Terrorismo e comunicazione

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Terrorismo e comunicazione
ITSTIME - Marco Lombardi & Chiara Fonio - Terrorismo e comunicazione: piste di ricerca e primi risultati
Terrorismo e comunicazione.
Piste di ricerca e primi risultati.
Marco Lombardi e Chiara Fonio
Università Cattolica
Milano
[email protected]
1. - Premessa: il fattore comunicativo
Il terrorismo è comunicazione: questa semplice affermazione orienta il percorso di
ricerca che coinvolge un gruppo di esperti –coordinati dal prof. Marco Lombardi –
presso l’Università Cattolica di Milano, nell’ambito del dipartimento di Sociologia.
La studio che porta alla comprensione e spiegazione dell’azione terrorista, anche con
l’obiettivo di sviluppare adeguate pratiche di risposta al fenomeno, deve dotarsi di
una “cassetta degli attrezzi” altamente specializzata ma interdisciplinare in cui la
dimensione comunicativa offre un indirizzo interpretativo importante: la grande
differenza che esiste tra un criminale e un terrorista è, infatti, che il secondo, a
differenza del primo, ha interesse per il riconoscimento simbolico che l’azione
fornisce; ricerca la platea offerta dal sistema mediatico; si propone quale attore
protagonista.
Una caratteristica specifica del terrorismo è di essere un “fenomeno comunicativo”,
nel senso che cerca comunicazione e gestisce comunicazione. La tesi di fondo,
dunque, è che il terrorismo ha una valenza comunicativa propria che è necessario
assumere come strumento interpretativo del fenomeno. Per tale ragione è
necessario interpretarlo anche usando gli strumenti della media research. Ciò è tanto
più rilevante in sistemi sociali in cui “l’opinione pubblica” è divenuta, con il diffondersi
delle tecnologie dell'informazione in tempo reale, un fattore centrale per
l’orientamento dell’azione politica e strategica.
Inoltre, gli attentati del mese di luglio 2005, pur rientrando tutti in scenari attesi,
segnano una progressiva “baghdadizzazione” o “palestinizzazione” della questione
terrorista con la quale ci si dovrà confrontare negli anni futuri. La differenza del “dopo
luglio” sta nel fatto che questa affermazione circa il “rischio terrorismo”da “addetti ai
lavori” ha assunto consapevolezza in numerosi strati della popolazione, delle
amministrazioni e anche, della agenzie di sicurezza.
2. - Lo sfondo
2.1. - Il network terrorista
Oggi “Al Qaeda” può essere definita come:
 un’organizzazione terroristica globale, flessibile, a cellule cioè composta da
numerose cellule i cui membri non si conoscono reciprocamente, affinché in
caso di perdita di una cellula le altre si mantengano operative. Essa fa
riferimento a quattro principali network:
1)La rete originale Arabo-Afghana;
2)Una nuova rete in “franchise” costituita in differenti paesi;
3)Un’organizzazione ombrello di gruppi islamici dal Marocco alla Cina;
4)Una rete di imitatori ed emulatori;
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
un movimento radicale del mondo islamico che ha i propri obiettivi politici.
Infatti, da parte della “shura majlis” (consiglio) è necessario garantire una
relazione di coordinamento tra i quattro network (da qui l’uso funzionale dei
media e dell’ “Umma Virtuale” costituita nel web), soprattutto affinché i suoi
leader come al-Zawahiri e Osama possano essere i promotori in un esercizio
senza precedenti di “corrupting, misinterpreting and misrepresenting” della
jihad come guerra santa;
 una moderna organizzazione resiliente, capace di approfittare
dell’innovazione tecnologica per raggiungere i propri fini, muovendosi
rapidamente in cerca di nuove opportunità.
Alla luce degli ultimi avvenimenti si può ipotizzare una alleanza tattica sotto forma di
un network del “terrore nichilista” - composta
1. da frange di fondamentalisti islamici militanti della Jihad;
2. dalla resistenza irachena (come il Fronte di Liberazione Nazionale dell’Iraq)
sicuramente infiltrata da elementi del terrorismo e che non può essere confusa
con l’idea occidentale di “partigiani”;
3. da gruppi terroristici ed eversivi europei;
4. da circoli anti-imperialisti.
