Alberta Rebaglia GUIDA ALLA PREPARAZIONE

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Alberta Rebaglia GUIDA ALLA PREPARAZIONE
Politecnico di Torino
I Facoltà di Ingegneria
Alberta Rebaglia
GUIDA ALLA PREPARAZIONE DELL’ESAME DI
STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA
Per gli allievi del Corso Universitario a Distanza in Ingegneria
Elettrica e Meccanica
Anno Accademico 2003-2004
Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Avvertenze
1. Le videolezioni segnalate sono incluse nella serie di videocassette dell’Atlante
Ideologico del Novecento registrate dal prof. G. Vattimo per il consorzio Nettuno.
2. I concetti, gli autori e le correnti filosofiche precisati nella sezione “da Dizionario”,
all’interno di ciascuna lezione, sono da approfondire mediante la consultazione di
un dizionario filosofico (si consiglia l’Enciclopedia Garzanti di Filosofia), oppure di
un manuale di storia della filosofia o tramite la connessione ai siti internet:
Stanford Encyclopedia of Philosophy: http://www.plato.stanford.edu
The Internet Encyclopedia of Philosophy: http://www.utm.edu/research/iep/
3. Il testo del docente a cui si fa riferimento è: A. Rebaglia, Scienza e verità.
Introduzione all’epistemologia del Novecento, Paravia, Torino 1997.
4. Dubbi e curiosità emersi durante la preparazione delle lezioni potranno essere
sottoposti all’attenzione degli altri iscritti al corso e del docente utilizzando il Forum
aperto nella pagina del portale della didattica dedicata al corso. Le spiegazioni
necessarie saranno fornite nella medesima sede, ed eventualmente riprese durante
le lezioni di tutorato.
Occorre svolgere 5 esercizi fra quelli proposti al termine di ciascuna lezione, con la
sola condizione che l’allievo non svolga più di un esercizio attinente a una singola
lezione. Lo scritto dovrà essre inviato all’indirizzo [email protected] una
settimana prima della data di appello prescelta. Il punteggio acquisito contribuirà
alla valutazione finale.
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Docente: Alberta Rebaglia
Indice
- Il concetto di artificiale nella civiltà industriale novecentesca
Lezione 1
Il positivismo e l’organizzazione scientifica del lavoro
Lezione 2
La civiltà industriale
Lezione 3
Razionalità formale e ragione strumentale
Lezione 4
Pianificazione tecnologica e progetto esistenziale
Lezione 5
Il problema della verità e l’esperienza estetica
- La rivoluzione cibernetica e il suo impatto culturale
Lezione 6
Il problema della verità e il metodo scientifico
Lezione 7
Verità, adeguatezza empirica e linguaggio
Lezione 8
La cibernetica. Uno studio interdisciplinare
Lezione 9
Pianificazione e strategia
Lezione 10
L’uomo dialogico
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Il concetto di artificiale nella civiltà industriale
novecentesca
Il Novecento è senza dubbio il secolo in cui la produzione di beni e artefatti si è
imposta come aspetto dominante del panorama economico e sociale.
I presupposti concettuali alla base della produzione tecnologica vengono
analizzati con interesse positivo da alcuni movimenti di pensiero, mentre le
sue conseguenze sociali e il suo impatto culturale sono considerati con
sospetto e disagio da altre correnti filosofiche, le quali indicano nella
produzione artistica, letteraria, filosofica e, globalmente, culturale il percorso
più idoneo a cogliere gli aspetti maggiormente creativi ed ‘essenziali’ del vivere
umano.
Il primo gruppo di lezioni del corso è dedicato a chiarire questa
tensione e le modalità con cui essa è venuta articolandosi.
Lezione 1
IL POSITIVISMO E L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO
Inquadramento dei temi
Il positivismo, indirizzo filosofico che ha caratterizzato la seconda metà
dell’Ottocento e di cui Auguste Comte è la figura più rappresentativa, intende
proporre una razionalizzazione complessiva nell’ambito della conoscenza e
dell’azione sociale. Il programma positivistico di trasformazione della cultura
e della società, mediante una rigorosa applicazione del metodo scientifico, è
organizzato sulla base di una valutazione positiva del processo di
industrializzazione (che rappresenta l’esito dell’operare scientifico e tecnico).
Il pensiero positivistico permea la ‘cultura d’impresa’ che caratterizza le
industrie manifatturiere di inizio Novecento.
La produzione di serie, che
solleciterà le riflessioni critiche di esponenti significativi della filosofia del
periodo, si impone insieme a una radicale riorganizzazione dell’attività
lavorativa operata da Fredrik Wilson Taylor. Egli propone un cambiamento
sostanziale delle modalità del lavoro industriale, sostituendo metodi “empirici”
utilizzati dagli operai con metodi “scientifici” approntati dal quadro dirigente.
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Videolezione 1
Fine della Belle Époque.
dell’avanguardia
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Tramonto dell’Occidente e spirito
- Esposizione introduttiva degli scopi e delle motivazioni del corso
Videolezione 2 (Punti 1 e 2)
Il positivismo
1. Il positivismo come filosofia egemone nel secondo Ottocento.
2. Comte e la legge dei tre stadi.
- Stadio teologico, metafisico, positivo.
- Il metodo sperimentale nelle scienze umane.
Passi antologici
“Nello stadio teologico, lo spirito umano mira essenzialmente, mediante la
ricerca, allo scoprimento della natura intima degli esseri, delle cause prime e
finali dei fenomeni che lo colpiscono; in una parola, tende alle conoscenze
assolute.
Si rappresenta i fenomeni come prodotti dell’azione diretta e
costante di agenti sovrannaturali, più o meno numerosi, il cui intervento
arbitrario spiega le apparenti anomalie dell’universo.
Nello stadio metafisico, che sostanzialmente è soltanto una modifica del primo,
gli agenti sovrannaturali sono sostituiti da forze astratte, vere entità
(astrazioni personificate) inerenti ai diversi esseri nel mondo, e concepite come
capaci di produrre tutti i fenomeni che cadono sotto la nostra osservazione, e
la cui spiegazione consiste allora soltanto nell’assegnare a ciascun fenomeno
l’entità corrispondente.
Infine, nello stadio positivo, lo spirito umano, riconosciuta l’impossibilità di
toccare nozioni assolute, rinuncia a indagare sull’origine e sul destino
dell’universo, e tenta unicamente di scoprire, mediante l’uso ben combinato
della ragione e dell’esperienza, le loro leggi effettive, ossia le loro relazioni
invariabili di successione e di somiglianza. La spiegazione dei fatti, ridotta
allora in termini reali, non è altro che il legame stabilito fra i diversi fenomeni
particolari e qualche fatto generale, il cui numero tende via via a diminuire in
seguito al progresso costante delle scienze.
Il carattere fondamentale della filosofia positiva è di considerare tutti i
fenomeni come assoggettati a leggi naturali invariabili, la cui precisa scoperta
e la riduzione al minor numero possibile costituiscono il fine di tutti i nostri
sforzi, mentre riteniamo assolutamente inaccessibile e priva di senso per noi la
ricerca di quelle che vengono chiamate le cause, sia prime sia finali.
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Se, invece di considerare [..] lo spirito generale della filosofia positiva
relativamente al modo fondamentale di procedere, lo si considera ora quanto al
carattere essenziale dei concetti scientifici, si può facilmente riconoscere che,
conformemente alla nostra prima indicazione comparativa, questa filosofia si
distingue allora principalme nte dalla filosofia teologico-metafisica per una
tendenza costante e irresistibile a rendere necessariamente relative tutte le
nozioni che, all’inizio, erano, al contrario, necessariamente assolute.
Questo passaggio inevitabile dall’assoluto al relativo costituisce, infatti, uno
dei più importanti risultati filosofici di ognuna delle rivoluzioni intellettuali che
hanno successivamente condotto i diversi ordini delle nostre speculazioni dallo
stato puramente teologico o metafisico allo stato veramente scientifico. [..]
Dal punto di vista puramente scientifico, e mettendo da parte ogni idea di
applicazione, si può anche considerare, mi sembra, un simile contrasto
generale tra il relativo e l’assoluto come la più decisiva manifestazione del
contrasto fondamentale che separa così profondamente la filosofia moderna
dall’antica.
Ogni studio della natura intima degli esseri, delle loro cause
prime e finali, ecc., deve, evidentemente, essere sempre assoluto, mentre ogni
ricerca delle sole leggi dei fenomeni è assolutamente relativa, poiché
presuppone immediatamente un progresso continuo della speculazione
subordinata al perfezionamento graduale dell’osservazione, senza che l’esatta
realtà possa essere mai, in alcun modo, perfettamente rivelata.”
(da A. Comte, Corso di filosofia positiva , 1830-1847)
“Prima di incominciare ad illustrare i principî dell’ordinamento scientifico, o
ordinamento a compito come si suole chiamarlo più brevemente, è utile
indicare i caratteri di quello che secondo l’autore è il miglior tipo di
ordinamento tra quelli in uso. E ciò sarà fatto in modo che possa essere
pienamente apprezzata la grande differenza tra il migliore degli ordinamenti
ordinarî e quello scientifico.
In uno stabilimento industriale, che impiega da 500 a 1000 operai, si
compiranno in molti casi almeno 20 o 30 lavorazioni diverse.
Gli operai
addetti ad ognuna di queste lavorazioni hanno appreso il loro mestiere
materialmente dalla viva voce dei loro compagni, e così per molti anni da
quando le lavorazioni si sono sviluppate dalla loro forma primitiva, nella quale
i nostri avi riunivano insieme rudimentalmente molte e diverse lavorazioni,
fino al momento attuale di molteplice e progressiva suddivisione del lavoro, nel
quale ognuno si specializza per una parte relativamente piccola di esso.
L’ingegnosità di ogni generazione ha sviluppato i metodi più rapidi e migliori
per compiere ogni elemento del lavoro in ogni industria. Così i metodi ora in
uso possono in senso largo dirsi il prodotto di un’evoluzione, che rappresenta
il sopravvivere delle idee migliori e più profondamente fissate fino dall’inizio di
ogni lavorazione. Tuttavia ciò è vero solamente in senso largo [..] Invece di
avere un solo metodo generalmente accettato come tipo nell’uso quotidiano, ci
sono 50 o 100 modi diversi di fare una parte del lavoro [..] Nel migliore dei
tipi comuni di ordinamento i direttori riconoscono francamente il fatto che i
500 o 1000 lavoratori addetti alle 20 o 30 lavorazioni, che sono sotto la loro
direzione, possiedono questa massa di conoscenze tradizionali, una grande
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parte delle quali è ignota alla direzione. [..] I direttori più esperti debbono
dunque rimettersi ai loro operai per la risoluzione del problema di fare il lavoro
nel modo migliore e più economico. Essi riconoscono che il loro compito è
pertanto di indurre il lavoratore ad usare i suoi migliori sforzi, la sua maggiore
resistenza, tutte le sue conoscenze tradizionali, la sua abilità, la sua
ingegnosità, la sua buona volontà, in una parola la sua iniziativa per dare il
maggiore rendimento possibile al suo imprenditore. [..]
