Modulo 11 Segmentazione e posizionamento 2016

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Modulo 11 Segmentazione e posizionamento 2016
BIBLIOGRAFIA
R. Grant, “L’analisi strategica per le decisioni aziendali”
P. Kotler, “Marketing Management”, ISEDI
P. Kotler, J. Clark, W. Scott, “Marketing Management: Casi”, ISEDI, 1992
Al Ries, Jack Trout, “Positioning: The Battle for Your Mind” McGraw-Hill 2001
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Solitamente un’impresa non è in grado di raggiungere e servire tutti gli acquirenti del
mercato in cui opera:
• le risorse necessarie per raggiungere tutti i potenziali acquirenti possono essere
troppo ingenti
• gli acquirenti possono essere molto dispersi geograficamente
• le loro preferenze possono essere molto eterogenee
• alcuni concorrenti possono servire meglio della nostra impresa alcune porzioni del
mercato
Per questi motivi le imprese concentrano i propri sforzi in quelle porzioni di mercato più
attraenti e che sono in grado di servire meglio.
In un settore (ad esempio il settore automobilistico o il settore farmaceutico) possono
essere individuati segmenti differenti in merito all’intensità della concorrenza, alle
caratteristiche dei consumatori e – di conseguenza – ai fattori critici di successo.
L’analisi comparata dei segmenti di mercato è utile sia per un’impresa nuova entrante in un
settore (per indirizzare le proprie risorse verso i segmenti più attraenti), sia per un’impresa
già affermata (che deve decidere come distribuire le proprie risorse tra i diversi segmenti e
deve valutare le possibilità di entrare in nuovi segmenti o uscire da segmenti serviti).
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La slide mostra le fasi del processo di segmentazione e posizionamento.
All’inizio del processo l’impresa individua insiemi omogenei di potenziali clienti per agire sui
quali potrebbero essere necessarie strategie di marketing differenti.
Per ottenere la segmentazione del mercato la direzione marketing individua alcune variabili
di segmentazione in relazione alle caratteristiche del mercato e degli obiettivi dell’impresa
e, successivamente, costruisce la matrice di segmentazione nella quale saranno visibili tutti i
segmenti del mercato.
Una volta individuati i diversi segmenti, l’impresa ne valuta l’attrattività e, nel caso non
disponga delle risorse adeguate per competere su tutti o non ritenga strategico farlo,
seleziona quelli che meglio permettono di raggiungere i propri obiettivi.
Nell’ultima fase del processo vengono definite le modalità competitive all’interno dei
segmenti scelti posizionando opportunamente i prodotti rispetto a quelli dei concorrenti e
definendo il marketing mix più adeguato.
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Il primo step del processo di segmentazione riguarda l’individuazione delle basi di
segmentazione.
Le due principali famiglie di variabili di segmentazione sono “il prodotto” e “le
caratteristiche degli acquirenti”.
Per un dato mercato possono esistere molte basi di segmentazioni significative; tuttavia
l’analisi di segmentazione – per essere facilmente fruibile – ne prenderà in considerazione al
massimo due o tre.
Per ricondursi a due o tre variabili è possibile selezionare le variabili più significative in
rapporto alla strategia aziendale e aggregare tra loro le variabili fortemente correlate.
Le principali basi di segmentazione per il mercato di consumo sono:
• geografiche
• demografiche: età e ciclo di vita, sesso, reddito
• psicografiche: classe sociale, stile di vita, personalità
• comportamentali: occasioni, vantaggi ricercati, status dell’utilizzatore, intensità
d’uso, fedeltà di marca
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La slide descrive tre possibili esiti della segmentazione in base a due variabili che esprimono
le preferenze dei potenziali clienti su determinate caratteristiche di un prodotto.
Nel primo caso il settore presenta preferenze omogenee, per cui le marche esistenti
avranno caratteristiche simili e tenderanno a posizionarsi sulla «media» delle preferenze. In
questo caso si dice che, relativamente alle variabili considerate, il mercato non presenta
segmenti naturali.
Nel caso delle preferenze «diffuse» i consumatori mostrano di avere aspettative molto
diverse e poco concentrate (specifiche o singolari) rispetto alle caratteristiche del prodotto.
Un’azienda la cui offerta si collocasse in posizione «baricentrica» rispetto alle preferenze
mostrate dai clienti, punterebbe a minimizzare l’insoddisfazione complessiva dei potenziali
clienti. Un’impresa nuova entrante potrà optare per due strategie alternative: potrà
collocarsi anch’essa nel «baricentro» delle preferenze (entrando in concorrenza diretta con
l’impresa già operante nel mercato) oppure potrà scegliere di posizionarsi in prossimità di
uno degli angoli e scegliere di servire in modo più efficace alcuni tra i clienti maggiormente
insoddisfatti.
