tradurre la letteratura - Casa editrice Le Lettere

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tradurre la letteratura - Casa editrice Le Lettere
TRADURRE LA LETTERATURA
Studi in onore di Ruggero Campagnoli
A cura di
Graziano Benelli e Manuela Raccanello
Le Lettere
TRADURRE LA LETTERATURA
Studi in onore di Ruggero Campagnoli
A cura di
Graziano Benelli e Manuela Raccanello
Le Lettere
Giulia Cantarutti
ARS TRANSLATIONIS NELL’ITALIA ARCADICA
CON UN INEDITO DISCORSO INTORNO AL TRADURRE (1770)
I
È noto che il Settecento italiano ha conosciuto le letterature di ceppo anglosassone, segnatamente la letteratura tedesca ovvero alemanna, attraverso la mediazione francese. Questo vale anche per il
periodo in cui nella lunga vita dell’Accademia romana d’Arcadia si
registra la massima apertura alle letterature straniere e ai problemi
della loro traduzione: il periodo della seconda Arcadia o «Arcadia filosofica»1. Si tratta di un vero e proprio partito, caratterizzato da una
ben precisa concezione della poesia in base alla quale un poeta di lingua tedesca, Salomon Gessner (1730-1788), viene chiamato il «nostro poeta», al pari del suo traduttore e alter ego italiano Aurelio de’
Giorgi Bertola (1753-1798). I testi di questi Arcadi – da L’ombra di
Pope di Luigi Godard al Ragionamento su la irreligione del Barone
di Haller di Tommaso Maria Soldati fino a I saggi di Michele della
Montagna di Giulio Perini2 – sono quasi irreperibili nelle biblioteche
1 Sulla «seconda Arcadia» cfr. A. Nacinovich, “Il sogno incantatore della filosofia”:
l’Arcadia di Gioacchino Pizzi 1772-1790, Firenze, Olschki, 2003.
2 I saggi di Michele della Montagna Tradotti nuovamente in Lingua Toscana da un
Accademico Fiorentino e pubblicati da Filandro, Amsterdam [in realtà Firenze], s.e.,
1785 sono citati da S. Ricci, Inquisitori, censori, filosofi sullo scenario della Controriforma, Roma, Salerno editrice, 2008, p. 220 e da F. Garavini, Itinerari a Montaigne, Firenze, Sansoni, 1983, p. 148. Garavini giustamente parla di «illuministico fervore» da
parte di Giulio Perini. Lo conferma L. Neppi Modona, Per la storia dell’“Encyclopédie”
in Italia. L’abate Giulio Perini collaboratore della «Encyclopédie Méthodique», in «Revue des études italiennes», X, 1964, pp. 81-91 che studia Perini come collaboratore del-
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pubbliche3. Fanno eccezione le traduzioni di Gessner, che rimane il
poeta di gran lunga più amato in Italia non solo nel XVIII, ma anche
ben dentro il XIX secolo. Lo zurighese giunge in Italia da Parigi sull’onda di un successo senza pari, sia per il numero di edizioni – una
cinquantina solo quelle de La mort d’Abel di Michael Huber –, sia
per lo spessore dei personaggi coinvolti in modo diretto e indiretto
nelle traduzioni stesse: dal più celebre allievo di Huber, Turgot, ministro delle finanze di Luigi XVI, a Toussaint, da Melchior Grimm
a Watelet fino a Diderot. «La letteratura tedesca non ha mai esercitato un impatto altrettanto forte su quella francese»4, constata Paul
Leemann-Van Elck nella sua tuttora irrinunciabile bibliografia sul
poeta, pittore e incisore zurighese, chiamando in causa in primo luogo l’opera di mediazione di Huber, che oggi è ottimamente indagata negli studi sui transferts culturali tra Germania e Francia5. L’attività traduttiva di questo «cattolico tolerantissimo, nato in Baviera ed
istrutto in Francia»6 è di enorme rilevanza anche per i non francesi;
dalla Spagna alla Russia essa presenta esiti diversi, per i quali le coordinate temporali sono non meno importanti di quelle spaziali. In
l’Encyclopédie. Su Perini traduttore di Gessner e di Montaigne manca invece un’analisi quale quella compiuta per Naselli da Ruggero Campagnoli, G. Naselli primo traduttore italiano di Montaigne, in «Studi francesi», 1972, pp. 214-231, che sapientemente
presenta questa traduzione del 1590 come «bella traccia, con le sue perdite e il suo conformismo, per verificare, fra assenze e presenze, la struttura degli Essais» (ivi, p. 225).
