Capitolo 1 Un uomo che non si chiamava più
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Capitolo 1 Un uomo che non si chiamava più
Capitolo 1 Un uomo che non si chiamava più Callum giunse ad Aberdeen per farla finita. Voleva morire ma non per mano propria. È qui che entro in gioco io. Voleva che l’aiutassi a mettere in scena la sua morte. Uno psicodramma. Quando incontrai Callum, mi disse di chiamarsi Alan. Era una giornata fredda e nuvolosa. Avevo dormito fino a tardi e avevo deciso di non andare in spiaggia. Mi piaceva andare in spiaggia. Anche d’inverno. Anche di notte. Ma non quando pioveva. Andai in Union Street. Non avevo niente di meglio da fare. I negozi erano pieni di tante cose diverse ma mi annoiavano. Libri. Dischi. I commercianti di Aberdeen non si curavano dei gusti di quelli come me. Io facevo affidamento sulle botteghe dell’usato, la vendita per corrispondenza, i regali degli amici, le incursioni a Edimburgo e a Londra. Avrebbe anche potuto andare peggio. Per esempio se fossi vissuta a Dundee dove gli affitti erano più bassi ma il centro era un incubo pedonale di negozi. Aberdeen era meglio, c’erano la spiaggia, Union Street e i soldi del petrolio. Se Brighton era la San Francisco della South Coast, allora Aberdeen era la Los Angeles del Mare del Nord. 7 Stewart Home Era l’ora di pranzo di una tetra giornata di metà settimana e i pub erano insolitamente vuoti. Approfittai dell’occasione per evitare gli amici. Andai al Grill, un bar molto tradizionale. Non c’ero mai stata nonostante fosse un posto leggendario. Si diceva in giro che i vecchi frequentatori del Grill non vedessero di buon occhio le donne che bevevano. Avevo sentito dire che i gestori stavano rimandando all’infinito l’installazione di un bagno per signore. In questo modo i frequentatori abituali potevano continuare a godersi in santa pace un ambiente prevalentemente maschile. Entrai tra una dozzina di sguardi ostili. Alan sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo, mi salutò con la mano e disse buon pomeriggio. Fraintesi, non erano ancora le 12.30 e credetti che avesse detto il mio nome. Anna Noon, Anna Mezzogiorno. Non mi parve di conoscere Alan ma pensai che lui dovesse conoscere me. Andai a sedermi accanto a lui. Si alzò e andò a prendermi da bere. Guardai il libro che stava leggendo. E comunque abituati ai singoli, poeti della nuova generazione, un’antologia che raccoglieva opere di Niall Quinn, Nick Macias e Nic Laight. Alan tornò con il mio gin e una pinta di birra scura alla spina. Gli chiesi di leggermi la poesia che gli piaceva di più in E comunque abituati ai singoli e lui recitò l’indice a memoria. Aggiunsi dell’acqua tonica al gin e mi portai il bicchiere alle labbra. Vecchi nuotavano davanti ai 8 69 cose da fare con una principessa morta miei occhi. Sui loro volti vacui era scritto lo sforzo per tenersi al passo con i tempi. La città era cambiata. Il petrolio aveva cambiato la città. I vecchi bevevano lentamente, custodendo come meglio potevano le loro pensioni e i loro ricordi. Le cose erano diverse ai vecchi tempi. Il petrolio aveva rivoltato il loro mondo come un calzino. I prezzi delle case erano schizzati alle stelle. I loro figli se n’erano andati altrove. Non potevano permettersi di vivere in città. Aberdeen era cambiata. Io non avevo voglia di parlare. E non volevo che Alan parlasse. Avevamo entrambi degli accenti inglesi. Nessuno di noi due aveva niente a che fare con gli impianti di trivellazione1. Finii il mio drink e proposi di trasferirci in uno dei pub vicino alla stazione. Pagavo io. Alan disse che potevamo andare a casa sua. Non sapevo se fosse una proposta o una minaccia. Aveva una bottiglia di Springbank. Non sapevo cosa fosse. Un whisky di Campbletown, spiegò. Aveva anche una bottiglia di gin. Grandioso, pensai. Pioveva. Nessuno di noi due aveva un ombrello. Alan pagò un taxi fino a Union Grove. Non era lontano. Si trovava a est delle ville preferite dagli uomini del petrolio. Il portone del palazzo aveva bisogno di una mano di vernice. Le scale di essere spazzate. L’appartamento di Alan era al primo piano. Entrammo in casa. Non avevo mai visto nulla di simile. C’erano libri dappertutto. Scaffali, perfino 9 Stewart Home nel corridoio, ricoprivano ogni centimetro quadrato delle pareti, dal pavimento al soffitto. Sulle mensole non c’era più un millimetro di spazio. Il pavimento era ricoperto da cataste di libri. E di giornali vecchi. Alan mi portò in salotto. Era pieno zeppo di libri. L’arredamento, tappeti e tende, mi sorprese. Cuoio marrone e acciaio. Moquette marrone. Velluto blu. Qualcuno aveva speso una bella sommetta per quell’appartamento. Anche se le combinazioni dei colori lasciavano molto a desiderare, ero invidiosa. Senza libri la casa sarebbe stata fantastica. Era cento volte meglio del mio miniappartamento. Con un gesto indicai i libri, ammucchiati sulle mensole, sul tavolo, sul pavimento. Cos’era tutto quello? Alan mi disse che si trattava di un sistema mnemonico occulto. Poi uscì dalla stanza. Ai miei piedi c’erano delle lettere. Bollette. Erano intestate a nome di Callum MacDonald, appartamento n.3, 541 Holloway Road, Londra. Alan tornò con whisky e gin, del ghiaccio e un limone. Era un tipo organizzato, anche se il suo appartamento era un disastro. Com’era vestito? Se in quel momento avessi saputo che avrei scritto di lui, avrei preso qualche appunto. Non gli piaceva distinguersi dal mucchio. Di solito si metteva un paio di Levi’s neri, scarpe con i lacci, una camicia aperta e una giacca scura. Quando faceva freddo si metteva un maglione con lo scollo a V. Aveva diversi impermeabili, 10 69 cose da fare con una principessa morta tutti di colore scuro. Non appena entravamo nell’appartamento si toglieva cappotto e maglione. Il riscaldamento centralizzato veniva tenuto acceso e i doppi vetri mantenevano le stanze calde. Bevvi un sorso di gin e domandai ad Alan cosa facesse nella vita. Mi disse che leggeva e che, quando avesse finito di leggere, sarebbe morto. Gli chiesi perché era venuto ad Aberdeen. Mi disse che aveva ereditato l’appartamento e i libri che c’erano dentro. Quando gli chiesi se i suoi genitori fossero ricchi lui scoppiò a ridere. Non aveva ereditato l’appartamento dalla sua famiglia ma da una donna più anziana che aveva perso la testa per lui. Dette un calcio a una pila di libri e mi disse di essere arrivato ad Aberdeen soltanto da pochi giorni. Voleva sgombrare l’appartamento, i libri lo irritavano. Gli suggerii di provare con l’Old Aberdeen Bookshop, un negozio nei pressi dell’università specializzato in libri usati di qualità. Alan rise. Avrebbe letto ogni singolo libro prima di disfarsene. Alan sollevò da terra i tascabili che aveva sparpagliato con un calcio. Una scelta di titoli di Erich Fromm. Mi disse che quei libri erano spazzatura. Lesse in fretta a voce alta brani delle introduzioni dell’Arte di Amare, La Rivoluzione della Speranza, Essere o Avere e dell’Anatomia della Distruttività Umana. In ciascuna di quelle introduzioni Fromm ripeteva se stesso, scusandosi di ripetere nel suo nuovo libro cose già dette nei testi precedenti ma 11 Stewart Home giustificandosi sulla base del fatto che quelle informazioni erano necessarie perché il lettore capisse le osservazioni inedite contenute nel nuovo testo. Alan mi chiese se conoscevo l’opera di Fromm. No. Mi dette Fuga dalla Libertà e mi disse di tenerlo. Lui possedeva un’edizione inglese del libro pubblicata da RKP. Era intitolata Paura della Libertà ma il testo era identico all’edizione americana con il titolo originale. Adesso ho entrambe le copie. Poco dopo che ci eravamo conosciuti, Alan iniziò a vendere i libri che aveva