Nel caso di preferenze agglomerate la segmentazione evidenzia dei segmenti naturali;
pertanto, l’azienda può cercare di:
• proporre un prodotto che vada bene per tutti i segmenti (strategia indifferenziata)
• sviluppare prodotti diversi per ciascun segmento (strategia differenziata)
• focalizzarsi su un singolo segmento (strategia concentrata)
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Una volta partizionate in categorie distinte le variabili di segmentazione scelte nella fase
precedente, è possibile costruire la matrice di segmentazione. Dopo aver realizzato questa
rappresentazione dei diversi segmenti, è opportuno «testare» la matrice di segmentazione
verificando:
• se vi sono inclusi i clienti attuali dell’azienda
• se vi sono riportati i maggiori concorrenti
Prima di procedere ulteriormente con analisi può essere utile indagare:
• quale segmento presenta il maggior tasso di crescita
• in quale segmento sono concentrati i clienti principali dell’azienda
• in quale segmento operano i principali concorrenti
• quali sono le esigenze espresse da ciascuno dei segmenti (prodotti, servizi, qualità,
prezzi, etc.)
• qual è il grado di copertura attuale del mercato da parte dell’azienda
La slide mostra un esempio di matrice di segmentazione applicata per lo studio del mercato
dei contenitori metallici in Europa.
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Nonostante esistano un’infinità di modi per segmentare il mercato, solo alcuni di essi sono
efficaci e significativi. Ad esempio, la segmentazione del mercato delle pellicole fotografiche
in base al colore dei capelli degli acquirenti non è utile.
Una segmentazione utile deve possedere quattro caratteristiche:
1. Misurabilità: è il grado in cui è possibile misurare la dimensione e l’attrattività dei diversi
segmenti. Esistono, infatti, variabili di segmentazione interessanti ma di difficile
misurazione (es: valutazione quantitativa delle donne che mangiano cioccolata dopo una
crisi amorosa).
2. Accessibilità: è la misura della raggiungibilità e della possibilità di servire i segmenti
individuati. Se, ad esempio, non è possibile determinare tendenze comuni in un
segmento (esposizione a media, punti d’acquisto, ecc.), allora questo non è accessibile.
3. Importanza: un segmento è importante quando è caratterizzato da una capacità di
assorbimento dell’offerta tale da risultare profittevole per l’impresa. Esiste un trade-off
tra ampiezza del segmento e omogeneità dei soggetti che vi afferiscono.
4. Praticabilità: misura della possibilità di programmare e implementare efficaci azioni di
marketing per servire i segmenti scelti. Ad esempio, una piccola impresa può avere
individuato un numero di segmenti troppo elevato in relazione al budget promozionale e
alle risorse umane da dedicare.
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Il modello delle cinque forze competitive di Porter viene comunemente utilizzato per
stabilire la redditività/attrattività di un settore; tuttavia, il suo impiego può essere proficuo
anche nell’analisi di un singolo segmento (infatti, la redditività di un segmento è
determinata dalle stesse forze che concorrono a condizionare la redditività per il settore di
appartenenza).
Nell’applicazione di questa tecnica di analisi occorre prestare attenzione ad alcune
circostanze:
1. La pressione competitiva dei prodotti sostitutivi non si riferisce solo ai prodotti di altri
settori, ma - e in maniera più determinante – ai prodotti destinati ad altri segmenti dello
stesso settore. Ad esempio, alcune tisane o alcuni integratori alimentari possono
sostituire le bibite analcoliche destinate a quel segmento/settore.
2. Anche l’analisi delle imprese nuove entranti deve concentrarsi sulle imprese operanti in
altri segmenti del settore. Si parla di barriere alla mobilità per indicare l’insieme dei
fattori che inibiscono ad un’impresa operante in un settore di entrare in un dato
segmento dello stesso settore (le barriere all’entrata, invece, limitano l’ingresso di
un’impresa in un settore). Le barriere alla mobilità sono responsabili dei diversi livelli di
redditività tra segmenti di uno stesso settore.
La slide mostra l’analisi delle 5 forze competitive, relativa all’esempio della slide precedente,
per le lattine in alluminio dolce per i clienti delle bibite analcoliche in Italia
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Una volta valutata l’attrattività dei diversi segmenti, il passo successivo consisterà nella
scelta delle strategie di mercato più efficaci.
