Quelle camminate in silenzio sui moli prima del nostro caffé

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Quelle camminate in silenzio sui moli prima del nostro caffé
Autorità Portuale della Spezia
IL SECOLO XIX
24/04//2009
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IL SECOLO XIX – SHIPPING ON LINE
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LA REPUBBLICA
Lotte e nobiltà da camallo addio al compagno Batini
Morto a Genova lo storico capo dei portuali
Fra i suoi estimatori anche il cardinale Siri che una sera lo ricevette in arcivescovado
In certi periodi è sembrato che il padrone del porto fosse lui: un grande personaggio
I giornalisti che hanno seguito attraverso il tempo le vicende del porto di Genova (me compreso) se
lo sono sempre trovato davanti, Paride Batini, il capo degli scaricatori. Sempre in prima fila, sempre
autorevole, pur nell´estrema semplicità. In certi periodi è sembrato che il padrone del porto fosse
lui. Ma non perdeva mai la testa; soprattutto, non ha mai perso la considerazione e la stima delle
altre parti in causa. E´ stato un grande personaggio, insomma: con lui, morto all´età di
settantacinque anni nella notte fra mercoledì e giovedì, per le conseguenze di un tumore, se ne è
andato uno degli ultimi personaggi della città.
Era nato nel 1934 a Vicopisano, provincia di Pisa, e a Genova era venuto da bambino. Suo padre,
antifascista militante, c´era e non c´era; la famiglia era povera. L´unica a guadagnare era la madre.
Paride non andò oltre la quinta elementare, cominciò a lavorare quando aveva dieci anni. L´origine
toscana non era, fra i coetanei, una raccomandazione. Lo prendevano in giro, anche perché, allora,
parlava male il genovese (poi ha imparato). Lui non perdeva la fierezza. Tutti coloro che lo hanno
frequentato conoscono l´episodio del carciofo: una sera la madre gli aveva dato, per sfamarsi, un
carciofo, lui se lo mangiava tutto contento camminando nei vicoli, un ragazzo gli gridò, con
dileggio: «Ecco lì, la tua cena! », e lui, per tutta risposta, gettò con fierezza la sua cena nella
spazzatura, gridando: «Ti sbagli, brutto scemo! ». Meglio affamato che deriso. Quando cominciò a
lavorare nel porto, nella Compagnia Unica degli Scaricatori, fece carriera. Col tempo, diventò il
Console, il Capo. Ma fino alla fine dei suoi giorni, Batini ha vissuto con grande modestia. Qualcuno
gli chiese, di recente, se sarebbe stato disposto ad accettare la carica di commissario del porto: «Ho
altro da fare - rispose: - come mettere d´accordo il pranzo con la cena». La sua busta paga, aveva
detto in altra occasione, era di duemila euro al mese, con cinquantatrè anni di versamenti. Povero
ma onesto, insomma, Fra i suoi estimatori c´era stato anche il cardinal Siri, altro grande personaggio
nella Genova di un passato ormai lontano. Una sera, messo alle strette in una delle tante
controversie che periodicamente doveva affrontare, Batini andò a bussare, con alcuni compagni di
lavoro, alla porta dell´Arcivescovato, senza essere preannunciato. Siri lo ricevette, naturalmente.
Quando si trovarono di fronte vi fu una pausa di silenzio. Poi il cardinale disse, in genovese:
«Dovete essere proprio malpresi per venire da me».
Batini era stato, nel passato, comunista convinto: come il padre. Negli ultimi tempi, parlava del suo
passato politico con un certo distacco, perché ormai le antiche speranze, le antiche illusioni erano
svanite. Ne parlava anche con ironia. «Era giusto che i padroni ce l´avessero con noi, e che
volessero farci fuori - un giorno mi disse, ridendo - perché noi volevamo appenderli agli alberi di
Castelletto! » Non appesero nessuno, per fortuna. Lui, e tanti come lui, vivevano la fede politica
come professione di onestà, contro un sistema, il capitalismo, che ritenevano ingiusto e corrotto:
pensavano davvero che la Russia, la santa Russia, fosse la terra della giustizia e dell´eguaglianza.
Per ignoranza, certo; ma in buona fede. Quando, nel 1956, vennero da Mosca le prime denunce (per
bocca di Kruscev) contro Stalin, contro il Piccolo Padre, Batini ammetteva senza ritegno di essere
stato ferito da quelle rivelazioni: perché in Stalin aveva creduto davvero.
La sua forza era l´onestà, la lealtà: qualità riconosciute da tutti. E´ doloroso pensare che lui si sia
spento in attesa di un rinvio a giudizio per imputazioni formulate più di un anno fa, in attesa di un
processo che, dati i tempi della giustizia italiana, non è ancora partito. Secondo l´accusa Batini
avrebbe presentato conti falsi per ottenere a vantaggio della Compagnia denaro che non era dovuto.
Truffa, insomma, ai danni dello Stato. I giudici sapranno senza dubbio quel che fanno: ma Batini
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processato per truffa sarebbe stata un´evenienza che nessuno, fra quanti lo conoscevano, avrebbe
mai ritenuto immaginabile.
Il lavoro del porto si fermerà stamane per tre ore, e il funerale religioso sarà officiato da don Andra
Gallo. L´altare, nella sala delle chiamate, sarà un tavolo da lavoro montato su un palchetto, sotto i
ritratti di Lenin, Guido Rossa e Togliatti.
24/04//2009
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LA REPUBBLICA
CON LUI MUORE IL NOVECENTO
SCOMPARE, CON Paride Batini, l´ultimo protagonista del Novecento genovese, il simbolo di una
classe operaia che ha continuato a rivendicare un ruolo non subalterno in un mondo dove decenni di
riorganizzazioni industriali hanno tolto potere, e talvolta dignità, ai sindacati e agli umili. Ed è stata
proprio la dignità dei lavoratori, e la loro autonomia, che Batini ha sempre difeso nella sua lunga
carriera di comunista, di camallo e di console. Come capita ai grandi leader, è stato un personaggio
controverso, spesso accusato di avere rallentato la modernizzazione del porto. Più volte i critici
hanno pronosticato la sua sconfitta, che sembrava ineluttabile in un mondo che cambiava ed
emarginava le classi subalterne. Accadde negli anni Ottanta, quando il ministro Giovanni Prandini
voleva cancellare il monopolio dei camalli. E ancora nel 2002, e poi l´anno scorso, quando
l´intervento dei giudici sembrò far traballare il ruolo della Culmv. Ma Batini è sempre uscito
vincitore e grazie a lui la Compagnia ha conservato l´autonomia e l´unicità. Le sue idee
sull´organizzazione portuale possono anche essere contestate, ma dal punto di vista etico le sue idee
sulla dignità dei lavoratori hanno già vinto.
