche i migratori palustri erano fuggiti da 24 ore. Giravo, in auto, per una città che aveva perso la voce. (...) Poi mi ritrovai su viale Sonnino con la mano rattrappita sul clacson. Avevo paura. Pigiai sull'acce- Alluvioni in Toscana leratore e la macchina fece il suo dovere. Raggiunsi piazza della Vasca. Facce sbiancate in Prefettura. Accorrere di commessi da una stanza all'altra, con il prefetto Felice Marchioni monumento all'infelicità del funzionario piovuto qui chissà come. Era arrivato da quindici giorni. Superato lo choc si rivelò il Mac Arthur della situazione». Della reazione dei maremmani cosa le ha raccontato suo padre? «Che fu immediata e positiva. Che i grossetani, ma anche gli abitanti delle campagne, delle frazioni, dei paesi vicini, si misero a lavorare, accompagnando il lavoro con qualche bestemmia. E che soprattutto i primi giorni gli aiuti da fuori restarono una speranza, un miraggio». (g. b.) Pagina 129 L'obiettivo puntato sul disas ro Mario r i ri e Antonio ® di Agenzia f l'immagine della ragazzina ,« ia prima del l'alba si era capito chela situazione era d íff di GABRIELE BALDANZI un simbolo più che una fotografia. Un'immagine diventata lo spot dell'alluvione in Maremma: una bambina disperatamente attaccata in cima al tetto di un casolare, in campagna; gli occhi rivolti verso l'alto, il volto tirato per la paura. Per quella e altre foto l'Agenzia fotografica Bf, negli ultimi cinquant'anni, ha ottenuto riconoscimenti, citazioni, premi a livello nazionale. Un pezzetto de Il Tirreno (all'epoca Il Telegrafo) che in quelle grigie giornate di novembre marcò la differenza rispetto alle altre testate. Una foto che al giornale e agli autori (Mario Bemieri e Antonio " Tonino " Ferrari) è stata chiesta centinaia di volte e che all'epoca fu pubblicata anche da quotidiani e riviste straniere. Alluvioni in Toscana rr ri raccontano la loro alluvione Tonino e Mario li abbiamo incontrati nei giorni scorsi, in quello stesso fondo - in via Vinzaglio - dove si trovavano nel 1966, quando avevano 30 anni e da poco intrapreso la professione di fotoreporter. La sede storica dell'Agenzia Bf. B e F, le iniziali dei loro cognomi. «In quei giorni e nelle settimane successive scattammo migliaia di foto - attaccano - raccontammo il disastro, la desolazione, la città e le campagne invase dalle acque limacciose, i danni a Roselle, Istia e Braccagni. E poi la ripulitura, la ricostruzione, la volontà e la speranza in un periodo in cui tutto sembrava possibile, in cui già si parlava dell'uomo sulla luna. Figuriamoci se in Maremma ci poteva fermare un'alluvione...». Oggi sorridono ripensando al tour de force compiuto a partire dal pomeriggio del 3 novembre. A parlare è Mario Bernieri: «Coni Omero Marraccini, che era il caposervizio della redazione di Grosseto del Tirreno, partimmo a bordo della sua LanciaAppia subito dopo pranzo, il giorno 3. Sapevamo che a Braccagni-Sticciano, nella zona del Madonnino, era tutto impelagato. E in effetti, già arrivati al Bottegone, nelle fossette laterali della strada, l'acqua era piuttosto alta, i campi allagati. Omero era vestito bene, io invece avevo portato anche gli stivali e a Braccagni mi tolsi le scarpe e indossai la gomma. roi tacemmo un giro. Ci accompagnarono alcuni abitanti. La situazione non era drammatica, a dire il vero. Qualche scantinato allagato, gli affluenti del Bruna gonfi. A Sticciano il sistema fognario era saltato. Feci qualche foto per il giornale, nulla di indimenticabile. Quando tornammo alla macchina scoprii che mi avevano fregato le scarpe asciutte...». Mario e Tonino furono gli occhi dell'alluvione: «Il lavoro vero e proprio iniziò prima dell'alba del 4 novembre - sono parole di Tonino Ferrari - eravamo già dalla sera prima in contatto con i vigili del fuoco e la Prefettura. Era bastato fare un giro sull'argine per capire che la situazione era compromessa. Andammo, avanti giorno, alla caserma dei vigili, in via Senese, e da lì iniziò la giostra. Grosseto era già fradicia. Aveva fatto tanta pioggia. La sera prima alcune strade erano state chiuse verso Roselle, dove il Salica aveva tracimato e diverse persone trasferite in città, i primi alluvionati. Alle 6 eravamo presenti alla telefonata tra il comandante dei vigili del fuoco e un dirigente del Genio civile. Si cercavano rassicurazioni a vicenda, ma nessuno era tran- fotografi quillo. In città erano già arrivate voci - da alcuni camionisti - che al Motel Agip l'Ombrone stava iniziando a tracimare. Noi portammo la macchina dell'agenzia dentro al piazzale della caserma, pensando che fosse al sicuro. Poi io rimasi e Mario uscì con i vigili del fuoco per un altro intervento a Roselle. Rientrò dalla strada dello Sbirro, riprendendo la vecchia Aurelia. Ma arrivato a Grosseto, da Barbanella, fu costretto a traversare la ferrovia e rifugiarsi in piazza della Vasca». Mario conferma questo racconto: «Che al Motel Agip si era aperta una falla nell'argine dell'Ombrone l'avevo saputo mentre passavo a prendere i giornali, al mattino. Lo raccontava un camionista che veniva da Orbetello e che ci aveva raccontato ciò che aveva visto, ma noi non ci arrivammo mai in quel punto, alle Quattro Strade. Almeno fino ai giorni successivi». Lì il fiume aveva fatto i danni maggiori, lì l'acqua era troppo alta. Pagina 130 Tonino e Mario: la fatica, i premi e il titolo di "Angeli del fango" aria e Tonino tenevano al collo due Rolleiflex con pellicola mediofor- mato 6x6, (12 fotogrammi quadrati di 56 mm di lato), macchine tedesche straordinarie, con una sincronizzazione flash su tutti i tempi di scatto e lenti dalla definizione incredibile. «Il fotografo doveva essere bravino specifica, con orgoglio, Mario Bernieri - ma davano grandi soddisfazioni». L'Agenzia Bf, con Tonino e Mario, copri la città e la periferia. «Paradossalmente - sono parole di Antonio Ferrari - di quelle giornate mi è rimasto fissato dentro, a distanza di 50 anni, l'impatto olfattivo più che visivo: il puzzo di fango, di idrocarburi, di marcio». I Qui sopra immagine ef dei 1966 Nella foto grande Mario Bernieri (a sinistra) e Tonino Ferrari con ia nuovo libro due reporter del Telegrafo condivisero i pericoli con quanti allora si prodigarono al limite delle loro forze: «Uscivamo di casa al mattino, alle 6, e rientravamo a notte. Andammo avanti così per diverse settimane». Mario si mise alle calcagna dei militari, viaggiò sugli elicotteri dellabase Baccarini, sui gommoni, i barchini, i mezzi anfibi. Tonino fotografò l'umanità, la Grosseto fangosa. «A volte capitò di fare da cronisti e da fotografi - corifermano entrambi - mettemmo insieme, quasi senza accorger- Alluvioni in Toscana sene, una documentazione sconfinata, amplissima e dettagliata, riuscendo a testimoniare la crudezza dei fatti, l'angoscia dei volti, ma anche la speranza». Sia a Mario che a Tonino chiediamo quali, tra migliaia di immagini, sono ai loro occhi quelle più significative: «Oltre alla bimba sul tetto - rispondono - ci mettiamo il pianoforte attaccato al soffitto in casa Pantani, in via dei Mille. E poi i cavalli da corsa rimasti impiccati all'allevamento di Barbaruta, quando le acque iniziarono a ritirarsi. Un brutto spettacolo. E ancora le giostre sommerse al campo Amiata». Per la cronaca la sede dell'agenzia, in via Vinzaglio, si salvò. L'acqua arrivò alla soglia senza entrare. Rimasero compromettesse la vettura dell'agenzia e altro materiale durante le uscite, ma non chiesero mai risarcimenti. Infine i concorsi: «Con le foto dell'alluvione - conclude Tonino - ci siamo tolti delle belle soddisfazioni. Abbiamo vinto perfino un concorso nazionale organizzato da La Nazione, il giornale concorrente. Siamo stati insigniti della qualifica di "Angeli delfango", ma soprattutto - ed è la soddisfazione più grande - le nostre foto hanno fatto il giro del mondo e ancora oggi sono richiestissirne. Peccato per le negative che sono andate perse con i viaggi da e per Livorno con i fuori sacco...». (g. b.) Pagina 131 Da via San Martino a via Ferrucci Le nuove foto in regalo con il Tirreno E a proposito dell'Agenzia Bf, prosegue il viaggio fotografico con le immagini di quell'inesauribile archivio. Oggi il Tirreno in edicola regala la nuova scheda, che ci porta in via San Martino, da sempre uno dei "cuori" del commercio in centro storico . La piena del novembre 1966 qui provocò danni incalcolabili, perché l'Ombrone salendo da via de' Barberi entrò dritto da Porta Vecchia, devastando in particolare piazza del Sale e via San Martino, tra le zone più "basse " del centro. Come sempre accanto alla foto dei 1966 la scheda propone l 'immagine dello stesso punto oggi. Nel 2016 esiste ancora il panificio, all'epoca distrutto, e Ombretta Panichi - nipote dell'allora titolare - racconta attraverso la penna di Luca Sonetti , la vicenda di quello storico negozio. Ma il lungo viaggio col Tirreno tra passato e presente non finisce qui. Ci sono altre undici tappe , la prima domani. Quando andremo in via Ferrucci, a ritrovare - riemersi da una foto simbolo - "i tre ragazzi meravigliosi" di Pilade Rotella e Luciano Bianciardi. Alluvioni in Toscana Pagina 132 _„ • g GGa: iù pro E rne - fango Parla la figlia dell'assessore Giorgetti che alle 7 di mattina si precipitò nella golena «Noi eravamo a casa e lui ci mandò un biglietto, così scoprimmo il cataclisma» di TAMARA GIORGETTI * - uel maledetto 4 novembre 1966 cominciò, per la veri- tà, il gion,,9-prima. Il cielo si fece color piombo e l'acqua per troppe ore venne giù a catinelle in Maremma e, soprattutto, in montagna. Fece buio prima quella sera, un'oscurità minacciosa, rotta da un fitto "balenio", come fosse un bombardamento. Pareva che le cateratte del cielo si fossero rotte; un "lavoro" in quel modo non si ricordava a memoria d'uomo. La gente cominciò a preoccuparsi, ci si interrogava aggrottando le fronti, i più vecchi cominciarono a presagire il disastro: e disastro fu!». Comincia cosa il capitolo sull'alluvione nel libro di mio padre. Solo due paginette alla fine, non aveva voglia di parlare dell'alluvione e come dice lui «troppe cose di cui si è scritto e parlato fino alla noia». Ma ricordo alcune immagini che sono stampate nella memoria di tutti noi come la foto della bambina sul tetto dell'idrovora di Cernaia. L'Ombrone ruppe gli argini in quattro punti alle 7,55 della mattina del 4 novembre 1966 ed entrò con tutta la sua prepotenza in città sommergendola con la sua acqua marrone, portandosi dietro tutto quello che trovava. In poche ore la città e la provincia furono sotto quattro metri di acqua. I segnali Alluvioni in Toscana c'erano tutti, da giorni ormai pioveva a monte, e in Maremma si sa che, quando piove a lungo a Buonconvento, le notizie non sono mai buone. Nonno Gino scuoteva la testa e borbottava fra sé e sé parole che non lasciavano dubbi: il peggio poteva arrivare. Ne avevano viste di piene i vecchi grossetani; e specialmente loro che venivano da Volta di Sacco conoscevano bene il fiume. Le targhe sono tutte li attaccate sulle mura, a Porta Vecchia, a testimoniare le piene dell'Ombrone degli ultimi 100 anni e i metri erano sempre più alti. L'alluvione di Grosseto, definita giustamente da Pilade Rotella e Luciano Bianciardi "L'alluvione della povera gente", l'alluvione che colpi una provincia già molto povera con un alto tasso di disoccupazione. Grosseto fu dimenticata perché lo stesso giorno l'Arno esondò allagando Firenze: la capitale dell'arte italiana "rubò" la scena e non solo, a Firenze arrivò di tutto da tutto il mondo. Ma una cosa va detta: a Firenze l'Arno esondò, ma a Grosseto l'Ombrone ruppe gli argini ed è cosa ben diversa. Un fiume esonda dolcemente, ma quando rompe lo fa con tutta la prepotenza di cui è capace e l'Ombrone è un fiume a carattere torrentizio quindi ha la prepotenza di un torrente, non la dolcezza di un fiume. ze e neppure qualche riga sulla Maremma. Sicuramente l'alluvione di Firenze fu drammatica, perché colpi un patrimonio di inestimabile valore; ma la piccola provincia maremmana visse lo stesso dramma. Quindi dopo 50 anni rendiamo giustizia, ricordiamo, ricordiamo tutti quelli che lavorarono giorni e mesi. Anche in Maremma ci furono gli Angeli del fango. Il Genio civile era in preallarme, i turni di guardia per capire quanto cresceva il fiume erano ormai fissi e fu la prima volta che sentii parlare di "portata d'acqua della piena", di metri oltre il "limite di guardia". E ormai superato il limite di guardia, era importante capire se l'acqua correva verso il mare o no: se durava il vento di terra il mare riceveva l'acqua dell'Ombrone. Ma il vento cambiò. La mattina il telefono squillò molto presto, prima delle 7 e andai io a rispondere. Era il comando dei vigili urbani che voleva urgentemente babbo, seppi dopo che lo avvisavano di andare subito a controllare perché sembrava che l'Ombrone stesse andando fuori dalla golena, ma non sapevano di preciso dove, e alcune strade erano già allagate. Noi abitavamo al quinto piano, quindi eravamo più che sicure, babbo uscì e lo rivedemmo a notte fonda, arrivò solo un biglietto per avvisarci di quello che stava succedendo. Uscito da casa si era diretto verso sud, aveva pensato di gridare verso la "barca" passare la ferrovia a Gorarella e andare a vedere il livello dell'acqua. Ma si trovò di fronte un muro di acqua che stava arrivando, fece una rapida conversione sui binari e si diresse verso la Prefettura, che fu l'unica sede di istituzione a rimanere asciutta anche il Comune era finito sott'acqua - e da 13 parti la macchina dei soccorsi. L'Ombrone aveva rotto gli argini in quattro punti, due appena fuori città dove era il Motel dell'Agip e poi in via dei Barberi, dove il fiume entra in città, l'argine è vicino alle case. All'inizio c'era un solo elicottero, uno di quelli piccoli con sotto lo zatterone arancione. Gli altri, quelli dell'esercito,partiti da Roma, erano rimasti bloccati per il forte vento, così come rimasero bloccati i mezzi anfibi: non riuscirono a metterli in acqua per attraversare il ponte Mussolini, spazzato via. Rimase bloccata anche la troupe della Rai che stata venendo a Grosseto per i festeggiamenti del 4 novembre all'aeroporto militare. Nessuno riuscii a entrare in I giornali e i telegiornali di tutto il mondo riportarono solo articoli e immagini di Firen- Pagina 133 Via Telamonio , il ponte dei Macelli e in alto Enzo Giorgetti Nei giorni precedenti c'erano stati dei segnali. Nonno Gino e i vecchi grossetani avevano intuito prima degli altri che cosa stava per accadere Alluvioni in Toscana Dal nostro terrazzo si vedeva bene il ponte dei Macelli Da li passava di tutto Macchine, autobus, camion e tanti animali Alcuni erano ancora vivi città prima di due giorni, ma i grossetani non si lasciarono vincere dalle acque, conoscevano la forza dell'Ombrone e sapevano cosa dovevano fare: rimboccarsi le maniche. Babbo, come assessore al Comune di Grosseto, fu consegnato dal nostro sindaco Renato Pollini in quanto conoscitore del territorio anche senza cartine topografiche, inutili essendo tutto il territorio sott'acqua. Il pilota, militare (dettero un grosso aiuto i militari), e mio padre partirono per un giro d'ispezione, e si resero conto che la situazione era più drammatica del previsto. Tutto era sommerso, le cascine, i poderi, le case cantoniere, tutto coperto, e non si capiva che fine avesse fatto la gente: una grande desolazione. Avvisarono la popolazione, con un megafono dall'elicottero, dicendo di salire sui tetti e cominciarono i lanci di biscotti e latte: a quei tempi le bottiglie erano di vetro e molte si rompevano, ma poi cominciarono ad arrivare a segno e la gente non si sentì più sola. Le acque si ritirarono lasciando fango dappertutto, carcasse di animali, macchine, biciclette, motorini e anche autobus, tutto quello che si trovava nelle case, sulle strade e in ogni luogo dove l'acqua era entrata. Grosseto non aveva grandi opere d'arte come Firenze, rna ha avuto l'acqua molto alta ed è stata dimenticata. I ma- remmani, gente dura e tenace, si sono rimboccati le maniche e hanno saputo da subito che avrebbero dovuto fare da soli e da soli fecero. Il giorno in cui si ritirarono le acque i prezzi degli stivali di plastica e delle pompe per aspirare l'acqua dagli appartamenti e cantine erano andati alle stelle: gli sciacalli sono sempre presenti nelle disgrazie. Dal nostro terrazzo si vedeva bene il ponte dei Macelli, e da sotto quel ponte passava di tutto: macchine, autobus, camion addirittura e animali, tanti animali di tutte le specie e taglie, alcuni ancora vivi che cercavano disperatamente di salvarsi. In tutto questo dramma che si stava consumando ci giunse voce che i proprietari del negozio di alimentari proprio attaccato al ponte, che abitavano nel nostro palazzo, erano rimasti bloccati dall'acqua. Pensando che fosse una cosa passeggera non avevano pensato di chiudere e andarsene. Quando l'acqua cominciò a salire anche loro cominciarono a scalare gli scaffali del loro negozio e dovettero passare la notte abbarbicati sull'ultimo piano degli scaffali. Furono salvati due giorni dopo. Quando riuscimmo a uscire da casa e fare pochi metri intorno a noi, c'erano solo fango e desolazione, ma anche tanti grossetani con le mani nel fango. E da quelle immagini la promessa che non sarebbe più successo. *Figlia di Enzo Giorgetti Pagina 134 hi, il firme visto (Ial basso ii canoa tra triti e aneddoti Lo disceso per intero tre volte: «bisogna lasciar fr tutto alla natura» di PIERLUIGI SPOSATO e conosce i suoni e i rumori. E soprattutto i silenzi. Ne conosce i pericoli e i segreti. E soprattutto il fascino. Ne conosce il passato e il presente. Ma immaginarsene il futuro non è facile nemmeno per lui. A ottanta anni, Umberto Mario Bambi è ancora innamorato dell'Ombrone, forse anche più di quella prima volta che impugnò la pagaia. Talmente innamorato che quasi tutti i pomeriggi di questa estate ha di nuovo vestito i panni della guida, reclamato dalla cooperativa Silva e dai suoi clienti, per far scoprire ai turisti questo angolo di Maremma. Trenta anni di servizi. Difficile trovare chi conosca meglio di lui - dal basso - l'Ombrone, lui che l'ha anche disceso interamente - celebri le imprese del 1986 e nel 1996, rna anche quella del 2006 - in compagnia di un drappello di appassionati: Claudio Venturi e Fabrizio Giustini tra quelli della prima impresa di cui anche Il Tirreno, insieme ad Aics, fu promotore. Una testimonianza di affetto che non si spegne nemmeno adesso, nemmeno di fronte alle decine e decine di domande dei visitatori che vogliono sapere le stesse cose: i pesci, i cinghiali, le alluvioni... Per tutti Mario ha una risposta, un aneddoto, una storia più o meno vera. «Non so bene come fosse Alluvioni in Toscana Umberto Mario Bambi con la sua canoa in una foto di qualche tempo fa l'Ombrone prima di 30-40 anni fa - dice oggi Bambi - So che di recente tante cose sono cambiate: la depurazione finalmente efficace, a monte, ha migliorato in molti aspetti la qualità delle acque anche nel tratto finale. Però occorre fare attenzione, il fiume è sempre un'insidia». Lui di fiumi - e che fiumi! - se ne intende: Ira percorso anche il Danubio, ha partecipato alla discesa dell'Arno. Non lo confessa, accampa l'età avanzata e problemi di salute : ma gli si legge negli occhi che un'occhiata a tutti quei 160 chilometri gliela darebbe di nuovo volentieri, magari per cogliere aspetti mai visti o trasformati. «L'Ombrone è vivo: non tutti i fiumi sono vivi rna l'Ombrone lo è ancora»". Lo testimoniano i cambiamenti di percorso, più o meno marcati, la presenza di animali, i segni dell'uomo che riaffiorano. «Tra la Barca e ii ponte della ferrovia deve esserci stato, tanto tempo fa, un approdo o qualcosa di similare. Mi hanno detto che, cercando bene, si trovano piccoli cocci, presenza di non so quale periodo». Chi sceglie di scendere il liume in canoa sale alla Barca sulle canadesi compagne di mille avventure: ce ne sono di appaiate, per garantire una stabilità magF Pagina 135 vare fino in fondo in canoa: l'ultimo tratto è zona protetta dal Parco, c'è il falco pellegrino. E uno dei tratti più belli. E anche quello è cambiato : è diventato estuario, mentre prima assomigliava più a un delta, con i chiari». Pesci? Si, ce ne sono. E sulle sponde fanno capolino cinghiali e daini. Il fiume è vivo. La nostra inïziativa dei 1986 giore, per evitare che qualcuno piombi inavvertitamente in acqua: «Ma è capitato lo stesso, sa? Una turista tedesca, tanti anni fa. Vidi un movimento strano, con la coda dell'occhio, e intuii che era caduta in acqua. Non aspettai nemmeno di aver capito: mi gettai giù e, tastando con le braccia nell'acqua melmosa, torbida, riuscii a trovarla. Ma non fu facile riportarla su: addirittura rischiai di affogare anche io. Un brutto momento». Il regno di Bambi ha, adesso, confini geografici ben precisi: sono quelli che arrivano fino a tre chilometri dalla foce dell' Ombrone. «Non si può più arri- Alluvioni in Toscana Se ii cammino della canoa deve fermarsi per regolamento, la fantasia di Umberto non ha confini. Arriva fino all'Uccellina: il luogo delle leggende . «A chi mi chiede qualche storia di queste parti, racconto spesso quella della Bella Marsilia: a modo mio, a prescindere da come si ritiene che sia andata veramente». E chi vuole sapere come la racconta lui, non deve far altro che salire in canoa. Bambi attinge poi al serbatoio della memoria, e racconta di quando era ragazzo: di quando, dalle parti del Berrettino, andava a fare il bagno con i coetanei. Storie che sembrano lontanissime e che invece fanno parte del bagaglio dei ricordi di tanti grossetani. Ma oggi l'Ornbrone fa paura? «Io ho visto tanti cambiamenti nel fiume, anche da fuori. Ho visto che tanti alberi, all'interno del letto, sono stati strappati via dalla furia di queste tempeste di acqua che si sono abbattute sui nostri territori . Sono un presidio importante, gli alberi: non credo che si debba lasciar fare tutto alla natura, bisogna intervenire». Pagina 136 L 1 T T ERRAMARE Appello alle istituzioni «Serve un contratto per diminuire i rischi» r 1 fiume Ombrone come un gigante addormentato, che iL_ scorre a volte placido, altre volte meno. Quando il gigante si sveglia, fermarlo non è facile. Dall'alluvione del 1966 l'intervento è stato indirizzato verso il controllo e il monitoraggio: valorizzare il fiume e nello stesso tempo metterlo sempre più in sicurezza. E ciò che si sono riproposte l'associazione Terramare, la Uisp di Grosseto e Legambiente, rilanciando il "Contratto di Fiume" come strumento strategico anche dal punto di vista della sicurezza. Fra le tante iniziative, è stata organizzata una manifestazione sportiva, presentata nella sede del comitato provinciale Uisp di Via Romania. Proprio in questa occasione Legarnbiente attraverso il re- Alluvioni in Toscana sponsabile nazionale, Angelo Gentili, e Teramare con il presi dente, Maurizio Zaccherotti, lanciano un accorato appello. Il fiume ad oggi ha degli aspetti positivi per l'ambiente. Unico in tutta Italia a livello naturale, ma con grossi problemi dovuti al deflusso delle acque. Criticità dovute ad una gestione poco organizzata, che lo porta spesso a riempirsi di detriti, ad essere meno navigabile e più pericoloso in caso di piena: «Sono iniziative molto belle alle quali collaboriamo volentieri - spiega Gentili - per testimoniare quali sono le condizioni attuali di questo fiume. Sono passati tanti anni dall'alluvione. Oggi l'Ombrone ha da una parte grandi potenzialità. Dall'altra conserva grossi rischi. Basti pensare che vaste aree della città di Grosseto sono La presentazione della due giorni di manifestazioni sull'Ombrone (foto Bf) a rischio dal punto di vista idraulico. La dove si è costruito malamente, il flume tende a dare le risposte negative». Cosa si può fare oggi? Legarnbiente ha già una risposta: «Dobbiamo trovare tutti insieme delle soluzioni come discendere il fiume e vedere le sue reali condizioni. Controllare la presenza di rifiuti abbandonati. Quella dei detriti che creano difficoltà al deflusso delle acque. Sono informazioni importantis- sime, unite al fatto che fa fatta una continua manutenzione. Noi lo ripetiamo continuamente. Il fiume va curato e non può essere lasciato a se stesso. Va anche in qualche misura guidato. In questo senso facciamo un appello molto forte alle istituzioni attraverso il "Contratto di Fiume". Un contratto che viene stipulato, fra istituzioni, cittadini e associazioni per diminuire il rischio idraulico e per valorizzare le potenzialità del fiume stesso, Pagina 137 %/L°.,d/. Da Alluvioni in Toscana o4, Ist Ln/. ,irbí' 77 rr. nr , Due giorni di manifestazioni sportive per non dimenticare l'alluvione dei 1966 . E' l'iniziativa ecologica organizzata da comitato Uisp di Grosseto, Lega Ciclismo e Acqua Viva, associazione Terramamare, Legambiente, con Istituto agrario e Liceo sportivo di Grosseto, Croce rossa e il patrocinio dei comune di Grosseto. Domani (ore 9 ) la ciclo passeggiata sull'argine dei fiume di circa 13 km che inizierà proprio dal punto in cui cinquanta anni fa si creò il varco che provoco l'inondazione. Insieme ai ciclisti anche un gruppo di podisti. Nello stesso tempo Terramare organizzala discesa del fiume, 77 km da Buonconvento a Istiad'Ombronedi due giorni. Si parte domani , con il primo tratto che si concluderà a Paganico. Per proseguire il giorno dopo fino a Istiad 'Ombrone. a il condizionale è d'obbligo. infatti fanno sapere da Terramare che attualmente i tratti navigabili sono pochi . Nello stesso tempo le previsioni meteo prevedono grossi fenomeni temporaleschi e la manifestazione, sopratutto per motivi di sicurezza, non potrebbe avere luogo. (m.g.) contribuendo attraverso coloro che godono e partecipano dell'area fluviale, come già avviene in molte zone d'Europa. Dobbiamo spingere affinché il Consorzio Bonifica da una parte e le istituzioni comunali dall'altra che sono attraversate dal percorso del fiume si facciano carico delle loro responsabilità sotto questo aspetto». Anche Zaccherotti è molto critico: «Sono anni che monitoriamo il fiume. Abbiamo raccol- to una montagna di dati, che mettiamo a disposizione delle istituzioni. Attualmente dei 77 chilometri da Buonconvento a Istia d'Ombrone, pochi sono navigabili, proprio per l'eccessiva sedimentazione del corso del fiume e peri troppi detriti lungo il suo percorso. Va bene ricordare l'alluvione, ma bisogna guardare al futuro, perché gli stessi eventi tragici di quei giorni non si debbano ripetere ancora». Massimo Galletti Pagina 138 io incinta, impiegai 4 giorni per tornare a casa «Quel giorno melo ricordo bene : tornavo da Roma in treno ed ero incinta di mio figlio Enrico . Ad ogni stazione, il convoglio si fermava: e nessuno sapeva darci notizie. Nessuno capiva cosa stava accadendo. C'era molta confusione, ma era chiaro che era successo qualcosa di grave. Si capi tutto quando arrivammo nei pressi di Grosseto, con le campagne allagate e un clima irreale. Arrivata alla stazione mi ritrovai purtroppo sola. Per tornare acasa , a Batignano, ci misi quattro giorni». Maria Vittoria Peruzzi non può dimenticare cosa successe il 4 novembre dei 1966. Era andata a Roma al ministero delle Poste per chiarimenti sul suo posto di lavoro : per sapere la sua nuova destinazione, che poi l'avrebbe portata per un periodo in Liguria. «All'epoca le comunicazioni non erano facili - racconta Maria Vittoria -e mi ero messa d'accordo coni miei fratelli che dovevano venire a prendermi, ma nessuno poteva passare. Le stradeerano impraticabili, compresa quella che da Batignano portava a Grosseto. Non mi scoraggiai però, e in qualche modo in mezzo a quella valanga di fango mi incamminai verso casa di una mia zia, che mi ospitò. Furono ore drammatiche , soprattutto perché non potevo mettermi in contatto con la famiglia, che immaginavo in pensiero per me». Nel giorni successivi fu chiaro che sarebbe stato davvero complicato far sapere dove Maria vittoria fosse finita. «Mici vollero quattro giorni per mandare un messaggio a casa e dire dove fossi. Meno male che i miei fratelli avevano un camion e riuscirono in qualche modo a passare. Un'avventura che anche a distanza di cinquantanni certo non posso proprio dimenticare». en.gi. Alluvioni in Toscana Pagina 139 Omaggio agli angeli del Mantovano una mostra con 52 foto inedite ricorda chi nel'66 portò aiuto da S. Benedetto Po di ENRICO GIOVANNELLI 14 novembre del 1966 l'alluvione non colpì solo Grosseto: anche a Castiglione della Pescaia i danni furono tantissimi, specialmente nelle campagne e nelle frazioni, come nella piana sotto Vetulonia. E stata un po' "Un'alluvione dimenticata": il richiamo mediatico si concentrò su Firenze. Di storie da raccontare però ce ne sono: una è quella dell'aiuto portato dai cittadini di San Benedetto Po, arrivati per dare una mano; una loro delegazione è attesa oggi. L'idea, partita in collaborazione con l'Unitre di Castiglione e a cui l'Amministrazione comunale ha aderito, è: ricordare quei tragici giorni e chi si era dato da fare per aiutare la popolazione, rimanendo però tra gli sconosciuti. Oggi pomeriggio a partire dalle 16 nella sala consiliare si aprirà la mostra, con foto e immagini inedite, e nei locali della biblioteca Italo Alluvioni in Toscana L'alluvione del '66 nelle campagne castiglionesi Calvino si terrà una conferenza con l'architetto Pietro Pettini che ricostruirà cosa successe in quei giorni al territorio castiglionese. «ll territorio di Castiglione osserva l'assessore alla cultura Susanna Lorenzini passò quasi inosservato e invece tanti furono i danni provocati dall'allu- vione del '66, comprese le frazioni, specialmente nella campagna di Vetulonia. È stato fatto un lavoro certosino per ritrovare documenti, foto e testimonianze. La mostra omaggia i cittadini di San Benedetto Po che ci vennero ad aiutare, capendo quello che era avvenuto». L'evento multimediale è arti- colato su tre attività: un lavoro durato alcuni mesi, fatto di raccolta di materiale fotografico, testimonianze orali e documenti inediti riguardanti quei tragici giorni; il curatore dell'appuntamento, Luigi Carotenuto, presenterà il lavoro di raccolta della mostra, che durerà una settimana e dove verranno presentate 52 fotografie inedite, oltre alla voce dei testimoni dell'epoca e molti documenti estratti dall'archivio comunale, tra cui articoli dei quotidiani locali e nazionali. Materiale mai presentato al pubblico prima d'ora, come la storia scoperta da un quotidiano che un anno dopo raccontò la vicenda di un vigile urbano, Altidoro Ro iolani, che in due giorni portò in salvo circa 180 persone dai poderi alluvionati, con una barca recuperata quasi per caso, e che nessuno aveva registrato. L'alluvione colpi duramente tutto il territorio di Castiglione, da Pian di Rocca a Pian d'Alma e in particolare Vetulonia. Eppure la cittadina costiera non compare nell'elenco dei comuni alluvionati o nelle varie pubblicazioni che sono seguite negli anni su quel tragico 4 novembre 1966. Pagina 140 LN CI"4'T® 1 TI OSPFA , /A',?3°i 1 La due giorni del Rotary Club er il 50" anniversario dell'alluvione che mise in ginocchio Grosseto, il Rotary Club insieme alla Fondazione rotariana "Carlo Berliri Zoppi" - ha organizzato una serie di iniziative per consolidare la memoria: dalle iniziative a tutela dei cittadini, allo spirito di squadra che si mise in campo per far fronte alla tragedia. Si comincia con un Convegno, alle 15 di oggi al Teatro degli Industri. Ci saranno il presidente del Rotary Club Grosseto Luigi Mansi, il sindaco Antonfrancesco Vivarelli Colonna, e tanti illustri ospiti: Alessandro Vignani , governatore del distretto Rotary 2071; Fabio Bellacchi , presidente del Consorzio Bonifica 6 Toscana Sud; Franco Angotti, ingegnere (Università di Firenze) che spiegherà cosa fa il Rotary con le istituzioni per l'ambiente e per attenuare il rischio idrogeologico in Toscana; Renzo Ricciardi , ingegnere, dirigente Genio Civile Toscana Sud, che parlerà dell'Onibrone; Enio Paris (Università di Firenze), che relazionerà sulle ricerche in campo idraulico per un corretto governo del territorio; Giulio De Simone, presidente del Tribunale di Grosseto, che spiegherà come si è evoluta la normativa per la difesa del suolo; Anna Guarducci (Università di Siena), che concluderà con un excursus storico sull'Ombrone e la bonifica grossetana fra Granducato e dittatura. Ci sarà anche la consegna del riconoscimento "Paul Harris Fellow" a Felice Caldora, membro dell'equipaggio dell'elicottero dell'aeronautica militare che nel'66 partecipò. Non finisce qui. Domani, dalle 10, sempre al Teatro degli Industri - dopo una breve introduzione del presidente del Rotary Mansi - seguiranno gli interventi di: Enrico Bonari della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa; Giampiero Maracchi, presidente dell'Accademia dei Georgofili; Gabriella Papponi Morelli, presidente del Polo Unversitario Grossetano. E poi ci sarà la proiezione del film "4 novembre 1966: racconti dell'alluvione" del regista Francesco Falaschi . Verranno premiati anche i vincitori del Concorso per tesi magistrali e di dottorato di ricerca "Chiare fresche e dolci acque" sui sistemi idrici; parteciperanno: Roberto Giorgetti, Fabio Bellacchi, Banca Carige, Claudio Scali, Enrico Bonari. Presenterà e coordinerà i lavori delle due giornate Rita Martini . E corre chiusa della due-giorni - domani alle 21, nella Cattedrale di San Lorenzo a Grosseto - ci sarà un solenne concerto, in nnemnoria di Guglielmo Francini già presidente della Fondazione rotariana Carlo Berliri Zoppi. Si esibirà l'Orchestra Città di Grosseto, Società Corale Giacomo Puccini di Grosseto, il coro polifonico San Nicola e il coro dell'Università di Pisa diretti da Stefano Barandone con Federica Nardi, Fulvia Bertoli , Marco Mustaro e Giorgio Marcallo . Direttore d'orchestra, Francesco Iannitti Piromallo. Alluvioni in Toscana Pagina 141 LA l'ú3 T;%". Lsí LZO Gli scatti di Bf alle Clarisse !!slc't: 1 . .i l('};l 'ßI ,J , UV10N1 % $wf * La copertina del libro e locandina della mostra inaugura oggi alle 18, al Polo espositiva culturale delle Clarisse in via Vinzaglio, la mostra "L'Alluvione del '66": una cinquantina di fotografie (stampate in grande formato) dell'archivio storico dell'Agenzia Bf esposte per un mese, a raccontare la grande piena "in diretta" da quei giorni. Cinquant'anni fa due giovani fotografi, Mario Bernieri eAntonio Ferrari, all'arrivo della piena si lanciarono nel cuore del disastro per documentarlo. Si deve a loro la più vasta e straordinaria raccolta di immagini della grande alluvione di Grosseto. La mostra, a ingresso gratuito, è composta da alcune delle immagini più significative tratte dal libro fotografico "L'alluvione del'66" realizzato dall'Agenzia: la nuova edizione del libro, fresca di stampa e aggiornata- con oltre 140 foto, molte delle quali inedite - è disponibile da oggi nel negozio Bf di via Vinzaglio. In copertina, in questa nuova edizione, l'immagine simbolo dell'alluvione di Grosseto: la bambina sul tetto. La mostra sarà aperta martedì e giovedì dalle 9 alle 19; mercoledì, venerdì e sabato dalle 14 alle 19. Domenica e lunedì chiuso. Alluvioni in Toscana Pagina 142 Le tre sorelle Carassali, simbolo di via Firenze: siamo sempre rimaste a casa, ma quanta paura 1 CARRARA Quelle tre ragazze piene di energie Anna Maria, Franca e Giuseppina Carassali erano diventate un simbolo di Marina vecchia, nei giorni dell'alluvione del 2014. Un simbolo della "resistenza", di chi non ha voluto saperne di abbandonare le proprie abitazioni nei momenti drammatici del post alluvione e dei successivi allerta. Nei momenti dell'evacuazione e di una Marina in "zona rossa" quasi totalmente deserta. Marina durante l'alluvione Tre ragazze speciali di 84, 21 Le sorelle Carassali due anni fa sulla soglia di casa Alluvioni in Toscana 81 e 76 anni, che si erano affacciate dalla loro casa in via Firenze, dicendo a gran voce che da lì nari se ne sarebbero mai andate. Nemmeno nei giorni più critici, quelli delle nuove allerte, quelli della paura per nuove bombe d'acqua e dello sgombero forzato. Loro la loro ragione l'avevano detta subito, senza giri di parole, nel modo schietto che le contraddistingue. «Siamo tre sorelle, tutte vecchie - avevano detto dopo il 5 novembre di due anni fa - qui c'è la nostra vita. Abbiamo già pulito tutto una volta, siamo pronte a rifarlo. Ma non chiedeteci di andare via». In quella strada nel cuore della Marina vecchia, dove per giorni gli autoparlanti delle macchine dei vigili e dai carabinieri, invitavan o la gente a uscire di casa, a trovare altre sistemazioni fino al cessato allerta, le sorelle Carassali erano rimaste lì. Nella loro abitazione con la porta di legno e la cassetta delle lettere in ferro battuto. Ora, a distanza di due anni, si fanno fotografare sempre lì. Sulla soglia di una casa dove, anche soltanto all'esterno, qualcosa da due anni fa è cambiato: «Adesso abbiamo le paratie da mettere durante i temporali - dicono Anna Maria, Franca e Giuseppina - Quando comincia a piovere forte viene nostro nipote a sistemare tutto, lui che nei giorni dopo l'esondazione ci ha aiutato a rimettere tutto a posto». Ma erano state anche loro, le tre "ragazze" di via Firenze, a prendere stracci, secchi e pala e a buttare via il fango dalle stanze, dal giardino, dai mobili e dai cassetti. Adesso la casa è a posto. Ma la paura, da quel 5 novembre di due anni fa non se ne è mai andata. «Quando piove forte - dicono le tre sorelle - ci guardiamo negli occhi e, senza dire neppure una parola, ci capiamo al volo: "stanotte nari si dorme". E succede così, ogni volta. Perché quello che abbiamo visto, quello che abbiamo dovuto fare per ripulire tutto, è difficile da dimenticare». Il fiume, cosa vicino alla casa, per Anna Maria, Franca e Giuseppina ora è un sorvegliato speciale: «Ci auguriamo che l'argine adesso lo abbiamo fatto a modo, ma la paura resta e con quella ormai dobbiamo conviverci». (a. e.) Pagina 143 L / „✓/////,., . %///rr,/ U. % )// Y// / _ k , / / Il patron Gino Mazzi ricorda: in un mese e mezzo l'azi n a è tornata operativa Acquisita la ex Valta, diventerà un nuovo show room per marmo e lastre questa zona ha addirittura deciso di continuare a investire: «La rimettiamo in piedi. La no- ha acquisito la ex Valla, prostra azienda la rimettiamo in prio davanti alla Furrer e quei l5mila metri quadrati ospitepiedi». E questo che ha pensato Gi- ranno a breve uno show room no Mazzi, storico patron e lo stoccaggio del materiale. «L'uomo che agisce può tutdell'azienda Furrer, una big del marmo conosciuta in tutto il to - dichiara Mazzi - questa è la mondo, guardando dal ponte lezione che ho imparato di via Pucciarelli la devastazio- dall'alluvione. Nei momenti di ne del Carrione. Alle 7 di matti- difficoltà non bisogna arrenna del 5 novembre di due anni dersi ma rimboccarsi le maniche e cercare di rimettersi in fa. «Mi hanno chiamato alle 6 e piedi, il prima possibile». Di mezzo c'era il lavoro. Cinmezzo, ho subito pensato, soI CARRARA quanta posti di lavoro, chiquanta famiglie. «Il messaggio che era passato, nei momenti successivi all'alluvione - ricorda il dottor Mazzi - è che la Furrer era andata distrutta, che non avremmo più potuto lavorare. Questo ci ha dato la forza per una corsa contro il tempo, per ripartire il prima possibile e per far tornare l'azienda quella di prima. Prima che tutto quanto finisse sotto quello tsunami di acqua e fango». anni dall'alluvione, si appresta a raddoppiare, allargandosi anche dalla parte opposta della strada, in via Pucciarelli, sempre a un tiro di schioppo dal Carrione e dall'argine che si è sbriciolato. «Ora ci sentiamo al sicuro conclude Mazzi - perché il muro è stato ricostruito come doveva essere costruito. Per quello precedente c'erano state tante segnalazioni, ma alla fine tutto è andato sott'acqua». Alessandra vivo) i La Furrer è risorta e, a due ©P.IPROr JZIONE RISERVATA no i soliti esagerati, ci sarà qualche allagamento. Quando sono arrivato sul ponte ho avuto un attimo di scoramento. Il fiume scorreva in mezzo ai blocchi, aveva sommerso i macchinari. Gli uffici al piano interrato non esistevano più, c'erano quaranta centimetri d'acqua dentro alla segheria - racconta oggi Gino Mazzi, con addosso solo un maglione leggero e non la cerata dei giorni peggiori Abbiamo reagito subito, abbiamo pensato ai cinquanta dipendenti che lavorano alla Furrer: anche grazie a loro in un mese e mezzo ci siamo rimessi in piedi, siamo tornati operativi». «Qui, in questi piazzali eravamo a lavorare in cento - continua - Ci siamo affidati a una ditta specializzata nel recupero delle aziende devastate, la Ben Power: mangiavamo tutti insieme, in mezzo al fango. Non ci siamo fermati e abbiamo ripulito le lastre una per una, lavato i blocchi, tutto quanto. C'è un solo rammarico, quello di aver perso l'archivio dei lavorati, per quello non c'è stato nulla da fare». Tutto il resto, nel giro di un mese e mezzo ha ricominciato a funzionare alla Furrer. E Gino Mazzi non ha renai pensato neppure per un istante di spostarsi da un'altra parte, di portare la sua azienda un po' più distante dal Carrione. Anzi in Alluvioni in Toscana Pagina 144 Gino Mazzi davanti alla Furrer d ue anni fa Alluvioni in Toscana Gino Mazzi alla Furrer oggi Pagina 145 Tra i e scon ce rto p íazza ri l ï"vï I t t " dal . ,í. I fango Piazza Garibaldi aggredita dar tango IN CRONACA ÍLTÏRREAiO \ ,i xiüin jx r fa pi,inu , <C,i riscettaozma r la Città tornò ad amare i para» Alluvioni in Toscana Pagina 146 Un mezzo dei vigili del fuoco impegnato a Pisa nel novembre 1966 ,/n-r%/ % % d/// // ,. c.1////i // . r.J//// /% r /m / .d/ rrm,d/ rrm ///i ? / / ,,,y i ///////,! ✓ r/ rra j/ r/" , i,,, f / , //////r/r., i,. ///P ///lrrr // M ////iM Grr !/o //ur.L/rr A m / , i,,. ., i,.. „ //l° 'ì i uw/ /r. i r, „ // /° i / mq er/ i ricord i i mil itari che parteci parono i socco rsi durante i disastro: «Proteggemmo Pisa con i sacchi» Alluvioni in Toscana Pagina 147 di paura. Perché se nella distruzione no, due. Uno, due. Un l'alluvione ha ricostruito qualsacco dopo l'altro. li su- cosa è anche il rapporto fra cividore sulla fronte, l'aria li e parà, un distacco mai sanadal dopoguerra per che punge nei polmoni. Se non to fosse per quella lastra marrone, quell'adesione riottosa del corquel groviglio di acque tronchi po alla Repubblica, per una diauto carcasse di animali che stanza dal tessuto sociale di scorre verso il mare, oggi il cie- una città universitaria che stalo si sarebbe ridisteso sul fiume va scoprendo i Beatles e l'orrocon i suoi colori pastello. Dopo re della guerra nel Vietnam. otto giorni, dalla Torre Guelfa «Erano tempi in cui fra civili e sta sbucando un tramonto. E parà c'erano i nervi tesi, loro hanno eseguito gli ordini, quell'applauso ci colpì», dice cucito gli argini, steso una cer- Gonnella. «E molto ci regalaroniera sulle spallette, un muro no i contadini, gli allevatori deldi stracci e sabbia montato per le campagne di Pontedera», ri- di MARIO NERI ingabbiare la bestia. Che ruggisce ancora ma finalmente sembra solo una grande paurosa attrazione. l pisani sono venuti a vederla, assiepati sulle sponde come sugli spalti di un circo itinerante. «Ce l'abbiamo fatta, Carlo, è finita». E pensare che l'ultimo mese è stato un'agonia, un pensiero fisso, tutto il tempo a dirsi «evvai, è finita la naja». Quel pensiero poi è piovuto nell'elenco dei dispersi, travolto dalla piena degli allarmi, degli sos, della disperazione. Nella mente di Natale Gonnella, milanese di 21 anni, è riaffiorato solo ora, ore 17 del 12 novembre 1966, con lo scroscio dell'applauso dei pisani affacciati sulla fatica di questi ragazzi, comparso negli occhi del commilitone Carlo Alteri, lui romano, 20 anni, che invece il congedo se l'è fatto promettere "anticipato" dal tenente Giorgio Caccavella minacciando una fuga da perfetto disertore. Rimbomba, sembra un'eco nel petto questo battito di mani, il ciaf ciaf ha perfino smorzato i grugniti dell'Arno, «ma soprattutto ha spezzato la silenziosa ostilità dei pisani e di Pisa nei confronti dei paracadutisti». Così fra le donne, gli uomini e i ragazzi sul lungarno Pacinotti ora c'è qualcuno che a Natale e Carlo sta anche andando incontro, e sì, ora li ringrazia, li abbraccia questi ragazzi della Folgore, centinaia di ventenni da giorni con le mimetiche e gli anfibi piantati nel fango, inviati nelle campagne a portare in salvo famiglie, impiegati notte e giorno in una città trasformata in trincea, in un campo di battaglia, un conflitto fra uomo e natura. Ci sono ricordi che in questi 50 anni sono riusciti a sfuggire alla fame della bestia, alla sua voracità di dolore e tragedia, immagini che ci ricordano come ognuno coltivi, culli o rimuova la sua personale memoria del disastro, ma che a volte ci restituiscono il quadro d'insieme offuscato dalla fame Alluvioni in Toscana corda Pio Enzo Merli, di Vigevano. «Nonostante non ci amassero, i loro volti, la loro riconoscenza, mi hanno fatto ricredere». «C'era stato un parapiglia una sera, militari e civili se le erano date, da allora ci guardavamo in cagnesco, il fango fu una medicina, spalare uno a fianco dell'altro ci restituì rispetto reciproco», raccontaAdelio Cudicio , anche lui milanese. Erano ragazzi, ingenui, forti, allegri, spensierati, questi uomini oggi tutti oltre la soglia dei 70 anni, e per tutti quell'animale ricoperto di croste fu anche un'occasione di crescita, il rintocco per un lungo gesto eroico. Poi, certo, l'Arno non ha mai smesso di frugare fra suoni e immagine depositate sul fondo delle vite che ha travolto. Anche i parà hanno negli occhi le case sommerse nelle campagne di Pontedera, le migliaia di mucche annegate nei cascinali, le fucilate e i pianti delle famiglie fatte salire sui tetti, le perlustrazioni con i gommoni, i mezzi anfibi, le ronde anti sciacallaggio a Firenze o le sliding doors nel buio della sera del4 novembre. «Uscite, via, uscite!». Mannaggia, la Bibbia è il suo ultimo film al cinema Italia. Ancora cinque giorni e sarà a casa. La pioggia, per due gocce di pioggia annullare tutto, che esagerazione. Ma fuori è diluvio, corso Italia si allaga, l'Arno ingoia Ponte di Mezzo. «Dobbiamo passare», urla Natale agli altri. Carlo s'è fermato a salutare una bella, arriva un minuto dopo. «Via di qui», urla il pompiere, dovete passare sul ponte di Solferino. A Natale lanceranno una furie i carabinieri da Borgo Stretto, a Carlo una coperta calda alla Gamerra. Uno è stato spedito a Santa Maria a Monte, l'altro a Massaciuccoli per giorni. Ma ora sono qui, a godersi l'applauso dal ponte, appena prima che la bestia divori anche lui. NPIPF0DlR10NERISEPVGTG Carlo Alteri Adello Cudldo Pagina 148 Oggí in regalo con il Tirreno la quarta fotografia storica della rassegna i scattidedicata all'anniv l'anniversario A sinistra piazza Garibaldi dopo l'aggressione del fango ; qui sopra piazza Garibaldi com'è oggi Alluvioni in Toscana Pagina 149 L E 1N i"l"!1 TIV Gli * Comi del fango" M . üi, Alle 17 la co mmem orazione ufficiale nella sala delle Baleari Alluvione 1966-2016: continuano le iniziative per ricordare i 50 anni da quel tragico evento che è rimasto impresso nella memoria collettiva. alle 21). Sempre domani e domenica, dalle 10 alle 16, in occasione dell'apertura straordinaria delle Mura, in piazza delle Gondole la mostra fotografica "L'Arno e la Piazza, l'alluvione del 1966". Oggi, giorno dell'anniversario, alle 17, in sala delle Baleari, è in programma la commemorazione ufficiale con la partecipazione degli "angeli del fango" e dei paracadutisti della Folgore che furono impegnati nell'opera di salvataggio dei beni culturali e nell'aiuto alla popolazione. A Palazzo Gambacorti la mostra fotografica "Festival Arno" a cura di Unicoop. Al Bastione Sangallo, nell'ambito del convegno "Bellezza e Civitas", la testimonianza dell'architetto Franco Zagari, "angelo del fango". Domani e domenica al teatro Verdi la prima nazionale de "Il filo dell'acqua. L'alluvione, le alluvioni", di Francesco Niccolini (tre spettacoli: sabato matinèe per le scuole alle 10, replica sabato e domenica A Palazzo Blu continua la mostra fotografica "4 novembre 1966, l'alluvione a Pisa", con le immagini dell'archivio Frassi di Giuseppe Meucci e Stefano Renzoni . Gli appuntamenti proseguono lunedì 7 novembre alle 15.30 al dipartimento Civiltà e Forme del Sapere in via Paoli, con la presentazione del libro "Pisa e l'Amo a mezzo secolo dall'alluvione del 1966", a cura di Sergio Pinna dell'Università di Pisa. Domenica 13 novembre, "A 50 anni dal crollo del Ponte Solferino": alle 16.30 alla Chiesa della Spina la presentazione del libro "Il giorno del Diluvio" di Giuseppe Meucci. Alle 18 il cine-battello a cura dell'associazione "Acquario della Memoria", con proiezioni sulle spallette e sui palazzi dei lungarni e 1 PISA Alluvioni in Toscana crociere sul fiume con partenza da Arnovivo (lungarno Buozzi) . Sabato 19 novembre, alle 10, nella sala Baleari di Palazzo Gambacorti la conferenza "Allegorie dell'Anno e di Pisa nell'arte" a cura della storica dell'arte Cristina Cagianelli. Giovedì 24 novembre, alle 9.30, all'auditorium del Cnr il convegno "La Grande Alluvionale cinquant'anni dopo la catastrofe del 1966", con il geologo Mario Tozzi, l'ingegner Ottavio Zirilli e il vicesindaco Paolo Ghezzi. Sabato 14 gennaio, alle 9, nella sala delle Baleari di Palazzo Gambacorti, "La testimonianza del volontariato": convegno sul contributo e il sostegno che la Pubblica Assistenza ha dato per l'emergenza alluvione. E ancora da novembre a marzo concorso per le scuole elementari e medie inferiori. Il logo della manifestazione è stato realizzato dai ragazzi del liceo artistico Russoli. ©RIPROD(RIONE RISERVATA Pagina 150 ' /;Z2 J1i b4,P- iia con l'. di ANDREA LANINI lazza Garibaldi, nei giorni inimediatamente seguenti l'inondazione del 4 novembre 1966, il venerdì nera dell'alluvione. A partire dalla mattina di quel giorno plumbea, in quelle ore in cui il terrore di una città, di un'intera regione, ha il colore del fango, il fronte della battaglia tra Pisa e il suo fiume, che prenderà a esondare di l3 a poco, corre lungo gli argini, e l'epicentro dello scontro è Ponte di Mezzo, già quasi inghiottito dalla piena. Affollati di gente impaurita, piazza Garibaldi e Corso Italia gli montano la guardia (o meglio: lo vegliano come si veglia un moribondo) dalla notte precedente - una notte insonne: i pisani l'hanno trascorsa a scrutare la corrente scura, che non fa che crescere, conquistando centimetri su centimetri, apprestandosi a divorare cori morsi di schiuma fuligginosa, limacciosa, i culmini delle spallette. In quegli istanti, dall' alto di un amato monumento, "L'Eroe dei due mondi" e il suo cipiglio di condottiero sembrano vigilare sulle frenetiche operazioni di messa in sicurezza degli argini da parte dei soldati, dei pompieri, dei numerosi corpi di soccorso presenti, della popolazione. È una battaglia epica, e impari. Per ore, militari e civili tentano in ogni modo di respingere le acque dell'Arno in piena, che a Ponte di Mezzo stanno strappando, una a una, le balaustre in marmo, che si piegano e cadono come tasselli del domino. Poco dopo le 20, la furia del fiume si scaglia contro il centro storico. Sembra stia per scoppiare, l'Arno. Esce in più punti, Pisa teme il peggio - invece, durante la notte, l'acqua inizierà impercettibilmente a calare; ma in pochi, di nuovo, riusciranno a chiudere occhio: la paura inizierà a sbiadire solo alla luce dei giorno dopo. Ma il sole di sabato 5 novembre illumina scenari di desolazione. La città è sotto una coltre di acqua e melma - si ritirerà presto, lasciando ai pisani l'incombenza della conta dei danni. E in queste ore che Luciano Frassi fotografa piazza Garibaldi. I sacchi di sabbia abbandonati sul selciato, allineati a formare tristi linee di difesa che non hanno potuto difendere granché. Qualche passante le guarda distrattamente, quasi con dispetto: sono i resti di un naufragio che tutti vogliono già dimenticare. Le strade di nuovo praticabili; e tante auto fuori uso, quando non da rottamare: meglio muoversi in bicicletta. Se ne vedono molte, in questo scatto. Lo stesso Frassi può di nuovo contare Alluvioni in Toscana sulla sua due ruote preferita - la Vespa, il mezzo con cui in queste ore si sposta da una parte all'altra della città, di quartiere in quartiere, per immortalare gli effetti di un'alluvione di cui nessuno si scorderà più. Pisa in ginocchio, "grazie" al suo Arno. Fosse qui, potesse seguire Frassi nei suoi reportage, chissà cosa penserebbe, quali parole troverebbe, di fronte a questo sconfortante spettacolo, lo scrittore tedesco Rudolf Borchardt, colui che nel suo celebre volume "Pisa, solitudine di un impe- II "mitico " fotografo Luciano Frassi ro", descrisse con parole appassionate il sodalizio tra l'orgogliosa città toscana e il suo fiume, sulle cui acque le filanti imbarcazioni di quella che fu una fulgida Repubblica marinara navigavano per raggiungere il mare e conquistare il Mediterraneo, splendido teatro di vittorie che resero la città, scrisse Borchardt, "capitale di un impero fondato sulle vele, anziché sulle spade". Delizie dei secoli che furono. Ultimamente il più grande fiume toscano a Pisa ha riservato più che altro croci. Ancora vivissimo il ricordo dell'alluvione del novembre (mese caro alle piene) 1949. Altre nottate datregenda. Poi, nel'66, una tragica replica. Le gloriose vele di cui ragionava Borchardt sono un lontanissimo ricordo: il 4 novembre di cinquant'anni fa, su quell' acqua scura, scorrono grovigli immondi di rami e tronchi, indistinguibile ciarpame, carcasse di animali. (ìRIPRODLIZIOVE RISERVATA Pagina 151 lid DO UFIL, . Restauratori all'opera su "L'ultima cena" del Vasari all'Opificio delle Pietre Dure di Firenze (da "Firenze 66") Un documentario (domani) su Sky Arte racconta i restauri, che durano tuttora, delle opere colpite dalla furia dell'Arno ALESSANDRO BELTRAMI a ragione Swietlan Kraczyna incisore polacco, formazione americana e vita fiorentina quando descrive la sua esperienza dell'alluvione di Firenze. Spiega nel profondo i motivi per cui la piena di acqua, fango e nafta che travolse la città il 4 novembre di 50 anni fa ha suscitato una simile reazione in tutto il mondo. «La mia mano sinistra era dentro l'acqua che distruggeva tutta Firenze. Sentivo la potenza della natura. E mi ricordo che in quel momento pensavo che la mia storia personale e quella di Firenze coincidevano. E io vivevo questo momento storico insieme con la città». Alluvioni in Toscana La voce di Kraczyna è una delle molte che punteggiano Firenze 66 - Dopo l'alluvione, documentario che Sky Arte manderà in onda domani in prima serata, dopo l'anteprima di oggi a Palazzo Vecchio nell'ambito delle celebrazioni ufficiali. Diretto dal fiorentino Enrico Pacciani, ricostruisce con filmati d'archivio e testimonianze (tra le altre quelle di Ornella Casazza, restauratrice del Crocifisso di Cimabue, le storiche dell'arte Mina Gregori e Kirsten Piacenti, il documentarista Mario Carbone) il montare dell'Arno il 3 novembre, lo straripamento del 4, l'intervento degli angeli del fango, giovani giunti da tutto il mondo allora in piena Guerra fredda. Ma, soprattutto, getta uno sguardo lungo per seguire la mobilitazione della cultura internazionale accorsa al capezzale della capitale del Rinascimento. Ad Arno rientrato nell'alveo, la conta delle o- Pagina 152 pere d'arte danneggiate è da capogiro. Il Crocifisso di Cimabue, il simbolo dell'alluvione, dipinti di Botticella, Paolo Uccello e Vasari sono solo il frammento più evidente del pack di quadri, carte, arredi stretti sotto un'atroce morsura di nafta e sterco: un conto approssimativo parla di 1.300.000 volumi della Biblioteca Nazionale e 1.500 opere d'arte, ma sono stime per difetto. «Tra poco riusciremo a pubblicare per la prima volta un censimento completo delle opere danneggiate» spie- ga ad Avvenire" Marco Ciatti, direttore dell'Opificio delle pietre dure, anche lui tra i protagonisti del documentario. «Il numero dei dipinti è più alto del previsto: non 1.500 ma quasi il doppio». L'alluvione diventa motore positivo. Scattano raccolte fondi internazionali (le racconta con aneddoti gustosi il figlio di Carlo Ludovico Ragghianti), giungono storici dell'arte ed esperti di restauro dal mondo anglosassone, si allestiscono laboratori nei palazzi fiorentini. F con l'alluvione che la pratica del restauro in Italia fa un balzo vertiginoso in avanti, costretta a individuare-in piena situazione di emergenza - metodi, teorie, tecniche innovative. A partire dal Cimabue, un intervento durato dieci anni. Un caso estremo ed emblematico, che ha finito paradossalmente per nascondere tutti gli altri: «Il Cimabue- spiega Ciatti -fu uno dei pochi casi di danno gravissimo. L'acqua entrò subito nella superficie priva di vernice: l'acqua entrò tra le crepature del colore sciogliendo il gesso. Nessuno avrebbe potuto fare niente. Fortunatamente in tutti gli altri dipinti la presenza della vernice ha salvato la superficie pittorica. Il problema era interno, nei legni gonfiati dall'acqua. Per fortuna avevamo grandi personaggi a quel tempo, che hanno salvato l'arte a Firenze, dal sovrintendente Ugo Procacci a Umberto Baldini, il fondatore dell'Opificio moderno. Quando l'acqua calò sapevano perfettamente cosa sarebbe successo e fecero velinare le opere. Il colore, per quanto staccato dal fondo, è rimasto fermo rispetto al movimento del legno che perdeva umidità. A distanza di anni possiamo intervenire di nuovo e risolidificare gli strati pittorici». Ma, come racconta il documentario, calata la piena, anche l'onda emotiva con il tempo si spegne, e così anche i fondi. 1 restauri non sono mai stati conclusi. «Le opere più significative sono state restaurate-spiega Ciatti -.Il vero problema è che sono rimasti indietro le arti applicate, gli arredi lignei, i tessuti liturgici... Frutto dell'enormità del danno e di una storica disattenzione degli studi verso le arti cosiddette "minori" che si è riflessa, automaticamente, nel restauro. Eppure costituiscono il tessuto connettivo delle opere maggiori». L'Opificio ha continuato a restaurare opere dell'alluvione, facendo Alluvioni in Toscana ciclicamente riemergere all'attenzione dell'opinione pubblica una realtà sommersa. Tra molte difficoltà. L'ultima impresa il recupero dell' Ultima cena delVasari, raccontata nel documentario. «Dieci anni di lavoro, dal 2006 al 2016, per un'impresa considerata impossibile. E invece abbiamo recuperato tutte le parti di colore, senza interventi invasivi. È stato un restauro rivoluzionario nel concetto, basato sulla prevenzione. Il dipinto resterà fragile, ma abbiamo adottato espedienti per cui questo equilibrio gracile possa durare». Questa è solo l'ultima in ordine di tempo delle svolte nel campo del restauro messe in moto dall'alluvione. C'è un pre e un post'66, che il filmato cerca di fare emergere: «Con Firenze il restauro è stato costretto a rivedere i propri strumenti per far fronte alla gravità del danno. A partire da un più stretto rapporto con il mondo scientifico, prima sporadico e da allora irrinunciabile. Sono anche gli anni della commissione Franceschini, che redasse un rapporto sullo stato dei beni culturali, termine e concetto che nascono in quegli anni, la cui onda lunga portò alla creazione del ministero nel'75. L'armo in cui l'Opificio ricevette un nuova forma, grazie a Baldini: non più un laboratorio locale ma un istituto nazionale di conservazione. Sotto ogni punto di vista, siamo figli dell'alluvione». o RIPRODUZIONE RISERVATA "TESTIMONIANZE" SULL'ALLUVIONE «Ebbene, Firenze c'è ma poteva non esserci più» scriveva padre Ernesto Balduccì nel numero dì novembre 1966 della sua rivista "Testimonianze". Un'analisi a caldo del disastro dell'alluvione, tra la perdita di vite umane, le ferite al patrimonio e all'economia, e soprattutto la solidarietà manifestata dai giovani volontari, una fitta rete di gruppi d'ognì colore ideologico». "Testimonianze" ritorna con un volume monografico sulla "grande alluvione", riproponendo l'editoriale di padre Balduccí, seguito da un lungo elenco dì testi, sia d'epoca che riletture a distanza del disastro (anche con un occhio allargato alla Toscana, che fu coinvolta dall'esondazione dell'Arno), il salvataggio dei benì culturalì, la sicurezza del territorio. Pagina 153 L'alluvione, la generosità e l'ipocrisia di Gian Antonio Stella F irenze ha fame e « sete...» . «Occorrono scatolette, pane, frutta...». «Firenze ha freddo. Sono saltati i depositi di nafta per gli impianti di riscaldamento. Occorrono materassi, occorrono coperte...». «Un elicottero è riuscito ad accostarsi a un tetto...» . continua a pagina 11 R. Franco e il ricordo del cardinale Angelo Scola a pagina 10 Alluvioni in Toscana Pagina 154 E alla radio si sentì l'acqua nell-10 e strade di Glan Antonio Stella Le famiglie sui ' te ', gli appelli e l'altruismo dei più giovani Ma non m° cô l'ipocrisia perle promesse mai mantenute I lavori per rendere più sicuro il fiume partiti 48 anni dopo SEGUE DALLA PRIMA ortunosamente è stato tratto in salvo un bimbo in fasce, digiuno da due giorni, mezzo assiderato. Intere famiglie erano appollaiate sui tetti...». Toccò il cuore di tutti il reportage del nostro Alfonso Madeo sulla disastrosa alluvione di Firenze. E così l'audio del cronista fiorentino della Rai Marcello Giannini che cercava di spiegare ai colleghi in collegamento radio da Roma la gravità della situazione allungando un microfono fuori dalla finestra per far sentire il frastuono della piena: «Non so se vi giunge questo rumore». «Perfettamente». «Ecco, questo non è un fiume, è la via Cerretani. t il cuore di Firenze invaso dall'acqua». Memorabile. Come memorabile fu l'appello lanciato con le parole di Furio Colombo, grazie a Franco Zeffirelli, dall'immenso Richard Burton: «L'acqua che sale da uno a due, a quattro, persino a sei metri, le caldaie che scoppiano, la nafta che si mescola al fango, l'acqua che penetra dappertutto, raggiunge i ponti, riempie piani bassi e negozi, comincia a inghiottire e a trascinare le automobili...». L'omaggio ai volontari: «Nessuno avrebbe potuto lavorare con più cura e più amore nonostante la fatica, l'odore, la melma, il freddo». La richiesta d'aiuto al mondo, spiegando che per quanto generoso potesse essere sarebbe stato «troppo poco per tutto quello che questa città ci ha dato». Alluvioni in Toscana Furono trentacinque, i morti. Spazzati via dal fiume gonfiato da giorni e giorni di pioggia. E catastrofici furono i danni alle piazze, ai ponti, ai musei, ai monumenti, ai negozi, alle case. «L'Arno era molto arrabbiato. Ecco la parola giusta. Sembrava qualcuno che si sfogava», spiega l'artista d'origine polacca Swietian Nicholas Kraczyna, nel bel documentario di Sky Arte presentato oggi a Palazzo Vecchio alla cerimonia con Sergio Mattarella, raccontando di un rumore assordante: «Quello delle acque che entravano sotto gli archi del ponte di Santa Trinita e ribollivano dall'altra parte». «La violenza dell'acqua faceva tremare i muri. Col pericolo costante di crolli», ricorda Giulio Cesare Polidori, custode della Galleria Palatina. «I muri laterali di Ponte Vecchio erano transennati con corde di acciaio che sonavano come corde di chitarra». All'ippodromo delle Mulina, raccontò il Corriere, «quasi tutti i cavalli da corsa, sorpresi dall'inondazione durante la notte, sono morti. Sono forse centosessanta-centosettanta...». Dal carcere delle Murate, allagato, scapparono 83 detenuti: «Alcuni degli evasi si sono poi costituiti affermando d'essere fuggiti per timore di annegare; alcuni altri sono stati catturati. Ma una settantina sono scomparsi». Due travestiti da suore. Ciò che più colpì milioni di italiani, accanto alle immagini di lutti e devastazioni, prima fra tutte quella del meraviglioso crocifisso di Cimabue, fu (come scriveva ieri Marco Cianca) la generosità di migliaia di ragazzi e ragazze che, accorsi non solo dall'Italia ma dal mondo intero, cercavano inzuppati d'acqua e immersi nel fango di salvare quanto si poteva salvare a partire dalle inestimabili ricchezze fiorentine: pale d'altare, statue, quadri, libri... Erano i ragazzi che sarebbero diventati per tutti gli Angeli del Pagina 155 fango, come cita il titolo del libro di Erasmo D'Angelis. C'erano tra loro quattordici futuri vescovi e cardinali. Come Giuseppe Betori: «Aiutammo una signora anziana che aveva perso da poco suo marito e aveva la casa completamente devastata dall'acqua. Era disperata soprattutto per una cosa: perché non riusciva più a ritrovare le lettere scritte dal marito. Le aveva gelosamente conservate in una cassettina di metallo che era stata trascinata via dalla furia dell'acqua. Iniziammo quindi a ripulire e a togliere acqua e fango. Quando arrivammo in cantina, la ritrovammo, e quando gliela consegnai la sua emozione è stata fortissima. Come fango, come cita il titolo del libro di Erasmo D'Angelis. C'erano tra loro quattordici futuri vescovi e cardinali. Come Giuseppe Betori: «Aiutammo una signora anziana che aveva perso da poco suo marito e aveva la casa completamente devastata dall'acqua. Era disperata soprattutto per una cosa: perché non riusciva più a ritrovare le lettere scritte dal marito. Le aveva gelosamente conservate in una cassettina di metallo che era stata trascinata via dalla furia dell'acqua. Iniziammo quindi a ripulire e a togliere acqua e fango. Quando arrivammo in cantina, la ritrovammo, e quando gliela consegnai la sua emozione è stata fortissima. Come se avesse ritrovato un pezzo della sua vita». «Se è vero che l'acqua spenge il fuoco, l'alluvione dovrebbe aver ridotto in poltiglia la "gioventù bruciata". Com'è, allora, che in questi giorni, in tutte le cronache del diluvio, si sente dire un gran bene dei giovani?», si chiedeva Giovanni Grazzini. Uffa, le lagne sui capelloni da parte di «anziani che non hanno fatto nessun sforzo per comprenderli»! Quei ragazzi «sanno che gli uomini si giudicano da quello che fanno non da quello che dicono. E loro fanno. Con un'insolenza che è amore». Mezzo secolo dopo, però, non restano solo quelle storie e quelle immagini che mostrano un'Italia ferita ma generosa. Grande. Resta anche la rabbia per l'ipocrisia di troppe promesse al vento. Bastarono otto giorni, a Indro Montanelli, per denunciare la melassa che rischiava di coprire le dimensioni della tragedia: «Tutto, anche le catastrofi, dev'essere presentato in modo da non inquietare, turbare, allarmare...». Insomma, evviva i soccorsi ma «sembrava che l'alluvione di soldati, pompe, autobotti, camionette, viveri, indumenti, medicinali, attrezzi, ministri e deputati, fosse più imponente di quella dell'Arno». Chiuse invitando i politici di governo a evitare i piagnistei: «Aprano ai fiorentini un conto in banca, quale che sia, e li lascino fare. Ma soprattutto smettano di piangergli addosso. Ad annaffiarli, ha già provveduto l'Arno». Il presidente del Consiglio Aldo Moro ammise onesto che, diluvio o non diluvio, erano stati fatti degli errori e doveva essere realizzata «una difesa più efficiente» dalle piene. L'inchiesta finì ad Antonino Caponnetto e Pier Luigi Vigna. Ma proprio mentre stavano per partire certe incriminazioni illustri, fu tolta loro di mano. «Mi misi a piangere», avrebbe ricordato Vigna: non sarebbero mai arrivati alla verità. Quanto alle nuove norme, accusa D'Angelis, tra i padri della struttura di missione del governo contro il dissesto idrogeologico, «rimasero nei cassetti di Montecitorio per un anno intero, e grazie a un provvidenziale emendamento-truffa slittò la loro entrata in vigore e furono edificate anche le sponde dei fiumi appena esondati». Furono costruiti nel `67 otto milioni e mezzo di vani: il triplo della media annuale. Tre decenni dopo il geologo Raffaello Nardi, segretario dell'Autorità di bacino istituita solo negli anni 8o, spiegava che «degli undici invasi e delle quindici casse d'espansione progettate» per prevenire nuove piene, solo uno era «in avanzata fase di realizzazione». I lavori, quelli veri, sospira D'Angelis, son partiti sul serio soltanto nel 2oi4. Quarantotto anni dopo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il livello raggiunto dall'acqua Santa Maria Novella 1,95 m Alluvioni in Toscana San Frediano (sulla riva opposta) 4,05 m /-\ Piazza Duomo 2,15 m Piazza Signoria 1,86 m San Niccolò (sulla riva opposta) 3,81 m , Santa Croce 4,83 m Pagina 156 in barca Aloni militari, a bordo di una imbarcazione rß fortuna, íí impegnati nelle ¡, operazioni di intervento ï dopo l'alluAoneche ha colpito I. il capoluogo fiorentino Lo Spltide er farrniver k no Uell'at, luvione Corriere.lt hz reaBz:alo uno:{xc4nte mul;imedlale conatterVis!e. re5ttmonianze. : Vioeoeaudio Sü; t orfglnalÍCeBe .. pr i rneric h ieSYe d'aiutr•, viaradin http://vnvw cor ricreIVreporta ;', ges/uonadte/ ;: 2016/alluvione Frenze/ Alluvioni in Toscana Pagina 157 II, 1)(1CUNìF N"i AI2I()1)I SKY ifflF Così il salvataggio di Vasari e Cimabue cambiò la storia del restauro Le testimonianze dei protagonisti dei soccorsi, il commento degli esperti, l 'impiego di immagini d'archivio: un salto all 'indietro di 50 anni, un viaggio nella macchina del tempo per immergersi - termine involontariamente sinistro - nella realtà della Firenze del 1966 quando acqua e fango ghermirono la città, quando il luogo che i Medici avevano immaginato come una «nuova Atene» rischiò di trovarsi sommersa come una nuova Atlantide. Il documentario Firenze 66 - Dopo l 'alluvione del fiorentino Enrico Pacciani - prodotto da Alkermes e Sky Arte - si muove su diverse linee narrative, dunque non solo la straordinaria mobilitazione degli «angeli del fango» - i soccorritori accorsi da tutto il mondo per salvare il patrimonio artistico della città-, ma anche il cambio di passo che quella tragedia innescò, dando una spinta decisiva a sviluppare nuove conoscenze e nuove competenze nei campi del restauro e della tutela dei beni culturali. Un tema, quest'ultimo, che viene trattato ponendo l'attenzione su due opere chiave, il «Crocifisso » di Cimabue e l'«Ultima Cena» del Vasari, le cui storie sono particolarmente rappresentative e permettono , da un lato, di raccontare il clima di collaborazione internazionale che si crea in quegli anni e, dall'altro, di affrontare la questione etica dell'intervento a posteriori sulle opere danneggiate : fino a dove è giusto spingersi? E in questo momento così vivo dal punto di vista culturale che nascono Alluvioni in Toscana infatti, oltre a nuove tecniche di recupero dei materiali, anche le più importanti teorie sul restauro. Come spiega il regista Enrico Pacciani: «Questa indagine porta a esplorare anche la spinta rigeneratrice innescata dalla catastrofe, l'impulso a sviluppare nuove conoscenze e competenze, in particolare nei campi del restauro e della tutela dei beni culturali. Di fronte alle calamità siamo spesso capaci di imprese straordinarie». C'è un «ma», attuale in questi giorni. «Quasi mai gestiamo con attenzione le attività ordinarie che ridurrebbero i rischi di calamità. Questo è anche un caso esemplare di come tendiamo a ricordarci della vera importanza di qualcosa solo quando stiamo per perderla irrimediabilmente». Firenze 66 - Dopo l'alluvione sarà presentato in anteprima oggi a Firenze nel corso delle celebrazioni ufficiali del 5o° anniversario dall'alluvione - presente anche il presidente della Repubblica Mattarella - mentre la messa in onda su Sky Arte è in palinsesto domani alle 21.15. Il canale continua sulla strada tracciata da tempo: «Cerchiamo di raccontare l'identità dell'Italia - spiega Roberto Pisoni, direttore di Sky Arte -, attraverso le nostre opere d'arte mostriamo come lavorano le eccellenze italiane e come sia importante per la memoria collettiva continuare a trasmettere questo dna». Insomma tv a pagamento ma che fa servizio pubblico. Renato Franco 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 158 L'anniversario Cinquanta anni fa la città venne sommersa dall'alluvione Gli «angeli del fango» arrivati da ogni pa°te d'Italia diventarono simbolo di generosità e voglia ' riscatto I i ricordi del cardinale «ERO UN PROF DI LI CEO DENTRO QUE L DI SAST RO CAPII COS'É LA CARITÀ» di Angelo Scola el 1966 ero un giovane professore di liceo appena laureato, presidente della FUCI di Milano. Nei giorni della tragica alluvione di Firenze, decidemmo come universitari cattolici milanesi di venire tutti insieme a dare una mano. Per circa quattro mesi assicurammo la nostra presenza nel capoluogo toscano. Ricordo che si iniziò spalando in Santo Spirito, poi fummo trasferiti in gruppo allo Spedale degli Innocenti, in piazza Santissima Annunziata, dove spalammo il fango riuscendo anche a recuperare parecchi preziosi fogli di alcuni manoscritti della biblioteca, travolti dalla furia delle acque. Fu per noi un'occasione di straordinaria importanza, proprio perché venivamo da una certa esperienza di divisione tra giovani studenti cattolici, anche da una certa Alluvioni in Toscana dialettica, e il fatto di aver lavorato insieme in quei mesi a Firenze favorì la nascita di un'amicizia tra noi, con il superamento delle tensioni prima presenti all'interno dell'Associazione. Sono stati momenti molto belli, come sempre accade quando si dona qualcosa di sé agli altri. Soprattutto ho ancora ben nitido nella memoria, in modo del tutto particolare, il ricordo dell'incontro che il sindaco Bargellini volle organizzare a Palazzo Vecchio con tutte le realtà giovanili venute a prestare il loro aiuto a Firenze per dirci tutta la riconoscenza della città. Fece un discorso degno del suo stile di vita cristiana, e anche della traduzione civile di questo stile, in continuità con la sensibilità di La Pira, ma anche con quel suo personale accento, molto affascinato dal tenia della santità, a cui dedicava le popolari e seguitissime trasmissioni radiofoniche. Ricordo anche bene la grande solidarietà della popolazione e lo stemperarsi, giorno dopo giorno, della sofferenza, della fatica, del dolore, della grande prova.'l'anti anni dopo, quando il Papa mi nominò Patriarca a Venezia, venni a sapere che la grande alluvione di Firenze aveva del tutto oscurato la terribile alluvione subita anche da \enezia che diede inizio ai grandi guai con cui la città ancora oggi deve fare i conti. Nel '66 io non ero ancora entrato in seminario, stavo maturando la mia vocazione, nra certamente quegli anni di esperienza, prima in Gioventù Studentesca e poi nel mondo universitario, sono stati molto preziosi per me. Anche perché, contrariamente a quello che si pensa, lo studio non sta solo nelle «sudate carte», ma sta anche nello scambiare, in termini infornali, nell'interloquire. Noi ci interrogavamo con passione sul significato, persino culturale, in senso nobile, di un'azione caritativa di fronte al disastro dell'alluvione, impegnati a scoprire come la carità consenta quello sguardo che fu lo sguardo di Gesù sulla realtà del mondo. E da lì poi partire per avere il dono Pagina 159 di una sapienza su cui innestare i diversi saperi. Mi ricordo come, la sera, con il buio che ci costringeva ad interrompere il lavoro, si stava insieme, cantando, discutendo del più e del ninno, ma soprattutto ho la viva memoria di come da questo nostro stare insieme nascesse una conoscenza nuova, una nuova capacità di fare cultura. 