Abbiamo già accennato (slide 5) come le principali strategie alternative siano:
• Marketing indifferenziato. Con questa strategia un’impresa offre uno stesso prodotto (o
una gamma di prodotti) a tutto il mercato prescindendo dalle differenze rilevate nei diversi
segmenti. Il principale vantaggio della strategia indifferenziata è rappresentato dalle
economie di costo, pertanto, le diverse leve del marketing mix vengono progettate con lo
scopo di realizzare il volume di vendite più elevato senza aver definito uno specifico target
di clienti.
• Marketing differenziato. Adottare la strategia indifferenziata può risultare rischioso in
tutti quei settori (la maggioranza) in cui sono presenti differenze marcate tra i diversi
cluster di clienti. In questi casi, molte aziende preferiscono offrire prodotti diversi in
segmenti diversi. Ad esempio, Fiat si rivolge a diversi segmenti di redditività del mercato
con automobili mirate a ciascuno di essi. La strategia differenziata garantisce la possibilità
di realizzare maggiori volumi di vendita anche se, evidentemente, ciò comporta un
incremento di costi rispetto al marketing indifferenziato.
• Marketing concentrato. Le imprese che adottano il marketing concentrato mirano a
proporsi come leader in un determinato segmento piuttosto che competere, magari con
scarsi risultati, in tutto il settore. Tuttavia, l’adozione di questa strategia comporta rischi
relativamente più elevati. Innanzitutto, le economie di scala e di esperienza sono
maggiormente esposte alle possibili evoluzioni del mercato in quanto esse possono
risentire in misura significativa dei cambiamenti che possono intervenire nel settore (ad
esempio l’introduzione di una nuova tecnologia da parte di un concorrente).
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La scelta tra marketing indifferenziato, marketing differenziato e marketing concentrato
deve considerare:
1. le risorse dell’impresa - per imprese di piccole dimensioni o comunque con risorse
limitate, la scelta del marketing concentrato può essere l’unica praticabile
2. l’omogeneità del prodotto - mentre per commodities e beni altamente omogenei si può
adottare il marketing indifferenziato, per prodotti non omogenei o ad alto impatto
emotivo/psicologico è preferibile il marketing differenziato
3. lo stadio del ciclo di vita del prodotto - nella fase di maturità, ad esempio, il marketing
differenziato supporta la strategia di differenziazione e di aumento / mantenimento delle
vendite dell’impresa
4. l’omogeneità del mercato - tanto più omogeneo è il mercato in funzione dei gusti dei
consumatori, delle risposte agli stimoli di marketing e al tasso di acquisto, tanto più
indicato sarà il marketing indifferenziato
5. le strategie di marketing della concorrenza - spesso non è sostenibile una strategia di
marketing indifferenziato quando le imprese concorrenti praticano strategie di marketing
differenziato
Spesso i segmenti target dell’impresa non possono essere scelti in modo indipendente, in
quanto è possibile che esistano sinergie tra più segmenti. Le sinergie possono riguardare,
ad esempio, la presenza di costi condivisi tra più settori, oppure un migliore sfruttamento
della capacità produttiva e dei canali distributivi.
La slide mostra come, aggregando i settori in base a sinergie, si possa modificare la
composizione dei segmenti di un settore.
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L’analisi di posizionamento si propone tre scopi fondamentali:
1. Determinare la consistenza e la solidità del portafoglio di attività dell’azienda
2. Indagare il livello di differenziazione e di chiarezza percepito dai clienti sul
posizionamento dei prodotti dell’azienda
3. Analizzare la forza del posizionamento dei prodotti dell’azienda
Come riportato nella slide, ognuna di queste parti dell’analisi può fornire indicazioni per le
strategie di posizionamento.
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E’ opportuno per un’azienda operare in un segmento di mercato troppo piccolo per essere
redditizio, ma che presenti buone prospettive di sviluppo? E in un segmento in declino in cui
però ci sono pochi concorrenti?
La matrice del portafoglio di attività è finalizzata a dare risposta alle domande precedenti e,
più in generale, è un’attività a livello corporate necessaria in quanto il grado di attrattività e
di opportunità offerti dai mercati e/o dai segmenti di mercato variano nel tempo .
Nella modellizzazione proposta dal Boston Consulting Group, un portafoglio d’impresa è ben
bilanciato (quindi solido in termini economico / finanziari sia nel breve che nel medio /
lungo periodo) quando le diverse unità di business sono adeguatamente distribuite in tutti i
quadranti della matrice. In particolare:
• ci deve essere un buon numero di “cash cow” in grado di garantire profittabilità nel breve
periodo e di fornire adeguati flussi finanziari per alimentare, tra l’altro, le “question mark”;
• ci devono essere alcune “question mark” che costituiscono le basi per la profittabilità
futura dell’impresa; ma le “question mark” non devono essere troppo numerose, perché
non tutti i business nascenti si riveleranno poi effettivamente redditizi, cioè si
tramuteranno in “star” e quindi in “cash cow”. Alcuni di questi potranno anche rivelarsi dei
“dog”, cioè prodotti che non contribuiscono ai profitti nel presente, né in prospettiva.
