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la storia dell'uomo
“sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del Mondo”
- Socrate -
Unità Pluridisciplinare
Discipline
Anno Scolastico
Ideato e Realizzato da
Migranti
Italiano-Storia-Diritto
2015/2016
MariaL Centonze - Oronzino Zonno
C'ERA UNA VOLTA
L'AMERICA
Cenni storici
La storia d’Italia è anche la storia dell’emigrazione italiana. Il fenomeno è sicuramente
precedente all’unità nazionale (soprattutto verso i Paesi confinanti), ma non c’è dubbio
che esso si accentuò subito dopo, fino al Novecento.
Nel 1903 Giovanni Giolitti vuole migliorare le condizioni di lavoro degli operai
riconoscendo la libertà di sciopero che consente solo al Nord; al contrario, nel Sud
reprime gli scioperi con l'intervento delle forze dell'ordine; questo modo di fare di
Giolitti è definito del “doppio volto”.
Intanto l'economia mondiale subisce una trasformazione molto profonda che gli storici
definiscono seconda rivoluzione industriale e, nel contempo, si parla di
industrializzazione italiana, ma limitata al “triangolo industriale” Genova-MilanoTorino, lasciando in uno stato di arretratezza il Sud Italia.
Infatti, molti contadini meridionali cercano lavoro verso l'estero, in particolare, verso il
Nord Europa, gli Stati Uniti e alcuni paesi dell'America del Sud.
Altri momenti storici sono stati interessati dal fenomeno migratorio. Si parla di terza e
quarta fase: la terza corrisponde al periodo tra le due guerre, la quarta comprende il
periodo dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli anni sessanta.
Durante la traversata oceanica incontra la bella
Lucy, una young lady che indossa il cappello ed è
più elegante della figlia del sindaco del paese.
Luce parla la lingua dell'America e cerca un
compagno da impalmare per ritornarci da signora.
Salvatore, da vero galantuomo, accoglie la sua
avance. Il lungo viaggio approderà ad Ellis Island,
l'isola della quarantena dove si decideranno gli
ingressi e i rimpatri.
Non poteva scegliere un tempo migliore di questo,
Emanuele Crialese, per ripercorrere la storia della
migrazione italiana, indagando sulla genesi del
pregiudizio che accompagna da sempre i fenomeni
migratori e le dinamiche dell'inserimento nella
società di accoglienza. Proprio oggi l'Italia è il
"nuovomondo", una meta ambita di immigrazione.
L'esperienza migratoria italiana, interna (da Sud a
Nord) o transoceanica, si compie con
Nuovomondo, la storia di un viaggio oltremare
alla ricerca della terra promessa.
Nella Sicilia degli inizi del Novecento, Salvatore fa un
voto e chiede un segno al cielo: vuole imbarcarsi per il
nuovomondo e condurre in America i figli e l'anziana
madre. Il segnale è una cartolina di propaganda che ritrae
minuscoli contadini accanto a galline giganti o a carote
sproporzionate. Venduta ogni cosa posseduta, Salvatore
lascia la Sicilia alla volta dell'America.
dal film: NUOVOMONDO di Emanuele Crialese (2006)
partenza dalla Sicilia
sbarco ad Ellis Island
New York, trionfa de Blasio. Dopo 20 anni la Grande Mela torna democratica
6 novembre 2013
Eletto sindaco di New York, l'italo
americano Bill de Blasio.
Il candidato di origini italiane, ha fatto
rispettare i pronostici e ha agguantato la
poltrona di primo cittadino staccando di
trenta punti lo sfidante repubblicano Joe
Lhota.
Nasce a Manhattan, distretto della città di
New York, da Warren Wilhelm e Maria De
Blasio. Il padre, militare dislocato
nell'Oceano Pacifico, aveva ascendenze
tedesche mentre i nonni materni, Giovanni
De Blasio e Anna Briganti, erano italiani: il
primo era originario di Sant'Agata de Goti
(Benevento), mentre la nonna era natìa di
Grassano, in provincia di Matera.
Viene eletto Sindaco di New York con oltre
il 73% delle preferenze, vent'anni dopo
l'ultimo sindaco democratico della "Grande
Mela”, Denis Dinking. È il quarto sindaco
italoamericano di New York dopo Fiorella
La Guardia (1934-45), Vincent Vielleri
(1950-53) e Rudolph Giuliani (1994-2001).
