Ce grand malheur, de ne pouvoir etre seul

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Ce grand malheur, de ne pouvoir etre seul
“Ce grand malheur,
de ne pouvoir etre seul”1.
La Bruyere
“E’ stato detto bene di un certo libro tedesco “er lasst sich nicht lesen” –
“non si lascia leggere”. Vi sono taluni segreti che non si possono dire;
ci sono uomini che di notte muoiono nei loro letti, stringendo le mani di spettri,
che li confessano, e guardandoli miserabilmente negli occhi…
muoiono con la disperazione nel cuore e la gola serrata per l’orrore di misteri
che non sopportano di essere rivelati; di tanto in tanto, ohimé!,
la coscienza dell’uomo porta un fardello d’infamia così pesante che può
deporlo solo nella tomba: e così l’essenza di tutto il delitto non viene conosciuta”.
Edgar Allan Poe, L’uomo della folla.
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“Che gran disgrazia non poter essere soli!”.
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Pochi autori hanno saputo raccontare, così in profondità ed in modo così puntuale, i risvolti morali e
psicologici della questione tedesca dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale come il
romanziere tedesco, di origine ebraica, Alfred Döblin.
In special modo due sono le opere di questo autore che sono in grado di assecondare tale
affermazione: Berlin Alexanderplatz, considerato il suo capolavoro letterario, uscito a puntate sul
quotidiano tedesco Frankfurter Zeitung nel 1929, e Pardon wird nicht gegeben, a cui in Italia verrà
assegnato il titolo di Senza quartiere, scritto da Döblin nel 1935, mentre si trovava in esilio a Parigi.
I due romanzi sembrano vivere in osmosi, come se potessero garantire la propria sopravvivenza al
crudele volgere del tempo solo grazie alla possibilità di riuscire a respirare lo stesso ossigeno.
Pardon wird nicht gegeben diventa un perfetto e preciso corollario a Berlin Alexanderplatz: grazie a
questi due romanzi Döblin presenta al lettore le ansie ed i pregiudizi della Germania fra la fine
della prima guerra mondiale e l’avvento del nazionalsocialismo.
In Berlin Alexanderplatz lo scrittore tedesco scrive ancora traumatizzato dai due drammatici episodi
rappresentati dalla Grande Guerra e dal fallimento della rivoluzione spartachista, conclusasi con
l’uccisione dei due leader dell’appena formato partito comunista tedesco Rosa Luxemburg e Karl
Liebknecht. Lo stesso protagonista del libro, Franz Biberkopf, più di una volta allude, nelle sue
grottesche e disperate conversazioni ambientate in una sudicia osteria berlinese, a questi eventi
luttuosi per il popolo tedesco. Ne racconta con un misto di rassegnazione e tristezza, sentimenti
dietro ai quali si possono intravedere le considerazioni e le passioni di Döblin stesso.
Nel romanzo scritto nel 1935 l’autore tedesco, invece, tralascia di raccontare le vicende della prima
guerra mondiale e della rivoluzione spartachista, per soffermarsi più accuratamente sugli ultimi anni
della Repubblica di Weimar, che fanno da prodromo e sono la causa della vittoria di Adolf Hitler, il
cui feroce artiglio penderà sulle teste del popolo tedesco per dodici anni.
Döblin scrive Pardon wird nicht gegeben in esilio a Parigi, due anni dopo l’avvento del nazismo e
la presa del potere da parte di Adolf Hitler. Questo libro può essere considerato come una lucida
riflessione dell’autore sulle origini e le radici del fenomeno nazionalsocialista.
Diversa è anche l’ambientazione in cui agiscono i personaggi dei due libri: nel caso di Berlin
Alexanderplatz non viene descritta alcuna industria, ma il protagonista indiscusso è il commercio e
la piccola borghesia, insieme al suo negativo sociologico: il furfante, a cui si accompagna il
disoccupato. Franz Biberkopf appartiene a questa categoria.
In Senza quartiere, invece, l’industria ha un ruolo di primaria importanza, in particolare Döblin si
sofferma nella descrizione di una fabbrica di mobili che il protagonista eredita dal fratello della
madre. In questo caso il lettore viene proiettato all’interno dell’ambiente junkeristico – alto
borghese tedesco.
