1 i servizi demografici 5 2009 1 i servizi
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1 I SERVIZI DEMOGRAFICI 5 2009 Consiglio di Redazione Renzo Calvigioni direttore Dante Buson Nicola Corvino Alessandro Francioni Romano Minardi Liliana Palmieri Sereno Scolaro Direttore Responsabile Manlio Maggioli Comitato Scientifico Mario Ciclosi Vice capo Dipartimento Vicario per le libertà civilie l’immigrazione Francesco Colacicco Segretario generale della Provincia di Roma Antonio Cortese Docente universitario Ignazio Del Castillo Procuratore generale Corte dei Conti Emilia-Romagna Claudio Galtieri Procuratore Regione ToscanaCorte dei Conti Paride Gullini Presidente Anusca Benedetto Leone Dirigente Istat a r. Giovanna Menghini Direttore centrale per i servizi demografici, Ministero dell’interno Paolo Morozzo della Rocca Ordinario di diritto privato, Università degli Studi di Urbino Vittorio Novelli Presidente Inforav Annapaola Porzio Direttore dell’Ufficio per l’Amministrazione Generale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza presso il Ministero dell’interno Umberto Realfonzo Consigliere T.A.R. Sergio Santi Vice Presidente Anusca Direzione amministrazione e diffusione Maggioli Editore presso c.p.o. Rimini via Coriano, 58 47900 Rimini tel. 0541.628111 fax 0541.622100 Maggioli Editore è un marchio Maggioli Spa Redazione via del Carpino, 8 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) Servizio Abbonamenti tel. 0541.628200 fax 0541.624457 [email protected] www.periodicimaggioli.it Pubblicità PUBLIMAGGIOLI Concessionaria di pubblicità per Maggioli Spa via del Carpino, 8 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) tel. 0541.628439-628427 fax 0541.624887 [email protected] www.publimaggioli.it Filiali Milano – via F. Cavallotti, 13/A 20122 Milano tel. 02.7733001 fax 02.76011245 Bologna – via Volto Santo, 6 40123 Bologna tel. 051.229439 - 228676 fax 051.262036 Roma – via Volturno, 2/C 00185 Roma tel. 06.5896600 - 58301292 fax 06.5882342 Napoli – via A. Diaz, 8 80134 Napoli tel. 081.5522271 fax 081.5516578 Registrazione Presso il Tribunale di Rimini il 24 dicembre 1981 al n. 203 Maggioli Spa Azienda con Sistema Qualità certificato ISO 9001:2000 Iscritta al registro operatori della comunicazione Stampa Titanlito, Dogana R.S.M. Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, del materiale pubblicato senza autorizzazione dell’Editore. Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli Autori, dei quali si rispetta la libertà di giudizio, lasciandoli responsabili dei loro scritti. Gli Autori garantiscono la paternità dei contenuti inviati all’Editore manlevando quest’ultimo da ogni eventuale richiesta di risarcimento danni proveniente da terzi che dovessero rivendicare diritti su tali contenuti. CONDIZIONI DI ABBONAMENTO 2011 • Il prezzo di abbonamento della rivista “I servizi demografici“ + la Newsletter on line quindicinale “Demograficamente parlando“ è di euro 214,00 • Il prezzo di una copia della rivista è di euro 24,00 • Il prezzo di una copia arretrata è di euro 28,00 I prezzi sopra indicati si intendono Iva inclusa. Il pagamento dell’abbonamento deve essere effettuato con bollettino di c.c.p. n. 31666589 intestato a: Maggioli Spa Periodici – via del Carpino, 8 47822 Santarcangelo di Romagna (RN). La rivista è disponibile anche nelle migliori librerie. L’abbonamento decorre dal 1° gennaio con diritto al ricevimento dei fascicoli arretrati ed avrà validità per un anno. La Casa Editrice comunque, al fine di garantire la continuità del servizio, in mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il trimestre seguente alla scadenza dell’abbonamento, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non è comunque valida se l’abbonato non è in regola con i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall’abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo. Coloro che sono in regola con i pagamenti hanno diritto a richiedere entro l’anno, la risoluzione gratuita di due quesiti di interesse generale. I quesiti dovranno essere formulati per iscritto ed inviati all’indirizzo e-mail [email protected] SOMMARIO 1.2 | 2011 HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO DANTE BUSON Responsabile servizi demografici del Comune di Lendinara RENZO CALVIGIONI Responsabile servizi demografici del Comune di Corridonia UMBERTO COASSIN Esperto e collaboratore Ufficio stampa Anusca ANTONIO CORTESE Docente di metodi statistici di valutazione delle politiche PATRIZIA DOLCIMELE Vicesegretario del Comune di Baranzate AlessandrO Francioni Responsabile dell’innovazione nella p.a. di Anusca MICHELA LATTARULO Vice Prefetto, dirigente Area I, Anagrafe della popolazione residente ROMANO MINARDI Responsabile servizi demografici del Comune di Bagnacavallo LILIANA PALMIERI Responsabile servizi demografici del Comune di Treia SERENO SCOLARO Libero professionista 4 EDITORIALE Dal successo di Merano, nuovi slanci per affrontare le difficoltà quotidiane Renzo Calvigioni STUDI E PROPOSTE 6 La correzione degli errori nella formazione degli atti di stato civile Renzo Calvigioni 10 La potestà regolamentare del comune in materia di voltura della concessione cimiteriale e di edificazione del sepolcro Dante Buson 14 Il “cognome” dei Sikh. Che accade quando divengono italiani? Sereno Scolaro 17 L’elettorato attivo e la tenuta delle liste elettorali: norme generali e proposte di semplificazione Umberto Coassin ATTUALITà nel prossimo censimento demografico Antonio Cortese 23 Il ruolo dei rilevatori 26 Divieto di propaganda elettorale. Lacuna colmata o provvedimento discutibile? Patrizia Dolcimele 28 DIREZIONE CENTRALE PER I SERVIZI DEMOGRAFICI a cura di Michela Lattarulo La delega delle funzioni di ufficiale di stato civile e di anagrafe alla luce del parere del Consiglio di Stato n. 2864/2010 31 GIURISPRUDENZA a cura di Dante Buson INNOVAZIONE 38 Due anni di timbro digitale per la certificazione anagrafica Alessandro Francioni GESTIONE FUNERARIA E CIMITERIALE 41 Il punto 42 Quesiti e lettere 43 QUESITI PRATICA 47 Speciale imposta di bollo Certificati anagrafici richiesti da avvocati per uso notifica atti giudiziari nell’ambito di procedimenti penali o civili Liliana Palmieri Romano Minardi SCADENZARIO 56 Marzo 59 LEGISLAZIONE Collaborazioni Per l’invio di articoli o approfondimenti: [email protected] oppure Redazione “I servizi demografici“ via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN) tel. 0541 628111 fax. 0541 622778 E ATTI UFFICIALI 4 EDITORIALE Dal successo di Merano, nuovi slanci per affrontare le difficoltà quotidiane di Renzo Calvigioni Nonostante sia passato un po’ di tempo, tanto da lasciar sfumare l’euforia, è ancora troppo vivo il ricordo dello straordinario successo del 30° Convegno Anusca per non farne almeno un breve cenno. Vi era una grande fiducia sul numero dei partecipanti, sulla riuscita della manifestazione, sul livello delle iniziative, delle relazioni, degli interventi e dei dibattiti, ma i risultati finali sono andati ben oltre le più rosee aspettative. Sono state sfiorate le 1700 presenze complessive, la sala principale ha sempre registrato il tutto esaurito, le salette collaterali, comprendendo anche quella dedicata ai quesiti, sono state letteralmente prese d’assalto, la soddisfazione dei partecipanti era tangibile sin dal primo giorno, sia riguardo allo svolgimento del Convegno sia, aspetto pure importante, al livello di ospitalità di Merano, all’accoglienza degli alberghi, senza dimenticare i momenti di svago e di intrattenimento organizzati, come sempre, in maniera impeccabile. Sono stati 4 giorni densi di appuntamenti, di approfondimenti e confronti che hanno catturato totalmente l’attenzione dei partecipanti, durante i quali si è parlato di stato civile, di anagrafe, elettorale, censimento, documentazione amministrativa, con tutte le riflessioni possibili, ma nel corso dei quali non è mancata la parte celebrativa per i 30 anni di vita dell’Associazione, a fianco degli operatori verso traguardi sempre più importanti. Le attestazioni nei confronti di Anusca sono arrivate dagli enti ed istituzioni pubbliche presenti, dai rappresentanti del governo e, in particolare, dal Sottosegretario Sen. Michelino Davico, dai Prefetti e dalle tante autorità che non hanno fatto mancare la loro attenzione e che il Presidente Gullini ha ringraziato, nel suo discorso di apertura, menzionandole tutte. I lavori del Convegno sono stati nobilitati dagli interventi di illustri docenti universitari, avvocati, alti funzionari ministeriali ed esperti nelle diverse tematiche affrontate: tutte le esposizioni sono state di livello elevato, toccando aspetti di grande interesse che hanno letteralmente calamitato l’attenzione dei tanti operatori presenti. Ancora una volta, l’elemento rilevante è stata la partecipazione attiva degli addetti che non solo hanno ascoltato le relazioni, ma si sono interessati realmente a quanto veniva proposto nei diversi stand espositivi, hanno sollevato quesiti ed alimentato il dibattito, fino alla giornata conclusiva nella quale, nonostante la preoccupazione di non mancare gli orari di partenza dei diversi mezzi ai quali ognuno si era affidato per il ritorno, si è ancora registrata un folta presenza in sala, a chiusura di un programma sicuramente valido anche nella scelta dell’appuntamento finale. Gli entusiasmi del Convegno sono serviti e ancora serviranno per darci quella forza, quell’impeto necessario per affrontare le difficoltà quotidiane nei nostri uffici, le (croniche) carenze di personale, le attrezzature informatiche che invecchiano o che mancano, i cittadini sempre più aggressivi ed intolleranti, l’afflusso di pubblico sempre più numeroso, gli adempimenti che crescono, la semplificazione che resta ancora un miraggio (almeno quella che produce una reale diminuzione delle procedure). Sappiamo che ci attende un anno difficile nel corso del quale, oltre a qualche possibile tornata elettorale, saremo fortemente impegnati per le operazioni del 15° Censimento generale delle popolazione e delle abitazioni, che la farà da padrone per tutto il 2011 ed i cui adempimenti continueranno anche nel 2012 nel confronto ed aggiornamento dello schedario anagrafico. Pure in una situazione che sarà sicuramente problematica, aggravata dai tagli alle spese e dalle riduzioni dei finanziamenti, dovremo mantenere un adeguato livello di professionalità ed uno standard di efficienza I SERVIZI DEMOGRAFICI 12 2010 ■ editoriale almeno soddisfacente: diviene ancora più indispensabile non far mancare adesione e supporto ad Anusca, affinchè possa sostenere – per quanto è possibile – le nostre posizioni e suggerire strumenti e programmi che possano essere realmente di aiuto agli operatori negli adempimenti quotidiani. In questo, non possiamo non concordare con il Presidente Gullini nel sostenere il rilancio dell’INA-SAIA quale strumento concreto per la semplificazione dell’attività amministrativa, nel chiedere a gran voce un nuovo Regolamento Anagrafico che riconosca e valorizzi il ruolo dell’anagrafe quale base reale per avere il quadro vero della dislocazione della popolazione nel territorio, riconoscere il ruolo degli ufficiali di anagrafe ed elettorale, accrescere l’importanza dell’Accademia nell’ambito della formazione, ricordando che si tratta della seconda in Europa e, quindi, di un’esperienza di grandissimo rilievo che ci pone all’avanguardia in ambito comunitario. Si tratta di obiettivi che debbono coinvolgere tutti gli operatori, senza distinzioni tra piccoli e grandi comuni, perchè dalla loro realizzazione, totale o parziale, ne uscirà tratteggiata la figura dell’operatore dei servizi demografici per i prossimi anni: in questa fase, non possiamo permetterci errori o passi falsi ed è ulteriore motivo per dare sostegno all’Associazione, per aumentarne la forza rappresentativa della nostra categoria, verso un impegno comune che porti al riconoscimento delle funzioni svolte. 5 STUDI E PROPOSTE 6 La correzione degli errori nella formazione degli atti di stato civile* di Renzo Calvigioni Responsabile servizi demografici del Comune di Corridonia Perché parlare ancora di errori e di correzioni in un Convegno nel quale vengono toccati temi ed argomenti di grande rilevanza? In realtà, il suggerimento è arrivato dalla frequenza dei quesiti posti dagli ufficiali di stato civile, che hanno continuato a sollevare dubbi e segnalare difficoltà nel dare attuazione alle disposizioni dell’art. 98, primo comma, del d.P.R. 396/2000. Questa norma ha rappresentato sicuramente una delle innovazioni rilevanti del Regolamento di stato civile del 2000, ma ha incontrato difficoltà e diffidenza da parte degli ufficiali di stato civile, tanto da suggerire un’applicazione molto restrittiva, non solo inizialmente ma fin quasi al 2008, quando è intervenuto il Ministero dell’interno con nota F/397 - prot. n. 5999 del 4 giugno 2008, con oggetto “Comunicazione urgente in tema di applicabilità dell’art. 98, comma 1 del d.P.R. n. 396/2000. Interpretazione estensiva” per mezzo della quale sono state date indicazioni favorevoli ed un utilizzo più ampio e sicuramente più rispondente alle intenzioni del legislatore. La normativa Il primo comma dell’art. 98 del d.P.R. 396/2000 testualmente recita: “L’ufficiale dello stato civile, d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrittura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone contestualmente avviso al Prefetto, al Procuratore della Repubblica del luogo dove è stato registrato l’atto nonché agli interessati”. In queste poche righe, vi sono una serie di elementi particolarmente importanti: 1.il soggetto che deve provvedere: l’ufficiale dello stato civile; 2.come può attivarsi tale soggetto: d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse; 3.quali sono gli errori da correggere: gli errori materiali di scrittura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti; 4.come può effettuare la correzione: mediante annotazione; 5.a chi deve dare avviso della correzione: al Prefetto, al Procuratore della Repubblica, agli interessati. Tralasciando il secondo comma dello stesso art. 98 che riguarda una situazione specifica, che non affronteremo in questa sede, è rilevante pure il terzo comma che prevede una tutela giudiziaria “Avverso la correzione, il procuratore della Repubblica o chiunque ne abbia interesse può proporre, entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso, opposizione mediante ricorso al tribunale che decide in camera di consiglio con decreto motivato che ha efficacia immediata”. Anche tale disposizione contiene elementi da sottolineare: 1.l’oggetto della controversia: avverso la correzione; 2.il soggetto che può avviare l’azione: il Procuratore della Repubblica o chi ne ha interesse; 3.il termine per attivarsi: entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso; 4.il tipo di azione: opposizione mediante ricorso al tribunale; 5.il provvedimento finale: decreto motivato con efficacia immediata. Dal primo e dal terzo comma risultano, dunque, una serie di elementi, che interessano l’ufficiale dello stato civile, che meritano un minimo di riflessione, anche se alcuni appariranno subito immediati e scontati, ed altri riguarderanno solamente l’autorità giudiziaria e molto marginalmente l’attività dell’ufficiale dello stato civile. L’individuazione dell’errore Il legislatore del 2000 trasforma quella che l’ordinamento del 1939 prevedeva esclusivamente come procedura giurisdizionale in un’attività amministrativa a cura dell’ufficiale dello stato civile. Prima l’ufficiale dello stato civile segnalava al Procuratore della Repubblica che, qualora fosse stato * Relazione tenuta al 30° Convegno Nazionale Anusca, svoltosi a Merano dal 29 novembre al 3 dicembre 2010. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte convinto dell’errore e della necessità di ripararlo, promuoveva il giudizio di rettificazione presso il competente Tribunale 1, ora l’ufficiale di stato civile provvede direttamente alla correzione, senza alcun intervento dell’autorità giudiziaria: il legislatore, dopo aver dato grande rilievo alla figura dell’ufficiale dello stato civile, tanto da prevedere corsi abilitanti per il pieno svolgimento di tutte le funzioni, conferma la piena fiducia verso tale funzionario amministrativo, attribuendogli anche il potere di correggere gli errori commessi. Ovviamente l’ufficiale dello stato civile è tale non certamente sul piano individuale, ma come soggetto al quale l’ordinamento attribuisce determinate funzioni, in un determinato comune: questo significa che si possono correggere gli errori commessi da qualsiasi ufficiale di stato civile di quel comune, escludendo qualsiasi limite temporale, anche con riferimento agli atti di stato civile formati in passato, pure con il precedente ordinamento. Questo può avvenire d’ufficio, perché è emerso, non importa come, ci si è accorti, che un atto contiene errori, o su istanza di chiunque vi abbia interesse, perché la parte stessa che ha rilevato gli errori chiede che si proceda alla correzione: non vi è differenza sul soggetto che avvia la procedura, se non per il fatto che la parte dovrà presentare un’istanza, mentre l’ufficiale di stato civile potrà procedere direttamente alla correzione. Una delle maggiori difficoltà si era avuta nel cercare una definizione dell’errore, in quanto un’interpretazione letterale “gli errori materiali di scrittura in cui egli (cioè l’ufficiale di stato civile) sia incorso nella redazione degli atti” limiterebbe la possibilità di intervenire ai soli errori materiali commessi nella fase di scritturazione, di redazione dell’atto. Questo significherebbe restringere sostanzialmente l’ambito di applicazione della norma, tanto da sembrare in contrasto con le intenzioni del legislatore che non potevano certamente essere così riduttive, ricordando che il Regolamento deriva dalle norme in materia semplificazione 2. Pensare che il legislatore del 1997 volesse evitare di ricorrere ad una sentenza per la correzione dell’errore e limitare tale importante innovazione solamente “all’errore materiale di scritturazione” significava vanificare l’intervento legislativo e quasi rendere priva di significato una disposizione che, al contrario, se applicata correttamente, doveva realizzare una effettiva semplificazione ed agevolazioni per tutte le parti in causa. Ovviamente, l’errore deve riguardare un atto già concluso con la sottoscrizione dell’ufficiale dello stato civile perché, qualora fosse commesso durante la redazione dell’atto, la correzione è molto sem- plice interlineando la dicitura errata e sottoscrivendo, a margine, la frase corretta. Su queste difficoltà, interviene il Ministero dell’interno con la nota F/397/2008, provando ad individuare l’errore “... in tutti i casi in cui vi sia una discrepanza chiaramente percepibile tra l’atto registrato dall’ufficiale di stato civile e la documentazione di supporto a tale atto, discrepanza che sia rilevabile ictu oculi, e che sia correggibile da parte dell’ufficiale dello stato civile utilizzando gli elementi contenuti nell’atto stesso o nella documentazione di appoggio e senza che la correzione porti ad un cambiamento dei diritti di status derivanti dall’atto o da esso evidenziati.” precisando, subito dopo che “... si ritiene che la norma non intenda limitare la procedura di cui all’art. 98 comma 1 ai soli casi in cui l’errore sia imputabile ad una svista dell’ufficiale di stato civile, potendo l’errore essere stato indotto anche dalla erroneità della documentazione ad egli presentata ...” a conferma di un orientamento molto aperto. è chiaro che l’errore deve risultare nell’atto originario e deve essere verificabile il dato errato rapportato al dato corretto: in sostanza, l’atto non corrisponde alla realtà e dalla documentazione prodotta od acquisita emerge oggettivamente l’errore ed il dato esatto da utilizzarsi per la procedura di correzione. Anche nel caso l’errore fosse riportato nella documentazione necessaria per la formazione dell’atto, troverebbe applicazione la procedura di correzione: sarebbe sufficiente verificare che l’atto è stato redatto in base ad un documento contenente dati inesatti e fosse possibile rilevare tali inesattezze ed accertare i dati corretti. Si tratta di un orientamento che amplia il concetto di errore sul quale possa intervenire l’ufficiale dello stato civile, che ha maggiori possibilità di eliminare le inesattezze contenute nell’atto, a prescindere da come siano state commesse: in pratica, quando si ha certezza del dato sbagliato e si ha ugualmente certezza del dato esatto, la correzione deve avvenire direttamente a cura dell’ufficiale dello stato civile. In sostanza, l’ufficiale dello stato civile potrebbe intervenire non solo sugli errori realmente avvenuti nel corso della redazione dell’atto, ma soprattutto sugli errori causati da sviste da parte di chi ha rilasciato un documento che deve poi essere trascritto o che deve essere utilizzato per la formazione di un atto. Pensiamo al parroco che trasmette un matrimonio con dati inesatti o all’attestazione di nascita che riporta errori sui dati della puerpera o all’avviso di morte che contiene dati del defunto non corretti: se, in base a tali documenti, sono stati formati o trascritti atti di stato civile che hanno ripetuto l’errore, l’ufficiale di stato civile potrà disporre la 1. “... la giurisprudenza formatasi sul previgente regio decreto n. 1238/1939, aveva unicamente indicato che l’oggetto dell’azione di rettificazione non si identificava nella mera correzione di errori materiali bensì nella eliminazione di qualsiasi difformità esistente tra la situazione di fatto e l’atto dello stato civile.” Ministero dell’interno, nota F/397 - prot. n. 5999 del 4 giugno 2008, con oggetto “Comunicazione urgente in tema di applicabilità dell’art. 98, comma 1 del d.P.R. n. 396/2000. Interpretazione estensiva”. 2. Art. 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127. 7 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte 8 correzione ex art. 98, pur essendo evidente che non aveva alcuna responsabilità in proposito e superando, appunto, la dizione letterale della norma. Tale orientamento trova un ulteriore ampliamento quando risulti un errore sulle generalità degli interessati, rilevabile direttamente dai registri dello stato civile: in questo caso, la possibilità di correggere ex art. 98 potrebbe avere una portata ancora più ampia. Ad esempio, proviamo ad ipotizzare il caso di un nostro cittadino, nato e residente in un nostro comune, che contrae matrimonio all’estero e, rientrato, in Italia, richiede la trascrizione dell’atto di matrimonio, regolarmente tradotto e legalizzato: in tale documento, la sua data di nascita contiene un errore commesso dall’autorità straniera che ha proceduto alla celebrazione del matrimonio. Ebbene, è chiaro che si tratta di un errore per il quale l’ufficiale dello stato civile non ha alcuna responsabilità, tuttavia vi sono tutti gli elementi di certezza (dati esatti risultanti da nascita e residenza nel comune) per poter procedere alla correzione di quanto riportato nella trascrizione, senza dover attivare l’autorità giudiziaria. L’unico vero limite si avrà con riguardo al contenuto sostanziale dell’atto che non potrà mai formare oggetto di correzione da parte dell’ufficiale di stato civile, ma per il quale dovrà intervenire l’autorità giudiziaria con procedura di rettificazione, come previsto dall’art. 95 del d.P.R. 396/2000 3. Se, ad esempio, vi fosse stata una nascita denunciata come filiazione naturale riconosciuta, qualora, anche successivamente, risultasse da idonea documentazione che i genitori erano coniugati, l’ufficiale di stato civile non potrà procedere alla correzione, ma dovrà trasmettere un dettagliato rapporto al Procuratore della Repubblica, il quale si attiverà presso il competente Tribunale per la rettificazione, appunto ai sensi dell’art. 95 del d.P.R. 396/2000. O, ancora, se dopo la celebrazione del matrimonio civile, uno solo o anche entrambi gli sposi sostenessero che vi è stato un errore nella celebrazione, non intendendo loro sposarsi ma ritenendo che la cerimonia avvenuta fosse solamente la fase preparatoria, la pubblicazione di matrimonio e non ancora la celebrazione, pure l’ufficiale dello stato civile non potrà intervenire con la correzione, lasciando agli interessati l’onere di attivarsi in sede giudiziaria 4. La correzione dell’errore La procedura di correzione è molto semplice: “me- diante annotazione” a margine dell’atto di stato civile. Competente a tale adempimento è l’ufficiale dello stato civile del comune in cui risulta formato l’atto originario ed è il Ministero stesso nella nota F/397/2008 che suggerisce la formula da utilizzarsi “Ai sensi dell’art. 98, comma 1 del d.P.R. n. 396/2000 l’atto soprascritto (o circoscritto) viene corretto nel senso che dove è scritto: ... deve leggersi ed intendersi...”, colmando una lacuna del d.m. 5 aprile 2002, nel quale tale formula non era prevista. Subito dopo, l’ufficiale dello stato civile deve fare comunicazione dell’annotazione eseguita: i soggetti destinatari sono il Prefetto, il Procuratore della Repubblica e gli interessati. La comunicazione al Prefetto si rivolge dell’autorità che svolge controllo e vigilanza sul servizio di stato civile: tuttavia, tale autorità non può intervenire sulla procedura di correzione ma solamente, qualora ne rilevi la necessità, procedere ad una verifica straordinaria dei registri di stato civile 5. Al contrario, ben diversa la rilevanza delle comunicazione al Procuratore ed agli interessati: in particolare, mentre per il primo sarà sufficiente una semplice nota, nei confronti degli altri sarà indispensabile che venga fatta notifica della correzione effettuata, proprio tenendo che conto che tali soggetti sono legittimati ad impugnare la decisione adottata dall’ufficiale dello stato civile. È chiaro che gli interessati si attiveranno solamente qualora risulti un contrasto con il provvedimento dell’ufficiale di stato civile o quando né derivi per gli stessi un pregiudizio, ma il Procuratore della Repubblica dovrà necessariamente attivarsi quando ritenga che la procedura adottata sia in contrasto con le disposizioni vigenti: in sostanza, l’inerzia del Procuratore è un’ulteriore garanzia della legittimità del comportamento dell’ufficiale dello stato civile e del fatto che gli adempimenti svolti siano perfettamente conformi alle normative. Quello che deve essere sottolineato è, comunque, sia la tutela che l’ordinamento riserva agli interessati, sia l’attenzione che l’autorità giudiziaria deve riservare all’operato dell’ufficiale dello stato civile. L’eventuale ricorso deve avvenire nel termine di 30 giorni dal ricevimento dell’avviso: questo giustifica pienamente la procedura della notifica 6 in quando indispensabile per garantire il momento dal quale far decorrere il termine suddetto. Presentato il ricorso al Tribunale, la decisione avverrà tramite un decreto con efficacia immediata: qua- 3. In applicazione del primo e secondo comma: 1. Chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento, deve proporre ricorso al tribunale nel cui circondario si trova l’ufficio dello stato civile presso il quale è registrato l’atto di cui si tratta o presso il quale si chiede che sia eseguito l’adempimento. 2. Il procuratore della Repubblica può in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1. 4. Ricordiamo il suggerimento dato dal dr. Federico Buono, Presidente della sezione IX civile del Tribunale di Milano, in occasione del Convegno Anusca svolto a Bellaria nel 2002: “Ecco allora la possibilità di un’estensione della correzione ad ogni tipo di errore materiale; ad una correzione che, non conducendo ad un mutamento dello status della persona cui l’atto si riferisce e non incidendo sul contenuto concettuale sostanziale dell’atto, ripristini la giusta corrispondenza tra atto e realtà”. 5. Art. 104, secondo comma, del d.P.R. 396/2000. 6. Che, ovviamente, può avvenire anche tramite raccomanda postale con avviso di ricevimento. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte lora sia accolto il ricorso di parte o del Procuratore, in sostanza verrà rettificata la correzione dell’ufficiale dello stato civile al quale dovrà essere trasmesso. In tal caso, si procederà ad una nuova annotazione a margine dell’atto di stato civile, tramite la quale, secondo quanto deciso dal Tribunale, verrà modificata o annullata la precedente annotazione: ovviamente, si farà anche comunicazione all’anagrafe al fine degli aggiornamenti conseguenti. Conclusioni È evidente come l’art. 98, primo comma, del d.P.R. 396/2000 abbia portato nuovi adempimenti a carico dell’ufficiale dello stato civile, riconoscendo implicitamente in tale figura un adeguato livello di professionalità, in grado di svolgere in maniera corretta le funzioni ed i compiti assegnati. D’altra parte, l’interpretazione ministeriale è pienamente condivisibile in tutti i suoi aspetti, ispirata ai principi in materia di semplificazione, nell’ottica di rendere più agevoli le procedure e di favorire il cittadino nei rapporti con la pubblica amministrazione. Tutto questo non può che comportare un’esortazione agli ufficiali di stato civile a seguire gli orientamenti esposti ed applicarli correntemente, anche se, in qualche caso, questo potrà richiedere un approfondimento o una maggiore attenzione: è ancora la conferma dell’evoluzione del ruolo e dei compiti dell’ufficiale dello stato civile che richiedono una professionalità sempre crescente. 9 10 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte La potestà regolamentare del comune in materia di voltura della concessione cimiteriale e di edificazione del sepolcro di Dante Buson Responsabile servizi demografici del Comune di Lendinara L’attuale ordinamento giuridico riconosce ai comuni potestà statutaria e regolamentare, da esercitarsi secondo i principi fissati dalla Costituzione. Specifico rilievo assume la regolamentazione delle funzioni amministrative proprie dei comuni e in particolare quelle afferenti l’assetto e l’utilizzazione del territorio, tra le quali rientra la disciplina delle aree e dei manufatti cimiteriali. In questo contesto costituzionale e normativo, l’applicazione del principio di sussidiarietà impone di orientare l’interpretazione dei precetti sulla gestione funebre e cimiteriale nel senso di assicurare la massima latitudine possibile all’autonomia decisionale comunale, che rappresenta il livello di governo più vicino ai cittadini. Ciò significa che per quanto non espressamente disciplinato o per quanto risulti incidere sull’assetto del territorio, il Regolamento nazionale di polizia mortuaria può essere integrato dal regolamento comunale. La riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha portato all’integrale sostituzione, tra gli altri, degli artt. 117 e 118, in continuità con le novità introdotte dalla c.d. ”riforma Bassanini” del 1997, recepite anche dal d.lgs. n. 267/2000 (Tuel). Prima della riforma costituzionale, ogni riferimento ai poteri e alle funzioni dei comuni doveva ispirarsi alla legge n. 142/1990, prima e al Tuel, poi, dal quale si ricava una certa apertura sui principi dell’autonomia. In questo senso, le norme a cui è possibile fare riferimento sono date dall’art. 5, comma 4, secondo il quale ai comuni va riconosciuta autonomia normativa e dall’art. 7, che sancisce il potere del comune di adottare, nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, “regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni”. Successivamente, con la modifica costituzionale appena citata e l’approvazione della legge n. 131/2003 1 di attuazione della riforma del 2001, è sostanzialmente mutato il quadro di riferimento normativo delle autonomie locali, che trova ora la sua fonte nei principi costituzionali. Infatti, secondo l’art. 117, comma 6, della Costituzione “I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”. Ad esso si aggiungono le norme della legge n. 131/2003, i cui commi 1 e 4 dell’art. 4 sanciscono la potestà normativa dei comuni “secondo i principi fissati dalla Costituzione”, precisando che “la potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare” e che la disciplina dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei comuni “è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione”. Stessa cosa deve dirsi in ordine all’esercizio delle funzioni amministrative da parte degli enti locali. Fino alla riforma del 2001 la norma di riferimento era data dall’art. 3, comma 5, del Tuel secondo il quale i comuni “(…) sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà”. Successivamente, l’attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni viene espressamente sancita dall’art. 118 Cost., salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario (implicante poteri di indirizzo e coordinamento dell’ente territoriale di livello superiore, compatibili con il concetto di decentramento), siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (comma 1). Inoltre, le medesima disposizione (comma 2) conferisce rilevanza costituzionale a quanto già anticipato dal 1. Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte Tuel, ossia che i comuni (assieme alle province ed alle città metropolitane) sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. Tra le funzioni amministrative proprie del comune rientrano quelle afferenti l’assetto e l’utilizzazione del territorio (art. 13 del Tuel) che, senza dubbio, comprendono anche la disciplina delle costruzioni di manufatti cimiteriali, all’interno delle apposite aree. Come noto, l’assetto della disciplina in materia di edilizia è dettato dal d.P.R. n. 380/2001, mentre la materia della polizia mortuaria è disciplinata a livello nazionale dal d.P.R. n. 285/1990. Va ricordato che, in generale, la legge, statale o regionale, non può essere più la fonte primaria in materia di organizzazione e svolgimento di funzioni attribuite agli enti locali o quanto meno può solo limitarsi a dettare principi, mentre le disposizioni dirette a regolare la materia possono essere considerate cedevoli e destinate ad essere superate dalle norme locali. In questo contesto costituzionale e normativo, l’applicazione del principio di sussidiarietà appena citato impone di orientare l’interpretazione dei precetti sulla gestione funebre e cimiteriale nel senso di assicurare la massima latitudine possibile all’autonomia decisionale comunale, che rappresenta il livello di governo più vicino ai cittadini. Quindi, nel rispetto del riparto delle funzioni che caratterizza la riforma costituzionale del 2001, il principio di sussidiarietà implica che il Regolamento nazionale di polizia mortuaria costituisca un quadro normativo unitario e mantenga un proprio valore di orientamento uniforme, a livello statale, della regolamentazione delle aree cimiteriali per quanto concerne l’igiene e la sanità collettiva, ma che per quanto non espressamente disciplinato o per quanto risulti essere relativo alla specifica incidenza della materia sull’assetto del territorio, possa essere integrato dal regolamento comunale. Da queste considerazioni si aprono due prospettive: la prima costituita dal far rientrare negli ambiti di competenza della potestà regolatrice comunale la disciplina della trasmissione tra vivi dei diritti cimiteriali; la seconda costituita dalla possibilità di subordinare le costruzioni funerarie al preventivo rilascio del titolo edilizio. La trasmissione tra vivi dei diritti cimiteriali Secondo la Corte di Cassazione 2, la concessione di una parte del suolo cimiteriale per la costruzione di un edificio sepolcrale, destinata a raccogliere e custodire i resti mortali dei defunti, ha natura traslativa e crea nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale, assimilabile al diritto di superficie 3, suscettibile di trasmissione per atti inter vivos e per successione mortis causa e, perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati 4. L’inquadramento del diritto in esame in uno degli schemi dei diritti reali risulta corretto, giacché ne sono presenti i caratteri qualificanti: realità ed immediatezza. In effetti, il titolare della costruzione cimiteriale soddisfa il proprio interesse mediante l’esercizio di una signoria diretta sul bene stesso 5. Tuttavia, la peculiarità di detto diritto reale è costituita dal fatto che esso ha ad oggetto determinati beni quali cappelle, tombe ed edicole funerarie e che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della pubblica amministrazione nei casi in cui esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano al comune di esercitare il potere di revoca della concessione 6. Tale diritto, la cui manifestazione esteriore qualificante è data dall’esercizio del diritto stesso mediante l’edificazione e la successiva disponibilità del manufatto (Cass., sentenza 15 giugno 1999, n. 5923), afferisce alla sfera strettamente personale del titolare ed è, dal punto di vista privatistico, disponibile da parte del titolare medesimo, il quale può quindi trasferirlo a terzi 7. Fatta questa premessa, è indubbio che il rapporto concessorio debba rispettare le norme di legge e di regolamento che sono emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti. In questo senso, il diritto sul sepolcro soggiace all’applicazione del Regolamento nazionale di polizia mortuaria. Questa disciplina, invero, si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico 8. Ne consegue che la regolamentazione comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4, comma 2, delle 2. Cassazione, sez. II civile, sentenza 13 marzo 2003, n. 8804, in Mass. Giur. It., 2003; Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 7 ottobre 2002, n. 5294, in www.giustizia-amministrativa.it.; T.A.R. Sicilia, sez. II, sentenza 6 luglio 2001, n. 995, in www.giustizia-amministrativa.it; Cass., s. u., sentenza 7 ottobre 1994, n. 8197. 