Scarica in formato pdf - Comunicazione Generativa
Transcript
Scarica in formato pdf - Comunicazione Generativa
Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione I CONTESTI DI ESPERIENZA DELLA COMUNICAZIONE E DELLA FORMAZIONE MOBILE: INNOVAZIONE E RIMEDIAZIONE 1 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione ABSTRACT Introduzione Il digitale mobile: paradigmi o problemi? In pochi anni, la tecnologia digitale mobile e i suoi dispositivi – laptop PC, Personal Digital Assistant (PDA), cellulari e smart phone – hanno registrato una diffusione massiva, permeando molteplici contesti di comunicazione: personale, sociale e professionale. In ambito educativo, questo fenomeno ha prodotto scenari di sperimentazione che convergono nel dichiarare un nuovo paradigma per la tecnologia educativa: il mobile learning. Descritto da parte della letteratura come un’evoluzione darwiniana dell’e-learning, questo paradigma contiene potenzialità ambiziose. La tecnologia che ha il vanto di stare sul palmo della mano (handheld) rivoluziona – potrebbe rivoluzionare – il rapporto tra discente e tecnologia digitale da moto a luogo a moto per luogo, ridefinisce - potrebbe ridefinire - nuovi spazi, digitali, reali, virtuali, di apprendimento, crea – potrebbe creare – una dimensione temporale di sincronicità, simultaneità, ubiquità, tra il vivere e l’apprendere. Le coordinate di un simile paradigma pedagogico\tecnologico e comunicativo pongono un problema, concettuale eppure empirico, all’instructional design prima ancora che ai soggetti coinvolti nella formazione mobile. E il presente lavoro di ricerca è interessato ai problemi più che alle formalizzazioni paradigmatiche delle potenzialità. In particolare, è interessato alle questioni aperte dall’uso di una tecnologia di comunicazione che aggiunge al digitale un movimento estrinseco, rendendolo meno domestico e meno asincrono, più ubiquo ed esposto alla molteplicità dei contesti di esperienza delle persone. A proposito di problemi, Peter Morville, padre\padrino dell’architettura dell’informazione, afferma1 che la complessità delle interazioni tra tecnologia situata ed il comportamento dell’utente in un ambiente ibrido digitale\non digitale renderà più difficile il controllo del rapporto tra forma e funzione. Tra contenitore e contenuto. Tra ambiente di formazione e processi di formazione della conoscenza. Dopo aver registrato che già il Web 2.0 nasce definendo una crisi del sito web come interfaccia per un’architettura d’informazione, per Morville il problema nuovo è quello creato dall’esistenza di una rete di informazioni che non è più accessibile da una sola superficie di trasmissione – lo schermo del computer – ma che è diventato disponibile nella tasca dell’utente, sempre e dovunque. Di più. Morville aggiunge che il problema si complica ulteriormente quando si prendono in considerazione sistemi informativi digitali che non reagiscono più solo al comportamento dell’utente, ma acquisiscono dati – mediante tecnologia GPS, Bluetooth o RFID – dagli oggetti e sugli oggetti, dall’ambiente e sull’ambiente. 1 “The complexity of user experience in today’s environments is not expressed well in typical models of human-computer interaction. HCI approaches are optimal for applications and interfaces where designers exercise great control over form and function. HII (Human Information Interaction) approaches are optimal for networked, transmedia systems where control is sacrificed for interoperability and findability. At the crossroads of ubiquitous computing and the Internet, users may find and interact with objects through a variety of devices and interfaces. The context of use is difficult to predict and impossible to control. And so, the emphasis shifts from interface to experience, and from HCI to HII “ L. Danzico, Ambient Findability: Talking with Peter Morville, Boxes and Arrows < http://www.boxesandarrows.com/view/ambient_findability_talking_with_peter_morville> , 31/10 /2005 2 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Divisioni per zero: la complessità dei problemi nuovi Adam Greenfield ha tentato di dare un nome al problema creando il neologismo everyware. Secondo la tesi di Greenfield, la tecnologia mobile e l’informatica pervasiva sono destinate a svincolare il digitale dall’oggetto computer. Gettando lo sguardo oltre le mobilities, Greenfield annuncia un mondo imminente in cui l’informazione sarà immanente negli oggetti di uso come la lavatrice o il frigorifero. In questo presente prossimo, di cui si ha già esperienza quotidiana quando si pensa dispositivi ampiamente diffusi come il navigatore satellitare, la separazione tra software e hardware, tra informazione e interazione, potrebbe farsi più sottile. Gli stessi meccanismi di feedback, oggi semplificati ad uno stimolo-risposta tra uomo e macchina, diventano più articolati quando molti soggetti (e oggetti) si rivelano in grado di scambiare dati. Anche Greenfield e Morville, come la letteratura scientifica sul mobile learning, vedono distintamente un cambiamento paradigma in atto nell’era del dopo personal computer. L’Internet delle cose, che ci consente di comunicare a distanza, accedere alle informazioni e ricevere\inviare dati all’ambiente in cui ci troviamo, potrebbe tirare un duro colpo alla nozione culturale di realtà virtuale a vantaggio di quella che è definita realtà aumentata. Con il personal computer, l’esperienza dell’utente si è formata in un processo che parte da bisogni e va alla ricerca di strumenti e informazioni chiusi “dentro” un oggetto, filtro obbligato per la risoluzione di un problema. E ciò che sta oltre questa porta è stato spesso percepito, coniato e studiato, come oggetto di un altrove, un’altra dimensione dell’esperienza, più o meno equivocamente virtuale. Le mobilities e l’informatica pervasiva riportano il digitale in un’esperienza contestualizzata nella stessa dimensione in cui lavoriamo, viviamo, incontriamo le persone. Definendo le potenzialità innovative di queste tecnologie, i due autori individuano i problemi che riguardano la relazione interfaccia\informazione. Dopo aver realizzato per decenni sistemi di accesso all’informazione per contesti statici – uffici, biblioteche – e utenti fermi davanti ad un PC – desktop o laptop – i designer si trovano davanti il problema di progettare interfacce per utenti in movimento. Per fare un esempio, per adattare un client di posta elettronica basta ridimensionare l’interfaccia perché sia visualizzata nello schermo di uno smart phone, o sarà necessario pensare a funzionalità che permettano all’utente di ascoltare l’e-mail, oltre che leggerla? Dopo aver proiettato l’identità dell’utente nell’ambiente di comunicazione digitale attraverso avatar e icone, le mobilities riportano al centro della comunicazione il corpo dell’utente nella comunicazione mediata dal computer. Usare la chat su mobile può essere qualcosa di estremamente diverso dal comunicare a distanza in tempo reale se il sistema informativo è in grado di dirmi dove si trova il mio interlocutore, cosa lo circonda e quanto tempo impiego per raggiungerlo. Definire lo spettro dei rapporti tra potenzialità e problemi provocati dalle mobilities e dalle tecnologie pervasive equivale, per Greenfield a “dividere per zero”. Più realisticamente, per l’autore, il progettista di sistemi di interazione\informazione dovrebbe imparare a pensare la convivenza tra digitale e non digitale in maniera meno destrutturata e più sistemica. E il progettista di tecnologie per la formazione? Quali problemi incontra migrando da modelli consolidati dell’instructional design verso la complessità del sistema ambiente, utente, informazione prodotta dalle mobilities? Il rischio che corre è quello di cadere in due tentazioni. La tentazione dividere per zero, ipotizzando, per l’apprendimento, ambienti e sistemi di conoscenza che, anziché naturalizzare la tecnologia, possono provocare crisi di rigetto. Oppure può assecondare la tentazione opposta, quella di riservare a mobilities e informatica pervasiva esclusivamente la valenza della comodità, riciclando learning object, assett e pacchetti scorm perfetti per un certo tipo di e-learning in un 3 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione ambiente di apprendimento radicalmente diverso: la classe virtuale. Se esiste un cambiamento di paradigma indotto dalle mobilities quest’ultimo lascia immaginare non una ma più rivoluzioni copernicane nell’uso delle tecnologie digitali per la comunicazione formativa e la didattica. In primo luogo nella dinamica relazionale tra formatore, soggetti che apprendono e tecnologia: quando il digitale diventa portatile e raggiunge la classe in aula, nell’edificio scolastico, o in altri contesti e situazioni sul campo, la tecnologia potrebbe naturalizzarsi in ogni attività formativa e non restare un evento isolato, alternativo agli altri contesti della didattica. Con l’introduzione di un uso situato del mobile – PDA e cellulari – o di altri strumenti digitali per la didattica, come la lavagna multimediale interattiva, l’insegnante potrebbe interporsi, intromettersi, tra il discente e l’oggetto tecnologico. Portato in classe, persino l’elearning, potrebbe risultare risultare meno esposto al ruolo antipatico di metodologia-surrogato, di soluzione digitale per la formazione a distanza, per diventare strumento attivo della didattica frontale, quasi a creare una soluzione blended che non alterna momenti online\offline, ma li rende sincroni. Con le mobilities e l’informatica pervasiva, infine, l’ambiente di comunicazione e di apprendimento potrebbe essere qui, nella First Life delle esperienze non esclusivamente digitali, e non essere relegato esclusivamente al virtuale, grafico e metaforico là popolato dai mondi virtuali delle “vite secondarie”. Ipotesi, queste, in parte già tratte a conclusione da alcuna letteratura e documentazione sul mobile learning che, attraverso studi di caso e reportistica sulle sperimentazioni condotte, trova conferme all’efficacia dei progetti e delle applicazioni prodotte. Da qui, il paradigma nuovo. Il presente lavoro recupera quel “se” ipotetico iniziale alla luce del quale rileggere la letteratura scientifica sull’apprendimento mobile e tenta di riscrivere una delle molte risposte attraverso alcune esperienze significative di mobile learning. Le finalità di questo lavoro sono molteplici. La prima è quella di comprendere meglio come la letteratura descrive il cambiamento paradigma prodotto dal mobile learning nell’ambito delle tecnologia di comunicazione e formazione. Secondariamente, l’analisi condotta intende identificare gli elementi di continuità e di rottura tra il paradigma del mobile learning e i precedenti. Lo studio, in parte dedicato alla ricostruzione di uno status artis, in parte condotto in qualità di studio teorico, asseconda la premessa che un paradigma nuovo non possa esimersi dal definire la differenza con il vecchio. Nell’analizzare come la letteratura scientifica sul mobile learning stia demarcando questa differenza si farà uso delle nozioni di spostamento (shift) e salto. La prima che risale alla definizione di paradigm shift