3 Segnala la presenza della traduzione di Montaigne nella Biblioteca Nazionale di
Firenze Neppi Modona (nota 2). Di difficile reperimento e quindi riprodotto nella “Collana delle opere e degli studi di Giovanni Cristofano Amaduzzi e sul suo tempo” della
Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone è perfino il testo programmatico che inaugura la stagione breve e intensa della seconda Arcadia romana, il
discorso filosofico-politico di Luigi Gonzaga Principe di Castiglione, Il letterato buon cittadino (recitato nell’Accademia romana di Arcadia e pubblicato nel 1776) che nomina
come esempi di «Poesia irraggiata da’ lumi di filosofia» Pope, Haller, Gessner e
Thompson.
4 P. Leemann-Van Elck, Salomon Gessner. Dichter, Maler und Radierer 17301788, Zürich-Leipzig, Orell Füssli, 1930 (Monographien zur Schweizer Kunst, Bd. 5),
p. 194.
5 Mi riferisco, è ovvio, ai risultati evinti da M. Espagne, Übersetzer in Paris und
Leipzig: Michael Huber (1727-1804), in Frankreichfreunde. Mittler des französich-deutschen Kulturtransfers (1750 bis 1850), a cura di M. Espagne, W. Greiling, Leipzig,
Leipziger Universität-Verlag, 1996, pp. 85-106.
6 C. Denina, Lettere Brandeburghesi, a cura di F. Cicoria, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1989, p. 58.
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Italia gli esiti più interessanti si hanno nel settimo decennio del Settecento: il decennio, appunto, della seconda Arcadia, che, avversa ai
profluvi di «bagatelle sonore» e amica delle scienze come strumenti di felicità per i mortali, erige Gessner (assieme a Haller) a modello, per l’area tedesca, della «poesia filosofica» ovvero della poesia
che è «sogno incantatore della filosofia» e «sotto a’ fiori cela l’istruzione»7.
Non è in altri termini per nulla casuale che Aurelio de’ Giorgi
Bertola e Francesco Soave (1743-1806) – rispettivamente il più celebre e il più fortunato editorialmente fra i traduttori italiani di Gessner – siano punte di diamante dell’Arcadia filosofica. Chi si riconosceva nei suoi ideali, come Carlo Denina, aveva ottimi motivi di gratitudine nei confronti del «Sig. Huber», cui l’abate torinese rende
omaggio appena giunto a Lipsia nell’ottobre 1782, ricordando le ripetute letture dei quattro volumi di «saggi di poesie tedesche tradotti
in francese», ovvero lo Choix de poésies allemandes (1766).
II
In questo mio contributo non mi propongo di tornare su Bertola autore della Scelta d’Idilj di Gessner tradotti dal Tedesco apparsa a Napoli nel 1777, tantomeno di discutere sulla trentina di pagine che Daniela Corzuol dedica nella sua smilza tesi di dottorato al confronto
fra Salomon Gessner e Francesco Soave. Il poeta e il suo traduttore8
muovendo dall’assunto secondo cui «il cliché morale troppo enfatizzato e il distacco dalla realtà [sic] non permettono più di comprendere a fondo, oggi, tutte quelle ridondanze di cui gli idilli sono
intrisi»9. Assunti del genere, che ben convivono, tradizionalmente,
con un mero elenco di parallelismi come alfa e omega del discorso
sui debiti di traduttori italiani nei confronti delle Oeuvres de Gessner
7
Recensione in «Antologia romana», Febbraio 1778, pp. 250-253, in riferimento
alle Riflessioni sulla poesia e sulla musica di Luigi Gonzaga di Castiglione, riprodotte
ora nella loro traduzione dal francese in appendice ad A. Nacinovich, Il sogno incantatore della filosofia, cit., pp. 211-215, nonché nota 3.
