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PROSPETTIVE
Monografia Andrea Segre
Rassegna Cinematografica - II Edizione
dal 19 al 22 Settembre 2016
ore 21.00
Auditorium Conservatorio “F. Venezze”
via Pighin - ROVIGO
INGRESSO LIBERO E GRATUITO FINO AD ESAURIMENTO POSTI (N. 100)
Ideato dall’Associazione Culturale
Promosso e sostenuto da
Prospettive nasce dalla collaborazione tra l’Associazione ZerOff, ideatrice
della rassegna cinematografica, e Fondazione Banca del Monte di Rovigo
che dall’esordio promuove e sostiene il progetto condividendone gli obiettivi. Impegno, passione e professionalità rendono Prospettive ogni anno
più convincente. In questa seconda edizione, l’iniziativa propone allo spettatore un nuovo percorso che, attraverso il cinema, volge l’attenzione
verso una problematica di forte impatto sociale: la “migrazione”. Essa costituisce infatti un tema difficile e dibattuto che, nell’arco del tempo, ha
generato numerose e contrapposte opinioni, ma soprattutto domande
che fino ad ora sembrano restare prive di risposte, per la complessità che
comporta. Prospettive intende proporsi come un contributo per riflettere
sull’argomento con cognizione e umanità. Prima della visione lo spettatore
avrà l’opportunità di un confronto con coloro che quotidianamente vivono
tra le realtà più dure che il drammatico flusso migratorio degli ultimi anni
ha prodotto. In seguito, senza dimenticare l’aspetto più prettamente cinematografico, alcuni critici introdurranno, da un punto di vista tecnico e
dettagliato, le opere in programma.
Associazione Culturale ZerOff
L’
Associazione Culturale ZerOff propone la seconda edizione di Prospettive, rassegna
cinematografica intesa come momento di aggregazione per la condivisione di immaginari ed esperienze.
Prospettive quest’anno sceglie, quale suo cardine tematico, la “migrazione” e approfondisce
il tema attraverso la programmazione di quattro opere di un solo regista Andrea Segre.
ZerOff ha individuato nella personalità artistica e tra le produzioni di questo giovane regista, la
possibilità di delineare un percorso cinematografico coerente e interessante che tocchi, da diversi punti di vista, il tema. L’esperienza di Segre non è solo legata alla volontà di narrare vicende umane e sociali, ma anche alla scelta del come farlo attraverso il cinema e la sua poetica.
Il regista veneto, nato a Dolo nel 1976, nonostante la giovane età, ha già al suo attivo una
ventina di opere cinematografiche, tra lungometraggi e docu-film, pluripremiate e riconosciute
dalla critica specialistica europea. Segre, regista di cinema documentario e di finzione, ha
conseguito il dottorato di ricerca in Sociologia della Comunicazione presso l’Università di Bologna. Ha insegnato, in qualità di esperto, analisi etnografica della produzione video e di pratiche e teorie di comunicazione sociale fino al 2010. L’occhio di Segre e dunque il suo lavoro
artistico sono da sempre volti alle minoranze mondiali e al fenomeno delle migrazioni.
Presidente
Barbara Migliorini
Vice Presidente
Camilla Ferrari
Fondazione Banca del Monte di Rovigo
La seconda edizione di Prospettive, che
l’associazione Zeroff continua ad organizzare
con l’essenziale sostegno della Fondazione
Banca del Monte di Rovigo, si incentra sui
problemi che oggi coinvolgono tutti e ciascuno di noi considerando le drammatiche
vicende dell’immigrazione di massa, che sta
avvenendo in modo tumultuoso, affannoso
e senza il minimo rispetto dei profughi che
cercano disperatamente di toccare il suolo
europeo, che sognano come un luogo di
salvezza e di tranquillità.
La sensibilità di Barbara Migliorini e di Camilla Ferrari le ha indotte ad affrontare un
tema difficile, che per qualche verso divide
i cittadini non solo rodigini, ma che non può
essere né ignorato né risolto con proclami
o con l’erezione di barriere destinate a non
reggere di fronte alla pressione di tanti sventurati.
Ciascuna delle quattro serate della manifestazione sarà, come sempre, caratterizzata
da un film e da una o più introduzione di
esperti o persone che hanno vissuto direttamente il problema.
