Definizione di Sociologia
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Definizione di Sociologia
DISPENSA ELEMENTI DI SOCIOLOGIA, PSICOLOGIA DELL’UTENZA, PATOLOGIE COMUNICATIVE A cura di Salvina Maggio 1 Definizione di Sociologia La Sociologia è la scienza della società, è un termine ibrido, non definito, costituito da un termine latino societas che significa società e da un termine greco logos che significa studio. Quindi studio della società o meglio analisi scientifica della società: studia, descrive, spiega , interpreta e prevede i fenomeni sociali. E’ una scienza moderna , nata da circa 150 anni, molto complessa e si prefigge di studiare l’uomo in tutti i suoi processi formativi. Quando si parla di sociologia siamo portati a pensare al sociale, alla società che ci circonda, sociologia intesa come antitesi dell’individualismo, in quanto automaticamente si annulla l’individualità della persona, e si sviluppa una socializzazione che gli permette di realizzare il suo essere, interagendo con chi lo circonda. La sociologia studia l’individuo in cui vive e viene vissuto, nel momento in cui viene influenzato e influenza, nel momento in cui subisce la regola sociale ma reagisce, anzi la fa propria secondo il suo stile dettato dalla suo carattere . La PSICOLOGIA La Psicologia è la scienza che studia il comportamento umano e che cerca di comprendere ed interpretare i processi mentali, affettivi e relazionali che lo determinano con lo scopo di promuovere il miglioramento della qualità della vita. Gli elementi di studio sono : la memoria, l'intelligenza, l'apprendimento, la comunicazione, le emozioni, l'affettività, la motivazione, la frustrazione, l'aggressività, il conflitto; ed ancora la personalità, le relazioni, le forme organizzative ed i gruppi, che attraverso la ricerca scientifica tende a raggiungere il benessere psicologico dell'individuo,del gruppo della comunità . L’analisi avviene considerando diversi elementi quali 1. le fasi del ciclo della vita: infanzia, adolescenza, genitorialità, terza età, prevenzione e benessere (salute, stili di vita, dipendenze ecc.) 2. sviluppo ed educazione (scuola, apprendimento, processi di formazione ed organizzazione (selezione, valutazione, analisi organizzativa, interventi sui gruppi, etc.), 2 La COMUNICAZIONE La Comunicazione è il fondamento di tutti i rapporti umani e, pur facendone un uso quotidiano, non sempre siamo consapevoli delle logiche sottese ad essa, dei processi che questa innesca e delle incredibili potenzialità connesse.Uno dei primi studi scientifici sulla comunicazione può essere fatto risalire a Paul Watzlawick il quale, all’interno del volume“La pragmatica della comunicazione umana” (1971), ha concettualizzato i principi fondamentali della comunicazione, definendola come: “uno scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione 1 e di segnalazione ( rendere noto, segnalare, comunicare), secondo la cultura di riferimento”. 1 Il significante è l’immagine acustica espressa nel suono (fonema) o nel segno grafico (grafema); il significato è una rappresentazione semantica (idea) veicolata dal segno; il referente dovrebbe essere l’oggetto concreto di cui il segno parla. Il significante è l’immagine acustica espressa nel suono (fonema) o nel segno grafico (grafema); il significato è una rappresentazione semantica (idea) veicolata dal segno; il referente dovrebbe essere l’oggetto concreto di cui il segno parla. 1 3 Le diverse fasi della vita:Le teorie psicologiche sulla terza età Le teorie psicologiche relative alla terza età possono essere distinte in due grandi filoni: A- Le teorie evolutive dell’arco di vita, che analizzano la vecchiaia in relazione all’intero corso della vita, definendo tappe e compiti di sviluppo: 1. Teoria dello sviluppo della personalità di Erikson, 1997 2. La teoria degli stadi dello sviluppo di Schaie 3. La prospettiva dell’arco di vita di Baltes e Reese (1986), che più che una teoria è una sorta di dichiarazione di intenti e di indirizzi di ricerca per lo studio dello sviluppo lungo tutta la vita. I modelli psicosociali di invecchiamento, che cercano di spiegare come i fattori socioculturali influenzino il nostro modo di invecchiare: 1. Teoria del disimpegno di Cumming e Henry (1961) 2. Teoria dell’attività di Havighurst (1963) 3. Teoria della selezione, ottimizzazione e compensazione (SOC) di Baltes (1991) Teoria psicosociale dello sviluppo della personalità di Erikson Sviluppa la sua prospettiva mutuando un concetto dall’embriologia: parla infatti di epigenesi per spiegare come, in un qualunque organismo, ci siano delle potenzialità che attraverso le "esperienze di vita" regolano le interazioni. L’individuo umano dipende sempre da tre processi fondamentali: 1. biologico che organizza i sistemi organici che fanno parte del corpo (soma); 2. psichico che organizza le esperienze dell’individuo attraverso una sintesi dell’Io (psiche); 3. comunitario che dipende dalla cultura di appartenenza entro la quale avvengono le interazioni tra gli individui. Essa individua 8 fasi nello sviluppo della persona, ognuna caratterizzata dalla contrapposizione fra due atteggiamenti o tendenze opposte che l’autore chiama tensioni antitetiche e che costituiscono un conflitto o crisi. Il conflitto o crisi viene superato con l’integrazione delle tendenze opposte che produce una nuova forza psicosociale e una nuova qualità dell’individuo; la mancata integrazione delle tensioni crea, al contrario, disagio, dolore, disadattamento e regressione. 4 Le tensioni antitetiche di ogni fase Fase 1 Età Conflitto Esito 0-18 mesi Il compito principale della prima infanzia consiste nell’acquisire un vantaggioso equilibrio tra fiducia e sfiducia. “Il senso fondamentale di fiducia” consiste in una fiducia fondamentale in altre persone, nonché un senso fondamentale di fiducia in se stessi.” Fase 2 (da 2 a 3 anni): autonomia/vergogna o dubbio Durante questa fase il bambino apprende i controlli, le autonomie di base (controllo sfinterico, igiene personale, motricità) ed acquisisce competenze linguistiche. Il superamento positivo di questo stadio comporta l’acquisizione dell’autocontrollo e dello spirito di collaborazione, per converso, le esperienze negative di questo periodo portano al senso di vergogna e di inferiorità. Terza e quarta fase Fase 3 (da 4 a 5 anni): spirito di iniziativa/senso di colpa Il bambino esercita una volontà personale, non solo attraverso il dire e il fare, ma anche sperimentando ruoli e portando avanti attività intraprese. Emerge il senso di sé con emozioni autocoscienti come il senso di colpa. La non integrazione genera indifferenza, altrimenti si forma la capacità di immaginazione e progetto. . Fase 4 (da 6 anni alla