47_bm politiche passive, salario sociale e salario minimo

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47_bm politiche passive, salario sociale e salario minimo
Politiche
passive, salario
sociale e
salario minimo:
Francia,
Germania,
Italia, Regno
Unito e Spagna
a confronto
a cura dello
Staff di Statistica Studi e Ricerche sul Mercato
del Lavoro - SSRMdL
INDICE
INTRODUZIONE .......................................................................................................... 3
FRANCIA ..................................................................................................................... 5
POLITICHE PASSIVE ................................................................................................... 5
SALARIO SOCIALE ...................................................................................................... 6
SALARIO MINIMO ....................................................................................................... 7
GERMANIA .................................................................................................................. 7
POLITICHE PASSIVE ................................................................................................... 7
SALARIO SOCIALE .................................................................................................... 10
SALARIO MINIMO ..................................................................................................... 11
ITALIA ...................................................................................................................... 12
POLITICHE PASSIVE ................................................................................................. 12
SALARIO SOCIALE .................................................................................................... 14
SALARIO MINIMO ..................................................................................................... 15
REGNO UNITO .......................................................................................................... 16
POLITICHE PASSIVE ................................................................................................. 16
SALARIO SOCIALE .................................................................................................... 18
SALARIO MINIMO ..................................................................................................... 19
SPAGNA .................................................................................................................... 21
POLITICHE PASSIVE ................................................................................................. 21
SALARIO SOCIALE .................................................................................................... 24
SALARIO MINIMO ..................................................................................................... 24
BREVI CONCLUSIONI................................................................................................ 25
A cura di Alberto Cuevas. Nell’elaborazione delle schede Paese hanno collaborato:
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Andrea Fontanesi – Italia;
Marco Vittore Capitini – Regno Unito;
Jonathan Eskinazi – Francia, Spagna;
Gianni Arrigo – Germania;
Enrico Limardo – Belgio;
Paolo Botta – Danimarca, Paesi Bassi;
Gabriele Olini – Svezia.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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POLITICHE PASSIVE, SALARIO SOCIALE
E SALARIO MINIMO
INTRODUZIONE
L'Europa non sembra ancora riuscire a superare la crisi, e ciò aggrava la sua divisione. Vari
Paesi registrano un aumento drammatico della disoccupazione, specie giovanile. Occorrono
pertanto politiche occupazionali europee più efficaci, specie verso gli Stati membri in difficoltà.
In questo scenario, va sottolineata l’importanza degli strumenti di sostegno al reddito, sia con
riferimento a chi ha perso il lavoro o è in procinto di perderlo (sussidio di disoccupazione),
sia per quanto riguarda il salario sociale, inteso come reddito di cittadinanza, ovvero un
contributo da parte dello Stato a favore di chiunque si trovi in stato di povertà, a prescindere
dalla situazione contingente rispetto al lavoro. Va sottolineato che esiste anche il salario
minimo, da non confondersi con il concetto di reddito minimo di cittadinanza, nell’accezione di
cui sopra. Il salario minimo riguarda coloro che risultano già occupati e rappresenta la soglia
retributiva al di sotto della quale non si può spingere il salario contrattuale.
Nel mezzo della crisi più dura dal dopoguerra a oggi, dall'interno di una “empasse” economica
e politica di cui si fa fatica a immaginare la conclusione, oggi emerge con forza e
determinazione la necessità di ridefinire l'idea stessa di welfare. Questo, in considerazione
della stessa Carta europea dei diritti fondamentali, che all’art. 34 riconosce il diritto
all’assistenza sociale e a garantire un’esistenza dignitosa ai cittadini, e l’art. 36 della nostra
Costituzione, nel quale si ribadisce il diritto del lavoratore ad una retribuzione proporzionata
alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un'esistenza libera e dignitosa.
Va anche sottolineato come la nuova strategia Europa 2020, approvata dal Consiglio europeo
in sostituzione di quella di Lisbona, si riprometta di sostenere l’Unione Europea nella sua
determinazione di “evitare il declino” e di uscire più forte dalla crisi, di preparare la sua
economia ad affrontare con successo le sfide del prossimo decennio e di assicurare un
maggiore coordinamento delle decisioni politiche e la sostenibilità dei bilanci pubblici. Tra i suoi
obiettivi strategici rientra quello di liberare dal rischio di povertà almeno 20 milioni di persone.
Si tratta di un dibattito intrapreso in sede europea già da molti anni. La raccomandazione della
Commissione europea n. 441/92 riconosceva infatti “il diritto fondamentale della persona a
risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana”, insistendo
affinché l'obiettivo centrale dei regimi di sostegno del reddito debba essere quello di far uscire
le persone dalla povertà.
Liberare dalla povertà 20 milioni di persone significa da una parte realizzare un efficace
sistema di ammortizzatori sociali a favore di coloro che hanno perduto il lavoro, ma anche
sostenere il reddito di coloro che un impiego non lo hanno, in un’ottica solidaristica.
Esaminiamo quindi il contesto di riferimento in alcuni Paesi membri: Francia, Germania, Italia,
Regno Unito e Spagna. In particolare Germania e Spagna, con un’architettura della governance
per molti aspetti simile a quella italiana, risultano attualmente agli antipodi tra loro per le
caratteristiche sociali ed economiche che li contraddistinguono. La Germania rappresenta un
modello di successo, contrastando gli effetti della crisi in modo efficace e proattivo, mentre la
Spagna, dopo il boom economico registrato negli anni Novanta, si trova oggi a fare i conti con
una disoccupazione ai massimi storici (in particolare quella giovanile) e un sistema Paese che
ha forti difficoltà a uscire dall’attuale situazione di ristagno, presentando per certi aspetti un
contesto simile al nostro.
In Francia, con l’aumento della disoccupazione, si è passati progressivamente da un indennizzo
di disoccupazione di lunga durata a un indennizzo più breve. Quest’evoluzione ha avuto come
effetto di trasferire la presa in carico dei disoccupati di lunga durata in altre categorie di sussidi
come quelli di tipo reddito sociale.
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Nel Regno Unito, il sistema di protezione sociale è su base obbligatoria e le prestazioni previste
sono strutturate su due modalità (di cui si tratterà in seguito). Esiste anche il salario sociale,
uno schema finanziato dalla fiscalità generale per aiutare economicamente singoli bisognosi
che si trovano sotto soglia minima di sopravvivenza.
In Italia l’attuale quadro istituzionale prevede che le politiche passive del lavoro siano di
competenza esclusiva dello Stato mentre le politiche attive sono assegnate alla competenza
legislativa concorrente di Stato e Regioni. Manca infatti un’Agenzia unica come la BA tedesca
che gestisca con buone performances ammortizzatori sociali e l’intermediazione
domanda/offerta. La crisi economica ha però determinato in Italia un parziale superamento di
questa dicotomia: nell’ambito del piano d’azione di contrasto alla crisi, il nostro Paese, ha
individuato una serie di linee strategiche e operative, facendo interagire le politiche passive,
finanziate con i fondi nazionali, e le politiche attive, realizzate con il supporto del Fondo Sociale
Europeo. Un ulteriore passo potrebbe essere proprio la costituzione di un’Agenzia Nazionale
che, sul modello di quelle europee (Pole Emploi in Francia, Jobcentre Plus nel Regno Unito, BA
in Germania, UWV-WERKbedrijf nei Paesi Bassi, ad esempio), unisca in un’unica struttura
(composta dagli attuali Servizi per il lavoro, le Agenzie tecniche del Ministero del lavoro Italia
Lavoro e ISFOL, assieme all’INPS) le due tipologie di politiche, con l’obiettivo primario di
arrivare ad una percentuale di intermediazione prossima a quella delle Agenzie citate.
Riprendendo infine il tema del salario minimo, emerge come venti Paesi europei lo abbiano già
regolamentato. Vi sono però Paesi, come la Germania che non hanno un Salario Minimo
Nazionale e tuttavia esiste una legislazione che stabilisce salari minimi per legge ma questi
sono regolati per settore di attività e per regione.
Vi sono altri Paesi quali la Danimarca, l’Italia, l’Austria, la Finlandia, la Svezia, l’Islanda, la
Norvegia e la Svizzera che non hanno una legislazione sul Salario Minimo e dove i salari
vengono fissati attraverso la Contrattazione Collettiva, Accordi di settore o anche a livello
individuale:
Lussemburgo
Irlanda
Paesi Bassi
Belgio
Francia
Regno Unito
Slovenia
Spagna
Malta
Grecia
Portogallo
Croazia
Turchia
Polonia
Slovacchia
Repubblica Ceca
Ungheria
Estonia
Lettonia
Rumanía
Bulgaria
1.801,49
1.461,85
1.446,60
1.443,54
1.398,37
1.201,96
763,06 €
748,30 €
679,87 €
588,00 €
565,83 €
373,36 €
362,84 €
336,47 €
327,00 €
310,23 €
295,63 €
290,00
285,92 €
161,91 €
138,05 €
€
€
€
€
€
€
Note:
a) Tutti i dati si riferiscono al primo trimestre del 2012.
b) Ci sono paesi in cui è previsto il Salario Minimo in 14 mensilità (Grecia, Spagna e
Portogallo), la cifra qui indicata per questi paesi tiene conto di tutte le mensilità, e cioè la cifra
qui indicata e la somma delle 14 mensilità diviso 12 .
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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c) Il salario minimo di cui sopra corrisponde all'importo lordo (prima delle imposte e dei
contributi di sicurezza sociale).
d) Questi salari corrispondono al salario minimo a tempo pieno (40 ore a settimana nella
maggior parte dei paesi).
f) La cifra indicata per la Grecia tiene conto del taglio imposto dalla troika (Commissione
europea + BCE + FMI) che ha portato il Salario Minimo greco da 877€ a 588. Per chi ha meno
di 25 anni il salario minimo è stato ridotto a 510 euro.
g) Anche gli Stati Uniti hanno il Salario minimo che nel 2012 era di 971,22€.
Il confronto tra questi Paesi con la realtà italiana, ci consente pertanto di individuare un
possibile modello di dimensione sociale correlata a politiche attive e passive del lavoro efficaci.
FRANCIA
POLITICHE PASSIVE
La spesa pubblica in percentuale sul PIL in riferimento alle politiche passive è stata nel 2010
(fonte Eurostat) pari al 1,46% (sul totale delle politiche del lavoro del 2,59%). In Francia,
l’indennità di disoccupazione esiste dal 1958. In quest’arco di tempo, le regole di attribuzione
sono state in costante evoluzione per adeguarsi ai cambiamenti del contesto economico e alle
nuove tipologie di beneficiari. Con l’aumento della disoccupazione, la durata dell’indennizzo si
è progressivamente allungata per poi essere ridotta a partire degli anni 1990 mentre l’accesso
a questo sussidio si apriva a nuove fasce di disoccupati. Si passa progressivamente da un
indennizzo di disoccupazione di lunga durata a un indennizzo più breve, però per periodi
ricorrenti.
Quest’evoluzione ha avuto come effetto di trasferire la presa in carico dei
disoccupati di lunga durata in altre categorie di sussidi come quelli di tipo reddito sociale.
L’indennità di disoccupazione, viene chiamata assicurazione contro la disoccupazione, ed è
finanziato da un fondo paritetico costituito dai contributi versati dai datori di lavoro e dai
dipendenti. Le regole di gestione di questo fondo sono periodicamente discusse e danno luogo
ad accordi che fissano le regole di indennizzo e i livelli di contribuzione rispettivi dei datori di
lavoro e dei dipendenti. L’assicurazione contro la disoccupazione si articola in sussidi specifici
in funzione della situazione dei beneficiari:
Sussidio di disoccupazione per dipendenti di età inferiore a 50 anni
L’apertura dei diritti al sussidio di disoccupazione è subordinata alle seguenti condizioni:
• Essere iscritto come disoccupato all’agenzia per l’impiego;
• avere lavorato almeno 122 giorni o 610 ore (circa 4 mesi) nel corso dei 28 ultimi mesi.