Italiani d'Argentina
Fu la legge sulla colonizzazione e l'immigrazione varata nel 1876 dal Governo di Buenos Aires, che assegnava lotti
di terreno a prezzi agevolati, a spingere molti emigrati a partire dall'Italia per tentare la fortuna nella Pampa. Sul
finire del XIX secolo erano più di sessantamila i proprietari agricoli italiani in Argentina.
Come scrive Luigi Einaudi: “L'Argentina sarebbe ancora un deserto, le sue città un impasto di paglia e fango senza
il lavoro perseverante, senza l'audacia colonizzatrice, senza lo spirito di intraprendenza degli italiani. Figli d'Italia
sono stati coloro che hanno creato il porto di Buenos Aires, che hanno colonizzato intere province vaste come la
Francia e l'Italia; sono per nove decimi italiani quei coloni che hanno dissodato l'immensa provincia di Santa Fé,
dove ora si diparte il grano che inonda i mercati europei; sono italiani coloro che hanno intrepidamente iniziato la
coltura della vite sui colli della provincia di Mendoza, sono italiani moltissimi tra gli industriali argentini, ed
italiani i costruttori e gli architetti dell'America del Sud, e italiano é quell'imprenditore, il quale, emulo degli
inglesi, ha costruito sulle rive del Plata più di mezzo miliardo di opere pubbliche”.
I primi italiani giunsero in Argentina già nella prima metà dell'800, quando Buenos Aires era poco più di una
cittadina sulle rive del Rio de la Plata.
Scrive ancora Einaudi che agli “italiani spetta il merito maggiore di aver ideato e costruito, seppure con capitali
stranieri, l'ampio porto che costituisce l'orgoglio e la fortuna di Buenos Aires ed è una delle principali opere del
secolo; ad italiani il vanto di avere trasformato un fangoso fiumiciattolo in un ampio e profondo canale, donde si
dipartono le navi che recano la vita ed il movimento nelle più lontane regioni del sistema fluviale Platense”.
Il primo giornale che gli italiani fondarono in Argentina nel 1854 fu “l'Italiano”, seguito da “l'operaio Italiano” e
“La patria degli italiani”.
Nel 1878 nella capitale argentina fu attivato un primo Hotel de Inmigrantes, poi se ne costruì un altro, finchè nel
1910 lo stato argentino inaugurò quello dove oggi si trova il “Museo dell'Immigrante”.
Elezioni Argentina, risultati: Mauricio Macri è il presidente:
“Cambio d’epoca”
Eletto presidente dell'Argentina l'italoargentino Mauricio Macri, 23 novembre 2015
Dopo 12 anni finisce l'era dei Kirchner. Mauricio Macri è il nuovo presidente dell’Argentina. Il leader della
coalizione di centro-destra “Cambiemos” ha battuto al ballottaggio il candidato peronista Daniel Scioli con
il 51,42% dei voti, contro il 48,58% del governatore uscente della provincia di Buenos Aires.
Nel discorso di Macri c’è stato spazio anche per il ricordo delle proprie origini: figlio di Franco, originario
di Reggio Calabria trasferitosi a Buenos Aires negli anni ’50, il neo presidente ha così reso omaggio al
lavoro fatto dagli “immigrati che attraversarono l’Oceano senza Facebook o Twitter”, “giunti fin qui dove
si sono radicati costruendo una tappa meravigliosa dell’Argentina. Ora tocca a noi”.
Migrazione e Letteratura
Migrazione” è una parola che evoca storie di disagio sociale, di ingiustizie economiche, di politiche di accoglienza o di rigetto, di lenti
spostamenti e trasformazioni di mentalità. E’ a sua volta di per sé un’esperienza che si intreccia profondamente con la scrittura letteraria; è
un topos letterario tra i più potenti. Basti nominare due temi dell’esperienza migratoria, il viaggio e la nostalgia, per capire quanto essi
abbiano nutrito le letterature, compresa la letteratura italiana.
Molti sono gli autori italiani che hanno mostrato interesse nei confronti del fenomeno migratorio. In particolare si ricordano, in riferimento
al periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900, E. De Amicis e G. Pascoli. Il primo tentativo di scrivere un romanzo sull’emigrazione italiana viene
attribuito a De Amicis in Sull’Oceano, “Diario di bordo” della traversata oceanica da Genova a Buenos Aires compiuta dallo scrittore nel
1884, quando anche in Italia l’emigrazione stava diventando un fenomeno di massa. Dall’alto della prima classe descrive le condizioni di
viaggio, le storie, le aspettative e le motivazioni a emigrare dei viaggiatori di terza, questa volta ammassati nella stiva in condizioni
miserevoli.
