Prodotti. Energia e telecomunicazioni Produzione e distribuzione di

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Prodotti. Energia e telecomunicazioni Produzione e distribuzione di
Prodotti. Energia e
telecomunicazioni
Produzione e distribuzione di
energia
Marcella Spadoni
Ottobre 2009
Testo per Storiaindustria.it
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Ad esclusivo uso didattico. Gli altri diritti riservati.
Prodotti. Produzione e distribuzione di energia
Le prime iniziative di carattere pionieristico nell’ambito della produzione di energia elettrica furono
realizzate, in Piemonte, a partire dal 1884, non troppo in ritardo rispetto ad analoghe esperienze
svolte all’estero. In quell’anno fu organizzata, a Torino, l’Esposizione industriale italiana e, per
l’occasione, vennero illuminate elettricamente piazza San Carlo e il Teatro Regio. La presenza in
città di enti di istruzione all’avanguardia dal punto di vista della cultura tecnica e della ricerca
scientifica, come la Scuola di applicazione per gli ingegneri, collegata alla Facoltà di scienze
fisiche e matematiche dell’Università, il Museo industriale e la Scuola superiore di elettrotecnica,
posta sotto la direzione di Galileo Ferraris, favorì lo sviluppo del nuovo settore. Significativo fu il
fatto che, nel 1884, proprio nel capoluogo piemontese, lo scienziato Lucien Gaulard sperimentasse
con successo un nuovo metodo di trasmissione a distanza dell’elettricità a corrente alternata che
permetteva di superare il vecchio sistema a corrente continua, aprendo la strada all’affermarsi dei
primi trasformatori e rendendo così possibile la trasmissione a grandi distanze dell’energia
elettrica, con minori dispersioni e a costi più contenuti. L’anno successivo, la scoperta del campo
magnetico rotante da parte del Ferraris rese possibile la conversione dell’energia elettrica in forza
motrice.
Nel corso degli anni Ottanta sorsero alcune imprese locali, che avevano la rappresentanza di
potenti società elettromeccaniche straniere e che producevano energia elettrica destinata a
soddisfare la domanda municipale di illuminazione pubblica. Inizialmente, però, il settore elettrico
subalpino fu caratterizzato dal predominio degli autoproduttori, specialmente caffetterie di lusso,
tra cui il Caffè Romano e la confetteria Baratti e Milano, e industrie tessili laniere e cotoniere, che
si dotarono di generatori di corrente per l’illuminazione privata; con la fine del secolo,
l’autoproduzione subì un netto ridimensionamento.
In Piemonte si affermò indiscussa l’industria idroelettrica, per la presenza, nelle zone alpine, di
corsi d’acqua di portata rilevante, sfruttabili facilmente richiedendo concessioni di derivazione, e
per l’abbondanza delle precipitazioni. La capacità di attrarre dall’estero gli ingenti capitali
indispensabili per avviare l’attività e l’esistenza nella regione di una struttura industriale in grado di
assorbire rilevanti quantitativi di energia permisero la nascita delle prime centrali e lo sviluppo
repentino della produzione elettrica. Dal 1894, inoltre, grazie ad un provvedimento legislativo che
stabiliva la necessità della sola autorizzazione prefettizia per ottenere l’imposizione di servitù di
elettrodotto sui terreni, venne predisposta una fitta rete di distribuzione dell’energia a livello
regionale.
Dal 1897 si procedette all’elettrificazione della rete tranviaria di Torino, in sostituzione della
trazione animale e il “carbone bianco” iniziò ad essere impiegato a fini industriali per alimentare gli
impianti e per illuminare gli interni delle fabbriche. Nei primi anni del Novecento, l’energia elettrica
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fu utilizzata per i trasporti ferroviari, nel settore chimico, dando vita al comparto elettrochimico, e si
diffuse per l’alimentazione di alcune macchine agricole.
Nel 1898, il Piemonte, secondo nella graduatoria nazionale soltanto alla Lombardia, poteva
vantare 564 impianti elettrici, dotati di una capacità produttiva totale di 20.360 KW; il 59%
dell’energia era prodotto da centrali idroelettriche, il 25% da centrali termoelettriche, il 16% da
impianti misti. Nel 1911 il 70% delle industrie piemontesi consumavano energia elettrica; il valore
saliva all’80% per le imprese che operavano nella provincia di Torino.
Nel corso dei suoi primi anni di vita, l’industria elettrica del Nord Ovest d’Italia fu caratterizzata dal
costituirsi di numerose società private specializzate nella produzione e distribuzione di energia. Tra
le principali vi erano: la Società Anonima Piemontese di Elettricità, sorta nel 1890, con l’apporto di
capitali svizzeri da parte della Compagnie de l’Industrie Electrique et Mécanique (CIEM) di
Ginevra, specializzata nel servizio di illuminazione pubblica e che, nel 1893, aveva costituito il
primo impianto idroelettrico di Torino a Regio Parco; la società di Elettricità Alta Italia, costituita nel
1896 dal potente gruppo elettromeccanico tedesco Siemens & Halske per esercitare il servizio
tramviario nel capoluogo piemontese e l’attività elettrocommerciale sia nel torinese, sia nel
biellese; infine, la Società Industriale Elettrochimica di Pont St. Martin, fondata a Milano nel 1899
allo scopo di operare nel settore elettrochimico ed elettrocommerciale e posta sotto il controllo
della Schuckert e C. di Norimberga. Dal 1907 fece il suo ingresso nel settore anche l’Azienda
Elettrica Municipale (AEM), di proprietà del comune di Torino, che costruì due importanti impianti
idroelettrici a Chiomonte e Susa.