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Senza quartiere è un’opera che lo stesso Döblin divide in tre parti, a cui assegna differenti titoli:
povertà, prosperità e crisi. Italo Alighiero Chiusano, erroneamente, annoterà come le parti migliori
siano la prima e l’ultima, e come la parte intermedia, nella quale si assiste all’ascesa economica di
Karl, al suo benessere, ai suoi trionfi sociali e al matrimonio con una donna della ricca borghesia
tedesca, abbia minor tensione e a tratti sembri quasi languire in una narrazione più di superficie. In
realtà è d’obbligo disporre sullo stesso piano di importanza narrativa e contenutistica le tre parti del
romanzo, e affermare come lo scrittore tedesco, in nessuna pagina, possa essere accusato di futilità e
leggerezza: è una critica, di stampo prettamente populista-marxista, che non può essere accettata.
Ancora una volta viene in aiuto un confronto con Berlin Alexanderplatz. In quest’opera ciò che
riappare in tutto il suo fascino è il grande miracolo, descritto da Charles Dickens in Hard times,
grazie al quale borghese e delinquente sono molto affiatati, perché posseggono i loro interessi in
uno stesso mondo: un mondo omogeneo di cui l’Alexanderplatz ne è il simbolo. In Pardon wird
nicht gegeben, invece, i due mondi sono disgiunti, uno si colloca in periferia, nei bassifondi che,
come afferma lo stesso Siegfried Kracauer, non prosperano solo a Chicago, ma sono diventati di
moda anche a Berlino; l’altro si sviluppa, invece, nel centro imprenditoriale della metropoli. Quella
che viene descritta da Döblin è la città moderna proposta negli anni dieci da Tonnies, dotata di una
rete di trasporti pubblici ad alta tecnologia, illuminazione elettrica delle strade, grandi magazzini ed
infinite attraenti possibilità di distrazione. Berlino diventa un ambiente in cui un’estrema ricchezza
risplende mescolandosi ad un’opprimente povertà, dove la cultura di alto livello e i divertimenti di
basso livello sono abbondantemente disponibili,.
Se esteriormente questi due universi sono antitetici e divisi, il protagonista li racchiude entrambi
all’interno della sua anima e del suo spirito, poiché Döblin presenta al lettore un personaggio che
proviene dalla povera e misera periferia, che ha vissuto, prima della sua ascesa sociale ed
economica, l’esperienza dei bassifondi e di tutte le sue degenerazioni. Si pensi, solo per fare un
esempio esplicativo, all’episodio, di cui il protagonista del libro diventa involontario spettatore,
della madre che sferra un calcio alla figlioletta, senza tener conto delle drammatiche conseguenze e
della sua prematura morte, mentre viene portata in barella all’ospedale.
Rispetto ad esempio alle esperienze dell’absoluter Film condotte dal regista Walter Ruttmann in
Berlin. Die Symphonie der Großstadt, del 1926, che lo studioso Paul Friedlander accusa di essere
privo di rappresentazioni inerenti all’azione della grande città, poiché gli autori riprendono soltanto
la superficie delle cose, Döblin descrive Berlino come una grande città capitalistica. Il capitalismo
le dà la sua impronta, caratterizzata dalla caccia al profitto. Ogni minuto, in questa città, è colmo di
contrasti e di lotta di classe, una lotta senza quartiere. Nel romanzo la moderna esperienza urbana
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compare come soggetto e fonte di ispirazione, da questo punto di vista Döblin è collegato in modo
profondamente intimo al movimento espressionista.
Il protagonista subisce una sorta di iniziazione alla grande città, cattura la metropoli, rappresentata
da una Berlino sfrontata, turbolenta e recentemente arricchita, ed interagisce con la “paurosa città”
alternativamente con atteggiamenti di infatuazione o di avversione. È presente l’orrore-amore per la
città, luogo di miseria ed abominio, ma anche campo fertile per ogni radicale trasformazione
sociale, di cui lo stesso eroe di Pardon wird nicht gegeben sarà protagonista. La Berlino döbliniana
ricorda la capacità di evocare la realtà di ambienti vissuti tipica di un artista come Christian Schad;
oppure la lucida descrizione della nuova città industriale, delle sue macchine lucide, misteriose,
“diverse” se non disumanate, che realizza con cura meticolosa Carl Grossberg.