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LA REPUBBLICA
Le incognite di un porto senza di lui
Aveva un sogno, Paride Batini. Guidare una volta ancora i soci della Compagnia Unica. Per questo
aveva deciso di tendere una trappola alla malattia che lo stava consumando nel corpo, non nello
spirito. Lui, fra tre settimane, sarebbe stato console per la decima volta.
Come è andata a finire, purtroppo, si sa. A fregarlo è stata prima la malattia e ora i mille soci si
stringono uno all´altro con un´intensità ancora più forte. È un senso di sgomento che non passerà
tanto facilmente.
All´idea che Batini prima o poi decidesse di farsi da parte, bisognava pur abitarsi. Ma non così, non
in questo modo. Per dirla tutta, il console aveva già meditato, tre anni fa, di fare un passo indietro e
di lasciare spazio a qualcun altro. Ma poi l´inchiesta che aveva portato all´arresto del presidente
dell´authority Giovanni Novi e al coinvolgimento nelle indagini della Culmv, avevano indotto
Batini a non mollare la presa. E così sarebbe stato fino alla fine della tempesta. Ora, però, lo
scenario cambia e a dettare i tempi delle scelte è l´evento più tragico. Unica, modesta soddisfazione
per i suoi soci è sapere che l´accordo sulla nuova organizzazione del lavoro, così com´è stato
approvato, è fino in fondo l´affermazione della linea data da Paride. Quando nel momento più
delicato della trattativa la Regione si fece avanti proponendo i milioni della cassa in deroga,
sembrava scontato il sì della Culmv. Dalla sua casa fu Batini a tracciare la direzione: «Niente da
fare, ci vogliono portare al tavolo della prefettura con la pancia piena. Prima chiudiamo l´accordo e
poi si vedrà». Andò a finire proprio in questo modo. L´accordo è arrivato e, dopo, sono arrivati
anche i soldi della cassa in deroga.
Così è andata avanti la Compagnia Unica dall´autunno scorso a oggi, da quando il console ha
cominciato a diradare le sue presenze al terzo piano della palazzina di San Benigno. Il dialogo è
rimasto fitto, attraverso i due viceconsoli, Walter Marchelli e Antonio Benvenuti, e il consiglio di
amministrazione. Il lavoro non si è mai fermato, le trattative si sono concluse, la crisi ha fatto però
il resto, tagliando di netto le occasioni di lavoro. Oggi la Culmv lavora al cinquanta per cento, dieci
giornate al mese di media, stipendi che non arrivano a mille euro e sono integrati dalla cassa in
deroga della Regione, finché c´è.
Batini compare ancora una volta un paio di mesi fa, per la cerimonia di consegna dei "lattoni" agli
ultimi duecento soci. Il console stringe le mani, dà pacche sulle spalle, poi torna a casa. E´ l´ultima
apparizione pubblica. All´assemblea di sabato scorso non c´è. Difficile ormai sentirlo anche al
telefono. Il console ha scelto di passare in casa i suoi ultimi giorni, circondato dall´affetto dei suoi
parenti. Se potesse leggere il torrente di belle parole che gli si rovescia addosso, farebbe
un´espressione delle sue e tirerebbe dritto. A lui è sempre e solo stata a cuore la Compagnia. Quella
che ora dovrà esprimere a metà maggio il nuovo consiglio di amministrazione, che a fianco dei
consiglieri più esperti, chiamati a governare questa fase, schiererà la meglio gioventù di San
Benigno.
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LA REPUBBLICA
I più giovani formano il picchetto d´onore, davanti alla bara sfilano operai e armatori
Il popolo di Paride alla Chiamata E piangono anche gli avversari
Arrivato a Genova all´età di sei mesi, cresce a Molassana, il suo cuore a Sampierdarena
SE LA classe operaia avesse un suo paradiso, il console sarebbe certamente già lì. Sorridente,
Paride Batini, con i jeans, il giaccone, l´aria da eterno ragazzo, da Jean Gabin del porto, come
l´avevano chiamato i cronisti a fine Anni ´80, al tempo della guerra in banchina.
E se ci fosse, quel paradiso, sarebbe pronto a riceverlo con una bandiera rossa come la sua fede
politica, con un gagliardetto del Genoa, l´altro suo amore profano, e un mazzo di carte da scopone,
in cui era imbattibile. Il console, Paride Batini, classe 1934, per 25 anni il capo dei portuali della
Culmv, se n´è andato per sempre, lottando in silenzio, a lungo, contro il male. Senza far trapelare
nulla, chiuso nel suo mondo di affetti - la moglie, le figlie - protetto dalla consegna del silenzio che
i suoi "ragazzi", i quasi 1.200 soci della Compagnia, hanno organizzato. Senza discutere, perché gli
ordini del capo vanno rispettati. Soprattutto quando affronta l´ultima battaglia. Una battaglia
dolorosa, difficile, come, in fondo, è stata tutta la sua vita.
Paride Batini arriva a Genova da Vicopisano a sei mesi, e da Genova non andrà mai più via,
amandola di un amore perfetto, incastrato tra le banchine, la sala della Chiamata, e un quartiere,
Sampierdarena, dove sceglie di vivere, in modo frugale, semplice, con i 2.000 euro al mese dello
stipendio da Console. «Ho incominciato qui, avrò avuto dieci-undici anni, quando ho agganciato i
primi sacchi», racconta nel giugno del 2008, nella festa per i 668 anni di vita della Culmv, fondata
l´11 giugno del 1340. Si chiamava la Compagnia della Caravana, era fatta da bergamaschi, ricchi di
muscoli e di voglia di lavorare, di faticare a scaricare la merce dalle navi. Paride Batini, quel giorno
di giugno del 2008, sta già male, crede ancora di farcela, accarezza i sacchi di caffè e ribadisce: «La
Compagnia è la mia vita. I suoi valori, il lavoro, la libertà, la dignità, mi sono entrati dentro, non li
ho mai negoziati». È successo proprio così. Per il porto e la Culmv, il Console ha affrontato anche
avversari imbattibili, come le leggi e i magistrati che debbono farle rispettare. E, negli anni, si è
inventato alleati impensabili, dagli armatori che aveva combattuto, ai Cardinali, ha trasformato la
Compagnia, ha provato a difenderla, questa consorteria medievale sopravvissuta ai secoli. Perché
così difendeva il suo mondo. Lui che chiamava le navi "i vapori" in dialetto, il genovese celebrato
per sempre da Fabrizio De André in "Creuza de ma".