pubertà): industriosità/inferiorità Il bambino ora vuole entrare a far parte del mondo più vasto della conoscenza e del lavoro. “Io sono quello che imparo”. Esperienze positive danno al bambino un senso di industriosità, un sentimento di competenza e di padroneggiamento; al contrario il fallimento porta con sé un senso di inadeguatezza e di inferiorità. Quinta e sesta fase Fase 5 (adolescenza): identità/confusione di identità Il compito di base dell’adolescente consiste nell’integrare le varie identificazioni che si porta dall’infanzia per formare una identità più completa. La non integrazione comporta il formarsi di una personalità frammentata e priva di nucleo che spinge alla ricerca perenne di un punto di riferimento introvabile. Fase 6 (prima età adulta): intimità/isolamento, nasce il bisogno di instaurare relazioni personali intimi e durevoli. Se un giovane ha paura di perdersi in un altro, sarà incapace di fondere la propria identità con quella di un altro. Se i tentativi verso l’intimità compiuti in gioventù falliscono, la persona si ritira in isolamento. In questo caso, le relazioni sociali sono stereotipate, fredde e vuote. 5 Fase settima e ottava Fase 7(età adulta media): generatività /auto assorbimento Per generatività si intende “l’interesse a fondare e guidare la generazione successiva” attraverso l’allevamento dei figli o imprese creative o produttive. I prerequisiti per lo sviluppo di questo stadio sono la fede nel futuro, il credere nella specie e la capacità di curarsi. La mancanza di generatività si esprime con la stagnazione, l’auto assorbimento e la preoccupazione esclusiva di sé. Fase 8 (tarda età adulta): integrità dell’Io/disperazione L’integrità comporta l’accettazione dei limiti della vita, il senso di far parte di una storia più ampia, che comprende le generazioni precedenti, il senso di possedere la saggezza dei tempi, una integrazione finale di tutti gli stadi precedenti. L’antitesi dell’integrità è la disperazione, cioè il rimpianto per quanto si è fatto o quanto non si è fatto nella vita, la paura dell’avvicinarsi della morte e il disgusto di se stessi. LA TEORIA DI SCHAIE La teoria di Schaie nasce dalla valutazione delle capacità cognitive dell’anziano, individua stadi differenziati, strettamente legati ai ruoli sociali tipici dei diversi momenti dell’arco della vita. Stadio dell’acquisizione (infanzia) Apprendimento del le abilità concrete Stadio del conseguimento (giovane) Autonomo funzionamento mentale e ruolo sociale Stadio della responsabilizzazione (giovane età adulta) Impegno verso finalità a lungo termine e verso le altre persone Stadio direttivo (media età adulta) Integrare relazioni complesse in un sistema gerarchico → maggior efficacia organizzativa, ma più rigidità Stadio della reintegrazione (età anziana) Complessità flessibilità cognitiva diminuiscono per mancanza d’uso, ma aumenta la capacità di adattamento alle perdite funzionali TEORIA DELL’ATTIVITÀ HAVIGHURST L’anziano ha le stesse caratteristiche delle persone di mezza età ,gli stessi bisogni sociali e psicologici. L’idea di fondo è che l’ attività permette di esercitare le abilità, di mantenere l’autostima e i rapporti sociali e che la soddisfazione personale e la serenità nella terza età siano possibili solo se si mantiene un impegno in attività legate ai vecchi ruoli o a nuovi ruoli altrettanto significativi. 6 Si dà per scontato che l’anziano possieda risorse necessarie a ricercare e ricoprire ruoli sociali , che sia in un buono stato di salute fisica e mentale, e che viva in un ambiente sociale che offre risorse e opportunità. LA TEORIA DI BALTES La teoria di Baltes (1991) Muove dalla premessa che l’invecchiamento è un processo complesso e differenziato che coinvolge diversi aspetti dell’individuo e che non può essere affrontato con una prospettiva lineare ed omogenea; integra le due facce della stessa medaglia: miglioramento e declino. Modello Soc: Selezione, Ottimizzazione, Compensazione a) il corso dell’invecchiamento è eterogeneo; b) l’invecchiamento normale è diverso da quello patologico; c) nell’invecchiamento molte capacità sono di riserva e possono essere sviluppate in caso di necessità.; d) con l’età i meccanismi fluidi della mente evidenziano un decadimento; e) conoscenza e pratica cognitive arricchiscono la mente anziana e possono compensare le perdite; f) la bilancia tra guadagni e perdite con gli anni diventa meno positiva o decisamente negativa; si intende contrastare l’idea “ingenua” secondo cui lo sviluppo umano comporta sempre l’acquisizione di nuove capacità e mai la perdita; in altre parole l’invecchiamento implica la capacità di accettare le nuove condizioni spesso svantaggiose per l’individuo anziano.) g) il Sé nell’invecchiamento costituisce un nucleo psichico forte e stabile, utile come sistema di “coping” e di conservazione dell’integrità, quali ad esempio l’autostima, il senso di controllo eventi di vita stressanti. Adottando una prospettiva positiva sull’invecchiamento questo può essere padroneggiato dall’individuo e può conferire all’anziano nuove capacità ed abilità incrementando notevolmente la qualità della sua vita. In conclusione possiamo affermare che Selezione: indica la possibilità di concentrarsi su quegli ambiti delle proprie conoscenze, competenze e attività che si vuole preservare il più a lungo possibile e l’Ottimizzazione: consiste nell’esercitare le abilità e le competenze attraverso le capacità di apprendimento residue. 7 Analisi dei bisogni L’analisi dei bisogni può fornire un’ottica nuova per inquadrare molte dinamiche all’interno del percorso di una terapia di un gruppo. Poniamo quindi la nostra attenzione su quello che avviene in occasione del primo incontro con un potenziale paziente che si rivolge a noi per un generico tipo di aiuto psicologico. Osserviamo, dall’esterno, i due protagonisti dell’incontro: da una parte l’assistente dall’altra il soggetto richiedente un aiuto non ancora ben definito. Di ciascuno dei due possiamo indovinare quali siano le attitudini, gli interessi, le motivazioni. L’assistente consolidata la sua professione nel corso degli anni, ha potenziato le sue attitudini naturali, e gli interessi per raggiungere e realizzare il progetto di lavoro. Contemporaneamente, l’assistito , si interroga sulle possibilità che questo signore che ha davanti possa corrispondere alle sue aspettative di guarigione, possa donargli quella sicurezza di cui ha bisogno, lo sollevi da sofferenze. Pertanto l’utente mette in gioco diversi elementi quali: Interessi E’ animato da interessi vari tra cui quello di cambiare le condizioni del proprio stare, forse meno quelle del proprio essere, pur tuttavia almeno a parole, concorda quasi su tutto con l’assistente, riservandosi più o meno velatamente spazi di manovra personali. Soddisfacimenti Nel corso del cammino successivo, ognuno dei due cercherà di rafforzare le proprie posizioni alla ricerca di soddisfacimenti di bisogni che non sempre saranno tra di loro complementari. L’assistente cercherà le conferme della propria spendibilità e quindi di guarigione e di riuscita, e abilmente cercherà di agevolare e soddisfare i bisogni di affiliazione dell’assistito, così da essere da lui preferito ad altri e amato disinteressatamente (controdipendenza). Nella prima fase, l’assistito vede prevalere in lui forti bisogni di dipendenza che gli fanno vedere l’assistente come un genitore perfetto e onnipotente. 