Questi periodi di lavoro non sono necessariamente continuativi e i datori di lavoro possono
essere diversi;
• trovarsi involontariamente senza lavoro. Questo esclude dal beneficio del sussidio di
disoccupazione le persone che hanno volontariamente rassegnato le proprie dimissioni;
• essere in condizioni fisiche idonee per lavorare;
• dimostrare di essere effettivamente alla ricerca di un lavoro nell’ambito di un piano
personalizzato d’inserimento al lavoro. Il piano personalizzato è definito con il funzionario di
Pole Emploi e firmato dal beneficiario. In questo piano sono descritte le caratteristiche del
lavoro ricercato, il tipo di contratto (tempo pieno o part time, tempo determinato o
indeterminato…) l’area geografica di ricerca, lo stipendio atteso, e soprattutto le azioni del
piano che mirano a migliorare le possibilità d’inserimento come ad esempio la formazione.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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• Inferiore a 1128€
• Sussidio di disoccupazione versato
(lordo)
• 75% dello stipendio lordo
• Compreso tra 1128€ e 1240€
• 28,21€ al giorno
• Compreso tra 1240€ e 2041€
• 40,4% dello stipendio giornaliero lordo
+ 11,57€ al giorno
• 57,4% dello stipendio giornaliero lordo
• Salario mensile lordo di riferimento
1
• Compreso tra 2041€ e 12124€
Il sussidio di disoccupazione è calcolato sulla base degli stipendi lordi degli ultimi 12 mesi e
versato mensilmente. Nel calcolo non vengono considerate le indennità di licenziamento o il
pagamento di ferie non godute. La prima settimana di disoccupazione non da diritto a sussidio.
Il beneficio del sussidio di disoccupazione no può superare 730 giorni. Dentro di questi limiti,
una giornata di lavoro da diritto a una giornata d’indennizzo. Il versamento del sussidio viene
interrotto se la persona disoccupata non mantiene l’iscrizione mensile ai servizi per l’impiego,
se non dimostra di ricercare un lavoro, o nel caso di superamento dei 730 giorni.
La ripresa di un’attività professionale non significa necessariamente l’interruzione dei
versamenti. In caso di ripresa parziale di attività o di una attività retribuita al di sotto
dell’indennità di disoccupazione percepita, il salario viene parzialmente completato con
l’indennità di disoccupazione.
Sussidio di disoccupazione per dipendenti di età superiore a 50 anni
Per i dipendenti di età superiore ai 50 anni sono previste delle regole specifiche che
disciplinano il collegamento tra sussidio di disoccupazione ed età pensionabile o che agevolano
questo target specifico considerando la maggiore difficoltà per collocarsi nel mercato del
lavoro. In questo senso, per aver diritto all’indennità di disoccupazione è necessario:
• non aver maturato i requisiti per il pensionamento in funzione dell’anno di nascita; Tuttavia,
se raggiunta l’età pensionabile non sono stati maturati i contributi sufficienti per poter
beneficarsi di una pensione a tasso pieno, il diritto a beneficare dell’indennità di
disoccupazione viene mantenuto fino al completamento dei contributi mancanti;
• avere lavorato almeno 122 giorni o 610 ore (circa 4 mesi) nel corso dei 362 ultimi mesi.
La massima d’indennizzo è superiore al caso generale: 1095 giorni in vece di 730.
Misure per incentivare la creazione d’imprese
I percettori dell’indennità di disoccupazione che hanno un progetto di creazione d’impresa
possono ricevere in due versamenti l’integralità delle loro indennità. Un primo versamento
viene effettuato nel momento della creazione e il secondo sei mesi dopo.
SALARIO SOCIALE
Il redito sociale è stato creato in Francia nell’anno 1988 con la denominazione di Redito minimo
d’inserimento RMI. A partire del 2009, il redito di solidarietà attiva (RSA) sostituisce il
dispositivo precedente mettendo l’accento sugli aspetti legati all’inserimento lavorativo
piuttosto che sull’aspetto sociale. Il RSA è di competenza amministrativa e finanziaria dei
Dipartimenti (Province).
Il RSA è principalmente rivolto alle persone prive di lavoro e di redito. Tuttavia, al fine di
evitare situazioni che disincentivano la ricerca di lavoro, è stata data la possibilità di sommare
il RSA con il redito proveniente di un’attività lavorativa a condizione di rimanere al di sotto del
salario minimo per una persona sola o 1,4 del salario minimo per una coppia. Di fatto
1
2
Calcolo del sussidio di disoccupazione in funzione della retribuzione previa alla perdita del lavoro. (1 luglio 2012)
Il periodo di riferimento considerato è più lungo di quello riconosciuto ai disoccupati di età inferiore ai 50 anni.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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coesistono due categorie di beneficiari. I cosiddetti lavoratori poveri che usufruiscono del (RSA
Activité) e i beneficiari privi di occupazione che percepiscono il RSA Socle ossia il sussidio di
base all’esclusione di qualsiasi altro reddito. Fine 2010 2,2 milioni di persone erano iscritti
come beneficiari del RSA. 1,6 milioni nella categoria delle persone senza lavoro e 0,6 milioni in
quella dei lavoratori (RSA Activité).
Il RSA si basa su un sistema di diritti e doveri; Il diritto al redito è associato ad un
accompagnamento professionale e sociale della persona che deve a sua volta ricercare
un'occupazione o intraprendere azioni a favore di un migliore inserimento. I beneficiari del RSA
devono essere di una età superiore ai 25 anni. Tuttavia il RSA può essere percepito da persone
sole di meno di 25 anni con un figlio a carico o che hanno lavorato 2 anni negli ultimi tre anni.
La residenza effettiva e permanente in Francia è obbligatoria. Per gli stranieri non appartenenti
all’UE viene richiesto un permesso di soggiorno e lavoro di almeno 5 anni di anzianità.
L’ammontare del RSA varia in funzione della situazione economica del beneficiario e della sua
famiglia. Si applicano i seguenti parametri (dati al mese di Gennaio 2012):
Caso generale
Beneficiari avendo diritto a una
maggiorazione (genitore solo,
donne incinta)
coppie
Senza figli
425,25 €
562,55 €
608,88 €
1 figlio
608,88 €
711,41 €
726,31 €
2 figli
726,31 €
890,72 €
871,28 €
3 figli
919,61 €
1097,57€
1064,58 €
4 figli
1112,91 €
1304,42 €
1257,88 €
5 figli
1306,21 €
1511,27 €
1451,18 €
Per figlio supplementare
+ 193,30 €
+ 206,85 €
+ 193,30 €
SALARIO MINIMO
In Francia, il salario minimo viene denominato salario minimo inter categoriale di crescita,
(SMIC) ed è il salario orario sotto il quale è vietato remunerare un lavoratore dipendente e ciò,
indipendentemente dalla forma della sua retribuzione (al tempo, al rendimento, al compito,
alla parte, alla commissione o alla mancia). Lo SMIC garantisce ai lavoratori dipendenti meno
retribuiti un potere d'acquisto ed una partecipazione allo sviluppo economico della nazione.
L'importo dello SMIC orario lordo è pari a 9,43 €, cioè 1 430,22 € lordi mensili sulla base della
durata legale di lavoro 35 ore settimanali.
Il numero totale dei dipendenti con un livello di retribuzione pari allo SMIC era di 2,5 milioni al
1 gennaio del 2011 ossia circa 11% del totale dei dipendenti apprendisti esclusi. Lo SMIC si
applica a tutti i dipendenti di al meno 18 anni di età appartenenti al settore privato o al settore
pubblico, se occupati nelle stesse condizioni del privato. Un SMIC ridotto può essere applicato
agli apprendisti o a giovani con contratti d’inserimento al lavoro. Il codice del lavoro prevede la
rivalutazione del SMIC il primo gennaio di ogni sulla base dell’evoluzione dell’indice mensile di
variazione dei prezzi al consumo e quando l’indice supera un incremento di al meno 2%
rispetto all’anno precedente.
GERMANIA
POLITICHE PASSIVE
La spesa pubblica in percentuale sul PIL in riferimento alle politiche passive è stata nel 2010
(fonte Eurostat) pari all’1,3% (sul totale delle politiche del lavoro del 2,3%), per una
percentuale di incidenza dei partecipanti sul totale delle forze di lavoro del 10,5%.
L’indennità di disoccupazione non è uno strumento universale, nel senso che trova applicazione
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.7
esclusivamente all’interno del lavoro dipendente. Tutti i lavoratori dipendenti inclusi gli
apprendisti sono infatti soggetti all’assicurazione contro la disoccupazione. Alcuni gruppi di
persone, come per esempio i dipendenti della Pubblica Amministrazione a statuto speciale
(“Beamte”) e i lavoratori che hanno raggiunto l’età pensionabile sono esenti dal pagamento di
contributi, che sono a carico del datore di lavoro e del lavoratore, al 50%. Attualmente (2012),
la quota è del 3% dello stipendio lordo e la soglia massima sulla quale si pagano contributi si
attesta a 66 mila euro all’anno (nelle regioni dell’Est: 57.600 euro). Anche l’indennità di
disoccupazione (ALG I) dipende dal livello dell’ultimo stipendio e corrisponde al 60% del salario
netto (67% per disoccupati con figli).
Come per i contributi esiste anche per l’indennità un tetto massimo: per acquisire il diritto
all’indennità è necessario aver lavorato (in un impiego soggetto al pagamento dei contributi
sociali) per un anno intero nel corso degli ultimi due anni. La durata del sussidio dipende dalla
durata dell’ultimo impiego, in linea di massima si riceve l’indennità per la metà dei mesi
lavorati, fino a 12 mesi.
Il trattamento dei disoccupati anziani è più favorevole rispetto ai loro colleghi più giovani. Oltre
i 50 anni di età, maturano infatti il diritto a un’indennità di disoccupazione per un periodo più
lungo: dopo 30 mesi di impiego possono ricevere il sussidio per una durata fino a 15 mesi,
all’età di 55 anni e dopo 36 mesi di impiego possono invece ricevere l’indennità per 18 mesi
(58 anni e 48 mesi di impiego: 24 mesi di indennità). Più complessa si presenta la situazione
per i liberi professionisti e i lavoratori autonomi. In genere essi non possono assicurarsi contro
il rischio della disoccupazione attraverso il sistema di welfare tedesco. Nel caso che siano
anche datori di lavoro, sono tenuti però a registrare i loro dipendenti presso l’Agenzia Federale
del Lavoro entro 14 giorni dallo loro assunzione.
Per facilitare la transizione fra lavoro dipendente e imprenditorialità, è stata introdotta la
possibilità di continuare il pagamento di contributi per l’indennità di disoccupazione su base
volontaria. Questa misura è stata pensata come camera di compensazione verso i rischi e le
incertezze riguardo il successo della nuova impresa.
Oltre all’indennità di disoccupazione, la Germania ha introdotto strumenti differenziati per
aziende in difficoltà congiunturale e aziende in difficoltà per il carattere stagionale del loro
settore. Il cosiddetto KUG (Kurzarbeitergeld) è un ammortizzatore sociale finalizzato al
mantenimento dell’occupazione mediante la riduzione temporanea dell’orario di lavoro, al fine
di evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esubero di personale. Ci sono due
casi nei quali un’impresa può richiedere questo sussidio:
•
•
per motivi congiunturali;
per motivi stagionali (tra dicembre e marzo).
Mentre i problemi congiunturali possono colpire imprese in tutti i settori industriali, il KUG
stagionale è concesso soltanto a imprese edilizie e di giardinaggio le quali si trovano in
difficoltà. La durata dell’erogazione, precedentemente limitata a 6 mesi, è stata prorogata nel
2009 in via straordinaria a 18 mesi, in casi eccezionali fino a 24 mesi. Sempre del 2009 è stato
invece erogato un sussidio per le imprese che utilizzano il periodo di orario di lavoro ridotto per
un’attività di formazione. Esse possono richiedere il rimborso dei contributi sociali per i
lavoratori coinvolti, mentre senza la formazione il rimborso corrisponde soltanto alla metà dei
contributi.
