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www.didatticaperprogetti.it [email protected] NODI FORMATIVI I Nodi formativi si presentano come nuclei concettuali collegati ai Progetti didattici del Sito ( Vedi Aree Disciplinari). I Nodi, unitamente ai Progetti didattici, possono essere utilizzati per progettare e strutturare Unità Didattiche di Apprendimento. GIOCARE 1. Generalità Gioco, giocare hanno un ampio spettro semantico, più ampio ancora in altre lingue come il tedesco (spielen) il francese (jouer) e l’inglese (to play) che comprendono anche l’esercizio di strumenti musicali (jouer le piano, le violon ecc). Si parla di gioco a proposito dell’infanzia ma anche a proposito di tennis, calcio e gli sport in genere. Gioco è anche il gioco d’azzardo, così come lo sono il bridge, il tresette, il poker ecc. Gioco è anche l’oscillare di un perno nel suo alloggiamento o una burla ben riuscita (“mi ha giocato ancora una volta”). Qui il gioco ci interessa solo per i suoi aspetti formativi, nei bambini ma non solo. Anche entro questi limiti possiamo distinguere: - il gioco fine a se stesso (che possiamo chiamare esplorativo) - il gioco con finalità esterne ad esso: conseguimento di un premio, vittoria in una competizione, piazzamento in una classifica e simili (gioco competitivo). Trattiamo per primo questo secondo tipo, che ci sembra meno interessante per la formazione, dedicando poi più attenzione al gioco esplorativo. 2. Il gioco competitivo Non è evidente se si instauri autonomamente nei bambini © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 www.didatticaperprogetti.it 2 (sempre tuttavia dopo quello esplorativo) o se ciò avvenga per pressione culturale, cioè ad opera degli adulti. Se negli animali (mammiferi) il gioco infantile assume (per noi) l’aspetto di una competizione o di una preparazione ad essa, non sembra tuttavia che i giocatori lo vivano così, stando alla reciprocità dei comportamenti che si osserva per esempio nei cuccioli di molte specie. Anche nei bambini del resto, prima di essere competitivo e selettivo, il gioco è divertimento, attività disinteressata anche se in qualche modo basata sul confronto. Non importa l’esito, importa l’azione, il tempo riempito e qualificato da questa. In questa fase che, forse primaria, non si estingue tuttavia con l’infanzia, il gioco competitivo mantiene alcune caratteristiche di quello esplorativo (esplorare per esempio o verificare certe capacità individuali). Quale valore formativo assegnare al gioco competitivo? Una critica, oggi diffusa, alla cultura ipercompetitiva in cui siamo immersi, coinvolge nella sua negatività anche i giochi competitivi? Non sembra sia così neppure tra gli estremisti della non competitività. Si parla, invero, di sport non competitivi e si praticano anche, ma nessuno condannerebbe una gara di corsa o una partita di pallone perché c’è chi vince e c’è chi perde. I vantaggi, fisici e psichici di un gioco competitivo, condotto senza eccessi e fanatismi, prevalgono, nella sua valutazione ai fini formativi, sulla considerazione che viene così trasmesso un modello che in altri contesti pensiamo meriti la nostra opposizione. D'altronde la scuola propone questo stesso modello in forme ben più discriminatorie, a fronte delle quali un successo nel gioco risulta spesso compensativo di latri insuccessi. La pluralità delle situazioni competitive che la scuola offre ai suoi © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 2 www.didatticaperprogetti.it 3 frequentanti compensa di per sé la negatività che si vuole attribuire al modello. Negatività, del resto, ideologicamente Relativizzare fondata e quindi bisognosa di energiche correzioni relativistiche. Meno difendibili delle competizioni tipo vinca il migliore appaiono quelle finalizzate al conseguimento di un premio. Il modello si ritroverà più tardi nei concorsi per un posto di lavoro o per un avanzamento di carriera. Anche se il modello concorso è difficilmente sostituibile sul piano dell’efficacia selettiva, resta preminente il danno psicologico e sociale inflitto – spesso ingiustamente – ai perdenti. Nei gradi inferiori della scuola questo modello gioca un ruolo assai marginale, man mano che si procede nel cammino scolastico, gli strumenti di verifica e valutazione sempre più si avvicinano a quelli dei futuri concorsi. Da un lato si potrebbe dire che preparano ad essi cioè rafforzano l’individuo in vista dei probabili insuccessi di domani, dall’altro che indeboliscono ulteriormente i più deboli, fino a farne dei perdenti a priori o dei contestatori per principio. 