• ci devono quindi essere delle “star” che, se ben sviluppate, potranno evolvere in «cash
cow”;·
• infine, non ci dovrebbero essere, se non in via transitoria, “dog”; tuttavia, in alcuni casi, le
imprese sono vincolate a mantenere anche alcune business unit in perdita (“dog”); ad
esempio, per assicurare la completezza della gamma dei prodotti offerti al mercato o,
ancora, per mantenere le barriere all’entrata di potenziali concorrenti.
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Assunti fondamentali della matrice BCG.
1. Costo unitario del prodotto decrescente all’aumentare dei volumi cumulati. E’ la base
della teoria nota come «Curva d’esperienza» che rende conto delle economie di costo
generate dalla espansione delle vendite e, con questa, dei volumi produttivi. Analizzando
i dati storici di un’azienda è possibile riconoscere, per ogni categoria di prodotto, la
traiettoria evolutiva seguita dal costo del prodotto al variare del volume cumulato di
produzione. La curva che esprime questa relazione prende il nome dal complesso dei
fattori cui è riconducibile la riduzione del costo. L’esperienza maturate (sia dal produttore
che dai propri fornitori) a livello di maestranze, l’affinamento delle tecnologie impiegate
(macchine ed attrezzature), l’ottimizzazione nell’impiego dei materiali e nei costi della
distribuzione concorrono a realizzare notevoli incrementi di efficienza. Valori tipici di
questi incrementi di efficienza possono variare dal 5 al 25% di riduzione del costo ad ogni
raddoppio dei volumi prodotti
2. Il tasso di crescita del mercato nelle fasi di sviluppo e inizio maturità del ciclo di vita del
prodotto assicurano una forte espansione dei ricavi ed un rapido rientro
dell’investimento. Il ciclo di vita del prodotto, in generale, presenta lo stesso andamento
per ogni prodotto. Naturalmente, l’altezza della curva e la durata del suo arco temporale
variano notevolmente in funzione dell’intensità della concorrenza presente all’interno del
settore (e non solo! Vedi rischi collegati alla presenza di prodotti sostitutivi) e dal grado di
successo ottenuto dal prodotto stesso. E’ da notare che, in alcuni casi, nello stadio di
maturità del prodotto si possono inserire nuovi cicli di vita del prodotto stesso legati alla
proposta di nuove applicazioni o di nuove forme di consumo.
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La matrice GE-McKinsey classifica ciascuna attività dell’impresa secondo due variabili
particolarmente significative dal punto di vista del marketing: l’attrattività del mercato e la
posizione competitiva dell’impresa.
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La slide mostra i passi per determinare il posizionamento nella matrice GE-McKinsey.
Con riferimento al primo punto, elenchiamo alcuni delle metriche che si possono adottare
per misurare l’attrattività e la Competitività di un settore:
• l’attrattività del settore: dimensione del mercato (valore, numero di unità vendute), tasso
di crescita annuo; margini medi di profitto; caratteristiche degli ambienti istituzionali e
politici (regime fiscale, imposte medie applicate; lunghezza dei procedimenti giudiziari; …,
presenza di fenomeni corruttivi; …; appartenenza del Paese ad organizzazioni multilaterali);
turbolenza tecnologica (ciclo di vita media delle tecnologie di prodotto/processo, …); …
• la posizione competitiva: quota di mercato; trend di sviluppo della quota; valore e
reputazione della marca; efficienza (numerosità dei punti vendita, lunghezza dei canali) ed
efficacia (valore del fatturato per punto vendita, fatturato per m2 del punto vendita
medio), del sistema distributivo; qualità/prestazioni del prodotto richieste dal mercato,
risorse finanziarie necessarie (investimento medio richiesto); …; concentrazione (trend nel
numero dei competitors che operano nel settore)
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Mentre il posizionamento del portafoglio di attività spetta al corporate della società, il
posizionamento dei prodotti / delle marche all’interno di un settore fa parte della strategia
di business.
Per ogni segmento di mercato selezionato, l’impresa deve sviluppare una strategia di
posizionamento del prodotto e comunicarla al mercato.
Per posizionamento del prodotto sul mercato intendiamo l’insieme delle iniziative di
marketing mirate a definire le caratteristiche del prodotto dell’impresa e ad impostare il
marketing-mix più adatto per attribuire una certa posizione al prodotto nella mente del
consumatore (Kotler, “Marketing Management”).