8 Approccio al paziente bisognoso, disabile, disagiato: dal bambino all’anziano Approccio definizione • Approccio(approcher) • Atto di avvicinarsi • Tentativo di entrare in rapporto con una persona • Primo contatto • Cercare di entrare in contatto con una persona allo scopo di ottenere da essa un determinato comportamento Da il via alla interazione e sviluppa dei meccanismi interpersonali: – Contatto – Vicinanza – Entrare in relazione – Obiettivi Approccio al paziente bisognoso Il tipo di relazione non è simmetrica ma complementare one up ( dirige e consiglia) one - down ( accetta ): Rapporto interpersonale di tipo professionale tra due persone poste a livelli profondamente diversi: Da un lato c’è una RICHIESTA DI AIUTO dall’altro c’è una PRESTAZIONE DI AIUTO In psicologia il bisogno è la mancanza totale o parziale di uno o più elementi che costituiscono il benessere della persona : Benessere fisico-mentale e sociale LA PIRAMIDE DI MASLOW gerarchia dei bisogni o necessità 1. AUTOREALIZZAZIONE 2. AUTOSTIMA 3. APPARTENENZA 4. SICUREZZA 5. SOPRAVVIVENZA 9 Gerarchia dei bisogni o necessità soggettiva Autorealizzazione tendenza dell’uomo a migliorarsi a diventare ciò che è capace di diventare o sente di poter esprimere. Aspirazioni. Autostima Adeguatezza; padronanza competenza fiducia in se stesso; soddisfazione personale,gratificazione appartenenza compagnia, relazioni d’affetto, amicizia, assunzione di un ruolo a livello sociale Sicurezza Protezione, stabilità,certezze,tranquillità, liberazione da paure, ansia preoccupazioni Sopravvivenza Sonno, fame, escursione termiche,riposo,salute Gerarchia dei bisogni o necessità relazionali Utenti Autorealizzazione Sentirsi Operatori riconosciuto per la Sentire di fare qualcosa di persona che è o che era. Dignità. importante; sentirsi parte di Autostima Rispetto. Riconoscimento. qualcosa di importante Padronanza, sfera Gratificazione, ringraziamenti, personale, autonomia soddisfazione, senso del lavoro, riconoscimento sociale del ruolo Appartenenza Sicurezza Relazioni familiari, amicizia, Buoni rapporti équipe. affetto, perdita del ruolo sociale Buoni rapporti con utenti Routine, stabilità, liberazione da Salario,contratto, preoccupazioni liberazione da conflitti, tranquillità Sopravvivenza Salute, sonno, Sonno, riposo, spazi alimentazione Personali Sonno, riposo, 10 LA DEPRESSIONE NELLA TERZA ETÀ La depressione è molto comune negli anziani. Nel nostro Paese si stima che circa il 20% degli anziani residenti presentano sintomi depressivi clinicamente rilevanti, mentre tra quelli ricoverati in reparti ospedalieri la percentuale sale a oltre il 30% e negli ospiti delle case di riposo sino al 45%, il restante 5% non presenta nessun sintomo Tali differenze sono verosimilmente legate sia ai vissuti di perdita dell’individuo, che abbandona i propri riferimenti storici (la casa, il lavoro, le relazioni significative), sia alla maggior presenza di patologie fisiche e di disabilità in coloro che vengono ricoverati o istituzionalizzati. Le cause I fattori che incrementano il rischio di depressione in una persona anziana riguardano aspetti esistenziali, sociali, psicologici e biologici, variamente intrecciati tra loro nei singoli casi. I fattori più documentati sono il sesso femminile, essere celibi/nubili o vedovi, la disabilità (ad es. per malattia), un lutto recente e l’isolamento sociale. Va ricordato che gli anziani sono particolarmente esposti ad eventi di perdita, quali ad es. la scomparsa di persone care, il pensionamento, la riduzione del ruolo sociale e delle risorse economiche, ecc. Altre condizioni che predispongono un anziano alla depressione possono essere la presenza continua di dolore fisico, l’abuso di alcool o una storia personale o familiare di depressione. E infine l’assunzione di alcuni medicinali (ad esempio cortisonici, alcuni antipertensivi o sedativi) può indurre l’insorgenza di un quadro depressivo Quali sono i sintomi? I due sintomi fondamentali della depressione sono una tristezza persistente che duri da due o più settimane e la perdita o diminuzione di interesse e piacere. Le attività quotidiane risultano compromesse in modo variabile a seconda della gravità del quadro depressivo. Altri segni importanti possono essere quelli di tipo fisico, quali alterazioni dell’appetito e del peso corporeo, alterazioni del sonno, stanchezza. Frequente è la presenza di ansia, inquietudine, talora agitazione. I pensieri sono spesso improntati alla 11 perdita della speranza, al pessimismo, all’ inadeguatezza, talora a vissuti di colpa non giustificati. L’anziano depresso, più del giovane, può sviluppare sintomi quali irritabilità, ostilità o anche sospettosità, sino a veri e propri deliri di persecuzione (ad es. di gelosia o riferito al furto di oggetti personali). Altre espressioni depressive tipiche dell’età avanzata comprendono lamentele eccessive circa la perdita di memoria o la presenza di dolori vaghi, diffusi, mutevoli nella sede e nell’intensità, che vengono talora attribuiti a malattie inesistenti (ipocondria), mentre altre volte si confondono con quelli di una patologia fisica reale. Infine, l’anziano depresso può percepire la vita come non più meritevole di essere vissuta e, nei casi più gravi, desiderare di porvi fine. Quali sono le conseguenze ? La depressione non trattata ha generalmente un impatto negativo diretto sulla salute fisica delle persone che ne sono affette. Essa incrementa il rischio di sviluppare malattie quali cardiopatie, stroke (ictus), neoplasie, demenze, ecc. e peggiora la prognosi delle malattie fisiche già presenti. Alcuni studi condotti in case di soggiorno hanno documentato come le persone anziane depresse hanno un incremento sostanziale di mortalità per malattie fisiche rispetto ai coetanei non depressi. Il vecchio depresso tende a sottovalutare la sua depressione e a non riferire spontaneamente sintomi importanti, quali la diminuzione di interesse o di piacere in tutte o quasi tutte le attività, richiamando invece l’attenzione del medico sul proprio corpo sofferente, che viene quindi utilizzato quale “mediatore” della comunicazione del disagio emotivo. La depressione senile è variamente influenzata dalla presenza di deficit cognitivi (di memoria, attenzione, concentrazione, ecc.), che possono arrivare fino a simulare un quadro clinico di demenza e che migliorano dopo trattamento con farmaci antidepressivi. I farmaci antidepressivi sono l’intervento di scelta nel caso di una depressione mediograve, da soli o in combinazione con una psicoterapia, mentre un intervento di supporto psicologico o una psicoterapia possono essere indicati, da soli, nei casi di depressione più lieve. 