L’organizzazione non è definita attraverso un progetto strategico-politico, ma
attraverso un modus operandi che deve portare a massimizzare il numero di vittime,
alla spettacolarizzazione globale dell’atto terroristico e all’abbattimento di ogni limite
e tabù, il tutto sotto la griffe di “Al-Qaeda”.
“Al Qaeda”, in sintesi, depende da:
1. la “cassa di risonanza” fornita dai media globali e da Internet;
2. dalla “howala”, il sistema informale di finanziamento.
2.2. - Militanti non-islamici del network
A livello di analisti c’è l’idea che questo terrorismo catastrofico sia una forma di Jihad
totale e pertanto perseguito da fondamentalisti religiosi. Questa consapevolezza,
oltre ad essere storicamente sbagliata -si pensi ad esempio alle Tigri Tamil dello Sri
Lanka- potrebbe essere smentita dalle prove sui luoghi degli attentati. In altre parole,
la presenza di detonatori e comandi a distanza potrebbero suggerire che tra gli
attentatori non ci siano solamente dei suicider bombers (islamici), i martiri della
Jihad, ma anche militanti “non-islamici”. In questa prospettiva, è pensabile che nei
Paesi Europei o negli Stati Uniti, la holding del terrore globale possa far uso anche di
quadri locali non associati al fondamentalismo islamico radicale. Un ulteriore aspetto,
che complica il quadro operativo, è l’uso sempre più massiccio da parte di “AlQaeda”, o della galassia che va sotto il suo nome, di “imported suicider bombers”,
come è caratteristico in molti attentati in Israele da parte di organizzazioni
terroristiche Palestinesi e dei più recenti attentati in Giordania. Questo fenomeno
dovrebbe altresi segnalarci un potenziale pericolo futuro: quello che si crei una
“scuola mondiale” di suicider bombers non necessariamente connessi a elementi
islamici. Il meccanismo psicologico è quello della “politicizzazione” del suicider
bombers e delle dinamiche di “appartenenza ad un gruppo”. Questo è già avvenuto
per terroristi politici/eversivi come quelli appartenenti alla banda Baader-Meinhof e
all’IRA. E’ possibile che se il fenomeno di “export & import” di suicider bombers
dovesse crescere nel futuro, questo potrebbe essere un segnale di “attraversamento”
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della soglia religiosa e l’adozione del terrorismo suicida da parte di elementi nonislamici.
2.3. - La griffe “Al-Qaeda”: un movimento in franchising
“Al-Qaeda” è una “griffe”, e al tempo stesso una “rete del terrorismo” internazionale,
che elabora e trasmette documenti e fatwe, che delinea le direttrici generali della
Jihad e scandisce i tempi delle varie offensive, ma che poi delega, o semplicemente
“propone”, la fase operativa ai gruppi insediati localmente aventi un grado totale o
parziale di autonomia. Questi gruppi possono essere tra loro indipendenti o
debolmente connessi (una sorta di “idra”) – con proprie strategie, metodi e
“tecnologie di esecuzione” del terrore – e avere, con la leadership di “Al-Qaeda”, una
debole oppure nessuna relazione storica. In ogni caso, agire sotto la griffe di “AlQaeda”, permetterà a questi gruppi di ottenere la massima visibilità mediatica, di
raccogliere nuovi finanziamenti dalle opere di carità arabe e, in ultimo, reclutare
nuovi militanti per la Jihad totale. Gli obbiettivi di “Al-Qaeda” sono scelti, a nostro
avviso, con quattro criteri: uno politico, uno religioso, uno mediatico ed uno operativo.
In altre parole, il paese colpito deve avere una qualche relazione di “empia alleanza”
con gli Stati Uniti, e di condivisione di scelte politico-militari (per esempio
l’occupazione dell’Iraq), deve rappresentare un simbolo di riferimento mondiale per le
religioni alternative all’Islam, deve offrire degli obbiettivi facili dal punto di vista
operativo (per esempio ad opera di imported suicider bombers o di cellule
terroristiche islamiche dormienti o di gruppi locali eversivi) o altamente simbolici, che
se fossero colpiti sarebbero di estrema risonanza mediatica a livello mondiale.
