Capitolo 1 Un uomo che non si chiamava più

Transcript

Capitolo 1 Un uomo che non si chiamava più
Capitolo 1
Un uomo che non si chiamava più Callum giunse ad Aberdeen per farla finita. Voleva morire ma
non per mano propria. È qui che entro in gioco io.
Voleva che l’aiutassi a mettere in scena la sua
morte. Uno psicodramma. Quando incontrai Callum,
mi disse di chiamarsi Alan.
Era una giornata fredda e nuvolosa. Avevo dormito fino a tardi e avevo deciso di non andare in
spiaggia. Mi piaceva andare in spiaggia. Anche
d’inverno. Anche di notte. Ma non quando pioveva.
Andai in Union Street. Non avevo niente di meglio
da fare. I negozi erano pieni di tante cose diverse
ma mi annoiavano. Libri. Dischi. I commercianti di
Aberdeen non si curavano dei gusti di quelli come
me. Io facevo affidamento sulle botteghe dell’usato, la vendita per corrispondenza, i regali degli
amici, le incursioni a Edimburgo e a Londra.
Avrebbe anche potuto andare peggio. Per esempio
se fossi vissuta a Dundee dove gli affitti erano più
bassi ma il centro era un incubo pedonale di negozi. Aberdeen era meglio, c’erano la spiaggia, Union
Street e i soldi del petrolio. Se Brighton era la San
Francisco della South Coast, allora Aberdeen era la
Los Angeles del Mare del Nord.
7
Stewart Home
Era l’ora di pranzo di una tetra giornata di metà
settimana e i pub erano insolitamente vuoti.
Approfittai dell’occasione per evitare gli amici.
Andai al Grill, un bar molto tradizionale. Non c’ero
mai stata nonostante fosse un posto leggendario. Si
diceva in giro che i vecchi frequentatori del Grill
non vedessero di buon occhio le donne che bevevano. Avevo sentito dire che i gestori stavano rimandando all’infinito l’installazione di un bagno per
signore. In questo modo i frequentatori abituali
potevano continuare a godersi in santa pace un
ambiente prevalentemente maschile.
Entrai tra una dozzina di sguardi ostili. Alan sollevò gli occhi dal libro che stava leggendo, mi salutò con la mano e disse buon pomeriggio. Fraintesi,
non erano ancora le 12.30 e credetti che avesse detto
il mio nome. Anna Noon, Anna Mezzogiorno. Non
mi parve di conoscere Alan ma pensai che lui dovesse conoscere me. Andai a sedermi accanto a lui. Si
alzò e andò a prendermi da bere. Guardai il libro che
stava leggendo. E comunque abituati ai singoli,
poeti della nuova generazione, un’antologia che raccoglieva opere di Niall Quinn, Nick Macias e Nic
Laight. Alan tornò con il mio gin e una pinta di birra
scura alla spina. Gli chiesi di leggermi la poesia che
gli piaceva di più in E comunque abituati ai singoli
e lui recitò l’indice a memoria.
Aggiunsi dell’acqua tonica al gin e mi portai il
bicchiere alle labbra. Vecchi nuotavano davanti ai
8
69 cose da fare con una principessa morta
miei occhi. Sui loro volti vacui era scritto lo sforzo
per tenersi al passo con i tempi. La città era cambiata. Il petrolio aveva cambiato la città. I vecchi
bevevano lentamente, custodendo come meglio
potevano le loro pensioni e i loro ricordi. Le cose
erano diverse ai vecchi tempi. Il petrolio aveva
rivoltato il loro mondo come un calzino. I prezzi
delle case erano schizzati alle stelle. I loro figli se
n’erano andati altrove. Non potevano permettersi di
vivere in città. Aberdeen era cambiata. Io non
avevo voglia di parlare. E non volevo che Alan parlasse. Avevamo entrambi degli accenti inglesi.
Nessuno di noi due aveva niente a che fare con gli
impianti di trivellazione1.
Finii il mio drink e proposi di trasferirci in uno
dei pub vicino alla stazione. Pagavo io. Alan disse
che potevamo andare a casa sua. Non sapevo se
fosse una proposta o una minaccia. Aveva una bottiglia di Springbank. Non sapevo cosa fosse. Un
whisky di Campbletown, spiegò. Aveva anche una
bottiglia di gin. Grandioso, pensai. Pioveva.