1 Io parlato spesso ai giovani, soprattutto da quando sono arrivato a Venezia, della esperienza fatta nei giorni successivi all'alluvione di Firenze, per far capire loro un'idea che mi sta molto a cuore: quella che io definisco «educazione al gratuito». Come cristiani abbiamo bisogno tutti quanti di vivere con fedeltà e con un ritmo regolare, come facciamo partecipando ogni domenica all'Eucarestia, dei gesti di condivisione, donando una parte del nostro tempo agli altri, condividendo i bisogni dei più poveri, con l'unico scopo di imparare ad amare, perché un equivoco molto diffuso oggi è che tutti sappiano cos'è l'amore. E' perciò non s'impegnano ad impararlo. 1. un errore gravissimo, perché invece a donare se stessi si impara, come ci ha insegnato Gesù in tutta la sua vita e come ci hanno insegnato i grandi santi della carità. Alluvioni in Toscana Una nuova coscienza Si iniziò spalando in Santo Spirito, poi fununo trasferiti in gruppo allo Spedale degli Innocenti, dove riuscimmo a recuperare parecchi preziosi fogli di alami manoscritti della biblioteca Io non ero ancora entrato in seminario, stavo maturando la mia vocazione. La sera, con il buio, si stava insieme, cantando, discutendo del più e del meno, ma soprattutto ho la viva memoria di come da questo nostro stare insieme nascesse una conoscenza nuova Pagina 160 Firenze'66. Dopo l'alluvione Sabato 5 novembre, ore 21.15, SkyArte Cinquant'anni dopo l'alluvione, la storia dei ragazzi che accorsero per preservare il patrimonio della città, nella prima grande mobilitazione spontanea di giovani di tutto il mondo del secondo dopoguerra. Alluvioni in Toscana Pagina 161 II docu m entario « Firenze 66- Dopo l'alluvione» su SkyArte «Firenze 66-Dopo l'alluvione» è il documentario presentato in anteprima nel corso delle celebrazioni ufficiali del 50° anniversario dell'alluvione alla presenza del presidente della Repubblica. Ë prodotto da Alkermes e Sky Arte HD e andrà in onda su SkyArte HD il 5 novembre. Andrea Zappia, ad di Sky Italia, ha dichiarato: «Con questa produzione Sky riafferma il proprio impegno per valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio culturale italiano». Alluvioni in Toscana Pagina 162 Quella lotta per i libri nel fango di Firenze Mietta Albertini C'ero anche io a Firenze dopo l'alluvione. Avevo 17 anni ed ero partita con altri 7-8 compagni del Liceo artistico di Brera di Milano. Ricordo il peso esagerato di quei libroni della Biblioteca Nazionale, carichi di acqua e fango, che ci sfondavano i bicipiti passandoli in catena. Nelle ore passate nel fango ogni tanto veniva qualcuno con acqua e una brioche, un morso a testa dalle mani dei vivandieri, le nostre erano coperte di guanti e fango. Ricordo il fango che ci bloccava come una morsa fino ai polpacci, lo sforzo per riuscire a fare due passi. Ricordo le sere nelle carrozze dei treni alla stazione di Rifredi dove dormivamo nelle cuccette, le minestrine liofilizzate cucinate con l'acqua minerale, talvolta gasata... Alla mattina un camion militare ci caricava per portarci dai treni alla Biblioteca. E tutti cantavamo Dylan. Nella stanchezza e nel disastro generale, la giovane età ci permetteva di ridere e ancora oggi possiamo dire, poco "angeli" e senza vergogna, di esserci anche divertiti. Per tutti un'e- sperienza indimenticabile. Dieci anni fa, in quattro, siamo tornati a Firenze per il4Qennale, Alluvioni in Toscana Pagina 163 Il mio ricordo dell'alluvione Fabio Sicari Bergamo Avevo poco meno di sei anni quando mio padre, con la "storica" Giardinetta, mi portò verso i paesi della Valdicornia, nella Maremma toscana. Prima di arrivare a Venturina si dovette fermare, perché il fiume Cornia era straripato e stava allagando le campagne e l'unica strada di collegamento. Non c'erano cartelli che proibivano il transito. Mio padre fece retromarcia e tornò indietro, verso Piombino, in tempo utile per non rimanere coinvolto nell'alluvione. Non avevamo la radio e fino a sera nulla si seppe dell'Arno che aveva devastato Firenze. Le prime immagini in bianco e nero tra- smesse sul canale nazionale parlavano chiaro. Era una tragedia. Poi, nei mesi successivi, gli "angeli del fango", gli abitanti e le Forze Armate ripulirono Firenze, ma anche i paesi della Valdicornia. Era il 4 novembre 1966. Alluvioni in Toscana Pagina 164 IL CONFRONTO TRA IL PRESENTE E I GIORNI DEL FANGO Un fotogramma dei 1966 sovrapposto all'immagine della strada come è oggi: è il progetto di Ilaria Di Biagio l' alluví one Fí, l ' onda el ELENA STANCARELLI Alluvioni in Toscana FOTO: ILARIA DI BIAGIO dell'alluvione di Firenze si sovrappongono allo strazio infinito del terremoto che continua a scuotere le montagne. Anche allora la natura è andata a sconquassare qualcosa che si riteneva sacro, intangibile, di valore inestimabile. Tutti raccontano le lacrime degli angeli di fronte allo scempio. I CINQUANT'ANNI ALLE PAGINE 36E37 Pagina 165 Rïtomo al futuro Firenze galleggia sulla memoria ELENA STANCELLI FOTODIMARIADIBIAGIO cinquant' anni dell 'alluvione di Firenze si sovrappongono allo strazio infinito del terremoto che continua a scuotere le montagne. Anche allora la natura è andata a sconquassare qualcosa che si riteneva sacro , intangibile, di valore inestimabile. Tutti raccontano le lacrime degli angeli di fronte allo scempio. Quando, per esempio, il crocefisso di Cimabue fu estratto dal fango, scempiato com'era. La foto di quel recupero è una delle più celebri di quei giorni del novembre 1966. Ce ne sono altre, molte, ma nessuna che abbia una forza iconica, che sia tanto più potente delle altre da essere divenuta il simbolo di quella catastrofe. Forse la piazza Santa Croce interrata, con la facciata della Chiesa sullo sfondo, e Dante immerso nell'acqua , che si regge il mantello per la prima volta con una buona ragione. É una delle foto usate da Ilaria Di Biagio . Sullo sfondo, in contrasto, ha messo la facciata della chiesa pulitissima. Qualcuno ricorderà le file di libri salvati dalla Biblioteca Nazionale ridotti a mattoni di fango , stesi al sole ad asciugare per poter poi essere puliti . O magari quelle dei ragazzi con gli stivaloni, che mangiano pane e mortadella , fumano, e spalano, raccogliendo detriti con la carriola. Ce ne sono tante, ma nessuna che abbia la forza dell'immagine della basilica di San Benedetto da Norcia, distrutta all'alba del 30 ottobre da una scossa di grado 6 . 5. Forse perché adesso siamo più bravi a raccontare le storie con le fotografie, sappiamo scegliere l'orrore con più precisione, siamo abituati a dover testimoniare la catastrofe con inquadrature indimenticabili. Ormai siamo più scaltri, abbiamo imparato che se non facciamo così, se non produciamo del materiale con cui tenere accesa la memoria, il ricordo scompare. Se non teniamo l'intensità della fotografia più alta possibile, quella si perde tra le altre, non serve. Le foto Alluvioni in Toscana dell'alluvione di Firenze sono documenti, come si diceva allora e oggi quasi più, non pugni nello stomaco come si dice adesso. Io avevo un anno, abitavo molto vicino all'Arno, ma a un piano alto. Il fiume si era portato via la nostra macchina, e mio padre aveva trovato un gommone a motore, e insieme agli altri padri percorreva le strade allagate della città distribuendo tra gli amici i pannolini, genere di prima necessità divenuto in poche ore rarissimo. Mi raccontano che stavo in piedi su una sedia davanti alla finestra, a guardare incantata la città che era diventata un'altra. Come in un racconto di Calvino, Firenze era la sua metà, quella che sporgeva dall'acqua. Come se non avesse più una base, fosse sospesa, galleggiasse. L'alluvione, come il terremoto, ha la capacità di trasformare uno spazio noto in qualcosa di molto diverso, in pochissimo tempo. Come se una creatura gigantesca scuotesse la scatola dei giochi, rovesciandoli. Per una bambina, doveva essere uno spettacolo favoloso. Anche perché l'acqua è meno violenta delle macerie, sembra buona, non fa male. E infatti l'alluvione diventa mostruosa dopo qualche giorno, quando l'acqua se ne va e resta la nafta, il fango, resta quella poltiglia puzzolente che si attacca e rende inutile qualsiasi oggetto. Quando il fango si asciuga, diventa una trappola. Nel vedere la luce e il colore di oggi, con quelle pecette in bianco e nero, sgranate del passato, viene voglia di pensare che poi tutto passa. Che anche questo terremoto infinito alla fine passerà, ma nei nostri occhi rimarrà, deve rimanere, il palinsesto di tutto quello che è accaduto. Come se ogni catastrofe stesse lì a ricordarci che davvero "il bello non è che l'orrore al suo inizio". 3 RICftO[JULONE NIíHNATA Pagina 166 _ ,PROG . Firenze com'era durante l'alluvione del4 novembre 1966 e com'è adesso, mezzo secolo dopo: è questo il senso del progetto "L'Arno nongonfca d'acqua chiara" dellafotografa IlariaDiBiagio, che hacombinato in una sorta di puzzle le foto di alcuni scorci cittadini, scattate oggi, con immagini dei medesimi scorci catturate allora, mentre l'acqua invadeva strade. piazze, edifici storici LE, IFLMAGINI In questa pagina sei immagini di luoghi diFirenze oggi con inserti di fotografie in bianco e nero ,*e documentano 1 'alluvione del 1966 Asinistra, dall'alto, via Tornabuoni; viaArnolfo e l'interno della Biblioteca Nazionale centrale A destra, dall'alto, piazza Cavalleggeri; via di San Giuseppe e una vista sulla Biblioteca Nazionale da sopra San Niccolò Foto d'epoca utilizzate per questo progetto: ©Archivio Rivista IlPonte, tranne laprimain alto , i destra ©PierLuigi Brunetti L'AEFRICE Ilaria Di Biagio hastudiato antropologia visuale e giornalismo d'inchiesta aRoma e poi fotografca allaDanish School ofMedia and Iournalism Ha collaborato con riviste nazionali e internazionali e con il collettivo Around the Walk e ha partecipato a numerose mostre in Italia e all'estero Attualmente vive e lavora ín Italia con progetti che spesso riguardano le persone e i luoghi a cui è più legata Alluvioni in Toscana Pagina 167 `. ., ., . ?• (r-. c ... .» .,,_ _..« _. .._.., ,'.. . 1 . • í l . .. 4 . .. . . .. , 4 -.. A ... k , hk S " t3 , . ..- r. '^ Ú . ..; _ .,5. . • , ., M . ki p .. ¢a..... .1 . .._... r ;; ` ,:< ,. .. . . . :( . . . . . . .. .__...._. . . . . .. . , µ, . .. .. -!^✓ `4¡ . a✓^.,w. .. ü^ ._. .. « - : 5 ' : ` : . .. 1 w K' . .. ._ . .. .. . ._. ...._, ....- . . ._ , .. .. ___. . . . . '_^,-,.i . '..: (5 ..^ñ•x . '` rt: k . . ' .,.." r, ti . , ,,X+... y^it: . ` _ ... I - , _ ... ^ ` . ........ .- ....y . , ,. .. . . r,-..»^ir_ímrYY^ . . . !✓ . . . . . .. .. . ., ._.. . -. ., . .... . .. ! . 1 . " ' l Wÿ 4 ... `x r....... ..,...., . ,-&c dQo.e. . ,.. .......+......___•.«- e.. : .._. .... . +dvtP =e.i.ì .,•:.L..Jn: rT'.-,......_ _ _. r--"` .a,tdus Alluvioni in Toscana ° . _.-, ,. .. ÿ _.. . . . --.. . _.. . ... . F 11,11 5 . . . , , Il ,.,, ' r++. . ..,... . > l .. . ^¡ M ._ . .. . .. . .. . .. . .. . .. Pagina 168 i;.: f y r xy _ ` , nr A 1 ,✓ .ay..;!ÿ . . ss , 3 ! , ,,• ✓. , , 1 ....... r t ,' la; .. o a r i' .. , . ,r' . st 4l1 ' ' ', • , a" MW , %,y 3 t k "vrr _'á ` , ,' Alluvioni in Toscana &- Y.. , Pagina 169 0° 5 Alluvione di Firenze i intitola `Artigianato è Arte" la mostra che vede protagonista l'artigianato artistico, la pittura e la scultura e che verrà ospitata presso la Basilica di San Lorenzo di Firenze. L'esposizione, organizzata da Cna Pensionati Firenze, aprirà al pubblico sabato 12 novembre (alle 10.30) e sarà visitabile fino al 27 novembre. La mostra è stata curata da Renzo Del Lungo e rientra tra gli eventi che si inseriscono nelle celebrazioni di Cna Firenze in occasione dei 50 anni dall'Alluvione. Gli espositori saranno sessantatré e ognuno di loro metterà "in vetrina" non meno di due creazioni artistiche. "Le opere esposte sono una variegata espres- sione di stile e genere, nelle quali domina la passione per il paesaggio, soprattutto quello intorno a Firenze, con qualche spaccato urbano, con nature morte di grande eleganza - commenta il curatore della mostra Renzo Del Lungo -. Nella rappresentazione delle figure si aprono richiami classici, accanto alla vivacità di stile moderno. Alcune opere fanno diretto riferimento all'Alluvione, con interpretazioni originali di tecniche che vanno dall'informale al figurativo più estremo. Nella nostra esposizione ospitiamo anche opere fatte interamente con materiale di riciclo". Faranno parte della mostra anche alcuni documenti unici, inerenti l'Al- luvione, come per esempio foto e reperti di botteghe storiche; e poi, ancora, si potranno ammirare sculture marmoree, opere in bronzo e ottone, ceramiche e terracotta, intagli e intarsi in legno di noce e cirmolo. Fra i manufatti ci saranno anche i ricami e gli abiti da bambini, i costumi storici rinascimentali fiorentini, i cuscini artistici e le lavorazioni orafe, insieme alla manifattura di altissimo livello della pelletteria. Lesposizione è patrocinata dal Comune di Firenze, Artigiancassa, Opera Medicea Laurenziana e dal Centro Guide Turismo. L'orario delle visite ad "Artigianato è Arte" è 10-12.30 e 15-17. Info: www.firenze.ena.it °ái try % «, Alluvioni in Toscana Pagina 170 7m ':::'." o:ssrsr::::,;;... Gli appuntamenti con Cna Firenze • "Alfabeti Sommersi" Sala D'Arme dall' 1 al 13 novembre la mostra è patrocinata da Cna Firenze • Salone dell'Arte e del Restauro di Firenze: Desk di accoglienza Cna Firenze per informare sulle iniziative a sostegno della categoria. » "le mie mani nel Fango", Convegno, coordinato da Bruno Santi, (10 novembre 2016, dalle 10 alle 11, Alluvioni in Toscana Talking Corner) • "Artigianato è Arte" »"Qualifica di Restauratore di beni culturali: la proroga del termine di conclusione della selezione e gli effetti della pubblicazione anticipata dell'elenco parziale". Convegno congiunto con altre associazioni dei restauro e operatori dei settore. Parteciperà anche il coordinatore nazionale Cna Restauro Gianoberto Galieri (11 novembre, alle 14.30 in sala Dìni). Mostra organizzata da Cna Pensionati Firenze nella Basilica di San Lorenzo di Firenze . Dal 12 fino al 27 novembre (10-12.30 e 15-17). • Cna Firenze ha sostenuto la ristampa dei volume in italiano e alla nuova edizione in inglese di "Firenze-Guerra & Alluvione", scritto da Mario Camiani e Paolo Paoletti, e ha patrocinato il film "Camminando sull'acqua" di Gianmarco D'Agostino. Pagina 171 .. . .. ... .., . ,,,, / 21 Alluvioni in Toscana i ;/ i ,.., / , ,i % -oi .... ,,i , ,,,//, ,, % ,.,, %.. !iviio s,/i5/ Pagina 172 Alluvioni in Toscana . '% /, / //'% . /., ., ,,,, '% ,,,, % , %. ,,,, .... .. // . /. Pagina 173 C'è futuro nella solidarietà F uvïone di Firenze 50 anni L9 :i(:.t 1 MA i Alluvioni in Toscana Pagina 174 .. . . . . y y /,/, /,yv ....... ,,.... _... / //- . 01 /S.. .. / ,M// // ... / / 1/ . ^S %Zi//,: . .. . , ........ .. a ". k . . . / /// /. %d k ;, ......:: ,. / .. l y f i f Alluvioni in Toscana i„//,y , ,///// rà // r . . Pagina 175 .. . / em' / e 'G Alluvioni in Toscana Pagina 176 - ; , ..._.._._ . , ; Alluvioni in Toscana Pagina 177 93 fé yz , el. Alluvioni in Toscana Pagina 178 50 anni dopo Quando l'Arno inondò il centro storico e sommerse tutto nche il David e Santa Croce nella melma Due immagini storiche dell'Accademia di Belle Arti, che ospitavano opere di Mici- 50 SETTE 144-04.11.2016 httlr://cdicola .cnrrïcrc.it - Per info: [email protected] Copyright 2 Uio P RCS Digital Spa - TU'HTi I DIRMI REG1STiìAT1 Alluvioni in Toscana Pagina 179 II giornalista di "Sette" aveva 14 anni il giorno in cui Firenze fu allagata. ui ricorda tutto: l'acqua che sale, la corsa a casa dei nonni che sembrava (erroneamente) in salvo, i canotti di salvataggio... Ecco il racconto di una giornata che lascerà a tutta la città un segno indelebile di Enrico Mannucci ra giorno di festa, quella della Vittoria, come ancora si chiamava allora, e solo dopo - non molto dopo - avremmo capito quanto bisognava ringraziare Iddio - o qualunque altra entità cui affidare il nostro destino che non fosse stata una giornata normale, quelle in cui si andava a scuola, al lavoro, a fare la spesa. La sveglia fu comunque presto, mentre si era pensato di dormire fino a tardi, ovvero, per un quattordicenne com'ero io, fino alle nove invece che alle sette e mezzo. Proprio alle sette e mezzo, invece, cominciai a sentire grande animazione, di là dal corridoio dove dormivano i miei genitori, in una camera che dava su via della Mattonaia, a mezza strada fra piazza d'Azeglio, coi suo bei palazzi ottocenteschi ricordo della breve stagione di Firenze capitale e del Poggi come architetto che dettava l'immagine architettonica della città, e piazza Sant'Ambrogio, il confine a nord est del quartiere di Santa Croce, cioè stradine strette, botteghe artigiane e trattorie, ancora immuni dal grande - e per molti provvidenziale - contagio turistico che sarebbe arrivato nei decenni successivi. Discutevano concitati, mio padre e mia madre, sporgendosi dalla finestra a guardare verso l'estremità della strada che andava verso l'Arno. Forse mi sollevarono dalle ascelle, sporgendomi per far vedere anche a me (francamente non lo ricordo, ma mi pare probabile osservando oggi l'altezza del davanzale). Non che mi coinvolgessero nelle decisioni, sostanzialmente valevo poco più di un bambino. La prima, comunque, era già stata presa e mio padre uscì per spostare la macchina (se non sbaglio, era una improbabile Austin A4o). Perché laggiù, in fondo a via Mattonaia, la strada non c'era più. Era sparita Bollo uno strato di acqua che lull'allro che acqua pareva. L'avrei vista meglio dopo, molto più da vicino, ma anche a distanza era un liquido di genere diverso: vischioso, color ocra, con striature nerastre. Un crescendo di voci drammatiche . Del mare, piuttosto, aveva alcuni movimenti: non le onde, ma i flussi improvvisi, i gorghi e i vortici, anche certe correnti apparentemente incomprensibili. Una striscia mobile e crescente. Ci fu, certo, l'illusione che fosse un incidente localizzato: una fogna ostruita che ributtava, un condotto esploso che allagava un incrocio. Ma durò un attimo. Anche perché, ormai dalle strade e dalle finestre era cominciata a passare la voce sul fiume che allagava la città. E che non si fermava. Tornò mio padre. E portava voci sempre più drammatiche. Si era sentito un botto fortissimo. Si parlava di morti. Sembravano morti incongrue. Perché non di annegati si trattava: a causarle pareva fosse stata l'esplosione di uno stabile, forse in via Capo di Mondo. In realtà era in via Scipione Ammirato, poco lontano. Un morto c'era stato davvero, e anche dei feriti gravi, perché era scoppiato un deposito di carburo. Che cosa c'entrasse l'acqua, io l'avrei capito dopo, molto dopo. La cosa importante era la paura che cominciava a prendere i miei genitori. L'appartamento dove abitavamo era al terzo piano: francamente sembrava assolutamente impossibile restare sott'acqua, però c'erano delle "spie" nei muri. Le "spie" sono - forse http!//rdicola.corricre .it - Per info_ edicola @iresdigital. Codice Copyright 2ti1o (i - RCS lligïtal Spa Alluvioni in Toscana 504079 `l'L''L'i'1 f L]]ltrl'l'1 k1:G1STRh'l'1 Pagina 180 erano, da tanto tempo non ne vedo in giro - delle losanghine di vetro incastrate nell'intonaco per verificare lesioni e cedimenti nelle strutture. Non erano interventi gratuiti visto che una sopraelevazione al piano superiore aveva causato delle crepe. Insomma, in capo a una ventina di minuti, il babbo decise di tornar fuori. Stavolta assieme alla famiglia, cioè mia madre, mio fratello minore ed io, per abbandonare casa nostra e rifugiarci in quella dei nonni materni che era in via Masaccio, di là dal viale, in una zona che -pareva assolutamente sicuro - l'acqua ormai maledetta non avrebbe mai potuto raggiungere. Acqua, però, che già era arrivata quasi a un metro davanti - e dentro - al portone del nostro stabile. Così scendemmo le scale (l'ascensore era fermo dalle 7.29, l'ora in cui era saltata la luce in tutta o quasi la città), bardati di golf e cappotti per un destino da sfollati, ed entrammo in quella poltiglia schifosa e, soprattutto, gelida a quel che ricordo. Mio fratello in collo a babbo, mia mamma con una valigia e dentro qualcosa di prezioso, io con un'altra valigetta - che, appena affondai in quella che era stata una «Arrivarono poi i soldati, e partirono anche insulti da chi, con la casa distrutta, percepiva responsabilità ad alti livelli» strada e ora era un ruscello abbastanza impetuoso, mi dovetti caricare sul capo per non infradiciarla dove avevo stipato la collezione di francobolli: a mia volta era quel che consideravo più prezioso. Quella brodaglia viscida e unta . Neanche duecento metri di marcia, ma abbastanza difficile perché la corrente, le correnti, anzi, diverse e contrastanti, tiravano forte in quella brodaglia viscida e unta. Poi, ci ritrovammo all'asciutto. Io ero bagnato come un pulcino e tremolante ma già notevolmente eccitato: avevo affrontato una prova francamente inimmaginabile e ce l'avevo fatta. Stavano succedendo cose che il giorno prima mai avrei potuto neppure sognare. Arrivammo dai nonni come astronauti da Marte. E anche come messaggeri di disgrazia. Le notizie erano sempre più confuse ma non passò molto - a occhio direi fra l'una e le due di pomeriggio - che i primi tentacoli liquidi cominciarono a comparire anche in via Masaccio. E a ingrossarsi velocemente. Non ci volle molto a capire che ci aspettava un nuovo sfollamento visto che i nonni Un libro e un documentario per chi vuole ricordare Poi if fiume diventò nero: con questo titolo, il fiorentino Giovanni Morandi, editorialista del Quotidiano Nazionale, racconta in un libro la cronaca, scandita ora per ora, dei giorni dell'alluvione di Firenze (edito da Bompiani, p. 176, euro 12). Un'occasione per mostrare anche 52 SETTE 144-0411.2016 un'Italia fatta di solidarietà, di una generazione di giovani che a Firenze scoprirà l'impegno civile e di quella voglia di ricostruire che permeava la società. Alla tragedia di 50 anni fa anche Sky dedica una produzione televisiva originale: il documentario Firenze'66 - dopo Paffuvione, in onda domani alle 21 sul canale Sky Arte HD, che ha recuperato immagini e testimonianze dei protagonisti del salvataggio, indagando, con il commento di esperti, in che modo l'alluvione abbia segnato, in questi decenni, la città e i cittadini. http!//cdiecla.corriere.it - Per info ! edico1a(resdigitaLil Codice cliente : 504079 Copyright 2010 Œ RCS Digital Spa e TU M 1 Dliü'ri'i 1tG1S'rRATI Alluvioni in Toscana Pagina 181 volontari che furono chiamati a ngeli del rango (e furono poi espulsi perché capelloni) 'Angeli del fango", vennero chiamali così i ragazzi che da tutto il mondo vennero a Firenze per aiutare dopo chivio di Stato», precisa Marchini che poi ha percorso tutto il lungo tragitto del restauro e del recupero. Una storia l'alluvione. Appartenevano a una fascia d'età che, poco tempo prima, era stata definita, nel titolo di un volume Laterza, di miracoli che conta anche numerose proposte stravaganti e tentativi presto abbandonati. Il 7 novembre, in un'inter- La generazione degli anni difficili. Nel giro di un periodo altrettanto breve, gran parte di quei giovani sarebbero diventati protagonisti del fatidico'68. vista, Emanuele Casamassima, allora direttore, annunciò che la collezione dei giornali era perduta: a oggi, invece è stato recuperato il 90%. A parte il E spesso l'epopea dell'alluvione è stata ritenuta incubatrice dei rivolgimenti in imminente arrivo. Va detto subito pessimismo , Casamassima fu uno degli eroi di quella stagione (un altro fu il bibliotecario Ivaldo Baglioni citato da che molti dei "cosiddetti", in verità, non amano troppo esser definiti così. Sergio Marchini è uno di loro. Oggi è in pensio- Romano Bilenchi in Amici come quello che cerca di portar fuori i giornali). Non furono però idilliaci i rapporti fra ne dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Ci arrivò, da studente e volontario, proprio nei giorni succes- la gran parte dei dipendenti interni e i volontari. «I primi ad arrivare furono degli studenti americani, anzi studen- sivi al 4 novembre. Fu la Nazionale, in piazza de' Cavalleggeri, praticamente affacciata sull'Arno il campo dell'o- tesse. Furono loro un canale importante per attirare sul disastro l'attenzione del mondo. Le raccolte di giornali erano nore su cui guadagnarono i galloni gli "angeli del fango'. Lì, l'acqua e il fango arrivarono presto, verso le sette del avvolte in carta da pacchi: i danni più gravi toccavano i primi numeri, quelli più esterni. Bisognava organizzare delle mattino, da corso Tintori e straripando dal Lungarno della Zecca. Sotto la 'torre" che sorge su un lato, i gorghi catene umane per estrarre ciò che c'era nei sottosuoli: non si respirava, facemmo turni di 30-40 minuti. Noi violenti ruppero le finestre e il flusso invase la zona dove erano conservati i giornali, le collezioni complete di tutte volontari fummo messi a fare i giornali, e difficilmente ci s'incontrava con gli interni. C'era abbastanza puzza sotto le testate italiane depositate obbligatoriamente qui in base a una legge del 1882.1 danni furono giganteschi. il naso nei nostri confronti. Non mancarono attriti: noi giovani si era di un altro mondo». Il clima di diffidenza durò L'elenco parte da circa 300.000 libri (fra cui i testi antichi della collezione Magliabechiana e i grandi formati') e, a lungo se è vero che nel'67 alcuni ex volontari - ormai strutturati in una cooperativa - furono allontanati con soprattutto, riguarda i giornali (circa 400.000 volumi), le riviste (60.000 volumi), la miscelllanea (opuscoli ed estratti), innumerevoli manifesti e quasi 8 milioni di schede: «Anche se quelle galleggianti nella melma citate da Procacci e Montanelli venivano dallAr- foglio di via, sostanzialmente perché erano capelloni. E fu laboriosa anche la nascita di un circolo culturale nella Biblioteca, intitolato a Martin Luther King. Si discusse se ammettere i giovani della cooperativa: la scelta finale fu positiva, ma senza diritto di voto. stavano al piano terreno. Stavolta meno complesso perché al primo abitava la famiglia di mio zio. 11 problema era che, di questo passo, l'appartamento sarebbe stato sommerso. E c'erano bei mobili, bei quadri, soprattutto - mi fissai io - bei libri e documenti antichi che rischiavano di andare distrutti. Le avevo guardate tante volte - da quando mi era stato permesso - quelle carte che mi piangeva il cuore all'idea di perderle. E così m'ingaggiai nel secondo salvataggio della giornata. Dopo i francobolli privati, i volumi pregiati dei nonni. Forse li sopravvalutavo, ma qualcosa di buono c'era e me ne sarei reso conto anni dopo: una prima edizione di Leopardi, Le vittime e il salvataggio degli archivi In alto a sinistra, le strade di Firenze alluvionate. A destra, i cosiddetti "angeli del fango" al lavoro nel recupero del materiale cartaceo della Biblioteca Nazionale Centrale. A lungo il numero delle vittime è stato incerto: il dato ufficiale, alla fine, contò 35 morti. un Button completo, a dir la verità quel che mi affascinava allora erano certi librotti molto anticomunisti e molto colorati in copertina usciti in Italia al tempo della rivoluzione russa. L'arrivo dell'anfibio. Con i vicini di via Masaccio, io ormai mi atteggiavo come un veterano: l'alluvione la conoscevo già. Non conoscevo, invece, i primi aiuti che, da quelle parti, arrivarono nel pomeriggio. Prima dei canotti, a volte di privati, a volte dei vigili del fuoco che avevano la caserma non lontano. Poi, ricordo un'ulteriore eccitazione. Quando il fiume che era la strada fu percorso da un Mn3, un anfibio dell'esercito per il trasporto truppe che poteva viaggiare anche in un metro d'acqua. Dalla torretta, col megafono, qualcuno urlava chiedendo se c'erano emergenze immediate e promettendo imminenti aiuti. Così, cominciarono presto anche gli sberleffi, i "vaffa" di chi si trovava con la casa distrutta e percepiva - confusamente, è chiaro - qualche pasticcio colpevole ad alli livelli e non aveva molla voglia di accogliere benevolmente un soccorso comunque tardivo. Non era finita, invece, la mia personale epopea. Che raggiunse il culmine, tre o quattro giorni dopo, quando accompagnai il nonno in campagna, a recuperare una piccola pompa idrovora con cui voleva prosciugare le stanze sommerse. Era un trabiccolo su due ruote e io ebbi l'onore di spingerlo da piazza della Libertà a via Masaccio, lungo tutti i viali, con i fiorentini - tutti coperti di fango, ai piedi ogni tipo di stivale recuperato nelle soffitte, armati di pale e secchi - che mi facevano ala, ammirati e anche un po' invidiosi del potente mezzo che stava per entrare in funzione. Enrico Mannucci C RIPRODUZIONE RISERVATA http!//cdicola.corriere_it - Per info! edieola@rccdigitalAt ~ Copyright PUio CO RCS Digita] Spa - TUrI'i LWRLri'i Rff!C1S'rRATl Alluvioni in Toscana Pagina 182 ANIA No: , '. ;, i ?1 A Firenze ricorda l'alluvione del 4 novembre 1966 «In ricordo della città ferita dall'alluvione del 4 novembre 1966 con eterna gratitudine peri fiorentini e tutti coloro che accorsero in aiuto». È quanto scritto sulla lapide scoperta ieri pomeriggio nel Cortile della Dogana di Palazzo Vecchio al termine della cerimonia a cui hanno preso parte fra gli altri il sindaco Dario Nardella e l'assessore alla Toponomastica, And reaVannucci. Oggi, nel salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, si terrà una seduta straordinaria del consiglio comunale alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella per commemorare l'anniversario. Sempre da oggi, e fino al7 novembre, i musei civici saranno visitabili gratuitamente dagli Angeli del fango. Alluvioni in Toscana Pagina 183 C'è un'Italia che sa rialzarsi da fango o macerie Dario Nardella ensate a Firenze. Pensate ai suoi P monumenti e simboli immortali: il Duomo, Palazzo Vecchio, Ponte Vecchio, Santa Croce. Ecco, pensateli come li conoscete ora e immaginateli immersi nella melma atroce dell'alluvione del 4 novembre 1966,50 anni esatti fa, che con furia avvolse tutto in poche ore e sembrò seppellire sotto il fango l'intera città e tutta la sua storia universale. Morirono 35 persone, 17 in città, 18 nella provincia. La città fu paralizzata sotto il fango: negozi e imprese distrutti, attività interrotte, opere d'arte danneggiate, alcune irrimediabilmente, soccorsi difficili. Le immagini di quei giorni che tutti abbiamo in testa e nel cuore sono di una città completamente inondata, dove i monumenti più noti sembrano soccombere alla furia del fiume. Esemplare mi sembra la foto di uno dei soccorritori del Crocifisso di Cimabue, Salvatore Franchino, che allarga le braccia, sconfitto, di fronte all'opera bagnata dal fango. Eppure la città seppe rialzarsi. Ferita, abbattuta, ma non sopraffatta. Subito i fiorentini si diedero da fare, parrocchie e sedi di partito organizzarono comitati senza neppure aspettare le autorità romane. Dall'Italia e dall'estero arrivarono organismi di soccorso e aiuti. Arrivarono giovani, centinaia e centinaia, spontaneamente o tramite amici e scuole, col semplice passaparola. Diventarono gli Angeli del fango. Di loro restano indelebili le immagini di giovani sorridenti con vestiti e scarpe melmosi, appoggiati a un portone a fumare una sigaretta, oppure con l'acqua fino alle ginocchia, mentre in una catena umana improvvisata si passano di mano in mano i libri fradici raccolti dall'acqua che aveva invaso la Biblioteca nazionale. Il lutto di Firenze era quindi il lutto dell'Italia tutta e del mondo intero, il lutto di chi sa di perdere non solo una città, non solo vite umane, non solo opere d'arte, ma un pezzo dell'anima del nostro paese, della sua storia, della sua umanità. Oggi però non è il giorno della celebrazione di un anniversario. I nostri morti non lo meritano. Oggi noi dobbiamo affiancare al doveroso e rispettoso ricordo delle risposte. Le alluvioni non sono improvvise come i terremoti, e soprattutto se ne possono prevenire e mitigare gli effetti con opportune opere idrauliche. La vera cura è la prevenzione. Gli errori del passato vanno ricordati per non ripeterli. Segue a pag.11 Mi,,ranti , strage senza fine Alluvioni in Toscana Pagina 184 C'è un'Italia che sa rialzarsi Dario Nardella SEGUE DALLA PRIMA di un anno fa l'accordo di programma quadro tra regione Toscana, ministero dell'Ambiente, l'unità di missione di Palazzo Chigi #Italiasicurae Città Metropolitana di Firenze.I fondi sono interamente destinati alle opere strategiche più urgenti perla protezione dal rischio idraulico e idrogeologico. Tra questi ci sono le quattro casse di espansione a monte di Firenze e l'adeguamento dell'invasodi Levane. I lavori dovrebbero essere ultimati afine 2018. Speriamo che questa sia la svolta finale. Troppo alto il rischio perFirenze per lasciar fallire questa occasione. Maè l'Italia, il mondo, che non possono più permettersi di rischiare. Alluvioni in Toscana Pagina 185 ione all si esce tutti aProtezione Civile alloranonesisteva. Esistevano le sezioni del partito comunista e della democrazia cristiana tante quasi come le parrocchie. Esistevano le botteghe degli arti- giani. Esistevano gli operai della Galileo, la fabbrica più grande della città. Un poeta che veniva dall'altra parte del mondo, Pablo Neruda, lo scrisse bene. «E quando in Palazzo Vecchio, bello come un'agaGiovanni ve di pietra, salii i gradini Gozzini * consunti, attraversai le antiche stanze, e usci a ricevermi un operaio, capo della città, del vecchio fiume, delle case tagliate come in pietra di luna, io non me ne sorpresi: la maestà del popolo governava». Si chiamava Mario Fabiani, comunista, e morì troppo presto, ben prima dell'alluvione. A fronteggiare il vecchio fiume si trovò il suo esatto contrario: un democristiano letterato, Piero Bargellini. Ma la gente se lo ricorda con le calosce ai piedi nel fango. La maestà del popolo al posto della Protezione Civile, appunto. Ma la maestà lasciamola ai poeti. Tante bestemmie e tanta disperazione. Questo fu l'alluvione. Eppure i comitati di quartiere nacquero allora, per aiutare, semplicemente. Tutti insieme. Niente politica. Oppure l'unica politica che conta davvero. L'anno dopo i ragazzi del priore di Barbiana, don Lorenzo Milani, lo scrissero nella loro Lettera a una professoressa: sortire (in dialet- to vuol dire uscire) da un problema da soli è egoismo, sortirne insieme è politica. Lasciamo stare anche la retorica degli angeli del fango. Facciamo da noi, grazie. Se posso riassumere il senso dell'alluvione nella storia di Firenze (solo adesso la chiamo per nome) è in questo maleducato sentimento di comunità. Anche un po' leghistaexenofobo, se volete. Ma questa città da cartolina, di cui vi riempitela bocca nei ricordi di viaggio, è nostra e adesso è soffocata da questa mota (sempre dialetto, vuol dire fango) gialla che sembra merda ma è peggio perché nonvavia quasi con niente. Eppure adesso noi comunque la puliremo. Venne il Papa in quei giorni e gli andò an cora bene perché Paolo VI era uno che la sofferenza gli si vedeva in faccia. Ma al Presidente Saragat, grassottello e goffo com'era, gli andò parecchio meno bene. Facciamo da noi, grazie. I comitati di quartiere, appunto. Si sorte (il contrario di cosa vuol dire in italiano: si esce, in spregio alla mala sorte) dal problema tutti insieme. O non ne esce nessuno. Forse mi sbaglio, ma non ho ricordo nel dopo della ricostruzione di risentimenti dettati da ineguaglianze nei soccorsi e ingiustizie conseguenti. La solidarietà nutriva l'orgoglio. Se lo Stato ci aiutava bene, per carità. Ma prima di tutto ci si aiuta tra noi. Se devo misurare la distanza storica da quel tempo, la trovo innanzitutto in questo atteggiamento ancora non abituato a fare sempre e comunque affidamento sullo Stato. Lasciamo stare la maestà, ma è il popolo che governa se stesso. Oggi quando succede una catastrofe stiamo lì a vedere quanto tempo ci impiega lo Stato ad arrivare. E va bene, non dico di no. Misuriamo il progresso dalle capacità sempre nuove e maggiori che le istituzioni riescono a mettere in campo per migliorare la vita di tutti. Ma quanto abbiamo perso in capacità di rimboccarsi le maniche e di aiutarci tra noi? I fiorentini non sapevano di averla quell a capacità e anzi, come al solito, erano molto scettici. Eppure giorno dopo giorno si dovettero ricredere, con discreta sorpresa. E dopo le bestemmie e la disperazione, tornò anche qualche battuta di spirito. Ma abbiate disprezzo dellagente che quella capacità proclama di averla ad ogni passo e poi la mette in piazza solo per chiudere la porta in faccia a chi ha più bisogno di loro. Quella è solo gente che ha paura del mondo ed è egoista, incapace di sortire insieme dai problemi, probabilmente si odiano sotto sotto anche tra loro. Tutti possiamo diventare così. E non è un bel diventare. Ci si fa il fegato grosso elanotte si dorme male. Purtroppo c'è poco da fare: quell'egoismo è figlio del benessere, ancor più quando la ricchezza è recente e si hapaura che possano portartela via. Il vecchio fiume nel 1966 la portò via in una notte a parecchi. Preti, comunisti, democristiani di allora sapevano che poteva accadere: la guerra in fondo era finita da poco. E si aiutarono. *storico Ualf a1luviorne si esce tutti Alluvioni in Toscana Pagina 186 era I Alluvioni in Toscana Pagina 187 I ricordi di ieri e le pene di oggi I 1 ricordo di ieri si confonde con lo stato d'animo di oggi: le ferite già risanate ci fanno gioire mentre quelle che ancora stanno lacerando il corpo del paese ci rattristano. Che strane sensazioni provocano i tanti appuntamenti che Firenze ha messo in campo. Tanta è la preoccupazione e la paura anche mentre celebriamo un passato da celebrare - per il destino di quella parte dell'Appennino che continua ad alzarsi e abbassarsi, in preda ad un turbinio di scosse. I ricordi di quella terribile notte in cui l'Arno offese mortalmente la città di Dante si mescolano alle pene di queste ore. Ieri la tragedia che si trasforma in una formidabile leva di partecipazione e diventa una presa di coscienza sulla fragilità del nostro immenso patrimonio e dell'urgenza della sua tutela. Fu naturale ritrovarsi: soldati di leva, giovani capelloni, studenti, amanti dell'arte si dettero appuntamento nella città ferita e lì trovarono preti e comunisti che, come nei libri di Guareschi, dismisero le tonache e depositarono le bandiere rosse, mescolandosi in un'operosità che salvò il salvabile e indicò una via. Oggi occorrerebbe un eguale scatto del nostro orgoglio nazionale, la forza di accantonare divisioni politiche, dando senso profondo alla svolta di cui il paese ha bisogno. Gli eredi degli angeli del fango sono, in questi mesi, le migliaia di volontari della Protezione civile che salvano vite, i vigili del fuoco che puntellano i borghi cadenti e tutti quelli che stanno accanto ai terremotati. Il terremoto ci ha scosso tutti. Credevamo di esser divenuti insensibili alle sequenze di violenza e di guerra, alle immagini di distruzioni, di essere diventati ormai spettatori insensibili di fronte allo "spettacolo del dolore". Non è così. Sarà la vicinanza, sarà la comunanza degli stili di vita, sarà la nostra stessa lunga storia nazionale a farci sentire partecipi nel tentativo di uscire dalla notte della paura. Ieri e oggi. E domani? In un secolo l'Italia ha pianto 170mila morti per i disastri provocati dai terremoti e altri 5800 per le piene dei fiumi e le alluvioni solo negli ultimi 40 anni. Forse è bene pensare a un domani in cui tutto ciò sia solo un ricordo. Come se fosse avvenuto in un altro mondo. E se ce la faremo, quella sarà la grande data da festeggiare. Alluvioni in Toscana Pagina 188 Noi non siamo di giovani che salivano sui camion con le damigiane, pronti a partire per le sorgenti di Roveta, sulle colline di Scandicci. Franco Quercioli Nelle case l'acquatornò due giorni dopo. alba del 5 novembre fu l'alba livida della tregua tra 1 Arno e i fiorentini. Alle due del mattino, a buio pieno, l'acqua si era fermata e poi era cominciata a scendere. Illuminata dalla fioca luce della candela la vedemmo retrocedere dall'ultimo scalino, prima che invadesse il pianerottolo a terreno di via degli Agrifogli 23. L'Isolotto (periferia sul lato sud dell'Arno, ndr) era praticamente salvo. Il fiume aveva ri preso il suo vecchio corso, il Bisamo, e aveva invaso solo le case, latoviaTorcicoda e via Palazzo dei Diavoli. In via Torcicoda correva un torrente giallo e limaccioso che si portava via la roba più varia, niente in confronto a quello che si vedeva dalla passerella dell'Isolotto, prima che si tornasse in casa. L'Argingrosso l'aveva protetto e l'Arno era dilagato verso le Cascine. Isolotto era e Isolotto eratornato aessere. E noi, fortunati astarci sopra, questa volta guardavamo la città con gli occhi di quelli che, ripulitele cantine dalla melma oleosa, dovevano dare una mano. In parrocchia quella mattina c'erano già gli scout aorganizzare il primo centro di soccorso. Unagrande mappa dellacittà, appesa alla parete, e le prime squadre Alluvioni in Toscana Tutto era mota, coperta daun velo di nafta. Anche laLambrettaeradabuttare, come tutte le auto, i motorini, le vespe che i vicini non avevano fatto a tempo a spostare. La bicicletta l'avevo portata dentro casa, quando l'acqua era cominciata a salire. Ora era l'unico mezzo in grado di attraversare Firenze. Gonfiai le gomme e la portai in spalla fino sulla strada, poi iniziai a pedalare lentamente per non schizzarmi troppo di mota. Lasciai via Torcicoda, gli usci e le finestre aperte, la roba da buttare via dalle case e dalle botteghe già sui marciapiedi, lagente con gli stivali melmosi avanti e indietro alla ricerca delle pompe idrovore. Girai a destra per via Bronzino e mi fermai alla "25 Aprile". Nel bar della Casa del Popolotrovai il Pirricchi che spazzava il fango. C'era solo lui. Era stato il capo dei partigiani di Monticelli e di Legnaia. «Che fate?», chiesi, alludendo al soccorso da organizzare. «Pulisco», rispose, e mi guardò strano. Lui aveva in mente la sua Resistenza di ventidue anni prima, la mia stava cominciando quella mattina. A San Frediano e in Santo Spirito già operavano le prime squadre di soccorso. Don Cuba in via Santa Monaca, Don Panerai nei locali della parrocchia e quelli della Casa del Popolo Ferrucci. «Chiuso per fanghi» aveva scritto un artigiano su un cartone appeso alla porta della bottega, in via Sant'Agostino. Di là dal ponte Santa Trinita, il lungarno era sventrato, la piena si era mangiatala spalletta e l'argine; il Ponte Vecchio mostrava le sue ferite. In Borgo San Iacopo il selciato era divelto, scesi dallabici e mi «smotai» fin sopra alla caviglia. A Gavinana «sfangavano» i locali del Circolo Vie Nuove e cominciavano adistribuire il pane e il latte e così nella canonica di San Piero in Palco. Ripassai l'Arno sul ponte Ferrucci e dal lungarno della Zecca giunsi dentro Santa Croce, dove l'acqua era entrata fino ai primi piani. In piazza dei Ciompi avevano già aperto la Casa del Popolo alla gente che aveva bisogno. Si contava sui preti e sui comunisti Si dice che in quei giorni a Firenze si poteva contare solo sui preti e sui comunisti. Le chiese dell'Isolotto, di Gavinana, della Nave, le Case del Popolo Vie Nuove, Buonarroti, il Circolo Lavoratori di Porta a Prato, si riempirono di casse che i camion dei Comuni "rossi" dell'Emilia e dell'Umbria scaricavano direttamente, dove c'era un parroco o un segretario di sezione, di cui ci si poteva fidare. In via dell'Argingrosso gli alluvionati facevano la fila per occupare le case popolari, non ancora assegnate. Venivano con i furgoni, le auto, a volte con i carretti con sopra i pochi mobili salvati dal fango. E noi del Comitato di Quartiere ad accoglierli all'ingresso degli stabili con il tavolino e i timbri del Comune, per dare il senso della legalità dove legalità non c'era. A sera cercavamo anche le ville in collina, quelle non abitate. Una notte, verso Marignolle, scavalcammo un muro con la scala, mentre i cani dei vicini ci abbaiavano, ma gli alluvionati, che don Borghi ci aveva mandato da Brozzi, ci passarono solo una notte. A Sorgane l'occupazione delle case popolari ebbe dimensioni notevoli. Sapevamo tutto da Mario. Abitava da quelle parti e insegnava all a scuola della Montagnola. Pagina 189 Lo striscione con la scritta rossa Paolo VI venne a Firenze la notte di Natale. La lettera dei Comitati da consegnare al Papa fu scritta a più mani nella parrocchia dell'Isolotto. Lo striscione di stoffa bianca con la scritta rossa «I Comitati di Quartiere vogliono parlare con il Papa» fu disegnato sul pavimento insieme a Piero, un compagno del Psiup (il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria in attività dal 1964 al 1972, ndr) che sapeva disegnare bene ma che, fino a quel giorno, a parlare con il Papa non ci aveva mai pensato. Il fatto è che il Cardinale Florit intorno a noi aveva fatto terra bruciata e il professor La Pira era stato ormai neutralizzato. Ci restava solo la possibilità di una azione a sorpresa, sotto la luce delle telecamere. Quella notte si portò lo striscione in piazza Santa Croce, dove il Papa diceva la Messa. Passando da via dei Macci, cercammo di avvicinarci alle transenne. L'idea era quella di scavalcarle con mossa rapida, per consentire allo Scarpelli, con uno scatto dei suoi, di consegnare la lettera a Paolo Sesto, a Messa finita. Eriberto badava ai due agenti in borghese che ci seguivano senza parere, ma non furono loro che fecero fallire il nostro piano. Ce lo impedirono le donne del quartiere. Non sopportavano lo striscione che avevamo alzato davanti a loro e impediva lavista del Papa. A forza di spintoni e improperi fummo ricacciati indietro. Cercammo di tenere invista lo striscione più che si poteva, men tre le braccia ci dolevano e il freddo della notte «ci diacciava le mele» ("ci ghiacciava le natiche", in fiorentino ndr), come diceva sempre Mauro, quando lo raccontava. Alla fine si ripiegò lo striscione, che poi abbandonammo durante la corsa per trovare un punto buono, lungo il percorso del Papa, in uscita da Firenze, in San Frediano. E fu all'angolo con piazzadei Nerli, chelo Scarpelli tentò il tutto per tutto. Il Papa, in piedi sulla grande macchina scoperta, si avvicinava benedicendo la folla. Lo Scarpelli, che era un tipo alto, agile e assai veloce, che lavorava alla Nuova Pignone, prese la rincorsa, scavalcò le transenne e lanciò la lettera, sperando di fare centro. Ma la lettera finì per terra, travolta dalle ruote pontificie. La pubblicò il giorno dopo solo l'Unità, in versione integrale. L'alba era livida, gli argini mangiati, la bicicletta l'unico mezzo possibile Come Comitato di quartiere scrivemmo una lettera al Papa nella chiesa dell'Isolotto Volevamo parlarci Il fogliò finì sotto la sua auto: solo l'Unità lo pubblicò Ponte Santa Trinita e, in alto a destra, la Biblioteca Nazionale. Due scatti in mostra alla Tethys Gallery di Firenze. FOTO:BALTHAZAR KoiAa Il Battistero e il centro storico sotto l'acqua. FOTO: ARCHIVIO Lucvo GORI Le testimonianze sul dopo alluvione che qui pubblichiamo arrivano dall'Archivio dei Movimento di Quartiere di Firenze, creato nel 2005 da alcuni protagonisti di quel movimento di base che dal 1966 lavorava per una più diretta partecipazione alla vita sociale e politica cittadina. Il materiale dell'Associazione è presso I Alluvioni in Toscana Pagina 190 0,1 _ ..)rrentínl uni Chi aveva visto la televisione parlava dell 'emozione del mondo intero per il Cristo di Cimabue nella Chiesa di S.Croce, ma, nello stesso quartiere, l'ospizio dei vecchietti a Montedomini era invaso dal fango, che ancora nessuno aveva cominciato a spalare. Mentre nelle scale della Biblioteca Nazionale file di giovani si intralciavano quasi, nel passare di mano in mano libri intrisi di acqua maleodorante, la stessa acqua invadeva i magazzini delle farmacie , dove non andava nessuno. Fu facile infondo decidere cosa fare. C Coìnítatodì )r- A Sorgane cinque-seicento famiglie alluvionate occuparono case già assegnate . Il clima era di illegalità ma insieme di emergenza . La prima fase fu quella di assicurare a questa gente i servizi essenziali, dal riscaldamento alla corrente elettrica, ai lavori di completamento. Fu occupato un fondo, già assegnato a una scuola guida, per allocare una cooperativa; si prese possesso di una villa che servì per la collettività, dalla mensa calda alle attività con i ragazzi, all'ambulatorio, alla sala riunioni, alla celebrazione della Messa. Fu questa la sede del Comitato di Quartiere. Se gli abitanti della Nave mangiarono qualcosa, ciò dipese dal fatto che essi nominarono un Comitato d'emergenza, il quale mandò i suoi membri ad acquistare dalla campagna il necessario e ricevette aiuto dal Comune di Bagno a Ripoli. Pane e panettoni, uova e scatolette ci giunsero indipendentemente dal signore inviato dalla Prefettura. Chi portò questa roba si rifiutò di consegnarla al Comitato, che l'avrebbe assegnata con razionalità, ma fece una plateale distribuzione nella piazza. E i non alluvionati poterono riempire le dispense, agli alluvionati non toccò nulla... Alluvioni in Toscana ïlaril, ,rcilo "Víe Nuove" Si sono ricordati spesso, in modo retorico , "gli angeli del fi Uffizi, poco si è detto dei non meno numerosi giovani che s presentarono ai Comitati, alle Case del Popolo, alle Parre offrendo il loro tempo, attratti da un impegno diverso da avevano conosciuti. Capimmo allora, e vale ricordarlo oggi, quanto nonfosse vera la storia del disinteresse e quanto invece da collegare alle difficoltà fra generazioni la causa del distacco dei giovani dal sociale e dalla politica da sempre lamentato. Sa U- _,re assi a, C; l L Santa Croce Il senatore Tristano Codignola mi aveva invitato a un incontro in Prefettura, presente il ministro della pubblica istruzione, per illustrare lo stato delle scuole nel quartiere di Santa Croce. Alla riunione il Provveditore non seppe offrire un quadro della situazione scolastica cittadina. La distanza dai problemi si evidenziava anche fisicamente: mentre i sovrintendenti alle Belle Arti viaggiavano per Firenze, spesso a piedi e con gli stivali infangati, il Provveditore, con le scarpe lucide, a fine riunione risalì sull'auto guidata dall 'autista. Pagina 191 La scienza al servizio dell'arte E Vasari si è salvato dalle acque Il direttore dell'Opificio Ciatti descrive come ha recuperato l'ultimo quadro malato Il responsabile della Biblioteca nazionale Bellingeri: «Siamo pronti a un'emergenza» Stefano Miliani Data per spacciata, sembrava una larva di forme e colori perduti. Era la grande malata dell'arte fiorentina alluvionata: l'enorme Ultima cena che Giorgio Vasari dipinse nel 1546 è di nuovo nel museo di Santa Croce di Firenze dove, il4 novembre 1966, finì inzuppata di fango, nafta e altre scorie maleodoranti. Sotto la direzione del soprintendente Marco Ciatti, e con Cecilia Frosinini, l'Opificio delle pietre dure ha restaurato questa tela gigante e, dalle 20 alle 24 di oggi e domani, Il Cenacolo mostra gratuitamente a tutti il figliol ritrovato. E questo ritorno ha un significato particolare: ricorda che quel disastro impresse alla pratica del restauro una svolta più aperta alla scienza. Al dipinto era in condizioni disperate» «Il recupero dell'Ultima cena era ritenuto impossibile - ricorda Ciatti -Fummo coinvolti nel 2004». Il guasto più grave? «L'acquadefluì in dodici ore. Lo strato di gesso e coll a su cui Vasari lavorò si era sciolto per cuiilcolorenon avevapiùunabasecuiaderire. E in un dipinto largo sei metri e mezzo e alto 2,32 non è un problemino da poco». Già, recuperare quei colori acidi tipici del Manierismo fiorentino sembrava un'impresa disperata. «Sono serviti un progetto apposito e vari sponsor oltre alle risorse consuete. La Protezione civile ha coperto gli studi e i test. Andava risanato il legno, e qui ci ha sostenuto la Getty Foundation di Los Angeles. Poi tre restauratrici diplomate all'Opificio hanno eseguito Il restauro estetico con un contratto finanziato da Prada. Dico la verità, il dipinto era il nostro incubo, non credevo venisse così bene», confessa Ciatti e sorride sollevato. Tuttavia Santa Croce è a breve distanza dall'Arno: rischia? «Una persona può sollevare il dipinto oltre il livello del 1966 con un sistema manuale di contrappesi perché con un'alluvione la corrente elettrica salta». Di quei giorni di sgomento cosa resta da restaurare? «Opere significative non cene sono. Aggiungo che solo una struttura pubblica poteva compiere un lavoro così imponente. E il restauratore della pittura, Roberto Bellucci (insieme a Mauro Parri e Ciro Castelli per la parte lignea), ha continuato in pensione a titolo gratuito tanto era coinvolto». Alluvioni in Toscana Bonsanti : « Fu una svolta scientifica» Il cambio di passo scaturito dall'urgenza e dalla vastità di guasti lo illustra Giorgio Bonsanti, che diresse l'Opificio dal 1988 al 2000, docenteeteorico del restauro: «Si sono sprovincializzate tecniche e metodologie grazie acontatti con altre realtà italiane ed europee. Lascienzahaacquisitounruolo sempre più importante. Pensiamo ai dipinti murali: si usò l'idrossido di bario che ha permesso di mantenere sul posto, consolidandoli, affreschi che altrimenti sarebbero stati "strappati" dalla parete e questa tecnologia fu dovuta all'interazione fra uno scienziato, il chimico Enzo Ferronipoi diventato rettore, e il restauratore Dino Dini». Le opere d'arte danneggiate furono un'infinità. Quante? «Sono numeri aleatori. Si è parlato di un migliaio di dipinti dei quali unterzosutavolaedueterzisutela, di 500 sculture, 125 affreschi, però le perdite totali e irrecuperabili sono stati gli arredi liturgici nelle chiese». Sull'arte occorre smentire una voce ricorrente: agli Uffizi anche i dipinti nei depositi sono in alto, nel mezzanino sul lato di ponente a oltre cinquanta scalini d'altezza dal suolo. Se l'Arno irrompe per le strade assalirebbe musei come il Bargello, che è vicino al fiume e ha, a piano terra, capolavori di Donatello e Michelangelo, sebbene le sculture reggano meglio dei quadri l'acqua e il fango. Un piano di evacuazione esiste, il vero imperativo è impedire che tutto quanto accada di nuovo. www.bncffirenze. sbn.it), ma se labestia del fiume sirialzacosasuccedeinquesto palazzo con sei milioni di volumi a pochi metri? «Anche un'esondazione minore ci riguarda. Abbiamo due misure. Primo: tutto ciò che è nei magazzini sotto il livello stradale è sotto vuoto, in buste prive d'aria che impediscono al libro di bagnarsi e la formazione di muffe o parassiti. Secondo: in base a un piano con la prefettura, l'autorità di bacino e gli istituti culturali, veniamo avvertiti in caso di preallarme e abbiamo 12 ore per agire prima che la piena raggiunga Firenze. Abbiamo le squadre di emergenza pronte a trasportare ilmateriale più prezioso ai piani alti. I manoscritti e il materiale antico sono già al primo piano che corrisponde al terzo di un edificio normale». Poiché la storia fiorentina è fitta di alluvioni, perché la Nazionale fu eretta davanti all'Arno? «Nel 1906, quando fuprogettata, eravivo ilricordodell'incendioche colpì Torinopercuivollero avere vicina l'acqua per spegnere il fuoco. Nel 1935, all 'apertura, si resero conto di non aver considerato i grandi formati, come i giornali, quindi fecero scaffalature nuove e l'unico spazio era il seminterrato». A ogni modo, sostiene Bellingeri , oggi l'istituto ha un grattacapo in meno: « Non esistono più i cataloghi cartacei e gli schedari finiti nel fango 50 anni fa. È tutto informatizzato e con un backup di sicurezza fuori della bibliotecaperevitare rischi . Maconqueldisastro iniziò la cultura moderna del restauro librario, ricordarlo è importante». «Biblioteca, recuperato tutto» Un capitolo essenziale investe la Biblioteca nazionale. Passarono lì dentro giornate e nottate molti dei circa diecimila "angeli delfango" (tra loro spuntarono anchei giovanissimi Ted Kennedy e Margherita Hack). Ancora negli anni'90 chi cercava là un testo poteva incappare, come risposta, in un no perché «alluvionato». Oggi? «Ormai la quota di libri alluvionati ancora da restaurare è molto esigua - risponde il direttore Luca Bellingeri - L'allora direttore Emanuele Casamassima stimò 1,2 milioni di documenti danneggiati in modo serio o leggero. Ne sono rimasti appena 18mila; abbiamo l'obbligo di restaurarli perché siamo l'archivio nazionale del libro, però sono opuscoli, miscellanee, nulla di rilevante. Certo - ammette - l'acqua portò via molti libri e quelli saranno alluvionati per sempre». Peri 50 anni dal 1966 l'istituto ha organizzato mostre, incontri (c'è il sito Pagina 192 ?0// %% /,/, r' ` iun un? Il ', ', &, áo Nel 1966. Padre Franchi con "L'ultima Cena" del Vasari. Alluvioni in Toscana FOTO: MONDADORI PORTFOLIO/ARCHIVIO GIORGIO LOTTI Pagina 193 1 FOTOGRAFI Gli scatti di Gori per le strade L'occhio di Korab in mostra Le foto /1 L'immagine a pagina 7, quella delle persone in strada e le tre piccole con il centro allagato provengono dall'Archivio Luciano Gori (1935-1985), maestro di scuola che fotografò Firenze alluvionata. Per i 50 anni dall'alluvione il Comune ha affisso in città gigantografie di questi scatti finora inediti (info: Archivio del Movimento di Quartiere, www.movimentoquartierefirenze.it). Le foto /2 Balthazar Korab (1926-2013) è stato un importante fotografo ungherese esiliato. Era a Firenze per caso nei giorni dell'alluvione. I suoi scatti su quei giorni sono esposti fino al alla galleria di fotografia Tethys, in via dei Vellutini 17r. fino al 26 novembre. Alluvioni in Toscana Pagina 194 Resta il rischio idrogeologico Per questo ora c'è il Piano dell'Arno Mauro Grassi * Giovanni Massini ** O ggi è il 50esimo anniversario della grande alluvione in Italia. Le regioni più colpite furono quelle del Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Ve- nezia Giulia) e del Centro (Toscana, e più limitata- mente Emilia-Romagna e Umbria), dove avvennero estese inondazioni e numerose frane. Ma è indubbio che il 1966 viene ricordato per lo più come l'anno dell'alluvione di Firenze. La devastazione che colpì la città fu vasta e profonda e, cosa che rese quel fatto un grande e toccante evento mediatico internazionale, fu senz'altro il contraccolpo che l'acqua produsse, con la sua miscela esplosiva fatta di fango e di petrolio, sui beni culturali e architettonici della città. Fra tutti l'oramai famoso Cristo di Cimabue e la Porta del Paradiso del Battistero del Ghiberti. Immagini che hanno lasciato in molti di noi, fiorentini ma non solo, la forte convinzione e proposizione che una cosa del genere non dovesse mai più succe- dere. In effetti in questi anni molto è sta- Dopo decenni di stop e veti si è pianificato cosa fare: i lavori in corso saranno finiti entro il 2021 to fatto per Firenze ma molto rimane da fare. Seda una parte infatti è stato prodotto tanto in termini di ricostruzione, ripristino e restauro di parti importanti della città e di beni culturali e architettonici, altrettanto non si può dire per quanto riguarda gli interventi di prevenzione dei fenomeni di rischio alluvione. Per quasi cinquant'anni la mancanza di una strategia nazionale, i localismi e i veti incrociati hanno purtroppo rappresentato ostacoli insormontabili alla realizzazione degli interventi. Solo in tempi recenti si è potuto procedere all'indi- subirebbero a tutt'oggi importanti allagamenti, sebbene i volumi esondati, nel centro storico di Firenze, si ridurrebbero a meno di 10 milioni di metri cubi rispetto ai 70 milioni stimati per l'evento di cinquant'anni fa. La situazione di rischio idraulico a Firenze e lungo l'asta dell'Arno, pur mitigata dagli interventi realizzati nel corso degli ultimi cinquant'anni, risulta quindi ancora critica. In questo contesto si inserisce il Piano per l'Arno che il nuovo Governo in collaborazione con la Regione Toscana e il Comune di Firenze ha varato nel 2015 e che vedrà la realizzazione entro il 2020/2021 per la gran parte degli interventi programmati. Si tratta di un Piano che prevede nella prima fase la costruzione di quattro casse di espansione nell'area di Figline, a monte di Firenze, per oltre 20 milioni di mc per un controvalore di circa 92 min di euro. La seconda fase (25 milioni di lavori) prevede l'innalzamento della diga di Levane di 5 metri con un contributo di contenimento della piena di circa 10 milioni di metri cubi. Ed infine la terza e quarta fase (65 milioni di lavori) che prevede interventi di laminazione delle acque della Sieve, principale affluente a monte di Firenze. Si tratta, in quest'ultimo caso, di lavori ancora in fase preliminare di progettazione che con il Fondo Progettazione messo a punto da #Italiasicura potranno venire realizzate in tempi non eccessivamente lunghi e comunque, almeno per i primi stralci funzionali, entro il 2021. La grande opera per la messa in sicurezza di Firenze prevede, a oggi, un volume di investimenti intorno ai 180 milioni di euro di cui il 70% di provenienza statale e il 30% regionale, in parte già assegnati al Presidente della Regione che è anche Commissario governativo. Con la realizzazione delle casse d'espansione della Sieve, in aggiunta alle casse di Figline e alla Diga di Levane, si riuscirebbe potenzialmente ad affrontare ogni tipo di evento paragonabile a quello del '66, caratterizzato da portate ben superiori a quelle di un evento duecentennale, arrivando a gestire nel tratto a monte di Firenze oltre alle piene dell'Arno anche quelle del suo principale affluente, la Sieve, portando così ad un livello di sicurezza finalmente accettabile il sistema urbano che si adagia sul vasto bacino fluviale dell'Arno. #Italiasicura- Presidenza del Consiglio **Regione Toscana viduazione e alla realizzazione di interventi in grado di ridurre in modo significativo il rischio idraulico per la città di Firenze. È per questo che la Struttura di Missione contro il dissesto idrogeologico (#Italiasicura), ha puntato ad intervenire invia prioritaria su Firenze e più in generale, attraverso il Piano Stralcio sulle Città Metropolitane, sulle altre principali realtà urbane critiche come Genova, Milano e Venezia. La situazione del fiume Arno e della città di Firenze può essere così sintetizzata in termini di rischio idrogeologico. Occorre considerare che nel 1966 il valore di massima piena in ingresso al centro storico di Firenze, è stato intorno ai 4000 m3/sec a fronte di un'attuale capacità di smaltimento nel tratto più critico degli Uffizi e della Biblioteca nazionale di circa 3300 m3/sec. e di soli 2800 m3/sec nel tratto a valle, ricadente nei comuni di Signa, Lastra a Signa e Scandicci. È evidente che, a fronte di un evento come quello del '66, sia il centro storico che il tratto cittadino immediatamente a valle Alluvioni in Toscana Pagina 195 1 i ITALIA O LIVELLI DI GUARDIA FIRENZE L'ALLUVIONE INVETRINA di Cosimo Rossi Cinquant'anni fa, la piena dell'Arno e la corsa per salvare le opere d'arte, i bar e i negozi del centro. Che non hanno però resistito all'ondata delle grandi griffe della moda O IItENZE . È oggi. Sono passati cinquant'anni da quel ma- ledetto 4 novembre. Mezzo secolo durante il quale tutto (o quasi) è stato restituito alla città. Ma anche tolto: il centro storico di Firenze, quello che ha resistito ai danni dell'alluvione, si è arreso alla globalizzazione. Ciò che l'Arno ha risparmiato se lo sono portati via brand e griffe di alta moda. Un assalto a colpi di euro che ha invaso le strade soffocando non solo - e non tanto - lo spirito sfrontato dei piccoli artigiani e negozianti che nel buio dell'autunno '66 spalavano fango dalle botteghe esibendo cartelli all'insegna del "Chiuso per umido", "Dalla mota al consumatore", "Prezzi sott'acqua". Ma anche le doti mercantili dell'aristocrazia commerciale fiorentina, quella delle storiche insegne del lusso cittadino. Dei negozi celebri e dei loro arredi scampati al fango, infatti, non resta quasi traccia. In quello che oggi è il cuore pulsante dello shopping turistico fiorentino, tra via Tornabuoni e via Strozzi, solo la fitta esposizione di porcellane e argenteria della famiglia Poggi sopravvive stretta tra le nuove insegne. Ugo Poggi c'era quel venerdì di festa (si celebrava la festa delle Forze armate nella ricorrenza della vittoria della Prima guerra mondiale). «Ricordo come fosse oggi», racconta seduto alla sua scrivania, «si veniva ad alzare il bandone e accendere le luci». Ed è quello che il 2lenne Poggi stava facendo quel 4 novembre quando si è trovato l'acqua alle caviglie invia Torn abuoni. «Poi, visto che la corrente rendeva impossibile tornare a casa, trovammo riparo nell'Hotel de Ville di via Tornabuoni » continua ❑ + È LA MATTINA DEL 4 NOVEMBRE 1966, L'ARNO ROMPE GLI ARGINI E ALLAGA FIRENZE. Ë UNA TRAGEDIA. L'ACOUA INVADE LE VIE DEL CENTRO, DEVASTA CASE, NEGOZI, BIBLIOTECHE, SFREGIA OPERE D'ARTE. LA GARA DI SOLIDARIETÀ CHE Si SCATENERÀ SUBITO DOPO RESTERÀ NELLA STORIA. SOPRA, A SINISTRA, LA VETRINA DEL CAFFÈ GIACOSA NEL 1966. OGGI (A DESTRA) I LOCALI SONO STATI PRESI DALLA GRIFFE CAVALLI 42 • IL VENERDÌ • 4 NOVEMBRE 2016 Alluvioni in Toscana Pagina 196 n nin rrxnnnr 1,11 ai Alluvioni in Toscana rrnirnn A9 Pagina 197 ITALIA O LIVELLI DI GUARDIA Poggi. «Insieme al figlio del proprietario che era mio amico ci rifugiammo al primo piano. Trascorremmo tutto il giorno e la notte insieme agli ospiti dell' albergo che erano terrorizzati». Quello che turba i ricordi è lo scenario che si presenta il giorno dopo, quando il deflusso dell'acqua rese possibile arrivare in negozio sepolto dal fango. «Arrivai e vidi che lì c'era già mio padre. Ci abbracciammo in lacrime». La furia del fiume infatti aveva travolto e distrutto quasi ogni cosa: «Acqua e fango ovunque, ma ci mettemmo a ripulire il mobilio in mogano. Una sfida che ci permise, seppur in modo provvisiorio, di riaprire, il 10-12 dicembre». Lo stesso fecero gli altri commercianti all'insegna dell'indefesso spirito fiorentino: con l' aiuto di cinquecentomila lire una tantum e una montagna di candele per far luce sul disastro ma con la voglia di rialzarsi mentre inADDIO AGLI STORICI combeva il Natale AFFÉ di quel 1966. LETTERARI, Questa è la stoDOMINANO ria di una resurreI MARCHI DELLA MODA zione che però nasconde nelle sue pieghe un altro evento che ha trasformato radicalmente uomini, cose ed economia cittadina. C'è un periodo, che molti fanno coincidere con gli ultimi 20/25 anni, quando i gestori o proprietari hanno cominciato a cedere i loro antichi locali piegandosi al nuovo che avanzava. Impossibile resistere alla concorrenza. Come dire: la globalizzazione non fa prigionieri. Cedere diventa un'esigenza di sopravvivenza. Un fenomeno tipico di molte città italiane ma che a Firenze ha funzionato da acceleratore. E così il salotto tra via Tornabuoni e via Strozzi è sparito. Chi vuol saperne di più può sfogliare qualche cartolina d'epoca. A cominciare dal celebre caffè Giacosa, dove «siamo andati a prendere il caffè per tre generazioni», prosegue ancora Poggi. Oggi i locali sono occupati dal marchio Cavalli (alle prese con una pesante ristrutturazione), che almeno si e dato la briga di preservare il nome e il bar in un locale adiacente. Altra cosa, però, rispetto a divanetti imbottiti e tovaglie rosa del vecchio caffè riemerso dall'alluvione. Dentro si continuava a ❑ SOPRA, LE VETRINE DEL NEGOZIO DI ABBIGLIAMENTO NEUBER , ALL'ANGOLO TRA VIA STROZZI E VIA DEI PESCIONI. È STATO CHIUSO NEL 2004 respirare l'aria d'inizio secolo dell'aristocratico caffè Casoni(come si chiamava in origine) dove il pittore Telemaco Signorini si dava appuntamento per l'aperitivo con lo scultore Raffaello Romanelli. E dove soprattutto un giorno del 1919 il conte Camillo Negroni (romanzesca figura di avventuriero amante del bere, dei cavalli, di caccia e scherma, che dilapidò le sue fortune al gioco tra Eastcoast e casinò diVenezia) chiese al fidato barman Fosco Scarselli di rinforzare l'Americano (a base di vermuth rosso e Campaci) sostituendo la soda col gin di cui aveva riportato il gusto da una recente trasferta londinese. La targa che ricordava l'invenzione che rese celebre il nome del conte se n'è andata con la ristrutturazione per far posto alle vetrine di Cavalli.Addio anche agli impareggiabili panini tartufati (un tempo celebri come quelli di Procacci, sempre in via Tornabuoni). La memoria più vivida delle prelibatezze perse dai fiorentini rimane però quella della pasticceria aperta il 31 maggio 1827 da Gasparo Doney, ufficia- IL LIBRO L DEDICATO A TUTTI COLORO CHE, ARMATI SOLO DI PALE, SALVARONO FIRENZE DAL DISASTRO. È ANGELI DEL FANGO DI ERASMO D'ANGELIS (GIUNTI, PP. 214, EURO 28) le francese che, esiliato dalla famiglia dopo la disfatta di Napoleone e stabilitosi a Firenze, cominciò a importare pasticceria francese. Eleganti e spaziosi, coi soffitti a volta decorati di stucchi e fregi d'oro sostenuti da quattro colonne (da cui il nome Caffè delle Colonne con cui veniva chiamato), gli ambienti di Doney in via Tornabuoni divennero presto ritrovo per l'alta società e gli stranieri, centro di gravità del cosmopolitismo culturale della città. «Dopo la colazione al caffè Doney ho sbrigato alcuni affari e poi sono andato alla Galleria degli Uffizi per un'ultima visita», scriveva nel suo Diario italiano Herman Melville, che alloggiava nell'adiacente Hotel du Nord. Da Doney si fermava Giosuè C arducci enel periodo fiorentino era assiduo Giovanni Verga. Frequentato dal mondo della cultura anche per la vicinanza al gabinettoVieusseux, proprio negli anni a cavallo dell'alluvione, il caffè era luogo d'incontro dei poeti ermetici. Famoso per la ricercatezza dei ricevimenti durante le sfilate di moda di Pitti, proprio Doney è stato tra i primi a cedere il passo alla forza dello shopping nel 1985. Insieme ai caffè son così "annegate" molte insegne del lusso e dell'artigianato locale. Le scarpe di Raspini, Romano e Pollini, le secolari librerie Seeber e Marzocco (che aveva pubblicato la prima edizione de Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi) o la cartoleria Pineider di piazza Signoria, a Firenze dal 1774. Generazioni di madri dei liceali del Michelangelo e del Galilei hanno sfoggiato gli abiti di Neuber, all'angolo tra via Strozzi e via dei Pescioni: tessuti in cui identificavano l'idea di eleganza fiorentina fatta di un gusto un po' inglese e un po' sportivo, mai troppo stravagante e sempre di alta qualità. Lungo via Tornabuoni si scorgono ancora le insegne in pietra con le iscrizione dorate della Profumeria inglese fondata nel 1843 dal farmacista Henry Roberts, quello del Borotalco, così come gli arredi in mogano sopravvissuti alla furia dell'Arno. Da qualche anno l'attività si è trasferita per lasciare il posto alle scarpe di uno dei marchi della famiglia Della Valle. Cosimo Rossi 44 • IL VENERDd • 1 NOVEMBRE 2016 Alluvioni in Toscana Pagina 198 Fotografie efilm ricordando la tragedia e la rinascita LA M OSTRA L'ALLUVIONE RACCONTATA DAGLI SCATTI DI BALTHAZAR KORAB , UNO DEI PIÙ CELEBRI FOTOGRAFI DI ARCHITETTURA DEL SECOLO SCORSO. NEI PRIMI GIORNI DI NOVEMBRE DEL 1966, L'AUTORE DELLE FAMOSE IMMAGINI DEI LAVORI DI MIES VAN DER ROHE E FRANK LLOYD WRIGHT, DI LE L CORBUSIER, RICHARD MEIER E DI EERO SAARINEN, Si TROVÒ CASUALMENTE AD ASSISTERE ALL'ALLUVIONE. ARMATO DELLA SUA HASSELBLAD MEDIO -FORMATO E DI CINQUE RULLINI, GIRÒ PER UN GIORNO INTERO PER LA CITTÀ INONDATA, FOTOGRAFANDO QUEI MOMENTI DRAMMATICI. TRAMITE L'ASSOCIATED PRESS E LA RIVISTA LIFE LE SUE IMMAGINI FECERO IL GIRO DEL MONDO E KORAB DIVENNE IL FOTOGRAFO DELL'ALLUVIONE. SEDICI SUOI SCATTI VENGONO PROPOSTI , FINO AL 25 NOVEMBRE, ALLA TETHYS GALLERY DI FIRENZE NELLA MOSTRA CURATA DA JOHN COMAZZI ° E DA CHRISTIAN KORAB. (GIUSEPPE ORTOLANO) UN DOCUMENTARIO PER CONSERVARE LA MEMORIA E CELEBRARE IL LAVORO DI CHI Si IMPEGNA NELLA TUTELA DEL PATRIMONIO ARTISTICO. È FIRENZE 66 - DOPO LALLUVIONE, UNA COPRODUZIONE SKY ARTE HD € ALKERM ES, CHE SARÀ PRESENTATA IN ANTEPRIMA OGGI NELLA SALA DEL CINQUECENTO IN PALAZZO VECCHIO A FIRENZE E POI GRATUITAMENTE AL PUBBLICO NELLA CASA DEL CINEMA. ATTRAVERSO LE TESTIMONIANZE DI PROTAGONISTI , IL COMMENTO DEGLI ESPERTI, L'IMPIEGO DI IMMAGINI D'ARCHIVIO E NUOVE RIPRESE GIRATE IN LUOGHI SIMBOLO, IL DOCUMENTARIO RICOSTRUISCE 1 DRAMMATICI GIORNI DELL'ALLUVIONE E IL LAVORO DI RECUPERO E RESTAURO DI OPERE D'ARTE COME IL CROCIFISSO DI CIMABUE E L'ULTIMA CENA DI VASARI. IL DOCUMENTARIO SARÀ PROIETTATO IN PRIMA VISIONE DOMANI ALLE 21,15 SU SKY ARTE HD. (G.O.) 4 NOVEMBRE 2016 • IL VENERDÌ • 45 Alluvioni in Toscana Pagina 199 L' uv one tra mostra Yinerante musiche e letture G 1i i Le foto sono ad vane poi potranno essere richieste li appuntamenti da scuole e circoli Arci. Ecco il programma EMPOLI Immagini di un territorio martoriato, fotografie di persone attonite e impaurite, ma anche gli inizi dell'opera di ricostruzione e il lento ritorno alla normalità. Sono le istantanee delle mostra fotografica'Empoli. I giorni dell' Alluvione. Cinquant'anni dal 1966', organizzata per la ricorrenza dei 50 an ni da quel tragico 4 novembre 1966 all'interno dello spazio della Vela Margherita Hack diAvane, in via Magolo 32. La mostra è stata aperta dal vicesindaco del Comune Franco Mori, dall 'assessore alla cultura Eleonora Caponi e dalle curatrici Stefania Terreni, dell'archivio storico del Comune, e Francesca Pepi, dell'ufficio cultura. ponte di barche . Alcuni pannelli sono accompagnati da una serie di manifesti emessi all'epoca dall'amministrazione comunale per gestire l'emergenza dei soccorsi e le difficoltà della ripresa e da una raccolta di foto originali. Una seconda sezione della mostra (circa 12 pannelli) è dedicata al fiume Arno, alla sua storia e alle alluvioni che nel tempo si sono verificate e ai danni dell'alluvione nel centro storico di Firenze. Inoltre, la mostra è accompagnata da una brochure di otto pagine dallo stesso titolo, con un breve testo narrante. «La mostra resterà visitabile li- no a domenica 13 novembre, sempre dalle 17 alle 19.30, per poi diventare itinerante - ha spiegato l'assessore Caponi cori molto piacere abbiamo accolto la proposta della scuola secondaria di primo grado'Busoni - Vanghetti' di ospitare per un periodo la mostra che ci auguriamo sarà un momento divulgativo ed educativo per gli alunni. Anche Arci Empolese Valdelsa ce la ha chiesta. La prima tappa sarà il circolo Arci di Limite sull' Arno. Ma visto la ricorrenza così sentita non sono escluse altre occasioni per mettere in mostra queste immagini che apparten- gono alla storia di questo territorio». Il vicesindaco Mori ha parlato da testimone oculare di quegli eventi: «Avevo 15 anni e a quell' età i ricordi ti si stampano nella mente. Furono momenti e giorni indimenticabili, tragicamente indimenticabili. Ma anche di coesione sociale, con tanta gente che si dette una mano formando una catena di sostegno senza precedenti. Oggi fortunatamente, dal punto di vista infrastrutturale, il territorio si presenta molto diverso grazie a investimenti pesanti fatti nel corso degli anni». La sciagura dell'alluvione che toccò Firenze, ma anche e fortemente l'Empolese, viene raccontata cori foto in bianco e nero. Sono disposte su dodicipannelli, rappresentano le varie località invase dall' acqua e dal fango, i mezzi di soccorso, le fabbriche e le abitazioni danneggiate e poi ripulite, il danneggiamento del ponte sull'Arno e il suo attraversamento con il traghetto o sul Sopra la press'ntazione ad Avane, a destra una foto della mostra e poi a seguire altre immagini nei pannelli (foto agenzia Sest ni) Alluvioni in Toscana Pagina 200 Un gruppo di bambini in visita ad Avane L'esercitazïone sull'Elsa Alluvioni in Toscana Pagina 201 Esercitazioni con le cateratte a Castello A molte persone che hanno vissuto in prima persona l'alluvione del 1966 il movimento delle cateratte del ponte sull'Elsa avrà ridestato una certa emozione. Ieri mattina i volontari della Prociv hanno svolto un'esercitazione con la chiusura delle cateratte sul ponte principale di Castelfiorentino , l'ultima "linea di difesa" del capoluogo per contenere un'eventuale ondata di piena dell'Elsa. All'operazione hanno preso parte anche il sindaco, Alessio Falorni, e il vicesindaco, Claudia Centi. Una iniziativa dal carattere simbolico (utile, in ogni caso, per verificare il corretto funzionamento di tutto l'impianto) che ha aperto ufficialmente il 50° anniversario dell'alluvione (4 novembre 1966 ), ricorrenza che il Comune di Castelfiorentino intende celebrare - come tutti i comuni colpiti da quel tragico evento - attraverso un nutrito calendario di eventi. Dopo l'esercitazione di stamani, in particolare, appuntamento alle ore 17.00 al Ridotto del Teatro dei Popolo, per una riflessione a 360° gradi su quanto è avvenuto cinquant'anni fa, con foto, testimonianze e filmati inediti . Come si ricorderà, Castelfiorentino fu uno dei comuni più devastati della Valdelsa. 