letto all’Old Aberdeen Bookshop. Io andavo al negozio una o due volte alla settimana e compravo tutto ciò di cui lui si era sbarazzato. Chiesi ad Alan quanti anni avesse. Disse di averne 36. All’inizio pensai che scherzasse. Al massimo dimostrava due o tre anni più di me. Entrammo subito in sintonia, forse grazie al gin. Non avevo l’impressione che tra di noi ci fosse una differenza di 16 anni. Gli chiesi se voleva fare sesso. Lui mi portò in camera da letto e mi chiese se mi dispiaceva farmi legare. All’inizio ero un po’ titubante ma poi lui mi promise di non farmi male. Mi legò le mani dietro la schiena. Mi bendò gli occhi e mi mise un cappuccio in testa. Mi fece sdraiare a pancia in giù e mi palpeggiò la spina dorsale e in cima alle gambe. Mi toccò dietro le ginocchia. Mi prese le dita dei piedi in bocca e me le succhiò. Si mise carponi sopra di me. Mi sollevò le 12 69 cose da fare con una principessa morta braccia e mi leccò sotto le ascelle. Quando mi fece alzare il culo e mi infilò due dita nella fica ero bagnata per l’eccitazione. Credo che quando mi scopò Alan non avesse il preservativo. In caso contrario scoppiò, perché a un certo punto sentii il suo sperma colarmi fuori dalla fica. Alan mi buttò addosso una coperta e uscì dalla stanza. Non so per quanto tempo rimasi stesa lì. Lui mi aveva detto di non muovermi, che sarebbe tornato. Ero eccitata. Mi assopii e mi risvegliai più volte. Sogni erotici. Pensieri erotici. Mi fidavo di Alan. Mi piaceva sentire il suo sperma colarmi fuori dalla fica. Mi piaceva sentirmi indifesa e quando udii nuovamente la sua voce dopo quella che sembrava un’infinità di sogni senza sonno e di sonno senza sogni mi arrapai da morire. Pensai che fosse Alan a titillarmi la fica. A salirmi sopra. A ficcare il suo grosso cazzo duro nel mio buco cremoso. Pensai che fosse Alan perché nel frattempo sentivo la sua voce. Mi disse che ero la ragazza più bella del mondo. Che lo eccitavo da morire. Che voleva mettermi incinta. A un certo punto Alan tacque ma io sentivo il suo alito caldo sul retro del collo. Poi successe qualcosa di strano. Sotto di me c’erano due mani, che mi palpavano i seni. Un altro paio di mani mi tolsero il cappuccio e mi accarezzarono i capelli. Poi mi sollevarono la testa, mentre le dita si facevano strada nella mia bocca. A un certo punto alle dita si aggiunse un 13 Stewart Home cazzo. Nel frattempo qualcuno continuava a scoparmi da dietro come fossi una cagna. Le dita bagnate di saliva giocherellavano con i miei capelli. Non sapevo a chi appartenessero e non vedevo neppure a chi stessi facendo un pompino. Dita armeggiarono con la benda e me la tolsero. Alzai gli occhi e vidi Alan. Adesso sapevo a chi stavo facendo un pompino ma non chi mi stava scopando. Con la coda dell’occhio vidi un pupazzo da ventriloquo. L’avevo già notato entrando in camera da letto, prima di essere legata e bendata2 . Stavo per venire, avevo in bocca il sapore della sborra di Alan e sentii l’uccello dell’altro uomo diventare duro e rilasciare lo sperma. Alan allontanò il suo cazzo dalle mie labbra e mi rimise in testa il cappuccio. Sentii qualcuno rivestirsi, poi andarsene. Alan sciolse il nodo che mi legava i polsi. Ci raggomitolammo sotto le coperte, abbracciati l’uno all’altra, e ci addormentammo. Non dormimmo a lungo. Alan mi svegliò uscendo dal letto. Lo guardai mentre si rivestiva. Sullo sfondo un muro tappezzato di libri. Quando iniziò a togliere i libri dagli scaffali mi trascinai fuori dal letto. Mi disse che i libri andavano trattati con cura, spostati, che si doveva mostrare loro interesse, altrimenti sarebbero morti, proprio come succede alle piante. Si lamentò dicendo che si era aspettato di trovare qualcosa di più che libri in edizione economica pubblicati per motivi commerciali. La sua 14 69 cose da fare con una principessa morta amica faceva la maga ma anche se c’erano libri sull’occultismo, ce n’erano molti di più di filosofia, politica, letteratura, storia, sociologia, e di parecchi altri argomenti. Andammo in salotto e ci facemmo un altro bicchierino. Presi il volume di Erich Fromm che Alan mi aveva dato. Il mio ospite disse che Fromm critica la meccanizzazione proprio perché la sua tecnica letteraria è meccanizzata. In quel momento non ero sicura di capire cosa volesse dire, ma a mano a mano che acquistai i suoi libri mi resi conto che non c’era poi molto da capire. Alan criticava Fromm per avere denunciato una cultura meccanica della morte in modo che questa potesse essere riprodotta all’infinito sotto la rubrica della vita. Considerava la teoria del carattere sociale di Fromm alla stessa stregua del misticismo agrario di Spengler e dell’affermazione che in campagna e in città si ritrovano tipi sociali diversi. Quando gli dissi che non sapevo di cosa stesse parlando, mi suggerì di prendere la sua copia del Tramonto dell’Occidente se avevo voglia di perdere qualche ora con futili ragionamenti di destra. Poi prese L’Anatomia della Distruttività Umana di Fromm. Mentre scrivo ho di fronte a me la sua copia in edizione economica pubblicata da Penguin nel 1977. Aprì il libro a pagina 440 e mi indicò quello che Fromm aveva da dire sullo slogan «Lunga vita alla morte!». Trovò una copia di Dall’Altra Sponda di Alexander Herzen e mi fece 15 Stewart Home notare che il populista russo usava lo slogan «Vive la mort! E possa trionfare il futuro!» alla fine di una lettera scritta a Parigi il 27 luglio 18483 . Alan criticava Fromm per non aver capito né la genesi storica dello slogan «Lunga vita alla morte» né il suo significato profondo. Prese una copia di Les Misérables di Victor Hugo da uno scaffale e mi mostrò un passaggio in cui le folle che presidiano le barricate parigine del 1832 sono descritte mentre gridano «Lunga vita alla morte!» Mi fece dare un’occhiata a due testi di Marx sul ’48, La Guerra Civile in Francia e Il Diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte. Sottolineò come quest’ultima opera inizia con la famosa osservazione che la storia ripete se stessa, la prima volta sotto forma di farsa, la seconda di tragedia, e per Alan è proprio questo che era accaduto in Spagna durante la guerra civile. Poi prese La Fine della Storia e l’Ultimo Uomo di Francis Fukuyama e richiamò la mia attenzione su una citazione all’inizio del capitolo 13 tratta dalla Fenomenologia di Hegel sulla dialettica servo/padrone. Bofonchiò che perfino un cretino di destra come Fukuyama nella sua superficiale lettura di Hegel era andato più in là di Fromm. Con un calcio Alan sparpagliò i libri di Fromm per tutta la stanza. Li liquidò insieme al loro autore perché ignoravano che la morte di Socrate era un atto sacrificale che aveva dato vita alla filosofia occidentale. Era convinto che ogni filosofo o occul- 16 69 cose da fare con una principessa morta tista degno di questo titolo sapesse che la morte è un’integrazione della vita, proprio come la vita è un’integrazione della morte, e che noi iniziamo a vivere soltanto nella morte. Essere capaci di immaginarci la nostra morte non solo fa di noi degli umani, ma può addirittura fare di noi degli dei. Fromm credeva di essere un marxista, ma ignorava del tutto quello che Hegel aveva da dire sulla morte. Dopo avere osservato che perfino Norman O. Brown era preferibile a Fromm, Alan prese il cappotto e propose di uscire a mangiare qualcosa. Andammo a La Bonne Baguette e mangiammo zuppa di cipolle francese con il pane. Alan prese un espresso, io un cappuccino. Gli chiesi quante persone conoscesse ad Aberdeen. Disse che non conosceva nessuno, che io ero la prima persona con cui avesse fatto amicizia e che era arrivato in città soltanto da un paio di giorni. Se non conosceva