Si tratta, comunque, di un’azione che sa coniugare lo spettacolo con la sensibilità civile
dei partecipanti, che ne usciranno arricchiti
nello spirito oltre che meglio informati su vicende spesso narrate dai media in modo
spettacolare ma non sempre adeguato.
La Fondazione Banca del Monte di Rovigo
è lieta, dunque, di sostenere anche quest’anno l’iniziativa, condividendone appieno
lo spirito, augurandosi che essa possa avere
un successo tale da consentire la prosecuzione di un’esperienza così socialmente
rilevante.
Luigi Costato
Presidente
Fondazione Banca del Monte
La migrazione
"Vagabondavano come mosche senza testa;
mangiavano, bevevano, dormivano, e infine
cadevano a passo di carica, entrando nel
nulla, per volere e interesse altrui". Così, il
grande scrittore serbo Miloš Crnjanski aveva
descritto, già nei primi anni del secolo
scorso, il destino perverso di quelli che noi,
ancora oggi, chiamiamo migranti. Un participio presente che restituisce il senso di un
movimento ininterrotto che ha caratterizzato
l’umanità fin dalle sue origini più oscure. Un
movimento che dall’Africa arrivava all’Eurasia e che nei nostri confusi giorni sembra
andare in senso contrario, ma non solo. Le
cause sono molte e non sempre definite e
definibili: una sorta di accelerazione della
mondializzazione, la circolazione dei capitali,
le nuove tecnologie di comunicazione,
l’emergenza e la miseria dei paesi del sud,
l’invecchiamento di quelli del nord, l’instabilità e le crisi politiche e più ancora le guerre
di cui abbiamo perso il conto e che ormai ci
lasciano indifferenti e perfino i mutamenti
climatici. Tutto questo impone alle migrazioni
una ampiezza e una intensità senza prece-
denti, creando confusioni e fraintendimenti,
mistificazioni e soprattutto paure che caratterizzano il nostro tempo che non sa più affrontare tanti e complessi problemi.
Migrazione, dunque, come emergenza e immanente problema collettivo, ma anche turbamento profondo delle coscienze e angoscioso sentimento di impotenza. Nel tempo,
purtroppo, si rischia di abituarsi a convivere
con la dannazione degli altri. In questo
senso, si può anche leggere il programma
di Prospettive, la rassegna cinematografica,
che, in questa sua seconda edizione, è tutta
concentrata, appunto, sulla migrazione, grazie a quattro docu-film di un solo e ancor
giovane e acuto regista: Andrea Segre. Quattro film, presentati da studiosi e critici cinematografici, che però andranno oltre i confini
della loro disciplina per leggere con gli stessi
spettatori i frammenti significativi che riverberano nel nostro presente e nella complessità del nostro stesso convivere.
Sergio Garbato
Lunedì 19 Settembre - ore 21.00
COME UN UOMO SULLA TERRA
Presenta Roberto Chiesi - Critico cinematografico
Regia: Andrea Segre, Dagmawi Yimer, in collaborazione con Riccardo Biadene
Soggetto e fotografia: Andrea Segre
Montaggio: Luca Manes (Off!cine), con la collaborazione di Sara Zavarise (Zalab)
Musiche: Piccola Bottega Baltazar
Traduzione: Dagmawi Yimer, Riccardo Biadene, Mattia Bilardello
Produzione: Alessandro Triulzi, Marco Carsetti e Andrea Segre per Asinitas onlus, in collaborazione
con ZaLaborigine
Documentario Italia, 2008, durata 71’
ROBERTO CHIESI
Nel 2005 Dagmawi Yimer, studente di Giurisprudenza ad Addis Abeba (Etiopia), decise di lasciare il
suo paese, tormentato dalle repressioni, e visse un'atroce odissea: dopo avere attraversato il deserto
tra Sudan e Libia, dovette affrontare le brutalità dei contrabbandieri responsabili dei traffici nel Mediterraneo e altre e più terribili violenze da parte della stessa polizia libica di Gheddafi, che avrebbe
dovuto controllare i flussi migratori provenienti dall'Africa.
