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PROSPETTIVE Monografia Andrea Segre Rassegna Cinematografica - II Edizione dal 19 al 22 Settembre 2016 ore 21.00 Auditorium Conservatorio “F. Venezze” via Pighin - ROVIGO INGRESSO LIBERO E GRATUITO FINO AD ESAURIMENTO POSTI (N. 100) Ideato dall’Associazione Culturale Promosso e sostenuto da Prospettive nasce dalla collaborazione tra l’Associazione ZerOff, ideatrice della rassegna cinematografica, e Fondazione Banca del Monte di Rovigo che dall’esordio promuove e sostiene il progetto condividendone gli obiettivi. Impegno, passione e professionalità rendono Prospettive ogni anno più convincente. In questa seconda edizione, l’iniziativa propone allo spettatore un nuovo percorso che, attraverso il cinema, volge l’attenzione verso una problematica di forte impatto sociale: la “migrazione”. Essa costituisce infatti un tema difficile e dibattuto che, nell’arco del tempo, ha generato numerose e contrapposte opinioni, ma soprattutto domande che fino ad ora sembrano restare prive di risposte, per la complessità che comporta. Prospettive intende proporsi come un contributo per riflettere sull’argomento con cognizione e umanità. Prima della visione lo spettatore avrà l’opportunità di un confronto con coloro che quotidianamente vivono tra le realtà più dure che il drammatico flusso migratorio degli ultimi anni ha prodotto. In seguito, senza dimenticare l’aspetto più prettamente cinematografico, alcuni critici introdurranno, da un punto di vista tecnico e dettagliato, le opere in programma. Associazione Culturale ZerOff L’ Associazione Culturale ZerOff propone la seconda edizione di Prospettive, rassegna cinematografica intesa come momento di aggregazione per la condivisione di immaginari ed esperienze. Prospettive quest’anno sceglie, quale suo cardine tematico, la “migrazione” e approfondisce il tema attraverso la programmazione di quattro opere di un solo regista Andrea Segre. ZerOff ha individuato nella personalità artistica e tra le produzioni di questo giovane regista, la possibilità di delineare un percorso cinematografico coerente e interessante che tocchi, da diversi punti di vista, il tema. L’esperienza di Segre non è solo legata alla volontà di narrare vicende umane e sociali, ma anche alla scelta del come farlo attraverso il cinema e la sua poetica. Il regista veneto, nato a Dolo nel 1976, nonostante la giovane età, ha già al suo attivo una ventina di opere cinematografiche, tra lungometraggi e docu-film, pluripremiate e riconosciute dalla critica specialistica europea. Segre, regista di cinema documentario e di finzione, ha conseguito il dottorato di ricerca in Sociologia della Comunicazione presso l’Università di Bologna. Ha insegnato, in qualità di esperto, analisi etnografica della produzione video e di pratiche e teorie di comunicazione sociale fino al 2010. L’occhio di Segre e dunque il suo lavoro artistico sono da sempre volti alle minoranze mondiali e al fenomeno delle migrazioni. Presidente Barbara Migliorini Vice Presidente Camilla Ferrari Fondazione Banca del Monte di Rovigo La seconda edizione di Prospettive, che l’associazione Zeroff continua ad organizzare con l’essenziale sostegno della Fondazione Banca del Monte di Rovigo, si incentra sui problemi che oggi coinvolgono tutti e ciascuno di noi considerando le drammatiche vicende dell’immigrazione di massa, che sta avvenendo in modo tumultuoso, affannoso e senza il minimo rispetto dei profughi che cercano disperatamente di toccare il suolo europeo, che sognano come un luogo di salvezza e di tranquillità. La sensibilità di Barbara Migliorini e di Camilla Ferrari le ha indotte ad affrontare un tema difficile, che per qualche verso divide i cittadini non solo rodigini, ma che non può essere né ignorato né risolto con proclami o con l’erezione di barriere destinate a non reggere di fronte alla pressione di tanti sventurati. Ciascuna delle quattro serate della manifestazione sarà, come sempre, caratterizzata da un film e da