1. Spie, bugie e fuorilegge sensuali

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1. Spie, bugie e fuorilegge sensuali
Violent Femmes - Rosie White
Odoya
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Uomini-spia nella letteratura popolare
Questo capitolo prende in esame la figura dell’uomo spia nella letteratura popolare inglese del Ventesimo secolo. A prima vista sembra che,
presentare l’uomo-spia come principio e la donna-spia come una sua pallida imitazione, rinforzi la supremazia culturale della mascolinità, ma non è
questo il caso. Lo scopo di questo approccio è, piuttosto, quello di tracciare
contraddizioni e assenze all’interno delle rappresentazioni letterarie della
mascolinità, sulla scia del crescente filone che rivendica la sua specificità
storica e sociale (si veda Mangan e Walvin 1987, Roper e Tosh 1991, Rutherford 1997, Boyd 2003). A questo proposito, la discussione s’incentra
su quattro potenti spie nel panorama letterario: la Primula Rossa, Richard
Hannay, James Bond e Alec Leamas. Questi personaggi segnano dei cambiamenti nei testi letterari sullo spionaggio, dalla “grande partita” ad una
realtà più confusa, e disegnano pure una storia eccentrica dell’Inghilterra
moderna dal 1900 agli anni sessanta. Per la saga della spia quegli anni furono determinanti per la sua formazione. Le storie inglesi edificarono un
modello sul quale le spie degli anni successivi, sia in letteratura che nella
realtà, si dovettero necessariamente misurare; tuttavia, queste figure sono
costruzioni incerte, che incorporano fantasie su un potere e un’organizzazione monolitici e allo stesso tempo sopprimono a stento coloro ai quali
presumibilmente si oppongono. Questo capitolo esamina quindi quattro
spie alla luce della celebre teoria “bizzarra”, che sostiene come le norme
sociali dominanti siano proclamate su categorie subordinate (si veda Butler
1990, Sedgewick 1991). La frammentazione, lo straniero e la donna inseguono questi eroi, tuttavia essi dipendono da queste forze avversarie. Gli
uomini-spia della letteratura iniziano dunque a parlare delle spie nei primi
anni del Novecento, mentre le donne fatali e non, che abitano i margini
delle loro storie, richiamano l’attenzione sulla mutabilità della mascolinità
e sui dibattiti contemporanei circa il ruolo delle donne nella vita pubblica.
All’inizio del Ventesimo secolo la mascolinità inglese coincideva con
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l’uomo bianco, della classe media ed eterosessuale (Rutherford 1997). Il
culto vittoriano ed eduardiano della “mascolinità” potrebbe essere stato
fondato in Gran Bretagna all’interno del sistema scolastico pubblico, ma fu
esportato negli USA come parte di un rinnovato fascino per la salute fisica
e mentale (Park 1987). Contrario agli ideali di nobiltà, di Cristianità e di
onore, la professione di spia richiede ai suoi cadetti di acquisire capacità che
si contrappongono alle identità nazionali e di genere. In particolare, alla
spia si richiede di sviluppare connotazioni criminali, di ingannare gli altri
e camuffare se stessa per sfuggire alla cattura o per ottenere informazioni.
Tali travestimenti entrano in conflitto con i racconti del tardo Ottocento
e dei primi del Novecento sulla mascolinità dei bianchi, poiché impiegano
caratteristiche molto più spesso proiettate su coloro che non rientrano nei
canoni. L’uomo-spia, nonostante il suo ruolo di eroico protagonista, viene
quindi oscurato da una non conformità alle regole; dopotutto spiare significa essere devious. In effetti, l’uomo-spia deve acquisire abilità che sono,
per stereotipo e in modo dispregiativo, ascritte non solo alla criminalità
ma anche all’essere donna: bisogna essere furtivi, doppia faccia e insidiosi.
Nei primi romanzi, come quelli di Hannay dello scrittore Buchan, queste
abilità sono proprie degli avversari stranieri; di qui, la femminilità e la minaccia straniera all’essere inglese sono di frequente escluse (Hiley 1990:73).