coniata da Thomas Kuhn ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche2. Data la tecnologia come elemento di rottura e crisi a quali paradigmi ed applicazioni di mobile learning è possibile attribuire lo stato di “scienza normale” 3? E in quali casi è invece auspicabile preservare l’opinione di una condizione pre-scientifica della letteratura? In quali altri casi, invece, la crisi e la rottura non avvengono affatto? I criteri applicati da Kuhn per diagnosticare uno stato di crisi e lo spostamento del paradigma nascono, appunto, dai problemi. Se il paradigma a cui ci riferiamo per progettare l’uso di tecnologie nella comunicazione e nella formazione non è in più in grado di risolvere problemi che si pongono, se i fenomeni creano un numero significato di anomalie che il paradigma non è più in grado di ricondurre all’errore, allora il mobile-learning produce uno spostamento. Tuttavia per Kuhn, a scanso di relativismi facili, un paradigma nuovo non è solo differente: lo spostamento è 2 Kuhn, T.S. The Structure of Scientific Revolutions. Chicago: University of Chicago Press, 1962. [trad.it Thomas S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1969) 3 4 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione avvenuto quando il paradigma è “migliore”. In quel caso, la tecnologia mobile, o meglio il suo utilizzo, contribuisce ad un salto di sistema [Toschi, 2006]. Diversamente essa « [gioca] la carta dell’innovazione tecnologica come garanzia di una rivoluzione continua ». Il salto di sistema di Toschi si produce in una riscrittura del reale nel rapporto testo\grammatiche. Affermando, a proposito della rivoluzione digitale, che l’innovazione non è determinata dalla digitalizzazione del mondo, ma dal modo in cui la tecnologia informatica ha cambiato l’idea stessa di mutamento, Toschi sostiene: «Questa nuova idea di trasformazione [..] si trova putroppo a fronteggiare gli sforzi ingannatori che la cultura dominante che sta [..] giocando la carta della velocità dell’innovazione tecnologica come garanzia di una “rivoluzione continua”» La novità, l’innovazione autentica, per Toschi, consiste nella capacità del digitale di mettere in discussione, di riscrivere una grammatica del reale. La tesi di Toschi incontra il cuore dei problemi sollevati da Morville e Greenfield. La sottile linea di confine tra quelli che Morville definisce meatspace e cyberspace, prodotta dalle mobilities, sperimenta solo gli inizi di un’ibridazione e i suoi molti problemi: interfacce piccole, dispositivi fragili, inadatti ai contesti della vita quotidiana, sistemi di accesso e scrittura, come lo speech to text, inadeguati all’ambiente in cui dovranno essere utilizzati, spesso rumoroso. Tuttavia, pensando, per esempio, a tecnologie di localizzazione come il GPS, la riscrittura delle coordinate spazio\temporali appare più fattuale e meno aspettativa. La riscrittura è un problema che ha fretta di trovare un suo paradigma: ma, calandosi nei mestieri dell’architetto dell’informazione, del progettista di interfacce e, infine, dei designer di testi e grammatiche della formazione, la ricerca di una nuova gamma di relazioni ha la necessità di diagnostica l’innovazione autentica, da un’innovazione “commerciabile”, affinchè la scrittura del reale non sia solo un testo sgrammaticato. Per esempio, simulazione e mobile: un salto verso le “first lives”? Cosa accade ad una simulazione – ad esempio ad un modello che simula la diffusione di un virus e le dinamiche del contagio presso una popolazione - quando dal “pianeta piatto” dello schermo bidimensionale del computer è trasferita in un contesto “reale”, come una classe, una scuola o una sperimentazione sul campo? Una simulazione sullo schermo, che ipotizziamo finalizzata ad un’esperienza di apprendimento attivo e partecipato più che ad un apprendimento di tipo osservazionale, ha, per quanto complessa, un numero di elementi controllati: ambienti, eventi, ostacoli, condizioni, comportamenti, attori. Per gli attori che partecipano, l’obiettivo del gioco è evitare di essere contagiati dal virus che si diffonde incontrando quante più persone possibili. A questo obiettivo la simulazione offre, supponiamo, una città con strade e palazzi che può essere realizzata utilizzando da semplici informazioni testuali – come nei MUD – fino sofisticate realizzazioni di grafica tridimensionale. In questo ambiente, l’attore sceglie un avatar attraverso cui si proietta nell’esperienza della simulazione. Qui, l’utente decide di muovere il suo personaggio e di incontrare altri avatar, sani o infetti, esponendosi al rischio del contagio. E per realizzare una verosimiglianza, la simulazione riproduce alcune condizioni del fenomeno reale, come, ad esempio il tempo di incubazione o gli effetti di alcuni comportamenti igienici sulle dinamiche del contagio. L’esperienza avviene in un modello semplificato di un fenomeno complesso in cui vi è la 4 4 L’esempio ricalca Virus, una sperimentazione di simulazione partecipata, realizzata nel 1998 dal MIT Teacher Education Program con l’uso di PDA e di speciali badge per la rilevazione di dati ambientali. Vedi Participatory Simulations: Exploring Dynamic Systems through Real World Interactions 5 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione ragione d’essere stessa della simulazione: gli eventi, prodotti dalla combinazione di una serie di variabili, definiscono i contesti e le situazioni controllate in cui il contagio del virus può accadere ed infettare l’avatar. Nella simulazione di sintesi i partecipanti imparano a non farsi contagiare riconoscendo i contesti rischiosi: più che l’abilità nel prendere decisioni, l’ambiente simulato esercita un’abitudine cognitiva a reagire in presenza di situazioni note. Non a caso, queste applicazioni nascono e si affermano come un efficace strumento di addestramento\apprendimento, come applicazioni tecnologiche che allenano il pensiero "concreto” attraverso un paradigma di e-learning by doing. Se si concorda nel dire che l’efficacia di una simulazione, tuttavia, è legata al grado di realismo che riesce riprodurre, la simulazione di sintesi segue due binari per ottenere l’impressione di realtà: 1. la produzione di un realismo percettivo o simbolico\metaforico che cresce a livello di dettagli e di ipermedialità, ma resta pur sempre proiettivo e mai immersivo, 2. la determinazione di un realismo dell’evento che la simulazione di sintesi ottiene calcolando la probabilità di accadere su un insieme definito, più o meno complesso, di eventi prevedibili. Situata in un contesto reale, la stessa simulazione richiede le medesime coordinate per definire lo spazio di apprendimento? La sua efficacia dipende dallo stesso criterio di realismo? E i modelli di progettazione dell’attività e della tecnologia correlata, possono restare gli stessi? In primo luogo, delle coordinate attore, evento, situazione, ambiente l’ultima è per così dire data in natura. Con le tecnologia digitale portatile, lo sforzo raggiungere un realismo ambientale sul piano visivo e percettivo oppure simbolico, metaforico, è risolto dal contesto in cui l’evento formativo ha luogo. L’applicazione Virus, sviluppata dal MIT Teacher Education Program nel 1998, realizza l’esempio ipotizzato senza costruire un intero ambiente in cui si svolge la simulazione, ma limitandosi a determinare l’obiettivo del gioco e una serie di parametri e condizioni che riguardano l’unico elemento di finzione: il virus. Il virus, che si trasmette attraverso il contatto di speciali rilevatori o mediante tecnologia Bluetooth condiziona lo stato del giocatore; sano, malato, in incubazione o in convalescenza. Durante il gioco, la simulazione traccia il comportamento del contagio raccogliendo dei dati sui contatti tra le persone e la diffusione del virus da cui ricavare il modello astratto di un’esperienza concreta. A differenza di quanto accade nelle simulazioni di sintesi, questa esperienza può essere vissuta in classe, limitando la simulazione di contagio a pochi soggetti chiusi in uno spazio ristretto. Oppure può essere realizzata nell’edificio scolastico, aumentando, nell’esperimento, la popolazione dei soggetti esposti al contagio in uno spazio più ampio. Infine, può essere prolungata oltre l’orario scolastico, magari per una settimana, e ambientata fuori dalla scuola esponendo la popolazione dei soggetti a contagi simulati dovuti a contatti occasionali, che accadono in situazioni imprevedibili. Sebbene le variazioni di scala siano prevedibili anche in una simulazione di sintesi, la possibilità di portare il virus simulato nell’ambiente reale di esperienza crea un contesto di apprendimento autenticamente immersivo. Anziché proiettarsi nella condizione di essere, ad esempio, il vicino di casa virtuale di compagno di scuola, lo studente coinvolto in questa simulazione effettivamente è vicino di casa. Una simulazione di sintesi complessa potrebbe esporre i due vicini di casa ad un contagio virtuale: nell’ambiente di simulazione e per il tempo di durata della simulazione. La simulazione basata su tecnologia mobile, come nella vita reale, espone i due vicini in qualunque momento, in qualunque luogo. 6 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Dirompenti \ evolutive: la misura dell’innovazione tecnologica In The invisibile computer5, Donald Norman sostiene: «La maggior parte dei settori tecnologici presenta un modello evolutivo che attraversa svariate generazioni. Gran parte di essi presenta uno sviluppo a carattere incrementale che offre tecnologie più efficienti per svolgere lo stesso lavoro all’interno del vecchio paradigma. Altri invece sono dirompenti [..]. Tali cambiamenti sono quelli che trasformano la vita della gente…» A dispetto delle affermazioni di Thomas Kuhn, che considerava il suo lavoro teorico applicabile esclusivamente alle discipline scientifiche, il paradigm shift è stato “preso in prestito” dalle scienze sociali e dagli studi umanistici. E, infine, dal design 6. Lo status di questa disciplina, erede delle arti applicate, ma anche scienza del dar forma, ripristina attraverso la funzionalità dell’oggetto d’uso un collegamento con l’idea originaria di Kuhn di crisi e incommensurabilità tra paradigmi: se l’innovazione funziona ed è utile, la crisi del paradigma può dirsi superata. La nozione di tecnologia dirompente elaborata da Norman è un altro piano dell’idea di shift del fisico e filosofo della scienza statunitense e al salto sistemico di Toschi. Le tecnologie si trasformano migliorando oppure inventano nuove relazioni tra gli oggetti (testi?) ed i loro contesti d’uso (grammatiche?). Il fonografo, cita ad esempio Norman, ha evoluto le sue prestazioni passando dai cilindri ai dischi, dalle macchine acustiche a quelle elettroniche. Tuttavia non è cambiata, nel corso dell’evoluzione, la sua funzione di uso: riprodurre suoni registrati su supporto. «La radio, invece, ha rappresentato una trasformazione dirompente [..] Prima dell’avvento della radio, l’unica possibilità di ascoltare a casa musica e altre forme di intrattenimento era il fonografo e, di conseguenza, ogni famiglia ne possedeva uno. Invece con la radio era possibile ascoltare concerti, notiziari, diversi tipi di intrattenimento per ore e ore, per di più gratis. » Meno teoretica del paradigma di Kuhn, la tecnologia dirompente di Norman è altrettanto morale: non basta che sia diversa da una tecnologia precedente, è necessario che la sua applicazione scriva una relazione tra l’oggetto (testo) e i suoi usi (grammatiche) che non prima non esisteva. Mobile Virus: ipotesi per la diagnosi di un paradigma E per quanto riguarda le mobilities? Se sono tecnologie dirompenti, come migliorano il nostro modo di vivere, comunicare, e infine di insegnare e di apprendere? Se applicazioni come quella sviluppata dal MIT Teacher Education Program aggiungono elementi di innovazione autentica, quali sono e come creano un paradigma nuovo e migliore? 