Nel 1904 anche Pascoli affronta il tema dell’emigrazione italiana con il poemetto Italy. L’argomento del testo è legato, infatti, al
drammatico problema dell’emigrazione tra la fine del secolo XIX e primi del secolo XX. In quel periodo parecchie famiglie italiane, di
fronte all’indigenza e alla mancanza di prospettive per il futuro, scelsero di emigrare in Paesi stranieri, soprattutto negli Stati Uniti
d’America. Pascoli, prendendo spunto da una vicenda realmente accaduta ad una famiglia, in un piccolo paesino della Garfagnana,
costruisce una commovente storia di emigrazione, dolore, sofferenza, morte.
Migranti sono uomini, donne e bambini, privati di quei diritti che sono dell'uomo, quali il diritto alla vita, alla libertà di parola, religione, il
diritto a non essere sottoposti a tortura, a emarginazione o a trattamenti disumani. Questo accade perché ancora non si è riusciti a
raggiungere un'unità della diversità, poiché viviamo in un mondo convinto che sia il colore della pelle, la terra in cui si è nati, la lingua che
parliamo e la religione che professiamo a renderci diversi. Nella poesia La valigia dell’emigrante (1952) di Gianni Rodari si comprende la
necessità di abbandonare la terra natia nonostante l'amore che si ha per essa. In questa breve poesia viene riassunta la realtà
dell'emigrazione, dovuta per la maggior parte dei casi a motivi economici, ma vi è anche il dolore, la sofferenza ad andar via, a lasciare il
paese in cui si è nati, si è cresciuti e dove vi sono le persone che si amano.
Agli inizi degli anni sessanta P.P.Pasolini, dotato di visionarietà poetica, attraverso “Profezia”, ha previsto in modo impressionante
l’immigrazione, l’esodo dall’Africa all’Italia. E’ una poesia dedicata a J.P. Sartre che gli ha fatto conoscere Alì dagli occhi azzurri. Nello
specifico Alì è l’incarnazione del Sud del mondo che proprio in quegli anni entrava nella storia, conquistando l’indipendenza e la sovranità
nazionale.
Il fenomeno migratorio è stato affrontato anche in ambito musicale e, a tal proposito, si ricorda la bellissima canzone di I. Fossati “Pane e
coraggio”.
Per questo brano ha ricevuto anche il Premio Amnesty International, che parla di emigranti e di extracomunitari. Nella canzone c’è una
frase che potrebbe essere benissimo ricondotta alla condizione che viviamo nell’ambito del diritto familiare: “… ma soprattutto ci vuole
coraggio, a trascinare le nostre suole, da una terra che ci odia, ad un´altra che non ci vuole …”
L’Emigrazione italiana in Edmondo De Amicis: Sull’Oceano (1890)
Edmondo De Amicis (1846-1908), universalmente noto per il suo libro Cuore (1886), fu anche
scrittore raffinato di numerosi libri di viaggio e giornalista di larga popolarità. La
rappresentazione di De Amicis dell’emigrazione a bordo del Galileo, in procinto di salpare dal
porto di Genova per l’America, rimane una delle pagine più significative della letteratura italiana
d’impegno sociale.
“Quando arrivai verso sera, l’imbarco degli emigranti era già cominciato da un’ora, e il Galileo,
congiunto alla calata da un piccolo ponte mobile, continuava a insaccar miseria: una processione
interminabile di gente che usciva a gruppi dall’edifizio dirimpetto dove un delegato della
Questura esaminava i passaporti. La maggior parte, avendo passato una o due notti all’aria aperta,
accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini,
donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di
latta dell’asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio,
sacche e valigie d’ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materassi e di coperte, e il
biglietto col numero della cuccetta stretto tra le labbra. […]
E tutta questa miseria è italiana! - pensavo ritornando a poppa. E ogni piroscafo che parte da
Genova n’è pieno, e ne partono da Napoli, da Messina, da Venezia, da Marsiglia, ogni settimana,
tutto l’anno, da decine d’anni! E ancora si potevan chiamare fortunati, per il viaggio almeno,
quegli emigranti del Galileo, in confronto ai tanti altri che, negli anni andati, per mancanza di
posti in stiva, erano stati accampati come bestie sopra coperta, dove avevan vissuto per settimane
inzuppati d’acqua e patito un freddo di morte; e gli altri moltissimi che avevan rischiato di crepar
di fame e di sete in bastimenti sprovvisti di tutto, o di morir avvelenati dal merluzzo avariato o
dall’acqua corrotta. E n’erano morti. E pensavo ai molti altri che, imbarcati per l’America da
agenzie infami, erano stati sbarcati a tradimento in un porto d’Europa, dove avevan dovuto tender
la mano per le vie; o avendo pagato per viaggiare in un piroscafo, erano stati cacciati in un legno
a vela, e tenuti in mare”.
