Un viaggio speciale

Transcript

Un viaggio speciale
Un viaggio speciale
VIAGGIO PELLEGRINAGGIO
IN TERRA DI ABRUZZO
Quello che abbiamo potuto fare insieme qualche settimana fa è stato un viaggio bello per tutti i partecipanti, ma per me è stato un
viaggio speciale per molte ragioni che sono lapalissiane. Ma ce n’è
una che amo esternare: è stato il ritorno in una terra che ho molto
amato, è stato il contatto con una comunità diocesana che ho servito con grande passione per dieci anni consecutivi, è stata
l’occasione per ricordare tante belle esperienze pastorali che hanno riempito la mia vita.
Sono particolarmente lieto di aver potuto condividere questa mia
gioia con tutti i partecipanti: ci siamo sentiti tutti coinvolti nelle
preghiere, nelle visite ai luoghi sacri e profani, nella convivenza fraterna, nella gioia di alcuni momenti di svago. Perciò non è stata solo una gioia mia, bensì la gioia di tutti!
Il sentimento che coltivo in questo momento è quello del ringraziamento: a don Serafino per avermi procurato questa gioia, a tutti i partecipanti per avermi accolto come fratello e amico, al Signore
che ancora una volta attraverso tanti fratelli e sorelle nella fede mi
ha manifestato il suo volto misericordioso.
(19 – 26 aprile 2013)
Mons. Carlo Ghidelli
MARTEDÌ 21 MAGGIO, ORE 21.00
in Salone Ghidoli
“SERATA di ABRUZZO”
Racconto attraverso immagini e musiche
del VIAGGIO - PELLEGRINAGGIO
in TERRA di ABRUZZO.
L’invito è rivolto a tutti!
Si è concluso venerdì 26 aprile il viaggio - pellegrinaggio parrocchiale in Terra di Abruzzo, una terra generosa e ricca, dalle identità “plurali”: antiche e
diverse popolazioni, varietà di testimonianze di vita e di tradizioni storicoculturali, ricchezze di esperienze spirituali e religiose.
Terra che si presenta multiforme nella sua orografia: dal mare che si apre a
orizzonti lontani, alla montagna che invita ad uno sguardo verso l’alto in ricerca di quel Dio che regala alla memoria immagini indimenticabili, passando
per la campagna ricca di viti e di ulivi.
Abruzzo terra di transumanze di pastori e greggi ma anche di uomini e donne
alla ricerca di senso e di felicità. Terra di forti esperienze e tragedie: invasioni,
guerre, terremoti ma dove si è consolidato il desiderio di una vita buona
nonostante le disavventure. Terra che ci ha fatto conoscere figure di Santi,
così diversi tra loro, eppure così simili nel presentare il Vangelo come stile di
vita insieme “gentile e forte” nel segno della solidarietà e sobrietà.
Sì, il viaggio - pellegrinaggio in Abruzzo ci ha presentato Santi come Giustino,
Panfilo, Gabriele dell’Addolorata, ma anche Pietro da Morrone il tanto discusso e ora riconsiderato Papa Celestino V. Particolarmente intenso ed interessante è stato l’incontro con la figura dell’Apostolo Tommaso sulla cui tomba
abbiamo pregato, sentendoci per qualche momento anche noi “vicini a lui”,
l’apostolo che ha ascoltato, camminato, visto, toccato Gesù, il crocifisso risorto.
Dono prezioso del nostro viaggio è stata la presenza di Mons. Carlo per la
sua parola di studioso e la sua sapienza di pastore ora emerito della diocesi di
Lanciano-Ortona. Le sue conoscenze hanno favorito l’incontro con altre persone significative – laici e vescovi – a lui legati da vincoli di fede e di amicizia
e già suoi collaboratori nel servizio pastorale. Di comunità in comunità abbiamo verificato l’affetto e l’amore della gente nei confronti del loro pastore e
abbiamo apprezzato la gratitudine e la riconoscenza per la sua opera di padre
premuroso e attento alla vita della gente. Questo conferma che il messaggio
evangelico quando si concretizza in gesti generosi, in accoglienza fraterna e in
cordiale disponibilità (“Vobiscum sum”) non lascia indifferenti anzi coinvolge, e coinvolge nella gioia.
Ora non ci resta che riflettere e custodire quanto abbiamo sperimentato e condiviso: è un tesoro che saprà rendere ancor più concreta e vivace la nostra fede nei luoghi e negli incontri della nostra vita di tutti i giorni.
Renato Cermesoni e don Serafino
Il Velo di Manoppello
A Manoppello è custodita una reliquia preziosa: il così detto "Volto Santo".
Si tratta di un velo di bisso, un tessuto molto delicato, fatto con i filamenti di un
mollusco marino (pinna mobilis), considerato di grandissimo pregio nel mondo
antico perché alla luce del sole assume il colore dell'oro. Il bisso non può essere
né dipinto né ricamato, perché non mantiene la pittura e si frantuma.