Nessuno di noi due aveva un ombrello. Alan pagò
un taxi fino a Union Grove. Non era lontano. Si trovava a est delle ville preferite dagli uomini del
petrolio. Il portone del palazzo aveva bisogno di
una mano di vernice. Le scale di essere spazzate.
L’appartamento di Alan era al primo piano.
Entrammo in casa. Non avevo mai visto nulla di
simile. C’erano libri dappertutto. Scaffali, perfino
9
Stewart Home
nel corridoio, ricoprivano ogni centimetro quadrato
delle pareti, dal pavimento al soffitto. Sulle mensole non c’era più un millimetro di spazio. Il pavimento era ricoperto da cataste di libri. E di giornali
vecchi. Alan mi portò in salotto. Era pieno zeppo di
libri. L’arredamento, tappeti e tende, mi sorprese.
Cuoio marrone e acciaio. Moquette marrone.
Velluto blu. Qualcuno aveva speso una bella sommetta per quell’appartamento. Anche se le combinazioni dei colori lasciavano molto a desiderare,
ero invidiosa. Senza libri la casa sarebbe stata fantastica. Era cento volte meglio del mio miniappartamento.
Con un gesto indicai i libri, ammucchiati sulle
mensole, sul tavolo, sul pavimento. Cos’era tutto
quello? Alan mi disse che si trattava di un sistema
mnemonico occulto. Poi uscì dalla stanza. Ai miei
piedi c’erano delle lettere. Bollette. Erano intestate
a nome di Callum MacDonald, appartamento n.3,
541 Holloway Road, Londra. Alan tornò con
whisky e gin, del ghiaccio e un limone. Era un tipo
organizzato, anche se il suo appartamento era un
disastro. Com’era vestito? Se in quel momento
avessi saputo che avrei scritto di lui, avrei preso
qualche appunto. Non gli piaceva distinguersi dal
mucchio. Di solito si metteva un paio di Levi’s neri,
scarpe con i lacci, una camicia aperta e una giacca
scura. Quando faceva freddo si metteva un maglione con lo scollo a V. Aveva diversi impermeabili,
10
69 cose da fare con una principessa morta
tutti di colore scuro. Non appena entravamo nell’appartamento si toglieva cappotto e maglione. Il
riscaldamento centralizzato veniva tenuto acceso e
i doppi vetri mantenevano le stanze calde.
Bevvi un sorso di gin e domandai ad Alan cosa
facesse nella vita. Mi disse che leggeva e che, quando avesse finito di leggere, sarebbe morto. Gli chiesi perché era venuto ad Aberdeen. Mi disse che
aveva ereditato l’appartamento e i libri che c’erano
dentro. Quando gli chiesi se i suoi genitori fossero
ricchi lui scoppiò a ridere. Non aveva ereditato
l’appartamento dalla sua famiglia ma da una donna
più anziana che aveva perso la testa per lui. Dette
un calcio a una pila di libri e mi disse di essere arrivato ad Aberdeen soltanto da pochi giorni. Voleva
sgombrare l’appartamento, i libri lo irritavano. Gli
suggerii di provare con l’Old Aberdeen Bookshop,
un negozio nei pressi dell’università specializzato
in libri usati di qualità. Alan rise. Avrebbe letto ogni
singolo libro prima di disfarsene.
Alan sollevò da terra i tascabili che aveva sparpagliato con un calcio. Una scelta di titoli di Erich
Fromm. Mi disse che quei libri erano spazzatura.
Lesse in fretta a voce alta brani delle introduzioni
dell’Arte di Amare, La Rivoluzione della Speranza,
Essere o Avere e dell’Anatomia della Distruttività
Umana. In ciascuna di quelle introduzioni Fromm
ripeteva se stesso, scusandosi di ripetere nel suo
nuovo libro cose già dette nei testi precedenti ma
11
Stewart Home
giustificandosi sulla base del fatto che quelle informazioni erano necessarie perché il lettore capisse le
osservazioni inedite contenute nel nuovo testo.
Alan mi chiese se conoscevo l’opera di Fromm. No.
Mi dette Fuga dalla Libertà e mi disse di tenerlo.
Lui possedeva un’edizione inglese del libro pubblicata da RKP. Era intitolata Paura della Libertà ma
il testo era identico all’edizione americana con il
titolo originale. Adesso ho entrambe le copie. Poco
dopo che ci eravamo conosciuti, Alan iniziò a vendere i libri che aveva letto all’Old Aberdeen
Bookshop. Io andavo al negozio una o due volte
alla settimana e compravo tutto ciò di cui lui si era
sbarazzato.