Quello che conta è la percezione che il consumatore ha della posizione di ogni prodotto: il
posizionamento riguarda il modo in cui il prodotto trova collocazione nella mente del
potenziale cliente.
Le azioni di posizionamento devono puntare a distinguere la posizione dei prodotti
dell’azienda da quella degli altri concorrenti. Questo implica un continuo raffronto tra le tre
parti in gioco: il cliente e le sue percezioni, l’offerta dell’impresa e l’offerta dei concorrenti.
Una volta posizionati i prodotti/marche dell’impresa, essa può sviluppare piani di marketing
coerenti con tali posizioni.
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La mappa del posizionamento viene impiegata per rappresentare, rispetto a due variabili, il
posizionamento sul mercato di un prodotto, di linee di prodotti o di una marca rispetto ai
prodotti, alle linee e alle marche dei concorrenti.
Le variabili della mappa dovrebbero essere scelte in modo tale da evidenziare il più possibile
le differenze tra prodotti di imprese diverse o tra linee differenti della stessa impresa.
Un’analisi di segmentazione e di posizionamento corretta può permettere di individuare
eventuali opportunità di mercato non sfruttate.
La slide mostra la mappa di posizionamento delle pagine web dei quotidiani cartacei sul
mercato francese (e non solo, trattandosi di un servizio accessibile via web!).
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L’approccio alla segmentazione esaminato precedentemente assume che il settore in cui
opera l’azienda sia già definito. Questa assunzione può risultare restrittiva nel senso che può
essere utile definire il mercato dell’azienda prescindendo dal settore merceologico in cui
l’azienda è classificata.
Si parla allora di macro segmentazione riferendosi alla definizione dei mercati dei prodotti
(business) e di micro segmentazione per la determinazione delle caratteristiche dei clienti
target all’interno dei business scelti
La segmentazione, in una prospettiva di orientamento al mercato, comincia con la
definizione del business dell’azienda (macro segmentazione)
I clienti non acquistano un prodotto in quanto tale, ma acquistano (o si aspettano di
acquistare) una soluzione ad uno specifico problema. Da questo punto di vista, non solo la
tecnologia specifica del nostro prodotto può risolvere il problema, ma tecnologie diverse
dalla nostra o tecnologie che ancora non sono state applicate nel nostro settore lo possono
risolvere.
Ad esempio, un’azienda che produce porte e cancelli potrebbe definire il proprio business
come “soluzioni per il controllo degli accessi” e quindi considerare come proprio business
non solo gli infissi, ma anche sistemi di sicurezza hardware e software.
Avere una buona definizione del proprio business è un punto di partenza importante perché
permette d’identificare la tipologia della clientela che vogliamo servire, di monitorare i
concorrenti e d’identificare i fattori critici di successo per la nostra azienda. Non solo, la
definizione del business permette all’azienda di scoprire nuove possibilità di crescere il
proprio business e di trasformarsi in un fornitore di servizi e non solo di prodotti, rendendo i
clienti più fedeli rispetto alla clientela delle aziende che offrono solo prodotti.
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Il cubo di Abell può essere di aiuto nella sintesi della definizione del mercato nelle sue tre
dimensioni principali.
Funzioni. Si fa riferimento alle esigenze funzionali che vengono soddisfatte dal prodotto
(esempio: trasporto internazionale di beni oppure pulizia dei denti) e che spesso coincidono
anche con i benefici apportati dal prodotto (shampoo con funzione antiforfora). E’ possibile,
quindi, descrivere la funzionalità anche sotto forma di pacchetto di benefici che vengono
acquistati dalla clientela.
Clienti. Si tratta di descrivere un profilo dei clienti che intendiamo raggiungere: classi socioeconomiche, collocazione geografica, tipo d’attività, dimensioni delle aziende, etc.
Tecnologie. Questa dimensione descrive le tecnologie che possono risolvere un determinato
problema; ad esempio stampaggio plastica, water-jet cutting, EDI, … Le tecnologie
disponibili tendono a cambiare con una certa frequenza, quindi occorre considerare anche
quelle che attualmente rappresentano un potenziale e che domani potrebbero essere
concretizzarsi in una opzione percorribile.
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Dalla combinazione delle caratteristiche del nostro business lungo le tre dimensioni
esaminate identificheremo tre diverse tipologie di mercati di riferimento.