3. Cassazione civile, sentenza 2 giugno 1999, n. 5397. 4. Secondo la disciplina codicistica, il diritto di superficie si configura come diritto di edificare e di mantenere sul suolo altrui, o nel sottosuolo altrui, una propria costruzione; ne consegue che il superficiario ha la proprietà della costruzione (proprietà superficiaria) ed, inoltre, il diritto di superficie sul suolo, come diritto reale sul suolo altrui. 5. Il diritto di edificare sull’area demaniale ed il successivo diritto sul sepolcro si distinguono dallo ius sepulchru cioè dal diritto alla tumulazione, il quale, invece, si acquista per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di parentela con il fondatore, non può essere perciò trasmesso per atto tra vivi e neppure per successione mortis causa e si estingue, per ciascun titolare, nel momento in cui il cadavere del medesimo viene deposto in quella tomba. 6. Più in generale sull’argomento si veda: D. Buson, Il regime giuridico dei sepolcri familiari alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, Manuale SS.DD., ed. Maggioli, n. 2/2010. 7. Cassazione, sez. II civile, 24 gennaio 2003, n. 1134, in Manuale SS.DD., ed. Maggioli, n. 2/2010. 8. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza (camera di consiglio) 8 febbraio 2000 n. 3313, in www.giustizia-amministrativa.it. 11 12 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte disposizioni preliminari al codice civile 9. Sul punto va ricordato che i regolamenti, pur non potendo elevarsi a valore di legge, sono tuttavia “indipendenti” nel loro ambito (seppure nel rispetto delle riserve di legge costituzionalmente previste) e nel loro contenuto “non sono soggetti se non alla Costituzione e ai principi generali dell’ordinamento (ai quali però non possono derogare) senza essere in alcun modo vincolati da altre norme preesistenti, che non siano quelle eventualmente indicate (esplicitamente o anche implicitamente) dalla fonte da cui traggono origine” 10. Ciò significa che il regolamento comunale può integrare la disciplina del diritto reale sull’area cimiteriale in questione, poiché il codice civile (riferito alla disciplina dei beni demaniali e al diritto di superficie) e il d.P.R. n. 285/1990, non assorbono ogni profilo di regolamentazione del rapporto, posto che quest’ultimo trae pur sempre origine da una concessione, ossia da un provvedimento amministrativo ampliativo. Pertanto, seppure la concessione amministrativa di tipo traslativo presenti carattere intuitus personae, tale da impedire il libero trasferimento a terzi della posizione del concessionario, non appare illegittimo il regolamento locale che subordini il trasferimento ad un’autorizzazione del comune concedente, tanto da configurare una fattispecie complessa, strutturata sul modello civilistico della cessione del contratto 11. In effetti, come nella cessione del contratto, la fattispecie in oggetto si presenta come un negozio plurilaterale, precisamente con tre parti. L’assenso dell’ente locale, quale condizione di efficacia della vultura della concessione cimiteriale, trova giustificazione nel fatto che il comune non è un mero terzo rispetto alle due parti del negozio medesimo, essendo il titolare dell’interesse pubblico ai cui fini la concessione del suolo cimiteriale è formata. Tale interesse pubblico si tutela anche mediante questa forma di controllo, atteso che la ratio della disciplina sancita dal d.P.R. n. 285/1990 è quella di non consentire lo sfruttamento della concessione amministrativa per finalità speculative o di lucro 12. Della questione si è occupato di recente il T.A.R. Calabria 13, per il quale, nella gestione delle aree cimiteriali, l’interesse pubblico è intrinseco e quindi persiste, nei rapporti tra il comune concedente ed il titolare della concessione, “anche nelle fattispecie in cui si ammette, nella disciplina regolamentare locale, la circolazione tra vivi del titolo concessorio”. Ne deriva che la norma comunale “concretizza, sul piano organizzativo dei rapporti tra concedente e concessionario, una scelta di merito (insindacabile sul piano dell’opportunità) del modo di tutelare l’interesse pubblico di cui l’ente è titolare e per tale ragione acquista, sul piano negoziale, valore costitutivo ai fini dell’opponibilità dell’atto di trasferimento al comune, in assenza del quale detto atto, pur se valido tra gli stipulanti, non produce effetti per il comune stesso, che non è quindi tenuto a concedere la voltura all’acquirente del titolo”. Oltre alla tutela dell’interesse pubblico, va rilevato come in assenza dell’autorizzazione del comune, si assisterebbe ad un mutamento del rapporto concessorio, visto che l’acquirente del titolo subentrerebbe nella concessione medesima e dunque diverrebbe parte del relativo rapporto amministrativo, senza il coinvolgimento dell’ente concedente. Ma, come affermato dai giudici calabresi, “ciò non può essere ottenuto solamente in forza del titolo inter vivos formatosi per effetto del negozio, essendo necessaria l’adesione, costitutiva, dell’ente titolare del bene demaniale dato in concessione, anche in relazione al carattere necessariamente infungibile della persona del titolare dell’atto ampliativo”. Diversamente, si potrebbe verificare il paradosso di concedere l’utilizzo del suolo cimiteriale, appunto in virtù della cessione tra privati, a chi non possiede i requisiti soggettivi (che possono essere costituiti anche da valutazioni di natura discrezionale) eventualmente stabiliti dalla regolamentazione comunale. Ne discende la legittimità della norma regolamentare locale che prevede la partecipazione del funzionario comunale alla formazione dell’atto di trasferimento. Intervento che può non riconoscersi essenziale ai fini della perfezione dell’atto nei confronti del comune, considerato che ha la finalità di controllare che la cessione avvenga nel rispetto dei requisiti fissati dal regolamento civico come condizioni per la voltura del titolo concessorio. Il controllo sulla trasformazione edilizia delle aree cimiteriali Per quanto riguarda il controllo che il comune può esercitare sull’edificazione dei manufatti destinati ad ospitare le salme, va detto innanzitutto che l’art. 94 del d.P.R. n. 285/1990 stabilisce che i singoli progetti di costruzioni di sepolture private debbano essere approvati dal sindaco, su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della unità sanitaria locale competente. Attraverso tale approvazione, il comune esercita il potere di controllo della corrispondenza del progetto con le previsioni del piano regolatore del cimitero di cui agli artt. 54 e ss. del medesimo decreto e detta facoltà rientra nel più ampio esercizio dei poteri di controllo delle attività di trasformazione del 9. Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505, in Manuale SS.DD., ed. Maggioli, n. 2/2010. 10. A.M. Sandulli, Manuale di Diritto Amministrativo, XV ed., Jovene Editore, Napoli, p. 68. 11. La cessione del contratto è prevista dall’art. 1406 c.c.: “Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta”. 12. T.A.R. Palermo, sez. III, sentenza 29 aprile 2009, n. 803, in www.giustizia-amministrativa.it. 13. T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 26, in www.giustizia-amministrativa.it. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte territorio che, come sopra citato, sono da ritenersi strutturalmente propri delle competenze comunali ai sensi del d.lgs. n. 267/2000. Competenze che devono essere esercitate considerando che non vi è motivo per non ritenere che la disciplina di ogni genere di trasformazione edilizia dei suoli vada individuata nel d.P.R. n. 380/2001, giacché non rilevano ragioni di diritto o di pubblico interesse per escludere la costruzione degli edifici funerari da questo ambito normativo. Si tenga conto, infatti, che cappelle e sepolcri sono soggetti alla disciplina delle norme tecniche dell’edilizia, in funzione antisismica, che sono disciplinate pur sempre dal medesimo d.P.R. n. 380/2001. Sul punto la giurisprudenza ha già avuto occasione di precisare che “dal testo dell’art. 94 comma 1 del d.P.R. 285/1990 (reiterativo di quanto in precedenza disposto dall’art. 95 comma 1 d.P.R. 803/1975), secondo cui (…) emerge che, per la realizzazione di strutture funerarie in ambito cimiteriale, se pure i profili sanitario ed edilizio devono essere valutati amministrativamente nell’ambito di un procedimento unico, non può prescindersi dall’adozione di un autonomo atto concessorio ai sensi dell’art. 1 l. 10/1977 (oggi trasfuso nell’art. 10 d.P.R. 380/2001), nel senso della necessità di specifica concessione edilizia, cfr. T.A.R. Campania-Napoli n. 162 del 10 giugno 1988 e T.A.R. Puglia-Bari n. 621 del 9 giugno 1995” 14. Tutto ciò porta a sostenere la legittimità del regolamento comunale che preveda la necessità del titolo edilizio in ordine al progetto dell’edificio funerario. Sostenere questa tesi significa negare che le dispo- sizioni del Regolamento nazionale di polizia mortuaria costituiscano norme speciali rispetto a quelle generali in materia edilizia, tali da esaurire in sé la disciplina applicabile, con la conseguenza che l’autorizzazione del sindaco in esso prevista costituirebbe l’unico titolo esigibile per la costruzione del manufatto a servizio votivo dei defunti. Del resto, se anche si volesse riconoscere la “specialità” del d.P.R. n. 285/1990, che trae il proprio vigore dalle norme di cui al testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, artt. da 337 a seguire, questo riconoscimento non porterebbe ad escludere l’autonomia del comune di stabilire, in via regolamentare, la necessità del titolo edilizio. Ne deriva che l’art. 94 del Regolamento nazionale di polizia mortuaria non istituisce un procedimento tipico o nominato, per cui il comune rimane libero di modulare, con proprio regolamento, l’esercizio del potere di controllo previsto dalla norma appena citata attraverso l’estensione della disciplina procedimentale ordinaria in tema di edificazione, propria del d.P.R. n. 380/2001, alle trasformazioni edilizie del territorio, sia in area cimiteriale che all’esterno di essa. L’effetto di tale autonomia normativa, come giustamente rilevato dai giudici amministrativi calabresi, consente quindi di considerare “legittima la previsione regolamentare locale che assoggetta l’edificazione nel suolo cimiteriale alle più garantite procedure di autorizzazione proprie della disciplina edilizia generale di cui al d.P.R. 380/2001 ed alla conseguente disciplina (oneri concessori, termini di inizio e fine lavori, ecc.)”. 14. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, Camera di consiglio 10 ottobre 2004, sentenza n. 208/2005, in www.giustizia-amministrativa.it. Già il T.A.R. Basilicata, con sentenza n. 313 del 3 maggio 2004, aveva ribadito che “la necessità della previa concessione edilizia non è eliminata neppure dal riferimento alla disciplina dell’art. 94 del d.p.r. n.285/1990 cui l’istante fa riferimento col motivo aggiunto. Tale disposizione anzi, col prevedere che i progetti di costruzioni di sepolture private debbano essere approvati dal sindaco su conforme parere della commissione edilizia e del coordinatore sanitario della competente U.s.l., ribadisce la necessità d’un previo atto di assenso del tutto simile, anche dal punto di vista dell’organo collegiale tecnico coinvolto, alla procedura concessoria”. 13 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte 14 Il “cognome” dei Sikh. Che accade quando divengono italiani? di Sereno Scolaro Libero professionista I sistemi di determinazione dei cognomi non sono uniformi e rispondono a logiche spesso diverse, dovute alla storia, alla cultura ed altri fattori. Il caso particolare dei Sikh, per cui il “cognome” è indice di appartenenza alla specifica religione, è tale da poter disorientare quanti operino con la consuetudine di una certa struttura del nome, per cui va affrontata la questione delle modalità di approccio, quanto tali persone acquisiscano la cittadinanza italiana e, per questo, vengano ad applicarsi “regole” di definizione delle generalità diverse. Il caso Un cittadino Indiano ha acquistato la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9 delle legge 5 febbraio 1992, n. 91; nel decreto di conferimento della cittadinanza italiana, lo stesso è indicato con il cognome D. e il nome J. Singh (come da passaporto, carta di soggiorno e iscrizione anagrafica), cui ha seguito la prestazione del giuramento prescritto e la trascrizione del decreto del Presidente della Repubblica di concessione della cittadinanza italiana. Il neocittadino ha un figlio minorenne convivente, il quale è iscritto in anagrafe con il nome A. e il cognome Singh. L’ufficiale dello stato civile, ai fini delle procedure volte a far constare che anche il figlio, in quanto minore e convivente con il genitore, aveva acquisito la cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 14 legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha effettuato gli accertamenti di convivenza e nello stesso tempo ha chiesto la copia integrale dell’atto di nascita tradotta e legalizzata per l’accertamento della sussistenza del rapporto di filiazione [ipotesi che, a certe condizioni, potrebbe essere considerata anche eccessiva (e senz’altro in violazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 2 legge 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif., nonché delle disposizioni dell’art. 11, comma 1, lett. d) d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e succ. modif.), dato che la condizione di figlio era già risultante, per essere stata necessariamente comprovata con idonei documenti autentici (art. 14 d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 e succ. modif.) al momento dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, oltre che dai titoli di soggiorno]. Dall’atto esibito è stato riscontrato che il ragazzo non ha il cognome, ma solamente il nome che risulta essere A. Singh, figlio di J. Singh e non di D., come indicato, quale cognome, nel decreto di citta- dinanza (quindi ambedue sono indicati solamente con il nome in quanto il cognome in India non esiste e lo stesso padre lo ha acquisito successivamente alla nascita del figlio). Per dimostrare la filiazione, l’Ambasciata Indiana a Roma ha rilasciato un certificato con foto attestante che A. Singh è figlio di J. Singh (nome) e D. (cognome), indicazioni che hanno, in parte, disorientato l’ufficiale dello stato civile, limitatamente a quanto riguarda la procedura da seguire, ipotizzandone la seguente: a)accertata la filiazione e la convivenza, il sindaco emette attestazione circa l’acquisto della cittadinanza ai sensi dell’art. 14 legge 5 febbraio 1992, n. 91; b)una volta trascritta l’attestazione, si trascrive l’atto di nascita e si annota l’acquisto della cittadinanza; c) si attribuisce ai sensi dell’art. 98, comma 2, il cognome paterno in quanto come previsto dall’art. 6 del c.c. il cognome costituisce elemento indispensabile. Il problema che l’ufficio si è posto tiene anche conto del fatto che nell’atto di nascita del figlio il padre ha solamente il nome in quanto il cognome gli è stato attribuito successivamente, quindi, constatato anche che l’Ambasciata si rifiuta a rilasciare attestazione consolare circa l’acquisizione del cognome attribuito successivamente, come potesse operarsi per far risultare il cognome D. (cognome paterno) sull’atto di nascita del figlio al fine di poter applicare l’eventuale art. 98, oltretutto chiedendosi anche se si dovesse esigere che anche sull’atto di nascita originario sia riportata l’acquisizione del cognome. Le regole di cognomizzazione sono varie e diverse Una piccola (anche se non brevissima) premessa di ordine antropologico-culturale che serve solo per sottrarci da visioni “ristrette” sostanzialmente europo-centriche. Come europei, vi è l’abitudine, pur con differenziazioni di vario ordine, a considerare le persone identificabili con un cognome (in alcune lingue chiamato nom de famille, familienname, ma anche surname che, esce, parzialmente, dal concetto di nome della famiglia, per avvicinarsi a quello di soprannome … e anche in Italia, molte origini, nel Medio Evo, dei cognomi derivano appunto da soprannomi) ed un nome personale (che il codice civile italiano chiama: prenome). Non occorrerebbe citare i romani, che avevano un nome personale, I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte un nome gentilizio (da gens, se si vuole “tribù”, cioè insieme di persone avente un antenato comune, non senza ricordare come gens abbia la stessa radice etimologica di clan, e di king , termini tutti collegati alla generazione (da gens, appunto). Comunque, in Europa il cognome (nome di famiglia) connota la famiglia, mentre il prenome la persona. La situazione è tanto forte che quando si abbiano persone prive di collegamento con una data famiglia (esempio: abbandonati, trovatelli, ecc.), si ricorre ad un’indicazione, che assume la funzione del cognome, fittizia, attribuita dall’autorità (vedi l’art. 29, comma 5 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396), tanto che vi sono molti cognomi che rappresentano proprio questa assenza di una appartenenza di famiglia (pensiamo a cognomi quali Esposito, Proietti, Colombo, Spurio, Diotallevi, Casadei, ecc., dove è del tutto esplicita questa assenza di appartenenza ad una famiglia). Per inciso, non si può affermare che in certi Stati il cognome non esista: si dovrebbe dire (al più) che può anche non esservi. Il cognome (quando vi sia) fuori dal contesto europeo Fuori dall’Europa non sempre è così, dove i sistemi, spesso consuetudinari, di indicazione delle persone possono essere ben diversi e, con una certa frequenza, senza grandi riferimenti alla famiglia (o alla gens), ma dove, accanto al prenome (generalmente il nome personale è spesso presente, ma non mancano casi in cui l’attribuzione del prenome avvenga non al momento della nascita, quanto piuttosto con il passaggio ad un’età ritenuta adulta, ad esempio dopo rito d’iniziazione come riti di passaggio dall’infanzia all’età adulta (ne rimane traccia, ormai misconosciuta, anche nell’ambito ecclesiastico della chiesa cattolica, con il sacramento della cresima, che è appunto un rito d’iniziazione che porta il fedele a divenire “adulto” dal punto di vista della chiesa), per cui i bambini piccoli non hanno, in certe culture, neppure il nome personale (cosa spesso motivata, di fatto, dall’elevata mortalità infantile, per cui il nome (prenome) veniva attribuito solo a chi sopravviveva …, oltre ad una certa età). Non mancano casi in cui il prenome è attribuito, magari dal “nonno” perfino molti anni prima della nascita e prima che vi sia la nascita dei genitori (che in queste situazioni vedono i propri figli già “nominati”, prima di contrarre matrimonio e di concepirli (i due istituti, matrimonio e concepimento, non sempre sono in sequenza temporale). In altre situazioni, l’appartenenza sociale non è riferita alla famiglia, termine che può anche designare una famiglia allargata, e molto, specie quando l’antenato capostipite sia lontano (è il caso della gens romana o delle tribù israelitiche; meno ancora ad una famiglia “ristretta” composta da genitori e figli), ma è riferito ad altre “formazioni/aggregazioni sociali”, come all’appartenenza ad un certo villaggio o territorio (si tratta di un uso presente ancora in ambito ecclesiastico, dove, in certi ordini o congregazioni, vi è l’assunzione di un nome corredato dal luogo di origine (es.: p. Pio da Pietralcina, S. Francesco d’Assisi, ecc.) e, frequentemente, il villaggio/territorio era/è anche collegato a sistemi di ordine, per così dire, “feudale”(sia permessa la sommarietà dell’uso di un termine che potrebbe essere, in certi contesti, fuori luogo), cioè la soggezione ad signore di quel territorio. Altrove, si fa riferimento anche ad altre formazioni sociali, tipo la casta (termine, per altro, errato, introdotto dagli Inglesi che non avevano capito bene come funzionavano le cose, tanto che oggi vi è chi nega, fondatamente, l’esistenza delle caste, costituendo esse aggregazioni di ben altro ordine), la corporazione (nel senso medioevale, di insieme di persone svolgenti una specifica attività), oppure l’appartenenza a gruppi religiosi ed altri criteri. Vi è, anche, l’indicazione della paternità In particolare, in molti Paesi, queste indicazioni, cioè quella che altro non è se non una “etichetta” che, in Europa, chiamiamo “cognome”, possono anche non essere presenti, con la conseguenza che vi sono situazioni di persone che hanno unicamente il nome personale (leggi: prenome), senza alcun “cognome”. Il ché non sempre è percepito, per chi sia consuetudinariamente abituato a vedere sempre la presenza sia del “cognome” sia del “prenome” [trascuro, qui, le ipotesi in cui vi sia anche un terzo elemento di “etichetta”, quale l’indicazione della paternità della persona, come è il caso del patronimico, che non è né “cognome”, né “prenome”, ma, appunto, solo indicazione della paternità (quanto in Italia facciamo quando trovi applicazione la legge 31 ottobre 1955, n. 1064 nonché l’art. 3 d.P.R. 4 maggio 1957, n. 432, solo che, in questi casi, al padre aggiungiamo anche la madre), con la conseguenza che quest’indicazione non è parte delle generalità della persona. Almeno, in Italia, dove le generalità sono date dal nome e cognome, luogo e data di nascita ed estremi rel relativo atto di nascita]. Una situazione peculiare: i Sikh Riprendendo il riferimento all’appartenenza ad altre formazioni sociali e, in particolare, a gruppi religiosi ed altri criteri, occorre, qui, considerare la religione Sikh, i cui membri assumono l’appellativo di Singh (significa: leone) se maschi e di Kaur (significa: leonessa) se femmine, appellativo che assume la funzione cognominiale, è distinto per genere, ma è comune a tutti gli appartenenti alla religione Sikh, ed è acquisito con l’assunzione della qualificazione di appartenente a tale culto/religione. Il ché può anche disorientare chi sia aduso al cognome come nome di famiglia di stampo europeo. Spesso questa “etichetta” viene seguita dall’indicazione del nome del clan o del nome della famiglia, quando quest’ultimo rilevi, ma è di maggiore 15 16 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte frequenza l’uso di questa etichetta come cognome ad ogni effetto, a volte dando origine ad indicazioni onomastiche “composte” da più elementi, cioè prenome, appartenenza religiosa, nome di famiglia, nome di villaggio (tanto che in ambienti anglofoni, specie negli USA, si è tentato di parlare di middle name, per ricondurre ad istituti localmente praticati, forme di indicazione delle persone che non rispondono a logiche locali, secondo la logica, diffusa (forse anche comprensibile, operativamente) di cercare di ridurre le diversità a quanto noto o consueto. È caratteristica diffusa tra molti quella di cercare di ridurre, di riportare ad istituti noti, quanto sia diverso, quando la diversità è (sarebbe) in realtà una ricchezza, solo che richiederebbe strumentazioni non sempre a disposizione immediata. Tra l’altro, e per mera notizia, merita di essere ricordato come l’Alta Commissione Canadese in Nuova Delhi avesse deciso che i “nomi” di Kaur e Singh non fossero idonei ad essere utilizzati ai fini dell’immigrazione in Canada, producendo la necessità di cambiare tali “nomi” prima dell’ingresso in Canada, cosa che ha determinato, comprensibili, reazioni da parte delle comunità Sikh (http://www.thestar.com/news/article/240030), aspetto che si segnala unicamente come conferma della difficoltà (sempre comunque bi-direzionale, se non perfino multi-direzionale) che si determinano ogni qualvolta le diversità non siano colte nella loro sostanza di fattori di ricchezza, anche culturale, ma le si tenda a ridurre ad istituti noti, o praticati, localmente, cioè in una particolare area o, per quanto ci riguarda, in uno specifico ordinamento giuridico. Il ché spiega anche il fatto che questo cognome sia stato acquisito non alla nascita, ma in un momento successivo, cioè con l’accoglimento definitivo nell’ambito della religione Sikh (si richiama, ancora, il sacramento della cresima, in latino: confirmatio, proprio per ricordare come non sia poi così anomalo un mutamento di appartenenza ad una qualche “formazione/aggregazione sociale”, in senso ampio, che avvenga in momento successivo alla nascita, che si ha, esempio, anche per i religiosi che assumono il “nome religioso”, oppure a situazioni che mutano il nome (in senso ampio), come potrebbe essere il caso dei papi che, dopo avere superato l’esame in conclave, cambiano del tutto denominazione, magari aggiungendo un numero progressivo … Non si tratta di irriverenza, ma l’esempio serve unicamente per evidenziare come la logica della coppia cognome/prenome non sia assoluta, rigida e soprattutto mai universale). Dopo questa premessa, forse è più facile affrontare le questioni poste. Anzi, forse, la soluzione è già nella parte finale di sorta di premessa o rassegna, sintetica, delle numerose ed articolate diversità in materia di indicazione delle persone. Le soluzioni possibili A questo punto, gli aspetti operativi possono affrontarsi unificando la situazione (cioè tanto per il padre che per il figlio), ignorando l’art. 98, comma 2 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (che, per altro, è inapplicabile, trovando applicazione in via esclusiva per chi sia cittadino italiano alla nascita e nato all’estero in Paesi che seguano criteri, o consuetudini, di cognomizzazione diversi da quelli propri della legge italiana), per suggerire una soluzione del tutto semplice, sostanzialmente unitaria, ma che si preferisce affrontare separatamente in relazione al genitore rispetto al figlio. a)padre, neo-cittadino = dato che presumo che sia oggetto di trascrizione anche l’atto di nascita del padre, appare opportuno suggerire che nell’annotazione, da eseguire sulla trascrizione di questo atto, si integri l’annotazione relativa all’acquisto della cittadinanza con una formula, più o meno, del tenore seguente: “… e pertanto allo stesso spetta il cognome di …..” (qualcuno, ma personalmente ritengo ciò eccessivo e, a certe condizioni, anche indebito), preferisce ricorrere a quest’altra formulazione: “… e pertanto allo stesso spetta, per la legge italiana, il cognome di …”; b)figlio = la soluzione è (dovrei dire: discende) del tutto analoga, cioè con una integrazione della formula di annotazione da eseguire sull’atto di nascita, successivamente alla trascrizione (per sunto; art. 12, comma 10 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396) dell’attestazione adottata dal sindaco, ai sensi dell’art. 16, comma 8 d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, in relazione all’art. 14 legge 5 febbraio 1992, n. 91, in modo del tutto analogo, indicando il “cognome” del padre, che altro non è se non quello indicato nel decreto di concessione (o, conferimento) della cittadinanza italiana al padre. Potrebbe, altresì essere opportuno, indicare, precisare, esplicitare questi aspetti fin dal testo dell’attestazione stessa, in modo da contare su di un provvedimento da cui emerga in forma espressa il procedimento, soprattutto logico, che è stato seguito, rispondendo ciò ad esigenze di ordine motivazionale. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte L’elettorato attivo e la tenuta delle liste elettorali Norme generali e proposte di semplificazione 1 di Umberto Coassin Esperto e collaboratore Ufficio stampa Anusca L’analisi delle procedure di tenuta delle liste elettorali è stata affrontata su due versanti. Da un lato, si è cercato di individuare i limiti posti dell’attuale normativa alla loro completa automazione. Dall’altro sono state osservate, da un punto di vista giuridico, tecnico e organizzativo, le prospettive di una tale possibilità. Prima del 1948 il diritto di voto era ristretto per condizione economica, culturale e sociale. Il sistema si atteggiava come garanzia delle forme di governo esistenti. Il r.e. 17 marzo 1848, n. 680 (legge 20 novembre 1859, n. 3778) lo riconosceva, al 25° anno di età, a coloro che pagavano una imposta annua allo Stato e alla provincia, con esclusione dal pagamento dell’imposta per speciali titoli di capacità (professori, magistrati, notai, impiegati civili, ufficiali con almeno il grado di capitano). Il t.u. 20 marzo 1895, n. 83 riduce l’età per il diritto di voto a 21 anni in concorrenza con gli speciali titoli di capacità. Successivamente la legge n. 666 del 30 giugno 1912, in alternativa al corpo elettorale censitario e a quello con speciale capacità intellettuale, introduce la capacità elettorale anche per tutti coloro che abbiano raggiunto i 30 anni di età. Nel 1913 si giunge al suffragio universale, ma solo maschile. Con decreto legislativo luogotenenziale del 1° febbraio 1945, n. 23 viene esteso il diritto elettorale alle donne. La disciplina costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio 1948, sancisce in via definitiva il principio del suffragio universale, conferendo la qualità di elettori a tutti i cittadini che hanno raggiunto la maggiore età e che non si trovano in alcune delle condizioni escludenti previste dalla legge: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”. Elettorato attivo I principi fondamentali sul diritto di elettorato attivo enunciati nella Costituzione sono regolamentati dal testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, approvato con d.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 e modificato e integrato in alcune parti dalle seguenti leggi: legge 8 marzo 1975, n. 39, che ha modificato il limite per la maggiore età, portandolo da ventuno a diciotto anni; legge 13 maggio 1978, n. 180, in materia di assistenza psichiatrica, che ha – tra l’altro – abrogato il punto 1 dell’articolo 2 e l’articolo 3 del t.u. n. 223; legge 7 febbraio 1979, n. 40, che ha sostituito l’articolo 11 e modificato l’articolo 32 del t.u. n. 223; legge 22 maggio 1980, n. 193, che ha abrogato il punto 7 dell’articolo 2 del t.u. n. 223; legge 13 settembre 1982, n. 646 e legge 3 agosto 1988, n. 327, modificative dell’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (di cui al n. 2 dell’art. 2), relativamente alle misure di prevenzione; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 50 e d.lgs. 18 dicembre 2002, n. 309, recanti norme per la elezione del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige e dei Consigli comunali della Provincia di Bolzano; d.lgs. 22 aprile 1994, n. 320 - Norme di attuazione dello statuto speciale della Valle d’Aosta; legge 30 giugno 1989, n. 244, recante – tra le altre – disposizioni sulle Commissioni e Sottocommissioni elettorali circondariali; legge 16 gennaio 1992, n. 15 - Modificazione al t.u. n. 223/1967 e al t.u. n. 361/1957; legge 6 febbraio 1996, n. 52 - art. 11 “Recepimento della direttiva 94/80/Ce sull’elettorato attivo e passivo dei cittadini dell’Ue, residenti in Italia, nelle consultazioni per l’elezione dei consigli comunali; 1. V. A. Pitton, Elettorato attivo e formazione delle liste elettorali, in Lo Stato Civile Italiano, gennaio 1997, pp. 52-57; V. Mercurio, Il servizio elettorale tra realtà ed eventuali innovazioni, in I Servizi Demografici, n. 10/1999, pp. 1139-1142; S. Costantini, Il servizio elettorale tra luci ed ombre, in Notiziario Anusca, Anno XV, n. 7/2000, p. 2; U. Coassin, Aboliamo la tenuta e la revisione delle liste elettorali, in Notiziario Anusca, Anno XV, n. 9/2000, p. 3; G. Pelizzaro, L’informatizzazione del servizio elettorale, in Notiziario Anusca, Anno XVI, n. 12/2001, p. 6; G. Pizzo, Servizio elettorale ed informatica: due parallele all’infinito?, in Lo Stato Civile Italiano, maggio 2003, p. 384; Da Relazioni, di Sergio Santi, Esperto Anusca, già Dirigente dell'ufficio elettorale del Comune di Bologna, relativamente “alla normativa per la tenuta e l'aggiornamento delle liste elettorali”. 