Se l’erogazione del KUG congiunturale non è sufficiente per traghettare l’azienda coinvolta
attraverso il periodo di difficoltà e si rende necessario una profonda ristrutturazione
dell’impresa che porta a un licenziamento collettivo, scatta una procedura regolamentata che
coinvolge come attori l’azienda stessa, i sindacati aziendali e l’Agenzia Federale del Lavoro
(BA). I sindacati possono ad esempio fare delle proposte, come attenuare l’impatto del
licenziamento e coinvolgere l’agenzia territoriale della BA nella discussione della loro proposta.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.8
Il datore di lavoro è tenuto ad avvisare l’agenzia territoriale della BA con una nota ufficiale
scritta, 30 giorni prima della data prevista per il licenziamento collettivo. Quest’obbligo scatta
seguendo uno schema numerico ben preciso:
•
•
•
•
azienda
azienda
azienda
azienda
con
con
con
con
21-59 lavoratori che licenzia un minimo di 6 lavoratori;
50-250 lavoratori che licenzia un minimo del 10% della forza lavoro;
251-499 lavoratori che licenzia un minimo di 26 lavoratori;
500 o più lavoratori che licenzia un minimo di 30 lavoratori.
La scadenza di 30 giorni può essere ridotta se l’impresa può dimostrare di non poter sostenere
economicamente il proprio personale per questo periodo o se può dimostrare che i lavoratori in
questione sono in grado di ricollocarsi in un breve periodo. Da parte della BA il periodo di 30
giorni può essere allungato se il collocamento dei lavoratori richiede più tempo a causa della
situazione del mercato del lavoro nel settore specifico. In entrambi i casi è cruciale la stretta
collaborazione fra tutte le parti coinvolte.
Infine, quando un’impresa entra in una crisi irreversibile e si avvia al fallimento, la BA utilizza
un’ulteriore strumento: l’indennizzo per fallimento (Insolvenzgeld). Questo ammortizzatore
viene erogato soprattutto ai lavoratori dipendenti, ma la platea è più vasta di quella per
l’indennità di disoccupazione generale perché include il lavoro occasionale, il lavoro accessorio
e il lavoro a domicilio. L’erogazione avviene per 3 mensilità e riguarda il periodo antecedente al
momento dell’apertura della procedura di fallimento o della cessazione dell’attività. Se il
rapporto di lavoro si è concluso prima della dichiarazione di fallimento, l’erogazione avviene in
riferimento agli ultimi tre mesi di attività lavorativa del dipendente. Su richiesta della Cassa
Mutua competente, la BA paga anche i contributi sociali non versati dal datore di lavoro per
mancanza di liquidità, per lo stesso periodo.
Le norme che regolano l’erogazione degli ammortizzatori sociali descritti sono inserite nel
corpo legislativo del welfare (SGB) che è il risultato di un processo di consolidamento avviato
negli anni 60 con l’obiettivo di riunire in un pacchetto complessivo le singole leggi in materia.
Attualmente il SGB comprende 12 tomi, che spaziano dalla normativa sulla disoccupazione, alle
leggi previdenziali, alle leggi sulla riabilitazione lavorativa degli disabili, fino alle norme sul
sussidio minimo. Il tomo SGB III, nella forma attuale in vigore dal 1998, riguarda le
competenze della BA e regola i requisiti e la durata dell’erogazione dell’indennità di
disoccupazione, come anche i servizi attivi e passivi per il reinserimento nel mercato del
lavoro. Il SGB II invece, in vigore dal 2005 e modificato varie volte, riguarda le misure previste
per offrire una sicurezza di base e regola l’erogazione del sussidio minimo e altre misure a
favore di persone economicamente non autosufficienti.
Per quanto riguarda l’erogazione di sussidi, essa è interamente affidata a enti pubblici, la BA e
in qualche decina di casi ai Comuni. Nel campo della formazione esiste una collaborazione fra
la BA, che eroga i voucher di formazione, e gli istituti di formazione professionale che devono
però essere certificati da un’autorità indipendente prima di poter accedere al voucher.
Per quanto riguarda invece le agenzie private di collocamento, il monopolio dello Stato in
questo campo è stato abolito nel 1994 in seguito ad una sentenza della Corte Europea. Dal
2002 il collocamento tramite agenzie private e l’erogazione del voucher di collocamento da
parte della BA sono stabiliti per legge.
Nell’Aprile 2012 è entrata in vigore una modifica della legge che rappresenta un’evoluzione
significativa del voucher in generale. Precedentemente limitato all’attività di collocamento il
nuovo voucher (AVGS) può essere erogato per diverse misure:
•
•
•
•
formazione esterna nell’apprendistato*
identificazione, riduzione o rimozione di ostacoli al collocamento*
sostegno al lavoro autonomo*
collocamento attraverso un’agenzia privata (remunerato in caso di successo)
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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•
interventi di formazione aziendale, per la stabilizzazione delle risorse, fino a 6 settimane.
* corsi svolti presso un istituto di formazione professionale accreditato
Il lavoratore che ha ricevuto un voucher per il collocamento può rivolgersi a un’agenzia privata
incaricando uno o più gestori. L’originale del voucher verrà consegnato all’agenzia privata
soltanto nel momento dell’avvenuto collocamento. L’agenzia fa poi richiesta di rimborso presso
la BA, la quale concede il pagamento se l’agenzia privata presenta insieme con il voucher la
prova documentale dell’avvenuto collocamento (per almeno tre mesi e 15 ore settimanali). Il
voucher si estende anche a collocamenti all’estero.
Il voucher di collocamento ha un importo di 2 mila euro, mentre nel caso di disoccupati di
lunga durata o disabili l’importo può arrivare fino a 2.500 euro. L’ammontare viene erogato in
due tranche: la prima 6 settimane dopo l’inizio del nuovo impiego, la seconda 6 mesi dopo
l’avvio della nuova attività. L’erogazione viene effettuata direttamente all’agenzia privata o
all’agente privato di collocamento. Se il voucher è utilizzato per altre misure, il gestore lo
consegna prima dell’inizio del corso alla BA. I costi sostenuti vengono rimborsati secondo una
tabella con tariffe fisse. Secondo uno studio dell’Istituto di Ricerca IAB (paragonabile all’ISFOL
italiano) del 2010, la BA eroga annualmente 800 mila voucher; questo numero include anche
quelli di formazione finora erogati. Soltanto il 10% viene riconsegnato alla BA per il rimborso.
È importante però considerare che lo stesso disoccupato può ricevere fino a 4 voucher all’anno
perché quest’ultimi hanno una durata limitata di tre mesi.
In riferimento al monitoraggio e alla valutazione dei risultati, la BA applica un sistema di
integrato che segue i principi dell’efficacia, dell’economicità, della trasparenza e della
responsabilità decentrata. Il controllo dei risultati della BA è assegnato al Governo centrale,
rappresentato dal Ministero del Lavoro e Welfare, mentre la sede centrale della BA monitorizza
le direzioni regionali, le quali a loro volta valutano i risultati a livello locale. Alla base della
programmazione dell’erogazione di servizi sono gli accordi sugli obiettivi condivisi sulle
politiche attive, la spesa e le entrate per l’anno fiscale.
Gli accordi sugli obiettivi condivisi si stabiliscono fra il Ministero del Lavoro e l’Agenzia federale
per l’occupazione, quindi tra quest’ultima e le Direzioni Regionali della BA, assieme alle
rispettive agenzie territoriali del lavoro. Mentre la programmazione a livello centrale detta le
linee guida e concorda gli obiettivi con le Regioni, come anche le priorità delle politiche attive,
quella regionale individua le priorità per il territorio: ad ogni sportello locale sono assegnati
obiettivi rispondenti alle peculiarità e alle esigenze del mercato del lavoro sul contesto di
competenza. Viene elaborata inoltre una programmazione di spesa, sia per le politiche a livello
locale, che per la formazione del proprio personale.
SALARIO SOCIALE
Il minimo sociale (ALG II) è un sussidio riconosciuto come diritto soggettivo: ne beneficiano i
disoccupati di lunga durata o coloro che hanno un reddito insufficiente. Le prestazioni minime
consistono in un sussidio sociale basato sullo stato di bisogno e soggetto alla valutazione dei
redditi. L'importo viene stabilito conformemente alle disposizioni in materia di assistenza
sociale, al fine di garantire un livello minimo di sussistenza.
L’importo varia da 251 a 374 euro mensili. I destinatari possono essere disoccupati di lunga
durata, genitori single, minori all’interno di famiglie svantaggiate, disabili e malati cronici,
lavoratori a basso reddito. L’erogazione dell’ALG dipende dalla situazione patrimoniale del
nucleo familiare. Per calcolare il livello d’indigenza di un richiedente viene preso in
considerazione lo stipendio del coniuge, come anche l’ammontare di eventuali risparmi
personali con un abbassamento progressivo del contributo secondo il patrimonio familiare.
La durata dell’ALG II non è limitata ma è legata allo stato occupazionale e patrimoniale del
richiedente o dei suoi genitori, nel caso in cui i destinatori sono figli di età minore. Partendo dal
totale dei disoccupati, un terzo riceve l’indennità di disoccupazione, mentre due terzi ricevono
soltanto il sussidio minimo essendo disoccupati di lunga durata.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.10
Dal 1° gennaio 2011 è stato riorganizzato il regime delle erogazioni per i figli a carico dei
beneficiari del sussidio minimo, per garantire anche ai bambini, ragazzi e giovani adulti un
livello di sussistenza in termini socioculturali, il cosiddetto “pacchetto formativo”, che prende in
considerazione diverse esigenze correlate ai viaggi scolastici, all’occorrente scolastico
individuale, trasporti scolastici, attività sportive, culturali e di svago e, in determinate
circostanze, un sostegno allo studio.
In linea di principio, le prestazioni minime per i disoccupati di lunga durata e altri aventi diritto
hanno una durata illimitata a condizione che siano soddisfatte le condizioni previste per
beneficiarne; di regola, però, sono concesse solo per un periodo di sei mesi. In seguito occorre
dimostrare nuovamente la persistenza del diritto alla prestazione (fonte: Commissione
europea).
La richiesta per l’erogazione del sussidio minimo (ALG II, anche chiamato Sicurezza sociale di
base) rappresenta, come menzionato, uno sbocco per i disoccupati alla scadenza del periodo di
fruizione dell’indennità di disoccupazione, nel caso in cui la mancanza di lavoro perduri, e
avviene presso i Jobcenter o lo sportello competente del Comune. Al reddito minimo si
aggiungono secondo il caso individuale, aiuti per l’affitto e il riscaldamento, il vestiario, la
spesa alimentare, i libri scolastici, ecc.
SALARIO MINIMO
A causa dell’autonomia di contrattazione garantita dalla Costituzione (art.9, paragrafo 3 /GG),
in Germania non esiste un salario minimo stabilito per legge a livello centrale. La
contrattazione è di competenza esclusiva delle parti sociali.
Tuttavia, in tempi più recenti sono stati introdotti dei salari minimi per alcuni settori, sulla base
di una legge del 1996, che è stata introdotta per contrastare il fenomeno del dumping nel
settore edile. La legge AEntG nella sua prima versione si rivolgeva ai lavoratori stranieri inviati
dai loro datori di lavoro esteri in Germania in seguito all’apertura del mercato del lavoro verso i
paesi membri dell’UE.
Si trattava quindi di una legge di carattere protezionistico, che ha dato la possibilità alle parti
sociali di richiedere al Ministero del Lavoro di assegnare l’obbligatorietà generale a un contratto
di categoria regionale applicandolo in questo modo anche ai lavoratori provenienti dall’estero.
In seguito a un nuovo paragrafo inserito nell’AEntG nel 1998, il Ministero Federale del Lavoro è
stato autorizzato di assegnare l’obbligatorietà generale anche senza il parare favorevole delle
parti sociali. Nonostante questo, per molti anni l’applicazione della legge si è limitata al settore
edile. Nel 2007 si è aggiunto poi il settore delle pulizie aziendali.
La legge AEntG è stata revisionata completamente nel 2009 allargando l’applicazione ad altri
sei settori. La sua applicazione rimane comunque limitata perché in molti settori che soffrono
storicamente di salari piuttosto modesti, non esistono contratti nazionali ma soltanto regionali,
come per esempio nella ristorazione e nell’agricoltura, e non esistono i presupposti per
includere i contratti esistenti nella lista di accordi soggetti all’obbligatorietà generale.