… per avere qualche speranza di ottenere l’iniziativa dei suoi lavoratori, il
direttore deve usare qualche speciale stimolo oltre quelli dati in generale
dall’industria. Questo stimolo può essere dato in parecchi modi differenti per
esempio, come speranza di una rapida promozione o avanzamento, come
salario più alto sia in forma di maggiore prezzo per il lavoro compiuto, sia
come premio o compenso di qualche genere per lavoro rapido e ben fatto,
diminuzione nelle ore di lavoro, condizioni di lavoro e di ambienti migliori di
quelle che si hanno ordinariamente, ecc. [..] Questo tipo di ordinamento può
essere chiamato iniziativa e stimolo in opposizione all’ordinamento scientifico o
ordinamento a compito, con il quale deve essere confrontato. [..]
Con il sistema scientifico l’iniziativa degli operai, che è il loro lavorare intenso e
il loro buon volere e la loro ingegnosità, è ottenuta in modo assolutamente
uniforme e per una più grande massa di quello che non sia possibile con il
vecchio tipo; e, oltre questo miglioramento degli operai, i direttori assumono
nuovi pesi, nuovi doveri e responsabilità mai sognate in passato. I direttori
assumono, per esempio, il carico di riunire tutte le conoscenze tradizionali,
che nel passato erano dagli operai possedute, e quindi di classificarle,
compararle e dedurne regole, leggi e formule, che saranno di un immenso
aiuto per i lavoratori nel fare il loro lavoro quotidiano. Oltre a sviluppare una
scienza in questo modo la direzione si assume altre specie di doveri che
importano nuovi e più gravi pesi.
Questi nuovi doveri sono raggruppati in quattro categorie:
Primo: Essi sviluppano una scienza per ogni elemento di lavoro dell’uomo, la
quale prende il luogo del metodo empirico.
Secondo: Essi scientificamente scelgono e quindi allenano istruiscono e
sviluppano il lavoratore, mentre nel passato egli spesso sceglieva il proprio
lavoro e si allenava da sé stesso come meglio poteva.
Terzo: Essi cooperano di buona volontà con i loro uomini in modo da
assicurare che tutto il lavoro sia fatto secondo i principî della scienza che è
stata sviluppata.
Quarto : C’è quasi un’eguale divisione di lavoro e di responsabilità tra la
direzione e gli operai. La direzione si assume tutto il lavoro per il quale è più
adatta del lavoratore, mentre nel passato quasi tutto il lavoro e la maggior
parte della responsabilità erano gettati sugli operai.
È questa combinazione dell’iniziativa degli operai con il nuovo genere di lavoro
fatto dalla direzione che rende l’ordinamento scientifico tanto più efficiente del
vecchio metodo. [..]
Forse l’elemento singolo più importante nel moderno ordinamento scientifico è
l’idea del compito.
Il piano di lavoro di ogni operaio è completamente
preparato dalla direzione almeno un giorno avanti, ed ognuno riceve nel
maggior numero dei casi complete istruzioni scritte, che descrivono in modo
particolare il compito che gli spetta ed i mezzi da usare nel lavoro. E il lavoro
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preparato avanti in questo modo costituisce, come già detto, il compito non del
lavoratore solo, ma in quasi tutti i casi degli sforzi congiunti dell’operaio e della
direzione. In questo compito è specificato non solo quello che deve essere
fatto, ma come deve essere fatto e quanto tempo esattamente ci vuole per
farlo. E, quando l’operaio riesce bene nel suo compito e nei limiti di tempo
prescritti, riceve un’aggiunta al suo salario ordinario dal 30 al 100 %.
I
compiti sono preparati con tanta cura che il lavoro riesce eccellente sia per la
bontà che per la compiutezza, ma deve chiaramente comprendersi che in
nessun caso all’operaio si richiede di lavorare ad una velocità che possa essere
dannosa alla salute. Il compito è sempre regolato in modo che l’operaio possa
eseguire il suo lavoro e arricchirsi, lavorando a quella misura, per molti anni, e
diventare sempre più felice e più prospero e non essere oppresso dal sopralavoro.
In gran parte l’ordinamento scientifico consiste nel preparare e condurre a
termine questi compiti.”
(da F.W. Taylor, L’organizzazione scientifica del lavoro, 1911)
da DIZIONARIO
Concetti
Industrializzazione
Positivismo
Autori
Comte, August
Taylor, Fredrik Wilson
ESERCITAZIONE
1. In cosa consiste il “passaggio inevitabile dall’assoluto al relativo” che,
secondo Comte, costituisce “uno dei più importanti risultati filosofici” del
positivismo?
2. Quali differenze esistono, dal punto di vista concettuale, tra
quell’ordinamento che Taylor definisce di “iniziativa e stimolo” e
l’ ”ordinamento scientifico o ordinamento a compito” proposto da Taylor
stesso?
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Lezione 2
LA CIVILTA’ INDUSTRIALE
Inquadramento dei temi
Ogni cultura, secondo Oswald Spengler, ha un modo suo proprio di
considerare la natura; e sviluppa una scienza (nonché una filosofia, una
morale, e così via) che le appartiene indissolubilmente (come le membra di un
organismo sono legate all’organismo stesso, e a esso soltanto).
La scienza e tutti i valori della cultura sono dunque assoluti (poiché ogni
‘organismo culturale’ realizza progressivamente e necessariamente le
possibilità che lo caratterizzano) e -al tempo stesso- relativi (in quanto limitati
al ciclo di vita di uno specifico ‘organismo culturale’).
Alla necessità del progresso (il mito romantico che ha accompagnato il sorgere
dell’industrializzazione) Spengler sostituisce l’ineludibilità del ciclo organico
delle culture.
La funzione dell’artista e dell’opera d’arte consiste, secondo Ernst Bloch,
nell’essere portatori di un progetto ‘utopico’, capace di contrastare la generale
‘tecnicizzazione’ della vita associata (seguita all’imporsi della civiltà
industriale), ma anche di cogliere in essa le condizioni per una rivendicazione
della libertà artistica nei confronti di una pura ‘rappresentazione’ del reale.
Videolezione 1
Fine della Belle Époque.
dell’avanguardia
Tramonto dell’Occidente e spirito
1. Tramonto dell’Occidente e prima guerra mondiale.
- Spengler e le civiltà come organismi.
- Il destino imperialistico dell’Occidente al tramonto.
2. Kultur e Zivilisation.
- Incivilimento e fine della capacità creativa.
3. Bloch, avanguardia, espressionismo.
- Gli oggetti funzionali: rischio di disumanità e occasione di liberazione.
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Passi antologici
“La passione per inventare si tradisce già nell’architettura gotica -la si
confronti con la voluta povertà di forme di quella dorica- e in tutta la nostra
musica. Essa si manifesta nella stampa e nelle armi a lunga portata. A
Colombo e Copernico seguono il telescopio, il microscopio, gli elementi chimici
e tutto l’insieme dei procedimenti tecnici del primo Barocco.
Ma poi, contemporaneamente al razionalismo, si giunge alla scoperta della
macchina a vapore che sovverte tutto e trasforma dai fondamenti l’immagine
dell’economia. Fino a allora la natura aveva avuto la parte di una coadiutrice;
ora la si riduce ad una schiava e il suo lavoro, quasi per scherno, lo si calcola
secondo cavalli-vapore. [..] E’ con riferimento alla macchina che la vita
umana va ora a rappresentare un valore. Il lavoro diviene la grande parola
d’ordine del pensiero etico. Già nel diciottesimo secolo esso aveva perduto il
suo significato negativo originario. La macchina lavora e costringe l’uomo a
lavorare insieme ad essa.
Tutta la civiltà è giunta ad un tale grado di
attivismo, che sotto di esso la terra trema.
E ciò che si è svolto nel corso di appena un secolo è uno spettacolo di una tale
potenza, che l’uomo di una futura civiltà, di una civiltà con una anima diversa
e con diverse passioni, avrà il sentimento che la stessa natura ne doveva esser
stata scossa nel suo equilibrio. [..] … questa tecnica lascerà le sue tracce
anche quando tutto sarà dimenticato e sepolto. Questa passione faustiana ha
trasformato l’immagine della superficie terrestre.
Qui ha agito un impulso della vita a trascendere e ad innalzarsi che,
intimamente affine a quello del gotico, al tempo dell’infanzia della macchina a
vapore trovò espressione nel monologo del Faust di Goethe.
E queste macchine nella loro forma sono sempre più disumanizzate, sempre
più ascetiche, mistiche, esoteriche.
Esse avvolgono la terra con una rete
infinita di forze sottili, di correnti e di tensioni. Il loro corpo si fa sempre più
spirituale, sempre più chiuso. Queste ruote, questi cilindri, queste leve non
parlano più.
Ciò che in esse è più importante si ritira all’interno.
La
macchina è stata sentita come qualcosa di diabolico, e non a torto. Agli occhi
del credente essa rappresenta la detronizzazione di Dio. Essa pone la causalità
sacra nelle mani dell’uomo e questi la mette silenziosamente, irresistibilmente
in moto con una specie di preveggente onnisapienza.
Mai come oggi un microcosmo si è sentito così superiore al macrocosmo. Oggi
vediamo piccoli esseri viventi che con la loro forza spirituale hanno ridotto il
non vivente a dipendere da loro. Nulla sembra eguagliare un simile trionfo
che è riuscito ad un'unica civiltà e forse solo per la durata di qualche secolo.
Ma proprio per tal via l'uomo faustiano è divenuto schiavo della sua creazione.
Nelle sue mosse così come nelle sue abitudini di vita egli sarà spinto dalla
macchina in una direzione sulla quale non vi sarà più né sosta, né possibilità
di tornare indietro. Il contadino, l'artigiano, perfino il commerciante appaiono
d'un tratto insignificanti di fronte a tre figure cui lo sviluppo della macchina ha
dato forma : l'imprenditore, l'ingegnere e l'operaio industriale. In questa civiltà,
e in nessun'altra al di fuori di essa, da un piccolo ramo dell'artigianato, cioè
dall'economia dei manufatti, si è sviluppato il possente albero che oscura ogni
altra professione: il mondo economico dell'industria meccanica .
E questo
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mondo costringe sia l’imprenditore che l’operaio industriale a obbedirgli.
Entrambi sono gli schiavi, non i signori della macchina che ora comincia a
manifestare il suo occulto potere demonico.”
(da O. Spengler, Il tramonto dell'Occidente. Lineamenti di una morfologia della
Storia mondiale, 1918)
da DIZIONARIO
Concetti
Cultura-civiltà
Utopia
Autori
Bloch, Ernst
Spengler, Oswald
ESERCITAZIONE
1. Cosa intende Spengler con l’espressione “uomo faustiano”, e in che senso
“l’uomo faustiano è divenuto schiavo della sua creazione”?