8 Udine, Campanotto, 2001.
9 Ivi, pp. 24-25.
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di Huber, appartengono a una storiografia ormai superata. Come
spiega con grande chiarezza E. Theodor Voss10, contestando la vecchia idea dell’idillio come escapismo, lo zurighese ha avuto ammiratori quali Diderot, Haller, Franklin perché nei suoi Idilli (analogamente a quanto fa Haller stesso nelle sue poesie) parla per «Gegenbilder», per «contro-immagini», contrapponendo, cioè, i costumi incorrotti «di quel tempo, in cui i migliori degli uomini guardavano armenti»11 e la realtà della propria epoca. Chi come traduttore – traduttore dal francese, lingua franca per gli eruditi – si impegnava nell’età di Bertola a diffondere al di fuori della cerchia specialistica il
messaggio di critica implicita contenuto negli Idilli gessneriani apparteneva a un’élite illuminata e colta. Occorre sottolinearlo, giacché
perfino in un volume rappresentativo del livello altissimo raggiunto
dall’italianistica nella revisione dell’immagine tradizionale di Bertola alias Ticofilo Cimmerio, Un europeo del Settecento. Aurelio de’
Giorgi Bertola riminese12, i traduttori settecenteschi del «Teocrito
svizzero» vengono sbrigati in chiave di «spensierati produttori di
“traduzioni di seconda mano” che ricalcano le versioni di Huber»13.
Tradurre di seconda mano è operazione da non valutarsi secondo
parametri moderni, ma secondo i parametri propri appunto all’epoca della cosiddetta Popularphilosophie, dove l’aggettivo “popolare”,
oggi connotato in senso negativo, è da intendersi nel senso sotteso
esemplarmente alla diffusione di Newton a opera di Algarotti.
Un Francesco Soave, nominato come recluta di questo «esercito di traduttori […] tutti rigorosamente e spesso, per loro esplicita
ammissione, affatto digiuni di tedesco», non ha la minima difficoltà a dichiarare il suo iniziale «dispiacere di non poter confrontare la
versione francese, di cui era costretto a servirsi, coll’originale tedeNell’edizione critica delle Idyllen di Salomon Gessner, Stuttgart, P. Reclam jr.,
1988, specie pp. 326-328. Si veda ora a conferma l’ottima monografia di W. Röben de
Alencar Xavier, Salomon Gessner im Umkreis der Encyclopédie. Deutsch-französischer
Kulturtransfer und europäische Aufklärung, Genève, Slatkine, 2006.
11 Così Aurelio de’ Giorgi Bertola nel Discorso preliminare alla sua Scelta d’Idilj
di Gessner tradotti dal Tedesco, Napoli, Raimondi, 1777, p. V, citando Pope.
12 A cura di A. Battistini, Ravenna, Longo, 2000.
13 Ivi, p. 405, nel contributo di R. Unfer Lukoschik, Salomon Gessner fra Aurelio
de’ Giorgi Bertola ed Elisabetta Caminer Turra (“grati e spensierati”). Ivi anche la citazione che segue.
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sco, che non intendeva»14. Nella Prefazione del traduttore soggiunge però: «Applicandomi nello scorso anno allo studio di questa lingua, io mi son trovato pur finalmente in grado di poter fare questo
confronto», dando conto del suo modus procedendi rispetto al «Sig.
Huber, che nella sua versione francese sembrami avervi fatto di
troppe variazioni»15. L’ipotesi di un traduttore che, «grato» di avere a disposizione il testo in francese lo fa proprio senza darsi troppi
pensieri, cozza contro il giudizio su Soave del più amato fra i Popularphilosophen, lo svizzero Johann Georg Sulzer (1720-1779), che
definiva il Somasco «philosophe profond», ma cozza più in generale contro una costante che va riconosciuta come tale: la consapevolezza con cui Soave, Bertola o i loro dimenticatissimi predecessori
affrontano il compito del traduttore.
Nel caso di Ticofilo Cimmerio, massimo rappresentante dell’Arcadia filosofica, è già illuminante la presenza nell’Idea della
bella letteratura alemanna (1784) del § IV, Delle traduzioni di Gessner in nostra lingua e del § V, Della mia maniera di tradurre Gessner.