Nei settori nei quali trova applicazione il salario minimo, l’importo corrisponde a una tariffa
oraria. In alcuni settori ci sono differenze nella tariffa fra Est e Ovest. Così si va da 6,51 € per
il settore della sicurezza privata nelle regioni est, fino a 13 € per il settore edile nelle regioni
ovest. In Germania, la platea dei beneficiari include circa 2,9 milioni di lavoratori dipendenti,
impiegati nei seguenti settori (2012):
•
•
•
•
•
•
Rifiuti (incl. pulizia strade, servizi invernali)
Servizi di formazione professionale secondo la Legge Sociale II/II
Settore edile (incl. conciatetti ed imbianchini)
Settore minerario (carbone nero)
Elettricisti e
Pulizia aziendale
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.11
• Assistenza socio-sanitaria
• Sicurezza privata
• Lavanderia industriale
Il salario minimo riguarda anche i lavoratori interinali se vengono impiegati nei settori soggetto
a contratti di categoria. Per evitare la discriminazione salariale dei lavoratori interinali, trova
applicazione anche un’altra legge, l’AüG, la quale stabilisce che questa categoria di lavoratori
va trattata alle stesse condizioni dei loro colleghi impiegati a tempo indeterminato.
Come già accennato, l’importo del salario minimo dipende dal contratto nazionale negoziato fra
le organizzazioni sindacali e le associazioni imprenditoriali. Lo Stato non ha un ruolo nella
determinazione dell’importo, che è lasciato invece all’autonomia di contrattazione fra le parti
sociali. Il salario minimo, nei settori di applicazione, è soggetto alla contrattazione di settore e
viene stabilito di comune accordo fra le parti sociali.
ITALIA
POLITICHE PASSIVE
In Italia gli ammortizzatori sociali sono misure di sostegno al reddito dirette ad evitare che i
lavoratori rimangano privi di retribuzione quando il datore di lavoro non è in grado, per motivi
legittimi, di corrispondere la retribuzione. Si differenziano a seconda che si tratti di una
difficoltà aziendale congiunturale, strutturale o strutturale irreversibile:
•
•
in caso di difficoltà aziendale congiunturale, si ha la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria
(CIGO);
se la difficoltà aziendale è strutturale, si ha la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria
(CIGS).
In caso di difficoltà aziendale strutturale ed irreversibile, si ha la Mobilità. Nei casi di CIGO e di
CIGS, il lavoratore rimane in forza all’azienda e rientra ancora tra i soggetti occupati. Nel caso,
invece, della Mobilità il sostegno al reddito interviene in quanto il lavoratore è stato licenziato
dall’azienda, rientrando quindi tra i disoccupati. Quando non è possibile ricorrere né alla CIG né
alla Mobilità, poiché la normativa vigente non lo consente, l’ordinamento prevede, in casi di
comprovata difficoltà occupazionale, di poter accedere comunque ai benefici di CIG e Mobilità,
derogando eccezionalmente alla normativa vigente. In questi casi si parla di Ammortizzatori
sociali in deroga. Il ricorso a questa possibilità è condizionato dalle risorse messe a
disposizione di anno in anno dalla Legge Finanziaria.
Altro ammortizzatore sociale è l’Indennità di disoccupazione che interviene non
necessariamente in caso di difficoltà aziendale ma in generale nel caso in cui il lavoratore
subordinato perda l’occupazione involontariamente (Fonte: Cliclavoro). Alla medesima area
tematica afferiscono anche misure speciali destinate a soggetti disoccupati o inoccupati che
beneficiano di sostegno al reddito (i lavoratori socialmente utili - LSU). Va sottolineato che per
i soggetti percettori di ammortizzatori sociali, disoccupati o inoccupati beneficiari di forme di
sostengo al reddito, il Ministero del Lavoro mette in atto, in sinergia con le Regioni, progetti e
programmi di incentivazione al reinserimento o inserimento lavorativo (Fonte: Ministero del
Lavoro).
La Riforma Fornero del mercato del Lavoro ha inteso unificare sotto un’unica disciplina istituti
che, pur traendo origine dallo stesso evento, ovvero lo stato di disoccupazione, avevano
discipline distinte in termini di ambito di applicazione, durata e importi. A partire dal 1°
gennaio 2013 e con riferimento agli eventi di disoccupazione determinatisi a partire da tale
data, viene introdotta la nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che andrà a
sostituire l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l’indennità
di disoccupazione con requisiti ridotti e l’indennità di disoccupazione speciale nell’edilizia.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.12
Il suo obiettivo è fornire a tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti e i soci
lavoratori di cooperativa con un rapporto di lavoro subordinato e con esclusione dei dipendenti
assunti a tempo indeterminato della PA e dei degli operai agricoli, che abbiano perduto
involontariamente l’occupazione ed abbiano due anni di assicurazione e almeno un anno di
contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, un’indennità
mensile di disoccupazione.
L’indennità mensile sarà pari al 75% (rivalutata in base all’inflazione stabilita dall’indice ISTAT)
nei casi in cui la retribuzione fosse uguale o inferiore a 1.180 euro. Per gli stipendi superiori è
previsto un ulteriore 25% calcolato sulla differenza tra la retribuzione del lavoratore e i 1.180
euro, ma in ogni caso l’importo mensile non può essere superiore a quello mensile massimo
previsto dalla Legge n. 427/80. Dopo i primi sei mesi vi sarà una riduzione del 15%, che
diventerà pari al 30% dopo ulteriori sei mesi. Per ottenere tale prestazione i lavoratori devono
inviare la domanda all’Inps per via telematica entro due mesi "dalla data di spettanza del
trattamento", a pena di decadenza. L’indennità verrà sospesa in caso di nuovo impiego.
Dal 1º gennaio 2013, tutti i lavoratori dipendenti espulsi dal mercato del lavoro “che possono
far valere almeno tredici settimane di contribuzione negli ultimi dodici mesi” (purché siano stati
versati i contributi per l’assicurazione obbligatoria), avranno diritto ad una “mini-Aspi”. La
mini-Aspi, di importo uguale a quello dell’Aspi, verrà però corrisposta per un numero di
settimane pari “alla metà delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno”.
Dal 1° gennaio 2013, oltre ad applicarsi l’attuale contribuzione dell’1,31%, verrà introdotto un
aumento contributivo dell’1,31% per i rapporti di apprendistato.
Per i rapporti di lavoro non a tempo indeterminato, la Legge n. 92/12 ha previsto un contributo
aggiuntivo a carico del datore di lavoro nella misura dell’1,4% calcolato sulla retribuzione
imponibile ai fini previdenziali. Nel limite delle ultime 6 mensilità, tale contributo addizionale è
restituito al datore di lavoro, successivamente al periodo di prova, in caso di trasformazione a
tempo indeterminato.
Dal 1° gennaio 2013, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato o di apprendistato per causa diversa dalle dimissioni, il datore di lavoro sarà
obbligato a versare una somma pari al 50% del “trattamento mensile iniziale di Aspi per ogni
dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”. L’anzianità include anche i periodi di
lavoro con contratto diverso rispetto a quello a tempo indeterminato. Per tutti i casi di
“cessazione dalla precedente occupazione intervenuti fino al 31 dicembre 2012” si
applicheranno le disposizioni in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola.
La nuova Aspi (dal 2017) potrà essere anche incassata in un'unica soluzione ai fini di avviare
un'attività autonoma.
Le nuove norme modificano anche la disciplina dell'indennità “una tantum” introdotta dal
decreto anticrisi (Legge n. 2/09) per i rapporti di tipo collaborativo. A partire dal 2013 tale
indennità viene riconosciuta, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, ai collaboratori che in
regime di mono committenza abbiano avuto nell'anno precedente un reddito non superiore a
20 mila euro. L'indennità sarà riconosciuta agli iscritti alla Gestione separata Inps, che abbiano
versato nell'anno precedente almeno 4 mensilità e in quello di riferimento almeno una
mensilità. L'importo dell'indennità è pari all'importo del 5% del minimale annuo di reddito
previsto dalla Legge n. 233/90 moltiplicato per il minor numero tra le mensilità versate
nell'anno in corso e in quello precedente. Nel triennio 2013-2016 è previsto un regime
transitorio che eleva l'importo e riduce parzialmente i requisiti di accesso alla prestazione da 4
a 3 mesi con riferimento all'anno precedente (fonte: Cliclavoro).
Il comma 10, dell’art. 19, della Legge n. 2/09, prevedeva che il diritto a percepire qualsiasi
trattamento di sostegno al reddito, era subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità
al lavoro (DID) o a un percorso di riqualificazione professionale.
L’articolo 4, comma 47, della Legge di riforma abroga, a partire dal 18 Luglio 2012, la
normativa che subordina il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito al
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.13
rilascio, da parte del richiedente, di tale dichiarazione o a un percorso di riqualificazione
professionale, di cui all’articolo 19, comma 10, del DL n. 185/08 “Misure urgenti per il sostegno
a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro
strategico nazionale”, convertito con la Legge n. 2/09.
Di conseguenza, i lavoratori sospesi, beneficiari della tutela del sostegno a reddito in costanza
del rapporto di lavoro, non sono più tenuti a rilasciare la predetta dichiarazione al datore di
lavoro. L’art. 4, comma 40, della legge di riforma prevede comunque la decadenza dalla
prestazione in costanza di rapporto di lavoro se il beneficiario rifiuta di essere avviato ad un
corso di formazione o riqualificazione o non lo frequenti regolarmente senza giustificato
motivo. Il c. 42 del predetto articolo specifica che la decadenza si verifica quando le attività di
formazione ovvero di riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri
dalla residenza del lavoratore o comunque è raggiungibile con mezzi di trasporto pubblici
mediamente in 80 minuti. Nelle ipotesi sopramenzionate, qualora sia dichiarata la decadenza
dalla prestazione, rimangono salvi i diritti già maturati. Viene fatto obbligo ai Servizi
competenti di cui all’articolo 1, c. 2, lett. g, del DLgs n. 181/00 e successive modificazioni e
integrazione, di comunicare tempestivamente all’INPS gli eventi indicati. A seguito della
comunicazione, l’Istituto adotta il provvedimento di decadenza, recuperando le somme
eventualmente erogate per i periodi di non spettanza del trattamento. Avverso il
provvedimento di decadenza è ammesso ricorso al Comitato provinciale di cui all’art. 34 del
DPR n. 639/70 (fonte: Circolare INPS n. 1/13).
Con riferimento al monitoraggio e la valutazioni dei risultati si deve considerare il sistema
informativo dei percettori di trattamento di sostegno al reddito, recentemente introdotto
dall’INPS. Il sistema informativo dei percettori di trattamento di sostegno al reddito costituisce
un nuovo strumento per la gestione del sistema delle politiche del lavoro favorendo
l’integrazione fra gli strumenti di sostegno al reddito (ammortizzatori sociali) e le politiche
attive del lavoro, cioè di quelle politiche che aiutano i cittadini nella ricerca e nell’inserimento al
lavoro, nei processi di qualificazione e riqualificazione professionale. Per fare ciò l’INPS rende
disponibile via internet, ai soggetti autorizzati, un sistema di informazioni tratto dai suoi archivi
informatici, aggiornato in tempo reale, su coloro che sono percettori di qualsiasi trattamento di
sostegno al reddito o sussidio legato alla condizione sul mercato del lavoro.
SALARIO SOCIALE
In Italia, assieme alla Grecia, non esiste un salario sociale o reddito di cittadinanza ovvero un
contributo da parte dello Stato a favore di chiunque si trovi in stato di povertà, a prescindere
dalla situazione contingente rispetto al lavoro. Va però sottolineato che il Ministro del Lavoro,
Elsa Fornero, ha fatto un riferimento esplicito al reddito minimo garantito, che “rappresenta
una direzione verso la quale il Governo lavorerà”. Sulle caratteristiche che dovrebbe avere il
reddito minimo garantito, tra le opinioni più autorevoli, il professore Tito Boeri ne sottolinea
l’importanza in quanto “serve a proteggere dalla povertà estrema. Occorre considerare sia le
fonti di reddito che i patrimoni posseduti dal beneficiario per evitare un uso improprio del
sussidio”. Sempre secondo lo stesso Boeri, l’entità della misura non deve superare una certa
soglia, per la minima esistenza (fonte: Sole 24 Ore - Il ministro Fornero: Reddito minimo
garantito, di Davide Colombo e Claudio Tucci).
