F4 un`idea di fotografia - Fondazione Francesco Fabbri

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F4 un`idea di fotografia - Fondazione Francesco Fabbri
F4 un’idea di fotografia
Villa Brandolini, Solighetto di Pieve di Soligo (Tv)
Antico Lanificio Andretta, Follina (Tv)
10 giugno – 16 settembre 2012
Comunicato Stampa
Sander, Burtynsky, Ciardi e i contemporanei
Cera, Somoroff, Sordi e Treppo.
Ma anche incontri, presentazioni e
workshop per il festival di fotografia
Dopo il successo dello scorso anno, la Fondazione Francesco Fabbri promuove la seconda edizione
del suo festival dedicato alla fotografia moderna e contemporanea nelle sedi di Villa Brandolini a
Solighetto di Pieve di Soligo e nell’Antico Lanificio Andretta a Follina, nel cuore delle colline
trevigiane.
Dal 10 giugno al 16 settembre andranno in scena sei mostre che spazieranno dalla fotografia di fine
Ottocento fino alle ricerche legate alla contemporaneità; inoltre ci saranno vari collaterali con incontri,
presentazioni di libri e workshop fotografici.
Il progetto, F4_ un’idea di fotografia, è curato da Carlo Sala e si avvale della collaborazione del
Comune di Pieve di Soligo e di Follina; patrocinato da Provincia di Treviso e Regione del Veneto che
lo hanno inserito nel circuito di manifestazioni regionali RetEventi Cultura Veneto.
Il tema dominante di questa edizione sono i paesaggi identitari e culturali, declinato secondo l’opera di
maestri della modernità, protagonisti dell’arte contemporanea e autori emergenti. Il primo evento
espositivo del festival è “Assenza di soggetto”, mostra che mette in relazione il grande fotografo
moderno August Sander con il contemporaneo Michael Somoroff.
In mostra la celebre serie Ritratti del Ventesimo secolo con cui Sander ha saputo figurare i tratti
caratteristici di un’epoca attraverso le sembianze degli abitanti della Repubblica di Weimar. Di umili
origini, l’autore impara l’arte della fotografia assistendo un professionista incaricato di realizzare degli
scatti nella miniera dove è impiegato come operaio. Dopo varie attività professionali, negli anni Venti
aderisce al "Gruppo degli Artisti Progressivi" di Colonia, cominciando a pianificare un lavoro che
voleva essere un vero e proprio catalogo della società attraverso una serie di ritratti.
Il suo primo libro Face of our Time, pubblicato nel 1929, contiene una selezione di sessanta scatti
tratti dalla serie Ritratti del Ventesimo secolo. Durante il regime nazista, Sander subisce varie
limitazioni e oppressioni che culminano in atti di violenza sul figlio Enrich. Quest’ultimo, membro del
Socialist Workers' Party, subirà una condanna a dieci anni di reclusione morendo poco prima della
scarcerazione.
Nel 1936, le copie di Face of our Time sono sequestrate e le lastre distrutte: analizzando l’opera non è
difficile comprendere l’ostilità dell’autorità politica di allora. Il mito della razza ariana veniva
profondamente messo in crisi da questo “catalogo” di umanità, suddiviso in sette sezioni: i Contadini, i
Commercianti, le Donne, Classi e Professioni, gli Artisti, le Città e gli Ultimi (homeless, veterani,
ecc.). Una visione plurale della società degli anni della Repubblica di Weimar, che tanto cozzava con
gli ideali del partito di governo.
Michael Somoroff ha voluto interpretare a livello fotografico e video l’opera di Sander. L’autore
americano ha lavorato in post-produzione sui lavori storici, cancellando digitalmente le figure narrate.
E’ un lavoro concettuale, ma anche umanista, che vuole giungere all’essenza dei luoghi ed
all’intrinseco rapporto tra la presenza antropica ed il paesaggio.