17 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte 18 d.lgs. 12 aprile 1996, n. 197 “Attuazione della direttiva 94/80/Ce”; art. 238 del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, che conferisce al Prefetto la presidenza della commissione circondariale; art. 26 della legge 24 novembre 2000, n. 340, che istituisce la figura dell’ufficiale elettorale; art. 177, comma 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che riscrive l’ultimo comma dell’art. 51 relativamente al rilascio in copia delle liste elettorali; art. 7-quinquies, del d.l. 31 gennaio 2005, che elimina l’obbligo della notificazione per le cancellazioni e iscrizioni nelle liste elettorali, relative al trasferimento della residenza, essendo sufficiente il solo deposito nella segreteria del comune; art. 10 della legge 21 dicembre 2005, n. 270, che reintroduce la Commissione elettorale comunale nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti; d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 152, che ha disposto l’abrogazione della lettera a), del comma 1, dell’art. 2 testo unico n. 223/1967, che comminava la perdita della capacità elettorale per i soggetti dichiarati falliti; il comma 30 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 “ Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), che attribuisce le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste al responsabile dell’ufficio elettorale comunale. Le relative istruzioni sono contenute nella circolare del Ministero dell’interno n. 2600/L del 1° febbraio 1986, che ha raccolto e coordinato le disposizioni precedenti. La capacità elettorale L’articolo 1 della Costituzione della Repubblica italiana stabilisce che “la sovranità appartiene al popolo”. L’articolo 48, della medesima, disciplina l’esercizio della sovranità, stabilendo i requisiti necessari per essere elettori: il possesso della cittadinanza italiana; il compimento della maggiore età; la mancanza delle cause escludenti, previste dalla legge. L’entrata in vigore della legge n. 193/1980 ha modificato sostanzialmente la normativa precedente, eliminando ogni connessione tra la “qualità” del reato commesso e la perdita del diritto elettorale. Oggi i cittadini esclusi dalle liste sono soltanto coloro che rientrano nei casi previsti dall’articolo 2 del t.u. 20 marzo 1967, n. 223, come sostituito dall’art. 1 della legge 16 gennaio 1992, n. 15 e da ultimo modificato (v. supra) dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 152. La gestione del corpo elettorale, cioè di tutti coloro che hanno diritto di essere ammessi al voto e di coloro che non ne hanno diritto (esclusi), si esplici- ta in un formalismo procedurale molto rigido che comprende: la tenuta e l’aggiornamento dello schedario elettorale; la tenuta e la revisione delle liste sezionali e generali; l’istituzione, numerazione, tenuta, aggiornamento, trasmissione e archiviazione dei fascicoli personali degli elettori. Lo schedario elettorale a) La normativa vigente L’art. 6 del t.u. 20 marzo 1967, n. 223, “Norme per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e revisione delle liste elettorali”, stabilisce l’istituzione presso ogni comune dello schedario elettorale, composto dallo “schedario generale” e dallo “schedario sezionale”. Lo schedario generale si compone di una parte principale – dove sono raccolte le schede dei cittadini iscritti nelle liste elettorali del comune e per i quali non si sia verificato alcun evento che ne comporti la cancellazione – e di due compartimenti riservati, rispettivamente, alla custodia delle schede dei cittadini da cancellare dalle liste e di quelle degli iscrivendi. Le schede devono essere tenute in rigoroso ordine alfabetico indipendentemente dal sesso. Nello schedario sezionale le schede sono tenute in rigoroso ordine alfabetico, ma distintamente per sesso, in due raccoglitori distinti per ciascuna sezione elettorale. La normativa vigente, quindi, per il cittadino elettore, prevede addirittura tre schede: quella anagrafica e quelle elettorali generale e sezionale. La legge 24 dicembre 1954, n. 1228 “Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente (G.U. n. 8 del 12 gennaio 1955) prescrive, infatti, all’art. 1 comma 1, che “In ogni comune deve essere tenuta l’anagrafe della popolazione residente” e l’art. 1, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 (G.U. n. 132 dell’8 giugno 1989) “Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente”, precisa che “l’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza”. Queste schede vanno a costituire quello che viene definito lo “schedario anagrafico”. b) Le innovazioni possibili Premessa Abbiamo visto che per avere la capacità di voto occorrono la cittadinanza, l’età e la non inabilitazione. Tutto qui? Sì, tutto qui. E allora, se pensiamo che già oggi ogni aggiornamento degli schedari elettorali “parte” (riceve i dati) dall’anagrafe, ai fini della successiva compilazione e aggiornamento delle liste diventa superfluo e oneroso tenere ag- I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte giornati tre schedari (generale, sezionale, anagrafico) per le stesse persone. Il concetto preliminare da cui partire è, pertanto, l’unificazione degli schedari anagrafico ed elettorale 2. Semplificazione e proposte La questione, relativamente agli schedari elettorali cartacei, è stata risolta, per i comuni dotati di impianti elettronici, quasi tutti ormai, grazie all’intervento del Ministero dell’interno che ne ha consentito la sostituzione e la tenuta con procedure e strumenti informatizzati 3. La proposta è di andare oltre. Oggi la tecnologia e gli strumenti informatici permettono, in tutti i comuni (e se così non fosse, sarebbe più conveniente dotare i comuni sprovvisti delle necessarie tecnologie informatiche) l’estrazione delle liste elettorali dall’anagrafe e la loro formazione in pochissime ore: se i tempi tecnici di una consultazione dipendessero solo dalle liste elettorali, si potrebbe votare dall’oggi al domani. Non ha senso, quindi, tenere ancora anche lo schedario elettorale, pur su supporto informatico, perché ciò comporta tutt’oggi una sequela di comunicazioni tra lo stato civile-anagrafe e l’elettorale per l’aggiornamento di quest’ultimo (emigrati, deceduti, perdita della cittadinanza, riacquisto, immigrati, cambi di abitazione, ecc.) e conseguenti revisioni delle liste elettorali. Ulteriore considerazione: avremmo delle liste sempre belle pronte, pulite, in ordine alfabetico, con risparmio di risorse economiche e umane, che potrebbero essere sicuramente meglio impiegate. Le liste elettorali generali e sezionali a) La normativa vigente La normativa vigente distingue le liste elettorali in generali e sezionali. Le liste generali, distinte per uomini e donne, comprendono tutto il corpo elettorale e sono compilate in ordine alfabetico, in duplice esemplare, uno dei quali va conservato dal comune e l’altro presso la commissione elettorale circondariale. Devono essere autenticate dall’ufficiale elettorale. Quelle sezionali vanno compilate, distintamente per sesso, in triplice 4 esemplare e sottoscritte dall’ufficiale elettorale. Dei tre esemplari, uno viene conservato dal comune e gli altri due sono depositati presso la commissione elettorale circondariale. Il loro aggiornamento viene effettuato a mezzo di revisioni (dinamiche, straordinarie, semestrali) e variazioni dirette (cambio di abitazione nell’ambito della stessa sezione, stato civile, ecc.). Ai fini di questo aggiornamento l’ufficio anagrafe e l’ufficio di stato civile devono trasmettere all’ufficio elettorale, entro 48 ore dalla redazione, trascrizione o della registrazione dei relativi atti, la certificazione di tutti gli eventi che possono comportare variazioni allo schedario (v. supra) e alle liste. I funzionari preposti agli uffici dell’anagrafe e dello stato civile sono responsabili degli eventuali ritardi e omissioni degli adempimenti per essi prescritti. b) le innovazioni possibili Premessa 1.Sostituire solamente, come da alcuni ipotizzato, le liste elettorali con una copia su supporto informatico, anche se permette un consistente risparmio di materiale cartaceo e una minore usura degli strumenti informatici per la stampa, è un obiettivo modesto rispetto alla proposta di sostituire le liste elettorali con l’iscrizione anagrafica, perché lascerebbe intatto tutto il procedimento di revisione delle liste medesime. 2.Sarebbe sufficiente una presa d’atto in apposito provvedimento normativo, il Ministero dell’interno ha escluso l’autorizzazione in via amministrativa, delle potenzialità dei sistemi informatici già funzionanti. 3.Si obietterà che solo le liste cartacee consentono la consultazione e la pubblicità delle stesse. Forse che le liste informatiche, estratte dall’anagrafe, lo vieterebbero? Quasi tutti i soggetti, che domandano copia delle liste, privilegiano ormai il supporto informatico e per chi ne chiedesse la consultazione questa potrà avvenire in tempo reale da personal computer. 4.È necessario, inoltre, capire se anche le liste destinate ai seggi saranno sostituite da un personal computer, con un database degli elettori che permetta, con una sola operazione, la spunta, il riconoscimento e il controllo degli aventi diritto al voto, attraverso la CIE (auspicabile) o una smart card. Semplificazioni e proposte Nessuna norma positiva prevede espressamente la possibilità di non tenere copia stampata delle liste elettorali negli uffici comunali. Le regole attuali, però, risalgono essenzialmente alla metà degli anni ’60, sono state oggetto di modifiche e integrazioni sempre parziali e, comunque, non per esigenze di adeguamento alle potenzialità tecnologiche delle strumentazioni in uso negli uffici dei comuni. Questo significa che si fondano sul presupposto che, ancora oggi, il processo di formazione delle liste avvenga scartabellando l’archivio 2. U. Coassin, Unificazione degli schedari anagrafico ed elettorale, in Lo Stato Civile Italiano, n. 2, febbraio 1978, p. 101. 3. “Tuttavia, i comuni muniti di attrezzature elettroniche o meccanografiche, potendo realizzare con le apparecchiature di cui sono in possesso le medesime finalità dello schedario sezionale, sono esonerati dal provvedere alla tenuta dello schedario elettorale sezionale (circolare Ministero dell’interno, n. 2600/L del 1° febbraio 1986, par. 43). 4. I comuni informatizzati possono stampare solo due copie, mentre l’esemplare delle liste destinate ai seggi viene stampato al 15° giorno precedente la data della votazione, riordinando gli iscritti in stretto ordine alfabetico e “depurate” dai cancellati. 19 20 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte anagrafico per individuare le persone da iscrivere o cancellare. Nel frattempo il mondo è cambiato e la tecnologia consente l’estrazione diretta degli iscrivendi e dei cancellandi direttamente dall’archivio informatico dell’anagrafe. L’ordinamento che segue: numeri di lista, di fascicolo, eccetera, è coerente. Le liste sono virtualmente sempre ordinate e possono essere stampate, belle e corrette, in qualsiasi momento. Appare, quindi, incomprensibilmente insostenibile la difesa arroccata delle formalità come descritte nel t.u. 223/1967 e nella circolare 2600/L, se pensiamo che già un disegno di legge del Ministro dell’interno Rognoni, presentato alla Camera il 25 gennaio 1978 (A.C. n. 2019) e non esaminato a causa della fine anticipata della legislatura, prendeva atto che quelle disposizioni non tenevano più, prevedendo le modifiche poi riprese nel d.d.l. n. 2652 del 1981. A onor del vero, in nessun ufficio elettorale comunale si seguono alla lettera tutte le formalità prescritte dalla circolare 2600/L. Infatti, alcuni uffici elettorali gestiscono già in maniera “virtuale” le liste, procedendo alle iscrizioni, cancellazioni e variazioni in modalità solo informatica e stampandole, in stretto ordine alfabetico, solo dopo il blocco, pronte per essere autenticate dalla commissione elettorale circondariale e mandate, poi, nei seggi. E, a quanto si sa, mai in nessun caso si sono registrati problemi o contrattempi. Perciò, riprendendo la considerazione formulata al punto 2. della premessa, basterebbe che un provvedimento normativo prendesse atto di questa situazione di fatto e consentisse di approntare le liste sezionali solo dopo il “blocco delle medesime”, evitando così di dover aggiornare i diversi esemplari cartacei a ogni revisione o variazione. Pur rappresentando questo un grossissimo passo avanti, si ritiene, tuttavia, che sarebbe veramente ora di sfrondare, una buona volta, l’apparato elettorale da operazioni inutili e costose, abolendo la tenuta e la revisione delle liste elettorali, la cui estrazione per i seggi avverrà unicamente dallo “schedario anagrafico”, tenendo per gli esclusi delle “liste in negativo”. Quand’anche servisse finanziare l’implementazione delle strumentazioni informatiche, non ci vuole molto a comprendere che i costi sarebbero ammortizzati in pochissimo tempo a fronte di un miglioramento incommensurabile in termini di efficienza, efficacia ed economicità del servizio elettorale. Peraltro l’aspetto formativo degli addetti all’utilizzo degli strumenti informatici è oramai, in tutti i comuni, buono e l’aggiornamento discretamente curato. Da queste analisi scaturiscono altri approfondimenti e suggerimenti. Le liste in negativo Perché si parla di liste in negativo. Per la semplice ragione che il comma 3 dell’art. 48 della Costituzione ci ricorda che “il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. E la legge, art. 2 del t.u. n. 223/1967, ci dice chi non è elettore: a)coloro che sono stati sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come da ultimo modificato dall’articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi; b)coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell’articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi; c) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici; d)coloro che sono sottoposti all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata. Tutti gli altri, maggiorenni e cittadini, sono quindi elettori! Ecco perché si sottolinea, con forza, che non servono liste in positivo, cioè di quelli che votano, che sono quasi tutti (99,9%). Peraltro, l’iscrizione nelle liste ha efficacia dichiarativa e non costitutiva del diritto di voto, che proviene, infatti, direttamente dalla Costituzione. Per i pochi esclusi (0,1%), basta tenere in evidenza, ma anche questo può essere fatto (e viene già fatto) con procedure informatiche, una lista dei non aventi diritto al voto per le cause di incapacità elettorale previste dal citato art. 2 del testo unico n. 223 del 1967. Questo, soprattutto, per annotare il momento del riacquisto del diritto elettorale, quando la causa ostativa sia temporanea. Da evidenziare, per di più, il fatto che già in diversi comuni è stata autorizzata la cessazione degli aggiornamenti degli schedari anagrafici. Passo molto più impegnativo in quanto si autorizza la dismissione del cartaceo su una banca dati fonte di certificazione. La questione delle liste generali 5 L’attuale impianto normativo prevede, quindi, l’esistenza delle liste generali e sezionali. Il progetto di riforma del 1981 6, come ricordato, prevedeva già l’abolizione delle liste generali e la stampa di quelle sezionali solo in occasione di votazioni. Sull’abolizione delle liste generali c’è più di qualche remora da parte di autorevoli “addetti ai la- 5. U. Coassin, Occorre abolire subito le liste generali, in Lo Stato Civile Italiano, luglio 1974, (sic) p. 419. 6. Disegno di legge di iniziativa del Governo n. 2652 “Norme per la disciplina dell'elettorato attivo e la revisione dell'anagrafe elettorale” presentato alla Camera dei deputati il 6 giugno 1981. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte vori”, che considerano “condizione necessaria per l’eliminazione delle liste sezionali il mantenimento di quelle generali ancora su cartaceo per consentire controlli anche a posteriori”. Altri obiettano che “i dati certificabili sono solo quelli contenuti nelle liste generali che conservano le generalità complete dell’elettore e il numero di iscrizione nelle liste”. Al riguardo si ribadisce che le tecnologie in dotazione degli uffici anagrafico-elettorale, oltre a snellire l’attività, garantiscono l’osservanza sostanziale delle norme e producono risultati amministrativi migliori. Le memorie dei computer, inoltre, consentono la visualizzazione e, volendo, la stampa dei movimenti e variazioni relative a ciascun cittadino elettore: quando ha maturato l’elettorato attivo (per età o iscrizione anagrafica), quando, eventualmente, ha cambiato sezione a seguito del trasferimento di abitazione, quando è stato cancellato (per emigrazione, decesso), ecc. Per la certificazione, tenendo, come proposto, le “liste in negativo”, si potrà certificare tranquillamente la condizione di elettore, anche senza riferimento per forza a un numero di lista, nei confronti di tutti gli elettori non incorsi in una causa ostativa all’esercizio dell’elettorato attivo. Stampa delle “liste (elenchi) informatiche” degli elettori per i seggi Tra le operazioni preliminari all’insediamento dell’Ufficio elettorale di sezione è prevista la consegna al presidente di un esemplare della lista degli elettori della sezione e di un estratto di tale lista per l’affissione nella sala della votazione. Il seggio, evidentemente, deve sapere quanti e quali elettori si recheranno a votare, e per determinare il numero delle schede da autenticare e per l’identificazione degli elettori. Questo non contrasta con l’auspicata abolizione della tenuta delle liste sezionali, in quanto è concretamente possibile estrarre, con le procedure informatiche, di cui ormai tutti gli uffici demografici dovrebbero obbligatoriamente dotarsi, direttamente dall’anagrafe le liste (che a questo punto si preferisce chiamare “elenchi”) degli elettori per le funzioni tradizionali fino, si auspica, all’introduzione di sistemi elettronici, almeno per la gestione dei votanti, se non del voto 7. La stampa di questi elenchi, solo in occasione delle votazioni, eviterà tutte le revisioni attualmente previste. Tra l’altro, l’aggiornamento del corpo elettorale, anche rispetto alla sua mobilità (emigrati ed immigrati), sarà reso possibile in tempo reale attraverso le connessioni telematiche tra comune e comune, assicurate dal Sistema di Accesso e Interscambio Anagrafico (SAIA), in fase di applicazione generalizzata, assieme all’Indice Nazionale delle Anagrafi (INA). Sulla base dei criteri enunciati in questo e nei precedenti punti, l’articolato dell’attuale testo unico, che regola la formazione delle liste, potrebbe essere così concepito: 1.L’elenco degli elettori, distinto per sezioni, è formato dall’ufficio anagrafe in ordine alfabetico in due esemplari 8, entro il quindicesimo giorno precedente la data della consultazione elettorale, mediante estrazione informatica dalle anagrafi della popolazione. Esso comprenderà i cittadini che avranno compiuto il diciottesimo anno di età al giorno fissato per la votazione, che non siano incorsi in una causa di incapacità prevista dall’art. 2 9. 2.Se per la consultazione elettorale è previsto il turno di ballottaggio, l’elenco è formato in quattro esemplari. 3.Per ogni elettore saranno indicati: a)la sezione di appartenenza e il numero d’ordine progressivo; b)il cognome e nome; c) il luogo e la data di nascita; d)l’abitazione. 4.Esso è sottoscritto dall’ufficiale dell’anagrafe ed elettorale. Tutto ciò, si ribadisce, fino a quando gli elenchi potranno essere sostituiti da un personal computer, con un database degli elettori, che permetta, con una sola operazione, la spunta, il riconoscimento e il controllo degli aventi diritto al voto, attraverso l’uso della carta d’identità (auspicabile) su supporto magnetico. I fascicoli personali a) Impianto dei fascicoli personali Per comprovare, in qualsiasi sede e momento, la legittimità di ogni iscrizione nelle liste, per ogni cittadino maggiorenne devono essere raccolti, in un fascicolo personale, l’estratto dell’atto di nascita, il certificato penale e quelli di residenza e cittadinanza. Come è noto, per l’iscrizione nelle liste elettorali devono sussistere, per ciascun soggetto, i requisiti della cittadinanza italiana, della maggiore età, l’assenza di cause che escludono la capacità elettorale e, eccezion fatta per i connazionali residenti all’estero, l’iscrizione nell’anagrafe del comune di residenza. 7. Ad esempio, il Comune di S. Benedetto del Tronto ha già sperimentato, alle elezioni regionali del 2000, una applicazione prototipo per la gestione delle operazioni di voto che ha permesso di sostituire le liste di sezione cartacee, utilizzate dagli scrutatori, con un PC e gestire così l’affluenza e i dati legati ai votanti in modo digitale. 8. Uno per le operazioni del seggio e uno per l’affissione (quest’ultimo forse non più compatibile con il diritto alla riservatezza del cittadino, dopo l’entrata in vigore della legge n. 675/1996 (ora la materia è regolata dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) o, quantomeno, per conciliarlo con il rispetto del controllo democratico sulle elezioni, si limitino all’essenziale i dati personali, ad esempio al solo nome e cognome, in esso riportati. 9. Per questi, ovviamente, sarà già stato inserito nel sistema informatico dell'anagrafe, un flag di esclusione. 21 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ studi e proposte 22 Oltre agli atti relativi all’iscrizione, vanno custoditi nel fascicolo quelli che hanno dato luogo a successive variazioni: cambi di abitazione, rettifica di generalità, modifiche, per le sole donne, dello stato civile, ecc., fino a quelli che comportano la cancellazione dalle liste per morte, perdita della cittadinanza, cause ostative, ecc., o per il trasferimento in altro comune. in quest’ultimo caso il fascicolo viene inviato, con tutti gli atti in esso contenuti, al comune di immigrazione. I fascicoli, invece, relativi ai cittadini cancellati dalle liste per morte o perdita della cittadinanza, vengono archiviati e custoditi per un periodo di cinque anni 10. Dopodiché possono essere definitivamente eliminati e inviati al macero. I fascicoli, infine, relativi alle persone non iscritte o cancellate dalle liste per una causa di incapacità elettorale definitiva o temporanea sono tenuti nell’archivio corrente per essere utilizzati per la reiscrizione nelle liste in caso di riacquisto, a qualsiasi titolo, della capacità elettorale. b) Le innovazioni possibili La necessità di tenere per ogni elettore un fascicolo personale ha una utilità limitata anche con l’attuale normativa ed è possibile dimostrarlo con un esempio. Per l’iscrizione nelle liste dei diciottenni (leva elettorale) l’ufficio anagrafe predispone un apposito elenco. Questo evidenzia già, per ogni nominativo, il requisito dell’età e della residenza o dell’iscrizione all’Aire del comune. I cittadini stranieri, anche se residenti, non vengono ovviamente compresi nell’elenco e, quindi, gli inclusi sono tutti cittadini italiani. Infine, dal momento che l’autorità giudiziaria e quella di pubblica sicurezza devono comunicare al comune di residenza dei cittadini iscrivendi le sentenze o le misure di prevenzione che comporta- no la perdita del diritto elettorale, diventa inutile la richiesta generalizzata (cioè per tutti), al casellario giudiziale, del certificato penale. Gli altri atti, che interesseranno in seguito l’elettore, concluso il loro iter, seguono la normale archiviazione. Se poi, come proposto, si perverrà all’unificazione degli schedari anagrafico ed elettorale e alla eliminazione delle liste e di tutte le conseguenti revisioni, verrà a cessare ogni ragionevole esigenza di tenere e conservare un fascicolo personale per ciascun elettore. Solo per gli “esclusi”, cioè coloro che sono incorsi nella perdita del diritto elettorale e, quindi, compresi nelle “liste in negativo”, sarà sicuramente opportuno istituire, all’occorrenza, un apposito fascicolo personale 11. Anche per gli elettori residenti all’estero non si ravvisa il bisogno di tenere i fascicoli personali, in quanto regolarizzando la loro iscrizione all’A.I.R.E., saranno anche “elettori assegnati ad apposita sezione o a quella originaria”: la competenza per esercitare il diritto di voto deriva unicamente dalla competenza all’iscrizione A.I.R.E. L’analisi delle procedure prese in esame è stata affrontata da un lato, cercando di individuare le carenze dell’attuale normative, dall’altro osservando, da un punto di vista giuridico, tecnico e organizzativo, le prospettive di implementazione di strumenti elettronici e informatici per automatizzare alcuni procedimenti. Le conseguenti proposte innovative hanno tratto origine da un attento e documentato approfondimento dei temi, soprattutto attraverso i citati (v. nota 1) e integralmente riportati, contributi di diversi operatori (colleghi) del settore, nonché dalle esperienze dirette. Pur valutando l’oggettività di alcuni problemi, infatti semplificare e razionalizzare in una materia così delicata non è indubbiamente facile e senza rischi, è una strada che, comprensibilmente con le dovute cautele, bisogna almeno provare a percorrere. 10. U. Coassin, Eliminazione dei fascicoli personali dopo un quinquennio di conservazione, in Lo Stato Civile Italiano, n. 6, giugno 1977, p. 374. 11. Per inserirvi i provvedimenti dell’autorità giudiziaria. 23 ATTUALITà Il ruolo dei rilevatori nel prossimo censimento demografico di Antonio Cortese * Alla luce di quanto sin qui annunciato dall’Istat in varie occasioni ufficiali, saranno molte le innovazioni organizzative che caratterizzeranno il prossimo censimento della popolazione. Le principali, come è noto, riguarderanno l’adozione di un doppio questionario dal momento che la rilevazione di alcune notizie avverrà, almeno in parte, su base campionaria, l’utilizzo di archivi amministrativi che integreranno l’anagrafe comunale a garanzia dell’esaustività della conta e, infine, i criteri che saranno seguiti per la consegna dei questionari e, soprattutto, per la loro restituzione agli Uffici Comunali di Censimento (la cosiddetta “multicanalità”). Si è sostenuto che tali innovazioni avranno un impatto positivo sui costi dell’operazione censuaria. Di ciò non si può dubitare in quanto la più rilevante voce di costo del censimento è stata in passato rappresentata proprio dai compensi previsti per i “rilevatori” che in altre epoche si sono chiamati “ufficiali di censimento”. Di questa figura nei documenti sinora circolati non si è molto parlato. Il tema, del quale di recente mi sono in parte già occupato, merita di essere approfondito perché se da un lato appare chiaro che la nuova organizzazione sembra non riservare ad essi un ruolo particolare, è dall’altro possibile individuare adempimenti che non so fino a che punto potranno gravare esclusivamente sulle spalle degli UCC. Di tali questioni si occuperà naturalmente il “Piano Generale del Censimento”. L’art. 50, secondo comma, del decreto legge n. 78/2010 prevede * Docente di metodi statistici di valutazione delle politiche infatti che in esso saranno definite la data di riferimento dei dati, gli obiettivi, il campo di osservazione, le metodologie di organizzazione ed esecuzione delle operazioni censuarie, gli adempimenti cui saranno tenuti i rispondenti nonché gli uffici di censimento, singoli o associati, preposti allo svolgimento delle procedure... Ciò non impedisce in ogni caso di sviluppare sul punto una breve riflessione. In primo luogo mi sembra utile richiamare i compiti affidati ai rilevatori in occasione dell’ultimo censimento e da questo punto di vista non v’è che da far riferimento a quanto fu previsto dall’art. 17 del Regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 22 maggio 2001, n. 276, il quale ha precisato (sorvolo su aspetti secondari): 1.I rilevatori svolgono i compiti loro affidati dai responsabili degli uffici di censimento comunali e dai coordinatori comunali, fornendo ai rispondenti tutti i chiarimenti richiesti e, se necessario, collaborando con essi alla compilazione del questionario. 2.I rilevatori provvedono alla consegna e al ritiro dei fogli di famiglia e di convivenza, alla compilazione dei questionari del censimento degli edifici nonché all’esecuzione dei compiti indicati nelle circolari… 3.Al momento del ritiro i rilevatori provvedono ad effettuare per ciascun questionario i controlli necessari per accertare la completezza delle informazioni raccolte e la coerenza tra le risposte fornite… Per quanto concerne il prossimo censimento, sul sito dell’Istat si legge che la principale innovazione “consiste nell’impiego nella rilevazione delle liste anagrafiche comunali (LAC) di famiglie e convivenze, affiancate da altre liste ausiliarie, di fonte sia comunale che nazionale. Questa opzione consente una modifica radicale del processo produttivo censuario: per la prima volta i questionari potranno essere distribuiti per posta e non più dai rilevatori e i rispondenti potranno scegliere fra diverse soluzioni per la loro compilazione e restituzione: web, posta, centri di raccolta”. Prendo atto della scelta, che onde evitare equivoci dichiaro di condividere, ma mi interessa ragionare su talune conseguenze che da essa scaturiscono. Precisato che non intendo “mitizzare” la figura del rilevatore, ben consapevole dello scarto che vi è sempre stato in passato tra previsione normativa e realtà operativa, osservo inizialmente che si rinuncia a taluni benefici connessi al rapporto diretto tra rilevatori e rispondenti: possibilità di fornire chiarimenti al momento della consegna dei questionari e di collaborare con il rispondente nella loro compilazione; accertamento, al momento del ritiro, della completezza delle informazioni raccolte e della coerenza tra le risposte fornite. Nella rilevazione pilota che nell’ottobre 2009 ha riguardato 82.735 famiglie, il 40,8 per cento dei questionari è stato restituito per posta e il 9,1 per cento è stato spedito via web. Nell’ipotesi che il censimento confermi tali percentuali, si dovrebbe pensare alla organizzazione di una 24 capillare rete di centri di raccolta e, aggiungo, di assistenza dal momento che i contenuti del questionario non sono stati ridotti. Presso questi centri dovrebbe in altri termini essere garantita la presenza di operatori in grado di aiutare i rispondenti in difficoltà. Nel 2001, ad esempio, circa due milioni di anziani sono stati censiti in abitazioni di proprietà nelle quali vivevano da soli. Quanto alla “revisione qualitativa”, si tratta a mio parere di scegliere se coinvolgere gli Uffici Comunali di Censimento, ovviamente solo per una parte dei questionari, o se affidarsi esclusivamente alle procedure di correzione automatica – con indubbi vantaggi ma anche con qualche potenziale rischio – che saranno attivate a livello centrale. Ciò detto, non posso evidentemente trascurare i “casi particolari” per i quali l’Istat ha in passato ritenuto di dover prevedere specifiche disposizioni. Mi riferisco soprattutto ai “senza tetto”. I tratti salienti delle modalità operative sperimentate nel 2001 per la loro enumerazione (sono del parere che vi sia stata una sensibile sottostima delle persone che vivevano una situazione di disagio abitativo) 1, sono stati i seguenti: preventiva ricognizione del territorio; simultaneità (raccolta dei dati in un giorno prefissato al fine di evitare duplicazioni); rinuncia all’autocompilazione del questionario normalmente prevista per i rispondenti; impiego di rilevatori particolarmente qualificati, assistiti da “agenti comunali”. Non so quali scelte saranno operate in proposito ma reputo difficile l’adozione di strategie alternative. In questo caso la figura del rilevatore sopravviverebbe anche se l’Istat dovesse decidere di non farsi carico 1. Ho esaminato questo aspetto in un recente lavoro al quale pertanto rinvio (La rilevazione statistica dei senza tetto e delle altre persone non occupanti un’abitazione, Working Paper n. 3.204 del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università di Salerno). I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ attualità degli oneri conseguenti delegando completamente agli Uffici Comunali di Censimento la responsabilità dei necessari adempimenti. Come si è visto, nel 2001 ai rilevatori spettava pure il compito di compilare i questionari per il censimento degli edifici. Anche in questo caso il rilevatore, o comunque lo si vorrà chiamare, verrà “salvato”. Per i grandi comuni è attualmente in corso la “Rilevazione dei Numeri Civici” (Rnc) con la quale – mi rifaccio nuovamente a notizie presenti sul sito – “saranno raccolti dati sulle caratteristiche strutturali di ciascun numero civico (n. scale, n. piani, n. unità immobiliari per tipologia d’uso)”. All’interno di detta rilevazione saranno praticamente acquisite notizie sui singoli edifici. Al momento del censimento saranno aggiornate tali notizie che verranno inoltre raccolte per tutti i piccoli comuni oggi non interessati (in entrambi i casi vi sarà un necessario coinvolgimento di risorse umane). Un approfondimento specifico su quest’ultimo aspetto mi sembra opportuno. Con il censimento degli edifici sarà possibile quantificare lo stock abitativo nel suo complesso. Poiché con le notizie raccolte con il “foglio di famiglia” si accerterà il numero delle abitazioni occupate, solo per differenza si avrà la possibilità di determinare il numero delle abitazioni non occupate. Osservo al riguardo che in tal modo si opera implicitamente una variazione della definizione di abitazione non occupata adottata con il censimento del 2001. Sino al 1991 la definizione usualmente adottata dal censimento prevedeva che in tale aggregato dovessero rientrare le abitazioni “non abitate da alcuna persona nonché quelle abitate solamente da persone temporaneamente presenti che, cioè, non avevano la dimora abituale in quella abitazione”. Con l’ultimo censimento si è invece stabilito di considerare come “abitazioni occupate” anche quelle in cui “dimora non abitualmente o è pre- sente occasionalmente alla data del censimento almeno una persona”. Ora si ritorna insomma nel solco di una prassi sempre seguita dal 1951 in poi. Intendiamoci, non è che la novità del 2001 non avesse una sua ratio. Aveva un senso considerare non occupata, e quindi disponibile sul mercato, un’abitazione messa a disposizione di parenti in visita magari per un brevissimo periodo. Altra cosa, con lo sviluppo della presenza straniera nel nostro paese, era quella di continuare a considerare non occupata un’abitazione abitualmente occupata da stranieri ai quali solo la mancanza di un permesso di soggiorno impediva di essere considerati “residenti” (ulteriore novità definitoria del censimento 2001). Rilevo ancora nell’occasione che l’attuale strategia censuaria pare escludere la possibilità di censire la popolazione presente, obiettivo sempre perseguito dalla rilevazione decennale. Mi spiace solo che in tal caso si dovrà rinunciare al tentativo di quantificare la popolazione straniera “non residente”. Vengo da ultimo a toccare un punto, assolutamente centrale, dello schema organizzativo che si sta portando avanti, quello relativo all’impiego nella rilevazione delle liste anagrafiche comunali nell’ottica, come a me piace dire, di anticipare i tempi del confronto censimento-anagrafe. Parto da una premessa che ritengo necessaria. Dovrà a mio parere essere garantita la piena contestualità delle due operazioni, quella che da un lato si propone di garantire al censimento l’esaustività della conta e quella che, dall’altro lato, ha l’obiettivo di aggiornare il sistema delle anagrafi comunali. L’eventuale proposito di revisionare le anagrafi dopo il censimento non avrebbe molto senso e potrebbe produrre effetti negativi che contrasterebbero fra l’altro con l’idea, da condividere, di puntare nel prossimo futuro al superamento del censimento tradizionale. Oggi poi che si parla della “compatibilità I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ ATTUALITà 25 delle abitudini anagrafiche con un assetto di governo federalista” 2. L’aspettativa dovrebbe in altri termini essere quella di una popolazione legale perfettamente allineata a quella risultante in anagrafe alla data del censimento. In relazione a quanto previsto dall’art. 46 del Regolamento anagrafico, assai spesso citato, reputo in questo caso opportuno richiamare l’ultimo comma (“Nell’intervallo tra due censimenti l’anagrafe deve essere costantemente aggiornata, in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni momento, con la situazione di fatto relativa al numero delle famiglie, delle convivenze e delle persone residenti nel comune”) per sottolineare piuttosto l’importanza di una continua attività di vigilanza. Torno ancora una volta al sito dell’Istat: “L’anagrafe comunale è soggetta a errori di sovra copertura, originati da chi è ancora registrato ma non risiede più nel comune, e a errori di sotto copertura, originati da chi dimora abitualmente sul territorio comunale ma non vi risulta residente. Gli errori del primo tipo saranno eliminati grazie alla rileva- zione 3 sul campo che accerterà l’irreperibilità di individui e famiglie. Per sanare le conseguenze degli errori del secondo tipo sono stati approntati alcuni metodi applicabili al contesto italiano e utili a determinare la popolazione legale di ciascun comune: con il supporto di liste ausiliarie di individui e relativi indirizzi, impiegare i rilevatori per svolgere un’operazione di recupero il più possibile completa 4; condurre una rilevazione tradizionale in un campione di sezioni di censimento del Comune, indipendente e contestuale alla raccolta dei questionari da LAC, e stimare il suo grado di copertura con il metodo cattura-ricattura”. Non entro nel merito tecnico del programma delineato. Per restare al tema che ho selezionato per questo mio contributo, mi preme soltanto evidenziare che per lo svolgimento di diverse attività (presidio dei centri di raccolta, censimento di persone in particolari situazioni, rilevazione dei numeri civici, operazione di recupero connessa alla sotto copertura delle anagrafi co- munali, ecc.) dovrà essere previsto l’impiego di “operatori” che non è detto siano sempre reperibili all’interno degli Uffici Comunali di Censimento. Al di là dell’attenzione che dovrà essere posta nella definizione dei compensi e dei criteri da seguire per la loro selezione, la questione che sollevo è quella che riguarda la distinzione tra i costi, non direttamente legati all’operazione censuaria o che comunque possono essere scaricati sui comuni e i costi che invece dovranno essere coperti dal finanziamento garantito all’Istat per l’esecuzione del censimento. Non è sicuramente di secondaria importanza tenuto conto che in passato ci sono stati problemi per uno sciopero dei rilevatori che si dichiararono improvvisamente insoddisfatti del compenso pattuito e che un grande comune ha trattenuto i questionari ritardando la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei dati sulla popolazione legale, perché riteneva di aver diritto ad un rimborso delle spese di entità superiore a quella fissata, non dall’Istat, ma da una Commissione istituita presso il Ministero dell’interno 5. 2. N. Salerno, e F. Pamolli, Quale comune di residenza con il federalismo? L’importanza di una anagrafe aggiornata, sito www.neodemos.it, pubblicato l’8 novembre 2010. 3. In questo caso avrei più semplicemente parlato di “accertamento”. 4. Eliminare gli errori di sotto copertura è senza dubbio impresa ardua. 5. Cfr. A. Cortese, e M. Greco, (1993), Il grado di copertura del censimento demografico 1991: considerazioni sulla base del confronto con le risultanze anagrafiche, Quaderni di Ricerca Istat. 