12 Altro aiuto importante sono gli interventi di tipo psicologico possono risultare utili nei casi di depressione conseguente, ad esempio, ad eventi esistenziali negativi e con aspetti di disadattamento e sofferenza. I tipi di intervento vanno dal coinvolgimento in gruppi di auto-aiuto ad un sostegno psicologico, ad una vera e propria psicoterapia. Raramente il vecchio richiede spontaneamente un intervento psicologico, in quanto ha difficoltà a riconoscere la propria sofferenza psichica e può vivere con vergogna (gli uomini più delle donne) il rimandare ad un estraneo i suoi bisogni di accoglienza e di ascolto. Per questa ragione la richiesta generalmente proviene da familiari o curanti, rendendo più complessa la costituzione di un’ alleanza terapeutica. L’approccio di tipo cognitivo, con opportuni adattamenti, si è dimostrato negli anziani efficace come negli adulti giovani. Un’altra psicoterapia che ha evidenziato la sua efficacia sia nella fase acuta della depressione che nella prevenzione delle ricadute è la terapia interpersonale, che è focalizzata alla risoluzione di contrasti con persone significative, al superamento di un lutto o alla ristrutturazione di rapporti sociali. L'invecchiamento psicologico La psicologia dell'invecchiamento si occupa dell'anziano nella sua globalità: analogamente ad ogni fase della vita umana non si può prescindere dall'importanza della componente affettiva che determina la modalità di risposta agli eventi della vita. Si è visto che la vecchiaia è caratterizzata da modificazioni in senso peggiorativo, ma si può affermare che non esiste un parallelismo fra le modificazioni delle funzioni in individui diversi (eterocronia dal greco eteros=diverso e cronos=tempo). La modalità di invecchiamento non può prescindere dalla personalità e dalle esperienze, la vecchiaia rappresenta la sintesi del significato dell'esistenza: è nella vecchiaia che si può raggiungere la saggezza. Recenti ricerche hanno evidenziato la possibilità di sviluppare situazioni creative proprio nella vecchiaia ; studi condotti con modalità diverse hanno dato risultati diversi rispetto al passato: l'anziano può mantenere la sua efficienza psichica globale se sfrutta le risorse residue, ad esempio mediante l'allenamento mentale, e se motivato. La Percezione e i cinque sensi Nell’anziano la percezione è la capacità di raccogliere le informazioni esterne attraverso i canali sensoriali. E' quindi legata a due fattori: l'integrazione delle informazioni che 13 avviene a livello del sistema nervoso centrale e l'assimilazione legata ai sensi (sistema nervoso periferico). La vista e l'udito sono spesso ridotte e influenzano negativamente la capacità percettiva e quindi il cervello cerca di compensare la difficoltà percettiva legata ad una perdita sensoriale stimolando i sensi rimasti integri. Con l'avanzare degli anni si affina la capacità di rispondere alla diminuzione di alcune funzioni psicofisiche utilizzando le conoscenze e le esperienze apprese nella vita. E' stato dimostrato che l'attività percettiva migliora se migliorano le condizioni in cui si svolge la stessa: l'ambiente esterno (la società, ma soprattutto il gruppo familiare) può stimolare l'interesse, dare spazio di espressione, non negare le possibili potenzialità dell'anziano. La comunicazione , e quindi le relazioni interpersonali che permettono una vita sociale, dipendono dalla possibilità di percezione. E' noto che l'anziano mantiene integra la memoria attraverso l’input che deriva dalla motivazione, spinta propulsiva fondamentale del comportamento, insostituibile strumento di apprendimento. Persino l'utilizzo del computer, strumento estraneo alla cultura dell'anziano, può essere appreso qualora l'anziano sia motivato a farlo. Il pensiero e il linguaggio possono essere conservati, ma per mantenere l'interazione con l'ambiente esterno, l'anziano deve essere in grado di comunicare. Perché ciò avvenga non si può prescindere dall'importanza dell'affettività , del riconoscimento del suo valore all'interno del nucleo sociale in cui vive. Gli affetti giocano un ruolo essenziale nell'agire quotidiano, insieme alla creatività, importante per mantenere vive le funzioni cerebrali, e impedire che si sviluppi la demenza LA SOLITUDINE e L’EMARGINAZIONE NELL’ETA’ SENILE La solitudine degli anziani sta diventando una piaga sociale della quale dobbiamo prendere piena coscienza e responsabilità. Essa non solo compromette inevitabilmente lo stato di salute generale ma incide sul tasso di mortalità prematura fino al 14% in più rispetto a coetanei non abbandonati a loro stessi. La solitudine infatti, oltre ad accentuare i già evidenti e prevedibili problemi di salute legati alla normale decadenza senile, come la perdita di vista ed udito, porta inesorabilmente ad una condizione emotiva e fisica più difficile da controllare. Aumento 14 sensibile della pressione sanguigna, alti tassi di cortisolo che altro non è che l’ormone dello stress, sintomi depressivi e disturbi al sonno. Tutte queste sollecitazioni nocive non fanno altro che intaccare il corretto funzionamento del sistema immunitario dell’anziano, andando a modificarne il corretto funzionamento delle cellule di difesa. Non c’è da dimenticare che uno stato di prolungata solitudine rischia oltretutto di alimentare senza controllo, il nascere di una insidiosa e maligna condizione psicologica: la depressione. Ci sono vari modi per ovviare al problema della solitudine degli anziani: Coinvolgerli nelle attività e nelle uscite famigliari; condividere con loro esperienze, tempo libero e viaggi insieme; formare nuove amicizie e nuove passioni alle quali dedicare le inevitabili ore da trascorrere durante la giornata. Un anziano attivo, partecipe, mentalmente occupato e costantemente sollecitato nei rapporti umani, sarà una persona più protetta e tutelata nel futuro. STRUTTURE RICREATIVE DI AGGREGAZIONE per ANZIANI Centri diurni I centri diurni per anziani nascono negli anni 70, come luoghi di socializzazione e di incontro. L’input per la loro creazione viene fornita dalla crescente