Prima ancora, la Scelta d’Idilj di Gessner tradotti dal Tedesco presenta un rapporto quantitativo tra prefazione e testo significativamente sbilanciato: la prefazione, designata, con tipico vocabolario
della seconda Arcadia, come Discorso preliminare, occupa circa un
terzo di pagine del totale. Leggendola, si constata la perfetta conoscenza innanzi tutto della ricezione francese16 e in prosieguo della
«versione del Primo Navigatore, poemetto di Gessner, [che] uscì pochi anni addietro dalla elegante penna del Signor Abate Giulio Perini ad innamorare tutti gli spiriti gentili d’Italia»17.
Gli snodi di maggior interesse concernono «i cangiamenti più
importanti» intrapresi alla luce della convinzione che sia stata «l’in14 Così nella Prefazione del traduttore a I nuovi Idillj di Gessner in versi italiani. Con
una lettera del medesimo sul dipingere di paesetti. Traduzione del P. Francesco Soave
C.R.S., Vercelli, Stamperia Patria, 1778, p. X.
15 Ivi, p. XIV.
16 Cfr. A. de’ Giorgi Bertola, Discorso preliminare alla Scelta d’Idilj, cit., pp. XIXII.
17 Ivi, p. XII. Quanto poco frequentate siano le fonti lo si vede dall’affermazione
secondo cui Bertola sarebbe il primo traduttore di Gessner, ad esempio nell’articolo di
E. Agnesi, Bertola traduttore di Gessner, in «Giornale Storico della Letteratura Italiana»,
CLVIII, 1981, pp. 344-367.
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dole della lingua francese» a indurre Huber a «qualche inesattezza».
La difficoltà di tradurre il «Virgilio delle Muse Alemanne»18 è individuata nella «delicatezza estrema» caratteristica di un autore maestro del dettaglio, le cui «bellezze […] dipendono dalle più picciole, e direi quasi impercettibili combinazioni, legami, intervalli d’idee», «dall’impasto di mille tinte le più fine». L’hic Rhodus, hic salta diventa quindi la capacità del traduttore di maneggiare tutto ciò
«leggierissimamente»: «L’alterazione di una forma, un tratto fuori di
luogo; ed ecco la miniatura sparita come un vapore»19.
III
Questo tipo di sensibilità, spiccatissimo nell’arcade celebrato nell’«Antologia romana» come «un traduttore così esatto, così fedele,
e così elegante»20, rientra in un fenomeno assai più ampio, osservabile già in un traduttore italiano di Gessner rimasto inedito, Francesco Antonio Coffani (1751-1788), l’autore del Discorso intorno al
tradurre pubblicato in appendice. Il centro di irradiazione di questo
manoscritto del 1770 è il convincimento della «somma difficoltà»
del «tradur bene»: un convincimento che matura assieme agli Idilj,
e Poemi campestri di M. Gessner, Dal Tedesco tradotti in Francese
da M. Huber e dal Francese in Italiano da Francesco Antonio Coffani 1770, a loro volta preceduti dall’Avvertimento di M. Huber 21.
18 A. de’ Giorgi Bertola, nella dedica non paginata “All’eccellentiss. Signore D.
Tommaso d’Avalos” della Scelta d’Idilj, cit.
19 Ivi, nel Discorso preliminare, p. XIV.
20 «Antologia Romana», gennaio 1778, p. 217.
21 I due manoscritti sono conservati nella Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova. Su Francesco Antonio Coffani, nato a Guidizzolo presso Mantova nel 1751, morto a soli trentasette anni a Castiglione delle Stiviere dove era Cancelliere del Censo, si
veda C. D’Arco, Notizie delle Accademie, dei Giornali, delle Tipografie che furono in
Mantova e di circa mille scrittori mantovani vissuti nel sec. XIV fino al presente (sec.
XIX), esclusi i viventi, coll’indicazione di molte loro opere tanto stampate che inedite,
Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, vol. VII, Documenti Patrii, ms. 224227 (Lascito D’Arco), nonché Diario per l’anno MDCCXC contenente la nascita di tutti i Principi, e Cardinali etc., per l’erede di Alberto Pazzoni, in Mantova, s.d. Continuazione del Supplemento di notizie intorno ad alcuni letterati mantovani omesse ne’ precedenti Diarj, pp. 161-163.