26 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ attualità Divieto di propaganda elettorale. Lacuna colmata o provvedimento discutibile? La legge n. 175 del 13 ottobre 2010 di Patrizia Dolcimele * Lo scorso 6 ottobre il Senato ha approvato con voti pressoché unanimi (252 favorevoli ed un astenuto) il cosiddetto disegno di legge “Lazzati”, chiamato così perché fortemente voluta dal “centro studi Lazzati” e dal suo fondatore, il giudice calabrese Romano De Grazia, ex magistrato della Corte Suprema di Cassazione. La legge è stata promulgata il 13 ottobre 2010, con il numero 175 e reca “Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per persone sottoposte a misure di prevenzione”, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre 2010 ed entrerà in vigore il prossimo 11 novembre. Si tratta di una legge che segna indubbiamente un importante arricchimento della normativa esistente in materia di propaganda elettorale e principalmente integra la dizione dell’art. 10 della legge n. 575 del 31 maggio 1965, inserendo due nuovi commi, il 5-bis-1 ed il 5-bis-2. Esaminiamo brevemente le due disposizioni. Nell’articolo 1 si prevede che “alle persone indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni comunque localmente denominate che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso, sottoposte alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, è fatto divieto di svolgere propaganda elettorale in favore o in pregiudizio di candidati e simboli, con * Vicesegretario del Comune di Baranzate qualsiasi mezzo direttamente o indirettamente”. In sostanza, ai soggetti ritenuti sorvegliati speciali a seguito di giudizio di pericolosità sociale, che già attualmente per la legge sono privi di diritto di voto attivo e passivo, viene fatto, anche, divieto di svolgere attività per la raccolta del consenso. Tale attività, per fugare ogni dubbio, è composta, sempre nella previsione dell’articolo 1, da “una molteplicità di atti, coinvolgimento di più persone, impiego di mezzi economici e predisposizione all’uopo di una sia pur minima struttura organizzativa”. I restanti due articoli prevedono, per il sorvegliato che svolge tale attività e per il candidato di pochi scrupoli che richiede o in qualche modo sollecita l’illecito aiuto, la reclusione da 1 a 6 anni. Inoltre, con la sentenza di condanna passata in giudicato, il Tribunale dichiara il candidato ineleggibile per un tempo non inferiore a cinque anni e non superiore a dieci e, se eletto, l’organo di appartenenza ne dichiara la decadenza. Uno strumento duro ed efficace, adeguato e rigoroso che spezza il perverso legame di reciproco ausilio ed interesse tra politica corrotta e criminalità organizzata. Chiaro si percepisce il forte segnale che il legislatore ha dettato per spezzare il legame di connivenza tra politica e criminalità, in particolare in quella delicata fase che il momento della propaganda elettorale, cruciale per la “captatio benevolentiae” del candidato alla ricerca del consenso dell’elettorato. Quindi si tratta di un provvedimento inedito per il panorama italiano, lad- dove ha colmato una evidente lacuna ed un’anomalia che favoriva certamente il proliferare di forme di voto di scambio politico-criminoso. Esaminiamo ora gli elementi della nuova fattispecie di reato introdotta dalla legge n. 175/2010. Innanzitutto elemento inedito è la condotta criminosa che si configura nella richiesta o sollecitazione da parte del candidato di effettuare propaganda elettorale in proprio favore a persona sottoposta a misura di prevenzione. La consumazione del reato è assolutamente anomala, perchè la soglia di punibilità si supera con la semplice richiesta o sollecitazione di propaganda elettorale, in qualsiasi modo esercitata, quindi anche oralmente. Qui si apre una breve riflessione. Chiediamoci innanzitutto cosa si intende con il termine “sollecitazione”; si potrebbe pensare ad una forma di richiesta non espressa, ad una sorta di stimolazione tacita, il che già sarebbe sufficiente per integrare il reato in esame, “ punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni”. In ordine al significato di propaganda, poi, la definizione più corrente nella lingua italiana è la seguente: ”attività volta alla diffusione di concetti, teorie o posizioni ideologiche, politiche, religiose... al fine di condizionare o influenzare il comportamento e la psicologia collettiva di un vasto pubblico”. Letteralmente questa attività è intrinsecamente priva di qualsiasi disvalore penale. Non si vede come si potrebbe ragione- I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ ATTUALITà volmente punire un sorvegliato speciale che decida di dedicarsi alla diffusione di una particolare idea politica; la pretesa punitiva a carico del candidato politico che chieda o solleciti in qualsiasi forma tale attività di diffusione potrebbe risultare priva di qualsiasi fondamento logico e giuridico. Secondo questa accezione, introdotta dal nuovo dettato normativo, il candidato politico criminalizzato, prima di avventurarsi nelle campagna elettorale al fine di evitare di incorrere nelle ristrettissime maglie della legge, sarebbe in sostanza costretto ad informarsi se coloro i quali diffondono la sua idea politica siano sottoposti ad una misura di prevenzione e/o siano stati in qualche maniera richiesti o sollecitati, dal candidato stesso o dall’organizzazione politica di appartenenza. Per la verità i soggetti contro interessati dal reato sono due: il candidato politico che non deve chiedere o sollecitare e il sorvegliato speciale che non deve svolgere attività politica di propaganda in favore del politico. A questo punto sorge spontaneo chiedersi se per esercizio di propaganda sia sufficiente la sola diffusione dell’idea politica, o al contrario, occorra una predisposizione organizzata di mezzi in forma stabile, diretta all’esercizio della diffusione di una idea politica. Da questo punto di vista non tutte le condotte di propaganda politica sarebbero punibili, ma solo quelle esercitate mediante un’organizzazione a ciò preposta. Ulteriore riflessione nasce, inevitabilmente, nel momento in cui ci si chiede quale sia il bene protetto dalla nuova norma, che sia coerente con il principio della offensività e quindi costituzionalmente tutelata; la portata di tale interrogativo finisce per coinvolgere anche la consistenza dell’elemento soggettivo, in specie, qualora quest’ultimo dovesse ritenersi coincidente con il dolo specifico. Com’è noto, esistono nella corrente dottrina penalistica due diverse categorie dei reati di pericolo: la prima di pericolo presunto o “astratto” e la seconda dei reati di pericolo effettivo o concreto; i primi non sono soggetti ad un particolare accertamento circa la reale attitudine diffusiva del danno, mentre per i secondi tale capacità deve essere dimostrata in ogni singolo caso concreto. La fattispecie di reato in esame parrebbe rientrare nella prima delle due categorie, ossia nei reati di pericolo astratto, tuttavia rimarrebbe sempre privo di risposta il quesito iniziale: qual è l’oggetto giuridico del reato, su cosa si dovrebbe espandere il nocumento presunto dalla norma? Proviamo a rispondere a questa domanda. Posto che il bene giuridico tutelato altro non può essere che la corretta e disciplinata competizione elettorale, oltre al corretto e libero esercizio del diritto all’elettorato attivo e passivo, la legge n. 175/2011 andrebbe a contrastare il c.d. fenomeno della collusione politico-mafiosa che ha i suoi effetti più nefasti proprio nella fase elettorale con il tipico scambio clientelare di voti tra forze politiche ed ambienti malavitosi dominanti, fattispecie, tra l’altro già ben inquadrata nell’art. 416 ter del codice penale, che, si ricorda, punisce con la reclusione da cinque a dieci anni esclusivamente la promessa di scambiare voti con denaro. Tuttavia le tipologie di scambio non si esauriscono tutte con la corresponsione di denaro ma sono diverse e molteplici. La cronaca e l’esperienza ci fanno attestare che il mercimonio in questione colpisce a macchia di leopardo e si riscontra soprattutto nelle zone del sud-Italia, in un più ampio fenomeno collusivo di scambio che si attua nel momento della propaganda elettorale per poi manifestarsi nell’azione amministrativa. La legge in esame ha in questo senso una chiave di lettura univoca: presume, con una certa tassatività, che chi è sottoposto a misure di prevenzione sia certamente e concretamente coinvolto in accordi illeciti elettorali in funzione della sua accertata pericolosità sociale. Ciò è certo elemento inedito e discu- 27 tibile, fondato, come abbiamo visto, solo su concetti astratti. Non vorrei mettere in discussione, tuttavia, il concetto ed i fondamento della pericolosità sociale, che ha, chiaramente, un’utilità certa. Vale la pena di ricordare che tale concetto, formatosi su dottrine ottocentesche che lo identificavano nella ”inclinazione” a delinquere, determinata da particolari condizioni di natura sia psichica che ambientale, non possa attualmente slegarsi da un giudizio prognostico criminale effettuato in concreto sulla probabilità che il soggetto commetta in futuro ulteriori reati, in buona sostanza sulla sua inclinazione criminale. Quello che il disegno di legge non dice è che la propaganda politica, attività di per sé priva di attitudine lesiva, sia essa intesa come reato di danno o di pericolo, in astratto o in concreto, viene punita giacché posta in essere da un soggetto che probabilmente commetterà ulteriori reati, e che quindi “si presume” che adoperandosi nella propaganda chiesta dall’inconsapevole aspirante politico nasconda abilmente un accordo criminoso. La conclusione che ne può derivare da questa prima e breve analisi del nuovo provvedimento normativo è esso si fonda su una sorta di doppia presunzione: ad essere presunto non è solo il pericolo “astratto”, ma anche il bene giuridico tutelato. Infatti, come sopra evidenziato, la semplice diffusione del pensiero politico è intrinsecamente priva di qualsiasi aggettivo penale, diversamente dal tipico scambio promessa di votodenaro previsto, peraltro già punito con l’art. 416-ter c.p. Del resto anche la collusione politico mafiosa ovvero altri similari accordi illeciti che si intenderebbero evitare costituiscono comportamenti fortemente dannosi che andrebbero puniti purchè ciò avvenga nel rispetto del principio di tassatività e di tipicità che informano la legge penale, e non eleggendo a comportamenti criminali attività che di per sé risultano evidentemente prive di offensività. 28 GIURISPRUDENZA a cura di Michela Lattarulo Vice Prefetto, Dirigente Area I, Anagrafe della popolazione residente a cura di Dante Buson Con la circolare n. 34, del 29 novembre 2010, il Ministero dell’interno – Direzione centrale per i servizi demografici, ha diramato il parere reso dal Consiglio di Stato sul quesito relativo alla possibilità di delegare le funzioni di ufficiale di stato civile e di anagrafe a personale dipendente da comune diverso da quello di appartenenza del sindaco (sez. I, n. 2864/2010). Le disposizioni oggetto del quesito sono contenute nel regolamento di stato civile (d.P.R. n. 396/2000), nonché nella legge e nel regolamento anagrafico (art. 3 della l. n. 1228/1954 e art. 2 d.P.R. n. 223/1989). Esse prevedono che le funzioni in argomento possano essere delegate a dipendenti a tempo indeterminato del comune, oltre che – in caso di esigenze straordinarie e temporaneamente limitate – a dipendenti a tempo determinato. A questo proposito, appare utile evidenziare che la possibilità di delegare le funzioni di ufficiale di stato civile e di anagrafe a personale con contratto a termine è stata prevista solo recentemente, con il d.P.R. 5 maggio 2009, n. 79 (cfr. circ. Ministero interno – Direzione centrale per i servizi demografici n. 15, del 9 luglio 2009), quale risposta ad una esigenza ormai avvertita da molti comuni, di estendere l’ambito sog- La delega delle funzioni di ufficiale di stato civile e di anagrafe alla luce del parere del Consiglio di Stato n. 2864/2010 gettivo di esercizio della delega. Ed è proprio alla luce di tale esigenza, derivante dal crescente impegno richiesto dallo svolgimento delle funzioni in esame e dalle frequente scarsità delle risorse umane disponibili, che il Ministero dell’interno ha voluto chiarire, con il supporto del Consiglio di Stato, gli ambiti applicativi delle disposizioni normative sopraccitate. In particolare, il quesito sollevato ha riguardato il problema, emerso in sede applicativa, della delegabilità delle funzioni in argomento (sia di anagrafe che di stato civile) a personale dipendente da comune diverso da quello di appartenenza del soggetto delegante, ma che svolge servizio presso questo ultimo comune sulla base di un apposito accordo convenzionale tra gli enti coinvolti (comune di appartenenza del sindaco delegante e comune di appartenenza del dipendente delegato). Sull’argomento è opportuno evidenziare che l’art. 14 del CCNL del comparto enti locali, del 22 gennaio 2004, rubricato “Personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione”, disciplina l’ipotesi dell’assegnazione del personale da un comune ad un altro, prevedendo che “Al fine di soddisfare la migliore realizzazione dei servizi istituzionali e di conseguire una economica gestione delle risorse, gli enti locali possono utilizzare, con il consenso dei lavoratori interessati, personale assegnato da altri enti cui si applica il presente CCNL per periodi predeterminati e per una parte del tempo di lavoro d’obbligo mediante convenzione e previo assenso dell’ente di appartenenza. La convenzione definisce, tra l’altro, il tempo di lavoro in assegnazione, nel rispetto del vincolo dell’orario settimanale d’obbligo, la ripartizione degli oneri finanziari e tutti gli altri aspetti utili per regolare il corretto utilizzo del lavoratore. La utilizzazione parziale, che non si configura come rapporto di lavoro a tempo parziale, è possibile anche per la gestione dei servizi in convenzione.” L’assegnazione temporanea ad un comune, di personale dipendente da altro comune, sulla base della disciplina recata dalla disposizione contrattuale appena citata, fa si, quindi, che sussista tra il dipendente assegnato ed il comune di assegnazione, quel rapporto di dipendenza funzionale richiesto implicitamente dalle norme dianzi citate, che disciplinano la delega delle funzioni in argomento. In particolare, il Consiglio di Stato, nel parere reso, ha posto in evidenza come la più recente evoluzione normativa in materia induca ad una interpretazione estensiva del- I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ ATTUALITà le norme oggetto del quesito. Tale orientamento deriva sia dalle modifiche introdotte con il già citato d.P.R. n. 79/2009, che, più in generale, dalla legislazione in materia di enti locali, volta a favorire la gestione comune di servizi nell’ottica di favorire l’efficienza dell’azione amministrativa. Il Consiglio di Stato, quindi, condividendo l’orientamento espresso dal Ministero dell’interno, volto ad ammettere la possibilità di delega 165x100 DEMOGRAFICI gr.indd 1 delle funzioni di anagrafe e stato civile a personale dipendente da altro comune, ha ritenuto che a tale conclusione si pervenga attraverso l’interpretazione analogica delle norme recate dal menzionato d.P.R. n. 79/2009. Infatti – sostiene il citato alto consesso – la delega ipotizzata e quella regolata dal decreto presidenziale appena citato rispondono alla “medesima ragione ispiratrice consistente nella necessità di fornire al 29 cittadino un servizio celere ed efficiente”. Dall’applicazione analogica della norma regolamentare citata consegue che valgono per l’ipotesi oggetto del quesito le medesime limitazioni previste dalla prima, ovvero che la delega a personale di altro comune è subordinata alla sussistenza di esigenze straordinarie e temporalmente limitate che dovranno essere espressamente indicate nella convenzione. 19-04-2010 15:46:47 31 GIURISPRUDENZA a cura di Dante Buson ACCESSO AGLI ATTI Consiglio di Stato, sez. V 23 settembre 2010, n. 7083 modalità con cui vengono svolti tali servizi pubblici locali non può non ricadere nell’ambito dei poteri di cognizione del consigliere comunale. Consiglio di Stato, sez. V 28 settembre 2010, n. 7166 »» documenti di società con partecipazione maggioritaria »» Istanza di accesso ai documenti amministrativi del comune » » dati sensibili »» consiglieri comunali » » richiesta finalizzata allo »» diritto di accesso scioglimento del matrimonio »» sussiste »» diritto »» sussiste Il consigliere comunale, eletto dalla collettività locale, svolge la sua Secondo un consolidato indirizzo funzione a tutela della collettività stessa e, strumentalmente, al fine di interpretativo, quando il trattamento concerne dati idonei poter adempiere al proprio ufficio, a rivelare lo stato di salute o deve essere messo a conoscenza la vita sessuale, il trattamento di ogni attività che riguarda la è consentito se la situazione pubblica amministrazione, titolare giuridicamente rilevante che si primaria del soddisfacimento degli intende tutelare con la richiesta di interessi pubblici della collettività accesso ai documenti amministrativi di riferimento. Così stando le cose, è di rango almeno pari ai diritti è fuori discussione che tutto ciò che concerne l’attività della pubblica amministrazione in cui è incardinato il consigliere comunale non può IN QUESTO NUMERO non essere messa a sua disposizione, potendo solo in casi eccezionali ACCESSO AGLI ATTI essere rinviato l’accesso ma mai Consiglio di Stato, sez. V negato in via definitiva. Ora, una 23 settembre 2010, n. 7083 società mista, con partecipazione Consiglio di Stato, sez. V maggioritaria dell’ente locale, 28 settembre 2010, n. 7166 costituita ai sensi dell’art. 113 del testo unico degli enti locali n. Consiglio di Stato, sez. VI 267 del 2000, è, sì, una società di 30 settembre 2010, n. 7237 diritto privato, ma è anche una T.A.R. Puglia, Bari, sez. I società che svolge (esclusivamente 4 novembre 2010, n. 3861 o prevalentemente) uno o più servizi pubblici locali: è, in altre ANAGRAFE parole, una modalità alternativa ad Consiglio di Stato, sez. IV altre (economia, azienda speciale, 2 novembre 2010, n. 7730 appalto, istituzione) per la gestione di servizi pubblici locali, e le ATTI AMMINISTRATIVI T.A.R. Campania, Napoli, sez. III 4 ottobre 2010, n. 17588 Consiglio di Stato, sez. IV 5 ottobre 2010, n. 7309 T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater 21 ottobre 2010, n. 32942 CITTADINANZA T.A.R. Lazio sez. II-quater novembre 2010, n. 33280 CONCORSI PUBBLICI Consiglio di Stato, sez. V 12 ottobre 2010, n. 7410 T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III 2 novembre 2010, n. 14014 T.A.R. Napoli, sez. V 18 novembre 2010, n. 25332 ELETTORALE Consiglio di Stato, sez. V 26 agosto 2010, n. 5967 Consiglio di Stato, sez. V 25 novembre 2010, n. 8238 PERSONALE T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II 28 settembre 2010, n. 2039 PRASSI AMMINISTRATIVA Consiglio di Stato, sez. V 15 ottobre 2010, n. 7521 PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO Consiglio di Stato, sez. V 24 settembre 2010, n. 7123 T.A.R. Marche, Ancona, sez. I 12 ottobre 2010, n. 3345 32 dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile (Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 2006, n. 6681). La pronuncia ha chiarito che il fine dello scioglimento del vincolo matrimoniale costituisce certamente una situazione giuridica di rango almeno pari alla tutela del diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute, in quanto involgente un significativo diritto della personalità. Consiglio di Stato, sez. VI 30 settembre 2010, n. 7237 »» 1. istanza di accesso ai documenti amministrativi »» limitazioni del diritto »» segretezza degli atti »» criteri direttivi per la delimitazione del segreto »» 2. limitazioni all’accesso »» atti redatti da legali e da professionisti per la p.a. »» riservatezza »» sussiste 1. I due criteri direttivi volti ad orientare l’interprete per l’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti vanno individuati, da un lato, nel fatto che il “segreto” preclusivo dell’accesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa e, dall’altro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi. 2. È stato affermato dalla giurisprudenza che nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA con l’amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. T.A.R. Puglia, Bari, sez. I 4 novembre 2010, n. 3861 »» istanza di accesso ai documenti amministrativi »» diniego »» motivazione »» integrazione postuma »» ammissibilità Nel giudizio in materia di accesso, l’integrazione della motivazione del diniego da parte dell’amministrazione deve ritenersi senz’altro consentita, poiché l’azione è rivolta ad accertare l’esistenza del diritto di accesso alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’amministrazione per giustificarne il diniego (cfr. in questo senso Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2004, n. 2966). ANAGRAFE Consiglio di Stato, sez. IV 2 novembre 2010, n. 7730 »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» 1. residenza effettiva o di fatto residenza anagrafica nozione risultanze anagrafiche valore presuntivo prova contraria ammissibilità 2. trasferimento della residenza opponibilità ai terzi di buona fede doppia dichiarazione necessità violazione delle formalità doppia residenza 1. In generale, sulla nozione di residenza effettiva o anagrafica, si ritiene che la residenza di una persona sia determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo (articolo 43, secondo comma, codice civile), ossia dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Pertanto, anche in tema di rispetto dell’obbligo di residenza del dipendente, si è correttamente ritenuto che, qualora la residenza anagrafica non corrisponda alla residenza di fatto, è di questa che bisogna tener conto con riferimento alla residenza effettiva, quale si desume dall’art. 43 c.c., e la prova della sua sussistenza può esser fornita con ogni mezzo, anche indipendentemente dalle risultanze anagrafiche, atteso che queste hanno valore presuntivo, essendo la residenza della persona determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un dato luogo (in tal senso, per esempio, T.A.R. Liguria, Genova, sez. II, 7 giugno 2007, n. 1051). Oltre le definizioni codicistiche di residenza, domicilio e dimora, non vi è dubbio che la nozione di residenza effettiva, in contrapposizione a quella soltanto anagrafica, sia un dato assodato. Si veda per esempio, oltre l’art. 44 c.c., anche l’articolo 31 disp. attuazione al codice civile, ai sensi del quale, ai fini della opponibilità del trasferimento di residenza ai terzi di buona fede nei modi prescritti dalla legge, deve aversi la doppia dichiarazione fatta al comune che si abbandona e a quello dove si intende fissare la dimora abituale: si evince che in mancanza delle previste formalità, la persona fisica può avere contemporaneamente due residenze, una effettiva e una anagrafica, ma ai fini della opponibilità ai terzi di buona fede sono richieste specifiche formalità. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA »» »» »» »» »» »» contestazione delle attestazioni querela di falso necessità. 2. atto amministrativo mancata sottoscrizione evidente riferibilità all’organo competente »» invalidità »» non sussiste 33 in quanto consente comunque di dimostrare la provenienza ATTI AMMINISTRATIVI dell’atto dal soggetto titolare di quel potere e non determina la giuridica inesistenza dell’atto stesso (cfr.: T.A.R. Campania, T.A.R. Campania, Napoli, sez. III Napoli, sez. III, 8 settembre 2006, 4 ottobre 2010, n. 17588 n. 7983; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 19 marzo 1999, n. 42). »» potere cautelare della p.a. In definitiva se la sottoscrizione »» sospensione degli effetti dell’atto amministrativo è un 1. Il registro di protocollo, quale dell’atto amministrativo elemento essenziale e necessario documento formato, tenuto e »» prefissione di un termine (per attestarne l’effettiva riferibilità conservato dagli uffici di una »» necessità alla p.a. emanante), è irrilevante, pubblica amministrazione, quanto ai »» sospensione sine die nel senso che non è causa di dati da esso recati e alle informazioni »» illegittimità riportate, ha natura di atto pubblico, invalidità o nullità, l’illeggibilità della firma apposta in calce ad un per cui, in ragione della fede È riconosciuto un generale potere atto amministrativo, quando sia privilegiata di tale documento, della p.a., a norma dell’art. 7 comunque possibile individuarne l’eventuale contestazione della comma 2, e in particolare dell’art. l’autore, ad esempio grazie alla veridicità delle attestazioni in esso 21-quater, l. n. 241 del 1990, di dicitura dattiloscritta ed al timbro descritte e quindi dell’affidabilità natura cautelare, consistente nella apposto sull’atto. Né la mancanza della prova documentale non sospensione degli effetti dell’atto di autentica sulla copia può essere può non avvenire a mezzo dello amministrativo precedentemente elemento di illegittimità del strumento della querela di falso, di adottato, in vista di una più provvedimento originale, fatti salvi cui all’art. 221 e ss. c.p.c. adeguata ponderazione dei i casi di falsità in atti da parte del 2. La mancanza di sottoscrizione di presupposti di fatto e di diritto, pubblico ufficiale. un atto non è idonea a metterne in pur in assenza di definitive discussione la validità e gli effetti determinazioni in sede di autotutela, le quante volte detta omissione purché tuttavia, avendo tale potere non metta in dubbio la riferibilità natura cautelare, si ottemperi alla dell’atto stesso all’organo necessità della prefissione di un CITTADINANZA termine che salvaguardi l’esigenza di competente (cfr. Cons Stato, sez. IV, certezza della posizione giudica della 11 maggio 2007, n. 2325; idem sez. VI 23 febbraio 2007, n. 981). parte, restando così scongiurato il T.A.R. Lazio sez. II-quater rischio di una illegittima sospensione novembre 2010, n. 33280 sine die (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-quater 1° marzo 2010 , n. 3179; T.A.R. »» cittadinanza italiana 21 ottobre 2010, n. 32942 Lazio, Roma, sez. III, 1° febbraio »» decreto di concessione 2010 , n. 1275). La sospensione »» termine di conclusione » » atto amministrativo cautelativa che avvenga senza del procedimento » » mancata sottoscrizione l’apposizione di un termine finale, » » inosservanza » » mancata autentica di copia deve pertanto ritenersi illegittima, » » obbligo di pronuncia » » vizio assoluto di legittimità dal momento che essa finirebbe per » » comportamento inerte » » va escluso se non vi è dubbio equivalere ad un sostanziale ritiro ingiustificato sull’autore dell’atto o sull’organo dell’atto impugnato (ex multis: emanante T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, La legge 5 febbraio 1992, n. 91, »» illeggibilità della firma 22 settembre 2008 , n. 1303; T.A.R. all’art. 9, individua le ipotesi in » » mera irregolarità Lazio, Roma, sez. III, 7 maggio 2008, cui “La cittadinanza italiana può n. 3717). essere concessa con decreto del La mancanza della sottoscrizione Presidente della Repubblica, sentito dell’atto impugnato ovvero la il Consiglio di Stato, su proposta mancata autentica della sua copia Consiglio di Stato, sez. IV del Ministro dell’interno”. Il d.P.R. non integra un vizio assoluto di 5 ottobre 2010, n. 7309 n. 362/1994, con il quale è stato legittimità. Con la conseguenza approvato il regolamento per che, in mancanza di altri elementi, »» 1. registro di protocollo la disciplina dei procedimenti di l’eventuale illeggibilità della »» natura di atto pubblico acquisto della cittadinanza italiana, firma nell’atto o nella sua copia »» fede privilegiata all’art. 3, espressamente prevede si risolve in una mera irregolarità, »» sussiste 34 che “Per quanto previsto dagli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei procedimenti di cui al presente regolamento è di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda”. A sua volta il d.m. 24 marzo 1995 n. 228 dispone che “La tabella A, allegata al d.m. 2 febbraio 1993, n. 284, del Ministro dell’interno di adozione del regolamento di attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardanti i termini di conclusione ed i responsabili dei procedimenti imputati alla competenza degli organi dell’amministrazione centrale e periferica dell’interno, nella parte relativa ai procedimenti di competenza della divisione cittadinanza del servizio cittadinanza affari speciali e patrimoniali della Direzione generale per l’amministrazione generale e per gli affari del personale, è modificata nel senso che i termini finali per la definizione dei provvedimenti di conferimento e di concessione della cittadinanza italiana, di cui rispettivamente agli articoli 5 e 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono fissati in settecentotrenta giorni in luogo di millenovantacinque giorni”. Alla stregua delle predette disposizioni, il Ministero dell’interno ha l’obbligo di pronunciarsi entro il richiamato termine di settecentotrenta giorni dalla data di presentazione della domanda. Il ritardo nella conclusione del procedimento concessorio in questione costituisce un comportamento inerte ingiustificato, contrastante sia con le specifiche disposizioni sopra richiamate sia con il generale principio di correttezza nei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino cui è informata la disciplina del procedimento di cui alla legge n. 241/1990, che nel caso in esame, avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a pronunciarsi con un provvedimento espresso sull’istanza del ricorrente. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA CONCORSI PUBBLICI Consiglio di Stato, sez. V 12 ottobre 2010, n. 7410 »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» »» 1. concorsi pubblici commissione giudicatrice valutazione dei titoli accertata omissione in favore del primo e secondo classificato rettifica della valutazione in autotutela deliberazione della giunta municipale illegittima 2. concorsi pubblici potere valutativo della commissione esigenza di integrare le operazioni del concorso riesame dei titoli esclusi necessaria riconvocazione della commissione 1. Il collegio ritiene di doversi attenere al consolidato orientamento, affermato in relazione al potere di approvazione della graduatoria, ma applicabile anche all’esercizio della rettifica in via di autotutela della medesima approvazione, secondo cui l’amministrazione esercita un controllo di legittimità sulle operazioni compiute dalla commissione giudicatrice, con la possibilità di rettificare la graduatoria ove si tratti di applicare disposizioni di agevole interpretazione e di applicazione “automatica” (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2009, n. 5234), mentre non può procedere ad una valutazione dei titoli e dei meriti dei singoli candidati, quando ciò implichi una valutazione tecnicodiscrezionale rientrante nei poteri della commissione giudicatrice, che deve essere pertanto riconvocata. 2. Non può considerarsi esaurito l’esercizio del potere di valutazione da parte della commissione una volta che l’amministrazione, in sede di autotutela, annulli o rilevi omissioni tali da richiedere un’integrazione delle operazioni di un pubblico concorso. In tali casi l’amministrazione è infatti tenuta, attraverso la commissione giudicatrice, alla rinnovazione parziale o al completamento della procedura, tenendo fermi gli atti non annullati e riconvocando la commissione giudicatrice per il riesame e valutazione (o rivalutazione) dei titoli pretermessi (cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 1981, n. 309). T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III 2 novembre 2010, n. 14014 »» »» »» »» concorsi pubblici partecipazione regolarizzazione del documento ammissibile se espressamente dichiarato nella domanda »» integrazione documentale »» incide sul contenuto sostanziale »» non consentita per violazione della par condicio La questione nodale della censura, investe il problema del contemperamento tra il dovere dell’Amministrazione pubblica di consentire la regolarizzazione della documentazione presentata dai candidati ed il rispetto del principio cardine in materia concorsuale della par condicio tra i partecipanti. La giurisprudenza ha individuato il punto di equilibrio tra le due esigenze distinguendo il concetto di “regolarizzazione” da quello di “integrazione” documentale. È stato affermato, in proposito, che l’“integrazione” documentale non è mai consentita, risolvendosi essa in un effettivo vulnus del principio di pari trattamento tra i concorrenti; è, invece, possibile la regolarizzazione documentale, alla quale è sempre tenuta l’amministrazione in forza del principio generale ora ricavabile dall’art. 6, comma 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, ma già in precedenza affermato con riguardo ai concorsi pubblici (Cons. Stato, V, 29 ottobre 1971, n. 964; sez. VI, 28 novembre 1975, n. 618; sez. VI, 30 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA ottobre 1981, n. 599; sez. VI, 19 novembre 1984, n. 644; sez. VI, 4 febbraio 1985, n. 40; C.G.A. 20 dicembre 1988, n. 810). Il discrimine tra “integrazione” e “regolarizzazione” è oggettivo, posto che la prima, a differenza della seconda, incide sul contenuto sostanziale del documento sottoposto a verifica, mentre, nell’ipotesi della regolarizzazione non vi è alcuna integrazione dal momento che il documento regolarizzabile preesiste alla richiesta dell’amministrazione, già completo di tutti gli elementi necessari a provare il titolo o la qualità di cui il candidato alleghi il possesso. Tuttavia, affinché la regolarizzazione documentale sia ammissibile, nei termini su indicati, la giurisprudenza richiede la ricorrenza di un altro indefettibile presupposto, ossia che il titolo da regolarizzare sia stato espressamente dichiarato nella domanda di partecipazione al concorso dal candidato. In tal senso, è stato affermato che “la mancata valutazione del titolo de quo risulta conforme all’univoca disposizione nel bando che nel prescrivere in termini chiari e cogenti (la cogenza sta nell’uso del verbo servile dovere: “dovrà essere indicata”) l’indicazione dei titoli in sede di domanda di partecipazione, esclude necessariamente qualsiasi produzione dei titoli stessi successivamente al termine di presentazione della domanda. Infatti una eventuale produzione successiva verrebbe a costituire una sorta di integrazione sostanziale della domanda, che sarebbe in evidente contrasto rispetto al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’istituto dell’integrazione documentale è destinato a supplire solo a carenze della documentazione irregolare o formalmente incompleta, quindi per il semplice aspetto formale o per la rettifica della dichiarazione, la cui irregolarità attenga ad elementi non essenziali, e non anche a supplire a mancanze assolute e sostanziali della documentazione o della dichiarazione, atteso che, altrimenti, l’integrazione si risolverebbe in una violazione del fondamentale principio concorsuale della par condicio tra i concorrenti” (Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 2009, n. 6948; sez. VI, 29 aprile 2009, n. 2710). Ed ancora, “Né può invocarsi la regolarizzazione “ex post”, che è possibile quando il documento o la dichiarazione siano stati prodotti e sia necessario integrarne o rettificarne i contenuti, ma non quando l’onere di documentazione è restato del tutto inadempiuto, venendosi altrimenti ad eludere il termine perentorio per la presentazione della domanda di partecipazione al concorso unitamente alla documentazione prescritta con lesione della “par condicio” dei partecipanti al concorso” (Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2009, n. 132). 35 a valutare i titoli e gli elaborati degli esaminandi e, a meno che non ricorra l’ipotesi residuale del macroscopico errore logico, non è consentito (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 20 febbraio 2008, n. 867; Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2007, n. 2781; T.A.R. Toscana, sez. I, 27 giugno 2005, n. 3103) al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere neanche se reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia de qua. 2. Come la giurisprudenza ha avuto modo di affermare (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 21 giugno 2005, n. 3204; 25 luglio 2003, n. 4284), il precetto contenuto nell’art. 10, comma 2, del d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, secondo il quale la valutazione dei titoli precede le prove di esame, può considerarsi soddisfatto, in relazione alle finalità della norma, quando la valutazione dei titoli, sebbene effettuata T.A.R. Napoli, sez. V in un momento successivo 18 novembre 2010, n. 25332 all’effettuazione delle prove scritte, abbia tuttavia preceduto l’apertura »» 1. concorsi pubblici delle buste e la valutazione degli »» titoli ed elaborati elaborati, ovvero ciò di cui si duole »» valutazione discrezionale parte ricorrente. della commissione 3. Quanto al procedimento di »» sindacabilità in sede giurisdizionale nomina della Commissione, occorre precisare che l’attuale »» limiti ordinamento degli enti locali »» 2. concorsi pubblici prevede un discrimine tra le »» titoli ed elaborati funzioni di indirizzo e di controllo »» valutazione successiva politico-amministrativo, spettanti alle prove scritte agli organi di governo dell’ente, e »» ammissibile funzioni tecniche-amministrative »» 3. concorsi pubblici e gestionali di competenza degli »» nomina della commissione organi burocratici; ad esempio, con esaminatrice »» funzione tecnica-amministrativa specifico riferimento alle procedure concorsuali e di gara, il comma competenza dirigenziale 3 dell’art. 107 del d.lgs. n. 267 »» 4. concorsi pubblici del 2000 attribuisce ai dirigenti i »» prove d’esame compiti inerenti la responsabilità »» tempo necessario per la delle procedure di concorso e la correzione degli elaborati »» sindacabilità in sede giurisdizionale stipulazione dei contratti. 