A livello nazionale una sperimentazione del reddito minimo di inserimento fu avviata in circa
300 Comuni nel 2000, grazie alla Legge n. 328 (artt. 4, c. 5 e soprattutto art. 23). Con la
Finanziaria del 2003 si pose però fine a questa sperimentazione. L’art. 23 della Legge citata,
disponeva quanto segue: Art 23 (Reddito minimo di inserimento). 1. L’articolo 15 del Decreto
Legislativo 18 giugno 1998, n. 237, è sostituito dal seguente: Art 15 (Estensione del reddito
minimo di inserimento):
“1. Il Governo, sentite la Conferenza unificata e le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative, riferisce al Parlamento, entro il 30 maggio 2001, sull’attuazione della
sperimentazione e sui risultati conseguiti. Con successivo provvedimento legislativo, tenuto
conto dei risultati della sperimentazione, sono definiti le modalità, i termini e le risorse per
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.14
l’estensione dell’istituto del reddito minimo di inserimento come misura generale di contrasto
della povertà, alla quale ricondurre anche gli altri interventi di sostegno del reddito, quali gli
assegni di cui all’articolo 3, comma 6, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, e le pensioni sociali
di cui all’articolo 26 della Legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni".
2. Il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 15 del Decreto Legislativo 18 giugno 1998,
n. 237, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è definito quale misura di contrasto
della povertà e di sostegno al reddito nell’ambito di quelle indicate all’articolo 22, comma 2,
lettera a), della presente legge”.
Ad oggi in Italia sono stati promossi sporadici interventi in materia di salario sociale. La
Regione Lazio, ad esempio, ha emanato nel 2009 una Legge regionale sul reddito minimo
garantito, in favore dei disoccupati, inoccupati o precariamente occupati. Lo scopo è stato di
promuovere e sostenere le politiche passive e le politiche attive per il lavoro e le politiche di
protezione sociale, enfatizzando l'importanza del reddito minimo garantito come strumento di
rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei
soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nel mercato del lavoro. Gli importi
annuali previsti ammontavano a 7 mila euro, attraverso uno specifico stanziamento pari a 20
milioni di euro per l’anno 2009 e a 10 milioni di euro per ciascuna delle annualità 2010 e 2011.
La Regione Veneto ha previsto, ai sensi dell’art. 33 della Legge regionale n. 2/07, al fine di
determinare i soggetti e le categorie sociali direttamente interessate all’istituzione di un fondo
regionale per il diritto al reddito di cittadinanza e al salario minimo garantito, di istituire
l’Osservatorio regionale sul reddito di cittadinanza e sul salario minimo garantito. I compiti
assegnati a questo soggetto si riferiscono al garantire funzioni di monitoraggio, di analisi e
valutazione dell’attuazione delle politiche sociali, nonché di previsione dei fenomeni sociali. In
Sicilia è stata introdotta nel 2008 la sperimentazione di un “Reddito Minimo di Inserimento”,
una misura di contrasto della povertà e dell'esclusione sociale, attraverso il sostegno delle
condizioni economiche delle famiglie esposte al rischio di marginalità e l'avvio di programmi di
inserimento.
Infine, occorre brevemente sottolineare la sperimentazione in dodici città, della nuova “social
card 2013” (che si affianca a quella ordinaria) che, con un ammontare complessivo di risorse
pari a 50 milioni di euro, si propone di contrastare la povertà delle famiglie a maggiore rischio
di esclusione dal mercato del lavoro. Il beneficio previsto può arrivare fino a circa 400 euro
mensili per le famiglie con 5 o più componenti. Si tratta pertanto di uno strumento a
disposizione dei Comuni da integrare con gli interventi e i servizi sociali ordinariamente
erogati, ma anche da coordinare in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari e la scuola.
I Comuni, infatti, si impegnano ad associare al trasferimento monetario connesso alla social
card, un progetto personalizzato di intervento dal carattere multidimensionale, che riguarderà
tutti i componenti della famiglia, con particolare attenzione anche ai minori presenti (fonte:
Ministero del Lavoro).
SALARIO MINIMO
Se il salario minimo è previsto per legge in molti Paesi dell’Unione europea, in altri, tra i quali
l’Italia, esso non è stabilito per legge, ma viene delegato alla contrattazione fra le parti sociali,
in virtù di una forte copertura contrattuale esercitata attraverso i contratti nazionali di
categoria, circa 500, che coprono praticamente tutti i settori del lavoro presenti nel Paese.
Anche se non esiste un erga omnes di legge di fatto i CCNL vengono applicati a tutti i
lavoratori. Il nostro sistema di minimi salariali definito dai contratti nazionali di lavoro si colloca
ad un livello più elevato di retribuzione e di maggiore tutele del potere di acquisto dei redditi
dei lavoratori, rispetto alla media dei minimi salariali definiti per legge nei paesi europei. Del
resto la stessa magistratura del lavoro, a fronte di contenziosi, ha sempre individuato nei salari
stabiliti dai CCNL il valore di riferimento di diritto per i lavoratori (fonte: Conquiste del Lavoro).
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.15
REGNO UNITO
POLITICHE PASSIVE
Nel Regno Unito il sistema di protezione contro la disoccupazione è su base obbligatoria e le
prestazioni previste sono sostanzialmente due: l’indennità di disoccupazione basata sui
contributi (“Contribution related Jobseeker’s Allowance”) e l’indennità di disoccupazione basata
3
sul reddito (“Income related Jobseeker’s Allowance”) .
La prima provvidenza riguarda tutti i lavoratori subordinati tra i 16 e i 65 anni (nonché alcune
categorie di lavoratori autonomi) e viene erogata previo accertamento dei requisiti richiesti, tra
cui il carattere involontario della disoccupazione; l’idoneità e la disponibilità al lavoro; la ricerca
attiva di un impiego; l’età inferiore a quella pensionabile; l’assolvimento degli obblighi
contributivi. A queste condizioni si aggiungono i requisiti di anzianità contributiva, che
prevedono il versamento, in uno dei due ultimi anni fiscali, di un contributo pari ad almeno 25
volte il contributo minimo previsto per quell’anno e per entrambi gli anni un versamento totale
per un ammontare di almeno 50 volte il contributo minimo previsto per lo stesso periodo.
L’importo è indipendente dal reddito precedentemente percepito e consiste in una somma
forfettaria variabile in funzione di tre distinte fasce di età del disoccupato (51 euro a settimana
fra i 16 e i 17 anni, 67 euro a settimana fra i 18 e i 24 anni e 85 euro a settimana dai 25 anni
in su), mentre la durata della prestazione è stabilita nel limite massimo di 182 giornate.
L’indennità legata al reddito, invece, trova applicazione nei confronti dei lavoratori titolari di un
reddito inferiore ad un importo minimo prestabilito: oltre ai requisiti validi anche per l’altro tipo
di indennità, in questo caso è necessario che il lavoratore non abbia risorse economiche per più
di 12.775 euro e non abbia un partner che lavori più di 24 ore a settimana. Per questo tipo di
indennità, peraltro, non è previsto alcun requisito contributivo, rientrando sotto molti punti di
vista nell’ambito del salario sociale.
Nel complesso, l’importo dell’indennità dipende dai carichi familiari e dai livelli di reddito del
richiedente, mentre non sono previsti limiti alla sua durata, venendo la prestazione erogata
finché perdurano le condizioni che danno titolo all’erogazione del trattamento.
Entrambe le indennità vengono definite come sussidi di disoccupazione, benché quella legata al
reddito sembri avvicinarsi più ad una prestazione assistenziale che assicurativa, anche se i
criteri per averne diritto sono abbastanza stringenti. Occorre infine sottolineare che il periodo
di carenza, ossia l’arco temporale entro il quale l’indennità non viene erogata, è fissato in tre
giorni.
L’erogazione dell’indennità di disoccupazione, basata sui due anni precedenti di contribuzione,
è concessa anche in caso di prestazione lavorativa a tempo parziale, ma per un periodo
inferiore al massimo consentito (in caso di impiego full time), fissato in sei mesi, e comunque
calcolato sulla contribuzione individuale versata al sistema previdenziale nazionale (NICs).
Per quanto concerne l’indennità di disoccupazione parziale, questa viene erogata attraverso il
Jobseeker’s Allowance e dipende dai carichi familiari e dai livelli di reddito del richiedente. Non
sono previsti limiti alla sua durata, venendo la prestazione erogata finché perdurano le
condizioni che danno titolo all’erogazione del trattamento.
Nel caso in cui il beneficiario abbandoni volontariamente il lavoro durante il periodo di
godimento del sussidio, o assuma un comportamento tale da indurre al suo licenziamento,
ovvero nel caso rifiuti un lavoro accettabile, è prevista una sospensione dell’erogazione della
prestazione fino a 26 settimane.
In riferimento alla durata della prestazione, le due tipologie di indennità di disoccupazione
prevedono un arco temporale differente: per quella basata sulla contribuzione, non può essere
erogata per più di 182 giorni, mentre quella riferita al reddito non ha un periodo
predeterminato, dato che viene liquidata finché sussistono le condizioni che determinano il
3
http://www.direct.gov.uk/en/MoneyTaxAndBenefits/BenefitsTaxCreditsAndOtherSupport/Employedorlookingforwork/i
ndex.htm
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.16
diritto a tale prestazione. In genere, l’indennità viene corrisposta ogni due settimane con
accredito diretto sul conto corrente bancario, sul libretto di risparmio o sul conto postale.
Per poter percepire tale indennità il disoccupato deve stipulare un patto di servizio con
Jobcentre Plus, denominato Jobseeker’s Agreement, un accordo per la ricerca attiva di un
lavoro, nel quale sono specificate le attività da compiere per facilitare la ricollocazione
professionale. Per conservare il diritto alle prestazioni, l'interessato partecipare regolarmente,
in genere ogni 15 giorni, a incontri dedicati alla ricerca di un lavoro. La stipula del patto
impegna il Jobcentre Plus a fornire al lavoratore tutti quei servizi necessari per la ricerca di
nuova occupazione, contestualmente all’erogazione delle indennità ad esso spettanti. Obiettivo
principale del patto di servizio è quello di sostenere il rientro al lavoro nel minore tempo
possibile, mettendo il disoccupato regolarmente a conoscenza di tutte le nuove posizioni
vacanti, compensando così, attraverso una tempistica rigorosa, qualsiasi tendenza di arrestare
la ricerca di lavoro per via del perdurare dello status di disoccupazione.
Nel Regno Unito gli strumenti per il sostegno individuale in caso di crisi aziendale, ricadono
all’interno del termine “ridondanza”, ossia a quelle situazioni di insolvenza del datore di lavoro,
di trasferimento del ramo di azienda e della necessità di dimensionare l’organico, di crisi
dovute a difficoltà congiunturali o strutturali. Nello specifico, il datore di lavoro può procedere
al licenziamento collettivo o alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, solo se previsto
dalla contrattazione di settore. In quest’ultimo caso, il lavoratore può essere considerato in
esubero se rientra nei seguenti parametri di riduzione dell’orario di lavoro:
•
•
riduzione per quattro settimane consecutive;
riduzione per sei settimane, con non più di tre consecutive, in un arco temporale di 13
settimane (90 giorni).
In caso di ristrutturazioni aziendali con meno di 20 dipendenti in esubero, il datore di lavoro
deve consultare direttamente il lavoratore, prima di adottare qualsiasi decisione. In caso di
mancata consultazione, il provvedimento può essere impugnabile. Per le imprese dove
l’esubero riguarda più di 20 dipendenti, occorre avviare un tavolo di trattativa tra datore di
lavoro e parti sociali, oltre che con i destinatari del provvedimento, pena il risarcimento del
danno. In questi casi, il soggetto può richiedere la relativa indennità, come provvidenza di
4
compensazione, erogata direttamente dal datore di lavoro .