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La riflessione accompagna dunque la pratica del tradurre fin dall’inizio del decennio culminato nell’attività di Bertola e Soave. Da
questo punto di vista Coffani, «ammesso fra i Pastori Arcadici della Colonia Virgiliana col nome di Argirio Corcirico»22, cultore di
belle lettere nel tempo lasciato libero dai propri compiti politico-amministrativi, è non meno rappresentativo del suo compastore Giulio
Perini, vicebibliotecario della Magliabecchiana. Perini non è inedito, ma è ancora tutto da studiare nel suo Avviso del Traduttore premesso a Il primo Navigatore e Selim e Selima (Venezia, 1771) nonché nell’itinerario che lo porta a tradurre Montaigne prendendo le distanze da una «superstiziosa fedeltà» al testo e difendendo dalle censure sia l’autore degli Essais sia le proprie scelte traduttologiche23.
La mia tesi è che questa maturità critica che connota in modo così pervasivo i traduttori di Gessner debba riportarsi al denominatore
comune cui accennavo, ovvero alla loro lettura del genere dell’idillio nell’ottica dei Lumi europei. Se l’aggettivo “critico” è forse quello più caratterizzante per il XVIII secolo, altrettanto pertinente è la
designazione di «secolo delle traduzioni», riattualizzata oggi alla
luce di ciò che è stato a ragione individuato come autentico cultural
turn24. Le grandi e le piccole capitali dell’Illuminismo sono anche
grandi e piccole capitali della prassi e teoria del tradurre – nell’area
italiana come nell’area tedesca. La Berlino di Sulzer, Michaelis e
Formey e la Zurigo di Gessner, Bodmer e Breitinger sono particolarmente vicine a Soave e a Bertola. La più celebre fra le accademie
tedesche, la fridericiana Académie Royale des Sciences et Belles
Lettres, assegna nel 1771 a Soave il secondo premio in una delle cin-
22
Ibidem.
Meriterebbe citare tutto ciò che Il Traduttore obietta Alli Signori Giornalisti di
Pisa e Novellisti Letter. di Firenze (in I saggi di Michele della Montagna, cit., vol. II, pp.
V-VI).
24 Senza ammassare qui la ricca bibliografia sulla teoria e prassi del tradurre dal
punto di vista emblematicamente individuato dal volume Constructing Cultures. Essays
on Literary Translation a cura di S. Bassnett, A. Lefevre, Clevedon, Multilingual Matters, 1988, rilevo come questo indirizzo così proficuo sia stato finora tesaurizzato solo in scarsa misura negli studi sul transfert culturale fra area tedesca e area italiana: mi
permetto di rimandare all’Introduzione degli atti del convegno internazionale su Traduzioni e traduttori del Neoclassicismo (apparsi nel 2010 per i tipi di Franco Angeli,
Milano).
23
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que Questioni di teoria del linguaggio poste a partire dal 1759 (e innescate da Maupertuis con la sua Dissertation sur les différents moyens dont les hommes se sont servis pour exprimer leurs idées). Nel
1775, tre anni prima di tradurre Gessner, Soave traduce dal francese con il titolo Osservazioni intorno all’influenza reciproca della
Ragione sul Linguaggio e del Linguaggio sulla Ragione il Mémoire
presentato da Sulzer all’Accademia delle Scienze di Berlino; Formey, ossia quanto si dice Della traduzione nei Principi elementari
delle belle-lettere del segretario dell’Accademia prussiana, circola
fin dal 1768 nell’ambiente massonico frequentato da Bertola25. Per
i Popularphilosophen la traduzione è notoriamente un caposaldo, in
assoluta sintonia con gli “zurighesi”. A Berlino come a Zurigo Von
der Kunst der Übersetzung, ovvero Dell’arte della traduzione – per citare pagine cruciali della più importante opera poetologica di Breitinger nonché del dialogo fra Gessner e Breitinger – è tema che tiene
costantemente in filigrana il progresso della letteratura (nell’ampia accezione settecentesca del termine). Non stupisce che esso occupi uno
spazio notevolissimo nella realtà anche biografica di Gessner.