Del resto, a volte, il destino si fa sentire subito. E se ti tocca in sorte un quartiere chiamato
"Arizona", devi imparare presto a cavartela, a unire acume e destrezza, sorrisi e muso duro. Paride
Batini ha vissuto la giovinezza in via Sertoli, a Molassana. Lì, negli anni Quaranta si scontrano per
strada, a muso duro, bande di ragazzi, «sembra di essere nell´Arizona», commentano, in genovese,
quelli del posto e Arizona resta. Per provare a mettere pace, qualcuno propone una partita di
pallone. Sfida accettata, l´incontro si fa, ma finisce con i carabinieri e le ambulanze per i contusi.
Come nel Far West dei cow boy del cinema. Paride Batini, da Pisa e da Arizona, figlio di operai,
comunista da subito, vede com´è la politica di lotta, nel giugno del 1960. Lui deve ancora compiere
26 anni, è uno dei ragazzi con le magliette a strisce, scende a piedi da Molassana «perché i tram
erano fermi e allora, giù come potevamo», segue gli scontri, «di quella giornata di macaia». Si
piazza in alto, dove sa che si possono staccare meglio le pietre quadrate dal selciato. Il Pci è il suo
partito, fino alla svolta della Bolognina che, nel cuore, non accetterà mai.
Il console Paride Batini, era fatto così. Il Pci, le lotte sindacali, i cortei con lui alla testa dei portuali,
l´amore per la Compagnia, la gioia di vedere il mare e le calate dalle finestre dell´ufficio al secondo
piano della palazzina di San Benigno. L´orgoglio per il lavoro «che ti dà la dignità», come ripete ai
suoi ragazzi, sempre più giovani, spesso teste calde che solo lui, Paride da Arizona-Molassana,
riesce a tenere a bada. Per il suo lavoro, affronta ogni sfida. La più clamorosa, alla fine degli Anni
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´80 è la guerra in banchina, lui e i portuali da una parte a difendere l´esclusiva di maneggiare le
merci, dall´altra l´armatore Bruno Musso che lo sfida a bordo di una chiatta, dal mare. Ai
giornalisti, Paride Batini ricorda Jean Gabin, per la sua faccia da attore, scurita dal sole, per quei
suoi modi ruvidi che sanno diventare gentili in un attimo. Gli alleati, quella volta, li cerca anche in
Curia, quando capisce che la situazione s´imbrusca. Il cardinale è Giuseppe Siri, un altro uomo del
popolo, che accetta l´incontro e quando li vede, esclama, in genovese, «dovete essere proprio mal
presi se siete venuti da me». La guerra, quella guerra, finisce e la Culmv si trasforma, il console,
elezione dopo elezione, resta Batini.
Solo quando va a casa, dalle sue donne amatissime, il Console chiude con il resto del mondo. Del
resto ha due sole passioni, il Genoa, di cui è tifosissim,o e lo scopone. E´ un mago con le carte,
protagonista di lunghe sfide con gli amici di Calizzano e Bardineto dove va in vacanza e dove
incontra d´estate, Alessandro Natta. Gli tocca perdere solo con Giancarlo Pajetta che si considera un
asso dello scopone e, alla Festa nazionale dell´Unita del 1989, chiede il Console come secondo, a
sfidare Claudio Burlando, uno che alle carte «dà del tu», e un altro. Per colpa di Pajetta, il Console
perde, s´infuria e tace. Il silenzio, per Paride Batini, resta l´arma dei momenti difficili. Compresi gli
ultimi, quando gli arriva l´avviso di garanzia, nell´indagine sul porto. In Compagnia, quel giorno, il
Console convoca i suoi e detta la linea: «Noi stiamo zitti. Lavoriamo. Punto», con la "z" di zitti
sibilata alla genovese. In silenzio, ha vissuto la sua battaglia contro quel male più potente delle
leggi, più pesante dei sacchi di caffè che da bambino scaricava dalle navi. In silenzio, tornando in
Compagnia a mostrare il suo volto scavato, per star vicino «ai ragazzi». Ha combattuto e ha perso, il
Console. Adesso, se n´è andato, si è incamminato lungo la sua "creuza de ‘ma". Chissà che non lo
porti, davvero, nel paradiso della classe operaia. A ritrovare bandiere rosse, un mazzo di carte e il
gagliardetto del Genoa.
24/04//2009
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LA REPUBBLICA
QUANDO PARIDE MI CHIAMÒ PINOCCHIO
CLAUDIO BURLANDO
Quando è cominciato il mio rapporto personale con Paride? Non saprei indicare una data. Fin da
bambino il porto era il mio mondo. Ci lavorò mio nonno, poi mio padre e i suoi due fratelli. Il terzo
era morto in Russia, altrimenti le banchine sarebbero state anche il suo destino. E così due miei
cugini. Non potrò mai dimenticare le partite a scopone con Batini e con mio papà. Giocare, o anche
solo assistere, voleva dire capire l´anima di Genova e del suo porto.
Più facile dire quando cominciò un rapporto anche politico: sono passati esattamente vent´anni dal
congresso del Pci del marzo 1989 che mi elesse segretario del Pci genovese. Alla presidenza sedeva
Giorgio Napolitano. Erano i giorni della "marcia" degli utenti del porto: sulle banchine si era aperto
un conflitto acutissimo. E il Pci, forse per la prima volta, anziché stare da una parte sola, si
candidava a un ruolo di mediazione. Ricordo che io parlavo di un necessario "processo di
ricomposizione sociale". Non fu facile il rapporto con Paride. Ma tra noi nacque una collaborazione
che non è mai venuta meno.
Ci fu un momento in cui quel rapporto rischiò di incrinarsi. Con grande dolore da parte mia, e sono
sicuro anche da parte sua. Nel ´96 ero diventato ministro dei Trasporti. Mi occupai subito dei porti,
ma non era facile tradurre in norme la specificità di Genova e della sua Compagnia.
All´inaugurazione del Salone Nautico Batini mi aspettava con i suoi compagni, con striscioni e
volantini: raffiguravano un "Burlando Pinocchio". Ruppi il protocollo e gli andai incontro,
dicendogli in genovese (non abbiamo mai avuto colloqui se non nella lingua ufficiale del porto, a
pranzo dalla Luigina come al Ministero dei Trasporti…): «Ti fae sempre du casin, perché nun ne
parlemu?». Lui ripiegò i volantini sotto il braccio e rispose: «E va ben, parlemune…». Sì, abbiamo
parlato molto. Fino all´ultimo. Credo sia stato utile. Un lungo processo si conclude positivamente
proprio in questi giorni, con la gara che definisce la nuova organizzazione del lavoro in porto,
garantendo i servizi e garantendo i lavoratori. Paride, ancora poche settimane fa, aveva voluto
consegnare direttamente a 180 ragazzi il "lattone" con il quale si diventa soci della Compagnia. Lui
era entrato in porto a 16 anni, ed era stato avventizio per 17 anni prima di avere il suo "lattone".