5, sino ala mostra a Castelfiorentino, sopra alcune foto esposte. A destra 1 danni a Ltontelupo Alluvioni in Toscana Pagina 202 , o/ n/ c +p A r// / ir „ // ///m . " -° % 11 , // à9, -• .,r,,r e /vr / l . % 1 1~1 Y, r i % % i/rr % _ V§/, Ille'ao / Athos Frosini, pompiere pistoiese, fu mandato a Fossato per portare il latte a una bimba nel paese rimasto isolato D PISTOIA Il 4 novembre 1966 è una data tristemente nota per le terribili alluvioni che inondarono parte del nostro Paese. Pochi sanno che in quei giorni in cui Firenze annaspava nel fango, una bimba di 3 mesi veniva soccorsa da un vigile del fuoco pistoiese a Fossato, un piccolo paese dell'Appennino tosco-emiliano rimasto isolato per la n eve. Ecco come andò. Dopo la grande piena del 3 e 4 novembre, che aveva sciolto la neve sulle Alpi e sull'Appennino settentrionale caduta prematuramente tra la fine di ottobre e i primissimi giorni del mese, la neve in montagna tornò a più riprese, con quantitativi anche significativi. Quel poco di protezione civile che esisteva si affidava in massima parte all'esercito e all'opera instancabile dei Vigili del fuoco. In questo quadro s'inserisce una storia a lieto fine. Fossato domina la valle del Lianentra a 747 metri di altitudine e si trova nell'estremo angolino nord-ovest dell'attuale provincia di Prato e vicino al confine con quelle di Bologna e Pistoia. Il paese ha acquistato una certa nomea nei dintorni per la cena medioevale, rigorosamente in costume e con menù dell'epoca, che si tiene nelle sue strade a fine luglio in memoria della Contessa Matilde di Canossa, che intorno al 1000 fu la proprietaria e protettrice di questi pos- Alluvioni in Toscana %/%i, //i 1"iti((irr''ì dì íwar a rte ardi'ffl E' stato presentato, in occasione della ricorrenza del 501 anniversario dell'al luvione di Firenze, il volume "L'Arno dà di fòri" curato da Luca Gianneli i, che contiene le memorie di tanti fiorentini e non che, in quei giorni drammatici e concitati , nei quali la città di Dante era sommersa dalle acque, si trovarono a far fronte al l'emergenza. Mara Cortesi Bardelli, all'epoca studentessa pistoiese iscritta alla facoltà di economia e commercio, il 3 novembre si trovava regolarmente in facoltà e con i compagni organizzava una serata di allegria e divertimento, erano ragazzi e non faceva impressione il tempo che peggiorava e la pioggia incessante che non sembrava volersi placare. Ma quello doveva essere 'ultimo pomeriggio di spensieratezza goliardica per molto tempo. Mara tortesi , adesso madre e nonna, racconta spesso ai nipoti gli eventi legati alla giovinezza e quando e è stato chiesto di partecipare alla stesura del volume, con un suo ricordo sull'alluvione, lo ha fatto con piacere, perchè conserva ancora vive e nitide le immagini di quei giorni. sedimenti. Dodici anni fa, in una tiepida e assolata giornata di settembre, un signore attempato è entrato nel bar Lambrini di Fossato insieme alla moglie. «Mi chiamo Athos Frosini e vengo da Pistoia, cercavo la signora Marzia». «Sono io, mi dica», rispose stupita la donna da dietro il bancone, non avendo riai visto prima quelle persone. «lo sono il pompiere che nel novembre del 1966, in piena notte col paese isolato dalla neve, le ha portato il latte artificiale di cui lei aveva bisogno. Sono tornato dopo 38 anni perché volevo rivederla». Un brivido di stupore e com- mozione ha percorso tutto il bar. Marzia, con gli occhi lucidi, ha chiesto all'uomo di raccontare quella storia incredibile di cui aveva appena sentito parlare dai genitori. Nel bar è piombato il silenzio, la tv è stata spenta e i clienti hanno smesso di giocare a carte per ascoltare il racconto diAthos. «Fossato era sotto la neve, con la corrente elettrica saltata e gli abitanti isolati dal resto del mondo. Al comando dei Vigili del fuoco di Firenze arrivò una telefonata di allerta: c'è una bambina di appena tre mesi in un paese isolato dalla neve che ha urgente bisogno di latte». 1 pompieri di Firenze in quei giorni avevano il loro bel daffare e fu avvertito il comando di Pistoia. Dappertutto c'erano acqua e fango da togliere, maAthos e un gruppo di suoi colleghi furono incaricati di svolgere quella singolare missione in mezzo alla neve, in un paese sperduto dell' Appennino a confine con l'Ernilia. Un incarico che doveva sembrare loro fuori dallo spazio e dal tempo. «Siamo arrivati lassù con uno dei mezzi utilizzati all'epoca, impiegando ore perrisalire l'Appennino - prosegue il racconto diAthos - dapprima fra le continue interruzioni a causa di frane e smottamenti, poi sulla strada innevata. A un certo punto la macchina non an dava più avan ti: abbiamo dovuto lasciarla a Lentula e proseguire a piedi e con gli sci. Era ormai buio e con la neve alta i miei colleghi non ce la facevano più e decisero di tornare indietro. Rimasi solo, proseguendo sulla stradina innevata con gli sci ai piedi e il latte nello zaino, senza altri punti di riferimento. Dopo un bel po' vidi un bagliore in lontananza: era un fuoco, acceso dagli abitanti di Fossato all'inizio del paese per aiutarmi a trovare la strada. Il fuoco spariva ad ogni curva e sembrava irraggiungibile. Pagina 203 Ma alla fine, stremato dalle forze, riuscii a raggiungere Fossato, dove fui subito circondato da una grande e calda accoglienza». La piccola Marzia ebbe il suo latte e gli abitanti arrostirono della carne per offrirla allo sconosciuto benefattore. Athos nari la volle: era troppo stanco e pensava ai colleghi lasciati al buio in mezzo alla neve. Alla fine del racconto la proprietaria del bar, Lidia Lambrini, ha offerto da bere ad Athos e alla moglie. Ma lui, anche questa volta, non ha voluto niente e se n'è andato come era arrivato, con molta semplicità. Francesco Albonetti II borgo di Fossato , sull'Appennino fra Prato e Pistoia Alluvioni in Toscana Pagina 204 , ui//p % ,« 46 iíïiiii. /,,111 // t • i0i „ 9io. A7-q11119 ,. i . II sindaco a Firenze con gli ex compagni di liceo che intervennero alla Biblioteca / MONTECATINI C'era anche un'intera classe del liceo Coluccio Salutati (e tra gli studenti anche un giovane Giuseppe Bellandi), quel 4 novembre 1966 a Firenze a spalare il fango e a tentare di salvare il salvabile dalle acque impazzite dell'Arno. Ieri nella città capoluogo era in programma una giornata di celebrazioni per l'anniversario dei 50 anni dall'alluvione. Una delegazione montecatinese, che insieme a tanti ragazzi passati alla storia col nome di "Angeli del fango", partecipò attivamente al lavoro di ripulitura di archivi e biblioteche, era presente a Palazzo Vecchio. Assieme al sindaco Bellandi c'erano gli amici e compagni di quinta liceo di allora: Roberto Giusti, Marco Baldanzi, Alessandro Bracali, Valdernaro Pellegrini, Rodolfo Se- Alluvioni in Toscana Bellandi egli altri "Angeli " montecatinesi con il sindaco Nardella veri, Augusto Teglia, Arturo Rossi, Alessandro Marradi (ma nel '66 a Firenze andarono anche Agostino Sorce, Alessandro Marradi, Paolo Degli Innocenti, Fiorenzo Figini ed Enrico Spinelli). Il gruppo ha anche incontrato il sindaco di Firenze Dario Nardella al termine di una cerimonia alla quale ha preso parte anche il presidente del consiglio Matteo Renzi. «La preside del liceo, che si chiamava Ghir- landa- racconta il sindaco - era amica del Soprintendente della Biblioteca nazionale . Questi aveva lanciato un messaggio di aiuto che la professoressa raccolse chiedendoci se fossimo interessati ad andare a Firenze per dare una mano alle zone alluvionate . Andammo tutti: chi aveva un ' auto (e io non ero tra quelli perché non avevo ancora compiuto i 18 anni), una Fiat 600, una 850 e addirittura una Topolino , dette un passaggio gli altri . Finimmo a lavorare trai locali della biblioteca e la casa del Soprintendente, dove c'erano da recuperare libri e materiale d'archivio». «Ma soprattutto - conclude Bellandi - spalammo tanta mota, dalla mattina alla sera. Mi ricordo il gran freddo e il forte odore di gasolio proveniente dalla caldaie, ma fu una bella esperienza». (rnec) Pagina 205 VISITA IN SANTA CROCE PER 150 ANNI DELL'ALLUVIONE in occasione dei 50 anni dall'alluvione che la colpi duramente, domani il Centro Guide Turismo Pistoia organizza una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze. La partenza ù alle ore 15, la durata è di tre ore circa. il costo della visita guidata a persona e di 8 euro escluso l'utilizzo di auricolari (al costo di €1.50, obbligatori per gruppi di 15 o più persone). Costo dei biglietti peraccedere alla Basilica di Santa Croce: intero:8 euro, ridotto 4 euro, Prenotazioni al Centro Guide Turismo Pistoia telefono 335 7116713 oppure inviando una mail a [email protected] Alluvioni in Toscana Pagina 206 _w r " Oggz anche un convegno Al Chiostro di Cennano oltre cento dell'alluvione del 1966 Prima del taglio del nastro una tavola rotonda sui cambiamenti climatici Alluvione Al chiosco di Cennano si inaugura una mostra MONTEVARCHI----- Sarà inaugurata questo pomeriggio alle 18 presso il Chiostro di Cennano una, grande mostra fotografica dal titolo "Montevarchi - L'alluvione del 3 e 4 Novembre 1966". Così l'Associazione Fotoamatori Francesco Mochi di Montevarchi, in occasione del50° anniversario dell'alluvione che sconvolse tutta la Toscana, ha voluto ricordare quei tragici avvenimenti. "La mostra - spiega Massimo Anselmi, uno dei curatori - si compone di oltre cento immagini per la maggior parte inedite e documenta, i danni che i torrenti Dogana,Giglio, Ambra e Caposelvi ed in parte anche l'Amo, provocarono nel territorio montevarchino, con particolare riferimento al capoluogo e a Levane. Si tratta di immagini molto significative accompagnate anche da pagine di giornale dell'epoca e altra documentazione. Le fotografie sono del compianto Gastone Rotesi e di Leonello Picchioni". L'inaugurazione della mostra si svolgerà a chiusura, di una tavola rotonda organizzata presso l'Accademia Valdamese del Poggio, in collaborazione con il Comune di Montevarchi e con il patrocinio della Regione Toscana, che ha come tema —Cambiamenti climatici e gestione del territorio" e che avrà inizio alle ore 15,30. Alluvioni in Toscana Pagina 207 LUCI, PROMESSE, FATTI oco dopo le 9 di sera una cascata di luci è venuta giù da San Miniato raggiungendo un Arno incredibilmente in secca. Erano le fiaccole dell'Alluvione, il ricordo del disastro, ma anche della straordinaria reazione che salvò Firenze. C'erano anche gli Angeli del fango, tanti stranieri e anche un gruppo di profughi. La riprova del valore universale di questa città. E stato il momento più suggestivo di una giornata ricca di emozioni, trascorsa insieme con il Presidente della Repubblica Mattarella. Forte il richiamo al dramma del terremoto e ai i volontari che là stanno prodigandosi, proprio come qui nel `66. Precisa la promessa di mettere finalmente in sicurezza la nostra città. Ma altre promesse in passato sono state tradite. Ora occorre non spengere le luci e vigilare affinché sifaccia quello che finora colpevolmente è stato rinviato. Però con la stessa rapidità con cui si è riparato il Lungarno Torrigiani. Non sempre l'Arno è placido come ieri sera. (p.e.) 1 nLi.,ol Irdr - lAnm Alluvioni in Toscana Pagina 208 El L'anniversario dell'Alluvione AIL MaLtarella: insieme cc la f aremo Oggi il patto coi fondi per l'Arno Il Capo dello Stato in Palazzo Vecchio lega iI `66 al terremoto. Renzi: la Protezione civile nacque qui «Voi Angeli del fango avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini, né divisioni. Oggi altri Angeli, nelle Marche, nell'Umbria, nel Lazio colpite dal terremoto; nelle aree di guerra e di carestia; ovunque ci siano uomini, donne e bambini in pericolo. Sono anche vostri eredi». Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 5o anni dall'Alluvione del 4 novembre 1966, ha voluto così legare la Firenze piegata dal fango ma dignitosa e le terre devastate dalle scosse. «La solidarietà del nostro Paese, delle persone comuni, dei gruppi organizzati, delle istituzioni, nei momenti di difficoltà, rappresenta una straordinaria energia ricostruttiva. Questo il messaggio di incoraggiamento e speranza, da Firenze che ricorda i giorni difficili dell'Alluvione, alle popolazioni dell'Italia centrale. Non siete soli! Condivideremo la vostra ripartenza: insieme ce la faremo», ha aggiunto scatenando all'applauso in un Salone de' Cinquecento gremitissimo anche dagli ex ragazzi del'66. Il discorso del Capo dello Stato ha chiuso la cerimonia ufficiale per i 5o anni dall'Alluvione, in un'atmosfera di emozioni e ricordi che ha passato il testimone alla fiaccolata della sera dopo averlo ricevuto dal Consiglio comunale straordinario e dalla messa con i vescovi e cardinali angeli del fango in Santa Croce; ma anche dal ritorno de «L'Ultima cena» di Vasari e dagli applausi dei fiorentini a Mattarella ed agli operai che hanno permesso la riapertura di lungarno Torrigiani. Un grande tricolore sulla facciata di Palazzo Vecchio ha accolto Mattarella, arrivato in città in treno. «Voglio dedicare la giornata di ricordo del 5oesimo anniversario dell'Alluvione alle popolazioni dell'Italia centrale colpite dal terremoto - ha detto Nardella, aprendo l'incontro - Per noi 5o anni fa fu un conforto la presenza del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e oggi lo è la sua - ha detto poi rivolgendosi direttamente al presidente Mattarella Grazie per far sentire la vicinanza delle istituzioni al cittadini». Mattarella ha ricordato che «chi, come me, ha memoria di quegli avvenimenti e ricorda gli appelli del sindaco Piero Bargellini, non può non riviverli con dolore e con emozione», aggiungendo «sembrava quasi che si fosse materializzata I-acqua buia- dello Stige, descritta da Dante nel lugubre paesaggio del VII Canto dell'Inferno» ed incitato a non mollare e alla responsabilità: «Oggi come allora, all'indomani dell'Alluvione di Firenze, l'impegno deve essere quello della ricostruzione». E delle opere che ancora mancano per la messa in sicurezza dell'Arno si parlerà oggi con la firma del «Patto con Firenze» e la conferma dei 18o milioni per le casse di espansione nel Valdarno fiorentino e per innalzare la diga a Levane, mentre il premier Matteo Renzi ieri ha affermato, incontrando gli angeli del fango: «La protezione civile come espressione dell'anima nacque allora nel nostro Paese. All'Italia serve la stessa energia di allora». E il presidente della Regione, Enrico Rossi, dalle Azzorre dove si trova per la Conferenza delle regioni marittime periferiche d'Europa, ha sottolineato: «Costa meno la prevenzione che intervenire sui disastri. E ricordare è il modo migliore per celebrare l'alluvione del `66 e ritrovare nella nostra storia migliore la forza e la determinazione per il lavoro di oggi». Mauro Bonciani © RIPRODUZIOfd= RSERVA'A Voi Angeli avete dimostrato che la solidarietà non ha confini: oggi nel centro del Paese devastato dal sisma ci sono i vostri eredi Il Capo dello Stato rende omaggio al maxi tricolore dei vigili dei fuoco su Palazzo Vecchio Ifie tra Nardella e Renzì nel salone dei C nquecento Alluvioni in Toscana Pagina 209 _- n o/iii Per i fiorentini c'era una sola certezza: il sindaco era in Palazzo Vecchio. E pensare che aveva deciso di lasciare, di tornare alle sue carte. Firenze è sott'acqua, come si fa? Il sindaco si mette gli stivali, presiede riunioni, corre da una parte all'altra. E nel marzo successivo sale su un aereo: c'è da dire al mondo che Firenze aspetta di nuovo tutti. wrr. ®nrico Ja--lei C'è un giornale da governare, una città - anzi un Paese - da informare. Ci sono edizioni da preparare a ciclo continuo e capire ciò che sta succedendo quando i cellulari non esistono, per il direttore de La Nazione, è impresa ardua. C'è da alzare il tono, e lui lo fa in prima pagina, quando lo Stato perde tempo e arriva in ritardo. _'_fi r Se il sindaco Bargellini è il custode della città, il volto dell'emergenza è quello del suo giovane assessore alla Cultura. A lui, appena 37 anni, il primo cittadino affida gli incontri quotidiani con la stampa. Qualcuno in giunta mugugna. «Perché a lui?». Ma Bargellini in quel ragazzo ha fiducia illimitata. Non ammette repliche e non si pentirà. -- i- Florlt ?!n Finché l'acqua lo consente il vescovo apre le porte di piazza San Giovanni a una trentina di orfane da via dei Malcontenti. Poi diventa un generale: raccoglie farmaci e le distribuisce, scrive alle parrocchie (colpite e non) e dà indicazioni nette sugli aiuti. A dicembre due annunci: in Curia sono arrivati 2 miliardi e, a Natale, arriverà il Papa. ,'r C'era un ragazzo, tra i ragazzi. Col suo impermeabile candido il senatore americano planò da Ginevra in una Firenze tramortita ma brulicante di Angeli impegnati. Per tutti un sorriso, una stretta di mano, qualche parola in inglese. Tanti non sapevano chi fosse, ci fu chi lo riconobbe solo in queste foto, rimaste immortali. Alluvioni in Toscana Il volto è stanco ma soddisfatto. La direttrice del Museo di Storia della Scienza racconterà solo dopo di quanto è successo in piazza dei Giudici. Uscio e bottega per lei, che abita al piano terra e si salva per un pelo: ma non le basta, corre su, sale su un cornicione e - passando dalle finestre - mette in salvo la lente e il canocchiale di Galileo. Pagina 210 El L'anniversario dell'Alluvione Cinquecento fiaccole sulla città A San Miniato anche i profughi Padre Bernardo evoca Luzi e La Pira. Poi il corteo nella notte fino a piazza Santa Croce Tra le cinquecento fiaccole che scendono giù da San Miniato al Monte, tra i volti segnati di chi cinquant'anni fa spalò il fango di Firenze, ci sono anche diversi ragazzi. Giovani americani, che sono venuti «perché Firenze fa parte di noi», studenti fiorentini che ringraziano gli angeli del fango «perché è grazie a loro se questa città ha il volto che oggi conosciamo». Ci sono anche dei profughi del Ghana, della Nigeria: «Arrivarono anche dall'Africa per aiutare Firenze: c'eravamo allora, siamo voluti essere qui anche oggi». Quarantanove anni fa, il 4 novembre 1967, un anno dopo l'Alluvione, gli angeli si ritrovarono per la fiaccolata da San Miniato a Santa Croce; e ieri sera, da un'idea nata da Antonina Bargellini, figlia del gran- de sindaco Piero, molti di loro hanno ripercorso gli stessi passi. sindaco Nardella guarda i tanti volti arrivati da fuori, spiega che «Firenze, col suo messagSul sagrato di San Miniato al gio universale di solidarietà, è Monte, l'abate Bernardo invita del mondo: non dei fiorentini, tutti dentro la chiesa: «Non c'è di tutti». Nel'67, alla fiaccolata il rosario, state tranquilli». c'era anche la cantante Joan Dentro, cita La Pira e il poeta Baez, si cantò l'Alleluiah, il Luzi, poi legge Bargellini e sve- Gloria, We shall overcome, ce la un segreto: la fiaccolata di la faremo 49 anni fa fu una replica, la priCosì, stavolta Antonina Barma volta che gli angeli avevano gellini sprona i cinquecento: risalito via Monte alle Croci fu «Scendiamo cantando, mi aula notte di Capodanno del '67; guro che abbiamo ancora la anche allora ci furono le fiac- voce per farlo tutti assieme». cole, tanto che giù, in piazza Ma il serpentone di fiaccole Santa Croce, quei ragazzi for- scende via Monte alle Croci in marono «un cerchio di fuoco» silenzio. «Le ali degli angeli attorno a Bargellini: «Un nuo- non si sono spezzate», dicono, vo alone d'amore». In chiesa, ma c'è pudore, un filo di comecco le militanti garibaldine mozione. 5o anni fa, Gianluigi con le coccarde tricolori a cele- aveva 1, anni e scappò da Robrare il secondo Risorgimento ma senza dirlo al babbo per vedi Firenze, ecco la console nire a spalare alla Biblioteca americana Abigail Rupp, ecco Nazionale: sceglie il silenzio, l'assessore Alessia Bettini. Il «lo stesso che c'era allora quando si sentiva solo il rumore degli stivali nel fango». In San Niccolò un ragazzo americano irrompe nel corteo con un cartone di pizza in mano, si rivolge all'amico: « Credo che sarà il caso di aspettare che passino». Non sa cosa si stia commemorando, ma quel silenzio incute rispetto. Poi il ponte delle Grazie, dove quarantanove anni fa le fiaccole volarono in Arno. Stavolta i suoni del temporale riecheggiano dall'amplificazione lungo le sponde, le immagini e le date delle alluvioni di Firenze scorrono proiettate su Ponte Vecchio. Le ,oo fiaccole raggiungono Santa Croce, dove un angelo confessa: siamo in pochi, ma qualcuno di noi viene ogni anno. Da quella notte di San Silvestro del '66. Giulio Gori © RPRODUZIOfd= RSERVA'A le e oggi Nel `67 c'era anche Joan Baez, tutti cantavano E la figlia di Bargellini: facciamolo anche stasera Alluvioni in Toscana Pagina 211 CCi A a, s Quel parroco testardo è in San Niccolò in Oltrarno già da 16 anni. Quando lo chiamano all'alba lui salta giù da letto, salva il Santissimo, i registri parrocchiali, poi stacca la luce per evitare il disastro. La notte dalla canonica ascolta gli schianti dei mobili portati dalla corrente. Il 5 mattina salta su un gommone, raggiunge lo stadio e torna con quattro prosciutti, dieci salami e quattro sacchi di pane . Un bottino per San Niccolò s i La spalletta cede lì davanti: una furia irrequieta che invade ogni cosa, travolge e ammanta di fango libri, stampe, collezioni. Nell'epicentro c'è lui: il direttore della Biblioteca Nazionale che non si perde d'animo. C'è da organizzarsi, decidere, ancor prima di avere persino una vaga idea del danno: la carta non aspetta. Poi l'acqua si ritira e spuntano loro, gli Angeli. Una catena che dura mesi e il primo anello è lui. A Roma non capiscono, o non vogliono capire? Firenze affoga e radio e tv parlano di pioggia. Il caporedattore della Rai toscana non ci sta, sbatte i pugni sul tavolo, finché - è pomeriggio inoltrato - gli concedono la diretta. C'è un solo modo per fare capire il dramma, anche se in ritardo, agli italiani: aprire la finestra e calare un microfono. «Quella che sentite è Firenze, è via dei Cerretani». Alluvioni in Toscana Pagina 212 «Dal badile al pastorale» Betoni ricorda il suo `6F> E Bassetti: il disastro Giuseppe Betori aveva 19 anni ed era seminarista, Gualtiero Bassetti 24 ed era stato da poco ordinato sacerdote dal cardinale Ella Dalla Costa e da due mesi assegnato alla parrocchia di San Salvi. Con loro furono angeli del fango altri sei religiosi diventati poi vescovi e tutti loro, tranne il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, hanno partecipato alla messa in Santa Croce. «Questa giornata mi riporta a 5o anni fa quando venni per la prima volta a Firenze. Ricordo tanto sgomento, ma anche tanta dignità nei fiorentini», ha detto Betori prima di concelebrare la messa assieme all'arcivescovo di Perugia, cardinale Gualtiero Bassetti, ed al vescovo di Fiesole Mario Meinï, vicepresidente della Cei, al- ' case del popolo e parrocchie la presenza di molti dei vescovi della Toscana, funzione aperta dalla lettura dei 35 nomi delle vittime dell'alluvione. Nell'omelia Betori ha ringraziato gli Angeli del fango e ha raccontato la sua esperienza, come ha fatto più tardi in Palazzo Vecchio, alla presenza di Mattarella: «Non posso dimenticare che quando Papa Benedetto XVI mi fece sapere che voleva nominarmi arcivescovo di Firenze, il mio pensiero fu che un bastone a Firenze lo avevo già preso in mano: non era però un pastorale, bensì un badile. Come allora dovevo mettermi accanto alla gente del popolo - a Firenze nel 1966 non spalai il fango nobile di biblioteche, musei e chiese, ma quello umile delle cantine - e mettermi a servi- zio di questa città». E di quei giorni Gualtiero Bassetti racconta: «La mattina del 4 dalla chiesa vedemmo l'acqua: sentii un odore acre e mi ricordai che c'era lì vicino un deposito di carburante e coi ragazzi abbiamo divelto la saracinesca e fatto una catena umana per mettere i bidoni all'asciutto, se fossero stati sommersi sarebbero esplosi, distruggendo mezza piazza. E poi mettemmo in salvo un'anziana che veniva sempre alla messa, "Mamma Rosina" la chiamavamo. Quindi tornai in chiesa e il parroco mi aveva appena detto "Gualtiero, portiamo via il Santissimo perché qui succede qualcosa di brutto" che sentimmo il boato: la furia dell'acqua spalancò le porte e se sono vivo è perché dietro l'altare cominciava una scaletta che portava in casa, al primo piano...». Poi le acque si ritirarono: «Ci volle un anno prima che le cose tornassero un po' a posto e la cosa più bella - conclude Bassetti - è la coesione che ci fu nel quartiere: non c'era più casa del popolo e parrocchia, ma una grande solidarietà». Mauro Bonciani II cardinale Giuseppe Betori, angelo dei fango nel 1966 © RIPRODUZIONE RISERVATA Molti dei vescovi della Toscana hanno partecipato alla messa in Santa Croce per i 50 anni dell'Alluvione Alluvioni in Toscana Pagina 213 Angeli del fango di nuovo insieme «Ora servono quelli della polvere» Oltre 1.200 hanno risposto alla chiamata di Firenze. Tante storie e mi pensiero, per i terremotati Alla fine, si è perso il conto. L'ultima stima è di 1. zoo «Angeli del fango» arrivati a Firenze per il cinquantesimo anniversario dell'Aluvione . Alcuni non riescono neanche ad entrare nel Salone de' Cinquecento, per motivi di sicurezza. E così Giuseppe De Loreto prende il suo amico (anche lui «Angelo») e se ne va alla Nazionale : «Come feci allora». Finito il Consiglio comunale straordinario, tocca a loro. Arrivano sul palco chiamati da Erasmo D'Angelis, direttore dell'Unità di missione Italia Sicura. Ecco Susan Glasspool - qui a Firenze in quei giorni ha trovato anche l'amore -, con il suo accento inglese, lancia un appello: «Ora c'è bisogno degli "Angeli della polvere" , per il terremoto in centro Italia». Un radioamatore ricorda il ruolo dei tanti che con i «baracchini» fu- rono indispensabili a coordinare gli aiuti, e furono loro a far sapere davvero cosa succedeva, assieme a Marcello Giannini della Rai, ricordato da Giancarlo Antognoni e Furio Valcareggi: le loro voci registrate che raccontano il disastro fanno venire la pelle d'oca. E poi gli olandesi, gli allievi dei carabinieri, i soldati di leva. Ci sono Carlo Valalesta e Sergio Marrai che partirono con una colonna di 7 camion con viveri, coperte, barche «e persino pattini da spiaggia»: d'altra parte venivano da Forte dei Marmi: «Arrivammo a San Donnino - raccontano - salvammo delle suore in un convento che poi divenne la nostra "base". Dei tre piani, solo uno era fuor d'acqua». in sala ci sono i bolognesi arrivati in delegazione, «partivamo ogni gior- no con i pullman, tutto era organizzato da Comune e università: c'era un tam tam a cui non ci si poteva sottrarre, saremo stati migliaia!», racconta Eleonora Pantano. Maria Cristina Tardi cerca gli amici di allora («eravamo tutti in via Ghibellina 76»), invece ormai Gianni Fronti, allora studente al Michelangelo, ammette: «Con i tanti con cui lavoravamo ci siamo persi di vista». Peter Mallory fu convinto a partire da Philadelphia per Firenze da un «monument man»: il suo professore di storia Hartt, che aveva già salvato le opere d'arte fiorentine dal nazisti proprio nel capoluogo toscano durante la se- conda guerra mondiale. Ferdinando Cavaciocchi aveva 17 anni: «Dovevamo andare a dormire in una caserma, quel 4 novembre: invece, arrivati a piazza San Marco, il responsabile della mia scuola mi chiese se volevamo partecipare. E per una settimana i più robusti furono mandati negli scantinati per portare su i libri». C'era anche lui. Come c'era Mario Addeo, uno dei Zoo boy scout partiti da Napoli: fa firmare a tutti, compreso il sindaco Nardella e l'arcivescovo Betori, una bandiera della Pace: «Noi ci siamo, ora come allora». Marzio Fatucchi © RIPRODUZIONE RISERVATA rrí !re i re.._.r .- VIDEO E VOCI3 IL RACCONTO DI UN GIORNO La fiaccolata da San Miniato a Santa Croce è stata l'ultimo atto di una giornata piena di ricordi. Quelli degli angeli del fango, dei fiorentini e A-0, delle istituzioni. II Tutto il racconto delle celebrazioni dell'Alluvione nei video e nelle foto sul nostro sito www. corrierefiorentino. it Come allora C'è un grande bisogno di volontari nel centro Italia, nelle zone colpite dal sisma © RIPRODUZIONE RISERVATA Alcuni degli Angeli del fango arrivati ieri mattina a PaEa..,n Vecchio. Asini Alluvioni in Toscana Pagina 214 :.a C ::ì r cci Alle 7 del mattino il telefono che squilla: l'acqua minaccia gli Uffizi . I suoi Uffizi: la direttrice si ritrova in Galleria , con lei ïl soprintendente Procacci e altre 12 persone. C'era da correre per salvare da Raffaello a Fattori, tutti portati sua mano , anche a piedi nudi. Per poi tornare sul cavalcavia tra gli Uffizi e Palazzo Vecchio. Da lì il disastro si vedeva, come dal ponte di comando di una nave immobile nella corrente. Erano le ore della conta. Quella dei morti, mai chiarita fino in fondo. E quella dei feriti. Lui, professore e storico dell'arte, pensò ai nostri tesori nelle ore in cui nessuno riusciva a quantificare il danno. E lanciò un appello, agli artisti del mondo, perché compensassero le perdite offrendo un sollievo, anche simbolico, con le loro opere. Ne nacque un fondo, a lungo sperduto. E c'è voluta un'americana per riscoprirlo. Ii Le notizie che arrivano a Milano non lo lasciano indifferente: il fiorentinissimo critico cinematografico del Corriere della Sera, all'indomani dell'Alluvione non ci pensa due volte. Prende il treno e torna sull'Arno, da cronista, e racconta all'Italia della città ferita e curata da quei capelloni, bistrattati da tutti. E che, con lui, diventano Angeli. Angeli del fango. Alluvioni in Toscana Pagina 215 ALLORA FURONO 1 SOLDATI LA NOSTRA PROTEZIONE CIVILE di Enrico Nistri La memoria è selettiva, per i popoli come per gli individui. Ed è sempre forte la tentazione di ricostruire il passato in funzione del presente. E successo anche per le commemorazioni del 4 novembre, in cui, nonostante le belle immagini che ricordano in Palazzo Vecchio il contributo dei militari ai soccorsi, la parte del leone sembra andare agli angeli del fango. La politica c'entra fino a un certo punto: fra i giovani che si offrirono per l'opera di soccorso c'erano ragazzi di tutte le fedi politiche e religiose, comunisti e democristiani, laici e cattolici, «capelloni» e ragazzi usciti dalle parrocchie o dalla Congregazione Mariana dello Stensen. Il fatto che una certa vulgata giornalistica e televisiva abbia voluto cogliere nel- la generosa mobilitazione giovanile del novembre '66 un'anticipazione delle mobilitazioni di piazza del maggio di due anni dopo, non cambia questa realtà. Pesa piuttosto la constatazione un po' ingrata che gli angeli del fango erano volontari, mentre i loro coetanei in uniforme quello che facevano lo facevano per assol- e-noria Senza il sudore di quegli 8.200 militari di leva, armati di vanghe e di buona volontà non ci saremmo liberati delle tonnellate di fango vere un dovere. Sia pure un sacro dovere, come recita «la Costituzione più bella del mondo». Eppure, senza il sudore di quegli 8.200 militari di leva, armati di vanghe e di buona volontà, ma anche di cingolati e di «CM», senza il concorso di quei ragazzi spesso non ancora in età di voto (anche se erano mandati di guardia ai seggi), Firenze sarebbe rimasta molto più a lungo impantanata in un mefitico miscuglio di fango e di nafta (e forse, senza l'intervento provvidenziale del Genio militare, anche Pisa sarebbe stata invasa dalle acque). Senza il contributo dei reparti di stanza in città, magari alluvionati essi stessi, come i carristi della «Predieri», e di quelli affluiti da altri distretti, difficilmente ci saremmo liberati così presto delle «450.000 tonnellate di detriti pari at quattro anni di scarico rifiuti solidi urbani ordinari» che, come telegrafò il vicesindaco Lelio Lagorio al vicepresidente del Consiglio Nenni , ne avevano invaso strade e piazze. Oggi il servizio di leva è stato sospeso e Firenze ha perso la maggior parte dei suoi reparti. Le sue caserme sono diventate grandi scatole vuote in attesa di una nuova destinazione. Ma non è un buon motivo per dimenticare il contributo di tutti i militari alla salvezza di Firenze, dal generale Centofanti, comandante della Regione militare tosco-emiliana, all'ultimo marmittone. Non lo fece la giunta comunale di allora, presieduta da Piero Bargellini, decorato al valore nella grande guerra, quando il 5 dicembre 1966 salutò con un manifesto la partenza di quei giovani che «hanno lavorato per uri mese intero, volenterosi e generosi, pronti ad ogni servizio anche repugnante, ad ogni prestazione anche pericolosa, nell'acqua putrida, nel fango infetto (...) guidati da ufficiali di umanissima comprensione». A maggior ragione non dimentichiamo nemmeno noi il nostro debito con quei ragazzi con la faccia pulita e gli anfibi sporchi, che mezzo secolo or sono furono la nostra protezione civile. © RIPRODUZIONE RISERVATA La pausa pranzo di due militari sulla spalletta dell'Arno Alluvioni in Toscana Pagina 216 AMICI MIEI Firenze, Spazio Alfieri, via dell'Ulivo 6 Stasera alle 19.15 e alle 21 proiezione speciale di «Amici Miei atto H» di Mario Monicelli (con alcune scene dedicate all'Alluvione dei '66) organizzata in occasione dei I Raduno Amici miei - Alluvionati dentro nato con l'intento di diventare un momento di riscoperta di una delle serie cinematografiche cult dei paese. Alle 14.30 al piazzale Michelangelo. Alluvioni in Toscana Pagina 217 nsì Da oggi al 13 in sala Quadri "Ne e passata d'acqua sotto i ponti" Mostra sull'alluvione del 1966 POGGIBONSI "Ne è passata d'acqua sotto i ponti" è il titolo della mostra curata dall'Associazione storica Poggibonsese che apre oggi alle 17 nella sala Quadri per ricordare il 50esimo anniversario del 4 novembre del `66, per rimanere aperta fino al 13 novembre (visitabile tutti i giorni dalle 17 alle 20. Ingresso gratuito). All'apertura saranno presenti Silvano Becattelli, lo storico Claudio Biscarini, Giuseppe Mantelli e Rossella Merli. Tutte le foto sono dell'Associazione storica Poggibonsese. Alcuni degli scatti saranno esposti anche nella mostra promossa dal Consiglio regionale su "Le alluvioni in Toscana". Alluvioni in Toscana Pagina 218 IL MANAGER RIPERCORRE DAVANTI A MATTARELLA LE SUE RADICI. «ANDAVO A BOTTEGA DAL RESTAURATORE ROSSI. E ALLA NOTIZIA DEL DISASTRO A FIRENZE ANDAI ALLA BIBLIOTECA NAZIONALE» Berteill: «Anch'io angelo de] fango» Salva Vasarï e rïcoida la sua rlla a D .7 nld Grazie a r restauro dell'opera alluvionata. « l 'c io di casa» di EVA DESIDERIO - FIRENZE «SONO NATO in Piazza Grande, la mia casa di famiglia è a dieci metri dalle Logge del Vasari così quando il FAI (Fondo Ambiente Italia) mi ha segnalato che l'Ultima Cena di Giorgio Vasari, danneggiata dall'Alluvione di 50 anni fa, aveva bisogno di un finanziamento per l'ultima fase dei restauri da parte dell'Opificio delle Pietre Dure, ho subito capito che dovevamo intervenire con un sostegno da parte della mia azienda, Prada. Oggi sono felice ed emozionato per la restituzione di questo capolavoro all'Italia e al mondo». Anche uno tosto come Patrizio Bertelli, fondatore con la moglie Miuccia Prada di una delle aziende del lusso internazionale tra le più creative e prestigiose, si emoziona durante la ricollocazione nel Museo dell'Opera di Santa Croce del capolavoro che Vasari ha dipinto nel 1546 che è stato oltraggiato dal fango il 4 novembre 1966 e curato dai restauratori dell'Opificio grazie al finanziamento per la parte pittorica di 350.000 euro donati da Prada,. protagonista di questa riscoperta di bellezza insieme a Protezione Civile e Getty Foundation. Alla cerimonia ieri c'era il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha salutato privatamente Bertelli pochi minuti prima dell'inizio dei discorsi ufficiali davanti al sindaco di Firenze Nardella, all'Arcivescovo Giuseppe Betori e al ministro dei beni culturali Dario Franceschini, al sovrintendente dell'Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti che Alluvioni in Toscana ha guidato tutto il prodigioso restauro. L'ad di Prada dopo la cerimonia parlando ad un pugno di giornalisti, dopo aver ribadito la necessità di aiutare lo Stato per la ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia da parte di tutti gli imprenditori piccoli medie grandi «perchè lo Stato siamo noi, i cittadini», ha raccontato alcuni particolari che testimoniano l'attaccamento alla sua città. «Sono nato in Piazza Grande dove c'è la casa di famiglia e da bambino ho sempre giocato a pallone sotto le Logge del Vasari. Era il luogo dei nostri giochi prima che i genitori ci chiamassero in casa per le lezioni - racconta Patrizio Bertelli - e poi da più grande mi piaceva andare a bottega dal restauratore Rossi e li prendevo i colori e facevo il bracciante del restauro!». Sorride Ce- sare Mazzi, presidente di Prada e amico di vecchia data dell'amministratore delegato. Bertelli svela anche un altro lato, finora sconosciuto, della sua storia personale. «Ricordo tutti i dettagli dell'Alluvione di 50 anni fa, e quei quindici giorni passati a pulire i libri dal fango alla Biblioteca Nazionale di Firenze. Sì sono stato anch'io un Angelo del Fango», conclude Bertelli. p ,p ir 1 %r 1 deLta -.., 1 t .,n » SO N O i giorni del ricordo, quelli dell' alluvione. E come 50 anni fa ci sono opere da salvare. « Ricordo tutti i dettagli dell'alluvione e di quei quindici giorni passati a pulire i libri dal fango alta Biblioteca Nazionale di Firenze». M a sono anche i giorni del terremoto e BerteLli lancia un appello agli imprenditori «Aiutiamo lo Stato netta ricostruzione delle zone terremotate . Lo Stato siamo noi». Pagina 219 rop ia %/% //./.70/OD/G M ISTER PRADA A FIRE N ZE Patrizia Bertelli ieri davanti al presidente della Repubblica per l'inaugurazione del grande restauro vasariano Alluvioni in Toscana Pagina 220 L7J,-LUV1O;'%E del 3 e 4 novembre 1966». Ela mostra dell'associazione fotoamatori Francesco Mochi che ripercorre con 80 foto, pagine di giornale e documenti. Inaugurazione, alle 18, nel Chiostro di Cennano. Alluvioni in Toscana Pagina 221 a RICORDO DEI MORTI DEL'66 Esercitazione sulle cateratte dell'Elsa per evitare una nuova alluvìone A MOLTE persone che hanno vissuto in prima persona l'alluvione del 1966 il movimento delle cateratte del ponte sull'Elsa avrà ridestato una certa emozione. Ieri mattina i volontari della Prociv hanno svolto un'esercitazione con la chiusura delle cateratte sul ponte principale di Castelfiorentino, l'ultima «linea di difesa» del paese per contenere un'eventuale ondata di piena del fiume. All'operazione hanno partecipato anche il sindaco Alessio Falorni e il vice Claudia Centi. Un'iniziativa dal carattere simbolico (utile, in ogni caso, per verificare il corretto funzionamento di tutto l'impianto) che ha aperto ufficialmente il50° anniversario dell'alluvione (4 novembre 1966) e che il Comune di Castelfiorentino celebrerà, come tutti quelli colpiti da quel tragico evento, attraverso un ricco calendario di eventi. Nel pomeriggio al Ridotto del Teatro del Popolo è stata inaugurata la mostra sulla «memoria collettiva». Castelfiorentino fu uno dei comuni più devastati della Valdelsa: oltre ai danni ingenti procurati a centinaia di abitazioni, attività commerciali, artigianali, agricole e industriali (oltre 5 miliardi di lire, secondo una stima dell'epoca) ci furono anche 4 vittime, tre delle quali in seguito all'esplosione di una casa (Guido Borghi, Giovanni e Vittorio Cortini, Rosa Grassi). Proprio nel ricordo delle vittime, il Comune ieri mattina era presente con una rappresentanza istituzionale con il Gonfalone alla messa celebrata a Firenze nella Basilica di Santa Croce dal cardinale Giuseppe Betori, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella. I.P. Un momento dell'esercitazione Alluvioni in Toscana Pagina 222 MOSTRA É STATA INAUGU RATA ALLA VELA HACK DI AVANE 0 :J plena del ' 66 nelle foto di allora FOTO in bianco e nero, manifesti d'epoca e prime pagine di giornale: tutto per ricordare quel tragico 4 novembre di 50 anni fa, quando l'alluvione colpì Firenze facendosi sentire pesantemente anche nell'Empolese. Era il'66: tra le zone più danneggiare c'erano le frazioni di Santa Maria, Pagnana, Riottoli, Marcignana, Ponte a Elsa e Brusciana. A due passi, Avane, da ieri location prescelta per ospitare, non a caso, la mostra intitolata «Empoli. I giorni dell'alluvione. Cinquant'anni dal 1966». L'esposizione è stata inaugurata ieri nello spazio della Vela Margherita Hack di via Magolo: a raccontare la storia di Empoli alluvionata immagini disposte su dodici pannelli che rappresentano le va- rie località invase dall'acqua e dal fango, i mezzi di soccorso, le fabbriche e le abitazioni danneggiate e poi ripulite, il ponte sull'Arno divenuto inservibile e l'attraversa- Sarà possibile visitarla fino ad epica. Dopo andrà in scuole e circoli Arci mento del fiume con il traghetto o sul ponte di barche. Una seconda sezione della mostra invece è dedicata all'Arno, alla sua storia e alle alluvioni che nel tempo si sono verificate. «Con questo lavoro di allestimen- to, utilizzando i documenti presenti nell'archivio storico comunale - ha commentato l'assessore alla cultura Eleonora Caponi, che ha idealmente tagliato il nastro accompagnata dal vicesindaco Franco Mori - abbiamo cercato di restituire alla città l'idea di quella che è stata l'esperienza della nostra alluvione. All'iniziativa, hanno aderito le biblioteche della Rete REA.net che hanno messo in campo, comune per comune, eventi a tema a partire da oggi». La mostra resterà visitabile fino a domenica 13 novembre, in orario 17 -19,30, per poi diventare itinerante: approderà nei locali della scuola `Busoni - Vanghetti' e da lì andrà Circolo Arci di Limite sull'Arno. Y.C. La mostra di fotografie sull'alluvione del '66 alla Vela Hack Alluvioni in Toscana Pagina 223 Stasera R Libro Viovve sl bagnatC presentato l Mmab o M onteLupo AL MMAB di Montelupo oggi si ricorda l'alluvione del 1966. Alle 17 infatti nei Locali di piazza Veneto sarà presentato il libro «Piovve sul bagnato-le testimonianze più significative sull'alluvione nell'Empolese-Valdelsa», curato dal giornalista Edoardo Antonini. Un testo accessibile a tutti, di facile leggibilità e piacevolezza, capace di raccontare l'alluvione e dare voce a chi, negli anni, ha tenuto con sé il ricordo di quanto vissuto. Alluvioni in Toscana Pagina 224 ' TRE FILMATI IN CONTEMPORANEA PROIETTATI'IL DOCUMENTARIO DI FRANCO ZEFFIRELLI, IL FILMATO STORICI LUCE E QUELLO DEI TESTIMONI GIORNALISTI" LE PAGINE CHE FECERO LA STORIA IN MOSTRA LE PRIME PAGINE DE LA NAZIONE SUI GIORNI DELL'ALLUVIONE E LE COLLEZIONI DEL GIORNALE SALVATE DAL FANGO LE FOTO IN BIANCO E NERO SONO QUELLE CHE VENGONO DAI NOSTRI ARCHIVI E QUELLE CHE CI SONO STATE INVIATE DAI LETTORI IN QUESTI GIORNI L'abbraccio della nostra storia I ugurazione con 1VMattarella. La commozione del di ALBERTO DREOTTI IL TONO DI voce del Capo dello Stato è garbatamente soffuso. Tale da non coprire quell'effetto sonoro di acqua che scorre, all'ingresso dell'auditorium `Attilio Monti' de La Nazione, dove è stata allestita la mostra sull'Alluvione, che Mattarella ieri ha inaugurato. Ad accoglierlo, con il direttore Pier Francesco De Robertis, i vertici della Poligrafici Editoriale. La signora Marisa Monti Riffeser presidente di Poligrafici, Andrea Riffeser Monti (vicepresidente e ad), Matteo Riffeser Monti (presidente Monrif.net), Sara Riffeser Monti (vicepresidente Speed) e Bruno Riffeser Monti (consigliere di amministrazione MonriO. E ancora il direttore generale Luca Ceroni, il responsabile Risorse umane Alessandro Serrau e il direttore di sede Stefano Fantoni, i responsabili della pubblicità e del marketing (con il responsabile Pierluigi Masini), il corpo redazionale al completo e i poligrafici. zione di una Firenze colpita e sofferente, che ha saputo risorgere e riportare alla luce la sua Grande Bellezza. INIZIA, sotto la guida del direttore De Robertis, la visita della mostra. Con Mattarella ci sono il ministro Franceschini, il prefetto Alessio Giuffrida, il sindaco Dario Nardella, il vicepresidente della giunta regionale Monica Barni, il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, il professor Giuseppe Morbidelli presidente di banca CR Firenze, che ha collaborato alla realizzazione della mostra. Un filmato dell'Istituto Luce racconta La Nazione prima e dopo l'alluvione: lo stabilimento nuovissimo disegnato dall'architetto Spadolini allagato e risanato a tempo di record. La prima pagina originale del 4 novembre 1966 ribattuta nel cuore della notte per volontà del direttore Enrico Mattei, quando si capiva che sarebbe potuta verificare una catastrofe. E quelle dei giorni successivi, stampate in modo avventuroso con la collaborazione del Resto del Carlino di Bologna, che hanno raccontato al mondo intero il dramma che Firenze sott'acqua stava vivendo. In un docu-film curato da Stefano Lecchi, giornalisti e tipografi di allora raccontano il dramma della città sott'acqua. E ancora, nel cuore dell'auditorium dove è stata efficacemente ricostruita la skyline dei monumenti più celebri della città, le collezioni del quotidiano alluvionate e salvate dal fango e le fotografie in bianco e nero degli archivi de La Nazione e quelle inviate da tanti nostri lettori. DA OGGI e fino al 19 novembre, la mostra è aperta alla città con ingresso gratuito: oggi dalle 12.30 alle 18; nei prossimi giorni, dal lunedì al sabato gli orari vanno dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18. Domenica chiuso. APPLAUSO spontaneo ha accolto l'arrivo del presidente della Repubblica. Poi, dentro l'auditorium, un incontro speciale. Quello con il regista Franco Zeffirelli, autore del documentario - capolavoro che qui viene proiettato. Una stretta di mano sentita, complice, poche parole per rafforzare la stima e l'affetto reciproci. Zeffirelli per Mattarella è l'incarna- Alluvioni in Toscana Pagina 225 t'ad di Poligr Riffeser Mon il capocronis Foto e prime pagine La storia raccontata dal nostro giornale NELLA mostra allestita nel nostro auditorium si trovano varie aree che raccontano quei giorni drammatici ma anche la reazione della città. Il nostro giornale racconta di Mattarella insieme al e al dottor Andrea Riffeser, Fantor-ti /'si4igrafici fatto se stesso attraverso il quotidiano, te foto tanche dei tettori), it docufitm con emozionanti testimonianze II Presidenl.:: Mattareffacon F ranco: ..,effiFre l I i, interven eri o'i.. ................... .................... ................... ................... perla mostra nell'auditorium dei nostro giornale U ...,. tp/i dr.66ar stato i2é Alluvioni in Toscana a6 a >a.WhhGC.X.;4'hGU i.ii?ii<i Pagina 226 I L NOSTRO ARNO 1966-2016 VIAGGIO NEL FANGO E RITORNO LA MOSTRA E STATA ALLESTITA DA ONCE EVENTS E NASCE DALLA COLLABORAZIONE FRA REGIONE, COMUNE E PUBLIACOUA CON IL NOSTRO GIORNALE i stamani alle 12 aperta al pubblico CON la visita del Presidente Mattarella è stata inaugurata la mostra sull'alluvione allestita da La Nazione nell'auditorium del giornale. L'esposizione è visibile gratuitamente dal lunedì al sabato con orario 9.30-12.30 e 15-18, chiuso la domenica, isso al 19 novembre. 13 IT4;32 0 7S_ &1YL45lç1 RfflF'àL'S' mE%Ai ,r_ei)2.!';] Cm ,.^i kf'3_ Alluvioni in Toscana M,ry!][1 y f.es':9 dy _4)FY í é32 ':.'{I ii2ffk5+::ì" M{ì:25 Pagina 227 legame con g U sa «Obama v e» a «VEDRETE Obalna per le strade di Firenze senza dubbio nei prossimi anni». Lo ha detto John Phillips, ambasciatore degli Stati Uniti d'America in Italia, intervenendo alla cerimonia di ieri per i 50 anni dall'Alluvione del 1966, e ricordando il colloquio avuto alcuni mesi fa tra il presidente degli Usa e il capo dello Stato Sergio Mattarella, il quale aveva invitato Obama a tornare in Italia. «Il presidente Obama - ha ricordato Phillips - ha detto di avere un grande affetto per l'Italia, che l'Italia è il suo paese preferito da visitare, e che Firenze è la sua città preferita da visitare. Ha detto che non sarebbe tornato da presidente, perché i suoi giorni da presidente stavano per terminare, ma che sapeva che a fine mandato sarebbe tornato in Italia e a Firenze». Alluvioni in Toscana «OGGI abbiamo un rapporto così stretto fra i nostri due Paesi - ha aggiunto Phillips - che credo sia giusto dire che l'America non ha un alleato migliore dell'Italia, e nessun rapporto così stretto con un'altra nazione». E dagli Stati Uniti sono tornati a Firenze ex Angeli del fango di allora. «Io vengo dal Minnesota ha detto uno di loro - Ero studente qui a Firenze, e tanti giovani americani si sono spesi per dare una mano in quei drammatici giorni. Siamo tornati a vivere poi in America e oggi abbiamo risposto alla chiamata del sindaco di Firenze. Il presidente Renzi ci ha lungamente ringraziato e ha voluto sapere di ognuno di noi da dove venivamo». Stefano Vetusti Pagina 228 L'ARCIVESCOVO AGLI ANGELI DEL FANGO: «QUANDO PRESI IN MANO IL PASTORALE A FIRENZE PENSAI CHE QUI IL MIO PRIMO BASTONE ERA STATO UN BADILE» iuseppe Betori tervento come J...davanti ° tarel la. " )relato tra l ' altro di Firenze c'è jaticana, 'olo VI Natale al Pontefice re La messa dell'arcïvescovo in Santa Croce Alluvioni in Toscana Pagina 229 di DUCCIO MOSCHEL LA NON ERA più una basilica, ma una distesa d'acqua alta 5 metri la Santa Croce del 4 novembre di 50 anni fa. Un disastro dal quale ci si è risollevati grazie alla «fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque limacciose, il coraggio di affrontare il futuro per difendere l'identità di questa città». Le parole dell'arcivescovo Giuseppe Betori sono risuonate ieri mattina nella stessa basilica, divenuta uno dei simboli del 4 novembre 1966, davanti a un migliaio di persone. L'esperienza di ieri, durante la liturgia in memoria delle 35 vittime concelebrata assieme a quasi tutti i vescovi toscani per ricordare, come ha detto lo stesso cardinale nell'omelia, anche altri luoghi della regione colpiti dalla tragedia di quei giorni, non faccia però perdere di vista il presente. «Il Paese tutto - ha proseguito l'arcivescovo - si senta impegnato a far rinascere con il volto che li ha connotati nei secoli» i paesi funestati dal sisma in Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo: «Questi nostri fratelli ci l'emerito di Como Diego Coletti e l'arcivescovo di Lucca Italo Castellani, presenti ieri in Santa Croce, ha sottolineato come quei giorni di «una generosità commovente», fecero scaturire «una condivisione della sofferenza e una dedizione di solidarietà che si manifestarono per la prima volta in Italia, per poi riapparire, in forme sempre più organizzate, nelle catastrofi naturali» successive, sino a questi giorni del terremoto. E l'impegno dev'essere nella prevenzione. Citando l'enci- li cardinale Betori e il vescovo di Fiesole Meini in Santa Croce sentano vicini, lo sono in particolare io, nato in Umbria, e sappiano che possono contare sulla presenza operosa dei nostri volontari». Betori ricordando gli `Angeli del fango', del quale ha fatto parte insieme al fiorentino cardinale arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, il vescovo di Brescia Luciano Monari, La liturgia dedicata alle 35 vittime dell'Arno nella basilica si m bolo elica `Laudato sì' di Papa Francesco dove «non c'è spazio per il fatalismo», l'arcivescovo ha sottolineato con forza che «c'è un invito a fare tutto ciò che si deve, senza ulteriori rinvii, per mettere in opera quanto può proteggere il territorio. E un dovere per chi regge le sorti della convivenza civile». FORTE l'abbraccio a Firenze: ricordando i morti e le sofferenze, «privazioni e angosce, perdita di beni e soprattutto di memorie di una vita», le persone hanno mostrato di sapersi rialzare con una forza e una dedizione che le fece stringere «l'un l'altra per il bene comune», dote che venne riconosciuta anche da Papa Paolo VI che celebrò la messa della notte di Natale 1966 in Santa Maria del Fiore: «Conosciamo le vostre virtù umane e civili, la vostra tempra fiorentina - disse Paolo VI - sono virtù queste, che, messe alla prova, insorgono, si affermano e si accrescono, non cedono». Una città che «non solo si è liberata dalle ferite dell'alluvione ha proseguito Betori - e ancora oggi continua a ricostruire il proprio patrimonio di bellezza, ma vuol procedere ancora sul cammino della sua vocazione storica» che è quella il poeta Mario Luzi citò davanti a Giovanni Paolo II nel 1986: «essere titolare e centro di elaborazione di irradiamento dell'umanesimo». Sopra i fiorentini sul lungarno Torrigiani con il Capo dello Stato In alto il presidente Mattarella fra gli operai Alluvioni in Toscana Pagina 230 CENTINAIA DI CITTADINI HANNO ATTESO STIPATI SUI MARCIAPIEDI DEL LUNGARNO: «PRESIDENTE , VAI AVANTI COSÌ» ;,1 a Santa Croce IERI sera , a conclusione delle celebrazioni per i 50 anni dall'alluvione, una fiaccolata per rievocare quella che si svolse nel 1967, l'anno dopo l'inondazione. La fiaccolata è partita alle 20.30 dalla Basilica di San Miniato ed è terminata in piazza Santa Croce Alluvioni in Toscana Pagina 231 MOLTI ANGELI NON TORNAVANO A FIRENZE DA QUEL 1966. E RIVEDERE GLI STESSI LUOGHI E' STATA DAVVERO UNA GRANDE E M OZIONE « Quando l' am ore « Da M i lano i n b us vince sul dramma» Ades so vivo quí» «IO SONO nato in Santa Croce, e in casa mia c'era 4 metri e 80 centimetri d'acqua. All'epoca avevo appena dieci anni. Mi salvarono i vigili del fuoco il secondo giorno, e mi portarono a campo di Marte. Ma quando seppi che era entrata l'acqua nella basilica di Santa Croce, andai ad aiutare i frati. I frati li conoscevo bene, facevo il chierichetto, erano degli amici. Il ricordo più forte, e terribile, che ho di quei giorni è l'odore del fango, che ancora mi pare di sentire vedendo queste immagini. Ma ne ho anche uno bello, quello della gen- «RICORDO l'amicizia che nasceva spontanea, e la straordinaria accoglienza dei fiorentini. Per noi, che venivamo da molto lontano - ricorda Francesco Franchini, arrivato da Milano - fu molto importante. Ricordo che fumino accolti benissimo: ci portavano la merenda, ci portavano da bere, e chi non aveva l'acqua nelle proprie abitazioni, addirittura ci faceva entrare in casa. Ricordo che siamo partiti subito, una decina, con quei vecchi pulmini di una volta. Appena appresa la notizia non esitammo un attimo. Quell'espe- Franco Naldi te che si aiutava, che si dava da fare. Quell'esperienza mi ha insegnato la solidarietà autentica tra esseri umani. E mi ha fatto capire che l'amore per la propria città può essere più forte di tutto quello che può accadere nella vita». Francesco Franchini rienza mi ha insegnato che bisogna essere sempre pronti a dare e fare qualcosa. Io ad esempio, da allora in avanti, non ho mai smesso di aiutare gli altri, continuo a fare volontariato. E da quarant'anni vivo a Firenze». i canfora co ntro gli o do ri» cc«.rezzi «RICORDO ancora distintamente l'odore del fango, era dappertutto, era tremendo. E allora, per non sentirlo più mentre spalavo presi dei frammenti di canfora, li misi in un fazzoletto e mi coprii il volto, il naso e la bocca. L'odore del fango si univa al tanfo delle fosse biologiche e della nafta, perché all'epoca i riscaldamenti erano o a carbone o a nafta. Io mi unii a un gruppo di scout, feci il possibile per aiutare chi aveva bisogno. I miei occhi, in quei giorni, hanno visto di tutto. Quell'esperienza mi ha in- Alluvioni in Toscana Riccardo Bellucci segnato la solidarietà, la forza di riprendersi, nonostante tutto. E ricordo che in piazza Duomo, all'angolo di via dello Studio, un negozio mise fuori due assi con dei ceri, che comprai anch'io perché in casa non c'era luce». Pagina 232 MOLTI I VOLONTARI DI ALLORA ARRIVATI IN CITTA' DA OGNI PARTE DEL M ONDO IN TUTTO GLI ANGELI ERANO CIRCA MILLE MATTEO RENZI F ARRIVATO QUASI A SORPRESA A PALAZZO VECCHIO E HA STRETTO IN UN GRANDE ABBRACCIO VIRTUALE TUTTI 1 PRESENTI PER GLI ANGELI ESTATO ORGANIZZATO UN CONSIGLIO COMUNALE SOLENNE INIZIATO CON UN CONCERTO DEL MAESTRO LANZETTA I ici subito in campo » eno un Giovanni Puleri con la carriola usata per togliere il fango « Gornate E 1-, IL RICORDO di quel 4 novembre del 1966 è sempre lì nella mente, indelebile, con le stesse emozioni. Orgogliosamente, anch'io posso dire che sono stato un «Angelo del Fango» nonostante fossi stato alluvionato. Abitavo in via Guerrazzi. Ricordo che con alcuni miei amici ci mettemmo a disposizione: avevo compiuto sedici anni da poco. Armati di fischietto ci diedero il compito di disciplinare il traffico sui viali per lasciare libera la corsia centrale per il transito dei mezzi di soccorso. Dopo alcuni giorni, con tanto di stivali, pala e carriola, abbiamo aiutato i negozianti di Santa Croce. La fatica? Mai sentita. Giovanni leri uniche , entusiasmanti Alluvioni in Toscana e i l Vajont Tutto dís ntto» «L'ARNO, l'acqua altissima, sotto e al di là dei ponti. Il Cristo del Cimabue. Gli occhi delle persone anziane, così fragili. Nei loro sguardi traspariva l'incredulità per un evento così imprevedibile, così devastante, così rovinoso - ricorda la signora Mara Marantonio che, per salvare Firenze, è arrivata da Bologna -. Mi venne in mente il disastro del Vajont, appena tre anni prima. I ricordi impressi nella mia mente sono tanti, dalle spallette dei lungarni distrutti dalla piena alle auto ammassate una « 1 Mara Marantonio sull'altra. Quest'evento mi ha insegnato il valore, il senso della solidarietà. Ë stato un momento importantissimo nella mia vita. Ma credo sia stato un evento che abbia determinato una crescita civile e umana di ciascuno di noi». Quei clacson iti di notte» «IL PRIMO ricordo che mi viene in mente è quello della notte fra il 4 e il 5 novembre, quando l'acqua era arrivata al primo piano della casa dove abitavo, in viale Mazzini. Ricordo distintamente che fu una notte di buio e rumore e assoluto, perché si sentivano i clacson delle macchine suonare, azionarsi uno dopo l'altro, in continuazione. Era successo che l'acqua era entrata dentro le auto e aveva mandato in cortocircuito il sistema elettrico. Io all'epoca ero studente universitario e subito mi misi a spalare il fango dalle strade della FU UNA GRANDE catastrofe, ma anche l'inizio della rivoluzione. E questo, da angelo del fango, l'ho capito subito, ventenne, con le mani impastate nella nafta che ancora oggi, a sentirne l'odore, rivedo le immagini dell'invasione dell'acqua. Capii immediatamente che era definitivamente cambiato qualcosa, nella nostra società, nei costumi. Non eravamo ancora agli albori dei movimenti giovanili, studenteschi. Ma quell'avvenimento cifece capire che eravamo pronti. Un ribaltone dalla vita chiusa all'apertura verso il mondo. Fu per noi una grande novità. E rappresentò qualcosa di più di uno straordinario momento di solidarietà. Titta Meucci cc Andrea Croci mia città. Quell'esperienza mi ha insegnato a stare insieme agli altri e a lavorare per qualcosa. Nella mia vita, così come nel mio lavoro, avrei poi sempre inseguito quello stesso obiettivo: impegnarmi per migliorare il mondo in cui viviamo». Elisabetta M euccì con il marito Sergio Caruso Pagina 233 a cura di MAURIZIO COSTANZO «In fila aglí Uffizi con i li ' i ti» «ERO a Firenze perché ero ospite di mio fratello, che abitava già qui dal'64, in costa San Giorgio - ricorda il signor Ezio Bertin, della provincia di Padova -. La mattina del 4 novembre, la ragazza di mio fratello si alzò per andare a lavorare, ma quando vide che c'era l'acqua in piazza Santa Felicita, tornò indietro. Ma era svizzera, non parlava bene l'italiano, dunque non capivamo cosa volesse dire. Poi siamo andati a vedere e solo allora ci siamo resi conto. Mi sono dato subito da fare per l'archivio degli Uffizi. Ricordo i volumi infan- Ezio Bertin gati che ci passavamo di mano in mano, che poi venivano messi nel camion. Da quell'evento ho imparato l'importanza della conservazione, della difesa, della tutela del nostro patrimonio, che è quanto di più prezioso c'è dato avere». L'abbraccio del presidente del Consiglio , Matteo Renzi, ad uno degli Angeli del Fango che intervenne nel 19c,, Alluvioni in Toscana Pagina 234 Storïe e ricordi, il ritorno degli Angeli `Abbiamo bisogno del vostro spirito MNe volontari a Palazzo Vecchia 'a rrivo a sorp resa di OLGA MUGNAINI «VOI, ANGELI del fango, dovete continuare ad accompagnarci. Allora non ci fu molto da parlare, ci si mise gli stivali e si cominciò a spalare. Oggi abbiamo bisogno di quello stesso spirito». Il premier Matteo Renzi è arrivato nel Salone dei Cinquecento quasi a sorpresa, per contenere in un unico grande abbraccio tutti quei mille signori attempati, che 50 anni fa vennero al capezzale di Firenze martoriata dall'Arno. Per loro la città ha organizzato un consiglio comunale solenne, e una cerimonia che è durata una giornata intera, iniziata con il preludio musicale "All'improvviso gli angeli" diretto dal maestro Lanzetta, e proseguita con i bambini della scuola Rodari con le lettere scritte dagli alunni del '66 all'allora sindaco Piero Bargellini. E' STATO poi il sindaco Dario Nardella a ricordare le 35 vittime, la ferita inferta al patrimonio artistico e a rammentare «il lutto di chi sapeva di perdere non solo una città, non solo vite umane, non solo opere d'arte, ma un pezzo dell'anima del nostro paese, della sua storia, della sua umanità». E poi lo sguardo al futuro, affinché da quelle tragedia Firenze continui a trarre forza e riscatto. «DOPO 50 ANNI non vogliamo che la storia si ripeta - ha proseguito Nardella -. Una svolta vi è stata un anno fa: la firma per l'assegnazione di un primo stralcio di 106 milioni di euro per proteggere la città metropolitana e il territorio toscano dal rischio esondazioni e dal rischio idrogeologico. I lavori dovrebbero essere ultimati a fine 2018. Mi auguro, la città si augura, che sia così. Ma è l'Italia tutta che non può più permettersi di rischiare. Sal- Alluvioni in Toscana t Renzì vare Firenze, avere cura del nostro territorio e del nostro patrimonio culturale, significa davvero, oggi più che mai, salvare l'essenza stessa del nostro essere umani». A organizzare il raduno degli "angeli " è stato Erasmo D'Angelis, coordinatore a Palazzo Chigi di Italia Sicura, e in questo viaggio lungo mezzo secolo ha ricordato tanti protagonisti fiorentini, da Riccardo Monni al caporedattore Rai Marcello Gianni, a Riccardo Marasco. «OLTRE mille angeli del fango sono tornati a Firenze da tanti paesi del mondo e regioni d'Italia con le loro storie, che sono ancora oggi una bella lezione di solidarietà concreta ha ricordato De Angelis -. Coltivare la me- il « i on so se nei paesi colpiti dal terre moto ne sono conoscenza la protezione civile nacque qui» moria di quel 1966 è importante. Perché la cosa più fragile per noi italiani dopo ogni disastro è sempre stata la memoria». INFINE ancora il premier, che si è unito al ricordo di Piero Bargellini, ricordando che lui e Nardella sono i primi sindaci di Firenze ad essere nati dopo l'alluvione: «Qui è così, le cose si dividono da prima e dopo il '66 - ha detto - Noi siamo la generazione che non ha fatto in tempo a vivere l'esperienza dell'alluvione, ma abbiamo fatto in tempo a dire grazie a chi c'era, ed è venuto qui oggi. Non so quanti ragazzi che prestano la loro opera nelle zone del terremoto sanno degli `angeli del fango, ma la protezione civile, volontariato, terzo settore come espressione dell'anima nacquero allora nel nostro Paese». Pagina 235 2QL Uno degli Angeli del Fango mostra orgoglioso una piccola vanga data in ricordo «La storia non si deve ripetere, salvare Firenze significa salvare l'essenza dell'essere umani» Alluvioni in Toscana Pagina 236 L'OPERA DISPONE DI UN SISTEMA DI SOLLEVAMENTO, REALIZZATO GRAZIEA FONDAZIONE CR FIRENZE, LA PORTA A 6 METRI DI ALTEZZA IN POCHI MINUTI `L'ULTIMA CENA' SV TA DAVANTI AL PRESIDENTE M che meraviglia LE TUN IC H E degli apostoli hanno qualche "rammendo" in qua e in là. E i colori tradiscono alcune l'opacità che certo non erano quella volute da Giorgio Vasari. Ma l'effetto è comunque magnifico, come solo i capolavori sanno trasmettere anche dopo essere stati strapazzati e maltrattati dalla furia di acqua e fango. Così è anche per questa enorme tavola con «L'Ultima Cena», dipinta dall'artista aretino nel 1546, su cui l'Opificio delle Pietre Dure ha compiuto un vero miracolo, restituendo l'intensità dei volti e la luminosità degli sguardi di tutti i personaggi raffigurati. A mettere il sigillo su questa impresa, dopo 50 annidi attesa, è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto ieri nel Cenacolo di Santa Croce per il ricollocamento della tavola. Una festa più di una cerimonia, a sottolineare la gioia per aver restituito alla basilica francescana l'ultima grande opera ancora da restaurare. A spiegare al Capo dello Stato, accompagnato dal ministro del Mibact Dario Franceschini, le tappe di questa avventura sono stati la presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi e il soprintendente dell'Opificio Marco Ciatti, seguiti dalla L'Ultima Cena del Vasari nella nuova collocazione in Santa Croce AREL C' testimonianza di Patrizio Bertelli - patron di Prada - e di Antoine Wilmering della Getty Foundation, che hanno finanziato parte dei restauro insieme al dipartimento della Protezione Civile. Il 4 novembre del '66 il dipinto si trovava in una sala del museo di Santa Croce dove l'acqua raggiunse i cinque metri, e dove la tavola rimase per un giorno intero. Oggi, ricollocata nel Cenacolo, l'opera dispone di un sistema di sollevamento, realizzato col contributo di Fondazione CR Firenze, che consente di portarla a circa 6 metri in pochi minuti. «Ritorna alla luce e ai colore, quanto pareva spento per sempre - ha detto la presidente Sanesi -. L'Ultima Cena è una storia che guarda al futuro». «Abbiamo dovuto affrontare molteplici problemi di restauro - ha spiegato Ciatti -, cominciando dal risanamento dei supporto ligneo e dal successivo consolidamento della pellicola pittorica che si era sollevata. Risultati che abbiamo ottener grazie all'utilizzo delle più moderne tecnologie, impensabile 50 anni fa». Olga M ugnaíní Una co rona ì n Amo pe r le 35 vitt i me Una corona benedetta dall'arcivescovo per ricordare le 35 vittime è stata gettata in Arno a ponte alle Grazie, al termine della liturgia in Santa Croce. II corteo era a cura di Firenze Promuove Alluvioni in Toscana Pagina 237 we .