una o più introduzione di esperti o persone che hanno vissuto direttamente il problema. Si tratta, comunque, di un’azione che sa coniugare lo spettacolo con la sensibilità civile dei partecipanti, che ne usciranno arricchiti nello spirito oltre che meglio informati su vicende spesso narrate dai media in modo spettacolare ma non sempre adeguato. La Fondazione Banca del Monte di Rovigo è lieta, dunque, di sostenere anche quest’anno l’iniziativa, condividendone appieno lo spirito, augurandosi che essa possa avere un successo tale da consentire la prosecuzione di un’esperienza così socialmente rilevante. Luigi Costato Presidente Fondazione Banca del Monte La migrazione "Vagabondavano come mosche senza testa; mangiavano, bevevano, dormivano, e infine cadevano a passo di carica, entrando nel nulla, per volere e interesse altrui". Così, il grande scrittore serbo Miloš Crnjanski aveva descritto, già nei primi anni del secolo scorso, il destino perverso di quelli che noi, ancora oggi, chiamiamo migranti. Un participio presente che restituisce il senso di un movimento ininterrotto che ha caratterizzato l’umanità fin dalle sue origini più oscure. Un movimento che dall’Africa arrivava all’Eurasia e che nei nostri confusi giorni sembra andare in senso contrario, ma non solo. Le cause sono molte e non sempre definite e definibili: una sorta di accelerazione della mondializzazione, la circolazione dei capitali, le nuove tecnologie di comunicazione, l’emergenza e la miseria dei paesi del sud, l’invecchiamento di quelli del nord, l’instabilità e le crisi politiche e più ancora le guerre di cui abbiamo perso il conto e che ormai ci lasciano indifferenti e perfino i mutamenti climatici. Tutto questo impone alle migrazioni una ampiezza e una intensità senza prece- denti, creando confusioni e fraintendimenti, mistificazioni e soprattutto paure che caratterizzano il nostro tempo che non sa più affrontare tanti e complessi problemi. Migrazione, dunque, come emergenza e immanente problema collettivo, ma anche turbamento profondo delle coscienze e angoscioso sentimento di impotenza. Nel tempo, purtroppo, si rischia di abituarsi a convivere con la dannazione degli altri. In questo senso, si può anche leggere il programma di Prospettive, la rassegna cinematografica, che, in questa sua seconda edizione, è tutta concentrata, appunto, sulla migrazione, grazie a quattro docu-film di un solo e ancor giovane e acuto regista: Andrea Segre. Quattro film, presentati da studiosi e critici cinematografici, che però andranno oltre i confini della loro disciplina per leggere con gli stessi spettatori i frammenti significativi che riverberano nel nostro presente e nella complessità del nostro stesso convivere. Sergio Garbato Lunedì 19 Settembre - ore 21.00 COME UN UOMO SULLA TERRA Presenta Roberto Chiesi - Critico cinematografico Regia: Andrea Segre, Dagmawi Yimer, in collaborazione con Riccardo Biadene Soggetto e fotografia: Andrea Segre Montaggio: Luca Manes (Off!cine), con la collaborazione di Sara Zavarise (Zalab) Musiche: Piccola Bottega Baltazar Traduzione: Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene, Mattia Bilardello Produzione: Alessandro Triulzi, Marco Carsetti e Andrea Segre per Asinitas onlus, in collaborazione con ZaLaborigine Documentario Italia, 2008, durata 71’ ROBERTO CHIESI Nel 2005 Dagmawi Yimer, studente di Giurisprudenza ad Addis Abeba (Etiopia), decise di lasciare il suo paese, tormentato dalle repressioni, e visse un'atroce odissea: dopo avere attraversato il deserto tra Sudan e Libia, dovette affrontare le brutalità dei contrabbandieri responsabili dei traffici nel Mediterraneo e altre e più terribili violenze da parte della stessa polizia libica di Gheddafi, che avrebbe dovuto controllare i flussi migratori provenienti dall'Africa. Yimer racconta il proprio calvario nel film Come un uomo sulla terra, realizzato da Andrea Segre nel 2008, in collaborazione con Riccardo Biadene, nell'ambito di un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti, sta