Enzo Tortora: un sanguinoso conto ancora da saldare

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Enzo Tortora: un sanguinoso conto ancora da saldare
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“Enzo Tortora: un sanguinoso conto ancora da saldare”
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Enzo Tortora, rappresenta (a distanza di oltre 29 anni) una ferita ancora
sanguinante, per il 96% degli italiani. Un eroe che vive ancora,
un'ingiustizia da colmare
Ritratto di un uomo troppo perbene:
I giovani di oggi si chiederanno... « Chi era Enzo Tortora?»
Ebbene, la domanda non pare affatto fuori luogo giacchè sono quasi trenta,
gli anni trascorsi dall'inizio dei tragici fatti. Vediamo, dunque, chi era
davvero costui e che cosa è oggi!
Ebbene, Enzo Tortora era un presentatore televisivo molto noto, davvero
molto quotato; un vero professionista del tubo catodico. Un conduttore da
28 milioni di telespettatori; numeri da sogno per la TV di oggi, irripetibili!
Costui incarnava un certo perbenismo borghese. Infatti, la sua figura
pubblica, certamente, non era a tutti gradita. Finì, all’improvviso, in un
tritacarne allestito dalla procura di Napoli, sulla base di un manipolo di
“pentiti”, 11 per la precisione (tanto da meritarsi il soprannome di:
“Nazionale” della menzogna), che prese ad accusarlo di reati ignobili. Con
lui, prima che quell’operazione si sgonfiasse come un palloncino, finiranno
nel tritacarne altre 855 persone e solo poco più della metà venne
condannata.
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Il suo arresto fu un evento mediatico; prima di trasferirlo in carcere i
carabinieri lo ammanettano come il peggiore dei criminali e gli allestiscono
una sorta di passerella davanti a fotografi ed operatori televisivi.
Con Tortora, la giustizia italiana, fa un salto indietro di qualche secolo,
coprendosi letteralmente di vergogna e di infamia. Un gruppo di mediocri
magistrati (colpevoli anche di un insaziabile protagonismo), non si lascia
scappare questa ghiotta occasione per mostra i suoi lati più bui. E, manco a
dirlo, l’Italia si spacca letteralmente in due: tra innocentisti e colpevolisti.
Anche la stampa, dichiaratamente forcaiola, si consegna all'infamia ed alla
vergogna, e riesce a dare il peggio di sé. Vedrete!
Enzo Tortora, oggi, lascia una cicatrice ancora sanguinante, una macabra
pagina nera della nostra storia. Per molti (ma non per tutti, è bene saperlo)
resterà per sempre il simbolo di una “Giustizia ingiusta”. Che di
macroscopici errori, dopo di lui ne commetterà – purtroppo – ancora molti.
Breve riepilogo di una tragedia quasi annunciata:
Ventinove anni fa, alle quattro e un quarto del mattino, del 17 giugno '83, i
Carabinieri bussano alla porta di una camera dell’hotel Plaza di Roma e
arrestano Enzo Tortora.
Mentre il cellulare lo trasporta in manette verso il carcere di “Regina
Coeli”, Tortora è travolto da flash, telecamere e crudelissimi insulti: “ladro,
farabutto, ipocrita, faccia di merda!”.
Viene condannato dai giudici di "Corte d'Assise”, a dieci anni per traffico
di stupefacenti e associazione per delinquere di tipo mafioso. Per i
magistrati è un appartenente alla “NCO-Nuova Camorra Organizzata", di
Raffaele Cutolo, con mansioni di corriere della droga. E' la vittima
sacrificale degli isterismi e dei pressappochismi dell’antimafia.
Il 15 settembre 1986, la Corte di appello di Napoli, rovescia il verdetto
assolvendo con formula piena Enzo Tortora, giudicando i pentiti che
l’accusavano non credibili.
«È la fine di un incubo», commenta il presentatore e, l'innocenza
“dell'imputato”, viene confermata definitivamente il 13 giugno 1987 dalla
Corte di Cassazione.
Meno di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora muore per un
cancro ai polmoni. Complici della mano assassina... forse anche i (molti)
cronisti giudiziari dell’epoca.
Ma anche: giornalisti, i giudici, le procure e le gazzette delle procure, che si
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son divertite a sparare false accuse su Tortora, mantenendo l'impunità. Sino
ad oggi!
La “grande parata” degli aguzzini e degli impuniti:
Dal nutrito cast di magistrati, cronisti, inquirenti, giornali ecc... ad oggi,
nessuno ha ancora chiesto scusa. Nessuna azione penale o indagine di
approfondimento, verso costoro, è stata mai avviata, né alcun procedimento
disciplinare è stato mai promosso davanti al Consiglio Superiore della
Magistratura a carico dei pubblici ministeri che condannarono Tortora.