24/04//2009
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LA REPUBBLICA
La sua vita
Oggi i funerali del Console e l´ultimo ricordo sarà celebrato
dall´amico don Andrea Gallo
Sono in tre, giovani sotto i trent´anni. Hanno ricevuto dal console, a fine gennaio, il "lattone", la
targhetta con il numero di matricola, stanno seduti sul muretto davanti alla Sala Chiamata, nel caldo
della mattina del primo giorno senza Batini. Ammirano «la sua forza, il suo coraggio, lui stava male
ma sorrideva». Più tardi, sono ancora quattro giovani della Compagnia a formare il picchetto
d´onore, in jeans e maglietta, scuri in volto, cupi. Lo veglieranno, a turno, per tutta la notte. Paride
Batini è arrivato alla Chiamata, alle cinque e un quarto del pomeriggio, portato a spalla dal nipote
Alessio, da altri tre, tra gli applausi e le lacrime nascoste. Speravano ancora di vederlo alle elezioni
del nuovo Console, a metà maggio, del resto lui, dieci giorni fa, stremato ma lucido, con i suoi più
stretti collaboratori aveva scherzato, in dialetto: «Sul bando è stato fatto un buon lavoro, fra qualche
settimana mi riprendo e cominciamo a combattere». Non ce l´ha fatta, Paride Batini, console per
nove volte, dal 1984. Sapeva di essere arrivato alla fine dell´ultima battaglia, quella con la vita.
L´unica che ha perso. Aveva spiegato: «Se dovesse capitare che muoio, voglio essere sepolto a
Calizzano», dove andava in estate, e così da ieri è cittadino onorario di quel borgo. Ha chiesto di
essere salutato alla Chiamata in porto, dove ieri le finestre del suo ufficio avevano le serrande
abbassate. Lui, comunista per sempre, era credente e sarà don Andrea Gallo oggi a ricordarlo.
Dentro la Chiamata, c´è una sorta di grande sipario rosso, proprio sotto le foto di Lenin, Guido
Rossa e Togliatti. Appese al paravento, le 17 bandiere delle compagnie, quella ufficiale della Culmv
è rossa, con il sole giallo. Il feretro è coperto da un drappo della compagnia Stefano Canzio, sotto
un drappo che riporta un lungo pensiero di Paride Batini. La moglie Rosa, le figlie Mirella e Silvana
sono sedute vicine, con Antonio, il genero che gli assomiglia in modo impressionante, fanno gli
onori di casa i due vice Walter Mandelli e Antonio Benvenuto. I fiori sono rossi, rose, anturium; si
vede due volte, prima come figlio di portuale, poi come presidente della Regione, Claudio
Burlando, arrivano gli omaggi della città, tutta, anche quella che lo aveva combattuto in tribunale,
come Stefano Messina: «Se ne va un uomo rispettato da tutti, un avversario leale, coerente». E poi
Cesare Castelbarco Albani, l´ex presidente dell´Autorità portuale, Giovanni Novi, quello in carica,
Luigi Merlo, l´ex segretario generale Fabio Capocaccia, l´armatore Paolo Clerici, gli assessori
Vesco, e Roberta Papi. C´è il vecchio Pci di Gambolato e Camillo Bassi, ma anche Francesco
Marenco, ex missino, amico personale di Batini. Arriva il sindaco, Marta Vincenzi con Andrea
Ranieri, arrivano in tanti, a salutare il Novecento di Genova, che in Paride Batini ha avuto uno dei
protagonisti. Oggi alle 11 e 30 l´ultim-o saluto.
24/04//2009
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LA REPUBBLICA
Come un partigiano bello e carismatico morto sul lavoro
MARTA VINCENZI *
Ho sempre pensato a Paride Batini come ad un partigiano, una bella figura di resistente. Lui era
bello, e sicuramente questo era uno degli elementi del suo carisma, uno di quelli a cui pensavi per
identificare la Genova dell´antifascismo, del 30 giugno, dei partigiani veri. Un esempio di una
stagione fatta di ribellismo che però non è mai uscita dai dettami della Costituzione, anzi l´ha difesa
e rivendicata. Se devo ricordare il mio primo incontro con Batini, al di fuori del partito, ricordo che
da ragazza ero andata a volantinare per una manifestazione di donne, fuori dalla Compagnia: mi
ricordo delle battutacce maschiliste... ma sorridenti, mai volgari: come era lui. E quando sono
diventata presidente della Provincia, l´ho chiamato per parlare dei problemi portuali. Lui è venuto,
elegantissimo, abbiamo parlato ma si vedeva che pensava: "sta figgetta cosa ne capisce, di porto?".
Nell´ultimo anno ha sicuramente fatto lo sforzo eroico di portare la Compagnia nell´alveo delle
nuove regole; sono sicura che gli è costato molto. La sua, tenendo conto della sua salute, mi sembra
quasi una morte sul lavoro, pensando alla fatica enorme che deve aver fatto.
La sua marcia silenziosa per protestare contro San Giorgio
GIUSEPPE PERICU *
UN UOMO-simbolo, il console, che ha saputo interpretare un lungo periodo in cui le innovazioni
tecnologiche hanno inciso profondamente sul mercato del lavoro, non escluso sicuramente quello
del porto. Se devo pensare a un mio ricordo di lui, lo rivedo anni fa, a capo di una marcia silenziosa
di migliaia e migliaia di lavoratori, quando Francesco D´Alessandro commissariò la Culmv in una
Genova sbigottita, con palazzo San Giorgio evacuato per la paura di occupazioni violente. Non ci fu
invece alcuna violenza, ma quella marcia, quell´occasione, furono una forte testimonianza.
Quella volta fu un successo di Paride Batini, ma solo un successo temporaneo, perché i
cambiamenti erano ineluttabili, e lui li guidò con intelligenza; proprio in questi giorni si va
concludendo il lungo processo di trasformazione delle attività portuali con il bando di gara per il
lavoro sulle banchine. E la sua morte, a ben vedere, coincide con la conclusione di questo lungo
percorso storico, in modo quasi simbolico.
Sarà ricordato tra i grandi di Genova, con Angelo Costa e il cardinale
Siri
ALESSANDRO REPETTO *
Oggi perdiamo una figura storica non solo per il Porto di Genova ma per l´intera città. Paride Batini
era indubbiamente un leader naturale con una forte personalità che ha segnato, rafforzandoli anche
grazie alle accese discussioni che spesso provocava, i rapporti all´interno della comunità cittadina.