4. Con riguardo al tempo necessario »» va esclusa per la correzione degli elaborati, la prevalente giurisprudenza (Cons. 1. Spetta alla commissione in Stato, sez. IV, 4 febbraio 2008, via esclusiva, nella sua ampia n. 294; 5 agosto 2005, n. 4165; discrezionalità, la competenza 36 17 settembre 2004, n. 6155; Cons. Giust. Ammin., 22 marzo 2006, n. 106; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 gennaio 2009, n. 277; 14 aprile 2008, n. 3121; sez. I, 23 maggio 2005, n. 4070) ha stabilito che non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati. La questione che rileva, non è, quindi, quella di stabilire quale sia il tempo ottimale per concludere una procedura valutativa, ma quella di verificare se i suoi risultati siano corretti alla stregua dei consueti parametri di legittimità dell’azione amministrativa, rispetto ai quali “il tempo” rimane un fattore estrinseco, che può assumere una ipotetica rilevanza solo nel caso in cui, alla brevità delle operazioni concorsuali, si accompagni un esito irrazionale e illogico (Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1776). I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA sussistenza di una infermità tale da rendere necessario il voto assistito determina una illegittima modalità di espressione del voto dell’elettore che ne usufruisce e tale voto deve, necessariamente, essere annullato. Consiglio di Stato, sez. V 25 novembre 2010, n. 8238 »» »» »» »» procedimento elettorale accettazione della candidatura compilazione del modulo autenticazione della sottoscrizione »» contestualità »» non necessaria Non sussiste alcuna disposizione normativa che imponga la contestualità della compilazione del modulo di accettazione della candidatura e del procedimento di autentica della relativa sottoscrizione. La presenza del pubblico ufficiale è, infatti, richiesta per l’autentica della sottoscrizione non per la compilazione del modulo di accettazione della candidatura ELETTORALE che può pertanto avvenire in data anteriore all’autentica della sottoscrizione. Nella specie, in Consiglio di Stato, sez. V assenza di querela di falso, non 26 agosto 2010, n. 5967 è revocabile in dubbio, a fronte della specifica attestazione della »» procedimento elettorale circostanza da parte di pubblico »» voto assistito ufficiale all’uopo abilitato, che le »» certificazioni rilasciate da medico sottoscrizioni siano state apposte parente di candidato alla presenza del pubblico ufficiale »» illegittimità dei certificati preposto all’autentica. Risulta, »» annullamento dei voti quindi, rispettato il disposto dell’art. »» sussiste 21, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000, che impone l’autenticazione della Va rilevato che le certificazioni sottoscrizione della dichiarazione mediche, in quanto rilasciate di accettazione, senza prescrivere da un medico, fratello di un la contestualità spazio-temporale candidato poi risultato eletto, della compilazione del modulo devono ritenersi illegittime per di dichiarazione e dell’autentica violazione del citato art. 41 d.p.r. della sottoscrizione di seguito alla n. 570/2006, relativo al c.d. “voto dichiarazione. assistito”, perché, i funzionari medici designati dall’Usl a rilasciare i certificati per il voto assistito Consiglio di Stato, sez. V “non possono essere candidati né 25 novembre 2010, n. 8238 parenti fino al quarto grado di candidati”. Ciò posto, l’illegittimità »» 1. procedimento elettorale dei certificati volti ad accertare la »» esclusione di lista di candidati »» omessa comunicazione di preavviso »» vizio assoluto di illegittimità »» non sussiste. »» 2. legge sul procedimento amministrativo »» applicabilità alla materia elettorale »» va esclusa 1. In generale, la mera violazione dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, per l’omessa comunicazione del preavviso di esclusione della lista di candidati, non comporta l’automatica illegittimità del provvedimento, essendo applicabile l’articolo 21 octies che impedisce al giudice di annullare il provvedimento quando la violazione formale non abbia inciso sulla legittimità sostanziale dello stesso (Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007, n. 4828). 2. La legge 7 agosto 1990, n. 241, è legge generale “sul procedimento amministrativo” e non “del procedimento amministrativo” e pertanto non trova applicazione allorquando il procedimento è regolato da speciali norme di settore, come nel caso della materia elettorale; ciò senza contare che è la stessa peculiare tempistica del procedimento elettorale a rendere incompatibile con quest’ultimo l’applicazione dell’art. 10-bis. PERSONALE T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II 28 settembre 2010, n. 2039 »» pubblico impiego »» procedure di mobilità volontaria esterna »» controversie »» giurisdizione del giudice ordinario »» sussiste »» giurisdizione del giudice amministrativo »» limitata al contenzioso sulle procedure concorsuali 37 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GIURISPRUDENZA Il procedimento di mobilità volontaria esterna tra pubbliche amministrazioni è atto di gestione del rapporto di lavoro ed il relativo contenzioso rientra nella giurisdizione del giudice ordinario; essa, infatti, determina una semplice cessione del contratto di lavoro del dipendente tra l’amministrazione di provenienza e quella di destinazione con continuità del suo contenuto (art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001) e non la costituzione di un nuovo rapporto di pubblico impiego o una nuova assunzione (T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 28 giugno 2010, n. 1695; Cons. Stato, sez. V, 26 ottobre 2009, n. 6541; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 16 marzo 2009, n. 480; Cass. civ., sez. un., 6 marzo 2009, n. 5458; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 9 settembre 2008, n. 10060; Cass. civ., sez. un. 12 dicembre 2006, n. 26420). Tutte le vicende che interessano la fase di gestione del rapporto di lavoro e le modifiche soggettive ed oggettive che dovessero intervenire in costanza di esso (ivi compresa la mobilità volontaria) devono, perciò, essere conosciute dal giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, residuando la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie in materia di procedure concorsuali finalizzate all’assunzione dei dipendenti, ossia relative alla fase antecedente alla costituzione del rapporto di impiego. PRASSI AMMINISTRATIVA Consiglio di Stato, sez. V 15 ottobre 2010, n. 7521 »» atti e provvedimenti amministrativi »» circolari amministrative »» valore normativo o provvedimentale »» esclusione »» vincolanti per la p.a. solo se legittime Le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sottordinati, che non hanno di per sé valore normativo o provvedimentale. “Ne consegue che tali atti non rivestono una rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che ne fanno applicazione”. Inoltre, è evidente che tali atti di indirizzo interpretativo non sono vincolanti per i soggetti estranei all’amministrazione, mentre, per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem. (Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2000, n. 6299). T.A.R. Marche, Ancona, sez. I 12 ottobre 2010, n. 3345 »» pubblica amministrazione »» procedimento ad istanza di parte »» obbligo di adottare il provvedimento »» sussiste »» procedimento d’ufficio »» obbligo di avvio »» sussiste »» obbligo di conclusione del procedimento »» non sussiste L’affermazione dell’obbligo della p.a. di provvedere su un’istanza del cittadino può dare luogo a due differenti scenari e ciò in relazione al fatto che il potere sia o meno esercitabile d’ufficio. Laddove, infatti, si tratti di un PROCEDIMENTO procedimento ad istanza di parte, l’amministrazione competente AMMINISTRATIVO deve avviare la specifica procedura disciplinata dalla normativa di Consiglio di Stato, sez. V riferimento e, ove sussistano tutti 24 settembre 2010, n. 7123 i presupposti di legge, adottare il provvedimento previsto dalla »» partecipazione al procedimento normativa (o, se non sussistono amministrativo i presupposti, adottare lo »» totale assenza della comunicazione specifico atto di diniego). »» finalità partecipativa e Quando, al contrario, l’obbligo impossibilità di incidere di provvedere viene affermato »» artt. 7, 8 e 10 l. n. 241/1990 a fronte di un potere che la »» interpretazione ed applicazione p.a. avrebbe potuto esercitare non meccanica né formalistica anche d’ufficio (ad esempio, l’annullamento in autotutela Il raggiungimento della finalità di un atto o la repressione di partecipativa o l’impossibilità di un illecito amministrativo), incidere, con la partecipazione, l’amministrazione competente deve sul contenuto del procedimento, solo avviare il procedimento, ma sono stati considerati esimenti non necessariamente concluderlo sufficienti ai fini della validità del con l’adozione di un atto. Infatti, provvedimento adottato senza la se all’esito del procedimento pedissequa osservanza delle norme non vengono ritenuti sussistenti citate, o anche in totale assenza i presupposti per l’esercizio del della comunicazione. Al riguardo, potere, il procedimento può anche si deve tener conto dell’esigenza concludersi senza l’adozione di un di una interpretazione ed provvedimento formale: in questo applicazione non meccanica né caso, infatti, il silenzio equivale al formalistica delle norme in materia diniego del provvedimento, ossia di partecipazione al procedimento alla implicita affermazione circa amministrativo di cui agli artt. 7, 8 la non ricorrenza dei presupposti e 10, l. 7 agosto 1990, n. 241 (per per l’esercizio del potere. Al limite, tutte: Cons. Stato, sez. IV, n. 4018, l’amministrazione può adottare un 15 giugno 2004). atipico atto di “archiviazione”. 38 INNOVAZIONE Due anni di timbro digitale per la certificazione anagrafica La rivoluzione dei servizi demografici on line che ha cambiato la vita dei cittadini di Alessandro Francioni Responsabile dell’innovazione nella p.a. di Anusca Durante i lavori del XXX Convegno Nazionale (30 novembre-3 dicembre 2010) Anusca, ha focalizzato l’attenzione degli operatori demografici sullo stato di avanzamento della sperimentazione nazionale del timbro digitale sulla certificazione anagrafica e di stato civile che ha oramai raggiunto i due anni di vita. Il timbro digitale rappresenta una tecnologia autorizzata dal CNIPA (ora DigitPA) in grado di poter mantenere il valore legale di un documento informatico stampato su carta e quindi trasformato in un documento analogico. L’applicazione pratica sul servizio certificativo è intuitiva: poter richiedere on line un documento, visualizzarlo sul proprio personal computer e addirittura stamparlo per produrlo al soggetto privato che ne abbia fatto esplicita richiesta, il tutto abbattendo la dimensione spazio – temporale e i costi di produzione del servizio – di fatto un ufficio comunale aperto 24 h su 24 h come ha efficacemente illustrato il video promozionale pubblicato durante il convegno. Anusca ha prestato grande attenzione sul tema del “timbro digitale” con una relazione introduttiva durante la giornata inaugurale e uno specifico workshop che ha visto una grande partecipazione di ufficiali d’anagrafe e di stato civile con quesiti, chiarimenti e commenti su possibili sviluppi. Il timbro digitale rappresenta per Anusca una soluzione tecnologica in grado di innovare il modo di lavorare nella pubblica amministrazione migliorando i servizi erogati al cittadino. Nella relazione introduttiva, si è partiti innanzitutto dalla mission dell’ufficiale d’anagrafe che è la stessa da sempre, ovvero “tenere aggiornata con iscrizioni, variazioni e cancellazioni la banca dati della popolazione (residente) in maniera legale, puntuale, veloce e con qualità”. Questa mission si sviluppa orientando la propria azione alla: 1.coerenza tra dato amministrativo e dato reale; 2.conoscenza ai terzi dei propri dati nel rispetto della legge; 3.circolarità telematica dei dati anagrafici nei sistemi informativi pubblici. Già queste prime affermazioni fotografano le con- solidate strategie della Direzione centrale dei servizi demografici presso il Ministero dell’interno così come l’attività quotidiana degli operatori; in particolare l’ufficiale d’anagrafe rimane il “custode” della certezza amministrativa del dato anagrafico che deve rimanere coerente rispetto al dato reale in maniera da mantenere intatta la fiducia delle altre pubbliche amministrazioni rispetto alle risultanze certificate dai singoli comuni. L’obiettivo può apparire semplice ma non lo è affatto in quanto la movimentazione della popolazione, il fenomeno immigratorio, l’applicazione del diritto internazionale privato, l’ampia produzione normativa e prassi amministrativa, il disarticolato sviluppo informatico degli oltre ottomila comuni italiani rappresentano ostacoli significativi. Su questi aspetti occorre inoltre aggiungere il tema della formazione. L’esigenza di implementare e consolidare un modello formativo periodico è fondamentale e richiama in Anusca e nell’Accademia degli ufficiali di stato civile un onere organizzativo importante che a dire il vero si sta espletando egregiamente con centinaia di iniziative formative a Castel S. Pietro e sul territorio. Sul tema della conoscenza dei dati e della loro circolarità possiamo tranquillamente declinare le attività con il “verbo” INA-SAIA che ha portato in questi anni conseguenze interessanti come gli undici protocolli sottoscritti dal Ministero dell’interno e le regioni tese a supportare i territori proprio sul tema specifico della circolarità del dato anagrafico. In tutto questo contesto si colloca il progetto di produzione dei certificati con timbro digitale in cui appunto l’evento di Merano ha rappresentato una tappa di comunicazione dei primi risultati. è chiaro che nonostante gli scambi telematici e l’autocertificazione, il certificato rimane un prodotto di punta dell’ufficio demografico comunale con centinaia di migliaia di documenti cartacei prodotti ogni anno. Cosa fare per invertire questo trend che è ricominciato a crescere dopo gli anni post Bassanini? Anusca è sempre stata presente nelle sperimentazioni e innovazioni che hanno toccato questo tema. Anusca ha innanzitutto ispirato la “Certificazione I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ INNOVAZIONe automatica” nel 1989 che ha consentito di richiedere i certificati da distributori automatici (art. n. 15quinquies legge n. 38/1990) andando al di là dello sportello anagrafico classico. Anusca ha supportato inoltre il Comune di Cesena nella sperimentazione della certificazione con firma digitale (2001-2002). Da queste premesse era evidente che Anusca non potesse esimersi dal supportare anche la sperimentazione della certificazione con timbro digitale avviata nel corso del 2008 e tuttora in corso in molti comuni italiani. Con il timbro digitale 2D-Plus® Secure Edge il certificato viene trasformato in un codice bidimensionale stampato su carta. Il codice contiene tutti i dati del certificato cifrati dalla firma digitale automatica del sindaco; il timbro rappresenta il sistema di sicurezza per garantire la validità del certificato originale su carta. Il fondamento giuridico della sperimentazione si basa sul mix di 2 norme assai diverse: art. 15-quinquies del d.l. 28 dicembre 1989, n. 415 convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 1990 n. 38; artt. 24 e 35 del d.lgs. 7 marzo 2005. Le amministrazioni comunali possono avvalersi di sistemi automatizzati per il rilascio diretto al richiedente delle certificazioni d’anagrafe e di stato civile, garantendo comunque l’assolvimento di ogni imposta o diritto sugli atti emessi. A tal fine è ammesso sostituire la firma autografa dell’ufficiale d’anagrafe o di stato civile con quella in formato grafico del sindaco o dell’assessore delegato, apposta al momento dell’emissione automatica del certificato. I certificati così emessi sono validi ad ogni effetto di legge, qualora l’originalità degli stessi sia garantita da sistemi che non ne consentano la fotoriproduzione per copie identiche, come l’utilizzo di fogli filigranati o di timbri a secco. La certificazione redatta con le modalità di cui al comma 1 può essere trasmessa e rilasciata in forma telematica anche al di fuori del territorio del comune competente quindi anche on line... tramite un sito Internet. La firma digitale è ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 7 marzo 2010 un particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici; in pratica nell’attuale articolazione la firma rappresenta il sistema di sicurezza per definizione che supporta la produzione del documento originale su carta prodotto ai sensi della legge del 1990. è evidente che anche le modifiche del codice dell’amministrazione digitale ed in particolare l’introduzione della segnatura elettronica (di fatto il timbro digitale) quale strumento per asseverare in modalità automatica e senza l’intervento di un pubblico ufficiale la conformità tra documento informatico e analogico, potrebbe portare ad una evoluzione normativa del servizio tesa a superare l’attuale collegamento con l’art. 15-quinquies della legge n. 38/1990 che non avrebbe più ragione di esistere in quando il documento informatico nel suo formato p7m sarebbe di fatto l’originale, firmato dal Sindaco o da qualsiasi altro ufficiale di governo, trasformato in un codice bidimensionale stampato su carta. Su questa, per facilitare la conoscenza dell’informazione anagrafica, verrebbero riportate le informazioni del p7m in “chiaro” assumendo in questo caso le caratteristiche di una copia analogica di documento originale informatico. Al di là dell’evoluzione che avrà la sperimentazione è innegabile che il tema del timbro digitale ha rappresentato una forte innovazione tecnologica e organizzativa i cui vantaggi possono essere di seguito sintetizzati: 1.poter consentire di richiedere on line i certificati e stamparli su carta mantenendone il valore, soddisfacendo al contempo sia le esigenze degli appasionati del digitale sia quelli della carta maggiormente ancorati alla legge del 1990; 2.poter ottenere i certificati 24 h su 24 da qualsiasi luogo in cui il cittadino si possa trovare con massima qualità per il cittadino; 3.evitare l’intervento di un ufficiale d’anagrafe che produce e firma in maniera autografa o digitale i documenti con un’evidente efficienza per il comune visto che si è stimato in € 9,00 il costo industriale del certificato, ovviamene non supportato dall’incasso del diritto di segreteria; 4.poter avviare un progetto di sistema federato del servizio certificativo. Lo slogan potrebbe essere “Il tuo certificato in ognuno degli 8103 comuni italiani (Le anagrafi italiane sono la prima RETE Amica). Oggi sono diversi i comuni sperimentatori del timbro sulla certificazione. Comune di Milano Comune di Sesto S.Giovanni Comune di Roma Comune di Modena Comune di Ravenna Comune di Cagliari Comune di Parma Comune di Sassari Comune di Cesena Comune di Spezia Comune di Asti Provincia di Oristano (attraverso lo specifico Centro Servizio Territoriale) Comune di Bologna Provincia di Bologna (attraverso lo specifico Centro Servizio Territoriale) Comune di Monza Comune di Brescia 39 40 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ INNOVAZIONE Comune di Pavia Comune di Brugherio Comune di Torino Comune di Marsala Comune di Prato Quasi tutti stanno utilizzando il timbro 2DPlus ad eccezione dei comuni di Torino, Marsala, Prato che stanno sperimentando soluzione tecnologiche differenti. Durante il Convegno abbiamo avuto le dimostrazioni dei comuni di Asti, Milano e Cesena con quest’ultimo che ha evidenziato le modalità organizzative per l’assolvimento dell’imposta di bollo sui certificati. Il cittadino che deve chiedere un documento in bollo, deve preventivamente aver acquisto la sua marca da bollo elettronica che reca una data ed un numero seriale univoco; detto numero viene riportato nella procedura informatica di richiesta, inserito nel timbro, e nel quadrante dove l’utente dovrà inserire la marca da bollo. Il certificato bollato e poi numerato univocamente dal sistema informatico comunale e salvato in uno specifico archivio di salvataggio per salvaguardare eventuali controlli sul tema dell’elusione dell’imposta; in particolare il comune è in grado di sapere il numero della marca inserita nel sistema e abbinata dal cittadino ad uno specifico certificato che viene salvato in copia informatica presso i sistemi comunali. Cosa fare ora? 1.Diffondere la soluzione nei comuni per farla diventare anche un servizio di backoffice. 2.Diffondere la soluzione tra i cittadini per ridurre drasticamente il numero di utenti agli sportelli anagrafici e di stato civile. 3.Stipulare accordi con portatori di interesse preferenziali (Notai, Avvocati, Tribunali, ecc.) per consentire loro di ottenere in tempo reale certificati legali, veloci e sicuri. 4.Cominciare ad usare il servizio per evadere le richieste di certificazione tra comuni usando magari la posta elettronica certificata. 5.Pensare un’applicazione pratica tramite l’Indice nazionale delle anagrafi sotto la regia del Ministero dell’interno. 41 GESTIONE FUNERARIA E CIMITERIALE a cura di Sereno Scolaro Il punto All’inizio di dicembre, si è svolto l’annuale incontro “SEFIT-10“, in questa occasione a Spoleto e “seguito”, nel giorno successivo, da un Convegno rispetto a cui alcuni hanno usato l’espressione del “volare alto”, seppure con i piedi ben piantati per terra e con un’impostazione volta a considerare non il contingente “stato dell’arte”, ma una valutazione delle trasformazioni che riguardano, in particolare, il settore cimiteriale, il cui modello attualmente noto, risente evidentemente dei mutamenti avvenuti nella società. Il modello cimiteriale, sorto nel Sec. XIX, che ha portato ai c.d. cimiteri monumentali, presenti non solo nella grandi città, ma anche nelle realtà minori e giù giù fino a comuni anche di ben ridotte dimensioni, era, in qualche modo, il segno di un’auto-identificazione di una classe borghese che aveva una sua egemonia sulla società, auto-identificazione affermata attraverso sepolcri di famiglia, frequentemente caratterizzati da soluzioni artistico-archiettoniche di pregio, e, tecnicamente, caratterizzata da tumulazione, cioè da una pratica funeraria incentrata sulla conservazione e sulle durate temporali “lunghe”, quando non anche a tempo indeterminato, quasi che una situazione di egemonia della società fosse, una volta conquistata, immutabile (ma anche in epoche abbastanza pre-Napoleoniche, l’aristocrazia non pensava certo che la propria egemonia dovesse essere destinata a venire meno). Tale modello si è progressivamente diffuso, estendendo la pratica della tumulazione, fino ad arrivare a sepolcri individuali e, progressivamente, perdendosi, sfumandosi caratteristiche artistico-architettoniche. Anzi, le strutture cimiteriali a tumulazioni degli ultimi 40-50 anni (che, oltrettutto, stanno venendo a scadenza, consentendo (esiti conserva- tivi dei corpi permettendolo) di riavere a disposizione numeri, anche rilevanti, di posti per nuove riassegnazioni (il ché sconsiglia dissennate ipotesi di nuove costruzioni, almeno se esse prescindano dal tenere conto delle sepolture che ritornano ad essere assegnabili) sono tutt’altro che opere d’arte. Forse, pochi colgono il fatto che quanto avvenuto negli ultimi decenni costituisce la spia del fatto che attualmente non vi è un gruppo, un soggetto sociale che abbia un’egemomia sulla società, generando quelle tendenze che hanno portato alle più recenti realizzazioni. Anzi, nel corso del Convegno del 3 dicembre, vi è stato un intervento che ha posto in evidenza come lapidi “storiche” (che possono apparire anche solo “vecchie”) possano essere utilizzate come materiale di risulta, buono per coprire dissesti del terreno, per far luogo a lapidi “nuove”, belle e pulite, ma altrettanto insignificanti (ed a valore estetico nullo), confrontando questo atteggiamento con quello, del tutto opposto, che si ha per consimili soluzioni di epoca romana o rinascimentale. Confrontando le diverse lapidi, emerge come si possa affermare una sorta di indifferenza, meritando anche le lapidi precedenti a dati periodi un’esigenza di altrettanta tutela e cura. Oltretutto, si pensi alle lapidi degli inizi del Sec. XX, si è in presenza di iscrizioni che “parlano”, descrivono e rappresentano una memoria, anche nei paesi più piccoli (mentre le iscrizioni odierne sono sostanzialmente “mute”). Ma, poiché all’inizio è stato fatto riferimento a SEFIT-10 del 2 dicembre, alcune osservazioni vanno fatte su di questo, in quanto si è trattato di un incontro sostanzialmente mono-tematico, prendendo in considerazione le forme di gestione dei servizi nel settore funerario, che vedono un approccio altamente evoluto e aperto a soluzioni innovative. In una delle presentazioni, era presente l’affermazione: “Il futuro è di chi ... ha il coraggio di cambiare!”. Si tratta della “cifra” che marchia lo stato attuale. Peccato che questo atteggiamento, abbia visto anche interventi altrui che hanno posto in evidenza la persistenza, in dati ambienti, di visioni non solo miopi, ma altresì volte al passato, in del tutto sterili distinzioni tra pubblico e privato, al di fuori di ogni visione di servizio, con la preoccupazione del risultato redittuale “a breve” e, per quanto possibile, in funzione di costruire steccati e riserve. Sarebbe interessante (l’ipotesi è chiaramente astratta) verificare la capacità di determinati soggetti di dover fare i conti con vincoli esterni (es.: limitazioni nelle politiche assunzionali, procedure di acquisizione di beni e servizi di un certo tipo, magari anche assoggettamento al patto di stabilità interno), o, solo, con il rispetto delle comuni regole proprie di ogni operatore economico, come il disporre di personale con rapporti di lavoro coerenti con la normativa, con il rispetto delle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro, con la registrazione contabile (e fatturazione) delle diverse componenti di attività, ecc. E verificare se siano ancora sostenibili date affermazioni. Se vi è chi non solo ha il coraggio di cambiare, ma lo ha fatto o lo sta facendo, questo atteggiamento non è ravvisabile ovunque, meno che in chi ha orizzonti di breve, anzi brevissimo, termine, spesso misurabili in pochi giorni. I processi di crescita imprenditoriale non si realizzano (oltre che abbandonando visioni che oramai non trovano riscontri oggettivi nei fatti) favorendo la crescita degli operatori, ma piuttosto pensando (e facendo in modo di giungervi) ad imprese degne della definizione d’impresa. Occorre 42 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GESTIONE FUNERARIA E CIMITERIALE trovare i possibili punti di congiunzione, di condivisione tra quanti hanno una visione d’impresa, magari hanno, o possono costruire, una “cultura” in questo ambito, anche a costo di operare scelte precise. 42 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ GESTIONE FUNERARIA E CIMITERIALE Quesiti e lettere DOMANDA L’impresa funebre mi richiede il passaporto mortuario per l’Albania ma mi consegna solo il nulla osta non in originale ma via fax e senza legalizzazione. Posso accettarlo? RISPOSTA Oltretutto, non si rilascia neppure il passaporto mortuario, non essendo, un Paese aderente all’Accordo di Berlino del 10 febbraio 1937, bensì l’autorizzazione di cui all’art. 29 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (anche se, tal volta, per brevità, si usa impropriamente il termine senza grandi distinzioni). Non ci si formalizza sulle parole. Ovviamente, la legalizzazione è condizione imprescindibile. DOMANDA Una impresa funebre, avendo dichiarato il decesso di un cittadino, mi ha chiesto l’autorizzazione alla cremazione producendomi un testamento olografo del de cuius. Il testamento mi lascia diverse perplessità: la prima, che reputo di importanza fondamentale e che dà (darebbe) il motivo di opporre rifiuto, è quella che la data apposta in calce alla scrittura riporta “febbraio 2008”, senza l’indicazione del giorno; mi sembra che sia tassativamente previsto che la data debba riportare il giorno, il mese e l’anno della redazione (può essere omesso il luogo), anche per poterlo “confrontare con altro eventualmente redatto dopo o prima...”. È corretta la mia considerazione e, quindi, il motivo del rifiuto? Le altre due (non so se di carattere sostanziale) sono, la redazione del testamento, che è manoscritto ma parte in corsivo e parte in stampatello; se la “scritturazione” deve denotare l’abitudinarietà del redattore... L’altro motivo è la firma: mi chiedevo (a prescindere dal caso in specie, ma anche per il caso in specie) se si è tenuti ad accertarsi, e come, dell’autenticità della firma. Io, per esempio, ho visionato il cartellino della carta d’identità ed ho riscontrato una differenza abissale tra le due sottoscrizioni. D’accordo che, come più volte sostenuto, due firme dello stesso individuo non potranno mai essere uguali, ma da questo a differenziarsi completamente... Si segnala come il defunto non ha altri parenti che due nipoti i quali, sono (sarebbero) gli unici eredi; ho suggerito che siano loro a sottoscrivere due dichiarazioni di conoscenza “che il defunto, in vita, aveva espresso la volontà di essere cremato”... considerando anche il fatto che il “testamento” contiene solo la volontà di essere cremato... e non altro. RISPOSTA Effettivamente, la data apposta in un testamento deve essere completa, indicando nella sua forma comprendente giorno, mese ed anno. Tra l’altro, non si tratta, qui, di mero buon senso, ma di una previsione del tutto espressa all’art. 602, comma 3 c.c. Ma questo vizio non dovrebbe essere rilevato in sede di attività istruttoria ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla cremazione, quanto in una fase antecedente, cioè quella necessaria, e non prescindibile, ai fini dell’efficacia del documento che abbia le caratteristiche formali del testamento olografo, cioè la sua pubblicazione. Senza che vi sia la pubblicazione del testamento olografo (art. 620 c.c.), questo non può avere esecuzione (art. 620, comma 5 c.c.), per cui rimane (sotto il profilo degli effetti) un documento, non eseguibile (o, meglio, privo di effetti). Non spetta né al notaio in sede di pubblicazione, né ad altri soggetti che, avvenuta la pubblicazione, siano chiamati ad eseguire il testamento alcuna indagine di sorta sulla veridicità della sottoscrizione, attenendo tali (eventuali) indagini all’ambito proprio della giurisdizione. Quando ve ne fosse il dubbio, chi vi abbia interesse può proporre impugnazione del testamento avanti al tribunale, in sede civile (eventualmente richiedendo i provve- dimenti considerati dall’art. 700 c.p.c.), spettando unicamente al giudice ogni eventuale accertamento sulla veridicità, autenticità della sottoscrizione apposta (o, se lo ritenga il giudice, sull’autenticità dell’intero documento). Da come posta la questione, sembrerebbe che il testamento olografo non sia stato oggetto (ancora) di pubblicazione, la quale è imprescindibile perché abbia esecuzione. Aspetto che l’operatore funebre ben conosce, almeno se abbia quel minimo d’informazioni che sono necessarie per svolgere la propria attività. DOMANDA Tizio ha ottenuto nel 2007 concessione cimiteriale per edificare una cappella di famiglia. Non l’ha costruita e oggi rinuncia alla concessione chiedendo la restituzione dell’importo versato per la stessa. Il regolamento comunale prevede la restituzione della somma con trattenuta a favore del comune del 20%, oltre il 5% sulla somma inizialmente pagata, per ogni anno in cui ha tenuto la concessione. Tizio non vuole corrispondere questo ulteriore 5% per anni 3 (dal 2007 al 2010). Afferma una responsabilità dell’Ufficio Tecnico in quanto ad oggi non ha ancora rilasciato la concessione edilizia, per il chè stanco di aspettare rinuncia. Io ritengo che non possa farsi questo discorso, in quanto le due concessioni sono distinte. Come regolarsi? RISPOSTA Vanno considerati due aspetti. A)la previsione del Regolamento comunale di polizia mortuaria, non derogabile. B)Il fatto che la persona ha avuto, con l’atto di concessione l’uso dell’area, sottraendola all’uso da parte della comunità. Oltretutto, il fine (primo) della concessione è quello dell’edificazione, mentre il fine (ultimo) sarebbe stato l’uso del sepolcro. A parte ciò, vi è stata comunque una sottrazione del bene (area oggetto della concessione) da ogni fruizione da parte della comunità locale. 43 QUESITI provenienza. Stabilito che la madre è familiare della figlia, se questa lavora la madre avrà diritto all’iscrizione anagrafica senza alcun accertamento di requisiti relativi alle risorse o altro. Se, invece, la figlia non lavora o QUESITO comunque non è parificabile ad un lavoratore (e, ovviamente, neanche Si presenta ai ns uffici una cittadina la madre lavora) allora la figlia o la slovacca regolarmente residente madre (o anche insieme) dovranno nel comune di X la quale chiede dimostrare o autodichiarare di avere di poter far entrare in Italia e le risorse sufficienti secondo la tabella soggiornare regolarmente la madre sociale, ma la madre deve anche e il marito della stessa (che non è stipulare l’assicurazione sanitaria padre della ragazza). A ns parere valida almeno un anno. In proposito, per la madre (ascendente) si può si rammenta che le risorse possono applicare la casistica dei familiari essere messe a disposizione della comunitari e quindi si deve acquisire nuova iscritta anche da un terzo la documentazione circa la parentela, qualsiasi, anche non parente e che la documentazione che attesti che il la tabella sociale non deve essere familiare è a carico (a questo proposito considerata un limite invalicabile, ma basta una dichiarazione?) e la figlia occorre applicare il principio della deve dimostrare di avere reddito “proporzionalità” (si vedano le Linee sufficiente per se stessa e per la madre guida della Commissione europea del secondo la tabella dell’assegno sociale. 