I giudici che l’hanno condannato a morte, hanno proseguito le loro carriere
tranquillamente, senza avvertire alcun problema di coscienza o rendere
conto del dolo evidente; qualcuno di questi con incarichi anche presso
C.S.M.
E allora, diciamocelo chiaramente: in Italia la legge “chi sbaglia paga” è
valida per tutti, fuorché per la "casta dei giudici" o pochi altri ancora.
Sdoganiamo una volta per tutte questa amara consapevolezza: "non esiste
alcuna legge per la responsabilità civile del giudice che commette un
orrore/errore giudiziario, in odore di dolo", aggiungo io. Infatti:
«Sig. giudice Dott. Giorgio Fontana: cos'ha da dire dieci dopo la morte di
Tortora?» gli chiede un premuroso giornalista, due anni orsono.
«Non ci fu errore giudiziario, come molti si ostinano a ripetere". Errare
umanun est». Ma perseverare, francamente...
E già che ci siamo, leggiamolo il festival della vergogna, interpretato dai
boia di Tortora. Visto che non pagheranno mai per gli errori commessi,
giovi almeno ricordare i nomi e le citazioni dei galantuomini che hanno
contribuito alla posticcia edificazione del suo patibolo:
- Pm Diego Marmo: “Tortora è un cinico mercante di morte”;
- giudice Giorgio Fontana “Se Tortora non è in coma non lo mollo”;
- giudice Armando Olivares “Sulla colpevolezza di Tortora non ho avuto e
non ho ombra di dubbio per il traffico di droga …oggi ha vinto la
camorra” (esclamava il giudice, al TG1, dopo l’assoluzione di Tortora).
Bé, giudicate voi il gratuito e crudele spirito, soggettivo e pregiudizievole,
ostentato da queste carogne che dovevano amministrare la Nostra giustizia.
Naturalmente, la lista di aguzzini, non si ferma qui.
Nominiamoli tutti, i “giudici”: Felice Di Persia, giudice Lucio Di Pietro,
giudice Luigi Sansone, giudice Gherardo Fiore, giudice Orazio Dente
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Gattola, giudice De Lucia, giudice Achille Farina , giudice Carlo Spirito.
Amen!
I “processi” mediatici di una stampa canaglia:
Le parole possono essere un'arma implacabile, nelle mani di chi può
condizionare l'opinione pubblica. E se a questo vi si aggiungono
magistrati... come dire: fragili ed un tantino inclini nel non resistere alla
fascinazione dello show-biz (per usare un eufemismo), il danno è bello che
fatto. Ed in tutta questa disgustosa vicenda, “la penna”, vince sempre: nel
bene e nel male! Infatti, il sottoscritto, facendo fede al nobile principio
della “par-conditio”, ha ritenuto oltremodo ingeneroso, ingiusto ed
oltraggioso, dimenticare gli articoli di “alto giornalismo” dedicati a Enzo
Tortora. Tutte cronache (in)fedeli, scaturite da penne in odore di premio
Pulitzer.
Rovistando nella pattumiera dei media, v’è un’ampia rassegna di chi s’è
divertito, con sadico disprezzo, a fare a pezzi l’immagine di un imputato
completamente innocente. Divertiamoci a leggere una loro sintetica
cronologia, identificandone nomi e testate. Ecco i boia della carta stampata:
− “Enzo Tortora rivela una calma addirittura sospetta, al momento
dell’arresto. Le labbra mosse con flemma, i muscoli del collo e della faccia
tirati e la voce compassata, sembrano voler ricordare e riprodurre a tutti i
costi il personaggio del piccolo schermo, amato dalle massaie” (Marino
Collacciani - Il Tempo);
- “Dosando con grande mestiere, indignazione e sbigottimento, ha retto
bene la parte della vittima innocente” (Wladimiro Greco - Il Giorno);
- “Il suo arresto conferma quello che, chiare indicazioni, davano già per
sicuro, e cioè: Tortora è un personaggio dalle mille contraddizioni. Ligure
spendaccione, se non proprio generoso, giornalista e quindi osservatore
ma al tempo stesso attore e portato all’esibizione, umorale e tuttavia al
servizio del più rigoroso raziocinio, colto (come ama anche ostentare in tv)
eppure votato alle opere di facile popolarità, incline a un’affettazione non
lontana dall’effeminatezza ma notoriamente amato dalle donne e propenso
ad amare le più belle (due mogli e falangi di amiche).