2. Quali sono i caratteri centrali e quali gli autori di rilievo dell’ “espressionismo”?
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Lezione 3
RAZIONALITA’ FORMALE E RAGIONE STRUMENTALE
Inquadramento dei temi
L’economista, storico e sociologo tedesco Max Weber individua nell’analisi
delle origini e delle condizioni di sviluppo del capitalismo industriale un nodo
centrale per cogliere i caratteri tipici della società contemporanea.
La
concezione calvinista del successo come prova della grazia divina costituisce,
secondo Weber, una sollecitazione concettuale indispensabile al sorgere del
capitalismo, la cui ‘essenza’ consiste nel processo di razionalizzazione, ovvero
nella progressiva applicazione della razionalità formale (ossia del calcolo
razionale dei mezzi rispetto a uno scopo possibile).
Max Horkheimer -tra i fondatori, insieme a Theodor Adorno, dell’Istituto per
la ricerca sociale di Francoforte- considera criticamente la riduzione degli
ideali di emancipazione (che la ragione illuministica avrebbe dovuto aprire
all’umanità) a rigide regole di una ragione strumentale, tesa a individuare
soltanto i mezzi più idonei al perseguimento di fini (che vengono dati per
scontati o si suppone si spieghino da sé).
Questa riduzione della ragione a
mezzo di dominio sulla natura, confluita (in particolare) in una industrializzazione basata su principi tayloristici, si rivela -in ultima an alisi- uno
strumento di controllo dell’uomo e della società, in contraddizione con i propri
scopi originari.
Videolezione 7 (punti 1 e 2)
La critica della razionalizzazione: da Weber alla Scuola di
Francoforte
Sommario:
1. Max Weber.
- Razionalità formale. Razionalità come funzionalità allo scopo.
- Capitalismo moderno. Capitalismo e etica cristiana.
- Disincanto del mondo. Burocrazia contro democrazia.
2. La Scuola di Francoforte.
- Horkheimer, Adorno e la dialettica dell’illuminismo.
- Marxismo critico.
- La contraddizione della razionalità.
- Dominio sulla natura e dominio sull’uomo
- L’industria culturale.
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Passi antologici
“La trasformazione totale di ogni e qualsiasi campo dell’essere in un insieme di
strumenti porta alla liquidazione del soggetto che li dovrebbe usare. Questo
dà alla moderna società industriale un aspetto nihilistico; la soggettivazione,
che esalta il soggetto, lo condanna a morte.
L’essere umano, nel processo della sua emancipazione, condivide il destino di
tutto il resto del suo mondo. Nel dominio sulla natura è incluso il dominio
sull’uomo. Ogni soggetto non solo deve cooperare con gli altri per soggiogare
la natura esterna, umana e non umana, ma per far questo deve soggiogare la
natura dentro di sé. [..] Se dunque nella società industriale l’uomo rinuncia a
se stesso, questa rinuncia non ha uno scopo che trascenda la società
industriale stessa; essa porta alla razionalità per quanto riguarda i mezzi, ma
alla più assoluta irrazionalità per quanto riguarda la vita umana. [..]
Un fattore della civiltà potrebbe essere definito come la graduale sostituzione
della selezione naturale con l’azione razionale. La sopravvivenza -o, diciamo
pure, il successo- dipende dalla capacità dell’individuo di adattarsi alle
pressioni che la società esercita su di lui. [..] Questa, senza dubbio, non è
una caratteristica solo dei tempi nostri, bensì è stata presente in tutta la storia
dell’umanità.
E’ vero però che le risorse intellettuali e psicologiche
dell’individuo sono cambiate di pari passo con il variare dei mezzi di
produzione materiale. [..]
Grado a grado l’uomo è diventato meno dipendente da norme assolute di
condotta, da ideali vincolanti per tutti; è anzi considerato così completamente
libero da non aver bisogno d’altra legge oltre la sua. Ma paradossalmente, di
pari passo con l’indipendenza è cresciuta la passività.
Mentre l’uomo è
diventato abilissimo nei suoi calcoli finché è in gioco la scelta dei mezzi, la sua
scelta dei fini -un tempo in rapporto con la fede in una verità oggettiva- è
diventata priva d’intelligenza: purificato d’ogni residuo di mitologia, ivi
compresa la mitologia della ragione oggettiva, l’individuo reagisce
meccanicamente obbedendo a schemi generali di adattamento.
Le forze
economiche e sociali assumono il carattere di cieche forze naturali che l’uomo,
se vuol sopravvivere, deve dominare adattandosi ad esse.
Come risultato
finale del processo abbiamo da una parte l’io, l’astratto ego svuotato di ogni
sostanza tranne che di questo tentativo di trasformare tutto quanto sta nel
cielo e sulla terra in uno strumento della sua sopravvivenza, e dall’altro una
natura anch’essa svuotata, degradata a pura materia, che dev’essere dominata
senz’altro fine fuorché quello appunto di dominarla. [..]
Può sembrare che l’uomo del nostro tempo abbia molta più libertà di scelta di
quanta ne avessero i suoi predecessori, e in un certo senso è vero; questa
libertà è cresciuta immensamente di pari passo con il crescere della capacità
produttiva.
In termini di quantità, un operaio dei nostri giorni ha a
disposizione una scelta di beni di consumo assai più vasta di quella di cui
poteva godere un aristocratico dell’ancien régime.
L’importanza di questo
fenomeno storico non va sottovalutata; ma prima di interpretare l’aumento
delle possibilità di scelta come un aumento di libertà imitando gli entusiasti
della produzione a catena, dobbiamo tener conto della pressione inseparabile
da questo aumento e dal mutamento di qualità concomitante con questo
nuovo tipo di scelta. La pressione consiste nella coercizione che le moderne
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condizioni di vita sociale esercitano su chiunque; il cambiamento può essere
illustrato dalla differenza fra un artigiano del vecchio tipo che sceglieva lo
strumento più adatto per un lavoro delicato e l’operaio del nostro tempo che
deve decidere rapidamente quale fra molte leve tirare o quale interruttore
girare. Il guidare un cavallo e il guidare un’automobile moderna comportano
gradi di libertà assai diversi. A parte il fatto che l’automobile è accessibile a
una percentuale di popolazione assai più alta di quella che poteva permettersi
una carrozza, l’automobile è più veloce ed efficiente, richiede cure minori ed è
forse più maneggevole. Tutto questo comporta un accrescimento di libertà cui
però si accompagna un mutamento nel carattere della libertà. E’ infatti come
se innumerevoli leggi, regole, istruzioni a cui dobbiamo obbedire guidassero
l’automobile al nostro posto: ci sono limiti di velocità, cartelli che ci
comandano di guidare piano, di fermare, di non uscire da certe corsie, e
persino cartelli che ci mostrano la forma della curva che tra poco dovremo
affrontare. Dobbiamo tenere gli occhi fissi sulla strada ed essere pronti a
reagire in ogni momento con il movimento giusto.
Alla spontaneità si è
sostituito un atteggiamento mentale dal quale siamo costretti a scartare ogni
emozione o idea capace di diminuire la nostra prontezza a rispondere alle
esigenze impersonali che ci premono da ogni parte.”
(da Max Horkheimer, Eclisse della ragione. Critica della ragione strumentale,
1947)
da DIZIONARIO
Concetti
Francoforte, Scuola di
Razionalità
Autori
Horkheimer, Max
Weber, Max
ESERCITAZIONE
1. Quali sono, secondo Weber, le basi concettuali dell’economia capitalistica?
2. Cosa intende Horkheimer allorché sottolinea che “nel dominio sulla natura
è incluso il dominio sull’uomo”?
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Lezione 4
PIANIFICAZIONE TECNOLOGICA
E PROGETTO ESISTENZIALE
Inquadramento dei temi
La “ragione strumentale”, alla base dell’indagine scientifica e tecnologica e
della produzione industriale, si rivela inidonea a cogliere l’originalità
dell’esistenza umana (cfr. lezione 3). Perciò, secondo Martin Heidegger, non
è sufficiente esaminare i prodotti della razionalità scientifica e della
pianificazione tecnologica per interrogarsi correttamente sul senso dell’essere,
e non è nemmeno sufficiente unire all’esame di questi prodotti ‘artificiali’
quello degli oggetti ‘naturali’ del mondo fisico: l’uomo -colui che pone la
domanda sull’essere- non rientra in queste categorie, le quali (piuttosto) sono
subordinate alla sua esistenza, poiché egli vive nel mondo anzitutto
modificandolo, e riorganizzandolo continuamente (‘prendendosi cura’ degli
enti). Per l’uomo, essere nel mondo significa progettare la propria esistenza; e
il suo modo più originario, costitutivo, di rapportarsi alle cose non consiste nel
distinguere tra prodotti artificiali e fatti naturali (considerando questi ultimi
enti semplicemente presenti dinnanzi a sé, da indagare con obiettività
scientifica). Egli vede tutte le cose (prodotti artificiali e oggetti naturali, un
martello o un paesaggio) quali strumenti, che immediatamente valuta in
funzione del proprio ‘progetto’ di vita.
Nessuno strumento può venire
considerato isolatamente: ciascuno rimanda alla totalità degli strumenti, e alla
totalità dei significati sottesi a ciascuno di essi. Solo il linguaggio (l’orizzonte
concettuale che include la totalità dei significati) rende possibile fare
esperienza del mondo (ed elaborare progetti).
Videolezione 3 (introduzione e punto 4)
L’esistenzialismo e la ricerca dell’autenticità
Sommario:
- Esposizione introduttiva.
4. Heidegger. L’uomo progetto gettato.
- Esistenza = stare in situazione.
- Situazione = progettualità.
- Il progetto è gettato e finito.
- Se l’uomo è, la nozione di essere va riveduta.
- L’essere non è presenza e oggettività.
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Videolezione 8 (introduzione e punto 2)
Nichilismo
Sommario:
- Esposizione introduttiva.
2. Heidegger: l’essere, il tempo, l’evento.
- Oblio dell’essere, metafisica, modernità.
- Contro l’umanismo.
- Essere e linguaggio.
Passi antologici
“I greci usavano un termine appropriato per designare le ‘cose’: pragmata , ciò
con cui si ha a che fare nel commercio prendente cura. Ma essi lasciarono
ontologicamente all’oscuro proprio il carattere ‘pragmatico’ specifico dei
pragmata , determinandone, ‘innanzi tutto’, il significato come ‘semplici cose’.
Noi chiamiamo l’ente che viene incontro nel prendersi cura: il mezzo (per). Nel
commercio si incontrano mezzi per scrivere, per cucire, di trasporto, per
misurare. Il modo di essere del mezzo richiede una definizione rigorosa. [..]