2 luglio 2009). Per quanto riguarda il Per quanto riguarda invece il marito marito della madre (che non è padre della madre lo stesso non ha alcun della cittadina slovacca già iscritta legame di parentela e quindi deve in anagrafe), costui non è familiare avere risorse economiche proprie. se non della moglie, per cui, se non Deve dimostrare quindi di avere lavora, oltre all’assicurazione sanitaria, risorse sufficienti stipulare una polizza deve dimostrare o autodichiarare di assicurativa per l’assistenza sanitaria. avere le risorse necessarie secondo la solita tabella e con i soliti criteri, ricordando sempre che può usufruire RISPOSTA anche delle risorse che altri dichiarino di mettere a sua disposizione (sempre Mi sembra che sia stata inquadrata familiari e non). abbastanza bene la situazione. La madre, in quanto ascendente diretta della cittadina slovacca, è familiare della stessa a condizione che sia ANAGRAFE a suo carico; per questo basterà diversa residenza dei un’autodichiarazione resa dalla figlia. coniugi – situazione di fatto Come tutte le autodichiarazioni, l’ufficiale d’anagrafe, se vuole, può verificarne la veridicità chiedendo QUESITO conferma al Consolato slovacco in Italia; infatti per essere a carico, per la Si chiede delucidazione su un’annosa normativa comunitaria, è necessario questione della residenza dei coniugi fare riferimento alla legge del Paese di per eludere problemi fiscali e/o ANAGRAFE cittadina comunitaria – familiari a carico tributari in merito alla residenza ed all’abitazione principale. Si sono presentati due persone regolarmente coniugate residenti nel comune che chiedono di scindere il nucleo familiare su suggerimento del notaio in quanto la loro abitazione risulta catastalmente composta da due unità abitative, noi ci siamo categoricamente rifiutati, nonostante le insistenze dei due cittadini che facevano leva sul parere del loro notaio. Ci sono inoltre altri casi nel comune di coniugi, non separati, che risultano residenti uno in questo comune e l’altro in comune diverso per lo più in località turistiche; in questo caso non mi sento di dover intraprendere accertamenti in quanto penso non se ne verrebbe a capo, visto l’aspetto soggettivo che gli interessati potrebbero accampare. RISPOSTA Risulta sempre difficile esprimersi su casi analoghi, data la poca chiarezza della situazione abitativa e soprattutto alla luce della permanenza del rapporto coniugale. Se i due appartamenti sono funzionalmente autonomi (quindi dotati di accessi e servizi distinti), la richiesta di scissione potrebbe essere accolta, dopo un approfondito accertamento che possa fugare qualche dubbio, atteso che l’anagrafe deve rispecchiare la situazione di fatto. Per quanto riguarda la residenza dei coniugi in due diversi comuni, di cui uno a vocazione turistica, pur in presenza di una evidente manifestazione di volontà (elemento soggettivo), si ritiene che l’accertamento possa essere approfondito in maniera tale da scoraggiare i trasferimenti fittizi: una verifica dei consumi delle utenze domestiche o più controlli distanziati nel tempo potrebbero essere utili al caso. 44 ANAGRAFE mancato rinnovo del permesso di soggiorno – cancellazione QUESITO A un cittadino cingalese è scaduto il permesso di soggiorno il 26 maggio 2009; nonostante sia stato inviato più volte il sollecito di rinnovare la dichiarazione di dimora abituale (esibendo permesso rinnovato o almeno la ricevuta di presentazione dell’istanza di rinnovo), l’interessato non ha mai adempiuto. Dal 31 maggio 2010 l’appartamento in cui vive risulta locato ad altre persone: quindi, fisicamente, il cingalese non è più presente sul territorio comunale e, da accertamenti, non si conosce la sua attuale dimora abituale. Essendo trascorsi ben più di 6 mesi dalla scadenza del permesso, sarebbe possibile avviare la procedura per la cancellazione per mancato rinnovo della dichiarazione della dimora abituale (art. 11, comma 1, lettera c) del d.P.R. 223/1989)? RISPOSTA Nel caso in esame si ritiene possibile procedere alla cancellazione anagrafica per mancato adempimento o per irreperibilità. Infatti, nella prima ipotesi, il termine dei 6 mesi è abbondantemente scaduto per cui, invitato inutilmente l’interessato a rinnovare la dichiarazione di dimora abituale entro i successivi 30 giorni, si può procedere alla cancellazione. Esistono pareri contrastanti circa la possibilità di effettuare ulteriori accertamenti presso la Questura per verificare se è stato attivato il procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno, ma bisogna riconoscerne l’opportunità e non certamente l’obbligo. Per quanto riguarda la presunta irreperibilità, l’anno da prendere a riferimento scatta dalla data in cui è stata accertata l’assenza nel comune, anche se precedente al 31 maggio 2010. Infine, la cancellazione per I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ QUESITI inadempimento decorre dalla data di adozione del relativo provvedimento. CENSIMENTO GENERALE DELL’AGRICOLTURA compensi agli addetti uffici comunali di censimento QUESITO Sono il responsabile dell’ Ufficio comunale di censimento agricoltura anno 2010, avrei bisogno di avere delucidazioni sulle ritenute sui compensi spettanti ai coordinatori e responsabili uffici comunali di censimento relativi al 6 censimento agricoltura considerato che ci muoviamo in una giungla di varie e diffusissime interpretazioni ( lavoro extraimpiego, co.co.co e altro). RISPOSTA Esaminiamo il quesito in riferimento a due possibili diverse posizioni di lavoro. Rilevatore-coordinatore responsabile U.C.C. dipendente dell’ente: si premette che le attività statistiche svolte per conto dell’ISTAT devono essere considerate attività di carattere istituzionale e, come tali a carico dell’ente. Il contratto di lavoro dei dipendenti degli ee.ll. inoltre, espressamente prevede lo svolgimento di tali compiti all’art. 14 comma 5 del C.c.n.l. 1° aprile 1999. Al coordinatore o responsabile U.C.C. dipendente dell’ente verrà erogato un riconoscimento economico per l’attività svolta, che deve essere necessariamente liquidata all’interno del cedolino mensile e sottoposta alle normali ritenute (oneri diretti) a carico del lavoratore. Gli oneri riflessi relativi al compenso si ritiene debbano gravare invece sull’ente, proprio in quanto la collaborazione alle attività del sistema statistico nazionale rientra a pieno titolo nei fini istituzionali e non possono essere trasferiti ad ulteriore carico del rilevatore dipendente dell’ente. L’interpretazione data, deriva da pronunce del Ministero delle finanze e dell’ISTAT. Inoltre il successivo art. 15, comma 1, lett. k), prevede che il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane possa essere incrementato da risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzino a risultati del personale. Tale fondo, nel suo insieme, è sempre quantificato e considerato al netto degli oneri riflessi, gravanti sull’ente. Rilevatore-coordinatore esterno la circolare ISTAT n. 5/2010, prot. 4587: espressamente autorizza gli U.C.C. a conferire incarichi di rilevatore e coordinatore anche avvalendosi di personale esterno alla p.a., con forme contrattuali flessibili, come previsto anche dal d.l. 78/2010, convertito nella l. 122/2010, art. 50, comma 7. La maggior parte degli enti ha poi di fatto individuato l’incarico come forma di lavoro autonomo occasionale, con compenso annuo inferiore a €. 5.000,00. L’incarico si configura pertanto per le sue caratteristiche, come prestazione di lavoro autonomo occasionale, non comportante rapporto d’impiego subordinato e regolato dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile. L’incarico è esente da contribuzione INPS e non soggetto a INAIL. Sull’importo da erogare l’ente dovrà quindi operare unicamente la ritenuta IRPEF del 20%. LEVA MILITARE estratto ruolo matricolare ed elenchi dei militari QUESITO A seguito del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e del d.P.R n. 90 del 15 marzo 2010, relativi al nuovo codice dell’ordinamento militare, e dell’abrogazione del r.d. n. 1133 del 3 aprile 1942 e del d.P.R. n. 237 del 14 febbraio 1964, si richiede se, per i maschi entro i 45 anni, debba essere ancora inviato l’estratto del ruolo matricolare al comune di emigrazione e l’elenco nominativo mensile dei miltari emigrati e trimestrale di quelli deceduti al Comando militare dell’esercito. 45 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ QUESITI RISPOSTA significa che si debba chiedere la formazione di un nuovo atto di nascita. Al contrario, la conservazione dell’atto di nascita originario corrisponde alla procedura prevista, in casi analoghi, anche dall’ordinamento italiano. Pertanto, si dovrà trascrivere l’atto di nascita originario, con l’indicazione dei genitori biologici: su tale atto dovrà essere apposta la relativa annotazione di adozione di cui alla formula n. 122-bis del d.m. 5 aprile 2002 e, ovviamente, tutta la documentazione successiva dovrà essere rilasciata senza alcuna indicazione in merito all’adozione, come espressamente previsto dall’art. 28 della legge n. 184/1983. RISPOSTA La sentenza di adozione di cittadino straniero maggiorenne, non comporta l’acquisto della cittadinanza italiana, se non dopo 5 anni di residenza legale in Italia (art. 9, comma 1, lett. b) legge n. 91/1992): in ogni caso occorre un decreto del Presidente della Repubblica e, fino a che questo non avvenga, il cittadino straniero resta tale. Questo significa che, pur essendo valida ed efficace l’adozione secondo le norme del nostro ordinamento, l’interessato resta cittadino straniero soggetto alle leggi del proprio Stato e, in particolare, alla STATO CIVILE disciplina del nome e del cognome secondo l’ordinamento straniero di adozione all’estero – atto appartenenza. Pertanto, nessuna di nascita da trascrivere variazione sul cognome del cittadino straniero poteva essere effettuata, se non quelle espressamente previste QUESITO STATO CIVILE dall’ordinamento straniero. Dunque, adozione di maggiorenne è stato sicuramente commesso un Questo ufficio ha ricevuto dal errore nell’apportare variazioni al Tribunale per i minorenni di Brescia straniero – generalità cognome dello straniero, errore che decreto che dichiara efficace in dovrà essere corretto dall’ufficiale Italia, con gli effetti dell’adozione, il dello stato civile, utilizzando l’art. provvedimento pronunciato in data QUESITO 98, comma 1 del d.P.R. 396/2000: il 12 febbraio 2010 dal Vice Presidente Si è presentata una cittadina Consolato straniero ha perfettamente del Comitato del popolo della rumena X adottata da maggiorenne ragione nel sostenere le generalità Città di Da Nang della Repubblica nel 2008 da cittadini italiani Y , del cittadino straniero secondo il Socialista del Vietnam a favore per richiedere informazioni per un proprio ordinamento che, come detto, dei coniugi A. e B. e relativo alla matrimonio cattolico da contrarre debbono restare solamente quello minore N. Unitamente al decreto, il Tribunale trasmette: provvedimento con cittadino italiano. Al momento previste dallo Stato estero dell’adozione questo ufficio aveva di appartenenza. straniero di adozione, certificato provveduto alla trascrizione della di nascita anteriore all’adozione, sentenza di adozione , e... forse verbale di consegna minore adottato. I miei dubbi riguardano la sbagliando ... aveva anteposto STATO CIVILE trascrizione dell’atto di nascita della al cognome di origine quello morte avvenuta all’estero minore in quanto lo stato straniero dell’adottante YX, aveva trascritto – trascrizione l’atto di nascita e vi aveva annotato non ha provveduto a formare un la sentenza di adozione e il nuovo atto e sull’atto originale cognome YX. Per la cittadinanza dell’adottata risulta il nome della QUESITO madre biologica e nulla ha disposto italiana doveva aspettare 5 anni dopo l’adozione? La cittadina Una cittadina iscritta in Apr è il Tribunale in merito. Trascrivo rumena per il matrimonio presenta deceduta in Argentina in novembre quindi l’atto di nascita straniero nulla osta dove è riportato il solo 2009. Abbiamo chiesto ai familiari di o devo chiedere la formazione cognome originario X. Chiediamo: attivarsi presso il Consolato italiano di un nuovo atto? 1) abbiamo sbagliato ad anteporre per l’invio dell’atto di morte, ma il cognome dell’adottante e dopo mesi di attesa e solleciti, il quindi dobbiamo fare correzioni figlio fa sapere che l’atto di morte è RISPOSTA e accettare il nulla osta? 2) se stato inviato al comune di nascita il abbiamo fatto bene, visto che il quale, contattato telefonicamente, La procedura adottata dal Consolato rumeno in Italia non comunica che l’atto è già stato Vietnam è perfettamente ha voluto saperne della sentenza trascritto in quanto si trattava di una legittima, in quanto non tutti gli di adozione, cosa deve fare la loro Aire. Allora chiedo al Consolato Stati prevedono la formazione cittadina rumena e cosa dobbiamo di inviarmi l’atto e mi rispondono che di un nuovo atto di nascita nel fare noi per sanare la situazione? l’atto è stato già trascritto. caso di adozione e questo non Allo stato ed in attesa di nuove istruzioni da parte del Ministero della difesa si riferisce della necessità di proseguire con le ordinarie procedure ovvero di continuare ad inviare gli estratti matricolari per i militari con età inferiore ai 45 anni al comune di nuova residenza nonché gli elenchi nominativi dei militari emigrati (mensilmente) e deceduti (trimestralmente) ai competenti Comandi militari. 46 A questo punto cosa posso fare per cancellare la cittadina? Il Comune di nascita X non dovrebbe fare l’istanza di eliminazione dell’atto presso il tribunale e comunicarlo al Consolato? Ma il Comune X non mi sembra intenzionato. Premetto inoltre che la defunta è una pensionata Inps. RISPOSTA Da quanto esposto, sembrerebbe certo un errore nell’individuazione del comune competente alla trascrizione, in quanto tale competenza era del comune di iscrizione anagrafica: oltretutto, sembrerebbe esservi stata una doppia iscrizione, in Apr in un comune e in Aire in altro comune, e questo potrebbe avere indotto il comune di iscrizione Aire a procedere alla trascrizione dell’atto di morte, ignorando che la stessa persona fosse anche iscritta in Apr in altro comune. In ogni caso, l’atto di morte dell’interessato risulta comunque essere stato trascritto in Italia ed il comune che ha effettuato la trascrizione non sembra, da quanto indicato, avere alcuna intenzione di chiedere l’annullamento della trascrizione ed inviare, successivamente, l’atto al comune competente, anche perché, dal suo punto di vista, gli adempimenti svolti erano perfettamente legittimi e dovuti. La soluzione più semplice ed immediata è quella di chiedere formalmente al comune che ha proceduto alla trascrizione, di inviare una copia dell’atto di morte – o di quella pervenuta dal Consolato o della trascrizione effettuata – al fine di procedere ad una ulteriore trascrizione nei propri registri di stato civile ed alla successiva cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, con lo svolgimento degli altri adempimenti quali la comunicazione del decesso all’Inps. Non si ritiene che il comune voglia rifiutare l’invio della copia per la trascrizione e, in questo modo, si procederà comunque a quanto di competenza. In caso il comune non voglia nemmeno trasmettere copia dell’atto, non resterà altro che segnalare quanto avvenuto ad I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ QUESITI entrambe le Prefetture competenti (quella del comune di trascrizione e quella del comune di iscrizione Aire), affinché vengano date le opportune disposizioni. STATO CIVILE nascita – nome con utilizzo di segni diacritici QUESITO Arriva dalla Direzione medica – Servizio stato civile la richiesta di trascrizione di un atto di nascita dove alla bambina è stato attribuito il nome: Dèsirèe Gioia. Visto che questo nome con questi accenti sulle lettere E non è previsto nel nostro ordinamento (art. 34 d.P.R. 396/2000, circolare Ministero interno n. 1/2008) vorrei sapere come mi devo comportare: devo trascrivere l’atto e riportare il nome così come è stato scritto dalla Direzione medica (il mio programma lo permette ma l’INA e l’ufficio entrate no) o devo restituirlo alla stessa per la correzione? Preciso che la Direzione medica, interpellata telefonicamente, mi ha anticipato che loro non possono fare correzioni e quindi è inutile che lo restituisca. consiglia di trascrivere l’atto come pervenuto, indicando il nome con le E prive di accenti: ovviamente, di tale procedura si dovrà fare comunicazione ai genitori interessati ed alla Direzione sanitaria che ha ricevuto la denuncia di nascita. STATO CIVILE pubblicazione di matrimonio – cittadino straniero – nulla osta QUESITO Una cittadina rumena, si deve sposare con un cittadino italiano residente nel mio comune. Ho chiesto di farmi avere il nulla osta rilasciato dal Consolato rumeno in Italia con la firma del Console legalizzata dalla Prefettura – oppure il nulla osta tradotto e legalizzato dal Consolato italiano in Romania. Il Consolato italiano a Bucarest, interessato dalla cittadina rumena, ha ritenuto che fosse sufficiente far tradurre un documento che sembra più che altro un certificato di stato libero. Si può accettare ai fini delle pubblicazioni? RISPOSTA RISPOSTA L’art. 34, comma 2 del d.P.R. 396/2000 prevede espressamente la possibilità di imporre nomi stranieri con l’utilizzo di alcune lettere aggiuntive non previste nel nostro alfabeto e con i segni diacritici “ove possibile”. Nel caso in questione, l’utilizzo dei segni diacritici non risulterebbe possibile in quanto non consentirebbe la registrazione dei dati nell’INA-SAIA né l’attribuzione del codice fiscale. Non solo, ma la circolare n. 1 del 22 gennaio 2008 del Ministero dell’interno contenente regole tecniche di traslitterazione, prevede che la E acuta o la E grave vengano traslitterate nella E semplice, senza alcuna ulteriore aggiunta di segni. In sostanza, in forza di tali considerazioni, si La cittadina rumena che vuole contrarre matrimonio in Italia deve presentare all’ufficiale dello stato civile il nulla osta di cui all’art. 116 c.c. Tale documento deve essere rilasciato dalla competente autorità straniera e deve essere in regola con le norme in materia di legalizzazione e traduzione. Deve trattarsi di un vero e proprio nulla osta anche nella sostanza, cioè deve risultare che non ci sono impedimenti, o che sussiste capacità matrimoniale, o che l’interessata può contrarre matrimonio: non può essere considerato sufficiente un semplice certificato di stato libero. Il documento esibito non soddisfa sicuramente i requisiti dell’art. 116 c.c. e non è sufficiente per procedere alle pubblicazioni di matrimonio che, pertanto, andranno rifiutate. PRATICA Speciale imposta di bollo Certificati anagrafici richiesti da avvocati per uso notifica atti giudiziari nell’ambito di procedimenti penali o civili di Liliana Palmieri Responsabile servizi demografici del Comune di Treia di Romano Minardi Responsabile servizi demografici del Comune di Bagnacavallo LA NORMATIVA D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 “Disciplina dell’imposta di bollo” Allegato A TARIFFA (Parte I) Atti, documenti e registri soggetti all’imposta di bollo fin dall’origine (tariffa allegata al d.m. 20 agosto 1992, che contiene anche le modifiche introdotte da ultimo dal comma 10 dell’art. 1-bis, d.l. 12 luglio 2004, n. 168 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione). Art. 1 Atti rogati, ricevuti o autenticati da notai o da altri pubblici ufficiali e certificati, estratti di qualunque atto o documento e copie dichiarate conformi all’originale rilasciati dagli stessi: per ogni foglio: € 14,62. Art. 4 Atti e provvedimenti degli organi dell’amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei consorzi e associazioni, delle comuni, loro comunità montane e delle unità sanitarie locali, nonché quelli degli enti pubblici in relazione alla tenuta di pubblici registri, rilasciati anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta: per ogni foglio: € 14,62. Allegato B TABELLA Atti, documenti e registri esenti dall’imposta di bollo in modo assoluto Art. 3 (così sostituito dall’art. 28, d.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955) Atti, documenti e provvedimenti dei procedimenti in materia penale, di pubblica sicurezza e disciplinare, esclusi gli atti di cui agli articoli 34 e 36 della tariffa e comprese le istanze e denunce di parte dirette a promuovere l’esercizio dell’azione penale e relative certificazioni. Documenti prodotti nei medesimi procedimenti dal pubblico ministero e dall’imputato o incolpato. Art. 12 (così sostituito dall’art. 28, d.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955) Atti e provvedimenti del procedimento innanzi alla Corte costituzionale. Atti, documenti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali ed amministrativi relativi a controversie: 1) in materia di assicurazioni sociali obbligatorie ed assegni familiari; 2) individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego; 3) in materia di pensioni dirette o di riversibilità; 4) in materia di equo canone delle locazioni degli immobili urbani. Atti relativi ai provvedimenti di conciliazione davanti agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o da accordi collettivi di lavoro. Atti e documenti relativi all’esecuzione immobiliare nei procedimenti di cui ai numeri 1), 2) e 3) del secondo comma e dei provvedimenti di cui al terzo comma del presente articolo. Atti e provvedimenti dei procedimenti innanzi al conciliatore, compreso il mandato speciale a farsi rappresentare ed escluse le sentenze. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia" Art. 18 “Non applicabilità dell’imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato” Agli atti e provvedimenti del processo penale non si applica l’imposta di bollo. L’imposta di bollo non si applica altresì agli atti e provvedimenti del processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, e del processo amministrativo, soggetti al contributo unificato. L’imposta di bollo non si applica, inoltre, alle copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e dei provvedimenti, purché richieste dalle parti processuali. Atti e provvedimenti del processo sono tutti gli atti processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali. La disciplina sull’imposta di bollo è invariata per le istanze e domande sotto qualsiasi forma presentate da terzi, nonché per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il rilascio di certificati, sempre che non siano atti antecedenti, necessari o funzionali ai processi di cui al comma 1. LE risoluzionI dell’Agenzia delle entrate Circolare Direzione centrale normativa e contenzioso 14 agosto 2002, n. 70/E Il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con d.P.R. del 30 maggio 2002, n. 115 (pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 2002 - serie generale), d’ora in poi Testo unico, ha inciso anche sulla disciplina dell’imposta di bollo. Il comma 1 dell’articolo 299 (Abrogazioni di norme primarie) ha abrogato, tra l’altro, l’articolo 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, – modificato dal decreto legge 11 marzo 2002, n. 28, convertito dalla legge 10 maggio 2002, n. 91 – che aveva istituito il contributo unificato per le spese degli atti giudiziari. Le relative disposizioni sono state tuttavia riproposte con talune integrazioni e modifiche nel citato del Testo unico; in particolare, quelle che interessano 47 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 48 l’imposta sul bollo, sono riportate all’articolo 18 dello stesso Testo unico (Non applicabilità dell’imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato). Tale articolo, che ha modificato e riscritto la norma originaria in funzione del riordino complessivo della materia delle spese di Giustizia (cfr. relazione illustrativa dell’art. 18 del Testo unico), recita: “Agli atti e ai provvedimenti del processo penale non si applica l’imposta di bollo. L’imposta di bollo non si applica, altresì, agli atti e provvedimenti del processo civile compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, e del processo amministrativo, soggetti al contributo unificato (omissis)”. Un’interpretazione logico-sistematica permette di evidenziare – considerato anche il mandato legislativo assegnato dalla legge 8 marzo 1999, n. 50, articolo 7, come modificato dall’articolo 1, comma 6, lettere d) ed e), della legge 24 novembre 2000, n. 340 (riordino e armonizzazione delle norme legislative ed anche delle disposizioni sostanziali) – i presupposti per l’applicazione del contributo unificato e della conseguente esenzione dall’imposta di bollo (cfr. relazione del Testo unico punti 3 e 5 della premessa). Considerate le difficoltà di prospettare la disciplina dell’imposta di bollo con riferimento a ciascuna tipologia di atto giudiziario, con la presente si vuole individuare e definire, attraverso un’interpretazione sistematica, alcuni principi di carattere generale che permettano l’identificazione e la classificazione di singoli casi ai fini della corretta applicazione del contributo unificato e dell’imposta di bollo. Si suggerisce, in via preliminare, di affiancare la lettura di queste istruzioni con le circolari n. 3 e 4 rispettivamente del 13 maggio e 28 giugno 2002 del Ministero della giustizia e la relazione al Testo unico sulle spese di Giustizia – pubblicate, tra l’altro, sul sito internet del Ministero della Giustizia www.giustizia.it – nonché con le indicazioni già fornite da questa Agenzia con circolare 21/E del 27 febbraio 2002 e risoluzione n. 161/E del 30 maggio 2002. 1. Presupposto oggettivo per l’esenzione ai fini dell’imposta di bollo L’ambito più generale entro cui opera il contributo unificato è quello del “procedimento giurisdizionale”. Tale assunto è confermato dal combinato disposto dell’articolo 9 del Testo unico che precisa: “è dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale, e di volontaria giurisdizione, e nel processo amministrativo, (…) salvo le esenzioni previste dall’articolo 10” e dalla definizione di processo inserita nell’articolo 3, comma 1, lettera o) del Testo unico “processo” è qualunque procedimento contenzioso o non contenzioso di natura giurisdizionale” (cfr. anche relazione Testo unico, premesse generali, punto 1). Il legislatore, non facendo distinzione tra i termini “procedimento” e “processo”, ha inteso, quindi, subordinare tutti gli atti e i provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali al contributo unificato, escludendoli allo stesso tempo dall’imposta di bollo. L’elencazione tassativa dei processi e delle procedure per i quali è dovuto il contributo unificato di iscrizione a ruolo, lascia intendere l’esclusione di tutti gli altri. In particolare, il contributo unificato non si applica al processo tributario come è stato già chiarito con la citata circolare n. 21/E del 27 febbraio 2002, emanata prima dell’entrata in vigore del Testo unico. Più esattamente, nella predetta circolare si precisava che la speciale giurisdizione tributaria, disciplinata dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, non è assoggettata al contributo unificato, sia perché il processo tributario non è elencato fra quelli soggetti al contributo unificato, sia perché nel processo tributario non era dovuta la preesistente tassa di iscrizione a ruolo, ora assorbita nel contributo unificato. Questa esclusione ovviamente è riferita solo ai gradi di giudizio che si svolgono dinanzi alle commissioni tributarie, come è ora espressamente confermato dall’art. 261 del Testo unico (Spese processuali nel processo tributario dinanzi alla Corte di Cassazione): “Al ricorso per cassazione e a relativo processo si applica la disciplina prevista dal presente Testo unico per il processo unico per il processo civile ”. In proposito nella relazione illustrativa si specifica che: “la fase del ricorso per cassazione avverso le sentenze della commissione tributaria regionale è costruita nell’ordinamento come quella per i procedimento civile. Il procedimento tributario, quindi, si svolge dinnanzi ad un giudice speciale con regole particolari nelle prime due fasi e si unifica con il procedimento ordinario civile per la fase di legittimità. Questo vale anche per le spese, come dimostra il riscontro nella prassi. Infatti, i diritti di cancelleria – inesistenti nel procedimento tributario innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali – sono esatti nella fase dinanzi alla cassazione. I diritti di copia – che hanno una disciplina particolare nel procedimento tributario innanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali – sono esatti secondo le regole generali nella fase dinanzi alla cassazione. La conseguenza è che il contributo unificato – previsto per il procedimento civile ed amministrativo – si applica anche per il ricorso in cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale”. In proposito, si precisa che, ovviamente, le disposizioni sull’imposta di bollo relative al processo tributario rimangono invariate (cfr. parte VIII del Testo unico - Disposizioni speciali per il processo amministrativo, contabile e tributario, art. 260). 2. Relazione tra l’imposta di bollo e il contributo unificato L’imposta di bollo in materia di atti giudiziari acquisisce una natura residuale, perché rimane generalmente dovuta quando non opera il contributo unificato. Occorre precisare, però, che l’esclusione dal pagamento del contributo unificato non comporta sempre il pagamento dell’imposta di bollo. In determinati casi, di seguito meglio individuati, alcuni atti e provvedimenti sono stati ritenuti dal legislatore - per le loro specifiche finalità - esenti da ogni imposizione, sia ai fini dell’imposta di bollo che del contributo unificato. L’articolo 10 dello stesso Testo unico prevede l’esenzione ai fini del contributo unificato, e, di riflesso, anche ai fini dell’imposta di bollo, per: “1.[…] il processo già esente […] dall’imposta di bollo o da ogni spesa tassa o diritto di qualsiasi specie e natura nonché il processo di rettificazione di stato civile, il processo in materia tavolare, il processo esecutivo per consegna e rilascio, il processo di cui all’articolo 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89 [equa riparazione]. 2.[…] il processo, anche esecutivo, di opposizione e cautelare, in materia di assegni per il mantenimento della prole […] 3.[…] i processi di cui al libro IV [dei procedimenti speciali], titolo II [Dei procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone] capi I [della separazione personale dei coniugi], II [dell’interdizione e dell’inabilitazione], I [disposizioni relative all’assenza e alla dichiarazione di morte presunta], IV [disposizioni relative ai minori, agli interdetti e agli inabilitati] e V [dei rapporti patrimoniali tra i coniugi], del codice di procedura civile. 4.[…] il processo di valore inferiore a euro 1.033 e il processo esecutivo mobiliare di valore inferiore a euro 2.500. 5.[…] il processo cautelare attivato in corso di causa e […] il processo di regolamento di competenza e di giurisdizione”. Si rammenta che analogo trattamento di esenzione, ai fini sia del contributo sia del bollo, è previsto anche per il processo penale, al quale l’articolo 18 riserva una disciplina speciale, diversa dal processo civile e amministrativo (cfr. la diversa dizione dell’abrogato articolo 9 della legge 488/1999). In questo caso, l’articolo 18 riprende ed aggiorna la disposizione del d.P.R. 642 del 1972 (cfr. relazione art. 18 Testo unico), con la conseguenza che anche agli atti e ai provvedimenti del processo penale non si applica l’imposta di bollo, né il contributo unificato. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 3. Gli atti antecedenti, necessari o funzionali al procedimento giurisdizionale Al criterio generale, secondo cui l’ambito delle disposizioni fiscali è delimitato dal “procedimento giurisdizionale”, fanno da corollario alcune eccezioni. Come si evince dall’articolo 18 del Testo unico – che ha ripreso il disposto dell’articolo 9 della legge 488/1999 (modificato dal d.l. 11 marzo 2002, n. 28, convertito dalla l. 10 maggio 2002, n. 91) – tra gli atti e provvedimenti del processo cui si applica il contributo unificato devono essere “inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali”. Per una migliore comprensione di queste tre qualificazioni degli atti occorre preliminarmente evidenziare il significato della nozione di “procedimento”. Tale termine, per la teoria generale processualistica sta a significare: “una determinata sequenza di norme, nonché degli atti da esse disciplinati e delle posizioni soggettive da essa estraibili, in vista del – e compreso il – compimento di un atto finale” (cfr. E. Fazzalari, voce “Procedimento e processo (teoria generale)”, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1986, p. 820). Per converso, il procedimento non ricomprende in sé gli atti e i provvedimenti ‘non procedimentali’, ovvero, fini a se stessi o posti in essere per un fine altro da quello dei procedimenti stessi o, comunque, non coordinati in funzione del compimento di un atto finale. Sono soggetti, pertanto, all’imposta di bollo – in quanto non rientranti nei procedimenti giurisdizionali – ad esempio: gli atti di notorietà, la trascrizione della vendita di automobili con riserva di proprietà, la pubblicità dei testamenti e i procedimenti di iscrizione all’albo dei consulenti tecnici (cfr. circolare n. 3, del Ministero della giustizia del 13 maggio 2002). A questo punto è possibile comprendere come ‘quelli antecedenti necessari o funzionali’ al procedimento giurisdizionale, pur diversi dagli atti procedimentali nel senso (stretto) prima richiamato, si caratterizzano per essere logicamente rapportati ai medesimi. Analizzandoli singolarmente possono essere ritenuti: “antecedenti” a quelli del procedimento giurisdizionale: gli atti che precedono in senso logico il procedimento stesso; l’antecedenza, però, non deve essere interpretata nel senso puramente cronologico, quanto, piuttosto, nel suo rapporto di funzionalità o di necessarietà con il procedimento giurisdizionale; “necessari”: gli atti e provvedimenti indispensabili (conditio sine qua non) per l’esistenza di quelli strettamente procedimentali, anche se non hanno la stessa natura di questi ultimi perché non fanno parte del procedimento giurisdizionale (criterio della necessità); “funzionali”: gli atti e provvedimenti posti in essere in dipendenza o al fine di ottenere un atto o provvedimento del procedimento giurisdizionale, ovvero, più genericamente, in vista degli stessi, anche se la loro esistenza non è condizione necessaria di procedibilità (criterio teleologico). A titolo di esempio, nel procedimento di esecuzione, si può qualificare ‘necessario’ l’atto di precetto e “funzionale” la procura alle liti (cfr. risoluzione n. 121/E del 13 maggio 2002). 4. Presupposti soggettivi dell’esenzione Ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo deve ricorrere non solo il presupposto oggettivo appena esaminato, legato alla tipologia degli atti (atti processuali), ma è necessario anche che il soggetto beneficiario dell’esenzione rivesta la qualità di parte processuale (presupposto soggettivo). Tanto si desume dal disposto dell’articolo 18, comma 1, secondo periodo (che riprende sostanzialmente il disposto dell’abrogato articolo 9, l. 488/1999) e comma 2, del Testo unico, secondo cui: “Le copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e dei provvedimenti di cui al presente comma richieste dalle parti del procedimento si intendono esenti dall’imposta di bollo. La disciplina dell’imposta di bollo è invariata per le istanze e domande sotto qualsiasi forma presentate da terzi, nonché per gli atti non 49 giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il rilascio di certificati, sempre che non siano antecedenti, necessari o funzionali ai processi di cui al comma 1” (cfr art. 18, comma 2, Testo unico). I terzi, in genere, scontano ordinariamente l’imposta di bollo sulle istanze, domande e copie degli atti e dei provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali perché non sono, a differenza delle parti, elementi costitutivi del rapporto processuale. Il legislatore, infatti, indicando nella parte processuale il “presupposto soggettivo” dell’esenzione, ha inteso indirettamente confermare il “presupposto oggettivo” del “procedimento giurisdizionale” come ambito e limite del contributo unificato. 