< . ;;._ :. :,: e aNuVione Ivi ost ra fotogra fi ca E' stata inaugurata ieri alla Galleria degli Uffizi «L'alluvione e gli Uffizi», la mostra fotografica allestita con le immagini del Gabinetto fotografico della Galleria. L'esposizione, resterà aperta fino all'8 gennaio. Alluvioni in Toscana Annu;lo Filatelico disegnato dai bimbi Un annullo filatelico per ricordare i 50 anni dall'alluvione e l'opera degli Angeli del fango. E' un francobollo da 95 cent che ricorda l'alluvione tramite il disegno dei bambini di una scolaresca. Pagina 238 r _ 6 . «QUELLA MATTINA DEL 4 NOVEMBRE ERO IN CASA A STUDIARE CON GABRIELE CHEL ZI QUANDO SENTIMMO URLARE IN STRADA» «POCHI GIORNI DOPO L 'ALLUVIONE FURONO STANZIATI DALLA'CASSA' TRE MILIARDI DI LIRE PERI COMMERCIANTI E UNO PER GLI ARTIGIANI» - I _ -C.._.' --.T: «IL RUOLO DI SOSTEGNO SVOLTO DALLA BANCA DOPO LA T RAGEDIA FFORZO ' ANCO DI PIU' IL SUO STORICO LEGAME CONI FIORENTINI» «Così la banca aiutò i fiorenti legame A-uon t-,a ge 3i i cui, L11 ••r r • a di %, nte Y"lel, p residente dí Banca di STEFANO VETUSTI «L'ODORE della nafta, per giorni e giorni. Il fango ovunque». Rimane anche questo addosso, cinquant'anni dopo, a chi ha vissuto l'alluvione del '66. L'odore della tragedia. Giuseppe Morbidelli, presidente della Cassa di Risparmio di Firenze, era allora uno studente universitario. Frequentava il terzo anno di giurisprudenza. «Sì. Quell'odore di nafta, il fango dappertutto... Resta ancora quella sensazione - racconta - come se ciò che stava accadendo non fosse vero... La città devastata come durante una guerra. Negozi e botteghe artigiane sventrate, le auto accartocciate. I viali che erano diventati un cimitero di automobili fangose. I contatti tra parenti e amici impossibili, l'energia elettrica che mancava...». Il professor Morbidelli sfoglia le immagini di quei giorni dentro di sé, lentamente. Un sorriso gentile, come a esorcizzare la memoria dolorosa di quei giorni. P o, racconti. « Que mattina del 4 novembre era un giorno festivo e venne a casa mia alle 7 del mattino Gabriele Chelazzi (il magistrato della lotta alla mafia), con cui preparavamo insieme l'esame di procedura civile. Pioveva a dirotto ma nulla lasciava presagire quello che poi avvenne. Verso le 8, le otto e mezzo, sentimmo persone che urlavano in strada. Andammo in terrazza. E' uscito l'Arno! La piena! Un attimo dopo mio babbo ci vide in terrazza, non capì subito, ci richiamò con tono fermo: che ci fate lì, Alluvioni in Toscana andate a studiare bighelloni...». 11 dovere dello studio. «Sì. Mio babbo era dirigente della Banca d'Italia e rigorosissimo in tutto». Poi che successe? «Dopo poco andò via la luce e cominciammo a capire cosa stava succedendo». i dove abitava? «Con i miei genitori stavo in viale Mazzini, all'angolo con via della Robbia. Abitavamo al terzo piano ma non avemmo disagi eccessivi salvo la carenza d'acqua e di energia elettrica». i che cosa fece. «Insieme agli altri studenti di giurisprudenza, sotto la guida del professor Mauro Cappelletti, partecipammo per mesi e mesi a recuperare tutti i libri della facoltà che erano stati alluvionati». i ogg i è presidente della Cassa i Risparmio di Firenze. Nel '66 la « Cassa» tese la mano e aiu Firenze a rialzarsi. «La'Cassa' ebbe, diciamo così, un problema doppio. Da una parte rimase alluvionata essa stessa, oltre a tante sue agenzie in città e provincia. La sede centrale di via Bufalini fu invasa da 35mila metri cubi d'acqua, il centro elettrocontabile andò fuori uso, le cassette di sicurezza e gli archivi furono danneggiati gravemente. Devo dire che la situazione fu risolta in pochi giorni, grazie anche alla solidarietà, al sostegno concreto da parte delle Casse di Bologna, Pistoia, di Lucca e della Banca Mutua Popolare di Arezzo che fornirono macchinari per la rapida ri- l re ze, 'vive que ì g iOrn í presa dell'operatività bancaria». Cassa venne aiutata e aiutò Firenze. «L'aiuto alla città era il secondo difficile problema da affrontare. Eravamo la banca dei commercianti e degli artigiani di Firenze, dei fiorentini, tutti colpiti duramente dall'alluvione. Sentivamo la necessità di intervenire subito. Già pochi giorni dopo l'alluvione si riunirono i vertici per stanziare tre miliardi di lire per i commercianti e un miliardo per gli artigiani, con prestiti a tassi agevolatissimi. Poi vennero prese misure di sostegno per gli agricoltori e concessi prestiti senza rimborso di interessi per chi aveva avuto danni agli immobili e voleva ristrutturarli. Almeno da quanto risulta agli atti possiamo dire che non vi siano stati casi di clienti che non abbiano ricevuto finanziamenti agevolati per poter riprendere l'attività». II legame tra Cassa e fiorenti.ì s' rafforzò ancora di più. «Sì, si può dire che l'alluvione contribuì a rinsaldare il legame storico tra la banca e la gente. Si accrebbe ancor di più la fidelizzazione con i clienti». Sono trascorsì 50 anni, qualcosa è stato fatto ma l'Arno ci fa ancora aura. «Sono state atte opere molto importanti, come il lago di Bilancino. Certo, questo non è sufficiente, alla luce del dissesto idrogeologico con cui dobbiamo fare i conti in Italia e del mutamento climatico. Motivi in più per intervenire e fare ciò che occorre affinché la tragedia del '66 non si ripeta». Pagina 239 %' cc iq/, ¿; L Soccorsi dopo l 'alluvione del'66 ; in alto Giuseppe Morbidelli, 72 anni Alluvioni in Toscana c"à . i 1 e, , ¿ i LA SEDE centrale della Cassa di Risparmio di Firenze, in via B ufalini, fu invasa da 35mila metri cubi di acqua. I danni furono ingenti . Prima di tutto all'rchivio storico, nel sottosuolo, documenti storici andarono perduti. La maggior parte dei valori contabili , invece , custoditi nei caveau, pur so m mersi, furono recuperati . Vi furono problemi soprattutto per le collezioni di francobolli. Pagina 240 Libro sutt'attuvione ANCHE il Comune di Lastra a Signa celebra il 50° anniversario dell'Alluvione. In programma , oggi, la seconda giornata di iniziative all 'Antico Spedale di Sant ' Antonio. Alle ore 16 ci sarà la presentazione del libro « Lungo l'Arno. Paesaggi, storia e culture. Dal FaLterona , fin là dove il tosco fiume ha foce » di Saida Grifoni. Alle 18 si terrà « Il racconto dell'acqua » recital di e con Letizia Fuochi e Francesco Cusumano . Sarà inoltre visibile la mostra con il materiale fotografico raccolto dai curatori del portate www. lastraonLine.it. Alluvioni in Toscana Pagina 241 J Ee ,<IN QUELLA TRAGEDIA GROSSETO Si SCOPRÌ SOLIDALE IMPEGNATA IN UN MUTUO AIUTO» C a consegna duran e ® Alluvioni in Toscana SQUADRIGLIA che portò la salvezza dal cielo nel `66. L'ottantunenne Felice Caldora agli Industri, nel corso del convengo organizzato dal Rotarv Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», ha ricevuto il riconoscimento «Paul Harris Fellow» proprio per il suo intervento durante quei drammatici giorni. Al convegno sono intervenuti il sindaco Antonfranesco Vivarelli Colonna, il presidente del Rotary Club, Luigi Mansi; il presidente del Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud, Fabio Bellacchi, e altri illustri ospiti. «Sono passati 50 anni da quel drammatico 4 novembre quando il fiume Ombrone ruppe gli argini e invase Grosseto: danni incalcolabili per una città di provincia che si avviava lentamente verso il primo vero sviluppo. Tuttavia in quella tragedia - sottolinea il sindaco - Grosseto // í, t EMOZIONATO, il maresciallo dell'Aeronautica Militare Felice Caldora ieri è salito sul palco del teatro degli Industri per ricevere un riconoscimento al valore. Infatti nell'equipaggio che nel novembre del 1966 partecipò ai soccorsi per l'alluvione c'era l'allora giovane sottufficiale Felice Caldora, motorista di bordo. «Appena alzati in volo, ci rendemmo subito conto della gravità della situazione. Aiutammo soprattutto le persone rimaste isolate in campagna, che erano salite sui tetti. Da lì le prendevamo - racconta Caldora e trasportavamo al sicuro, sulla terra asciutta, alla base militare. Ricordo che una donna febbricitante non ne voleva sapere di salire sull'elicottero. Allora scendemmo in due col verricello per metterla in salvo. Quei giorni furono di grande paura». Il 4° Stormo dell'Aeronautica, che ha trovato la sua base stabile a Grosseto nel 1962, in passato si è avvalso della 604a Squadriglia Collegamenti nei ruoli Search and Rescue, eliambulanza e protezione civile. ' DOBBIAMO ASSICURARCI CHE TUTTO QUESTO NON SUCCEDA MAI PIÙ si scoprì solidale, impegnata in un mutuo aiuto. Oltre a riannodare i fili della memoria, dobbiamo impegnarci affinché il nostro inestimabile patrimonio naturale, in questo caso il fiume Ombrone, sia evocato non più come una minaccia, ma come un bene, una ricchezza, un gioiello prezioso da preservare, curare e soprattutto da vivere». Il presidente Bellacchi ha ricordato i lavori che si sono susseguiti in questi cinquanta anni per rafforzare, alzare e ampliare gli argini, nonché la necessità di togliere i cumuli di breccia presenti nel corso del fiume. «Dobbiamo assicurarci che non succeda mai più)). Irene Blundo F®°f «> ::e , ,; -CA maresciallo de : Aeronautica Felice Caldora Pagina 242 Lgathbiente: «Ombrone più sicuro • • e • • • per ncordare>> I butteri hanno `ei, cs t il «collega» Quadalti coi bimbi di Braccagni RICORDO particolare, da parte di chi lo ha conosciuto, è stato dedicato ieri a Braccagni alla figura di Santi Quadalti, il buttero degli Acquisti, unica vittima dell'alluvione del `66 in Maremma. Su iniziativa del Gruppo tradizioni popolari Galli Silvestro, in mattinata gli alunni della scuola elementare hanno visitato la mostra fotografica sull'alluvione al centro sociale «Gli Anta«. E poi i butteri del Marruchetone, in memoria di Santi Quadalti, hanno incontrato gli studenti di Braccagni. Probabilmente se non fosse stato un giorno festivo quel venerdì 4 novembre del `66 quando alle 7.55 l'Ombrone ruppe gli argini nel primo punto, vicino al motel Agip, ci sarebbe stata una strage. spiega Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente - è in assoluto una delle priorità per la nostra città. NEGLI ULTIMI anni il rischio di esondazione è stato altissimo e ha coinvolto, per colpa di scelte urbanistiche sbagliate fatte in passato, anche famiglie che risiedono in aree della città di Grosseto ad alto rischio idraulico. Bisogna invece realizzare al più presto, oltre a una pianificazione ben precisa per la manutenzione e la cura del fiume e di tutto il suo bacino idrografico, un percorso chiaro e trasparente che coinvolga la cittadinanza e il mondo associativo tramite i contratti di fiume: uno strumento importantissimo in forte ritardo per LEGAMBIENTE, invece, da parte sua, vuole ricordare i 50 anni dall'alluvione chiedendo alle istituzioni, oltre all'impegno per la messa in sicurezza del fiume Ombrone, la valorizzazione da un punto di vista della memoria storica e didattico dell'area di piazza De Maria dove sono le targhe ricordo. Molti grossetani, infatti, e soprattutto le giovani generazioni non sanno neppure l'esistenza di quelle targhe che ci ricordano invece le alluvioni che si sono succedute. Da oggi, a tal proposito, Legambiente comincerà una serie di laboratori, percorsi didattici ed escursioni con le scuole che si trovano lungo il corso del fiume, come Grosseto, Paganico e Istia d'Ombrone proprio per accentuare l'importanza della memoria storica e del rapporto tra le comunità e il fiume. «La messa in sicurezza del fiume Ombrone - aria con le sue « Piazza targhe sull'alluvione deve essere valorizzata» l'Ombrone, per realizzare una gestione condivisa e partecipata nel suo complesso, programmando azioni specifiche e condividendo percorsi e scelte in modo esteso e inclusivo per prevenire il rischio idraulico. A LIVELLO didattico, invece, è importante che l'area di piazza De Maria, dove sono le targhe ricordo delle alluvioni, venga valorizzata e utilizzata come punto di partenza per percorsi sulla memoria storica e didattici rivolti alle scolaresche e alla cittadinanza, aumentando le informazioni sul passato e sull'importanza naturalistica del fiume. Oggi, invece, le targhe sono nascoste dalle auto parcheggiate a ridosso delle Mura che non consentono la giusta dignità al più importante segno del rapporto tra le alluvioni e la città di Grosseto». IMPEGNO I butteri a cavallo durante il loro incontro co Alluvioni in Toscana Pagina 243 GLI ENTI ALTEATRO DEGLI INDUSTRI E NEL LA CATTEDRALE DI SAN LORENZO Altro convegno, una mostra e per finire un concerto SONO TRE gli eventi di oggi dedicati al ricordo dell'alluvione del 4 novembre del 1966. Anche la Diocesi di Grosseto vuole celebrare questo anniversario tragico allestendo una piccola mostra sulla navata destra della Cattedrale. Vi vengono riproposti ritagli del settimanale diocesano dell'epoca, Vita Nova, che per diversi mesi raccontò l'impegno della Diocesi per far fronte agli innumerevoli bisogni delle persone. La piccola mostra è arricchita anche da alcune foto. «Quel 4 novembre '66 - racconta don Franco Cencioni, all'epoca parroco della Cattedrale - vedendo la furia delle acque che aveva invaso piazza Dante, piazza Duomo e il centro della città, mi precipitai insieme all'amministratore apostolico, il vescovo Primo Gasbarri, e don Almleto Pompili, canonico del Duomo e responsabile dell'Opera diocesana assistenza, in prefettura, da dove il vescovo poté mettersi in contatto con la Santa Sede. Da lì dettero emme- Alluvioni in Toscana diata disposizione a monsignor Gasbarri di impegnare subito 5 milioni di lire per far fronte ai primi bisogni». MENTRE al teatro degli Industri, alle 10 si aprirà la seconda parte del convegno «Alluvione e bonifiche nell'area Sud della Toscana» promosso dal Rotary Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», che anche oggi sarà presentato e condotto da Rita Martini. Verrà proiettato il film «4 novembre 1966, la Maremma torna palude» del regista Francesco Falaschi. Poi avverrà la consegna dei premi ai vincitori del concorso per tesi magistrali e di dottorato di ricerca in collaborazione e con la dotazione di Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», Rotary Club, Rotary Foundation e Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud. Un solenne concerto di chiusura della rievocazione, in memoria del professor Guglielmo Francini già presidente della Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi», si svolgerà oggi alle 21 alla Cattedrale di San Lorenzo a Grosseto. Il concerto vedrà esibirsi l'Orchestra Città di Grosseto, la Corale «Giacomo Puccini», il Coro polifonico «San Nicola» e il coro dell'università di Pisa diretti dal maestro Stefano Barandone, oltre che Federica Nardi, Fulvia Bertoli, Marco Mustaro e Giorgio Marcallo. Direttore d'orchestra il maestro Francesco Iannitti Piromallo. Pagina 244 -y T sul fiume , un convecv e mostra ALLUVIONE, due anni dopo ricordati dal tour del Moviemento 5 stelle. Un'intera giornata dedicata al problema idrogeologico con una mostra, il sopralluogo al Carrione e una conferenza. «Gli interventi di salvaguardia non sono più rinviabili» dicono i 5 stelle. Dalle 10 alle 20 nei locali dell'Autorità portuale di Marina sarà allestita una mostra multimediale dal titolo «Il Carrione: ieri, oggi e domani», che attraverso una serie di video ripercorrerà la storia del torrente, le più recenti criticità e le sue prospettive future. Alle 14 si svolgerà una visita guidata lungo il bacino di Torano del Carrione, uno dei punti più critici e oggetto dello studio idraulico di Giovanni Seminarti. Il ritrovo per partecipare è alle 13,45 in viale Potrignano, 13, di fronte alle scuole elementari. Alle 17 si terrà un incontro pubblico nella sala conferenze dell'Autorità portuale sul tema «Il Car- Alluvioni in Toscana rione due anni dopo: rischi e soluzioni», dove si entrerà nei dettagli del Masterplan Seminara sugli interventi previsti nella parte montana del bacino volti alla riduzione della portata che sollecita il tratto cittadino in occasione di eventi intensi. Nel corso della conferenza nell'ottica di un confronto aperto, sono stati invitati cinque relatori che esprimeranno tesi non necessariamente riferibili al MSS: Michele Santini (ingegnere idraulico), Alberto Grossi (ambientalista dell'anno 2015), Marcello Palagi (giornalista), Giorgio Pizziolo (professore universitario), Paola Antonioli (Legambiente). Interverranno inoltre i due portavoce del M5 S, rispettivamente in Senato e in Consiglio regionale: Laura Bottici e Giacomo Giannarelli. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare. Pagina 245 «IL CARRIONE, IERI, OGGI E DOMANI», QUESTO IL TITOLO DELLA MOSTRA CHE Si TIENE ALL'AUTORITÀ PORTUALE IL RITROVO E ALLE 13,45 IN VIALE POTRIGNANO DOVE CI SARÀ LA VISITA DEL BACINO DI TORANO, CON 15 STELLE ALLE 17 INVECE E PREVISTO UN CONVEGNO SULLO STUDIO DI GIOVANNI SEMINARA CHE RIGUARDALA RICOSTRUZIONE DELL'ARGINE ïsasiro firmato dal Pd» o mov ento 5 stelle punta l'mndïce 1-1 - Gilantu re ii i.* -y T « ï tragedia causata «L'ALLUVIONE è stata un disastro causato dall'incuria che vede la firma del Pd. Sulle soluzioni regionali mancano coraggio e coperture». Il Movimento 5 Stelle va all'attacco e chiede chiarimenti in consiglio regionale sulla messa in sicurezza del Carrione a due anni dall'alluvione che colpì Marina. «Un filo conduttore lega il 4 e 5 novembre - ha dichiarato Giacomo Giannarelli, consigliere regionale M5S nella conferenza stampa di presentazione dell'interrogazione -: oggi (ieri, ndr) ricordiamo la tragica alluvione di Firenze che costò la vita a 35 cittadini e domani ricorderemo i 450 carraresi sfollati nel 2014 per la rottura degli argini del Carrione. In entrambi i casi se si fosse investito nella cura dei corsi d'acqua avremmo evitato disastri e risparmiato molto denaro pubblico. Purtroppo l'esperienza ha insegnato poco, perché i partiti di maggioranza, Pd in testa, continuano a spendere 25 volte meno del necessario in interventi di prevenzione del rischio, continuando a disperderli in grandi opere inutili e spesso incompiute». s «SPIACE rilevare - prosegue che la Regione manchi di coraggio: prima commissiona lo studio di Giovanni Seminara poi omette gli interventi indicati da questo, nel progetto esecutivo degli interventi. Mancano tutte le opere a monte, soprattutto sui ravaneti ormai divenuti pericolose di terre di scavo che finiscono nell'alveo dei corsi d'acqua, fino a provocare l'innalzamento del Carrione. Un «La Regione non ha coraggio e non ha previsto coperture sufficienti» fiume che, bene ricordarlo, ha visto dimezzare il suo alveo grazie ad anni di irresponsabili scelte urbanistiche compiute dai partiti di maggioranza» ha aggiunto il vicepresidente della commissione ambiente e territorio del consiglio regionale. «CHIEDIAMO inoltre a Rossi se, almeno nelle pause tra presentazioni del suo libro e comparsate tv nazionali, può spiegarci come mai la Giunta indichi coperture incuna de lla pouti ca » per la messa in sicurezza solo per quest'anno, 3,9 milioni, non dando garanzie su quelli a venire per i quali serviranno, dicono, ulteriori approfondimenti tecnici». Il movimento 5 stelle non si arrende e promette battaglia anche sulla decisione della Regione di affidare i lavori ai tecnici, giudicati dai grillini come qualcosa ancora di non definitivo, ma da analizzare: «Lo studio commissionato all'università di Genova è già chiaro: serve la scelta politica se fare o meno quanto indicato. Purtroppo ad oggi sappiamo la risposta: quanto successo nel 2014 a Carrara è il simbolo dell'incuria Pd verso il territorio» ha concluso il Cinque stelle annunciando che oggi parteciperà nella nostra città ad una serie di iniziative di approfondimento organizzate da Movimento 5 Stelle locale. Primo appuntamento alle alle 10 negli spazi dell'Autorità portuale di Marina, alle 14 una visita guidata lungo il bacino di Torano del Carrione per finire alle 17, nuovamente in Autorità portuale con un focus sul Masterplan di Giovanni Seminara «Il Carrione due anni dopo: rischi e soluzioni». G. ,r; ,,,, Per i cinque stelle il progetto Carrione è delineato, adesso sarà soltanto una decisione della politica se fare o meno quanto deciso da Seminara Co n t ro Lai c oat í z ìone Il consigliere regionale Giacomo Giannarelli sostiene che l'alluvione è stata causata dall ' incuria del torrente, che vede la firma del Pd Alluvioni in Toscana Pagina 246 IL CONSORZIO D i BONIFICA AL LAVORO SUGLI 8 CHILOMETRI DI ASSE DEL TORRENTE Ponti storici ancora nel mirino di Se «Saranno demoliti e non ricostruiti» RESTANO in vigore l'abbattimento, come da progettazione, dei ponti storici. «Negli studi presenti - ha chiarito il sindaco Angelo Zubbani - è prevista la demolizione dei ponti della Bugia e del Mulino Forti che costituiscono un grave ostacolo al fluire dell'acqua. Se dopo il by pass urbano e i 3 invasi la situazione sarà migliorata potremo pensare di rivedere il progetto di Seminarti. Ma per il momento rimane tutto inalterato. Il masterplan prevede la demolizione senza nemmeno relativa ricostruzione». Intanto sta andando avanti, oltre al progetto esecutivo per l'idrovora a Marina vecchia (600mila euro), anche la progettazione per le fogne nel viale dal porto a via Marco Polo e l'azione di bonifica del Consorzio a cui il sindaco ha inviato una lettera datata 19 ottobre per sollecitare lo sfalcio e manutenzione dei 25 canali che costituiscono il reticolo idrico. Così è completato l'intervento dal ponte di Ferro a via Apuana ed è in corso quello dalla ferrovia a via Giovan Pietro. Sono previsti interventi alla foce con sfalcio e rimozione di materiali solidi. «Sarà nostra cura- ha spiegato il sindaco - verificare il lavoro del Consorzio». Per quanto riguarda le delibere sui rimborsi sono state accolte 387 domande per un risarcimento di 3 milioni e 850mila euro. Intanto il Consorzio di bonifica fa il punto sulla manutenzione ordinaria. E stata eseguita (nella seconda metà di ottobre) la manuten- Intensa l'attività sul corso d'acqua Il sindaco: «Vigilere o giorno dopo giorno» zione ordinaria del tratto che va da via Apuana a Ponte di Ferro, nel centro storico e del tratto dal ponte di via Pucciarelli a via Menconi. E in corso di completamento il tratto dalla ferrovia, fino al ponte di via Menconi. Gli uomini e i mezzi del Consorzio sono inoltre attualmente attivi nel tratto compreso tra la via Aurelia e il mare, e nel tratto a valle di via Apuana. Entro la prima metà di novembre prenderanno il via anche i cantieri che il consorzio, in collaborazione con ara l'unione dei Comuni Montana Lunigiana, effettuerà sui tratti a monte: da Canalie a Colonnata. Questi lavori, rientrano tra quelli previsti dalla convenzione tra il Consorzio e Unione, firmata dai due soggetti per sostenere i livelli occupazionali degli operai forestali. Contemporaneamente, il Consorzio completerà la manutenzione dell'intero distretto idraulico afferente il Carrione: complessivamente, l'investimento consortile supera i 270mila euro. La foce del Carrione torna libera, senza la barra di sabbia di deposito e senza il materiale lapideo d'accumulo. Trattandosi di un intervento dalle caratteristiche straordinarie, esso è reso possibile da un finanziamento di 40mila euro da parte della Regione, sulla linea di stanziamento per le opere idrauliche di terza categoria. Si interverrà poi nell'area di Marina, compresa tra il ponte del viale Giovanni di Verrazzano e il mare. Alla foce del Carrione, si verifica in occasione di forti mareggiate, la sedimentazione di parte del materiale trasportato dalla corrente, che non riesce a defluire. Si procederà adesso alla rottura della barra di foce mediante la movimentazione del materiale sedimentato. F II 5 novembre provocò l 'evacuazione di 450 carraresi . Marina e Avenza furono totalmente allagate Alluvioni in Toscana Pagina 247 SOTT'ACQUA 1 soccorsi alle persone di Marina di Carrara sommersa da un fiume di fango dopo la rottura dell'argine ■ Alle pagine 18 e 19 Alluvioni in Toscana Pagina 248 STAMANI ALLE 11 IL CONSIGLIO DEI CITTADINI DI MARINA Si RIUNISCE PER FARE IL PUNTO DEI CANTIERI APERTI SUL TORRENTE CARRIONE, IN VISTA DELLE PIOGGE Tutti gli interventi contro il rischio idraulico di CRISTINA LORENZI ALL IONE, due anni dopo. Mentre la città sta con il naso per aria in attesa di nuove piogge e teme nuovi e vecchi rischi, l'asse del Carrione è un susseguirsi di cantieri, interventi e ruspe. Un pacchetto di lavori da 12 milioni, già in corso di realizzazione, che per la fine del 2017 prevede la messa in sicurezza e l'eliminazione del rischio idraulico. I dettagli delle opere previste e finanziate dalla Regione, sono stati illustrati ieri mattina dal sindaco Angelo Zubbani, presente il dirigente Luca Amadei. Dal giorno dell'alluvione è attivo il tavolo istituzionale formato da Comune, Regione e Consorzio bonifica, una task for- Alluvioni in Toscana ce che ha monitorato la fase di studio e di realizzazione delle opere finalizzate a rendere massima la riduzione del rischio idraulico. Così gli otto chilometri dell'asse del Carrione sono costellati da una ventina di cantieri aperti dalla Provincia prima e dalla Regione poi che per la prima volta nella storia ha elaborato il masterplan del Carrione. «Il documento spiega il sindaco - che costituisce un unicum della Regione è stato approvato ad agosto e prevede lo studio idraulico del professor Giovanni Seminara e lo studio strutturale della Gpa di Firenze: un migliaio di indagini, carotaggi, esami di laboratorio che danno gli indirizzi per ogni intervento». E' momentaneamente fermo il cantiere sull'argine destro (per lo spostamento dei sottoservizi delle linee telefoniche ed elettriche) dove con 3 milioni e 900mila euro dal 14 novembre riprenderà l'intervento la cui fine è prevista per Pagina 249 Pietro». Sono invece in fase di progettazione esecutiva le canalette di magra (l'abbassamento dell'alveo nel tratto centrale) dalla foce alla ferrovia il cui costo sarà di 2 milioni e 100mila euro già stanziati. A primavera partiranno i rinforzi statici e strutturali dalla foce alla ferrovia compreso l'argine crollato per 5 milioni e mezzo da stanziare: la Regione ha già fatto richiesta al ministero. Nel 2017 23 STi %%a Oggi ricorre il secondo anniversario dell'alluvione che mise in ginocchio la città dicembre 2017. «A gennaio - ha dichiarato Zubbani - partirà il lotto dall'Aurelia alla ferrovia: un progetto fatto dalla Provincia, adeguato dalla Regione che sarà eseguito dalla stessa ditta che vinse l'appalto provinciale: con 3 milioni e 400mila euro sarà fatto un nuovo argine e alzato il ponte della ferrovia. A valle della ferrovia si metterà mano ai due lotti per 2 milioni e 600mila euro che prevedono il consolidamento dal ponte della ferrovia fino a via Giovan Alluvioni in Toscana I cantieri ià finanziati e aperti saranno chiusi alla fine del 2017 Zubbani ha annunciato la progettazione del by pass urbano previsto dallo studio Seminara: una galleria che collegherà il torrente Gragnana da Torano alla Padula e che consentirà di sgravare il tratto di Vezzala di 80mila metri cubi di acqua. Saranno progettati e finanziati anche 3 invasi al monte che dovranno alleggerire il torrente di altri 80mila metri cubi. Intanto sarannno abbattute le 7 passerelle private a valle del centro storico. Pagina 250 senatore ®t1 (Pd): «La s olidarietà grande » «50 ANNI fa la furia della natura si abbattè sulla città di Firenze, travolgendo e uccidendo decine di persone, distruggendo monumenti e opere d'arte. Ma la città poté contare su un grande afflusso di giovani volontari provenienti da tutta l'Italia, dall'Europa e dal mondo». Così il senatore pistoiese Vannino Chiti ricorda l'alluvione di Firenze. «Gli `angeli del fango' aggiunge l'esponente dem si impegnarono in un'opera di solidarietà, di recupero, di contributo per uscire dall'emergenza. Allora ero uno studente al liceo classico Forteguerri di Pistoia. In tanti partimmo, ci improvvisammo spalatori di fango, distributori di coperte e viveri, recuperando libri a rischio di distruzione. Istituzioni, partiti, parrocchie, Case del popolo seppero unirsi in un grande sforzo a sostegno di chi era rimasto colpito e per la ricostruzione. Oggi non posso fare a meno, ricordando quegli anni lontani, di augurare che si rinnovi da parte di tutti un'azione concorde e un clima di collaborazione per le popolazioni e i territori colpiti dal terremoto». Alluvioni in Toscana Pagina 251 Centro Guide Visita a Santa Croce 50 i dopo Pistoia A 50 ANNI dall'alluvione che la colpì duramente, domani il Centro Guide Turismo Pistoia organizza una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze. Partenza ore 15. Il costo della visita guidata a persona è di 8 euro escluso l'uso di auricolari. Costo dei biglietti per accedere alla Basilica: intero: 8 euro, ridotto:4 euro. E' obbligatorio prenotare: Centro Guide Turismo Pistoia al 335 7116713; centroguide.pistoiaFdgmail.com Alluvioni in Toscana Pagina 252 w1 A rae(:,boríír,o ciei caraùiniew Fíen-narùm «VED EVAMO la gente affacciata alle finestre: gridavano, cercavano di attirare la nostra attenzione e chiedevano aiuto. Ricordo quel silenzio particolare, inesorabile, che ci era piombato addosso con l'acqua dell'Arno, squarciato da quelle grida di aiuto. Io, come tutti i miei colleghi, non mi sono risparmiato per cercare di dare soccorso a tutti. Non mi sono curato della fame, né del freddo. Ciò che contava era aiutare la gente». Decimo Piermartini, brigadiere capo dell'Arma in congedo, in servizio a Montecatini per 33 anni, quel 4 novembre 1966 si trovò faccia a faccia con l'Arno e si adoperò anche lui, come tutti gli altri carabinieri, per aiutare la gente con grande coraggio. «Quella mattina ricorda - ero uscito dalla caserma di via Borgognissanti con un mio collega. Dovevamo recarci in piazza della Repubblica a uno stand dell'Arma per fornire informazioni e materiale divulgativo a chi fosse interessato a diventare carabiniere. L'acqua dell'Arno presto ci sorprese. Era già alta mezzo metro e cominciavano a saltare i tombini. Mi recai comunque verso piazza della Repubblica, munito di stivali molto alti: non credevo che l'acqua potesse salire così tanto in quei minuti. Ben presto - aggiunge - dovetti ricredermi. Per fortuna potei salire anch'io a bordo di un mezzo anfibio dei carabinieri. L'acqua saliva sempre di più. Giunti in piazza Beccaria, abbiamo visto persone che avevano cercato di mettersi in salvo su un piano rialzato di fortuna. Tra loro anche una donna incinta con un bambino per mano: siamo riusciti a riportarli a casa sani e salvi». Per mangiare non c'era tempo. «Ho potuto rifocillarmi solo il giorno successivo. A me ed ai miei colleghi interessava prima di tutto che fossero i cittadini a poter avere le provviste per mangiare. Ricordo che qualcuno, tra loro, si avventurava con il canotto per cercare da mangiare, ma le botteghe erano sott'acqua. Abbiamo avuto riconoscimenti importanti per il nostro operato, ma la soddisfazione più grande è sapere di essere stati utili alla gente». N ett'i mmagíne, elicottero dell'Aeronautica militare allo stadio di Pescia, dove caricava sacchi di aiuti alimentari per le popolazioni alluvionate (foto fornita da Paolo Landi). Per 33 anni a Montecatini, it 4 novembre 1966 era in servizio a Firenze. «L'importanza di aiutare ta gente» Alluvioni in Toscana Pagina 253 A E IERI AL PONTE ALL'ASSE LA TARGA `FAI DA TE' 11 UN MAZZO DI FIORI Poggio il centro raccolta «patini» Dalla Versilia bagnini e volontari A POGGIO a Caiano alla targa commemorativa dell'alluvione ci hanno pensato i cittadini. E' un foglio, attaccato al Ponte all'Asse, «in ricordo dei tanti poggesi che diedero tutti loro stessi per aiutare ...., soprattutto quelli che non ci sono più». L'autore del ricordo ha anche collocato sul ponte un bel mazzo di fiori. Cinquant'anno fa i poggesi fecero davvero tanto per gli altri. Da Viareggio e dalla Versilia arrivarono due autobus (70 ersone, bagni ni e altri volontari con sette camion di patini (25). Fu Poggio a Caiano ad accoglierli diventando il centro di raccolta e smistamento di questi mezzi che leggeri, mossi con maestria dai bagnini potevano essere impiegati anche nelle vie allaga- te più strette con duttilità di manovra. Insieme arrivarono anche i volontari della Croce verde di Viareggio. Poggio a Caiano poté garantire un consistente aiuto agli sfollati. Patini di salvataggio utilizzati in estate portarono generi di prima necessità alle famiglie rimaste isolate. Furono trasportati viveri, medicinali, latte, un andirivieni continuo da un luogo all'altro. Da Viareggio gli uomini e i mezzi restarono per una decina di giorni a Poggio a Caiano. Tanti furono i mezzi utilizzati per trasferire la popolazione dai luoghi colpiti e per portare viveri. Si crearono veri e propri centri di raccolta di questi mezzi. In Via Galcianese il campo di atterraggio per gli elicotteri; in via Traversa del Crocifisso, proprio davanti alle Cascine di Tavola dove vivevano una ventina di famiglie contadine e tanti capi di bestiame, fu allestito il centro raccolta di gommoni e imbarcazioni. E i cittadini più ardimentosi costruirono anche zattere di fortuna pur di raggiungere i casolari isolati nella piana pratese e nelle zone limitrofe. A Poggio sette camion di «patini» dalla Versilia, per andare in soccorso delle tante famiglie alluvionate Foto Pro Loco Poggio a Calano Alluvioni in Toscana Pagina 254 QUATTROMILA VOLUMI DEL'300 FURONO TRASFERITI ALL'ARCHIVIO DI STATO «DATINI» PER IL RESTAURO LE SCUOLE GUASTI E L'ASILO CARITAS DIVENTARONO CENTRI DI ACCOGLIENZA PER OLTRE 500 ALLUVIONAT Alluvione, la cronaca dï quel gï orni i s i. ) E( ztoi » se " - í- re ín edícola er r co t re fango e coraggìo IN UEI giorni duri di dolore e di paura, La Nazione fu sempre in edicola. Sabato 5 novembre, do po la prima terribile notte, un nu mero speciale fu stampato dal giornale confratello di Bologna, Il Resto del Carlino. Poi, grazie allo spone dell'editore e del direttore, alla volontà di gior nalisti e tipografi, La Nazione fu sempre tra i suoi lettori. Giorno dopo giorno. A raccontare quanto stava acca dendo a Firenze invasa dalle ac que e a Prato, nelle frazioni a sud del territorio messe in ginocchio. Raccontò la fatica e l'impegno, la desolazione e il coraggio. Il corag gio delle prime ore quanto tutto sembrava perso e quello dei giorni successivi quando ci fu da fare la triste conta di quanto la città aveva perduto in case e lavoro. «Castelnuovo e le Cascine di Ta vola sono ancora invase dall'ac qua si legge nelle pagine dell'epoca Tutto il circondaro pratese è una desolata landa acqui trinosa. Certe zone si raggiungo no in canotto, altre con un'indicibile fatica per tirarsi fuori dalla melma che attanaglia le gambe. Gli alluvionati del circondaro di Prato sono oltre quattromila». Nelle frazioni di Prato a vocazio ne agricola si stavano insediando le prime attività tessili, ma «i mac chinari e le materie prime che era no negli stanzoni e nei magazzini lungo la via Giulio Braga» furono tutti sommersi dall'acqua. E c'era la paura delle epidemie. La Nazione, il10 novembre titola Alluvioni in Toscana ito . St evano epde e: «Le cara ne che affiorano a rato sono pericolose» va «Le carogne affioranti dal fan go sono il maggior pericolo a Prato». Animali morti, tanti, da sot terrare o bruciare per arginare, ap punto, il pericolo di epidemie. Quattromila volumi del `300 sommersi dalle acque e dal fango all'Archivio di Stato di Firenze fu rono trasferiti a Prato all'Archi vio di Stato in via Ser Lapo Maz zei per essere restaurati. Una mo bilitazione senza sosta delle asso ciazioni di volontariato e l'impe gno di quelle di categoria. Le scuole elementari Guasti e l'asilo Caritas trasformati in cen tri di accoglienza per 500 alluvionati ai quali furono distribuiti medicinali, viveri e indumenti. Pa lazzo Pretorio che diventò un cen tro di raccolta della Croce Rossa per abiti e scarpe. In Comune fu rono raccolti e smistati i viveri, soprattutto tanto latte attraverso un accordo con la Parmalat e secon do le richieste che arrivarono da Firenze. Tutto il gran lavoro e l'impegno profuso in quelle giornate riuscì a riunire gente diver sa. Prato si fece vera comunità, senza bandiere ideologiche, pron ta a fare la propria parte, tutti in sieme. E La Nazione mise in evi denza questo comune sentire di sostegno le frazioni e di aiuto al ca poluogo ferito. Così si legge sulle pagine dell'11 novembre:« Il capo luogo è un'isola. Prato è salva. Ha tutto: l'acqua, la luce, i medicina li. Soprattutto le energie e l'ottimi smo che, in momenti come questi, sono necessari quanto il pane. Prato è stato ed tuttora il polmo ne di Firenze moribonda». Marilena Chiti Pagina 255 Piazza dei Caduti a Tavola, invasa dall'acqua nel novembre dei '66 Foto Ran fagni, Archivio Comune Una targa i rícordo i tutti i disastri sutt'ex Casa fascío Arrívarono l Buzzí cotonne i soccorsi tic stoffe c s i usarono 1 0.000 títri i c tci ti ri i i ti i dísinfettante Via raga Piazza Ciardi A Prato e nella Piana STAMANI alle 11.30 in via Braga, sulla facciata dell'ex Casa del fascio, l'amministrazione comunale affiggerà una targa in memoria dei disastri provocati dall'alluvione di cinquant'anni fa e della generosità della gente sulla quale, tra l'altro vi è scritto: «Ricordare l'impegno e la solidarietà reciproca manifestati dalla popolazione tutta che seppe reagire prontamente con grande spirito di volontà e di rinascita per il ripristino dei danni e ft ritorno alla normalità della popolazione». ALL'ISTITUTO tecnico industriale Buzzi ancora nella vecchia sede di piazza Ciardi, arrivano pezze, casse di vestiario da asciugare e recuperare. Coni camion dai palazzi storici fiorentini si fanno arrivare damaschi e velluti per un'attenta opera di ripulitura. I tecnici del Buzzi e gli operai delle ditte tessiti offrono ft loro lavoro per ripristinare i preziosi tessuti. Furono anche Lavati e asciugati 200 costumi dei figuranti del calcio storico fiorentino oltre a cappelli e bandiere. CI VOLLE fino alla metà di novembre per poter liberare completamente la piana allagata e le stalle dalle carogne degli animali. Si lavorò di buona lena per scongiurare pericoli di epidemie. Furono recuperati e distrutti con calce viva e fuoco, poi interrati: 506 bovini, 49 suini, 197 ovini, 3 cavalli, 10 asini, 1 mulo, 496 conigli e 3045 polli. Furono utilizzati oltre 10.000 litri di soluzione disinfettante. Disinfettante fu inviato anche a Firenze con le colonne dei soccorsi pratesi. Alluvioni in Toscana Pagina 256 ANCHE IL CAPOLUOGO VAL ELSA O FU COLPITO DURAMENTE Una rnostra per non dïrnentïc «._ u un dramma senza precedenti » ANCHE Poggibonsi visse il suo 4 novembre 1966. Inteso come data dell'alluvione: quattro giorni ininterrotti di pioggia provocarono allagamenti in oltre 1.300 ettari di territorio con più di 60 aziende che subirono conseguenze. Secondo un'iniziale stima, l'ammontare complessivo dei danni superò il mezzo miliardo di lire. A ricordare il periodo è adesso la giornalista Ilva Civeli, che segui le vicende dalle colonne de La Nazione e poi da L'Eco della Valdelsa: «Andarono sott'acqua la Magione, non ancora sede dei Templari, la zona del Bernino, l'area di Lap- ltre 300 foto ricordano l'alluvione nella cittadina che provocò m otti danni peto, che allora non era edificata, e il Palagetto, nella parte più vicina al fiume Elsa, dove si verificarono allagamenti nelle case e inoltre una fabbrica di mobili risultò raggiungibile solo con una barca. Non ci furono vittime o feriti perché l'Elsa e gli altri corsi d'acqua (i torrenti Staggia, Fosci, Carfini e Drove) tracimarono alle prime STO RA Claudio Biscarini presente all'inaugurazione Alluvioni in Toscana ore del mattino e in più le scuole e i luoghi di lavoro erano chiusi per la giornata festiva». Oggi alle 17 Poggibonsi torna indietro di 50 anni con la mostra, nella Sala Quadri del Palazzo comunale, dal titolo «Ne è passata d'acqua sotto i ponti», voluta dall'Associazione storica poggibonsese (Astop) con il patrocinio del Comune. «Attraverso 200 foto originali - dicono i curatori - viene raccontata una pagina indelebile del nostro passato, ancora viva e profonda per molti, ignota per altri. Un'occasione per scoprire un pezzo di storia attraverso un vasto e inedito repertorio fotografico». Saranno esposte fino al 13 novembre (orario 17-20) le foto che rimandano ad attimi di terrore e di sgomento e che, più in generale, sono dedicate all'acqua come elemento intrinsecamente legato alla vita di una comunità. « L'ACQUA il tema portante della mostra - si afferma da Astop - che vuole essere anche un viaggio nella vitalità, nell'allegria che traspare ancora contagiosa. Storie di paura e di scanzonati ragazzi pronti a tuffarsi in quell'acqua che solo poche ore prima aveva trascinato case, mattoni e animali. L'acqua come protagonista, principio di vita e di ricchezza per la comunità, ma anche di morte e di rinascita». All'apertura saranno presenti il vice sindaco Silvano Becattelli, lo storico Claudio Biscarini, Giuseppe Mantelli e Rossella Merli. Paolo Ba i Pagina 257 i • del provved tore ï FIRENZE ricorda - con una mostra e tanti eventi - il grande dramma del 1966, l'alluvione. Ma a 50 anni di distanza i ricordi scorrono anche a Siena. Andrea Valboni, attuale provveditore della Misericordia, aveva 16 anni quando la piena dell'Arno ruppe gli argini. A 16 anni si ritrovò, suo malgrado ma per sua iniziativa, `angelo del fango'.«Abitavamo nella zona della Fortezza da Basso. Nella parte più alta della via per fortuna. Era domenica pomeriggio, si sentì come un rombo e dalla finestra di casa vidi arrivare l'ondata di piena. La zona di Porta al Prato era già allagata, c'erano anche 2 metri e mezzo d'acqua, da noi un metro circa. Quella prima notte fu tremenda: si sentivano urla tutt'intorno e botti, come degli spari, sembrava di essere in una città bombardata. In un attimo ci trovammo senza luce e senza acqua. Solo dalla radio si avevano prime informazioni. Ma ancora non mi rendevo conto di quel che era success. iniziai a telefonare ai compagni di scuola: uno era inglese, figlio della signora Misuri, allora proprietaria di un negozio di pellami fra i più grandi di Firenze. Era in Santa Croce: l'acqua l'aveva devastato, avevano perso tutto. Allora decisi di andare in centro a vedere con i miei occhi: solo lì capì la gravità della situazione, in piazza Duomo scoprii il dramma». E Valboni si ritrovò fra gli angeli del fango: cittadini, volontari, di tutte le età, che per innegabile necessità si rimboccarono le maniche. Ma lui aveva 16 anni: «Mi avventurai verso Borgo Albizi-continua il racconto -, dove avevo saputo che c'era un punto di ritrovo della Croce Rossa, che stava organizzando l'intervento alla Biblioteca Nazionale. Chiesi se potevo dare una mano e mi dissero che lì erano abbastanza; c'era invece da aiutare l'esercito, al tempo non c'era ancora la protezione civile, che stava evacuando le strutture sanitarie dove erano LA MATTINA seguente la mamma andò al lavoro, alle Poste e il babbo alla Fiat. Io andai a scuola, come sempre a piedi: passai accanto al Mugnone, vidi gente che andava da una casa all'altra con gommoni, infine arrivai a scuola, era completamente allagata. Tornai a casa e «Alta biblioteca non servivo M i mandarono ad aiutare quelli dell'esercito» Alluvioni in Toscana V1i3 er cord a ï i alloggiati anziani, come in via della Pergola. Andai: ricordo corpi, il fango ovunque e indimenticabile l'odore pungente nell'aria, di roba andata a male. Tornai a casa la sera, intorno alle 17,30: la mamma era preoccupata, non c'era il cellulare e non avevo potuto avvisare. La scuola rimase chiusa per almeno un mese: io mi alzavo la mattina e andavo a prendere due taniche di acqua da 20 litri ciascuna per la casa, poi tornavo in centro. Così è stato per almeno una ventina di giorni. Un'immagine mi resterà sempre negli occhi: un mese e mezzo dopo, era la viglia di Natale, il centro della città era agibile ma con tutti i negozi distrutti e i proprietari intenti a recuperare il recuperabile e a vendere quel che era rimasto, fuori dai locali. Solo nella primavera successiva la città tornò apparentemente alla normalità». Paola Tomassoni Pagina 258 Marina Brogí: «Portavamo viver' Era un infe o» MARINA Brogi aveva 36 anni nel 1966 ed era da 10 anni già volontaria della Misericordia Siena, dove la troviamo ancora oggi a compiere un servizio fondamentale per la comunità. «Avevo un negozio di bigiotteria in via San Pietro - ricorda ma appena potevo correvo alla Misericordia. Poi quel giorno, era un festivo, da Firenze la Misericordia del capoluogo ci chiamò chiedendo di portare acqua. E noi andammo portando tutto quel che potevamo: partimmo con 3-4 macchine, io con la mia Seicento. Questo è il mio ricordo del dramma: non c'era la protezione civile al tempo, c'erano le associazioni di volontari, la solidarietà dei cittadini. Non entrammo a Firenze quel giorni: facemmo la consegna a porta Romana, oltre non si andava. Solo più tardi seppi cosa era successo e cosa c'era lungo l'Arno». PII ' ci D A Il provveditore Andrea Valboni Alluvioni in Toscana Pagina 259 IL COMMENTO dì PIER FRANCESCO DE ROBERTIS SLANCIO CIVILE 9E l un filo rosso che lega g di Firenze alle tante catastrofi che hanno continuato a colpire il nostro Paese, la cui esistenza è stata opportunamente rammentata sia dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia dal premier Matteo Renzi nella loro giornata fiorentina in ricordo della tragedia di cinquanta anni fa. Il filo rosso si chiama solidarietà. C [Segue a pagina 41 Alluvioni in Toscana Pagina 260 I =Mr EN di P.r. DE RQBERRTIS SLANCIO CIVILE [SEGUE DALIA PRIMA] NELLA CITTA che per prima al mondo (nel Trecento) inventò le compagnie della Misericordia per assistere i malati e che un secolo dopo dette vita al primo ospedale al mondo per bambini abbandonati, quel4 novembre del '66 nacque il volontariato. Quasi esistesse un genius loci del bello, in una terra peraltro schiettamente laica, i famosi angeli del fango altro non furono che il primo esempio di solidarietà civile. Fu uno scatto generazionale, fu un moto collettivo nato da un germino amore per l'arte e la cultura, fu la prima esternazione di un sentimento altruista di una generazione che fino a quel punto aveva più che altro dovuto occuparsi di ricostruire il Paese distrutto dalla guerra. Fu tutto questo. Fu un miracolo per cui dalla, meglio gioventù italiana e non solo sgorgò un Alluvioni in Toscana I care che non si era mai visto. Adesso molte cose ci appaiono scontate, e quando arriva un terremoto ci pare normale vedere che tanti giovani si infilino una divisa della, protezione civile, della Misericordia o di qualche pubblica assistenza e vadano a «dare una mano» alle popolazioni colpite. Allora non era così, ognuno, per forza di cose, fino a quel momento aveva pensato per sé, doveva pensare per sé perché mancava il necessario per vivere. LA LEZIONE che i giovani di tante parti d'Italia, dettero quei giorni a Firenze, specie dalNord e in particolare da Bologna e dalla Lombardia, è quindi un frutto del progresso civile dell'talia di quegli anni. Un bel frutto, segno di slancio e vitalità, segno di quel mondo nuovo - meno ingessato - che si stava preparando. Pieno di contraddizioni, certo, ma fecondo. Come il Rinascimento fiorentino, zeppo di grandi odi ma ricolmo di tesori. Come diceva Orson Welles, a differenza dell'Italia dove le lotte tra i Borgia, i Medici, i Papi hanno generato i capolavori del Cinquecento, in Svizzera hanno avuto otto secoli di pace, ma è nato l'orologio a cucù. Pagina 261 «GU ' li' fecero risorgere » una grande c caffitate « giorni i ci si materiatizzò Lo ti dett'inferno dantesco » Rivolto agli angeli del fango in Palazzo Vecchio, il presidente ha detto che «è anche merito vostro se Firenze è tornata ad essere rapidamente una grande capitale della cultura» «in quei giorni - ha ricordato commosso il capo dello Stato - sembrava si fosse materializzato il canto VII dell'Inferno di Dante con 'l'acqua buia, le onde bige, la lorda pozza dello Stige'» Il glomo che l'Amo diventò cmde le a Nazione dette voce al riscatto l Capo dello Stato tra ` t,video e installazioni el nostra mostra dramma ma anche di speranza, orgoglio, riscatto. FIRENZE C'' AN GOLO recondito della memoria individuale che diventa universale qualora un fatto della storia sia vissuto, totalmente, in maniera collettiva. Ci sono storie di vita, di morte e di rinascita in cui il ricordo va oltre l'emozione. La storia dell'Alluvione di Firenze è il paradigma di una gigantesca e drammatica emozione condi visa. La storia dell'Alluvione di Firenze e la relativa memoria - punteggiata di immagini, video, frasi celebri, mostre, rievocazioni di ogni tipo - sono, a tutti gli effetti, la storia di Firenze e della fiorentinità. NON PUO ' essere dunque un caso se il quotidiano di Firenze - che la storia è solito raccontarla - fosse protagonista attivo della città sommersa dall'Arno e abbandonata al proprio destino. `La Nazione' non si sottrasse al proprio ruolo di compagna fedele di Firenze e dei fiorentini, sofferenti per le quella ferita inflitta dal loro amato fiume. Nemmeno nella notte dell'incubo, il giornale venne meno al suo ruolo. Nemmeno nelle ore del dramma, poi trasformatosi in tragedia. "La Nazione" uscì in edicola, grazie all'abnegazione di tipografi e giornalisti coraggiosi che fecero ciò che sapevano fare. E dovevano fare. Informare i fiorentini e i toscani di ciò che stava accadendo nelle strade e nelle piazze invase dall'ondata di piena. A mezzo secolo di distanza da quella notte maledetta e da quelle setti- Alluvioni in Toscana I tre SONO tre le proiezioni visibili alla mostra L'Arno straripa a Firenze'. La prima, dell'istituto Luce, si trova all'ingresso. L'altro, concesso da Franco Zeffirelti, è girato dal maestro (con la testimonianza di Richard Burton) che venne a Firenze chiamato dalla sorella Fanny. L'ultimo, inedito, è il racconto di giornalisti e tipografi che riuscirono, nonostante tutto, a far uscire La Nazione in edicola. mane di rabbia e fango, `La Nazione' non solo ha voluto rievocare l'evento, ma fare semplicemte ciò che fa da oltre 150 anni: raccontare ai fiorentini e ai toscani cosa fu l'Alluvione di Firenze. Dal pomeriggio di oggi - dalle 15 alle 18 - il racconto del diluvio diventa così una mostra; «L'Arno straripa a Firenze» allestita dentro l'auditorium Attilio Monti, nella sede del giornale. L'esposizione sarà aperta ogni giorno esclusa la domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18. Così facendo `La Nazione' vuol raccontare Firenze. E la sua storia. Di E IL RACC ONTO -ricomposto nei contenuti dai giornalisti de La Nazione e allestito nella scenografia dalla `Once Events' - è diretto, toccante e di immediato approccio emozionale. La mostra accoglie i visitatori con un documentario drealizzato dall'istituto Luce proprio sul nostro giornale; è il saluto al visitatore che, avviandosi verso l'ingresso dell'esposizione, potrà conoscere da vicino i ruoli di tre dei protagonisti di quelle ore drammatiche: ll'editore Attilio Monti, il direttore Enrico Mattei e el sindaco Piero Bargellini. Un ritratto non di circostanza. Una volta nel cuore della mostra, ecco le collezioni dei quotidiani del tempo e quelle alluvionate. E ancora le riproduzioni delle prime pagine de `La Nazione' e una parte interattiva dedicata a tutti ma, soprattutto, a giovani. In particolare alle scuole, di ogni ordine e grado, tutte invitate alla mostra. SONO quattro i touch screen con le riproduzioni delle pagine del quotidiano, leggibili una per una, e con le foto dei nostri archivi e quelle, toccanti, dei nostri lettori. Quelli stessi che hanno inondato la mail del giornale per rivivere e condividere la tragedia. Indelebile è il ricordo e vivida la memoria come si percepisce nei tre video proiettati all'interno dell'auditorium Monti. Quello, inedito, curato da Stefano Cecchi, dà voce a giornalisti e tipografi che riuscirono a mandare `La Nazione' in edicola addirittura il giorno successivo all'esondazione. Ancora oggi, a 50 anni dal diluvio, la voce dei protagonisti trema, lasciando spazio a silenzi e sospiri. Così raccontando più di mille parole gridate. Pagina 262 n i---,- VISI TA Mattarella osservale prime pagine in mostra. A fianco, da sinistra: B runo e M atteo Riffeser, M arisa M onti Riffeser, Sara e Andrea Riffeser davanti al ritratto di Attilio M onti Alluvioni in Toscana Pagina 263 trìcoto re i 40 me tri L'ì nizía tìva dei Ví g ítí del Fuoco Un grande tricolore di 40 metri è stato appeso alla facciata di Palazzo Vecchio in occasione dell'arrivo di Mattarella. Autori dell'iniziativa i Vigili del Fuoco di Toscana Vasarï risorge dalla melma Un capolavoro restïtuïto alla città Firenze steggí 'L'ultima ce ', danneggíata nel 1966 di PAOLA FICHE FIRENZE UNA giornata speciale quella che Firenze si è regalata per celebrare e ricordare l'alluvione del 1966 cinquanta anni dopo. Tanti ce ne sono voluti perchè i fiorentini riuscissero a superare il trauma del fiume impazzito. Le strade inondate dall'acqua, dal fango, dal terribile kerosene e dai rifiuti che l'Arno scaraventò, letteralmente, nelle strade, nelle piazze. Per anni la città ha avuto poca voglia di ricordare. Colpa di un dna orgoglioso, delle opere di salvaguardia mai realizzate, della voglia di celebrare una Firenze vincente piuttosto che ricordare una città dall'anima infangata. Ieri però i fiorentini si sono riappropriati della loro fatica, di quella lotta contro la melma che - per primi ha ferito i capolavori dell'arte. Quando i fiorentini e gli angeli del fango accorsi da tutto il mondo videro passare il Cristo del Cimabue devastato si fermarono increduli. Era come se stesse passando il feretro di un amico. Ieri la città ha iniziato il suo percorso catartico con il consiglio comunale straordinario in Palazzo Vecchio e subito dopo il lungo incontro con i mille angeli del fango chiamati a raccolta per raccontare e ricordare quei giorni: quelli dell'emergenza più dura. Trascorsi con una pala in mano e gli stivali di gomma, impegnati a salvare i libri della Biblioteca Nazionale, ma anche a ripulire case, negozi, strade. In contemporanea nella Alluvioni in Toscana Basilica di Santa Croce è stato il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori (nel '66 seminarista e anche lui angelo del fango) a celebrare la messa. E ad andare in corteo fino al Ponte delle Grazie per la deposizione della corona in Arno in memoria delle 35 vittime dell'alluvione: 17 a Firenze, 18 nei dintorni. E fra queste 4 bambini. Un numero contenuto solo perchè l'onda di piena travolse la città in una giornata che, allora, era di festa. All'alba del 4 novembre 1966 le strade di Firenze erano semideserte. Nel pomeriggio di ieri il primo appuntamento è stata la presentazione del francobollo dedicato agli Angeli del Fango. A fare da cerimonieri il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti L'« cdi a cena» fu dipinta nel 1546. Ri m ase i mm ersa nell' acqua e nel fan g o per oltre 40 ore L' O pificio delle P ietre D ure è riuscito nell'i m presa , sfruttando le nuove tecnologie e il sindaco Dario Nardella. Anche se l'emozione più grande la città l'ha vissuta poco più tardi quando è iniziata la visita del presidente Mattarella. La sua prima tappa è stata in Santa Croce per la ricollocazione del restauro dell'«Ultima cena» che Vasari dipinse nel 1546. E' l'ultima grande opera d'arte che Firenze ritrova. Il dipinto rimase immerso nell'acqua per oltre 40 ore e ne fu estratto così danneggiato che, per molti anni, nessuno sapeva come intervenire per effettuare il difficile restauro. Poi le tecniche si sono affinate e l'Opificio delle Pietre Dure è riuscito nell'impresa. Ieri un lungo, commosso, applauso ha accompagnato lo svelamento dell'opera. SANTA CROCE ancora in Palazzo Vecchio, in un Salone de'Cinquecento illuminato d'azzurro per le celebrazioni ufficiali del cinquantenario. Con le immagini del fiume impazzito, le spiegazioni del geologo del Cnr Mario Tozzi, le parole del sindaco Nardella e ancora i ricordi degli angeli del fango per il Capo dello Stato Sergio Mattarella. «Firenze - ha detto il presidente - è oggi simbolo della rinascita possibile per le popolazioni dell'Umbria e delle Marche colpite dal terremoto». Un passaggio del testimone dagli angeli del fango di 50 anni fa a chi oggi scava nei paesi distrutti dal sisma. A chiudere la giornata, solo la rima di un programma che andrà avanti fino a domenica e oltre, la fiaccolata dalla basilica di San Miniato al Monte fino a piazza Santa Croce. Nel 1967, un anno dopo l'alluvione, i fiorentini la percorsero senza lacrime. Ma con la rabbia e l'orgoglio di aver salvato Firenze. Pagina 264 f/'/,' /'<"n r` =N GI L'opera vasariana è stata nuovamente ricollocata in Santa Croce dopo il restauro alla presenza dei capo dello Stato Sergio Mattarella E' l'ultima grande opera d'arte che Firenze ritrova, dopo molti anni in cui il recupero sembrava impossibile IERI II recupero del patrimonio artistico e culturale fu una delle priorità dei volontari che arrivarono da tutto il mondo Alluvioni in Toscana Pagina 265 La studentessa ìngtese «Non potevamo restare fermì» L'ambasciatore Usa Phittips «Obama i» L'inglese Susan Glasspool era studentessa. E oggi ricorda: «Eravamo sconcertati. Ma in quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto fare qualcosa. E lo abbiamo fatto». «Il presidente Obama lo vedrete per le strade di Firenze, senza dubbio, nei prossimi anni». Così l'ambasciatore degli Usa in Italia, John Phillips, sui 50 anni dall'alluvione di Firenze Venduti, `angéld nell'alta marea Da quel fango è nato ïl '68, » Y 1 cantautore aveva 1 7 annì e FIRENZE IL PROFUM O del'68 era lontano, specialmente in Italia. Eppure gli adolescenti annusavano che l'aria sarebbe cambiata, sentivano crescere quella voglia di sollevare il mondo, rivoltarlo, aprire la finestra e far entrare ventate di tramontana. E' anche questo il richiamo che metterà insieme gli angeli del fango, una generazione di ragazzi da tutto il mondo, dai quindici a trent'anni, che per una misteriosa alchimia nel novembre del '66 si ritrovarono a spalare fango nelle strade di Firenze. Tanti di quei giovani - allora con i primi jeans e i capelli lunghi, oggi attempati ed eleganti signori dopo 50 anni si sono ritrovati nelle stesse piazze in riva all'Arno, con l'orgoglio e la commozione di essere stati fra coloro che aiutarono i fiorentini a strappare i loro tesori dalla melma. Fra loro, 17 anni appena, c'era anche Antonello Venditti, liceale del Giulio Cesare a Roma, che riuscì a partire per la Toscana. Che ricordo conserva di quei giorni? «Come l'albore di qualcosa di nuovo. Il '66 è difficile da raccontare, è un mondo che non c'è più. In noi ragazzi stava crescendo la coscienza della solidarietà, portavamo dentro di noi questa idea Alluvioni in Toscana 'v' con dell'aiutarsi a vicenda, di rompere gli schemi di una società rigida. Ma poi era molto difficile mettere in pratica questi moti dell'animo. Bisogna pensare che quella era un'Italia in bianco e nero, con un solo canale alla tv e una radio di Stato. Non c'erano i telefonini, Internet, non era l'epoca dei selfie...» Come arrivò a Firenze? «Con un gruppo di scout americani collegati a una scuola romana. Sono riuscito a partire perché mio padre da viceprefetto coordinava gli uffici delle calamità nazionali, quella che oggi è la protezione civile. Altrimenti sarebbe stato impensabile partire e saltare la scuola. Quelli non erano tempi in cui si leggevano i giornali in classe o si facevano dibattiti. Era una scuola nozionistica, a cui la mia generazione cominciava a ribellarsi. Potremmo dire che erano i primi vagiti del '68. Ma furo- «Sono riuscito a partire perché io padre coordinava gLi uffici caLamità nazionali» i sc t amerìcaní no pochi quelli che, pur sentendo il dovere o la volontà culturale di rispondere a un senso civico, poterono davvero partire per Firenze». Come avveniva il lavo in mezzo a quel fango? «Era tutto organizzato. La struttura americana di cui facevo parte sapeva bene cosa fare e dove farci intervenire. Ricordo che lavoravamo al fianco di tanto personale competente che ci diceva come raccogliere e come posizionare sugli scaffali libri, documenti, oggetti di ogni genere. E poi c'erano i soldati, che arrivarono con i mezzi anfibi e tutta l'attrezzatura necessaria a spalare e a rimuovere i detriti per le strade. Senza di loro sarebbe stato impossibile ripulire la città in così poco tempo». Cosa le ha insegnato uell'es rienza? «C e spesso sono gli altri a ricordarci di quanto sia straordinariamente ricco di meraviglie il nostro paese. L'importanza della nostra cultura lo vedi da quello che gli stranieri hanno fatto per noi». Fra li angeli del fango c'era anche un suo amico e collega, Francesco De Gregori. «Sì, è vero. Ma non ci conoscevamo. Non è capitato di incontrarci nelle strade di Firenze e poche volte abbiamo parlato di quell'avventura del '66. Credo che per entrambi resti prima di tutto un ricordo molto intimo». Pagina 266 Francesco De Gregorí Franco ZeffireLLi Il grande regista era a Roma. Partì subito per la sua Firenze. Poi, girò il famoso documentario Giuliano Pisapia, futuro sindaco milanese aveva 17 anni. Andò a Firenze di nascosto dai genitori Francesco De Gregori, 15 anni, arrivò a Firenze col pullman del suo liceo romano AFFRONTARONO ILFUTURO A risollevare Firenze dall'alluvione del 1966 ci fu «la fierezza e « LLE » Antonello Venduti, anche lui trai volontari dei 1966 la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque, il coraggio di affrontare il futuro per difendere l'identità di questa città» da una tragedia che causò tra le ferite inferte alla città dall'acqua e dal fango «anche quelle alla sua bellezza» Monsignor GIUSEPPE BETORI Alluvioni in Toscana Pagina 267 NZE S0 ANNI DALL'ALLUVIONE. Il. CAPO DELLO STATO IERI HA INAUG URi DEL NOSTRO GIC RNALE .ORfIA ,: QUEI GIORNI NELh'AUp1TC1RlllM .... . . COMM TO E ,;ì!'ïll, ! ; •ili ï!