Ora il Velo di Manoppello è trasparente e solo quando è illuminato e trapassato
dalla luce mostra un'immagine nettissima, non dipinta né ricamata, visibile anche ampliando un milione di volte le dimensioni del tessuto con il microscopio.
Alla duplice domanda:“come si è formata quell’immagine?” e, se quell'immagine è il sudario di Gesù, “che rapporto ha con la ‘Veronica’?” (una importante reliquia conservata a Roma fino agli inizi del 1500 e di cui poi non si
sono più avute notizie), rispondono il gesuita Padre Heinrich Pfeiffer e suor
Blandina Paschalis Schlömer, entrambi tedeschi, esperti di iconografia ed iconologia.
Alla prima domanda Padre Heinrich risponde citando le parole del Vangelo di Gv
20, 6-7: "giunse anche Simon Pietro ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati
là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto
in un luogo a parte". Dunque nella tomba del Risorto c'erano queste due reliquie, che certamente furono custodite con cura perché erano le tracce
dell’esistenza storica del Salvatore, soprattutto se su di esse si era conservata
l’immagine di Lui. Infatti, spiega Padre Pfeiffer, al momento della resurrezione
l'energia sprigionata ha impresso l'immagine del volto sul Velo (perché il Velo
era intriso di aloe e l’aloe rende fotosensibile il bisso, quindi era la fotografia di
Gesù), mentre invece fu il calore a lasciare l'immagine del corpo di Cristo sulla
Sindone.
Ora queste reliquie preziose hanno avuto due storie diverse: seguiamo quella del
sudario.. e siamo così a rispondere alla seconda domanda.
Dopo la distruzione di Gerusalemme, il sudario viene portato a Camunia in Cappadocia, dove è venerato per quattro secoli. Le prime avvisaglie dell’iconoclastia
e il successivo diffondersi dell’islamismo, portarono i cristiani a trasferire il Velo
prima a Costantinopoli e poi, tra il 704-705, a Roma dove, nei secoli successivi,
fu venerato come la ‘Veronica’. Nel Giubileo del 1300, Bonifacio VIII decise di
mettere in mostra la reliquia ai pellegrini, tanto che da quel momento il Velo con
l’immagine di Gesù diventò il simbolo del pellegrinaggio a Roma. Così fino al
1508, quando, con l’inizio della costruzione della nuova basilica, la reliquia …
scomparve. Perché?
La spiegazione più probabile è che, Gian
Pietro Carafa (il futuro Papa Paolo IV: 155559), governatore di Roma e ancor prima arcivescovo di Chieti, per mettere in salvo la
reliquia dal pericolo dei saccheggi, la portò a
Manoppello, nella sua ex diocesi, prima
presso una famiglia e poi nella piccola chiesa
costruita dai frati cappuccini. A questo proposito risulta interessante la testimonianza
di fra’ Donato da Bomba che, per evitare
ogni rivendicazione da parte della Santa Sede, mentì sulla data di arrivo del Velo a Manoppello, indicando il 1506, mentre la
‘Veronica’ era rimasta a Roma certamente
almeno fino al 1508.
Dal 1640 la reliquia viene regolarmente esibita con un crescente sentimento di devozione e di affidamento da parte dei fedeli e dei
pellegrini, ma è solo in questi ultimi anni –
dopo gli inviti rivolti da Giovanni Paolo II e
gli studi di Padre Pfeiffer – che la reliquia ritorna al centro dell'attenzione internazionale e diventa oggetto di molti studi (in Italia, da parte di Saverio Greco).
Veramente stupefacente è stata poi la scoperta che la Sindone e il Volto di Manoppello si possono sovrapporre e in almeno dieci punti coincidono perfettamente. Inoltre, Padre Pfeiffer ha dimostrato che, sin dagli inizi, il canone dell'icona di
Cristo (cioè le misure e le forme usate per dipingere le icone) è stato il Volto Santo di Manoppello.
Il cardinale Ratzinger avrebbe dovuto visitare la chiesa di Manoppello il
28.04.2005 ma fu eletto Papa. L’appuntamento fu solo rimandato e nel 2006
Benedetto XVI mantenne il suo impegno. La visita del Papa suscitò un nuovo
grande interesse: l’evento fu seguito da 300 media e 70 televisioni internazionali
e da quel momento aumentarono i pellegrinaggi da tutto il mondo. Manoppello è
così un luogo dove si va a pregare e a contemplare, o meglio un luogo, come disse
Benedetto XVI, per lasciarsi guardare da Gesù.
Concludo rivolgendovi l’invito ad andare da veri pellegrini a Manoppello.
Là c’è un "volto" che potrebbe essere l'unica immagine che ci è rimasta del “Gesù
terreno” e più ancora vi chiedo di lasciarvi guardare dal volto di Gesù: volto di
misericordia e di tenerezza. E’ il volto di un uomo sofferente ormai pacificato, il
volto di Colui che ha sofferto ma che ha vinto la morte per donarci la vita.
Riassunto dall’intervento di Mons. Bruno Forte, vescovo di Chieti