1. La simulazione Virus consente all’insegnante di condurre una simulazione fuori degli spazi soliti della classe e del laboratorio. La possibilità di fare didattica sul campo, tuttavia, è realizzabile anche senza l’ausilio delle tecnologie digitali. 2. Virus può far durare l’esperienza oltre la durata della lezione: tuttavia, le tecnologie di comunicazione mediata dal computer, e l’e-learning nella sua forma blended, consentono a 5 Norman D., The invisible computer, The Mit press, Cambridge, Massachussets, 1998 [Trad. It. Il computer invisibile, Milano Apogeo 2005] 6 Anche nei testi precedentemente citati di Morville e Greenfield, lo spostamento di paradigma è preso in prestito dalla disciplina del design e dalle sue discipline più specialistiche: design dell’interazione, design dell’informazione, design della formazione. Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze 7 Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione docente e allievo di prolungare la didattica. 3. Utilizzando dispositivi di raccolta dati7, l’esperienza didattica realizzata con Virus può trasformare contesti di vita quotidiana in simulazioni complesse da cui derivare modelli sistemici. Nell’esperienza raccontata da Colella, Borovoy e Resnick 8 Thinking Tags sono stati indossati dai partecipanti durante la simulazione. Ciascun dispositivo è stato predisposto per contenere informazioni sullo stato della persona che lo indossava: infetto, sano, immune. Attraverso questi dispositivi, gli studenti che hanno preso parte alla simulazione, hanno raccolto dati sulla dinamica del contagio semplicemente interagendo tra loro in situazioni di vita quotidiana a scuola. L’elaborazione dei dati raccolti, avvenuta in un secondo momento, ha consentito loro di elaborare il comportamento di un sistema complesso partendo dall’esperienza concreta. Quest’ultima situazione è una situazione nuova? Per diagnosticarlo, proviamo ad elaborare un’ipotesi di metodo. Lo faremo ricorrendo a tre criteri che derivano dai concetti di novità (tecnologica, sistemica, paradigmatica) elaborati dagli autori introdotti nei paragrafi precendenti: a. Il criterio derivato da Norman: il mobile learning è una tecnologia dirompente? b. Il criterio derivato da Toschi: il mobile learning scrive una nuova grammatica del reale? c. I criteri derivati da Kuhn: il mobile learning produce anomalie significative tali da giustificare una crisi dei paradigmi vecchi? determina un paradigma migliore e non solo diverso dal precedente? Virus: il criterio di Norman L’uso dei badge Thinking Tags nella simulazione partecipata permette di raccogliere dal contesto reale uno stesso set di dati predisposti dal fenomeno simulato. Nell’apprendimento situato sul campo, un’esperienza analoga può essere condotta anche senza l’uso di alcuna tecnologia digitale, cioè con semplice carta e matita, lasciando gli studenti liberi simulare e osservare il fenomeno in contesti diversi. Paradossalmente, i Thinking Tags, possono essere valutati come tecnologia dirompente (soddisfazione del criterio di Norman) in quanto risolvono un’involuzione dell’esperienza di apprendimento prodotta dalle simulazioni di sintesi. La simulazione “videogiocata”, infatti, è vincolata a sessioni che impongono condizioni restrittive all’utente e al docente i quali devono trovarsi davanti al computer, pianificare una presenza in sincrono nell’ambiente di simulazione digitale e interagire attraverso le funzioni programmate dal gioco. Indipendentemente dal livello di complessità di quest’ultimo, la tecnologia dei badge, come altre applicazioni mobile, restituiscono agli utenti una maggiore libertà di movimento che la tecnologia digitale desktop aveva sottratto. In più, rispetto alla simulazione realizzata con carta e penna, gli studenti possono manipolare dati digitali, seguire una sceneggiatura di interazione aperta, ma basata sul modello del fenomeno simulato – il virus – e infine elaborare attraverso strumenti informatici i modelli matematici raccolti nell’esperienza di apprendimento. 7 Il riferimento qui è a Thinking Tags, piccoli dispositivi informatici a tecnologia infrarossa, creati dal Things That Think Consortium al MIT Media Lab. 8 Colella, Borovoy e Resnick, Participatory Simulations: Using Computational Objects to Learn about Dynamic Systems, CHI 98 conference summary on Human factors in computing systems, 1998 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze 8 Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Virus: il criterio di Toschi A soddisfazione del criterio di Toschi, la relazione tra contesto ambientale e fenomeno simulato implica una nuova grammatica del reale. L’attività svolta attraverso il software Virus e i Thinking Tags, infatti, è in parte simulazione –modello dinamico, astratto e computazionale del virus – in parte fenomeno autentico di cui gli studenti hanno esperienza concreta. Questo crea un problema rispetto alla definizione, convenzionale e semplificata, di simulazione didattica come modello di realtà a complessità ridotta per la comprensione e lo studio. I dati raccolti attraverso i badge Thinking Tags sono ottenuti dal comportamento autentico: i contatti accidentali, le strette di mano, le conversazioni, gli incontri, le situazioni in cui concretamente un virus potrebbe essere trasmesso. La carica virale, la durata dell’incubazione, le condizioni di immunità di un soggetto sono invece dati simulati. La constatazione è sterile se ci si limita ad affermare che l’”ibridazione” tra le due tipologie di esperienze è un contesto nuovo, pertanto intrinsecamente innovativo. Al momento esso rappresenta, più che una potenzialità, un problema. Nell’esperienza di apprendimento esaminata solo il virus si comporta secondo un modello a complessità ridotta, mentre l’utente si trova immerso nel contesto complesso delle interazioni reali. La convergenza di queste due tipologie di dato verso un unico sistema di comunicazione mira a produrre una condizione di realtà aumentata9, ma rischia di realizzare un effetto di realtà ridotta, nella sua complessità, se a dominare le interazioni sono poche, semplici, variabili caratterizzanti il modello virus. In altre parole, la realizzazione della simulazione del virus gioca un ruolo chiave nello spostamento di questa esperienza di apprendimento dalla simulazione all’esperimento o viceversa. Da un lato, infatti, la situazione soddisfa le condizioni sperimentali: gli studenti partecipano ad un fenomeno osservandolo, raccogliendo dei dati, stabilendo delle grandezze fisiche, formulando e verificando ipotesi. Dall’altro, la situazione si svolge riferita ad un modello di realtà modello di realtà, e non ad una realtà reale. Se questa esperienza di apprendimento è un esperimento, l’uso di un virus simulato a complessità estremamente ridotta può invalidare la percezione di verosimiglianza, o meglio, di veridicità dell’esperienza: i modelli matematici del fenomeno prodotti da questa interazione tra simulazione e realtà, e l’intera esperienza di apprendimento, potranno risultare quindi poco significativi. Per evitare ciò, occorre ripensare la grammatica della relazione tra digitale e non digitale sulla base di simulazioni ad alto grado di complessità e fortemente dinamiche. La sceneggiatura aperta della simulazione\gioco non basta più e forse occorre progettare un interlocutore intelligente, abbastanza complesso da poter eseguire azioni anziché subire effetti [Dennett, 1996]. Se, invece, l’attività che stiamo realizzando con i Thinking Tags è un’attività di educazione sanitaria e l’obiettivo di instructional design è quello di consolidare alcuni norme igieniche da tenere presenti quando è in corso la diffusione, la simulazione non ha necessità di raggiungere livelli di complessità elevata. Più che la verosimiglianza del rapporto tra dati “digitali” e dati recuperati dal contesto reale, è importante l’azione nel modello di simulazione conduca ad un apprendimento riflessivo [Activy Theory, Jonassen 2002]. Virus: il criterio di Kuhn 9 Con l’espressione realtà aumentata si fa riferimento qui alla definizione di augmented reality quale settore di ricerca che combina dati generati dal computer con i contesti di realtà. Da questa definizione generica, Mark Weiser , ricercatore presso lo Xerox Palo Alto Research Center, ha elaborato una concezione di realtà aumentata quale embodied virtuality che ha anticipato la denominazione di informatica pervasiva – ubiquitous computing. Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze 9 Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Prima di definire se il livello di innovazione introdotto dalla tecnologia dei Thinking Tags è tale da giustificare l’invecchiamento di un paradigma esistente, occorre però capire se questa tecnologia dirompente che implica una nuova scrittura del rapporto tra simulazione digitale e contesto reale di apprendimento, soddisfa anche i criteri di Kuhn. Quali sono, rispetto all’instructional design, le anomalie introdotte dall’uso di questa tecnologia? Si tratta di anomalie realmente significative? E, infine, come migliorano, questi nuovi strumenti tecnologici e concettuali, la progettazione e la realizzazione di esperienze di apprendimento? La possibilità di riguadagnare una libertà di movimento, che soddisfa il criterio di Norman, è, come abbiamo visto, un’anomalia anomala: non solo mette in crisi il vecchio paradigma della simulazione/virtualizzazione, ma forse ci dice addirittura che è sbagliato. Quando, attraverso le mobilities, l’apprendimento riesce a riconquistare una dimensione peripatetica proibita dalla stanzialità delle tecnologie desktop, questo ci dice che anche autori autorevoli come Pierre Levy probabilmente hanno corso troppo nel fare della necessità digitale una virtù. Perché abbiamo creduto di essere altrove, fuori dal ci [Levy, 1997], quando potevamo essere solo lì: davanti al computer e connessi in rete? E perché abbiamo ritenuto che il digitale, nel determinare un distacco dell’esperienza dal qui e ora, facesse qualcosa di buono per la simulazione, quando la simulazione serve ad avere un’esperienza concreta di un fenomeno e ad apprendere percettivamente oltre che simbolicamente[Antinucci, 2001]? Facendoci indossare un occhiale galileiano, i Thinking tags e le mobilities, nel loro piccolo, fanno apparire la cybercultura come un sistema tolemaico delle potenzialità del digitale e ridefiniscono la portata di innovazione che la simulazione di sintesi su PC ha introdotto nell’apprendimento: più percettiva di un libro, certo, – si guarda, si ascolta, si muove il mouse –, ma meno percettiva e motoria della simulazione con le mobilities che immergono il soggetto nel contesto naturale a cui accede con tutti i suoi sensi. Questa prima anomalia, dunque, provoca un felice spostamento a ritroso del paradigma culturale, se non scientifico, in cui si progetta l’esperienza di simulazione nell’apprendimento. L’apprendimento esperienziale non è più costretto alla percezione ridotta – e falsificata – dell’interfaccia grafica, spesso altrettanto astratta e simbolica quanto la pagina del libro, ma torna ad assomigliare di più a quell’apprendimento di bottega, dove maestro e allievo condividono la stessa realtà. Attraverso il digitale, l’apprendimento di bottega guadagna una relazione più stretta tra la dimensione esperienziale e la conoscenza di tipo simbolico ricostruttivo. Il Participatory Simulations Project, sperimentazione nella quale Coltella ha utilizzato i Thinking Tags era finalizzato proprio ad osservare come l’uso di wearable computers potesse facilitare il processo di elaborazione di regole formali attraverso la raccolta di dati da un’esperienza attuale: «Participatory Simulations combines the notion of a "formal sandbox", or microworld in which models can be run, with the affordances of real world experience. By involving a large number of students (typically between 15 and 30) in a physical, "life-sized" experience, the project brings a microworld off of the computer screen and into a child’s world.