Un prete ïn Mugello, e la leggenda defili sposi gay

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Un prete ïn Mugello, e la leggenda defili sposi gay
Il film Un paese scomparso, e la storia tramandata di un sacerdote che nell'800 univa le coppie con rito cattolico
Un prete ïn Mugello, e la leggenda defili sposi gay
Alla fine dell'8oo in Mugello
un sacerdote cattolico celebrava matrimoni tra coppie omosessuali. Sembra incredibile,
ma è la storia che il regista livornese Matteo Tortora racconta
nel corto Ubi tu gaius ego gaia,
che verrà presentato all'Odeon
domenica 1o novembre (ore
19.30) al Florence Queer, il festival diretto da Bruno Casini e Roberta Vannucci che da domani
al 12 porterà all'Odeon trenta
film da tutto il mondo a tematiche lesbo, gay, bisexual e transgender.
«La misteriosa frase in latino
che dà il titolo al film - ci dice
Tortora - apparteneva alla liturgia nuziale pagana, che precedette quella cristiana». Il motivo di questa scelta? É presto
detto, visto che il regista ha voluto fare un piccolo film partendo da una leggenda. «Un giorno accompagnai un amico a trovare una sua vecchia zia a Borgo San Lorenzo e a un certo
punto iniziò a raccontare la stravagante storia di un parroco
che in un paesino scomparso
chiamato Malarocca era diventato "famoso" per aver celebrato, di comune accordo con la
popolazione, una decina di matrimoni tra persone dello stesso sesso. Pensai subito che fosse tutto frutto della fantasia di
un'anziana signora, però la storia cominciò ad affascinarmi.
Così iniziai a indagare. Presi in
mano un importante libro di
John Boswell, uscito nel 1g8o,
Christianity, Social Tolerance
and Homosexuality, in cui lo
studioso americano sostiene
che la Chiesa cattolica, nei primi secoli della sua esistenza,
non condannò mai esplicitamente l'unione tra uomini dello stesso stesso, anzi, ne contemplava addirittura una celebrazione attiva. Mi chiesi a un
certo punto se questa pratica
potesse aver lasciato delle tracce lungo il corso dei secoli, fino
ad arrivare nella Toscana contadina di metà '8oo. Quando iniziai a lavorare al progetto, riuscii a raccogliere numerose testimonianze orali di persone
che avevano sentito raccontare
la stessa storia dai loro parenti
più anziani. Il film cerca così di
illustrare, con foto dell'epoca,
interviste ad antropologi e storici dell'arte, semplici testimoni,
ricostruzioni video e animazioni, la storia di questa vicenda e
di questo parroco il cui nome
dovrebbe essere Riccardo Spanò. Attenzione però, io non sono né uno storico, né un documentarista, sono un regista che
narra una storia che lo ha affascinato. Non ho appurato la veridicità delle fonti, mi interessava raccontare una vicenda verosimile, il che non vuol dire che
sia poi realmente accaduta».
L'obiettivo è «disorientare» il
pubblico: «Il film è il mio contributo sulla questione del ma-
II regista Matteo Tortora:
«Affascinato dal racconto
di una signora anziana
Ma non sono uno storico»
trimonio tra persone dello stesso sesso, che purtroppo in Italia è ancora inesistente dal punto di vista legislativo. Questo tipo di unione genera ancora
grandi discussioni e polemiche, in una società come la nostra che forse ancora non è del
tutto moderna e globalizzata come dovrebbe. Così, mentre all'estero la legge si adegua e riconosce un diritto umano che è
anche un principio di civiltà necessario, qui in Italia restiamo
ancora impantanati per mille
motivi. Vorrei che gli spettatori
pensassero a questo film come
alla presentazione di una versiona alternativa della società italiana. Come sarebbe potuta essere invece di come è oggi».
M arco Luceri
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Due scene del corto
di Matteo Tortora,
«Ubi tu gaius ego
gaia» che verrà
presentato
in anteprima
domenica al Cinema
Odeon nell'ambito
del Florence
Queer Festival