Chiesi ad Alan quanti anni avesse. Disse di
averne 36. All’inizio pensai che scherzasse. Al massimo dimostrava due o tre anni più di me.
Entrammo subito in sintonia, forse grazie al gin.
Non avevo l’impressione che tra di noi ci fosse una
differenza di 16 anni. Gli chiesi se voleva fare
sesso. Lui mi portò in camera da letto e mi chiese
se mi dispiaceva farmi legare. All’inizio ero un po’
titubante ma poi lui mi promise di non farmi male.
Mi legò le mani dietro la schiena. Mi bendò gli
occhi e mi mise un cappuccio in testa. Mi fece
sdraiare a pancia in giù e mi palpeggiò la spina dorsale e in cima alle gambe. Mi toccò dietro le ginocchia. Mi prese le dita dei piedi in bocca e me le succhiò. Si mise carponi sopra di me. Mi sollevò le
12
69 cose da fare con una principessa morta
braccia e mi leccò sotto le ascelle. Quando mi fece
alzare il culo e mi infilò due dita nella fica ero
bagnata per l’eccitazione.
Credo che quando mi scopò Alan non avesse il
preservativo. In caso contrario scoppiò, perché a un
certo punto sentii il suo sperma colarmi fuori dalla
fica. Alan mi buttò addosso una coperta e uscì dalla
stanza. Non so per quanto tempo rimasi stesa lì. Lui
mi aveva detto di non muovermi, che sarebbe tornato. Ero eccitata. Mi assopii e mi risvegliai più
volte. Sogni erotici. Pensieri erotici. Mi fidavo di
Alan. Mi piaceva sentire il suo sperma colarmi
fuori dalla fica. Mi piaceva sentirmi indifesa e
quando udii nuovamente la sua voce dopo quella
che sembrava un’infinità di sogni senza sonno e di
sonno senza sogni mi arrapai da morire.
Pensai che fosse Alan a titillarmi la fica. A salirmi sopra. A ficcare il suo grosso cazzo duro nel mio
buco cremoso. Pensai che fosse Alan perché nel
frattempo sentivo la sua voce. Mi disse che ero la
ragazza più bella del mondo. Che lo eccitavo da
morire. Che voleva mettermi incinta. A un certo
punto Alan tacque ma io sentivo il suo alito caldo
sul retro del collo. Poi successe qualcosa di strano.
Sotto di me c’erano due mani, che mi palpavano i
seni. Un altro paio di mani mi tolsero il cappuccio
e mi accarezzarono i capelli. Poi mi sollevarono la
testa, mentre le dita si facevano strada nella mia
bocca. A un certo punto alle dita si aggiunse un
13
Stewart Home
cazzo. Nel frattempo qualcuno continuava a scoparmi da dietro come fossi una cagna. Le dita
bagnate di saliva giocherellavano con i miei capelli. Non sapevo a chi appartenessero e non vedevo
neppure a chi stessi facendo un pompino.
Dita armeggiarono con la benda e me la tolsero.
Alzai gli occhi e vidi Alan. Adesso sapevo a chi
stavo facendo un pompino ma non chi mi stava scopando. Con la coda dell’occhio vidi un pupazzo da
ventriloquo. L’avevo già notato entrando in camera
da letto, prima di essere legata e bendata2 . Stavo per
venire, avevo in bocca il sapore della sborra di Alan
e sentii l’uccello dell’altro uomo diventare duro e
rilasciare lo sperma. Alan allontanò il suo cazzo
dalle mie labbra e mi rimise in testa il cappuccio.
Sentii qualcuno rivestirsi, poi andarsene. Alan
sciolse il nodo che mi legava i polsi. Ci raggomitolammo sotto le coperte, abbracciati l’uno all’altra, e
ci addormentammo.