IV
Il ruolo che il pupillo di Bodmer attribuisce alle nuove traduzioni di
autori antichi induce a guardare innanzi tutto al loro impatto per
Soave. Questi infatti – arcade con il nome di Glice Ceresiano, allusivo alla nascita sulle rive del lago di Lugano alias, anticamente, Ceresio – conclude il suo periodo di formazione romana nel prestigioso Collegio Clementino traducendo Le Buccoliche e le Georgiche di
P. Virgilio Marone e un’Orazione di S. Basilio Magno cui antepone
un Poemetto della maniera di ben tradurre: in tale Poemetto, di ben
19 pagine, il Somasco raccoglie «tutto ciò che ci hanno lasciato i migliori Scrittori intorno alla maniera di ben tradurre» per procedere
poi a esaminare l’esercizio del tradurre ai fini di «ben possedere una
lingua». Il rimando, quanto al «metodo, che in ciò vuolsi tenere», alIl traduttore dell’opera di Formey uscita a Napoli per i tipi di Campo nel 1767 è
un confrère e amico intrinseco di Bertola, Antonio Planelli.
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la «celebre raccolta del Tagliazucchi»26 e la ben meditata ripresa di
ciò che «dice il chiarissimo Conte Algarotti nelle sue lettere critiche
intorno alla traduzione dell’Eneide del Caro» sono fra i segnali più
vistosi dell’ottima conoscenza del dibattito in materia che contraddistingue il futuro traduttore di Gessner, Sulzer e Blair27. I Nuovi
Idilli, riediti una trentina di volte nell’arco di cinquant’anni (un record assoluto per qualsiasi autore di lingua tedesca), risultano dunque anche nelle scelte traduttologiche adottate – in primis la resa di
un originale in prosa con «una traduzione legata al metro»28 – un’impresa che nulla ha di estemporaneo. Essa si lega, e non solo su un
piano meramente cronologico, alla pubblicazione assieme a Carlo
Amoretti della «Scelta di Opuscoli interessanti»: una serie periodica apparsa a partire dal 1775, progettata, come recita la prefazione,
al fine di propagare le «produzioni degli esteri in Italia» e subito affermatasi come foro efficacissimo dell’utilità delle traduzioni.
Il Somasco viene immediatamente annoverato fra i «traduttori di
merito» anche per i suoi Nuovi Idillj. Lo testimonia un “minore”
quale Luigi Maria Buchetti, che risulta rappresentativo proprio nella sua qualità di “minore” anche laddove correda il suo breve Saggio di poetici componimenti coll’aggiunta di alcune versioni dal tedesco29 di nutrite riflessioni preliminari «sul metodo di ben tradurre»30. Sottolineando che in materia «sonovi degli eccellenti trattati
26 La Buccolica e le Georgiche di P. Virgilio Marone tradotte in versi sciolti da D.
Gian-Francesco Soave C.R.S. Con un Poemetto della maniera di ben tradurre, e un’Orazione di S. Basilio del modo di trar frutto da’ libri de’ Gentili, Roma 1765, nella Stamperia di S. Michele, per Francesco Bizzarrini Komarek, cit. alle pp. 25-26.
27 Si noti che Soave, cui si devono anche le fortunatissime Lezioni di Retorica e Belle Lettere di Ugone Blair professore di Retorica e Belle Lettere nell’Università di Edinburgo. Tradotte dall’inglese e commentate da Francesco Soave C.R.S., Parma, dalla Tipografia Reale, 1801-1802, viene menzionato solo en passant nel volume che raccoglie
gli atti del Convegno su Traduzioni letterarie e rinnovamento del gusto: dal Neoclassicismo al primo Romanticismo, a cura di G. Coluccia, B. Stasi, Galatina, Congedo, 2006;
il ruolo di Sulzer come rimando obbligato nelle riflessioni sul rapporto fra “parole” e
“idee” esemplarmente documentato ancora nella Dissertazione critica sulle traduzioni coronata dall’Accademia Napoleone di Lucca (Lucca 1808) di Giovanni Carmignani è ancora terra incognita.
