il sogno di daniele - oltre l`ignoto
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il sogno di daniele - oltre l`ignoto
IL SOGNO DI DANIELE A Daniele è sempre piaciuto cavalcare fin da quando, iniziando i corsi di ippoterapia, ha conosciuto Duca: un cavallo che ora non c’è più, ma con cui aveva instaurato un rapporto di reciproca comprensione che andava ben oltre l’uso della parola. Tra di loro era sufficiente uno sguardo. Ben diversa la cosa con il mondo delle persone. In groppa al suo cavallo, Daniele sapeva di poter superare gli ostacoli imposti dalla natura. In groppa al suo cavallo, al suo Pègaso, Daniele oggi arriva a noi. Ed è qui che si innesta la sua storia. <Dario, so che mi consideri un amico anche se gli amici di solito hanno più occasioni di incontro, confidenza e condivisione di quante ne abbiamo avute noi. Non vorrei disturbarti, ma avrei bisogno del tuo aiuto. Vorrei far capire a tutti che dentro questo mio corpo, che lascia trasparire le mie diversità, c’è una persona, con le sue insicurezze e con i suoi sogni. Ma ho bisogno che lo faccia tu per me. Il destino ci ha dato questa occasione speciale così come è magico il volo del mio Pègaso che mi ha permesso di arrivare a te. Se, grazie a questo momento eccezionale, tu riuscissi ad ascoltare quello che ho da dire … È da quando sono nato che non riesco ad esternare quello che realmente vorrei. Da sempre il mio pensiero e le mie intenzioni sono chiuse dentro di me e riesco a farle comprendere con un lessico ed una gestualità del tutto miei solo a chi si dà il tempo e si sforza di cercare di capirle, andando a volte per tentativi. Io non so leggere le lettere dell’alfabeto, io non conosco i numeri, io non so parlare, … E qui sta il punto della questione: chi non mi conosce non mi sa interpretare. E questo ci rende enormemente distanti. È questo il mio cruccio e vorrei riuscire ad annullare questa distanza che relega il mio mondo al margine della società. Ti faccio un esempio. Io non riesco a dire che la scuola superiore, che ho frequentato per 5 anni e Daniele: che mi ha aiutato davvero nel mio difficile percorso di crescita, è un ricordo ancora vivo e caro nella mia mente: riesco però a lanciarle un saluto muto con la mano quando in macchina le transito vicino. È un gesto a cui i miei genitori danno un senso preciso e inequivocabile, ma non è così facile farlo intendere a chi non conosce la mia storia. Perché dentro le parole voi normodotati avete la fortuna di riuscire a mettere tutti i significati possibili, che vanno ben oltre alle mie possibilità di espressione facciale o di gestualità … Per me è facile far comprendere a chi mi guarda che sono contento, che sono stanco, che sono dispiaciuto,… ma è enormemente difficile poter far capire a cosa sto pensando. Voi avete a disposizione un mondo che a me non è concesso. Ecco perché sono venuto a cercarti. Mi servi tu per fare breccia nelle coscienze della gente perché non mi vedano diverso da loro, ma uno di loro. Sono convinto che se potessero leggere i miei pensieri, mi capirebbero e allora, con crescente sensibilità, offrirebbero più consapevolmente le pari opportunità sociali a chi ha un disagio. Tu mi conosci, tu mi capisci, tu sei mio amico, tu puoi parlare e scrivere per me. Tu puoi trasformare quello che vorrei dire nei miei pensieri d’inchiostro. Non è stato facile per me sapere di essere diverso da quello che tutti si aspettavano e, credimi, ci ho messo tutto l’impegno possibile per dimostrare le mie piccole-grandi capacità che facessero inorgoglire chi mi vuole bene! Io combatto quotidianamente con una malattia rara che non ha impiegato molto per essere diagnosticata: il grosso dell’attesa è stato invece vedere cosa si nascondeva in agguato dietro il buio in cui vivevo! Già, vivere e convivere con una malattia rara vuol dire anche non sapere cosa aspettarsi e, tanto meno, come affrontarlo. Non basta il nome della propria malattia per sapere come viverla! Ecco perché è stato enormemente utile il tam-tam dei genitori dei ragazzi afflitti, come me, dalla Sindrome di Wolf Hirschhorn e che, intelligentemente, si sono cercati, trovati e uniti in un’associazione per aiutarsi nell’affrontare le enormi incognite dettate dalla nostra malattia. Dove la Scienza non era ancora arrivata, è arrivato l’altruismo e la sensibilità delle famiglie colpite da questa sindrome che hanno ritenuto doveroso spianare la strada a chi veniva dopo di loro mettendo la propria