Secondo questi criteri e analizzando i macro-attentati mondiali – New York e
Washington 11 settembre 2001, Bali 12 Ottobre 2002, Ryiad 12 maggio 2003,
Casablanca 16 maggio 2003, Istanbul 20 novembre 2003, Mosca 6 febbraio 2004,
Madrid 11 Marzo 2004, Londra luglio 2005 – si possono ricavare le seguenti linee
guida:
 New York e Washington rappresentano rispettivamente il cuore economico e
politico dell’ ”impero di satana”;
 Casablanca, Ryiad e Bali sono attentati contro regimi mussulmani considerati
apostati perché alleati con l’occidente;
 Mosca ha una chiave di lettura cecena e caucasica;
 Istanbul rappresenta un paese mussulmano moderno cardine del patto
transatlantico espresso dalla NATO. Tuttavia, la Turchia ha al suo interno gruppi
islamiti autoctoni radicali e militanti;
 Madrid è una prima eccezione: a) è il luogo del primo macro-attentato in territorio
europeo contro un paese alleato con gli Stati Uniti nell’occupazione dell’Iraq; b) è
un paese di forte simbolismo religioso cristiano che ha sconfitto l’Impero
Ottomano del Califfato mediterraneo; c) offre un agevole supporto operativo
attraverso le fazioni deviate dell’ETA. Madrid segnala anche un possibile
cambiamento di strategia di “Al-Qaeda”. La presenza dietro all’attentato di Madrid
del giordano Abu Musab Al Zarkawi, denota il maggior peso di questo terrorista
nella leadership di “Al-Qaeda”. Al Zarkawi è un “internazionalista” e
“occidentalista” nelle strategie e tecnologie terroristiche, e quindi un tale “shift”
nella leadership di “Al-Qaeda” potrebbe denotare una diversa scelta degli
obiettivi, così come delle tecnologie da usare, di questa holding del terrore. In
questo caso si potrebbe dire che “Al-Qaeda” si sta “politicizzando”, rispetto alla
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sua matrice storica integralista, per diventare anche una sorta di moderna “Terza
Internazionale” che persegue la Jihad totale. Se ciò avvenisse, si sarebbe di
fronte alle premesse di un conflitto generalizzato e di lunga durata
Londra, conferma ed esalta quando proposto nella lettura di Madrid e inserisce la
nuova devastante conferma del reclutamento tra le seconde generazioni di
immigrati.
2.4. - L’impiego delle tecnologie (ICT)
L’uso delle nuove tecnologie, soprattutto della comunicazione, è in progressivo
aumento: esse permettono, a basso costo, sia di mantenere le relazioni sia di
garantire visibilità. Ma allo stesso modo le ICT “lasciano tracce”: per esempio
attraverso i meccanismi di up/down load, l’analisi delle pagine in HTML, l’evoluzione
delle strategie criptografiche,… ognuno di questi aspetti è un inevitabile segno
lasciato dal jihadismo che fornisce informazione sulle competenze specifiche e sulla
organizzazione della rete.
In particolare le ICT permettono
 interconnettività: comunicazione e networking all’intero e all’esterno;
 comunicazione “coperta” e anonimato;bassi costi: con pochi soldi il campo di
intervento tramite internet è globale;
 la moltiplicazione delle forze e la “sovra-rappresentazione” dei terroristi. Il
terrorismo ha così raggiunto un livello di influenza mai avuto prima da altre simili
organizzazioni. Perché le ICT costituiscono “la fine delle distanze” e l’eliminazione
dei confini tra “vittima e carnefice”;
 di raggiungere con facilità una molteplicità di target, indipendentemente dal
sistema mediatico formale.