Il tranquillo ed urbano sguardo impressionista sulla città viene al contempo intensificato e rifiutato
dagli espressionisti e da Döblin stesso. Le visioni metropolitane tendono verso l’oscurità, la notte, il
deviante e le esperienze degradanti della giungla urbana, di sinclairiana memoria. Döblin si
confronta con la città e fa immergere il lettore, da spettatore, nella sua esuberante vita. Rifiuta
l’atteggiamento impressionista nella raffigurazione della città e propone una nuova estetica della
rappresentazione del paesaggio urbano, che evoca i “paesaggi apocalittici” di Ludwig Meidner, nei
quali l’artista dipinge la città nei termini del bombardamento che essa opera sui sensi umani e della
sua mostruosa e drammatica natura.
In Pardon wird nicht gegeben Döblin guarda all’essenza delle cose: ed ecco che già alle sei del
mattino si potrebbero vedere i poveri, i disoccupati lavarsi in una bacinella nelle stanze soffocanti,
affollate e buie dei casermoni in cui vivono; mentre, verso le nove di mattino, l’uomo d’affari,
l’affarista di Heinrich Davringhausen, uscendo dalla sua sana, bella stanza da letto, entra nel suo
bagno rivestito di ceramica e maiolica. Ed ecco che si potrebbe vedere come fa colazione l’uno e
come la fa l’altro, scorgendo la mastodontica differenza di una semplice giornata berlinese se si è
un misero o se si appartiene alla borghesia. In questo consiste la grandezza della seconda parte del
libro di Döblin, punto di connessione fra la povertà ed il momento della crisi.
La vicenda del romanzo ruota attorno alla figura di Karl e della sua famiglia. Dopo la morte del
marito, che, per essersi indebitato, ha lasciato la propria consorte sul lastrico, la madre di Karl, una
delle figure più affascinanti di tutto il romanzo, arriva a Berlino con i suoi tre figli, gli altri due si
chiamano Erich e Mariechen. L’approccio dell’opera è sicuramente autobiografico: la stessa madre
di Döblin decise, nel 1888, di trasferirsi coi figli nella metropoli tedesca, dopo l’abbandono del
marito che era fuggito in America con una giovane lavorante di sartoria. Lo scrittore tedesco ricorda
in numerose opere la condizione di estrema povertà in cui era costretto a vivere insieme alla propria
famiglia non appena arrivati a Berlino. La stessa madre di Karl affronta un calvario di ristrettezza e
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di umiliazioni che la portano al tentato, e fallito, suicidio per mezzo del gas, da cui però riemergerà
ancora più forte e lapidaria, così tanto da incatenare a sé il figlio maggiore Karl, bramoso di
esperienze umane e politiche caratterizzate da una rischiosità affascinante e meravigliosa,
influenzato in questo dall’incontro con Paul, che lavora al mercato (forse Franz Biberkopf prima di
essere incarcerato a Tegel?).
Dopo aver raccontato l’ascesa sociale, economica e politica di Karl, nell’ultima parte del romanzo
Döblin lo presenta al lettore disperato e rovinato dalla crisi. È un uomo che sembra impossessato
dai demoni del suo passato; a cui fa capo quello che si potrebbe definire, in termini psicologici,
l’evento fondante della sua intera esistenza: lo scontro, nei suo primi anni berlinesi, con la madre
che gli proibisce di andare all’appuntamento fissato con il compagno di avventure adolescenziali
Paul. Per tutta la vita questo drammatico episodio lo perseguiterà nella convinzione che la propria
madre gli avesse precluso, impedendogli la più grande avventura formativa della sua esistenza, la
possibilità di diventare un altro uomo, forse un uomo migliore.
Il senso di ribellione di Karl è tipicamente espressionista. La ribellione del movimento si rivolgeva
non tanto contro l’ordine sociale in sé, quanto contro la figura del padre, rappresentante primo ed
unico di tale ordine. Al grido d’odio rivolto al padre si uniscono spesso i rimproveri fatti alla madre.
In Ernst Toller, ad esempio, tutti gli adulti sono malvagi, anche e soprattutto la madre. Significativo
da questo punto di vista è il canto di giovani che, ammassati in un carro-bestiame, vanno alla guerra
per colpa di padri che li hanno tiranneggiati, ma anche di madri che li hanno abbandonati, che
hanno tradito le loro aspettative di bambini e di uomini.
