I. Introduzione Indossavano un`uniforme nera ed erano il terrore d

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I. Introduzione Indossavano un`uniforme nera ed erano il terrore d
L’ordine nero, la storia delle SS - Heinz Höhne
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Indossavano un’uniforme nera ed erano il terrore d’una nazione. Portavano il teschio sul berretto e avevano giurato eterna fedeltà al Führer. Veneravano la doppia runa del sole e assassinavano milioni di uomini. Nessun
settore della vita nazionale fu al sicuro dal loro intervento: comandavano
la polizia e i servizi segreti. Sorvegliavano la Cancelleria del Reich e i campi
di concentramento. Fornivano gli uomini alle divisioni che portavano il
teschio in Europa. Occupavano posizioni chiave nell’agricoltura, nell’igiene, nella politica nazionale e nella scienza. S’infiltrarono nella tradizionale
fortezza della diplomazia, s’impadronirono dei posti di comando nella burocrazia ministeriale.
Si chiamano Schutzstaffel der Nationalsozialistischen Deutschen
Arbeiter-Partei, abbreviato SS, e si consideravano, come ebbe a dire
l’Hauptsturmführer-SS Dieter Wisliceny: «un nuovo tipo di setta religiosa
con proprie forme e costumi». La setta segreta delle SS non permetteva a
nessun estraneo di mettere il naso nella propria organizzazione; la squadra
di protezione della dittatura del Führer doveva restare un mistero, inquietante e incomprensibile per il cittadino come il leggendario Ordine dei Gesuiti, che la SS ufficialmente combatteva, emulandolo però sin nei minimi
particolari. I signori dell’Ordine Nero segreto si compiacevano dell’effetto
terroristico creato dalla loro immagine. «Polizia segreta di stato, polizia criminale e servizio di sicurezza sono avvolti dal mistero del romanzo giallo
politico» fantasticava l’Obergruppenführer-SS Reinhard Heydrich, capo
della polizia di sicurezza. E il Gran Maestro dell’Ordine, Reichsführer-SS
Heinrich Himmler, confessò non senza enfasi:
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Lo so che in Germania ci sono persone che si sentono male alla sola
vista dell’uniforme nera; lo comprendiamo e non ci aspettiamo certo
d’essere amati da molti.Il popolo sentiva che l’inquietante organizzazione
aveva gettato sul Reich una fitta rete, le cui maglie però non riusciva a
vedere.
Le migliaia di occhi che osservavano ogni passo dei tedeschi erano quasi
invisibili. I tentacoli d’un polipo poliziesco tenevano sotto pressione i connazionali: 45.000 funzionari e impiegati della Gestapo, in 20 uffici direttivi
e 39 uffici periferici e nelle cosiddette antenne di altri 300 uffici direttivi, e
850 commissariati della polizia confinaria, registravano ogni minimo impulso di ostilità al regime. Alla testa dei 65.000 uomini della polizia di sicurezza e dei 2 milioni e 800.000 uomini della polizia d’ordine, 30 ispettori
superiori di SS e polizia vigilavano sulla sicurezza dello stato. Quarantamila
sorveglianti terrorizzavano migliaia e migliaia di presunti o veri avversari del
regime in 20 campi di concentramento e negli annessi 160 campi di lavoro.
A fianco della Wehrmacht c’erano 950.000 militi delle Waffen-SS, di cui
310.000 tedeschi dell’Europa sudorientale e 200.000 stranieri, a sorvegliare
i rivali militari. L’esercito ombra dei 100.000 informatori del Sicherheits������������
dienst (SD) controllava ininterrottamente il pensiero dei cittadini.
In pubblico non trapelava una parola che potesse tradire i metodi delle
SS, nulla doveva rivelare quanto avveniva nel regno di Heinrich Himmler. Egli sorvegliava costantemente che nessun membro dell’Ordine avesse
contatti troppo stretti con i non-iniziati. Ai Führer-SS proibì vertenze di
diritto civile per impedire alla magistratura di interferire negli affari interni
delle SS, e al ministero dell’industria rifiutava di fornire informazioni sulle
aziende di proprietà SS. Alle Totenkopfverbände (formazioni del Teschio)
adibite alla sorveglianza dei campi di concentramento, impartì l’ordine:
Primo: nessuna formazione può esser inviata nel paese d’origine, ad
esempio un reparto pomerano non può prestare servizio in Pomerania.
Secondo: ogni reparto vien trasferito dopo tre mesi. Terzo: gli uomini
della formazione non devono mai essere impiegati isolatamente nel servizio di pattuglia.