Non dormimmo a lungo. Alan mi svegliò uscendo dal letto. Lo guardai mentre si rivestiva. Sullo
sfondo un muro tappezzato di libri. Quando iniziò a
togliere i libri dagli scaffali mi trascinai fuori dal
letto. Mi disse che i libri andavano trattati con cura,
spostati, che si doveva mostrare loro interesse, altrimenti sarebbero morti, proprio come succede alle
piante. Si lamentò dicendo che si era aspettato di
trovare qualcosa di più che libri in edizione economica pubblicati per motivi commerciali. La sua
14
69 cose da fare con una principessa morta
amica faceva la maga ma anche se c’erano libri sull’occultismo, ce n’erano molti di più di filosofia,
politica, letteratura, storia, sociologia, e di parecchi
altri argomenti. Andammo in salotto e ci facemmo
un altro bicchierino. Presi il volume di Erich
Fromm che Alan mi aveva dato. Il mio ospite disse
che Fromm critica la meccanizzazione proprio perché la sua tecnica letteraria è meccanizzata. In quel
momento non ero sicura di capire cosa volesse dire,
ma a mano a mano che acquistai i suoi libri mi resi
conto che non c’era poi molto da capire.
Alan criticava Fromm per avere denunciato una
cultura meccanica della morte in modo che questa
potesse essere riprodotta all’infinito sotto la rubrica
della vita. Considerava la teoria del carattere sociale di Fromm alla stessa stregua del misticismo agrario di Spengler e dell’affermazione che in campagna e in città si ritrovano tipi sociali diversi.
Quando gli dissi che non sapevo di cosa stesse parlando, mi suggerì di prendere la sua copia del
Tramonto dell’Occidente se avevo voglia di perdere qualche ora con futili ragionamenti di destra. Poi
prese L’Anatomia della Distruttività Umana di
Fromm. Mentre scrivo ho di fronte a me la sua
copia in edizione economica pubblicata da Penguin
nel 1977. Aprì il libro a pagina 440 e mi indicò
quello che Fromm aveva da dire sullo slogan
«Lunga vita alla morte!». Trovò una copia di
Dall’Altra Sponda di Alexander Herzen e mi fece
15
Stewart Home
notare che il populista russo usava lo slogan «Vive
la mort! E possa trionfare il futuro!» alla fine di una
lettera scritta a Parigi il 27 luglio 18483 .
Alan criticava Fromm per non aver capito né la
genesi storica dello slogan «Lunga vita alla morte»
né il suo significato profondo. Prese una copia di
Les Misérables di Victor Hugo da uno scaffale e mi
mostrò un passaggio in cui le folle che presidiano le
barricate parigine del 1832 sono descritte mentre
gridano «Lunga vita alla morte!» Mi fece dare
un’occhiata a due testi di Marx sul ’48, La Guerra
Civile in Francia e Il Diciotto Brumaio di Luigi
Bonaparte. Sottolineò come quest’ultima opera inizia con la famosa osservazione che la storia ripete
se stessa, la prima volta sotto forma di farsa, la
seconda di tragedia, e per Alan è proprio questo che
era accaduto in Spagna durante la guerra civile. Poi
prese La Fine della Storia e l’Ultimo Uomo di Francis
Fukuyama e richiamò la mia attenzione su una citazione all’inizio del capitolo 13 tratta dalla Fenomenologia di Hegel sulla dialettica servo/padrone.
Bofonchiò che perfino un cretino di destra come
Fukuyama nella sua superficiale lettura di Hegel era
andato più in là di Fromm.
Con un calcio Alan sparpagliò i libri di Fromm
per tutta la stanza. Li liquidò insieme al loro autore
perché ignoravano che la morte di Socrate era un
atto sacrificale che aveva dato vita alla filosofia
occidentale. Era convinto che ogni filosofo o occul-
16
69 cose da fare con una principessa morta
tista degno di questo titolo sapesse che la morte è
un’integrazione della vita, proprio come la vita è
un’integrazione della morte, e che noi iniziamo a
vivere soltanto nella morte. Essere capaci di immaginarci la nostra morte non solo fa di noi degli
umani, ma può addirittura fare di noi degli dei.
Fromm credeva di essere un marxista, ma ignorava
del tutto quello che Hegel aveva da dire sulla morte.
Dopo avere osservato che perfino Norman O.
Brown era preferibile a Fromm, Alan prese il cappotto e propose di uscire a mangiare qualcosa.
Andammo a La Bonne Baguette e mangiammo
zuppa di cipolle francese con il pane. Alan prese un
espresso, io un cappuccino. Gli chiesi quante persone conoscesse ad Aberdeen. Disse che non conosceva nessuno, che io ero la prima persona con cui
avesse fatto amicizia e che era arrivato in città soltanto da un paio di giorni. Se non conosceva nessuno, chi era allora la persona da cui mi aveva fatto
scopare? Rispose che era stato Dudley. Dudley chi?