ITALY
CANTO PRIMO
IV
... Maria guardava. Due rosette rosse
aveva, aveva lagrime lontane
negli occhi, un colpo ad or ad or di tosse.
La nonna intanto ripetea: "Stamane
fa freddo!" Un bianco borracciol consunto
mettea sul desco ed affettava il pane.
Pane di casa e latte appena munto.
Dicea: "Bimbina, state al fuoco: nieva!
Nieva!" E qui Beppe soggiungea compunto:
"Poor Molly! Qui non trovi il pai con fleva!"
L'emigrazione nella poesia di Pascoli
V
Italy è un poemetto composto da 450 versi divisi in due canti, con il
sottotitolo Sacro all’Italia raminga. Giovanni Pascoli scrisse
quest’opera nel 1904 ispirandosi alle vicende di una famiglia di
contadini di Castelvecchio costretta a emigrare negli Stati Uniti. La
poesia evidenzia la perdita di identità, l’estraneità e
l’incomprensione fra chi è partito e i familiari rimasti in patria a
conservare arcaiche tradizioni. Pascoli racconta la storia della
piccola Maria-Molly, malata di tisi, riportata in Italia dal lontano
Ohio per essere curata. L’incontro con la nonna, al di là delle
difficoltà di comunicazione (che fanno emergere sperimentalismi
linguistici), porta a una comprensione più profonda. Nel secondo
canto le piogge cedono a una splendente primavera con il ritorno
delle rondini, assimilate a Molly; per la nonna, invece, la vita si fa
difficile con la tosse fatale...
In questo quadro il dramma dell’emigrazione si traduce nel desiderio
struggente della madre che vuole raccogliere i figli nel suo nido e
della patria (antica madre) che deve richiamare i figli dalle terre
lontane dove lavorano in schiavitù, dalle miniere, dai ponti delle
navi, "in una sfolgorante alba che viene".
Oh! No: non c’era lì né pie né flavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
"Ioe, what means nieva? Never? Never?
Never?"
Oh! No: starebbe in Italy sin tanto
ch’ella guarisse: one month or two, poor Molly!
E Ioe godrebbe questo po’ di scianto.
Mugliava il vento che scendea dai colli
bianchi di neve. Ella mangiò, poi muta
fissò la fiamma con gli occhioni molli.
Venne, sapendo della lor venuta,
gente, e qualcosa rispondeva a tutti
Ioe, grave: "Oh yes, è fiero... vi saluta...
molti bisini, oh yes... No, tiene un fruttistendo... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta! Può campar coi frutti...
Tu non sai come, intorno a te le cime
sono dell’Alpi, in cui si arrossa il cielo:
chi canta, è il gallo sopra il tuo concime.
Il baschetto non rende come prima...
Yes, un salone, che ci ha tanti bordi...
Yes, l’ho rivisto nel pigliar la stima..."
"La mi’ Mèrica! Quando entra quel gelo,
ch’uno ritrova quella stufa roggia
per il gran coke, e si rià, poor fellow!
Il tramontano discendea con sordi
brontoli. Ognuno si godeva i cari
ricordi, cari ma perché ricordi:
O va per via, battuto dalla pioggia.
Trova un farm. You want buy? Mostra il baschetto.
Un uomo compra tutto. Anche, l’alloggia!"
quando sbarcati dagli ignoti mari
scorrean le terre ignote con un grido
straniero in bocca, a guadagnar danari
Diceva alcuno; ed assentiano al detto
gli altri seduti entro la casa nera,
più nera sotto il bianco orlo del tetto.
per farsi un campo, per rifarsi un nido...
Uno guardò la piccola straniera,
prima non vista, muta, che tossì.
"You like this country..." Ella negò severa:
VI
Un campettino da vangare, un nido
da riposare: riposare, e ancora
gettare in sogno quel lontano grido:
Will you buy... per Chicago Baltimora.
Buy images... per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:
cheap! Nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! tra un urlerìo che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta...
"Oh no! Bad Italy! Bad Italy!"