Yimer racconta il proprio calvario nel film Come un uomo sulla terra, realizzato da Andrea Segre nel
2008, in collaborazione con Riccardo Biadene, nell'ambito di un progetto di Archivio delle Memorie
Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti, sta organizzando a Roma in collaborazione con ZaLab, gruppo di autori impegnati nel documentario sociale,
e con AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
Una volta raggiunta l'Italia, Yimer ha iniziato a frequentare a Roma la Asinitas, il centro coordinato da
Marco Carsetti e da altri operatori e volontari. Ha studiato il linguaggio degli audiovisivi e ha realizzato
questo film con Segre: “Per chi ha potuto ascoltare e capire le storie delle migrazioni attraverso il
Mediterraneo in questi anni, è sin troppo chiaro che la crisi umanitaria attuale è legata alle scelte securitarie e repressive sviluppate dai paesi europei, che hanno preferito finanziare polizie e milizie nordafricane, libiche in particolare, invece di capire le scelte e i diritti degli esseri umani in fuga. Le parole
d’ordine “non possono venire tutti qui”, “dobbiamo fermarli prima che arrivino”, “lotta all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani” hanno prodotto la costruzione di un tappo che non ha
permesso di affrontare le cause delle migrazioni e che ha aumentato la pressione fino a renderla ingestibile. I trafficanti che oggi l’Europa continua a mettere al centro della propria azione repressiva,
sono frutto della miopia di quel tappo. Hanno acquisito un potere enorme grazie all’essere gli unici
referenti di persone in fuga. Per lottare contro di loro bisogna capire come dialogare con chi decide
di partire. Altrimenti non si fa altro che aiutarli a crescere nel loro potere e nella loro violenza”.
Il film “ha denunciato non solo l’atrocità della polizia e dei contrabbandieri libici nei confronti dei migranti, ma sopratutto il sostegno economico e logistico dell’Europa e dell’Italia che, pur avendo le informazioni su questa violenza, preferivano stare in silenzio. Se l’Europa avesse ascoltato i testimoni
di quei racconti, avrebbe fermato la costruzione di centri di detenzione e le operazioni di deportazione
che hanno dato potere al business dei “trafficanti”. Invece si è scelto di non vedere e di sperare che
le politiche di chiusura funzionassero da deterrente per chi invece continua a viaggiare perché non ha
più nulla da perdere. Riascoltare queste testimonianze oggi fa male, perché ormai sembra essere
troppo tardi. Ma è necessario, perché solo dall’assunzione di responsabilità può partire un cambiamento radicale di questa terribile storia europea”. (Andrea Segre e Dagmawi Yimer)
Il film ha ottenuto il patrocinio della sezione italiana di Amnesty International.
Martedì 20 Settembre - ore 21.00
MARE CHIUSO
Introduce Federica Gazzurelli - Associazione Di Tutti i Colori - Occhiobello (RO)
Testimonianza di Isaac Akhidenor
Presenta Gabriele Veggetti - Critico cinematografico
Regia: Andrea Segre e Stefano Liberti
Fotografia: Matteo Calore, Simone Falso, Andrea Segre
Montaggio: Sara Zavarise
Musiche: Piccola Bottega Baltazar
Lingue: amarico, tigrino, somalo (sottotitoli in italiano)
Produzione: ZaLab
Documentario, Italia, 2012, durata 60’
GABRIELE VEGGETTI
A volte ci sfugge il fatto che la Storia, quella con la S maiuscola, si riveli negli accadimenti e nella nostra
reale comprensione dalle piccole storie personali e umane che la determinano e che ne sono l’effetto.