1. In un settore una sola tecnologia copre diverse funzioni per diversi gruppi di clienti.
Esempio: azienda produttrice di piccoli elettrodomestici (dal forno a micro-onde ai ferri
da stiro). E’ la definizione più tradizionale di mercato, ma dal punto di vista del marketing
è troppo generale perché è improntata ad una visione del mercato tipica delle aziende di
produzione: riprendendo l’esempio, ai forni a micro-onde ed ai ferri da stiro possono
corrispondere esigenze e tipologie di utilizzatori finali molto diversi.
2. Un esempio di mercato delle soluzioni è quello dei prodotti per la colazione (cereali,
biscotti, marmellate, diversi tipi di pane, etc.). Il mercato delle soluzioni corrisponde alla
definizione delle categorie di prodotto per quanto riguarda i beni di largo consumo. Esso
si avvicina molto al concetto dei “bisogni generici” ed ha il merito di enfatizzare
l’esistenza di tecnologie diverse per risolvere lo stesso “problema”. Quindi suggerisce
strategie di diversificazione e di organizzazione dei mercati : ad esempio può variare
molto il mix dei prodotti di un’azienda.
3. Il concetto di mercato di prodotto coincide con quello di SBU (Strategic Business Unit). E’
la definizione maggiormente market-oriented. Una tecnologia per una specifica soluzione
e per una classe di cliente.
In base al mercato di riferimento varieranno le strategie commerciali e il tipo
d’organizzazione adottate dall’azienda.
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Le strategie di copertura del mercato derivanti dal modello di Abell sono cinque:
• La concentrazione su un solo segmento viene adottata in prevalenza dalle piccole imprese
che attuano una strategia di nicchia.
• La strategia di specializzazione di prodotto, consiste nella produzione di un prodotto
appetibile da tutte le fasce di clientela.
• Con la strategia di specializzazione di mercato un’impresa decide di rivolgersi ad un
determinato gruppo di clienti offrendo tutte le tipologie di prodotti.
• Con la strategia di specializzazione selettiva un’impresa opera in segmenti non
strettamente collegati da caratteristiche di mercato o di prodotto, ma accomunati
esclusivamente dalla loro attrattività.
• Con la strategia di copertura totale l’azienda si rivolge a tutte le fasce di clienti offrendo
una gamma completa di prodotti; questa strategia può essere impiegata da aziende di
grandi dimensioni (che dispongono di ingenti risorse) per ottenere la leadership di mercato
(es: Ford).
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Supponiamo di voler segmentare il mercato degli autotrasporti per conto di una società che
intende proporre i propri mezzi di trasporto ad operatori della logistica distributiva:
• Esigenze: trasporti regionali, nazionali, internazionali
• Tecnologie: trasporto su strada
• Clientela: piccoli proprietari (Padroncini) e aziende logistiche (Flotte aziendali). Anche la
dimensione delle flotte è stata suddivisa in classi: piccola (1-4 mezzi), media (5-10 mezzi) e
grande (> di 10 mezzi)
Creiamo quindi una tabella dove
• nella colonna “Attività” definiamo le esigenze funzionali per ogni tipologia di cliente
• le altre colonne rappresentano le dimensioni della flotta in numero di mezzi che, per
ulteriore chiarezza, potrebbero a loro volta essere suddivisi in base alla portata, minore o
maggiore di 16t
Utilizzando le statistiche che riportano il numero delle immatricolazioni per ognuno di
questi segmenti, possiamo associare una percentuale ad ogni segmento e quindi
quantificare la descrizione del mercato individuata attraverso il cubo di Abell.
La tabella può essere affinata eliminando le celle che sono una combinazione astrusa delle
variabili di segmentazione e raggruppando i segmenti simili e troppo piccoli.
Durante il riempimento della tabella, le celle che non si riescono a riempire potrebbero
rappresentare potenziali nuovi segmenti di mercato da servire non ancora sfruttati.
Per scoprire nuove possibilità e migliorare il vantaggio competitivo dell’azienda è necessario
andare oltre i metodi convenzionali di definizione dei segmenti di mercato che sono
attualmente in uso nel settore in cui operiamo (caratteristiche della clientela, caratteristiche
dei prodotti, modalità dei consumi, …, etc.).
Una valida definizione del business dovrebbe tenere in considerazione, ad esempio, le
evoluzioni delle tecnologie, delle funzioni del prodotto, del profilo dei potenziali clienti, degli
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sviluppi dei canali distributivi.
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La micro segmentazione si occupa di identificare e raggruppare i clienti che sono interessati
al medesimo pacchetto di benefici, per soddisfarli e creare un vantaggio competitivo per
l’azienda.