<'ír"'7i L:,,' pljr_' (,(ï/i(' (i r¡U' Gvy_Fj,;¡ Alluvioni in Toscana Pagina 268 èrïta capace dï reagire 1 vostro coraggio» Fírenze, l'esortazione dí Mattarella durante la visita gio FIRENZE «FI RENZE, benché gravemente ferita, non si arrese. Mostrò al mondo la sua volontà e la sua capacità di reazione. Ecco: oggi ci sono persone che, come cinquant'anni fa, hanno perso tutto: affetti, casa, lavoro, ricordi. Dobbiamo preservare la loro speranza». Commosso. Come un vecchio padre che torna sui luoghi di un ipotetico passato e riassapora l'emozione forte di quei giorni intensi, i giorni di una tragedia e dell'enorme vento di solidarietà che ne seguì. Ieri, 50 anni dopo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è arrivato a Firenze a ricordare e commemorare il tempo dell'Alluvione del 1966. Nel farlo è voluto passare anche dalla sede de La Nazione, ovvero del giornale che in quel tempo drammatico seppe essere la voce forte della città, raccontando all'Italia e al mondo cosa davvero stava accadendo per le strade di Firenze sommerse dall'Arno. Una presenza e un passaggio significativi. Mattarella è arrivato alla sede del nostro giornale in via Paolieri poco prima delle 16. Ad accoglierlo ha trovato la presidentessa della Poligrafici Editoriale Marisa Monti Riffeser, l'amministratore delegato Andrea Riffeser Monti e il direttore Pierfrancesco De Robertis che lo hanno accompagnato a visitare la mostra `L'Arno straripa a Firenze' realizzata nel nostro auditorium. «Questo è un Alluvioni in Toscana Firenze, benché g ravemente ferita, m ostrò al m ondo la sua volontà di reazione pezzo di storia di Firenze che meritava di essere visto. Siate fieri del lavoro fatto allora dal vostro giornale», ha detto Mattarella sfogliando le collezioni storiche de La Nazione che, grazie all'aiuto del giornale confratello Il Resto del Carlino, riuscì a non mancare nemmeno per un giorno l'appuntamento coi lettori nonostante lo stabilimento e la rotativa fossero imprigionati in un lago di melma e nafta. Con il capo dello Stato c'erano anche il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, il sindaco di Firenze Dario Nardella e il presidente del consiglio regionale toscano, Eugenio Giani. TUTTI insieme hanno così salutato Franco Zeffirelli, il regista autore del documentario-capolavoro sull'alluvione, proiettato all'interno della mostra che è voluto essere presente all'evento: «Sono emozionato a essere qui nella sede del `mio' giornale al quale sono abbonato da 30 anni - ha detto anche lui commosso - L'alluvione l'ho vissuta in prima persona e in questa mostra la rivedo perfettamente, insieme allo spirito meraviglioso dei fiorentini, la mia gente». Già, l'alluvione come fatto epocale per la città. Come confine fra una stagione e un'altra. Perché quell'acqua e quel fango che l'Arno rovesciò nel ventre di Firenze la mattina del 4 novembre 1966, si portarono via per sempre molte cose oltre ai mobili e agli infissi delle case al primo piano. Si portarono via l'idea che il futuro potesse essere sempre in discesa, che la Nuova Italia potesse provvedere a se stessa con un'efficienza democratica nuova. Si portarono via, soprattutto, la città di Pratolini, quella delle botteghe e degli artigiani d'Oltrarno, della vita nei vicoli e degli anglobeceri, aprendosi al nuovo. Ovvero a una sorta di globalizzazione ante litteram assolutamente imprevista. Perché questo in fondo rappresentarono quei ragazzi di mezzo mondo che, richiamati da chissà quale forza misteriosa, arrivarono a Firenze nel fango e nel gelo di quel novembre del 1966 semplicemente per dare una mano a chi ne aveva bisogno. «Un'anticipazione, una prefigurazione di quel vasto e impetuoso fenomeno della globalizzazione, esploso a cavallo del nuovo secolo e che contrassegna i nostri tempi», ha riassunto il presidente Mattarella. Che sia stato un bene o un altro diluvio devastante, questo non è ancora chiaro. Un'anticipazione di quel vasto e i m petuoso feno m eno della g lobalizzazìone a tre no : Sergio Mattarella è giunto alle 15 in treno a S. Maria Novella, spostandosi poi nella basilica di Santa Croce per il restauro dell'Ultima cena del Vasari. Vecch i o Il presidente ha visitato la mostra alle 16, recandosi quindi sul Lungarno Torrigiani, riaperto dopo la voragine del 25 maggio, e a Palazzo Vecchio Pagina 269 L'ARRIVO 11 Capo dello Stato accolto da Andrea Ri °eser e Marisa Monti Rìss-eser, ri_pettivamente ad e presidente di Poligrafici Editoriale La storia L'att , w , à L'alluvione di 50 anni fa divenne un fatto epocale per la città. Come un vero e proprio confine fra una stagione e un'altra. Le prime pagine de La Nazione hanno raccontato giorno per giorno la tragedia nel novembre 1966, continuando a informare la città L'OMAGGIO II ministro Dario Franceschini saluta Franco Zeffirelli, ospite dell'inaugurazione Con il Capo dello Stato c'è anche il sindaco di Firenze Dario Nardella. Sotto Mattarella con il direttore de La Nazione Pierfrancesco De Robertis e Federica Rotondo Alluvioni in Toscana Pagina 270 Nell'anniversario dell'alluvione il presidente Mattarella ha inaugurato lu a o Torigiani. E stamani Renzi e Nardella firmano il patto perla città Ieri, cinq anta anni fa ir aildra ma L'EMOZIONE dei ricordo, la sfida ancora aperta della messa in sicurezza, la missione compiuta del lungarno Torrigiani che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella "inaugura" con una simbolica passeggiata stringendo la mano ai fiorentini e agli operai: «Grazie per la tempestività». Firenze commemora la grande alluvione 50 anni dopo con una giornata di cerimonie istituzionali e religiose, la memoria di quel tremendo 4 novembre 1966 coinvolge i palazzi della politica, le scuole, le parrocchie. E nei giorni difficili del terremoto del Centro Italia è come se da qui, dal raduno di quegli angeli dei fango che si ritrovano a centinaia ieri nel Salone dei Cinquecento e poi dalla fiaccolata che ieri sera si snoda da San Miniato al Monte a Santa Croce, partisse un messaggio di solidarietà per il Centro Italia sconvolto dal terremoto: «Firenze, benché gravemente ferita, non si arrese. Sembra l'Inferno di Dante e io ricordo bene e con dolore gli appelli del sindaco Bargellini. Gli angeli del fango salvarono la città, mentre oggi i loro eredi sono nelle zone del terremoto. Come Firenze seppe ripartire così, insieme, ce la faremo anche ora», esorta Mattarella in Palazzo Vecchio applauditissimo. Mentre solo poche ore prima il presidente del Consiglio Matteo Renzi salutando gli angeli del fango («Dateci il vostro ottimismo») aveva lanciatolo stesso messaggio di coraggio per i terremotati dell'Umbria, delle Marche e dei Lazio e uno, più severo, per la messa in sicurezza definitiva di Firenze dal rischio alluvioni: «Bisogna spendere. Mettere tutto in sicurezza perché l'Arno finalmente diventi alleato. I soldi ci sono e dobbiamo spenderli bene per le casse di espansione». C'è un filo che collega la memoria e il futuro, il dolore e la speranza nella giornata di ieri. E forse questa tensione trova il suo centro sul lungarno Torrigiani, sprofondato 163 giorni fa per lo schianto di una tubatura e ora risollevato, nella serata di ieri riaperto al traffico, con tanto di nuove strisce dei parcheggi disegnate in terra, in barba alla scaramanzia di chi ha ancora in mente le 30 auto inghiottite quel 25 maggio. A centinaia si fiondano su quel lungarno ritrovato nel pomeriggio, alle 16.30, quando il presidente della Repubblica decide di farci una breve passeggiata e di salutare gli operai della Trevi (il sindaco Nardella ha annunciato che darà loro le chiavi della città), ingaggiati da Publiacqua che ha pagato i 6 milioni necessari all'opera: «Grazie», li omaggia Mattarella, che dalle loro mani riceve una lettera della Cgil sui problemi del settore edile. «Caro presidente, basta con gli ultrasessantenni sui ponteggi», c'è scritto. Loro, gli operai, hanno lavorato per 36 mila ore, anche di notte dal 4 luglio in poi, e ora chiederebbero un bonus per lo sforzo. I residenti ringraziano e applaudono: per quel cantiere finito nei tempi, rivendicano da Palazzo Vecchio, non ci sarà forse da festeggiare perché è pur sempre un risarcimento ad una ferita, ma è anche una scommessa vinta nel Paese delle opere pubbliche senza fine. «La dimostrazione che Firenze sa risollevarsi e sa rispondere», dice Nardella. Che poi è quel che aveva osservato il cardinale Giuseppe Betori durante la messa, ricordando «la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di non darla vinta alle acque limacciose, il coraggio di affrontare il futuro per difendere l'identità di questa città», lo stesso che Papa Paolo VI riconobbe quando celebrò la messa della notte di Natale 1966 nella cattedrale di Santa Maria dei Fiore, La vicepresidente della Regione Monica Barni ha ricordato i lavori per l'Arno: «Stiamo costruendo 4 casse di espansione a Figline ed è avviato il percorso per l'adeguamento della diga di Levane». In Palazzo Vecchio stamani alle 10 Renzi, che ieri ha scherzosamente rinnovato a Nardella la richiesta di fare di più per togliere le bancarelle da San Firenze, firmerà con il sindaco il patto per la città con soldi per infrastrutture e cultura: «Ci diranno che saranno pochi, pazienza. Ci sarà anche il nuovo museo dei calcio, nel cuore del centro storico, all'americana. Dedicato al calcio e al calcio storico», annuncia aLadyRadio. (dNIPNOOLL>JONE NISFR ATA Ic1 . i..illf li,J ll, , F_IC'.I]/.f'llf' ()li ;_'1', (tl li]íì tTl lilC'IilfJfl:l ('. .1_'.',I [ Alluvioni in Toscana Pagina 271 IL MUSEO DEL CALCIO Nel Patto per Firenze tra il governo e il Comune che si firma stamani alle 10 in Palazzo Vecchio ci saranno soldi per aeroporto, tramvie, Uffizi, case popolari e per il nuovo museo dei calcio: «Sarà in centro, su calcio e calcio in costume»annuncia Renzi I giovani che nel 1966 erano a Firenze, o vennero perdare una mano, dopo la piena dell'Amo che sconvolse la città Il bilancio dei morti, tra cui 4 bambini Ieri al ponte alle Grazie è stata gettata nel fiume una corona di alloro Gli interventi previsti perla messa in sicurezza, ma peril momento ne sonostati realizzati soltanto un terzo Alluvioni in Toscana Pagina 272 DA TUTTO IL MONDO IL SALONE DEI CINQUECENTO Palazzo vecchio gremito peri I raduno degli angeli del fango che sono tornato in città 50 anni dopo l'alluvione Moltissimi angeli del fango hanno accolto l'invito del sindaco Nardella e sono tornati a Firenze da ogni parte del mondo LA FIACCOLATA IL PONTE y'XCHIO Sul maxi schermo sono passate le immagini dei giorni della distruzione e dell'angoscia La lunga processione di ieri sera dalla basilica di San Miniato fino alla basilica di Santa Croce Ama ar t ffi DAL DISASTRO ALLA PACE La bandiera della pace con le firme deg li angeli del fango ieri ha sventolato in Palazzo Vecchio EXALLIEVO DEI CARABINIERI Nel 1966 era un allievo sottufficiale dei carabinieri e nei giorni dell'alluvione ha partecipato, insieme a tanti suoi compagni di corso, alle operazioni di salvataggio e messa ïn sicurezza della città Alluvioni in Toscana Pagina 273 Centinaia i volontari ILARIA CITI L ? olandese Koos Van Tol dice che fu «l'anno più bello della mia vita perché questa vita me la cambiò. Capii che insieme si può fare, cambiare le cose, scoprii il valore di una comunità internazionale>). Peter Mallory, che non era mai stato in Europa, corse da Philadelphia e si incantò del fatto che «I could make the differente», che la differenza uno la può fare. « Iniziai a voler cambiare il mondo e non ho più smesso. Ho capito che non lo si cambia dei tutto, ma si può fare un pezzettino per volta. Allora, fu l'inizio di quello che poi diventò il '68». Ora è «terrorizzato» da Trump: «ma se ce l'avete fata voi con Beriusconi...». Anche la fiorentina consigliera regionale Pd, Titta Meucci, che fu Angelo "locale", ricorda quel montare di una marea che avrebbe cambiato la vita a molti. «Una scintilla - dice - scoppiata senza neanche bisogno di un passa parola. Per noi ragazze iniziò dai pantaloni che cominciammo a poter portare per strada. Da lì, il comune passo di tutti noi ragazzi da una città provinciale a una comunità internazionale fu breve. Non solo pensammo per la prima volta di cambiare insieme il mondo ma scoprimmo che il mondo esisteva». Gli Angeli del fango del 4 novembre 1966, tornati a Firenze, riconoscono i monumenti che pulirono nei giorni dell'alluvione e si emozionano. Sono andati in centinaia, fiorentini, toscani, italiani, di tutte le nazioni, ieri in Palazzo Vecchio alla celebrazione dei 50 anni dell'alluvione. Hanno lavorato alla Nazionale, all'Archivio di Stato, ai centri di restauro, nelle chiese e case. Molti, non riescono a entrare tanta è la folla. Come rimpiange il sindaco Nardella che li ringrazia per l'aiuto dato a salvare «l'arte e la cultura che uniscono in nome della pace, oltre la guerra». Accolti dal cardinal Betori, Angelo anche lui, dalla giunta, il consiglio comunale, l'inno nazionale e quello dell'Europa. Quest'ultimo, come dice un Angelo norvegese, «troppo poco apprezzato in Europa di questi tempi, ma noi che abbiamo lavorato gomito a gomito con tanti giovani di tante provenienze, pensiamo dovrebbe essere universale». A salutarli viene anche il presidente del consiglio. «Non potevo mancare a questa festa», dice Renzi, accolto da Bocci Bargeilini figlia di Piero, il mai dimenticato sindaco dell'alluvione che Nardella commemora. Come Renzi, non potevano mancare i ventenni di allora, venuti e tornati nelle loro case diversi. C'è anche chi è rimasto. «Altro che angeli, eravamo sporchi di fango e puzzolenti - dice l'inglese Susan - Ma quando un ragazzo fiorentino mi disse andiamo al Forte Belvedere, credendo fosse una festa e invece era la visita al Cimabue alluvionato, mi vestii stile Mary Quant. E lui è diventato mio marito». Ora Susan sottoli- Alluvioni in Toscana che accorsero a mettere in salvo l'arte. L'orgoglio di una generazione • %„ d'angelo g om dei • ,. i • s cope o 1 rt wlk. Ira ouli danetà e amici/w-_»-.,wa" • s N Fu l'anno più bello della mia vita perché me la cambiò: capii che insieme si può fare, scoprii il valore di una comun ità internazionale LIEMIESE Eravamo sporchi e puzzolenti ma quel ragazzo che mi portò a vedere il Cimabue devastato è diventato mio marito • • • • nea il fatto di avere «una coscienza politica. Ma me la sono fatta li, i miei genitori erano ultra conservatori. Poi venne il '68 e noi ne eravamo un'avvisaglia». Vent'anni e una rivoluzione. Non sa se commuoversi più sulla foto del fango in Nazionale o su quella della ragazza bionda che era lei, Harriet Roberts Coverston dal Minnesota. «Ero cresciuta in fattoria, non ero mai stata fuori dagli Usa. Mi sentii fiorentina e i miei figli sono venuti a studiare qui». Hanno 50 annidi più ma non hanno smesso di darsi da fare. Gino Busato lavora nella protezione civile di Treviso: «La spinta me l'ha data l'alluvione». Koos Van Toi ha pianto arrivando a Firenze e continua a crederci: «alla solidarietà, all'amicizia». Quasi tutti sono in due: con l'amica o l'amico con cui spalarono. Sono rimasti quelli dell'affermazione comune più che individuale. L'aretino Giovanni Rupi corre a presentare Enrico Valentini «che si imbatte all'improvviso con le formelle della porta del Paradiso divelte a terra e restò a far loro la guardia tutta la notte». Sandro Gnetti occupa un fila insieme ai dei compagni di classe che, diciassettenni, si buttarono su ogni mezzo per raggiungere Firenze da Monza e impararono «il valore della partecipazione e della solidarietà». l9RIPRGDU<IONE RISE}, AIA Pagina 274 10 CERO... Tutto l'orgoglio di un Angelo del fango che ha voluto testimoniare così la sua presenza a Firenze nell'anniversario dell'alluvione Alluvioni in Toscana Pagina 275 GAIA RAU NON sono in molti, in città , a poter ricordare di averla vista coi propri occhi. Ma non basta questo a spiegare l'emozione che ha riempito ieri pomeriggio il Cenacolo di Santa Croce durante lo svelamento, di fronte al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dell"'Ultima cena" di Giorgio Vasari: l'ultimo grande capolavoro vittima dell'alluvione del 1966, rimasto chiuso per quarant'anni nei depositi della soprintendenza e per altri dieci paziente speciale nei laboratori dell'Opificio delle pietre dure. Perché il recupero del monumentale dipinto oggi nella stessa posizione occupata, in passato, da un'altra opera-simbolo del dramma del 4 novembre, il Crocifisso di Cimabue, ma d'ora in avanti al riparo dall'acqua grazie un sistema di contrappesi capace di sollevarlo in appena due minuti, Il legno era gonfiato, il colore si staccava: i maestri dell'Opificio hanno vinto la sfida senza precedenti ieri l'opera a Santa Croce. metri d'altezza t ri in caso di allarme, a sei metri d'altezza - ha rappresentato per i tecnici dell'Opificio e, in generale, per il mondo italiano del restauro, una sfida di complessità senza precedenti. Una scommessa, un atto di fiducia, forse addirittura una professione incondizionata di fede nei confronti di un'operazione «che dubitavamo - ammette il soprintendente Marco Ciatti fosse anche solo possibile». Realizzata nel 1546 per il refettorio delle Murate su cinque pannelli in legno di pioppo, per una lunghezza complessiva di 6,60 metri e un'altezza di 2,62, e spostata in Santa Croce solo nel 1815, nell'autunno di cinquant'anni fa 1-Ultima cena" rimase per dodici ore sommersa dall'acqua, che nel Cenacolo raggiunse un livello di cinque metri. A scongiurare conseguenze irreparabili fu soprattutto la lungimiranza di Umberto Baldini, all'epoca direttore del laboratorio di restauro della soprintendenza fiorentina ai monumenti e alle belle arti, il quale «riuscì a prevedere - spiega ancora Ciatti - cosa sarebbe successo». E cioè il rigonfiamento e la successiva, violentissima, contrazione del supporto di legno; il dilavamento della preparazione in gesso e colla animale e il conseguente sollevamento e distaccamento del colore. Un fenomeno che fu possibile, almeno in parte, arginare proprio grazie a due scelte decisive prese da Baldini nei giorni immediatamente successivi all'alluvione, e cioè la copertura dei dipinti danneggiati con velinature protettive e la loro graduale Alluvioni in Toscana -isc îta 1 Vasarî rîmasto 12 ore sott acqua ' asciugatura in un ambiente a umidità controllata appositamente allestito alla Limonaia di Boboii, dove oltre 300 tavole e 1.200 tele "spodestarono" gli agrumi in attesa di ricovero invernale. Ed è qui che si interruppe, peri successivi quarant'anni, la storia dell"'Ultima cena". Chiusa in un deposito in attesa di un futuro migliore, l'opera fu riscoperta nel 2003 e trasferita nei laboratori della Fortezza soltanto tre anni dopo, quando, grazie a un finanziamento congiunto di Prada, Getty Foundation e Protezione civile, poterono prendere finalmente il via le operazioni di diagnostica e restauro. Affidate, queste ultime, alla guida di Roberto Bellucci (per la parte pittorica) e Ciro Castelli (per il supporto ligneo), e improntate alla minore invasività possibile: «La violenta contrazione del legno racconta Ciatti - aveva causato una riduzione del supporto che i ricercatori dell'Istituto nazionale di ottica hanno quantificato in circa 2 centimetri per ognuno dei cinque pannelli. In pratica, non c'era spazio sufficiente per riposizionare il colore. In passato, in questi casi, si ricorreva al trasporto della superficie pittorica su un nuovo supporto, una scelta che inizialmente abbiamo ipotizzato anche per 1-Ultima cena" e che siamo invece riusciti a evitare grazie a sistemi tecnici innovativi». «Il restauro - conclude il soprintendente - non è onnipotente, come non lo è la medicina. Non dobbiamo porci l'aspettativa di ridare all'opera la solidità ideale, ma garantirle di vivere nei mesi e negli anni grazie alla prevenzione». Ecco allora che quello che da ieri è tornato a fare mostra di sé in Santa Croce (dove il pubblico potrà ammirarlo gratis stasera dalle 20 a mezzanotte, oltre che in futuro, pagando il biglietto, nei normali orari divi sita) è un Vasari sicuramente diverso da quello di mezzo secolo fa, ma re- so forse ancora più eccezionale da una pulitura che ne ha riportato in luce la straordinaria vivacità dei colori, e senz'altro più sicuro, protetto non solo da una nuova cornice ma anche da una scatola di conservazione climatica, sul retro, concepita per prevenire futuri movimenti del legno. Un risultato frutto di quello che la presidente dell'Opera di Santa Croce Irene Sanesi ha definito «una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche», e di una combinazione di «eccellenze», «determinazione» e «generosità» che, ha assicurato il ministro ai beni culturali Dario Franceschini, «sono e saranno al servizio del patrimonio culturale del centro Italia duramente colpito dal sisma». Pagina 276 LA VISITA Stasaera dalle 20 alle 24 l'Ultima cena si potrà vedere gratis all'interno di Santa Croce IL MECCANISMO Grazie a un moderno sistema di carrucole il dipinto si può sollevare fino a 6 metri di altezza in soli 2 minuti IL RECUPERO Ci sono vuluti dieci anni perché l'Opificio delle pietre dure riuscisse a completare il restauro dei capolavoro di Vasari Alluvioni in Toscana Pagina 277 ALLUVIONE Le interviste ai cittadini dei quartiere 4 nel ricordo di come l'acqua dell'Arno al lagò quella zona di Firenze sono le storie e le testimonianze raccolte da Sergio Canfailla nel video documentario "L'acqua arrivò da sotto", presentato nella sala del consiglio di villa Vogel in occasione delle celebrazioni del 50esimo dell'alluvione. Villa Vogel, via delle torri 23, ore 16.30 Alluvioni in Toscana Pagina 278 Iri raduno degli ._.3 ci della "s arapìa tapiòco! Come se fosse Antani, prematurata la super.._ cazzola con scappellamento a destra, o scherziamo?». No carissimo Conte Mascetti, stavolta nessuno scherzo. È tutto vero: questo pomeriggio ci ritroveremo a Firenze per il primo raduno dei fan dal titolo "Amici miei - Alluvionati dentro". Il ritrovo è fissato al piazzale Michelangelo da dove partirà il tour che passerà, tra l' altro, dal Bar Necchi (per una bella clacsonata) e dalla stazione di Santa Maria Novella (i passeggeri affacciati ai finestrini del treno sono avvisati). E parleremo di lei (Tognazzi), del Perozzi (Noiret), del professor Sassaroli (Celi), del Melandri (Moschin), del Necchi (Del Alluvioni in Toscana rc z " Prete e poi Montagnani) e ancora del Righi, della «cippa lippa», di «chi ha visto la Madonna» e dei marsigliesi. Probabilmente pioverà, forse farà un po' freddo, ma chissenefrega: è una zingarata. E poi, le «villeggianti di Gavinana» stavano con le scarpe da ginnastica in mezzo metro di neve... Ma "Amici miei" non è solo un film che ha segnato un'epoca e un' intera generazione. Quello di Mario Monicelli è un film unico e irripetibile, politicamente scorretto come solo noi toscani - con quelle battutacce così cattive - sappiamo essere. E che merita di essere ricordato in una Italia in cui purtroppo si ride sempre meno ma dove le supercazzole sono sempre di moda. Pagina 279 A Firenze la cerimonia si è tenuta in piazza dell'Unita. Pinotti: i militari guidarono il popolo alla vittoria 1 FIRENZE «Oggi (ieri per chi legge, ndr) celebriamo il Giorno dell'Unità nazionale e la Giornata delle Forze armate. È questo un connubio non casuale, perché in quello che fu uno dei momenti più difficili della nostra storia, in cui la stessa integrità nazionale fu messa seriamente in discussione, furono le Forze armate a guidare il popolo italiano in quello sforzo corale, epico e condiviso che portò al vittorioso epilogo di Vittorio Veneto». Lo ha detto la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, in occasio- ne del4 novembre 2016. La cerimonia si è tenuta in diverse piazze d'Itali a tra Firenze. Una cerimonia militare, con l'alzabandiera in forma solenne e la commemorazione dei caduti di tutte le guerre, si è svolta in piazza dell'Unità. In occasione del cinquantennale dall'alluvione di Firenze, eccezionalmente, aperta al pubblico la sede storica dell'Istituto geografico militare nel quale è stato possibile visitare, gratuitamente, il museo strumenti e la biblioteca storica. Nella stessa mattinata, l'ente cartografico di Stato ha presentato gli esiti del lavoro sulla "Nuova livellazione geometrica di alta precisione della città di Firenze"e la nuova edizione della pianta delle zone alluvionate il4 novembre 1966. «In questa giornata rievochiamo - continuala ministra Pinotti - quella lunga stagione di eroismo che rese possibile portare a compimento i grandi ideali del Risorgimento, non solo con la conquista delle frontiere naturali e il ricongiungimento della popolazione italiana alla patria comune, ma anche con il raggiungimento di una coesione che diede all'identità italiana la forza del plebiscito dal quale non si può più tornare indietro». Oggi - ha continuato la ministra - «meditiamo sul significato profondo di quei valori che animarono il comportamento di coraggio e di dignità di tante migliaia di giovani di tutta Italia; quelli che versarono il proprio sangue sulle pietraie del Carso, sull'Isonzo, sul Monte Grappa, sul Piave e su tanti altri fronti e che in, gran parte, non ebbero neanche il conforto della sepoltura». Sono gli stessi valori - ha spiegato la ministra - «che oggi animano il vostro operare quotidiano, per il bene del Paese e della collettività internazionale, in Italia e all'estero, perché se sono mutati i contesti operativi, le minacce da affrontare, le emergenze da fronteggiare, nulla è cambiato nel modo di agire di chi indossa le stellette». II presidente della Repubblica e la ministra della Difesa durante la cerimonia Alluvioni in Toscana Pagina 280 L'ultima cena riemerge cinquant'anni dopo Firenze, svelato al Cenacolo di Santa Croce il capolavoro restaurato del Vasari. C'era anche il presidente Mattarella di Gabriele Rizza / FIRENZE In pochi possono dire d'averlo visto e quasi nessuno se lo ricorda. Svanito nella memoria, insieme ad altri "pezzi pregiati", travolto dalla piena dell'Arno di 50 anni fa. Nel corso di una cerimonia solenne, presente il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, riemerge dall'acqua e dal fango, è proprio il caso di dirlo, novello Lazzaro, a nuova vita restituito, il capolavoro di Giorgio Vasari "Ultima cena". Un grande dipinto a olio su tavola diviso in cinque pannelli, rimasto 12 ore a mollo quel tragico 4 novembre 1966 e poi per amni dormiente nella sua imponenza (40 metri quadri di superficie) all'ombra dei depositi della Sovrintendenza in Palazzo Pitti, prima di essere trasferito nel 2004 nei laboratori dell'Opificio della Pietre Dure. Che, con mirabile impegno e sopraffina maestria, grazie anche a contributi pubblici e a privati mecenatismi (Prada, Getty Foundation, Protezione Civile, Ente cassa di risparmio di Firenze), affinatesi nel frattempo le tecniche nel campo del restauro, l'ha riportato alla luce in tutto il suo splendore cromatico e dinamismo espressivo. Così, dopo mezzo secolo, l'Ultima cena di Giorgio Vasari si può ammirare nel Cenacolo di Santa Croce, guardata a vista dagli affreschi di Taddeo Gaddi, appoggiato alla parete che fu dei "Cristo" del Cimabue, l'altra vittima simbolo dello scempio artistico causato dall'alluvione, dal 2014 ricollocato in assoluta sicurezza nella Sagrestia della Basilica, a una quota superiore al rischio esondazione, insieme ad altre opere del museo, a loro volta restaurate. Ma per la "Cena" del Vasari, stante il suo collocamento a una quota inferiore, quali sono le garanzie di sottrarsi domani a una nuova, certo non auspicabile, minaccia alluvionale? A fronte di tanta tecnologia dispiegata nelle operazioni di recupero, ci pensa un sistema vecchio stile, semplice e affidabile, basato su contrappesi e carrucole. Un sistema meccanico, quasi artigianale, facilmente manovrabile che, scartate ap- Alluvioni in Toscana parecchiature che potrebbero incepparsi in caso di interruzione elettrica, consente in un hatter d'occhio alla pesante struttura lignea (quasi 600 chili) di issarsi a sei metri di altezza. Oltre ogni ragionevole rischio. «Si tratta - ha commentato Marco Ciatti, soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure - di una storia straordinaria di studi, speranze, restauro e avanguardie tecnologiche, di un progetto innovativo dai molteplici significati che permette di riconsegnare al mondo nella sua vivacità cromatica originale un capolavoro che, per i danni subiti, soprattutto in termini di sollevamento del legno e conseguente distaccamento del colore, pareva spento per sempre. Un quadro a lungo considerato di pressoché impossibile recupero. È stata un'operazione senza precedenti che rappresenta la vittoria di una sfida che l'Opificio ha raccolto nel 2004 e che ha portato a compimento grazie alla sua molteplice natura di laboratorio operativo, istituto di ricerca e scuola di restauro». Dipinta nel 1546 per il refettorio delle Murate, il monastero delle benedettine di clausura situato nell'attuale via Ghibellina, la tavola del Vasari non ha avuto vita facile. Ora il cerchio sembra chiudersi su questa parete del Cenacolo di Santa Croce a lungo abitata dal "Cristo" del Cimabue. Che forse non per caso fu il primo artista citato da Vasari nelle sue celebri "Vite". Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai 2iaperto o nL ,uv rd lungarnoT g, nitosottaL u Lo spazio è stato di nuovo reso accesswile ai pubblico dopo il sopralluogo dei presidente della l'epubblica Ser 1o Mattarel',-., accompagnato c_J ministro Dario Fra _eschini e dal sine ._o Da:_ ìo Nardella. Il sindaco ha consegnato le chiavi della città agli operai per ringraziarli dei ripristino record. Un quadro a lungo considerato impossibile da recuperare È stata un'operazione senza precedenti: unavittoriadell'Opificio Solo la trama straordinaria di speranze ricerche e tecnologia ha consentito di restituire ai legni la loro originale vivacità cromatica Pagina 281 .>ï ... -77 .. . 9 ✓Z 1 , 4 K"`' Alluvioni in Toscana - Pagina 282 [.a città celebra gli "angeli del fango" il ricordo dei giovani volontari che aiutarono i fiorentini dopo il disastro FIRENZE Tanti italiani, ma anche inglesi, olandesi, americani, australiani: quegli "angeli del fango", allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento a Palazzo Vecchio a Firenze per ricordare i giorni del disastro quando 50 anni fa la furia delle acque travolse la città. I capelli si sono imbiancati, ma l'emozione e l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento, dove li hanno raggiunti anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quello del Consiglio Matteo Renzi, non sembrano diminui- ti. «Portateci col vostro ottimismo e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo», ha detto in mattinata il premier che, a sorpresa, è arrivato alla cerimonia per un breve intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha parlato Mattarella. «È merito anche vostro scandisce il presidente della Repubblica - se Firenze, da città dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e nel mondo, grande capitale culturale. Avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di ideologia, di reli gione». Mattarella li paragona agli attuali angeli, quelli che sono impegnati nelle zone del terremoto, ma anche nelle aree di guerra e di carestia dove c'è chi soffre. Molte le testimonianze si alternano per tutta la giornata sul palco. «Cinquant'anni fa sono stato qui a Firenze con 140 dei miei uomini: abbiamo purificato e reso potabili novemila metri cubi d'acqua. A Firenze mancava tutto, anche l'acqua da bere: facemmo un grande lavoro e i fiorentini erano molto grati. Come sono grato io oggi di essere qui», dice il colonnello olandese France Sedee, allora in Toscana con un contingente. L'inglese Susan Glasspool era invece solo una studentessa che si trovava a Firenze quando l'Arno mangiò la città: «Ho visto vie, case, negozi, i loro arredi, scomparire. Inghiottiti dal fango. Non ebbi nemmeno la forza di scattare delle foto - ha raccontato - c'erano opere d'arte, sculture, strappate al loro piedistalli dalla furia dell'acqua. Eravamo tutti sconcertati. Ma persino in quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto fare qualcosa. E lo abbiamo fatto». Lo splendido salone dei Cinquecento durante la cerimonia Alluvioni in Toscana Pagina 283 Riapre Lungarno Torrigiani. Le chiavi della città agli operai Riaperto dopo cinque mesi di lavori non stop il lungarno Torrigiani, finito sott'acqua il 25 maggio. Lo spazio è stato di nuovo reso accessibile al pubblico dopo il sopralluogo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dal ministro Dario Franceschini e dal sindaco Dario Nardella. II sindaco ha consegnato le chiavi della città agli operai per ringraziarli del ripristino record. Alluvioni in Toscana Pagina 284 ® CECINA «Una piccola grande mostra che racconta una pagina draammatica della nostra città, ma anche un significativo slancio di solidarietà». Così il vicesindaco Giovanni Salvini ha commentato l'inaugurazione della mostra fotografica sulla grande piena del 4 novembre 1966, che si è aperta ieri pomeriggio (nel giorno del cinquantenario) negli spazi provvisori della biblioteca, in via Pertini. Una mostra che raccoglie trenta fotografie dell'alluvione che travolse Marina, documenti originali dell'epoca, lettere, richieste di danni, messaggi di solidarietà. Tanti. Come la lettera (che pubblichiamo a fianco) del pensionato di Rosignano Rinaldo Marinai, il le Iz an ,, a M1na quale in poche righe offrì al sindaco di Cecina Osvaldo Giovannelli 20mila lire per " i sinistrati colpiti dal nubifragio La mostra è stata allestita dall'Archivio storico e dalla biblioteca comunale, gestita dalla cooperativa Il Cosmo. Rimarrà aperta fino al 18 novembre e sarà visitatile negli orari di apertura della biblioteca (da lunedì al venerdì ore 8,30 19,30, sabato ore 8,30 -12,30). All'inaugurazione erano presenti gli organizzatori, la dirigente Beatrice Cori, i consiglieri comunali Massimo Gentili, Mauro Niccolini e Meri Pacchini. Il vicesindaco ha anticipato di voler portare la mostra anche a Marina, che è la zona più direttamente interessata dall'alluvione: da decidere se utilizzare i locali dell'ufficio turistico in piazza Sant'Andrea o la caserma villa Ginori. Un'operazione di recupero La lettera di Rinaldo Marinai della memoria che si avvale anche di un reperto inedito: un filmato, girato all'epoca da Mario Pagni, adesso di proprietà dell'Archivio storico comunale, che dà l'esatta dimensione della furia delle acque tracimate dal fiume. Il video, restaurato e salvato in cd, viene trasmesso a ciclo continuo durante la mostra. Dura poco più di un minuto, ma offre uno spaccato significativo del dramma che colpi Marina di Cecina. Il Tirreno lo ripropone sul proprio sito web. (m. m.) II vicesindaco Giovanni Saivini all'inaugurazione della mostra Cur pci ácila 3iicna Cccc afru ,c ili::aimalá Alluvioni in Toscana Pagina 285 , ua . .✓///////r,. ,d„ / í "9 % , "% /////i,,.f//////i . ia % °% % ,J////%i,,,,. Ilda De Francesco i commuove anco ra per i suo cane Less íe di Michele Falorni 1 CECINA A volte sono gli episodi e la memoria scritta a scavare la differenza. Ilda De Francesco, classe 1949, aveva 16 anni quella maledetta mattina del 4 novembre 1966, quando la piena del fiume scrisse forse il capitolo più triste nella storia della nostra città, portando la distruzione e il dramma umano nelle case di decine di famiglie. Situazioni tremende che non si dimenticano. E che rivivono al momento in cui, dice la testi- La storia d i "Ione" che riuscì a salvare il suo asino face ndogli salire 3 scalini mone di quel giorno, quando la televisione, la radio e le reti sociali raccontano altre tragedie in giro per l'Italia e il mondo. La signora Ilda, cinquant' anni orsono, risiedeva in via Adige, una traversa di viale della Repubblica. Strada principale per raggiungere Marina dal centro. Non c'era l'argine e nemmeno le villette a schiera costruite negli anni Ottanta. Attorno al podere della famiglia De Francesco, soltanto i campi e la quiete. Un altro mondo. Sconvolto dall'alluvione. «Era festa ed io - racconta dormivo in camera con mia sorella, così come i miei nonni Nicola e Raffaella e i miei genitori Filippo e Antonietta. Ci svegliarono loro, l'ho scritto nel diario che conservo anco- Alluvioni in Toscana ra». In un attimo, scendono al piano terra e vedono che il pavimento è già ricoperto da un filo d'acqua. Non riescono nemmeno a ragionare che, un' onda, entra con prepotenza e sposta tutti gli oggetti che trova. «La nostra paura inizia così - prosegue Ilda -, con mio padre cine corre via, prende il camion e viene sotto le finestre perché la porta della cucina non si può aprire. Non so come facemmo, ma ci calammo insieme ed entrammo nella cabina, vestiti a fatica e spaventati a morte, senza capacità di reagire. Percorremmo la strada verso il sottopassaggio, ma l'acqua ci bloccò». Il babbo e il nonno si guardano senza dirsi niente. Non importa, i familiari capiscono che non sarà un giorno come gli altri e avvertono la paura di morire. «Per fortuna - affermala signora - arrivarono in barca Ferdinando Fortezza e Pasquale Carillo, che ci portarono nell'abitazione dei Fortezza dove rimanemmo in attesa degli eventi. Intanto il mio fidanzato, Marco Sozzi, trovò i vigili del fuoco e raggiuse Marina con uno dei loro mezzi». Al podere, purtroppo, sono rimasti gli animali: muoiono i maiali e le galline, muore l'adorato cane Lessi,. Le nnucche si salvano e vengono vendute. «La sera riprese a piovere - conclude la signora - e noi, con i camion, ci spostammo nell'abitazione di Marco in via Carlo Ginori. T'or- li palazzo a sinistra e dove tu tatto salire l'- nammo a casa nostra il giorno seguente, trovando la melma e gli oggetti distrutti. Senza considerare che eravamo privi della luce elettrica. Ricordo bene l'aiuto del Comune, che arrivò con i propri mezzi a portarci l'acqua potabile e le coperte per la notte. Gli siamo grati». Tra le mille storie, ne affiora una curiosa: Aldo Arinanti "Aldone", uno dei residenti, salvò un asino riuscendo a fargli salire i 30 scalini che portavano al secondo piano dell'abitazione. «Quando in tivù vedo la natura che si scatena, mi viene da piangere». Sono le ultime parole che Ilda pronuncia. Ma che ha affidato al diario, custode della memoriae di quel novembre terribile. 'S,RIPRODUZIONE RISERVATA o. A destra fida De ras,,. Pagina 286 Un vagone di abiti per bambini arrivo dalla Ddr CECINA. A cinquant'anni dall'alluvione dei 1966, dai documenti ufficiali e dalle testimonianze della gente escono storie e curiosità. in pochi, forse, sanno o ricordano che pochi giorni dopo il disastro Kari Deuscher, presidente dei distretto di Rostock • nella Repubblica democratica tedesca gemellato con la Provincia di Livorno, scrisse una lettera al presidente della Provincia offrendo il proprio aiuto agli alluvionati. Nel documento ufficiale si legge che i tedeschi orientali sono pronti ad ospitare "50 bambini della provincia di Livorno per un soggiorno gratuito della durata di tre settimane in una colonia per ragazzi ". Da non credere: anche perché, chi ha studiato questo capitolo di storia lo sa, era quasi impossibile soggiornare per più di un giorno nella parte della Germania controllata dall'unione Sovietica. il permesso durava solo 24 ore, dopodiché la Stasi - la polizia politica • entrava in azione. All'invito dei presidente Deutscher si aggiunge quello dei sindaco di Gorlitz, altra città della Repubblica democratica, disponibile ad ospitare altri bimbi . Passano due mesi e, nella seduta dei 6 gennaio 1967, il parlamento di Rostock converte la proposta "nell'invio alla Provincia di Livorno di un cospicuo quantitativo di generi di vestiario per bambini, per il valore complessivo di 50mila marchi, paria 7 milioni e mezzo di lire". il vagone raggiunge Livorno e consegna "cappotti, golf, stivaletti, calzoni, scarpe e calze per un totale di 4 mila capi circa". Chissà, forse nessuno si sarebbe aspettato che, oltre la Cortina di ferro, ossia al di là del muro costruito nell'agosto di cinque anni prima, ci fossero umanità e comprensione per i drammi (m.f.) degli occidentali. il mezzo anfibio dei pompieri (l'unico) in funzione durante l'alluvione. A fianco alcuni soccorritori che camminano nell'acqua alta (Archivio storico comunale) Alluvioni in Toscana Pagina 287 «Urge la messa ïn sicurezza» Legambiente chiede un impegno preciso alle istituzioni Foto di gruppo di Legambiente sotto alla targa ricordo in piazza De Maria a Grosseto L egambiente vuole ricordare i 50 anni dall'alluvione di Grosseto con una foto di gruppo sotto alla targa ricordo in piazza De Maria, chiedendo alle istituzioni, oltre all'impegno per la messa in sicurezza del fiume Ombrone, la valorizzazione da un punto di vista della memoria storica e didattico dell'area di piazza De Maria dove sono le targhe ricordo. Molti grossetani e soprattutto le giovani generazioni non sanno neppure l'esistenza di quelle targhe che ci ricordano invece le alluvioni che si sono succedute. Da oggi, a tal proposito, Legambiente comincerà una serie di laboratori, percorsi didattici ed escursioni con le scuole che si trovano lungo il corso del fiume, come Grosseto, Paganico e Istia d'Ombrone proprio per accen- Alluvioni in Toscana tuare l'importanza della memoria storica e del rapporto tra le comunità e il fiume. «La messa in sicurezza del fiume Ombrone - spiega Angelo Gentili di Legambiente - è in assoluto una delle priorità per la nostra città. Negli ultimi anni il rischio di esondazione è stato altissimo e ha coinvolto, per colpa di scelte urbanistiche sbagliate passate, anche famiglie che risiedono in aree della città di Grosseto ad alto rischio idraulico. Bisogna realizzare al più presto, oltre a una pianificazione ben precisa per la manutenzione e la cura del fiume e di tutto il suo bacino idrografico, un percorso chiaro e trasparente che coinvolga la cittadinanza e il mondo associativo tramite i contratti di fiume: uno strumento importantissimo in forte ri tar- do per il fiume Ombrone, per realizzare una gestione condivisa e partecipata nel suo complesso, programmando azioni specifiche e condividendo percorsi e scelte in modo esteso e inclusivo per prevenire il rischio idraulico. A livello didattico è importante che l'area di piazza De Maria, dove sono le targhe ricordo delle alluvioni, sia valorizzata e utilizzata come punto di partenza per percorsi sulla memoria storica e didattici rivolti alle scolaresche e alla cittadinanza, aumentando le informazioni sul passato e sull'importanza naturalistica del fiume. Oggi, invece, le targhe sono nascoste dalle auto parcheggiate a ridosso delle mura che non consentono la giusta dignità al più importante segno del rapporto tra le alluvioni e la città di Grosseto». Pagina 288 di GABRIELE BALDANZI e parole del presidente del consorzio di bonifica Fabio Bellacchi risuonano alte nella bomboniera degli Industri, quasi come la sirena e l'altoparlante di Omero Pucci, quella mattina del 4 novembre del 1966: «A distanza di mezzo secolo non possiamo garantire che ciò che accadde allora possa oggi o domani ripetersi». Al teatro degli Industri si è aperto ieri (oggi la conclusione dei lavori) il convegno organizzato dalla Fondazione Rotariana di Grosseto Carlo Berliri Zoppi. Due giorni per parlare dell'Ombrone, di alluvioni e bonifiche nella Toscana meridionale in occasione del 50esimo anniversario del disastro del '66. Breve spazio al cerimoniale e alla commemorazione, ma soprattutto contributi tecnici di alto profilo. Ad aprire i lavori, con Rita Martini nel ruolo di conduttrice e moderatrice, l'ingegner Luigi Mansi, presidente del Rotary Club Grosseto e della Fondazione rotariana territoriale. Mansi ha evidenziato i caratteri salienti di questo ampio progetto di eventi commemorativi che non si ferma soltanto al fiume Ombrone, ma più in generale riguarda le acque della Maremma: acque superficiali, acque profonde, acque termali. Soddisfatto il presidente Mansi della partecipazione: «Un risultato che premia i nostri sforzi e dimostra quanto sia importante un focus di questo tipo». Le iniziative rotariane per i 50 anni dell'alluvione sono frutto di una stretta collaborazione tra il Rotary, il Consorzio bonifica 6 e Banca Cari ge, pubblico e privato che hanno sposato nei mesi scorsi il progetto Ombrone 2016. Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, ha ricordato la figura di Renato Pollini, primo cittadino nel 1966. Poi ha raccontato la propria esperienza di alluvionato, nel 2012, nelle campagne di Albinia. «Mi trovai in poche ore a dover mettere in salvo 1.200 pecore. L'azienda subì danni ingenti. So cosa significa e posso immaginare quale sforzo, 50 anni fa, fecero i miei concittadini per ripartire». Alessandro Vignani , Gover- natore del Distretto Rotary 2071, ha sottolineato invece "il ruolo sociale " del Rotary «che mai si tira indietro di fronte alle emergenze, alle richieste di aiuto». A fare da spartiacque tra la prima parte del convegno, celebrativa e discorsiva, e quella più tecnica, Rita Martini ha introdotto la consegna del riconoscimento Paul Harris Fellow a Felice Caldora, simbolo di tutti coloro che all'epoca si impegnarono nei soccorsi e nei salvataggi. Caldora, oggi ottantenne, era motorista di bordo, un membro dell'equipaggio dell' elicottero dell'AeronauticaMilitare: «Partecipai ai soccorsi in quello che probabilmente è stato il periodo più brutto di questa città, dove sono stato accolto 60 anni fa, dove sono nati e ,\o I ] SI p IÙ eFClllilele cóesueeecla di no m Alluvioni in Toscana Pagina 289 vivono i miei figli e i miei nipoti». La consegna del premio è stata accompagnata da un caloroso applauso di tutto il teatro. Nella seconda parte del pomeriggio sul palcoscenico degli Industri sono saliti i tecnici. Il professor Franco Angotti dell'Università di Firenze ha parlato della collaborazione tra il Rotary e le istituzioni che si occupano di ambiente per l'attenuazione del rischio idrogeologico gravante sulla Toscana. A seguire l'ingegner Renzo Ricciardi, dirigente del Genio Civile (ha lavorato in passato per Consorzio di bonifica e Provincia), ha tracciato un quadro della situazione in cui versa oggi il fiume Ombrone, «molto più sicuro rispetto al 1966». Infine il professor Enio Paris dell'Università di Firenze, il presidente del Tribunale di Grosseto Giulio De Simone (che ha compiuto un'analisi critica dell'evoluzione normativa concernente la difesa del suolo) e uno sguardo alle bonifiche ai tempi del Granduca e della dittatura fascista con la professoressa Anna Guarduc il convegno promosso dal Rotary ieri al teatro degli industri (foto Bf) Alluvioni in Toscana Pagina 290 oggi gran finale deiconvegno con un concerto Oggi si tiene l'appendice del convegno. Dalle 10, sempre al Teatro degli industri, dopo una breve introduzione del presidente del Rotary Luigi Mansi sono previstigli interventi di Enrico Bonari della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, Giampiero Maracchi, presidente dell'Accademia dei Georgofili , esperto di metereologia; Gabriella Papponi Morelli, presidente del Polo Unversitario Grossetano. A seguire la proiezione del film "4 novembre 1966: racconti dell'alluvione" del regista Francesco Falaschi. Verranno premiati anche i vincitori del concorso per tesi magistrali e di dottorato di ricerca"Chiare fresche e dolci acque" sui sistemi idrici. Presenterà e coordinerà i lavori , di nuovo, la giornalista Rita Martini. E come chiusura della due-giorni -stasera alle 21, nella Cattedrale di San Lorenzo , a Grosseto - solenne concerto, in memoria di Guglielmo Francini (già presidente della Fondazione rotariana Carlo Berliri Zoppi). Si esibiranno l'orchestra Città di Grosseto, la società corale Giacomo Puccini, il coro polifonico San Nicola e il coro dell'Università di Pisa. (g.b.) Alluvioni in Toscana Pagina 291 ento a Santí Quadaltí, la Curía concede l'arca o spazio per ospitare la scultura c'è. Procede per il verso giusto l'iter per creare a Braccagni di un monumento a Santi Quadalti, unico morto nel disastro del 4 novembre del 1966. Buttero della Fattoria degli Acquisti, Quadalti quel giorno fu travolto dalla piena mentre cercava di salvare i suoi animali. Il comitato per il Monumento a Santi è stato ricevuto giovedì dal vicesindaco di Grosseto Luca Agresti, che nel corso di un incontro avvenuto proprio a Braccagni la settimana scorsa si era preso l'impegno di interessarsi alla faccenda. Agresti ha accompagnato in Curia a Grosseto i membri del comitato per trovare un accordo per la concessione del terreno dove il monumento sorgerà. «Le cose stanno marciando bene: abbiamo riscontrato un atteggiamento buono e collaborativo da parte di Curia e Comune», dice soddisfatto Roberto Tonini, presidente del comitato (nonché dell'associazione culturale Braccagni.info) dopo l'incontro di giovedì. La Curia si è detta disponibile a concedere parte dell'area di sua proprietà per ospitare il monumento e ci sono buoni margini perché la cosa vada in porto presto, anche grazie all'interessamento comunale. Cautela è d'obbligo; il Comitato attende che la situazione si definisca nei dettagli al più presto, ma intanto un buon punto d'arrivo si è raggiunto. La scultura sarà realizzata a spese del Comitato, che sta cercando fondi e sponsorizzazioni per finanziare il lavoro. Intanto c'è già un bozzetto; l'opera sarà realizzata dall'apprezzato artista Alberto Inglesi, classe 1952, originario di Braccagni e che lavora a Siena. Era presente all'incontro in Curia, oltre al vicesindaco Agresti e a Tonini, anche Barbara Bonari, presidente dell'Opificio delle Idee per Grosseto. (el.g.) Santi Quadalti , vittïma dell'alluvione Alluvioni in Toscana Pagina 292 nche la Chiesa di Grosseto celebra l'anniversario tragico dei 50 anni dall'alluvione che il 4 novembre 1966 piegò Grosseto. Lo ha fatto dedicando ampi servizi, sugli ultimi due numeri del settimanale diocesano "Rinnovamento", ai ricordi e alle testimonianze su quei giorni e allestendo una piccola mostra sulla navata destra della Cattedrale. Vi vengono riproposti ritagli del settimanale diocesano dell'epoca, Vita Nova, che per diversi mesi raccontò l'impegno della Diocesi per far fronte agli innumerevoli bisogni delle persone. La piccola mostra è arricchita da alcune foto. Domani alle 18 inoltre il vescovo Rodolfo presiederà la messa in Cattedrale per pregare per chi oggi non c'è più, ma che in quei difficili momenti dette un contributo determinante per aiutare la gente a risollevarsi. «Quel 4 novembre '66 - racconta don Franco Cencioni, all'epoca parroco della Cattedrale - vedendo la furia delle acque che avevano invaso piazza Dante, piazza Duomo e il centro, mi precipitai insieme all'amministratore apostolico, il vescovo Primo Gasb arri, e don leto Pompili, canonico del Duomo e responsabile dell'Opera diocesana assistenza, in Prefettura, da dove il vescovo poté mettersi in contatto con la Santa Sede. Da lì dettero disposizione a monsignor Gasbarri di impegnare subito 5 milioni di lire per far fronte ai primi bisogni». In Cattedrale fu allestito il primo centro di assistenza, sotto la regia della presidente del Cif provinciale Sofia Orlandini Ginolfi, mentre coi giovani di Azione Cattolica e dellaFuci furono organizzati i primi giri su un anfibio dell'Esercito, nelle zone di via de' Barberi e delle strade tra Porta Vecchia e Porta Corsica. «Portammo latte e cioccolato caldo - ricorda don Franco - che furono preparati dall'albergo Duomo. E in serata potemmo ritornare Alluvioni in Toscana che la Cattedrale reco il dis u v'D'.1-3" o1u, co 11 y í _% C1 ff 1 Tante testimonianze per rievocare la gara di s li ri t Domani messa dei vescovo in Duomo per chi non c' ® più con provviste e aiuti di altro tipo». La Chiesa si fece presente anche attraverso l'inviato del Papa Paolo VI, monsignor Andrea Pangrazio , vescovo di Gorizia e segretario della Cei. Il presule venne in Maremma, visitò tantissime famiglie, soprattutto nelle campagne e nelle zone più disagiate. «Il Papa - continua monsignor Cencioni - dispose di donare 500 mila lire alle famiglie più danneggiate, mentre a tutte le famiglie di Principina Terra fu donata una stufa». Intanto dalle diocesi vicine agli ordini religiosi o ai singoli benefattori, non si contano gli aiuti che tramite la Chiesa furono distribuiti. L'associazione cristiana artigiani italiani, riunita d'urgenza, invitò i dirigenti e soci a contribuire alle raccolte mentre l'onorevole Aldo Moro, in occasione della sua visita a Grosseto, sottolineò il grande lavoro compiuto dalla Chiesa. Il vescovo riportò nella rivista diocesana la cifra totale raggiunta grazie alla generosità di tanti: ben 109 milioni di lire, 48 dei quali del Papa. Anche la Chiesa di Grosseto subì danni significativi, al Seminario e alle parrocchie. Don Piero Caretti, parroco della Cattedrale , e monsignor Cencioni Pagina 293 Grossetani che accorsero per spalare il fango davanti al Duomo (archivio Bf) Alluvioni in Toscana Pagina 294 Memoria disastro rischi idrogeologici Nella sala consiliare incontro Nell'anniversario dell'alluvione, la sala consiliare del Comune di Grosseto ha ospitato giovedì pomeriggio i I convegno "Difesa del Territorio in un ambiente delicato come quello della Maremma di Grosseto". Sul tavolo i fenomeni climatici e la prevenzione del rischio idrogeologico lungo il corso dell 'Ombrone e del reticolo idrico grossetano, ma anche la richiesta di un monumento a Santi Quadalti. L'evento è stato organizzato da opificio delle idee per Grosseto con il patrocinio dell'assessorato alla cultura, alla presenza di molti addetti ai lavori e di un pubblico attento e partecipe . Agresti ha ribaditola necessitàdi non perdere la memoria degli eventi, soprattutto quelli disastrosi che sono i più bisognosi di attenzione, e ha spiegato che l'esito dell'incontro con la Curia vescovile avvenuto in mattinata (laCuria è proprietaria del terreno dove sarà posizionato il Monumento a Quadalti) è stato positivo (vedi articolo a fianco). L'area potrà così essere messa a disposizione del Comitato promotore coordinato da Roberto Tonini di Braccagni . info e promosso da opificio delle idee per Grosseto. A conclusione il moderatore del convegno, Sergio Rubegni, ha ringraziato relatori ed ospiti e ha annunciato che il percorso continuerà con iniziative analoghe per tenere alta l'attenzione sul rischio idrogeologico. Alluvioni in Toscana Pagina 295 Inaugurata la mostra delle cìnquanta foto Agenzìa f Una piccola folla appassionata è stata presente alla mostra che Agenzia Bf ha inaugurato nei locali delle Clarisse (rimarrà aperta fino al 4 dicembre) con oltre 50 immagini tra le più rappresentative di quei giorni del 1966. «Ringraziamo tutti i grossetani - tengono a dire Maurizio Mainetti e Davide Ferrari - che con le loro testimonianze hanno dato voce alle fotografie di Mario e Antonio». Alluvioni in Toscana Pagina 296 di CLAUDIO BOTTI NELLI utto potevo pensare, in quei primi giorni del novembre del 1966, che cinquant'anni dopo sarei stato l'unico giornalista ancora vivo fra quelli grossetani che avevano vissuto e scritto in diretta dell'alluvione a Grosseto. All'epoca il numero uno si chiamava Omero Marraccini, capocronista de "Il Telegrafo", che firmò il primo articolo "in diretta" apparso sui giornali la mattina del 5 novembre, scritto su una "Lettera 32" alla luce di una candela piantata nel collo di una bottiglia di cognac vuota e trasmesso da Grosseto a Livorno grazie ad un ponte telefonico organizzato dalla Finanza su richiesta del prefetto, Felice Marchioni. Perché a Grosseto quel 4 novembre non c'erano né luce, com'è ovvio, né telefono da poter usare. Poi c 'erano Caio Rosse, Vittorio Donatelli e Foffo Nerozzi de "La Nazione" che scalpitavano perché a Firenze le rotative erano andate sott'acqua di un'altra alluvione, ben più "sentita" in tutto il mondo, e non poterono pubblicare i loro articoli se non qualche giorno dopo. E c'erano Isaia Vitali e Beppe Bottai de "Il Telegrafo" e Pilade Rotella che riuscì a pubblicare nel giro di poche settimane, un libro con le foto della Agenzia Bf e una prefazione di Luciano Bianciardi che l'alluvione non la vide ma la visse da lontano, con il cuore in gola. Meno di tre mesi prima, d'estate, Bianciardi aveva fatto notte fonda, a Grosseto, a camminare e a parlare su e giù per Corso Carducci; c'erano Marraccini, Donatelli, Vitali, Rotella, c'erano se non erro, Carlo Morì e Gianfranco Elia; e c'ero anch'io, giovane cronista alle prime armi che ascoltavo e basta. Al "Telegrafo", oltre a Marraccini e Vitali c'eravamo io e Bottai, che era un collaboratore: il vice, che non era di Grosseto, aveva deciso che tutta quell'acqua non faceva per lui e se ne andò la sera prima per tornare solo dopo qualche settimana, quanto tutto era finito. Assieme a loro la "protagonista" numero uno, sul fronte della stampa, di quei giorni terribili fu l'Agenzia fotografica Bf, furono Mario Bernieri e Tonino Ferrari. Alluvioni in Toscana Tutto questo S l pceva evïtare? Le polemiche sull'allarme non dato e l'altoparlante dell'auto di Pucci Una domanda si ripeteva insistente più di ogni altra, in quei giorni terribili: si poteva evitare che l'Ombrone devastasse Grosseto? E ancora: perché non fu dato in tempo l'allarme alla popolazione che il fiume sorprese ancora a letto, visto che allora il 4 novembre era giorno di festa? «Ancora oggi non riesco a capire perché non venne dato l'allarme» confessò il sindaco del 1966, Renato Pollini in un articolo scritto per essere pubblicato su "I giorni del fango", il libro che scrissi io assieme a mio figlio Giacomo, pubblicato trent'anni dopo l'alluvione dalla Editrice Caletra. In effetti l'alluvione del 4 novembre aveva avvertito la città già la sera prima, quando il Salica era uscito dall'alveo a Roselle facendo crollare un edificio (erano le 23), e prima l'Ombrone aveva riempito d'acqua la Fornace di San Martino, gonfiando le golene e facendo pressione sugli argini (erano le 24). E la gente dormiva, mentre nessuna delle autorità responsabili della città, nonostante una riunione concitata in Prefettura a mezzanotte, si volle prendere la responsabilità di avvertire la gente del pericolo. Chi percorse gli argini (e non furono pochi) quella notte fu preso dalla paura, ma nessuno dette l'allarme, né si preoccupò di far spostare in zone di possibile sicurezza i mezzi di Polizia, Carabinieri e Vigili del fuoco che quindi, molti, rimasero inutilizzabili. Le acque dell'Ombrone continuavano a salire all'idrometro del Berrettino, e il sindaco Pollini (erano le 3 di notte) fece spostare i camion e le ruspe del Comune nelle zone più elevate della città, salvandole. Ma solo alle 6,50 vennero avvertite del pericolo le famiglie che abitavano in via de' Barberi; e alle 7,30 fu Omero Pucci a percorre- re con la sua auto la zona di via Ugo Bassi (quella che sarebbe stata la più colpita) urlando con il suo altoparlante di salire ai piani più alti dei palazzi perché c'era pericolo dell'alluvione. Omero Pucci e due "gazzelle" dei carabinieri. Ma fu un allarme arrivato in extremis e la gente ebbe appena il tempo di scendere dal letto, perché alle 7,55 l'Ombrone strappò gli argini in quattro punti a ridosso della città e si avventò su Grosseto. «A trent'anni di distanza scrisse ancora il sindaco Pollini non saprei dire se avevano ragione loro che non vollero dare l'allarme, oppure io che lo volevo dare. Probabilmente dare l'allarme (...) avrebbe potuto creare una situazione di caos (...) e for« se sarebbe andata peggio di come è andata». Nei giorni dell'alluvione di una cosa i grossetani erano convinti: se fosse stato in città l'ingegnerBorriello, che erail capo del Genio Civile ed era un grande esperto di fiumi e di alluvioni, forse sarebbe accaduto qualcosa di diverso, forse sarebbe stato dato l'allarme, o forse sarebbe stato deciso di far saltare gli argini a monte della città per far allagare le campagne salvando però l'abitato, come fecero - pare - gli americani nel 1944, quando l'Ombrone era dato di fuori l'ultima volta prima del 1966. Ma l'ingegner Borriello non era a Grosseto: erano giorni di festa, e lui aveva preso un breve periodo di ferie. lo , calciatore , non sapevo come rincasare» C'era anche Sergio Dugaro, ex calciatore del Grosseto , all'epoca non ancora ventenne , trai testimoni di quel 4 novembre 1966 : «Abitavo in via Fossombroni 18 davanti al campo Amiata - ricorda Dugaro avevo 18 anni e quando vidi salire l 'acqua, incuriosito, scesi dal secondo piano ove abitavo , lasciando i miei genitori in casa. Ma dopo non potei più rientrare poiché l 'acqua saliva velocemente e rimasi fuori , con grande preoccupazione per loro in quanto non sapevano ove fossi...» Momenti terribili, di angoscia per chi non sapeva come fare a mettersi in comunicazione coni propri cari: «Saggiamente prosegue Dugaro - mi avviai verso l'alto ed andai sulle mura sopra il campo Amiata ove dominavo tutta la scena che diventava sempre più tragica: il luna park che era nel campo Amiata fu completamente sommerso e distrutto,ma le persone furono ospitate proprio al n°18 mentre l'acqua cominciava a trascinare auto e mucche come fuscelli soprattutto all'altezza del sottopassaggio che portava allo stadio, con correnti impetuose e paurose. Fui ospitato a dormire a casa del maestro Bartalucci, il cui figlio giocava a calcio con me. L'acqua cominciò poi a defluire e ad abbassare il livello e potei riabbracciare i miei genitori e la grande paura passò». Pagina 297 . .. . . . . .r:, » . . . . . } S , ,, , r » tr }.' -r , - .; , ' . , i:. i .:, . .... T .. .. , o•; .., Alluvioni in Toscana . . : :.. . A ` . . ,... . H. .. ,;' . . , , .. . .,,; . . r - o, . .,. . _ •f Y. ` f.n.t . -. • , , . } "ti. _ e. .. . ,. . , -,. .. ... - .. Pagina 298 IL RACCONTO La mia odissea per rientrare a Castel del Piano ra la sera del 3 novembre 1966, il tempo era particolar- mente perturbato e cadeva una fitta pioggia. Mi trovavo nel mio ufficio all'Inail, presso il quale lavoravo da 4 mesi». Comincia così il racconto di Giuseppino Terzuoli, da lui affidatoci per ricordare uno dei tanti problemi in cui si dibattevano i maremmani in quei giorni: come lasciare la città per tornare dai propri cari. «Stante le pessime condizioni del tempo - prosegue Terzuoli - il capo ufficio decise di far uscire il personale prima del normale orario di lavoro, per evitare possibili danni alle per- Alluvioni in Toscana sone. Per motivi familiari, avrei dovuto recarmi al mio paese (Seggiano), per cui mi misi subito in marcia con la mia Bianchina 500, confidando nella mia giovane età. Giunto al centro di Roselle, mi resi conto che non si poteva conti nuare a causa della sede stradale inondata. Cercai di tornare verso Grosseto, ma anche in questo caso la cosa si dimostrò particolarmente difficile. A questo punto, decisi di conti nuare per Istia d'Ombrone. Mi seguiva un signore di Chianciano, con la sua auto, che mi pregò di fargli da guida non conoscendo il percorso per raggiungere l'Amiata». Non era finita: «Prima di Istia, un'improvvisa ondata di piena trasportò un tronco di legno sotto la mia auto e, a stento, riuscii a togliere l'ingombro e a ripartire. Quando traversammo il ponte di Isda, lo stesso sembrava scosso da un terremoto a causa della piena (infatti in seguito crollò). La salita verso Cinigiano fu molto disagiata a causa di rami e sassi che dovevano essere rimossi per liberare la carreggiata. Il mio compagno di viaggio, non partecipava alle fatiche dicendomi: "Lei è giovane e, ormai è bagnato, ed è inutile che mi bagni anche io!" La visibilità era pressochè nulla e si arida- Pagina 299 «Avevo se i ann i, torna i a casa un 'ambulanza» Nel 1966 Grosseto era un paesone in pieno sviluppo, con un grande aumento demografico, al punto da costringere le scuole ad adottare i doppi turni. «Ricordo che il giorno prima della rovinosa alluvione racconta Maurizio, uno dei remigini della maestra Anna Ruozzo - andai nella scuola elementare di via Mazzini alle 14 per uscire dopo le 18». La situazione era già drammatica: pioveva da giorni e le previsioni non lasciavano presagire nulla di buono. «Un lieve miglioramento, intorno all 'ora di pranzo prosegue - convinse i miei genitori ad accompagnarmi a seguire le lezioni. Ma il peggio doveva venire». Nel pomeriggio la pioggia riprese a cadere copiosa, isolando completamente la zona intorno alla "Gino Tombari", allagando il sottopasso che collega a via Manetti e rendendo difficile anche il passaggio nelle altre zone della città. «Fortunatamente mio babbo era un ex volontario della Croce Rossa Italiana e approfittando della cortesia di un amico mi fece caricare sull'ambulanza, che mi portò proprio davanti a casa, facendomi tirare un sospiro di sollievo , maasei anni non mi rendevo assolutamente conto che il peggio doveva ancora arrivare». Alluvioni in Toscana Pagina 300 di GABRIELE BALDANZI lcuni "gesti" di quelle giornate (il 4, 5 e 6 novembre del 1966) sono rimasti impressi nella memoria collettiva. Tra questi i tuffi che faceva dal terrazzo di casa - in via Pietro Micca Dedo Sensini, allora poco più che trentenne, corredato di muta da sub, pinne e maschera. Non erano per divertimento, anche se chi l'ha conosciuto scommette ancora oggi che lui, pioniere della subacquea, provasse quasi piacere nell'immergersi e sfidare i gorghi di quelle acque marroni, per portare aiuto a un vicino o tirare fuori qualcosa da un garage. «Nel'66 - racconta Anna Corradini - abitavo con i miei genitori in via Tazzoli, al primo ed ultimo piano di una palazzina, fortunatamente l'acqua non arrivò fino al nostro appartamento, anche se la paura fu tanta perché non potevamo sapere quanto la piena sarebbe salita. A distanza di tanti anni c'è un episodio che mi colpì moltissimo e che ancora mi ricordo con emozione. Alcune finestre del nostro appartamento si affacciavano sul giardino nel retro della casa, da dove potevamo vedere via Pietro Micca e il cortile con i garage del palazzo vicino. Il giorno 5 (o forse il 6), quando l'acqua era ancora alta e con una forte corrente, vedemmo un uomo in acqua con una muta nera, che a nuoto riuscì ad attraversare la strada, a raggiungere un garage, a tirare fuori un gommone per poi allontanarsi con lo stesso. Dopo mia madre mi disse che era Goffredo Sensini, che avendo tre bambine molto piccole, doveva in tutti i modi procurarsi il latte e il cibo per la famiglia. Ancora oggi mi chiedo come abbia potuto vincere la forza dell'acqua; a quel tempo mi domandavo anche dove avesse trovato il coraggio di buttarsi in quei vortici, ma allora non ero genitore...». do, fcr:rïdablÎi quei tuffi per procurarsi l atte c cibo Sensini non aveva esitato a gettarsi e ad affrontare la piena: aveva tre figlie piccole Irene, Eleonora e Paola: «Era coraggioso, non lo spaventavano due metri d'acqua» Dedo è scomparso nel 2010 e le tre figlie di cui parla la vicina di casa - Anna Corradini - sono le gemelle Irene Sensini ed Eleonora Sensini (che all'epoca avevano 4 anni) e la piccolissima Paola Sensini (classe 1965). Quest'ultima, ovviamente, nulla ricorda di quei giorni, mentre Irene ed Eleonora, seppure bimbe, hanno diversi flash legati all'alluvione e a babbo Dedo in muta. «Ricordo bene che si tuffava da quella che era la nostra camera - racconta Irene - e che mamma (Maria Teresa Rabagli - ndr) ogni volta scuoteva la testa e provava a dissuaderlo. Ma era così e anche lei si era abituata, nel tempo, alle sue intemperanze. L'avventura, anche quella estrema, lo attraeva. Non c'era mare che potesse spa- ventarlo, figuriamoci due metri d'acqua a Grosseto quando era giovane». Eleonora ricorda che la muta da sub, la maschera e le pinne rappresentavano quasi una seconda pelle per Dedo: «All'epoca, 50 anni fa, la subacquea era una pratica per pochi appassionati. Babbo ha sempre avuto questa passione per il mare. Da giovane teneva una pilotina a Bocca d'Ombrone, poi più tardi la barca a Castiglione per le uscite alle Formiche, a Montecristo, alle Africhelle. Usciva spesso con Nando Franci, il corallaro. Io non mi ricordo di averlo visto immergersi tra i flutti limacciosi che scorrevano sotto la mia attuale casa, ma non dubito che l'abbia fatto, anche perché diverse persone ce l'hanno raccontato: i tuffi dal terrazzo, il canotto o il gommone con cui andava a cercare provviste e perfino le medicine per una ragazza che stava vicino a noi e aveva la febbre alta». Ma cosa faceva esattamente Goffredo Sensini una volta tuffatosi e raggiunto il canotto? «Anni dopo - sono ancora parole delle sorelle Sensini ci raccontò che portavano provviste, generi di prima necessità a chi sventolava i fazzoletti dalle terrazze. E poi immagino che portasse anche qualcosa a noi, che rimanemmo bloccate in via Pietro Micca per giorni. Non si tenevano le scorte in casa nel 66. Babbo era generoso e non dimostrava mai di avere paura. Inoltre lo caratterizzava un forte senso di appartenenza. Era portavecchino e grossetano purosangue. Per coloro che erano cresciuti nel quartiere era pronto a dare se stesso». Da sinistra Irene, Paola ed Eleonora (foto Bf) Alluvioni in Toscana Pagina 301 Goffredo "Dedo" sensini durante un 'immersione Alluvioni in Toscana Pagina 302 oriand i n i, tre ragazz i merav i gl ios i nc, v i(, 1 davant i Ì Anche loro spalavano, come i soldati ritratti nella foto Bf qui sopra. Sono tre ragazzi ritratti davanti a un cancello in via Ferrucci uno degli scatti simbolo della grande piena del 1966: una foto Bf - che i lettori troveranno oggi con il nostro giornale- pubblicata nbel libro di Pilade Rotella e Luciano Bianciardi nel libro "Grosseto: un'alluvione perla povera gente". Li abbiamo cercati e li abbiamo trovati: sono i fratelli Orlandini: Goliardo e Fabrizio, oggi sessantunenni, e Lucia, più giovane di quattro anni. Li abbiamo riportati davanti a quel cancello e lì li abbiamo rifotografati, sempre con Agenzia Bf. I lettori troveranno anche questa foto con il nostro giornale. I fratelli Orlandini non abitano più in quell'abitazione dove l'alluvione aveva depositato il carico di fango , non abitano più in quell'abitazione dalla quale avevano assistito atterriti alla devastazione causata dall 'acqua. Ma anche loro si erano rimboccati le maniche. Anche la loro è una storia che merita di essere raccontata. Alluvioni in Toscana Pagina 303 Z QU/ Z2 3 1, "/i:// i ® ♦ e ! {;'=,'í, j 71111, crollata fiduc a» i II sindaco Zubbani contestato dopo l'alluvione D I ALESSANDRA VIVOLI al 5 novembre di due anni fa, come tanti carraresi, quando la pioggia si fa più intensa nemmeno lui dorme più. Da quel giorno, ha capito che qualcosa di molto importante si era rotto fra lui, sindaco e Carrara, la sua città. IN CRONACA au,a„ , i, nmkj,y Alluvioni in Toscana Pagina 304 lí/ %/Gr % 91 ,. %,,,/•.%///,r «Non sono stato lucido, ho sbagliato allora a parlare di non responsabilità «Se tornassi indietro? Chiederei maggiori verifiche a Provincia e Regione » di Alessandra vivoli 1 CARRARA Dal 5 novembre di due anni fa, come tanti carraresi, quando la pioggia si fa più intensa nemmeno lui dorme più. E dal giorno dell'alluvione, due anni fa, ha capito che qualcosa di molto importante si era rotto fra lui, primo cittadino, e Carrara, la sua città. «E venuto a mancare il rapporto di fiducia, perchè quello che è successo è stato in parte colpa del cielo, della pioggia, ma in buona parte di errori umani. Un pezzo della nostra credibilità è crollato, insieme ai cento metri di argine del Carrione». La nostra chiacchierata con il sindaco Angelo Zubbani comincia dal principio. Sindaco Zubbani dov'era al momento dell'esondazione del Carrione? «Ero venuto in Comune prestissimo, alle S. La Protezione civile aveva monitorato la situazione della pioggia, intensa, per tutta la notte. Io ero nella sala del centro operativo quando mi ha raggiunto la notizia che il Carrione aveva rotto l'argine e che Marina stava andando sott'acqua». Cosa ricorda di quei primi momenti? «Ricordo l'emergenza, che si è aperta su diversi fronti. La cosa principale era coordinare i soccorsi. Era una situazione complicata: da una parte le ruspe, sul fiume, stavano tentando di tamponare quei cento metri di argine crollato con massi e terra. Dall'altra c'erano le operazioni di soccorso: si erano alzati due elicotteri, c'erano i gommoni. Si andava casa per casa per recuperare la gente, quella sui tetti, quella bloccata ai primi piani. Si era diffusa la notizia di un morto e un disperso, il mio primo pensiero, allora era quello di salvare le vite umane. Il clima era di tensione estrema: ricordo che a metà mattina prendemmo la decisione di abbattere parte della re- Alluvioni in Toscana cinzione del porto per far defluire l'acqua dal centro di Marina. C'era poi da attrezzare CararraFiere, con posti letto e pasti caldi per gli sfollati. Si lavorava in emergenza, senza sosta, insieme ai volontari e alla Protezione civile: solo nel tardo pomeriggio l'argine è stato tamponato». Sindaco lei quando è andato per la prima volta nelle zone alluvionate? «Sono andato nella zona rossa, nel cuore di Marina la mattina presto, il 6 novembre. Ho visto il disastro. Ho visto la gente china, a spalare il fango, ho visto montagne di cose care che erano diventate rifiuti. Ma, soprattutto, mi ha colpito la disperazione che ho visto negli occhi della gente, era la stessa che avevo toccato con mano due anni prima, nella precedente alluvione. Vedere reiterata la stessa situazione, la stessa disperazione mi ha colpito profondamente». Qual è stato l'impatto con la "sua" gente? «In via Argine Destro mi ha colpito la dignità, la forza con cui le persone mni chiedevano aiuto: c'era bisogno di tutto e come prima cosa di liberare le case dal fango e dall'acqua. In altre strade alluvionate ho sentito la rabbia, il risentimento. In quel momento ho capito che il rapporto con la città si era rotto». responsabilità è stata del cielo, ed in parte è stata responsabilità dell'uomo. Si è perso un bel pezzo di credibilità, tutti quanti, tutte le istituzioni. Quello che mi rimprovero è di aver perso la lucidità: non sono stato in grado di spiegarmi bene cari la mia città». Si riferisce alla frase "non siamo responsabili " pronunciata il giorno della manifestazione in piazza Due Giugno? «Certo. Non era mia intenzione far passare il messaggio che come amministrazione ci sentivamo immuni, non era questo il senso. Avevo visto sventolare il cappio, c'erano fumogeni e gente che mi prendeva le gambe, da sotto le scale del Comune: ho perso la lucidità, ma era un momento davvero difficile. Con questo non cerco scuse: un pezzo di credibilità è crollato, proprio come quei cento metri di muro durante l'alluvione. Adesso si sta cercando di recuperare il rapporto fiduciario con tutte le istituzioni, non solo con il Comune». C'è una cosa, in positivo che l'ha colpita in quei giorni così difficili? «La cosa bella è stata la forza di Carrara. Anche in quei momenti difficile la città ha dimostrato tutta la sua storia, e il suo grande carattere. Il nostro popolo è abituato a lottare, ce l'ha nel Dna. I carraresi hanno gli anticorpi per reagire anche nelle situazioni più critiche». Sindaco cosa non rifarebbe se potesse tornare indietro a prima del 5 novembre di due anni fa? «Tornassi indietro avrei senza dubbio un rapporto meno fiduciario con gli enti competenti (Regione e Provincia), per legge, ai progetti e alla manutenzione sul Carrione. Avrei chiesto di essere tenuto aggiornato dei progetti, delle opere, e avrei convocato il tavolo tecnico e istituzionale per fare le verifiche». Perché? «L'alluvione ha segnato il punto di massima criticità. Credo che la gente abbia capito subito che in quell'evento, in quella esondazione in parte la Pagina 305 ovü i'%/m La contestazione in piazza Due Giugno C'è una cosa bella che ricordo di quei momenti terribili: la forza di Carrara. La cosa píù brutta? Quando ho visto sventolare il cappio sotto il Comune II sindaco Zubbani invia Argine Destro subito dopo l'alluvione Alluvioni in Toscana Pagina 306 Alluvìone, ferìta ancora aperta Un viaggio nelle strade e nelle case colpite dall'esondazione ® il "mostro " non e il Carrione OCCHI A C LO, l-' A PUCTNO QUFHA FERITA NON SI C HIUDE di ALESSANDRA VIVOLI li occhi rivolti al cielo. Le mani strette a pugno. Forte. Se si potes- se descrivere , utilizzando solo un paio di immagini, lo stato d'animo della gente di Marina di Carrara, due anni dopo l'alluvione che ha portato via molto, a qualcuno tutto, i gesti da fermare in uno scatto sarebbero proprio questi. Gli occhi al cielo, perché quando si parla di alluvione, nella pancia della vecchia Marina, istintivaTnente lo sguardo va alle nuvole. Si scruta il cielo . E chi vive a un tiro di schioppo dal Carrione oramai lo fa d'abitudine, appe- na l'umidità si fa più pesante. Le mani invece si stringono, per frenare la rabbia. Non contro il fiume, stavolta no. Il Carrione non è il mostro. La rabbia però è ancora la stessa. Contro chi ha costruito quell' argine, franato come fosse fatto d' argilla sotto Fonda di piena che all'alba del 5 novembre di due anni fa ha mandato sott'acqua interi quartieri. Il sindaco Angelo Zubbani ha detto una cosa forte: «Subito dopo l'alluvione ho sentito che il rapporto di fiducia fra la città, il Comune e le istituzioni era venuto meno. Era crollato insieme all' argine del fiume». A due anni dall'alluvione la sensazione è proprio questa. Anzi, sembra che quel rapporto di fiducia si sia interrotto in maniera definitiva e che la ferita di una comunità colpita nell'intimo , nelle proprie case e nei propri ricordi ridotti a poltiglia, non sia stata ancora ricucita. Vagando fra le strade di Marina, in quella che per giorni, settimane e mesi, è statala "zonarossa", a dispetto di un passato che l'aveva eletta come la zona residenziale per eccellenza, chi ha vissuto l'alluvione sulla propria pelle alza gli occhi al cielo. E stringe le mania pugno. Le storie sono tante. I punti in comune troppi. «Ho perso tutto, mi hanno dato cinquemila euro, solo per rifar partire la macchinane ho spesi il doppio», racconta Sabrina Bertoloni, da via Del Medico. «Abbiamo dovuto rifare la casa da principio, non c'era più nulla da salvare», le fa eco Evo Bertuccelli, daviaMenotti. Spese da affrontare ingenti, e, ad oggi, pochi contributi. «Vogliono le fatture, è tutta una roba complicata - si sfoga Milva Del Padrone - non ci pensano che a 74 anni ho dovuto comprare di nuovo perfino i fazzoletti e la biancheria per il letto, come una sposa». C'è la rabbia per una ricostruzione lenta, per una burocrazia che rende tutto più difficile e per un senso di abbandono che, nel cuore di Marina, in molti sentono ancora. A questo sentimento si aggiunge la paura, quella che non fa dormire quando il cielo è più nero. Ma anche quella che si addensa attorno al nuovo argine, quello che si sta ricostruendo proprio là dove era crollato. «Ma sarà sicuro ? E noi saremo al sicuro?» È la domanda più frequente in via Menotti, invia Firenze, in via Argine Destro. La fanno soprattutto gli anziani quando si parla dei lavori sul fiume. Sono quelli che non ci possono nemmeno pensare a rivivere quel 5 novembre e che, forse, oggi non avrebbero più le energie per mettersi a combattere con il fango. E così si ritorna al punto di partenza. Agli occhi al cielo, alle mani strette a pugno. A una Marina ancora ferita, a una ricostruzione faticosa e a un rapporto con le istituzioni che sembra minato dalle fondamenta. Eppure adesso i lavori, il masterplan - per dirla in termini tecnici - degli interventi per la messa in sicurezza del territorio proprio ieri mattina è stato presentato a palazzo. Un monitoraggio completo sul Carrione, dalla foce ai monti. La ricostruzione del muro crollato, in via Argine Destro, invece è sotto gli occhi di tutti come quelle pesanti palancole destinate a ancorare l'argine e tenere lontana la paura. Ma qualcosa da quel 5 novembre di due anni fa è cambiato. Qualcosa si è rotto, di ancora più profondo del muro. Ma ricostruire è un dovere. 