nessuno, chi era allora la persona da cui mi aveva fatto scopare? Rispose che era stato Dudley. Dudley chi? Dudley Standing. E chi era Dudley Standing? Il pupazzo da ventriloquo che avevo visto in camera da letto, Alan se l’era portato dietro da Londra. Gli dissi di non essere ridicolo e lui mi chiese se pensavo che mi avesse fatto scopare dal primo ventenne che passava per strada. Mi parve un’idea molto sexy. Sentii le mutandine inumidirsi. Dopo la zuppa andammo al Prince Of Wales. Là incontrammo alcuni miei conoscenti. Dopo il primo 17 Stewart Home bicchiere Alan voleva già che ce ne andassimo. Gareth mi disse che aveva passato tutto il giorno a scrivere un saggio. Alan ribatté che sia lo sperma che l’inchiostro fuoriescono. Dal seme alla semantica, stava alludendo a quello che avevamo fatto dall’ora di pranzo in poi. Provammo con il Blue Lamp. Suzy e Jill ci fecero cenno di sederci al loro tavolo. Suzy aveva appena rotto con il suo ragazzo e Jill stava cercando di rincuorarla. Ci sedemmo con loro per un po’. Alan mi chiese se ero mai andata con un’altra donna. Io risposi di no. Poi mi chiese se avevo mai letto 69 Cose da Fare con una Principessa Morta di K. L. Callan. Anche in questo caso la mia risposta fu negativa. Dopo un po’ Suzy e Jill si unirono alla nostra conversazione. Chiacchierammo soprattutto di film e libri ma a un certo punto la conversazione si fece seria. Jill disse che Lynne Tilman era la migliore scrittrice vivente che avesse mai letto. Alan osservò che «migliore» era un termine inappropriato per la letteratura. Poi iniziò a parlare dell’incessante e involontaria decostruzione della forma letteraria messa in atto da Angus Wilson. Secondo Alan, riproducendo una serie apparentemente banale di valori Wilson era stato capace di illustrare quello che non aveva saputo dichiarare apertamente: vale a dire che la conoscenza è priva di fondamenta. Il divario tra quello che Wilson aveva in mente di fare e quello che aveva fatto, mostrava il discorso lette- 18 69 cose da fare con una principessa morta rario per quello che era: una favola senza inizio né fine che faceva risalire le sue origini a una mitologica superiorità rispetto ad altre forme testuali. Angus Wilson e William McGonagal erano gli unici due scrittori che Alan raccomandasse senza esitazione a chiunque gli chiedesse un consiglio su cosa leggere. Andai alla toilette con Jill. Poco prima aveva sentito Alan dirmi che gli sarebbe piaciuto appartarsi con lei. Jill mi sfidò a sbottonargli la patta dei pantaloni e tirargli fuori l’uccello, così che potesse vederglielo. Mi parve una bella idea. Tornammo al tavolo. Alan stava pomiciando con Suzy. Aveva una mano dentro le sue mutandine. Gli posai le mani sul cavallo, gli sbottonai i jeans e gli tirai fuori l’uccello. Era molle come una seppia ma in poco tempo diventò duro nella mia mano. Quando Jill lo accarezzò il billo di Alan si rizzò sollevandosi dal palmo della mia mano. Ridacchiammo, poi lo rimettemmo nei pantaloni, io infatti avevo paura che qualcuno oltre a noi si accorgesse che gliel’avevo tirato fuori. Jill propose di andare a casa sua. Fummo tutti d’accordo, così Alan comprò qualche lattina di birra e dividemmo la spesa. Jill divideva l’appartamento con una ragazza di nome Karen. La sua coinquilina stava dormendo. Eravamo tutti ubriachi ma continuavamo comunque a tracannare birra dalle lattine che avevamo comprato. Alan ordinò a Suzy di fare sesso con me 19 Stewart Home sul tappeto. Mentre mi spogliavo, dissi a Jill di togliere ad Alan le mutande e di fargli un pompino. Mi stesi nuda sul tappeto davanti al fuoco a gas, e mi strinsi Suzy al petto. Feci scivolare le mani sulla sua schiena. Alzai gli occhi al divano. Alan aveva ancora la camicia ma era nudo dalla vita in giù. Jill gli stava leccando l’uccello. Alan tracannava birra da una lattina e mi guardava che lo guardavo. Misi le mani tra le gambe di Suzy. Era bagnata per l’eccitazione. Le toccai la clitoride, quindi le infilai un dito nella fica. Era calda, familiare, come una vecchia amica. Suzy ebbe un orgasmo, poi con una contorsione si liberò della mia mano e iniziò a scoparmi. Guardai Alan. Era eccitato. Tolse il suo cazzo dalla bocca di Jill. Si avvicinò al caminetto e divaricò le gambe di Suzy. Lei sollevò la testa e ansimò di piacere mentre lui la penetrava. Poi chinò la testa e mi leccò la vagina. Jill si abbassò le mutandine e si tirò su la camicia. Si avvicinò a me e mi si sedette sul viso. Io le aprii le labbra della fica con la lingua. Era calda, umida e sapeva di giacinto. Un orgasmo mi esplose in mezzo al cervello espandendosi in tutto il corpo. Ero indifesa, felice, perduta. Mi stavo lavando il viso con l’umore di Jill. Jill si alzò in piedi. Alan stava ancora scopando Suzy ma Jill lo spinse sul pavimento con la faccia a terra e poi lo fece stendere sulla schiena. Si avvicinò la sua verga alle labbra umide e ci dette dentro. 20 69 cose da fare con una principessa morta Mezza addormentata, Karen entrò nella stanza dalla camera da letto. Portava una vestaglia ma sotto era nuda. Le dissi di sedersi sulla faccia di Alan. Esitò. Ripetei l’ordine, e a quel punto fece come le avevo detto. Suzy mi stava ancora leccando e io ebbi un altro orgasmo mentre guardavo Karen prima accovacciarsi sopra Alan poi crollargli addosso. Fissavo il soffitto, alla deriva su un mare di parole, il disegno sul tappeto riflesso sulla vernice bianca che luccicava otto miglia sopra la mia testa. Ero mezza addormentata, l’alcol, il sesso. Mi assopii, mi svegliai. Alan stava andando via. Gli dissi di aspettare che mi vestissi. Volevo andare con lui. Raggiungemmo a piedi il lungomare. La spuma bianca, i gabbiani che volteggiavano sopra le nostre teste. Giù sulla spiaggia non riuscivamo a vedere né i caffè né il pontile che portava all’estremità ovest della diga. L’odore del sale. Le alghe incrostate di sale. L’oceano vasto, palpitante, amorfo. I cavalloni bianchi, le luci delle navi che galleggiavano tra le onde. Gli spruzzi bianchi, i cavalloni, il rombo del mare che si frangeva incessante sulla battigia. Mi premetti il palmo sulla fronte. Mi sentivo perduta, alla deriva. Non sapevo più chi ero, e neppure se qualcosa mi separasse da quell’ampia massa di lavoro. L’oceano, il deserto, dentro fuori, tutt’intorno. Cosa stavo facendo? Dovevo allontanarmi dall’acqua. Mi girava la 21 Stewart Home testa. Ci mancò poco che cadessi. Balbettai qualcosa ad Alan. Ci girammo e risalimmo sul lungomare. Alcune auto facevano ancora lo struscio sul viale. Le Karen e i Gary dietro ai parabrezza stavano simulando una simulazione, smitizzando un mito. Li trovai più seducenti del loro fuggevole modello, il film American Graffiti. Ci trascinammo verso Union Street. Alan stava di nuovo parlando di Erich Fromm. La notte prima aveva letto qui e là vari libri di Fromm. L’offendevano. Li vendette il prima possibile. Si stava facendo beffe del modo in cui nell’Anatomia della Distruttività Umana veniva trattato il movimento futurista. Accusava Fromm di non essere riuscito a superare le sue stesse premesse. Se si deve usare il metodo storico, allora l’influenza del vitalismo di Bergson va ricollegata ai futuristi attraverso Sorel. Perfino in base ai suoi stessi principi Fromm si era sbagliato a equiparare il futurismo alla morte. Alan inciampò, riprese il discorso, Fromm ormai gli era passato di mente. Tutto arrabbiato, stava liquidando quello che Louis J. Halle aveva scritto nell’Immaginazione Ideologica. Un libro terribile. Io non riuscivo a seguire il filo del suo ragionamento. Arrivati nella piazza all’incrocio con Union Street svoltammo a destra. Mentre passeggiavamo per King Street inserii il pilota