1904
Il treno degli emigranti
Gianni Rodari è il più grande scrittore per
bambini del nostro secolo. I suoi primi scritti per
bambini, filastrocche, poesie, rime, racconti e
romanzi risalgono agli anni 50. Appartengono a
questo periodo Il libro delle filastrocche, Il
romanzo di Cipollino, Gelsomino nel paese dei
bugiardi e altre raccolte di versi e filastrocche.
Negli anni 60 raggiunse il grande pubblico dei
lettori e le sue filastrocche cominciarono a
invadere le pagine dei libri di testo. Filastrocche in
cielo e in terra e Novelle fatte a macchina. Gianni
Rodari non è stato solo scrittore per bambini ma
anche pedagogista. Nel 1970 Rodari vinse il
premio Andersen, il più grande riconoscimento
mondiale per uno scrittore dell'infanzia. Morì a
Roma nel 1980.
Non è grossa, non è pesante
la valigia dell'emigrante...
C'è un po' di terra del mio villaggio,
per non restar solo in viaggio...
un vestito, un pane, un frutto
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l'ho portato:
nella valigia non c'è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuole venire.
Lui resta, fedele come un cane.
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
Ma il treno corre: non si vede più.
1952
Pier Paolo Pasolini è nato a Bologna il 5 marzo 1922. Il lavoro del padre, militare di carriera, costringe la famiglia a diversi
spostamenti, ma il soggiorno in Friuli è il più lungo e il più importante per il giovane poeta. Pasolini pubblica le sue prime poesie
a diciannove anni e dopo la laurea in lettere all'Università di Bologna fonda e dirige, con F. Leonetti e R. Roversi, la rivista
'Officina'. Quando, nella seconda metà degli anni Cinquanta, inizia a lavorare come sceneggiatore cinematografico, Pasolini è già
un poeta e uno scrittore affermato. Nel 1957 pubblica 'Le ceneri di Gramsci' e collabora ai dialoghi del film di Federico Fellini
'Le notti di Cabiria'. Quattro anni dopo dirige 'Accattone' (1961), un esordio folgorante, che riesce a trasferire sullo schermo la
poetica sviluppata in romanzi come 'Ragazzi di vita' e 'Una vita violenta'.
Marxista e cattolico, artista capace di comprendere e di
spiegare le contraddizioni della società italiana dei suoi
anni e di quelli successivi, Pasolini è sempre stato un
personaggio scomodo. Nel 1962 è stato arrestato e
processato con l'accusa di vilipendio alla religione di
Stato per l'episodio del film RoGoPaG 'La ricotta', e da 'Il
vangelo secondo Matteo' (1964) al suo ultimo film, 'Salò
o le 120 giornate di Sodoma' (1975), ha sempre dovuto
fare i conti con una censura aggressiva. Pier Paolo
Pasolini è stato ucciso ad Ostia il 2 novembre 1975. Il suo
assassino ha un volto e un nome, Giuseppe Pelosi. Il
delitto è stato spiegato come la conseguenza di un
incontro omosessuale. Molti però sono convinti che dietro
alle misteriose circostanze del suo omicidio possano
nascondersi moventi politici.
Alì dagli Occhi Azzurri
A Jean Paul Sartre, che mi ha raccontato
la storia di Alì dagli Occhi Azzurri
. . . Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua.
Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali.
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci,
asiatici, e di camice americane.
Subito i Calabresi diranno,
come malandrini a malandrini:
"Ecco i vecchi fratelli,
coi figli e il pane e formaggio!"
Da Crotone o Palmi saliranno
a Napoli, e da lì a Barcellona,
a Salonicco e a Marsiglia,
nelle Città della Malavita.
. . . dietro ai loro Alì
dagli Occhi Azzurri - usciranno da sotto la terra per rapinare usciranno dal fondo del mare per uccidere, - scenderanno dall'alto del cielo
per espropriare - e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita per insegnare ai borghesi
la gioia della libertà per insegnare ai cristiani
la gioia della morte
- distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno su come zingari
su verso l'Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento . . .
(da Profezia vv 94-114, 146-162)
1962
Ivano Fossati nasce il 21 settembre 1951 a Genova,
città dove continua a vivere fino ai primi anni
Ottanta quando decide di trasferirsi, dopo molto
viaggiare fra Europa e Stati Uniti, in un piccolo
paese dell'entroterra ligure.
La sua passione per la musica si manifesta da
bambino: a otto anni inizia lo studio del pianoforte,
strumento che diventerà fondamentale nella sua vita,
nonostante numerosi "tradimenti" consumati con
altri strumenti musicali come le chitarre e il flauto.