Nella micro segmentazione dei mercati di consumatori finali i criteri di segmentazione più
utilizzati sono:
• criteri socio-demografici
• l’importanza attribuita a certi valori ( benefici forniti dal prodotto)
• lo stile di vita
• il comportamento d’acquisto
Nel caso di marketing business-to-business i criteri di micro segmentazione più impiegati
sono:
• la tipologia di settore di attività
• la tipologia di utilizzazione del prodotto
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Problema: riposizionamento gamme di prodotto della Levi’s Strauss Italia, affiliata al gruppo
multinazionale Levi’s.
La filiale italiana è al 3° posto per fatturato dopo USA e Giappone.
Importanza del sistema informativo:
- dati statistici di vendite locali
- ricerche di mercato qualitative nazionali e internazionali
- ricerche periodiche quantitative
- pre e post test
- indagini nazionali di natura psicografica (in particolare, i teenager di riferimento)
La Levi’s ha sfruttato il proprio patrimonio informativo per definire la propria strategia di
prodotto e di comunicazione.
Mercato europeo: 145 Milioni di unità vendute nel 1990, 92 milioni nel 1985
Mercato italiano: complesso e turbolento sistema moda, componente ciclica + fattori sociodemo-psicografici ardua ogni previsione basata su estrapolazione di dati passati.
Livello fisiologico di 22 milioni di capi anno
Quota di mercato Levi’s: 10% nel 1986, 18,4% nel 1990
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Fu proprio Levi Strauss ad “inventare” i jeans: l’autentico e originale porta ancora oggi il
codice 501.
Missione aziendale: trasformare la storia in mito monitoraggio evoluzione gusti e
atteggiamenti del mercato obiettivo (teenager).
La slide mostra il modello interpretativo delle funzioni dei jeans secondo i bisogni e la
relativa percezione del prodotto da parte dei teenager messo a punto dalla sede europea di
Levi’s.
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Levi’s Italia ha effettuato ricerche di natura qualitativa per posizionare su questo modello
interpretativo generale la percezione dell’immagine aziendale nella sua globalità e quello
delle singole linee di prodotto per valutare l’efficacia del posizionamento e della loro
sinergia.
Gamme di prodotto:
• Red Tab: linea di punta che incarna i valori di qualità, autenticità e originalità. Prodotto di
punta “501 original since 1887”. Target: ragazzi 11-24 anni, possibilità di praticare un
premium price. Promozione pubblicitaria televisiva.
• Orange Tab: linea complementare a Red Tab, valori di utilità, quotidianità e comfort.
Target più ampio rispetto al 501, prezzi del 15-20% inferiori. La promozione privilegia la
stampa.
• Silver Tab: linea lanciata in contrapposizione ai jeans firmati dagli stilisti. Particolare cura
ai dettagli ornamentali e al rinnovo annuale dei prodotti. Target: consumatore adulto e
raffinato. Punti vendita qualificati, alti ricarichi. No promozione al di fuori del punto
vendita.
Problema affrontato:
Proliferazione di stili e aggregazioni giovanili, crescita delle quantità consumate e del potere
d’acquisto dei giovanissimi (11-14 anni).
Scarsa incisività della gamma Silver Tab, erosione dei volumi della gamma Orange Tab,
dipendenza dalla linea 501.
Mosse dell’azienda:
1. Raccolta di informazioni sui teenager
2. Verifica possibilità di riposizionamento delle proprie gamme di prodotto
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Indagine psicografica sulla popolazione italiana riferita al segmento di età 14-19 anni.
Ruolo dei jeans come talismano di lunga vita nell’immaginario dei consumatori.
Carattere trans-temporale dei jeans: desiderio di un capo inesauribile, che duri nel tempo e
sopravviva alle mode, legato al suo proprietario in modo totalmente funzionale.
Obiettivi dell’indagine sui teenager:
1. I modelli di riferimento dei comportamenti:
• Interazione tra fattori evolutivi, rapporti familiari e interpersonali, comportamenti
sociali
• Sistema di influenze alla base dei comportamenti dei teenager
2. Network giovanili:
• L’amicizia, il gruppo
• I momenti di aggregazione
• La scuola e il lavoro
• I miti e le mode
3. La disponibilità monetaria:
• Quanto e come si spende
• Per comprare che cosa
4. I comportamenti di consumo:
• La lettura e i consumi culturali (quotidiani, periodici, libri, spettacoli,…)
• La musica
• L’abbigliamento e gli accessori (importanza per la costruzione dell’identità, fattori
che orientano le scelte, comportamenti-luoghi-marchi d’acquisto)
• La pubblicità (atteggiamenti, interesse ed esposizione, attrattive, fascino,
preferenze per personaggi, situazioni, marche e miti).