3. -L’analisi di alcuni casi
3.1. - Madrid: il tradimento (11 marzo 2004)
Come è noto, scelte politiche ed elettorali hanno spinto il governo spagnolo a
schierarsi per un attentato di Eta, rinforzando questa avventata decisione con scarsi
e irrisori indizi accumulati nelle prime ore dopo l’attentato. Quando tutti gli elementi
(modalità operativa, target, metodologia, ecc.) portavano a indicazioni contrastanti,
verso una direzione potenzialmente jihadista piuttosto che “locale”. Questa
posizione, che ha fondato la politica comunicative di governo, è stata
clamorosamente smentita dalle indagini ed è stata percepita dal pubblico come una
politica di difesa rispetto alle scelte nazionali e internazionali del governo medesimo.
Nel complesso si è trattato del caso in cui il processo evolutivo della crisi, per
definizione non controllato, non è stato gestito dalle istituzioni, il cui agire si è
configurato come un tradimento della fiducia pubblica a favore di interessi particolari.
Questo tradimento è stato immediatamente punito con i risultati elettorali di pochi
giorni dopo l’attentato.
3.2. - Londra: il modello (luglio 2005)
3.2.1. - Il fattore comunicativo
Nello specifico degli attacchi a Londra, l’analisi comunicativa comincia dalle
rivendicazioni e dalla subitanee smentite: entrambe di origine islamica. La
rivendicazione è comparsa sul sito di Qal3ah, che è connesso a Sa'ad Rashed
Mohammad Al-Fagih, considerato appartenente ad Al Qaida e alla jihad da circa
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dieci anni. Fagih – saudita con residenza a Londra – secondo gli USA ha fornito
supporto logistico agli attentati alla ambasciata americana in Africa nel 1998 e poi si
è occupato di mantenere la comunicazione via rete tra i jihadisti. Queste operazioni
rimandano alla sua organizzazione “MIRA” e, appunto, a un’altra identità in rete
denominata “Il Castello”. Di più, la pista informatica porta a islah.org e
miraserve.com, che non sono registrati a nome di Al-Fagih o di MIRA, tuttavia reindirizzano al sito di MIRA (islahi.net). Inoltre attraverso le informazioni di
registrazione dei domini portano a Al-Fagih, attraverso la “charity” di Hamas con
base in Gran Bretagna, denominata Interpal. Pertanto, almeno il luogo virtuale in cui
la rivendicazione ha avuto manifestazione è congruente. La smentita ha, anch’essa,
avuto una origine jihadista è ha fornito ad alcuni l’alibi della speranza: se la smentita
è vera forse non è jihad. Tale atteggiamento è spia significativa di una cultura del
rifiuto della possibilità di essere oggetto del terrorismo islamico che ormai non ha più
senso e crea debolezza. Ma soprattutto pone un interrogativo: perché smentire?
Un altro aspetto comunicativo allarga le dimensioni del problema. Immediatamente
dopo Londra ecco l’uccisione, rivendicata, dell’Ambasciatore egiziano in Iraq. Perché
tanta fretta? In fin dei conti era nelle loro mani, assassinarlo contiguamente a Londra
significa avere perso una opportunità comunicativa: le due notizie penetrano su
“mercati” – cioè pubblici – diversi, uno occidentale e uno arabo. Le due notizie
tendono a elidersi a vicenda e non a rafforzarsi. Al contrario, l’assassinio
dell’Ambasciatore oggi, avrebbe rinforzato l’allarme generato dall’attacco del 7/7.
Allora perché? La lettura comunicativa della questione potrebbe fornire alcune
informazioni circa la struttura del jihadismo in Europa.
La risposta alla domanda di cui sopra, relativa alla dimensione comunicativa, sembra
evidenziare una forma di comunicazione interna: l’assassinio dell’Ambasciatore
egiziano assomiglia a un atto di reazione tra una jihad medio orientale e una jihad
europea che non sono coordinate. Insomma, una sorta di affermazione di potere tra
entità attive su un progetto comune ma senza una comune centrale di controllo. Le
medesima percezione può essere confermata dall’attacco a Sharm el Sheik: due
fronti diversi con due linguaggio diversi (Europa ed Egitto), che ci aiutano a
comprendere una struttura cellulare in evoluzione in Europa, fatta di imitatori di una
rete in “franchising”. Se questa lettura è corretta, la jihad può attraversare – ora – un
momento di difficoltà organizzative (questo è l’aspetto positivo) ma anche può
presentarsi sempre più frammentata e imprevedibile (e questo è l’aspetto negativo).