Dudley Standing. E chi era Dudley Standing? Il
pupazzo da ventriloquo che avevo visto in camera
da letto, Alan se l’era portato dietro da Londra. Gli
dissi di non essere ridicolo e lui mi chiese se pensavo che mi avesse fatto scopare dal primo ventenne che passava per strada. Mi parve un’idea molto
sexy. Sentii le mutandine inumidirsi.
Dopo la zuppa andammo al Prince Of Wales. Là
incontrammo alcuni miei conoscenti. Dopo il primo
17
Stewart Home
bicchiere Alan voleva già che ce ne andassimo.
Gareth mi disse che aveva passato tutto il giorno a
scrivere un saggio. Alan ribatté che sia lo sperma
che l’inchiostro fuoriescono. Dal seme alla semantica, stava alludendo a quello che avevamo fatto
dall’ora di pranzo in poi. Provammo con il Blue
Lamp. Suzy e Jill ci fecero cenno di sederci al loro
tavolo. Suzy aveva appena rotto con il suo ragazzo
e Jill stava cercando di rincuorarla. Ci sedemmo
con loro per un po’. Alan mi chiese se ero mai andata con un’altra donna. Io risposi di no. Poi mi chiese se avevo mai letto 69 Cose da Fare con una
Principessa Morta di K. L. Callan. Anche in questo
caso la mia risposta fu negativa.
Dopo un po’ Suzy e Jill si unirono alla nostra
conversazione. Chiacchierammo soprattutto di film
e libri ma a un certo punto la conversazione si fece
seria. Jill disse che Lynne Tilman era la migliore
scrittrice vivente che avesse mai letto. Alan osservò
che «migliore» era un termine inappropriato per la
letteratura. Poi iniziò a parlare dell’incessante e
involontaria decostruzione della forma letteraria
messa in atto da Angus Wilson. Secondo Alan,
riproducendo una serie apparentemente banale di
valori Wilson era stato capace di illustrare quello
che non aveva saputo dichiarare apertamente: vale
a dire che la conoscenza è priva di fondamenta. Il
divario tra quello che Wilson aveva in mente di fare
e quello che aveva fatto, mostrava il discorso lette-
18
69 cose da fare con una principessa morta
rario per quello che era: una favola senza inizio né
fine che faceva risalire le sue origini a una mitologica superiorità rispetto ad altre forme testuali.
Angus Wilson e William McGonagal erano gli
unici due scrittori che Alan raccomandasse senza
esitazione a chiunque gli chiedesse un consiglio su
cosa leggere.
Andai alla toilette con Jill. Poco prima aveva
sentito Alan dirmi che gli sarebbe piaciuto appartarsi con lei. Jill mi sfidò a sbottonargli la patta dei
pantaloni e tirargli fuori l’uccello, così che potesse
vederglielo. Mi parve una bella idea. Tornammo al
tavolo. Alan stava pomiciando con Suzy. Aveva una
mano dentro le sue mutandine. Gli posai le mani sul
cavallo, gli sbottonai i jeans e gli tirai fuori l’uccello. Era molle come una seppia ma in poco tempo
diventò duro nella mia mano. Quando Jill lo accarezzò il billo di Alan si rizzò sollevandosi dal palmo
della mia mano. Ridacchiammo, poi lo rimettemmo
nei pantaloni, io infatti avevo paura che qualcuno
oltre a noi si accorgesse che gliel’avevo tirato fuori.
Jill propose di andare a casa sua. Fummo tutti d’accordo, così Alan comprò qualche lattina di birra e
dividemmo la spesa.
Jill divideva l’appartamento con una ragazza di
nome Karen. La sua coinquilina stava dormendo.
Eravamo tutti ubriachi ma continuavamo comunque a tracannare birra dalle lattine che avevamo
comprato. Alan ordinò a Suzy di fare sesso con me
19
Stewart Home
sul tappeto. Mentre mi spogliavo, dissi a Jill di
togliere ad Alan le mutande e di fargli un pompino.
Mi stesi nuda sul tappeto davanti al fuoco a gas, e
mi strinsi Suzy al petto. Feci scivolare le mani
sulla sua schiena. Alzai gli occhi al divano. Alan
aveva ancora la camicia ma era nudo dalla vita in
giù. Jill gli stava leccando l’uccello. Alan tracannava birra da una lattina e mi guardava che lo guardavo. Misi le mani tra le gambe di Suzy. Era
bagnata per l’eccitazione. Le toccai la clitoride,
quindi le infilai un dito nella fica. Era calda, familiare, come una vecchia amica. Suzy ebbe un orgasmo, poi con una contorsione si liberò della mia
mano e iniziò a scoparmi.