difficile esperienza al servizio del sapere “fai-da-te”. Questo è quanto è accaduto per quanto riguarda l’affrontare quotidiano dei nostri problemi clinici che solo apparentemente non sembrano correlati tra loro perchè coinvolgono organi, apparati e funzioni diverse. Lo scarso accrescimento fisico, psichico, motorio e intellettivo che contraddistingue la nostra patologia è ormai un dato certo che non spaventa più le nostre famiglie in quanto, implicando un’evoluzione molto lentamente migliorativa, lascia ampi margini di speranza per il nostro futuro stimolandoci a fare sempre meglio e di più. Quello che però la Scienza non sa ancora indicare con certezza è il confine fino a cui possiamo sperare di arrivare con i nostri piccoli progressi quotidiani. Quanto abbiamo vissuto ieri e oggi, assemblando faticosamente tassello dopo tassello, è sufficiente per affrontare serenamente il domani? È sufficiente raccontare la nostra malattia, non chiuderci nella sicurezza del nostro mondo privato, non lasciarci cullare dall’apatia, non abbatterci, aiutarci reciprocamente per colpire alle radici le nostre difficoltà e sconfiggerle? Sicuramente tutto questo servirà per chi un giorno purtroppo si aggiungerà all’elenco delle persone affette dalla nostra sindrome, ma … non può bastare! Abbiamo il diritto di andare oltre! La Scienza, la ricerca genetica, in questo possono aiutarci. Ecco perché l’associazione a cui hanno aderito i miei genitori organizza continuamente dei convegni e non perde occasione per promuovere la ricerca! La volontà è la ricetta giusta che vale per tutti. La volontà nell’affrontare i problemi, nell’aiutarsi, nel guardare alla Scienza, alla società e al futuro con fiducia. La mia vita è così e forse nessuna bacchetta magica riuscirà a tramutarla in una vita normale. Ma non voglio arrendermi: spero concretamente che un giorno riuscirò ad esaudire il mio desiderio più grande. Il sogno che ho da sempre. Per me, che non ho il dono della parola, sarà possibile mostrare a tutti che voglio bene ai miei genitori, che sono orgoglioso del modo con cui si stanno prodigando per darmi più possibilità di svago, soddisfazione, divertimento, autostima,… di quante non mi abbiano dato la società e la vita? So bene che i miei genitori hanno un compito più difficile degli altri: loro devono anche pensare e parlare per me. Loro devono anche alzare la voce, quando occorre, per ottenere per me quanto mi spetterebbe di diritto in questa società che in alcune occasioni appare malata e disabile perchè gestita da burocrati normodotati sprovvisti di un cuore profondo. Ecco perché il mio sogno è quello di gratificare i miei genitori con parole che, da sempre, stanno aspettando di sentirmi pronunciare e che anch’io, da sempre, vorrei dire. Sarebbe il modo più bello per premiare il loro amore, la loro energia, la loro costanza. Vorrei, con questo, che tutti si rendessero conto di quanto i genitori siano impagabili perché senza il loro aiuto la vita di un disabile sarebbe qualitativamente diversa e non riceverebbe tutti gli stimoli che gli permettono di crescere ogni giorno un po’. Io... che spero di avere una mia piena autonomia... Io che, come un aquilone, spero di spezzare il filo per volare lontano... Chissà se la Scienza e gli studi di genetica arriveranno in tempo per consentirmi di pronunciare le parole: Mamma e Papà ?! Sono le due parole più semplici, ma allo stesso tempo più care che mi piacerebbe riuscire a rivolgere loro perché, per me, rappresentano tutto il mio mondo. Ricordati di dire questo, Dario! È importante! È la cosa più importante in assoluto!> Così dicendo, Daniele, in groppa al suo Pègaso, vola via pieno di speranze e aspettative e scompare alla mia vista, diretto verso il suo domani: il traguardo della parola. Un mondo, al momento ignoto, che cercherà di raggiungere e affrontare con coraggio, superando ostacolo dopo ostacolo, come ha fatto fino ad oggi. E un frastuono sempre più pressante accompagna questo momento. Si fa sempre più acuto e insopportabile. È un suono fastidioso però familiare. È intervallato in modo inizialmente lento che poi si fa sempre più forte e veloce. Ma … è la sveglia! Mi devo alzare se no perderò il treno per andare a scuola. Che sogno strano ho fatto. Un sogno bivalente: ho sognato Daniele che mi dava incarico di esprimere il suo sogno! Chissà se sarò mai all’altezza di questo compito? E anche se si è trattato di una suggestione, io ci proverò, con tutto me stesso.