3.2.2. - Le nuove reclute
L’imprevedibilità sopra accennato, è rafforzata dalle nuove reclute: rispetto a Madrid,
si inserisce la terrificante novità dei kamikaze e di terroristi allevati in casa.
Il kamikaze evidenzia un mutamento di strategia – una baghdadizzazione o
palestinizzazione - dello scontro. E sostiene l’idea di “fase riorganizzativa” in atto,
piuttosto che di una escalation degli attacchi. Secondo buona parte dell’islam, lo
strumento “poco preciso” dell’uomo bomba non è ammissibile né nella prospettiva
duttile e flessibile di un leader affermato quale Al Zarqawi può essere considerata di
massima produttività in occidente. A Madrid non venne utilizzato e i terroristi erano di
“importazione”. A Londra è stato utilizzato e proprio “dagli inglesi”. Questa è la nuova
pista, estremamente pericolosa.
Altro che terroristi di rientro dal medio oriente: al contrario immigrati insoddisfatti di
seconda generazione invasati nelle tollerate moschee londinesi. Costoro scontano la
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probabile mancata integrazione della prima generazione – senza aprire il dibattito
accademico ma sostanziale sul modello del ghetto inglese – che, raggiunto il
benessere ed esaurito l’entusiasmo forzato della spinta alla migrazione, comunque
riversa sui figli la frustrazione nostalgica dell’immigrato. A ciò si aggiunge una ricerca
di identità forte che si risolve nelle troppe chimere che riempiono le moschee. Stando
così le cose, è bene chiarire che la supposta neutralità dell’Italia e la sicurezza
acquistata dal Paese, chiudendo qualche occhio sulle opportunità logistiche fornite
all’organizzazione del terrorismo (falsi documenti, flussi di finanziamento, strategie di
reclutamento), non funziona più. Questa seconda generazione ha i documenti in
regola e la rete di supporto: dunque il rischio è differente e massimo.
3.2.3. - Il modello di intervento
Londra è dunque interessante per una molteplicità di ragioni. In particolare, per
quanto riguarda questo ultimo punto, sottolineo il modello britannico di gestione della
comunicazione attraverso una stretta alleanza con i media. Nelle settimane
successive all’attentato, infatti, i commenti rispetto alla diffusione – molto parca!delle immagini e al controllo minuzioso della “scena del delitto” da parte delle autorità
sono stati molteplici e hanno aperto la corsa alla emulazione del modello londinese
nelle nostre città. In termini di best practices sicuramente l’indirizzo di luglio è da
evidenziare: è la realizzazione di quella alleanza possibile e strategica tra autorità e
media, i quali partecipano responsabilmente alla gestione della crisi e non ne sono
“tenuti al di fuori” come una superficiale lettura poliziesca potrebbe fare intendere; è
la realizzazione di una rete di soccorsi coordinata dalla Polizia Metropolitana che
tuttavia, garantendo a sé la capacità di indagine e salvaguardia dell’area, dispone di
una cultura di rete capace di coinvolgere efficacemente tutte le agenzie impegnate
sul territorio. Tuttavia , evidenzio la mia preoccupazione rispetto alla fretta che
consiglia di adottare il Modello di Londra “qui e adesso”. Tali pratiche, infatti, fanno
parte di una cultura organizzativa a lungo sedimentata tra istituzioni e cittadini
britannici: è da circa 10 anni, infatti, che le procedure per la gestione delle
emergenze gravi sono state modificate attraverso un processo di negoziazione tra le
agenzie (media inclusi), sperimentazione con il pubblico e successiva
implementazione1. Ciò significa che, prima di adottare pratiche prodotte in altri
contesti organizzativi e culturali, è necessario promuovere graduali processi evolutivi
orientati alla adozione di queste pratiche, altrimenti la fretta potrebbe produrre un
incremento di vulnerabilità, causato dalla sostituzione di protocolli stabili con altri non
ancora tali.