Guardai Alan. Era eccitato. Tolse il suo cazzo
dalla bocca di Jill. Si avvicinò al caminetto e divaricò le gambe di Suzy. Lei sollevò la testa e ansimò
di piacere mentre lui la penetrava. Poi chinò la testa
e mi leccò la vagina. Jill si abbassò le mutandine e
si tirò su la camicia. Si avvicinò a me e mi si sedette sul viso. Io le aprii le labbra della fica con la lingua. Era calda, umida e sapeva di giacinto. Un
orgasmo mi esplose in mezzo al cervello espandendosi in tutto il corpo. Ero indifesa, felice, perduta.
Mi stavo lavando il viso con l’umore di Jill. Jill si
alzò in piedi. Alan stava ancora scopando Suzy ma
Jill lo spinse sul pavimento con la faccia a terra e
poi lo fece stendere sulla schiena. Si avvicinò la sua
verga alle labbra umide e ci dette dentro.
20
69 cose da fare con una principessa morta
Mezza addormentata, Karen entrò nella stanza
dalla camera da letto. Portava una vestaglia ma
sotto era nuda. Le dissi di sedersi sulla faccia di
Alan. Esitò. Ripetei l’ordine, e a quel punto fece
come le avevo detto. Suzy mi stava ancora leccando e io ebbi un altro orgasmo mentre guardavo
Karen prima accovacciarsi sopra Alan poi crollargli addosso. Fissavo il soffitto, alla deriva su un
mare di parole, il disegno sul tappeto riflesso sulla
vernice bianca che luccicava otto miglia sopra la
mia testa. Ero mezza addormentata, l’alcol, il
sesso. Mi assopii, mi svegliai. Alan stava andando
via. Gli dissi di aspettare che mi vestissi. Volevo
andare con lui.
Raggiungemmo a piedi il lungomare. La spuma
bianca, i gabbiani che volteggiavano sopra le
nostre teste. Giù sulla spiaggia non riuscivamo a
vedere né i caffè né il pontile che portava all’estremità ovest della diga. L’odore del sale. Le alghe
incrostate di sale. L’oceano vasto, palpitante,
amorfo. I cavalloni bianchi, le luci delle navi che
galleggiavano tra le onde. Gli spruzzi bianchi, i
cavalloni, il rombo del mare che si frangeva incessante sulla battigia. Mi premetti il palmo sulla
fronte. Mi sentivo perduta, alla deriva. Non sapevo
più chi ero, e neppure se qualcosa mi separasse da
quell’ampia massa di lavoro. L’oceano, il deserto,
dentro fuori, tutt’intorno. Cosa stavo facendo?
Dovevo allontanarmi dall’acqua. Mi girava la
21
Stewart Home
testa. Ci mancò poco che cadessi. Balbettai qualcosa ad Alan. Ci girammo e risalimmo sul lungomare. Alcune auto facevano ancora lo struscio sul
viale. Le Karen e i Gary dietro ai parabrezza stavano simulando una simulazione, smitizzando un
mito. Li trovai più seducenti del loro fuggevole
modello, il film American Graffiti.
Ci trascinammo verso Union Street. Alan stava
di nuovo parlando di Erich Fromm. La notte prima
aveva letto qui e là vari libri di Fromm.
L’offendevano. Li vendette il prima possibile. Si
stava facendo beffe del modo in cui nell’Anatomia
della Distruttività Umana veniva trattato il movimento futurista. Accusava Fromm di non essere
riuscito a superare le sue stesse premesse. Se si
deve usare il metodo storico, allora l’influenza del
vitalismo di Bergson va ricollegata ai futuristi attraverso Sorel. Perfino in base ai suoi stessi principi
Fromm si era sbagliato a equiparare il futurismo
alla morte. Alan inciampò, riprese il discorso,
Fromm ormai gli era passato di mente. Tutto arrabbiato, stava liquidando quello che Louis J. Halle
aveva scritto nell’Immaginazione Ideologica. Un
libro terribile. Io non riuscivo a seguire il filo del
suo ragionamento.