Nonostante, infatti, le sue prese di posizione decise e talvolta non condivise, ha comunque sempre
rappresentato una figura emblematica sul nostro territorio come altri personaggi del passato, penso,
per
esempio,
ad
Angelo
Costa
o
al
Cardinale
Giuseppe
Siri.
Genova rimane orfana di un uomo che ha saputo essere un pezzo importante della nostra storia.
Scompare in un momento determinante per il futuro del porto di Genova, un momento molto
delicato, il suo gruppo dovrà ora essere unito e compatto per proseguire, rappresentando una delle
realtà più importanti del settore. Mi dispiace molto che non potrò essere presente al funerale, perché
sono a Roma a ricevere la medaglia d´oro per la provincia.
24/04//2009
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LA REPUBBLICA
"Libertario, marxista, umanista"
Don Gallo piange l´amico scomparso e anticipa la sua omelia
"Era un intellettuale che si è fatto da solo. Spesso mi sono chiesto da dove spuntasse"
«IO NON piango mai, ma stavolta l´ho fatto. E se l´emozione me lo permetterà, quello che dirò alla
Sala Chiamata è semplice: "Arrivederci Paride, arrivederci bandiera rossa". Come nello spettacolo
di Moni Ovadia sul comunismo, sai... perché lui era comunista. Al di là delle tragedie, delle
contraddizioni, era comunista in quello che hanno significato quelle bandiere: una speranza di
dignità e di rispetto per tutti». Don Andrea Gallo schiaccia il sigaro sul portacenere di onice quasi a
scacciare altre lacrime, nell´ufficetto alle spalle della chiesa di San Benedetto, dove sta mettendo
giù appunti per il saluto che stamani pronuncerà per l´amico, il fratello Paride. Uno dei più difficili
di una vita dove, ammette lui, i dolori non sono certo mancati. «Un saluto, una benedizione, non
una messa. Va bene così. Perché era facile capirsi, confrontarsi: un marxista umanista come lui non
poteva non intendersi con un cristianesimo libertario».
Quarant´anni e più di discussioni e di amicizia, tra Paride e don Andrea. «Ci eravamo conosciuti
quando ero parroco al Carmine, lì di portuali ce n´erano tanti. E poi, sono stato tre anni cappellano
della Garaventa, la nave-collegio; quante serate alla trattoria del Toro a Sampierdarena, con lui e
tanti altri. Che persona, che rapporto... Siamo orfani». Tante sere a parlare del lavoro in porto
«perché lì ti porti dietro te stesso, il tuo quartiere la tua storia, ma la metti insieme al lavoro degli
altri, perché si lavora in squadra, con gli amici, ma la libertà e l´autonomia non le cancelli mai» con
un Batini che diventa facilmente identità collettiva della città che ha saputo - almeno in una sua
parte - fare proprio di questo un simbolo. Marxismo e cristianesimo che si toccano attraverso le
lotte e l´amicizia: «Lui magari mi diceva "mia, damme in po´ na man.." quando c´era da parlare con
qualche prete, che ne so, rispondere a Baget Bozzo... ma forse solo con Siri si era sentito trattato da
pari, il resto della città, dei suoi poteri, non lo faceva. Si erano parlati in genovese: "Oua
travaggiae» dice il cardinale. E Paride: "Pe u pan". e l´altro: "scì, travaggiae pe u pan, nu pe u
pandoçe...".
Tanti anni a darsi reciprocamente una mano «a volte era lui che dava un lavoro a qualche nostro
ragazzo, a volte me n´ha mandati: è in difficoltà, seguimelo un po´. Lui era un intellettuale che si è
fatto da solo, un libertario insofferente ai dogmi, un maschio autoironico, di un´intelligenza antica.
Mi son chiesto tante volte da dove fosse spuntato fuori». Un mese fa l´ultimo incontro, a tu per tu.
«Non abbiamo parlato molto, cosa dire? Notizie poi ne avevo sempre... e stamani, che sofferenza».
La stessa letta negli occhi e nelle frasi di Batini per la vicenda giudiziaria. «Pensiamoci, muore
mentre è nel registro degli indagati. Era chiaro che ne soffriva, sicuramente non l´ha aiutato. Lui
credeva alle leggi e mi diceva "il legislatore intelligente sa scrivere la legge guardando le necessità,
le cose come stanno". Perché per lui era superiore il bene pubblico, il dare il pane. Altro che quelli
che vogliono i privilegi, che hanno rovinato il porto... «. E il sigaro si schiaccia ancora, e la cenere
che vola è un pianto impalpabile.
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Quando il console mi diede lezioni di porto
stefano zara
La prima volta che ho incontrato Batini, quasi 25 anni fa, era anche la prima volta che mi capitava
di occuparmi, sotto il profilo organizzativo, di un porto. Mi chiese subito cosa sapevo della materia
ma era chiaro che per lui l´unica scuola seria era costituita dalla frequentazione delle calate. Fermò
all´istante le mie incerte risposte e mi fece presente che avrei commesso un errore imperdonabile se
avessi cercato di declinare il porto con i criteri usati per interpretare l´industria. Mi disse, non lo
dimenticherò mai: «Prima lezione: per capire cos´è il porto deve pensare a una greppia. Deve sapere
che in quella greppia mangiano in molti. Vogliamo esserci anche noi, i portuali». Metafora più
chiara e più "scandalosa" non poteva usare. Capii più tardi che c´era del vero in quella rudezza.
C´era la consapevolezza dei rapporti di forza, delle interminabili negoziazioni che il porto induce.
Ma anche l´ancoraggio a un passato che in parte stava cambiando. Batini era questo, schietto,
diretto, intelligente, orgoglioso del suo ruolo, fedele interprete dell´esigenza imprescindibile di
assicurare "un piatto di minestra" ai suoi portuali. Un mito. Era rispettato dai suoi oppositori per
queste ragioni e perché lui era il porto di Genova.
Solo un paio d´incontri non averlo conosciuto è un grande rammarico
LUIGI MERLO *
Mi sono molto interrogato in questi mesi, mentre quotidianamente pensavo alle sue condizioni di
salute, sul mio rapporto con Paride Batini, soprattutto per ciò che potrebbe essere stato se la malattia
non lo avesse colpito e se quindi i nostri colloqui fossero stati più frequenti e assidui, se, come avrei
desiderato, ci fossimo potuti conoscere meglio. Nel nostro rapporto vedo simbolicamente
rappresentato il destino del porto. Sono il primo presidente di Autorità Portuale e Cap degli ultimi
25 anni a non averlo come interlocutore e già di per se questa è una rivoluzione. E se tanti presidenti
sono passati e lui rimaneva qualcosa vorrà pur dire. Io e Batini due generazioni a confronto,
anagraficamente avrebbe potuto essere mio padre anche se non dimostrava affatto la sua età, ma
anche due concezioni diverse di porto. Oggi che qualche nube è scomparsa dal porto, mi sarebbe
piaciuto confrontarmi con lui, misurarmi con la sua arguzia e la sua vivace intelligenza e provare a
convincerlo delle mie idee (con flebile speranza) magari ricevendo anche qualche prezioso
consiglio. Da ieri è iniziata un´altra era ma lui rimarrà nella storia.