[..] » Nell’esperienza riportata da Colella, gli studenti coinvolti nella simulazione hanno utilizzato i dati raccolti attraverso i badge per elaborare affermazioni sull’andamento del fenomeno. Attraverso il confronto delle analisi realizzate, il gruppo ha potuto verificare quando le affermazioni erano contraddittorie e come, attraverso la collaborazione, l’esperienza poteva elaborare una teoria. Ciò che abbiamo guadagnato attraverso le mobilities, implica per l’instructional design un diverso modello di progettazione dell’apprendimento esperienziale. Al centro del focus non sta più il problema di costruire un’interfaccia realistica e un modello computazionale del fenomeno che risulti verosimile in quell’ambiente di sintesi. Il problema, ora, è creare la simulazione di un fenomeno che sia verosimile rispetto alla finalità dell’esperienza di apprendimento situata nel 10 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione contesto reale. Il problema ci porta alla seconda anomalia che abbiamo preso in esame, ossia la relazione tra dati prodotti dalla simulazione digitale e dati raccolti dal contesto naturale dell’esperienza. In realtà, la relazione tra dato e interfaccia digitale è un fatto che appartiene al dominio della comunicazione mediata da qualunque computer, incluso un “vecchio” desktop utilizzato saltuariamente, offline, in un laboratorio. Attraverso l’interazione, valvola di comunicazione attraverso la quale transitano input e feedback, il comportamento analogico dell’utente dialoga con i dati digitali. Nel caso della comunicazione digitale prodotta dai Thinking Tags si verifica qualcosa di diverso? Nella Partecipatory Simulation di Colella, la diffusione del contagio avviene attraverso trasmissioni di informazioni tra badge attraverso tecnologia infrarossi. Agli studenti è stato richiesto di incontrare più persone possibili senza ammalarsi e di tenere traccia degli incontri. Affinché gli studenti possano indurre le regole formali del fenomeno, non è stata fornita nessuna informazione su come il virus si diffonda, o meglio su quali dati i Thinking tags si scambino tra loro. Nel sistema di comunicazione realizzato da questo esperimento, il comportamento degli utenti produce dati che sono scambiati tra: badge e badge utente e badge utente ed utente La peculiarità della Partecipatory Simulation di Colella è quella di aver creato un’interazione opaca all’utente – tra badge e badge – per trasformare la simulazione da un apprendimento di verifica ad un’esperienza di induzione. Se il livello di immersione nel contesto reale marca una differenza sostanziale tra l’esperienza situata e un’esperienza simile condotta, ad esempio, in ambiente in grafica 3d, sul piano dell’interazione la stessa opacità può essere realizzata in un ambiente interamente sintesi: anche una simulazione partecipata sullo schermo può nascondere, ad esempio, la variabile del tempo di incubazione del virus e lasciare che siano gli studenti a calcolarlo. Dire che i Thinking tags, rispetto a questa presunta anomalia, producono la crisi di un paradigma, sarebbe dunque indossare gli stessi occhiali miopi che ci portano a considerare una simulazione virtualizzata un contesto immersivo e percettivo per l’apprendimento esperienziale. La modalità di scambio dei dati, dunque, non produce alcuna crisi. Una differenza più significativa, invece, è quella che riguarda il dispositivo di interazione, ossia i Thinking Tags, che contribuiscono a realizzare questa interazione opaca dall’ambiente simulato, al comportamento simulato. Considerarli un semplice un dispositivo di gioco, alla stregua di un dataglove o di un dispositivo Wii, sarebbe un errore perchè questi strumenti non comunicano all’ambiente come modificarsi in funzione del comportamento utente, non trasferiscono una sua intenzione, ma rappresentano e modificano la sua condizione di stato nel gioco stesso. Essi sono, piuttosto, l’interfaccia tra il modello di simulazione – virus – e il contesto reale dell’apprendimento: modificano l’interazione tra le persone e tra le persone e il fenomeno simulato. Due su tre, la tecnologia dei Thinking Tags, produce anomalie significative rispetto alla simulazione di sintesi. Due su tre, le anomalie complicano la vita dell’instructional designer. La quarta e ultima anomalia, tuttavia, pone il problema più grande, specie se l’instructional designer è intenzionato a soddisfare il requisito che Kuhn impone per realizzare il paradigm shift: il nuovo modo di progettare esperienze di apprendimento è migliore dei precedenti e non solo “diverso”. La quarta ed ultima anomalia che prenderemo in esame riguarda la natura dell’esperienza di apprendimento analizzata: la Partecipatory Simulation realizzata da Colella è ancora una 11 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione simulazione? La raccolta dei dati sulla diffusione del virus, la formazione delle ipotesi, la loro verifica sono le condizioni di un esperimento reale solo perché realizzate in un contesto di realtà? L’autrice, instructional designer dell’esperienza, risponde di no: la Participatory Simulation evolve il livello di complessità delle simulazioni, ma non crea nessuna realtà ibrida. Meno paradigmaticamente, e più praticamente, crea le condizioni per simulare la progettazione di un esperimento. «[..] students are engaged in collaborative experimental design. Experimental design is one of the crucial skills of scientific practice. Unfortunately students typically have few opportunities to practice this difficult task, and it remains out of the reach of many science students.» Se la sperimentazione di Colella introduce un salto, la responsabilità non è dei thinking tags, quanto della strategia instructional design adottata: anziché allenare al pensiero pratico, l’esperienza proietta il soggetto che apprende verso l’elaborazione di un pensiero astratto e riflessivo e la simulazione introduce elementi di complessità a cui può rinunciare quando la si riduce ad rappresentazione troppo semplificata di meccanismi nel “mondo piatto” dello schermo di un PC. Mobilities e apprendimento: lo stato dell’arte La Participatory Simulation di Colella è una sperimentazione pionieristica delle mobilities in ambito educativo. Condotta presso i laboratori di ricerca del MIT nel 1998, precede di alcuni anni la diffusione sul mercato dei dispositivi informatici portatili multimediali – PdA e smartphones – e di tecnologie di connessione wireless. In meno di dieci anni, lo scenario delle tecnologie disponibili è profondamente cambiato. I cellulari si sono ridotti di dimensioni diventando sempre più portatili ed ubiqui. La possibilità di comunicare in qualunque momento\in ogni luogo è diventata una necessità [Marrone, 2004] e il cellulare, da strumento di conversazione telefonica, si è trasformato, come afferma Ferraris nella sua ontologia del telefonino10, in strumento per registrare iscrizioni - uno strumento di scrittura. Sul piano delle funzionalità, i moderni smartphones tendono a convergere con i Personal Digital Assistant ed entrambi ambiscono a rendere maneggevoli le prestazioni dei laptop PC: si collegano ad Internet, sono utilizzati per scrivere messaggi, chattare, gestire l’agenda personale, annotare appunti, registrare audio e video. Infine, le tecnologie mobili sono divenute tecnologie di connessione e di localizzazione. \Standard e protocolli per la comunicazione tra le reti, come il WAP (wireless application protocol), UMTS e 3G, hanno collegato i telefoni cellulari alla rete Internet creando accesso in movimento alle informazioni del World Wide Web. Come per i Thinking Tags di Colella, la connettività dei dispositivi mobili alla rete ha segnato il superamento di un’involuzione che, forse, era sfuggita alla cybercultura: ossia che l’informazione a stampa – libri, riviste, quotidiani - è stata a lungo molto più portatile e accessibile della tecnologia digitale. Per il knowledge management, l’accessibilità alla rete delle mobilities ha significato una reificazione delle potenzialità del just in time. La diffusione di sistemi come il GPS (Global Position System) o GPRS, che consente di individuare la posizione di un dispositivo informatico o di un apparecchio mobile, hanno aperto il mercato a servizi informativi just in place, basati sulla localizzazione: dall’elenco dei ristoranti più vicini, all’SMS che informa un guidatore quando si crea un ingorgo nel traffico, al navigatore che consente di scegliere la strada più breve per giungere a destinazione. Altri standard, come il Bluetooth, mettono in comunicazione dispositivi che si trovano nello stesso raggio di copertura (da 10 a 100 metri) e sottraggono alla comunicazione mediata dal computer la peculiarità di essere tecnologia della comunicazione a distanza: sono 10 Ferraris M., Dove sei? Ontologia del telefonino, Milano, Bompiani, 2005 12 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione utilizzati, infatti, per scambiare file di dati digitali – dalla suonerie ai documenti di lavoro – nei contesti di comunicazione faccia a faccia. Howard Reinghold11 dichiara una “next social revolution”: come nel passaggio dal mainframe al personal PC, le mobilities hanno raggiunto bacini di utenza tecnologicamente meno alfabetizzati e hanno allargato la consuetudine alla comunicazione digitale. E mentre il telefono cellulare si trasforma in un computer sempre più portatile, l’informatica mobile si configura come un rito di passaggio verso l’informatica pervasiva. In questo scenario, i Thinking