Arrivati nella piazza all’incrocio con Union
Street svoltammo a destra. Mentre passeggiavamo
per King Street inserii il pilota automatico. Volevo
soltanto andare a casa a dormire. Alan era sempre
22
69 cose da fare con una principessa morta
con me, ormai parte di me. Armeggiai con le chiavi cercando quella giusta. Il mio buco aveva bisogno di una ripulita. Mi stesi sul letto. Alan prese la
mia copia di Zingari Vagabondi di Judith Okely.
Lesse qualche pagina, sbuffò con fare derisorio,
prese un altro libro. Buttò da una parte il romanzo
dopo avere letto il primo paragrafo. Riprese in
mano Okely. Cambridge 1983. Io chiusi gli occhi,
senza sapere se fossi sveglia o dormissi. Alan trascorse qualche ora a esaminare i miei libri.
Quella notte sognai che ero in auto e correvo
lungo la A12, venendo da Londra. A un certo punto
ero nel Suffolk e guidavo lungo strettissime strade
di campagna. Alan mi aveva mandato a stare con
Dudley, il suo pupazzo da ventriloquo. Dudley preparò la merenda con quello che avevo comprato in
una panetteria di Golders Green: panini al formaggio e chokla con la marmellata. Mi ricordavano di
quando da bambina andavo a Londra dai miei nonni
in vacanza. Per tutta la settimana mangiavo pane
nero poi, per farmi contenta, il fine settimana mi
compravano i chokla. Mi piacevano i miei nonni e
anche Londra ma mi mancava la South Coast. A
Dudley piaceva il caffè, così insieme ai panini
bevemmo un espresso, ma io volli assolutamente
preparare del tè con cui annaffiare i chokla.
Nel mio sogno Dudley era una versione emaciata di Alan. Lo trovavo estremamente attraente.
Rifacemmo le stesse cose che avevamo fatto con
23
Stewart Home
Alan. Parlammo di tutto: musica, film, libri. Poi
andammo in spiaggia. Sullo sfondo si vedeva la stazione nucleare di Sizewell. Ci sedemmo e guardammo le onde frangersi sulla battigia mentre il
sole tramontava. Avevamo la spiaggia tutta per noi
e nonostante facesse caldo mi strinsi a Dudley.
D’un tratto ci ritrovammo l’uno stretto nelle braccia dell’altra, a rotolarci sui ciottoli. Non molto
dopo avevo i jeans alle caviglie e la testa di Dudley
sprofondata nella fica. Era pazzesco essere stesi lì,
il suono dell’oceano che mi rimbombava nelle
orecchie e una grossa porzione di nuvola sottile che
ondeggiava nel cielo che scuriva.
Le mie grida disturbarono alcuni uccelli marini
che avevano fatto il nido per la notte e molti stridettero arrabbiati mentre volteggiavano verso l’orizzonte sempre più buio. Dudley mi stava succhiando la clitoride e nel mentre mi scopava con le
dita. Volevo sentirmi sopra il suo corpo, così gli
afferrai le orecchie e lo tirai forte a me. Dudley mi
sprofondò dentro. Quando premette le sue labbra
contro le mie sentii il sapore della mia broda. Sia
Dudley che io stavamo dando di matto, e turbavamo la quiete notturna con le nostre urla. A un certo
punto riuscii a dire a Dudley di non venire dentro di
me. Lui continuò a scoparmi, ogni tanto rallentando il ritmo, finché non fu costretto a uscirmi da dentro. Lo spinsi sulla schiena, i jeans ancora intorno
alle caviglie, mi inginocchiai da un lato e iniziai a
24
69 cose da fare con una principessa morta
leccargli il cazzo. Mi piaceva guardare le nuvole,
ma vedevo anche che Dudley mi fissava il culo ritto
per aria.
Stringendo tra l’indice e il pollice la base dell’erezione di Dudley, me lo misi in bocca. Dopo averlo lubrificato con la saliva feci uno scherzo crudele. Strinsi i denti e iniziai a scorrere su e giù per la
carne. Dudley si contorceva sotto di me, senza
sapere dove finisse la linea che divideva il piacere
dal dolore. Ripetei questo giochetto varie volte, finché il pupazzo non iniziò a gridare il mio nome,
pronunciandolo ora normalmente ora all’incontrario. Anna. Anna. Rimaneva sempre lo stesso in
qualsiasi modo venisse pronunciato. Da sinistra a
destra. Da destra a sinistra. Anagrammato. Noon.