automatico. Volevo soltanto andare a casa a dormire. Alan era sempre 22 69 cose da fare con una principessa morta con me, ormai parte di me. Armeggiai con le chiavi cercando quella giusta. Il mio buco aveva bisogno di una ripulita. Mi stesi sul letto. Alan prese la mia copia di Zingari Vagabondi di Judith Okely. Lesse qualche pagina, sbuffò con fare derisorio, prese un altro libro. Buttò da una parte il romanzo dopo avere letto il primo paragrafo. Riprese in mano Okely. Cambridge 1983. Io chiusi gli occhi, senza sapere se fossi sveglia o dormissi. Alan trascorse qualche ora a esaminare i miei libri. Quella notte sognai che ero in auto e correvo lungo la A12, venendo da Londra. A un certo punto ero nel Suffolk e guidavo lungo strettissime strade di campagna. Alan mi aveva mandato a stare con Dudley, il suo pupazzo da ventriloquo. Dudley preparò la merenda con quello che avevo comprato in una panetteria di Golders Green: panini al formaggio e chokla con la marmellata. Mi ricordavano di quando da bambina andavo a Londra dai miei nonni in vacanza. Per tutta la settimana mangiavo pane nero poi, per farmi contenta, il fine settimana mi compravano i chokla. Mi piacevano i miei nonni e anche Londra ma mi mancava la South Coast. A Dudley piaceva il caffè, così insieme ai panini bevemmo un espresso, ma io volli assolutamente preparare del tè con cui annaffiare i chokla. Nel mio sogno Dudley era una versione emaciata di Alan. Lo trovavo estremamente attraente. Rifacemmo le stesse cose che avevamo fatto con 23 Stewart Home Alan. Parlammo di tutto: musica, film, libri. Poi andammo in spiaggia. Sullo sfondo si vedeva la stazione nucleare di Sizewell. Ci sedemmo e guardammo le onde frangersi sulla battigia mentre il sole tramontava. Avevamo la spiaggia tutta per noi e nonostante facesse caldo mi strinsi a Dudley. D’un tratto ci ritrovammo l’uno stretto nelle braccia dell’altra, a rotolarci sui ciottoli. Non molto dopo avevo i jeans alle caviglie e la testa di Dudley sprofondata nella fica. Era pazzesco essere stesi lì, il suono dell’oceano che mi rimbombava nelle orecchie e una grossa porzione di nuvola sottile che ondeggiava nel cielo che scuriva. Le mie grida disturbarono alcuni uccelli marini che avevano fatto il nido per la notte e molti stridettero arrabbiati mentre volteggiavano verso l’orizzonte sempre più buio. Dudley mi stava succhiando la clitoride e nel mentre mi scopava con le dita. Volevo sentirmi sopra il suo corpo, così gli afferrai le orecchie e lo tirai forte a me. Dudley mi sprofondò dentro. Quando premette le sue labbra contro le mie sentii il sapore della mia broda. Sia Dudley che io stavamo dando di matto, e turbavamo la quiete notturna con le nostre urla. A un certo punto riuscii a dire a Dudley di non venire dentro di me. Lui continuò a scoparmi, ogni tanto rallentando il ritmo, finché non fu costretto a uscirmi da dentro. Lo spinsi sulla schiena, i jeans ancora intorno alle caviglie, mi inginocchiai da un lato e iniziai a 24 69 cose da fare con una principessa morta leccargli il cazzo. Mi piaceva guardare le nuvole, ma vedevo anche che Dudley mi fissava il culo ritto per aria. Stringendo tra l’indice e il pollice la base dell’erezione di Dudley, me lo misi in bocca. Dopo averlo lubrificato con la saliva feci uno scherzo crudele. Strinsi i denti e iniziai a scorrere su e giù per la carne. Dudley si contorceva sotto di me, senza sapere dove finisse la linea che divideva il piacere dal dolore. Ripetei questo giochetto varie volte, finché il pupazzo non iniziò a gridare il mio nome, pronunciandolo ora normalmente ora all’incontrario. Anna. Anna. Rimaneva sempre lo stesso in qualsiasi modo venisse pronunciato. Da sinistra a destra. Da destra a sinistra. Anagrammato. Noon. Noon. Presi in bocca una delle palle di Dudley e morsicai giocosamente la sacca che la conteneva. Qualche minuto dopo tornai a concentrare la mia attenzione sull’uccello del pupazzo. Non fu difficile farlo venire nella mia bocca. Una volta raggiunto il mio scopo, detti un bacio con la lingua al doppio di Alan. In questo modo potei sputargli in bocca l’enorme grumo di sperma che avevo fatto uscire da lui. Lo tenni bloccato a terra finché non l’ebbe ingollato. A quel punto ci stendemmo sulla spiaggia e rimanemmo lì un tempo lunghissimo. Non pensammo a farci una doccia prima di andare a letto, volevamo soltanto crollare. Eravamo ricoperti di sabbia 25 Stewart Home da capo a piedi e dopo aver chiavato ancora un po’ il letto diventò tutto granuloso. Quando ci svegliammo scopammo un altro po’ tra le lenzuola aggrovigliate. Poi andammo a Saffron Walden. Dopo aver parcheggiato l’auto ci dirigemmo verso i Bridge End Gardens. Le panchine del parco erano tutte ricoperte di cacca d’uccello. Dopo essere passati da una breccia nel recinto, entrammo nel labirinto di siepi di Bridge End dal lato est. Dopo molto girare trovammo la strada che portava al centro. Le statue e gli altri monumenti che decoravano originariamente il labirinto erano stati rimossi. Raggiunta la meta facemmo l’amore e a quel punto mi svegliai. 26 Capitolo 2 All’improvviso riemersi da una pozza oscura di sonno. Alan aveva dormito tra il piumone a fiori e il lenzuolo bianco e in quel momento stava scivolando fuori dal letto. Mi ci volle un po’ per ricordarmi chi fosse. Mentre cercavo di riordinare le idee lo sentii pisciare in bagno. Quando tornò nella mia stanza scoppiai a ridere. Era nudo e sapevo che se la ninfomane che abitava di fronte si fosse imbattuta in lui sulle scale si sarebbe eccitata. Fu a quel punto che vidi Hannah, la mia vicina assetata di sesso, seguire Alan attraverso la porta. A Hannah piaceva il sesso di gruppo e quando portava a casa qualcuno che mi piaceva spesso anch’io mi univo alla festa. Alan era in piedi accanto a me, il sorriso stampato sulle labbra. Hannah lo abbracciò da dietro. Gli fece scorrere le mani sul petto, gli accarezzò l’uccello fino a farglielo diventare duro e glielo strinse. Poi si mise l’indice della mano libera in bocca e gli massaggiò la saliva sul capezzolo sinistro. Alan si dimenò per il piacere. Io mi sedetti sul letto e gli presi il cazzo in bocca. Hannah si inginocchiò e iniziò a leccargli il culo. Mentre gli lubrificavo la verga iniziai a sentirmi la fica bagnata. Mi 27 Stewart Home misi carponi in modo che Alan potesse penetrarmi da dietro rimanendo in piedi. Hannah si tolse la camicia e le mutandine, poi salì sul letto. Mi spinse la testa contro il materasso e mi salì sulla schiena, stendendosi supina sopra di me, le gambe appoggiate alle spalle di Alan. Non riuscivo a vedere niente, tenevo gli occhi chiusi, ma capii dai rumori e da come si muovevano i nostri corpi che, mentre mi scopava, Alan stava leccando Hannah. Quando sborrò dentro di me venni anch’io e da come gridò capii che pure il corpo di Hannah era stato squassato da un orgasmo. Un groviglio di membra, e a fatica Hannah si rialzò. Ci disse che doveva scappare o avrebbe fatto tardi al lavoro. Alan strisciò nel letto accanto a me. Dormimmo per quasi due ore. Quando ci svegliammo facemmo l’amore. La posizione del missionario, nulla di esotico. Alla fine ci vestimmo. Il frigorifero era vuoto, così, anche se era presto, andammo da Carmine su Union Terrace a mangiare qualcosa. Davanti a un piatto di pasta e a un cappuccino parlammo di letteratura. Alan fece dei commenti sulla mia collezione di libri di Kathy Acker: Grande Speranza, Sangue e Budella alle Superiori, Don Chisciotte, Follia Letterale, L’Impero degli Inanimati, Ritratto di un Occhio, In Memoria dell’Identità, Mia Madre: Demonologia, Mio Padre Hannibal Lecter, Corpi Testuali, Euridice nel Regno dei Morti e Pussy, Re 28 69 cose da fare con una