Il protagonista di Döblin è colpito dal complesso edipico, tipico degli espressionisti, con una forte,
anzi primaria, componente femminile. Nella madre di Karl traluce l’oscura e sinistra figura della
Grande Madre tellurica, generatrice e divoratrice dei propri figli. La Grande Madre “uccide” il
proprio figlio almeno nel senso che non gli permette di staccarsi da lei, di sviluppare la propria
autonoma individualità. Pardon wird nicht gegeben diventa così un bildungsroman incompleto ed
imperfetto, la storia di Karl non riesce a tradursi nell’educazione sentimentale, di flaubertiana
memoria.
In Berlin Alexanderplatz, invece, Döblin racconta la storia di Franz Biberkopf come l’educazione
sentimentale del furfante. In questo modo l’opera diventa la forma estrema e vertiginosa del vecchio
romanzo borghese di educazione. La vera drammaticità del fenomeno consiste nel fatto che Karl, in
fondo, come l’eroe della tragedia Die Verfuhrung di Kornfeld, non riesce a staccare la propria vita
dalla madre, che pur non ama, “Vecchia! Angelo dal volto raggrinzito – tu sei dappertutto!”. Essere
indipendenti dalla madre per Karl rappresenta la cosa più bella, ma comprendere ciò diventa la cosa
più terribile.
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La crisi dell’economia tedesca accompagna la crisi familiare di Karl, abbandonato dalla moglie, che
gli porta via anche i due bambini nati da quella triste e stancante relazione senza amore. Viene,
inoltre, disertato da amici e soci d’affari ed è minacciato di arresto, poiché viene scoperto mentre
tenta di inviare alcuni macchinari dell’azienda all’estero, vietato dalle severe protezioni doganali
indette per far fronte alla debolezza dell’economia interna.
Ricco di significato è, nelle pagine finali del libro, il nuovo incontro con il suo vecchio amico di
infanzia Paul, che nel frattempo non è potuto diventare altro che un suo nemico, dal punto di vista
degli interessi sociali ed economici, e quasi uno sconosciuto, per quanto riguarda il lato umano ed
affettivo. Ma grazie a questo incontro, che in realtà ricorda lo scontro con la madre, Karl, in un
attimo di lucidità e riassaporando i fasti della sua giovinezza ed amicizia, si precipita con intima
fede e profonda accettazione nella spirale dell’insurrezione armata, dove troverà la propria grottesca
e parossistica morte.
In questo preciso modo, in un’ottica puramente storiografica, lo scrittore tedesco si trasforma nel
principale cantore e romanziere della Repubblica di Weimar. Le vicissitudini del protagonista di
Pardon wird nicht gegeben si svolgono tutte all’interno del periodo che va dallo splendore alla fine
della Repubblica di Weimar, sono episodi biografici che possono essere contenuti fra il 1924 ed il
1931.
Il periodo di prosperità industriale della fabbrica di Karl coincide con il quadriennio che va dal 1924
al 1928, nel quale per la prima volta il Reichstag della Repubblica di Weimar era riuscito a portare a
termine una legislatura. Furono gli anni in cui la continuità politica era incarnata dal ministro degli
Esteri Gustav Stresemann, la cui politica mirava ad un piano ben definito, che aveva come obiettivo
la revisione del trattato di Versailles e il ripristino di una posizione di preminenza della Germania in
Europa. In questi anni notevoli furono i successi nella politica occidentale: al piano Dawes,
stipulato nel 1924, seguirono nel 1925 i patti di Locarno, un patto belga-franco-tedesco di garanzia,
che sanciva i rispettivi confini. La Germania nel 1926 entrò a far parte della Società delle Nazioni
Unite, e nello stesso anno Stresemann concluse con l’Unione Sovietica il trattato di Berlino, che
assicurava la reciproca neutralità e sollevava Mosca dall’incubo che una Germania alleata con le
potenze occidentali potesse mettere a disposizione il proprio territorio per uno schieramento diretto
contro l’Unione Sovietica. La stabilità conseguita da Stresemann, che vinse, nel 1926, il premio
Nobel per la pace, significò soprattutto una ripresa economica, che interessò soprattutto l’industria
tedesca d’esportazione, mentre la congiuntura del mercato interno restò modesta. L’industria
comunque aveva superato molto bene l’inflazione, sfruttando le possibilità aperte dalla svalutazione
del marco, avvenuta nel 1923. a ciò si aggiunse l’afflusso in Germania di capitali stranieri,
conseguente all’accordo Dawes e al primo grande prestito di Wall Street. Si mise così in moto una
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circolazione finanziaria che per alcuni anni diede slancio all’economia transatlantica: la Germania
poteva pagare i suoi debiti di riparazione agli Stati dell’Intesa, strascico drammatico delle pesanti
richieste della pace di Parigi. Questi a loro volta pagarono i loro debiti di guerra agli Stati Uniti, da
dove il denaro tornava a confluire in Germania sottoforma di crediti.