Questo aspetto è rappresentato ampiamente nel lavoro di autori chiave
che hanno contribuito a formare le conoscenze popolari sullo spionaggio,
da Buchan a Fleming e le Carrè in quanto essi rifrangono gli interessi ed i
contesti di fasi storiche importanti1. Sull’avanzare del Ventesimo secolo, i
romanzi inglesi presentano una spia in versione gentiluomo, la cui professione però contrasta con ogni tipo di condotta da gentleman.
La spia aristocratica: La Primula Rossa della Baronessa Orczy
Christine Bold, nel suo saggio sulle spie nella letteratura popolare americana dell’Ottocento, nota quanto gli autori abbiano non solo “mascolinizzato ‘la grande partita’ e legato lo spionaggio al mito della frontiera
per scoprire caratteristiche eroiche per la spia, ma abbiano anche usato la
figura della spia per dare un senso ai cambiamenti sociali in corso” (Bold
1990: 18). Lo spirito di frontiera è tipicamente americano, ma la difficoltà
di attribuire un tratto propriamente eroico a una spia è una problematica
comune a ogni scrittore. Molte raffigurazioni della spia ovviano al problema ponendo l’accento sull’amore per l’avventura, su visioni virtuose e
soluzioni appropriate; eppure, tali enfasi rivelano la natura contraddittoria
del ruolo della spia. Se è vero che le spie possono aiutare a dare un senso
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ai cambiamenti sociali allora in corso nel Ventesimo secolo, esse svelano
pure le mancanze e le contraddizioni delle ideologie che formano questi
ordini sociali. Gli uomini hanno quindi personalità egemoniche, poiché
costituiscono l’ordine dominante e lo mettono in discussione. Una figura
così contraddittoria appare in un romanzo dei primi del Novecento che
lotta persino per essere riconosciuto come romanzo spionistico: La Primula
Rossa. Se William Le Queux scrisse romanzi spionistici che confluiscono nel
genere romantico, la creazione più famosa della baronessa Orczy rientra
invece nel genere romantico e viene considerata un romanzo spionistico
spesso con riluttanza (McCormick 1977: 147, Panek 1981: 5-16). In molti
si rifiutarono di pubblicare La Primula Rossa. Orczy e suo marito, per nulla
scoraggiati, fecero del manoscritto un’opera teatrale che venne messa in
scena con grande successo a Nottingham nel 1903; il romanzo venne successivamente pubblicato nel 1905 (McCormick 1977: 147-8, Staples 1988:
232-3). Il personaggio principale, Sir Percy Blakeney, sopravvisse per diversi romanzi successivi e ispirò molti adattamenti cinematografici e televisivi.
La versione cinematografica più popolare, piuttosto fedele al romanzo, è La
Primula Rossa di Harold Young (1934) in cui recitò Leslie Howard. Ambientato durante la rivoluzione francese, narra le avventure di un’attrice francese, Marguerite St. Just, sposata con Sir Percy Blakeney e ignara dell’identità
segreta del marito (appunto la Primula Rossa, misterioso liberatore della
nobiltà francese). La storia segue una traiettoria romantica, in quanto i coniugi sono inconsapevolmente uniti contro Chauvelin, spia repubblicana,
ma alla fine i due si ritrovano. All’inizio del romanzo i due sono sposati da
un anno, anche se vengono separati appena un giorno dopo le nozze a causa dell’involontario tradimento di Marguerite nei confronti del marchese
de St. Cyr, il quale venne poi giustiziato. Tutti i personaggi principali sono
agenti segreti; Percy Blakeney, leader di un’organizzazione amatoriale di
spie, Chauvelin, spia di professione della Francia rivoluzionaria e Marguerite che, con il suo tradimento alle spalle, è costretta da Chauvelin a tradire
la Primula per salvare il fratello Armand. La contrapposizione tra l’eroico
Blakeney e il rozzo Chauvelin è chiarissima lungo tutto il romanzo; la loro
opposizione racchiude in sé l’innata supremazia dell’aristocratico purosangue sull’uomo comune. Blakeney, però, rappresenta un eroe camaleontico
le cui abilità nel travestimento e nella dissimulazione sono eccezionali.
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