Un’azione all’apparenza arbitraria, ma che denota come Somoroff abbia intimamente compreso la
lezione del maestro tedesco, che non si voleva limitare ad un semplice ritrattismo, comune a parte
dei fotografi dell’epoca. Pur facendo emergere l’horror vacui di strade silenziose o il silenzio degli
interni vuoti delle case, la figurazione dei tratti tipici di quella determinata società rimangono inalterati,
rendendone un’immagine che tanto sa parlare di identità. La mostra è curata da Julian Sander e
Diana Edkins.
La seconda esposizione “L’uomo e la terra. Luci e ombre” è dedicata al fotografo contemporaneo
Edward Burtynsky e curata da Enrica Viganò con Carlo Sala. L’autore canadese, fin dall’inizio della
sua carriera trentennale, si è sempre confrontato con la natura in trasformazione e in particolare con
l’effetto del progresso sul paesaggio.
Pochi autori della contemporaneità, come lui, hanno saputo cogliere un nuovo senso del sublime nei
panorami manipolati dall’industrializzazione e dallo sfruttamento delle risorse naturali, portando lo
spettatore a interrogarsi sugli effetti del consumismo esasperato. Le sue immagini raccontano dello
sfruttamento delle risorse del pianeta, restituendo un paesaggio trasformato e ferito.
Fotografie che sono una metafora dell’eterna contraddizione dell’uomo, che da sempre prende dalla
natura ciò che gli serve per “migliorare” la qualità della vita, ma inevitabilmente ne causa il
deterioramento. Le opere di Burtynsky si fondano su un sottile equilibrio, figurando questi eventi
tramite immagini dal fortissimo impatto estetico. L’uso di un’iniziale “bellezza” dell’immagine crea
un’empatia tra opera e fruitore, che spinge inconsciamente verso una dimensione riflessiva. Un gioco
che sfiora la contraddizione: dietro una magnificenza compositiva, si celano paesaggi che contengono
il dramma di un’insostenibilità giunta al limite.
Le trenta opere di grandi dimensioni esposte nella mostra manifestano questo incontro-scontro
mediante la presentazione di luoghi dal valore emblematico come le miniere di nichel, lo
sbancamento delle cave, i cimiteri di relitti navali o le imponenti costruzioni delle nuove città
asiatiche. Luoghi lontani tra loro come gli Stati Uniti, la Cina, il Canada o il Bangladesh divengono
teatro delle medesime problematiche universali.
Ultimo membro di una storica famiglia di artisti, Emma Ciardi si inserisce nell’alveo della tradizione
veneta del vedutismo portata avanti anche dal padre Guglielmo, esponente della “scuola veneziana
dal vero”. Nella sua ricerca è evidente il tentativo di sintesi tra due “mondi” distinti, il realismo
dell’Ottocento e l’avanzarsi della modernità. Nella mostra “Emma Ciardi. L’opera fotografica tra
Venezia e Refrontolo”, curata da Carlo Sala, per la prima volta viene svelata la sua attività di
fotografa grazie alle immagini provenienti dal Fondo Pasinetti del CISVe di Venezia.
Per la Ciardi l’uso del mezzo fotografico possiede vari significati e prima di tutto è sintomo di
tradizione: tutto il vedutismo lagunare si approccia alla fotografia (o protofotografia) come inevitabile
strumento per catturare la realtà. Ma per l’artista il vero è l’imprescindibile base di partenza di ogni
quadro, anche quando viene stratificato e implementato da elementi narrativi, come nei suoi famosi
personaggi settecenteschi. La sua struttura pittorica viene creata attraverso una forte sapienza
cromatica che rende grande finezza nella trattazione delle qualità atmosferiche. Un gioco di luci ed
una vividezza dei toni che non è solo funzionale all’impressione del momento, ma è strumento per la
creazione di una visione che inizia a possedere dei caratteri introspettivi. In un tale contesto, la
fotografia di Emma Ciardi non può essere vista come una semplice attività strumentale alla ricerca
pittorica. Accanto ad alcuni scatti prettamente documentativi, vi sono immagini in cui l’autrice tenta di
utilizzare le funzionalità di questo mezzo avvicinandole alla sua poetica di pittrice.