5. Disposizioni transitorie (omissis) Agenzia delle entrate, Direzione generale del Piemonte, Ufficio fiscalità generale - 26 maggio 2004 Ai sensi del combinato disposto artt. 1 e 4 della Tariffa, parte prima, del d.P.R. n. 642/1972, i certificati anagrafici rilasciati dal Comune sono soggetti all’imposta di bollo. L’art. 20 della citata Tariffa prevede l’assoggettamento all’imposta di bollo sia degli atti e provvedimenti giurisdizionali civili e amministrativi che degli atti e provvedimenti dei procedimenti arbitrali. Il d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002 recante disposizioni in materia di spese di giustizia, dispone all’art. 9 la debenza del contributo unificato di iscrizione a ruolo per ciascun grado di giudizio nel processo civile ed amministrativo. L’art. 18 del citato decreto dispone che in detti procedimenti giurisdizionali l’imposta di bollo non si applica agli atti e provvedimenti se gli stessi risultano soggetti al contributo unificato. Inoltre è stato specificato che tra gli atti e provvedimenti del processo sono da ricomprendere anche tutti gli atti ad esso antecedenti, necessari e funzionali. Per le istanze e domande presentate da terzi, nonché per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il rilascio di certificati, sempre che non siano antecedenti, necessari o funzionali al processo, l’imposta di bollo risulta dovuta. L’Agenzia con la circolare n. 70/E del 14 agosto 2002, oltre ad avere già fornito l’interpretazione da attribuire ai termini “antecedenti, necessari o funzionali” ai fini del procedimento giurisdizionale, al punto 4 – presupposti soggettivi dell’esenzione – ha specificato che “ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo deve ricorrere non sono il presupposto oggettivo legato alla tipologia degli atti processuali, ma è necessario anche che il soggetto beneficiario dell’esenzione rivesta la qualità di parte processuale (presupposto soggettivo)”. Tanto premesso, per la fattispecie in esame, la scrivente ritiene che non sussistano al riguardo presupposti per l’applicazione della disposizione indicata all’art. 18 del d.P.R. 115/2002 in quanto la normativa in materia di notificazione richiede già di per sé come specificato dall’art. 163 del c.p.c. l’indicazione nominativa dei soggetti processuali (attore e convenuto), nonché il luogo dove gli stessi hanno la residenza, il domicilio o la dimora. Ne consegue quindi che la richiesta dei suddetti certificati anagrafici non risulta funzionale allo svolgimento del processo per cui gli stessi non possono essere rilasciati in esenzione da imposta di bollo. Circolare Agenzia delle entrate, Direzione regionale del Piemonte, 23 giugno 2010, “Interpello 901-167/2010-art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Comune di Pianezza, Istanza presentata il 12/04/2010” Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 642 del 1972, è stato esposto il seguente Quesito Il comune istante chiede chiarimenti circa il trattamento tributario, ai fini dell’imposta di bollo, delle richieste di certificazione anagrafica presentate da società di recupero crediti. In particolare, viene rappresentato che le società richiedenti i I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 50 certificati anagrafici talvolta indicano nell’istanza il possesso di un’autorizzazione di pubblica sicurezza richiedendo, pertanto, la certificazione di residenza ai sensi dell’art. 3 della Tabella B di cui al d.P.R. 642 del 1972. Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente L’istante ritiene che le società di recupero crediti di cui si tratta non possano chiedere i certificati in esenzione dal momento che, in genere, sono prestatori d’opera per conto di altri soggetti (banche, studi legali) non processualmente legittimati ad esercitare l’azione penale nei confronti dei cittadini dei quali richiedono i certificati. Non troverebbe, pertanto, applicazione né l’esenzione di cui all’art. 3 del d.P.R. 642 del 1972, né quella di cui all’art. 12 della Tabella allegata allo stesso decreto. Parere dell’Agenzia delle entrate Ai sensi del combinato di cui agli artt. 1 del d.P.R. 642 del 1972 e 4 della Tariffa parte prima di cui allo stesso decreto il rilascio di certificati anagrafici da parte del comune è soggetto all’imposta di bollo. L’art. 1 del d.P.R. citato, infatti, prevede che oggetto dell’imposta siano tutti “gli atti, documenti e i registri indicati nell’annessa Tariffa”. In particolare, i certificati anagrafici sono ricompresi tra gli atti soggetti all’imposta fin dall’origine indicati nell’art. 4 della Tariffa pt. I di cui al d.P.R. suindicato, vale a dire tra gli “atti e provvedimenti degli organi della amministrazione dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, loro consorzi e associazioni, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali, nonché quelli degli enti pubblici in relazione alla tenuta di pubblici registri, rilasciati anche in estratto o in copia dichiarata conforme all’originale a coloro che ne abbiano fatto richiesta”. L’amministrazione finanziaria si è più volte pronunciata affermando sempre l’assoggettabilità fin dall’origine all’imposta di bollo delle certificazioni anagrafiche (in tal senso si vedano le seguenti Risoluzioni: prot. n. 300612 del 9 dicembre 1983, prot. n. 301694 del 21 novembre 1986; prot. n.352014 del 19 ottobre 1987; prot. n. 352119 del 9 dicembre 1987; prot. n. 811 del 22 aprile 1994; prot. n. 851 del 22 aprile 1994; prot. n. 27 del 17 dicembre 1994; prot. n. 135 del 5 giugno 1995; prot. n. 208 del 15 luglio 1995). Alla regola generale sull’assolvimento dell’imposta di bollo fa, tuttavia, eccezione l’ipotesi in cui si ricada in una delle esenzioni tassativamente indicate dallo stesso Decreto o da Leggi speciali. In tal senso si è recentemente espressa l’amministrazione finanziaria con la circolare n. 25 del 29 marzo 2010 ribadendo che “i certificati in discorso possono essere rilasciati senza il pagamento dell’imposta di bollo se destinati a uno degli usi indicati nella tabella allegato B, annessa al citato d.P.R. n. 642 del 1972, recante l’elencazione degli atti e documenti esenti in modo assoluto dall’imposta, o nei casi previsti da leggi speciali”. In particolare, l’art. 3 della Tabella allegata al già citato decreto prevede l’esenzione in modo assoluto di “Atti, documenti e provvedimenti dei procedimenti in materia penale, di pubblica sicurezza e disciplinare, esclusi gli atti di cui agli artt. 34 e 36 della tariffa e comprese le istanze e denunce di parte dirette a promuovere l’esercizio dell’azione penale e relative certificazioni. Documenti prodotti nei medesimi procedimenti dal pubblico ministero e dall’imputato o incolpato”. Inoltre, sempre nella Tabella ma all’art. 12 è prevista l’esenzione in modo assoluto di “Atti e provvedimenti del procedimento innanzi alla Corte costituzionale. Atti, documenti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali ed amministrativi relativi a controversie: 1) in materia di assicurazioni sociali obbligatorie ed assegni familiari; 2) individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego; 3) in materia di pensioni dirette o di reversibilità; 4) in materia di equo canone delle locazioni degli immobili urbani. Atti relativi ai provvedimenti di conciliazione davanti agli uffici del lavoro e della massima occupazione o previsti da contratti o da accordi collettivi di lavoro. Atti e documenti relativi all’esecuzione immobiliare nei procedimenti di cui ai nn. 1), 2) e 3) del secondo comma e dei provvedimenti di cui al terzo comma del presente articolo. Atti e provvedimenti dei procedimenti innanzi al conciliatore, compreso il mandato speciale a farsi rappresentare ed escluse le sentenze”. Tanto premesso, si ritiene che i certificati anagrafici richiesti dalle società di recupero credito siano da assoggettare all’imposta di bollo in quanto non vi sono specifiche disposizioni normative che ne consentano il rilascio in esenzione. I PARERI del ministero dell’interno Parere Ministero dell’interno, 1° giugno 2006, “Imposta di bollo su certificati di residenza ad uso notifica atti giudiziari” Domanda: Imposta di bollo su certificati di residenza ad uso notifica atti giudiziari. Viste le frequenti richieste di certificati suddetti da parte di avvocati o procuratori, che spesso ne danno per scontato il rilascio in esenzione da bollo, citando l’art. 18 del d.P.R. 115/2002 (e talvolta neppure...) chiedo cortesemente conferma o rettifica delle informazioni in mio possesso che nello specifico, riguardano il fatto che sull’argomento ci sono due pronunce del Ministero delle finanze, volte rispettivamente alla determinazione di quali effettivamente siano gli atti processuali “antecedenti, necessari o funzionali”, e se o meno siano esentabili: la circolare ag. entrate, Direzione. centrale normativa e contenzioso, n. 70 del 14 agosto 2002 e la risoluzione dell’Agenzia delle entrate, dir. reg. Piemonte, uff. fisc. gen., n. 04/27442 del 26 maggio 2004, che testualmente recita “...ne consegue, quindi, che la richiesta dei suddetti certificati anagrafici non risulta funzionale allo svolgimento del processo, per cui gli stessi non possono essere rilasciati in esenzione da imposta di bollo”. Risposta: Il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”, ed in particolare l’art. 18 “Non applicabilità dell’imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato”, dispone testualmente: “3. Agli atti e provvedimenti del processo penale non si applica l’imposta di bollo. L’imposta di bollo non si applica altresì agli atti e provvedimenti del processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, e del processo amministrativo, soggetti al contributo unificato. L’imposta di bollo non si applica, inoltre, alle copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e dei provvedimenti, purché richieste dalle parti processuali. Atti e provvedimenti del processo sono tutti gli atti processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali. 4. La disciplina sull’imposta di bollo è invariata per le istanze e domande sotto qualsiasi forma presentate da terzi, nonché per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il rilascio di certificati, sempre che non siano atti antecedenti, necessari o funzionali ai processi di cui al comma 1”. Il punto focale dell’analisi interpretativa di tale norma verte sulla possibilità o meno di considerare “antecedente, necessario o funzionale” ai processi il certificato anagrafico richiesto al fine di individuare la residenza del convenuto e permettere la notificazione allo stesso dell’atto di citazione e degli altri atti giudiziari che a lui devono obbligatoriamente essere resi noti. Il Ministero delle finanze è intervenuto con circolare dell’Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso, del 14 agosto 2002, n. 70 con la quale sono state dettate le linee e i criteri di analisi utili ad una corretta interpretazione della norma in oggetto. Successivamente, la Direzione regionale del Piemonte, Ufficio fiscalità generale, del 26 maggio 2004, n. 04/27442, ha ritenuto I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA che “la richiesta dei suddetti certificati anagrafici non risulta funzionale allo svolgimento del processo per cui gli stessi non possono essere rilasciati in esenzione da imposta di bollo”.. In conclusione, i certificati anagrafici richiesti da avvocati e procuratori per uso notifica atti giudiziari, devono essere rilasciati in bollo. Sull’argomento, si richiamano anche le risoluzioni n. 450223 del 29 novembre 1989 e n. 159 del 22 luglio 1996 in materia di certificati anagrafici richiesti dalle banche al fine di istruire o concedere mutui a medio e lungo termine, considerati “atti prodromici” rispetto alle effettive operazioni relative a tali finanziamenti. Il Ministero ha ritenuto che l’esenzione, la quale pure si applica agli atti delle operazioni di mutuo ai sensi degli articoli 15 e 16 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, non si applica ai certificati anagrafici richiesti per la stessa finalità, ma “prodromici” e quindi soggetti alla regola generale del pagamento dell’imposta di bollo. GIURISPRUDENZA Commissione provinciale di Venezia, sez. I, sentenza 14 febbraio 2006, n. 9 La contribuente ricorre avverso la richiesta del Comune di Fiesso d’Artico di assolvimento dell’imposta di bollo per il rilascio di un certificato anagrafico volto alla conoscenza della residenza di un destinatario di un atto processuale civile. Chiede conseguentemente l’annullamento della richiesta del comune e la condanna dello stesso alla restituzione delle somme illegittimamente pretese. La ricorrente, che aveva necessità di conoscere la residenza di una sua debitrice, alla quale voleva notificare atto di precetto, chiedeva all’Ufficio anagrafe del comune il rilascio del certificato in esenzione dell’imposta di bollo in applicazione dell’art. 18 d.P.R. 115/2002, in quanto atto del processo civile. Si costituisce il comune sostenendo la legittimità del suo operato, confortato da innumerevoli pronuncie e pareri di esperti, e chiede il rigetto del ricorso con condanna alle spese. Ciò posto la commissione osserva: in via preliminare va censurato il tono, il vocabolario ed il tenore usato dal professionista rappresentante della ricorrente. Il vocabolario usato ed il frasario è profondamente irriguardoso sia nei confronti dell’ente impositore che degli studiosi della materia che hanno fornito Il commento I dubbi interpretativi legati alle richieste di studi legali sono iniziati, soprattutto, a seguito dell’entrata in vigore del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, ed in particolare delle disposizioni dell’art. 18 “Non applicabilità dell’imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato”, già ripetutamente richiamato. Il punto focale dell’analisi interpretativa verte, come appare evidente, sulla possibilità o meno di considerare “antecedente, necessario o funzionale” ai processi il certificato anagrafico richiesto al fine di individuare la residenza del convenuto e permettere la notificazione allo stesso dell’atto di citazione e degli altri atti giudiziari che a lui devono obbligatoriamente essere resi noti. La questione, nelle sue linee generali è stata affrontata dal Ministero delle finanze con la circolare dell’Agenzia delle entrate, Direzione centrale normativa e contenzioso, n. 70 del 14 agosto 2002. La circolare compie un’analisi completa ed esauriente della nuova normativa introdotta dal Testo unico 51 autorevoli indicazioni e pareri ai quali il comune correttamente si è uniformato. Voler far passare la richiesta di un certificato anagrafico, per la successiva emissione di un atto di precetto, come atto di un processo civile è una tesi assolutamente non condivisibile. La Commissione pone a carico della parte soccombente le spese del presente giudizio che quantifica in euro 500,00. P.Q.M. La Commissione respinge i ricorsi riuniti. Pone a carico della parte soccombente le spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 500,00. Commissione regionale di Venezia, sez. 29, sentenza 15 gennaio 2007, n. 2/29/07 R.g. appello n. 1040/06 Fatto Il contribuendo ebbe a ricorrere avanti commissione tributaria di 1° contro il pagamento dell’imposta di bollo per il rilascio di un certificato anagrafico per la conoscenza della residenza di un soggetto per il quale doveva procedersi a notificare un atto di precetto. La commissione tributaria di 1° respingeva il ricorso ritenendo non condivisibile la tesi del contribuente e richiamava in motivazione i pareri addotti dal Comune di Fiesso d’Artico in sede di costituzione avanti alla commissione tributaria. Contro tale decisione insiste il contribuente ritenendo che il rilascio di detto certificato sia da ritenersi esente ai sensi dell’art. 9 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, Tabella 1, trattandosi di atto antecedente, necessario e funzionale al procedimento civile. Osserva questa commissione Per l’atto di precetto non è previsto nel codice civile l’allegazione del certificato anagrafico, rilevandosi come obbligo la corretta notifica al domicilio del debitore. Trattasi pertanto non di atto funzionale allo svolgimento del processo così come previsto in senso stretto dalle previsioni processuali per l’esercizio del precetto. Pare pertanto corretta la consolidata indicazione ministeriale che ne esclude l’esenzione dall’imposta di bollo. Esistono altresì giusti motivi per compensare le spese. P.Q.M. Respinge l’appello e conferma l’impugnata sentenza. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato proprio con il citato d.P.R. (la circolare è riportata integralmente nella parte “normativa”). La conclusione dell’Agenzia delle entrate si può così riassumere: l’imposta di bollo è stata abolita per i procedimenti giurisdizionali per i quali è stato istituito il “contributo unificato”; l’imposta di bollo, è stata ugualmente abolita per tutti quei procedimenti giurisdizionali non soggetti al pagamento del contributo unificato, per i quali sussista una norma che esenta espressamente da tale imposta; per esempio, la circolare cita, fra gli altri, anche l’art. 10 dello stesso Testo unico (d.P.R. n. 115/2002) che prevede l’esenzione dall’imposta di bollo anche per gli atti del “processo di rettificazione di stato civile, il processo in materia tavolare, il processo esecutivo per consegna e rilascio, il processo di cui all’articolo 3, della legge 24 marzo, n. 89”, nonostante il fatto che tali procedimenti giurisdizionali siano esenti anche dal pagamento del contributo unificato. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 52 La circolare ministeriale precisa poi che tale esenzione riguarda solo gli atti processuali e quelli antecedenti, necessari o funzionali al procedimento giurisdizionale che si caratterizzano per essere logicamente rapportati ai medesimi. La questione fondamentale, a questo punto, sia per gli atti giurisdizionali soggetti al pagamento del contributo unificato, che assorbe anche l’imposta di bollo, sia per gli atti giurisdizionali non soggetti al contributo unificato (art. 10 del citato d.P.R. n. 115/2002), ma ugualmente esenti da imposta di bollo, è quella di stabilire se i certificati anagrafici richiesti ai fini del compimento di atti processuali siano da considerarsi “antecedenti, necessari o funzionali” al procedimento giurisdizionale stesso. La risposta è negativa, come confermato anche da una risoluzione dell’Agenzia delle entrate, Direzione regionale del Piemonte, Ufficio fiscalità generale, del 26 maggio 2004, n. 04/27442 (anch’essa sopra riportata) della quale è sufficiente riportare le parole conclusive: “Ne consegue, quindi, che la richiesta dei suddetti certificati anagrafici non risulta funzionale allo svolgimento del processo per cui gli stessi non possono essere rilasciati in esenzione da imposta di bollo”. Tuttavia, più ancora delle pronunce dell’Agenzia delle entrate, occorre sottolineare come il principio sia stato definitivamente sancito dalla sentenza n. 2/29/07 del 15 gennaio 2007 della Commissione Tributaria Regionale di Venezia, sez. 29, che conferma la sentenza della Commissione provinciale n. 9 del 14 febbraio 2006. Le Sentenze in questione respingono il ricorso di un avvocato avverso la richiesta del comune di assolvimento dell’imposta di bollo per il rilascio di un certificato anagrafico finalizzato alla conoscenza della residenza del destinatario di un atto processuale. In pratica, il ricorrente aveva necessità di conoscere la residenza di un suo debitore, al quale voleva notificare un atto di precetto; a tal fine aveva chiesto all’ufficio anagrafe del comune il rilascio del certificato di residenza, in esenzione dall’imposta di bollo in applicazione dell’art. 18 d.P.R. n. 115/2002. Il comune, a sua volta, si era costituito, sostenendo la legittimità del suo operato, confortato, in particolare, dal parere espresso dall’Anusca. La Commissione Tributaria afferma che “la richiesta di un certificato anagrafico, per la successiva emissione di un atto di precetto, come atto di un processo civile, è una tesi assolutamente non condivisibile”. La questione deve quindi essere considerata chiusa: gli ufficiali d’anagrafe non possono rilasciare agli studi legali certificati anagrafici per uso notifica atti giudiziari, senza l’assolvimento dell’imposta di bollo. Per quanto riguarda, in particolare l’esenzione dall’imposta di bollo prevista dall’art. 3 – Tabella Allegato B – al d.P.R. n. 642/1972, l’unica possibile ipotesi in cui un certificato anagrafico potrebbe rientrare nell’esenzione dall’imposta di bollo sembrerebbe essere il caso in cui il certificato sia destinato ad essere “prodotto in un procedimento in materia penale, di pubblica sicurezza e disciplinare da parte del pubblico ministero o dell’imputato o incolpato” (si veda l’ultima parte dell’art. 3). Non risulta, tuttavia, che debba essere “prodotto” alcun certificato anagrafico nei procedimenti di cui sopra; di norma, i certificati anagrafici sono richiesti dagli studi legali ai fini della notifica di atti giudiziari e, per questo uso, come detto, è prevista l’imposta di bollo. La pratica Richiesta del certificato effettuata direttamente presso lo sportello anagrafico: Il richiedente dovrà essere in possesso della prescritta marca da bollo dell’importo di euro 14,62 o pagare il relativo importo, nel caso in cui il comune abbia attivato il pagamento dell’imposta in modo virtuale, oltre, ovviamente, ai diritti di segreteria. Richiesta del certificato effettuata tramite servizio postale o fax: La richiesta di certificati anagrafici da parte di studi legali o agenzie di recupero crediti viene inviata, in prevalenza, tramite servizio postale o fax; in questi casi o il richiedente provvede all’assolvimento dell’imposta di bollo (oltre ai diritti di segreteria), oppure l’ufficiale d’anagrafe dovrà inviare la richiesta del pagamento di quanto dovuto con l’avviso che, in mancanza, opporrà un rifiuto scritto e motivato al rilascio del certificato richiesto. Segnalazione all’Agenzia delle entrate: Nel caso in cui si abbia il fondato sospetto di trovarsi di fronte ad una evasione fiscale, a seguito della richiesta di un certificato anagrafico per un uso dichiarato difforme da quello che si può effettivamente presumere, qualora, da elementi intrinseci all’atto, possa emergere in maniera incondizionata che l’invocata norma d’esenzione è inconferente od erronea, l’ufficiale d’anagrafe può inoltrare formale segnalazione all’Agenzia delle entrate per gli eventuali controlli che l’Agenzia stessa ritenga di effettuare. I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 53 La modulistica RICHIESTA DI CERTIFICATO ANAGRAFICO PER USO NOTIFICA ATTI GIUDIZIARI IN ESENZIONE DAL BOLLO (Ai sensi dell’art. 18, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) IPOTESI DI RISPOSTA DELL’UFFICIALE D’ANAGRAFE COMUNE DI ……..................... Ufficio Anagrafe Prot. n. ____________ del _________________ Spett. le Studio legale…………………….. OGGETTO: Richiesta certificazioni anagrafiche Con riferimento alla Vs. cortese nota in data .....…….., avente per oggetto la richiesta del certificato di residenza (oppure stato famiglia, ecc. ) a nome del Sig. ………………….........……, si comunica che: I certificati vengono emessi in bollo salvo che ne sia indicata, nella richiesta, una causa di esenzione prevista dalle norme vigenti (d.P.R 26 ottobre 1972, n. 642; d.m. 30 dicembre 1982, n. 955 e succ. modif.) ed a patto che tale causa di esenzione sia applicabile al caso concreto. Nella Vs. richiesta viene invocato l’art. 18 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115; tuttavia, l’uso da Voi indicato non sembra corretto e pertinente. È stato chiarito dall’Agenzia delle entrate (cfr. Agenzia delle entrate, Direzione generale del Piemonte, Ufficio fiscalità generale, 26 maggio 2004, n. 04/27442) che “la richiesta dei suddetti certificati anagrafici non risulta funzionale allo svolgimento del processo per cui gli stessi non possono essere rilasciati in esenzione da imposta di bollo”. Ciò significa, in pratica, che non può rientrare fra gli atti “antecedenti, necessari o funzionali” ai processi, il certificato anagrafico richiesto al fine di individuare la residenza del convenuto e permettere la notificazione allo stesso dell’atto di citazione e degli altri atti giudiziari che a lui devono obbligatoriamente essere resi noti. Per il rilascio del certificato richiesto è necessario far pervenire allo scrivente ufficio una marca da bollo da € 14,62, oltre all’importo dei diritti di segreteria fissati nella misura di € 0,52 (da inviare in contanti), ed una busta preaffrancata per la risposta. Ad ogni buon fine, si fa presente che questa pubblica amministrazione, in ossequio ad un doveroso contrasto ad ogni possibile fenomeno di evasione fiscale, potrebbe decidere, come suo diritto/dovere, di segnalare all’Agenzia delle entrate, qualsiasi richiesta di certificazione in esenzione dal bollo, non sufficientemente suffragata da convincenti motivazioni di fatto e di diritto, e per cui sussista anche solo il dubbio di una possibile evasione fiscale. Restando a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti, si porgono, con l’occasione, distinti saluti. L’Ufficiale d’Anagrafe ……………………………… segue I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 54 RICHIESTA DI CERTIFICATO ANAGRAFICO PER USO NOTIFICA ATTI GIUDIZIARI IN ESENZIONE DAL BOLLO (Ai sensi dell’art. 12, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, Tabella Allegato B) IPOTESI DI RISPOSTA DELL’UFFICIALE D’ANAGRAFE COMUNE DI ……..................... Ufficio Anagrafe Prot. n. ____________ del _________________ Spett. le Studio legale…………………….. OGGETTO: Richiesta certificazioni anagrafiche Con riferimento alla Vs. cortese nota in data .....…….., avente per oggetto la richiesta del certificato di residenza (oppure stato famiglia, ecc. ) a nome del Sig. ………………….........……, si comunica che: I certificati vengono emessi in bollo salvo che ne sia indicata, nella richiesta, una causa di esenzione prevista dalle norme vigenti (d.P.R 26 ottobre 1972, n. 642; d.m. 30 dicembre 1982, n. 955 e succ. modif.) ed a patto che tale causa di esenzione sia applicabile al caso concreto. Nella Vs. richiesta viene invocato l’art. 12 della Tab. all. B al d.P.R. n. 642/1972 e successive modificazioni; tuttavia, l’uso da Voi indicato non sembra corretto e pertinente, in quanto ben difficilmente un certificato anagrafico può rientrare nella casistica prevista dall’art. 12 della Tab. all. B al d.P.R. n. 642/1972 e successive modificazioni. Infatti, come ha avuto modo di precisare in varie circostanze l’Agenzia delle entrate del Ministero delle finanze, i certificati anagrafici sono “atti prodromici” ai documenti, atti e provvedimenti dei procedimenti amministrativi o giurisdizionali. In particolare, secondo il parere dell’Agenzia delle entrate n. 140/E del 21 giugno 2007 riguardante nello specifico i procedimenti aventi ad oggetto le controversie individuali di lavoro, l‘esenzione disposta dall’art. 12 tab. all. B riguarda i “provvedimenti” relativi alle cause per controversie individuali di lavoro e i “documenti” relativi alle stesse controversie (per es. le sentenze, le ordinanze e le relative copie, oltre alle domande per ottenerle). Nessun cenno si fa in questo parere, né in altri, circa le eventuali certificazioni anagrafiche richieste, di norma, per provvedere alla notifica all’indirizzo anagrafico corretto della citazione o di altri atti giudiziari o per individuare comunque l’indirizzo del cittadino interessato. Per il rilascio del certificato richiesto è necessario far pervenire allo scrivente ufficio una marca da bollo da € 14,62, oltre all’importo dei diritti di segreteria fissati nella misura di € 0,52 (da inviare in contanti), ed una busta preaffrancata per la risposta. Ad ogni buon fine, si fa presente che questa pubblica amministrazione, in ossequio ad un doveroso contrasto ad ogni possibile fenomeno di evasione fiscale, potrebbe decidere, come suo diritto/dovere, di segnalare all’Agenzia delle entrate, qualsiasi richiesta di certificazione in esenzione dal bollo, non sufficientemente suffragata da convincenti motivazioni di fatto e di diritto, e per cui sussista anche solo il dubbio di una possibile evasione fiscale. Restando a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti, si porgono, con l’occasione, distinti saluti. L’Ufficiale d’Anagrafe ……………………………… I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ PRATICA 55 RICHIESTA DI CERTIFICATO ANAGRAFICO PER USO NOTIFICA ATTI GIUDIZIARI IN ESENZIONE DAL BOLLO (Ai sensi dell’art. 3, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, Tabella Allegato B) IPOTESI DI RISPOSTA DELL’UFFICIALE D’ANAGRAFE COMUNE DI ……..................... Ufficio Anagrafe Prot. n. ____________ del _________________ Spett. le Studio legale…………………….. OGGETTO: Richiesta certificazioni anagrafiche Con riferimento alla Vs. cortese nota in data .....…….., avente per oggetto la richiesta del certificato di residenza (oppure stato famiglia, ecc. ) a nome del Sig. ………………….........……, si comunica che: I certificati vengono emessi in bollo salvo che ne sia indicata, nella richiesta, una causa di esenzione prevista dalle norme vigenti (d.P.R 26 ottobre 1972, n. 642; d.m. 30 dicembre 1982, n. 955 e succ. modif.) ed a patto che tale causa di esenzione sia applicabile al caso concreto; Nella Vs. richiesta viene invocato l’art. 3 della Tab. all. B al d.P.R. n. 642/1972; tuttavia, l’uso da Voi indicato non sembra corretto e pertinente, in quanto ben difficilmente un certificato anagrafico può rientrare nella casistica prevista dall’art. 3 della Tab. all. B al d.P.R. n. 642/1972 e successive modificazioni. Infatti, come ha avuto modo di precisare in varie circostanze l’Agenzia delle entrate del Ministero delle finanze, i certificati anagrafici sono atti prodromici ai documenti, atti e provvedimenti dei procedimenti giurisdizionali elencati dal citato art. 3. L’unico caso in cui un certificato anagrafico “potrebbe” risultare esente dall’imposta di bollo è quello previsto dall’ultima parte dell’art. 3 da Voi citato e cioè qualora si trattasse di “documento prodotto nel procedimento penale dall’imputato o incolpato”. Si chiede pertanto di precisare meglio l’utilizzo del certificato richiesto che, come detto, è esente dal bollo solo se utilizzato per essere “prodotto nel procedimento penale” e non certo se utilizzato per finalità diverse, quali ad esempio: recupero crediti, notifica atti giudiziari, ingiunzioni, ecc. Di fronte a dubbi sulla spettanza dell’esenzione (seppure richiesta formalmente dalla parte), si ritiene che l’ente emittente, solidalmente obbligato al pagamento, sia comunque tenuto all’applicazione dell’imposta di bollo qualora, da elementi intrinseci all’atto, possa emergere in maniera incondizionata che l’invocata norma d’esenzione è inconferente od erronea. A meno che non venga precisato meglio l’uso del certificato richiesto, per il rilascio del medesimo è necessario far pervenire allo scrivente ufficio una marca da bollo da € 14,62, oltre all’importo dei diritti di segreteria fissati nella misura di € 0,52 (da inviare in contanti), ed una busta preaffrancata per la risposta. Ad ogni buon fine, si fa presente che questa pubblica amministrazione, in ossequio ad un doveroso contrasto ad ogni possibile fenomeno di evasione fiscale, potrebbe decidere, come suo diritto/dovere, di segnalare all’Agenzia delle entrate, qualsiasi richiesta di certificazione in esenzione dal bollo, non sufficientemente suffragata da convincenti motivazioni di fatto e di diritto, e per cui sussista anche solo il dubbio di una possibile evasione fiscale. Restando a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti, si porgono, con l’occasione, distinti saluti. L’Ufficiale d’Anagrafe ……………………………… 56 SCADENZARIO Marzo nel mese di marzo Anagrafe “Tutti i comuni dovranno inviare al Ministero dell’interno periodicamente (una volta alla settimana) via web-email, utilizzando esclusivamente il programma AnagAire, l’archivio Aire comunale comprensivo della posizione elettorale aggiornata riferita a ciascun iscritto“. Riferimenti normativi: • circolare Ministero dell’interno 25.6.2007, n. 34/2007 inviata ai comuni tramite le Prefetture – UTG. 1° marzo Anagrafe Ufficiale di anagrafe: “Ai fini dell’annotazione del trasferimento di residenza da uno ad un altro comune o il cambiamento di abitazione nell’ambito dello stesso comune, i comuni devono trasmettere all’ufficio centrale operativo della Direzione generale della M.C.T.C., per via telematica o su supporto magnetico secondo i tracciati record prescritti dalla stessa Direzione generale, notizia dell’avvenuto trasferimento di residenza, nel termine di un mese decorrente dalla data di rigistrazione della variazione anagrafica“. Riferimenti normativi: • art. 116, comma 11, d.lgs 30.4.1992, n. 285. Ufficiale di anagrafe: “Al fine dell’aggiornamento della carta di circolazione per i trasferimenti di residenza comunicati alle anagrafi comunali, i comuni devono trasmettere all’ufficio centrale operativo della Direzione generale della M.C.T.C., per via telematica o su supporto magnetico secondo i tracciati record prescritti dalla stessa Direzione generale, notizia dell’avvenuto trasferimento di residenza, nel termine di un mese decorrente dalla data di registrazione della variazion anagrafica“. registrazione della variazione anagrafica“. Riferimenti normativi: • art. 252, comma 2, d.P.R. 16.12.1192, n. 495. “Il comune può cioè utilizzare tre distinte modalità di trasmissione. La prima è quella telematica. (...) La seconda modalità di trasmissione è quella su supporto magnetico. (...) La terza modalità di trasmissione, quella su supporto cartaceo, non è in realtà prevista dal d.P.R. 575/1994, tuttavia la non completa dotazione di strumenti informatici da parte di tutti i comuni la rende al momento indispensabile (...)“ Riferimenti normativi: • circolare Miacel n. 1 (97) del 10.1.1997. entro il 15 marzo Stato civile-Anagrafe Inviare all’Ufficio Territoriale del Governo: Ufficiale dello stato civile: • modello Istat D.7. A – rilevazione mensile degli eventi demografici di stato civile (nascite, morti, matrimoni): riepilogo comunale • modello Istat D.3 – scheda di matrimonio modello Istat D.4 – scheda di morte oltre il 1° anno di vita per maschio • modello Istat D.5 – scheda di morte oltre il 1° anno di vita per femmina • modello Istat D.4-bis –scheda di morte nel 1° anno di vita per maschio • modello Istat D.5-bis – scheda di morte nel 1° anno di vita per femmina “Copia della scheda di morte deve essere inviata, entro trenta giorni, dal comune ove è avvenuto il decesso all’Unità sanitaria locale nel cui territorio detto comune è ricompreso“. Ufficiale di anagrafe: • modello Istat D.7.B. – rilevazione mensile del movimento e calcolo della popolazione residente: riepilogo comunale Riferimenti normativi: • modelli Istat P.4 – rilevazione degli iscritti in • art. 247, comma 3, d.P.R. 16.12.1992, n. 495. anagrafe per nascita • modello Apr/4 – movimento migratorio della popolazione residente. Ufficiale di anagrafe: “Nel caso di trasferimen“(...) I comuni che invieranno i dati sulla struttura ti di residenza di intestatari di contrassegni di e dinamica demografica attraverso Istatel, non identificazione per ciclomotori, i comuni devono dovranno inviare copia dei modelli agli Uffici Tertrasmettere all’ufficio centrale operativo della Direzione generale della M.C.T.C. per via telematica ritoriali del Governo, eccezione fatta per i modelli o su supporto magnetico secondo i tracciati record Istat D.4, Istat D.5, Istat D.4-bis, Istat D.5-bis per i quali rimane l’obbligo della compilazione cartacea prescritti dalla Direzione generale della M.C.T.C., e dell’invio di una copia agli U.T.G.“. notizia dell’avvenuto trasferimento di residenza, “(...) Per l’invio telematico dei dati sui decessi, si rinel termine di un mese decorrente dalla data di I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ SCADENZARIO badisce che (contrariamente a quanto indicato per i nati vivi, matrimoni e trasferimenti di residenza) dovranno essere trasmesse, con l’usuale procedura, anche le schede cartacee complete di tutte le informazioni contenute nella Parte B“. Ulteriori modalità di fornitura dei dati relativi ai modelli Istat D.3, Istat P.4 e Istat Apr/4, devono essere preventivamente concordate con l’Ufficio regionale Istat di competenza e con il Servizio Popolazione Istruzione e Cultura. Anagrafe Riferimenti normativi: • Istat “Istruzioni per la rilevazione statistica del movimento della popolazione“ – Metodi e norme – serie B – n. 21 – 1981 • art. 1, comma 7, d.P.R. 10.9.1990, n. 285 • circolare Istat n. 28, prot. 12371 del 27.10.1998 “Rilevazioni demografiche, anagrafiche e sanitarie. Anno 1999“ • Istat “Rilevazioni demografiche e sanitarie – edizione 2006“. Anagrafe Anagrafe Ufficiale di anagrafe: “In occasione dei consueti adempimenti mensili le anagrafi comunali dovranno comunicare alla propria Usl (...) le eventuali variazioni nella condizione dei residenti (mutamenti di indirizzo 1, cancellazione, passaggi all’Aire e così via). Congiuntamente, nel caso di residenza in altro comune, quest’ultimo, una volta perfezionato l’iter di iscrizione tra i residenti avrà il compito di comunicare all’Usl competente le generalità del nuovo residente (...). Tali comunicazioni dovranno essere rese, alla prevista scadenza, mediante compilazione dell’allegato modello Ap/Usl, elaborato dall’Istat, a meno che le stesse non possano essere effettuate attraverso l’utilizzazione dei mezzi informatici (...)“. Riferimenti normativi: • circolare Miac (86) n. 2 del 15.2.1986, prot. 151 XX/AA.GG. 12/6 • circolare Miacel (88) n.5 del 13.5.1988, prot. 08802474-15100/339. 