principessa morta dei Pirati. Alan ammirava Kathy Acker ma diceva che non era mai riuscito a leggere fino in fondo nessuno dei suoi libri. Rimase sorpreso quando gli dissi che avevo letto soltanto dei brani a caso, che era inutile leggere Kathy Acker dall’inizio alla fine. A un certo punto Alan mi disse che nei suoi saggi Acker non riusciva a superare le premesse da cui partivano i suoi romanzi. Ribattei che non sapeva leggere. Immagina di iniziare dalla prima pagina di un libro e di proseguire fino in fondo. Avevo sentito dire che nella sua vita Kathy Acker aveva vissuto con parecchi scrittori. Di solito avevano meno talento e meno successo di lei. Si dice che uno di questi scrittori si autoconvinse di essere Kathy Acker mentre lei era in tour per promuovere uno dei suoi libri. Quando Kathy tornò a casa il giovane scrittore, incapace di continuare a credere di essere un romanziere di successo, ebbe un esaurimento nervoso. Alan non pensava che fosse una storia vera. Puzzava di bruciato, quasi fosse un frammento di qualche romanzo postmoderno. E poi Kathy era troppo criptica per farsi coinvolgere in una storia così banale. A quel punto lui iniziò a parlare di Michael Bracewell, che io avevo sempre pensato fosse un giornalista. Alan tolse tre romanzi di Bracewell dal suo zaino. Mi disse che era stata Kathy Acker a scoprire Bracewell e a presentarlo a Serpent’s Tail, che pubblicò il suo primo libro. 29 Stewart Home Spiegò che Bracewell era uno dei primi stilisti o romanzieri alla moda, un risultato che andava messo in relazione alla lunga storia di libri per adolescenti. Ho ancora tre dei libri di Bracewell posseduti da Alan e mentre leggo qui e là cerco di rimettere insieme quello che disse da Carmine davanti a un piatto di pasta. Dai libri si capisce che Bracewell imparò a scrivere soltanto con il tempo. Lo stile di Il Club Cripto-Amnesia e Margate Scomparsa, entrambi del 1988, è atroce. Quando però, nel 1995, venne pubblicato Santa Rachel, Bracewell era diventato un vero e proprio cesellatore delle parole, nel solco di Aldous Huxley e Evelyn Waugh. Anche se a uno non piace il romanzo inglese tradizionale, può comunque apprezzare il percorso attraverso il quale Bracewell è diventato uno stilista. È difficile credere che ad Acker piacesse Santa Rachel, nonostante Lynne Tillman lo ammiri. A Kathy sarebbero piaciute tutte le cose brutte di Bracewell. I lustrini. La timida iconoclastia di Margate Scomparsa, che, letto in parallelo alla Fontana Meravigliosa di Ayn Rand, assume le sembianze di un romanzo en travesti. Il modo in cui la nostalgia di Bracewell per un’Inghilterra mai esistita gli permise di farsi sedurre da tutto ciò che era post-moderno. Sono queste le cose che ad Acker sarebbero piaciute di Bracewell. Alan spiegò come secondo lui il dramma di Bracewell fosse avere imparato a scrivere. Il futuro si infiltrava sempre 30 69 cose da fare con una principessa morta nel passato, influenzandolo. Avendo scritto opere competenti, Bracewell non poteva certo produrre opere sotto la soglia del giudizio critico. Gli anni Ottanta si conclusero con la depressione economica e, anche se le prime opere di Bracewell vennero lanciate sul mercato come satira, in realtà altro non erano che una celebrazione del consumismo borghese. Tutto era andato per il peggio e, come documentava Santa Rachel, era finito nel Prozac. Bracewell aveva un difetto: essere più intelligente di Cyril Connolly. Sapeva fin dall’inizio di essere un cattivo patriota, che l’Inghilterra da lui bramata non era né sarebbe mai esistita. Bracewell veniva considerato la quintessenza dell’inglesità, eppure le sue opere descrivevano un paese diverso dalla terra abitata dagli eroi della classe operaia celebrati da best-seller come L’Inghilterra Lontana di John King. Bracewell veniva da Sutton e si liberò dall’influenza del suo ambiente piccolo borghese celebrando la scalata sociale. Nel r-inventarsi Bracewell dovette pensare attentamente a tutte le mosse necessarie per passare da borghese purosangue. Il simulacro era quasi perfetto ma gli mancavano l’arroganza e la stupidità pura di Anthony Powell. La rottura delle relazioni interpersonali, tema incontrastato dei romanzi di Bracewell, dà il senso dei suoi sogni infranti. Era un pastoralista perfino quando scriveva della città. 31 Stewart Home La seconda opera «maggiore» di Bracewell venne inizialmente pubblicata all’interno di La Fine Veloce, opere di tre giovani romanzieri. Al momento di ristampare il libro, Don Watson e Mark Edwards vennero scaricati e Margate Scomparsa fu pubblicato da solo. Bracewell era un tipico romanziere degli anni Ottanta. Adesso si guadagna da vivere scrivendo articoli per i giornali e partecipando alle trasmissioni televisive. Hotel, ristoranti, abiti firmati: per condurre una vita incentrata intorno a questi oggetti del desiderio non sono sufficienti i diritti d’autore versati per romanzi dal successo limitato. Per avere successo Bracewell dovette fallire. Aveva una buona reputazione ma non aveva venduto così tanto da rendere giustificabili anticipi da 20mila sterline. Furono i media a rifornirlo del contante necessario a condurre un’esistenza alto borghese. Più di uno scrittore è tentato dai soldi che si fanno con il giornalismo. Bracewell era sveglio, capace di sfornare articoli intimistici in quantità industriale senza dover rivoltare il suo subconscio. I pezzi da cinquemila parole per i quotidiani divennero la sua specialità e il suo nome porta ancora connotazioni di qualità. Bracewell non ha messo in imbarazzo le personalità letterarie che l’hanno sostenuto agli esordi, lui non è un Colin Wilson o uno Iain M. Banks. I suoi primi editori sono ancora orgogliosi di lui. 32 69 cose da fare con una principessa morta Gli anni Ottanta si sono conclusi e la maggior parte degli scrittori di quell’epoca sono stati più o meno dimenticati. Se si paragona l’opera romanzesca di Bracewell a quello che i Duran Duran o i Culture Club hanno fatto per la musica, i suoi compagni di viaggio nel corso di una decade che lo stile dimenticò non possono neppure essere paragonati ai Sigue Sigue Sputnik o che so io. Ad essere precisi, in proposito Alan citò John Wilde. Uno scribacchino come Wilde poteva essere paragonato soltanto a una band che non aveva mai fatto niente di buono, a un nome che non voleva dire niente. Avendo seguito la scia di Bracewell, il massimo cui uno scrittorucolo come Wilde potesse aspirare era una seconda vita come intervistatore di celebrità ormai sul viale del tramonto, una fantasia da freelance senza capo né coda. Wilde era vittima di un vudù, di un maleficio, intrappolato nello stesso incubo da cui Bracewell era riuscito a scappare grazie ad alcune stregonerie. Alan volle fare uno scherzo a Suzy. La chiamò da una cabina telefonica e si fece invitare nel suo miniappartamento. Io invece dovetti rintracciare qualche suo conoscente. Suzy viveva in un appartamento al primo piano nei pressi del campus universitario e schiere di studenti passavano lì davanti per andare in centro. Alan le spiegò che era sempre stato uno suo sogno quello di fare sesso con una donna affacciata alla finestra a chiacchierare con gli 33 Stewart Home amici. Lei fu subito disponibile. Alan la baciò e la strinse a sé, poi le tolse le mutandine e le titillò la clitoride. Quando ormai aveva la fica ben lubrificata Suzy si affacciò fuori per vedere chi c’era in strada. Io stavo chiacchierando con Jill sotto la finestra del soggiorno. Lei ci salutò e ci chiese cosa stessimo facendo. Le spiegai che stavamo parlando dei romanzi di Iain Sinclar e che pensavamo entrambe che la studiata ambiguità della sua prosa avesse strette affinità con la pop art di Andy Warhol. Suzy era affacciata alla finestra, le tende che le si allargavano intorno alla schiena. Non vedevo Alan ma sapevo che le teneva la gonna alzata intorno alla vita e se la stava scopando da dietro. Avevo detto a diversi amici di Suzy di fare un salto da quelle parti e in un batter d’occhio ecco che c’erano 20 persone che parlavano con lei. Suzy era rossa in volto per l’imbarazzo e parlava in maniera incoerente. A Suzy non piaceva Michael, il tipo che viveva sopra di lei, perché ascoltava i dischi di Bob Dylan a notte inoltrata. Michael era un mio collega di università e gli avevo telefonato prima che Alan e io ci separassimo. Gli avevo proposto di andare a bussare alla porta di Suzy dopo che per strada si fosse raccolta una piccola folla, e lui si era detto d’accordo. Alan sussurrò a Suzy che sarebbe andato ad aprire. Uscì dal salotto e andò in corridoio. Si aggiustò i vestiti e fece entrare Michael nell’appartamento. 