L’importo erogato dipende da tre fattori: età anagrafica del lavoratore, salario percepito e
anzianità lavorativa presso l’impresa ed è compreso tra un minimo di 0,5 settimane retribuite
per ciascun anno di servizio (al di sotto dei 22 anni di età), fino a un massimo di 1,5 settimane
retribuite per ciascun anno di servizio (oltre i 41 anni). Una delle sezioni del portale di
Jobcentre Plus confluite adesso nel sito governativo Direct.Gov è interamente dedicata al
5
calcolo immediato dell’indennità . Tuttavia, il numero massimo di anni di servizio presso lo
stesso datore di lavoro è fissato a 20, per un importo non superiore a 260 sterline settimanali,
non superiore comunque ad un massimo di 7.800 sterline.
Nella fase di crisi aziendale, il datore di lavoro può offrire un’alternativa occupazionale presso
altri settori produttivi, previa comunicazione a Jobcentre Plus, sotto forma di periodo di prova
di quattro settimane (prorogabili in caso di cicli formativi), al termine delle quali valutare la sua
idoneità per un’eventuale stabilizzazione. Nel corso di tale arco temporale si continua a
percepire l’indennità di esubero, mentre essa cessa di essere erogata in caso di rifiuto ad una
ricollocazione lavorativa.
Parallelamente al godimento dell’indennità di esubero, colui che si viene a trovare nello stato di
disoccupazione o che subisce una riduzione settimanale dell’orario di lavoro, deve rivolgersi
allo sportello di Jobcentre Plus territorialmente competente per richiedere l’ammissibilità alla
relativa indennità, denominata Jobseeker’s Allowance (JSA, descritta nella sezione relativa
4
5
http://www.direct.gov.uk/en/Employment/RedundancyAndLeavingYourJob/Redundancy/DG_10029836
http://www.direct.gov.uk/en/Employment/RedundancyAndLeavingYourJob/Redundancy/DG_174330
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.17
all’indennità di disoccupazione), richiedibile anche attraverso una specifica pagina web del
6
governo britannico . Condizione necessaria per beneficiare dell’indennità di disoccupazione in
caso di orario lavorativo ridotto è l’immediata disponibilità al reimpiego e il rispetto dei
seguenti requisiti:
•
•
•
impiego per meno di 16 ore alla settimana nelle prime 13 settimane di orario lavorativo
ridotto;
retribuzione inferiore ai minimi tabellari nazionali;
immediata disponibilità al reimpiego per almeno 40 ore alla settimana.
In caso di licenziamento, il requisito è l’immediata disponibilità a lavorare, o comunque entro le
7
prime 13 settimane dalla perdita del posto di lavoro .
SALARIO SOCIALE
Il salario sociale, denominato “Income Support”, costituisce uno schema finanziato dalla
fiscalità generale per aiutare economicamente singoli bisognosi che si trovano sotto soglia
minima di sopravvivenza, sono senza lavoro e che non si devono registrare come disoccupati.
Le persone considerate abili al lavoro rientrano, nella maggior parte dei casi, nel dispositivo,
precedentemente illustrato dell’indennità di disoccupazione basata sul reddito (Income related
Jobseeker’s Allowance). Questa misura di sostegno, non soggetta ad alcuna tassazione, è
quindi destinata a coloro in età compresa tra 16 e 64 anni, titolari di risparmi non superiori
complessivamente a 16 mila sterline all’anno (circa 19 mila euro), residenti nel Regno Unito, e
non percettori di altri sussidi statali. Se sposati o comunque conviventi, possono beneficiarne
anche quei nuclei familiari nei quali un solo coniuge risulta occupato per una durata non
superiore alle 24 ore settimanali. Inoltre, qualora occupati, si può accedere all’Income Support
se l’impiego viene remunerato per un periodo inferiore alle 16 ore settimanali. Non è richiesto
alcun requisito di nazionalità, mentre occorre la residenza nel Paese da almeno due anni dal
momento in cui viene fatta richiesta.
Sui destinatari, coloro che possono beneficiare del sussidio appartengono alle seguenti
categorie:
•
•
•
•
•
gli addetti ai servizi alla persona, tra cui coloro che devono badare a bambini con età
inferiore ai cinque anni, famiglie monoparentali che hanno in custodia ragazzi al di sotto dei
16 anni, persone che assistono disabili. A partire dal 21 maggio 2012 non è più possibile
richiedere la proroga del sussidio nel caso che il figlio sia in procinto di superare il quinto
anno di età. In quest’ultimo caso Jobcentre Plus ha il compito di contattare il beneficiario
otto settimane prima della scadenza dell’indennità, indirizzandolo verso altre forme di
sostegno al reddito;
persone inabili al lavoro. A partire dal 27 ottobre 2008 tutte le nuove richieste per l’Income
Support sulla base del requisito dell’incapacità lavorativa vengono fatte rientrare
nell’ambito dell’Indennità di disoccupazione. Tuttavia esso viene ancora erogato per coloro
che ne hanno fatto richiesta antecedentemente o per chi ha diritto a percepire l’indennità di
malattia (“Statutory Sick Pay”);
persone in congedo parentale facoltativo (non retribuito) se destinatarie del sostegno
economico abitativo, o dell’assegno familiare;
donne in gravidanza, ma solo nelle 11 settimane antecedenti la data presunta del parto e,
successivamente, per 15 settimane;
persone in età superiore a 16 anni, ma al di sotto dei 20 anni, impegnate in percorsi di
istruzione secondaria a tempo pieno, in qualità di genitori, orfani o persone allontanate
dalla famiglia.
6
http://www.direct.gov.uk/prod_consum_dg/groups/dg_digitalassets/@dg/@en/documents/digitalasset/dg_200090.ht
ml
7
http://www.direct.gov.uk/prod_consum_dg/groups/dg_digitalassets/@dg/@en/@benefits/documents/digitalasset/dg_
199994.pdf
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.18
Jobcentre Plus è responsabile dell’espletamento di tutte le procedure necessarie per la validità
della richiesta, realizzando generalmente un’intervista, nella maggior parte dei casi presso un
proprio sportello sul territorio ma anche, in casi eccezionali, presso il domicilio del richiedente,
con il potenziale beneficiario.
Per quanto riguarda l’importo del sussidio (“personal allowance”), che include anche le
sovvenzioni per il mantenimento delle spese abitative, esso è di importo variabile in relazione
all’età e alla composizione del nucleo familiare. In caso di richiesta formulata prima del mese di
settembre 2005, è possibile ottenere un sostegno alle spese di mantenimento del figlio o del
ragazzo sul quale si esercita la potestà, se al di sotto dei 20 anni di età. Nel caso di persone a
carico, l’importo varia dal numero e dalla loro età; se persona singola l’ammontare varia in
base all’età (fino a 24 anni ed oltre) e se in possesso dello status di famiglia monoparentale. In
qualità di coppia, l’indennità dipende dallo stato civile (sposato o convivente) e, anche in
questo caso, dall’età.
Generalmente, l’importo settimanale erogato sotto forma di Income Support varia da un
minimo di 56,25 sterline (67 euro) in caso di beneficiario al di sotto dei 24 anni, fino a 111,45
sterline (133 euro) in caso di nucleo familiare con più di 18 anni di età. Il pagamento del
sussidio viene normalmente fatto sul conto corrente bancario del beneficiario, o presso un
conto aperto presso l’ufficio postale.
In aggiunta a questi importi, sono previste delle integrazioni (“premiums”) per specifiche
categorie di persone con particolari necessità.
Un altro strumento che può ricollocarsi all’interno del salario sociale nel Regno Unito è il
sostegno alle spese di abitazione (“Housing Benefit”), la cui gestione è stata demandata dal
Dipartimento della Sicurezza Sociale agli Enti locali nel 1982. È destinato verso coloro che non
riescono o non possono coprire le spese abitative, ricevono altri sussidi e possiedono redditi
non superiori alle 16 mila sterline lorde all’anno (19 mila euro). Possono richiederlo sia i
disoccupati che coloro con un impiego (con il limite reddituale poc’anzi menzionato), nel caso
di due richiedenti appartenenti allo stesso nucleo familiare, può beneficiarne una sola persona.
SALARIO MINIMO
Il salario minimo nazionale (“National Minimum Wage”), fissa i minimali orari che i datori di
lavoro hanno l’obbligo di corrispondere ai lavoratori, coprendo la quasi totalità delle persone
occupate nel Regno Unito.
È stato introdotto per la prima volta nel Paese nel 1998, quando non esisteva alcun salario
minimo nazionale sebbene in presenza di una varietà di sistemi di controllo dei salari, nella
maggior parte dei casi su specifici settori industriali. Una delle ragioni alla base della sua
introduzione da parte del Governo laburista, è stato il declino del potere contrattuale e del
numero di iscritti alle organizzazioni sindacali negli ultimi decenni, oltre a dover garantire e
diritti tutele minime nei settori, specialmente dei servizi, dove è molto più bassa la
sindacalizzazione dei lavoratori. A seguito dell’adozione del salario minimo, sempre nel 1997 è
stata istituita una Commissione consultiva di riferimento (“Low Pay Commission”) che, senza
alcun potere vincolante, ha avuto il compito di analizzarne l’impatto sul mercato del lavoro.
Fin dalla sua introduzione, il salario minimo nazionale ha subito una serie di incrementi
progressivi: nel mese di marzo del 2008, il Governo ha accolto la raccomandazione di
aumentarlo del 59,2%, in termini nominali, e del 20% in termini reali, rispetto all’importo
iniziale.
Fin dall’inizio, la legislazione di riferimento ha reso evidente come il salario minimo “non può e
non è in grado di affrontare tutti i problemi connessi con basse retribuzioni, ridotta produttività
e relativo scarso reddito”; lo scopo è stato di sostenere un mercato del lavoro più equo, dando
ai lavoratori il diritto a un livello minimo di stipendio e di entrate provenienti dall’occupazione.
Risulta suddiviso su tre fasce di età a cui si aggiunge quella per gli apprendisti e non tiene
conto delle grandezze dimensionali dell’impresa: tutti i datori di lavoro sono tenuti a rispettare
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.19
(ed erogare) gli importi previsti. A partire dal 1° ottobre 2012 sono stati rivisti i ratei minimi,
già incrementati, come in parte già menzionato, altre cinque volte dalla loro introduzione:
•
•
•
•
lavoratori con più di 20 anni, incremento a 6,19 sterline l’ora (“main rate”, 7,30 euro);
lavoratori in età compresa tra 18 e 20 anni, retribuzione invariata a 4,98 sterline l’ora
(5,90 euro);
lavoratori in età compresa tra 16 e 17 anni, retribuzione invariata a 3,68 sterline l’ora
(4,38 euro);
per gli apprendisti, la retribuzione oraria si incrementa fino a 2,65 sterline l’ora (3,10 euro).
Essa viene concessa per coloro che, con un’età superiore a 19 anni, hanno completato un
anno di apprendistato.
A partire dal 2010, l’età per beneficiare della soglia più elevata (“main rate”) è stata ridotta da
21 a 20 anni, sempre nello stesso anno è stata introdotta la soglia minima per gli apprendisti.
Ciascun lavoratore, una volta conclusosi il ciclo di istruzione obbligatoria, risulta beneficiario
delle disposizioni sul salario minimo, sia che si tratti di un somministrato, che di lavoro a
cottimo, che di lavoro occasionale o impiego a termine. Beneficiano del salario minimo anche i
lavoratori stranieri occupati temporaneamente nel Regno Unito.
Non è richiesto alcun periodo minimo, essendo immediatamente applicabile all’attività
lavorativa svolta. Alcune categorie di lavoratori vengono comunque escluse dal salario minimo,
nello specifico i liberi professionisti, i ragazzi ancora nell’istruzione obbligatoria (fino al
compimento del 16mo anno di età), o coloro impegnati in attività di carattere volontario. Circa
le modalità per calcolare se il lavoratore rientra nei limiti previsti, esiste uno specifico
strumento messo a disposizione nel portale nazionale governativo8; va comunque sottolineato
che il reddito minimo deve essere composto, oltre dalla retribuzione lorda, anche da eventuali
integrazioni, quali bonus erogati dal datore di lavoro, trattenute sindacali, contributi per
l’adesione a piani previdenziali. Non incidono invece altre erogazioni supplementari a carattere
liberale, quali ad esempio il contributo alle spese di alloggio: in questo caso però il salario
minimo garantito può essere ridotto.