organizzando a Roma in collaborazione con ZaLab, gruppo di autori impegnati nel documentario sociale, e con AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. Una volta raggiunta l'Italia, Yimer ha iniziato a frequentare a Roma la Asinitas, il centro coordinato da Marco Carsetti e da altri operatori e volontari. Ha studiato il linguaggio degli audiovisivi e ha realizzato questo film con Segre: “Per chi ha potuto ascoltare e capire le storie delle migrazioni attraverso il Mediterraneo in questi anni, è sin troppo chiaro che la crisi umanitaria attuale è legata alle scelte securitarie e repressive sviluppate dai paesi europei, che hanno preferito finanziare polizie e milizie nordafricane, libiche in particolare, invece di capire le scelte e i diritti degli esseri umani in fuga. Le parole d’ordine “non possono venire tutti qui”, “dobbiamo fermarli prima che arrivino”, “lotta all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani” hanno prodotto la costruzione di un tappo che non ha permesso di affrontare le cause delle migrazioni e che ha aumentato la pressione fino a renderla ingestibile. I trafficanti che oggi l’Europa continua a mettere al centro della propria azione repressiva, sono frutto della miopia di quel tappo. Hanno acquisito un potere enorme grazie all’essere gli unici referenti di persone in fuga. Per lottare contro di loro bisogna capire come dialogare con chi decide di partire. Altrimenti non si fa altro che aiutarli a crescere nel loro potere e nella loro violenza”. Il film “ha denunciato non solo l’atrocità della polizia e dei contrabbandieri libici nei confronti dei migranti, ma sopratutto il sostegno economico e logistico dell’Europa e dell’Italia che, pur avendo le informazioni su questa violenza, preferivano stare in silenzio. Se l’Europa avesse ascoltato i testimoni di quei racconti, avrebbe fermato la costruzione di centri di detenzione e le operazioni di deportazione che hanno dato potere al business dei “trafficanti”. Invece si è scelto di non vedere e di sperare che le politiche di chiusura funzionassero da deterrente per chi invece continua a viaggiare perché non ha più nulla da perdere. Riascoltare queste testimonianze oggi fa male, perché ormai sembra essere troppo tardi. Ma è necessario, perché solo dall’assunzione di responsabilità può partire un cambiamento radicale di questa terribile storia europea”. (Andrea Segre e Dagmawi Yimer) Il film ha ottenuto il patrocinio della sezione italiana di Amnesty International. Martedì 20 Settembre - ore 21.00 MARE CHIUSO Introduce Federica Gazzurelli - Associazione Di Tutti i Colori - Occhiobello (RO) Testimonianza di Isaac Akhidenor Presenta Gabriele Veggetti - Critico cinematografico Regia: Andrea Segre e Stefano Liberti Fotografia: Matteo Calore, Simone Falso, Andrea Segre Montaggio: Sara Zavarise Musiche: Piccola Bottega Baltazar Lingue: amarico, tigrino, somalo (sottotitoli in italiano) Produzione: ZaLab Documentario, Italia, 2012, durata 60’ GABRIELE VEGGETTI A volte ci sfugge il fatto che la Storia, quella con la S maiuscola, si riveli negli accadimenti e nella nostra reale comprensione dalle piccole storie personali e umane che la determinano e che ne sono l’effetto. Andrea Segre, cineasta da sempre attento a questo aspetto, ha cercato nei suoi film di cogliere il respiro della Storia e di raccontare il presente partendo dalle vicende umane di coloro che dalla Storia sono relegati ai margini o, peggio ancora, ne sono le vittime. Il fenomeno migratorio attuale è una vicenda che sta segnando la nostra epoca e solo la nostra miopia eurocentrica ci fa dimenticare che l’attraversamento del Mediterraneo, così drammatico e spettacolarmente tragico, su barconi, gommoni e carrette del mare è solo un tassello, numericamente minimo, di un fenomeno migratorio che porta migliaia di uomini ogni giorno a riversarsi in città come Lagos, Dakar o Karachi o ad attraversare quell’ampio tratto di mare che dall’Indonesia porta alle coste australiane. Non