Linguaggio colorito e un po´ arcaico scelte sempre moderne
GIULIANO GALLANTI *
Paride Batini aveva due grandi amori: la famiglia, cui vanno le mie più sentite condoglianze, e la
compagnia, cui ha dedicato sempre tutte le sue energie. Usava un linguaggio colorito e a volte un
po´ arcaico: chiamava «vapuri» anche le gigantesche portacontenitori ma non era un nostalgico;
comprendeva con grande lucidità i processi che erano in corso. A questo proposito voglio
richiamare un particolare ricordo, al di fuori del clichè tradizionale. In diverse occasioni venni
invitato a partecipare a riunioni del consiglio direttivo dell´Idc (il sindacato europeo dei portuali).
Batini godeva di un particolare prestigio tra i leader dei portuali europei e in occasione di un
incontro a Barcellona ricordo come Batini insieme a Peter Shaw (oggi presidente dell´Idc), riuscì a
far prevalere la linea della ricerca di un confronto costruttivo con la Commissione, dopo che era
stata bocciata la direttiva De Palacio. Linea che ha portato il sindacato europeo ad essere un
fondamentale attore nella predisposizione della comunicazione del Commisssario Barrot sui servizi
portuali. Mancheranno a tutti la sua ironia, la sua intelligenza, la sua carismatica simpatia.
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Parla Giordano Bruschi autore de "L´occasionale", ispirato a Batini
"Un idealista targato Pci ma è rimasto il ragazzo con la maglietta a
strisce"
"Ha sempre rivendicato l´orgoglio di essere cresciuto in un´infanzia difficile"
«LUI ci teneva a dire che non era nemmeno dell´Arizona, come chiamavano gli altri sei palazzi di
via Sertoli, tra Staglieno e Molassana. Era del numero 7, che aveva una sua banda: il caseggiato più
rivoluzionario, dove avevano messo le famiglie più disagiate, come la sua. E Paride ha sempre
rivendicato quell´infanzia difficile, l´orgoglio di aver imparato a nuotare non al mare, ma nei
laghetti del Bisagno; e la fame. Con i ricci delle castagne schiacciati col tallone, con i piedi nudi
diventati quasi cuoio, tanto per mangiare...». Giordano Bruschi, nove anni più di Batini e
un´amicizia nata nel 1960 «quando abbiamo fatto insieme la campagna elettorale per il Pci, io
rappresentavo i marittimi, lui faceva l´occasionale in porto e iniziava a rappresentare i camalli...».
"L´occasionale" è anche il titolo del libro scritto nel 1991 per la casa editrice Marietti - ormai quasi
introvabile - in cui il console della Culmv racconta la sua storia e l´orgoglio del porto. Compresi i
lunghi anni del precariato, quelli da avventizio prima di riuscire a stringere in mano il lattone, la
targhetta che dà lo status di socio della Compagnia. Venti giorni fa Bruschi, instancabile animatore
culturale in Valbisagno, ha ripresentato quel libro, proprio in via Sertoli: quasi una sfida contro il
tempo, sapendo che Batini era alla fine. E ancora una volta, la lettura dei brani sul 30 giugno:
«Protagonisti i giovani, le famose magliette a strisce, quelli che per giorni avevano raccolto stimoli,
discussioni e parole d´ordine e le avevano tradotte in una grande capacità di reazione, in una
stupefacente abilità di mantenere posizioni. Io ero fra quelli: se ci penso, la prima cosa che mi viene
in mente, con molta intensità, è la figura di un maestro eccezionale, che mi è stato a fianco al primo
sbandamento seguito al primo attacco della polizia. Era un partigiano di Molassana, un uomo di
grande dolcezza, che non alzava mai la voce, sempre pronto a dare una mano. Nel corso di quegli
scontri si era trasformato, era diventato una forza della natura: con freddezza e razionalità ci
organizzava, ci insegnava come muoverci, come ripararci, come ritrovarci. Si spostava di gruppo in
gruppo, per preparare e coordinare la risposta. Mi ricordo le cariche, i caroselli delle camionette,
l´urto fisico della gente con la polizia, la reazione immediata, le pietre gli strumenti di difesa
improvvisati, le forze dell´ordine la sera in piazza, accerchiate, i cavalli di frisia; l´indomani, i
fascisti in fuga, la sensazione che ogni cosa poteva succedere».
Bruschi sospira: «Paride è morto il 23 aprile. La sera del 23 aprile del 1945, a nemmeno undici
anni, era entrato nella casa Littoria di Molassana, che i partigiani avevano occupato, e che sarebbe
diventata la casa del Popolo. Lì sua mamma aveva avuto l´incarico di fare la cucina popolare: la
prima sera aveva fatto da mangiare per i partigiani, il giorno dopo per la gente di via Sertoli... Quel
posto è stato fondamentale per lui e il suo rapporto con la politica: quando ha compiuto 21 anni,
nell´ottobre del 1955, è lì che Pisano, che era segretario della sezione comunista, gli ha dato la
prima tessera. Come regalo per la maggiore età».
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Bocca: "Un uomo umile e onesto, i miei attacchi erano contro i
privilegi"
"Una faccia da pugile vincente, gli ho sempre riconosciuto onestà intellettuale"
«Un bell´uomo, la faccia di un pugile vincente». Giorgio Bocca torna con la memoria alla fine degli
anni Ottanta, quando il porto di Genova era fermo, bloccato dalla protesta dei camalli contro le
prime leggi che mettevano in discussione il monopolio delle operazioni di carico e scarico delle
merci. Leui, inviato della Repubblica, contestò le posizioni dei portuali, ma non lesinò nemmeno di
criticare il mondo della politica e quello delle imprese.
Bocca, che ricordo ha di quegli anni difficili nel porto di Genova e in particolare del console dei
camalli?
«Il ricordo di un bell´uomo, di una persona onesta intellettualmente. Mi colpì subito il suo viso,
aveva la faccia di un pugile che ha appena vinto il suo incontro».
Lei non fu tenero certo tenero con Paride Batini.
«Non contestavo lui, ma quello che io indicavo come il corporativismo di una forza come la
Compagnia Unica che aveva ricevuto dei privilegi che voleva ovviamente conservare».
Come andarono i vostri incontri?