tags possono apparire anacronistici, ingombranti e buffi prototipi del Bluetooth. Tuttavia, a dispetto della tecnologia, l’applicazione realizzata da Colella rimane un esempio evoluto e avanzato di quello che l’instructional design può fare superando i vincoli del desktop computer. La letteratura scientifica sull’impiego delle mobilities e lo scenario di sperimentazioni che essa descrive, infatti, non riguardano solo soluzioni tecnologicamente avanzate di simulazione o di apprendimento situato. La gamma di applicazioni di tecnologia mobile in ambito educativo soddisfa una varietà ampia di bisogni e finalità. Lo Standford Learning Lab, uno dei maggiori attori nel mercato della distance learning statunitense, ha sviluppato modelli di mobile learning per l’apprendimento della lingua inglese, realizzando la portabilità, l’adattamento, dei contenuti e delle metodologie utilizzate nell’e-learning: quiz, glossari, tutor in sincrono per migliorare la pronuncia, audio interattivi da fruire on-demand. Il progetto M-learning IST Project, sperimentato in Italia, Svezia ed Inghilterra tra il 2001 e il 2003, ha utilizzato cellulari e smartphones per contrastare la dispersione scolastica. Alle mobilities, in questa sperimentazione, è stato attribuito un ruolo strategico nella comunicazione tra formatore e docente: il telefono cellulare è stato semplicemente il medium – personale – che ha consentito a giovani adulti a rischio di abbandono scolastico di migliorare nella scrittura e nell’apprendimento della matematica attraverso un sistema di comunicazione SMS con il tutor in un ambiente informale. Diversamente MOBIlearn, progetto europeo capitanato da Giunti Interactive Labs, ha utilizzato il mobile per realizzare programma educativo di argomento sanitario destinato alla formazione di volontari per il primo soccorso ed un sistema di accesso ad informazioni a supporto di questi ultimino in caso di emergenza: una convergenza di lifelong learning e just in time knowledge management che ha utilizzato le potenzialità pervasive del telefono cellulare. A Taiwan, infine, un consorzio di Università ha sperimentato l’uso di PDA nell’osservazione sul campo realizzando un’applicazione basata sul riconoscimento automatico di immagini: sperimentata nell’ambito delle lezioni di scienze naturali, l’applicazione ha supportato gli studenti nell’osservazione e nel riconoscimento diverse specie di farfalle. L’esperienza, a metà strada tra l’autoformazione e l’apprendimento situato, è stata definita dai ricercatori [Chen et Al., 2004] indipendent learning. Nei quattro esempi di applicazione, che certo non rappresentano tutta la fenomenologia del mobile learning, i vecchi paradigmi di comunicazione e apprendimento mediati dalle tecnologie incontrano la stessa intensità di crisi? La varietà delle esperienze fa pensare, ipotizzare, che non sia così. Limitandosi al contesto d’uso, questi esempi propongono modalità diverse nell’interazione tra utente, ambiente e tecnologia: a. Per il servizio on demand, l’utente è la variabile indipendente. Nell’applicazione sviluppata 11 13 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione dallo Standford Learning Lab l’esperienza dell’ambiente e quella dell’apprendimento non sono direttamente collegate. L’utente, interagendo con l’applicazione, richiede di conoscere il significato di una parola, o di imparare a pronunciarela: dove si trovi o cosa stia facendo sono condizioni che non incidono sul contesto dei materiali di studio o delle esercitazioni. Le mobilities forniscono semplicemente accesso ai contenuti richiesti, sostituendo altre tecnologie, come il desktop computer, o la televisione interattiva, che non sono disponibili in quel contesto. L’applicazione può essere utilizzata in situazione, ad esempio per sostenere una conversazione in lingua straniera che sta accadendo in quel momento, in quel luogo, ma l’elemento che opera la trasformazione da on-demand a just in time, da drill and practice a apprendimento situato, non è l’instructional designer, ma l’utente stesso. b. Nel progetto M-learning IST Project, la variabile indipendente è la tecnologia mobile. Il cellulare è la tecnologia di accesso per raggiungere gli studenti con problemi alfabetizzazione e che hanno abbandonato gli studi. Il livello di familiarità che i soggetti della sperimentazione hanno sviluppato verso il personal media crea un canale di comunicazione che né la scuola né l’e-learning non sono riusciti a creare. L’intero sistema di apprendimento, ancora una volta apprendimento a distanza, è centrato sulla relazione tra il cellulare e lo studente: gli esercizi, i materiali e la comunicazione con il tutor dipendono esclusivamente dalla caratteristiche dell’oggetto posseduto. Dove sia lo studente, o cosa stia facendo, risultano, ai fini di questa sperimentazione, informazioni che non devono condizionare l’apprendimento. c. Nello scenario di formazioni just in time realizzato dal Progetto Mobilearn, la situazione è indicata come la variabile indipendente. Il learning management system utilizzato dal progetto è stato realizzato per intervenire su episodi di apprendimento più che su reale percorso didattico. Destinato ad un contesto informale, l’instructional design della sperimentazione è centrato sull’accesso all’informazione che serve per risolvere una situazione complessa che accade fuori dalla piattaforma tecnologica: se l’utente, per esempio, si trova a dover intervenire in soccorso di una persona che ha un problema di iperventilazione, il sistema dovrebbe fornire learning object sul comportamento più adeguato e contatti con esperti. In realtà, la variabile indipendente di questo sistema di conoscenza è una variabile filtrata: è l’utente, infatti, che riferisce la situazione al sistema cercando il learning object di cui ha bisogno, non le informazioni la situazione che, direttamente, gli forniscono la conoscenza adeguata. d. La sperimentazione sul campo condotta dall’università di Taiwan ha, infine, una variabile indipendente ambientale. Durante l’osservazione, gli studenti hanno utilizzato il PDA per acquisire ed elaborare dati sull’ambiente circostante, in particolare, sulle specie di farfalle che lo popolavano. Attraverso fotografie degli insetti, l’applicazione di image retrieval realizzata per la sperimentazione, ha aiutato gli studenti ad identificare la specie di appartenenza della farfalla. Ad eccezione della prima variabile indipendente, presente anche nei vecchi paradigmi di interazione uomo-macchina, di comunicazione mediata dal computer e di instructional design, i tre esempi disegnano modelli molto diversi tra loro. 14 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione La definizione stessa di mobile learning ha contorni sfumati: nell’apprendimento nomade12 ricade il ricorso a tecnologie di connessione wireless, l’impiego di palmari non connessi alla rete, l’uso gamepad, tablet PC e lettori Mp3, l’utilizzo di applicazioni di intelligenza ambientale. Nel 2002, Desmond Keegan13 attribuisce al mobile learning il valore di uno stato di fatto. In virtù delle statistiche d’uso della telefonia cellulare che segnano un aumento esponenziale della commercializzazione e dell’utilizzo, ecco che si forma il bisogno, l’urgenza del mobile learning: «In distance learning history, system have always followd the availability of technology near the distance students[..]» Per Keegan, il mobile learning è un’evoluzione dell’e-learning, così come quest’ultimo è stato un’evoluzione dell’apprendimento a distanza. L’esperimento condotto da Colella, pur anticipando di quattro anni la definizione dell’autore, dimostra tutti i limiti di questa prospettiva. Secondo Keegan, il salto di sistema introdotto dalle mobilities consiste nel liberare lo studente a distanza dal vincolo della presenza davanti ad un computer al fine, però, di ottimizza il tempo da dedicare all’apprendimento. «Jack is traveling by train to meet a customer. He has to get prepared for the meeting but after reading through the background material he has time to engage some 3G competence development. He connects to the e-businness education that started this week[..] The video raises some interesting points about customer relations’ management [..] He decides to initiate a videoconference with a collegue in his group to discuss the issue right away». Nello scenario descritto da Keegan, il mobile è una tecnologia con funzione economica – ottimizza i tempi morti di Jack – e non pone particolari problemi all’instructional design. A dispetto dell’apparente ricchezza multimediale della sua esperienza di apprendimento nomade, Jack ha a che fare con contesti noti come la discussione di gruppo a distanza, la videoconferenza, le unità didattiche dell’e-learning: miniaturizzati e adattati al piccolo schermo. La tecnologia mobile, per dirla con Norman, evolve le prestazioni del computer, ma non inventa prestazioni nuove. Ammesso che sia più comodo – ed ugualmente efficace – leggere, studiare, comunicare in videoconferenza su di in treno piuttosto che davanti ad un PC, il mobile learning di cui Jack ha esperienza è una “comodità”. La sperimentazione di Colella inserisce maggiori elementi di novità nella definizione di mobile-learning. Per prima cosa elimina la distanza dalla comunicazione mediata dal computer: la presenza della tecnologia invade il territorio della comunicazione faccia a faccia creando un’anomalia rispetto alle numerose teorie e modelli della CMC 14. A differenza di quanto accade nello scenario di Keegan, in cui sono alternati momenti di autoistruzione programmata a fasi di cocostruzione, condivisione delle competenze, l’esperienza attuata da Colella crea le condizioni di esperienza per un modello didattico dei processi cognitivi superiori15 che forma una “testa ben 12 “Several terms are currently being used to refer to this new learning environment. Wireless is perhaps the leading label, for several reasons, including its sense of the unwiring of connectivity and the implicit untethering of hardware from local cabling. The term wireless suffers from several weaknesses, however. First, any term that defines a negative ("less") rather than asserts a categorical positive risks vagueness and ahistoricity (as does, more famously, the term postmodern). Second, wireless underplays the mobility aspect of the new environment. Mobile learning, or m-learning, covers this point better, but this term doesn’t imply wirelessness— that is, I may carry a Palm without connectivity and be mobile but not wireless. Ubiquitous computing, or ubicomp, does a better job of synthesizing these two features, describing wireless, portable, mobile, and multiple units joined in what the Dutch GIPSY Project calls a "device ecology."2 However, the term ubicomp is often misunderstood. Mark Weiser’s sense of ubicomp as naturalized computing is lost when ubiquitous computing refers to "lots of machines" or "decently ready access to labs." [..] We lack a term for describing the world as a writeable and readable service, encompassing mobile phones forming communities, P2P handheld gaming, moblogging, and uploading to RFID chips. For now, and to retain the educational focus, I’ll use m-learning.” Alexander B., Going Nomadic: Mobile Learning in Higher Education, EDUCAUSE Review, vol. 39, no. 5 (September/October 2004): 28–35. 