sono numeri che attraversano questi spazi, sono uomini e donne. Segre racconta Persone e con loro la Storia, sia che si tratti della rivolta dei neri a Rosarno (Il sangue verde, 2010) sia che racconti la vergogna italiana dei respingimenti in mare come in Mare Chiuso. È la storia inenarrabile di una vergogna che ha portato il governo italiano il 23 febbraio 2012 ad essere condannato e sanzionato dalla corte europea per i diritti dell’uomo per i respingimenti in mare concordati con Gheddafi tra maggio ’09 e settembre ‘10. Sul finire del 2011, quando la guerra civile in Libia non aveva ancora rivelato tutti i suoi esiti, Segre e il giornalista Stefano Liberti si recano in Tunisia, nel campo profughi UNHCR di Shousha e intervistano uomini e donne, provenienti dal corno d’Africa, respinti in mare dalla marina italiana, riportati a Tripoli e che da quasi tre anni aspettano di essere riconosciuti nel loro status di rifugiati. La narrazione raccolta dai due registi è di una spietata drammaticità, raccontata lucidamente e con commossa partecipazione da uomini e donne migranti tra le poche suppellettili delle loro tende. Un film come Mare Chiuso può e deve essere letto confrontandolo con un film di Segre che l’ha preceduto di qualche anno (Come un uomo sulla terra, 2008) e con il più recente Come il peso dell’acqua. Nel primo ci accorgiamo come la situazione di un migrante dei primi anni del 2000, per noi allora invisibile, fosse segnata tragicamente dai respingimenti via terra, da parte dei predoni libici e dalla polizia di Gheddafi che facevano per noi il “gioco sporco”, per non far giungere, coloro che fuggivano dai teatri di guerra dell’Africa occidentale, alle coste libiche e quindi a quelle italiane. Mentre Come il peso dell’acqua rivela le dimensioni globali, epocali, potremmo anche dire universali del problema; una sorta di lezione di storia contemporanea, partendo dalle piccole storie degli uomini e delle donne che la compongono. In Mare Chiuso fanno da corredo alle interviste, in taluni momenti, immagini riprese con mezzi di fortuna, con telefonini o macchine fotografiche dagli stessi migranti, riportate nella loro nuda secchezza documentale, è un breve importante film su una vergogna nazionale costata umane sofferenze che ci mostra spudoratamente come i governi di destra e di sinistra si siano mossi sul problema migranti con sostanziale continuità di intenti e, se i respingimenti in mare sono opera del governo Berlusconi e del ministro Maroni, la legge Turco-Napolitano, creata da un governo di centro-sinistra ha istituito i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) senza risolvere i problemi, forse aggravandoli. Mare Chiuso è un film necessario e, per certi aspetti, doveroso. Mercoledì 21 Settembre - ore 21.00 I SOGNI DEL LAGO SALATO Introducono Carlo Zagato e Roberta Lorenzetto - Cooperativa Porto Alegre (RO) Presenta Alessandra Chiarini - Critico cinematografico Regia: Andrea Segre Fotografia: Matteo Calore Montaggio: Chiara Russo Musiche: Piccola Bottega Baltazar Lingue: Kazako, Russo, Italiano Produzione: Francesco Bonsembiante e Andrea Segre per Ambleto e Rai Cinema in collaborazione con JoleFilm e Mact Productions e la partecipazione di Montura e Internazionale Documentario, Italia, 2015, durata 72′ ALESSANDRA CHIARINI Come l’Italia del boom negli anni ‘60, il Kazakistan vive attualmente un periodo di sviluppo economico – basato soprattutto sull’estrazione del petrolio e del gas – che induce buona parte delle popolazioni locali a riporre fiducia nel futuro e nel progresso del Paese. Ne I sogni del lago salato, il documentarista veneziano Andrea Segre percorre diversi villaggi attorno al Mar Caspio, attraversa Aktau e raggiunge la neo-capitale Astana, raccogliendo testimonianze di giovani donne, contadini e pastori le cui esistenze dipendono ormai dall’impatto delle grandi multinazionali petrolifere sui territori kazaki. I “sogni” indicati nel titolo del film sono allora quelli strettamente correlati alla crescita