In ogni caso, la risposta al terrorismo prevede l’elaborazione di una risposta sociale
organizzata. Ciò significa avviare specifiche:
 attività di comunicazione ai cittadini e alle imprese, per diffondere le competenze
da attivare in situazione di crisi;
 concertare protocolli di comunicazione mediatica per governare la relazione tra
istituzioni e operatori dell’informazione.
3.3. - Sout Al-Khilafa: il telegiornale
1
Si veda l’edizione 1999 del Major Incident Procedure Manual, redatta dal London Emergency
Services Liaison Panel (LESLP), di cui fanno parte le agenzie di sicurezza che presiedono alla
emergenza, e la più recente edizione e revisione del marzo 2005.
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Il 27 settembre 2005 sono rimbalzate sui media occidentali le notizie relative al primo
Telegiornale del terrorismo islamico: si tratta di una trasmissione via rete che, in
arabo e in inglese (sottotitoli in parte) informa, ma soprattutto,
promuove la jihad Gli autori rimandano al Global Islamic Media
Front (GIMF) ((al-Jabhah al-‘ilamiyah al-islamiyah al-‘alamiyah).
che ha prodotto il primo numero di “Sout Al-Khilafa”(La Voce del
Califfato), quello che dovrebbe essere il notiziario settimanale di
Al-Qaeda.
Le prime battute del primo numero della trasmissione recitano così:
“In the name of Allah, the Merciful, the Compassionate.
The Global Media Front presents to you: "Sout Al-Khilafa" (The Voice of the
Caliphate).
In the name of Allah, the Merciful, the Compassionate.
The headlines of this news summary: Gaza has been liberated – a great victory, yet
a weighty responsibility. In Iraq, Abu Mus'ab Al-Zarqawi declares a war of Sunni
vengeance, and Hurricane Katrina is the beginning of the divine, just punishment”
Al di là del clamore mediatico, cosa c’è dietro?
Innanzitutto, il GIMF è conosciuto e già da tempo partner del Global Islamic Media
Centre. Fino al 22 gennaio 2005 lo si trovava ospite di un gruppo di discussione di
Yahoo (http://thisway.to/jabha/) ora la trasmissione via rete dovrebbe avere
l’ospitalità di un hosting canadese. Inoltre, subito dopo gli attentati di londra del 7
luglio scorso, GIMF aveva pubblicato le dichiarazioni di Saif al-Islam al-Athari, che
benché non sia considerato un rappresentante ufficiale di Al-Qaeda, tuttavia è
generalmente considerato una fonte attendibile e puntuale di informazione della
jihad, proprio per i contatti che comunque ha con “Al-Qaeda”. L’inizio delle
trasmissioni era attesa, anzi pubblicizzato già da tempo, come ancora si può vedere
sul forum di mimbar-islam (http://www.minbar-islam.com/forum/viewtopic.php?t=421).
E non è finita, già da tempo è stata avviata la pubblicità riguardante la prossima
apertura di una radio dedicata.
Queste informazioni, dunque, mostrano come tutto fosse già scritto e il cosiddetto
salto di qualità – se di questo si può parlare – atteso.
Un aspetto interessante di questo evento, che rimanda a un altro assunto molto
semplice della cibernetica applicata ai sistemi organizzativi per cui si collega la quota
di informazione con le capacità organizzative di un sistema, sottolinea una possibile
strategia di riorganizzazione della jihad attraverso “La Voce del Califfato” e la
promozione del reclutamento in occidente. Questa ipotesi sembra coerente con il
“dopo Londra” che aveva evidenziato un possibile scollamento tra jihad europea e
medio-orientale e il definitivo coinvolgimento delle seconde generazioni europee
islamiche. Da qui la necessità di ricostruire, soprattutto attraverso la comunicazione,
un livello di coordinamento globale che si andava perdendo e di aumentare la
capacità di “parlare” non in arabo.
In sostanza: “il fronte” non è cambiato, la novità è apparente perché comunicata
platealmente ma per questo significativa.