Andrea Segre, cineasta da sempre attento a questo aspetto, ha cercato nei suoi film di cogliere il
respiro della Storia e di raccontare il presente partendo dalle vicende umane di coloro che dalla Storia
sono relegati ai margini o, peggio ancora, ne sono le vittime. Il fenomeno migratorio attuale è una
vicenda che sta segnando la nostra epoca e solo la nostra miopia eurocentrica ci fa dimenticare che
l’attraversamento del Mediterraneo, così drammatico e spettacolarmente tragico, su barconi, gommoni
e carrette del mare è solo un tassello, numericamente minimo, di un fenomeno migratorio che porta
migliaia di uomini ogni giorno a riversarsi in città come Lagos, Dakar o Karachi o ad attraversare quell’ampio tratto di mare che dall’Indonesia porta alle coste australiane. Non sono numeri che attraversano
questi spazi, sono uomini e donne. Segre racconta Persone e con loro la Storia, sia che si tratti della
rivolta dei neri a Rosarno (Il sangue verde, 2010) sia che racconti la vergogna italiana dei respingimenti
in mare come in Mare Chiuso. È la storia inenarrabile di una vergogna che ha portato il governo italiano
il 23 febbraio 2012 ad essere condannato e sanzionato dalla corte europea per i diritti dell’uomo per i
respingimenti in mare concordati con Gheddafi tra maggio ’09 e settembre ‘10. Sul finire del 2011,
quando la guerra civile in Libia non aveva ancora rivelato tutti i suoi esiti, Segre e il giornalista Stefano
Liberti si recano in Tunisia, nel campo profughi UNHCR di Shousha e intervistano uomini e donne, provenienti dal corno d’Africa, respinti in mare dalla marina italiana, riportati a Tripoli e che da quasi tre anni
aspettano di essere riconosciuti nel loro status di rifugiati. La narrazione raccolta dai due registi è di una
spietata drammaticità, raccontata lucidamente e con commossa partecipazione da uomini e donne migranti tra le poche suppellettili delle loro tende. Un film come Mare Chiuso può e deve essere letto
confrontandolo con un film di Segre che l’ha preceduto di qualche anno (Come un uomo sulla terra,
2008) e con il più recente Come il peso dell’acqua. Nel primo ci accorgiamo come la situazione di un
migrante dei primi anni del 2000, per noi allora invisibile, fosse segnata tragicamente dai respingimenti
via terra, da parte dei predoni libici e dalla polizia di Gheddafi che facevano per noi il “gioco sporco”, per
non far giungere, coloro che fuggivano dai teatri di guerra dell’Africa occidentale, alle coste libiche e
quindi a quelle italiane. Mentre Come il peso dell’acqua rivela le dimensioni globali, epocali, potremmo
anche dire universali del problema; una sorta di lezione di storia contemporanea, partendo dalle piccole
storie degli uomini e delle donne che la compongono. In Mare Chiuso fanno da corredo alle interviste,
in taluni momenti, immagini riprese con mezzi di fortuna, con telefonini o macchine fotografiche dagli
stessi migranti, riportate nella loro nuda secchezza documentale, è un breve importante film su una
vergogna nazionale costata umane sofferenze che ci mostra spudoratamente come i governi di destra
e di sinistra si siano mossi sul problema migranti con sostanziale continuità di intenti e, se i respingimenti
in mare sono opera del governo Berlusconi e del ministro Maroni, la legge Turco-Napolitano, creata da
un governo di centro-sinistra ha istituito i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) senza risolvere i problemi, forse aggravandoli. Mare Chiuso è un film necessario e, per certi aspetti, doveroso.
Mercoledì 21 Settembre - ore 21.00
I SOGNI DEL LAGO SALATO
Introducono Carlo Zagato e Roberta Lorenzetto - Cooperativa Porto Alegre (RO)
Presenta Alessandra Chiarini - Critico cinematografico
Regia: Andrea Segre
Fotografia: Matteo Calore
Montaggio: Chiara Russo
Musiche: Piccola Bottega Baltazar
Lingue: Kazako, Russo, Italiano
Produzione: Francesco Bonsembiante e Andrea Segre per Ambleto e Rai Cinema in collaborazione
con JoleFilm e Mact Productions e la partecipazione di Montura e Internazionale
Documentario, Italia, 2015, durata 72′
ALESSANDRA CHIARINI
Come l’Italia del boom negli anni ‘60, il Kazakistan vive attualmente un periodo di sviluppo economico
– basato soprattutto sull’estrazione del petrolio e del gas – che induce buona parte delle popolazioni
locali a riporre fiducia nel futuro e nel progresso del Paese. Ne I sogni del lago salato, il documentarista
veneziano Andrea Segre percorre diversi villaggi attorno al Mar Caspio, attraversa Aktau e raggiunge
la neo-capitale Astana, raccogliendo testimonianze di giovani donne, contadini e pastori le cui esistenze
dipendono ormai dall’impatto delle grandi multinazionali petrolifere sui territori kazaki. I “sogni”
indicati nel titolo del film sono allora quelli strettamente correlati alla crescita del Paese, alle speranze
ma anche alle contraddizioni che caratterizzano il neo-liberismo e le sue logiche produttive. Segre affronta questi nodi proponendo un confronto storico e critico tra la condizione di economia emergente
del Kazakistan odierno e l’Italia del “miracolo” di cinquant’anni fa. La comparazione proposta dal
regista avviene con un’Italia evidentemente molto diversa da quella disillusa di oggi, una nazione
che, proprio come il Kazakistan contemporaneo, riponeva le sue aspettative nella fede nel progresso
e nel miraggio di una crescita economica illimitata.