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Nella "zut iuss, prevale la rabbia per una ricostruzione lenta: qualcosa si è rotto Alluvioni in Toscana Pagina 307 LE INIZIATIVE 1 OGGI Ir T 11.0 il* una mostra munnuediale e dibattiti per ricordare CARRARA Assemblea Permantente, Movimento 5 Stelle e Consiglio dei Cittadini di Marina di Carrara ricordano l'alluvione 2014 con una serie di iniziative. E i titoli scelti la dicono lunga sul tenore, per lo più critico, degli eventi. Assemblea Permanente ha scelto di ispirarsi alle parole pronunciate dal sindaco di Carrara Angelo Zubbani davanti alle migliaia di cittadini scesi in piazza per protestare nei giorni immediatamente successivi all'alluvione: alle 12 di oggi si aprirà "Il Carrione non si sente responsabile". Alluvioni in Toscana L'appuntamento è in Sala di Rappresentanza dove è stata allestita una mostra fotografica con proiezione - dedicata alle immagini di quei drammatici giorni. Poi, nel pomeriggio, alle 14 in Piazza 2 giugno si terrà il gioco di società collettivo "Marmopoly-Edizione aggiornata 2016"; dalle ore 15 spazio al dibattito sullo stato dei lavori di "Non messa in sicurezza" con Dariella Piolanti (Ass. Amare Marina), Riccardo Caniparoli (Italia Nostra), Giuseppe Sansoni (Legambiente), Egidio Pedrini (Sindaco di Zeri), Maurizio Pascucci (Fond. A. Caponnetto). Marina allagata per l'alluvione E anche il Movimento 5 Stelle dedicherà l'intera giornata al torrente Carrione. L'appuntamento, intitolato "Il Carrione... ieri, oggi e domani" si aprirà alle 10 nei locali della PortAuthority in viale Colombo 6 a Marina dove per tutta la giornata sarà possibile visitare una mostra multime- daale. Dalle 14 visita guidata lungo il bacino di Tarano del Carrione con partenza alle ore 13.45 da Viale Potrignano 13 di fronte alle scuole elementari. Dalle 17 si torna all'Autorità Portuale per il dibattito, "Il Carrione due anni dopo: rischi e soluzioni" con Michele Santini (ingegnere idraulico), Alberto Grossi (ambientalista dell'anno 2015), Marcello Palagi (giornalista), Giorgio Pizziolo (professore universitario), PaolaAntonioli (Legambiente Carrara), Laura Bottici (senatrice M5s) e Giacomo Giannarelli (consigliere regionale M5s). Anche il consiglio dei cittadini di Marina di Carrara ricorda il biennale dell'alluvione e lo fa con una seduta "straordinaria" dedicata agli aggiornamenti sullo stato dei lavori nel tratto marinello del torrente. L'appuntamento è alle 11 nella sede della ex circoscrizione a Marina. Pagina 308 L'elenco ( i tempi) di tutti gli interventi in programma dai monti al mare alla manutenzione dell'inter distretto idraulico da Avenza a Colon nata di Cinzia Chiappini 1 CARRARA Alla vigilia del secondo anniversario dal crollo dell'argine del Carrione, il sindaco Angelo Zubbani ha fatto il punto sullo stato di avanzamento degli interventi di mitigazione del rischio idraulico previsti dal Masterplan approvato dalla giunta regionale lo scorso agosto. «,Azzerare il rischio è impossibile, abbatterlo si può e qualcosa abbiamo iniziato a fare» ha dichiarato il primo cittadino elencando opera per opera, finanziamento per finanziamento, il crono-programma dei lavori. «A chi mi chiede cosa sia cambiato in questi due anni rispondo che oggi, dopo una lunga serie di studi e indagini sul territorio abbiamo un'idea chiara di quello dobbiamo fare». il programma di interventi. Il sindaco Zubbani "celebra" il secondo anniversario del crollo della sponda di via Argine Destro, nel tratto avenzino del Carrione, con una disarnina puntuale delle opere avviate e da avviare sul torrente secondo quanto indicato nel Masterplan approvato ad agosto dalla giunta del presidente Enrico Rossi. Un programma di intervento a lungo termine, ha spiegato il primo cittadino, con una tempistica dettata dalle priorità indicate da tecnici ed esperti, sulla base delle criticità rilevate sul campo. Non è un Alluvioni in Toscana caso dunque che il primo intervento a partire, lo scorso luglio, sia stato quello per la ricostruzione dell'argine crollato: il cantiere da 3,9 milioni di giuro è attualmente in stand by causa spostamento sottoservizi ma riaprirà a metà novembre e, secondo quanto ha lasciato intendere il titolare della ditta appaltatrice in occasione del sopralluogo a settembre del presidente Rossi, sarà consegnato prima dei termini indicati in sede di gara. i lavori sull'Aurelia e a Marina. Le ruspe sono in arrivo anche più a monte: a gennaio partiranno il lavori del lotto VIII, ovvero il tratto del Carrione tra l'Aurelia e il ponte Rfi: qui sono previsti interventi su argini e alveo per 3,4 milioni di euro, già stanziati. Subito dopo si proseguirà a valle, tra il ponte ferroviario e quello di via Giovan Piero con l'adeguamento delle campate dell'attraversamento di Rfi, uno dei tanti "tormentosi" dei residenti che ormai da due anni ne segnalano regolarmente l'occlusione. Ancora in fase di progettazione, ma l'iter è agli sgoccioli, la "canaletta di magra" per il tratto vallivo del torrente, che dovrebbe ridurre l'accumulo dei sedimenti da Avenza alla foce, con un intervento da 2,1 milioni di euro. Fin qui le opere nella fase più avanzata, già state avviate o in avvio nel 2017, a cui si aggiungerà l'intervento di rinforzo degli argini nella zona di Marina - in progettazione ma non ancora finanziato: la Regione Toscana ha già chiesto al governo 5,5 milioni di euro dando la disponibilità a finanziare lei l'opera in caso di risposte negative (o eccessivamente lunghe) da Roma. La progettazione. Per quanto ri guarda il capitolo delle cose "ancora da fare", Masterplan alla mano, Zubbani ha annunciato che il 2017 sarà l'anno della progettazione di quelle che sono già state ribattezzate le "grandi opere" previste dal professor Giovanni Seminara, a cui la Regione ha "affidato" il paziente Carrione: si tratta del bypass tra il ramo di Torano e il torrente Gragnana e di tre invasi nei bacini marmiferi che, dicono i bene informati, potrebbero costare «qualche decina di milioni di euro». Il primo intervento prevede la creazione di un canale sotterraneo che convogli le acque che scendono da Torano sotto il monte d'Arma, alleggerendo la portata del Carrione nel centro storico e scaricando il surplus nel Gragnana che lo riverserebbe sì nel torrente cittadino ma a valle del tratto più critico. Le mini dighe al monte. Il secondo intervento è quello delle "mini dighe" da costruire nei bacini marmiferi per trattenere l'acqua nella fase più acuta delle piogge, per poi rilasciarla gradualmente dopo l'evento. Messe in atto le "grandi opere", si procederà a valutare la situazione dei ponti storici: «Sulle passerelle private non ci sono dubbi, saranno rimosse nel corso del prossimo anno. Proprio in occasione dell'aggiornamento sul Masterplan del Carrione, il Consorzio di Bonifica Toscana Nord ha risposto al sollecito dell'amministrazione carrarese sulla manutenzione del torrente: conclusi i lavori sul centro di Carrara, a breve verrà completata anche la zona di Avenza per poi partire entro metà di novembre alle Canalie e a Colonnata. «Il Consorzio completerà la manutenzione dell'intero distretto idraulico del Carrione per un investimento da oltre 270 mila curo». Nelle prossime settimane sarà avviata la rimozione della barra di foce grazie a un co-finanziamento da 40 mila curo dalla Regione Toscana. I ponti storici . «Per i ponti storici c'è ancora tempo per riflettere» ha spiegato Zubbani lasciando intendere che una volta "soppesata" l'efficacia di bypass e invasi a monte, dati sulle portate alla mano, tecnici e politica decideranno cosa fare del Ponte della Bugia e del Mulino Forti. Manutenzione da 27Omila euro. Pagina 309 La piena dei Carrione il 5 novembre di due anni fa I lavori in corsa in-A, 5i ne nastro e le pala.-. áel muro in ricost. Alluvioni in Toscana Pagina 310 G IANNARE-ELLI (MOVI MENTO CI NQUE STE LLE) «jua 1 one manca dì coraggio» il consigliere grillino: servono chiarimenti sulla messa in sicurezza 1 CARRARA Chiarimenti sulla messa in sicurezza del torrente Carrione a due anni dall'alluvione che ha colpito Marina di Carrara. E quanto ha chiesto ieri il consigliere regionale M5S Giacomo Giannarelli, annunciando un' interrogazione in merito. «Un filo conduttore lega il 4 e 5 novembre: ricordiamo la tragica alluvione di Firenze che costò la vita a 35 cittadini e oggi ricorderemo i 450 carraresi sfollati nel 2014 per la rottura degli argini del Carrione. In entrambi i casi se si fosse inve- Alluvioni in Toscana stito nella cura dei corsi d'acqua avremmo evitato disastri e risparmiato molto denaro pubblico - ha sottolineato Giannarelli -. Purtroppo l'esperienza ha insegnato poco, perch i partiti di maggioranza, Pd in testa, continuano a spendere 25 volte meno del necessario in interventi di prevenzione del rischio, continuando a disperderli in grandi opere inutili e spesso incompiute». Secondo l'esponente del Movimento Cinque Stelle «spiace rilevare che la Regione manchi di coraggio: prima coni missiona uno studio apposito, lo Stu- dio Seminara, poi omette gli interventi indicati da questo, nel progetto esecutivo degli interventi nel quale mancano tutte le opere a monte». Giannarelli ha chiesto quindi al governatore Rossi «se, almeno nelle pause tra presentazioni del suo libro e comparsate tv nazionali, può spiegarci come mai la Giunta indichi coperture perla messa in sicurezza solo per quest'anno, 3,9 milioni, non dando garanzie su quelli a venire per i quali serviranno, dicono, ulteriori approfondimenti tecnici». 01 RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 311 Firenze, il ritorno degli angeli «Ridateci l'energia del 1966» Alluvione: Mattarella e Renzi in città coi volontari ANDREA FAGIOLI FIRENZE ultima cena è tornata in Santa Croce, a cinquant ' anni dall'alluvione. Vasari si è riavvicinato a Cimabue , ma non più di tanto . Il preziosissimo "Crocifisso" è in alto, al sicuro, nell'antica sacrestia della basilica francescana. Non è più nel Cenacolo dove l'acqua melmosa lo sommerse il 4 novembre 1966. Sembrava perduto per sempre , ma è stato recuperato ed è stato spostato tre anni fa. Un sistema di contrappesi, realizzato appositamente , consentirà di metterlo in salvo in circa due minuti. Nel refettorio trecentesco trova invece nuova collocazione il monumentale dipinto vasariano dopo il restauro voluto con forza dall'Opera di Santa Croce ed eseguito, grazie anche ad alcuni sponsor, dall'Opificio delle pietre dure. All'inaugurazione è intervenuto ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Primo appuntamento di un pomeriggio fiorentino che lo ha visto attraversare , accompagnato dal sindaco Dario Nardella, anche il ripristinato (a tempo di record) Lungarno Torrigiani dopo la voragine di cinque mesi fa, prima di recarsi in Palazzo Vecchio per la cerimonia ufficiale per il cinquantesimo dell'alluvione. Nella sua città , ieri, a sorpresa per quanto riguarda l'anniversario, anche il premier Matteo Renzi . La sua presenza non era prevista dal programma (anche se si sapeva del suo impegno serale alla Leopolda). «Non potevo mancare», ha precisato il presidente del Consiglio. Mentre agli "angeli del fango " tornati a Firenze per l'anniversario ha chiesto di trasmettere «ottimismo ed energia per guardare al futuro con entusiasma ». All'Italia, infatti, secondo Renzi, anche a proposito del recente terremoto, non mancherebbero i soldi per ricostruire bensì « l'entusiasmo e l'energia che caratterizzarono quel 1966». Mattarella, intervenendo nel Salone dei Cinquecento, ha fatto anche lui un parallelo tra l ' alluvione e il terremoto : «Ci sono persone che, oggi come cinquant'anni fa, hanno perso tutto: affetti, casa, lavoro, ricordi. Dobbiamo preservare la loro speranza ». Altri " angeli" come quelli Alluvioni in Toscana del fango sono oggi impegnati in altre parti d'Italia, nelle Marche, nell'Umbria, nel Lazio colpite dal terremoto ; nelle aree di guerra e di carestia ; ovunque ci siano uomini, donne e bambini in pericolo, scavano tra le macerie, curano malati e feriti, assistono profughi e indigenti «Firenze, allora, ha dimostrato che rinascere è possibile. I giovani accorsero per liberarla dal fango ma , in fondo, anche per liberare se stessi, per sentirsi partecipi di un mondo che desideravano migliore. Ricostruire è un dovere, con l'aiuto dello Stato e con la solidarietà di tanti ». Ai terremotati il Capo dello Stato ha detto : «Non siete soli. Insieme ce la faremo : la solidarietà del nostro Paese, delle persone comuni, dei gruppi organizzati , delle istituzioni, nei momenti di difficoltà , rappresenta una straordinaria energia ricostruttiva». Ma l'altra notizia di ieri è che Firenze rischia ancora. La tragedia dell'alluvione non ha insegnato molto se ancora oggi, a cinquant'anni di distanza , con la stessa situazione climatica , l'Arno andrebbe nuovamente di fuori. Per decenni si è fatto ben poco . Solo negli ultimi anni c'è stata una accelerazione . Anche a questo proposito Renzi ha detto che i soldi ci sono, che occorre «investire tutto quello che serve per riportare l'Arno a essere l'anima della città». E proprio stamani sarà firmato il Patto per Firenze tra governo e amministrazione comunale per la realizzazione di interventi infrastrutturali e non in favore del capoluogo toscano. Capo dello Stato e premier tracciano un parallelo con terremoto: « Qui abbiamo visto che rinascere è possibile» Pagina 312 La mappa dell'alluvione Come le acque dell'Arno hanno invaso il centro storico di Firenze cinquant'anni fa ore 3 Piazza /'ore 4 S.to Spirito , San Frediano IVlentana --------- LIVELLO MASSIMO PIAZZA SANTA CROCE ------------------- Alluvioni in Toscana ore Dopo aver toccato i 6 metri 18 di altezza l'Arno comincia a rientrare Pagina 313 C: Beton • • que g orn fierezza e d gn t de fiorent n : {{ i i i i i à i i i» Nella chiesa di Santa Croce (luogo simbolo dell'alluvione, che la sommerse con cinque metri d'acqua) ani fronte alla fragilità della nache molti vescovi toscani e igonfalotura «non c'è spazio per il fani di numerosi comuni: a testimoniare che quel tragico evento non talismo; c'è un invito a fare colpì solo il capoluogo, ma gran partutto ciò che si deve, senza ulteriori te del territorio toscano. Così come rinvii, per mettere in opera quanto non solo fiorentine furono le vittime può proteggere il nostro territorio. E di quel 4 novembre: un elenco di 35 un dovere per chi regge le sorti della nomi letto prima della Messa dal preconvivenza civile». È il richiamo del sidente dell'associazione Firenze cardinale Giuseppe Betori, citando le Promuove Franco Mariani. parole di Papa Francesco nella Lau- II cardinale Betori Proprio dal ricordo delle vittime è dato si', nel cinquantesimo anniversano dell'alluvione di Firenze. Alla cepartita la riflessione del cardinale. Al lebrazione, nella basilica di Santa Crobuio di quei giorni seguirono, però, ce, erano presenti anche alcuni presuli anche molte luci: «la fierezza e la dignità dei fiorentini, la loro volontà di che nel 1966, da seminaristi, erano venuti a ripulire la città, in mezzo agli alnon darla vinta all e acque limacciotri "angeli del fango": come il vescovo se. Poi l'accorrere di tanti uomini e donne in nostro aiuto, soprattutto di di Brescia Luciano Monari, il vescovo giovani che mostrarono una generoemerito di Como Diego Coletti, l'arcisità commovente, ma anche la convescovo di Lucca Italo Castellani. O sapevolezza che perdere Firenze e i come il cardinale Gualtiero Bassetti, suoi tesori di umanità e arte sarebbe arcivescovo di Perugia -Città dellaPieve, che mezzo secolo fa era un giovastata una rovina irreparabile per l'une prete fiorentino e dette un contributo importanmanità». In quei giorni si manifestò per laprimavolte per aiutare i suoi parrocchiani. Da seminarista ta in Italia, ha affermato Betori, una solidarietà poi giunse aFirenze anche lo stesso Betori: «Sapete quanriapparsa «in forme sempre più organizzate nelle alto sia fiero - ha raccontato nell'omelia - di essere otre catastrofi naturali in questi anni, anche in questi ra pastore di una città dove la prima volta che vi engiorni nel funesto sisma dell'Appennino centrale». trai non lo feci stringendo un pastorale con cui seL'arcivescovo di Firenze ha ricordato anche la visita gnare un cammino di fede, ma impugnando un bache il Beato Paolo VI fece a Firenze, la notte di Natadile con cui liberare dal fango le case della gente. Sole del '66, e le parole che il poeta Mario Luzi rivolse no felice che le mie mani, che ungono con il Crisma a un altro papa, San Giovanni Paolo II per ricordare la fronte dei nostri ragazzi e il palmo dei nostri precome l'umanesimo fiorentino dette vita a «slanci di ti, siano state impregnate in quei gionù della terra e santità e carità» dell'acqua raccolte dalle case del nostro popolo». RICCARDO BIGI FIRENZE In Santa Croce il toccante ricordo del Cardinale con altri presuli che vennero per aiutare © RIPRODUZIONE RISERVATA Alluvioni in Toscana Pagina 314 ................................... FIRENZE IL RICORDO. Il 4 novembre 1966 l`Arno in poche ore invase la città Tanti italiani, ma anche inglesi, olandesi, americani, australiani: quegli «angeli del fango», allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento in Palazzo Vecchio a Firenze per ricordare i giorni del disastro quando 50 anni fa la furia delle acque travolse la città, in quel terribile 4 novembre del 1966. La voce non sempre è ferma, i capelli si sono imbiancati, ma l'emozione e l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento dove si sono dati appuntamento, e dove li hanno raggiunti anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi, non sembrano diminuiti. «Portateci col vostro ottimisino e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo», ha detto loro in mattinata il premier che, a sorpresa (la sua presenza non era nel programma), è arrivato alla cerimonia, per un breve intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha parlato Mattarella. Il presidente della Repubblica ha scandito: «È merito anche vostro se Firenze, da città dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e nel mondo, grande capitale culturale. Avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di ideologia, di religione». Mattarella li ha paragonati agli attuali angeli, quelli che sono impegnati nelle zone del terremoto, ma anche nelle aree di guerra e di carestia dove c'è chi soffre. Molte le testimonianze che si sono alternate per tutta la giornata sul palco. «Cinquant'anni fa, sono stato qui a Firenze con 140 dei miei uomini: abbiamo purificato e reso potabili novemila metri cubi d'acqua, uno spazio grande come un canapo Alluvioni in Toscana Gli «angeli del fango» tornano a Firenze In mille da tutto ïl mondo 50 anni dopo l'alluvione Mattarella: «La solidarietà non conosce co '» Portateci con il vostro ottimismo a guardare al futuro con entusiasmo MATTEO RENZI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO da calcio. A Firenze mancava tutto, anche l'acqua da bere: facemmo un grande lavoro, e i fiorentini erano mollo grati. Come sono grato io oggi di essere qui», ha detto il colonnello olandese France Sedee, allora inviato nel capoluogo toscano con un contingente. Dall'Olanda è arrivata anche Renny van Heuven, all'epoca giovane storica dell'arte: «La situazione era terribile, i danni incalcolabili: io e altre cinque colleghe abbiamo aiutato come potevamo a portare avanti alcuni restauri all'Opera del Duomo, in palazzo Serristori, all'ospedale degli Innocenti e in altri palazzi storici. Lavoravamo tutto il giorno senza sosta, e tutte le sere c'era un parroco che veniva a regalarci un Bacio Perugina. Abbiamo fatto di tutto: anche asciugare libri fradici con fogli assorbenti, per settimane. Nella basilica di Santa Croce ho pulito pure una statua di Baccio Bandinelli». L'inglese Susan Glasspool era invece solo una studentessa che si trovava a Firenze quando l'Arno mangiò la città: «Ho visto vie, case, negozi, bellissimi con le loro vetrine, i loro arredi, scomparire. Inghiottiti dal fango. Non ebbi nemmeno la forza di scattare delle foto, c'erano opere d'arte, sculture strappate ai loro piedistalli dalla furia dell'acqua. Eravamo tutti sconcertati. Ma persino in quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto fare qualcosa. E lo abbiamo fatto». Fuori, ben visibile a chi passava in piazza della Signoria, su Palazzo Vecchio sventolava un grande tricolore; lo hanno messo i Vigili del fuoco, anche loro furono angeli indispensabili per una città in ginocchio. • Pagina 315 Firenze sommersa da acqua e fango per l'alluvione dell 'Arno: 1966 Alluvioni in Toscana Pagina 316 «impegno costante» «La Regione è in primafila per are che eventi. delgencre osseno ri petersi da noi» « P rima la difesa» , 7VIANA BECCALOSSI SSESSORETERRITORIO Accademici a confronto per la tutela del suolo «Occorre dedicare personale auna omogenea pa tica di difesa del suolo sutterritorirn> MAURIZIO11RA - RETTORE UNIVERSITÀ L1NCONTRO. La piena che 5U anni fa colpi Firenze, la Toscana e grande parte deltltaiia centrale è stata ricordata dati intera comunità scientifica bresciana Breseï.U * ' la grande "" * e dell' I professori di UniBs Baldassarre Bacchi e Roberto Ranzi hanno curato l'organizzazione di un «seminario diffuso» Mauro Zappa .............................................................................. L'alluvione che 50 anni fa colpì Firenze, la Toscana e grande parte dell'Italia centrale è s tata ricordata dall'intera comunità scientifica nazionale. Anche a Brescia i drammatici fatti del 1966 sono stati l'occasione per una loro rivisitazione alla luce delle conoscenze nel frattempo acquisite in ambito idrologico-idraulico. Ai professori di UniBs Baldassarre Bacchi e Roberto Ranzi il merito di avere curato l'organizzazione di un «seminario diffuso» svoltosi ieri nell'aula consiliare della Facoltà di Ingegneria, presente Maurizio Tira, il nuovo Rettore dell'ateneo cittadino. UN APPUNTAMENTO che è servito a redarre un bilancio degli interventi strutturali raccomandati dalla «Commissione Interministeriale De Marchi» istituita all'indarnani della devastazione del capoluogo toscano. L'organismo che prese il nome dal suo Presidente, quel Giulio De Marchi unanimemente considerato il padre dell'idraulica italiana, giunse a una serie di conclusioni sintetizzate dal Professor Bacchi, la principale delle quali suggeriva di «dedicare personale a una omogenea e non contraddittoria politica di difesa del suolo sul territorio nazionale». Passarono vent'anni prima che da quelle riflessioni nascesse una legge, la 183/89. Punti salienti del provvedimento: la necessità di affrontare i problemi a livello di bacino e la predisposizione di un Piano non derogabile rispetto ad altri strumenti di pianificazione territoriale. La verifica di quanto attuato dalle azioni previste dalla «Commissione De Marchi» è stata oggetto dell'intervento di Viviana Beccalossi, ospite del seminario. L'assessore al Territorio, Urbanistica e Difesa del Suolo di Regione Lombardia ha segnalato come la programmazione e la progettazione degli interventi in materia di prevenzione rivestano «carattere di priorità, soprattutto perché la frequenza degli eventi calamitosi e la vulnerabilità del territorio non lasciano nessuno nelle condizioni di poter rimandare sempre il problema». «Pianificare l'assetto di un corso d'acqua a scala di bacino, stabilire nel dettaglio le azioni da intraprendere e prevedere gli interventi strutturali a un livello qualitativo il più alto possibile - ha proseguito l'esponente di Fratelli d'Italia - è un obbligo morale nei confronti dei cittadini che subiscono le conseguenze delle calamità idrogeologiche». DOPO AVER RICORDATO che «a partire dalle alluvioni che flagellarono la Valtellina nel lontano 19 87, e in seguito durante tutti gli altri eventi calamitosi di questi ultimi anni, i nostri tecnici si sono particolarmente distinti, cimentandosi in progettazioni complesse e su situazioni idrogeologiche anche molto difficili, arrivando a fornire soluzioni tecniche innovative e ben calibrate rispetto alle diverse situazioni di dissesto». Beccalossi ha posto poi l'accento sulla «particolare attenzione che RL dedica al tema del dissesto idrogeologico, certificata dall'impegno profuso per arrivare ad approvare la recente Legge Regionale (4/2016) in materia di difesa del suolo, di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico e di gestione dei corsi d'acqua, la quale, unitamente alla Legge Regionale inerente alla riduzione del consumo di suolo (31/2014), pone la Lombardia in una posizione d'avanguardia rispetto alle altre regioni italiane». Come dire che la Regione è in prima fila per la prevenzione dei possibili maggiori rischi idreologico.• O RIPP.000ZIGPIE RISERVATA L'alluvione dell'Arno 50 anni fa colpì Firenze, la Toscana e grande parte dell'Ita Alluvioni in Toscana Pagina 317 Firenze e Castel ella unite dall'u manità eli «aneli del fango>> Si fa presto a dire cinquant'anni fa avvenne... Chi c'era ha cancellato in fretta i brutti ricordi, le paure, l'onda lunga di acqua melmosa che invadeva campi e case senza ritegno e senza chiedere scusa a nessuno. E oggi che i giovani non sanno quello che i padri hanno già dimenticato, sfogliare le pagine di cronaca di quei giorni sembra un esercizio di ripasso piuttosto che una presa di coscienza di fatti che «di fatto» hanno sconvolto il modo di affrontare mali e catastrofi disastrosamente rivolte alle popolazioni. Da quel «4 novembre 1966» niente è stato come era prima: i giovani di quel tempo, smisero di essere giovani spensierati e diventarono, chi «angeli del fango», chi «spalatori di fango» o «soccorritori di anziani e malati» e chi, anche, «curatori e mungitori di mucche». Pioveva dal giorno prima e in città correva voce che addirittura il dormiente Garza scendeva dalla valle di Nave e Caino con una rabbia mai vista, pronto a inghiottire, durante il passaggio nei circuiti sotterranei della città, tutto quel che avrebbe incontrato. Però, sebbene Brescia e provincia fossero strette tra minacciosi corsi d'acqua, tutti parlavano di ciò che stava accadendo a Firenze, dove l'Arno «non lo trattiene neppure l'angelo Gabriele». Firenze divenne allora il punto a cui guardare per misurare l'emergenza, per invocare che l'acqua passasse senza seminare distruzione, per impetrare dal Cielo che almeno l'arte e la storia millenaria del popolo non venisse cancellata. Ma l'acqua non faceva scempio solo da quelle parti. Don Bergomi, parroco di Alluvioni in Toscana ,; W Castelmella,fu il primo a chiedere che nessuno stesse con le mani in mano di fronte all'ondata di acqua, temporali e maltempo che si stava riversando sulla provincia. In quel «4 novembre 1966», al pari di Firenze. Castelmella, paese a due passi dalla città, venne invaso dalle acque del suo fiume. «Dateci una mano» invocava il parroco. Così, improvvisamente, dieci, mille, duemila mani si unirono per aiutare la gente a vincere la sfida. CASTELMELLA, rispetto a Firenze e la Toscana era ben poca cosa e le bastò un giorno e mezzo per mettere le cose in carreggiata e dare alla gente la possibilità di farcela da sola. Invece, a Firenze non si vedevano soluzioni: radio Rai annunciava gli scempi e lanciava grida di aiuto. Ricordo che don Milani, il prete di Barbiana che s'incaponiva di dare cultura anche ai ragazzi e ai giovani più disperati, spedì a Firenze i «suoi» perché aiutassero le persone in difficoltà, ma anche per salvare, se possibile. «anche i più piccoli lembi di cultura e di arte». E fu proprio quel prete a dare il via all'opera di soccorso volontario orientato al salvataggio della nostra memoria, delle tante e buone briciole di storia appartenenti all'umanità, del bello dipinto-scolpito, anche scritto in tomi poderosi e via via raggruppato inversi e cantate. Firenze, ma anche Castelmella, si popolarono di giovani pronti a fare di tutto pur di rendersi utili. Firenze e i paesi disseminate lungo la Valle dell'Arno conobbero ed apprezzarono gli «angeli del fango»: belli, giovani, sconosciuti, uniti uno all'altro dalla convinzione che, volendo, tutto poteva essere salvato. Questo o quel monsignore che insieme ai cardinali, ieri mattina in Santa Croce, partecipava alla concelebrazione della Santa Messa dell'anniversario-tra a Al lavoro tra il fango per salvare le opere d 'arte di Firenze Anche il vescovo vile ivionarì o presente sull'altare per la messa celebrativa di Santa Croce questi, il nostro vescovo Luciano Monari - erano gli stessi che rubando giorni allo studio si confusero tra i volontari desiderosi di dare una mano a Firenze. Ma ieri a Firenze il vescovo Luciano rappresentava non la sua esperienza , bensì la generosa , appassionata e folle disponibilità esibita dai giovani e giovanissimi bresciani. Senza un'organizzazione definita partirono per primi gli amici dello scautismo , abituati ad arrangiarsi anche in condizioni difficili. A organizzarli e a guidarli furono Gigi e Fausto Fasser, il primo architetto e il secondo ingegnere, entrambi cultori e difensori dell'arte, dell'anima popolare che vince le sfide e non s'arrende certo all'acqua o al fuoco, sostenitori del bello di tutti e pertutti, guardiani di qualsiasi sito deputato a contenere arte e cultura. COSÌ BRESCIA e i bresciani aiutarono Firenze a vincere la sfida. I giovani partiti per aiutare tornarono dopo giorni intensi di lavoro e di sacrifici. Erano esausti e affamati, ma felici. Avevano contribuito a scrivere pagine di storia destinate a confermare che la generosità e la disponibilità di coloro che tutto fanno senza nulla chiedere in cambio è la forza che consente di andare oltre ogni avversità. Accadde a Castelmella, provincia di Brescia, e anche a Firenze, città del mondo. Volendo, può accadere anche oggi laddove la terra trema e le case si sbriciolano . LUCIANO COSTA D RIPROOUZIUNE RISERVATA Pagina 318 Firenze L'omaggio di Mat iarella «Il pericolo 5o anni fa era l'acqua e il fango, oggi proviene dal profondo della terra», così Il capo dello Stato Sergio Mattarella ieri a Firenze per ricordare l'alluvione del `66. Alluvioni in Toscana Pagina 319 LA VISITA A FIRENZE 50 ANNI DOPO L'ALLUVIONE II capo dello Stato inaugura il lungarno crollato II capo dello Stato Sergio Mattarella ieri era a Firenze per i 5o anni dall'alluvione Ha inaugurato il lungarno Torrigiani dopo il crollo del 25 maggio scorso e ha visitato la mostra del quotidiano «La Nazione» Alluvioni in Toscana Pagina 320 ................................... FIRENZE ILRICORDO. Il 4 novembre 1966 l`Arno in poche ore invase la città Tanti italiani, ma anche inglesi, olandesi, americani, australiani: quegli «angeli del fango», allora neppure ventenni, ieri si sono dati appuntamento in Palazzo Vecchio a Firenze per ricordare i giorni del disastro quando 50 anni fa la furia delle acque travolse la città, in quel terribile 4 novembre del 1966. La voce non sempre è ferma, i capelli si sono imbiancati, ma l'emozione e l'entusiasmo nel salone dei Cinquecento dove si sono dati appuntamento, e dove li hanno raggiunti anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi, non sembrano diminuiti. «Portateci col vostro ottimisino e la vostra energia a guardare al futuro con entusiasmo», ha detto loro in mattinata il premier che, a sorpresa (la sua presenza non era nel programma), è arrivato alla cerimonia, per un breve intervento, non dal palco, dove invece nel pomeriggio ha parlato Mattarella. Il presidente della Repubblica ha scandito: «È merito anche vostro se Firenze, da città dell'alluvione, è ritornata a essere, rapidamente, in Italia e nel mondo, grande capitale culturale. Avete dimostrato che la solidarietà non conosce confini, né divisioni di ceto sociale, di nazionalità, di ideologia, di religione». Mattarella li ha paragonati agli attuali angeli, quelli che sono impegnati nelle zone del terremoto, ma anche nelle aree di guerra e di carestia dove c'è chi soffre. Molte le testimonianze che si sono alternate per tutta la giornata sul palco. Gli «angeli del fango» tornano a Firenze In mille da tutto ïl mondo 50 anni dopo l'alluvione Mattarella: «La solidarietà non conosce co '» Portateci con il vostro ottimismo a guardare al futuro con entusiasmo restauri all'Opera del Duomo, in palazzo Serristori, all'ospedale degli Innocenti e in altri palazzi storici. Lavoravamo tutto il giorno senza sosta, e tutte le sere c'era un parroco che veniva a regalarci un Bacio Perugina . Abbiamo fatto di tutto : anche asciugare libri fradici con fogli assorbenti, per settimane. Nella basilica di Santa Croce ho pulito pure una statua di Baccio Bandinelli». L'inglese Susan Glasspool era invece solo una studentessa che si trovava a Firenze quando l'Arno mangiò la città: «Ho visto vie, case, negozi, bellissimi con le loro vetri- ne, i loro arredi, scomparire. Inghiottiti dal fango. Non ebbi nemmeno la forza di scattare delle foto, c'erano opere d'arte, sculture strappate ai loro piedistalli dalla furia dell'acqua. Eravamo tutti sconcertati. Ma persino in quel momento terribile sapevamo che avremmo dovuto fare qualcosa. E lo abbiamo fatto». Fuori, ben visibile a chi passava in piazza della Signoria, su Palazzo Vecchio sventolava un grande tricolore; lo hanno messo i Vigili del fuoco, anche loro furono angeli indispensabili per una città in ginocchio. • MATTEO RENZI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO da calcio. A Firenze mancava tutto, anche l'acqua da bere: facemmo un grande lavoro, e i fiorentini erano mollo grati. Come sono grato io oggi di essere qui», ha detto il colonnello olandese France Sedee, allora inviato nel capoluogo toscano con un contingente. Dall'Olanda è arrivata anche Renny van Heuven, all'epoca giovane storica dell'arte: «La situazione era terribile, i danni incalcolabili: io e altre cinque colleghe abbiamo aiutato come pote«Cinquant'anni fa, sono sta- vamo a portare avanti alcuni to qui a Firenze con 140 dei miei uomini: abbiamo purificato e reso potabili novemila metri cubi d'acqua, uno spazio grande come un canapo Alluvioni in Toscana Firenze sommersa da acqua e fango per l'alluvione dell 'Arno: 1966 Pagina 321 IL DOCUMENTARIO Oggi su Sky Arte Hd lo speciale "Firenze 66 dopo l'alluvione" : IL 4 NOVEMBRE 1966 l'Arno ruppe gli ard 1 7 inondò centro storico Una gini Firenze pro i vocan o 17 vittime nella sola città. Unaa dei luogh me 'accu, simbolo della cultura italiana nel mondo fu somer sa dall'acqua, assieme al l suo inestimabile pat eri o artistico. In occasione delle celebrazioni periiil c cinquantenario dell'Alluvione, Sky Italia manda in onda Firenze 66 -Dopo l'alluvione su Sky Arte 1 Hd, oggi in prima serata, alle 21.15. Attraverso le testimonianzecei protagonisti dei soccorsi, il commento di esperti e l'impiego di immagini d'archivio, il documentario Firenze 66-Dopol'alluvionedelfiorentino Enrico Pacciani, prodotto da Alkermes e SkyArte Hd, indaga come l'Alluvione abbia segnato per 50 anni la città di Firenze, ricorda la straordinaria mobilitazione degli "angeli del fango", soccorritori accorsi da tutto il mondo per salvare lo straordinario patrimonio culturale della città. Alluvioni in Toscana Pagina 322 ged in the 1966 flood in Florence, terwork is reinstalled 50 years later In early morning light, the low buildings lining both sides of the Arno River here glow in their myriad shades of ochre, like the shallow river itself, which flows calmly through the city. When I was here on Nov 4,1966, with my husband-to-be on our first trip to Europe together, it was quite a different sight. It had rained for days, and, totally saturated, the water table rose up; the CLARA VANNUCCI FOR THE NEW YORK 11MES Cimabu 's "Crucif' " a 13th-cen ury work that had been submer ed but is now res red. river, coursing angrily with a release from an upriver dam, overflowed its retaining walls into the streets. Stranded in our hotel along the river, I looked down from a second-floor interior balcony and saw that the water had risen Alluvioni in Toscana frighteningly to the ceiling of the lobby. I asked for two candles, two bottles of water and' a couple of packets of breadsticks. Would the foundation of the old building collapse? I took two flat wooden drawers from the armoire and placed them by the window in case we needed flotation devices. Then we took turns sleeping until dawn broke. Outside, large metal drums of heating oil, already topped off for winter, were swept into the Arno and banged all night against the bridges. Otherwise, all was ghostly quiet. By the next moriiing, the headline in La Notte described the scene: "Florence - City of Ghosts:' The city was a sea of sludge. With no food or water, and the risk of typhoid, we were told by the hotel staff to leave immediately to unburden Florence. One enterprising guest with a car on a hill ferried us in shifts to the train for Bologna. We knew we were leaving behind hundreds of ruined treasures - more than 1,500 artworks damaged by the muddy water and oil mix, by one count, as well as entire library collections. Of the eight major floods that have afflicted Florence since 1333 - three of them on a Nov 4 - this one in 1966 was considered the worst. I have returned here, now the editor of an arts journal, to remember and to observe the preparations for the 50th anniversary of this catastrophic flood. The city abounds with commemorative exhibitions, but the main event on the day itself is the reinstallation in the Cenacolo, the old refectory of Santa Croce, of Giorgio Vasari's "Last Supper" (1546). Long in the news, the five-panel painting is the final, most complex; severely damaged masterpiece in the flood to be restorëd. On that Friday, the water rose to 20 feet around Santa Croce, and "Last Sup- per" was totally immersed for more than 12 hours, its lower segments for even longer. The ceremony itself represents the symbolic end of an era, a poignant half-century in modern art history during which scores of experts in Florence, and young apprentices just learning their trade, labored painstakingly to restore priceless works. But the challenges for the Vasari appeared insurmountable until the last decade, with conservators hoping for new expertise to help them. The beloved Vasari painting of Christ and his disciples, shockingly contemporary for his time, was commissioned by the Benedictine nuns of the Florentine Murate Convent, whose cloistered life prohibited male artists from entering to paint a fresco. But a painting on poplar panels was easily transportable from Vasari's studio. Known for his 1568 second edition of Lives of the Most Eminent Painters, Sculptors, and Architects, and his design of Michaelangelo's marble tomb at Santa Croce, Vasari created a tableau of realism that drew viewers into the scene, to the empty place at Christ's table. Following the Napoleonic era and the unification of Italy, the convent was closed, and the painting was eventually relocated to the Castellani Chapel in the basilica of Santa Croce in 1865 and finally to the refectory in the Museum of the Opera there in the 1950s. Marco Grassi, now an art conservator in New York, apprenticed in Florence at the Uffizi Gallery. At the time of the flood, he was dividing his work between his studio in Florence and the Villa Favorita in Lugano, Switzerland, as a visiting conservator for the collection of Baron Thyssen-Bornemisza. He was in the Villa studio when the elderly custodian, came in. "Aren't you from Florence?" he asked, explaining that flood water in the city was up to the first floor of the Pitti Palace. After listening to the radio, Mr. Grassi jumped into his car. It took over 12 hours to make the usual five-hour trip, negotiating between military convoys. FLOOD, PAGE 21 Pagina 323 1bp,theArno Riverduringtñ Fbrenee riood Nov.4,1966. Le ervators worldng to pre rve Vasazi's S La.s[SUpper" afterthefood. Alluvioni in Toscana Pagina 324 Oyeai s fter the ood FLOOD, FROM PAGE 16 On Nov 5, he put on his boots and went immediately to the Uffizi, where a major meeting was held. "In truth;' he recalls, "the experience was new, and no one could stand up and say what should be done next technically with works that had been immersed for hours in water mixed with mud and black heating oil:' What they understood was that panel paintings would first expand and then shrink, so the immediate decision was to protect the painted surfaces, which would eventually buckle. With acres of paintings affected, "It was a complete war zone at Santa Croce," Mr. Grassi recalled. While visitors were fleeing, swarms of volunteers called Gli Angeli del Fango (The Angels of Mud), descended on Florence to offer assistance. Mr. Grassi started working on "Last Supper." "We placed sheets of Japanese wet-strength mulberry paper on the painted surface and brushed on methacrylate resin to make them adhere," he said. Nobody could foresee what an ordeal it would be later to remove the papers. It would take 40 years to acquire the technology and expertise to accomplish the whole restoration. Two weeks later, the five panels were divided and placed flat on racks in the Limonaia, the conservatory for the Boboli Gardens' lemon trees in winter, with its high level of humidity; there they could dry slowly, along with racks of hundreds of other works of art, often for years. But as the panels dried, they shrank, becoming two centimeters narrower, leaving many cracks and fissures in the wood itself. The gesso undercoating became unstable. In 2004, the panels were moved for the first time to the Opificio delle Pietre Dure (O.P.D.), Italy's first modern restoration laboratory, set in an old military warehouse. The workshop was founded by Ferdinando I de' Medici in 1588 for the inlay of precious stones but now is the major institution for the conservation of art. When I recently walked with the director, Marco Ciatti, through its cavernous spaces, I saw one young woman in her white lab coat and jeans sitting on a stool with a fine paintbrush applying Alluvioni in Toscana careful crosshatching - two-way strokes - to a "Last Supper" disciple's almost-finished pink robe. "Miraculous" is the first word that came to mind when I saw the almost-finished panel. To guide her strokes, she constantly looked down at her cellphone screen, following Vasari's preparatory underdrawing, which had been obtained by electronic scans. "It was like bringing back alive a painting that had literally died;' Mr. Ciatti said. A major turning point in the process came in 2010, when the Getty Foundation, through its Panel Paintings Initiative and a grant of 300,000 euros ($329,000) to the O.P.D., assembled experts to train the next two generations of conservators in structural treatment and stabilization. "The breakthrough in technology came incrementally over the years as conservators learned how to improve the wooden support systems by allówing lateral movement as well as curvature," said Antoine M. Wilmering, a senior program officer at the Getty. It took surgical skills to enlarge the Vasari wooden panels. The chief "surgeon" was Ciro Castelli, now a senior painting conservator but at the time of the flood a 23-year-old carpenter drafted into service. Over the years, he figured out how to expand the panels to their proper size with tiny slits and pieces of poplar wood filler, so that the backs now resemble abstract mosaics. In 2014, Prada, in collaboration with the Fondo Ambiente Italiano (Italy's National Trust), provided the O.P.D. with another grant for an intricate procedure that required flattening out the paint and filling in the missing areas. Roberto Bellucci was responsible for this aesthetic restoration. As a matter of record, paint restorers are careful to distinguish between the original and restored areas. But step back today, and the soft folds and shadows of the colorful robes of the figures stretched across the work appear fluidly of a piece. Christ, in pale rose, drapes his left arm over St. John in mustard gold, and a bearded St. Peter sits on his right in blue with a toga-like garment in yellow clasped at his right shoulder. A footed glass of wine gleams. It is a scene of camaraderie as elongated figures under a twilight sky converse. Only Judas turns away as darkness gathers in the room. Enhanced by scrupulous attention to details of color, light and shadow, "Last Supper" radiates its new life without losing Vasari's original strength in portraiture. The gilded period frame is actually the edge of a new state-of-the-art climate control box that stabilizes the interior humidity. A metallic hoist has been devised to raise "Last Supper" to the roof - well over the water line - in case of a future flood. One of the most admired works at Santa Croce is Cimabue's "Crucifix," the 13th-century painted cross in wood that was submerged in the flood up to Christ's golden halo. Although the work lost 60 percent of its paint, many chips floating in water nearby were salvaged by rescuers. Now hanging in the church's Sacristy, "Crucifix" is a testament to the first decade of restoration. "Conservation was born here in Florence," Mr. Ciatti said, citing Medici documents listing payments to restorers. But this latest decade, he contends, has changed the world of restoration. Speaking recently at the opening of "The Flood," an exhibition of photographs at the Italian Cultural Institute in New York, the mayor of Florence, Dario Nardella, said that while experts might have thought the Vasari impossible to restore, "with determination it was rebuilt:' Walking around Florence and entering almost any church, I found restorers on scaffolding willing to tell their stories about the flood itself or the environment that continues to affect frescoes everywhere. In the Basilica of the Santissima Annunziata, I met Contessa Simonetta Brandolini d'Adda, the American cofounder and president of Friends of Florence, and her team, who are involved in restoring 12 wall paintings by Florentine artists which survived the flooding but are now endangered by damp and pollution. In the evening, I returned to the same hotel on the Arno where I had stayed in 1966. I remembered my feeling then that the world around us was in grave danger. As isolated as we were in it, a devotion and romance developed between my future husband, Frederick Morgan, and me that lasted our lifetime together. Every year thereafter, until he died in 2004, we lit our two candles on Nov 4, Florence Flood Day, to commemorate the occasion. Disastrous as it was, that event determined my lifelong devotion to the city. Fifty years later, as I look out my window onto the dark water glittering with reflections of the stately row of riverside lights, fireworks suddenly light up the sky over the Ponte Vecchio. People are celebrating somewhere, and here there is much to celebrate - renewal. Pagina 325 From top: Removing the facing paper at had beenÍa plied after the &od of 1966; detaé ng paint film;c nservators ' positio g panels of the ork to align; I3NIIIANI:\\.: Alluvioni in Toscana NALGALLPRY,LONDON Pagina 326 STASERA SU SKVARTE ND «Fireme 66-Dopo l'alluvione», il documentario di E ìc® Paccíani Cinquant'anni fa, a Firenze il 4 novembre il livello dell'acqua aveva raggiunto i sei metri. E il Cenacolo di santa Croce sguazzava nel fango: c'era anche il crocifisso di Cimabue, intriso di umidità, mentre il 70% della sua pittura era volata via. Non fu l'unica illustre vittima dell'alluvione fiorentina del 1966. Migliaia furono i tesori d'arte e i libri che galleggiaro- Alluvioni in Toscana no nella melma, salvati da quei volontari che vennero chiamati gli «angeli del fango», ragazzi e ragazze arrivati da tutto il mondo. Nel 50° anniversario dell'alluvione, che provocò diciassette morti solo in città, stasera, alle 21,15 Sky Arte HD manderà in onda il documentario Firenze 66 -Dopo l'alluvione. Diretto dal regista Enrico Pacciani, in collaborazione con il Miur e la Fondazione Cassa Risparmio di Firenze, il film sarà poi proposto nelle scuole del capoluogo e in provincia. E un'indagine, vissuta attraverso le testimonianze dirette dei protagonisti, che riporta alla memoria quella catastrofe basandosi su una meticolosa ricerca di immagini e documenti d'archivio. L'alluvione, oltre al disastro, segnò anche un momento di alta civiltà. In quei giorni, in molti vissero un'epopea eroica venuta dal basso: l'impegno collettivo e senza frontiere nel recupero del patrimonio. Un'esperienza che trasformò la città fiorentina in un cantiere di eccellenza e di innovazione nel campo del restauro, e che oggi viene ricordata come una grande manifestazioni di solidarietà e di partecipazione cui si sia mai assistito nella storia. Per le generazioni più giovani, fu un banco di prova: la prima mobilitazione spontanea del dopoguerra era alle prese con una titanica opera di recupero e messa in sicurezza del patrimonio. Il grande «cantiere» della ricostruzione, narrato nel documentario, coinvolse specialisti da ogni parte del globo, dando impulso alla ricerca e creando centri d'avanguardia come l'Opificio delle Pietre Dure. Firenze 66-Dopo l'alluvione mostra anche il lavoro di recupero di milioni di volumi a stampa e migliaia di manoscritti rari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, fino alla nascita del museo Novecento, concepito da un primo progetto dello storico dell'arte Carlo Ludovico Ragghianti. Pagina 327 «I nuovi angeli del fango tra le rovine del sisma» Mattarella a Firenze per i 50 anni dell'alluvione e il restauro dell'«Ultima cena» di Vasari MarioAjello FIRENZE. Gesù nel crocifisso di Cimabue a Santa Croce, dove ieri è andato il presidente Mattarella insieme al sindaco Nardella e al ministro Franceschini, sembra una figura ancora più dolente rispetto agli standard di molta iconografia tradizionale, perché ancora porta addosso le ferite inferte a quest'opera dall'alluvione fiorentino del 1966. Su scala minore, ma non meno importante, sono simili al capolavoro di Cimabue le tante pale d'altare finite in pezzi o deturpate nei vari paesi del terremoto umbro-marchigiano. La distruzione di cinquant'anni fa si confonde con quella di adesso, il ricordo di allora si mescola allo stato d'animo odierno. E Firenze in queste ore - tra la visita di Mattarella sui luoghi del 1966, l'apertura del tratto del Lungarno precipitato in una voragine cinque mesi fa e appena riaperto, la settima edizione della Leopolda renziana in gran parte dedicata a come uscire dal dissesto - diventa una sorta di racconto generale delle forze e delle debolezze dell'Italia. E del suo grande paradosso. Le catastrofi naturali degli anni `60 furono l'altra faccia del miracolo italiano. Anzitutto l'alluvione di Firenze con le sue 35 vittime, i 70.000 senza tetto, il rischio della morte dei II Capo Masaccio, Lippi, Simodello Stato ne Martini, Botticelli, Beato Angelico, Donaincontra tello, Giotto, Michelani volontari gelo e «si materializzò che nel `66 50 annifal'inferno danspalarono tesco» come ha detto Mattarella. Ma da quelin città lo choc nacque, in maniera elitaria e poi via viapiù diffusa, laconsapevolezza della necessaria salvaguardia del territorio in un Paese nella cui mentalità, vista la vicinanza degli eventi bellici, fino a quel momento era stata la guerra il vero fattore di distruzione. L'alluvione - ecco il paradosso tuttora vigente - hagenerato un'opinione pubblica sollecita e solidale quando si tratta di partecipare alle tragedie, di mobilitarsi nell'emergenza e di organizzare l'assistenza ma immobile o addirittura irresponsabile quando si tratta di investire nella prevenzione. La doppiamorale, anche in questo caso delle calamità e dei terremoti, come carattere nazionale. Ma ora basta? Magari serviranno, per uno scatto in avanti culturale, questa alluvione di celebrazioni e i continui inviti di Renzi all'ottimismo - agliAngeli del fango del `66 ieri ha detto: «Dateci entusiasmo per il futuro» qualora lo storytelling della ricostruzione non rimanga narrazione e diventi reale assunzione di nuove responsabilità permettere in sicurezza l'Italia. Sempre ai canuti exragazzi del `66, allora muniti di stivaloni e pale per il fango e c'era «la meglio gioven- Alluvioni in Toscana tù» di quegliannie qualcuno di loro anche diventato Antonello Venditti è tornato ieri a Firenze per rievocare il tutto, Mattarella ha parlato così: «Oggi nelle zone del sisma ci sono i vostri eredi». I progenitori eccoli nell'ottimo documentario, intitolato «Firenze 66, dopo il terremoto», firmato da Enrico Pacciani e prodotto da Alkermes e Sky Arte, che è stato presentato in anteprima a Palazzo Vecchio e oggi sarà messo in onda suSky alle 21,15. Ma prima della proiezione, Mattarella e gli altri a Santa Croce hanno partecipato alla presentazione dell'«Ultima cena» di Giorgio Vasari, restaurata dall'Opificio delle pietre dure grazie anche all'aiuto finanziario di Prada e della GettyFoundation. Che storia meravigliosa. Lesionato dall'alluvione `66 questo enorme dipinto di legno di Vasari, la cui prima biografia nella sua celebre vita dei pittori è quella dedicata a Cimabue, e tanti secoli più tardi i due si sarebbero ritrovati insieme in mezzo alle acque straripanti, fu prima messo ad asciugare nella limonaia di Palazzo Pitti, poi sottoposto aunrecupero meticoloso e iper-moderno concluso di recente e ora eccolo qui questo capolavoro: simbolo di come la tecnologia può ridare vita alla bellezza italiana ferita a morte dalle catastrofi naturali. Applausi per il Vasari rinato e posto a un'altezza, sulla parete della sacrestia di Santa Croce dove nel `66 era appeso il crocifisso diCimabue (altro intreccio di destini) alla quale una eventuale nuova alluvione non arriverà, secondo le stime degli scienziati. La novità di questo restauro vasariano, durato dieci anni, sta nel fatto che contiene tecniche di conservazione preventiva che dovrebbero metterlo a riparo da altre inondazioni o terremoti. E naturalmente la sapienza usata in questo caso - se davvero l'Italia decide di affrontare la messa in sicurezza della propria cultura e di investire in essa - potrebbe essere estesa a tanti altri pezzi pregiati della nostra identità. Il messaggio che viene da Firenze è quello che dalle catastrofi si esce tutti insieme. Cinquant'anni fa, comunisti e democristianiseppero trovare un'unità d'intenti per la ricostruzione, quella che in queste ore naturalmente con altri soggetti si cerca di replicare. E il compito, adesso, dovrebbe essere perfino più facile. Perché se nel `66 un 11 capi >k presidente come Il dipinto Giuseppe Saragat lesionato appariva lontano e distante - ma in dalla terribile quella Prima Reinondazione pubblica nel bene collocato e nel male la sepain Santa ratezza tra società politica e cosiddetCroce ta società civile era un dato generale - e in giro su un gippone nelle vie di Firenze allagata ricevette fischi di rabbia e di contestazione, adesso nell'Italia terremotata c'è un Capo dello Stato che viene accolto con fiducia nelle zone del dolore, da Amatrice a Norcia. E dunque ciò che dovrebbe unire la Firenze di allora e il Centro Italia di ora è il concetto di resilienza. Espressione da slang sociologico e prima ancora (peggio?) da gergo per psicologici, che però indica una virtù tutta italiana che ha molto a che vedere con l'economia e con l'economia della cultura: quella di saper reagire dopo un trauma e di migliorarsi dopo lo choc. A partire dal dopoguerra, questo Paese ha sempre dimostrato di sapersi ricostruire perfino incredibilmente (vedi il miracolo italiano). E ci è riuscito quando ha dimenticato almeno per un po' di sentirsi un Paese di santi-poeti-navigatori e si è ricollegato con la cultura tecnica e pragmatica che le appartiene da tempi immemorabili e che guarda caso, e fuori da ogni retorica, ebbe nella Firenze del Rinascimento uno dei suoi momenti d'eccellenza. RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 328 Vk4 M Orfini (Pd) «I consensi crescono giorno dopo giorno, sono convinto che il 4 dicembre prevarranno i Sì» Lorenzin (Ap) «Se vince il Si alle riforme non ci sarà il voto anticipato c'è molto lavoro da fare» ztss?/9 e Y M La visita Mattarella ieri a Firenze saluta alcuni volontari che mezzo secolo fa spalarono il fango. Asinistra, l'«Ultima cena» del Vasari collocata n el la sacrestia della basilica di Santa Croce dopo il restauro. r Calderoli (Lega) «Con questa riforma si rischia di tornare al ventennio fascista Se vince il No Renzi a casa» Alluvioni in Toscana Pagina 329 D all'alluvi one al si s ma quando l'Italia sa reagire >Firenze, visita di Mattarella e premier Il Paese si mobilita per le emergenze per l'anniversario del disastro del 1966 ma resta pigro nella gestione ordinaria G I ORNATA dal nostro inviato FIRENZE Gesù nel crocifisso di Cimabue a Santa Croce, dove ieri è andato il presidente Mattarella insieme al sindaco Nardella e al ministro Franceschini, sembra una figura ancora più dolente rispetto agli standard di molta iconografia tradizionale, perché ancora porta addosso le ferite inferte a quest'opera dall'alluvione fiorentino del 1966. Su scala minore, ma non meno importante, sono simili al capolavoro di Cimabue le tante pale d'altare finite in pezzi o deturpate nei vari paesi del terremoto umbro-marchigiano. La distruzione di cinquant'anni fa si confonde con quella di adesso, il ricordo di allora si mescola allo stato d'animo odierno. E Firenze in queste ore - tra la visita di Mattarella sui luoghi del 1966, l'apertura del tratto del Lungarno precipitato in una voragine cinque mesi fa e appena riaperto, la settima edizione della Leopolda renziana in gran parte dedicata a come uscire dal dissesto - diventa una sorta di racconto generale delle forze e delle debolezze dell'Italia. E del suo grande paradosso. Le catastrofi naturali degli anni `60 furono l'altra faccia del miracolo italiano. Anzitutto l'alluvione di Firenze con le sue 35 vittime, i 70.000 senza tetto, il rischio della morte dei Masaccio, Lippi, Simone Martini, Botticelli, Beato Angelico, Donatello, Giotto, Michelangelo e «si materializzò 50 anni fa l'inferno dantesco» come ha detto Mattarella. Ma da quello choc nacque, in maniera elitaria e poi via via più diffusa, la consapevolezza della necessaria salvaguardia del territorio in un Paese nella cui mentalità, vista la vicinanza degli eventi bellici, fino a quel momento era stata la guerra il vero fattore di distruzione. L'alluvione - ecco il paradosso tuttora vigente - ha generato un'opinione pubblica sollecita e solidale quando si tratta di partecipare alle tragedie, di mobilitarsi nell'emergenza e di organizzare l'assistenza ma immobile o addirittura Alluvioni in Toscana irresponsabile quando si tratta di investire nella prevenzione. La doppia morale, anche in questo caso delle calamità e dei terremoti, come carattere nazionale. Ma ora basta? ora eccolo qui questo capolavoro: simbolo di come la tecnologia può ridare vita alla bellezza italiana ferita a morte dalle catastrofi naturali. L'ENTUSIASMO Magari serviranno, per uno scatto in avanti culturale, questa alluvione di celebrazioni e i continui inviti di Renzi all'ottimismo - agli Angeli del fango del `66 ieri ha detto: «Dateci entusiasmo per il futuro» - qualora lo storytelling della ricostruzione non rimanga narrazione e diventi reale assunzione di nuove responsabilità per mettere in sicurezza l'Italia. Sempre ai canuti ex ragazzi del `66, allora muniti di stivaloni e pale per il fango e c'era «la meglio gioventù» di quegli anni anni e qualcuno di loro anche diventato Antonello Venditti è tornato ieri a Firenze per rievocare il tutto, Mattarella ha parlato così: «Oggi nelle zone del sisma ci sono i vostri eredi». I progenitori eccoli nell'ottimo documentario, intitolato «Firenze 66, dopo il terremoto», firmato da Enrico Pacciani e prodotto da Alkermes e Sky Arte, che è stato presentato in anteprima a Palazzo Vecchio e oggi sarà messo in onda su Sky alle 21,15. Ma prima della proiezione, Mattarella e gli altri a Santa Croce hanno partecipato alla presentazione dell Ultima cena" di Giorgio Vasari, restaurata dall'Opificio delle pietre dure grazie anche all'aiuto finanziario di Prada e della Getty Foundation. Che storia meravigliosa. Lesionato dall'alluvione `66 questo enorme dipinto di legno di Vasari, la cui prima biografia nella sua celebre vita dei pittori è quella dedicata a Cimabue, e tanti secoli più tardi i due si sarebbero ritrovati insieme in mezzo alle acque straripanti, fu prima messo ad asciugare nella limonaia di Palazzo Pitti, poi sottoposto a un recupero meticoloso e iper-moderno concluso di recente e Applausi per il Vasari rinato e posto a un'altezza, sulla parete della sacrestia di Santa Croce dove nel `66 era appeso il crocifisso di Cimabue (altro intreccio di destini) alla quale una eventuale nuova alluvione non arriverà, secondo le stime degli scienziati. La novità di questo restauro vasariano, durato dieci anni, sta nel fatto che contiene tecniche di conservazione preventiva che dovrebbero metterlo a riparo da altre inondazioni o terremoti. E naturalmente la sapienza usata in questo caso - se davvero l'Italia decide di affrontare la messa in sicurezza della propria cultura e di investire in essa - potrebbe essere estesa a tanti altri pezzi pregiati della nostra identità. Il messaggio che viene da Firenze è quello che dalle catastrofi si esce tutti insieme. Cinquant'anni fa, comunisti e democristiani seppero trovare un'unità d'intenti per la ricostruzione, quella che in queste ore naturalmente con altri soggetti si cerca di replicare. E il compito, adesso, dovrebbe essere perfino più facile. Perché se nel `66 un presidente come Giuseppe Saragat appariva lontano e distante - ma in quella Prima Repubblica nel bene e nel male la separatezza tra società politica e cosiddetta società civile era un dato generale - e in giro su un gippone nelle vie di Firenze allagata ricevette fischi di rabbia e di contestazione, adesso nell'Italia terremotata c'è un Capo dello Stato che viene accolto con fiducia nelle zone del dolore, da Amatrice a Norcia. STORIA BELLISSIMA sempre dimostrato di sapersi ricostruire perfino incredibilmente (vedi il miracolo italiano). E ci è riuscito quando ha dimenticato almeno per un po' di sentirsi un Paese di santi-poeti-navigatori e si è ricollegato con la cultura tecnica e pragmatica che le appartiene da tempi immemorabili e che guarda caso, e fuori da ogni retorica, ebbe nella Firenze del Rinascimento uno dei suoi momenti d'eccellenza. Mario Aje11o DI FRONTE Al TRAUMI Si ESALTA LA CAPACITA DEGLI ITALIANI DI RIMBOCCARSI MANICHE RESTANO 1 RITARDI NELLA PREVENZIONE E dunque ciò che dovrebbe unire la Firenze di allora e il Centro Italia di ora è il concetto di resilienza. Espressione da slang sociologico e prima ancora (peggio?) da gergo per psicologici, che però indica una virtù tutta italiana che ha molto a che vedere con l'economia e con l'economia della cultura: quella di saper reagire dopo un trauma e di migliorarsi dopo lo choc. A partire dal dopoguerra, questo Paese ha Pagina 330 Nelle due immagini qui L'immagine simbolo dei danni a Norcia La distruzione di San Benedetto (foto LAPRESSE) sotto (foto ANSA) Firenze colpita dall'alluvione del 4 novembre •i ì,//%;•:; Le macerie del borgo di Castelluccio e la devastazione di Amatrice (foto ANSA) G ii//ï/G ,!! ° a Sergio Mattarella e Dario Nardella ieri a Firenze (foto LAPRESSE) Alluvioni in Toscana Pagina 331 a a ki anni dall álluvionc anch e il Vasari e salvoArno 1 Il documentario Firenze '66 racconta il recupero dei tesori dell'arteforentina. Come il crocifisso di Cimabue. E il recente salvataggio dellUltima Cena ANDREA DUSIO ■ Fa un caldo terribile per essere il 3 novembre, la vigilia della Festa delle Forze Armate. La città è già parata a festa quando, verso le tre del pomeriggio sul centro storico di Firenze si abbatte un temporale. Dai presidi militari dislocati a monte del capoluogo toscano parte un fonogramma per il Ministero dell'Interno. La situazione dei torrenti Nei drammafuronoforgiate leteorie, letecniche e ii metodo dei restauro contemporaneo preoccupa. «Niente allarmismo», rispondono dal Viminale. Intanto però la temperatura sale di cinque gradi in poche ore, e i nevai di Casentino e Mugello si sciolgono, gonfiando i fiumi. Alle nove di sera, in una saletta riservata dell'Hotel Minerva, il sindaco Piero Bargellini ha riunito alcuni assessori: la giunta è in crisi e si pensa a un rimpasto. «Che pioggia», commenta uno dei convenuti. «Firenze pulita va bene, ma così mi pare che si esageri», replica il primo cittadino. A mezzanotte l'Arno comincia a straripare in mezza regione. Alle due di notte il Mugnone rompe l'argine cittadino, inondando l'ippodromo: settanta cavalli annegano nelle stalle. All'alba le acque hanno ormai invaso San Frediano e tutto l'Oltrarno, mentre gli orefici di Ponte Vecchio cercano di mettere in salvo i gioielli. Alle sette di mattina la sede Rai chiama Ro- Alluvioni in Toscana ma. La redazione è in piazza Maggiore e il caporedattore è Marcello Giannini, che poi diventerà uno dei volti delle cronache sportive degli anni Settanta. Giannini chiede l'apertura, ma da viale Mazzini non sembrano capire la gravità della situazione. Allora prende il microfono e dalla finestra lo cala verso la strada. «Ecco», dice Giannini, «Non so se da Roma sentite questo rumore. Bene: quello che state sentendo non è un fiume, ma è via Cerretani, via Panzani, il centro storico di Firenze invaso dalle acque». Sono cinquant 'anni esatti dall'alluvione che minacciò di distruggere Firenze e il suo patrimonio culturale salvato dagli "angeli del fango", i volontari che da ogni parte del mondo arrivarono per lavorare alla messa in sicurezza delle opere d'arte e dei libri che incarnavano la testimonianza più alta della civiltà del Rinascimento. Sky Arte ha realizzato Firenze '66, un documentario che racconta la vicenda di quella straor- dinaria mobilitazione da un' angolazione nuova, che alla documentazione d'archivio delle ore immediatamente successive all'esondazione dell'Arno fa seguire un racconto inedito: quello dell'attivazione del colossale lavoro di restauro che consentì di salvare alcuni tra i principali tesori dell'arte fiorentina, a partire dal crocifisso di Cimabue, rimasto intrappolato in Santa Croce sotto sei metri d'acqua, così come di migliaia di volumi a stampa (in onda sabato 5 novembre alle 21.15). Da Mina Gregori, allora giovane studiosa che corse agli Uffizi per cercare di intervenire sui dipinti ospitati al primo piano, a Ornella Casazza, restauratrice del crocifisso di Cimabue e vedova di Umberto Baldini (l'allievo di Mario Salmi che dirigeva il Gabinetto di restauro della Soprintendenza e che si trovò a gestire l'emergenza), sino a Francesco Ragghianti, il figlio di Carlo Ludovico, il critico d'arte che riorganizzò le forze intellettuali della città attorno all'idea visionaria di un museo del contemporaneo nato con le dona- Pagina 332 zioni di collezionisti e artisti, si succedono le voci di quel momento irripetibile che nel dramma vide forgiarsi (a partire proprio dalla concezione della stesura a tratteggio che permise di recuperare l'opera del Cimabue ) l'esperienza fondativa della teoria, della tecnica e della metodologia del restauro come oggi lo intendiamo. La narrazione si spinge sino agli ultimi mesi, quando, dopo cinquant'anni, grazie al lavoro dell'Opificio delle Pietre Dure è stato possibile restituire anche l'ultimo capolavoro che si credeva irrimediabilmente perduto nell'alluvione, l'Ultima cena del Vasari le cui cinque tavole rimasero per un tempo lunghissimo nell'acqua. «Spesso si adopera un'espressione terribile: al primitivo splendore», spiega nel video Marco Ciatti, soprintendente dell'Opificio. «Lo scopo del restauro non è quello di far sembrare i dipinti nuovi, ma antichi, e però in buone condizioni. Il restauro non è indipendente dalla vita dell 'opera». Nella storia ancora giovane del restauro, l'alluvione di Firenze è il passaggio della linea d'ombra. Dopo, niente è più stato lo stesso. Dal mito di quella sorta di Atlantide che stava per essere travolta dalle acque è nato il rapporto con gli oggetti del passato per come oggi lo intendiamo, in termini di conservazione e tutela. Quella vicenda torna ora drammaticamente d'attualità, ricordandoci che è l'emergenza a imporci di cambiare il modo di guardare la storia. Gair^ b'ill< ns -estauratree,aa ✓ oro ne n, emLre19G6suunauto- tratto -Jel pittoresparnrclu Vclasgncz_lopo el uvii eCheco parch: IeCall ,radc- Il Jffiz Alluvioni in Toscana Pagina 333 Angeli e ribelli. I giovani, l'oro del fango jo- LEONARDO GORI L MONDO era già parecchio inquieto, il quattro novembre di cinquant'anni fa, quando l'alluvione sconvolse Firenze. I mezzi di comunicazione di massa mostravano da tempo una società in profondo cambiamento. La televisione vomitava guerre e catastrofi, ma qualcosa di nuovo e più subdolo usciva dai tremolanti schermi in bianco e nero, per insinuarsi nei salotti buoni, nei tinelli e nelle cucine. Stavano cambiando i giovani. Erano diversi, imprevedibili, non somigliavano alle generazioni precedenti. Soffiava un vento nuovo, che si era annunciato poco tempo prima come una semplice moda, quella dei "capelloni", ma poi era passato al mondo della musica e ora stava sgretolando la morale corrente, mettendo in pericolo certezze antiche. Lo chiamiamo Sessantotto, ma l'autentica rivoluzione del Novecento, quella che ha davvero cambiato il mondo, aveva radici profonde. Era un disastro dell'anima, non solo una catastrofe materiale. L'acqua limacciosa dell'Arno cambiò per sempre il tessuto della città, distrusse il lavoro dei piccoli artigiani e del commercio più antico, dai negozi di Via Tornabuoni alle piccole latterie di Alluvioni in Toscana i uant'ani fa Firenze veniva invasa dalle acque ipazzite ell' ro. isastro dell'anima, non solo una catastrofe materiale Eppure accadde qualcosa di inatteso 1 raga zzi stavano c amb i ando. S o ffiava ven to nu ovo, all'inizio nella moda , coi "cap elloni", p oi nella sica e nei primi accenni di contestazione . Migliaia di loro decisero di accorrere in una città sconvolta , per dare aiuto e salvare la cultura ferita . Furono accolti con sorpresa e forse con diffidenza , ma stupirono tutti San Frediano. La città non sarebbe potuta più essere la stessa, e non lo fu. C'ERANO ferite ancora più profonde al cuore di Firenze, quelle all'arte e alla cultura. Ferite globali, diremmo oggi. Per quelle si mobilitarono gli intellettuali e gli artisti. Uno di loro, Franco Zeffirelli, utilizzò proprio la televisione per far sapere al mondo cos'era successo. L'Alluvione divenne subito un fenomeno mediatico universale, fece il giro del mondo. Furono scelte delle immagini-simbolo, prima fra tutte quella del Cristo di Cimabue, offeso a morte dal fango e dalla nafta. La voce autorevole di Richard Burton risuonava nelle coscienze degli spettatori. /Iigliaia di mani, gio ni e innocenti. Erano i pionieri del Sessantot- to, una generazione che prendeva coscienza di sé come mai era successo a quelle precedenti. Furono accolti con sorpresa e forse con una punta di diffidenza, ma stupirono tutti. Alla crisi dei valori tradizionali, quei giovani provenienti da tutto il mondo, opponevano miti diversi. Ma allo stesso tempo, incontrandosi col tessuto umano profondo di Firenze, scoprirono che esisteva un centro di gravità, un punto di contatto con l'universo dei padri, dei "matusa". Sperimentarono un inatteso senso di appartenenza. GLI INTELLETTUALI, smuovendo le coscienze per Firenze, difesero uno dei simboli della civiltà. Proprio in riva all'Arno, nei giorni terribili del 1944, durante il passaggio della seconda guerra mondiale, il console germanico di Firenze, Gerald Wolf, aveva fumato una sigaretta, un ideale calumet della pace a distanza, con la sua controparte inglese. Entrambi avevano sognato di poter istituire un Ordine dell'Umanità, dopo il conflitto. Un Ordine cavalleresco senza finanziamenti né ri- Pagina 334 conoscimenti ufficiali, che avrebbe dovuto riunire tutti coloro che avevano creduto, nei momenti peggiori, ai valori imprescindibili della civiltà: tolleranza, compassione, giustizia, solidarietà. AVolf aveva combattuto i nazisti e la polizia politica del suo stesso Paese, per salvare le vite degli innocenti. Nel 1955 avrebbe ricevuto addirittura la cittadinanza onoraria di Firenze, dal leggendario sindaco La Pira. LJn decennio dopo, nell'epoca della grande inquietudine, fu a quei valori che risposero i nuovi giovani, gli angeli del fango, presentandosi in massa a Firenze. ' .. 