Dopo qualche esperienza con i gruppi Rockprogressivi, incide il suo primo album nel 1971
("Dolce acqua") alla guida dei Delirium con i quali
conosce il primo grande successo nel 1972 grazie al
brano "Jesahel".
La sua natura fortemente irrequieta e il grande amore per la musica lo portano subito a provarsi in altri
campi, superando ogni esperienza non appena sia compiuta. Inizia così la sua carriera solista che lo vedrà
comunque e sempre continuare le sue collaborazioni in varie forme con musicisti e artisti italiani e stranieri.
Dal 1971 al 2003 Fossati ha pubblicato 21 album, manifestando un interesse per la musica a tutto campo che
lo spinge a percorrere molte delle strade possibili.
Nel febbraio 2003 pubblica l’album di Canzoni “Lampo viaggiatore” a cui fanno seguito due tours.
Amnesty International ha premiato nel 2004 Fossati per la canzone "Pane e coraggio", brano che più di tutti
rappresenta il tema dei diritti umani. Il testo parla di "Migranti", migranti di oggi, migranti disperati.
Ha scritto su questo tema un’altra storia di migranti, diversa ma simile: "Italiani d’Argentina" dove il tema
è la nostra migrazione d’un tempo. In Pane e coraggio vengono considerate le peripezie di chi, per fuggire
la miseria o le persecuzioni, s’imbarca verso l’ignoto, armato solo di pane e coraggio.
Italiani d'Argentina
Ecco, ci siamo
ci sentite da lì?
in questo sfondo infinito
siamo le ombre impressioniste
eppure noi qui
guidiamo macchine italiane
e vino e sigarette abbiamo
e amori tanti.
Trasmettiamo da una casa d'Argentina
illuminata nella notte che fa
la distanza atlantica
la memoria più vicina
e nessuna fotografia ci basterà.
Abbiamo l'aria di italiani d'Argentina
oramai certa come il tempo che farà
con che scarpe attraverseremo
queste domeniche mattina
e che voglie tante
che stipendi stani
che non tengono mai.
Ah, eppure è vita
ma ci sentite da lì?
in questi alberghi immensi
siamo file di denti al sole
ma ci piace, sì
ricordarvi in italiano
mentre ci dondoliamo
mentre vi trasmettiamo.
Trasmettiamo da una casa d'Argentina
con l'espressione radiofonica di chi sa
che la distanza è grande
la memoria cattiva e vicina
e nessun tango mai più
ci piacerà.
Abbiamo l'aria di italiani d'Argentina
ormai certa come il tempo che farà
e abbiamo piste infinite
negli aeroporti d'Argentina
lasciami la mano che si va.
Ahi, quantomar quantomar per l'Argentina.
La distanza è atlantica
la memoria cattiva e vicina
e nessun tango mai più
ci piacerà
Ahi, quantomar
Ecco, ci siamo
ci sentite da lì?
ma ci sentite da lì?
1990
Pane e Coraggio
Proprio sul filo della frontiera
il commissario ci fa fermare
su quella barca troppo piena
non ci potrà più rimandare
su quella barca troppo piena
non ci possiamo ritornare.
E sì che l'Italia sembrava un sogno
steso per lungo ad asciugare
sembrava una donna fin troppo bella
che stesse lì per farsi amare
sembrava a tutti fin troppo bello
che stesse lì a farsi toccare.
E noi cambiavamo molto in fretta
il nostro sogno in illusione
incoraggiati dalla bellezza
vista per televisione
disorientati dalla miseria
e da un po' di televisione.
Pane e coraggio ci vogliono ancora
che questo mondo non è cambiato
pane e coraggio ci vogliono ancora
sembra che il tempo non sia passato
pane e coraggio commissario
che c'hai il cappello per comandare
pane e fortuna moglie mia
che reggi l'ombrello per riparare.
Per riparare questi figli
dalle ondate del buio mare
e le figlie dagli sguardi
che dovranno sopportare
e le figlie dagli oltraggi
che dovranno sopportare.
Nina ci vogliono scarpe buone
e gambe belle Lucia
Nina ci vogliono scarpe buone
pane e fortuna e così sia
ma soprattutto ci vuole coraggio
a trascinare le nostre suole
da una terra che ci odia
ad un'altra che non ci vuole.
Proprio sul filo della frontiera
commissario ci fai fermare
ma su quella barca troppo piena
non ci potrai più rimandare
su quella barca troppo piena
non ci potremo mai più ritornare.
2003