Ma in tutte le pagine in cui Döblin si esprime in termini di prosperità e di benessere, aleggia lo
spettro irresoluto della crisi, dovuta al fatto che lo Stato democratico della Repubblica di Weimar
era sin dalla nascita uno Stato debole, che, nel tentativo di evitare la guerra civile, aveva cercato di
acquistare il favore dell’elettorato, trasformandosi in uno Stato dei sussidi e della redistribuzione;
ciò risultava evidente dall’improvvisa crescita della spesa pubblica, soprattutto nel settore sociale.
Per questo motivo la crisi economica che si abbatté sul mondo intero nel 1929 ebbe effetti
particolarmente drammatici e devastanti in Germania. Il crollo delle Borse finanziarie portò con sé i
mali dell’aumento della disoccupazione, della crescita dei movimenti scioperistici e dei tumulti di
strada: tutti elementi che fiaccarono il governo weimeriano.
Il naufragio dei partiti repubblicani, il loro disgregarsi in fazioni di una guerra civile, era il segno
del collasso imponente della politica della repubblica. Ed ecco che, per la prima volta dopo il 1920,
si tornò a sparare per le strade di Berlino, in scontri sanguinosi tra polizia, sotto il comando
socialdemocratico, e dimostranti comunisti. Come è strano e alienante vedere come ciò che
inizialmente appariva soltanto una passeggera crisi congiunturale, ebbe la forza di trasformarsi in
una catastrofe senza pari, in un circolo vizioso di disastro economico e radicalizzazione politica.
Alfred Döblin con fredda obiettività riprende i convulsi e drammatici momenti di crisi della
borghesia tedesca, tra la Repubblica di Weimar (1919) e Hitler (1933), evocando la tagliente
osservazione di Otto Dix del reale esaltata attraverso un distacco dell’occhio, ora critico ora
grottesco, o addirittura un’enfatizzazione del particolare, dei punti di rottura dell’armonia del
soggetto, evidente nei suoi molti quadri dedicati ai vizi borghesi, nei ritratti ambigui di una
sottigliezza particolare, nelle numerose analisi dell’operazione chirurgica. Oppure riprendendo la
più esplosa, crudelmente viva, satira di George Grosz al mondo borghese, al militarismo, i cui
disegni mimano con crudeltà una falsa ed egoista “gioia di vivere”. In Pardon wird nicht gegeben
Döblin tenta di soppesare i pro ed i contro della crisi che sta attraversando la Germania, analizza
con lucidità la situazione psicologica del momento come fecero due importanti film dell’epoca
weimariana: Der blaue Engel di Joseph von Sternberg e M di Fritz Lang. Rispetto ad esempio a
registi come Ruttmann e Pabst che avevano evitato di pronunciarsi sul significato dei loro film
ricorrendo al melodramma o ad un costante distacco, Der blaue Engel ed M erano improntati ad un
forte senso di responsabilità verso ogni cosa in essi enunciata, una forte dose di realismo viene
proiettata da questi capolavori cinematografici. Non è un caso che si faccia riferimento alla settima
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arte, visto che Döblin stesso fu uno dei primi a rendersi conto dell’importanza del cinema e
soprattutto delle immagini come fonte di sapere.
Il film di Von Sternberg, basato sul romanzo d’anteguerra di Heinrich Mann Professor Unrat,
censura i vizi della società borghese, come tenta di fare lo stesso Döblin. Viene rappresentato il ceto
medio, che viveva in una sensazione di crisi permanente nella Repubblica di Weimar. Si sentiva
minacciata dal rapido mutamento dell’ambiente sociale ed economico, dal momento che il suo
reddito conobbe un incremento inferiore a quello di quasi tutti gli altri strati e con l’inflazione il
valore patrimoniale, laddove non fosse investito in case o terreni, si dissolse come neve al sole. La
debolezza di Weimar era causata in particolar modo dal sospetto di questa classe borghese, che
diventerà il bacino elettorale principale del nazionalsocialismo. Partito che si dimostrò più moderno
di tutti i concorrenti dello spettro partitico, che credevano bastasse comunicare alla gente
programmi razionalmente formulati per riuscire a convincerla, portando alla luce le ansie ed i
pregiudizi della gente traendoli dagli abissi preconsci ed irrazionali della coscienza collettiva e
rielaborandoli dando loro un senso all’interno di una visione del mondo.