34 69 cose da fare con una principessa morta Suzy non si accorse quando Michael prese il posto di Alan dietro di lei. A Michael era sempre piaciuta Suzy ed era contento di avere l’opportunità di fottersela. Lei cercava di fare conversazione, per questo motivo non notò il cambiamento di ritmo quando i due uomini si scambiarono il posto. Alan scese in strada e si unì a noi. Guardò Suzy, la salutò e le chiese se si ricordava di lui, si erano incontrati la sera prima. Lei non credette ai suoi occhi e andò completamente nel pallone. Poi gridò. Dopo che fu venuta Alan le spiegò che le avevamo fatto uno scherzo e questo, insieme a Michael che se la stava ancora scopando, stimolò così tanto la mia amica da farle avere un secondo orgasmo. Suzy invitò tutti nel suo appartamento e disse ai ragazzi presenti di fare sesso con lei. Mi andava l’idea di un’orgia ma Alan me lo impedì, dicendo che era il turno di Suzy di essere al centro dell’attenzione e che io non dovevo toglierle questo momento di gloria. Alan stava dando un’occhiata ai libri di Suzy, non ne aveva molti, ma quando trovò una copia di Scritti Politici Scelti di Rosa Luxemburg, a cura di Dick Howard, pubblicato dalla Monthly Review Press, rimase molto colpito. Si trattava di un «libro dell’America radicale», o almeno lo era nel 1971. Nello stesso modo lo divertì scoprire che Suzy aveva una copia di Io Amo Dick di Chris Kraus. Il libro è l’incoerente testimonianza dell’ossessione sessuale dell’autore per Dick Hebdige, un professore univer- 35 Stewart Home sitario inglese che negli anni ’80 era diventato una vera e propria celebrità intellettuale grazie al suo Sottocultura. Il Fascino di uno Stile Innaturale. Sottocultura era il primo libro di Hedbige ed era stato pubblicato nel 1979, in un periodo durante il quale gli studenti pensavano ancora che un ricercatore di politecnico che parlava di cultura giovanile fosse incredibilmente fico. Una cosa, quest’ultima, che Alan dovette spiegarmi, visto che ai miei tempi ogni campus vantava i propri esperti in materia. Alan era divertito all’idea che 20 anni dopo Hebdige venisse consumato come oggetto del desiderio piuttosto che come esperto di feticismo consumistico. Trovava le mode nelle pubblicazioni universitarie un argomento incredibilmente interessante e una volta che ebbe detto la sua su Hebdige, iniziò a parlare di Judith Williamson. A un certo punto, dal momento che continuava a dire che il vero valore di Io Amo Dick era nel modo in cui rivelava le miserie della vita universitaria e buttava fango non solo su Dick Hedbige ma anche per esempio su Felix Guattari e Toni Negri, litigammo. Secondo me infatti la cosa più utile in Io Amo Dick era il capitolo su Hannah Wilke, nonostante apprezzassi il libro anche come parodia delle teorie postmoderne. Una volta che tutti i ragazzi presenti si furono scopati Suzy qualcuno suggerì di andare al pub. La gente cominciò ad andarsene, sparpagliandosi in più direzioni. 36 69 cose da fare con una principessa morta Alan voleva vendere qualcuno dei suoi libri, così andammo a casa sua in Union Grove a prenderli. L’appartamento era più o meno come l’avevamo lasciato: un casino. Iniziò a buttare i libri in giro. A fare pile di prime edizioni. A spostare i tascabili. Continuava a rivoltare i libri di Jean Baudrillard come se stesse cercando qualcosa. Mi disse che stava rileggendo Bracewell perché era interessato al modo in cui la psicanalisi aveva trasformato e fatto piazza pulita delle nozioni, tipiche del diciannovesimo secolo, di caratterizzazione e profondità letteraria. Poi si mise a dare un’occhiata a cose degli anni Ottanta. Sfogliare Io Amo Dick di Chris Kraus a casa di Suzy non era bastato. Kraus era sposato con Sylvere Lotringer, che negli anni Ottanta aveva avuto un ruolo di primo piano nel tradurre, pubblicare e in generale nel far conoscere Baudrillard ai lettori anglofoni. Io Amo Dick era l’equivalente americano destinato a un pubblico di cultura medio bassa di Cool Memories di Baudrillard, in cui si poteva trovare di tutto, incluso il fatto che l’autore del primo non riesce a eguagliare l’altro come scrittore di aforismi. Secondo Baudrillard ogni cosa era diventata trasparente, oscena, non esistevano più segreti. Alan però non era affatto convinto che le cose stessero veramente così, anche se senza dubbio Baudrillard forniva a Kraus e al suo maritino alla moda Lotringer la giustificazione teoretica per pubblicizzare il loro 37 Stewart Home sesso letterario di gruppo. Alan non voleva vivere dopo l’orgia, e non voleva neppure vivere al di fuori dalla morte dell’orgia, per Alan infatti l’orgia della storia non aveva né inizio né fine. Voleva decostruire la decostruzione. Sacrificare il sacrificio. Sedurre la seduzione e simulare la simulazione. Stava leggendo Girard, Bataille, Marx, Hegel, Deleuze, Lukás, Hobbes, Virilio, Zizek e Irigarary. Voleva essere incoerente nella sua incoerenza. Più leggeva e meno gli piaceva leggere. Derrida era stato una delusione enorme. Dopo avere studiato con attenzione i suoi discepoli non aveva bisogno di perdere tempo con La Grammatologia. Ne aveva digerito i contenuti prima ancora di averli consumati e dopo Derrida sembrava che non ci fosse più ragione di rileggere Rousseau o Lévi-Strauss. Più Alan leggeva, meno aveva bisogno di leggere, era come una droga. Lanciai un’occhiata al pupazzo stravaccato sulla sedia e sussurrai il suo nome. Alan prese una copia di Prospettive sul Primate: Genere, Razza e Natura nel Mondo della Scienza Moderna di Donna Haraway e urlò gettandolo dall’altra parte della stanza. Era un grosso libro, quasi 400 pagine, e smosse alcuni tascabili da uno scaffale prima di finire sul pavimento con un tonfo. Alan si lamentò di non avere neppure cominciato a leggere Judith Butler, figurarsi Donna Haraway. Probabilmente non aveva bisogno di leggere né l’una né l’altra, dal momento che aveva letteralmente divorato Zeri e 38 69 cose da fare con una principessa morta Uno di Sadie Plant e poi l’aveva venduto. Dove trovava tutto quel tempo per leggere? Sembrava che non smettesse mai di vivere (la terza parte di Baudrillard dal Vivo: Interviste Scelte, a cura di Mike Gane, è intitolata «Ho smesso di Vivere»; in Io Amo Dick, Chris Kraus sostiene che al tempo in cui aveva perso la testa per Hebdige lui le aveva detto di non avere letto niente per due anni). Era quella la vendetta del cristallo? Alan non lo sapeva, tutto stava diventando troppo. Un teorico francese come Baudrillard era stato tradotto in inglese da editori da due soldi come Semiotext(e) con edizioni piene di errori e una distribuzione ridotta al minimo, poi in men che non si dica, le traduzioni avevano iniziato a uscire presso Verso, Polity, Pluto, Stanford e