A rigor di termini, un mezzo isolato non ‘c’è’. L’essere del mezzo appartiene
sempre alla totalità dei mezzi, all’interno della quale un mezzo può essere ciò
che è. Un mezzo è essenzialmente ‘qualcosa per…’ Le diverse maniere del
‘per’, come l’utilizzabilità, l’idoneità, l’impiegabilità, la manipolabilità,
costituiscono una totalità di mezzi. Nella struttura del ‘per’ è implicito un
rimando di qualcosa a qualcosa. [..] Il mezzo, per la sua stessa natura, è
sempre tale a partire dalla sua appartenenza ad altri mezzi: scrittoio, penna,
inchiostro, carta, cartella, tavola, lampada, mobili, finestre, porte, camera.
Queste ‘cose’ non si manifestano innanzi tutto isolatamente, per riempire
successivamente una stanza come una somma di reali. Ciò che si incontra
per primo, anche se non tematicamente conosciuto, è la camera, e questa, di
nuovo, non come ‘ciò che è racchiuso fra quattro pareti’ in senso spaziale e
geometrico, ma come mezzo di abitazione. E’ a partire da essa che si rivela
l’ ‘arredamento’ e in questo, a sua volta, il ‘singolo’ mezzo. Prima del singolo
mezzo è già scoperta una totalità di mezzi.
Il commercio più appropriato al mezzo, commercio in cui unicamente il mezzo
può manifestarsi nel suo essere (ad esempio, il martello nel martellare), non
conosce tematicamente questo ente come cosa presentantesi, allo stesso modo
che l’usare non ne sa nulla della struttura del mezzo in quanto tale.
Il
martellare non si risolve nella semplice conoscenza del carattere di mezzo del
martello, ma si è invece già appropriato di questo mezzo come più
adeguatamente non sarebbe possibile. [..] Quanto meno il martello è oggetto
di contemplazione, quanto più adeguatamente viene adoperato, e tanto più
originario si fa il rapporto ad esso e maggiore il disvelamento in cui esso ci
viene incontro in ciò che è, cioè come mezzo. E’ il martellare a scoprire la
specifica ‘usabilità’ del martello. [..] Lo sguardo che si limita a osservare le
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cose nel loro ‘aspetto’ apparente, anche se acutissimo, non può scoprire
l’utilizzabile.
L’ossevazione puramente ‘teorica’ delle cose è estranea alla
comprensione dell’utilizzabilità. [..]
Nel mondo-ambiente sono [..] accessibili anche enti che non hanno bisogno di
manipolazione, enti già da sempre disponibili.
Martello, tenaglie, ago,
rimandano in se stessi a ciò di cui sono fatti, cioè all’acciaio, al ferro, al
bronzo, alle pietre, al legno.
Nell’uso del mezzo usato è con-scoperta,
attraverso l’uso, la ‘natura’: la ‘natura’ alla luce del prodotto naturale.
[..] La foresta è legname, la montagna è cava di pietra, la corrente è forza
d’acqua, il vento è vento ‘in poppa’. Di pari passo con la scoperta del ‘mondo
ambiente’ si ha anche la scoperta della ‘natura’. E’ però possibile prescindere
da questa utilizzabilità e scoprire e determinare la natura come semplicepresenza.
Ma a questo genere di scoperta la natura resta incomprensibile
come ciò che ‘vive e tende’, ciò che ci assale, ciò che ci emoziona nel paesaggio.
Le piante del botanico non sono i fiori di campo, le ‘sorgenti’ di un fiume,
stabilite geograficamente, non sono la ‘polla nel terreno’.
(da M. Heidegger, Essere e tempo, 1927)
da DIZIONARIO
Concetti
Esistenzialismo
Esserci
Autori
Heidegger, Martin
ESERCITAZIONE
1. Perché secondo Heidegger l’uomo è “progetto gettato”?
2. Esplicitare e spiegare la precisazione di Heidegger secondo cui “a rigor di
termini, un mezzo isolato non ‘c’è’ ”.
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Lezione 5
IL PROBLEMA DELLA VERITA’
E L’ESPERIENZA ESTETICA
Inquadramento dei temi
Nel pensiero antico le arti sono incluse nell’orizzonte delle tecniche, dei
prodotti artificiali inve ntati dall’uomo per agevolare la propria esistenza. Esse
imitano la natura, in quanto la rappresentano o in quanto ne evidenziano
l’essenza strutturale e le finalità. Nell’età moderna, con l’imporsi dello spirito
scientifico, alle arti vengono applicati principi fisici formulati matematicamente; emerge l’idea di una imitazione razionale della natura, guidata dal
sapere scientifico.
Nel Novecento, anche le arti -rielaborando un tema caratteristico del
romanticismo, che concepisce la produzione artistica come opera di una forza
creativa la quale si manifesta attraverso il genio individuale, e si sottrae a ogni
vincolo dovuto a regole o a precetti- esprimono il clima di insofferenza verso la
massificazione della società, indotta dalla produzione industriale standardizzata. All’esperienza estetica viene attribuita una portata di verità che conduce
a non richiedere (più) all’arte la conformità con l’originale; essa -si sottolineanon si modella sul metodo della conoscenza scientifica. Piuttosto, istituisce
degli orizzonti di senso entro cui diventa possibile fare autentica esperienza del
mondo.
Nel saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , del 1936,
Walter Benjamin analizza il rapporto tra le modalità tradizionali con le quali
l’opera d’arte viene prodotta dall’autore, e fruita dal pubblico, e le nuove
opportunità connesse alle innovative tecniche di riproduzione (in particolare la
fotografia e la cinematografia).
Sulla base di queste considerazioni, egli
intravede la possibilità di un ‘riscatto estetico’ dell’esperienza quotidiana,
realizzabile mediante l’apporto delle nuove tecnologie.
Secondo quanto Hans Georg Gadamer argomenta nella sua opera principale
Verità e metodo, del 1960, la fruizione dell’opera d’arte può costituire
un’esperienza di verità; non solo alternativa, ma anche più autentica e
profonda della conoscenza del mondo fisico ottenuta attraverso il metodo
scientifico. Il coinvolgimento personale che tale fruizione implica, egli spiega,
non può essere incluso nell’orizzonte metodologico dell’obiettività e della
dimostrabilità scientifica, e tuttavia costituisce una conoscenza effettiva in
quanto modifica radicalmente chi compie tale esperienza, inducendolo a una
riorganizzazione di quell’orizzonte di significati che coincide con il suo ‘stare al
mondo’.
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Videolezione 12
L’arte e la sua verità
Sommario:
2. Arte e verità.
- Adorno e l’avanguardia.
- Gadamer: verità dell’esperienza estetica.
- Heidegger: l’opera apre un mondo.
- Dufrenne: l’opera quasi soggetto.
- Pareyson: l’arte e l’essere.
4. Arte e tecnologia moderna.
- Benjamin: riproducibilità e fine dell’aura.
- Il sogno del riscatto estetico dell’esistenza.
- Arte e inquietudine critica.
Passi antologici
“Anche nel caso di una riproduzione altamente perfezionata, manca un
elemento: l'hic et nunc dell'opera d'arte - la sua esistenza unica e irripetibile
nel luogo in cui si trova. [..] L'hic et nunc dell'originale costituisce il concetto
della sua autenticità. [..] L'intiero ambito dell'autenticità si sottrae alla
riproducibilità tecnica [..] Ma mentre l'autentico mantiene la sua piena
autorità di fronte alla riproduzione manuale, che di regola viene da esso
bollata come un falso, ciò non accade nel caso della riproduzione tecnica.
Essa può, per esempio mediante la fotografia, rilevare aspetti dell'originale che
sono accessibili soltanto all'obiettivo, che è spostabile e in grado di scegliere a
piacimento il suo punto di vista, ma non all'occhio umano, oppure, con l'aiuto
di certi procedimenti, come l'ingrandimento o la ripresa al rallentatore, può
cogliere immagini che si sottraggono interamente all'ottica naturale.
E'
questo il primo punto.
Essa può inoltre introdurre la riproduzione
dell'originale in situazioni che all'originale stesso non sono accessibili.
In
particolare, gli permette di andare incontro al fruitore, nella forma della
fotografia oppure del disco. La cattedrale abbandona la sua ubicazione per
essere accolta nello studio di un amatore d'arte; il coro che è stato eseguito in
un auditorio oppure all'aria aperta può venir ascoltato in una camera.
Le circostanze in mezzo alle quali il prodotto della riproduzione tecnica può
venirsi a trovare possono lasciare intatta la consistenza intrinseca dell'opera
d'arte - ma in ogni modo determinano la svalutazione del suo hic et nunc. [..]
ciò che così prende a vacillare è precisamente l'autorità della cosa.
Ciò che vien meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di
'aura'; e si può dire: ciò che vien meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è
l' 'aura' dell'opera d'arte. [..] La tecnica della riproduzione, così si potrebbe
formulare la cosa, sottrae il riprodotto all'ambito della tradizione.
Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico una serie
quantitativa di eventi. E permettendo alla riproduzione di venire incontro a
colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto.
Entrambi i processi portano a un violento rivolgimento che investe ciò che
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viene tramandato - a un rivolgimento della tradizione, che è l'altra faccia della
crisi attuale e dell'attuale rinnovamento dell'umanità.
[..] la riproducibilità tecnica dell’opera d’arte emancipa per la prima volta nella
storia del mondo quest’ultima dalla sua esistenza parassitaria nell’ambito del
rituale.
L’opera d’arte riprodotta diventa in misura sempre maggiore la
riproduzione di un’opera d’arte predisposta alla riproducibilità.
Di una
pellicola fotografica per esempio è possibile tutta una serie di stampe; la
questione della stampa autentica non ha senso. [..]
La riproducibilità tecnica dell’opera d’arte modifica il rapporto delle masse con
l’arte. Da un rapporto estremamente retrivo, per esempio nei confronti di un
Picasso, si rovescia in un rapporto estremamente progressivo, per esempio nei
confronti di un Chaplin. Ove l’atteggiamento progressivo è contrassegnato dal
fatto che il gusto del vedere e del rivivere si connette in lui immediatamente
con l’atteggiamento del giudice competente. [..]
La massa è una matrice dalla quale attualmente esce rinato ogni
comportamento abituale nei confronti delle opere d’arte.
La quantità si è
ribaltata in qualità: le masse sempre più vaste dei partecipanti hanno
determinato un modo diverso di partecipazione.
L’osservatore non deve
lasciarsi ingannare dal fatto che questa partecipazione si manifesta dapprima
in forme screditate. [..] La ricezione nella distrazione, che si fa sentire in
modo sempre più insistente in tutti i settori dell’arte [..], trova nel cinema lo
strumento più autentico su cui esercitarsi. [..] Il cinema svaluta il valore
cultuale non soltanto inducendo il pubblico a un atteggiamento valutativo, ma
anche per il fatto che al cinema l’atteggiamento valutativo non implica
attenzione.”
(da W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica ,
1936)
“Ciò che si svolge nella rappresentazione di un’opera d’arte è per ognuno
qualcosa di talmente astratto dalle linee di sviluppo comuni del mondo, di così
autonomamente chiuso in un indipendente circolo di significato, che rispetto
ad esso non c’è motivo che giustifichi l’uscirne in direzione di un qualche
futuro o di una qualche realtà.