Il percorso composto da venticinque lavori, si esplica attraverso tre tematiche portanti. Innanzi tutto le
visioni della città di Venezia, in cui appaiono molti canali, navi e bacini indugiando sul fascino dei
riflessi nell’acqua del mare. Molto affascinanti gli scatti dei giardini - soggetto tipico dei quadri di
Emma – popolati da statue antiche che rimandano a un gusto per la classicità. Infine gli scatti
realizzati a Refrontolo, paese della campagna trevigiana dove ha trascorso gli ultimi anni della sua
vita. Immagini in cui appare una visione più rigorosa della realtà e sembra celarsi un diverso
approccio al paesaggio, ora rurale e spartano, senza i decori e gli elementi decorativi del passato.
L’intervento di Cristina Treppo, intitolato Lo stato incerto delle cose, chiude le esposizioni a Villa
Brandolini. L’artista lavorerà con delle opere ibride, realizzando alcune installazioni site specific che
contemplano in esse l’immagine fotografica. Le sembianze di oggetti quotidiani perdono nel suo
lavoro la loro valenza funzionale, divenendo simulacri evidenti per la costruzione in senso evocativo
di una memoria collettiva.
Il percorso espositivo della seconda edizione di F4 prosegue nei suggestivi spazi espositivi del
Lanificio Andretta a Follina, attraverso l’opera di due autori contemporanei italiani della scena
emergente: Michele Cera e Massimo Sordi. Il primo, con la serie di scatti “Dust” documenta il
peculiare volto dell’Albania odierna. Interrogandosi sulle architetture “senza qualità”, l’autore ci narra
di un paese in cui la vita quotidiana si accompagna ad un profondo senso di abbandono. Immagini
scarne e minimali raccontano di luoghi marginali popolati da edifici fatiscenti o incompiuti. Sono
raffigurati paesaggi fragili e perennemente in bilico, come le esistenze delle genti che popolano quelle
terre.
Massimo Sordi, autore profondamente legato all’India, rivela con le sue fotografie la complessità di
questa nazione. Un paese che non vuole abbandonare le proprie tradizioni e al tempo stesso sta
gestendo profonde mutazioni sociali legate al progresso e alla globalizzazione. La mostra si compone
di scatti in bianco e nero che sono un lungo viaggio, dalle grandi megalopoli in continua crescita ai
remoti villaggi delle regioni rurali.
F4_un’idea di fotografia
“August Sander – Michael Somoroff. Assenza di Soggetto”; “Edward Burtynsky. L’uomo e la terra.
Luci e ombre”; “Emma Ciardi. L’opera fotografica tra Venezia e Refrontolo”; “Cristina Treppo. Lo stato
incerto delle cose”. Villa Brandolini, Solighetto di Pieve di Soligo (Treviso), Piazza Libertà n°7.
“Michele Cera. Dust”; “Massimo Sordi. Indian Photographs”. Antico Lanificio Andretta - Nuovi Spazi
Espositivi, Via Padre Anacleto Milani. Durata: 10 giugno – 16 settembre 2012.
Evento promosso dalla Fondazione Francesco Fabbri con Comune di Pieve di Soligo e Comune di
Follina. Con il patrocinio di FIAF e GAI e di TRA, Centro studi Usine e Enzimi. In collaborazione con:
Admira, Milano; Feroz Gallery, Bonn; CMC, Milano; CISVe, Venezia e con il supporto di Associazione
Amici Fondazione Fabbri, Associazione Amici per Solighetto, Associazione culturale Careni e FAST.
Rassegna inserita in RetEventi Cultura Veneto realizzata da Provincia di Treviso e Regione del
Veneto.
Orari di apertura: giovedì, venerdì e sabato 16 - 20, domenica e festivi 10 -12 e 16 – 20.
Ingresso: Intero euro 6,00. Ridotto euro 4,00 dai 14 ai 25 anni; over 65; studenti universitari; aderenti
FIAF; gruppi di almeno 15 persone. Gratuito minori di 14; portatori di handicap con accompagnatore;
giornalisti con tesserino.
Info mostra:
tel. +39 334 9677948 - [email protected] - www.fondazionefrancescofabbri.it
Ufficio Stampa:
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo – Padova, tel. + 39 (0)49 663499, [email protected]