28 I nuovi Idillj di Gessner, cit., Prefazione del traduttore, p. XI.
29 Milano, Marelli, 1778.
30 Ivi, pp. 12-13.
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[…]», ma che «il dare astrattamente precetti e belli, e buoni, e ridurre
questi con lode alla pratica le son due cose fra loro diverse molto»31,
Buchetti distingue fra «rendere in altra lingua […] il pensiero» –
«ciocché sarebbe agevole cosa» – e rendere invece «le immagini, il
fuoco, le espressioni ond’è animato»:
il che importa conoscer bene entrambi gli idiomi, valutar quelle che diconsi affezioni di lingua, e lasciando un freddo e material trasferire di
verbo a verbo colpir lo spirito del proprio autore senza punto snervarlo o con istucchevol parafrasi, o con troppo languida esattezza, attemperarsi, e modificarsi infino al metro32.
C’è da chiedersi se Buchetti, esponente dell’école de Milan, conoscesse, oltre che i Nuovi Idilli, anche ciò che Soave aveva scritto tredici anni prima. La sua restitutio del ruolo del traduttore avvilito nell’opinione comune – «taluno al nome solo di traduzioni si nausea
[…] quasi che il tradurre importi un talento assai vulgare» – è in assoluta sintonia con quanto si legge nel lungo Poemetto sulla maniera di ben tradurre dedicato dal ventitreenne Somasco al mecenate bolognese Filippo Hercolani e idealmente concluso dalla citazione dall’epistola 101 di S. Girolamo Ad Pammachium, De optimo genere
interpretandi.
La netta contrapposizione fra i «traduttori di merito», capaci di
«penetrar nello spirito original degli Autori, ed arricchir per tal modo colle straniere produzioni le proprie idee» (e carissimi ai rappresentanti della «nuova filosofia»)33 da una parte e i «traduttori venali» dall’altra non è peraltro tematizzata solo nelle pagine iniziali del
Poemetto soaviano: è un topos per i traduttori illuministicamente
convinti del valore civile del tradurre, equiparato, come scrive Bertola, all’«arricchire la [propria] nazione di tesori d’ingegno che non
nacquero nel suo seno»34. Soave chiamerà i traduttori «Spirti […]
amanti del gran pubblico bene»35. Aggiungerà una prerogativa esIvi, p. 13.
Ivi, p. 12. La citazione che segue: ivi, p. 14.
33 Cfr. il sonetto La nuova filosofia con esaltazione di Galileo e Newton, ivi, p. 48.
34 Discorso preliminare alla Scelta d’Idilj, cit., p. XXXI.
35 Poemetto sulla maniera di ben tradurre, in La Buccolica, cit., p. 8. Le cit. che seguono ivi.
31
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senziale: «non sdegnosi della dura fatica», costituita da uno studio
preliminare a tutto campo «d’ambo le lingue». Scrive infatti:
Ma pria che tenti di straniero Autore
Far in altro idioma al mondo chiare
L’opre sudate industri, ei lungo adopri
Studio, e fatica, onde conosca appieno
D’ambe le lingue l’indole natia,
Il più segreto genio, le soavi
Grazie, i leggiadri vezzi, e d’ogni voce
La natura, il valor, i varj sensi36.
V
Meno denso del Poemetto di Soave, che nella sua apologia del «saggio Traduttore» si colloca fra la Bologna scientifica degli Algarotti
e Zanotti e l’ambiente romano del Collegio Clementino, il Discorso
intorno al tradurre di Coffani rimanda alla Mantova dei tardi anni
Sessanta connotata da una riorganizzazione dei saperi che esalta il
ruolo dell’istituzione accademica. Il Discorso intorno al tradurre nasce in e per un’accademia privata (l’Accademia dei Lisitelei, dal nome del protagonista del Trinummus di Plauto); ha come autore un
funzionario al servizio dell’assolutismo illuminato che darà alle
stampe un’Orazione per le «solenni esequie dell’Imperatrice Regina Maria Teresia»37 e che si è formato a Brescia, sotto la guida di un
teologo illuminato in odore di giansenismo: Giuseppe Zola (17391806), un protetto del Cardinal Angelo Maria Querini, che verrà celebrato, al pari del grande Cardinal bibliotecario, dall’Arcadia filosofica. Le scelte letterarie di Coffani sono rigorosamente conformi
a tale profilo. Argirio Corcirico lascia inediti, oltre a un Elogio di
Baldassar Castiglione, la traduzione degli Idylles et Poèmes champêtres de M. Gessner, quella del Rape of the Lock e quella della
Βατραχοµυοµαχία. L’erudito classicista inglese, traduttore di Omero, forniva con il suo poemetto satirico un ammiratissimo esempio
36
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Ivi, p. 9.