richiesta di pensionati e anziani stessi, che con l’iniziativa dei comuni, ottengono la nascita di una struttura che possa farli stare in compagnia e possa impegnare il loro tempo. Col passare del tempo hanno raggiunto una notevole diffusione e riescono a coprire l’intero territorio italiano, ha un carattere prettamente sociale, opera senza fini di lucro e ha anche il compito di favorire, arricchire e sviluppare le relazioni interpersonali tra gli anziani. Grazie alla molteplice varietà di iniziative, possono favorire inoltre il benessere psicofisico delle persone anziane e contrastare le condizioni di isolamento ed emarginazione. Siti in strutture messe a disposizione dai comuni e possono iscriversi di norma, tutti i cittadini che hanno superato i 55 anni di età ed i pensionati e gli invalidi anche se di età inferiore. Le attività proposte agli utenti sono varie e differenti e rivestono l’impegno sociale, ricreativo, culturali, associative, e infine di interesse interno e/o esterno al centro. 15 Centri notturni il sito è costituito daun edificio o parte di un edificio, comunque denominato, all’interno di una casa di riposo, che offre una struttura di accoglienza durante la notte a persone anziane che, pur vivendo al proprio domicilio, necessitano di un monitoraggio notturno, di assistenza e di cure sanitarie che non possono essere loro garantiti in modo continuativo dai familiari». LA GERIATRIA La geriatria (dal greco γέρων, "vecchio, anziano" e ἰατρεία, "cura") è una disciplina medica che studia le malattie che si verificano nell'anziano, e le loro conseguenze disabilitanti, con l'obiettivo fondamentale di ritardare il declino funzionale e mentale, mantenendo al contempo l'autosufficienza e la miglior qualità di vita possibile. La disciplina "Geriatria e Gerontologia" si è progressivamente affermata a livello accademico e sanitario per affrontare due problemi oggettivi: uno demografico, rappresentato dal progressiva aumento della vita media della popolazione, ed uno epidemiologico, cioè l'aumento delle malattie croniche degenerative e della conseguente disabilità, più o meno rilevante. In Italia il 50% delle giornate di degenza è per le persone con più di 65 anni; uno dei principali obiettivi è quindi quello di operare in collegamento con la medicina territoriale per realizzare la "continuità assistenziale. Il processo curativo assistenziale della persona anziana si basa sulla valutazione dei diversi componenti che concorrono allo stato di salute e di benessere dell'anziano, e cioè i versanti biologico, psicologico e sociale. Esso attua un rapporto interdisciplinare,in particolare di infermiere, assistente sociale, riabilitatore, geriatra, e medico di famiglia, con l’obbiettivo di promuovere gli interventi, anche preventivi oltre che curativi, per assicurare la migliore cura-assistenza all'anziano, e tenendo sempre presente l'obiettivo primario rappresentato dalla conservazione della autosufficienza e di una buona qualità di vita. Già da allora si parlava di "anziano fragile", portatore di problemi complessi da gestire in maniera integrata. 16 Il Servizio Sanitario Nazionale e la geriatria Nel 1994 il Piano Sanitario Nazionale finalmente prendeva iniziative per il crescente numero di anziani. Esso conteneva riferimenti importanti nel Progetto Obiettivo Anziani: "gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non autosufficienza, devono essere curati senza limiti di durata nelle sedi più opportune, ricordando che la valorizzazione del domicilio come luogo primario delle cure costituisce non solo una scelta umanamente significativa, ma soprattutto una modalità terapeutica spesso irrinunciabile" , a tal proposito è istituita l'Unità di valutazione geriatrica (UVG); si potenziano servizi come il Day Hospital e l'assistenza domiciliare anche integrata - compresa l'ospedalizzazione a domicilio e le prestazioni riabilitative prevedendo in casi specifici l'assegno di cura per mantenere l'anziano in famiglia; si pone inoltre attenzione alla qualità delle strutture a varia tipologia che accolgono gli anziani con maggior grado di disabilità e con maggior numero di patologie. La geriatria ha come obiettivo fondamentale la continuità delle cure e dell'assistenza, che si realizza assicurando uniformità dei trattamenti nei diversi setting curativi, e tenendone presente i relativi costi e le evidenze di efficacia. Nella pratica giornaliera le cure intermedie sono rappresentate da strutture prevalentemente extraospedaliere, come le residenze per gli anziani e l'assistenza La geriatria attua il coinvolgimento del paziente e della sua famiglia con l'obiettivo di fornire le cure migliori; la verifica dei risultati diventa un momento fondamentale. Il Medico geriatra dovrebbe fornire in modo chiaro un piano di azione da verificare con continuità nel tempo, con l'aiuto di un team qualificato. I maggiori problemi attuali rimangono i tempi di attesa, non compatibili con l'efficienza delle continuità delle cure. I DISTURBI DEL LINGUAGGIO NELL’ADULTO Il linguaggio è una manifestazione nobile e peculiare del genere umano, indispensabile alla comunicazione, tanto da caratterizzarla nella sua peculiarità. Diceva Bertrand Russel: “la lingua è un mezzo per esternare e rendere pubbliche le nostre esperienze. Un cane non può riferire la propria autobiografia, indipendentemente da quanto eloquentemente sappia abbaiare, non può dirvi che i suoi genitori erano poveri ma onesti”. Proprio qui risiede la differenza tra capacità linguistica e capacità comunicativa. Essendo quindi essenziale alla nostra specie l’abilità comunicativa 17 proveniente dal pensiero, da questo si comprende come è delicatissima la sfera del linguaggio, ovviamente inteso nel senso del lògos greco, e pertanto in linea indispensabile alla vita di relazione, fortemente compromessa, se sussiste un grave deficit o ritardo del linguaggio. Uno dei disturbi più frequenti nell’adulto è l’afasia, classicamente divisa nelle due sindromi principali a seconda delle aree interessate : motoria o sensitiva). L’afasia motoria è caratterizzata da buona comprensione, ma con eloquio spontaneo non fluente, in presenza di emiplegia destra e paralisi facciale. Quella sensitiva è invece caratterizzata da cattiva comprensione con eloquio spontaneo fluente, ma con errori fino alla totale incomprensibilità, in assenza di paralisi. Per afasia s’intende la perdita parziale o totale di una o più abilità comunicative già strutturate di tipo linguistico o non linguistico a seguito di una lesione organica delle strutture cerebrali, ad eziologia vascolare, degenerativa, traumatica o neoplastica, infatti una ischemia cerebrale può causare , oltre all’afasia, la disfagia che ha per risultato