Routledge. Stessa storia con Deleuze e Derrida, mentre Barthes e Foucault erano diventati classici della Penguin. Non c’era bisogno di tenersi al passo con l’argomento, non c’era voglia di tenersi al passo, non c’era possibilità di tenersi al passo. A volte mi chiedevo se quello che c’era tra Alan e me fosse uno scambio di soggettività. La seconda volta che misi piede nel suo appartamento fu l’occasione per iniziare a scoprirlo. Il mondo di Alan stava diventando il mio. Avendo letto Guattari Alan voleva diventare una donna e in quel processo io ebbi l’impressione di trasformarmi in un uomo. Perché mai volli acquistare tutti i libri di Alan quando era chiaro che a lui non erano serviti a niente? Le 39 Stewart Home sue letture gli avevano insegnato soltanto a esprimere in maniera sempre più eloquente che non sapeva niente. Si era fatto una cultura enorme ma a un prezzo molto salato. Era un patto faustiano senza senso. Uno spostamento infinito di testi, un processo nel corso del quale Alan inciampava letteralmente nei libri. Tascabili sparpagliati su tutto il pavimento. Lui inciampava, io lo tenevo. Era sempre più disperato, voleva liberarsi di questi oggetti e nello stesso tempo dimenticare le parole che vi scorrevano dentro. Proprio il lavoro adatto a lui: senza inizio né fine. Ed è qui che arrivo io. Un’altra lettura potrebbe essere che Alan voleva scomparire, diventare un oggetto. Visto che non era religioso non poteva donare la sua ombra al diavolo, così provava a scaricare la sua soggettività su di me. Voleva diventare una macchina. Mi mostrò un ritaglio di giornale ingiallito tratto dall’Independent on Sunday del 21 luglio 1996. Era intitolato «Affondare in un mare di Parole: Con il Proliferare delle Riviste Accademiche, Noel Malcom consiglia ai docenti universitari di scrivere di meno e pensare di più». Alla fine dell’articolo una nota informava che il pezzo era stato ripreso dal numero di Prospect in quel momento in edicola. Il succo del saggio era che i professori universitari erano incapaci di mantenersi al passo con il loro specifico campo di interesse. Dal momento che per fare carriera si doveva pubblicare, i docenti univer- 40 69 cose da fare con una principessa morta sitari erano costretti a produrre un flusso infinito di articoli. Il pezzo suggeriva che in media un articolo accademico viene letto soltanto da cinque persone, senza specificare però se nel numero fossero inclusi anche il redattore e i due referenti standard tipici di questa parte dell’industria editoriale. Alan non era neppure un professore universitario e se nemmeno gli specialisti riuscivano a tenersi aggiornati nella loro area di competenza, che speranze potevano esserci per un lettore generico con interessi in più campi? Alan legò a doppio nodo nei sacchetti i libri che voleva vendere, poi li mise in un grande zaino. Anche se aveva sparpagliato questi libri a calci per tutto l’appartamento, da buon consumatore sapeva di dover far finta che gli importasse della merda di cui si stava liberando. Non fu una faccenda lunga. Alan accettò semplicemente il denaro che quelli dell’Old Aberdeen Bookshop gli offrirono. Non contrattò sul prezzo. Una volta in strada disse che era proprio la somma che voleva. Naturalmente a Londra avrebbero potuto dargli di più. Mentre eravamo nel negozio comprai una copia di Stasi Slut di Anthony Bobarzynski e quando uscimmo la detti ad Alan in segno del mio affetto. Raggiungemmo la rotatoria e lui fece cenno di fermarsi a un taxi di passaggio. Arrivati a Hazlehead Park pagammo la corsa, poi ci mettemmo in cerca del labirinto. Alan ne aveva letto ma era la prima volta che ci andava. 41 Stewart Home Il labirinto era chiuso a chiave, qualcuno però aveva reciso la rete metallica e noi entrammo attraverso la recinzione danneggiata. Era un labirinto intricato, pieno di vicoli ciechi, e vagammo di qui e di là per quasi un’ora prima di raggiungere la meta. Le siepi che formavano le pareti del labirinto erano in buono stato e, una volta al centro, non vedemmo più nessuno, anche se intorno a noi sentivamo le voci di altra gente. Mi venne in mente la parte finale del sogno della notte precedente. Non l’avevo ancora annotato nel mio diario. Dovevo ricordarmi di farlo, i sogni sono preziosi e si dimenticano facilmente. Alan aveva accennato al labirinto Hazlehead il giorno prima. Non ne avevo mai sentito parlare e lui mi aveva fatto vedere che era citato nella Guida ai Labirinti Inglesi di Alan Fisher e Jeff Saward. Dal momento che il libro è organizzato alfabeticamente in base al nome del posto in cui si trova il labirinto, Hazlehead, ad Aberdeen, era il primo in assoluto. Nel mio sogno facevo sesso con Alan al centro di uno dei due labirinti di Saffron Walden. Avevo dato un’occhiata a qualcuno dei libri sui labirinti di Alan e mi ricordavo che diverse teorie li ricollegavano ai riti per la fertilità. Questo e il sesso folle che stavo facendo in quei giorni spiegavano senza dubbio il mio sogno. Eravamo seduti su una panchina dipinta di verde collocata al centro del labirinto. Bastò il colore a suggerire rituali procreativi. Mi 42 69 cose da fare con una principessa morta chinai su Alan e armeggiai con la patta dei suoi pantaloni. Quando glielo tirai fuori, aveva già l’uccello ritto. Mi abbassai su di lui e iniziai a morderlo giocosamente. Me lo lavorai con le labbra, la lingua e i denti. Al centro del labirinto c’era soltanto quella panchina e io non avevo voglia di sperimentare altre posizioni sul sentiero bagnato, così lo feci venire nella mia bocca. Dopo che Alan si fu sistemato i vestiti raggiungemmo la fermata dell’autobus e, mentre aspettavamo di tornare in città, chiacchierammo. Lui parlava dei romanzieri che di proposito cambiavano stile a ogni libro. Gli scrittori contemporanei che facevano così in genere venivano considerati ostinatamente perversi e anche se diventavano scrittori di culto tra i loro colleghi romanzieri, nella maggior parte dei casi non riuscivano ad attrarre l’attenzione che di una manciata di lettori. Lynne Tillman era uno di quei casi. E anche Barry Graham. Il primo romanzo di Graham Di Oscurità e Luce era un pastiche dell’orrore pubblicato da Bloomsbury. Il suo terzo romanzo Il Libro dell’Uomo invece venne pubblicato da Serpent’s Tail. Questa riscrittura parodica della vita di Alexander Trocchi aveva stampati sul retro gli elogi di Irvine Welsh, Dennis Cooper e Lynne Tillman. A quel punto Graham si trasferì dalla nativa Scozia negli Stati Uniti, dove passò a Incommunicado con cui pubblicò Prima, che perversamente Alan interpretava come una 43 Stewart Home parodia eterosessuale di Dennis Cooper. Alan non aveva letto il secondo romanzo di Graham e, visto il modo in cui l’autore cambiava stili e temi, non riusciva proprio a immaginarsi come fosse. Eravamo così assorti nella nostra conversazione letteraria che quando arrivammo al Washington, un caffè affacciato sul lungomare, non ci sembrò che fosse passato molto tempo. Io mangiai un uovo, patatine fritte e fagioli. Alan spazzolò un’omelette al formaggio con patatine e piselli. Io bevvi del caffè, Alan del tè. A tavola continuammo il nostro tête-à-tête. Alan menzionò Malessere da Movimento di Lynne Tillman come esempio di libro anti-viaggio. Era il primo libro che l’autrice aveva pubblicato nelle Isole Britanniche. Era stato preceduto da L’Assenza Fa il Cuore, una raccolta di racconti scritti dal 1990 in poi, che aveva spinto gran parte dei critici letterari inglesi a definirla erroneamente un’estremista post-moderna. Il primo libro inglese di Tillman aveva stampati sul retro gli elogi di Harry Mathews, Gary Indiana ed Edmund White. Il suo primo romanzo Case Stregate era stato