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4. Il percorso della ricerca
4.1. - Monitoraggio della comunicazione jihadista.
L’analisi della comunicazione via web del terrorismo islamico è un ulteriore aspetto
fondamentale della ricerca, che da una parte applica i criteri della comunicazione per
l’analisi dei fatti che si verificano e dall’altra promuove la conoscenza della
comunicazione in sé, quale pratica costitutiva del terrorismo. Il presupposto è la
presenza di specifiche competenze mediali tra i jihadisti, da cui la costituzione di un
probabile “centro media” e di strategie di promozione e reclutamento ad hoc. Allo
stato attuale si può dire che l’informazione circa l’indirizzo di un prossimo attacco è
presente in rete, si tratta di decodificarla. Per tali ragioni, il gruppo di lavoro ha già
cominciato uno specifico monitoraggio del web, utilizzando strumenti di web
searching and monitoring avanzati, che ha portato alla raccolta di circa 10 giga di
materiali e al controllo di oltre 150 siti.
Il lavoro di ricerca è stato dedicato alla analisi della comunicazione
del terrorismo attraverso il web, con l’obiettivo di identificare il
centro mediatico di produzione della comunicazione, le strategie
comunicative di promozione e reclutamento, le possibilità di
sviluppare azioni efficaci di risposta. Tale attività deve essere
sviluppata nel futuro attraverso più precise analisi semiotiche, non
solo linguistiche, per favorire l’elaborazione dei profili dei potenziali candidati jihadisti.
Inoltre, tale analisi può svilupparsi in modo specifico intorno ai web site di
origine/lingua italiana di ispirazione islamica e ai mirror, potenzialmente
fiancheggiatori, di origine anarco-insurrezionalista (cfr. figura nel testo). Questi ultimi,
oggi offrono notevoli opportunità di ricerca perché spesso garantiscono la
persistenza del materiale jihadista sui loro mirror.
Il monitoraggio sistematico dei siti web, reso difficoltoso dalla spesso scarsa
permanenza dei medesimi e dalla molteplicità di livelli che ciascuno di essi offre, è
particolarmente attentato ai materiali audio-visivi distribuiti. Tale scelta è dovuta al
forte impatto che questi hanno sul pubblico di riferimento e alla possibilità di
articolazione in prodotti specifici che si offre. Tuttavia, il materiale audio e testuale
risulta di grande importanza per il ruolo che gioca soprattutto in chat e forum, in
quanto portatore di informazioni specifiche e, tendenzialmente, essendo materiale
più adatto a sviluppare anche azioni di controterrorismo proprio nei luoghi in cui
viene distribuito (chat e forum).
Oggi si può sicuramente affermare che da una fase “naiv” della comunicazione
terroristica si è passati a una fase più sofisticata, che richiede mezzi, competenze e
strategie specifiche: tutti “oggetti che lasciano tracce potenziali, perché implicano
l’esistenza di un centro organizzativo di queste competenze per massimizzare le
potenzialità del web. Specificatamente, la ricerca si svolge per comprendere:
 come questo media centre lavora: l’uso dei mezzi sia sul campo sia nella postproduzione confrontando i materiali grezzi raccolti dalle unità di fuoco e la loro
successiva rielaborazione comunicativa. Si tratta di un passo importante per
distinguere le strategie sviluppate e comprendere i differenti target della
comunicazione, in particolare i potenziali jihadisti identificati per la comunicazione
di reclutamento;
 la rete di distribuzione dei materiali, attraverso le complesse mappe di link e
backlink che si creano e attraverso le pratiche di up/down load;
8
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
l’evoluzione delle strategie di reclutamento, realizzando un’operazione di “back
profiling” sulla base dei target della comunicazione.