Le immagini con cui Segre documenta l’approdo dei kazaki dalle steppe euroasiatiche ai centri urbani
sedi delle grandi multinazionali del petrolio, trovano corrispondenza con i filmati d’archivio che
mostrano i sogni e le speranze dei lavoratori italiani del metano negli anni ’60. Il montaggio cinematografico, attraverso la giustapposizione tra le sequenze originali girate dal cineasta e i filmati preesistenti prelevati dall’Archivio ENI, diviene lo strumento più idoneo per indagare parallelamente due diverse situazioni storiche e temporali. Le analogie che emergono tra le immagini del Kazakistan
odierno e i documenti dell’Italia di ieri ci esortano a rimettere in discussione un’idea di futuro intesa
come progresso irreversibile e lineare, ponendoci di fronte alla necessità di concepire il tempo come
una dimensione più complessa, una congiuntura in cui il passato non è semplicemente surclassato
dal presente, ma diviene condizione emblematica per comprendere meglio la realtà che ci circonda.
Al centro del film vi sono poi i racconti delle persone coinvolte: le testimonianze di chi, lavorando per
una multinazionale petrolifera nella iper-moderna Astana, intravvede grandi prospettive per il proprio
futuro, ma anche la rassegnazione di quelli che, rimasti nei villaggi, ricordano con malinconia la vita
nelle loro terre prima dei fenomeni di spopolamento dovuti alla globalizzazione. Appare chiaro come,
secondo Segre, le storie individuali si intreccino sempre con la Storia collettiva e i destini di un
Paese. Per tale ragione, l’autore inserisce nel film anche una serie di home movies provenienti dal
suo archivio famigliare, filmati amatoriali girati da sua madre e suo padre a Venezia negli anni ‘60.
Giovani e spensierati, i genitori del cineasta esprimono nelle immagini l’euforia e il benessere di quel
passato, dialogando nel tempo con chi, oggi, si trova a rivivere i medesimi sogni.
Giovedì 22 Settembre - ore 21.00
COME IL PESO DELL’ACQUA
Interverrà un operatore umanitario di Medici Senza Frontiere
Videointervista al regista Andrea Segre
Regia: Andrea Segre
Soggetto di: Giuseppe Battiston, Stefano Liberti, Marco Paolini e Andrea Segre
Fotografia di: Pasquale Mari e Matteo Calore
Montaggio: Chiara Russo e Luca Manes
Interpreti: Gladys Yeboah Adomako, Nasreen Tah, Semhar Hagos, Giuseppe Battiston e Marco Paolini
Musiche: Piccola Bottega Baltazar
Lingua: Italiano
Produzione: Ruvido Produzioni e Rai3
Documentario, Italia, 2014, durata 110′
ALESSANDRA CHIARINI
Diretto da Andrea Segre e scritto con Giuseppe Battiston, Stefano Liberti e Marco Paolini, Come il
peso dell’acqua è un’opera cine-televisiva e performativa che combina sapientemente la formula del
reportage documentaristico e il linguaggio del teatro, allo scopo di raccontare l’attuale dramma delle
migrazioni attraverso il mar Mediterraneo. Le testimonianze in prima persona di tre rifugiate approdate
in Europa, a cui fanno da contrappunto gli interventi recitati di Giuseppe Battiston e Marco Paolini,
conducono gli spettatori a riflettere sull’ambiguità, l’indifferenza e il cinismo che sovente caratterizzano
l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti dei migranti e dell’accoglienza. Si tratta di un percorso
coinvolgente che invita il pubblico alla comprensione e alla tolleranza e che intende, soprattutto, restituire voce e dignità a persone di cui troppo spesso si parla ma alle quali, ciononostante, raramente
è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista.