Neppure i Führer più influenti del Terzo Reich sapevano cosa accadesse
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nella setta nera. «Non avevo neppur la minima idea delle SS… Nessun
estraneo sapeva nulla sull’organizzazione di Himmler» confessò Hermann
Göring nel 1945.
Soltanto il crepuscolo bruno riuscì a strappare il velo che copriva l’Ordine Nero: sui banchi degli accusati dei tribunali militari alleati, a Norimberga, comparvero gli uomini che per anni avevano comandato le SS,
accusati di aver preparato la guerra e d’aver commesso crimini efferati.
I tribunali militari alleati resero noto ciò che la cortina dell’apparato SS
aveva accuratamente nascosto. Dalle deposizioni dei testi e dai documenti
dell’accusa uscì un quadro apocalittico di follia razzista. Sorse la raccapricciante storia delle SS, un gruppo di puritani psicopatici. Il bilancio del terrore: dai 4 ai 5 milioni di ebrei assassinati, 2 milioni e mezzo di polacchi
liquidati, 520.000 zingari uccisi, 473.000 prigionieri di guerra russi passati
per le armi, 100.000 malati inguaribili asfissiati con il gas nel piano eutanasia.
Il 30 settembre 1946 i giudici alleati condannarono le SS di Himmler,
dichiarandole organizzazione criminale. Motivo: «Le SS furono impiegate
per scopi criminali: persecuzione e sterminio degli ebrei, brutalità e omicidi nei campi di concentramento, abusi nell’amministrazione delle zone
occupate, attuazione d’un programma di lavori forzati, maltrattamento
e assassinio di prigionieri di guerra». Conseguenza: sospetti del crimine
erano perciò anche tutti coloro «i quali ufficialmente erano iscritti come
membri delle SS… erano diventati membri dell’organizzazione o erano
rimasti tali sapendo d’essere impiegati per l’esecuzione di atti considerati
criminosi dall’articolo 6 dello Statuto di Londra sui crimini di guerra».
La Schutzstaffel, un tempo centro collettore d’una presunta élite, si
trasformò nell’«armata dei proscritti», come il General-SS Felix Steiner la
chiamò masochisticamente. Il verdetto degli Alleati aveva, in verità, un
grave difetto: non spiegava perché più d’un milione di uomini fossero diventati da un giorno all’altro dei massacratori; non spiegava dove le SS
avessero preso la forza di trasformare la follia razzistica del regime nazionalsocialista in un’impresa mostruosa.
Le ex SS non vollero o non poterono decifrare questo enigma. Cercando pretesti, dicendo di non aver mai saputo niente, addossarono sempre la
responsabilità sui camerati ormai già morti. Il primo che osò fare una certa
autocritica fu l’ex Untersturmführer-SS Erich Kernmayr, alias Kern, nel libro La grande ebbrezza. Ben presto, però, all’ombra di correnti nostalgiche
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della Germania occidentale, prese a sorgere una letteratura giustificatoria
di ex Führer-SS, i quali evidentemente seguivano l’aureo principio che si
può tranquillamente speculare sulla cattiva memoria dei contemporanei.
Il decano delle Waffen-SS, l’Oberstgruppenführer Hausser nell’aula del
tribunale di Norimberga non riuscì a ricordarsi d’aver mai visto Himmler
fra le truppe. Allo Sturmbannführer-SS Brill la Allgemeine-SS sembrava
un’«associazione di volontari» con la quale le Waffen-SS non avevano mai
avuto nulla a che fare, e tutti gli uomini delle SS confermarono ripetutamente: «L’odio razziale non era stato mai predicato».
Le scarne figure sopravvissute alle camere a gas di Auschwitz e di Maidanek, e alle sale di tortura di Dachau e Buchenwald fornirono la loro versione dell’enigma SS: un’organizzazione monolitica mossa da una volontà
diabolica e composta di ideologi fanatici e di perversi funzionari, che aveva
conquistato pian piano tutte le posizioni di potere del Terzo Reich. Nel suo
bestseller Lo Stato SS, Eugen Kogon, ex prigioniero di Buchenwald, immaginò i Führer dell’Ordine Nero come una cricca operante unitariamente, «decisa a tutto, dove la pianificazione avveniva per gradi; ogni obiettivo
parziale era perseguito con inesorabile durezza». Solo così, deduce Kogon,
è potuta sorgere la «perfetta struttura» dello Stato-SS, «che prima s’impadronì del partito, poi della Germania e infine dell’Europa». In altre parole:
i campi di concentramento furono la matrice dello Stato-SS, che fu il vero
dominatore nell’Europa di Adolf Hitler.
Continua....