del Paese, alle speranze ma anche alle contraddizioni che caratterizzano il neo-liberismo e le sue logiche produttive. Segre affronta questi nodi proponendo un confronto storico e critico tra la condizione di economia emergente del Kazakistan odierno e l’Italia del “miracolo” di cinquant’anni fa. La comparazione proposta dal regista avviene con un’Italia evidentemente molto diversa da quella disillusa di oggi, una nazione che, proprio come il Kazakistan contemporaneo, riponeva le sue aspettative nella fede nel progresso e nel miraggio di una crescita economica illimitata. Le immagini con cui Segre documenta l’approdo dei kazaki dalle steppe euroasiatiche ai centri urbani sedi delle grandi multinazionali del petrolio, trovano corrispondenza con i filmati d’archivio che mostrano i sogni e le speranze dei lavoratori italiani del metano negli anni ’60. Il montaggio cinematografico, attraverso la giustapposizione tra le sequenze originali girate dal cineasta e i filmati preesistenti prelevati dall’Archivio ENI, diviene lo strumento più idoneo per indagare parallelamente due diverse situazioni storiche e temporali. Le analogie che emergono tra le immagini del Kazakistan odierno e i documenti dell’Italia di ieri ci esortano a rimettere in discussione un’idea di futuro intesa come progresso irreversibile e lineare, ponendoci di fronte alla necessità di concepire il tempo come una dimensione più complessa, una congiuntura in cui il passato non è semplicemente surclassato dal presente, ma diviene condizione emblematica per comprendere meglio la realtà che ci circonda. Al centro del film vi sono poi i racconti delle persone coinvolte: le testimonianze di chi, lavorando per una multinazionale petrolifera nella iper-moderna Astana, intravvede grandi prospettive per il proprio futuro, ma anche la rassegnazione di quelli che, rimasti nei villaggi, ricordano con malinconia la vita nelle loro terre prima dei fenomeni di spopolamento dovuti alla globalizzazione. Appare chiaro come, secondo Segre, le storie individuali si intreccino sempre con la Storia collettiva e i destini di un Paese. Per tale ragione, l’autore inserisce nel film anche una serie di home movies provenienti dal suo archivio famigliare, filmati amatoriali girati da sua madre e suo padre a Venezia negli anni ‘60. Giovani e spensierati, i genitori del cineasta esprimono nelle immagini l’euforia e il benessere di quel passato, dialogando nel tempo con chi, oggi, si trova a rivivere i medesimi sogni. Giovedì 22 Settembre - ore 21.00 COME IL PESO DELL’ACQUA Interverrà un operatore umanitario di Medici Senza Frontiere Videointervista al regista Andrea Segre Regia: Andrea Segre Soggetto di: Giuseppe Battiston, Stefano Liberti, Marco Paolini e Andrea Segre Fotografia di: Pasquale Mari e Matteo Calore Montaggio: Chiara Russo e Luca Manes Interpreti: Gladys Yeboah Adomako, Nasreen Tah, Semhar Hagos, Giuseppe Battiston e Marco Paolini Musiche: Piccola Bottega Baltazar Lingua: Italiano Produzione: Ruvido Produzioni e Rai3 Documentario, Italia, 2014, durata 110′ ALESSANDRA CHIARINI Diretto da Andrea Segre e scritto con Giuseppe Battiston, Stefano Liberti e Marco Paolini, Come il peso dell’acqua è un’opera cine-televisiva e performativa che combina sapientemente la formula del reportage documentaristico e il linguaggio del teatro, allo scopo di raccontare l’attuale dramma delle migrazioni attraverso il mar Mediterraneo. Le testimonianze in prima persona di tre rifugiate approdate in Europa, a cui fanno da contrappunto gli interventi recitati di Giuseppe Battiston e Marco Paolini, conducono gli spettatori a riflettere sull’ambiguità, l’indifferenza e il cinismo che sovente caratterizzano l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti dei migranti e dell’accoglienza. Si tratta di un percorso coinvolgente che invita il pubblico alla comprensione e alla tolleranza e che intende, soprattutto, restituire voce e dignità a persone di cui troppo spesso si parla ma alle quali, ciononostante, raramente