È quindi così che Gladys, fuggita dal Ghana nel 2004, Sehmar, che ha lasciato l’Eritrea nel 2009, e la
siriana Nasreen, partita a sua volta per l’Europa nel 2013, narrano dei loro terribili viaggi; esodi drammatici all’insegna della violenza, della fame, della paura di non farcela e di veder soccombere i propri
figli, i quali, a loro volta, sono stati trascinati inevitabilmente in queste traversate della disperazione.
Tre donne, dunque, che raccontano le loro storie e che, ultime tra gli ultimi e sempre in secondo
piano anche mediaticamente, dimostrano la caparbia volontà di riafferrare i fili seppur incerti del loro
destino, al fine di cercare un futuro migliore per se stesse e per i loro figli.
Come cornice a questi documenti di vita vissuta ritroviamo gli interventi teatrali di Battiston, il cui
personaggio, tramite una serie di monologhi autoriflessivi e a tratti didattici, restituisce i dubbi, le
perplessità e le paure di un cittadino “medio” dell’Italia del nord – appartenente alla classe media, di
mezza età e di media cultura – il quale, tuttavia, manifesta l’intenzione di provare a capire, di porsi
delle domande che lo condurranno progressivamente a cambiare prospettiva. La ricerca di risposte
da parte di quest’uomo qualunque è coadiuvata dalle spiegazioni di un cartografo – interpretato da
Marco Paolini – che, carta geografica alla mano, traccia un chiaro quadro geopolitico della situazione,
indicando le ragioni per cui, dall’inizio degli anni ‘90, migliaia e migliaia di persone hanno iniziato a
fuggire dall’Africa e dal Medio Oriente per raggiungere l’Europa attraversando il mar Mediterraneo.
Il film, in definitiva, costituisce un invito alla riflessione e all’ascolto dell’altro, requisiti ormai imprescindibili nella contemporanea e consolidata società multietnica, rispetto alla quale non può più
esserci spazio per l’ignoranza e la paura. Il messaggio a favore della comprensione espresso da
Come il peso dell’acqua si pone, inoltre, come un monito rivolto alla politica, il cui obiettivo, troppo
spesso, è stato solo quello di “ridurre il numero degli sbarchi”, senza considerare le ragioni di chi
fugge in Europa e lascia nella propria terra una situazione insostenibile.
Andrea Segre
Filmografia
Lo sterminio dei popoli zingari, 1998, documentario; Berlino ’89-’99 - Il Muro nella testa, 1999, documentario;
Ka Drita?, 2001, documentario; A metà - storie tra Italia e Albania, 2001, documentario; Dalle tre alle tre - Il NordEst e il Mare, 2001, documentario; Marghera Canale Nord, 2003, documentario; Dio era un musicista, 2004, documentario; 1 kg di internet, 2005, documentario; Kerchaou.., 2006, documentario; PIP49, 2006, documentario;
La Mal’ombra, 2007, documentario; Come un uomo sulla terra, 2008, documentario; Magari le cose cambiano,
2009, documentario; Il sangue verde, 2010, documentario; Io sono Li, 2011, lungometraggio; Mare Chiuso, 2012,
documentario; Indebito, 2013, documentario; La prima neve (2013), lungometraggio; Come il peso dell'acqua,
2014, documentario; I sogni del lago salato, 2015, documentario.
SI RINGRAZIA
Giovanni Barabesi
Private Banker
e-mail: [email protected]
Rovigo
Rovigo
ARTESTAMP
A
Rovigo
TIPOGRAFIA
Staff ZerOff
Samuele Alberti
Alessandra Chiarini
Roberto Chiesi
Camilla Ferrari
Alberto Gambato
Antonella Guzzardi
Barbara Migliorini
Cristina Regazzo
Gabriele Veggetti
Marco Zappia
Un particolare ringraziamento a:
Pietro Callegarin
Presidente
Arci Nuova Associazione Comitato Provinciale (RO)
Remo Agnoletto
Vice Presidente
Centro di Documentazione Polesano - Badia Polesine (RO)
Patrizia Accorsi
B&B Grandi Fiumi (RO)
Ideato dall’Associazione Culturale
Promosso e sostenuto da
Con il Patrocinio di
CONSERVatORIO STAtALE DI MUSICA
FRANCESCO VENEZZE rovigo
Comune di
Rovigo
Provincia di
Rovigo
Regione
del Veneto
Con la collaborazione di
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Per informazioni: www.zeroff.it
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Rovigo