«Lui fu sempre molto cortese con me, e mi colpì la sua umiltà. Non ho mai messo in discussione la
sua onestà, ma la mia formazione di partigiano giellista mi impediva di condividere una battaglia di
conservazione dei privilegi».
Si scagliò anche contro altri?
«Capivo bene che la politica affiancava i portuali perché considerava quel mondo un suo feudo
elettorale e politico. E lo dissi chiaramente».
Ricorda qualche altra figura del porto di Genova?
«Sì, ricordo bene l´armatore Bruno Musso, che ebbe modo di seguire nelle sue battaglie per il
porto».
Che cosa rappresentò Genova nella sua lunga carriera professionale?
«Quell´esperienza nel porto fu molto intensa e la ricordo ancora bene. Ma per me Genova resta una
città soltanto sfiorata».
In che senso?
«Ero alla Gazzetta del Popolo e volevo cambiare giornale. Mi proposi alla Stampa e ricordo che
venni chiamato dal direttore. «Bocca, la prendiamo, ma le andrebbe bene diventare corrispondente
da Genova?»
E lei, che cosa rispose?
«Risposi di no e andai a sposarmi a Londra».
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Ferrara: "Lo chiamavano il sultano ma scoprii che la verità era
un´altra"
"Non mi aggiunsi al coro, con la mia inchiesta spiegai come stavano realmente le cose"
«Batini? Una bella figura di italiano». Giuliano Ferrara, oggi direttore del Foglio, ritorna agli anni
infuocati di Genova, con il porto bloccato dagli scioperi e dalle tensioni. Lui, allora inviato del
Corriere del Sera, scelse anche in quella circostanza di andare controcorrente.
Direttore, i suoi articoli a favore dei portuali fecero all´epoca scalpore. Perché li difese
contrariamente agli altri?
«In realtà, forse il mio stesso giornale pensava che i miei articoli potessero essere differenti. Era
iniziata una campagna contro quelli che venivano definiti i sultani del porto».
E lei?
«Io avrei potuto aggiungermi al coro di coloro che sostenevamo che l´industria padana era ostaggio
dei privilegi medievali dei camalli».
E invece?
«Arrivai a Genova senza pregiudizi e feci la mia inchiesta, scoprendo ben presto che le cose non
stavano assolutamente così, che gli ostacoli da rimuovere erano altri e andavano cercati in altre
direzioni. E se non sbaglio, quello che successe dopo dimostrò che forse non avevo torto. La
Compagnia Unica è ancora lì ed è una forza flessibile, oltre che la memoria reale del porto di
Genova».
Come si mosse per scrivere i suoi articoli?
«Ero stato nel Pci, conoscevo l´organizzazione operaia del partito e il sindacalismo dell´epoca.
Ricordo un bellissimo incontro con Giorgio Doria, il conte rosso. Mi documentai il più possibile e
poi, sobriamente, contrastai gli altri».
Con Bocca ci furono tensioni?
«Eravamo su posizioni differenti, arrivai a querelarlo più avanti, quando scrisse che volevo far
carriera e diventare corrispondente da Mosca. Non era vero, io volevo fare la televisione, come poi
si è visto. Ma alla fine lasciai perdere».
Che ricordo ha di Batini?
«Un ricordo molto piacevole, una bella figura di italiano. Mi dispiace molto per la sua morte. Batini
nei miei confronti mantenne sempre gratitudine, a Natale si è sempre ricordato di me, con una
bottiglia di vino o una cartolina».
L´ha più rivisto?
«Sì, l´ultima volta fu due anni fa, lo invitai a una puntata di 8 e mezzo, mi colpì la sua faccia
scolpita. Il tempo era passato, ma la sua grinta non era mai cambiata».
Da giovane è stato anche pugile.
«Certo, e ha sempre tenuto la guardia alta, fino alla fine».
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Non l´ho più incontrato soffrivo troppo per la sua malattia
giovanni agosti *
Ho conosciuto Paride Batini tantissimi anni fa, quando lui era ancora un avventizio. Ma già
all´inizio della sua vita nella Compagnia Unica dimostrava di volersi impegnare attivamente nella
vita interna della Culmv, tanto che faceva parete della commissione degli avventizi a Roma. Fin da
allora era un ragazzo vicino alla sua gente. È lui che mi ha sostituito nel 1984, quando sono andato
in pensione. Ha raccolto un´eredità difficile: sono stati tempi non certo facili per i portuali e per chi
li ha guidati. Le difficoltà erano già fortissime durante in miei diciotto anni da console. L´avvento
dei contenitori nel trasporto delle merci aveva già ridotto fortemente il ricorso al lavoro degli
scaricatori. Quando ero stato eletto console, nel 1966, i portuali erano 8.500, quando me ne sono
andato si erano ridotti a 4.500. Oggi sono 1.500. Batini ha attraversato le fasi più tempestose nei
cambiamenti dell´organizzazione portuale. Devo dire che ce l´ha messa tutta per reggere questo
impatto, una dedizione che gli fa onore. Negli ultimi anni sapevo della sua malattia, ero informato
delle sue condizioni da amici comuni, ma non ho mai cercato di incontrarlo perché mi rendevo
conto della delicatezza della situazione.
*ex console della Culmv
Con il cardinale chiacchierate da amici solo in genovese
DON LUIGI MOLINARI *
GIOVANNI AGOSTI *
Il mio ricordo più vivo di Paride Batini risale a quando era ancora vivo il cardinale Siri, sarà stato il
1987 o il 1988; io ebbi il compito di accompagnare il console assieme al consiglio dei delegati a
villa Campostano, a casa di Siri che all´epoca aveva già dato le dimissioni. Batini e i delegati gli
avevano portato una targa d´argento per manifestargli la gratitudine dei portuali per quello che
aveva fatto Siri per il porto, il cardinale e Batini si erano parlati in dialetto genovese, come facevano
sempre. E Batini aveva rimarcato a Siri che la consegna di quel riconoscimento era molto
significativa, perché veniva riservato a pochi. Più recentemente Batini l´ho visto ancora a settembre,
quando l´ho accompagnato dal cardinale Bagnasco e Batini era alle prese cole problema di trovare
una via d´uscita alle ultime vicende portuali. C´è sempre stato un rapporto di correttezza tra Batini e
gli arcivescovi di Genova, anche se poi evidentemente su molti temi le posizioni erano diverse e
distanti. E il console è sempre venuto in Curia per lo scambio di auguri di Natale, come tutte le
istituzioni genovesi.