In questa fase, la grande e differente quantità di materiali raccolti, viene classificata
secondo alcune macro-categorie:
 audio-video
o sermoni, per la maggior parte discorsi dei leader jihadisti (es.: Abu Hamza,
Osama, ecc.);
o intrattenimento, soprattutto musica e clip dei gruppi islamici che
promuovono la jihad (es.: dirty kuffar);
o formazione, video specifici di formazione all’azione;
o informazione, sia sulla base della costruzione di “reality” (es.: uccisione
degli ostaggi o azioni di fuoco) sia con la diffusione di bollettini informativi
(es.: Sout Al-Khilafa - La Voce del Califfato);
o video complessi, di un’ora o più che affrontano la jihad con un mix dei
prodotti precedenti;
o video games, giochi di simulazione in rete o su CD (es: UnderAhs,
UnderSiege);
o flas, che pur facendo riferimento a un tipo tecnologico identifica bene una
ormai diffusissima modalità di distribuzione di contenuti religiosi e jihadisti
molto leggera (per il download) e di facile fruizione (es: jehad1, hisbah,
ecc.)
 solo audio
o a contenuto eminentemente politico;
o a contenuto eminentemente religioso.
 solo testo
o con riferimento a una tipologia da fonte a recettore (documenti per il
pubblico);
o con riferimento a una tipologia a rete (chat e forum).
L’analisi dei siti web che si sta conducendo con gli attuali strumenti permette:
 Ping
 Traceroute
 WhoIs
 Iplookup
 HTML
 Emails (nascoste e non)
 Images (nascoste e non)
 Links e backlinks, quest’ultima una sorta di “navigazione al contrario” che serve a
trovare tutte le pagine web che si riferiscono a una pagina data. Questa ricerca
permette di analizzare graficamente le correlazioni nel web. Data una URL di
partenza si elabora il grafo raffigurante i suoi link, i backlink, le pagine con
contenuti simili etc. e ognuno di questi risultati può diventare oggetto della
richiesta successiva, per creare mappe articolate che mettono in evidenza
correlazioni di difficile individuazione (es siti che non si linkano direttamente tra di
loro ma che sono collegati indirettamente) (cfr. figura 1)
 MetaTags
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


Frames
La ricerca contemporaneamente sul Repository ISIS, Google, Altavista, Yahoo,
Google Newsgroup
connessione a reti P2P per accedere a networks passando attraverso server
(gateway) di ingresso.
Figura 1 – Esempio di mappatura di link e back link di un sito monitorato
Link
Backlink
Il percorso di ricerca qui esposto, sicuramente finalizzato ad accrescere la
conoscenza intorno alla comunicazione jihadista, permette di ipotizzare anche
misure strategiche di risposta al femoneo. Per esempio:
 interrompere il circolo di imitatori di intervenendo pro-attivamente sui circuiti
mediatici di “Al Qaeda”;
 attaccare il mito di “Al Qaeda” dentro alla Umma Virtuale e nel circuito dei media
islamici, insistendo soprattutto sulla perdita di coordinamento tra le parti del
sistema;
 promuovere una comunicazione che evidenzi come le recenti azioni del
terrorismo siano soprattutto orientate a perseguire obiettivi di interesse locale
piuttosto che ispirate da prospettive pan-islamiche;
 ostacolare la comunicazione dei messaggi ideologici di “Al Qaeda” indirizzati ai
suoi imitatori ed emulatori;facilitare la nascita di una discussione critica all’interno
del mondo islamico sulla natura e la legittimità degli obiettivi di “Al Qaeda” fatwas,
insistendo sulla sua ortodossia, e pubblicizzando il dibattito;
 promuovere il dibattito tra gli islamici europei/occidentali per minare la loro
coesione interna e ridurre la fiducia verso i leader islamici in occidente;monitorare
il processo di reclutamento attraverso il web per favorire attività di profiling;
 focalizzarsi sulle strategie di web marketing di “Al Qaeda”, infiltrando i siti islamici
con una partecipazione attiva su chat e forum.
Come si può comprendere da questa breve sintesi, non si può dire di essere “agli
inizi”: il gruppo di lavoro sul terrorismo che lavora in questa università ha consolidate
competenze, conoscenze e banche dati. Tuttavia come la minaccia del terrorismo è
in costante e rapida evoluzione, allo stesso modo è costantemente necessario
aggiornare le tecnologie, i software e le professionalità impegnate nella ricerca.
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