3. Il gioco esplorativo – prima fase Da quando gli mettono in bocca il primo ciucciotto comincia, nel bambino, il gioco esplorativo. Questo ha notoriamente due facce: esplorazione dell’oggetto, esplorazione di sé, del proprio corpo attraverso l’oggetto. E quando l’oggetto fa parte del proprio corpo, come quando il bambino ciuccia il suo pollice? Si ha probabilmente uno sdoppiamento del sé, oggetto esplorato e soggetto esploratore a un tempo. (La condizione di sdoppiamento si normalizza poi per esempio quando ci alleniamo per una certa attività e osserviamo i nostri progressi). Potremmo Simulare andare ancora oltre: il bambino che ciuccia il suo ciucciotto simula (a se stesso) il comportamento di suzione del latte materno. © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 3 www.didatticaperprogetti.it 4 Manca il soddisfacimento di un appetito, lo sostituisce il soddisfacimento dell’azione. Il bambino sa di simulare? Conoscere La domanda è mal posta. I processi del conoscere intellettualmente e dell’accumulo del sapere sono appena iniziati: dopo qualche tempo il bambino comincia a sapere e si procura intenzionalmente il piacere della suzione. Lo stesso possiamo immaginare che avvenga per forme esplorative più evolute, quali si manifestano nell’uso delle mani e, in misura minore, dei piedi. L’esplorazione orale permane ancora per qualche tempo, come Freud ci ha insegnato; ben presto tuttavia la scoperta propriocettiva dell’abilità manuale concentra l’attività esplorativa su questi arti privilegiati. E il gioco esplorativo propriamente detto ha inizio. E durerà molti anni, per alcuni addirittura forse tutta la vita. Per un pianista per esempio. 4. Il gioco esplorativo – seconda fase Ripetere Caratteristica di questa che artificialmente abbiamo distinto come seconda fase è l’iterazione. Possiamo intendere l’iterazione (di un gesto, di un’azione) come una copia differita nel tempo. Il bambino ripete indefinitivamente un medesimo comportamento quasi imitando se stesso. Lo scopo (ma perché lo cerchiamo?) probabilmente quello di acquisire la competenza di quel comportamento o di sperimentare la reazione di un oggetto o… il semplice piacere ritmico dell’iterazione (si pensi ai movimenti ripetitivi e stereotipi in una discoteca o in un concerto rock). Ipotizzare A mano a mano il gioco esplorativo si fa più complesso e produce i primi germi del pensiero ipotetico (“chissà se battendo più forte © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 4 www.didatticaperprogetti.it questo coso si rompe?”), del pensiero analitico (“e quest’altro Analizzare Osservare 5 chissà come è fatto dentro”), di quello osservativo (“questo invece Sperimentare si e muove da solo”) o sperimentale (“se faccio così, lui che farà?”). Nel gioco infantile sono prefigurati, in forma operativa, gli stili di pensiero che l’individuo svilupperà coscientemente nei periodi seguenti, in particolare nella scuola. Così enunciata, questa ipotesi suona piuttosto come un dato di fatto, mentre ci manca ovviamente il riscontro di coscienza. Anche questa è ancora in via di formazione e tutto ciò che da adulti possiamo fare è formulare ipotesi. Pensiamo comunque che la scuola, quella dell’infanzia in particolare, poi anche quella primaria fanno bene a considerare il gioco come l’attività formativa per eccellenza in questa fase. 5. Il gioco esplorativo – terza fase Consideriamo questa – artificiosamente distinta – terza fase come permanente, tale per lo meno da meritare una collocazione permanente nella vita dell’individuo. “L’età non rimbambisce, come si suol dire, ci trova ancora veri bambini.” (Goethe, Faust I) Conservare il puer nel senex, per usare il linguaggio della psicanalisi: uno dei principali compiti formativi della scuola. Il puer è la nostra capacità di esplorare, osservare, sperimentare, quel saper giocare, spontaneo nei bambini, ma troppo spesso cancellato dagli altri saperi cui la cultura costringe il precoce senex. Si dice che la vita spesso ci invecchia anzitempo, forse però è la scuola che non ci fornisce un adeguato antidoto. Ammesso anche che la © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 5 www.didatticaperprogetti.it 6 scuola ci prepari al tempo lavorativo (il che è peraltro ancora da dimostrare), che cosa fa per prepararci ad affrontare il tempo libero (che in termini di durata tende sempre più a sopravanzare l’altro)? La gestione del tempo libero, in particolare nell’età del pensionamento, sembra non riguardarla; solo in tempi relativamente recenti, per esempio con le università della terza età, la società comincia a farsi carico di questo problema, quando invece se ne dovrebbe occupare fin dall’inizio del processo formativo. E come? Salvaguardando nell’individuo la dimensione infantile del gioco esplorativo e del suo agente motivante: la curiosità. Anche il sapere può farsi gioco. Il piacere della scoperta (non importa se dell’acqua calda), del confronto con la scoperta altrui, l’esercizio (ludico) del pensiero e così via: tutto questo può essere vissuto en jeu e la scuola potrebbe fare molto in questa direzione. Se cominciasse a proporsi essa stessa come un gioco, certo molto Motivare serio perché ne va del nostro futuro, ma pur sempre gioco. Serietà e divertimento non si oppongono l’un l’altro; a mediarli c’è l’interesse, il grande cruccio di ogni insegnante: i ragazzi sono distratti, non si interessano… Il problema è metodologico. Nessuno ha in tasca soluzioni prefabbricate, ma la scuola dovrebbe concentrare i suoi sforzi su questo punto: conservare nei ragazzi, anzi potenziare, il piacere che provavano, pochi anni prima, nel smontare il giocattolo preferito. Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale www.didatticaperprogetti.it © Centro di ricerca e sperimentazione Metaculturale-Ufficio del Registro di Rieti n.2142/3-22.07.05 6