Moralista infine – proprio questo il sigillo che l’arresto imprime alla sua
sfaccettata personalità – e ora colpito da un’accusa che fa di colpo
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traballare ogni sua credibilità morale” (Luciano Visintin - Corriere della
Sera);
- “Desta qualche sospetto, quando fa di tutto per nascondere la sua vita
privata; quando conduce sotto l’insegna dell’ordine una vita personale
tutt’altro che ordinata, assumendo nello stesso tempo atteggiamenti da
moralista o da Catone il Censore. I moralisti o i moralizzatori sono sempre
da salutare con favore, specialmente in tempi come quelli che viviamo, ma
a condizione che non bistrattino, con l’azione i loro princìpi, che
conducano una vita irreprensibile” (Costanzo Costantini - Il Messaggero);
- “Tempi durissimi per gli strappalacrime” (Giovanni Arpino - Il Giornale);
- “Qualcuno a Milano dice che quando era stato licenziato dalla Rai lo si
poteva vedere, di notte, in un giro di balordi. Qualcun altro si meravigliava
di averlo incontrato spesso, anche in questi ultimi tempi, sugli aerei RomaPalermo, Palermo-Roma. Che interessi poteva avere Tortora in Sicilia? E
poi, per chi lo conosce bene, c’è un altro elemento inquietante: Tortora, di
solito violento a parole nel difendersi e così conscio del potere dei giornali
e della tv, quando è uscito dalla questura di Roma aveva a sua
disposizione televisione e giornalisti: poteva dire quello che voleva;
invece, a parte generiche dichiarazioni di innocenza, non ha avuto le
reazioni che gli erano solite” (Alessia Donati - Novella 2000);
- “Tortora non può, non deve diventare un simbolo. Egli è solo uno dei
tanti, tantissimi pessimi esempi dell’italiano che, sotto la lacrimuccia
televisiva, nasconde il suo ardore per il danaro: e quindi è disponibile a
tutto” (Luigi Compagnone - Il Secolo XIX);
- “Anche perché, lo spaccio operato da Tortora, non consisteva certo in
stecchette o bustine, ma in partite di 80 milioni a botta. Un’attività durata
anni e stroncata solo ultimamente, secondo indiscrezioni, per uno sgarro
commesso
dal
noto
presentatore.
E ancora... pranzi e cene con noti e meno noti camorristi, incontri segreti,
rapporti, inchieste, raccomandazioni, suggerimenti, appalti” (Daniele
Mastrogiacomo
La
Repubblica);
- “Se un uomo viene catturato in piena notte vuol dire che qualcosa di
grave
ha
commesso”
(Camilla
Cederna);
- “Era un po’ malinconico, non tanto perché costretto a camminare con le
mani ammanettate e la scorta dei carabinieri, ma perché è arrivato sul
teleschermo senza il suo concubino pappagallo” (Sergio Saviane);
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- “Dicono che la tv di Stato è una droga. Mai detto è stato più vero dopo
l’arresto di Tortora” (elzeviro sul Giornale attribuibile a Indro Montanelli);
- “Alcuni galeotti per evadere si servono della lima. Altri, invece, ricorrono
alla scheda elettorale” (Giulio Andreotti–all’epoca già “salvato” 27 volte
dall’immunità parlamentare–commenta demenzialmente sull’Europeo circa
la candidatura di Tortora a deputato europeo per il Partito Radicale);
- “Anche a voler prescindere, in ipotesi, dalle risultanze fin qui esaminate,
va considerato come il Tortora non sia certamente estraneo all’uso della
cocaina”. (dichiarazione dei giudici Fontana, De Lucia e Spirito che si son
sempre rifiutati di sottoporre Tortora ad accertamenti clinici per appurare la
demenzialità di quest’affermazione);
- «Tortora Enzo… dieci anni di reclusione e 50 milioni di multa...», ha
detto il presidente Sansone. “Qualcuno ha stretto i pugni dalla felicità,
altri hanno sorriso, sia pure con moderazione, dato il momento.
Era come se la loro squadra avesse segnato in trasferta. E alla sera, ho
saputo, hanno brindato: alla faccia di Tortora” (Feltri-Corriere della Sera)
Un'amara conclusione:
Siamo quasi a trentanni, dai fatti, e le ceneri di Enzo Tortora aspettano
ancora giustizia. Le cause intentate da Enzo Tortora, presso il Tribunale
civile di Roma e la Corte europea dei diritti dell’uomo, si sono insabbiate
in un mare di cavilli e, non uno degli inquisitori, ha pagato con un euro o
con un’oncia della propria carriera (quella, anzi, è avanzata tranquillamente
alla grande). Una sgradevole consuetudine della nostra giovane
democrazia.
Alla soglia del "sesto lustro", dall’ingiusto arresto del suo cittadino più
popolare, nemmeno Genova ne ha ancora voluto tributare il tardivo
riconoscimento. Magari con l’intitolazione di una piazza, di una strada;
foss’anche dell’ultimo dei suoi più sgangherati caruggi del centro storico.
(Fonte: Indymedia Liguria)
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