La profonda decadenza morale del personaggio principale del film, un barbuto professore di scuola
media di una cittadina portuale, interpretato da Emil Jannings, mette in risalto la crisi della
borghesia tedesca, lo stesso ruolo verrà impersonato da Karl in Pardon wird nicht gegeben. Il
professore Rath quando apprende che i ragazzi della sua scuola frequentano il camerino di Lola
Lola, interpretata da una stupenda e sensuale Marlene Dietrich, soubrette di una piccola compagnia
di varietà che recita alla taverna “L’angelo Azzurro” tenta di far cessare le scappatelle ai giovani e
si reca al locale. Qui, però, soccombe anche lui al fascino di Lola, tanto da diventarne suo schiavo
dopo il matrimonio. Lola Lola diventa così il polo d’attrazione delle disillusioni del mondo intero. Il
professore invece di maturare, subisce un processo di regressione che si compie con ostentata
autocommiserazione. Anche Karl è caratterizzato da questo profondo infantilismo, non è mai
potuto diventare, soprattutto a causa della madre, un uomo compiuto, un vero uomo; ma, e in questo
consiste l’ironia döbliniana, si illude per tutto il romanzo di potersi imporre nella sfera della realtà
sociale ed in quella del sesso, così da trasformasi in quella figura, cara all’espressionismo, del
tiranno velleitario, del tiranno dell’immaginazione.
Karl vorrebbe essere come il fiero baldone lancia in resta, che sottoforma di statua troneggia nella
sua camera adibita alle riunioni industriali, ma non lo potrà mai essere. Lo stesso rapporto affettivo
con la moglie si rivela un assoluto fallimento. Il matrimonio di Karl non è un matrimonio suggellato
dall’amore, ma risponde solo ed esclusivamente ad esigenze di tipo societario. Indimenticabile il
silenzio che attornia le frequenti scene in cui i due coniugi, di sera, si trovano insieme a sorseggiare
caffè. Karl come il portiere nel film Der letze mann di Murnau è afflitto da profondo mutismo, gli
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stessi sguardi quando si incrociano sono caratterizzati da profonda incomprensione ed indifferenza.
Der blaue Engel è il film che sancisce, in anticipo, il crollo delle certezze della borghesia
guglielmina. Nel progressivo declino del professor Immanuel Rath è presente la negazione stessa
dell'eguaglianza nelle relazioni tra individui e l'affermazione esplicita dell'inettitudine di una classe
sociale convinta di avere certezze che non esistono.
Nel caso del film di Fritz Lang il protagonista, interpretato da Peter Lorre, è Kurten, uno
psicopatico, assassino di bambini, che getta nel panico e nel terrore la città di Dusseldorf. Questo
personaggio diventa il vero centro del film, Peter Lorre ne fa l’insuperabile ritratto di un piccoloborghese infantile, che mangia mele per strada, al di sopra di ogni sospetto. Morder unter uns,
l’assassino è fra noi, è in noi, questo è il messaggio che Lang lancia come pietra allo spettatore.
Le stesse persone di cui si circonda il protagonista di Pardon wird nicht gegeben non sono altro che
assassini, borghesi che hanno venduto l’anima al profitto e all’interesse, che cercheranno di
difendere contro tutto e tutti. La stessa moglie di Karl lo mette in guardia da queste persone, che
appartengono tutte al suo mondo, all’universo paterno, padre che rappresenta, da generale in
pensione, quella classe militare che assunse un atteggiamento di sprezzante distanza sia dalle
istituzioni democratiche sia dai partiti, praticando una politica segreta degli armamenti alle spalle
delle istanze politiche civili e cercando di tenersi al di fuori della politica di tutti i giorni, non
rinunciando però ad influenzare l’economia tedesca. Sembra come se fosse lo stesso mondo
borghese che si autodenunciasse agli occhi di Karl, in realtà troppo immaturo per partecipare a
questo gioco da grandi.