*direttore cappellani del lavoro
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Spinelli: "Quell´ultima partita persa a scopone"
Il ricordo del mondo delle imprese e del sindacato: con lui scontri, ma leali
«io lo voglio ricordare così, nell´ultima partita giocata a scopone». Aldo Spinelli ha la voce rotta
dall´emozione. Con Batini si conoscevano da una vita, confronti e scontri anche aspri, ma sempre
vissuti «nel massimo rispetto» dice l´imprenditore. «Mi spiace solo di averlo fatto perdere
all´Europa, io e lui contro Burlando e Franco Ardoino. Era un uomo stupendo, siamo stati soci per
15 anni». E la morte di Paride Batini riesce a riunire anche i sindacati Cgil, Cisl e Uil, divisi su tutto
ma non sul giudizio nei confronti dello storico console della Culmv. «Il mondo del lavoro è in lutto
per la perdita di un uomo di grande valore morale e professionale - scrivono in una nota congiunta
Walter Fabiocchi, segretario Cgil Genova, Antonio Graniero, segretario Cisl Genova e Pierangelo
Massa, segretario Uil di Genova e della Liguria - . Ricordiamo la carica emotiva di Batini fatta di
rigore e sconfinata tenacia nella difesa e nella tutela dei lavoratori del Porto di Genova».
I rapporti tra Batini e i sindacati sono stati spesso tempestosi. In modo particolare nei confronti
della Filt-Cgil, l´organizzazione più vicina ai portuali. «Il nostro ricordo - dice una nota della Filt
nazionale - è quello di un dirigente stimato che pur nella dialettica ha mantenuto con la Cgil un
rapporto costante e profondo».
Anche dai suoi avversari politici giungono parole di grande apprezzamento per le qualità del
console: «Paride Batini - dichiara il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola - è stato un
leader della vita pubblica di Genova e della Liguria. Voglio ricordare la sua tenacia e la sua lealtà
nel difendere i lavoratori della Compagnia dei portuali genovesi, pur all´interno di una visione a
mio giudizio non evoluta dei rapporti economici e sindacali. Il nostro impegno deve essere quello di
realizzare al Porto di Genova un assetto organizzativo che garantisca maggiore efficienza e
competitività nello scenario internazionale: questa è la migliore difesa degli interessi dei portuali
genovesi per i quali Batini si è sempre battuto».
«Per me è morta una persona di famiglia - dice l´armatore Aldo Grimaldi - , una persona
eccezionale, un grande genovese. Ci siamo bisticciati per dieci anni, poi un giorno ci siamo
abbracciati e tutto è passato, naturalmente. Da quel momento siamo andati sempre d´amore e
d´accordo. Tanto che a un certo punto non mi chiedeva più lui gli aumenti, glieli davo io, perché la
vita era aumentata».
Per Mario Tullo, deputato e segretario del Pd ligure, «con la perdita di Paride Batini scompare un
protagonista primario della vita sociale, politica, economica della nostra città. Un uomo giusto,
coerente con i suoi ideali, una vita tenacemente legata ai lavoratori e allo sviluppo del porto». Il
coordinatore regionale del Pdl, Michele Scandroglio, esprime dolore per l´improvvisa scomparsa di
Batini: «Mi associo al dolore dei suoi cari e della Compagnia Unica - dice - . Pur nella differente
visione di molte, se non di tutte le cose, ho sempre guardato con rispetto la determinazione con la
quale Paride Batini ha condotto le sue battaglie. Ci mancherà». Il presidente del consiglio regionale
Giacomo Ronzitti ricorda in un messaggio alla Culmv «la vita semplice, la viva intelligenza e lo
spirito libero e battagliero» dello storico leader dei camalli.
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
LA REPUBBLICA
Quelle camminate in silenzio sui moli prima del nostro caffé
TIRRENO BIANCHI
In circostanze come queste il rischio è sempre quello di cadere nella retorica, se non nell´ipocrisia.
Ma bisogna dire senza alcun dubbio che se non ci fosse stato Paride Batini qualcuno avrebbe dovuto
inventarlo. Come tutti i grandi uomini, aveva grandi pregi e grandi difetti. Oggi è giusto parlare dei
primi, cioè di un uomo che non ha mai tentennato, ha sempre tenuto la barra dritta sulle sue idee. In
lui ha sempre prevalso la centralità del lavoro. Il concetto di autiogestione non era solo una formula
da applicare all´organizzazione del lavoro, ma era una bandiera da sventolare con orgoglio, come
segno distintivo di autonomia e di libertà della Culmv. L´ho conosciuto nel ‘74, quando sono
entrato in Compagnia. Tutti i nuovi soci iscritti al Pci vennero convocati in Salita San Leonardo. In
quell´occasione incontrai Batini, all´epoca consigliere tecnico. Nel mio intervento tenni una
posizione differente dalla sua e anche negli anni successivi ci furono diverse occasioni di
divergenza. Fra i tanti aspetti dell´uomo, mi piace ricordare il suo amore per la puntualità, la
garantiva e la pretendeva da tutti. Rispettava e voleva essere rispettato. Ricordo anche quelle nostre
lunghe camminate sulle banchine, in silenzio, prima di arrivare in centro a bere un caffè.
* console della Pietro Chiesa
Quando Siri ci chiamò e ci disse di smetterla con le nostre battaglie
ROBERTO D´ALESSANDRO
La sua scomparsa mi addolora. L´ultima volta che lo vidi fu nel 2004, per l´addio dell´allora
segretario generale dell´autorità portuale Fabio Capocaccia. Ci salutammo con una bella stretta di
mano e un sorriso sincero: ho sempre avuto per lui una grande stima e molto rispetto e penso che
fossero sentimenti condivisi. Eravamo avversari, è vero, ma questo non ci impediva di stimarci. I
miei cinque anni in porto come presidente del Cap sono stati così intensi che non mi sono più usciti
dalla testa e dal cuore. L´incontro più significativo, o almeno quello che tutti ricordano, è in Curia
con l´allora cardinale Giuseppe Siri. Ci raccontò dei giorni drammatici vissuti alla fine della second
guerra mondiale, con i tedeschi pronti a colpire la città dal Monte Moro e gli americani a
bombardarla. «Siamo riusciti a impedire un disastro» ci disse il cardinale «Ora fatelo anche voi». Fu
l´avvio di un confronto che sbloccò le tensioni di quei periodi in cui io ero arrivato anche a
commissariare la Compagnia e che si concluse con il mio successore, Rinaldo Magnani. Ma so che
quella filosofia contenuta nei miei Libri Blu era apprezzata da Batini.
* ex presidente del Cap
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
L’AVVISATORE MARITTIMO
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
L’AVVISATORE MARITTIMO
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
L’AVVISATORE MARITTIMO
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
L’AVVISATORE MARITTIMO
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
24/04//2009
Autorità Portuale della Spezia
24/04//2009