un alterato controllo. Balbuzie Consiste in un disordine del ritmo della parola e rappresenta un vero e proprio handicap per chi ne è affetto, che compromette la normale vita di relazione. Interessa tre fattori ben definiti: ripetizione di parti o di parole intere, prolungamento di suoni, pause prolungate (disturbo della fluenza del linguaggio o disfemia) – valutazione di indesiderabilità, anormalità e inaccettabilità (reazione degli ascoltatori) – soggetto che balbetta, riconoscendosi balbuziente (reazione del soggetto) che concorrono a ridurre drasticamente la qualità della vita. Disartria Per disartria s’intende la compromissione dell’espressione verbale e fonatoria, quelli che riguardano l’adulto sono caratterizzati da malattie degenerative e vascolari del sistema nervoso centrale, il Parkinson nell’anziano .La sintomatologia fonoarticolatoria è legata alle modificazioni patologiche determinate dalla malattia di base. A secondo il 18 tipo di disartria la voce si può presentare in diversi modi: rauca, l’articolazione dei fonemi è rallentata e imprecisa , può presentare dei tremori, strozzata e ad intermittenza. LA RIEDUCAZIONE DEI DISTURBI DEL LINGUAGGIO La rieducazione dei disturbi del linguaggio è legata alla rieducazione dei disturbi della comunicazione pertanto bisogna tener conto di svariati fattori, in apparenza di poco conto, ma indispensabili per il recupero soddisfacente del paziente. Un primo luogo comune da sfatare è quello che la rieducazione del linguaggio sia compito di una sola figura professionale (logopedista), mentre l’esperienza insegna che solo un intervento di tipo multidisciplinare esteso a tutti gli ambiti propri del soggetto da trattare (famiglia, scuola, lavoro) è capace di garantire i migliori risultati. Dopo la diagnosi circostanziata preventiva, infatti, le tecniche logopediche devono essere adeguate al singolo caso . LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE La comunicazione interpersonale è costituita dall'insieme dei fenomeni che veicolano lo scambio di informazioni tra due o più persone sia attraverso il linguaggio verbale sia quello corporeo. Componenti della comunicazione I fattori della comunicazione sono determinanti nella genesi e nella percezione della comunicazione: mittente ricevente messaggi il codice del messaggio Il contesto in cui si svolge la comunicazione il canale comunicativo 19 Modelli di comunicazione interpersonale Paul Watzlawick e colleghi (1967) hanno introdotto una differenza di fondamentale importanza nello studio della comunicazione umana: ogni processo comunicativo tra esseri umani possiede due dimensioni distinte: da un lato il contenuto, ciò che le parole dicono, dall'altro la relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro. In epoca recente (1981), lo psicologo Friedemann Schulz von Thun, dell'Università di Amburgo, ha proposto un modello di comunicazione interpersonale che distingue quattro dimensioni diverse, nel cosiddetto "quadrato della comunicazione": Contenuto: di che cosa si tratta? (lato blu del quadrato, in alto). Relazione: come definisce il rapporto con te, che cosa ti fa capire di pensare di te, colui che parla? (lato giallo, in basso). Rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela, consapevolmente o meno, qualcosa di sé (lato verde, a sinistra). Appello: che effetti vuole ottenere chi parla? Ciò che il parlante chiede, esplicitamente o implicitamente, alla controparte di fare, dire, pensare, sentire. (lato rosso, a destra). 20 Queste quattro dimensioni si possono tenere presenti sia nel formulare messaggi che nell'ascolto e nell'interpretazione dei messaggi di altri. In questo secondo caso la "scuola di Amburgo" parla delle "quattro orecchie" (corrispondenti ai "quattro lati del quadrato della comunicazione") su cui ci si può sintonizzare. La comunicazione interpersonale, che coinvolge più persone, è basata su una relazione in cui gli interlocutori si influenzano vicendevolmente come in un circolo vizioso. La comunicazione interpersonale si suddivide a sua volta in tre parti: La comunicazione verbale, che avviene attraverso l'uso del linguaggio, sia scritto che orale, e che dipende da precise regole sintattiche e grammaticali. La comunicazione non verbale, la quale invece avviene senza l'uso delle parole, ma attraverso canali diversificati, quali mimiche facciali, sguardi, gesti, posture. La comunicazione para verbale, che riguarda in ultima analisi nella voce. Ossia nel tono, nel volume e nel ritmo. Ma anche nelle pause e in altre espressioni sonore quali lo schiarirsi la voce ad esempio, o il giocherellare con qualsiasi cosa capiti a tiro di mano. LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE NELL’ETÀ SENILE Linguaggio: il linguaggio verbale presenta nell’invecchiamento modificazioni relativamente limitate.Molti anziani riferiscono difficoltà a recuperare nomi nel corso della conversazione e in particolare quelli di persone note e di familiari. Tale fenomeno viene chiamato anomia. I diversi studi svolti sulle capacità lessicali nell’invecchiamento riportano risultati relativamente divergenti, alcuni hanno evidenziato un progressivo disturbo della capacità di recupero lessicale. Tale deficit si accompagna spesso a un fenomeno che viene detto della “punta della lingua”, per cui nonostante l’anomia, la persona è capace di riferire alcune informazioni sulla parola che non è in grado di recuperare, come il numero di sillabe, la sede dell’accento, la lettera iniziale o la struttura morfologica. 21 L’anomia della persona anziana coinvolgerebbe tanto la produzione di nomi che di verbi e per quanto riguarda i nomi, tanto quelli propri (di persona, di luogo, ecc.) che quelli di oggetti. Secondo altri studi l’efficienza a prove di denominazione per confronto sarebbe del tutto conservata e le ridotte prestazioni eventualmente evidenziate risulterebbero solo alla denominazione di figure e di fotografie - e non di oggetti reali - e sarebbero da addebitare più a deficit di identificazione che di recupero lessicale. Le capacità fonologiche paiono invariate rispetto a quelle di persone più giovani. Pur con qualche discordanza, tale stabilità è confermata anche per le capacità lessicali e semantico-lessicali: la riduzione pare determinata da un rallentamento di scansione più che da un deficitario accesso alle corrispondenti capacità semanticolessicali. Le capacità sintattiche sono a loro volta sostanzialmente stabili, e la loro apparente riduzione è eventualmente da addebitare ad una diminuita capacità di memoria a breve termine. Le modificazioni del contenuto informativo riferite da alcuni studi sembrano spiegarsi più con l’insorgenza di modificazioni di ordine sociale e comportamentale