è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista. È quindi così che Gladys, fuggita dal Ghana nel 2004, Sehmar, che ha lasciato l’Eritrea nel 2009, e la siriana Nasreen, partita a sua volta per l’Europa nel 2013, narrano dei loro terribili viaggi; esodi drammatici all’insegna della violenza, della fame, della paura di non farcela e di veder soccombere i propri figli, i quali, a loro volta, sono stati trascinati inevitabilmente in queste traversate della disperazione. Tre donne, dunque, che raccontano le loro storie e che, ultime tra gli ultimi e sempre in secondo piano anche mediaticamente, dimostrano la caparbia volontà di riafferrare i fili seppur incerti del loro destino, al fine di cercare un futuro migliore per se stesse e per i loro figli. Come cornice a questi documenti di vita vissuta ritroviamo gli interventi teatrali di Battiston, il cui personaggio, tramite una serie di monologhi autoriflessivi e a tratti didattici, restituisce i dubbi, le perplessità e le paure di un cittadino “medio” dell’Italia del nord – appartenente alla classe media, di mezza età e di media cultura – il quale, tuttavia, manifesta l’intenzione di provare a capire, di porsi delle domande che lo condurranno progressivamente a cambiare prospettiva. La ricerca di risposte da parte di quest’uomo qualunque è coadiuvata dalle spiegazioni di un cartografo – interpretato da Marco Paolini – che, carta geografica alla mano, traccia un chiaro quadro geopolitico della situazione, indicando le ragioni per cui, dall’inizio degli anni ‘90, migliaia e migliaia di persone hanno iniziato a fuggire dall’Africa e dal Medio Oriente per raggiungere l’Europa attraversando il mar Mediterraneo. Il film, in definitiva, costituisce un invito alla riflessione e all’ascolto dell’altro, requisiti ormai imprescindibili nella contemporanea e consolidata società multietnica, rispetto alla quale non può più esserci spazio per l’ignoranza e la paura. Il messaggio a favore della comprensione espresso da Come il peso dell’acqua si pone, inoltre, come un monito rivolto alla politica, il cui obiettivo, troppo spesso, è stato solo quello di “ridurre il numero degli sbarchi”, senza considerare le ragioni di chi fugge in Europa e lascia nella propria terra una situazione insostenibile. Andrea Segre Filmografia Lo sterminio dei popoli zingari, 1998, documentario; Berlino ’89-’99 - Il Muro nella testa, 1999, documentario; Ka Drita?, 2001, documentario; A metà - storie tra Italia e Albania, 2001, documentario; Dalle tre alle tre - Il NordEst e il Mare, 2001, documentario; Marghera Canale Nord, 2003, documentario; Dio era un musicista, 2004, documentario; 1 kg di internet, 2005, documentario; Kerchaou.., 2006, documentario; PIP49, 2006, documentario; La Mal’ombra, 2007, documentario; Come un uomo sulla terra, 2008, documentario; Magari le cose cambiano, 2009, documentario; Il sangue verde, 2010, documentario; Io sono Li, 2011, lungometraggio; Mare Chiuso, 2012, documentario; Indebito, 2013, documentario; La prima neve (2013), lungometraggio; Come il peso dell'acqua, 2014, documentario; I sogni del lago salato, 2015, documentario. SI RINGRAZIA Giovanni Barabesi Private Banker e-mail: [email protected] Rovigo Rovigo ARTESTAMP A Rovigo TIPOGRAFIA Staff ZerOff Samuele Alberti Alessandra Chiarini Roberto Chiesi Camilla Ferrari Alberto Gambato Antonella Guzzardi Barbara Migliorini Cristina Regazzo Gabriele Veggetti Marco Zappia Un particolare ringraziamento a: Pietro Callegarin Presidente Arci Nuova Associazione Comitato Provinciale (RO) Remo Agnoletto Vice Presidente Centro di Documentazione Polesano - Badia Polesine (RO) Patrizia Accorsi B&B Grandi Fiumi (RO) Ideato dall’Associazione Culturale Promosso e sostenuto da Con il Patrocinio di CONSERVatORIO STAtALE DI MUSICA FRANCESCO VENEZZE rovigo Comune di Rovigo Provincia di Rovigo Regione del Veneto Con la collaborazione di ! ! Per informazioni: www.zeroff.it e-mail: [email protected] - [email protected] www.artestamparovigo.it Rovigo