Lo spettatore è relegato in una assoluta
distanza, che gli preclude ogni impegno a scopi pratici. Questa distanza è
però in senso autentico distanza estetica, giacché significa il distacco
necessario per vedere, che rende possibile un’autentica e completa
partecipazione a ciò che davanti a noi si rappresenta. All’estatico oblio di sé
dello spettatore corrisponde perciò la sua continuità con se stesso. Proprio
ciò in cui egli come spettatore si perde pretende da lui la continuità del senso.
E’ la verità del suo mondo [..] quella che si rappresenta davanti a lui, ed egli vi
si riconosce. [..] Ciò che lo stacca da tutto, gli restituisce anche la totalità del
suo essere. [..]
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Il mondo che appare nel gioco della rappresentazione non sta accanto al
mondo reale come una copia, ma è questo stesso mondo reale in una più
intensa verità del suo essere. [..]
Un’opera d’arte appartiene così intimamente a ciò a cui fa riferimento, che ne
costituisce come un arricchimento d’essere.”
(da H.G. Gadamer, Verità e metodo, 1960)
da DIZIONARIO
Concetti
Estetica
Verità
Autori
Benjamin, Walter
Gadamer, Hans Georg
ESERCITAZIONE
1. Cosa intende Benjamin con l’affermazione: “ciò che vien meno nell’epoca
della riproducibilità tecnica è l’ ‘aura’ dell’opera d’arte”?
2. Che cos’è, e quali implicazioni comporta, la “distanza estetica” di cui parla
Gadamer?
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Docente: Alberta Rebaglia
La rivoluzione cibernetica e il suo impatto culturale
Il secondo gruppo di lezioni si occupa delle trasformazioni che, negli ultimi
decenni del secolo scorso, hanno condotto a riorganizzare sia i fondamenti
metodologici delle costruzioni scientifiche, sia le strutture e i processi della
produzione industriale.
Dal punto di vista concettuale, tali cambiamenti
hanno condotto a ‘sfumare’ la precedente contrapposizione tra intervento
scientifico e tecnologico e creazione culturale, aprendo nuove possibilità di
riflessione sul rapporto che lega l’uomo al mondo (naturale e artificiale).
Lezione 6
IL PROBLEMA DELLA VERITA’
E IL METODO SCIENTIFICO
Inquadramento dei temi
Mentre -tra gli anni Trenta e l’inzio degli anni Sessanta del XX secolo- il
pensiero filosofico conforme alle tematiche dell’esistenzialismo elabora le
proprie riflessioni (di cui si è detto nella prima parte del corso), la filosofia che
intende analizzare le strutture e i metodi della scienza si impegna nel
mantenere e consolidare la tradizionale fiducia nelle possibilità delle strutture
formali di acquisire conoscenze sul mondo fisico.
Fiducia messa in crisi,
principalmente, dall’elaborazione di geometrie non euclidee e di teorie fisiche
non classiche (come relatività e meccanica quantistica) le quali, pur
confermando l’efficacia descrittiva e predittiva dell’indagine scientifica, ne
incrinano il ruolo più significativo: scoprire caratteri veri del reale.
La riflessione di pensatori come Ludwig Wittgenstein, Moritz Schlick e
Rudolf Carnap è emblematica del modo in cui, negli anni Trenta, si è cercato
di conciliare un atteggiamento rigorosamente empirista con l’utilizzazione delle
risorse formali, elementi entrambi indispensabili alla costruzione di un efficace
programma scientifico di ricerca.
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Docente: Alberta Rebaglia
Videolezione 6
La scienza come modello
Sommario:
2. Neoempirismo o positivismo logico.
- Centralità della scienza.
- Rifiuto della metafisica.
- Analisi del linguaggio.
2. Il
-
Circolo di Vienna.
Principio di verificazione e senso degli enunciati.
Le proposizioni protocollari.
La verità: dalla corrispondenza alla coerenza.
Fiscalismo.
3. Wittgenstein: dal Tractatus ai ‘giochi linguistici’.
- La teoria della raffigurazione.
- I limiti del linguaggio: ‘il Mistico’.
- Le regole dell’uso.
- La filosofia analitica.
Il problema della verità nella scienza. Da Kant al neopositivismo
(da A. Rebaglia, Scienza e verità. Introduzione all’epistemologia del Novecento)
Capitolo 1: Verità e sapere scientifico, §§ 1, 2, 3.
Capitolo 2: La crisi della “ragione pura”, §§ 1, 2, 3.
Capitolo 3: Le vie epistemologiche del verificazionismo e del falsificazionismo, § 1.
Passi antologici
(da Scienza e verità)
Ludwig Wittgenstein
Testo 1: La teoria raffigurativa del linguaggio.
Testo 2: “Dire” e “mostrare”.
Testo 3: Leggi fisiche e verità.
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Docente: Alberta Rebaglia
Moritz Schlick
Testo 1: Il criterio metodologico di verificazione.
Rudolf Carnap
Testo 1: La concezione scientifica del mondo.
Testo 2: Protocolli e convenzioni.
da DIZIONARIO
Concetti
Autori
(da Scienza e verità)
Carnap, pp.85-86
Schlick, pp.78-79
Wittgenstein, pp.64-65
Conoscenza
Epistemologia
ESERCITAZIONE
3. Quale portata conoscitiva e
Wiitgenstein alle teorie fisiche?
quale
potenziale
di
verità
attribuisce
4. Cosa intendono gli empiristi logici quando affermano che “nella concezione
scientifica del mondo non si danno conoscenze incondizionatamente valide
derivanti dalla pura ragione, né ‘giudizi sintetici a priori’ ”?
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Lezione 7
VERITA’, ADEGUATEZZA EMPIRICA E LINGUAGGIO
Inquadramento dei temi
Negli stessi anni in cui i neoempirsti elaborano le proprie soluzioni al
problema della verità scientifica, Karl Raimund Popper inizia una lunga
riflessione che lo conduce a rivendicare un ruolo preponderante per la
formalizzazione teorica, ai fini della formulazione di ipotesi e leggi scientifiche,
rispetto a quello assegnato ai riscontri empirici.
Anche il problema della
verità nella scienza viene, conseguentemente, riformulato.
I ‘falsificatori potenziali’ di una teoria, sottolineano i filosofi di scuola
popperiana, non consistono in puri e semplici fatti, che possano indicare -con
la forza dell’evidenza empirica- la difformità di quelle asserzioni teoriche da
una oggettiva ‘adeguatezza’ alle osservazioni effettuate: una teoria non può
mai essere falsificata in base ad anomalie empiriche.
Le analisi episte mologiche compiute nella seconda metà del Novecento da Imre Lakatos,
Willard Van Orman Quine (e da molti altri filosofi della scienza) conducono ad
argomentare l’impossibilità di formulare giudizi sulla verità o sulla falsità di
una teoria attraverso un appello, sia esso immediato oppure indiretto,
all’esperienza sensibile.
Le ipotesi teoriche risultano ‘vere’ in quanto
articolano coerentemente un quadro concettuale, e dunque -in ultima analisiuna struttura linguistica.
Videolezione 6
La scienza come modello
Sommario:
4. Popper: scienza e falsificabilità.
- Contro l’induzione: il metodo ipotetico-deduttivo.
- La società aperta.
- La metafisica ritrovata?
5. Ritorno al pragmatismo?
- Empirismo logico e filosofia anglosassone.
- Dewey: pragmatismo e strumentalismo.
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Docente: Alberta Rebaglia
I dogmi dell’empirismo
(da A. Rebaglia, Scienza e verità. Introduzione all’epistemologia del Novecento)
Capitolo 3: Le vie epistemologiche del verificazionismo e del falsificazionismo,
§§ 2, 3.
Capitolo 4: Verità come accordo tra teorie e fatti, § 1.
Passi antologici
(da Scienza e verità)
Karl Raimund Popper
Testo 1: La falsificabilità come criterio di demarcazione.
Testo 2: Convenzionalità delle asserzioni-base.
Testo 4: La teoria oggettivistica della verità.
Willard Van Orman Quine
Testo 1: Critica della distinzione tra verità analitiche e verità sintetiche.
Testo 2: Conferma empirica e impostazione olistica.
Testo 3: Verità matematiche e verità della fisica.
Imre Lakatos
Testo 2: Falsificazione e teorie scientifiche rivali.
Testo 3: Esperimenti solo retrospettivamente “cruciali”.
da DIZIONARIO
Concetti
Demarcazione
Olismo
Autori
(da Scienza e verità)
Lakatos, pp.171-172
Popper, pp. 110.111
Quine, pp.144-145
ESERCITAZIONE
3. Esplicitare e commentare l’affermazione di Popper: “le esperienze possono
motivare una decisione, e quindi l’accettazione o il rifiuto di un’asserzione,
ma un’asserzione-base non può essere giustificata da esse, più di quanto
non possa essere giustificata battendo il pugno sul tavolo”.
4. Quale impostazione concettuale è alla base dell’analogia di Quine, secondo
cui “la scienza nella sua globalità è come un campo di forza i cui punti
limite sono l’esperienza”?
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LA CIBERNETICA. UNO STUDIO INTERDISCIPLINARE
Inquadramento dei temi
“I confini fra discipline [..] non sopravvalutiamoli – i confini”, scrive Quine in
uno dei testi segnalati nella precedente lezione (cfr. Scienza e verità , p.152).
Negli stessi anni in cui l’epistemologia conduce a ridefinire il rapporto tra
asserti teorici e fatti empirici -e, conseguentemente, anche a rivedere l’idea di
confine disciplinare - prende avvio la cibernetica : una scienza interdisciplinare
che, come recita il sottotitolo del volume di Norbert Wiener Cibernetica,
controllo e comunicazione nell’animale e nella macchina , 1947 (il testo che ne
segna l’atto di nascita), si occupa del controllo automatico e della
comunicazione tanto nei sistemi naturali quanto in quelli artificiali.
Essa
studia i processi di regolazione attraverso cui strutture biologiche, dispositivi
meccanici o complessi astratti (quali, per esempio, sistemi economici o sociali)
agiscono nel loro ambiente ed elaborano informazione.
Nel 1947, anno in cui viene pubblicato il testo di Wiener, Martin Heidegger
(cfr. lezione 4) scrive la Lettera sull’umanismo, nella quale argomenta contro
l’opinione tradizionale secondo cui l’essere è stabile e oggettivo: esso, secondo
Heidegger, è evento, accade nel tempo. E, poiché la cibernetica si occupa di
eventi dinamici anziché di strutture stabili, l’imporsi di tale disciplina entro il
panorama scientifico diviene, nel suo pensiero, un tratto di particolare valore
concettuale.
Il 30 ottobre 1965 Heidegger tiene una conferenza (da cui è tratto il brano
antologico qui incluso), nella quale sottolinea come questa scienza
interdisciplinare rappresenti, soprattutto, un metodo innovativo che consente
di affrontare problemi comuni a differenti ambiti di indagine.