1 Questa indicazione è solo per i comuni suddivisi in più Asl, come indicato dall’Istat sul Mod. Ap/Usl. Anagrafe Ufficiale di anagrafe: “Le iscrizioni, le cancellazioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono comunicate d’ufficio alla questura competente per territorio entro il termine di quindici giorni“. Riferimenti normativi: • art. 15, comma 5, d.P.R. 31.8.1999, n. 394. Ufficiale di anagrafe: “Le comunicazioni relative ai matrimoni e ai decessi di cui all’articolo 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903 sono fornite in via telematica entro quindici giorni dalla data dell’evento, secondo le specifiche tecniche definite dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps)“. Riferimenti normativi: • art. 31, comma 19, legge 27.12.2002, n. 289. “Al responsabile dell’Ufficio Anagrafe del comune, nel caso di violazione dell’obbligo di comunicazione dei decessi previsto dall’articolo 34 della legge 21 luglio 1965, e dell'articolo 31, comma 13 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applica la sanzione pecunaria da 100 euro a 300 euro“. Riferimenti normativi: • legge 24.11.2003, n. 326, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30.9.2003, n. 269, art. 46. Adempimenti derivanti da altri riferimenti normativi: • art. 23 r.d. 24.4.1927, n. 677 • art. 11 legge 5.5.1952, n. 521. nel mese di marzo Anagrafe Ufficiale di anagrafe: “I comuni (...) deliberano mensilmente il riparto e la liquidazione dei diritti di segreteria e di stato civile 1“. Riferimenti normativi: • art. 2, comma 1, d.m. 31.7.1995. 1 L’art. 110 del d.P.R. 3.11.2000, n. 396 ha abrogato gli articoli 190191 del r.d. 9.7.1939, n. 1238 che prevedevano la riscossione dei diritti di stato civile. 30 marzo Inviare all’Istat le rilevazioni Posas (popolazione Anagrafe residente per sesso, anno di nascita e stato civile) e Strasa (stranieri residenti per sesso e anno di nascita). Ufficiale di anagrafe: “Le iscrizioni, le cancelRiferimenti normativi: lazioni e le variazioni anagrafiche dello straniero • l’Istat, con apposita circolare che invia ai comuni, regolarmente soggiornante sono comunicate d’ufgeneralmente al termine di ogni anno, fornisce ficio alla questura competente per territorio entro istruzioni relative alla compilazione dei modelli il termine di quindici giorni“. Posas e Strasa, ai termini, alle modalità e ai casi Riferimenti normativi: particolari di trasmissione dei dati. • art. 15, comma 5, d.P.R. 31.8.1999, n. 394. 57 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ SCADENZARIO 58 Anagrafe Ufficiale di anagrafe: “Le comunicazioni relative ai matrimoni e ai decessi di cui all’articolo 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, sono fornite in via telematica entro quindici giorni dalla data dell’evento, secondo le specifiche tecniche definite dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps)“. Riferimenti normativi: • art. 31, comma 19, legge 27.12.2002, n. 289. “Al responsabile dell’Ufficio Anagrafe del comune, nel caso di violazione dell’obbligo di comunicazione dei decessi previsto dall’articolo 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e dall’articolo 31, comma 19, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applica la sanzione pecunaria da 100 euro a 300 euro“. Riferimenti normativi: • legge 24.11.2003, n. 326, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 30.9.2003, n. 269, art. 46. della Provincia comunica alla competente Prefettura il fabbisogno degli stampati per l’anno successivo, tenuto conto non soltanto delle presumibili esigenze medie ordinarie, ma anche di tutte quelle evenienze particolari (elezioni, migrazioni stagionali, necessità turistiche, ecc.) che ordinariamente incidono sulla richiesta da parte dei cittadini dei documenti di riconoscimento in questione (...). I comuni delle Province di Bolzano e Trento devono segnalare separatamente i presumibili fabbisogni degli esemplari di carte d’identità, sia in lingua italiana, che bilingui“. Riferimenti normativi: • circolare Ministero dell’interno n. 108 del 22.12.1973, prot. 4113. “Con il prospetto contenente la situazione al 31 marzo 1 di ciascun anno, devono essere comunicati (...) anche il riepilogo annuale al 31 dicembre dell’anno precedente con l’indicazione delle relative giacenze“. Riferimenti normativi: Adempimenti derivanti da altri riferimenti normativi: • circolare Ministero dell’interno n. 108 • art. 23 r.d. 24.4.1927, n. 677 del 22.12.1973, prot. 4113. • art. 11 legge 5.5.1952, n. 521. entro il mese di marzo Leva militare Sindaco: “Nel corso del mese di marzo la lista di leva deve essere posta al corrente con le nuove iscrizioni e cancellazioni che siano necessarie e debbano essere in essa introdotte tutte le modificazioni derivanti dalle osservazioni, dichiarazioni e reclami di cui al comma precedente“. Riferimenti normativi: • art. 38, comma 2, d.P.R. 14.2.1964, n. 237. 31 marzo Carta d’identità “Al 31 marzo di ciascun anno (...) ciascun comune 1 Originariamente la circolare in riferimento prevedeva prospetti trimestrali. Con circolare del Ministero dell’interno, pari numero, del 10.1.1974, il termine “trimestrali“ è stato sostituito con “bimestrali“. nel mese di marzo Carta d’identità I comuni sono tenuti ad aggiornare mensilmente la scheda dei dati comunali raggiungibile nell’area privata del sito web della Direzione centrale dei servizi demografici www.servizidemografici.interno.it alla voce “dati comunali“. Riferimenti normativi: • istruzioni ministeriali diramate ai comuni a mezzo di circolare dei rispettivi Uffici Territoriali del Governo. 59 legislazione LEGGE 13 ottobre 2010, n. 175 Disposizioni concernenti il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione. (G.U. 27 ottobre 2010, n. 252) Art. 1 - Modifiche all’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, concernente il divieto di svolgimento di propaganda elettorale per le persone sottoposte a misure di prevenzione. 1. All’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, dopo il comma 5-bis sono inseriti i seguenti: “5-bis.1. Dal termine stabilito per la presentazione delle liste e dei candidati e fino alla chiusura delle operazioni di voto, alle persone sottoposte, in forza di provvedimenti definitivi, alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, ai sensi della presente legge, è fatto divieto di svolgere le attività di propaganda elettorale previste dalla legge 4 aprile 1956, n. 212, in favore o in pregiudizio di candidati partecipanti a qualsiasi tipo di competizione elettorale. 5-bis.2. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, il contravventore al divieto di cui al comma 5-bis.1 è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica al candidato che, avendo diretta conoscenza della condizione di sottoposto in via definitiva alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, richiede al medesimo di svolgere le attività di propaganda elettorale previste dal citato comma 5-bis.1 e se ne avvale concretamente. L’esistenza del fatto deve risultare anche da prove diverse dalle dichiarazioni del soggetto sottoposto alla misura di prevenzione”. Art. 2 - Effetti della condanna 1. La condanna alla pena della reclusione, anche se conseguente all’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall’articolo 10, comma 5-bis.2, della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall’articolo 1 della presente legge, comporta l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena detentiva. A tal fine la cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza trasmette copia dell’estratto esecutivo, chiusa in piego sigillato, all’organo o all’ente di appartenenza per l’adozione degli atti di competenza. Nel caso in cui il condannato sia un membro del Parlamento, la Camera di appartenenza adotta le conseguenti determinazioni secondo le norme del proprio regolamento. 2. Dall’interdizione dai pubblici uffici consegue l’ineleggibilità del condannato per la stessa durata della pena detentiva. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini dell’interdizione dai pubblici uffici. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. DECRETO PRESIDENTE CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 luglio 2010 Proroga degli organismi collegiali operanti presso il Ministero della difesa. (G.U. 2 novembre 2010, n. 256) DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 settembre 2010 Determinazione del periodo di vigenza dell’ora legale per l’anno 2011. (G.U. 5 novembre 2010, n. 259) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, DIPARTIMENTO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L’INNOVAZIONE 24 settembre 2010 Modalità attuative dell’articolo 2, comma 589, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), recante disposizioni in materia di posta elettronica. (G.U. 27 novembre 2010, n. 278) LEGGE 26 novembre 2010, n. 199 Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno. (G.U. 1 dicembre 2010, n. 281) CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annuncio di una richiesta di referendum popolare. (G.U. 4 dicembre 2010, n. 284) e atti ufficiali Ai sensi dell’articolo 7 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 3 dicembre 2010 ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa dall’avv. Angela Boncompagni delegata dal Comune di Magliano Sabina giusta delibera del consiglio comunale n. 43 del 17 novembre 2010, di voler promuovere una richiesta di referendum, previsto dall’art. 132 della Costituzione, sul seguente quesito: “Volete che il territorio del Comune di Magliano Sabina sia separato dalla Regione Lazio per entrare a far parte integrante della Regione Umbria ?”. L’avv. Angela Boncompagni dichiara di eleggere domicilio in Roma - Via Tacito 23 c.a.p. 00193 presso lo studio dell’avv. Emanuele Vespaziani - tel. 06/3235482. DECRETO PRESIDENTE CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 novembre 2010 Rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento delle procedure di adozione internazionale. (G.U. 9 dicembre 2010, n. 287) DECRETO MINISTERO DELLA DIFESA 20 ottobre 2010 Aggiornamento annuale delle paghe nette giornaliere ai graduati e militari di truppa in servizio di leva, spettanti, a decorrere dal 1° luglio 2010, agli allievi delle scuole militari. (G.U. 10 dicembre 2010, n. 288) Decreto Presidente della Repubblica 30 novembre 2010 Determinazione dei collegi uninominali delle province di Vercelli, Mantova, Pavia, Treviso, Ravenna, Lucca, Macerata, Campobasso e Reggio Calabria. (G.U. 10 dicembre 2010, n. 288) 60 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ LEGISLAZIONE E ATTI UFFICIALI DECRETO MINISTERO DELL’INTERNO 9 dicembre 2010 Riduzione dei trasferimenti erariali per l’anno 2011 a province e comuni superiori a 5000 abitanti, ex articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78. (G.U. 15 dicembre 2010, n. 292) Ascea (delibera n. 18 del 05/11/2010), Atena Lucana (delibera n. 26 del 30/11/2010), Baronissi (delibera n. 94 del 12/10/2010), Bellizzi (n. 46 del 29/09/2010), Calvanico (delibera n. 29 del 05/10/2010), Camerota (delibera n. 54 del 28/09/2010), Campora (delibera n. 11 del 29/09/2010), Casaletto Spartano (delibera n. 25 del 2/10/2010), Caselle in Pittari (delibera n. 15 del 8/10/2010), Castel San Giorgio (delibera n. 54 del 28/09/2010), Castel San Lorenzo (delibera n. 32 del 07/10/2010), Castellabate (delibera n. 68 del 19/10/2010), Cava dè Tirreni (delibera n. 76 del 29/09/2010), Centola (delibera n. 21 del 12/10/2010), Cicerale (delibera n. 29 del 22/09/2010), Conca dei Marini (delibera n. 15 del 7/10/2010), Corleto Monforte (delibera n. 19 del 8/10/2010), Giungano (delibera n. 20 del 28/09/2010), Laurino (delibera n. 28 del 28/09/2010), Magliano Vetere (delibera n. 15 del 30/09/2010), Moio della Civitella (delibera n. 23 del 28/10/2010), Montano Antilia (delibera n. 24 del 29/11/2010), Montecorice (delibera n. 30 del 1/10/2010), Montecorvino Pugliano (delibera n. 32 del 6/10/2010), Montecorvino Rovella (delibera n. 39 del 11/10/2010), Monteforte Cilento (delibera n. 11 del 28/09/2010), Nocera Superiore (delibera n. 77 del 28/09/2010), Ogliastro Cilento (delibera n. 24 del 4/10/2010), Orria (delibera n. 27 del 14/10/2010), Pagani (delibera n. 46 del 13/10/2010), Palomonte (delibera n.26 del 21/10/2010), Perdifumo (delibera n. 21 del 28/09/2010), Petina (delibera n. 22 del 27/09/2010), Pisciotta (delibera n. 19 del 11/10/2010), Pontecagnano Faiano (delibera n. 36 del 29/11/2010), Positano (delibera n. 25 del 8/11/2010), Postiglione (delibera n. 41 del 15/10/2010), Roccadaspide (delibera n. 44 del 26/11/2010), Roccagloriosa (delibera n. 17 del 17/09/2010), Roccapiemonte (delibera n. 27 del 18/10/2010), San Cipriano Picentino (delibera n. 61 del 3/12/2010), San Giovanni a Piro (delibera n. 31 del 24/11/2010), San Marzano sul Sarno (delibera n. 39 del 7/10/2010), Santa Marina (delibera n. 33 del 2/10/2010), Sant’Angelo a Fasanella (delibera n. 31 del 30/11/2010), Sarno (delibera n. 45 del 25/10/2010), Scafati (delibera n. 57 del 19/11/2010), Scala (delibera n. 31 del 30/11/2010), Sessa Cilento (delibera n. 31 del 30/09/2010), Tramonti (delibera n. 37 del 27/10/2010), Valva (delibera n. 10 del 2/10/2010), Vibonati (delibera n. 27 del 6/10/2010) , di voler promuovere una richiesta di referendum, previsto dall’art. 132 della Costituzione, sul seguente quesito: “Volete voi che il territorio della Provincia di Salerno sia separato dalla Regione Campania per formare una Regione a sé stante denominata “Principato di Salerno”? Il prof. avv. Francesco Fasolino e l’avv. Assunta Torino dichiarano di eleggere domicilio in Roma - Via Ennio Quirino Visconti n. 99, presso lo studio Capecelatro - Palma telefono 06/68134555. DECRETO LEGISLATIVO 13 dicembre 2010, n. 212 Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’articolo 14, comma 14-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246. (G.U. 15 dicembre 2010, n. 292, S.O. n. 276/L ) DECRETO LEGISLATIVO 13 dicembre 2010, n. 213 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. (G.U. 15 dicembre 2010, n. 292, S.O. n. 276/L) DECRETO LEGISLATIVO 26 novembre 2010, n. 216 Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province. (G.U. 17 dicembre 2010, n. 294) CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annuncio di una richiesta di referendum popolare. (G.U. 17 dicembre 2010, n. 294) Ai sensi dell’ articolo 7 della legge 25 maggio 1970 n. 352, si annuncia che la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, in data 16 dicembre 2010 ha raccolto a verbale e dato atto della dichiarazione resa dal prof. avv. Francesco Fasolino e dall’avv. Assunta Torino delegati dei comuni di: Albanella (delibera n. 35 del 30/09/2010), Alfano (delibera n. 26 del 1/10/2010), Altavilla Silentina (delibera n. 34 del 29/09/2010), di Aquara (delibera n. 30 del 29/09/2010), LEGGE 17 dicembre 2010, n. 217 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, recante misure urgenti in materia di sicurezza. (G.U. 18 dicembre 2010, n. 295) DECRETO-LEGGE 29 dicembre 2010, n. 225 Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie. (G.U. 29 dicembre 2010, n. 303) DECRETO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 novembre 2010 Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato, per l’anno 2010. (G.U. 31 dicembre 2010, n. 305) CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI 5 novembre 2010, n. 31, prot. n. 0012824 AIRE – Sedi diplomatico consolari soppresse. Il Ministero degli affari esteri, con nota del 4 ottobre 2010 ha segnalato che da parte delle Prefetture, continuano ad essere trasmessi messaggi, tramite “patra”, indirizzati a sedi diplomatico consolari da tempo soppresse. Pertanto, al fine di normalizzare lo scambio documentaIe e per evitare disservizi a carico dei connazionali all’estero, si richiama l’attenzione delle S.S.L.L. in merito all’elenco allegato, contenente l’indicazione delle sedi diplomatico consolari soppresse negli ultimi anni e degli Uffici Consolari che ne hanno assunto le rispettive competenze. Tale elenco dovrà essere portato a conoscenza anche delle amministrazioni comunali. Elendo sedi soppresse › Bastia Cons competenze a Marsiglia Cons Gen › Bedford Vice Cons competenze a Londra Cons Gen I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ LEGISLAZIONE E ATTI UFFICIALI › Chambery Cons competenze a Lione Cons Gen › Coira Agenzia Cons competenze a San Gallo Cons › Durban Cons competenze a Johannesburg Cons Gen › Edmonton Cons competenze a Vancouver Cons Gen › Esch Sur Alzette Cons competenze a Lussemburgo Amb › Genk agenzia Cons competenze a Bruxelles Cancellerla Cons › Innsbruck Cons Gen competenze a Vienna Cancellerla Cons › Lipsia Cons Gen competenze a Berlino Amb › Mannheim Agenzia Cons competenze a Stoccarda Cons Gen › Mulhouse Cons competenze a Metz Cons Gen › Norimberga Cons competenze a Monaco di Baviera Cons Gen › Saarbrucken Cons competenze a Francoforte Sul Meno Cons Gen › Windhoek Amb competenze a Pretoria Amb CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI 10 novembre 2010, n. 32, prot. n. 0013084 Sistema INA-SAIA. Dismissione software PC-CSA-tracciato JJ+. CIRCOLARE URGENTISSIMA MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI 10 novembre 2010, n. 33, prot. n. 0013095 AIRE – Elenco unico aggiornato al 31 dicembre 2010. Il Ministero degli affari esteri ha concordato con la scrivente l’aggiornamento dell’Elenco unico degli italiani residenti all’estero. A tale scopo si invitano le SS.LL, anche in considerazione dell’imminente censimento dei connazionali residenti all’estero, che verrà gestito dal Ministero degli affari esteri, a voler attentamente vigilare sulla regolare tenuta ed aggiornamento delle anagrafI degli italiani residenti all’estero e a voler verificare che tutti i comuni inviino i propri dati – entro il prossimo 31 dicembre – all’Aire centrale, per consentire l’allineamento informatico con i dati del Ministero degli affari esteri e la predisposizione del citato elenco aggiornato. Si prega, inoltre, di voler rammentare ai signori sindaci l’obbligo dell’invio settimanale degli archivi informatici comunali – come indicato nella circolare n. 34 del 26 giugno 2007 – anche qualora il comune interessato non abbia iscritti. Con l’occasione, si prega di voler sensibilizzare i comuni affinchè rispondano tempestivamente alle comunicazioni degli uffici consolari, al fine di evitare disallineamenti tra i dati degli archivi comunali e gli schedari consolari. Al fine di evitare una sottostima dei dati che saranno contenuti nel prossimo elenco aggiornato, con una ricaduta negativa sulla veridicità dello stesso, si invitano i signori sindaci a voler verificare l’esattezza e la completezza di tutti i dati presenti nelle singole AIRE comunali e a voler "bonificare" le posizioni scartate dall’Aire centrale a causa dei controlli informatici di coerenza e completezza delle stesse. A tale riguardo si rammenta che i nominativi scartati dall’Aire centrale a causa dei controlli informatici di completezza e di coerenza logico-formale e sui dati essenziali richiesti, dovranno essere verificati con i dati anagrafici e di stato civile in possesso dei comuni stessi, nonché con i codici consolari aggiornati messi a disposizione sul sito. Qualora vengano riscontrate nelle AIRE comunali posizioni totalmente incomplete, ovvero prive di dati fondamentali per l’esatta identificazione e reperimento dei relativi cittadini (ad esempio mancanti della data di nascita, del luogo di nascita – inteso come comune italiano o come località più territorio/Stato estero – di Ufficio consolare , di Stato/territorio di residenza o contenenti un indirizzo carente di elementi essenziali), i comuni dovranno provvedere alla cancellazione delle relative posizioni per irreperibilità presunta, dandone comunicazione, qualora conosciuti, all’ultimo Ufficio consolare e all’ultimo indirizzo dell’interessato. Con l’occasione si invitano le SS.LL. a voler anche verificare l’avvenuta cancellazione delle posizioni duplicate. Si fa, inoltre, presente che gli ufficiali di anagrafe dovranno provvedere alla cancellazione degli iscritti Aire che risultino, alla data del 31 dicembre p. v., ultracentenari e per i quali non sia stata fornita, tramite gli Uffici consolari, la prova dell’esistenza in vita. Si sottolinea, infine, la necessità del corretto utilizzo, nella trasmissione dei dati richiesti, del campo relativo al diritto di voto (elettore, non iscritto nelle liste elettorali, perdita del diritto di voto). Le SS.LL. sono anche pregate di voler valutare, unitamente alle singole amministrazioni comunali, gli interventi organizzativi necessari per risolvere eventuali situazioni di "arretrato", sia a livello anagrafico (mancato inserimento nell’anagrafe comunale di modelli Cons 01 di iscrizione e variazione, così come mancata cancellazione di posizioni per avvenuto decesso, rimpatrio, ecc.) che a livello di trascrizione degli arti di stato civile. 61 CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, MINISTERO DELLA SALUTE 19 novembre 2010 Registri per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Sono pervenute a questi Ministeri alcune richieste di parere, formulate dai comuni, relativamente alla possibilità che gli stessi possano istituire appositi registri destinati alla raccolta delle dichiarazioni anticipate di volontà, per i trattamenti medici che ciascun cittadino intenda ricevere o rifiutare nelle situazioni in cui perda la capacità di esprimere una propria volontà. In linea generale, occorre considerare che la materia del “fine vita” rientra nell’esclusiva competenza del legislatore nazionale e non risulta da questi regolata. L’intervento del comune in questi ambiti appare pertanto esorbitante rispetto alle competenze proprie dell’ente locale e si traduce in provvedimenti privi di effetti giuridici. I registri istituiti presso pubbliche amministrazioni rispondono alla preminente finalità di attribuire certezza giuridica a specifiche situazioni (provenienza e data di deposito di un determinato documento, dati identificativi di una persona, ecc.). Il compito di disciplinare la materia delle certezze giuridiche, implicando rilevanti effetti che possono anche condizionare l’esercizio di diritti fondamentali, è sempre stato riservato allo Stato, al quale spetta di stabilire quali siano gli effetti probatori degli atti conservati da pubblici ufficiali (si vedano, ad esempio, gli articoli da 449 a 455 del codice civile per quanto riguarda gli atti di stato civile). Tale attribuzione è stata confermata dall’articolo 117 della Costituzione, il quale assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in via generale l’ordinamento civile e specificatamente le materie, tra l’altro, di stato civile e anagrafi. In questo settore il comune, secondo quanto previsto dall’articolo 14 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 gestisce, per conto dello Stato e tramite il sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo, solo i servizi elettorali, di stato civile e di anagrafe. Viene poi precisato dall’ultimo comma di detto articolo che “ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie”. Come sopra già evidenziato nessuna norma di legge abilita il comune a gestire il servizio relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento. In tali materie una legge dello Stato è poi 62 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ LEGISLAZIONE E ATTI UFFICIALI particolarmente necessaria perché vengono implicate anche altre materie come la tutela della salute, della famiglia e della privacy, nell’ambito delle quali il comune non può certamente agire in assenza di una disciplina statale che ponga principi e definisca la competenze di vari soggetti pubblici coinvolti. Inoltre, lo stesso articolo 117 della Costituzione, al comma secondo, lett. p), riconosce la legislazione esclusiva dello Stato in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. In questa prospettiva risulta evidente che le funzioni amministrative attinenti alle dichiarazioni anticipate di volontà, che investono la sfera personale dell’individuo, sono materie riservate alla competenza del legislatore nazionale. Pertanto, alla luce delle predette considerazioni, non si rinvengono elementi idonei a ritenere legittime le iniziative volte alla introduzione dei registri per le dichiarazioni anticipate di trattamento. In tale quadro si potrebbe, anzi, ipotizzare, nel caso in cui si intenda dar comunque corso ad iniziative del genere, un uso distorto di risorse umane e finanziarie, con eventuali possibili responsabilità di chi se ne sia fatto promotore. sima ragione ispiratrice consistente nella necessità di fornire al cittadino un servizio celere ed efficiente”. Del resto, è altresì precisato nel parere, “seppure in un ambito riguardante il mero rapporto di lavoro, tale fattispecie è espressamente prevista dall’art. 14 del CCNL del comparto enti locali, del 22 gennaio 2004”. CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI 29 novembre 2010, n. 34, prot. n. 0014204 Delega di funzioni di ufficiale di anagrafe e di stato civile a personale dipendente da comune diverso da quello di appartenenza del sindaco delegante. A seguito di taluni quesiti pervenuti, è stato chiesto il parere del Consiglio di Stato sulla possibilità di delegare le funzioni di ufficiale di anagrafe e di stato civile a personale dipendente da un comune diverso da quello di appartenenza del sindaco, ed assegnato a questo ultimo in forza di una convenzione sottoscritta tra gli enti interessati. Al riguardo, si informa che con l’unito parere il Consiglio di Stato, sez. I, ha espresso l’avviso che ll’ipotesi descritta possano applicarsi in via analogica le norme contenute nel d.P.R. n. 79/2009, le quali prevedono l’estensione delle deleghe in questione a personale non di ruolo del comune. A tale proposito, il citato alto consesso ha evidenziato infatti che "tra le due ipotesi – attribuzione della delega al personale non di ruolo del comune e attribuzione della delega a dipendenti di altro comune, in forza di convenzione – sussiste la mede- CIRCOLARE MINISTERO DELLA DIFESA, CENTRO DOCUMENTALE DI ANCONA 4 novembre 2010, prot. n. 4493 Formazione ed invio delle liste di leva della classe 1994. lista (daInviare anche se negativo); AlI. ”E” elenco, in ordine alfabetico, dei giovani in possesso della doppia cittadinanza italofrancese, con giorno, mese, anno, località di nascita e numero di lista (da inviare anche se negativo); All. ”F” verbale di consegna, al capo dell’Ufficio comunale di leva, dei seguenti elenchi, compilati in ordine alfabetico: › giovani che risultano deceduti; › giovani che risultano iscritti in altri comuni per ragioni di domicilio; › giovani cancellati perché iscritti di età presunta o di sesso femminile. I suddetti elenchi vanno compilati, anche se negativi, apponendo, in tal caso, la dicitura ”NEGATIVO”. Si ricorda che, dopo l’ultimo iscritto, va inserita, su entrambi gli esemplari della lista di leva, la dichiarazione di chiusura in data 31 marzo, a firma del Sindaco e, a seguire, lasciati un congruo numero di pagine in bianco per eventuali aggiunte. b) Qualora si volesse utilizzare anche il supporto informatico, i dati contenuti nella lista di leva (completi anche di indirizzo) dovranno essere inseriti utilizzando l’applicazione Access (versione 2003 o precedenti) secondo il report allegato alla presente. Il file, completo di tutti i nominativi presenti nella lista di leva compresi eventuali aggiunti, dovrà essere memorizzato su floppy disk o cd-rom (no dvd) e consegnato secondo le modalità di cui al successivo par. 4 o inviato mediante posta elettronica all’indirizzo [email protected]. 4. La documentazione di cui sopra dovrà essere inviata per posta a questo Centro Documentale, oppure consegnata a mano previo appuntamento telefonico al n. 071/2074770 int. 0310 (Sig. Enrico Trillini e/o Sig. Luca Mariani) tassativamente entro e non oltre il 10 aprile 2011. 5. Si prega voler accusare ricevuta e contestualmente fornire un cortese cenno di assicurazione. l. Com’è noto, il d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, entrato in vigore il 9 ottobre 2010, stabilisce, al libro VIII, artt. 1931 e seguenti, le competenze in materia di formazione, gestione e consultazione delle liste di leva attribuite a codeste amministrazioni comunali. 2. In tale cornice, lo stesso art. 1931 del citato decreto prevede che le liste comunali di leva siano gestite in modo tale da consentire l’accesso all’amministrazione della difesa senza ulteriori aggravi per la finanza pubblica. Pertanto, per dare la dovuta attuazione alla volontà della legge, occorre mantenere la continuità del flusso delle liste di leva tra le amministrazioni comunali e gli organi del Ministero della difesa. 3. Ciò premesso, codesto comune è pregato di voler trasmettere a questo centro documentale la lista di leva relativa alla classe 1994, formata ed aggiornata secondo le modalità stabilite dal citato codice, osservando le seguenti modalità: a) la lista di leva, redatta in duplice copia autentica in forma cartacea su stampato conforme al prescritto modello DEI0509 ”Modulario Esercito”, dovrà pervenire,in unico esemplare, già rilegata e completa dei seguenti allegati: All. ”B” certificato di avvenuta pubblicazione dell’elenco dei giovani iscritti, dal 1° febbraio e per quindici giorni consecutivi, nell’Albo Pretorio del comune interessato; All. ”C” elenco, in ordine alfabetico, dei giovani iscritti, con giorno, CIRCOLARE MINISTERO mese, anno, località di nascita DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER e numero di lista; GLI AFFARI INTERNI All. ”D” elenco, in ordine alfabetico, dei giovani iscritti nati e resiE TERRITORIALI denti all’estero oppure emi13 dicembre 2010, n. 35, grati prima del compimento prot. n. 0014866 del 17 anno di età, con giorno, Trascrizione atti relativi a cittadini mese, anno, località di nascita, italiani provenienti dalla Repubblica nonché indirizzo all’estero, data di espatrio e numero di di San Salvador. 63 I SERVIZI DEMOGRAFICI 1.2 2011 ■ LEGISLAZIONE E ATTI UFFICIALI L’Ambasciata d’Italia in San Salvador ha lamentato che diversi comuni italiani non trascrivono con tempestività gli atti dello stato civile relativa soggetti ai quali è stata riconosciuta la cittadinanza italiana. Pertanto si rappresenta alle SS.LL. l’opportunità di richiamare l’attenzione dei Sigg. Sindaci sulla necessità di adottare tutte le misure atte ad assicurare che la trascrizione e l’aggiornamento degli atti dello stato civile, anche con riguardo a quelli trasmessi dalle autorità consolari italiane all’estero, avvenga in tempi brevi, evidenziando alla loro attenzione che il ritardo nella registrazione degli atti può comportare per gli interessati conseguenze dannose connesse all’esercizio dei diritti inerenti allo status di cittadino. Si pregano inoltre le SS.LL., nell’ambito della funzione di vigilanza assicurata in materia dello stato civile, di voler sensibilizzare i comuni interessati all’attivazione anche di opportune iniziative volte a consentire il progressivo superamento dell’eventuale arretrato da smaltire, qualora giacente presso gli stessi. CIRCOLARE MINISTERO DELL’INTERNO, DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI INTERNI E TERRITORIALI 17 dicembre 2010, n. 36, prot. n. 0015531 Artt. 1, comma 3 e 4 del d.P.R. n. 396/2000 – Corsi di abilitazione per Ufficiali di stato civile con anzianità superiore a 5 anni nelle funzioni. L’attività di formazione in oggetto, sviluppata nel corso del 2010 in diverse province, ha fornito un quadro conoscitivo in merito alle esigenze evidenziate nella realizzazione dei corsi, grazie alle dettagliate relazioni inviate dalle Prefetture interessate. Dovendo programmare gli interventi formativi da svolgersi nel 2011, si ritiene opportuno disporre tempestivamente dei dati relativi alle necessità abilitative esistenti sul territorio, attraverso la rilevazione del numero dei dipendenti comunali con anzianità di servizio nelle funzioni di Ufficiale di stato civile superiore ai 5 anni e che non hanno ancora conseguito il diploma di abilitazione al termine dell’apposito corso, obbligatoriamente prescritto dall’art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 396/2000. Si pregano pertanto le SS.LL. di voler inviare a questa Direzione Centrale, entro il 31 gennaio 2011, la comunicazione relativa al numero degli Ufficiali di stato civile che devono ancora acquisire l’abilitazione, unitamente alle proprie proposte in merito alla organizzazione del corso. Nel richiamare l’importanza dell’acquisizione delle suindicate informazioni entro il citato termine al fine di ottimizzare l’attività di formazione, si pregano altresì le SS.LL. di voler rammentare agli interessati che presso l’Accademia degli Ufficiali di Stato Civile, Anagrafe ed Elettorale proseguono i corsi per il conseguimento della abilitazione professionale per gli Ufficiali di stato civile con anzianità inferiore ai 5 anni e per la formazione degli Ufficiali di anagrafe. Ulteriori chiarimenti potranno essere richiesti all’indirizzo di posta elettronica [email protected] o [email protected] o ai numeri telefonici 06 46527179 o 06 46525187. Circolare Ministero dell’interno 5 gennaio 2011, n. 1, prot. n. 28 Pubblicazioni di matrimonio e affissioni relative alle istanze di modifica del nome o del cognome da parte delle amministrazioni comunali sui propri siti informatici. Circolari n. 29 del 15 dicembre 2009, n. 1 del 13 gennaio 2010 e n. 18 del 10 giugno 2010 Si fa seguito alle precedenti circolari di questa Direzione centrale, richiamate in oggetto, relative agli avvisi da effettuare on line degli atti di stato civile di cui all’art. 32 della legge 18 giugno 2009, n. 69, premettendo che, come noto, per le pubblicazioni di matrimonio e per l’avviso contenente il sunto della domanda di modifica del nome o del cognome non sono stati disposti rinvii nel recente decreto legge di proroga termini. Pertanto, a far data dal 1° gennaio 2011, le pubblicazioni di matrimonio e l’avviso contenente il sunto delle domande di cambiamento del nome o del cognome, curati da parte delle amministrazioni comunali, dovranno avvenire solo ed esclusivamente nei siti informatici di ciascun comune. All’uopo si richiamano in particolare le direttive emesse nella citata circolare n. 29 del 15 dicembre 2009 con riguardo alla cura richiesta a ciascun comune di ”assicurare che i predetti avvisi siano riportati in una sezione del proprio sito web chiaramente accessibile al pubblico”, e che ”nell’atto così pubblicato dovrà essere indicato l’adempimento degli eventuali obblighi fiscali da parte dell’utente, previsti dalla legge”. ”Resta fermo quanto previsto dall’art. 57, comma 2, del d.P.R. n. 396/2000 relativamente alla necessità di archiviare l’attestazione relativa alla esecuzione delle pubblicazioni di matrimonio e alla mancanza di opposizioni, nonché quanto previsto dall’art. 86, comma 1, e dall’art. 90, secondo capoverso, di cui al citato d.P.R. n. 396, circa la necessità di una relazione che attesti l’avvenuta affissione della domanda di cambiamento del nome o del cognome. Circolare Ministero dell’interno 17 gennaio 2011, n. 2, prot. n.558 Modulistica del matrimonio concordatario e annotazione della scelta del regime patrimoniale dei coniugi. Si rappresenta che la Conferenza episcopale Italiana - Ufficio nazionale per i problemi giuridici, dando seguito alla circolare di questa Direzione centrale n. 8 del 15 marzo 2010, ha provveduto a fornire indicazioni alle autorità ecclesiastiche in ordine alla dichiarazione da apporre in calce all’atto di matrimonio celebrato in forma canonica con effetti civili, nel caso in cui almeno uno degli sposi sia cittadino straniero o risieda all’estero, e i due abbiano convenuto di optare per il regime patrimoniale dello Stato estero, ai sensi dell’art. 30, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218. La citata C.E.I. ha comunicato, altresì, che sono stati all’uopo aggiornati i formulari dei moduli da utilizzare per la redazione dell’atto di matrimonio concordatario e per la trasmissione all’ufficiale dello stato civile. Detti moduli, che si trasmettono in allegato alla presente circolare, sono disponibili, come informato dalla predetta autorità ecclesiastica, anche sul sito internet www. chiesacattolica.it/giuridico. Ciò precisato, si pregano le SS.LL. di voler informare i Sigg. Sindaci di quanto sopra esposto e si ringrazia per la consueta e fattiva collaborazione. (Si omettono gli allegati). CIRCOLARE SEFIT 1° dicembre 2010, n. 2603* Fasce di rispetto cimiteriale – Ricognizione della normativa anche alla luce di recenti sentenze giurisprudenziali. * Il testo integrale della circolare è pubblicato nella newsletter “Demograficamente parlando” n. 23 del 16 dicembre 2010. CIRCOLARE SEFIT 1° dicembre 2010, n. 2604* Segnalazione AS 772 dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato del 2 novembre 2010, nonché Corte Costituzionale, sent. n. 325 del 17 novembre 2010. * Il testo integrale della circolare è pubblicato nella newsletter “Demograficamente parlando” n. 23 del 16 dicembre 2010.