Se nel 1911 il 73% del capitale totale delle società elettriche piemontesi era nelle mani di imprese
a partecipazione straniera, soprattutto di nazionalità svizzera e tedesca, con il primo conflitto
mondiale il ruolo degli investitori esteri si ridimensionò fortemente, in quanto le partecipazioni
tedesche furono nazionalizzate.
Durante gli anni Venti, il settore, caratterizzato dalla presenza di rilevanti economie di scala, sia
nella fase della produzione, che in quella della distribuzione, visse un importante processo di
concentrazione aziendale che portò ad una notevole riduzione del numero di operatori; all’interno
del cosiddetto “sistema elettrico piemontese” crebbe il ruolo della Società Idroelettrica Piemonte
(SIP) che controllava anche il sistema distributivo valdostano, mentre, le imprese elettriche liguri
gravitavano nell’orbita della società milanese Edison. In quel periodo l’elettricità iniziò ad essere
impiegata per alimentare gli elettrodomestici e nei settori radiofonico e telefonico.
Durante la depressione degli anni Trenta i consumi di energia diminuirono in misura considerevole.
Con l’obiettivo principale di sostenere la domanda espressa dagli utenti minori, le imprese che
operavano nel Nord Ovest adottarono politiche tariffarie differenziate a seconda del tipo di
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consumatore e realizzarono altre forme promozionali, tra cui la fornitura gratuita di apparecchiature
elettriche per la casa.
Nel 1933 avvenne il passaggio di alcune tra le più importanti imprese elettriche italiane sotto il
controllo dello stato e l’IRI divenne così proprietario di quasi il 30% del capitale delle società per
azioni attive nel settore; la maggior parte di tali imprese vennero privatizzate dopo alcuni anni, ma
non la SIP, i cui impianti vennero gestiti dall’ente pubblico, tramite la holding Finelettrica, fino alla
nazionalizzazione dell’energia elettrica decretata nel 1962. La politica autarchica varata dal
governo fascista nel 1936 diede un vigoroso impulso alla produzione di energia elettrica, chiamata
a sostituire combustibili solidi e idrocarburi d’importazione. Secondo i dati del censimento
industriale e commerciale del 1937-1940, le imprese censite in Piemonte e Valle d’Aosta,
specializzate nella produzione e distribuzione di energia elettrica erano 489, per un totale di 2.989
addetti; in Liguria ammontavano, invece, a 161, cui corrispondevano 2.310 addetti.
Durante la seconda guerra mondiale, soprattutto per la vistosa contrazione dei consumi industriali,
il settore elettrico, nell’area del Nord Ovest, segnò una battuta d’arresto; il ripristino della normalità,
però, avvenne repentinamente, dal momento che le distruzioni subite dagli impianti erano state
minime. Nel 1947, il varo del Piano Marshall provocò un mutamento nella specializzazione
settoriale delle imprese del settore, a favore della produzione termoelettrica, essendo stati esclusi
dal programma i finanziamenti per l’acquisto di materiali per l’industria idroelettrica.
Nel 1963, l’ENEL divenne proprietario della gran parte degli impianti di produzione e delle linee di
distribuzione presenti sul territorio nazionale; nel Nord Ovest rimasero attive le imprese
municipalizzate, tra cui l’AEM di Torino, alcuni autoproduttori e piccole imprese con un limite di
produzione di 15 milioni di KWh.
Tra il 1963 e il 1992 il consumo pro-capite di energia elettrica nelle regioni italiane è cresciuto
fortemente, passando da 2.229 a 4.837 KWh in Piemonte, da 4.485 a 6.698 KWh in Valle d’Aosta,
da 1.540 a 3.426 KWh in Liguria. Il consumo di energia elettrica nel settore industriale, sempre
nello stesso arco temporale, è quasi raddoppiato in Piemonte (da 6.918 a 12.862 GWh), è rimasto
pressoché invariato in Valle d’Aosta (da 401 a 428 GWh) e ha subito un lieve incremento in Liguria
(da 1.738 a 2.118 GWh).
Nel 1992 l’ENEL venne trasformato da ente pubblico in società per azioni e venne privatizzato nel
1999; in quello stesso anno, in conseguenza dell’emanazione del decreto Bersani che diede il via
alla liberalizzazione nel settore elettrico, l’ENEL separò la propria rete di produzione da quella di
trasmissione di energia costituendo allo scopo la società Terna; da quel momento, a fianco delle
imprese municipalizzate, dell’ENEL e dei piccoli produttori entrarono nel mercato nuovi operatori.
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Prodotti. Produzione e distribuzione di energia
Nel 2007, la produzione totale di energia elettrica è stata pari a 20.860 GWh in Piemonte, a 2.735
GWh in Valle d’Aosta e a 11.622 GWh in Liguria, mentre il consumo pro-capite di energia elettrica
ha raggiunto il valore di 6.185 KWh in Piemonte, 7.830 KWh in Valle d’Aosta e 4.019 KWh in
Liguria.
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