13 Keegan, D. (2002): 'The future of learning: From eLearning to mLearning', IFF Papier, Nr. 119, Fern-Universität Hagen 14 15 Per la definizione del modello si rimanda a “Il modello dei processi cognitivi superiori”, di Persi R., in I modelli della didattica, a cura di Baldacci M., I modelli della didattica, Carocci, Roma 2004 15 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione fatta”, in grado di progettare degli strumenti di indagine della realtà, piuttosto che riempire la testa di saperi approfittando di qualunque momento e di qualunque luogo. La definizione Keegan non sembra, dunque, problematicizzare il mobile learning a sufficienza per discutere l’esistenza di un nuovo paradigma. Il cuore della sua corposa indagine, realizzata per il programma europeo di investimenti Leonardo da Vinci, sostiene che le nuove tecnologie serviranno a trasformare l’e-learning attraverso la maneggevolezza dei device, portabilità dei contenuti e degli strumenti di comunicazione mediata, l’opportunità di far convergere il blended learning e il knowledge management just in time. E conclude che, se la crescita della curva di adozione del mobile learning è lenta, la responsabilità è della dimensione degli schermi, delle capacità di connessione e della limitatezza della memoria disponibile. Cinque anni più tardi, nel 2007, le prestazioni di smartphone, pda e mp3 player sono notevolmente migliorate: eppure l’evoluzione delle tecnologie non basta a conclamare il passaggio previsto da Keegan da e-learning a mobile learning. Molte altre definizioni, più articolate di quella offerta da Keegan, sono maturate nell’ambito dei modelli pedagogici, oltre che tecnologici. I n Literature Review ion Mobile Technologies And Learning, Naismith, Lonsdale, Vavoula, Sharples, identificano sei modelli di mobile learning riferiti ai principali paradigmi teorici dell’apprendimento. Il mobile learning comportamentista, basato sul paradigma skinneriano stimolo-risposta, è strutturato tipicamente nella presentazione di materiali e nella valutazione del feedback ottenuto dagli studenti. Anche nel paradigma delle drill and practice, metodologia analoga a quella utilizzata dal mobile e-learning del Standford Learning Lab, gli autori interpretano le mobilities come tecnologie della presenza più che della distanza. Un esempio di mobile learning comportamentista è Skills Arena (Lee et al 2004), un videogioco didattico per l’insegnamento della matematica realizzato per Nintendo Game Boy Advance. Attraverso esercizi su addizione e sottrazione, un tracciamento avanzato del punteggio e dei record e, soprattutto, la creazione di personaggi di gioco, 39 studenti inglesi di seconda elementare ha confermato un miglioramento della performance e un maggiore coinvolgimento nelle attività didattiche svolte fuori dalla classe. Il mobile learning di stampo costruttivista è ispirato al pensiero di Bruner che, tra gli anni ‘60/70, teorizzò l’apprendimento come processo attivo di trasformazione delle informazioni in conoscenza sulla base di schemi cognitivi individuali. Per questa scuola di pensiero le ICT hanno rappresentato il medium con le maggiori potenzialità di manipolazione dell’informazione. Le mobilities si presentano a questo paradigma come la tecnologia del costruttivismo situato in un contesto di apprendimento realistico e allo stesso tempo “manipolabile”. E la simulazione partecipata, come quella realizzata da Colella, rappresenta la realizzazione più completa dell’incontro tra tecnologie digitali mobili e il modello pedagogico. Il mobile learning situato si sviluppa sul paradigma di Lave (1991), il quale afferma che l’apprendimento è un processo di partecipazione sociale, oltre che di acquisizione di conoscenze individuali. Secondo questo modello, l’apprendimento avviene solo nei contesti autentici, ovvero nella situazioni in cui una conoscenza e una competenza sono realmente in azione. Le mobilities, sottraendo la relazione tra studenti, docenti e tecnologie alla “vita sullo schermo” riportano l’apprendimento sul posto: in classe, in laboratorio, sul campo. L’applicazione per la didattica delle scienze naturali realizzata dall’università di Taiwan soddisfa i requisiti di questo modello. Il paradigma degli apprendimenti situati attribuisce importanza al contesto di interazione sociale, oltre che ambientale, in cui si insegna e si impara. Da questo approccio pedagogico deriva il modello dell’apprendimento collaborativo di cui Naismith et alii riconoscono applicazione nel mobile learning. Cellulari, palmari e PDA consentono infatti lo scambio di dati e messaggi 16 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione aumentando e modificando la comunicazione tra i soggetti, arricchendo la conversazione tra diversi sistemi di conoscenza [Pask, 1976]. Nell’apprendimento collaborativo mobile, ancor più marcatamente che nel computer supported collaborative learning (CSCL), spazio della conversazione non è necessariamente uno spazio della distanza. Naismith et alii riferiscono della sperimentazione condotta dall’Universidad Católica de Chile dal 2002 al 2004. Utilizzando una rete di comunicazione wireless peer to peer, un gruppo di ricercatori ha monitorato l’uso di palmari nell’apprendimento collaborativo faccia a faccia. Attraverso l’assegnazione di attività a piccoli gruppi di studenti delle elementari, i ricercatori [Zurita, Nussbaum and Sharples, 2004] hanno osservato come la tecnologia influenzasse la negoziazione dello spazio fisico e le interazioni sociali. Gli autori di Literature Review In Mobile Technologies And Learning individuano un paradigma informale del mobile learning che riguarda tutte le occasioni di apprendimento che non avvengono nelle tradizionali agenzie formative. Questo modello pedagogico investe sulla caratterizzazione comunicativa delle mobilities come media personali, oggetti individuali, intimi e privati di comunicazione. Conclusione Sistemi e paradigmi: dove stiamo saltando? Il lavoro di Naismith et alii riesce a ricomprendere molte delle applicazioni mobile in ambito educativo attraverso un’operazione di re-mediazione dei modelli pedagogici a beneficio di uno stato dell’arte che marca alcune importanti differenze con l’evoluzionismo di Keegan. L’idea di re-mediazione del paradigma pedagogico (e comunicativo) operata da vasti settori della letteratura sul mobile learning è una visione prospettica, che questo studio deriva dal concetto di re-mediation16 introdotto da Bolter e Grusin a proposito della transizione dei media analogici alla scrittura digitale. I due autori hanno elaborato una teoria sullo sviluppo della storia dei media che individua una forte pulsione di continuità tra forme, modelli e sistemi. Una linea di continuità che si dipana verso un sempre maggiore livello di realismo e al tempo spesso verso una progressiva ipermediazione. Nel remediare il nuovo media rimodella l’identità dei vecchi tentando di presentare l’innovazione con la soluzione alla mancanze, mai individuate prima, dei media preesistenti. Così come il cinema è remedia la fotografia aggiungendovi movimento, il mobile learning sembra aggiungere ai benefici della tecnologia informatica in ambito educativo liberandoci dalla costrizione della scrivania e dello schermo del computer. Nel caso delle definizioni di mobile learning ed in particolare della classificazione operata da Naismith et alii, la remediazione è conciliante: all’ombra di paradigmi pedagogici consolidati come il comportamentismo, il costruttivismo o l’apprendimento situato l’instructional design trova degli orientamenti sicuri e una validazione per la sperimentazione e l’applicazione della tecnologia mobile. La remediazione è però un fatto culturale: rileva, come affermano gli stessi Bolter e Grusin, un atteggiamento sociale di adattamento a nuove forme comunicative ed espressive senza necessariamente formulare un modello né per la letteratura, né per la tecnica o la scienza della progettazione delle esperienze di apprendimento. Gran parte stato dell’arte sul mobile learning appare culturale più che scientifico: rassicurante, ottimista, non rileva problemi nel passaggio da una tecnologia all’altra, da un medium all’altro. Eppure, sottoposta al vaglio ai criterio di Norman, Toschi e Kuhn, anche una sola, “antica” 16 Jay David Bolter and Richard Grusin , Remediation: Understanding New Media, MIT Press, 2000 17 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione ma lungimirante, applicazione di mobilities al contesto educativo fa emergere conflitti forti rispetto all’idea consolidata che la digitalizzazione sia una virtualizzazione del mondo, che la comunicazione mediata dal computer sia una comunicazione della distanza e che l’interazione uomo macchina sia ancora l’unica valvola attraverso cui viaggiano informazioni e conoscenza. Come abbiamo sostenuto all’inizio di questo lavoro, nell’osservare lo sviluppo di un’innovazione è interessante accogliere i problemi per verificare se la transizione è pacifica, remediabile, o se invece non esistano anomalie tali da costringerci a salti. Passando alcune sperimentazioni attraverso il filtro di Norman, Toschi e Kuhn proviamo a comprendere in quale direzione saltare. Il rapporto finale del progetto Mobilearn, progetto europeo per lo sperimentazione di Mobile Learning capitanato da Giunti Interactive Labs, conclude attribuendo alla tecnologia mobile la finalità di potenziare la filosofia dell’apprendimento come stile di vita e non come contesto temporalmente e spazialmente definito. Dal 2002 al 2004, Mobilearn ha sviluppato la progettazione di tre scenari di applicazione – un master in Business Administration, un programma di apprendimento contestuale alla visita presso il museo degli Uffizi e un sistema di knowledge management just in time nell’ambito dell’educazione sanitaria – partendo dal presupposto che le mobilities sono una tecnologia dell’accesso che amplia le potenzialità dell’e-learning. I ricercatori del progetto Mobilearn hanno premesso allo sviluppo delle loro applicazioni un modello pedagogico flessibile – task model for mobile learning - in cui la tecnologia è l’oggetto scelto dal soggetto che apprende per soddisfare i propri bisogni. Attraverso il dispositivo tecnologico, lo spazio sociale e mentale dell’utente dialoga con lo spazio concreto e reale dell’apprendimento. L’infrastruttura del sistema sviluppato da Giunti Interactive Labs e dai suoi partner ipotizza un paradigma di mobile learning che migliora, a soddisfazione dell’ultimo criterio di Kuhn, il modello vecchio di mobile learning: - attraverso un maggiore accesso ai contenuti della formazione - attraverso contesto in cui l’apprendimento avviene, - attraverso la tecnologia di comunicazione. Nell’obiettivo di aumentare il livello di conoscenza degli utenti, i tre scenari sviluppati nel progetto Mobilearn si sono sviluppati sulla base di un sistema composto da: a. dispositivi mobili; PDA, tablet PC, cellulare b. un portale di accesso ai contenuti