che non primitivamente linguistico. I dati relativi all’invecchiamento della percezione visiva ed acustica e del linguaggio, consentono di affermare che in età avanzata la comunicazione verbale mediante parole pronunciate e scritte, può essere difficoltosa, ma relativamente conservata. L’anziano può fisiologicamente continuare a comunicare e se non lo fa è perché viene isolato ed emarginato. A parte gli interventi protesici che devono essere messi a disposizione di tutti i vecchi che ne necessitano, è fondamentale che le persone anziane siano poste in condizioni di comunicare, facilitate da modalità che permettano la comprensione dei messaggi, in un contesto interattivo che conferisca significato alla comunicazione. Nella nostra cultura, quando si parla di comunicazione, si pensa alla comunicazione verbale, organizzata in parole e suoni. In effetti nella vita quotidiana appaiono rilevanti altre forme di comunicazione, un sistema complesso, nel quale le dimensioni verbali e non verbali si compenetrano. 22 Un particolare rilievo assume in età senile la comunicazione non verbale: l’anziano funge sia da emittente che da ricevente delle informazioni. I messaggi espressi attraverso la mimica, la postura, gli atteggiamenti, assumono spesso un significato di rilievo,perché possono sostituire quelli trasmessi verbalmente, ribadirli o contraddirli, fornendo così una serie di elementi conoscitivi. Si distingue il non verbale linguistico (intonazione della voce, ritmo e velocità, accenti, timbro della voce); il linguistico non verbale, come nella comunicazione gestuale, dove i gesti non hanno significato in sé, ma indicano altro (linguaggio dei sordomuti, i gesti di un vigile o di chi gioca in borsa). Il non verbale extralinguistico dove gli atti comunicativi non verbali si sostanziano: nelle caratteristiche fisiche (identità dell’emittente), sia naturali (lineamenti, colore della pelle o degli occhi), sia artefatte (taglio dei capelli, trucco); nella postura; nei movimenti del corpo; nella mimica facciale; nei fenomeni paralinguistici (riso, pianto, sbadiglio, pause, silenzi); nella gestualità che accompagna, rafforza, completa o contraddice il contenuto verbale. Nell’anziano l’espressione mimica molto spesso comunica qualcosa di più profondo e sostanziale, di quanto le parole possono significare: è necessario osservare e cogliere questi messaggi, che talvolta rappresentano un segnale di allarme e una richiesta di aiuto. Una peculiare comunicazione non verbale è quella “fisica”, che avviene per contatto. È sufficiente pensare alla semplice e comunissima stretta di mano, ai modi diversi che le persone hanno di salutarsi o di presentarsi, alle informazioni che la stretta di mano ci può suggerire. Il contatto fisico rimanda alla corporeità e questa alla sessualità, oppure rievoca atteggiamenti invasivi, irriguardosi, aggressivi, o ancora può esprimere tenerezza, calore, affetto. Occorrono accortezza e rispetto nella comunicazione fisica con l’anziano, specie se alterato emotivamente. Si possono trasmettere involontariamente contenuti che disturbano, che infastidiscono, soprattutto quando il messaggio viene interpretato come aggressivo, invasivo. La comunicazione non verbale trasmette l’affettività nascosta, la più profonda e la più intima. Il proprio modo di essere e di sentire non si nasconde completamente 23 nella relazione con l’altro, traspare ad una lettura attenta nella comunicazione non verbale. La persona sofferente sul piano psichico, sa cogliere con prontezza il tipo e la qualità del messaggio comunicativo non verbale, sa individuare puntualmente l’autenticità degli atteggiamenti positivi e negativi, sa discernere con straordinaria acutezza la dissintonia fra le parole dette e le modalità comportamentali. Maggiore è lo stato di sofferenza, più elevata è la capacità di percepire messaggi ambigui e distonici. Purtroppo sono molto radicati i pregiudizi riguardo a persone che si ritengono erroneamente incapaci di capire e di pensare. Si assiste frequentemente a comportamenti di giovani e adulti che riflettono la convinzione che il bambino, il disabile psicofisico, il malato mentale, l’anziano, non siano in grado di capire, di amare, di soffrire. L’espressione emotiva, verbale della sofferenza allevia spesso il peso degli affanni, solleva gli umori, favorisce un percorso di elaborazione e può evitare complicazioni irreversibili. «Date al dolore la parola; il dolore che non parla, sussurra al cuore e gli dice di spezzarsi», scriveva William Shakespeare, preannunciando la condizione patologica che sarà denominata alessitimia. Taluni comportamenti di indifferenza e di negazione complicano e aggravano una situazione già precaria. Ancora più incomprensibili i pregiudizi sui bambini e sugli anziani in quanto tali. Talvolta la persona anziana può incontrare difficoltà nella comunicazione interpersonale, può manifestare titubanza e perplessità specie con persone molto più giovani. Può nascere l’idea, per certi versi legittima, di non essere compreso. Un atteggiamento di accoglienza, di rispetto e di fiducia da parte dell’interlocutore può sciogliere dubbi e resistenze. Comunicazione e pregiudizi La comunicazione con l’anziano spesso risente dei pregiudizi di una cultura dominante impostata sull’efficientismo e sull’apparenza. Non infrequentemente al vecchio si attribuiscono immagini distorte, si rimarca l’eventuale presenza di taluni tratti del carattere o peculiari atteggiamenti per generalizzare e interpretare in chiave negativa il mondo dell’età senile. Alcuni comportamenti o caratteristiche individuali 24 si osservano in molte persone, in ogni fase della vita, non sono specifici di una determinata età e tanto meno della vecchiaia. Sosteneva Cicerone: «La colpa sta nel carattere, non nell’età, mentre la scontrosità e la durezza di carattere sono fastidiose ad ogni età». Numerosi sono i pregiudizi nei confronti degli anziani; uno dei più diffusi li definisce come involuti e decadenti, dimenticando i molti vecchi che sono o sono stati particolarmente attivi sul piano creativo in ogni ambito artistico e professionale. La coercizione del pregiudizio investe un’ampia popolazione di anziani; più o meno inconsapevolmente si ritiene ancora, in vari settori della vita sociale, che essi siano inutili, improduttivi, ripetitivi, malati, depressi, passivi, superati, inariditi di idee, sentimenti, interessi e desideri. Vecchiaia e malattia costituiscono un antico, preconcetto binomio. La riduzione del margine di sicurezza, la fragilità, l’aumentata vulnerabilità agli agenti patogeni nell’anziano continuano a nutrire la pregiudiziale concezione della vecchiaia come inevitabile condizione di malattia. Talora il personale sanitario