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Prima conclusione: consumo come cibo per la crescita del teenager. Il consumo cambia e si
rinnova continuamente e serve per obiettivi di crescita differenziati in funzione delle diverse
età. La rappresentazione più efficace del mondo agli occhi dei teenager è quella di un
enorme supermercato self-service.
Seconda conclusione: le caratteristiche di un prodotto (specie se di abbigliamento) per
diventare mito sono:
• Sopravvivenza (capo tecnico)
• Conquista (inaccessibilità)
• La ricerca del sé (il passato, l’altrove)
• La praticità (capo funzionale)
Denominazione
Percentuali
∆
1988
1989
Amorfi
18
17
-6%
Terza conclusione: ripartizione della
Travoltini
13
14
8%
popolazione giovanile in gruppi tipologici
Curiose
20
23
15%
Onnivori
20
19
-5%
Bravi ragazzi
14
14
-
Antenne
15
13
-13%
• L’esclusione dell’adulto
(indagine Pianeta Teenager Eurisko)
[Vedi slide]
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Interesse dell’azienda per i gruppi ad alta intensità di consumo (travoltini e onnivori) e per il
gruppo che anticipa le mode (antenne).
Sintesi interpretativa dei risultati ottenuti posizionamento dei gruppi tipologici di
teenager sulla mappa di percezione dei jeans.
L’azienda è consapevole di alcune forzature: alcune caratteristiche dei gruppi occupano
porzioni ampie della mappa.
Levi’s emerse come un marchio trasversale per i jeans, leader in tutti i gruppi tipologici.
Quote di mercato del target teenager: Levi’s 25%, Uniform 6%, Armani 5%, Carrera 4%.
Le quote variano sensibilmente per i vari gruppi tipologici:
• Levi’s sale oltre il 30% per antenne e travoltini, scende al 16% per i bravi ragazzi, si
mantiene al 15% per gli altri gruppi
• Per Uniform emergono gli onnivori (10%)
• Per Armani emergono le curiose (9%)
• Per Carrera emergono gli amorfi e i bravi ragazzi (9%)
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Il conseguimento dell’obiettivo strategico implica il riposizionamento delle gamme di
prodotto.
In particolare si è ritenuto opportuno spostare la percezione di Orange Tab dal quadrante
“conformismo di gruppo” a quello della “realizzazione individuale”. Per i teenager la gamma
Orange Tab dovrà essere riposizionata a cavallo tra stile e moda.
La gamma Orange Tab veniva identificata dai teenager come un capo da lavoro o da
weekend per adulti, aveva perduto i caratteri di individualismo, gioventù e unicità tipici tipici
di Levi’s. Nel quadrante si trovano i bravi ragazzi e il concorrente Carrera.
Rischio del riposizionamento: eccessiva spinta verso proposte effimere di moda esasperata
(in contrapposizione con i valori forti di originalità e autenticità).
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Autunno-inverno 1989: lancio di una nuova gamma Orange Tab
Il piano di riposizionamento improntato dall’azienda prevede interventi in diverse aree:
• Area prodotto: revisione vestibilità modelli più classici, inserimento nuovi modelli con
chiusura a bottoni oltre che zip, allargamento dei modelli all’area ragazza, introduzione di
lavaggi e finissaggi più aggressivi.
• Area package: revisione del materiale cartaceo descrittivo, utilizzo di bottoni snodati per
facilitare l’abbottonatura, sostituzione dell’etichetta posteriore in cuoio con una nuova
dal look più aggressivo,…
• Area comunicazione: affissione, stampa e materiali promozionali integrati. La strategia
di comunicazione ha tenuto conto dei valori specifici del marchio Levi’s e di quelli della
gamma 501 e della gamma Orange Tab (vedi slide). I portatori di 412 sono identificati
come protagonisti, in contrapposizione agli eroi che indossano i 501.
• Area “Bottom–Top”: affiancamento ai pantaloni (bottom) di alcuni nuovi prodotti,
coerenti con l’immagine, quali camicie e giubbotti denim (top)
• Leadership trasversale: riproporre un’offerta articolata, aggiornata, contemporanea e
adatta a diverse occasioni d’uso.
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La campagna di comunicazione è stata testata da un istituto indipendente e si è dimostrata
efficace in tutte le componenti posizionandosi sopra la media del settore.
Il mercato obiettivo ha reagito positivamente in termini di vendite e quote di mercato.
Sia il sell-in che il sell-out sono aumentati.
Si è ridotta la dipendenza dal 501 che rimane comunque l’articolo più importante.
Il riposizionamento della gamma Orange Tab, frutto della raccolta e della corretta
interpretazione delle informazioni, ha portato ad un aumento della quota di mercato della
Levi’s in un mercato in contrazione.
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