Ogni lavoratore non può comunque essere retribuito al di sotto delle soglie orarie del salario
minimo precedentemente descritte, nel periodo di paga di riferimento (settimanale o mensile)
e viene calcolato sulla base delle differenti modalità di svolgimento della prestazione
professionale: sulle ore effettivamente lavorate (“paid by the hour”), sulle ore annuali fissate
per contratto (“salaried hours”), sui risultati conseguiti (“output work”), sul raggiungimento di
uno specifico obiettivo, indipendentemente dalle ore necessarie (“unmeasured work”).
In riferimento al lavoro volontario, esso non rientra nei requisiti previsti dal salario minimo
nazionale, non prevedendo tale tipologia uno specifico contratto o obiettivi definiti. In caso di
spese anticipate nell’esercizio dell’attività a carattere volontario, è però possibile un rimborso
che però non deve assumere caratteristiche di ripetitività temporale in quanto potrebbe essere
ricondotto sotto la fattispecie di lavoro retribuito e quindi di rientrare nel “National Minimum
Wage”9. Alcuni lavoratori con contratto di apprendistato o coloro impegnati in percorsi di
formazione non possono poi essere ritenuti destinatari del salario minimo per uno specifico
arco temporale, variabile sulla base della loro età e sull’anzianità lavorativa. Altre categorie
non hanno proprio diritto ad usufruirne, tra cui le ragazze con impiego “alla pari”, gli
appartenenti alle forze armate, i detenuti e coloro che lavorano nelle imprese a conduzione
familiare10.
8
https://www.gov.uk/am-i-getting-minimum-wage
9
http://ww2.prospects.ac.uk/downloads/documents/Graduate%20Talent%20Pool%20(DIUS)/QandAInternshipsAndNMW.pdf
10
http://www.eurofound.europa.eu/eiro/country/united.kingdom_5.htm
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.20
SPAGNA
POLITICHE PASSIVE
La spesa pubblica in percentuale sul PIL in riferimento alle politiche passive è stata nel 2010
(fonte Eurostat) pari al 3,1% (sul totale delle politiche del lavoro del 3,9%), per una
percentuale di incidenza dei partecipanti sul totale delle forze di lavoro dell’11,6%.
In Spagna, come in tutti i Paesi dell’Unione Europea, esiste un sistema di misure di protezione
contro il rischio di perdita di reddito causato dalla cessazione del rapporto di lavoro e dalla
conseguente disoccupazione. Il sistema di ammortizzatori sociali tutela le condizioni
economiche e sociali delle persone che si trovano senza lavoro, caratterizzandosi sulla base di
alcuni principali elementi, quali la natura delle indennità, la tipologia dei soggetti coinvolti, le
condizioni di accesso al sistema. La Spagna rientra tra quei Paesi in cui lo schema degli
ammortizzatori sociali è misto, ovvero di tipo contributivo affiancato anche da misure di
carattere assistenziale, vale a dire svincolate dal requisito di aver accumulato una base
contributiva minima. Nel sistema spagnolo si combinano dunque misure di carattere
contributivo con misure assistenziali, e, in aggiunta all’aspetto “passivo” del trasferimento
monetario, costituito dall’indennità, si registra la presenza di un certo numero di strumenti
“attivi” all’interno di tali schemi. Le prestazioni di sostegno al reddito in caso di disoccupazione
nel sistema spagnolo sono di due livelli:
•
•
prestazione di disoccupazione di natura contributiva;
sussidio di disoccupazione di livello assistenziale.
Il Servizio Pubblico per l’Impiego Statale (SPEE) è l’organismo che gestisce e controlla le
procedure di rilascio di queste forme di prestazione, fatta eccezione per i lavoratori iscritti a
regimi previdenziali speciali. La prestazione di natura contributiva contro la disoccupazione, è
un’indennità che protegge dai casi di disoccupazione temporanea o definitiva; ne beneficiano
tutti i lavoratori dipendenti, cittadini spagnoli o stranieri nelle condizioni espressamente
previste, che hanno al loro attivo almeno un periodo minimo di contribuzione previsto per
questo tipo di prestazione e non rientrano in nessuna situazione di incompatibilità. Sono
requisiti per avere diritto alla prestazione:
•
•
•
•
•
•
•
essere iscritto in uno dei regimi della Previdenza Sociale;
avere lo status giuridico di disoccupato;
dichiarare la propria disponibilità alla ricerca attiva di un’occupazione e ad accettare un
lavoro adeguato, sottoscrivendo un accordo con i servizi competenti per l’impiego;
aver maturato un periodo minimo di contribuzione di 360 giorni nei sei anni precedenti
(l’eventuale violazione di questo obbligo contributivo da parte dell’impresa non impedisce al
lavoratore di ottenere il sussidio);
non avere l’età prevista per la maturazione del diritto alla pensione contributiva;
non rientrare in nessuna delle cause di incompatibilità previste.
La durata della prestazione è calcolata sia in funzione del periodo in cui sono stati versati i
contributi per la disoccupazione (nei 6 anni precedenti) nei regimi della previdenza sociale che
contemplano la prestazione, sia in funzione dei parametri riferiti alla busta paga del lavoratore,
ossia la media della retribuzione, escluse le ore straordinarie, sulla quale è stata effettuata la
contribuzione nei sei mesi precedenti allo stato di disoccupazione. L’importo corrisponde al
70% di questa retribuzione media per i primi 180 giorni, e successivamente, al 60%. Su questi
importi è applicato un tetto minimo (corrispondente all’80% dell’IPREM - Indicador Público de
Renta de Efectos Múltiples) e uno massimo (corrispondente all’175% dell’IPREM), che variano
tuttavia in considerazione degli eventuali figli a carico.
Esiste poi la prestazione di disoccupazione di livello contributivo in caso di disoccupazione
parziale, nei casi in cui il lavoratore vede ridurre parzialmente la propria giornata lavorativa dal
10 al 70% con analoga riduzione del salario. La prestazione viene in tale evenienza erogata in
relazione alle ore lavorative e non ai giorni.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.21
Il sussidio di natura assistenziale contro la disoccupazione protegge dalle situazioni di
disoccupazione prescindendo dalla contribuzione specifica e prevede che in base alla tipologia
in cui rientrano i destinatari si calcoli la durata e l’ammontare del sussidio. Sono requisiti
comuni a tutti i beneficiari: essere iscritti ai servizi per l’impiego come disponibili al lavoro da
almeno un mese, non aver rifiutato alcuna offerta di lavoro o di partecipazione ad azioni di
formazione e riqualificazione professionale, non disporre di redditi superiori al 75% del salario
minimo interprofessionale. La durata e l’ammontare della prestazione variano a seconda delle
situazioni particolari in cui rientrano i beneficiari (età, ricevimento di precedenti prestazioni di
natura contributiva, carichi familiari, etc,). Tuttavia, nella maggioranza dei casi l’ammontare
del sussidio è pari a 426 euro.
Esiste un istituto che ha come obiettivo la tutela dei lavoratori in caso di difficoltà dell'azienda,
l’'expediente de regulación de empleo”, che prevede che l'impresa in difficoltà possa decidere
di fare ricorso al licenziamento collettivo o alla sospensione del rapporto di lavoro. In questo
caso, per alcuni mesi si procede alla sospensione del contratto dei lavoratori, ai quali viene
corrisposto un sussidio di disoccupazione attraverso il “seguro de paro”, un fondo costituito
attraverso i contributi a carico del datore di lavoro e del lavoratore; l'ammontare del sussidio è
in relazione ai contributi versati dal lavoratore in genere ha una durata massima di due anni.
Nel caso invece del licenziamento collettivo, il lavoratore percepisce un’indennità a carico del
datore di lavoro che ha una corrispondenza con gli anni lavorati, unitamente alla prestazione di
disoccupazione prevista nella sopra descritta sospensione del contratto. Se l'impresa è
insolvente o in stato fallimentare, si ricorre ad un fondo di garanzia a carico dello Stato, e in
questo caso l'impresa diviene così debitrice nei confronti dello Stato.
Un altro istituto di politica passiva di sostegno a reddito previsto nel sistema spagnolo è il
reddito attivo di inserimento, ossia l’erogazione di un aiuto economico alle categorie
beneficiarie, che diventa vincolato alla realizzazione di alcune azioni nell’ambito di un
programma di politica attiva del lavoro gestito dai servizi pubblici per l’impiego.
Nel dicembre del 2006 è entrato in vigore il piano destinato ai lavoratori disoccupati che
presentano richiesta del reddito attivo di inserimento. L’obiettivo del piano è di incrementare le
opportunità di reinserimento nel mercato del lavoro, proprio di quei lavoratori maggiormente in
difficoltà e con specifiche esigenze economiche. La competenza della gestione e del controllo
del programma, dalle iscrizioni dei disoccupati all’erogazione degli aiuti, spetta al SPEE, mentre
i servizi delle comunità autonome sono competenti per l’erogazione delle azioni di
reinserimento lavorativo. Sono beneficiari del programma i lavoratori disoccupati di età
inferiore a 65 anni che presentano i seguenti requisiti:
•
•
•
•
aver compiuto i 45 anni;
essere disoccupato di lunga durata, cioè iscritto come disponibile a lavorare presso gli uffici
del lavoro da almeno 12 mesi ininterrottamente;
non avere diritto alle altre prestazioni o sussidi di disoccupazione;
non avere redditi, di qualunque natura, che superano il 75% del salario minimo
interprofessionale.
I beneficiari del programma devono sottoscrivere un patto di servizio con i servizi pubblici per
l’impiego o con gli enti collaboratori; esso indica il piano personalizzato di inserimento al lavoro
che si andrà a sviluppare nel periodo in cui il lavoratore disoccupato rientra nel programma. I
lavoratori disoccupati ammessi al programma percepiscono il reddito attivo di inserimento che
pari a 426 euro al mese (per l’anno 2011) per una durata massima di undici mesi. Su questo
reddito, lo SPEE non versa più, a partire dal 2009, la contribuzione per l’assistenza sanitaria e
familiare alla previdenza sociale; tuttavia, i beneficiari mantengono il diritto a questo tipo di
protezione sociale. Il reddito attivo di inserimento è incompatibile con altri sussidi o indennità
di disoccupazione, con pensioni erogate dalla previdenza sociale, così come con la realizzazione
di attività lavorative, dipendenti o autonome, a tempo pieno. È invece compatibile con
eventuali borse di studio rilasciate per la frequenza di azioni formative e con attività lavorative
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
pag.22
a tempo parziale, come dipendente o autonomo (in questi casi si avrà una revisione
dell’importo erogato).
Il finanziamento di questi strumenti di politica passiva del lavoro è a carico del bilancio della
Segreteria Generale del Lavoro del Ministero del Lavoro.
Gli aspetti normativi del sistema degli ammortizzatori sociali in Spagna trovano il loro
riferimento in oltre un centinaio di norme, tra leggi, decreti legge e decreti attuativi,
succedutisi tra il 1981 e il 2012. Vengono pertanto di seguito ricordati solo alcuni tra i più
recenti ed esemplificativi interventi normativi in materia. Al fine di contrastare il fenomeno
notevole incremento del tasso di disoccupazione che si è avuto come effetto della crisi
economica in Spagna, il Governo spagnolo, mediante l’approvazione di uno specifico
provvedimento ha introdotto un programma temporaneo di protezione dalla disoccupazione e
di reinserimento lavorativo. Il programma è destinato ai soggetti che non abbiano più diritto a
percepire indennità o sussidi di disoccupazione e che si trovino in particolari difficoltà
economiche. La definizione dei contenuti delle attività volte al reinserimento dei lavoratori
disoccupati, nonché il loro finanziamento, sono affidati ai servizi pubblici di collocamento
competenti per territorio. Il finanziamento della spesa per l’erogazione della prestazione di
disoccupazione straordinaria è invece a carico del bilancio del Servizio pubblico di collocamento
statale, inserito nel Bilancio generale dello Stato, ammonta a 345 milioni di euro.
La Legge di riforma del sistema di protezione della disoccupazione e miglioramento
dell’occupabilità, modificata successivamente dalla Legge 36/03 e dal Decreto Legge Reale n.