Diario, cit., p. 163.
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del serio ludere (secondo Sulzer, l’esempio migliore in assoluto, come si legge nell’articolo dedicato al ludico, Scherz, Scherzhaft, del
suo celebre lessico letterario) in perfetto pendant con la Batracomiomachia. Sulzer, attentissimo alle traduzioni – tanto da conoscere perfino Buchetti o traduttori della Batracomiomachia quali Antonio Lavagnoli o Antonio Migliarese – non nomina, è ovvio, Coffani, che lascia manoscritti accuratamente ricopiati, ma, appunto, mai
dati alle stampe. La scelta tipologica conferma l’affinità fra il ricordato esprimersi per «Gegenbilder», per «contro-immagini», caratteristico degli idilli e le modalità della satira38 – affinità che non sfuggiva certo a Coffani. Nel rapido trascorrere da nomi celeberrimi
quali quelli di S. Girolamo, del Marchese Maffei e di Madame Dacier al «Canonico Gagliardi» – Paolo Gagliardi (1675-1742) – per il
suo Discorso delle traduzioni nelle Operette e lettere pubblicate nella Brescia del Cardinal Querini, campione dell’irenismo, vengono
menzionati personaggi quali Michele Marullo Tarcaniota (14531500) o Giovanni Lascari (1445-1535) significativi di una cultura assai solida, evidentemente non estranea neanche ai sodali dell’Accademia cui era destinato il «preliminare discorso».
Renderlo di nuovo fruibile non presume di offrire «i migliori e
più succosi precetti dell’arte di ben tradurre» – come sosteneva l’amico Leopoldo Camillo Volta, il futuro editore del «Giornale della
letteratura straniera» –, ma non è incongruo atto di omaggio a chi di
quest’arte ha sentito – e ha fatto sentire – le inesauribili risorse.
38 Sulla «stretta affinità» fra idilli e satira cfr. la postfazione di E.T. Voss a Gessner,
cit., specie p. 327.
INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ruggero Campagnoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
GRAZIANO BENELLI
Diego Valeri traduttore di La Fontaine . . . . . . . . . . . . . . .
GIULIA CANTARUTTI
Ars Translationis nell’Italia Arcadica. Con un inedito
Discorso intorno al tradurre (1770) . . . . . . . . . . . . . . . .
PAOLA MARIA FILIPPI
La critica della traduzione fra storia e prassi. Salomon
Gessner e Andrea Maffei: importanza di due recensioni
ANNA MARANINI
Traduzioni-interpretazioni rinascimentali di epigrammi
palatini (Pio, More, Lily). Lusso e lussuria tra bagni,
vino e amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ANNAFRANCESCA NACCARATO
Filosofia delle immagini e traduzione. Il caso de
La Poétique de l’espace di Gaston Bachelard . . . . . . . .
p.
5
»
7
»
21
»
37
»
57
»
73
»
95
ALESSANDRO NIERO
Tempo non più di antologie, ma di una antologia:
considerazioni sulla poesia russa del secondo Novecento
tradotta in italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 117
196
INDICE
PAOLA PUCCINI
L’autotraduzione in Marco Micone: incontro con l’autore
MANUELA RACCANELLO
Su qualche aspetto di Le père Goriot nelle traduzioni
italiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
ANNA SONCINI FRATTA
Tradurre l’invisibile: la Belgité in Le Tueur Mélancolique
di François Emmanuel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
GISÈLE VANHESE
Dal sesso dei pronomi a un caso di sovradeterminazione
traduttiva: Gemenii di Mircea Cărtărescu in francese
e in italiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
p. 133
» 143
» 165
» 177