L’aspetto fisico di Peter Lorre accentua l’impressione della sua totale immaturità, immaturità che
spiega anche il progressivo prevalere degli istinti omicidi.
Lang vuole rendere visibile allo spettatore quanto la regressione porti inevitabilmente con sé
terribili esplosioni di sadismo. Si pensi solo alla scena in cui Karl distrugge la stanza dove si
intrattiene la statua del suo amato baldone: è come se stesse distruggendo il suo falso mondo basato
su rapporti di potere. Döblin ci descrive un uomo che non riesce a liberarsi degli spettri che lo
inseguono, come Kurten anche Karl si guarda riflesso alla vetrina e vede il proprio viso deformato.
La crisi socio-economica della Germania fa solo da sfondo alla profonda inquietudine dello stesso
Karl. Abbandonato da tutto e da tutti, la resistenza del protagonista di Döblin alla crudeltà della vita
risulta completamente passiva. In questo Döblin si avvicina all’ideologia programmatica della Neue
Sachlichkeit. Sachlichkeit significa “nuova impassibilità”, quello che viene rappresentato non è più
l’Uomo nudo dell’espressionismo, ma l’uomo piccolo. La Neue Sachlichkeit è una desolata
letteratura della rassegnazione e della resa, al pathos espressionista della ribellione disperata si
sostituisce l’apatia della rassegnazione. Il realismo tedesco differisce totalmente da quello che sarà
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il fenomeno neorealista italiano. Il neorealismo è arte viva e vibrante di umanità, arte della
speranza, della riscossa e dell’impegno. Si pensi solo al film di Vittorio De Sica Umberto D,
omaggio sincero e commosso alla vecchiaia, in cui un mite e silenzioso pensionato, interpretato da
Carlo Battisti, ridotto a non essere più economicamente in grado di sopravvivere, rifiuta la
tentazione del suicidio per non abbandonare il proprio cane.
Se la metropoli è la protagonista della prima parte del libro, nella seconda sezione fonte indiscussa
di fascinazione ed ammirazione è la strada, ripresa nella sua forza dinamica nella sua
compenetrazione e simultaneità di forme, come nel dipinto di Umberto Boccioni La strada entra
nella casa. Nel momento in cui viene abbandonato dalla moglie, Karl tenta inutilmente di tornare
alla vita della sua giovinezza, ripercorrendo le vecchie vie della periferia berlinese. Döblin, come
nei quadri di Kirchner, elabora le esperienze della strada, con le sue folle impegnate a fare spese, i
pendolari, le persone a passeggio. Karl nelle sue scorribande senza una meta viene travolto da un
vortice a spirale di indifferenza metropolitana, Walter Benjamin aveva ragione ad affermare come
le città fossero caratterizzate da istanti, da abbagli, da uomini che, come atomi impazziti, sono
contraddistinti da una totale indifferenza nei confronti dell’altro.
Quello a cui il lettore sta assistendo può essere definito come “tragedia del quotidiano” oppure
“discesa all’inferno”. Questi neologismi vennero utilizzati da Lotte Eisner a proposito del film di
Friedrich Wihlelm Murnau, Der letze Mann, in cui viene raccontata la disperata e drammatica vita
di un vecchio portiere di un albergo di lusso a Berlino, interpretato sempre da Emil Jannings, che
viene declassato ad inserviente dei bagni e perde il diritto di indossare la livrea gallonata che gli
dava prestigio e potere. Come per Karl, la falsa importanza della mostrina e del ruolo nella società è
di vitale importanza, benché sia il protagonista di Pardon wird nicht gegeben sia Emil Jannings
saranno ingannati dalla stessa società di cui rispettano le regole. Di un profondo decadentismo sono
le descrizioni di Döblin, molto simili ai quadri di Kirchner, degli incontri fra Karl e le prostitute. Le
scene di strada di Kirchner, come quelle dell’autore di Pardon wird nicht gegeben, attribuiscono al
sesso urbano un aspetto cinico, nel momento in cui esso diventa una merce come un’altra, parte
dell’economia notturna della città. Karl non può amare, ed anche se tornato alla sua vita giovanile
nelle periferie berlinesi, crede ancora nella sua forza di dominatore. Anche nei suoi incontri con
alcune prostitute si inganna nel definire il suo vero ruolo. Rispetto alla violazione dell’intimità della
donna nella prostituzione descritta dal sociologo Georg Simmel, mentre esamina il rapporto fra la
prostituzione ed il denaro, le scene di strada di Kirchner veicolano un’altra interpretazione delle
transazioni che in essa si svolgono. In alcune di esse la relazione tra prostituta e cliente suggerita dal
sociologo viene ribaltata: sono gli uomini che le circondano, tutti potenziali clienti, ad essere senza
volto e dotati di un’identità compromessa, come si può vedere in dipinti come Friedrichstrasse e
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nel disegno a pastello Rote Kokotte. Ed ecco che Kirchner, come lo stesso Döblin, esprime
un’interpretazione della prostituzione in cui sono gli uomini, e quindi anche Karl, ad essere
omogeneizzati dal proprio denaro e ad essere scelti in rapida successione dalle prostitute.