3/12, di riforma urgente per frenare la perdita di occupazione e favorire l’occupabilità, è un
provvedimento che va a sostenere le iniziative di lavoro autonomo attraverso il pagamento in
un’unica soluzione dell’importo della prestazione di disoccupazione di livello contributivo alle
persone beneficiarie. Possono beneficiare di questa misura le persone che hanno il diritto a
percepire una prestazione di natura contributiva per la disoccupazione e che possono
certificare il loro inserimento come socio lavoratore in una società cooperativa o in un’altra
forma societaria oppure che realizzano un’attività come lavoratore autonomo. Al verificarsi di
queste condizioni, la persona potrà ottenere il pagamento della prestazione in un’unica somma
cumulativa delle varie mensilità cui ha diritto, minimo tre.
Per i beneficiari che rientrano nel target dei giovani (fino a 30 anni se uomini e fino a 35 se
donne) la percentuale di capitalizzazione della prestazione in un pagamento unico sarà del
100% dell’importo totale della prestazione cui hanno diritto.
La persona disoccupata entra in contatto con il servizio per l’impiego attraverso la sua
iscrizione, che coincide con la raccolta dei suoi dati personali e professionali e con un colloquio
iniziale. A seguire, si procede con un percorso individuale in funzione del profilo professionale
dell’utente e delle sue necessità personali e lavorative, individuando i requisiti per la
somministrazione sia delle politiche passive che attive del lavoro. Tutti i beneficiari delle
politiche passive del lavoro sono tenuti a cercare attivamente lavoro, accettare un inserimento
lavorativo adeguato e partecipare alle azioni di politica attiva previste, nelle quali rientrano
orientamento, formazione, riqualificazione professionale, inserimento al lavoro, al fine di
incrementare la propria occupabilità.
La sottoscrizione del un patto di servizio tra utente e i servizi pubblici per l’impiego obbliga le
parti a collaborare per la realizzazione di un piano personalizzato di inserimento al lavoro che si
andrà a sviluppare. E’ previsto un sistema di sanzioni riguardo alla violazione del patto di
servizio da parte del beneficiario del trattamento di disoccupazione, sanzioni distinte in lievi e
gravi. Le sanzioni non vengono comminate durante i primi 100 giorni dalla percezione delle
prestazioni di disoccupazione, nei quali la partecipazione alle azioni proposte è volontaria. In
base alla gravità dei comportamenti, le sanzioni prevedo l’interruzione del pagamento della
prestazione oppure la riduzione della durata della prestazione da minimo uno a massimo sei
mesi.
Politiche passive, salario sociale e salario minimo
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SALARIO SOCIALE
La Spagna è caratterizzata da marcate differenze territoriali, e non esiste un programma a
livello nazionale, bensì uno strumento, denominato Reddito di inserimento (Renta Minima), la
cui gestione è affidata alle Comunità Autonome.
La misura non ha infatti valenza nazionale, bensì viene promossa attraverso singole misure
nelle Comunità Autonome. Si tratta di uno strumento di contrasto alla povertà tramite
trasferimenti economici per soddisfare bisogni di base. Rappresenta un diritto soggettivo,
talvolta soggetto a vincoli di bilancio, rivolto a individui e famiglie, con il requisito della
cittadinanza spagnola richiesta solo da alcune Comunità Autonome. Alle volte è sufficiente la
residenza nella Comunità Autonoma, per un arco minimo temporale compreso tra 3 e 5 anni.
In riferimento ai requisiti anagrafici, possono beneficiare del sostegno coloro che hanno un’età
tra i 25 e 65 anni (inferiore ai 25 se disabile o con familiari a carico).
È importante sottolineare che la Renta Minima ha come requisito basilare la capacità e la
disponibilità a lavorare da parte del potenziale beneficiario. Ciò comporta, oltre all’esaurimento
di altre misure di assistenza, in quanto non è possibile il cumulo, il rispetto delle condizioni
previste dalle misure di inserimento lavorativo.
Si distingue dalla Renta Minima, la Renta Basica, definibile come "un'entrata a carico dello
Stato che la versa ad ogni persona che sia a pieno titolo membro della società anche se non
intende lavorare in modo remunerato, senza far distinzioni fra chi è ricco o povero o, detto in
altre parole, indipendentemente da quali possano essere altri possibili fonti di reddito e
indipendentemente da forme di convivenza” (fonte: Modelli e simulazioni di RDC nei Paesi
dell'Unione europea). Così definita, la Renta Básica (RB) in Spagna non è mai stata messa in
pratica, né a livello nazionale, né a livello delle Comunità Autonome ed è tutt’ora oggetto di
dibattito tra decisori politici ed esperti del mercato del lavoro per la sua definizione e
attuazione. Va però sottolineato che la situazione economica del Paese è tale da fare ipotizzare
un iter prolungato in relazione ai rilevanti costi e modalità di attuazione.
SALARIO MINIMO
In Spagna il salario minimo è composto da 14 mensilità per un monte salario annuo pari a
8.980 all'anno. A tale importo va aggiunto il contributo per sicurezza sociale che spetta al
datore di lavoro del 29,9% (la disoccupazione, la formazione professionale, FOGASA), cioè di
2685 euro anno, per un totale di 11.665 € all'anno. Il costo complessivo sale così a 972 euro al
mese. Questa cifra non tiene conto del mese di ferie che spettano al lavoratore. Se
annualizziamo questo costo, si arriva al costo mensile di 12.725 euro all'anno.
A questo va aggiunto che il dipendente ha diritto ad una indennità di licenziamento, come ha
stabilito l’ultima Riforma del lavoro pari a 20 giorni per anno lavorato (o 33, se il licenziamento
non rispetta bla regola della giusta causa). Data l'attuale crisi, è stata calcolata tale indennità
(supponendo una probabilità di licenziamento del 40%) per un lavoratore che riceve il salario
minimo tra 200 e 300 euro all'anno. Così facendo il costo del salario minimo sarebbe 13.000
euro.
C'è un costo finale che non viene preso in considerazione, ma, ovviamente, si calcola. Questo è
noto come "costo del capitale", cioè il rendimento minimo atteso dal datore di lavoro di
assumere il lavoratore. Alcuni possono ritenere costo ridondante e, in ogni caso, non dovrebbe
imputarselo il lavoratore. In breve, il costo del capitale, data la situazione di rischio, che porta
l'interesse di offerta del debito pubblico, tra il 7% e il 10% (tra 910 e 1.300 l'anno), possiamo
concludere che il costo del lavoro minimo in Spagna è di 14.000 euro per anno o 1.166 euro al
mese, quasi il doppio di quanto effettivamente percepisce il lavoratore, senza considerare gli
eventuali accordi collettivi nei diversi settori produttivi che integrano e migliorano quel minimo
legale.
Nel 1998 nasce in Spagna il Salario minimo quando viene equiparato il salario dei lavoratori
minori di 18 anni a quello degli altri lavoratori, nasce così il Salario Minimo interprofessionale.
Nel 2012 il salario minimo è esteso a tutte le attività e viene determinato in 21,38 euro al
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giorno o 641,40 euro al mese, a seconda se in contratto prevede il pagamento mensile o per
giorno lavorato.
Il Salario Minimo Interprofessionale beneficia sia i lavoratori a tempo indeterminato come per
le altre tipologie contrattuali (somministrati, temporari, servizi alle persone, etc). Viene
stabilito dal governo ogni anno, previa consultazione con le organizzazioni sindacali e le
associazioni imprenditoriali, sulla base di alcuni indicatori stabiliti per legge, e cioè l’indice dei
prezzi al consumo, la media della produttività raggiunta nell’anno precedente, l’incremento
della partecipazione del lavoro nel reddito nazionale e la congiuntura economica generale.
Il salario minimo fa riferimento alla giornata legale di lavoro per ogni attività produttiva, senza
includere nel caso del salario giornaliero la parte relativa alle domeniche e ai giorni festivi. Se i
giorni lavorati fossero inferiore alle giornate previste il lavoratore percepirà un salario pro rata.
Gli importi di cui sopra potranno essere incrementate con tutte le altre forme di salario
indiretto e altre pagamenti previsti dal proprio contratto.
Gli importi fissati rappresentano un salario minimo, in modo che possa essere rivisto e
migliorato dai contratti collettivi di lavoro o da accordi individuali con il proprio datore di
lavoro. In ogni caso, come forma di garanzia generale, i salari concordati nei contratti collettivi
non devono essere inferiore al calcolo annuale dell'importo approvato dal Governo. La
revisione annuale del salario minimo non cambia la struttura o gli importi della retribuzione già
determinate nelle diverse categorie per via contrattuale anche quando queste siano superiori al
monto annuale concordato tra le parti.
BREVI CONCLUSIONI
Dall’analisi comparata dei Paesi oggetto di indagine, occorre ribadire la necessità di un’Agenzia
unica che, sul modello di quella tedesca (BA), sia in grado di coordinare le politiche attive del
lavoro con quelle passive, promuovendo una formazione in linea con le richieste provenienti
dalle imprese, politiche di incontro tra domanda e offerta per una migliore occupabilità delle
persone, assieme all’incentivazione della mobilità del lavoro. Non vanno però nascoste le
difficoltà di modellizzazione di un sistema del genere, in relazione alle competenze assegnate
dalla normativa nazionale, alle Regioni e da queste alle Province.
Si ritiene inoltre preferibile realizzare un sistema di ammortizzatori sociali ad ampio spettro di
copertura, in linea con la “Riforma Fornero” e gli strumenti dell’Aspi e della Mini Aspi, piuttosto
che introdurre uno strumento assistenzialistico universale, con il forte rischio di disincentivare
l’inclusione e la partecipazione attiva nel mercato del lavoro. Questo, anche in considerazione
del fatto che nel 2013 (come evidenziato) è stata introdotta la sperimentazione in Italia di una
nuova social card che intende far fronte ai bisogni delle famiglie in situazione di marginalità.
Il Ministro del Lavoro uscente, ha infatti ribadito che occorre “non sussidiare i lavoratori che
hanno perso il loro posto di lavoro per anni e anni, facendo finta che esso sia ancora
economicamente vivo, ma, al contrario, aiutarli a trovare il più rapidamente possibile una
nuova occupazione. Un lavoratore che rimanga privo di lavoro deve essere assistito
monetariamente perché possa soddisfare i bisogni suoi e della famiglia, ma deve essere anche
assistito con buoni servizi per il lavoro e con buone politiche attive che gli diano la possibilità di
trovare una nuova occupazione”.
La possibilità di introdurre un reddito minimo nel nostro Paese richiederebbe necessariamente
la presenza di Servizi per il lavoro più efficaci, con un sistema di regole e di sanzioni effettivo
che attualmente non è paragonabile a quello tedesco, oltre a un necessario cambiamento
culturale nell’atteggiamento di coloro che si trovano in condizione di disagio sociooccupazionale, evitando di porsi in modo passivo rispetto alla necessità di partecipare
attivamente alla società. Si tratta di un percorso complesso, ma già individuato e delineato dal
2001, con il Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia (e dal successivo Libro Bianco sul
Welfare del 2003) e reso ancora più necessario dalla crisi economica attuale.
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La necessità di un’unica Agenzia nazionale viene ribadita dall’AD di Italia Lavoro Paolo Reboani.
Nell’ottica del rafforzamento delle politiche attive del lavoro, è infatti necessario passare da
interventi di nicchia a un robusto piano di politica attiva del lavoro (anche finanziata con
l’ausilio dei Fondi comunitari) capace di ricreare competenze ed offrire re/impiego sia per i
giovani, sia per i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali. “Ciò implica progettare un
diverso assetto istituzionale che preveda meno livelli di governo, un’Agenzia federale del
lavoro, la gestione unificata a livello territoriale delle politiche attive e passive”.
La lotta contro l’esclusione sociale è quindi un prerequisito essenziale per lo sviluppo del Paese,
con le relative politiche chiamate a svolgere un ruolo cruciale per tenere unita la società. Si
tratta di un ruolo inedito che implica mutamenti nell’impostazione generale e nella capacità di
implementazione delle misure, implicando quindi una rivisitazione del modello tradizionale di
“welfare state”, oggi in crisi soprattutto a causa della spesa sociale fuori controllo e della
mondializzazione dei mercati.
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