11, PImiprentiato ,i /ßT iRf % ,; . 11 /0/1 1/ 1 "L'angelo del fango" (Rizzoli, 2005): il colonnello Arcieri indaga nella catastrofe dell'alluvione. Con questo libro ha vinto Premio Scerbanenco e il Premio Fedeli. romanzo "L ' Arn o strarip a a ` ente" LL a inostra d e "L a N azio ne" "Non è tempo di morire" (Tea Libri, 2016) è l'ultimo romanzo di Leonardo Gori: il protagonista Bruno Arcieri indaga tra le macerie di piazza Fontana. "L'Arno straripa a Firenze" è la mostra promossa da "La Nazione", e allestita nell'auditorium del giornale, che documenta come "La Nazione" riuscì a raccontare la tragedia. Sono, infatti, esposte le pagine dell'epoca, insieme a foto e filmati inediti custoditi negli archivi dello storico giornale fiorentino. Inoltre, sarà proiettato un documentario che ricorderà quei giorni vissuti dentro al quotidiano. La mostra apre al pubblico il 5 novembre alle 12 con ingresso libero. Sarà visitabile fino al 19 novembre, dal lunedì al sabato dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 18 (domenica chiuso). Chi è Leonardo Gori (nella foto di Gianmarco D'Agostino) è uno scrittore fiorentino. Per molti anni si è interessato al fumetto e al disegno animato sia come studioso che come collezionista. Nel 2000 ha esordito nel giallo con il romanzo "Nero di maggio". Alluvioni in Toscana Pagina 335 Alcune immagini dell'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, quandodopo due giorni di intensa e continua pioggia - l'Arno rompe gli argini alle 5,30 e inonda la città alluvione s. f. [dal 1°-t "___-ryo -onis, der. i alluere «bagnare»] 1. Inondazione, strarir .mento di acque di fiumi, di torrenti, o piovane; anche, il periodo di piogge violentissime che provoca tale fenomeno. 2. Accumulo di detriti diversi, depositati da corsi impetuosi d'acqua nella fase in cui la corrente diminuisce di velocità, il che si manifesta soprattutto nelle anse o in prossimità della foce dei fiumi (in questa accezione, per lo più al plur.). Alluvioni in Toscana Pagina 336 Filo dell'acqua in prima nazionale Arca Azzurra Teatro dedica una nuova produzione teatrale al cinquantesimo anniversario dell'alluvione di Firenze. Lo spettacolo è "II filo dell'acqua" scritto da Francesco Niccolini. La prima nazionale è in programma il 5 (ore 21) e il 6 novembre 2016 (ore 17) al Teatro Verdi a Pisa. Alluvioni in Toscana Pagina 337 La lezione dell'alluvione: l'alleanza per l'arte di Giulia Crivelli tre opere d'arte travolte dall'alluvione del 4 novembre 1966, il suo salvataggio passò iù o meno a quest'ora, 5o annifa, l'Ulti- in secondo piano rispetto alle altre emerma cena di Giorgio Vasari aveva già genze. Questo capolavoro del 1546 fu latrascorso sott'acquaoltredodiciore.Poii1 sciato per quarant'anni inun deposito deldipinto fu tirato fuori e fortunosamente la Sovrintendenza. coperto di teli e, come per moltissime al- Alluvioni in Toscana Pagina 338 L'impegno dell'Opificio delle pietre dure, di Prada e della Getty Foundation Alleanza fra pubblico e privati per l'arte di Giulia Crivelli i sono voluti altri dieci anni e «un'alleanza tra pubblico e privato, tra cittadini e istituzioni per riportare l'Ultima cena nell'Oratorio di Santa Croce», ha detto Marco Ciatti, direttore dell'Opificio delle pietre dure, che ha seguito tutte le fasi del restauro e ieri ha "officiato" la cerimonia di svelamento, presenti il presidente Sergio Mattarella, il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschi- Alluvioni in Toscana ni e il sindaco di Firenze, Dario Nardella. Di impegno concreto, diretto e misurabile ha parlato Patrizio Bertelli, ceo di Prada, il più grande gruppo italiano della moda, che ha contribuito alrestauro con35omila euro: «Riconsegnare alla città il dipinto di Vasari oggi e a pochi giorni dal terremoto di domenica scorsa e a pochi mesi da quello di agosto ha un significato particolare. Dimostra che dopo catastrofi naturali le priorità di un Governo e di uno Stato nel suo insieme devono essere le vite dei cittadini. Del patrimonio artistico devono occuparsi i privati. Troppo spesso usia- mo la parola Stato come se fosse altro da noi. Invece lo Stato siamo noi e spero che ogni azienda, piccola, media o grande contribuisca aricostruire chiese e monumenti delle regioni devastate dal terremoto». L'impegno di Prada per l'Ultima cena iniziò nel 2014, affiancando la Getty Foundation, che ha sede a Los Angeles ma dal 1984 sostiene interventi a favore del patrimonio artistico in tutto il mondo: 7mila i progetti seguiti fino ad ora, in 180 dei 196 Paesi del nostro pianeta. L'investimento della Getty Foundation è stato di 3oomila euro e dovremmo riflettere sull'entità del contributo dato dauna onlus americana per il restauro di una delle opere più importanti del Cinquecento italiano. Altri 15omila euro sono arrivati dalla Protezione civile, che dagli anni 90, dopo il terremoto di Umbria e Marche, ha affiancato il Mibac nella salvaguardia dei beni culturali. Prima di lasciare Santa Croce, Bertelli ha aggiunto un ricordo personale: «Sono nato ad Arezzo e ho tirato i miei primi calci alpallone davanti alla Loggia del Vasari. Giocavo tutti i giorni, però amavo anche dipingere e frequentavo timidamente labottega di unfamoso restauratore della città. Ero felice di sentirmi il suo bracciante. L'impegno per l'Ultima cena sembra chiudere un cerchio, ma se ne apriranno tanti altri». Pagina 339 INTERVISTA A ROBERTA PINOTTI «Eredi della meglio gioventù» di Gerardo Pelosi n Italia stanno lavorando per i terremotati, I eredi di quegli "angeli del fango" dell'alluvione di Firenze del '66. Con "Strade sicure" combattono il rischio terrorismo ma anche la Continua pagina 6 criminalità comune . Alluvioni in Toscana Pagina 340 Roberta Pinotti Ministro della Difesa « I 1 .800 soldati inviati per il terremoto sono gli eredi della meglio gioventù» di Gerardo Pelosi n Iraq non partecipano ai raid aerei ma hanno finora addestrato circa 14m Ha militari che stanno liberando Mosul dall'Isis per poi passare a Raqqa, la "centrale delterrore" degli attentatiin Europa. In Libia hanno creato un ospedale con5opostilettoe,conla missione Sophia, stanno formando la nuova Guardia costiera antiscafisti. E con la Nato, ad Est, difendono l'Europa dall e tentazioni egemoniche di Mosca. Sono militari sempre più integrati nella società civile quelli che il ministro della Difesa Roberta Pinotti presenta nel giorno della Festa delle Forze armate. Ministro Pinotti, l'Italia hannodettoieriaFirenzeilpresidente della Repubblica Sergio Mattarella e ilpremier Matteo Renzi - ha dentro di sé tutte le risorse necessarie per uscire dalle difficoltà: 50 anni fa con l'alluvione oggi per il terremoto. Possiamo dire che i militari che lavorano insieme alla Protezione civile a Norcia e Amatrice sono gli eredi di quella "meglio gioventù", gli Angeli del fango dei 66? AFirenze avevamo una meglio gioventù molto mista fatta di militari di leva ma anche volontari e giovani che da tutta Italia per la prima volta provarono un'esperienza divolontariato civico quasi commovente perla drammaticità di quei giorni. La stessa "meglio gioventù"l'horivista nelterremoto diAmatrice quando sono andata per ringraziare i militari e ho trovato tanti giovani che fanno volontariato. E anche questo il senso dello spot realizzato per la Festa delleForze armate "Noi con voi". Le forze armate stanno dentro la società anche se hanno una loro peculiarità di cui sono molto orgogliosa: dalle missioni internazionali perle quali abbiamo attestati digratitudine all'attività interna in funzione antiterrorismo con "Strade sicure" che per esempio,peril Giubileo,ha comportato Alluvioni in Toscana una riduzione del 30% dei reati a Roma. Quanti sono i militari impiegati nelle regioni del centro Italia interessate dal terremoto e come stafunzionando il coordinamento con la Protezione civile? Sono 1300 più 500 che fanno parte del dispositivo "Strade sicure" che saranno impiegati nelle funzioni di sicurezza antisciacallaggio. Con il capo della Protezione civile Curcio abbiamo messo a LA LOTTA A DAESH RAQQA DOPO MOSUL PRESENZA IN LIBIA punto dell e modalità di relazione concui si attuauncoordinamento contutti gli altri organi dello Stato. Quali settori delle Forze armate sono stati attivatiper il terremoto? Soprattutto il genio militare che riattiva viabilità e costruisce ponti e predisporrà le piattaforme per costruire le casette di legno.In situazioni come queste in cui le persone non vogliono spostarsi dall e loro abitazioni abbiamo attivato anche molte cucine da campo. Ad Amatrice e anche vicino a Norcia abbiamo poi messo infunzione una stazione portatile di controllo deltrafficoaereo pergestire ivolimilitari e non. Fuori dall'Italia la presenza maggiore di militari italiani si concentra oggi in Iraq. Sono addestrati da nostri militari le forze irachene che stanno riconquistando Mosul.. t così. Sono circa 14oo i nostri militari in Iraq. La missione più numerosa non perché ce l'hanno chiesto gli alleati ma per una nostra scelta precisa. La decisione di dare il massimo contributo necessario è stata presa già nel 2014 perché abbiamo considerato l'Isis il principale pericolo per l'Umanità. Nell'ultima riunione ristretta a ParigitraiPaesioccidentalil'Italia risulta come il Paese che contribuisce maggiormente ai risultati concreti della missione. Anche con gli AMX e i Praedator facciamo un preziosissimo lavoro per l'individuazione degli obiettivi. Tutti ci riconosconounruologuida soprattutto nell'addestramento con risultati eccellenti stando a quanto dicono i generali iracheni e curdi.In due anni abbiamo addestrato i soldati dell'esercito iracheno e i peshmerga curdi, le forze speciali irachene conaddestratori dei nostri corpi d'elite e con i Carabinieri più di 5mila forze di polizia. In totale abbiamo "formato" circa 14mila uomini. Quali sono le ultime notizie da Mosul? Ci sono previsioni sulla possibilità di liberare anche il centro della città? Tutti i segnali sono positivi. Si temeva una resistenza maggiore mentre l'avanzata è stata più rapida del previsto. Eviterei di fare previsione sui tempi soprattutto perché si tratta di una città dove ci sono molti civili e dove l'Isis cercherà di utilizzare i civili come s cudi umani. Ma è imp ort ant e che si sia registrato un accordo tra esercito iracheno e peshmerga curdi, mentre la coalizione ha gestito le frizioni con la Turchia e le milizie sciite facendo guidare il processo al presidente Hayder alAbadi che si è mostrato all'altezza della situazione. La riconquista di Mosul sarà un colpo duro per il Califfato che è stato proclamato proprio in una moschea di quella cittàmailpasso successivo sarà la presa di Raqqa, luogo dal quale sembra siano state programmate e direttele principali azioni terroristiche in Europa. Con la presa di queste due città potremo dire che il Califfato, ossia un terrorismo che sifa Stato,verràmeno.Manon verrà meno il terrorismo fondamentali sta per cui occorreràtenere la guardia alta. Un'area a forte instabilità resta la Libia dalle cui coste partono centinaia di migliaia di migranti. Per contrastare gli scafisti occorrela coll aborazione dituttiilibici. Nel frattempo stiamo addestrando conlamissione europea a guida italiana Eunavfor MedSophia la nuova Guardia costiera libica. Su richiesta del governo Serraj abbiamo attivato un ospedale da campo a Misurata che è in funzione con 5o posti letto. A Misurata abbiamo 300 uomini: sono 65 tra medici e infermieri, 135 militari addettiallalogistica eioo della Folgore come Force protection. Abbiamo fornito più di 85o consulenze e curato un centinaio di feriti. Pochi giorni fa il ministro della Sanità libico ha fatto una visita durante la quale si è complimentato e ci ha ringraziati. Se il Mediterraneo resta un'area a forte instabilità anche la frontiera Est dell 'Europa preoccupa la Nato perle ambizioni egemoniche della federazione russa. Sono preoccupazioni condivisibili? Abbiamo sempre sostenuto una posizione ferma della comunità internazionale nei confronti della Russia. Come Nato abbiamo rassicurato i Paesi baltici e la Polonia che vivono con disagio la politica russa. Al vertice Nato del luglio scorso l'Italia ha dato la disponibilità a fornire il proprio contributo schierando una compagnia (150 uomini). Ma questo non ci impedirà comunque di sostenere e lavorare per il dialogo conil Governo russo specie su diversi scenari di crisi, in particolare nella lotta a Daesh. 91 RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 341 A capo dell'amministrazione delle Forze Armate . La ministra della Difesa, Roberta Pinotti Alluvioni in Toscana Pagina 342 1966-2016 Il filo del passata La lezionetoseanapu' diventare il modello per il sismaïn Centro Italia: istituzioni e cittadini uniti per larinascita Mattarella a Firenze: il dovere di ricostruire Il presidente: «Normalità non significa solo avere un tetto ma poter progettare il futuro» di Lina Palmerini on ha voluto solo ricordare quei giorni Sergio Mattarella, ma declinare la memoria come un impegno, un obiettivo che vale per oggi. Cinquant'anni fa l'acqua, oggi il terremoto ma adesso come ieri persone senza casa e senza lavoro, un patrimonio artistico perduto. A Palazzo Vecchio, nel cinquantennale dell'alluvione di Firenze, chiama in causa i due grandi protagonisti di quella storia di rinascitaper affidar loro una nuova sfida di ricostruzione. Gli Angeli del fango di allora come ivolontari di questi mesi e, innanzitutto, le istituzioni a cui affida un obiettivo di "normalità" in tempi di straordinaria emergenza. «Normalità non significa soltanto avere un tetto ma tornare a poter progettare il futuro. La Repubblica farà tutto il possibile per conseguire questo obiettivo». Il filo del passato si lega con il presente e la lezione di Firenze diventa una traccia da seguire per le istituzioni e per i cittadini: due forze che si unirono in un'esperienza di ricostruzione che da locale diventò nazionale e poi perfino globale perché conquistò l'attenzione e la partecipazione di tutto il mondo. «La globalità è nata allora», dice Mattarella che spera sipossareplicare quel modello. Dei momenti di allora vuole ricordare soprattutto lo sforzo degli Angeli del fango: «I giovani accorsero a Firenze per liberarla dal fango Alluvioni in Toscana ma, in fondo, anche per liberare se stessi, per sentirsi partecipi di un mondo che desideravano migliore». E oggi ci sono gli "altri angeli". Nelle Marche, nell'Umbria, nel Lazio: quegli uomini - dice Mattarella - sono anche vostri eredi. Ed è quello che dice anche il sindaco, Dario Nardella, che ha voluto dedicare lagiornataallaProtezione civile, acui èpassato il testimone di quella storia. Ilbilancio dei danni di quell'alluvione fu ingente: quasi l4mila abitazioni devastate, oltre 43milapersone coinvolte.Uncolpo durissimo aggravato dai danni al patrimonio artistico: gli Uffizi, la Biblioteca Nazionale e l'Archivio di Stato, laBasilicadi Santa Croce, il Battistero di San Giovanni. Scorre tutto l'elenco Mattarella e quello che in quei giorni sembrava impossibile, è stato invece restituito alla città cal mondo. Atestimoniare quei momenti sono «le mirabili immagini del documentario di Franco Zeffirelli» ma ieri è stato anche presentato il documentario "Firenze 66 - Dopo l'alluvione", prodotto da Alkermes e Sky Arte HD in collaborazione con il Miur e la Fondazione CassaRisparmio di Firenze che sarà proposto alle scuole. Si racconta il restauro di opere come l'Ultima cena di Giorgio V ac ari o il Crocifisso di Cimabue, o il recupero divolumi e migliaia di manoscritti rari dellaBibliotecaNazionale. Se nellamemoriadi oggi c'è l'immagine della basilica di San Benedetto a Norcia di cui rimane sololafacciata,rievocareFirenze,vuol dire sperare di poterla rivedere intatta. Pagina 343 L'onda della memoria . Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha presenziato a Firenze alle cerimonie in ricordo dell'alluvione del 4 novembre 1966. Un momento significativo della giornata è statolo svelamento dell'Ultima cena di Vasari, fresca di restauro (nella fotosopra, il capo dello Stato con, fra gli altri,il ministro Dario Franceschini,ilsindaco Dario Nardella,ilceodi Prada, Patrizio Bertelli).Il maltempo colpì oltre a Firenze (in basso o sinistra) anche Venezia (in basso a destra, Piazza San Marco) Alluvioni in Toscana Pagina 344 L'altra alluvione La marea alta due me 1 segn o il destino di Venezia di Jacopo Giliberto o ricordi sfumati dell'alluvione di venerdì4novembre 1966. Ricordi deformati dal bianco e nero della memoria Avevo 5 anni. L'alluvione del 4 novembre allagò due città fra le più preziose al mondo: Firenze e Venezia A Firenze l'Amo furioso prese a pugni la città. Firenze si riprese dal fango. A Venezia (proverbio antico della laguna, l'acqua e l'amore uccidono in silenzio) l'acqua alta194 centimetri fu silenziosa e mortale. Ho il ricordo di Venezia silenziosa Odore intenso di cherosene. Grigio sopra nel cielo e grigiosotto,versoilbasso: acquadappertutto, sulle calli, nei campielli, nelle case, nei negozi. Eraacquasucuigalleggiavalapatina neradellanaftaTermosifonifreddi.Nonc'eracorrente. Mutiitelefoni di bachelite. I miei stivaletti neri da-acqua-alta erano inutili: l'acqua lercia eraaltaduevolte lamiaaltezzadibambino elasciòunariganera incancellabile sui muri. Tutta la città era devastata In piazza San Marco la tempesta frantumavale ondate sulle Alluvioni in Toscana vetrine e sui portici.ILamareaaltissimanonse guìiciclidegli astri, quelli che sei ore calae sei ore cresce. La marea crescente non si era fermata dopo sei ore. Continuava a crescere. Saliva Saliva I fiumi veneti gonfiati dalle piogge furiose avevano rotto gli argini e ruggivano ondate fangose dentro la laguna. E dall'altro lato, l'Adriatico amarissimo rombava dentro la laguna una mareggiata violentissima che scavalcavale difese,fracassavaisole e case. L'alluvione del 4 novembre 1966 fece scoprire che Venezia sprofondava davvero. Nacquero i comitati come Save Venice, fu creatalaLegge Speciale perVenezia, fuistituito il Comitatone cioè il Comitato interministeriale per la Salvaguardia. La città fu messa sotto una campana di vetro protettiva le cui pareti saranno il Mose. Oggi il Mos e è quasi finito, tra un paio d'anni dovrebbero essere pronte queste difese contro l'acqua alta e contro l'innalzament o d eimari d ovuto al cambiamento climatico che si è scoperto direcente. Ma dal'66 H centro storico di Venezia è diventato unturistificio. Venezia ha perso fabbriche, uffici, negozi. Gli intellettuali amanti della Venezia da cartolina si mettano il cuore in pace: l'alluvione del'66 non è stata la causa di questo cambiamento di Venezia, come non lo sono né i turisti, né Marghera, né le grandi navi da crociera Turistificio, deindustrializzazione, perdita di p op ol azione s ono i segni di un mondo che cambia. Come Venezia, si sono riempiti dimovidae sisonovuotati di abitanti e di ferramenta i centri storici di tutte le grandi città.11 centro storico diVenezia, che è Venezia stessa, ha perso loomila abitanti, frai quali me medesimo, io in questa terraferma remota che fiuto l'odore di salso quando soffia labora. Pagina 345 Il premier Renzi: «I soldi ci sono, bisogna spenderli bene» Cinque anni e 200 milioni per mettere al sicuro la città di Silvia Pieraccini n cinque anni, con una spesa di 200 milioni, Firenze sarà al sicuro da eventi come quelli del 1966 che, se avvenissero prima, ci farebbero drizzare i capelli e tremare i polsi». Le parole del geologo del Cnr Mario Tozzi, risuonate ieri pomeriggio nel Salone de' Cinquecento inPalazzo V ecchio durante le celebrazioni per i cinquant'anni dall'alluvione, hanno condensato timori e speranze che oggi accompagnano uno dei disastri più disastrosi e noti della storia recente (35 morti,14mila case danneggiate, ferite gravissime al patrimonio artistico). Se tutto procederà senza intoppi, Firenze sarà al sicuro dalle alluvioni tra cinque anni, nel2021. Per quella data dovranno essere completate quattro casse di espansione nell'area di Figline Valdarno (lavori in corso per il primo lotto), che permetteranno al fiume di uscire dagli argini senza sommergerei centri abitati; dovranno essereinnalzate di nove metri le spallette della diga di Levane (progettazione in corso, obiettivo avviare i lavori nel 2018); dovranno essere realizzate le opere dilaminazione delle acque del fiume Sieve. Tutte queste opere strutturali dovrebbero essere in grado di contenere amonte dei centri abitati 6o milioni di metri cubi di acqua in piena. Gli investimenti complessivi, per un costo di circa200 milioni di euro, sono inseri- Alluvioni in Toscana ti nel piano nazionale contro il dissesto idrogeologico del Governo. Tanto che il premier Matteo Renzi, intervenendo a sorpresa nella mattinata di ieri in Palazzo Vecchio - dove si è celebrato un consiglio comunale straordinario che ha visto il raduno degli Angeli delfango, accorsi da tutto il mondo cinquant'anni fa per salvare il patrimonio culturale di Firenze - ha detto: «Oggi sappiamo che dobbiamo investire tutto quello che serveperché l'Arno torna essere un alleato e nonun avversario di Fire nze.I soldi ci sono, bisogna sp end erli b ene». E non ci sono solo i soldi, ha aggiunto Renzi, «per le casse di espansione dell'Arno, ma ci sono anche gli1,çmiliardi di euro come abbiamo ufficialmente comunicato ieri agli amici del Veneto, perché il 4 novembre 1966 anche Venezia e parte del Polesine ebbero danni». Le opere a cui sta lavorando la Toscana sono state ricordate in Palazzo Vecchio pure dalla vicepresidente della Regione, Monica Barni, che ha voluto sottolineare anche quello che si è riusciti afare in questi cinquant'anni: negli anni 9o la costruzione del lago diBilancino, inMugello: elaprima cassa di espansione a valle di Firenze, a Roffia vicino San Miniato. «Questo anniversario - ha concluso Barni - non si deve limitare a occasione di ricordo ma deve servire arilanciare l'agenda dello sviluppo a partire dagli investimenti nella prevenzione e nella cura del territorio». 0 RI P RIE D U710N E RISERVATA Pagina 346 «L'alluvione ci insegnò che insieme si può rinascere» MariaZegarelli Elvezio Galanti, ha 56 anni, è un geologo che insegna all'Università di Firenze Scienze della Terra. È stato 35 anni al Dipartimento nazionale della Protezione civile.MaElvezioè unodegliAngelidelfango: aveva sedici anni quando l'Arno inondò Firenze. Ieri sera è salito sul palco della Leopoldaper raccontare in cinque minuti cosa gli ha insegnato quella storia. Cinquant'anni dopo l'alluvione di Firenze e il terremoto che sta distruggendo il Centro Italia: come si riparte dopo prove così dure? «L'Italia migliore viene fuori nei momenti «Nei momenti peggiori viene fuori l'Italia migliore» peggiori. Basterebbe che questa Italia diventasse migliore nella quotidianità, che lavorasse nella prevenzione. Se così fosse sarebbe già un grosso passo avanti». soni, cercando insieme agli altri di salvare i manoscritti di scrittori importanti. Quando finivo lì andavo a ripulire la palestra di judo che frequentavo, in Borgo Pinti». I suoi cinque minuti sul palco per dire che cosa? Quanto fecero la differenza gli Angeli delfango? Per dire che l'alluvione di Firenze seppur sembra collocata nella preistoria, dal punto di vista della comunicazione e dell'organizzazione dei soccorsi, di fatto è stata una svolta epocale per quanto riguarda l'evoluzione della protezione civile in questo Paese. «A fare la differenza furono i cittadini, fu la città. Oggi la chiameremo la città resiliente, ovvero un a città che reagisce ad un evento catastrofico che lo supera e riparte. E lo fa con importanti punti di riferimento: le istituzioni ressero, tutti noi sapevamo che Il sindaco faceva Il sindaco, gli artigiani facevano gli artigiani...Cioè ognuno cercava di tomare in città facendo quello che sapeva fare, sapendo che il sindaco era a Palazzo Vecchio e chele istituzioni non erano latitanti. Lacittàicittadini erano una cosa sola». Che cosa ricorda di quei giorni? Che spalavo fango nellacasaeditrice San - Oggi le comunità colpite chiedono di non essere cancellate, di ricostruire tutto dove era. Si vincerà questa sfida? «Si deve vincere, perché il problema che abbiamo di fronte è quello di non ucciderel'identitàe le autonomie locali, lo Stato deve essere sussidiario. Una grande lezione fu il terremoto del 1976 in Friuli, quando i sindaci furono esaltati nel loro ruolo di rappresentanti delle comunità locali. Questo insegnamento ha fatto sì che nella legge della nuova Protezione civile il sindaco diventasse esso stesso autorità di protezione civile». Quanto ha influito l'esperienza dell'alluvione sulla sua scelta professionale? «Quell'alluvione è stata una scuola quotidiana, di insegnamenti che arrivavano dalla gente comune. Ancora oggi ricordo i proprietari della casa editrice, che erano i figli del filosofo Giovanni Gentile, spazzare il fango affianco a noi. E ricordo ancora quel barista in via Folco Portinari, con il suo grembiule lindo che vendeva il caffè su un banchetto, con unabrocca blu, in mezzo alla strada perché il suo locale era inagibile, pieno di nafta. Quello che ci stava dicendo, a tutti noi, era che si poteva risorgere». Alluvioni in Toscana Pagina 347 Poppì QMi pomerig. ro appuntamenti a partire dalle 15 L'alluvione dell'Arno in Casentino Incontro a Santa Maria a Buiano POPPI Oggi pomeriggio dalle 15 in poi nella pieve di Santa Maria a Buiano (Poppi) si svolge l'iniziativa dal titolo "Archeologia del paesaggio e archeologia pubblica in Casentino - La Via delle Pievi dall'età romana al Medioevo, lungo l'Arno dal passato al presente". Si tratta di una passeggiata con guida ambientale e archeologi, a partecipazione gratuita. Per info e prenotazioni centro Servizi Rete Ecomuseale; 339-5235682, info a@cooperativainquiete. it. Alluvioni in Toscana Dopo la breve escursione, alle 16.30 circa, incontro sul tema "Alluvio e abluvio in Casentino". Installazione multi sensoriale in occasione del 50esimo anniversario della grande alluvione. Video a cura di Pier Angelo Bonazzoli, letture di Alessandra Aricò - Suggestioni sonore di Marco Canaccini - Immagini tratte da La Banca della Memoria del Casentino. L'iniziativa è stata confermata, mentre l'escursione fra Lierna e Moggiona, sempre a cura dell'Ecomuseo del Casentino, è stata rinviata a causa delle previsioni meteo avverse. Pagina 348 tro `66 0 o le celebrazio °: fondi e impegni per scongiurare L Per 'governo servono 6 a '. L'Autoritâ ' bacino: non astera o «Arno sicuro». Ma quando9 «E stato calcolato che una nuova Alluvione delle dimensioni di quella del 1966 costerebbe circa sei miliardi di danni. Dopo 5o anni non vogliamo che la storia si ripeta», ha detto il sindaco Dario Nardella davanti al Presidente delle Repubblica, Sergio Mattarella, ma perché la storia non si ripeta serviranno almeno altri sei anni, forse nove. Perché ancora così tanto tempo? Perché se è finalmente chiaro il quadro delle opere da fare, chi paga e chi fa cosa, resta l'incertezza sulla possibilità di rispettare l'ultima data limite di un programma già slittato più volte, anche recentemente, tanto che il governo parla di «obietto 2022» e l'Autorità di Bacino dell'Arno di «2025 come orizzonte». La certezza è l'accordo su cosa fare e i soldi, ma anche che Firenze con la stessa piena del `66 andrebbe sott'acqua con danni economici molto più rilevanti di 5o anni fa. Il quadro delle opere per la riduzione del rischio è frutto dell'intesa tra Regione, ministero dell'ambiente, Presidenza del Consiglio dei Ministri con la struttura #Italiasicura e Città Metropolitana di Firenze, mentre l'Autorità di Bacino dell'Arno si occupa di definire le zone a rischio e i modelli di intervento. «Oggi il rischio di un Alluvione come nel `66 è stato ridotto a Firenze di un 3096 , con una portata del fiume di 3.300 metri cubi al secondo contro i 2.2000 del 1966 e contiamo nel 2020 di aver terminato le opere che metteranno la città in sicurezza rispetto ad un evento del genere, anche se la sicurezza al 100 non esiste, complici anche i mutamenti del clima - spiega Mauro Grassi, direttore di #Italiasicura - E ci arriveremo in tre fasi, con risorse già stanziate per quasi 200 milioni, che saranno sufficienti. La prima fase scatterà con il 2019, quando penso saranno completate le quattro casse si espansione di Figline». La fase due prevede l'innalzamento della diga di Levane (è in corso la progettazione) con 25 milioni di euro, la terza la realizzazione delle casse di espansione delle Siena, mentre l'innalzamento della diga de La Penna «non è prevista dagli accordi, per adesso è solo all'orizzonte», aggiunge Le casse d'espansione Il primo passo in avanti sarà la conclusione della costruzione delle quattro casse di Figline previsto nel 2019 Diga più alta a Levane La seconda fase è l'innalzamento di 10 metri della diga di Levane, così da contenere più acqua: fine lavori nel 2020 Regimazione della Sieve Grassi. «E chiaro che oggi i danni sarebbero molto più ingenti del `66, ci sono molto meno aree agricole e più auto, tutti siamo più ricchi e le case valgono di più - aggiunge Grassi - Ma la riduzione di questi danni è importante e aumenterà: avere 4 metri di acqua in una piazza o strada ovviamente non è come avere 5o centimetri». I quartieri a rischio di Firenze sono gli stessi, come spiegano dalla Regione: «Con 4.000 metri al secondo di acqua come nel `66 il primo tratto del centro storico ad essere interessato dalle esondazioni è quello a monte del ponte alle Grazie, prospiciente la Biblioteca Nazionale e tutto 11 tratto tra ponte alle Grazie e ponte Santa Trinita. Poi, in riva sinistra, la zona di San Niccolò, mentre le aree più critiche esterne al centro sono Girone, Rovezzano e Varlungo, Cascine e Argingrosso». «Oggi abbiamo un quadro chiaro - afferma Marcello Brugioni, responsabile del rischio idraulico per l'Autorità di Bacino - noi che facciamo modelli di rischio, la Regione è commissario straordinario di governo per le opere, Regione e Stato mettono i finanziamenti per i cantieri. Con le casse di espansione di Figline ridurremo di un altro 30% il rischio `66 per Firenze e sarei contento se le altre opere a Levane e sulla Sieve fossero pronte entro il 2025: i tempi di progettazione e realizzazione sono sempre lunghi». Mauro Bonciani © RPRODUZIOfd= RSERVA'A Terza fase la costruzione delle casse di espansione della Sieve, per adesso in calendario Alluvioni in Toscana Pagina 349 La foto sbagliata Nei ritratti sui principali protagonisti dell'Alluvione, ieri abbiamo pubblicato la foto di Enrico Mattei storico dirigente dell'Eni anziché quella dell 'omonimo direttore della Nazione nel `66 (foto). Errore grave. Ce ne scusiamo. Alluvioni in Toscana Pagina 350 E presto l'alluvione dei turi sti » All'Odeon il film con la profezia della Bbc. Girato nel `68 «I lo paura» risponde Indro Montanelli a Roger Graef che lo intervistava per la Bbc a due anni di distanza dall'Alluvione. Lo ripete due volte: «Ho paura». «Che non cambierà nulla, che questa catastrofe non sarà nemmeno servita a insegnarci qualcosa», spiega il giornalista del Corriere della Sera al reperter britannico parlando di prevenzione, in futuro, di altre tragedie. E che «Firenze e la Toscana abbiano smarrito la propria identità e personalità immerse in questa Nazione che non è una nazione». Si conclude così, con un'intervista inedita e intrisa di pessimismo al giornalista di Fucecchio, il film che oggi vedremo per la prima volta in Italia - alle 16 al cinema Odeon alla presenza del regista - ma che la televisione inglese mandò in onda nel 1968, suscitando molto clamore nel pubblico per il forte atto di accusa di incompetenza e immobilismo alla città, all'Italia e ai suoi governanti. Si intitola Why Save Florence e accompagna, tra la voce triste di Caterina Bueno e le testimonianze di Angeli del fango, esperti d'arte, restauratori ed esponenti politici di allora, i momenti immediatamente successivi al 4 novembre e l'anno e mezzo seguente, tra la ricostruzione della città e gli interrogativi circa le responsabilità. Why Save Florence ci descrive come un museo di bellezze messo in mano a persone che non le meritano, mettendo alla berlina una burocrazia che «è essa stessa una forma d'arte unica al mondo» scherza, prendendoci in giro, il regista. Graef in un'ora di riprese racconta «un fallimento», parole sue, «di chi non riesce a far vedere ai visitatori stranieri che Firenze è una città viva, i cui cittadini meritano rispetto e attenzione». Buona parte del film si concentra su Santa Croce: i danni, i soccorsi, i restauri. «Sono felice di sapere dei tanti restauri, soprattutto del Crocifisso di Cimabue - prosegue il documentarista oggi - Spero che altri seguano il suo esempio, in particolare la Biblioteca Nazionale». Ma mezzo secolo fa Graef era di tutt'altro avviso: «Non ho mai capito come mai l'Italia sia carente di curatori esperti rispetto ad altre realtà come l'Hermitage, il Louvre e il British Museum. L'idea che si ha del vostro Paese è che vi limitiate a considerare l'arte come parte del paesaggio e motore di turismo, ma non la valorizziate, avendo invece come priorità l'economia e il calcio». Il film dimostra anche doti di preveggenza: non sembra siano passati 5o anni quando parla dell'emergenza traffico in centro di Firenze, del turismo di massa definito «una seconda Alluvione» e della crisi delle botteghe artigiane. Tutte cause, per il film, di un disfacimento tanto culturale quanto fisico, reale. Edoardo Semmola RIPRODUZ IONE RISERVATA 0 I turisti in piazza Signoria in un'immagine da «Why save Florence» Alluvioni in Toscana Pagina 351 di alluvioni tutt'oggi e il fiume Ombrone rappresenta ancora un nodo da sciogliere. Ma mai nella storia recente di questa terra si è vista una piena simile. «Quella mattina dormivo, non ero a scuola perché allora il 4 Novembre era festa - spiega Claudia Da giorni pioveva con insistenza e babbo se ne stava nell'idrovora, cercando di GROSSETO Il senso della pompare l'acqua che già aveva tragedia sta nel ricordo dei invaso i campi. Quella mattina dettagli. «Ricordo come se arrivò allarmato e disse a fosse ora cosa indossavo quel mamma: "Qui dobbiamo giorno: delle scarpe in tela nera, un maglione fatto ai ferri andarcene, tra poco arriva la piena"». 11 padre, dipendente e un cappotto grigio con i che del Consorzio di Bonifica, dovevo ancora rinnovare. Ho un ricordo lucidissimo di tutti decise di portare la famiglia all'interno dell'idrovora, dove i dettagli: queste per farle c'era una scaletta che capire come quel 4 novembre conduceva a una torretta. resterà per sempre dentro di «Lassù ci saremmo potuti me». Claudia Milani è mettere in salvo - continua il l'immagine dell'Alluvione che nel'66 travolse Grosseto. Oggi racconto - Ci rimanemmo tutta la notte al buio». Solo la ha 61 anni e fa la maestra all'asilo, ma nella foto divenuta mattina dopo la famiglia fu salvata. «Oggi capisco la la copertina di libri e mostre disperazione dei miei, che dedicate all'evento ne aveva solo 1l. Una bambina ferma su quel giorno persero tutto» spiega Claudia, impegnata un tetto che grida, cercando perché il ricordo di quanto aiuto. «Ancora oggi, quando piove molto, la mia mente va a avvenuto resti vivo: con questo spirito ha partecipato ad quei momenti - racconta alcuni eventi organizzati a Spero che l'Ombrone venga Grosseto in occasione dei 5o messo in sicurezza al più anni dall'Alluvione, ma presto». La Maremma è terra soprattutto ha scritto la sua storia in un paragrafo di un libro (con la sua foto in copertina). «Voglio che i miei nipoti sappiano cosa è accaduto - dice - Ora sono piccoli e non possono capire». Alfredo Faetti Gro =. La bimba sul tetto, i ricordi e l'appello: «Ora pensate all'Ombrone» 0 RIPRODUZIONE RISERVATA Ieri e oggi Claudia Milani in alto nella foto simbolo dell'Alluvione nel Grossetano, sotto oggi con il marito Alluvioni in Toscana Pagina 352 Il miracolo (olandese) dell'acqua Frans Sedee racconta: con i miei 140 soldati ridemmo da bere a Firenze nel fango Nove milioni di litri d'acqua potabile in mezzo a un mare di fango. A Firenze, nel 1966, arrivarono migliaia di angeli del fango a salvare le opere d'arte della città. Ma tra i tanti volontari ci furono anche 14o angeli dell'acqua pulita, che per 17 giorni si sostituirono all'acquedotto per rifornire i fiorentini, le scuole e gli ospedali, tutti rimasti a secco. Furono gli olandesi, 140 soldati dell'XI battaglione del genio militare dei Paesi Bassi, a installare in città, per 17 giorni, 12 vasche per depurare l'acqua e permettere così ai fiorentini di poter bere. «Firenze in quei giorni era nel caos: non c'era elettricità, non c'era acqua corrente, non c'era nulla, non c'erano informazioni per organizzare il lavoro. Nella mia vita non ho mai trovato nulla di altrettanto difficile come quel che facemmo in quei giorni». Frans Sedee ha 83 anni, è colonnello in pensione. Ne aveva 33, nel 1966, quando da giovane capitano fu a capo di quei 140 militari. E oggi è tornato a Firenze per celebrare i 5o anni dell'Alluvione, come uno dei protagonista di quel novembre durissimo. L'esercito olandese, l'unico ad avere squadre specializzate nella depurazione, era stato contattato dalla Croce Rossa, dopo un appello del governo italiano. I 14o partirono dall'Olanda con 19 aerei, il 14 novembre. Senza sapere dove andare, senza avere contatti con Firenze, arrivarono chiedendo informazioni per strada. cercare qualcuno che ci dicesse dove sistemarci e dove potevamo montare la nostra attrezzatura per la depurazione. Brancolavamo nel buio». Fu il generale Arista, dei Carabinieri, dopo ore, a indicare loro la caserma Marini di Pistoia, come quartiere generale, e i punti strategici in cui sistemarsi per dare acqua pulita a Firenze. Già il 14 sera gli olandesi avevano allestito le macchine ai due lati della pescaia di San Niccolò. «Sì, il 14 arrivammo, il 14 ci sistemammo a Pistola, il 14 già davamo acqua potabile: siamo olandesi, siamo tosti», dice Frans sbattendo in modo sonoro le nocche sul tavolo. Il giorno dopo, il 15 novembre, era tutto a punto anche sul Mugnone, con le due postazioni di piazza Dalmazia e di Santo Stefano in Pane. Ciascuno dei quattro punti aveva tre vasche in cui l'acqua veniva mischiata a dei sali che la depuravano da fango, nafta e batteri. «I fiorentini venivano con i fiaschi, con le damigiane. Noi con i camion portavamo acqua nelle scuole e negli ospedali - ricorda il militare - In 17 giorni abbiamo dato a Firenze nove milioni di litri d'acqua potabile, l'unica che c'era in città era la nostra». Gli olandesi rimasero fino al 30 novembre, fintanto che l'acquedotto non fu rimesso in funzione. E i fiorentini? «Ci accolsero con entusiasmo e ogni volta che venivano a prendere l'acqua da noi ci ringraziavano». In 17 giorni, tra fare avanti e indietro da Pistoia e girare per Firenze a distribuire acqua, i camion degli olandesi percorsero 53 mila chilometri. Dello, fatto Arrivammo il 14, ci sistemammo e la sera stessa eravamo già operativi Poi, prima di tornare in Olanda, a lavoro finito ebbero l'onore di essere ricevuti da Paolo VI. Frans mostra la sua foto col Papa, fiero, ma ci tiene a ricordare che «c'eravamo tutti e 140». Più tardi, l'ufficiale sarebbe stato anche insignito dallo Stato italiano del titolo di cavaliere del lavoro.Ora Frans è a Firenze, si è portato con sé le foto di allora, i fiorentini che riempiono i fiaschi di acqua, e anche i documenti con tutti i numeri, i nomi, i dati di allora. E qui, invitato dall'ambasciata d'Olanda, per partecipare a una commemorazione che ricorderà anche gli angeli dell'acqua pulita. Ma non è la prima volta che torna in città, c'è tornato molte volte da turista: «Ci capitai per la prima volta molti anni dopo l'Alluvione. La prima cosa che mi venne in mente a rivederla? Mamma mia com'è bella e pulita... Beh, vuol dire che ho fatto un buon lavoro». Giulio Gori © RIPRODUZIONE RISERVATA «La prima cosa da fare, in città - racconta Frans - fu Alluvioni in Toscana Pagina 353 iiiin'a.i,p dca Il colonnello Frans Sedee con la carta di Firenze: cinquant'anni fa era al comando dei 140 militari del genio olandese che sbarcarono nella città alluvionata e, con le vasche posizionate in quattro luoghi strategici lungo l'Arno (foto grande)e il Mugnone, fornirono ai fiorentini 9 milioni di litri di acqua potabile Un fiorentino prende l'acqua coni fiaschi Alluvioni in Toscana Pagina 354 «A GIOVANNI E ORFEA INTITOLEREMO IL SOTTOPASSO FERROVIARIO. E NEL 2017 DEDICHEREMO UN'AREA DEL PAESE A FALCONE E BORSELLINO, UN'INIZIATIVA CHE HA INCONTRATO IL FAVORE DI TUTTI I CONSIGLIERI» o a , r : 1/2 no Ó:r r te Ma il sindaco rassicura: «Presto il restauro». E si farà di più dell'anno sarà intitolato alle due vittime dell'alluvione un luogo della nostra città». CINQUANT'ANNI dall'alluvione: Montelupo fu colpita duramente.«Ben vengano i ricordi fotografici sul web, ben venga la divertente commedia, che la rinata compagnia teatrale del paese porterà in scena oggi al Mignon. Sarebbe stato bello, però, in questa occasione che ci si fosse occupati del recupero della targa in memoria delle vittime». Federico Pavese, consigliere d'opposizione, torna a sollecitare l'amministrazione affinchè «intervenga prima che il ricordo sbiadisca del tutto». MENTRE AL MMAB è in corso la presentazione del libro «Piovve sul bagnatole testimonianze più significative sull'alluvione nell'Empolese-Valdelsa», e mentre si ricordano le storie di Giovanni Chiarugi, «panaio del paese» allora 68enne, e di Orfea Casini (le due vittime montelupine della furia dell'acqua), l'attenzione inevitabilmente cade sulla targa posta Alluvioni in Toscana IL PUNTO individuato è il sottopasso ferroviario, «dove perse la vita Chiarugi - ricorda Masetti -. Luogo evocativo, un punto importante da recuperare in vista anche del più ampio progetto di riqualificazione del viale. Sfrutteremo la ricorrenza del Cinquantennale come occasione per ricordare le vittime, raccogliendo la volontà dei parenti». Ecco come si presenta la targa che ricorda Giovanni Chiarugi e Orfea Casini in viale Umberto. Indecifrabile, illeggibi- le. MA ANCORA per poco, come garantisce il sindaco Paolo Masetti: «Il recupero è in corso a cura dei parenti di Giovanni Chiarugi. Ma non è tutto. Entro la fine QUELLA del sottopasso ferroviario è la prima di una serie di intitolazioni che l'amministrazione ha in programma entro la fine del mandato. «Nel 2017 dedicheremo un'area del paese a Falcone e Borsellino - conclude il sindaco Masetti -. Un'iniziativa trasversale, questa, che ha incontrato il favore di tutti i consiglieri». Ylenia Cecchetti Pagina 355 IL PRIMO GIORNO DI APERTURA AL PUBBLICO DELLA NOSTRA MOSTRA HA RISCOSSO GRANDI CONSENSI TANTE LE PERSONE IN FILA PER ENTRARE TANTISSIMI ALL' ESPOSIZIONE DE IONE, VISITATORI ENTUSIASTI «che emozione, è stato come rivivere tutto» TANTISSIMI i visitatori che ieri, nel primo giorno d'apertura al pubblico, hanno affollato `L'Arno straripa a Firenze', la mostra che attraverso documenti originali, immagini, filmati e cronache dell'epoca, documenta come La Nazione raccontò al mondo l'alluvione del'66. «È davvero emozionante, mi ha entusiasmato - commenta Carla Ferrini -. Io abitavo vicino Ponte Vecchio, ho vissuto sulla mia pelle quei tragici momenti, e penso che i giovani, visitandola, possano ricavarne insegnamenti preziosi». colarmente colpito - afferma la signora Giulia Bitossi -. E interattiva e coinvolgente. Si vede molto bene il contrasto tra l'immediatezza della comunicazione di oggi, rispetto alla lentezza e precisione di un tempo. E questo credo possa offrire, alle nuove generazioni, uno spunto di ANCHE ai più giovani è piaciuta tanto: «I documenti esposti non sono solo informativi - spiega Andrea Sartori - ma rendono anche le emozioni, raccontandomi l'alluvione in un modo che ancora non conoscevo». «Il video all'ingresso e le prime pagine della Nazione mi hanno parti- riflessione molto importante». «L'equilibrio fra gli articoli pubblicati e i documenti visivi produce una grande emozione, sia a quanti hanno vissuto quei momenti, come me che ero molto piccolo, abitavo all'ultimo piano di un palazzo in piazza Stazione, e ricordo le macchine «Uno spunto i riflessione interessante peri g iovani L'allestì ento è coinvol ente» portate dalla corrente - afferma Giovanni Zanfarino - sia ai più giovani, che possono prenderne un'importante consapevolezza». «Anche grazie al rumore dell'acqua di sottofondo, mi ha riportato indietro nel tempo - spiega Paola Scotti Fantoni - a quando avevo 22 anni. Abitavo in piazza Indipendenza, l'acqua lì invase solo le cantine, ma sento ancora l'odore del fango e della nafta». «Questo mostra è piena di ricordi vissuti - dice Andrea Pratesi -. Io all'epoca avevo 16 anni. Dopo aver letto quella mattina La Nazione, cercai di andare a vedere l'Arno, ma non feci in tempo, perché alla fine l'acqua invase anche tutte queste strade». La mostra, allestita all'auditorium Monti di via Paolieri 2, è a ingresso libero e aperta dal lunedì al sabato, fino al 19 novembre, 9,30/12,30 - 15/18. Info e prenotazioni per visite scolastiche: marketing.firenze@monrif net. Maurizio Costanzo iii/ i r; i,,,,;-:; . 9 And rea sartori Giulia Bitossi Paola scotti Fantoni Carla Ferrini Alluvioni in Toscana Pagina 356 , + 1 ',4. Alla mostra non solo i fiorentini che vissero l'alluvione sulla loro pelle ma anche tanti giovani che ne hanno solo sentito parlare i ::;}til :'•.f'-l,ll '-' i'.t',;C? .. : ; f . 01` A sinistra i visitatori mentre assistono al filmato capolavoro realizzato da Franco Zefirelli. Sopra la proiezione dei film realizzato da La Nazione con il racconto dei giornalisti e dei tipografi e, a destra, l'ingresso della mostra con la riproduzione della prima pagina di allora Alluvioni in Toscana Pagina 357 L'ARNO SI TRASFORMO' IN U N LAGO E FECE SENTIREI SUOI EFFETTI DA BIBBIENA AL VALDARNO FINO AD ARRIVARE A PISA BARGELLINI DOVEVA LASCIARE NEI GIORNI DEL DISASTRO , MA RESTO' ANCORA. I FIORENTINI: «E' STATO SALVATO DALLE ACQUE, COME MOSE'» F DA IERI I PALAZZI PANCIATICHI E CAPPONI HANNO CAMBIATO NOME: LA SEDE DELLA REGIONE Si CHIA MA «PALAZZO DEL PEGASO» A1iuvïoneil disastro e 1a rïnascïta a non dovrà accadere mai più» 't in Reg ione, tar NON SOLO Firenze. L'alluvione del `66 non ha colpito solo la città simbolo dell'arte e della cultura nel mondo, ma tutta la Toscana. Sono 47 i morti contati in tutto il territorio e ieri il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani ha tagliato il nastro della mostra fotografica «Le alluvioni in Toscana. La protezione civile e il volontariato oggi». Al suo fianco, nella sala del Gonfalone, i consiglieri dell'Ufficio di presidenza Lucia De Robertis, Marco Stella e Antonio Mazzeo. Il fiume non esondò solo a Firenze, in tutto si contarono 47 vittime «L'Arno in quei giorni del `66 si trasformò in un grande lago - ha ricordato Giani - e cominciò a produrre i suoi effetti da Bibbiena, al Valdarno superiore, poi nella Piana, fino a Pisa. Gli affluenti non riuscivano a entrare in Arno, con l'Elsa che portò devastazioni e morte da Castelfiorentino a Empoli. E l'Ombrone, che mandò sott'acqua Grosseto e la Maremma». E NON DI sole celebrazioni ha parlato ieri. «Quello che oggi è importante - ha detto Giani - è l'impegno fortissimo delle istituzioni Alluvioni in Toscana per fare in modo che non accada mai più, con le risorse destinate ai necessari interventi di messa in sicurezza, e, accanto a questo, il senso che la Toscana ha saputo reagire e riprendersi». Poi sono state consegnate due targhe alla memoria. A Piero Bargellini, e a Riccardo Marasco. «Bargellini - ha ricordato Giani - è il sindaco che andava a portare con gli stivaloni una parola buona in ogni bottega, in ogni centro artigiano, in ogni angolo in cui si respirasse il senso della desolazione per l'alluvione, ma anche lo spirito della rinascita. Avrebbe dovuto lasciare l'incarico due giorni dopo quel maledetto 4 novembre e invece si seppe conquistare unanime apprezzamento e rimase ancora un anno. È il simbolo del buon amministratore che sa stare tra la gent». «Nemmeno il sindaco - ha ricordato il figlio Mauro Bargellini - fu risparmiato , rgeltle Marasco dall'ironia dei fiorentini. Dicevano che il loro sindaco era come Mosè, era stato salvato dalle acque». A ricordare Marasco «che con sagacia e ironia seppe interpretare la rinascita» è stato uno dei suoi amici più cari, l'avvocato Cantinelli. «I14 novembre del `66 Riccardo stava svolgendo il servizio militare di leva nella caserma dell'aeronautica militare alle Cascine e quel giorno era di guardia. La palazzina dove si trovava finì sotto due metri d'acqua e lui fu salvato da un canotto. Anche questo spiega forse la sua caparbia ironia per non cedere alla paura dell'alluvione vissuta da tutta la città». L'ULTIMO riconoscimento, il Pegaso, è stato infine consegnato a Giorgio Federici, il segretario del comitato per il50° anniversario dell'alluvione, «che ha coordinato tutte le iniziative». Ultimo appuntamento della mattinata il presidente Giani lo ha fissato in via Cavour davanti alle due lapidi di pietra fissate al numero 2 e al numero 4. Da ieri gli antichi palazzi Panciatichi e Covoni-Capponi, che ospitano il Consiglio regionale e tutti gli uffici collegati, hanno cambiato nome: sono il «Palazzo del Pegaso». Dal nome del cavallo alato, simbolo del comitato toscano di liberazione nazionale, già scelto nel 1970 per la costituenda Regione. Paola ichera Pagina 358 Eugenio Giani e Marco Stella con i figli del sindaco Bargellini sindaco con or'; st a%, e l'assessore Speranza Sopralluogo nel fango li IN MEZZO al fango, con le scarpe sporche di melma, accanto al sindaco Bargellini c'era sempre anche il suo giovane assessore alla cultura Edoardo Speranza, scomparso due anni fa. Quel grintoso avvocato sarebbe diventato un protagonista della vita politica, culturale ed economica della città. Ma nonostante le tante esperienze politiche e la lunga carriera, niente lo aveva toccato come la tragedia dell'alluvione, che anni dopo raccontò così: «La mattina presto sentii grida e rumori sordi. Via Guicciardini era un torrente. Per fortuna come cacciatore avevo gli stivali in casa e riuscii ad arrivare a Palazzo Vecchio, lasciando mia moglie e i miei due bambini piccoli, Jacopo e Camilla. C'era già il sindaco Bargellini. Lui letterato, storico, uomo di grande cultura si rivelò in quei giorni terribili e impegnativi un vero capo. Mai come quel 4 novembre il mondo sentì Firenze come la sua capitale culturale e temette di perderla. Un ruolo universalmente riconosciuto da sostenere e rafforzare». Alluvioni in Toscana Pagina 359 «S otto, ^ lv, ', ' d i satro DATO in scena al Teatro Niccolini «Sotto una E' gran piova d'acqua...», a cura di Sandro Bennucci, Marcello Mancini e Massimo Sandrelli, con gli attori della Compagnia delle Seggiole Fabio Baronti, Luca Marras, Andrea Nucci e Sabrina Tinalli. Una narrazione teatrale di quel tragico evento accostata a documenti d'archivio e a riflessioni con ospiti: Giorgio Bonsanti, Luca Bellingeri, Zeffiro Ciuffoletti. In platea anche Antonello Venditti che nel 1966 fu fra gli angeli del fango Alluvioni in Toscana Pagina 360 BUONA DOMENICA di LUIGI CAROPPO VIVA LA GENTE IN REDAZIONE INCAPPUCCIATI DA VERGOGNA C'È UN PASSAGGIO nell'editoriale della prima pagina de La Nazione del 6 novembre 2966, quando Firenze stava vivendo la tragedia dell'alluvione e il nostro giornale contava ingentissimi danni, che mi preme ricordare: «Quello che abbiamo subito ci ha f "atto sentire pr"ù che mai vicini ai nostri lettori. La nostra sola missione e la nostra unica gloria sono quelle di vivere intimamente la vita del popolo toscano, del popolo fiorentino in particolare, le ore liete e le ore oscure, la gioia e la sofferenza. Ci reputiamo quindi fortunati di" essere stati in primissima linea nel dramma che il popolo fiorentino, e tanta parte delle genti toscane, hanno vissuto e tuttora vivono da quel mattino di venerdì 4 novembre in cui l'Arno travolse e scalvalcò gli" argini e traboccò sull'abitato cittadino con la sua sinistra ondata, apportatrice di desolazione e di lutto». A 50 anni Alluvioni in Toscana di distanza ci reputiamo fortunati di essere in primissima linea tutti i giorni a fianco dea nostri lettori, per la nostra città. Econ questo spirito La Nazione ha aperto le porte della redazione da ieri a mezzogiorno a una fiumana di gente. La nostra gente, che voleva ammirare la mostra (capace di unire storia e innovazione) e sentirsi tutt'uno col giornale di Firenze, protagonista 50 anni fa di una vera e propria sollevazione afavore degli aiuti che non stavano arrivando da Roma. A quella gente, famiglie, anziani e giovani, coppie, angeli del fango o alluvionati, che ha fatto la fila per entrare e a quella che aspettiamo da domani, il nostro grazie di, cuore. Gente vera che vuol bene a Firenze e al suo giornale. Bella gente nella sua semplicità di emozioni, occhi lucidi, voglia di far conoscere a figli e nipoti quello che è accaduto sotto il cielo plumbeo del novembre del '66. Da vergogna, invece, gli incappucciati che sono sfilati carichi di, violenza e poco da dire da piazza San Marco ai viali sostando a lungo proprio davanti alla nostra sede. Non erano solo contro il referendum, sono sempre contro tutto e tutti. Se avessero permesso di slare verso piazza Duomo e a1 Leopolda, i manifestanti, avrebbero lasciato il solito scenario da vandali. Altro che dire no alla riforma. «Manifestare e protestare sono un diritto, usare violenza per avere visibilità è ignobile» ha tuonato giustamente il sindaco Nardella. Viva Fiorenza. Quella vera. Gon la testa alta, non incappucciata. Buona domenica. Pagina 361 IL FIORENTINO di GIOVANNI PALLANTI L'ESEMPIO E DEGLI ITALIANI DEI FIORENTINI QUESTA volta parliamo degli italiani e dea faorentana. Per lungo tempo si è detto che il nostro popolo è debole e che, nelle disgrazie, è anche molto piagnucoloso. I comportamenti dei fiorentini del dopo alluvione del 1966 e quello dei terremotati, ai nostri giorni, dell'Italia Centrale, sono stati completamente diversi. Salvo rare eccezioni i fiorentini di cinquant'anni fa si misero subito a riparare i danni dell'alluvione con pochi pianti e molta voglia di lavorare per ricominciare a lavorare e restituire la città al suo splendore. In questi giorni la stessa cosa sta accadendo nei Comuni delle Marche, dell'Umbria e del Lazio che sono stati massacrati dal terremoto. Anzi, le popolazioni di quei Comuni sono state ancora più forti dei fiorentini del 1966 perché, bisogna dire la verità, il terremoto è molto peggio dell'alluvione. Per non parlare poi delle popolazioni del Friuli distrutte anch'esse dal terremoto e diventate un esempio civile per come si comportarono, per come seppero rialzarsi e per come ricostruirono i loro paesi distrutti dalla furia degli elementi. Allora, tirando le somme di questo ragionamento: gli italiani sono molto meglio di come vengono raccontati. Soprattutto in occasione delle catastrofi naturali, soprattutto quando c'è davvero da rimboccarsi le maniche, riaprtire e magare aiutare anche chi è stato più sfortunato. Catastrofi che potrebbero essere anche, in qualche modo, regolate preventivamente... Ma questo è un altro discorso. Alluvioni in Toscana Pagina 362 M: .yr •,- .. V Alluvioni in Toscana . . . ,. : e ., ,., . ... ,. , ` ,. . Pagina 363 LE ISTITUZIONI IL MONDO DELLA CULTURA ALLA MOSTRA IL SOTTOSEGRETARIO LUCA LOTTI, L'EUROPARLAMENTARÉ 5IMON IN AUDITORIUM IL REGISTA GABRIELE LAVIA, CINZIA TH TORRINI E MARCO GIORGETTI DIRETTORE DEL TEATRO DELLA PERGOLA E L'EX SINDACO DI FIRENZE GIO O MORALE L'IMPRENDITORIA IL PATRON DELLA FIORENTI NA ANDREA DELLA VALLE, WANNY DE FILIPPO DEL BISONTE E LEONARDO BASSILICHI (CAMERA DI COMMERCIO) Immagini e ricordi, che_ oom -D, ,Lotti a Della Valle, tanti ospiti per l'apertura de di TITTI GIULIANI FOTI «UNA MOSTRA bellissima e importante, chiara e senza fronzoli che vuole sono fare una cosa: raccontare. E la fa benissimo». Così il maestro Gabriele Lavia ieri all'inaugurazione della mostra «L'Arno straripa a Firenze» aperta ieri alla città e che tutti potranno vedere gratuitamente fino al 19 novembre nella sede del nostro giornale, in via Paolieri 2. Commossa e partecipe di questo tuffo nel passato che la riguarda dal più profondo la nostra editrice, Marisa Monti Riffeser, figlia di Attilio Monti, editore che accoglieva a Bologna, nella sede del Resto del Carlino, i giornalisti de La Nazione che portavano lì a stampare le pagine del giornale. L'alluvione dunque, trattata in questo percorso quasi come un racconto mediatico e umanissimo: ieri tantissime persone sono state a rendere omaggio non solo al nostro giornale ma in qualche modo a una famiglia che ha fatto grande la storia di Firenze. Le immagini su touchscreen arrivano al cuore: lo stilista Toni Scervino è commosso, come lo sono l'ex sindaco di Firenze, Giorgio Morales, e la regista Cinzia Th Torrini che da addetta ai lavori, riconosce la bellezza dei filmati proposti. Uno, è quello famoso, di Franco Zeffirelli; l'altro è una testimonianza dei nostri colleghi che raccontano quel che accadde quel 4 novembre dei 50 anni fa, e l'ha curato il nostro Stefano Cecchi. Ci sono nomi illustri di colleghi: Sandro Bertuc- Alluvioni in Toscana celli, figlio di Elvio, mitico capocronista de La Nazione e Paolo Ermini. Visita gradita anche quella del presidente della Camera di Commercio Leonardo Bassilichi. E c'è anche il presidente della Fondazione Teatro della Toscana e direttore della Pergola, Marco Giorgetti: «E' qualcosa di straordinario - ammette - che va oltre il vedere e arriva a farci sentire». Un antiquario e gallerista come Filippo Pananti, e professori come Cosimo Ceccuti e Sandro Rogari: «E' una commozione vedere, rivivere», dicono quasi insieme i due docenti. Un riconoscimento meritato per Federica Rotondo, che questa mostra ha messo su con impegno, arriva anche dai vecchi colleghi, maestri per noi, che hanno nomi come Aurelio Scelba, Cesare Sartori, Guido Parigi Bini, Antonio Villoresi, Enrico Bosi. Tra i politici la fiorentina eurodeputata Pd, Simona Bonafe e il coordinatore di Forza Italia Marco Stella. C'era anche il coloratissimo Wanny Di Filippo, patron de Il Bisonte con la sua inconfondibile giacca Casentino: «Vorrei quasi averla fatta io questa cosa da quanto mi piace», dice sorridendo. Come l'ex ministro Lamberto Dini, ognuno ha il suo ricordo. C'è Donatella Luccianti dè Peverelli e c'è Francesco Mazzei figlio di quel Lapo Mazzei presidente del- la Cassa di Risparmio di Firenze dal 1980 al 1992. Un saluto e un ringraziamento alla signora Monti Riffeser «per questa mostra - dice - che dovrebbero vedere tutti i giovani». All'inaugurazione presenti anche don Giovanni Momigli, l'imprenditore Niccolò Manetti, il presidente di Confesercenti Toscana Nico Granchi col portavoce Lapo Cantini e Paola Morini in rappresentanza di Cna. Arriva il sindaco Dario Nardella e il Sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio Luca Lotti: solo complimenti per un lavoro fatto col cuore. E con il grande potere di qualcosa di infinitamente lieve e importante: la carta. Pagina 364 IL NOSTRO ARNO 1966-2016 L'APERTURA AL PUBBLICO DOPO L'INAUGURAZIONE DI VENERDI' CON IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA MATTARELLA IERI L'APERTURA DELL'ESPOSIZIONE AL PUBBLICO II giornale protagonista Anche ieri, dopo l'inugurazione con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, la signora Marisa Monti Riffeser, presidente di Poligrafici Editoriale, ha voluto essere presente all'apertura al pubblico. Con lei il direttore de La Nazione Pier Francesco De Robertis lmob..,.,a i 5oprta,asìnista- -wirs'r.o. 0¡¡4ICt: l..!` ..... 4I r2is2r.a l'ex cli,ettirre. cle Lra N,axicrrs:. lrzy Di Filippo core £ug,erìio Garaì, F Alluvioni in Toscana . , ,., .. , ora Rì4fe5er; 4'eurv . ardanrr! taYtanr t 5srnona Brnaa ..: aa9e i4 t<nicl Pagina 365 La consigliera comuná4e Maria e ederca Giuliani cc ì 3 cäirakYeara di sede de La Nazione Stefano Fa st s , il sólttosegrs t.,ric lo,,a letti Alluvioni in Toscana ggQ ;t3rzcaíìrnt, zeaxc.hc Dc:er Go^eaoar,i moro rigi! s:0 ru tezi P<xcka mFiFtdli Pagina 366 PARLA L'EX VICE PREFETTO RUSSO «In pochi minuti la città venne somw_,ersa dall'acqua» «QUELLA mattina non me la potrò mai dimenticare». Francesco Russo, 94 anni, ex vice prefetto di Grosseto, quando ripensa a quelle ore di cinquant'anni fa, appare ancora molto commosso. «Noi abitavamo in via Crispi dove risiedo tutt'ora - ricorda emozionato Russo - e quella mattina avevo detto a mia moglie Caterina che prima di andare in ufficio sarei passato a prendere un po' di pane, come ero solito fare, nel negozio di alimentari, ora non c'è più, che si trovava all'inizio di via Crispi. Lei mi rispose che sarebbe scesa in cantina per mettere a posto alcune cose. Ebbene io la salutai, andai a prendere il pane e, poi, mi recai in ufficio dove svolgevo il ruolo di dirigente superiore in Prefettura. Dopo poco si scatenò il finimon- Alluvioni in Toscana do». E a questo punto si accentua un po' di emozione. «In pochi minuti la città venne sommersa dall'acqua prosegue Russo - e io pensai subito a mia moglie che era in casa con nostro figlio Pasquale. Quando arrivai vicino a casa l'acqua mi arrivava alla cintola dei calzoni. Impossibile salire in casa. Io ero preoccupato perché non avevano più avuto notizia di mia moglie. Allora mi misi ad attendere, su viale Sonnino, sul selciato della ferrovia. Dopo alcuni minuti. Finalmente, vidi la tendina della finestra che si apriva e c'era mia moglie con il piccolo Pasquale in braccio. Per me fu una vera liberazione. In casa, al secondo piano, riuscii a salire dopo molto tempo grazie ad alcuni mezzi di fortuna». Paolo Pighini Pagina 367 etto en _ v r/ I , Quelle ore drammatiche nel racconto di Claudia Milani AGGRAPPATA al tetto da cui sta per essere salvata grazie agli elicotteri del 4° Stormo dell'Aeronautica Militare. In questo modo è ritratta Claudia Milani, che nel 1966 aveva solo undici anni. E diventata una delle immagini simbolo dell'alluvione in Maremma poiché figura in bianco e nero sulla copertina del libro di Luciano Bianciardi e Pilade Rotella, corredato dalle fotografie dell'agenzia BF. Claudia abitava con i genitori e i fratelli nella campagna di Cernaia fra Grosseto e Castiglione della Pescaia, dove suo padre lavorava al Consorzio di Bonifica come addetto al controllo dell'idrovora. «Mio padre decise di portarci dentro all'idrovora, dove c'era una scaletta a chiocciola che conduceva a una torretta; lassù ci saremmo potuti mettere in salvo. La torretta - ricorda Claudia Milani, che poi è diventata maestra, moglie, madre e nonna - era scomoda e fredda. Ci mettemmo a sedere sopra il pavimento, avvolti nelle coperte portate da babbo e lì rimanemmo tutta la notte al buio. Sopra di noi sentivamo gli elicotteri che volteggiavano, ma non ci avrebbero mai potuto vedere dentro quella torretta. Il babbo allora appoggiò una scaletta di legno sotto la finestrella vicino al soffitto, per lanciare un richiamo d'aiuto. UNO alla volta passammo, con grande paura, dalla torretta sul tetto dello stabilimento. Il tetto era pericolante poiché doveva essere ristrutturato e sotto di noi c'era tutta quell'acqua sporca, alta circa quattro metri, che mulinava. Un elicottero sopra di noi non poteva abbassarsi, perché sul tetto passavano i fili della corrente. Babbo tirò fuori un coltellino, che portava sempre con sé, e tagliò i cavi, sperando che ormai non ci fosse più corrente: bi- sognava rischiare! Sul quel tetto altissimo io gridavo, perché temevo di cadere: la ventata delle pale era tanto potente che mi sbilanciava. Poi mi feci coraggio perché pensai che non potevo mollare proprio ora che arrivava la salvezza. L'elicottero si abbassò e uno alla volta salimmo all'interno». Nell'equipaggio della 604» Squadriglia dell'Aeronautica che nel novembre del 1966 partecipò ai soccorsi per l'alluvione c'era l'allora giovane sottufficiale Felice Caldora, motorista di bordo. AL TEATRO degli Industri, nel corso del convegno organizzato dal Rotary Club e dalla Fondazione rotariana «Carlo Berliri Zoppi» per il 50° anniversario, Caldora ha ricevuto il riconoscimento «Paul Harris Fellow» proprio per il suo intervento durante quei drammatici giorni. Il ricordo dell'alluvione del 4 novembre del 1966 è tenuto vivo dall'iniziativa de La Nazione. Fino all'8 dicembre i lettori riceveranno in regalo in edicola, in abbinamento con il quotidiano, dodici straordinarie fotografie dell'epoca e il contenitore per raccogliere questa nuova collezione che racconta la Maremma. Le foto sono distribuite gratuitamente ogni martedì e ogni giovedì e provengono da due archivi importanti: l'Archivio Fratelli Gori e l'Archivio Giacomo Aprili. Irene Blundo PARTECIPAZIONE Tanti grossetani hanno preso parte alla due giorni di convegno organizzata al teatro degli Industri dal Rotary Alluvioni in Toscana Pagina 368 SOPRALLUOGO A TO NO E ACCUSE CONTRO L'AMMINISTRAZIONE «La sicurezza idraulica esiste, ® SICUREZZA idraulica al monte: per i cinque stelle è tutto da rifare. «Come potete vedere ha detto il consigliere comunale Francesco De Pasquale, ieri pomeriggio in sopralluogo a Torano - l'alveo seminaturale ha una velocità di afflusso d'acqua molto inferiore a quello realizzato dall'uomo di recente costruzione. Si parla di una differenza tra un'autostrada e una mulattiera. Serve rivedere questo metodo di sicurezza idraulica. Nell'alveo realizzato dall'uomo si vede chiaramente come la potenza dell'acqua si sprigioni senza trovare ostacoli». Alluvioni in Toscana ' fa sempre paura» Nel giorno dell'anniversario dell'alluvione di due anni fa, si è tenuta l'assemblea del consiglio dei cittadini di Marina sul masterplan della Regione per la sicurezza del Carrione. La presidente Lara Benfatto fa il punto: «I primi interventi saranno sulla parte di argine crollato che al momento non sono ancora iniziati. Visto il protrarsi dei tempi chiediamo al sindaco se può sollecitare l'inizio dei lavori. Ricordiamo che sono passati già 2 anni dal tragico evento e che le piogge stanno tornando copiose. I marinelli non dimenticato e vorrebbero che la sicurezza dell'argine fosse una priorità per l'amministrazione. Inoltre durante il consiglio si è evidenziato il fatto che lo studio Seminara non tenga in considerazione la totalità dell'ambiente circostante, escludendo dall'analisi anche il piazzale città di Massa. Che questo non rappresenti una criticità per lo sbocco del fiume ? Lo studio non si deve limitarsiad una mera analisi del fiume proponendo soluzioni drastiche come l'abbattimento dei ponti, ma debba guardare anche alle criticità presenti alla foce come i due ponti esistenti che restringono notevolmente lo sbocco al mare». Pagina 369 p-a r c l LL'crtj14' rinviato domenica 13 per colpa del maltempo Santa María a Monte Per colpa del maltempo lo spettacolo teatrale in programma ieri sull'argine alle Gallette tra Ponticelli e San Donato, dove l'Arno ruppe il4 novembre 1966, è stato rinviato a domenica 13 novembre alle 16,30. Saranno gli attori dei Pensieri di Bo' a mettere in scena «Se io fossi acqua». Oggî a Vii tta cc i i i premi L« ri üi» L'Arno protagonista Santa Croce A Santa Croce le iniziative a 50 anni dall'alluvione al via oggi alle 18 con le premiazioni dei giovani partecipanti al concorso artistico-letterario «Mario Marianelli»: tema l'Arno. Premi peri primi tre classificati nelle sezioni racconto e poesia e arte. Una trentina i partecipanti. Alluvioni in Toscana Pagina 370 0 INQUIETANTE IN POCHE ORE I LIVELLI DEI FIUMI RAGGIUNSERO QUOTE IMPENSABILI IN SOLI DUE GIORNI VENNE METÀ DELLA PIOGGIA CHE CADE IN UN ANNO ASSOC IAZIONE METEOROLOGICA team che ha studiato e -1 1 410 ciei disastro «Senza precedenti» no %„ di TIUSCIA VASELLI IL 4 NOVEMBRE 1966 la nostra regione e la nostra provincia hanno conosciuto la più severa ondata di maltempo degli ultimi 600 anni: in soli due giorni è caduta metà della pioggia che mediamente cade in un anno. Per intenderci, 400 litri di pioggia per metro quadro in due giorni, in zone che mediamente ne ricevono da 800 a 1.300 circa in un anno. E' grazie al lavoro dei ragazzi Fu la più severa ondata di maltempo degli ultimi 600 anni dell'Associazione Meteorologica Senese - giovani studiosi che oggi raccolgono l'importante eredità di padre Vittorio Benucci e monitorano costantemente i movimenti di terra e cielo - che sono state ricostruite le cause del fenomeno che buttò sott'acqua la Toscana: i piccoli passaggi che, nei giorni precedenti il disastro, hanno creato le condizioni atmosferiche di una tale eccezionalità. Un lavoro . minuzioso, per raccontare ciò che portò alla vigilia dell'alluvione. Dal primo pomeriggio del 3 novembre, infatti, anche nel senese la pioggia torrenziale era oramai purtroppo una realtà. In città si segnalano alberi caduti in viale Armando Diaz, frane in via Mattioli, dove 40 metri di muro del Tolomei sono precipitati sulla strada. Disagi anche in via degli Orti, in via Celso Cittadini, a Costafabbri, in via Simone Martini ed in via Nino Bixio. L,Z J dì espertì I giovani studiosi oggi raccolgono l'importante eredità i padre Vittorio Benucci e monitorano costantemente nei dintorni della città ANCHE la situazione è drammatica: smot- i movimenti di terra e cielo tamenti di terreno e cadute di alberi sono segnalati un po' ovunque, così come danni ingenti a strade, linee ferroviarie, del telegrafo, telefonica ed elettrica. I tor renti minori sono esondati: il Massellone si è improvvisamente ingrossato invadendo la strada statale 408 chiantigiana, così come impercorribile risulta la statale 223 grossetana, a causa del Merse. Molti paesi sono invasi dall' acqua: Gaiole in Chianti, Taverne d'Arbia, Monteroni d' Arbia, ove il torrente Arbia ha invaso tutti i primi piani delle abitazioni. Disagi poi a Buonconvento, Rosia, Badesse, Staggia Senese, Rigomagno. '6" ' k n Hanno ricostruito i piccoli passaggi che, nei giorni precedenti il disastro hanno creato le condizioni atmosferiche i una tale eccezionalità §ERE E OGGI Una foto d'epoca dell'alluvione del'66 A sinistra, scatto di gruppo dell'Associazione Meteorologica Senese Alluvioni in Toscana Pagina 371 BUONA DOMENICA di ENRICO SALVADORI UNATERRA SOLIDALE GIORNI intensi e carichi di ricordi quelli che abbiamo vissuto. Intensi e scolpiti nella memoria di chi era già adolescente o adulto o di chi, come chi scrive, era bambino ma ha ancora ben impresse nella mente le immagini di quei giorni. E per noi de La Nazione la rievocazione del mezzo secolo dall'alluvione è ancora più sentita con la bellissima mostra nella nostra sede fiorentina visitata anche dal presidente Mattarella. La Nazione in quei giorni fu punto di riferimento per tutti, fiorentini e toscani. E nel suo ruolo di servizio indispensabile raccontò anche lo slancio dei viareggini e dei versiliesi che è stato giustamente celebrato anche in questi giorni in città. Volontari che strapparono vite untane dalle acque, `angeli delfango' che salvarono il patrimonio culturali, bagnini impegnati con i loro mezzi da mare ma ugualmente utili per mettere al sicuro le persone. A coordinare gli aiuti come primo e unico uomo di governo in quelle frenetiche ore del 4 novembre fu, un viareggino, il senatore Pieraccini allora ministro del governo Moro. Il grande cuore Alluvioni in Toscana di Viareggio e della Versilia si aprì come in questi 50 anni si è ripetuto in più di un'occasione. E lo hanno sottolineato, se mai ce nefosse bisogno, anche da coloro che in quel luglio 2009 vennero ad aiutarci dopo il disastro della stazione. «Viareggio e la Versilia sono sempre in prima fila dobbiamo esserlo anche noi in questa occasione» ripeterono coloro che risposero presente. E anche in questi giorni di celebrazioni del cinquantennale sconvolti dalla tragedia del terremoto del centro Italia, Viareggio e la Versilia ci sono ancora. Con i loro slanci di solidarietà fatta di assistenza sul posto e non solo. Non sappiamo quanta di quella povera gente - che vediamo ogni giorno in Tv soffrire per un sisma che non dà tregua e ti uccide nell'anima - verrà qui da noi. Ma anche se nessuno accetterà l'invito o saranno in pochi a farlo, l'aver messo a disposizione le nostre strutture ricettive è un'altra pagina del libro che parla del grande cuore della nostra gente. Siamo a volte fin troppo polemici, sappiamo spesso dividerci, ma quando c'è bisogno di aiutare chi ha davvero bisogno noi ci siamo. Giusto rimarcarlo. Pagina 372 0 0 Un tocco e riaffiorano le imma «Colpiti a1 cuore da quel disastro» L'Anio sr' a a Firenze', tanti 'ospiti all'apertura della mostra de FIRENZE UNA LIEVE carezza sul tavolo luminoso sposta le foto che scorrono incisive e senza filtri, piene di acqua e di ricordi. «Fango e carta sono le due cose più importanti. E non si sa perché siano così importanti e arrivino dritte al cuore cinquant'anni dopo, riproposte in questa mostra straordinaria». Il placet di un maestro del teatro italiano, Gabriele Lavia. E quello di Marco Giorgetti, il presidente della Fondazione Teatro della Toscana e direttore della Pergola: «E' una occasione stupenda. E gli angeli del fango li rivedo in questo giornale che ha nella sua memoria giornalisti eroici in anni pazzeschi». Parole schiette per tributare un saluto riconoscente alla presidente della Poligrafici Editoriale, Marisa Monti Riffeser per questa esposizione multimediale inaugurata ieri dal titolo L'Arno straripa a Firenze, che si potrà vedere a La Nazione - via Paolieri, 2, Firenze - fino al 19 novembre, a ingresso libero. re la mostra della memoria. In questo auditorium pensato per gli incontri di giornalisti e diventato itinerario, c'è il presidente del consiglio regionale, Eugenio Giani e c'è la fiorentina eurodeputata Pd, Simona Bonace . L'ex premier Lamberto Dini con la moglie ricorda quei giorni carichi di emozione. E ha il suo ricordo anche un sindaco che Firenze ha amato: Giorgio Morales. E arriva anche Andrea Della Valle patron della Fiorentina. Una carezza, due, dieci servono per sfogliare pagine touch, e arrivare a ricostruire il racconto dell'alluvione di Firenze con testimonianze dirette. Piace questa idea delle pareti Tre le proiezioni visibili alla mostra . Una dell'istituto Luce, l'altra girata dal maestro Franco Zeffirelli e l'ultima, inedita, è prodotta e realizzata da La Nazione Nazione Sui quattro touch screen al centro dell'auditorium Monti è possibile osservare le foto tratte dai nostri archivi e anche quelle che sono state inviate dai lettori al giornale quelli a cui dobbiamo molto del nostro lavoro e della nostra memoria: Aurelio Scelba, Cesare Sartori, Guido Parigi Bini, Antonio Villoresi, Francesco Bosi, Umberto Cecchi. «L'alluvione di Firenze è un miscuglio di sentimenti, come l'acqua marrone piena di nafta e cose che galleggiano», dice lo stilista Toni Scervino. «Una bella mostra che Sempre sugli schermi al centro dell'esposizione sono visibili le pagine del giornale di quei giorni. La tecnologia touch consente di poterle sfogliare e leggere che grondano alluvione anche alla regista Cinzia Th Torrini e piace a vorrei aver fatto io - sorride WanFrancesco Mazzei - figlio di Lapo ny Di Filippo, patron de Il Bisonte Mazzei, ex storico presidente della - . Perchè racconta di noi, che siamo la gente comune». Cassa di risparmio di Firenze - che La nobiltà con Donatella Lucciansi congratula con la signora Marisa ti de' Peverelli: «La Nazione fu vitMonti Riffeser. «Questa mostra do- tima ed eroe di una guerra strana, vrebbero vederla tutti i giovani», le contro la corrente e un fiume imdice. Sono qui i vecchi colleghi, pazzito. E questa forza oggi fa ancora commuovere». IL FAMOSO film di Zeffirelli, i quadri con le prime pagine, sono il racconto di questo percorso che sta su touch screen: arriva il sindaco di Firenze, Dario Nardella e il sottosegretario alla Presidenza del consiglio, Luca Lotti. Camminano e ammirano attenti il lavoro scarno, efficace e senza fronzoli per costruì- Alluvioni in Toscana Pagina 373 P %>la ap/,;„-Iu, atte scuoLe Il futuro ha le radici nel passato. La Nazione vuol mantenere viva la memoria con 'L'Arno straripa a Firenze ' rivolgendosi anche ai più giovani . Le scuote possono prenotarsi per visite guidate tutti i giorni dalle 9 ,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 18 allo 055 . 