Tanto in un organismo vivente quanto in una macchina, o in qualsiasi
struttura organizzata, segnali di comando vengono inviati da elementi centrali
-i quali controllano il funzionamento del sistema- a elementi periferici -i quali
compiono il lavoro necessario a quel funzionamento.
La cibernetica,
studiando la rete delle relazioni che consentono il passaggio di informazioni e
il controllo dell’azione, rende evidente come lo schema delle connessioni non
sia compatibile con la struttura verticistica suggerita dalla logica tradizionale
di ‘dominio’ del soggetto sulla natura: la struttura reticolare, attraverso cui
passa l’informazione che consente il controllo del sistema, rappresenta
-piuttosto- un circuito, in cui avviene un continuo processo di feedback, dove
l’azione è anche reazione e adattamento alle informazioni acquisite circa l’esito
che l’azione ha avuto; il soggetto che ‘controlla’ l’oggetto modifica il proprio
agire in base alle resistenze che l’oggetto oppone alla sua stessa azione.
Proprio questa possibilità di impostare il rapporto tra ‘soggetto’ e ‘oggetto’ in
una prospettiva differente rispetto a quella tradizionale rappresenta, nella
concezione di Heidegger, il merito principale del metodo cibernetico.
Quest’ultimo, infatti, ha una duplice valenza positiva: conclude l’epoca del
“pensiero metafisico”, segnando la “fine della filosofia” intesa come ricerca di
un’essenza reale, originaria e permanente; e consente di intravedere un modo
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Docente: Alberta Rebaglia
alternativo di concepire ‘enti’, ‘soggetto’, ‘essere’, e di elaborare un pensiero
filosofico più ricco ed emancipativo rispetto a quello tradizionale.
Le origini della cibernetica
Sito web dell’American Society for Cybernetics: www.asc-cybernetics.org
Foundations of Cybernetics
- Definitions. An on-going dictionary of the many definitions of cybernetics.
- Perspectives. Different perspectives on what is cybernetics.
- Concepts. Overview of key concepts in cybernetics.
Passi antologici
“La retroazione è [..] il comando di un sistema attraverso la reinserzione nel
sistema stesso dei risultati del suo comportamento.
Se tali risultati sono
impiegati semplicemente come dati numerici per la critica e la rettifica del
sistema, avremo la semplice retroazione degli addetti alla manovra. Ma se
l’informazione che procede in senso inverso in funzione del comportamento è
in grado di mutare il metodo generale e il modello del comportamento stesso,
avremo un processo che potrà realmente essere definito di apprendimento.
Un [..] esempio del processo di apprendimento è dato dai problemi relativi alla
costruzione di centrali automatiche di tiro a previsione.
Agli inizi della
seconda guerra mondiale, la relativa inefficienza dell’artiglieria antiaerea rese
necessaria l’introduzione di un apparecchio che seguisse la posizione di un
aereo, calcolasse la sua distanza da terra, determinasse il tempo necessario ad
un proiettile per raggiungerlo e stabilisse dove esso sarebbe stato alla fine di
quel tempo; tutto ciò senza altro intervento che quello del puntatore.
Se
l’aereo avesse potuto eseguire un’azione evasiva del tutto imprevista, nessuna
abilità tecnica ci avrebbe permesso di calcolare il movimento ancora
sconosciuto dell’aereo compreso fra il momento dello sparo e l’istante in cui il
proiettile avrebbe dovuto arrivare approssimativamente al suo bersaglio.
Tuttavia numerose circostanze impediscono al pilota di compiere azioni
evasive impreviste. Una limitazione nasce dal fatto che, se egli compie una
virata rapida, la forza centrifuga gli farà perdere i sensi; e inoltre dal fatto che
il meccanismo di manovra del suo aereo e il corso di istruzioni da lui ricevuto
gli impongono praticamente certe abitudini di manovra regolari che si
manifestano anche nelle sue azioni evasive.
Queste regolarità non
costituiscono un elemento certo del suo comportamento, ma piuttosto delle
preferenze statistiche che egli rivela nella maggior parte delle sue azioni. [..]
[..] L’adattamento del piano generale di puntamento e di sparo secondo il
sistema particolare dei movimenti eseguiti dal bersaglio è essenzialmente un
atto di apprendimento.
E’ una modificazione nel «nastro» dello strumento
calcolatore del pezzo, che altera non tanto i dati numerici quanto il processo
con il quale essi opereranno e che è basato sull’esperienza passata. Esso è
infatti uno dei tipi più generali di retroazione, che incide sull’intero metodo di
comportamento dello strumento.”
(da N. Wiener, Introduzione alla cibernetica, 1953)
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Docente: Alberta Rebaglia
“La nuova scienza che unifica, in un senso nuovo di unità, tutte le varie
scienze si chiama cibernetica. Essa, per quel che concerne il chiarimento delle
rappresentazioni che la guidano e la loro penetrazione in ogni ambito
scientifico, è ancora agli inizi. Ma il suo dominio è garantito, dal momento
che essa stessa è controllata da un potere che imprime il carattere di
pianificazione e di controllo non solamente sulle scienze, ma su ogni attività
umana.
Una cosa oggi è già chiara: per mezzo delle rappresentazioni che guidano la
cibernetica -informazione, controllo, richiamo- vengono modificati in un modo,
oserei dire, inquietante quei concetti chiave -come principio e conseguenza,
causa ed effetto- che hanno dominato finora nelle scienze. La cibernetica,
pertanto, non si può più definire una scienza fondamentale. L’unità delle
sfere tematiche del sapere non è più l’unità del fondamento. Si tratta invece
di un’unità rigorosamente tecnica. [..] Il carattere tecnico delle scienze, che
sempre più univocamente vi s’imprime, si può facilmente riconoscere dal
modo, un modo strumentale, in cui esse concepiscono quelle categorie che di
volta in volta definiscono ed articolano il loro ambito tematico. Le categorie
sono rappresentazioni di modelli operativi. La loro verità si misura dall’effetto
che produce il loro impiego all’interno del progresso della ricerca.
La verità scientifica viene posta come equivalente all’efficacia di questi effetti.
Le scienze medesime si prendono carico volta a volta di operare la necessaria
trasformazione dei modelli concettuali. Ad essi viene concessa solamente una
funzione tecnico-cibernetica, negando loro ogni contenuto ontologico. [..]
Il concetto guida della cibernetica, il concetto di informazione, è per giunta
sufficientemente vasto da poter un giorno assoggettare alle pretese della
cibernetica anche le scienze storiche dello spirito.
[..]
per la società
industriale, solamente la cibernetica sembra concedere all’uomo la possibilità
di abitare in quel mondo tecnico che s’impone in modo sempre più deciso.
[..] Ciò che noi, abbastanza equivocamente e confusamente, chiamiamo l’ente ,
i filosofi greci lo hanno sperimentato come qualcosa di presente, dal momento
che in quanto presenza l’essere li interpellava. In questa prospettiva furono
pensati il passaggio dalla presenza all’assenza, il venire e lo svanire, il nascere
e il perire, cioè il movimento.
Nel corso della storia della filosofia l’esperienza e l’interpretazione di ciò che è
presente si trasformano. [..]
Ciò che è presente non viene incontro e non permane più sotto forma di
oggetto. Esso si dissolve in entità che debbono essere costantemente, per i
fini che di volta in volta si prospettano, producibili, disponibili e sostituibili.
[..] Il loro modo di presentarsi è l’impiegabilità, che è contrassegnata dalla
possibilità di qualcosa che è sempre incessantemente nuovo, che è migliore
senza sbocco nel meglio. [..]
E anche la natura delle scienze della natura viene affrontata come un’entità
impiegabile.
La presenza della natura entro l’ambito tematico della fisica
nucleare rimane impensabile fintanto che essa è rappresentata ancora come
oggettività invece che come impiegabilità. Ora, il fatto che la presenza di ciò
che è presente si tramuti da oggettività in impiegabilità è però anche il
presupposto perché nasca in generale qualcosa come il modo cibernetico di
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rappresentazione e la cibernetica possa avanzare la pretesa di assurgere al
ruolo di scienza universale.
Dal momento che la cibernetica, senza saperlo e senza poterlo pensare, rimane
soggetta a una tale trasformazione della presenza di ciò che è presente, noi
abbiamo potuto addurla solo come segno caratteristico della fine della filosofia.
Questa fine consiste nel fatto che con l’impiegabilità di ciò che è presente è
raggiunta l’ultima possibilità nella trasformazione della presenza. [..]
Certo gli incommensurabili successi dell’inarrestabile sviluppo della tecnica
fanno ancor sempre credere che sia l’uomo il signore della tecnica. In ve rità,
invece, egli è il servo di quella potenza che attraversa e domina ogni
produzione tecnica.
La potenza del porre provocante s’imprime nell’uomo
facendolo diventare quel mortale che da essa è per sé rivendicato, posto, e di
cui essa in questo senso fruisce. [..] In questo fruire s’annuncia quel rapporto
della presenza con l’uomo che esige da lui una particolare risposta. [..]
La fine della filosofia è ambigua. Da un lato, essa significa il compimento di
un pensiero, quello filosofico, a cui ciò che è presente si mostra nel suo
carattere di impiegabilità. Dall’altro, proprio questa modalità della presenza
racchiude in sé il rinvio alla potenza del porre provocante, la cui
determinazione richiede un altro pensiero, un pensiero per il quale divenga
degna d’essere interrogata la presenza in quanto tale. Essa infatti porta con
sé ancora qualcosa di impensato che, nella sua peculiarità, si sottrae al
pensiero filosofico.”
(da M. Heidegger, Filosofia e cibernetica , 1984)
da DIZIONARIO
Concetti
Cibernetica
Informazione
Retroazione
Autori
Wiener, Norbert
Heidegger, Martin
ESERCITAZIONE
1. Quali nessi concettuali correlano il principio cibernetico di retroazione con
il processo di apprendimento?
2. Cosa intende Heidegger nell’affermare che “il fatto che la presenza di ciò
che è presente si tramuti da oggettività in impiegabilità è (..) il presupposto
perché nasca (..) il modo cibernetico di rappresentazione”?
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Lezione 9
PIANIFICAZIONE E STRATEGIA
Inquadramento dei temi
Se nella prima fase della rivoluzione industriale congegni di tipo automatico
hanno reso possibile potenziare e controllare il processo produttivo di grande
serie, riducendo al minimo lo sforzo fisico da parte dell’uomo ma imponendo al
lavoro ritmi rigidi e cadenze ripetitive (cfr. le prime lezioni del corso, in
particolare la lezione 1), i nuovi automatismi costruiti nell’ambito della
cibernetica permettono di ottimizzare la produzione facendo gestire a
computers informazioni concernenti gli esiti dei processi lavorativi posti sotto
il loro controllo, affidati a robots per le operazioni più ripetitive e gravose.