posto di fronte a disturbi che si protraggono nel tempo tende ad individuare nell’età il solo fattore eziologico e lo comunica al paziente anziano. Si racconta di una donna scozzese di età avanzata che lamentandosi con il proprio medico della sofferenza derivata da una gonartrosi e ottenuto il tradizionale, laconico e risolutivo responso: «Sa, alla sua età», abbia replicato: «ma l’altro ginocchio, quello sano, non ha forse la medesima età del malato?». Considerare i sintomi presentati in vecchiaia come mera conseguenza degli anni trascorsi significa eludere altre possibili interpretazioni del disagio somatico, tralasciare pportunità di valutazione della sofferenza fisica e psicologica. Spesso l’anziano percepisce la malattia come intrinseca al proprio corpo che invecchia, non provocata da un fattore esterno, contro il quale mobilitare ogni energia per un rapido ripristino della condizione di benessere, ma come espressione di un organismo logorato. È il proprio corpo che invecchiando produce e si fa malattia. Nella comunicazione si impiegano spesso espressioni, vocaboli, sigle, abbreviazioni che costituiscono un linguaggio a volte tecnicizzato. . Spesso il vecchio necessita di 25 spiegazioni semplici, misurate, di parole che chiariscano un concetto, una metafora, un’accezione linguistica moderna. L’ascolto di espressioni criptiche spesso provoca disorientamento e scoramento in lui. È necessario modulare appropriatamente la comunicazione verso chi la riceve. L’anziano, che non sempre possiede conoscenze specifiche, non aspira a parlare un linguaggio tecnico, ma ha bisogno che ci si rapporti al suo modo di comunicare, non pretende informazioni e nozioni specialistiche, ma è per lui necessario aver fiducia, sentirsi ascoltato, tutelato nei suoi diritti, rispettato nella sua dignità, sostenuto nell’eventuale declino delle proprie energie vitali. L’uso non appropriato rischia di costituire un intralcio nella comunicazione con l’anziano, di inficiare un rapporto di fiducia essenziale ad una approfondita, reciproca comprensione. L’abbandono del linguaggio specialistico può favorire il consolidamento e lo sviluppo di un sapere umano che valorizza il significato della relazione e qualifica la validità della comunicazione con l’anziano. Interazione e comunicazione Il mondo moderno ha ampliato le conoscenze tecnologiche ed ha sviluppato i mezzi di comunicazione. Il linguaggio parlato esprime il proprio modo di pensare e sentire, la storia individuale e collettiva, caratterizza il significato di una relazione. L’anziano è testimone di una propria cultura, di un percorso di esperienze, di ricordi, di un senso narrativo che si riflettono anche nelle modalità comunicative. Non si comunica solo con il linguaggio verbale, ma anche attraverso le proprie modalità comportamentali. Gli studi sulla comunicazione non-verbale pongono l’accento sulla mimica, lo sguardo, la gestualità, gli atteggiamenti e hanno dimostrato come esista la possibilità di trasmettere messaggi discordanti con l’espressione verbale. Scriveva Nietzsche: «Si può mentire con la bocca, ma con l’espressione che si ha in quel momento si dice pur sempre la verità». L’anziano, soprattutto nelle situazioni di disagio, sa cogliere con particolare sensibilità gli atteggiamenti delle persone con le quali interagisce. Il comportamento riflette in genere il proprio modo di essere, di concepire la vita, le idee personali sulla vecchiaia e sui vecchi, il senso del loro esistere. Spesso pensieri ed affetti, 26 seppur non consapevoli, orientano le modalità di accostamento e caratterizzano la comunicazione non-verbale. L’incontro, il rapporto continuativo con l’anziano si inserisce e si sviluppa nella storia dell’uno e dell’altro i componenti della relazione ed in quella che insieme disegnano. La comunicazione non prescinde dai significati che acquista per l’anziano e i suoi interlocutori e che sono strettamente congiunti all’esperienza di ognuno. Un vecchio può ricordare una persona già conosciuta, un familiare, un amico: spesso affiorano sentimenti, pensieri, vissuti legati anche ad antichi ricordi che possono arricchire od interferire nella relazione. Anche un familiare, un volontario, un operatore possono rievocare nell’anziano immagini e volti più o meno conosciuti e la relazione può proporsi ed avviarsi mediante precostituite modalità che si riflettono prevalentemente nella comunicazione non-verbale. Non solo è di indubbia importanza che si sappiano trasmettere il più correttamente possibile le informazioni ed i messaggi che si ritengono opportuni, e si possa ripensare al proprio modo di comunicare, ma riveste particolare rilievo l’attenzione alla comunicazione fornita dall’anziano. L’ascolto e l’anziano Spesso, per varie ragioni, i tempi relazionali dei conviventi appaiono contratti e rischiano di inficiare la qualità del rapporto. Ogni vecchio ha l’esigenza legittima di essere ascoltato, di esprimere il proprio vissuto riguardo alle sue preoccupazioni, desideri e aspettative. L’ascolto attento ed esperto diventa uno strumento relazionale di insostituibile utilità ed aiuta a costruire e formulare le comunicazioni più appropriate. Ascoltare l’anziano significa inevitabilmente sapersi ascoltare, un atteggiamento sempre più raro nella società dei consumi e dei rumori. Il silenzio è la fondamentale premessa all’intimità di un ascolto empatico. Soprattutto l’anziano in difficoltà necessita di sguardi che si soffermino, di parole misurate, di atteggiamenti di paziente attesa, di accettazione delle espressioni emotive. La comunicazione con l’anziano sofferente richiede requisiti essenziali come il rispetto e la conoscenza personale; essi rappresentano i binari entro i quali ciascun processo comunicativo si fa diverso da un altro, differente per ogni persona, poiché 27 mutevoli sono la storia e le prospettive di ognuno. Il rispetto conferisce uguale dignità e reciprocità nella comunicazione. Comunicare non è solo informare, ma significa fondamentalmente interagire, favorire e costruire una relazione. Attraverso la sensibilità del rapporto e del suo sviluppo si modulano le informazioni e si orienta la comunicazione mediante il contributo e l’atteggiamento dei suoi interpreti. La qualità, la densità e il significato di una specifica relazione definiscono progressivamente le modalità, il valore, l’adeguatezza, il momento, la riservatezza delle comunicazioni che si sanno trasmettere e ricevere. Più ampia e profonda è la conoscenza dell’anziano, più chiara è la comprensione del suo problema esistenziale, maggiori sono le probabilità di una comunicazione valida, efficace che può avvenire solamente in una relazione caratterizzata da sentimenti di fiducia e solidarietà. 28