2495870 íIk'ILIj ci, 1 "I %,Ti li sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti con P,' -., isa Monti Riffeser, presidente di Poligrafici Editoriale Un gran parterre di vip ha presenziato ieri mattina all'inaugurazione della mostra organizzata da «La Nazione » per il 5011 anniversario dell'alluvione di Firenze . Sono intervenuti personaggi della politica e delle istituzioni , tra cui diversi esponenti del governo e motti sindaci toscani , e alcuni dei più grandi nomi del mondo dello spettacolo e delta moda. L e foto grväR%.,n Alluvioni in Toscana Pagina 374 1) Lamberto e Donatella Dini 2) Marisa Monti Riffeser, Wanny Di Filippo e Eugenio Giani 3) Marco Giorgetti e Gabriele Lavia 4) Angelo Zubbani e Margherita Cassano 5) Andrea Della Valle ,,, , ri// / 9 ;%/ i/<%//yi 4/9/ // /i/ 7/Y////,r7i77, ;/y// %/ % ïi y, : " WO, La voce nei giorni più duri 6) Francesco M azzeì con la figlia, 7) Cosimo Ferri e Toni Scervino, 8) Luca Bassìlìchi, Cinzia Th Torrini, Dario Nardella e Luca Lotti Alluvioni in Toscana Il titolo ' L'Arno straripa a Firenze ' è lo stesso con cui il giornale uscì il 4 novembre 1966. La N azione, unico g iornale in Italia, seppe raccontare l'alluvione anche con l'aiuto delle rotative del quotidiano ' fratello ', 11 Resto del Carlina di Bologna. Pagina 375 iinediti a La Nazione esposizione fino t 19 novembre La mostra di immagini, anche inedite, allestita da La Nazione è visitabile fino al 19 novembre, a ingresso libero da via Paolieri, dal lunedì al sabato, dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 18. tt' it ri ti Attitio i reperti dannegg iati datt'acqua In esposizione all`auditorium 'Attilio Monti° nella sede de La Nazione anche le collezioni del giornale che furono danneggiate da acqua e fango e che furono poi recuperate coda. ti a prime pagine e filmati . nuno con la propria storia Sfilano le generazioni: dai giovanissimi ai testimoni di quei giorni FIRENZE QUELLI che c'erano, vivendo il dramma in prima persona. E quelli che l'hanno solo sentito raccontare. La mostra «L'Arno straripa a Firenze» ha accolto ieri una grande folla di persone: alcuni armati di tablet e smartphone per catturare le immagini, altri attenti alle spiegazioni e ai filmati. Ma l'interesse ha unito le generazioni, come ha dimostrato Carla Gori, arrivata con la figlia Sabrina Bartolozzi e il nipote Alberto Capuano. «Veniamo da Prato - spiega la signora Gori -. Abitavo li anche allora, mentre mio fratello aveva la casa a Peretola. Due giorni dopo l'alluvione presi un autobus per andare a vedere cosa era successo. Mi sono resa conto del clima di desolazione, con l'acqua potabile portata dalle autobotti». E figlia e nipote hanno sottolineato la curiosità di sapere cosa era successo allora. Ogni visitatore della mostra ha la propria sto- ria da raccontare come Piero Lachi: «Io sono originario di Siena e il dramma dell'alluvione l'ho vissuta nell'Antico setificio fiorentino in San Frediano. Era un laboratorio dove si lavorava anche per Gucci con telai dotati di pantografi traforati che per quegli anni erano moderni. Il titolare, il signor Mazzucchi, era di Siena e arrivai dalla mia città insieme a un gruppo di scout. Era tutto distrutto. Rileggendo le pagine della vostra mostra, vedo che la Nazione parlava meno dell'Oltrarno. Eppure lì l'acqua devastò tutto». Chi ha trovato le cronache della propria zona, quella di Via Gioberti, è Rita Baroncelli: «Fu impressionante vedere come un rigagnolo d'acqua diventò in poco tempo un'onda di oltre un metro. Mio zio fece in tempo a salvarsi dopo aver chiuso il negozio: l'acqua arrivò fino al primo piano e non potei uscire per un mese». «Noi non avevamo tempo di leggere il giornale - raccontano Rossella Lupi e Mario Barchielli -; eravamo a togliere il fango, così come tanti altri cittadini prima dell'arrivo degli "angeli". Da questa mostra si capisce bene lo spirito dei fiorentini che hanno agito subito senza stare a lamentarsi». Al, TI 1°,í ""Putti in fila ieri pomeriggio per entrare nell'auditorium de La Nazione Alluvioni in Toscana Pagina 376 Gi • • Amici • •!! ! 300 fan al P azzale i NA felpa in onore del "Bar Necchi" e via per U le strade di Firenze a fare "zingarate". Sono più di 300 le persone provenienti da tutta Italia che ieri hanno sfidato la pioggia per essere al Piazzale Michelangelo, luogo di ritrovo per il primo raduno dei fan di Amici miei. Si, perché la terrazza fiorentina è la protagonista di una scena del capolavoro di Mario Monicelli. «Che tragedia 41110 10111;1' ragazzi, questa alluvione ci B fan di "Amici miei" Alluvioni in Toscana ha alluvionati anche dentro» dicevano gli Amici osservando dall'alto una città piegata dall'alluvione del'66. A 50 anni da quella data, la pagina Facebook Conte Raffaello "Lello" Mascetti, insieme a Radio Firenze, ha organizzato un tour alla riscoperta dei luoghi del film. Muniti di ombrello e impermeabile, i partecipanti hanno camminato per 4 chilometri per poi concludere allo Spazio Alfieri con un aperitivo a base di "birra Mascetti" e visione dell'atto II della trilogia. Pagina 377 Q` 11/E ANGELI DELFAINGO PRE SEMPRE di LUIGI VICINANZA Freddi numeri le statistiche. Sequenza di aride cifre. Sanno essere spietate, a volte, le statistiche. Eppure c'è un dato, appreso in questi giorni, che mi scalda il cuore. Tra i giovani diciottenni, freschi di diploma, cresce la voglia di affrontare la dura carriera militare in marina. Motivo? Salvare vite umane. Si, soccorrere quelle donne e quegli uomini coi loro bambini ammassati su mortali barconi dai mercanti di carne umana. All'Accademia Militare di Livorno, che proprio oggi compie 135 gloriosi anni, mi è stata mostrata una sfide: dal 2013 fino a quest'anno è cresciuto del 32% il numero delle domande per entrarvi; 6.200 giovani contro 4.700. Solo un gruppo ristretto verrà ammesso, un centinaio all'anno. Ma la tendenza è netta. Il contrammiraglio Pierpaolo Ribuffo, comandante e gentiluomo, di fronte alla mia sorpresa parla dell'effetto emulativo provocato dai risultati delle operazioni "Mare nostrum" e `Mare sicuro2. È vero, la nostra Marina, nelle sue varie articolazioni, ha salvato migliaia di essere umani privati di ogni dignità. Ecco un mestiere delle anni che dà la vita anziché toglierla. Generosi ed eroici in mezzo al mare. I problemi con i migranti semmai iniziano sulla terraferma, ma è tutta un'altra storia. Questi ragazzi sono i figlie i nipoti degli angeli del fango. A Firenze 50 anni fa. In Irpinia durante il terremoto del 1980. E poi su e giù lungo lo Stivale in uno slancio di generosità decennio dopo decennio. Un'Italia solidale e trasversale che ci piace immaginare così distinta e distante dagli egoismi e dalle meschinerie di certa cattiva politica o di un'imprenditoria stracciona. Un mondo lontano dalle luci della ribalta, operoso e concreto. Se dopo nove anni di crisi nera restiamo a galla e continuiamo a sperare ci sarà pure un buon motivo: forse, proprio quella catena umana di giovani e meno giovani sempre disposti a tendere una mano in soccorso dell'altro. Troppo spesso lo dimentichiamo. Buona domenica. Alluvioni in Toscana Pagina 378 di Gabriele Rizza 1 FIRENZE La pioggerella insistente e fastidiosa di certo contribuiva a creare la giusta atmosfera di quel grigio, impietoso, 4 novembre 1966. Ma forse guastava un po' la festa. Senza però togliere il sorriso e il buonumore ai 300 (c'è chi è arrivato da Udine, chi da Trento, chi persino da Catania in aereo via Pisa) che sotto gli ombrelli si sono radunati al Piazzale Michelangelo per ricordare i 50 anni dell'alluvione alla maniera di "Anici miei". Ci voleva Mario Monicelli, col suo sarcasmo, la sua paradossale ironia, il suo ineguagliato equilibrio fra farsa e tragedia, per abbassare il livello del fiume di retorica che, inevitabilmente, Angeli del Fango intesta , ha inondato Firenze in questi giorni. E allora ben vengano gli sgangherati, finalmente trasgressivi "alluvionati dentro monicelliani", che il regista, in una serie di irresistibili flashback, inquadra nel secondo capitolo della saga (1982). L'iniziativa, ideata e promossa dai curatori della pagina Facebook "Conte Raffaello 'Lelio' Mascetti" con la collaborazione dell'emittente Radio Firenze (che in questi giorni ha trasmesso a ondate i dialoghi del film) e dell'associazione guide turistiche "Tre passi per Firenze", ha condotto i partecipanti lungo un itinerario rievocativo che ha toccato, non in religioso silenzio ma con applausi e haitute, i set ormai in odore di cult che hanno fatto da fondale alle memorabili "zingarate" dei quattro amici. Che poi diventano cinque, tutti inguaribili vitelloni che hanno fatto della burla, ora estrosa ora crudele, la loro ragione di vita. Accolti dalla macchina del Melandri, con tanto di targa "vera", la mitica Fiat 125 azzurra, trasportata in loco da un carro attrezzi che innalzava il cartello "Trasporto vecchie signore", gli applausi e gli immancabili selfie affacciati su una Firenze grigia e piovosa, in un clima di esaltazione complice e contagiosa, i trecento forse non più tanto giovani e forti "Amici miei. Alluvionati dentro", alcuni sfoderavano il vecchio trench, puro vintage, la "divisa" dell'epoca, ripescato in qualche armadio, si sono mossi in festoso pellegrinaggio sulle tracce dei loro "eroi". Alluvioni in Toscana zinga ate raduno sotto la pioggia sui passi di Amici miei • 1, 1 • • / /, r : C'erano la mitica Fiat 125 del Meandri e la birra Mascetti A Firenze in trecento per rievocare le scene del film Annullata per "motivi di sicurezza" la Stazione di Santa Maria Novella (ieri off limits per la covention renziana alla Leopolda), il tour è proseguito al cimitero delle Porte Sante ed ha toccato lo storico Bar Necchi (l'abituale ritrovo per le partenze delle "zingarate"), è sfociato in Santo Spirito (il luo- go dell' ultimo congedo al Perozzi), prima di raggiungere lo Spazio Alfieri e assistere alla proiezione del film, l'atto 2 della trilogia, dopo un aperitivo naturalmente a base di "birra Mascetti". A fare gli onori di casa in sala c'erano Enio Drovandi (il vigile nella scena del signor Becchi a Pisa) e Renato Cecchetto (alias Augusto Verdirame da Brescia). Riecheggiano le celebri batture dal piazzale davanti a una Firenze invasa dall'acqua: «Che tragedia ragazzi, questa alluvione ci ha alluvionati anche dentro. Ma che si fa oggi?» chiede il Mascetti. E il Perozzi: «Lo sci d'acqua!». I I maxí rad uno deg! í appassisaatì ,J l' "Amici t,7; eP" a piazzai e Michelangelo . C'era anche la Fiat 125 am u. ra del Melasad i i Pagina 379 e%ii Della" iena" oggi a racc ni Si chiama" La piena del 66 a Grosseto" ed è un gruppo (oltre mille iscritti) sorto su Facebook per raccogliere le testimonianze "dal basso" di quel tragico evento di cinquanta anni fa. Ne sono venute fuori storie raccolte in un volume rilegato e presentato qualche giorno fa. Questo libro collettivo' sarà letto di nuovo a Braccagni, oggi dalle 17, in un incontro al centro sociale di via dei Garibaldini organizzato dagli amministratori del gruppo, che tramite il socia) hanno dato appuntamento. Alluvioni in Toscana Pagina 380 rone in m usica L' martedì al Dif Non sono ancora terminati gli appuntamenti di Ombrone 1966-2016. Ce ne sono anche nella settimana che sta per cominciare: martedì, alle 21, al teatro del Dopolavoro ferroviario invia Mameli, lo spettacolo denominato "L'Ombrone in musica", un evento a cura dell'Archivio tradizioni popolari della Maremma. 119, 10 novembre sono invece in programmale giornate formative coordinate dalla Prefettura, denominate "il sistema di Protezione civile". il libro dì Acquedotto del Fiora "Una montagna d'acqua. Dall'Amiata a Grosseto. L'acquedotto delle Arbure", sarà inoltre presentato venerdì 11 nella Sala Friuli, a partire dalle 18. Partecipala Corale Puccini. Alluvioni in Toscana Pagina 381 Agricoltori ai tempi delle alluvioni L'esperto: «Ecco quale coltura fare» Perla due-giorni del Rotary Club a Grosseto e intervenuto il guru della ciïmatologia aracchi Secondo gli studiosi in zootecnia ci sono metodi "snaturali" per tamponare gli effetti delle calamità GROSSETO Agricoltori, voi potete fare qualcosa- anzi, molto -per arginare gli effetti devastanti delle calamità naturali: a partire dalle alluvioni. Forse neppure lo sa, ma chi oggi chiede ancora pane alla terra ha in mano una leva importante per la salvaguardia del territorio. E un messaggio chiaro quello che parte dal Teatro degli Industri, dove ieri si è chiusa la due-giorni con cui il Rotary Club di Grosseto ha celebrato i dall'alluvione cinquant'anni del '66. E un messaggio rivolto non solo alle istituzioni che localmente governano, ma anche a chi ha un'impresa nel Settore Primario: il modello di coltura dei terreni agricoli incide sulla fragilità (o meno) del nostro ecosistema. Una platea attenta ha seguito con attenzione i tanti interventi tenuti da relatori di grande competenza in tema di alluvioni e bonifiche in Toscana. Tempo pazzo. "Non ci sono più le stagioni di una volta": lo dice la saggezza popolare ma al Teatro degli Industri lo confermaspiegandone il perché - anche Giampiero Maracchi : il guru della climatologia", presidente dell'Accademia dei Georgofili. L'esperto comincia con un excursus del calendario delle bombe d'acqua che si sono abbattute negli ultimi anni sul Granducato. E il 2003 quando si comincia ad avvertire un sensibile aumento della temperatura. E subito arrivano le conseguenze: è il 23 settembre 2003 quando su Carrara - siamo nel lembo nord della Toscana - si abbatte un violento nubifragio; la forza devastante del fiume che attraversa la città apuana il Carrione - porta non solo distruzione ma anche morte, trascinando via con sé un'anziana Alluvioni in Toscana donna strappata via dalla sua casa. Maracchi lo ricorda. É l'inizio. Da quel momento, le ondate di calore si sono moltiplicate e sono sempre più frequenti, dice l'esperto. Tant'è che gli alberi da frutto hanno perso il seme dell'equilibrio: «Pensiamo alla fioritura dei meli - dice Maracchi - Ormai è molto anticipata. Pensiamo alla mimosa: un tempo fioriva per la Festa della Donna, a marzo, ora sboccia a gennaio, con due mesi di anticipo». Il caldo africano ha molteplici effetti: «Cresce la processionaria - continua il climatologo che devasta i nostri boschi. Si modifica la qualità dei prodotti della terra: i vini toscani, ad esempio, assomigliano sempre di più a quelli prodotti nel Sud d'Italia». La Maremma è terra di cacciatori: «Un tempo - nota Maracchi- era Roma la città più a nord del Belpaese in cui dimoravano gli stormi. Adesso, invece, stormi, colombacci e piccioni sono diventati volatili stanziali nelle città toscane». E anche questo è qualcosa si artificioso, di non naturale: ma la natura, ormai, è questa. In questo quadro ormai rivoluzionato, sovvertito negli equilibri «io credo - dice Maracchi - che ci sia un futuro per un'agricoltura completamente nuova. Perché l'agricoltura non è soltanto paesaggio, bosco, idrologia, ma è anche energie rinnovabili, biogas, nutraceutica». pagna abbandonata lia un potenziale di devastazione più alto di una campagna coltivata. Non solo. «L'erosione- dice Bonaricresce con l'aumento della piovosità. E l'erosione cambia a seconda di come si coltiva». Semina diretta o macchine? «Facciamo zootecnia coi prati e coi pascoli-sottolinea-Diciamo stop alle colture annuali che ogni anno richiedono di smuovere i ter- reni. A Manciano alcuni agricoltori già lo fanno e hanno riscontrato una migliore qualità delle produzioni. Aumentare del 13% le colture pluriennali, significa ridurre il rischio di erosione del 33%. E le colture di prato poliennali, rispetto a quelle arative, consentono di diminuire di molto anche le emissioni di anidride carbonica». Gïovanna Mezzana il modello Manciano. L'intervento di Maracchi tira la volata a quello di Enrico Bonari, paganichese, docente della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. L'agricoltura, appunto: il nodo è tutto lì. E qualsiasi coltivazione è meglio di un terreno non coltivato. Perché gli agricoltori, con il loro lavoro, serio dei custodi, delle sentinelle. Una carn - Pagina 382 In i . H ce . . , , , . o. d aqua c fa paura Lo sfogo di mamma Franchina: ho una bambina di cinque anni, non cela faccio a rimanere in casa 1 CARRARA Il rumore del Carrione fa paura. E in via Ilice quella di ieri è stata una giornata lunga, e difficile, molto difficile. 11 fiume ha cominciato a gonfiarsi. In tanti hanno scelto in via precauzionale di mettersi al riparo, di passare la notte, la notte del secondo anniversario dell'alluvione, lontano falle proprie abitazioni. Quelle case, quelle famiglie, quei cortili accanto alla ferrovia sono finite sott'acqua già tre volte, nel 2003, nel 2012 e nell'ultirna alluvione, il 5 novembre di due anni fa. Da allora il fiume, che unavolta era una sorta di compagno, di vicino di casa, è diventato un sorvegliato speciale. E ogni volta che scatta l'allerta in quelle casette accanto alla ferrovia, sotto la via Aurelia, nessuno stapiù tranquillo. Ieri, secondo anniversario dell'alluvione, di acqua ne è venuta giù davvero tanta e insieme al livello del Carrione è cresciuto il terrore. E, come due anni fa, ci sono state valige da fare, e notti da passare lontano dalla propria casa, dal proprio letto. «Il fiume fa un rumore da paura - diceva nel pomeriggio di ieri Franchina Giorgi, da via Ilice - C'erano dei ragazzi della protezione civile a controllare mi sono avvicinata e loro mi hanno detto che probabilmente questa notte non sarà delle più facili». «lo abito da sola con una bambina di cinque anni - ha continuato nel suo sfogo Franchina - ho pensato bene di prepare poche cose e di andare da mia mamma che abita a Fossone. Ma anche i miei genitori non vivono sereni. e per di più hanno gravi problemi di salute. Chissà quante altre perso- ne come me sono in situazioni simili». Franchina è una delle dotine coraggio di via Ilice. Una di quelle che proprio pochi mesi fa non ha esitato a mettersi sull'argine del Carrione, insieme a tante vicine di casa, e segnalarele criticità delfiume. «E veramente dura - dice ora Franchina - non si può più vivere così. La mia piccola è sballottata ogni volta perché ormai quando piove danno sempre un 'allerta. Allora mi domando perché non chiedere la privatizzazione? Almeno per tenere alveo e argini puliti. Ma è così difficile? E oltretutto paghiamo anche una bella tassa. E allora? Si sta parlando di vite umane, di case, di famiglie intere sconvolte non appena la pioggia si fapiù intensa». (a. v.) II carrione ieri in via 11 ice Alluvioni in Toscana Pagina 383 Fabrizio, camionista volontario Vab: il Carrione io lo guardo nel muso di Alessandra Vivoll 1 CARRARA Il fiume Carrione ha cominciato a guardarlo negli occhi, o meglio "nel muso", come dice lui, 13 anni fa, in occasione della alluvione che devastò Carrara e si portò via, con l'onda di piena, la vita di nonna Idina Nicolai: «Con la tuta della Vab ho perlustrato in lungo e il largo la via Carriona, cercavamo proprioldina, era l'unica dispersa. Ricordo che la trovarono più a valle, senza vita, alcuni operai. Fu uno dei momenti più brutti». Da allora Fabrizio Salviati, 50 anni e un fisico da ragazzo, della Vab è diventato coordinatore. E si dedica a questo impegno da volontario anima e corpo, approfittando delle ferie dal suo lavoro, al volante di un camion del marmo, sù e giù perle cave. Un lavoro duro, ma ieri era sabato, Fabrizio era a casa ed è stato fra i primi a montare il turno sul ponte di via Pucciarelli, proprio a pochi passi dall'argine crollato, ora rinforzato dalle palancole in attesa della ricostruzione definitiva. Si perché dopo quella del 2003 a Fabrizio di alluvione ne è toccata un'altra, pesantissima, quella di due anni fa. Quella che ha mandato Marina sott'acqua e che lui ha vissuto ancora una volta col giubbotto arancione cucito addosso. «Ricordo che tredici anni fa c'era più sconforto, era la prima volta che succedeva una cosa del genere a casa nostra, nella nostra città. L'onda di piena del Carrione aveva devastato Carrara: il fiume non aveva mai rotto gli argini. È stato un dramma, negli occhi di chi trovavo per strada, a spalare, vedevo la disperazione. Vedevo persone perse, che non sapevano neppure da che parte inizia- Alluvioni in Toscana re - racconta Fabrizio Salviati Dopo la gente ci ha fatto il callo e ha reagito corno solo i carraresi sanno fare, perché quando c'è da faticare noi lo impariamo subito, un po' come succede alle cave, da sempre». «A Marina di Carrara, due anni fa - prosegue Fabrizio - la gente è come se sapesse già cosa fare. Quando passavamo con le nostre idorvore, con i nostri mezzi per aiutare a liberare i locali dall'acqua, c'erano uomini e donne con gli stivaloni e le maniche rimboccate, avevano già cominciato a spa- lare, ad asciugare con i secchi egli stracci». E Fabrizio, allora come tredici anni fa, non si è tirato indietro. Ila spalato fango, svuotato cantine, e aiutato chi aveva perso tutto a rimettersi in piedi. «Come Vab - continua - abbiamo dato una mano anche a coordinare tutti i ragazzi delle scuole, davvero tanto, che sono venuti ad aiutare e che hanno davvero dato un grande contributo a chi in quei momenti, subito dopo l'esondazione, aveva la casa devastata dall'acqua e dal fango». Giorni e giorni di duro lavoro, e un solo rammarico: «C'erano due donne rimaste intrappolate in casa, madre e figlia, che sono state liberate solo dopo un paio di giorni. Ebbene io ricordo che in quella zona, in via Cairoli e via Argine Destro ci sono passato notte e giorno. Ecco mi dispiace non aver colto alcun segnale, non essermi accorto che c'erano quelle due donne ancora prigioniere nella loro casa». I sgenali ieri Fabrizio Salviati ha cercato di cogliere nel Carrione. Lo ha guardato nel muso per tutta la mattina. Poi un salto a casa, pronto a una eventuale emergenza: «perché - dice - il fronte del mal- tempo è intenso, non bisogna abbassare la guardia». Nemmeno di sabato sera. nemmeno dopo una settimana di lavoro in cava e una trasferta nelle zone del terremoto. «Manon mi sento un angelo del fango - scherza- mercoledì scorso sono rientrato da Muccia, una delle zone terremotate. Ilo approfittato del ponte dei Santi per andare giù a montare una tensostruttura di trecento metri per quindici che ospiterà una mensa. Dai sassi al fango, da una emergenza all'altra: non c'è neppure il tempo di pensare. Quando ti chiamano devi solo infilare gli scarponi, o gli stivali, il giubbotto e partire». il consiglio dei cittadini di marina in un'assemblea pubblica ha fatto il punto dei lavori su tutta l'asta dei Carrione. «i primi interventi saranno sulla parte di argine crollato che al momento non sono ancora iniziati in quanto deve essere spostato un cavo della Telecom - spiegala presidente Lara Benfatto - Visto il protrarsi dei tempi chiediamo al sindaco se può sollecitare l'inizio dei lavori in quanto i cittadini sono molto preoccupati e si chiedono da mesi quando l'argine sarà totalmente in sicurezza». inoltre durante il consiglio si è evidenziato il fatto che «Io studio Seminara non tenga in considerazione la totalità dell'ambiente circostante, escludendo dall'analisi anche il piazzale città di massa. Che questo non rappresenti una criticità per lo sbocco del fiume?» Noi crediamo che lo studio non si debba limitare ad una mera analisi dei fiume inteso come "tubo" ma debba guardare anche alle criticità presenti alla foce». I PROD UZION E RISERVATA Pagina 384 Fabrizio Salviati scruta il Carrione sul ponte di via Pucciarelli Alluvioni in Toscana Pagina 385 fafiii iI tleitarcione Alluvioni in Toscana Pagina 386 L'INTERVISTA Antonina Bargellini, la figlia del sindaco che aiutò la città a uscire dal fango r 0 «Sono andata a cercare negli archivi del Comune di Firenze e ho scoperto cose straordinarie. Arrivarono aiuti da tutto il mondo: ho contato 95 Paesi. Dopo cinquant'anni bisognerebbe riflettere su cosa dovremmo fare, come fiorentini, per rispondere a tutto questo amore» DI RICCARDO BIGI Antonina Bargellina era una ragazza di 22 anni quando la sua casa, come quelle di molti fiorentini, il 4 novembre del 1966 fu invasa dall'acqua dell'Amo. Abitava in via delle Pinzochere, nel quartiere di Santa Croce. Visse quei giorni a fianco di suo padre, Piero Bargellini, che i fiorentini ricordano come «il sindaco dell'alluvione». Qual è il suo ricordo di quel giorno? «La mattina mi svegliai molto presto, aprii la finestra e vidi che il giardino era diventato un lago. Scesi giù e mi accorsi che tutta la mia famiglia si era mossa. U acqua era alta cinque metri, mio fratello e mia sorella stavano cercando di salvare le ultime cose portandole su. Chiesi dov'erano il babbo e la mamma, mi dissero che non c'erano perché il babbo durante la notte era stato chiamato, gli avevano detto che rischiava di crollare il Ponte Vecchio, allora aveva preso la macchina ed era andato a vedere, e la mamma lo aveva seguito. Il babbo quel giorno non sarebbe più rientrato: il Ponte Vecchio resse ma l'Amo esondò, lui andò alla Nazione, poi alla Rai per lanciare un appello, poi tornò in Palazzo Vecchio». Lei invece come visse quei momenti? «Non sto a ripetere quello che tutti ricordano, la violenza dell'acqua, la paura. Una cosa però la voglio raccontare: le persone dei palazzi vicini entrarono in casa nostra attraverso i tetti, o rompendo le finestre, e anche noi parlavamo attraverso le finestre. Fu subito un momento importante perché ci si accorse che non eravamo soli» Firenze in quelle ore, in quei giorni si strinse nella solidarietà... «Sì, in maniera molto forte. Senza luce, Alluvioni in Toscana senza acqua, senza gas pero si stava insieme. Ma la cosa che ricordo di più, quando smise il turbinio dell'acqua e scese quel silenzio irreale, salimmo sui tetti e lì in un buio che ricordava una città medievale si sentiva la voce delle persone che passavano da una casa all'altra le richieste di aiuto: "nella via tale c'è una signora che si sente male, passate a Palazzo Vecchio' Queste voci di lamento, di richiesta di aiuto rimbalzano fino in Comune. Mio padre che era in Palazzo Vecchio si sentiva impotente, perché non aveva modo di rispondere a tutte le richieste, però lo inorgogliva sapere che questa gente aveva fiducia nell'amministrazione comunale». L'immagine di Piero Bargellini con gli stivali e l'impermeabile macchiato di fango è molto cara alla memoria dei fiorentini. «Il babbo diceva: ho fatto tante dichiarazioni d'amore a Firenze che alla fine ho dovuto sposarla. Effettivamente era la sua sposa, che in quel momento era malata e doveva soccorrerla. Era molto legato alla famiglia, ai suoi figli, era molto presente e molto affettuoso: ma in quel momento tutta la sua attenzione la dedicò ai fiorentini che sentiva la sua famiglia allargata». Suo padre era stato chiamato alla politica da Giorgio La Pira. Possiamo dire che per tutti e due la politica è stata la prosecuzione naturale di qualcos'altro? «Il babbo e La Pira ebbero una grande amicizia. Avevano ideali comuni, credevano nell'uomo, nei valori spirituali. In un libretto sulle attività del Comune il babbo parlava di Firenze come della città di Gesù e la città di Maria: a questo tutti e due credevano I bambini ePalluvione. quelle lettere commoventi Pagina 387 profondamente, erano molto simili e molto legati». Paolo VI diceva : la politica è la forma più alta di carità . Loro l'hanno vissuta così. Di carità in quei giorni dell'alluvione se ne è vista davvero tanta. Lei che episodi ricorda? «Dopo aver parlato per tanti anni dei miei ricordi personali sono andata a cercare negli archivi del Comune di Firenze, e ho scoperto cose straordinarie, è stato un vero cammino dell'anima. Non ci sono solo gli anegli del fango che sono venuti a Firenze, meravigliosi. C'erano ragazzi di tutto il mondo che mandavano soldi. C'erano i bambini: cosa non hanno fatto i bambini di tutto il mondo! Come i bambini giapponesi di un paesino di montagna, che lavorarono tre mesi, scrivono nella loro lettera, per mandare 120 milayen "per far tomare il sorriso ai bambini di Firenze' Certo, poi c'è chi ha mandato milioni. Però a volte anche un centesimo può avere un valore immenso. C'erano bambini che mandavano disegni, uno chiedeva "signor sindaco lei è ferito? Se ha bisogno vengo ad aiutarla' Un altro gruppo di bambini di un paesino italiano diceva: quest'anno il nostro paese è stato colpito dalla grandine, non abbiamo molti soldi ma il ricavato delle offerte per il presepe lo vogliamo dare a una bambina che ha perso tutto, possibilmente una bambina che si chiami come la nostra maestra, Mariella. Poi c'è l'episodio più toccante, che ogni volta che ne parlo mi emoziona. È l'episodio di Aberfan, un piccolo paese di minatori del Galles dove il 21 ottobre del '66 una montagna di carbone era crollata distruggendo la scuola: morirono 116 bambini, praticamente l'intero paese rimase senza bambini. Il 10 novembre partì da Aberfan un pullman, guidato da un certo signor Philips, con i vestiti e i giocattoli di quei bambini, per darli ai bambini alluvionati di Firenze». Tutto il mondo dimostrò amore per Firenze... «Ho scoperto aiuti dallo Sri Lanka, dal Costa Rica, dall'Africa: Congo, Eirtrea, Tunisia. Ho contato 95 Paesi. Dal Senegal arrivavano navi di banane, dal Sudafrica finanziarono il restauro del sagrato del Duomo. Ho scoperto che arrivarono angeli del fango anche dalla Siria e dall'Iraq». So che lei va spesso a parlare nelle Alluvioni in Toscana scuole, e che questi racconti incuriosiscono molto i bambini... «Vado a parlare dell'alluvione: quando ho davanti questi volti meravigliosi di bambini, per prima cosa chiedo chi non è fiorentino. Poi preciso che per me è fiorentini chiunque vive a Firenze e ama questa città. Però qualcuno mi dice che i suoi genitori vengono dallo Sri Lanka: allora racconto che lo Sri Lanka aiutò Firenze durante l'alluvione. Vedo nascere nei loro visi un sorriso enorme. Allora anche altri alzano la mano: io sono brasiliano, io indiano... È bello per loro sapere che provengono da Paesi che hanno amato e aiutato Firenze. Secondo me dopo cinquant'anni bisognerebbe riflettere su cosa dovremmo fare oggi, come fiorentini, per rispondere a tutto questo grande amore che il mondo ha dimostrato per questa città. U altra cosa su cui cerco di far riflettere i bambini è l'importanza dei piccoli gesti: a volte il gesto di un bambino per un altro bambino alluvionato, terremotato, vittima della guerra, può fare tantissimo per non farlo sentire solo, anche in catastrofi peggiori di quella vissuta a Firenze nel'66». Sul nostro sito www.toscanaoggi.it il video dell'intervista In diretta la Messa da Santa Croce a Messa con gli «angeli dei fango» in ricordo L dell'alluvione di Firenze del 1966 sarà trasmessa questo venerdì 4 novembre dalle 11.30 in diretta su TvPrato (canale 74 del digitale terrestre),Tsd di Arezzo (canale 85) e in streaming sul sito di Toscana Oggi (www.toscanaoggi. it). Alla concelebrazione eucaristica , presieduta dal cardinale Giuseppe Betori nella Basilica di Santa Croce, parteciperanno altri vescovi che come lui, da seminaristi o giovani preti, arrivarono a Firenze come « angeli del fango». Gli «angeli del fango»: raduno e fiaccolata F irenze ricorda l'alluvione del '66 con un calendario di iniziative. La mattina del 4 novembre, alle 9, in Palazzo Vecchio un Consiglio comunale straordinario con la partecipazione degli «angeli del fango». Alle 15 in Santa Croce ci sarà la cerimonia di ricollocazione de «L'Ultima cena» di Vasari dopo il restauro, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che poi sarà in Palazzo Vecchio alle 17 per la cerimonia ufficiale nel Salone dei Cinquecento. Alle 20,30 la fiaccolata dalla Basilica di San Miniato al Monte a Piazza Santa Croce, in memoria di quella organizzata nel primo anniversario, il 4 novembre 1967. Sabato 5 novembre, la presentazione del piano «Arno Sicuro»; domenica 6 novembre in piazza Santa Croce sarà allestita una cittadella della protezione civile della Toscana. Preghiera alla Madonna S abato novembre il cardinale Giuseppe Betori guiderà la preghiera davanti all'immagine della «Madonna dell'Alluvione», l'opera realizzata dal pittore fiorentino Galeazzo Auzzi durante l'alluvione del 4 novembre 1966.11 dipinto è collocato sulla facciata della chiesa di San Piero in Palco, nel quartiere di Gavinana. Auzzi (morto il 6 gennaio 2016) dipinse la Madonna sull'anta di un armadio mentre sotto le sue finestre, poco lontano dal Ponte alla Carraia, passava l'acqua dell'Arno travolgendo ogni cosa. Pagina 388 Salvare il creato: un depliant Caritas a Caritas ha realizzato un depliant con alcuni passaggi della «Laudato si» e alcune indicazioni (in collaborazione con il Servizio di Protezione Civile del Comune di Firenze) su come comportarsi in caso di calamità. Il depliant viene distribuito in questi giorni in tutte le chiese della diocesi: una copia in regalo anche ai lettori di Toscana Oggi. L Il romanzo di Vittorio, pompiere napoletano Scandicci e il diluvio Venerdì 18 novembre alle ore 21 al Teatro Aurora di Scandicci in via S. Bartolo in Tuto, 1 l'Associazione San Zanobi presenta uno spettacolo dal titolo «Scandicci e il diluvio - Ricordi e scena da un'alluvione» patrocinato del Comune di Scandicci nell'ambito degli eventi programmati nel 50 ° dell'alluvione del 1966. La serata prevede una raccolta fondi a favore dell'Associazione CUI I ragazzi del Sole per la costruzione della casa alloggio «Ora con Noi» a Badia a Settimo per ragazzi disabili e la vendita del libro «Scandicci sotto il diluvio» di Gilberto Bacci. Presenta la serata Alessandro Masti. Ospiti il Sindaco Sandro Fallani ed il giornalista Franco Mariani. Ingresso su invito ad offerta libera. Oltre un milione di libri sommersi da una coltre impenetrabile di fango. Secoli e secoli di storia distrutti dalla violenza inarrestabile dell'acqua. La Biblioteca Nazionale di Firenze, tra le più prestigiose al mondo, era ridotta ad accumulo di nafta, melma, macerie. A quel tempo non esisteva la protezione civile, ma accadde, nella tragedia, qualcosa di straordinario. Migliaia di giovani volontari accorsero a Firenze per recuperare le moltissime opere d'arte che erano andate perdute. Fu una delle più grandi gare di solidarietà che la città abbia mia vissuto: italiani, francesi, tedeschi, americani... con gli stivali immersi nel fango portarono fuori centinaia di statue, quadri, libri antichi, patrimonio inestimabile dell'umanità. Tra gli angeli del fango, così vennero chiamati quei giovani, c'era anche Vittorio, un vigile del fuoco napoletano di soli 21 anni. A raccontare la sua storia, la figlia, Valentina Schioppa, in un libro edito a giugno, dal titolo «Con gli occhi di fango». «Un fotografia di quei terribili momenti, un ritaglio di vita - afferma Valentina - che consente di conoscere e svelare quale fosse lo stato d'animo che animava tanti giovani, che come suo padre, erano stati spinti dal desiderio di mettere la propria vita a disposizione del prossimo, sempre e comunque». «Scavammo per ore e ore nel buio più totale degli scantinati della Biblioteca Nazionale finché riuscimmo a trovare i primi libri. Erano impregnati di gasoli, il loro peso era duplicato tanta era la quantità di fango che li ricopriva. Le opere passavano di mano in mano, fino a raggiungere i piani superiori dove i volontari li lavavano e li asciugavano proprio come si fa con il bucato. C'era chili stendeva sulle grate metalliche per farli gocciolare e chili cospargeva di segatura per far assorbire l'acqua e l'umidità», si legge nel libro di memorie. Nel volume Valentina ricorda anche di quando il padre le parlava delle difficoltà che incontrava nel riuscire a comunicare con gli altri volontari perché alla Nazionale erano quasi tutti studenti inglesi di architettura e belle arti. La scrittrice riporta infine anche alcuni fatti curiosi, come l'incontro del padre Vittorio con Edward Kennedy, che si era recato in visita a Firenze, il 19 novembre, per accertarsi di quale fosse la situazione. Daria Arduini Alluvioni in Toscana Pagina 389 la UN CASENTINESE PRIMAVITTIMA DEL'ALLUVIONE DI FIRENZE L a sua comunità ha voluto ricordarlo sulla sua tomba, presso il cimitero monumentale di Strada in Casentino, proprio in questi giorni, dedicati alla commemorazione dei defunti. Parliamo di Mario Maggi di Castel San Niccolò, morto a Firenze nel novembre del 1966. Un'indagine giornalistica ha scoperto che con ogni probabilità Maggi fu la prima vittima dell'alluvione che colpì Firenze. Le ricerche sono partite 5 anni fa, quando Lina Maggi, figlia di Mario, si è rivolta all'Associazione Firenze Promuove, che da 20 anni cura le cerimonie annuali in ricordo dell'alluvione di Firenze, e al suo presidente, Franco Mariani, per chiedere aiuto per sapere come era morto suo padre: «Aveva 44 anni - spiega Lina - e lavorava con una impresa edile a Pratolino; lui e un suo collega dovevano rientrare in Casentino la sera del 3 novembre 1966 ma, vista l'impetuosità delle piogge, rimandarono il rientro. Non so molto di come siano andate le cose perché mia madre con quattro figli piccoli (la più grande disabile), senza telefono, senza patente e a 70 chilometri di distanza, ha saputo soltanto quello che le raccontarono». Fin ad oggi erano noti solo pochi dettagli del triste destino di Mario: partito la mattina del venerdì da Pratolino con un collega a bordo di un camion, venne trovolto da una frana mentre percorreva via Bolognese. L'autista rimase illeso, mentre il corpo di Mario venne sbalzato fuori. Alcuni giorni dopo un quotidiano locale riportò la notizia della morte di un operaio invia Bolognese. Nulla si sapeva sul quando e da chi fu ritrovato il corpo del povero Mario. Di certo non accanto al camion ribaltato, perché quando il giorno dopo riuscirono a sollevarlo, sotto non trovarono nulla. Mario venne riconosciuto soltanto dopo giorni, tra i cadaveri senza nome dell'obitorio San Giovanni di Dio (allora in zona Borgognissanti). Qui terminano gli elementi conosciuti dalla famiglia Maggi. Le ricerche dei giornalisti Franco Mariani e Mattia Lattanzi hanno portato a scoprire che sul luogo dell'incidente intervenne una pattuglia della Polizia Municipale con tre vigili, di cui uno solo ancora in vita. Sul posto arrivò anche la Misericordia di Firenze. Il corpo di Mario cadde nel fiume Mugnone e per lui non ci fu nulla da fare. La Procura aprì un fascicolo che ad oggi risulta misteriosamente sparito. L'elemento storicamente più importante consiste nel fatto che, vista la data e l'ora dell'incidente, Mario Maggi fu in assoluto la prima vittima dell'alluvione. Nonostate questo il suo nome non compare nell'elenco ufficiale steso dalla Prefettura. L'auspicio ora è che si possa dare il giusto ricordo ad un semplice lavoratore e padre di famiglia dal destino così triste. Il lavoro dei giornalisti Franco Mariani e Mattia Lattanzi è stato raccolto nel volume «Firenze 1966-l'Alluvione», edizioni Giunti. Così Ia ' Itiber, convi ve co n ten., m Alluvioni in Toscana Pagina 390 IL LIBRO Aurora Castellani racconta «L'altra alluvione» che toccò la Piana e le nostre campagne DI SERENA TRAVAGLINI Tavola sotto tre metri di acqua, Castelnuovo che perde le proprie coltivazioni e una cittadinanza piena di sollecitudine verso i mille sfollati, tutti tavolesi, che nel 1966, per circa una settimana, furono costretti ad abbandonare le loro abitazioni a causa dell'esondazione del fiume Ombrone. Sono solo alcune delle informazioni che raccontano la Prato che 50 anni fa, esattamente la mattina del 4 novembre 1966, si svegliò invasa dall'acqua, fenomeno che fortunatamente riguardò soltanto le frazioni del sud, nello specifico Tavola e Castelnuovo, lasciando intatto il resto della città, fatto che permise il pronto intervento dell'amministrazione dell'epoca, oltre che di numerosi cittadini, nel sostegno agli sfollati. Il volume « L altra alluvione», curato da Aurora Castellani, nasce per ricordare il fenomeno che colpì Firenze e i comuni limitrofi nel 1966, portando alla luce il lato sconosciuto della vicenda: l'alluivione che toccò la nostra città, oltre Campi Bisenzio, Signa, Lastra a Signa e Quarrata. «L'idea del libro afferma Aurora Castellani - è nata lo scorso gennaio, quando per caso, navigando sul sito della Protezione Civile di Prato, mi sono imbattuta in un fondo fotografico del 1966 molto interessante, che raccontava, attraverso vive immagini, i danni causati dall'esondazione dell'Ombrone a Prato. Mi sono subito rivolta all'amministrazione comunale, pensando che come vi erano fotografie dell'epoca vi dovessero essere anche documenti in archivio. Effettivamente era così: ho trovato ben 8 faldoni sull'alluvione in città, probabilmente mai riaperti dal momento dell'archiviazione e di Alluvioni in Toscana Quando Tavola andò sotto tre metri d'acqua 50 anni fa la tragica inondazione del 4 novembre 1966. Non solo Firenze, anche Prato fece la conta dei danni cui nessuno sospettava l'esistenza. Ho creduto conclude la Castellani - che la quantità e l'importanza del materiale scoperto meritassero di essere raccolti e pubblicati, soprattutto in un anniversario importante come il cinquantenario dell'alluvione». Il lavoro di Castellani non si è limitato alla ricerca in archivio e alla ricostruzione di ciò che avvenne in città, testimoniato da numerosi documenti: nel volume sono presenti 20 interviste a testimoni dell'evento, di cui 11 tavolesi. Lì, in particolare, l'acqua raggiunse il primo piano delle abitazioni, circa tre metri abbondanti di altezza, costringendo la popolazione del luogo a rifugiarsi da amici e parenti residenti in altre zone della città. «La prima frazione a essere invasa dall'acqua in seguito alla rottura dell'argine sinistro dell'Ombrone - racconta la curatrice del volume - fu Castelnuovo, che però ebbe meno danni di Tavola, essendo una zona prevalentemente agricola e poco popolata. A Tavola vi furono mille sfollati, mentre alla Cascine non fu più possibile allevare animali da latte e portare avanti le coltivazioni di mais. Stando ai documenti dell'epoca - continua Castellani - pare che l'alluvione abbia inciso notevolmente sulla scelta del settore tessile come attività remunerativa principale da parte dei numerosi contadini di Tavola e Castelnuovo colpiti dalle conseguenze dell'inondazione. Ciò contribuì dunque a segnare anche il destino di Prato come attivo distretto tessile degli anni '70 e '80». Una menzione particolare merita la grande solidarietà mostrata da Prato verso le zone colpite dall'alluvione: la mobilitazione si tradusse in raccolta di generi alimentari e di vestiario da distribuire agli sfollati. Il volume « L altra alluvione» viene presentato questo giovedì 3 novembre alle 18 in Palazzo Comunale, mentre sabato 5 alle 11,30 è prevista la deposizione di una targa in via Braga a Tavola all'ex casa del Fascio. Pagina 391 IN DIRETTA SU TV PRATO LA MESSA IN SANTA CROCE PER IL 50° DELL'ALLUVIONE T v l'rato)trasmettcrà in diretta la messa in ,,,io i, del (lciio anniversario de ll'alluvione di I Vencrdi 4 n o ycmhrcalleore 11,;(1 il cardinale Giuseppe I;ctori hresic lc la messa, c mcclchrar da molti vescovi della foscana, tra yucsti anche monsignor FraneO,Agostinclli. Sarà possihilc seguire la cclchrazi nc anche in dirett,1streanmingsui siti wvch della tv (tvprato.it) e di foscana Oggi (toscan,loggi.it). II commento delle immagini e a cura di ,Andrea I giol i, direttore di 10scana Oggi. Tra l e tante C O M avvenute in questi giorni pcr ricordarc quei tragici eventi avvenuti nel novcmhrc del 1900, segna) ianno) il ricordo delle due vittime più piccole, due himhi di tre anni: Marina Ripari e LconardO Settile, morti entramhi all'() sni no rro. Marina e'epolt,1 nel cimitero della -Iiscric rdia di Prato e domenica ',0 ottohrc e stata ricordata R)1 una semplice e commossa cerimonia alla presenza del go vcrnat rcdell',Arcic nfratcrnita I ila Minclli e di Franco Mariani dcll',Associazionc Firenze Promuove e dei gonfaloni dei Gomuni di Firenze e Sesto Iio rcntino. I tomiha e stata henedetta da padre Paolo I:idolfi. Alluvioni in Toscana Pagina 392 I DI GIACOMO D'ONOFRIO a sferzata che l'alluvione inferse a Grosseto quel 4 novembre del '66 risvegliò in tutta la città, un senso di coesione che è rimasto come eredità positiva di un evento che nella memoria di tutti resta tragico e doloroso». Don Franco Cencioni è senza dubbio una delle memorie storiche di Grosseto. Coi suoi 90 anni portati disinvoltamente, conserva nitidi ricordi, aneddoti, particolari dell'alluvione di 50 anni fa. All'epoca era un giovane prete di 40 anni, parroco del Duomo, e dell'impegno che la Chiesa mise per far fronte ai tanti bisogni della gente duramente provata e ferita dalle acque limacciose dell'Ombrone è stato, in tutti questi anni, fedele e scrupoloso custode. Ha raccolto documenti, elenchi, lettere, ritagli di giornali, fotografie che costituiscono un archivio importante, anzi essenziale, se si vuol raccontare con puntualità e completezza quei giorni drammatici ed epici, dolorosi e al tempo stesso paradigmatici dell'indomita forza di volontà dei maremmani. «Quel 4 novembre del'66 - ricorda nitidamente - a impressionarmi di più fu il rombo delle acque, che erano arrivate in piazza Dante e in piazza Duomo da via Ricasoli e via Manin. Dal sagrato si ebbe una visione impressionante. Con don Amleto Pompili, che oltre che canonico del Duomo era anche responsabile dell'Opera diocesana assistenza, ci recammo subito dal vescovo Primo Gasbarri e con lui in Prefettura, dove gli fu messo a disposizione un collegamento telefonico con la Santa Sede. Da Roma dettero disposizione all'amministratore Alluvioni in Toscana apostolico mons. Primo Gasbarri di impegnare subito 5 milioni delle vecchie lire per far fronte ai primi bisogni della gente». Fu la Diocesi la prima a mettere in piedi, in quelle drammatiche ore, un centro di assistenza, che fu affidato alla gestione sapiente della presidente provinciale del Centro italiano femminile Sofia Orlandini Ginolfi. «Coi giovani volontari raccattati tra le fila dell'Ac e della Fuci - ricorda mons. Cencioni - demmo vita a questo centro di assistenza nei locali del Duomo. Acquistammo non so quante confezioni di acqua e generi alimentari per poterli distribuire non appena le acque avessero cominciato a defluire. E infatti il 5 novembre, grazie a un mezzo anfibio dell'Esercito, con alcuni ragazzi riuscii a fare un primo giro tra coloro che abitavano in fondo a via de' barberi, saliti ai piani alti, ospiti di altri condòmini, perché le loro case erano state invase dall'acqua e perché c'era pericolo. Non andammo a mani vuote: portammo taniche di latte caldo e cioccolato, preparati grazie alla disponibilità dell'albergo Duomo, e prendemmo nota delle necessità della gente con la promessa che nella stessa giornata avremmo provveduto. E infatti riuscimmo a reperire tante cose, portando perfino bombole del gas e corpi illuminanti. La prestanza e la sagacia del vice parroco del Duomo, don Giulio Mariotti e di diversi giovani, fece sì che anche le famiglie che vivevano nelle strade tra porta Vecchia e porta Corsica potessero essere raggiunte e lì furono portati aiuti di ogni genere». Fu, però, la solidarietà semplice di tante persone a commuovere, in quei difficili giorni. «Ricordo che dalla Puglia e dalla Ciociaria ci inviarono perfino il pane, che quando arrivò a Grosseto non era più freschissimo, o i salumi da Lucca, con vestiti, coperte, utensili da cucina e l'autotreno carico di materassi Permaflex, che il Prefetto Chiesi, da poco trasferito, ci fece giungere da Pistoia. Tutto raccogliemmo nel nostro centro di assistenza, senza buttar via nulla e devo dire che tanta solidarietà ci commosse e ci fece sentire meno dimenticati, seppure i riflettori erano accesi su Firenze, non certo sulla Maremma». Don Franco conserva con grande cura l'elenco di tutti coloro che fecero donazioni in soldi, in prodotti, in alimenti. « un elenco prezioso, che deve continuare a generare gratitudine», dice. Mentre proprio in questi giorni mons. Cencioni ha ritrovato una lettera, scritta da un gruppo di Guide scout di Roma, nel marzo del 1967, alle famiglie di Principina Terra dalle quali per mesi quelle giovani scout della Capitale si erano recate per portare aiuti. «E una lettera che mi ha commosso - confida - perché sono loro a ringraziare noi». Come non ricordare, poi, l'invio a Grosseto, da parte di Papa Paolo VI, del suo delegato, mons. Andrea Pangrazio, allora vescovo di Gorizia e segretario della Cci. «Con lui e col vescovo Gasharri - continua - girammo nei luoghi più sinistrati della città e delle campagne, su una camionetta messa a disposizione della Polizia. Facemmo tappa al Seminario, dove don Umberto Ottolini, che all'epoca era rettore, fece in tempo a portar via dalla cappella il SS. Sacramento prima che le acque invadessero tutto. Andammo tra la gente che aveva perso tutto e a cui la presenza del rappresentante del Papa fu di di aiuto a non mollare. Il Papa dispose di donare 500 mila lire alle famiglie più colpite, mentre a tutte le famiglie di Principina Terra regalò una stufa. C'è qualcuno che ancora la conserva, come ricordo di quei difficili giorni». Ci sono poi ricordi personali, che riaffiorano alla mente. Come l'aiuto che per 2 settimane don Franco potè ricevere da un giovane studente di teologia, Angelo Comastri. Arrivava da Sorano, con don Enzo Baccioli e alcuni giovani. Quel, giovane seminarista, che anni dopo sarebbe diventato vescovo e poi cardinale, «si dette da fare alacramente per far fronte ai tanti bisogni che si presentavano». A 50 anni di distanza da quell'evento don Franco Cencioni pesca tra i ricordi e aiuta a non dimenticare che quel 4 novembre la piena dell'Ombrone riversò in città tanta acqua, che portò distruzione e sofferenza, ma fece germogliare anche un ritrovato senso di appartenenza e di collaborazione «che la gente, in gravissime difficoltà, notò e apprezzò». Pagina 393 lcttcrn pc T1 ra i tanti documenti che restano a futura memoria dell'impegno della Chiesa di Grosseto in quei tragici giorni del novembre 1966, colpisce la bellissima lettera - riportata sul settimanale diocesano «Vita Nova» (antesignano di Toscana Oggi) il 25 dicembre di quell'anno - scritta a Papa Paolo VI da oltre 50 grossetani. Si trattava di famiglie che vivevano tra Barbaruta, Cemaia, Manucheto, Poggialberi, Principina, Squadre Basse e Squartapaglia. La lettera fu inviata al Papa come segno di gratitudine per l'assistenza ricevuta dalla Chiesa. Su iniziativa dell'amministratore apostolico mons. Gasbani, infatti, in ogni casa degli assegnatari della Maremma alluvionata fu portata una stufa con la scritta: «dono del Papa». «Le nostre parole - si legge nella lettera non appariranno dette e scritte nei normali termini protocollari e d'uso, ma sono parole sincere, sgorgate dal cuore di figli che rivolgono al Padre loro il sentimento più bello e più alto: quello dell'amore». E in un altro passaggio: «Abbiamo temuto di essere dimenticati, ma è giunta a noi la voce patema del Pontefice. Ci è giunta la vostra voce, la vostra benedizione, i vostri doni, il vostro rappresentante mons. Pangrazio. Attorno a noi si è stretta la Chiesa e già sui campi allagati, dalle nostre case sommerse, da ciò che era e ci appariva distrutto la fede meravigliosa è rinata e il sorriso è tornato sul volto dei nostri bambini». T Alluvioni in Toscana Pagina 394 a storia dell'alluvione è anche la storia di altro fiume, il ume» della generosità che si riversò sulla nostra popolazione. Centinaia di persone, d'Italia (e non solo) si fecero partecipi del dolore e molti scrissero a Mons. Gasbani accompagnando la loro lettera con contributi materiali. Altri invece, offrirono la loro vicinanza spirituale con le preghiere. Impossibile elencare tutte queste persone, ma tra queste «offerte spirituali» si nota quella di una Madre Superiora che il 15 novembre, scrivendo al Vescovo, sottolinea che«il mistero del dolore non è qualcosa su cui si debbano fare tante belle considerazioni spirituali ma è qualcosa che si vive in tutta la sua nudità, afferrati al legno della croce e che per quelli che ne sono direttamente colpiti, si condivide con i fratelli sofferenti, calandolo insieme nel silenzio della preghiera». Ed è proprio in questo sfondo che va letta l'opera che la Chiesa ha svolto. Queste forme di carità spirituale e materiale si intrecciarono fino a formare una rete di aiuti molto resistente che non lasciò nessuno abbandonato. Anche la vicinanza del Papa si fece subito sentire con parole di incoraggiamento tramite il Segretario di Stato. Il Papa, recitava il telegramma, «mentre partecipa dolori popolazione zona Grossetana colpite odierna alluvione eroga a sollievo loro sofferenze un milione et incarica eccellenza vostra recare sua confortatrice benedizione». E grande fu la generosità delle Diocesi vicine, in modo particolare quelle legate al Vescovo, come Viterbo e Velletri. Grande mobilitazione anche tra le associazioni: tra le molte che offrirono la loro vicinanza, il 10 L « fi Alluvioni in Toscana novembre si nota l'interessamento dell'Associazione Cristiana Artigiani Italiani, che, riunita d'urgenza, prese in esame la situazione invitando dirigenti e soci a contribuire alle raccolte che si stavano facendo in tutta Italia. Il 28, il Vescovo Gasbani scrisse a mons. Freschi, presidente della Pontificia Opera Assistenza inviando un articolo del giornale «Il Telegrafo» in cui si riconosceva e apprezzava l'opera che la Chiesa stava svolgendo, additandola a tutte le associazioni assistenziali cittadine come modello di efficienza e di organizzazione. E fu lo stesso mons. Freschi a ricordare in una conferenza, nella sala stampa della Santa Sede, l'opera generosa della Chiesa e che il primo carico di vivere e indumenti giunto a Grosseto dall' Aurelia fu proprio quello della POA. Un impegno, quello della Chiesa, riconosciuto anche dall'on. Moro nel discorso che tenne in Prefettura. E infine ci fu la riconoscenza della popolazione alla vicinanza del Papa e del Vescovo. Riconosciamo questa gratitudine nelle parole che scrissero i pastori di maremma della «pia unione» che si dicono «riconoscenti per quanto ella ha fatto per noi, per la fiducia che ci ha fatto ritrovare» o nelle parole scritte dai coltivatori al Papa in cui oltre alla riconoscenza per la sua generosità ricordano il loro grande affetto per la sua persona. Nel resoconto finale degli aiuti privati (ecclesiastici e no) che il Vescovo riportò nella Rivista Diocesana la rete di salvataggio «tessuta» dalla generosità di molti risultò composta da ben 109.146.124 milioni di lire, tra cui si notano ben 48 milioni da parte del Papa. Emiliano Eusepi Pagina 395 F urono molte le chiese e gli istituti religiosi danneggiati durante all'alluvione. Il Seminario, per la sua particolare posizione, affrontò, com'è scritto in una relazione dell'epoca «per primo l'impeto delle acque, respinte dall'argine della ferrovia, per questo i danni dovuti all'inondazione sono stati aggravati dall'urto poderoso delle acque di piena che hanno sconvolto tutto l'edificio». Nel piano seminterrato, si registrò la distruzione della centrale termica, degli impianti della cucina e di tutti gli arredamenti, dei magazzini dei viveri e dei guardaroba per i dormitori. Anche l'arredamento nella cappella fu reso inservibile, così come quello delle aule. Ma anche per il Seminario si notò la generosità delle parrocchie (in modo particolare Porto Santo Stefano) che offrirono generi alimentari Alluvioni in Toscana e «braccia» per lavorare alla pulizia dei locali. Moltissimi furono anche i danni negli asili parrocchiali, nelle canoniche e nelle chiese dei paesi vicini come in quella del Granaione o quella di Braccagni, dove la perdita di gran parte delle tegole dal tetto, provocò infiltrazioni che distaccarono l'intonaco all'interno della chiesa. Ma subito si mise in moto la macchina organizzativa della «ricostruzione». Con lettera del 24 novembre, mons. Primo Gasharri, vescovo amministratore apostolico, invitò i parroci a denunciare danni di carattere personale avendo qualche possibilità economica per aiutarli e con successiva circolare del 1 dicembre li esortò a denunciare i danni agli arredi e ai mobili delle chiese, fiducioso «di poter erogare qualche contributo per la loro sostituzione o per il loro restauro» ed incoraggiò fortemente i sacerdoti ad affrettarsi a riferire i danni agli immobili, presentandone la denuncia alla Prefettura e al Genio Civile ed inviando copia della denuncia all'Ufficio Amministrativo della Diocesi. Tra le tante richieste di contributo inviate al Genio Civile e alla Prefettura ci fu anche quella della scuola materna del Cottolengo, in cui la superiora invitava a rispondere presto alla richiesta affinché presto potessero essere riprese le attività. «L necessario - scrisse mettersi all'opera subito, perché le mamme pressano: anche la loro necessità è giustificata». «Faremo debiti, la Provvidenza ci aiutera! Noi abbiamo fiducia!». Una frase, segno di una voglia di ricominciare presto a vivere con normalità. E.E. Pagina 396 FIRENZE 1966, NASCONO .7 ^ J . y .. ,: . v -_r, W w 3, 2 T .1, l la a a !'R R '1 m m . - Ifi. } 1- lg Alluvioni in Toscana Pagina 397 GLI "ANGELI DEL FANGO" TANÏi NOMN E TANTE STORIE Tra le centinaia di giovarci volontari che aiutarono Firenze in quei giorni anche nomi noti come Pierluigi Bersani, De Gregori e Venditti , Sergio Staino, Il cardinale, oggi arcivescovo della città, Giuseppe Retori, e anche un giovanissimo Angelo Scola. DOPO IL DISASTRO DI 50 ANNI FA, CENTINAIA DI GIOVANI CORSERO AD AIUTARE LA POPOLAZIONE E A SALVARE IL PATRIMONIO ARTISTICO. QUEI RAGAZZI SONO DIVENTATI UN SIMBOLO DI VERA SOLIDARIETÀ di Orsola Vetri entre in televisione si celebrano I Medici, la famiglia che per eccellenza rappresenta ancora nel mondo la gloria, la bellezza e il potere culturale di Firenze, quelle immagini del passato fastoso di una delle città tra le più belle al mondo sono il contraltare di quelle che in questi giorni tutti i media mostrano per ricordare la disastrosa alluvione avvenuta 50 anni fa,esattamente nelle prime ore del 4 novembre 1966 a seguito di giorni di pioggia intensa. Fu un evento che ebbe vasta eco nel mondo per la bellezza dei territorio e dei monumenti colpiti da una piena dell'Arno che finì per riversare sul capoluogo toscano e sulle zone circostanti circa 8o milioni di metri cubi d'acqua, provocando 35 vittime e danni immensi al patrimonio artistico e culturale. La popolazione e la città non erano state preparate e nelle ore seguenti al disastro si attesero a lungo le ruspe, i mezzi anfibi, l'esercito e persino dalla Versilia i bagnini con i pattini. Non c'era allora la Protezione civile ma nemmeno i social network. Eppure, di fronte al bisogno tra i giovani si sparse velocemente il richiamo d 'aiuto e il senso del dover esserci. Attraverso un tam tam, un passaparola, un appello dalle pagine dei giornali e il sostegno anche dai radioamatori che si impegna- 4 Alluvioni in Toscana Pagina 398 QUEI RAGAZZI OGGI SONO NONNI , MA SONO ANCHE I FRATELLI MAGGIORI DEI TANTI CHE LI HANNO IMITATI NEGLI ANNI SEGUENTI 4 rono a coordinare i volontari che giungevano sui luoghi del disastro, centinaia di ragazzi italiani e stranieri si riversarono nella città ferita. Per loro, un giornalista del 'Corriere della Sera", Giovanni Grazzini, coniò in un articolo del so novembre un termine che è rimasto per sempre impresso nel nostro immaginario e nella nostra cultura: "angeli del fango" Giovanissimi che si misero in viaggio e con stivali, impermeabili, pale furono a disposizione già dalle prime ore del 5 novembre, quando apparve ormai chiara l'entità della distruzione. I primi furono gli studenti fiorentini, che portarono aiuto sgombrando le strade, pulendo negozi, botteghe e officine, aiutando i proprietari a salvare, quando fosse possibile, la merce, trasportando con secchi e carriole la melma che imprigionava la città. E con il passare delle ore quei ragazzi aiutarono la popolazione rimasta senza acqua potabile e senza cibo. E poi c'era l'arte, che fa rima con Firenze.Alla Galleria degli Uffizi e nella Biblioteca Nazionale anni e anni di storia galleggiavano nell'acqua. Gli angeli aiutarono a ricuperare e ripulire i tesori di un intero Paese. In questi giorni, 5o anni dopo, la città si prepara a ricordare e lì chiama a raccolta. Il 4 novembre nel Salone dei 500 sono attesi gli angeli dai capelli grigi , carichi di storie, aneddoti e voglia di raccontare. Sono ormai nonni ma sono anche i fratelli maggiori dei tanti che negli anni seguenti abbiamo visto dopo le alluvioni e i terremoti presentarsi con la stessa voglia di aiutare. Pronti a mostrare come si mette in atto la vera solidarietà: sporcandosi e le mani con il fango e le macerie, Alluvioni in Toscana Pagina 399 GUALTIERO BASSETTI IL CARDINALE: «QUANDO SVENTAMMO L'ESPLOSIONE» Insieme ai ragazzi della parrocchia di cui era viceparroco evitò una tragedia e salvò nonna Rosa di Francesco Anfossi ioveva da giorni, il fiume stava per tracimare. Portiamo almeno in salvo il Santissimo, perché qui si sta mettendo veramente male, decise il parroco. Lo stavamo trasportando quando all'improvviso le porte si aprirono con un botto per la forza impetuosa dell'acqua. I cardini erano Alluvioni in Toscana saltati come fuscelli. La chiesa si allagò e facemmo appena in tempo a salire attraverso una scaletta che portava in canonica, al primo piano». Il cardinale Gualtiero Bassetti , arcivescovo di Perugia, fiorentino di nascita, conserva vividi ricordi dei giorni dell'alluvione. A quel tempo era viceparroco di San Michele a San Salvi, l'antica pieve di Firenze, con una comunità di 12 mila anime che viveva tra il Campo di Marte e Bellariva, non lontano dall'Arno. «Da noi l'alluvione fece molti danni non tanto per il fiume, ma perché l'acqua aveva riempito come una vasca il cortile dell'ospedale psichiatrico di San Salvi, che aveva mura alte sette metri», ricorda il cardinale. «E così a un certo punto l'acqua abbatté quei muri scatenando un Vajont. Questo avvenne mentre io e il parroco ci trovavamo in chiesa per salvare almeno la pisside con le particole consacrate». Ma il giorno della piena, quei 4 novembre del 1966 , il viceparroco don Bassetti fu protagonista di un altro episodio ancor più drammatico. «Già verso le otto del mattino (dove- Pagina 400 vamo celebrare Messa) nella piazza antistante la chiesa c'erano 30 o 40 centimetri d'acqua. Non pensavamo all'Arno, ma credevamo fossero i tombini che non reggevano. In un angolo della piazza c'era un deposito di carburo, che a contatto dell'acqua forma acetilene e diventa esplosivo. lo venivo dalla campagna, dove avevamo l'illuminazione a carburo , con la calzetta e la bomboletta per il gas. Riconobbi subito quell'odore intenso e pericoloso. E mi sono impaurito: qui, ho pensato, se l'acqua entra nei fusti, salta tutto. E infatti, si seppe nei giorni seguenti, in via Scipione Ammirato saltò in aria un palazzo per i medesimi motivi». II cardinale torna con la memoria a quegli attimi frenetici . «In piazza c'erano sette o otto ragazzi della parrocchia. Li chiamai alla svelta gridando: ragazzi, bisogna aprire quella saracinesca! Trovammo una mazza ferrata, di quelle che servono a spaccare le pietre, e a furia di colpi ho abbattuto la saracinesca. Ci trovammo di fronte allo spettacolo che immaginavamo: una catasta di fusti da una ventina di chili Alluvioni in Toscana l'uno allineati. Il carburo stava entrando in contatto con l'acqua, era come se soffriggesse. Abbiamo fatto una catena umana passandoci di mano in mano i fusti, Io ero l'ultimo della fila: quando toccava a me li gettavo nella corrente d'acqua ormai alta mezzo metro che scorreva in via Andrea Del Sarto, una strada in discesa che finiva a gomito contro il muro di una palestra. Quando sbattevano facevano una GUALTIERO BASSETTI Nato a Popolano di Marradi (Fi) n& 1942, è arcivescovo di Perugia dal 2009. Nel 1966 era viceparroco a Firenze. fiammata alta cinquanta metri ma a quel punto non c'era nessun pericolo. Erano istanti frenetici, ma in fondo quasi ci divertivamo con l'incoscienza dei nostri anni. Un'incoscienza che ci fece evitare una grande tragedia». Ma il racconto del cardinale non finisce qui: «Alla fine di quell'operazione un ragazzo gridò: "Nonna Rosa!"». Nonna R osa era un'anziana signora elio abitava a piavi terreno di rara piccola casa della piazza ormai ridotta a un lago . «La trovammo che era salita sul tavolo. 'Signora Rosa'; la incitammo, "venite via!" : Facemmo il seggiolino del papa, incrociando le mani, e la caricammo, ma lei non voleva andarsene e allora un ragazzo cominciò a minacciarla: "Nonna Rosa, o venite con noi o qui si affoga tutti. Se non venite via, mi costringete a essere violento' E fu così che la salvammo». Nei giorni seguenti Firenze cominciò a popolarsi di angeli. «La solidarietà tra gli abitanti e da parte di chi veniva da fuori fu commovente. I centri di raccolta erano le parrocchie e le Case dei popolo: fu un grande momento, tutti eravamo intenti a soccorrere e ad aiutare. Firenze divenne la capitale mondiale della solidarietà, perché apparteneva al mondo, non solo ai fiorentini, Si stabilirono amicizie, affetti, gesti esemplari. Ricordo quei giorni come una delle parentesi più belle della mia vita», o Pagina 401 EUGENIO E FRANCA FERRARI «E I GIOVANI MOSTRARONO LA LORO FORZA)) Si conobbero dopo l'alluvione aiutando Firenze ferita. Ora hanno tre figli e sono nonni di Francesco Anfossi erché non vieni a Firenze a pulire libri?». Quando il neolaureato ingegner Eugenio Ferrari accettò di accogliere l'invito dell'amico Pier Andrea, studente di Architettura a Firenze, mai avrebbe immaginato che avrebbe incontrato la sua futura moglie . «Arrivammo a bordo di una Giulietta Sprint la sera del 13 novembre in un silenzio irreale. Le luci erano fioche. I muri erano sporchi di fango fino a tre metri di altezza». La mattina dopo si ritrovò dentro un'aula della facoltà di Architettura ad asciugare volumi. « Finché il libro stava in acqua rimanevano integri. Ma quando li toglievi bisognava asciugarli molto in fretta affinché le pagine non si incollassero, tamponandoli con una carta assorbente e borotalco. Si lavora- Alluvioni in Toscana va fino a sera, e non ci si fermava mai». In un angolo di quell'aula era intenta a effettuare la stessa operazione la matricola fiorentina di Architettura Franca Cioni e alla fine tra quelle pagine si incollò un grande amore che CON LA LORO FAMIGLIA Sotto : Eugenio Ferrarï con la moglie Franca Cioni, entrambi architetti, con i tigli Laura, psicologa e inanuna della piccola Erica; Chiara, architetto e Marco , ingegnere energetico . A fianco: i coniugi il giorno delle loro noce. doveva portarli all'altare qualche anno dopo, il 16 settembre 1972. «Di quei giorni conservo due sensazioni fondamentali», dice la signora Franca nel salotto di casa, in un bel quartiere residenziale di Lodi, « una è il silenzio, l'altra è l'energia vitale che pervadeva i giovani arrivati da tutto il mondo per salvare Firenze. Vivevamo nell'umido tutto il giorno, le mani erano ghiacciate e le infilavamo in secchi di alcol per scaldarle. Dappertutto c'era un odore forte e nauseabondo di nafta, di muschio, di muffa che arrivava dalle cantine allagate e non ci abbandonava mai. Mangiavamo panini con salsicce abbrustolite che ci parevano buonissimi e c'era sempre qualcuno che accompagnava i pasti con la chitarra. Si cantavano i Beatles e le altri canzoni che andavano in voga allora». Per i coniugi Ferrari, che hanno tre figli (e una nipotina, Erica) quella condivisione di valori è stata trasmessa anche alla sua famiglia. «Fu la prima volta che i giovani non erano soltanto una categoria anagrafica ma una forza sociale , un'onda di solidarietà che poi innescò il Sessantotto, come è noto. Ma se i nostri tre figli sono stati sempre impegnati in opere di accoglienza, ambiente e volontariato, non e è certo un caso». Pagina 402