Studiando sistemi aperti -suscettibili di ricevere non soltanto energia ma
anche informazione dal mondo esterno- la cibernetica consente di mettere a
punto automatismi capaci di utilizzare i dati acquisiti per imparare
dall’esperienza, e modificare il proprio comportamento in relazione
all’interazione con l’ambiente esterno.
Dalla capacità di sfruttare energia,
caratteristica dei meccanismi della prima fase dell’industrializzazione, si passa
alla capacità di sfruttare informazione e conoscenza ; e queste ultime divengono
le categorie centrali della più recente fase della rivoluzione industriale.
Le nuove industrie, altamente robotizzate, richiedono un’organizzazione
interna profondamente diversa rispetto alla precedente (dettata dai metodi del
taylorismo).
Non si tratta di accelerare il ritmo di produzione, poiché all’opposto- avere troppe scorte a magazzino sarebbe d’impaccio in quello che è
il vero scopo da perseguire: adattarsi, il più rapidamente possibile,
all’evoluzione delle esigenze di mercato. La nuova impostazione nella gestione
d’impresa è stata introdotta negli anni Ottanta dallo studioso statunitense di
statistica William Edwards Deming; “stokless production” e “just in time” sono
i due termini con cui è stato designato il nuovo sistema di produzione: ‘senza
scorte’, se considerato dal punto di vista del produttore, e capace di arrivare
sul mercato ‘appena in tempo’ per soddisfare la richiesta, se considerato dal
punto di vista -speculare- del consumatore.
Questo nuovo modo di
pianificare la produzione richiede una forma di pensiero che oltrepassa gli
schemi rigidi della semplificazione.
Lo sviluppo della cibernetica, dell’informatica e dell’insieme delle tecnologie di
trattamento automatico dell’informazione ha decretato, secondo Edgar Morin,
la crisi dell’ideale tradizionale della semplicità e del metodo riduzionistico,
volto a identificare costituenti elementari di sistemi composti.
Nozione
centrale, che Morin vede profilarsi in questo nuovo orizzonte, è che la
conoscenza stessa si presenta come un fenomeno complesso, non lineare.
Ogni cesura tra discipline differenti equivale a una rarefazione della possibilità
di comunicazione, e dunque a una “patologia del sapere”.
L’approccio
multidisciplinare è, quindi, uno strumento indispensabile per affrontare una
realtà complessa, dove l’elemento singolo, individuale, non deve venire
dimenticato a favore del tutto, né questo è semplicemente una somma di parti
elementari. Il locale e il globale non sono da considerarsi antagonisti, ma ogni
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
informazione deve essere collocata in un contesto il quale modifica i propri
caratteri in base a tale flusso informativo.
Ragionare in termini di ‘complessità’ è indispensabile, secondo Morin, per
affrontare ogni aspetto della realtà contemporanea: anche una gestione
efficiente e produttiva di quel composito sistema artificiale rappresentato dalle
odierne imprese industriali richiede di seguire i principi metodologici del
pensiero complesso; che egli stesso ha inteso puntualizzare.
La nuova logica della produzione
Sito web del W. Edwards Deming Istitute: www.deming.org
Articles
- Japan’s Secret: W. Edwards Deming
Teachings
- The Deming System of Profound Knowledge
Passi antologici
“Il consumatore è la parte più importante della linea di produzione. Se non
c’è qualcuno che acquista i nostri prodotti, possiamo soltanto chiudere
bottega. Ma di che cosa ha bisogno il consumatore? Come possiamo essergli
utili? Di che cosa pensa di avere bisogno? Può permetterselo? Nessuno ha
tutte le risposte. Per fortuna, per essere buoni manager, non è necessario
conoscerle tutte. [..]
L’uso principale delle ricerche sul consumatore dovrebbe essere quello di
valersi delle sue reazioni per la progettazione del prodotto in modo che il
management possa anticipare le richieste e le necessità di cambiamento e
stabilire così i livelli economici di produzione. Le ricerche sul consumatore
indagano sulle reazioni e richieste e cercano di trovare le spiegazioni di quanto
è stato scoperto.
La ricerca sul consumatore è un processo di comunicazione tra il fabbricante e
gli utenti del suo prodotto [..]
Un tempo, prima dell’era industriale, il sarto, il falegname, il calzolaio, il
lattaio, il fabbro conoscevano i loro clienti per nome.
Sapevano se erano
soddisfatti e che cosa dovevano fare perché il loro prodotto fosse ancor più
apprezzato. [..] Con l’espandersi dell’industria, fu facile perdere questo tocco
personale. Hanno fatto la loro comparsa il venditore all’ingrosso, il rivenditore
e il dettagliante, che hanno effettivamente innalzato una barriera tra il
fabbricante e il consumatore finale.
Ma si sta facendo avanti una nuova
scienza, la tecnica del campionamento statistico, per sfondare questa barriera.
Una volta il processo di fabbricazione era concepito in tre fasi, come si vede
nella figura (a). Il successo dipendeva dall’abilità di indovinare quale tipo di
prodotto si sarebbe venduto e in quale quantità si dovesse produrre. Nella
vecchia maniera, le tre fasi della figura (a) sono indipendenti.
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Docente: Alberta Rebaglia
Figura (a) - La vecchia maniera
1
2
3
progettazione
fabbricazione
commercializzazione
Figura (b) - La nuova maniera. Introduce un’altra fase: il test del prodotto
4
1
3
2
Nella nuova maniera, il management, di solito con l’aiuto di una ricerca sul
consumatore, introduce una quarta fase (si veda la figura (b)):
1. Progettazione del prodotto.
2. Fabbricazione; test sulla linea di produzione e nel laboratorio.
3. Immissione del prodotto nel mercato.
4. Test del prodotto in servizio: si scopre che cosa ne pensa l’utente, e perché
il mancato utente non lo ha acquistato.
(da W. Edwards Deming, L’impresa di qualità , 1982)
“Un’organizzazione quale l’impresa si colloca in un mercato. Produce oggetti o
servizi, cose che le diventano esterne ed entrano nell’universo del consumo.
Limitarsi a una immagine dell’impresa come entità etero-produttrice sarebbe
insufficiente.
Perché producendo cose e servizi, l’impresa, contemporaneamente, si auto-produce. Questo significa che produce tutti gli elementi
necessari alla propria sopravvivenza e alla propria organizzazione.
Organizzando la produzione di oggetti e di servizi, l’impresa si auto-organizza,
si auto-alimenta, se necessario si auto-ripara, e se le cose vanno bene si autosviluppa sviluppando la sua produzione.
La complessità compare nel seguente enunciato: si producono cose e
contemporaneamente ci si auto-produce; il produttore stesso è il proprio
prodotto.
Questo enunciato pone un problema di causalità.
Un primo aspetto è costituito dalla causalità lineare. Se con una certa materia
prima, applicando un certo processo di trasformazione, si produce un certo
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
oggetto di consumo, ci si inserisce in una linea di causalità lineare: una certa
causa produce certi effetti.
Secondo aspetto: causalità circolare retroattiva .
Un’impresa ha bisogno di
normatività. Deve realizzare la sua produzione in funzione dei bisogni esterni,
della sua forza-lavoro e delle sue capacità di energia interne.
Ora come
sappiamo -da circa quarant’anni, grazie alla cibernetica- l’effetto (incremento o
diminuizione delle vendite) può retroagire per stimolare o far calare la
produzione di oggetti e di servizi nell’impresa.
Terzo aspetto: causalità ricorsiva . Nel processo ricorsivo, gli effetti e i prodotti
sono necessari al processo che li genera. Il prodotto è produttore di ciò che lo
produce.
In un’ottica semplificante diremmo: la parte è nel tutto.
In un’ottica
complessa diciamo: non solo la parte è nel tutto; il tutto è all’interno della
parte che è all’interno del tutto! Questa complessità è altra cosa rispetto alla
confusione del tutto è in tutto e viceversa.
Ci troviamo di fronte a sistemi estremamente complessi in cui la parte è nel
tutto e il tutto è nella parte. Questo vale per l’impresa, che ha le sue regole di
funzionamento e all’interno della quale agiscono le leggi della società intera.
Un’impresa si auto-eco-organizza sul mercato, mercato che è un fenomeno
contemporaneamente ordinato, organizzato e aleatorio. Aleatorio perché non
c’è certezza assoluta sulle opportunità e le possibilità di vendere i prodotti e i
servizi, anche se ci sono delle possibilità, delle probabilità, delle plausibilità.
Il mercato è una miscela di ordine e di disordine.
Ordine, disordine, programma, strategia!
La nozione di strategia si contrappone a quella di programma.
Un programma è una sequenza di azioni predeterminate che deve funzionare
in circostanze che ne consentano la realizzazione. Se le circostanze esterne
non sono favorevoli, il programma si ferma o fallisce. [..] la strategia, invece,
elabora uno o più scenari. Fin dal principio si prepara, se c’è qualcosa di
nuovo o di imprevisto, a incorporarlo per modificare o arricchire la propria
azione.
Il programma ovviamente consente un notevole risparmio: non si è costretti a
riflettere, tutto avviene per automatismo. Una strategia, invece, si determina
tenendo conto di una situazione aleatoria, di elementi avversi, addirittura di
avversari, ed è portata a modificarsi in funzione delle informazioni fornite
lungo il percorso, può avere una grandissima elasticità. Ma una strategia, per
essere condotta da un’organizzazione, richiede allora che l’organizzazione non
sia concepita per obbedire a una programmazione, ma possa operare con degli
elementi capaci di contribuire all’elaborazione e allo sviluppo della strategia.
Nell’impresa, il vizio della concezione tayloristica del lavoro fu quello di
considerare l’uomo unicamente come una macchina fisica.
In un secondo
tempo ci si rese conto che esiste anche un uomo biologico; l’uomo biologico
venne adattato al suo lavoro e le condizioni di lavoro a quell’uomo.
Poi,
quando ci si è resi conto che esiste anche un uomo psicologico, frustrato dalla
parcellizzazione dei compiti, si è pensato di integrarli con compiti
complementari. L’evoluzione del lavoro illustra il passaggio dall’unidimensionalità alla multidimensionalità.
[..] la volontà di imporre all’interno di un’impresa un ordine implacabile è
inefficiente. Tutte le istruzioni che, in caso di guasto, di incidenti, di eventi
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
imprevisti, esigeranno il blocco immediato del settore o della macchina sono
anti-efficienti. Bisogna lasciare una parte di iniziativa a ogni livello e a ogni
individuo.
Si pone allora un problema storico globale: come introdurre nelle imprese le
libertà e i disordini che possono essere portatori di adattività e di inventiva,
ma anche di disgregazione e di morte.
[..] Si pone allora il problema di un eccesso di complessità che, alla fine, è
destrutturante. Si può dire in linea di massima che più un’organizzazione è
complessa, più disordine tollera.