pubblicato negli Stati Uniti nel 1987 e aveva in copertina le lodi di Kathy Acker, Edmund White, Harry Mathews e Dennis Cooper. Nel 1992 Tillman pubblicò negli Stati Uniti una raccolta di racconti dal titolo Il Complesso di Madame Realismo. Uscì nella collana di Semiotext(e) Native Agents, nella quale in seguito sarebbe stato pubbli- 44 69 cose da fare con una principessa morta cato Io Amo Dick, scritto da Chris Kraus, editor della collana. Anche se Alan ammirava tutta l’opera di Tillman, incluso il suo quarto romanzo Nessuna Ipoteca Sulla Vita, gli piaceva soprattutto Nel Dubbio. Il romanzo aveva due personaggi principali, Horace ed Helen. Era narrato da Horace, un gay che scriveva thriller ma che sperava un giorno di poter portare a termine un’opera seria. Horace poteva essere interpretato come un rappresentante del classicismo o del modernismo. Helen invece, una giovane americana scomparsa, come una rappresentante del romanticismo o del post-modernismo. La storia parla di Horace ed Helen e del fallimento delle correnti estetiche che essi rappresentano nel trovare un qualsiasi punto di contatto. Nel testo Helen è un’assenza. Mi venne in mente che era possibile leggere il romanzo anche in chiave femminista ma non dissi niente. Alan pagò il conto e ce ne andammo. Trovammo un pub silenzioso con una selezione decente di whisky Avevamo intenzione di fare un tour immaginario di Islay bevendo il whisky di ognuna delle sue otto distillerie. Pagai il primo giro e, prima di consumare, Alan creò l’atmosfera giusta descrivendo un viaggio che aveva fatto alle Ebridi. Era partito da Kennacraig, prendendo il traghetto dalla terraferma. Io dovevo fare finta di essere seduta sul ponte, alla mia sinistra lo splendido paesaggio della penisola di Kintyre, alla mia destra quello dell’isola di Jura. Il sole splendeva e 45 Stewart Home soffici nuvole bianche correvano in mezzo al cielo sospinte dal vento. Alan mi disse che ci vogliono poco più di due ore per raggiungere Port Ellen, un villaggio con bellissime case bianche costruito a tavolino progettato nel 1821. La distilleria di Port Ellen è chiusa da più di vent’anni e il posto adesso è utilizzato esclusivamente per la produzione di malto. Per fortuna è sempre possibile comprare whisky di Port Ellen e Alan mi fece annusare il malto prima di berlo. Dopo esserci scolati il primo bicchiere, Alan si alzò, ordinò sette whisky diversi e tornò con un vassoio. Quando li posò sul tavolo i 14 bicchieri tintinnarono. Dovette metterli giù con cura, gli whisky infatti erano stati disposti nell’ordine in cui li avremmo bevuti e lui fece attenzione a non confonderli. Mi disse che la distilleria di Laphroaig è solo a pochi minuti d’auto da Port Ellen. Io dovetti immaginarmi di lasciare la strada e di camminare in mezzo agli edifici della distilleria imbiancati a calce verso il mare. Laphroaig è una grande distilleria e dal tratto di spiaggia antistante il centro di accoglienza per visitatori si vedeva, oltre il mare, la costa di Antrim, distante solo dodici miglia. Come Port Ellen, Laphroaig è pervasa da un odore di torba, ma con in più un sentore di medicina. Non ero mai stata una grande bevitrice di whisky, ma grazie ad Alan mi stavo convertendo, mi piacevano i sapori ardenti di Islay. 46 69 cose da fare con una principessa morta Poi ci fermammo a Lagavulin, che era a pochi minuti d’auto lungo la costa. Alan mi disse di immaginarmi di essere in piedi accanto al fiumiciattolo che scorre in mezzo alla distilleria. Guardando verso uno dei promontori potevo vedere le rovine del castello di Dunyveg, le parti più antiche del quale risalivano al quattordicesimo secolo. Annusai il liquore bevendone fino all’ultima goccia. Il liquido ambrato vantava un’impressionante pesantezza, sapeva di affumicato e di medicina insieme. Ardbeg sarebbe stata la nostra ultima tappa sulla costa sud di Islay, Alan mi disse di pensare ai gabbiani che si riscaldavano al sole sulle rocce vicino a questa distilleria. Annusai il contenuto del mio bicchiere e me lo portai alla lingua. Mi immaginai un’inquadratura mobile della flora e della fauna locali focalizzata sulla costa boscosa che si protendeva al di là del castello di Victoria Kildalton. Il whisky successivo fu il Caol Ila. La distilleria si trova sul bordo dell’insenatura di Jura venendo da Port Askaig. Per arrivare lì dovemmo tornare indietro visto che non c’erano strade dirette. Procedendo a tutto gas tornammo a Port Ellen e prendemmo la A846. Le torbiere che fiancheggiano questa strada dritta da non crederci giocano un ruolo chiave nel dare agli whisky di Islay il loro particolare sapore. Non ci fermammo a Bowmore, Alan disse che ci saremmo tornati più tardi, alla svelta raggiungemmo invece Port Askaig passando 47 Stewart Home da Bridgend. Mi disse che se avessi preso il traghetto che in cinque minuti porta da Feolin a Jura avrei potuto ammirare le bellezze di Caol Ila. Dovetti raffigurarmi la barca che prendeva il largo, poi immaginarmi di volgere lo sguardo verso Islay e vedere la distilleria a nord dell’attracco dei traghetti. Una volta scesa dal traghetto, dovetti imboccare il sentiero che da Feolin sale verso Inver. Osservai l’insenatura e vidi distintamente la distilleria con il mare che scintillava sullo sfondo. Il whisky sapeva meno di affumicato di quelli della parte sud di Islay ma era ugualmente molto buono. Alan era stato a Craighouse, a circa otto miglia da Feolin, dove abitava la maggior parte dei 200 abitanti di Jura e per questo sede dei distillatori di whisky dell’isola. Ciononostante non amava particolarmente gli whisky prodotti nella distilleria di Jura e dal momento che quella non era una delle tappe del nostro viaggio immaginario, prendemmo il traghetto e tornammo a Port Askaig. La strada a nord di Bunnahabhain era stretta da fare paura. Alan disse che avrebbe parcheggiato l’auto vicino alla distilleria, nell’area di sosta di fianco alla spiaggia, dopodiché vagabondammo un po’ a nord lungo la costa prima di dirigerci a ovest. Tagliammo attraverso la punta nord dell’isola, una camminata di due ore all’andata e due al ritorno senza strade a rovinare il panorama e centinaia di cervi intorno a noi. Al ritorno ci godemmo una 48 69 cose da fare con una principessa morta magnifica veduta della distilleria con le Poppe di Jura che dominavano il paesaggio dall’altra parte dell’insenatura. Mentre annusavo e bevevo il mio Bunnahabhain cominciai a sentirmi un po’ brilla. Immaginai di addormentarmi in macchina mentre Alan tornava indietro passando da Port Askaig e Bridgend. Avevamo camminato molto ed ero stanca. La distilleria di Bowmore era al centro del villaggio omonimo, anch’esso costruito a tavolino. Nonostante si trovi in un’insenatura Bowmore è il centro psicogeografico – oltre che amministrativo – di Islay. Come settimo bicchierino bevvi il Bowmore Legend e questo mi mandò definitivamente il palato in pezzi. Il viaggio immaginario di Alan seguiva una logica tutta sua: un bevitore di whisky serio avrebbe concluso con i distillati più forti della zona sud di Islay, noi avevamo cominciato con quelli. Alan mi disse di immaginarmi di tornare di nuovo a Bridgend. A quel punto però, invece di dirigerci verso Port Askaig, avremmo imboccato la strada che, costeggiando Loch Indaal, porta a Bruichladdich. Si tratta della distilleria più a ovest di tutta la Scozia e, dopo che ebbi mandato giù l’ultimo bicchiere, uscimmo dal pub. Alan voleva andare a casa da solo a leggere. Prima di separarci mi dette una copia di 69 Cose da Fare con una Principessa Morta, dicendomi che gli sarebbe piaciuto sapere cosa ne pensassi. Io raggiunsi a piedi King Street, mi feci il bagno e andai a letto. 49