Il protagonista indiscusso del romanzo Senza quartiere diventa, in definitiva, il destino incombente,
che ha il crudele compito di annientare Karl. Come nel film Die straBe di Karl Grune la strada entra
direttamente nell’azione, diventa il destino stesso e Karl si fa trascinare stancamente e passivamente
dal vento del fato. In questo modo Karl si trasforma nell’uomo della folla, di poiana memoria, che
non vuole restare da solo, ma è vittima di un inganno, dal momento che ogni sua azione e parola lo
sprofonda sempre più in un’incurabile solitudine.
La strada si fa vertiginoso risucchio che porterà Karl alla sua triste, ma dimenticabile, morte.
Rispetto a Franz Biberkopf che accoglie la morte quasi come il sacramento dell’eucarestia, Karl
muore con in mano la bandiera bianca della resa. Come si era arreso alla vita si arrende alla morte,
per mano di coloro che rappresentano la sua infanzia, i miseri dei bassifondi con cui si voleva infine
riunire e riconciliare, spinto a questo drammatico esito dalle forze che lo avevano accompagnato
durante la sua ascesa e lo avevano trasformato in un uomo dedito alle regole formali della
collettività, i borghesi. Non si arriva ad una soluzione finale nella disperata vita di Karl, non è
presente nessun deus ex machina. Muore senza aver risolto la sua personale lotta senza quartiere,
fra una vita già scritta da una società borghese dedita al potere ed al profitto ed una invece sudicia
nelle strade e negli imponenti caseggiati a ridosso della vitalità finanziaria ed economica di Berlino,
ma terribilmente affascinante.
In questa prospettiva Berlin Alexanderplatz e Pardon wird nicht gegeben si avvicinano, per vie
profondamente diverse, all’idea greca del tragico. Franz Biberkopf, come nelle due tragedie di
Edipo di Sofocle, ha alcune prerogative eminentemente individuali di importanza fondamentale
come volere, decidere, agire, errare, patire. Il protagonista assume quindi su di sé la responsabilità
della propria sorte. Nel caso di Karl, il protagonista di questa tragedia moderna vive
nell’isolamento, si misura da solo con il proprio destino, poiché ogni uomo ha una sua volontà
diversa da tutti gli altri, ed ogni volontà si crea un’opposizione altrettanto diversa e peculiare.
Anche quando tra i protagonisti di una medesima tragedia sussistono dei rapporti interpersonali,
ognuno di loro vive fino in fondo un suo particolare fato, che s’incrocia con quello degli altri,
rappresentati dalla madre, dal fratello Erich o dalla moglie, ma non ne è determinato se non nelle
circostanze esteriori: Karl, assorto nell’esecuzione di una sua individuale sorte, si avvicina a
personaggi quali Clitemnestra ed Oreste, Eracle e Deianira, Ippolito e Fedra.
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Ma sia per Karl sia per Franz Biberkopf, in realtà, l’azione è sì la conseguenza di una decisione, ma
essa è anche e soprattutto una scommessa sull’ignoto. La scelta fra due alternative diventa così in
realtà un inganno: una sola via si apre davanti all’individuo, ed egli è forzato e costretto a seguirla.
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BIBLIOGRAFIA
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Fritz Lang, M. (M. Il mostro di Dusseldorf), 1931.
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Georg Wilhelm Pabst, Die Büchse der Pandora (Lulù – Il vaso di Pandora), 1929.
Walter Ruttmann, Berlin. Die Symphonie der Großstadt (Berlino. Sinfonia di una grande città),
1927.
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