Questo le conferisce vitalità, perché gli
individui sono in grado di prendere iniziative per risolvere questo o quel
problema senza dover passare attraverso la gerarchia centrale. E’ un modo
più intelligente di rispondere a certe sfide del mondo esterno. “
(da E. Morin, Introduzione al pensiero complesso, 1990)
da DIZIONARIO
Concetti
Complessità
Autori
Deming, Edwards William
Morin, Edgar
ESERCITAZIONE
1. In quale quadro concettuale si colloca l’affermazione di Deming secondo cui
“la ricerca sul consumatore è un processo di comunicazione tra il
fabbricante e gli utenti del suo prodotto”?
2. In cosa differiscono, secondo Morin, le nozioni di “programma” e di
“strategia”, centrali nell’organizzazione dell’impresa industriale?
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Lezione 10
Docente: Alberta Rebaglia
L’UOMO DIALOGICO
Inquadramento dei temi
I principi dell’informazione e della comunicazione, che la cibernetica struttura
in modo formale, acquisiscono un ruolo sempre più rilevante come orizzonte
comune a molte riflessioni filosofiche degli ultimi decenni.
Linguaggio,
comunicazione, dialogo, interpretazione (ermeneutica) divengono concetti
centrali ed emblematici del modo in cui la filosofia più recente pensa al
rapporto dell’uomo con il mondo.
Hans Georg Gadamer, in Verità e metodo (cfr. lezione 5), delinea i tratti
dell’esperienza ermeneutica, ovvero dello sforzo di interpretazione di testi scritti
e di ogni altra testimonianza del passato. La sua analisi sottolinea come il
compito interpretativo apra un dialogo in cui le esigenze di innovazione
-caratteristiche del presente- vengono arricchite e modificate dall’incontro con
l’inesauribile ricchezza di significati provenienti dalla tradizione.
L’ermeneutica -nella sua più ampia portata filosofica- insegna che la parola
non viene ad aggiungersi, quale strumento comunicativo, a un’esperienza in sé
pre-linguistica. Ogni incontro del soggetto con il mondo fattuale, argomenta
Gadamer, è sempre preliminarmente interno all’orizzonte del linguaggio.
Norwood Hanson, Thomas Kuhn e Paul Feyerabend, radicalizzando le tesi
espresse da Popper (e da altri autori, cfr. lezione 7), evidenziano l’essenziale
linguisticità della nostra esperienza empirica e la problematicità del concetto
di un mondo ‘in sé’, non consistente nella sedimentazione di costruzioni
teoriche e concettuali via via elaborate nel corso della storia. Ne consegue
l’impossibilità di trascendere la dimensione linguistica anche nello sforzo di
conoscenza scientifica.
Videolezione 10
L’uomo dialogico
Sommario:
1. Ermeneutica.
Conoscenza è interpretazione.
La verità fuori dal metodo.
Verità dell’arte.
Il modello del dialogo.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
Relativismo metodologico e realtà linguistica.
(da A. Rebaglia, Scienza e verità. Introduzione all’epistemologia del Novecento)
Capitolo 4: Verità come accordo tra teorie e fatti, §§ 2, 3, 4.
Passi antologici
“La comprensione e l’interpretazione di testi non è solo affare di una scienza,
ma è un aspetto dell’umana esperienza del mondo nel suo insieme.
Il
problema ermeneutico non è in origine un problema metodologico. Esso non
riguarda la questione di un metodo del comprendere, mediante il quale un
testo venga sottoposto alla conoscenza scientifica come un qualunque altro
oggetto dell’esperienza. In generale, anzi, non si tratta qui della costruzione
di una conoscenza certa, che soddisfi all’ideale metodico della scienza; e
tuttavia anche qui si tratta di conoscenza e di verità. Nella comprensione di
ciò che è trasmesso non si comprendono solo dei testi, ma si acquistano delle
idee e si conoscono delle verità.
Come si definiscono questo tipo di
conoscenza e questo tipo di verità?
Dal punto di vista del predominio che, nell’ambito della chiarificazione e
giustificazione filosofica del concetto di conoscenza e del concetto di verità,
possiede la scienza moderna, tale problema sembra privo di una vera
legittimazione.
Tuttavia, anche all’interno delle scienze, non si lascia
facilmente eludere.
Non solo il fenomeno del comprendere impronta di sé
tutti i rapporti dell’uomo col mondo. Esso ha una validità autonoma anche
nell’ambito della scienza, e si rifiuta al tentativo che vorrebbe ridurlo a una
questione di metodo scientifico. [..] Le scienze dello spirito vengono così ad
avvicinarsi a quei tipi di esperienza che stanno al di fuori della scienza:
all’esperienza filosofica, all’esperienza dell’arte, all’esperienza della storia
stessa. Tutte queste sono forme di esperienza in cui si annuncia una verità
che non può esser verificata con i mezzi metodici della scienza.
[..] una situazione ermeneutica è definita dai pregiudizi che in essa portiamo
con noi. Essi costituiscono un orizzonte, l’orizzonte del nostro presente, in
quanto rappresentano i limiti oltre i quali noi non siamo in grado di guardare.
Bisogna però badare a non ritenere che quello che definisce e delimita
l’orizzonte del presente sia un insieme fisso di idee e di valutazioni, una specie
di sfondo rigido sul quale si staccherebbe l’alterità del passato.
In realtà, l’orizzonte del presente è sempre in atto di farsi, in quanto noi non
possiamo far altro che mettere continuamente alla prova i nostri pregiudizi.
Di questa continua messa alla prova fa parte anche, in prima linea, l’incontro
con il passato e la comprensione della tradizione da cui veniamo. L’orizzonte
del presente non si costruisce dunque in modo indipendente e separato dal
passato. Un orizzonte del presente come qualcosa di separato è altrettanto
astratto quanto gli orizzonti storici singoli che si tratterebbe di acquisire
uscendo da esso. La comprensione, invece, è sempre il processo di fusione di
questi orizzonti che si ritengono indipendenti tra loro.
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
[..] il sole non ha cessato di tramontare per noi anche quando l’ipotesi
copernicana è diventata comune oggetto del nostro sapere.
Non è affatto
contradditorio attenersi da un lato all’apparenza visiva e d’altra parte
riconoscerla falsa al livello dell’intelletto. E non è proprio il linguaggio quello
che agisce nella costituzione e nella coordinazione di questi diversi strati di
rapporti vitali? Il nostro parlare di un “calare” del sole non è certo arbitrario,
ma esprime una apparenza effettiva. E’ l’apparenza che si offre a chi sta
fermo. E’ il sole che con i suoi raggi viene a noi e poi se ne va. In questo
senso, il calare del sole è qualcosa di reale per la nostra intuizione. Ora, noi
possiamo liberarci, sottrarci col pensiero a questa evidenza intuitiva mediante
la costruzione di un altro modello, e in quanto abbiamo tale potere possiamo
enunciare la prospettiva intellettuale della teoria copernicana.
Ma non
possiamo pretendere di eliminare o respingere con gli “occhi” di questa
intelligenza scientifica l’apparenza immediata naturale. Ciò è privo di senso
non solo perché l’apparenza visiva è per noi una realtà autentica, ma proprio
perché la verità che la scienza ci dice è essa stessa relativa a un certo modo di
rapportarsi al mondo, e non può pretendere di essere l’intera e unica verità.
E’ invece il linguaggio quello che dischiude l’intero ambito dei nostri rapporti
col mondo, e in questa totalità del linguaggio l’apparenza visiva conserva la
sua legittimità altrettanto quanto la scienza.
[..] nel linguaggio si presenta il mondo stesso.
L’esperienza linguistica del
mondo è “assoluta”. Essa oltrepassa la relatività di ogni posizione d’essere,
giacché abbraccia ogni in sé, quali che siano i rapporti (relatività) in cui esso si
mostra. La linguisticità della nostra esperienza del mondo precede tutto ciò
che è riconosciuto ed enunciato come essente. Il rapporto fondamentale tra
linguaggio e mondo non significa perciò che il mondo divenga oggetto del
linguaggio. Ciò che è oggetto di conoscenza e di discorso è invece già sempre
compreso nell’orizzonte del linguaggio, che coincide col mondo. [..]
All’opposto, l’oggettività che la scienza conosce e su cui fonda il proprio
specifico carattere obiettivo fa anch’essa parte di quelle relatività che sono
abbracciate dal linguaggio in quanto orizzonte del mondo. [..]
Il mondo, che appare nel linguaggio e nel linguaggio si costituisce, non è in sé
e relativo nello stesso senso in cui lo è l’oggetto delle scienze. Non è in sé in
quanto non ha in generale il carattere dell’oggettività e non può, come totalità
onniabbracciante, esser dato come oggetto di esperienza. Ma in quanto è il
mondo, non può neanche essere relativo a una lingua determinata. [..] Né si
può pensare di guardare dall’alto il mondo del linguaggio, giacché non c’è un
punto di vista esterno all’esperienza linguistica del mondo, dal quale tale
esperienza possa essere guardata oggettivamente. La fisica non può fornire
un tale punto di vista, in quanto ciò che essa fa oggetto della sua indagine e
dei suoi calcoli non è in generale il mondo, cioè la totalità dell’essere. [..] Aver
linguaggio significa un modo di essere radicalmente diverso dalla dipendenza
dall’ambiente che caratterizza gli animali. Imparando una lingua straniera,
l’uomo non muta il proprio rapporto col mondo, com’è invece il caso di un
animale acquatico che diventi animale terrestre; l’uomo invece, mantenendo il
suo proprio modo di rapportarsi al mondo, lo amplia e lo arricchisce attraverso
il nuovo mondo linguistico che si appropria.
Chi ha linguaggio, “ha” il
mondo.”
(da H.G. Gadamer, Verità e metodo, 1960)
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Corso: 02CLM Storia della Filosofia Contemporanea
Docente: Alberta Rebaglia
(da Scienza e verità)
Norwood Russell Hanson
Testo 1: Osservazione scientifica, “vedere come”, “vedere che”.
Testo 2: Verità e modelli teorici.
Testo 3: La logica degli esperimenti cruciali.
Thomas Kuhn
Testo 1: Soluzioni di rompicapo nella scienza e criterio di verità.
Testo 2: Rivoluzioni scientifiche come mutamenti di concezione del mondo.
Paul Feyerabend
Testo 1: La scienza come proliferazione di teorie incompatibili
Testo 2: Anarchismo metodologico
Testo 3: La dicotomia realtà-irrealtà
da DIZIONARIO
Concetti
Dialogo
Ermeneutica
Autori
(da Scienza e verità)
Feyerabend, pp.182-184
Hanson, pp.154-155
Kuhn, pp.164-165
ESERCITAZIONE
3. Per quale motivo, secondo quanto afferma Gadamer, “la comprensione e
l’interpretazione di testi non è solo affare di una scienza, ma è un aspetto
dell’umana esperienza del mondo nel suo insieme”?
4. Cosa intende Kuhn affermando che “quando mutano i paradigmi, il mondo
stesso cambia con essi”?
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