c. dei contenuti - prevalentemente learning objects – e degli strumenti di annotazione d. strumenti per la collaborazione e. dati sui contesti d’uso e sulla loro relazione con i contenuti f. sistemi in informazione sulla localizzazione dell’utente Tra quelli elencati, gli ultimi due sono elementi nuovi. Nell’e-learning su personal computer, in particolare nell’e-learning pensato per l’apprendimento a distanza, l’ambiente di apprendimento ha rappresentato prevalentemente un problema di interfaccia grafica, uno spazio metaforico/ simbolico in cui, nella migliore delle ipotesi, ricercare una proiezione di incontro dello spazio fisico e dello spazio di apprendimento dell’utente. Nell’e-learning blended, che alterna momenti a distanza con la didattica faccia a faccia, l’interfaccia è uno spazio asincrono, complementare e mai conflittuale con l’ambiente della presenza fisica. Se nel passaggio dall’e-learning al mobile learning il contesto e la localizzazione sono elementi di rottura, e non di remediazione, rimodellazione di un’identità, il problema che emerge è 18 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione la sovrapposizione di tre strati di contesti, testi contemporanei, in uno stesso spazio: lo spazio fisico, lo spazio semiotico e lo spazio metaforico\simbolico della tecnologia. Pur utilizzando tecnologie di localizzazione e di raccolta dati sull’ambiente fisico, come il GPS, nel progetto Mobilearn come in molte altre applicazioni di mobile learning, il problema centrale dell’instructional design è il contenuto. Nella modellazione dei contenuti del progetto, le caratteristiche di questi ultimi appaiono dettate più dai limiti del dove e quando l’utente ne fruirà che dalle potenzialità comunicative e formative delle mobilities. Essi dovranno essere: - condensati ed essenziali per evitare un sovraccarico d’informazione e cognitivo: piccoli atomi concettuali facili da comprendere in un breve lasso di tempo e in una situazione non adatta alla riflessione - attraenti, per garantire un livello di attenzione difficile da mantenere in situazione. - riutilizzabili, per risultare adatti a contesti molteplici. Se la variabile indipendente di applicazioni come MobiLearn è la situazione, la centralità del contenuto e la modalità prescrittivia con cui il modello tratta le sue caratteristiche non solo non riscrivono una relazione tra il testo e la grammatica dell’interazione nell’ambiente di apprendimento (criterio di Toschi), ma rendono tecnologia mobile limitante anziché dirompente. Al problema di dover scrivere una sceneggiatura che interagisca con il contesto ambientale, l’instructional design del progetto risponde con due soluzioni che non compiono un autentico salto di sistema: - la stereotipizzazione delle situazioni - la realizzazione di microcontenuti. La valutazione delle applicazioni del progetto Mobilearn si spinge ben oltre di quanto non faccia l’elaborazione del modello di instructional design. Nel Museum scenario, sperimentato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze e il Nottingham Castle Museum, non basta che la tecnologia mobile sia resa pià sensibile al contesto (context aware), ma diventa importante, nella valutazione dei ricercatori, che diventi un collettore di dati sull’ambiente in cui avviene l’esperienza di apprendimento. Per definire l’interazione con la realtà non è sufficiente che il sistema riconosca il learning object più appropriato da erogare di fronte ad un’opera esposta, ma è necessaria una maggiore interazione tra l’oggetto e il sistema di mobile learning, creando una persistenza dell’esperienza oltre la situazione in atto. La valutazione consente alcuni passaggi chiave per valorizzare le potenzialità delle mobilities. Interpretandole come tecnologie che, moltiplicando le occasioni di accesso alla conoscenza, garantiscono un apprendimento pervasivo – learning as a way of being – l’aspettativa è che esse bastino a innovare l’e-learning. Sul campo, come è accaduto ai ricercatori del progetto Mobilearn, ci si accorge che l’instructional design non si deve preoccupare solo di remediare i contenuti dell’e-learning, ma che l’interazione ha a che fare con un terzo incomodo: l’ambiente. Il passaggio dal mobile learning remediato all’uso del potenziale dirompente delle mobilities avviene utilizzandole come strumento di comunicazione tra l’utente ed una intelligenza ambientale, a quella informatica dei computer invisibili di cui parla Donald Norman quando descrive l’emergenza di tornare ad essere analogici in una realtà fatta di oggetti che veicola informazioni digitali – chiavi smarrite che ci dicono dove sono, sistemi che ci spiegano quale tragitto fare, opere d’arte che si connetto con la bibliografia e la sitografia che li riguarda – anziché di proiettarsi verso una dimensione digitale che non è quella naturale, percettiva e fisica, dell’esperienza umana. Diversamente il salto dell’e-learning al mobile learning è pre-scientifico e preculturale e 19 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione rischia di venire ridiscusso, non per debolezza teorica, ma perché l’instructional design non è riuscito ad usare la tecnologia mobile. E il paradigma forse non sarà nuovo. Certamente non sarà migliore. BIBLIOGRAFIA Attewell, J., & Savill-Smith, C. (Eds.). (2004). Learning with Mobile Devices: A Book of Papers . London, UK: Learning and Skills Development Agency. Stead G, Moving Mobile to Mainstream, Tribal Education: CTAD, Conference paper at mLearning 2005, October 2005< http://www.mlearn.org.za/CD/papers/Stead.pdf> Graeme D., Handheld Computers in Education, WWWTools for Education, 2006 Mark Finn and Natalie Vandenham / Australian Journal of Emerging Technologies and Society: vol 2, no 1, 2004) Lamb, A. (2002, Summer). Discover the New World of Handhelds: Geocaching, photo essays, data collection, and more . Eduscapes Vol. 2, No. 2. Deviney, N. & Von Koschembahr, C. (2004, Feb.) Learning goes mobile. Human Resource Executive magazine. Laura Naismith, Peter Lonsdale, Giasemi Vavoula, Mike Sharples, Literature Review in Mobile Technologies and Learning, Nesta Future Labs, University of Nottingham, 2004 Keegan, D. (2002): 'The future of learning: From eLearning to mLearning', IFF Papier, Nr. 119, Fern-Universität Hagen (link) Thomas S. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1969 Albanese, M and Mitchell, S (1993). Problem-based learning: a review of the literature on its outcomes and implementation issues. Academic Medicine, 68: 52-81 Attewell, J and Savill-Smith, C (2003). M-learning and social inclusion - focusing on learners and learning. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: Learning and Skills Development Agency, 3-12 Becta (2004). What the Research Says About Portable ICT Devices in Teaching and Learning (2nd ed). Coventry, UK: Becta ICT Research. Available online at: www.becta.org.uk/page_documents/ research/wtrs_porticts.pdf Ann Jones, Agnes Kukulska-Hulme and Daisy Manza, Portable Learning - Experiences with Mobile Devices, Journal of Interactive Media in Education, December 2005 20 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Paul Mulholland, Trevor Collins, Zdenek Zdrahal, Bletchley Park Text: Using mobile and semantic web technologies to support the post-visit use of online museum resources, Journal of Interactive Media in Education, December 2005 Eileen Scanlon, Ann Jones, Jenny Waycott, Mobile technologies: prospects for their use in learning in informal science settings, Journal of Interactive Media in Education, December 2005 Alexander, B. (2004, Sept-Oct). Going Nomadic: mobile learning in higher education. EDUCAUSE Review, vol. 39, no. 5, p. 28–35. Brown, JS, Collins, A and Duguid, S (1989). Situated cognition and the culture of learning. Educational Researcher, 18(1): 32-42 Bruner, J (1966). Toward a Theory of Instruction. Cambridge, MA: Harvard University Press Chen, Y-S, Kao, T-C, Yu, G-J and Sheu, J-P (2004). A mobile butterfly-watching learning system for supporting independent learning. Proceedings of the 2nd International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education. JungLi, Taiwan: IEEE Computer Society, 11-18 Colella, V (2000). Participatory simulations: building collaborative understanding through immersive dynamic modeling. Journal of the Learning Sciences, 9(4): 471-500 Colella, V, Borovoy, R and Resnick, M (1998). Participatory simulations: using computational objects to learn about dynamic systems. Proceedings of CHI1998 Colley, J and Stead, G (2003). Take a bite: producing accessible learning materials for mobile devices. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: Learning and Skills Development Agency, 43-46 Corlett, D, Sharples, M, Chan, T and Bull, S (2004). A mobile learning organiser for university students. Proceedings of the 2nd International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education. JungLi, Taiwan: IEEE Computer Society, 35-42 Cortez, C, Nussbaum, M, Santelices, R, Rodríguez, P, Zurita, G, Correa, M and Cautivo, R (2004). Teaching science with mobile computer supported collaborative learning (MCSCL). Proceedings of the 2nd International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education. JungLi, Taiwan: IEEE Computer Society, 67-74 Crabtree, J, Nathan, M and Roberts, S (2003). MobileUK: Mobile Phones and Everyday Life. London: The Work Foundation Dufresne, RJ, Gerace, WJ, Leonard, WJ, Mestre, JP and Wenk, L (1996). Classtalk: a classroom communication system for active learning. Journal of Computing in Higher Education, 7: 3-47 EngestrÖm, Y (1987). Learning by Expanding: an Activity Theoretical Approach to Developmental Research. Helsinki: Orienta-Konsultit Eraut, M (2000). Non-formal learning, implicit learning and tacit knowledge in professional work. The Necessity of Informal Learning. F Coffield. Bristol: The Policy Press 21 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Facer, K, Stanton, D, Joiner, R, Reid, J, Hull, R and Kirk, D (in preparation). Savannah: a mobile gaming experience to support the development of children’s understanding of animal behaviour. Journal of Computer Assisted Learning Goodyear, PM (2000). Environments for lifelong learning: ergonomics, architecture and educational design. Integrated and Holistic Perspectives on Learning, Instruction and Technology: Understanding Complexity. JM Spector and TM Anderson. Dordrecht: Kluwer Academic Publishers. 1-18 Hennessy, S (1999). The potential of portable technologies for supporting graphing investigations (hybrid article full version available online at www.education.leeds.ac.uk/research /mathseducation/gcalc_hennessy.pdf). British Journal of Educational Technology, 30(1): 57-60 Higgins, L (1994). Integrating background nursing experience and study at the postgraduate level: an application of problem-based learning. Higher Education Research and Development, 13: 23-33 Holme, O and Sharples, M (2002). Implementing a student learning organiser on the pocket PC platform. Proceedings of MLEARN 2002: European Workshop on Mobile and Contextual Learning. Birmingham, UK, 41-44 Juniu, S (2002). Implementing hand-held computing technology in physical education. Journal of Physical Education, Recreation and Dance, 73(3): 43-48 Klopfer, E and Squire, K (in preparation). Environmental Detectives: the development of an augmented reality platform for environmental simulations. Education Research Technology & Development Klopfer, E, Squire, K and Jenkins, H (2002). Environmental Detectives: PDAs as a window into a virtual simulated world. Proceedings of IEEE International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education. Vaxjo, Sweden: IEEE Computer Society, 95-98 Kolodner, JL and Guzdial, M (2000). Theory and practice of case-based learning aids. Theoretical Foundations of Learning Environments. SM Land. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates: 214-242 Koschmann, T, Kelson, AC, Feltovich, P-J and Barrows, HS (1996). Computersupported problem-based learning: a principled approach to the use of computers in collaborative learning. CSCL: Theory and Practice of an Emerging Paradigm. T Koschmann. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates: 83-124 Laurillard, D (1993). Rethinking University Teaching. UK: Routledge Lave, J and Wenger, E (1991). Situated Learning: Legitimate Peripheral Participation. Cambridge, England: Cambridge University Press Lee, J, Luchini, K, Michael, B, Norris, C and Soloway, E (2004). More than just fun and games: assessing the value of educational video games in the classroom. Proceedings of CHI 2004 Connect: Conference on Human Factors in Computing Systems, Vienna, Austria Livingstone, DW (2001). Adults’ Informal Learning: Definitions, Findings, Gaps and Future Research. Toronto: NALL (New Approaches to Lifelong Learning). Available online at: www.oise.utoronto.ca/depts/sese/ csew/nall/res/21adultsifnormallearning.htm Lonsdale, P, Baber, C, Sharples, M and Arvanitis, TN (2003). A context-awareness architecture for 22 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione facilitating mobile learning. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: Learning and Skills Development Agency, 79-85 Lonsdale, P, Baber, C, Sharples, M, Byrne, W, Arvanitis, T, Brundell, P and Beale, H (2004). Context awareness for MOBIlearn: creating an engaging learning experience in an art museum. Proceedings of MLEARN 2004. Bracciano, Rome: LSDA Merchant, JE (1995). Problem-based learning in the business curriculum: an alternative to traditional approaches. Educational Innovation in Economics and Business Administration: the Case of Problem-Based Learning. H Kaspar. Dordrecht, The Netherlands: Kluwer: 261-267 Mitchell, A and Doherty, M (2003). M-learning Support for Disadvantaged Young Adults - a MidStage Review. London, UK: Ultralab. Available online at: www.m-learning.org/reports.html NOP (2001). Half of 7-16s Have a Mobile Phone. NOP Research Group Ltd. www.nopres.co.uk/news/ news_survey_half_of7-16s.shtml Nyiri, K (2002). Towards a philosophy of mlearning. Proceedings of IEEE International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education (WMTE 2002), Vaxjo, Sweden O’Malley, C, Vavoula, G, Glew, JP, Taylor, J, Sharples, M and Lefrere, P (2003). Guidelines for Learning/Teaching/Tutoring in a Mobile Environment. Available online at: www.mobilearn.org/results/results.htm Papert, S (1980). Mindstorms: Children, Computers, and Powerful Ideas. Brighton: Harvester Press Pask, AGS (1976). Conversation Theory: Applications in Education and Epistemology. Amsterdam and New York: Elsevier Perry, D (2003). Hand-held Computers (PDAs) in Schools. Coventry, UK: Becta (for DfES). Available online at: http://www.becta.org.uk/research/ research.cfm?section=1&id=541 Piaget, J (1929). The Child’s Conception of the World. New York: Harcourt, Brace Jovanovich Proctor, N and Burton, J (2003). Tate Modern multimedia tour pilots 2002-2003. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: LSDA, 127-130 Qwizdom: Assessment for Learning in the Classroom (2003). Canterbury Christ Church University College. Available online at: http://client.cant.ac.uk/research/ case-studies/qwizdom/assess/ Riordan, B and Traxler, J (2003). Supporting computing students at risk using blended technologies. Proceedings of 4th Annual Conference. Galway, Ireland: LTSN Centre for Information and Computer Science, 174-175 Rogers, Y, Price, S, Harris, E, Phelps, T, Underwood, M, Wilde, D, Smith, H, Muller, H, Randell, C, Stanton, D, Neale, H, Thompson, M, Weal, M and Michaelides, D (2002). Learning through digitally-augmented physical experiences: reflections on the Ambient Wood project. Equator Technical Report. Available online at: http://machen.mrl.nott.ac.uk/ PublicationStore/2002-rogers-2.pdf Rosas, R, Nussbaum, M, Cumsille, P, Marianov, V, Correa, M, Flores, P, Grau, V, Lagos, F, López, X, López, V, Rodriguez, P and Salinas, M (2003). Beyond Nintendo: design and assessment of educational video games for first and second grade students. Computers & Education, 40(1): 71-94 23 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Roschelle, J (2003). Unlocking the learning value of wireless mobile devices. Journal of Computer Assisted Learning, 19(3): 260-272 Roschelle, J, Peneul, WR and Abrahamson, L (2004). Classroom Response and Communication Systems: Research Review and Theory. San Diego, CA: Annual Meeting of the American Educational Research Association, April. Available online at: http://ubiqcomputing.org/ CATAALYST_AERA_Proposal.pdf Savill-Smith, C and Kent, P (2003). The use of palmtop computers for learning. Learning and Skills Development Agency. Available online at: www.m-learning.org/docs/ the_use_of_palmtop_computers_for_ learning_sept03.pdf Sharples, M (2003). Disruptive devices: mobile technology for conversational learning. International Journal of Continuing Engineering Education and Lifelong Learning, 12(5/6): 504-520 Sharples, M and Beale, R (2003). A technical review of mobile computational devices. Journal of Computer Assisted Learning, 19(3): 392-395 Sharples, M, Chan, T, Rudman, P and Bull, S (2003). Evaluation of a mobile learning organiser and concept mapping tools. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: Learning and Skills Development Agency, 139-144 Skinner, BF (1968). The Technology of Teaching. New York: Appleton-Century- Crofts (reprinted by the BF Skinner Foundation in 2003) Cambi, Toschi, La comunicazione formative. Strutture, percorsi, frontiere, Milano, Apogeo 2006 Soloway, E, Norris, C, Blumenfeld, P, Fishman, BJ and Marx, R (2001). Hand-held devices are ready at hand. Communications of the ACM, 44(6): 15-20 Stepian, WJ and Gallagher, SA (1993). Problem-based learning: as authentic as it gets. Educational Leadership, 50(7) Stinson, J and Milter, R (1995). The enabling impact of information technology: the case of the Ohio University MBA. Proceedings of CSCL’95, Lawrence Erlbaum Associates Strom, PS and Strom, RD (2002). Personal digital assistants and pagers: a model for parent collaboration in school discipline. Journal of Family Studies, 8(2): 226-238 Thornton, P and Houser, C (2004). Using mobile phones in education. Proceedings of the 2nd International Workshop on Wireless and Mobile Technologies in Education. JungLi, Taiwan: IEEE Computer Society, 3-10 Ting, J, Sharples, M and Williams, B (2003). Getting Started Guide to Wireless Networks. Birmingham, UK: The University of Birmingham. Available online at: http://web.cetadl.bham.ac.uk/ live/welcome.asp?id=86 24 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Tough, A (1971). The Adult’s Learning Projects: a Fresh Approach to Theory and Practice in Adult Learning. Toronto: Ontario Institute for Studies in Education Traxler, J (2003). Mlearning - evaluating the effectiveness and the cost. Proceedings of MLEARN 2003: Learning with Mobile Devices. London, UK: Learning and Skills Development Agency, 183188 Traxler, J (2004). Mobile Learning - Content and Delivery (presentation). Telford, UK: Learning Lab Traxler, J and Riordan, B (2003). Evaluating the effectiveness of retention strategies using SMS, WAP and WWW student support. Proceedings of 4th Annual Conference. Galway, Ireland: LTSN Centre for Information and Computer Science, 54-55 Vavoula, G (2004). KLeOS: A Knowledge and Learning Organisation System in Support of Lifelong Learning. PhD Thesis, The University of Birmingham Vavoula, GN and Sharples, M (2002). KLeOS: A personal, mobile, knowledge and learning organisation system. In Milrad, M, Hoppe, U and Kinshuk (eds) Proceedings of the IEEE International Workshop on Mobile and Wireless Technologies in Education (WMTE2002), Aug 2930, Vaxjo, Sweeden, 152-156 Vygotsky, LS (1978). Mind in Society: the Development of Higher Psychological Processes. Edited Cambridge Mass, London: Harvard University Press Wood, D, Bruner, J and Ross, G (1976). The role of tutoring in problem solving. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 17: 89-100 Wood, J, Keen, A, Basu, N and Robertshaw, S (2003). The development of mobile applications for patient education. Proceedings of Designing for User Experiences (DUX), San Francisco, USA Zurita, G and Nussbaum, M (2004). Computer supported collaborative learning using wirelessly interconnected hand-held computers. Computers & Education, 42(3): 289-314 Zurita, G, Nussbaum, M and Sharples, M (2003). Encouraging face-to-face collaborative learning through the use of hand-held computers in the classroom. Proceedings of Mobile HCI 2003, Udine, Italy: Springer-Verlag, 193-208 Rheingold Howard, Smart mobs. Tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima venturo, , Raffaello Cortina Editore, 2003 Jay David Bolter and Richard Grusin , Remediation: Understanding New Media, MIT Press, 2000 Ferraris M., Dove sei? Ontologia del telefonino, Milano, Bompiani, 2a edizione 2006 Morville Peter, Ambient Findability, O'Reilly Media (2005) Greenfield Adam, Everyware: The Dawning Age of Ubiquitous Computing (Paperback), New 25 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione Riders Publishing, 2006 Hyvönen, E., Saarela, S. and Viljanen, K. (2004). Application of ontology techniques to view-based semantic search and browsing. Proceedings of the First European Semantic Web Symposium (ESWS '04), Heraklion, Greece. Zuga, Slaidins, Kapniekis, Strandzs, M-learning and Mobile Knowledge Management: Similarities and differences, International Conference on Interactive Mobile and Computer Aided Learning, 2006 Norman D., Il computer invisibile, Milano, Apogeo 2005 Michael Haller, Mark Billinghurst, Bruce Thomas, Emerging Technologies of Augmented Reality: Interfaces and Design, Idea Group Publishing, Nov 2006, De Giovanni L., Le simulazioni nell’e-learning: strumenti di apprendimento e di valutazione, Marrone G., C’era una volta il telefonino, Meltemi, Roma, 2004 26 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze Progetto di ricerca I contesti di esperienza della comunicazione e della formazione mobile: innovazione e re-mediazione APPENDICE: BEST PRACTICES . 27 Direttore della ricerca: prof. Luca Toschi - Ricercatrice: Laura Parigi Laboratorio di Strategie della comunicazione - Università degli Studi di Firenze