Noon. Presi in bocca una delle palle di Dudley e
morsicai giocosamente la sacca che la conteneva.
Qualche minuto dopo tornai a concentrare la mia
attenzione sull’uccello del pupazzo. Non fu difficile farlo venire nella mia bocca. Una volta raggiunto il mio scopo, detti un bacio con la lingua al doppio di Alan. In questo modo potei sputargli in bocca
l’enorme grumo di sperma che avevo fatto uscire da
lui. Lo tenni bloccato a terra finché non l’ebbe
ingollato.
A quel punto ci stendemmo sulla spiaggia e
rimanemmo lì un tempo lunghissimo. Non pensammo a farci una doccia prima di andare a letto, volevamo soltanto crollare. Eravamo ricoperti di sabbia
25
Stewart Home
da capo a piedi e dopo aver chiavato ancora un po’
il letto diventò tutto granuloso. Quando ci svegliammo scopammo un altro po’ tra le lenzuola
aggrovigliate. Poi andammo a Saffron Walden.
Dopo aver parcheggiato l’auto ci dirigemmo verso
i Bridge End Gardens. Le panchine del parco erano
tutte ricoperte di cacca d’uccello. Dopo essere passati da una breccia nel recinto, entrammo nel labirinto di siepi di Bridge End dal lato est. Dopo molto
girare trovammo la strada che portava al centro. Le
statue e gli altri monumenti che decoravano originariamente il labirinto erano stati rimossi.
Raggiunta la meta facemmo l’amore e a quel punto
mi svegliai.
26
Capitolo 2
All’improvviso riemersi da una pozza oscura di
sonno. Alan aveva dormito tra il piumone a fiori e
il lenzuolo bianco e in quel momento stava scivolando fuori dal letto. Mi ci volle un po’ per ricordarmi chi fosse. Mentre cercavo di riordinare le
idee lo sentii pisciare in bagno. Quando tornò nella
mia stanza scoppiai a ridere. Era nudo e sapevo che
se la ninfomane che abitava di fronte si fosse imbattuta in lui sulle scale si sarebbe eccitata. Fu a quel
punto che vidi Hannah, la mia vicina assetata di
sesso, seguire Alan attraverso la porta. A Hannah
piaceva il sesso di gruppo e quando portava a casa
qualcuno che mi piaceva spesso anch’io mi univo
alla festa.
Alan era in piedi accanto a me, il sorriso stampato sulle labbra. Hannah lo abbracciò da dietro.
Gli fece scorrere le mani sul petto, gli accarezzò
l’uccello fino a farglielo diventare duro e glielo
strinse. Poi si mise l’indice della mano libera in
bocca e gli massaggiò la saliva sul capezzolo sinistro. Alan si dimenò per il piacere. Io mi sedetti sul
letto e gli presi il cazzo in bocca. Hannah si inginocchiò e iniziò a leccargli il culo. Mentre gli lubrificavo la verga iniziai a sentirmi la fica bagnata. Mi
27
Stewart Home
misi carponi in modo che Alan potesse penetrarmi
da dietro rimanendo in piedi. Hannah si tolse la
camicia e le mutandine, poi salì sul letto. Mi spinse
la testa contro il materasso e mi salì sulla schiena,
stendendosi supina sopra di me, le gambe appoggiate alle spalle di Alan.
Non riuscivo a vedere niente, tenevo gli occhi
chiusi, ma capii dai rumori e da come si muovevano i nostri corpi che, mentre mi scopava, Alan stava
leccando Hannah. Quando sborrò dentro di me
venni anch’io e da come gridò capii che pure il
corpo di Hannah era stato squassato da un orgasmo.
Un groviglio di membra, e a fatica Hannah si rialzò. Ci disse che doveva scappare o avrebbe fatto
tardi al lavoro. Alan strisciò nel letto accanto a me.
Dormimmo per quasi due ore. Quando ci svegliammo facemmo l’amore. La posizione del missionario, nulla di esotico. Alla fine ci vestimmo. Il frigorifero era vuoto, così, anche se era presto, andammo da Carmine su Union Terrace a mangiare qualcosa. Davanti a un piatto di pasta e a un cappuccino parlammo di letteratura.
Alan fece dei commenti sulla mia collezione di
libri di Kathy Acker: Grande Speranza, Sangue e
Budella alle Superiori, Don Chisciotte, Follia
Letterale, L’Impero degli Inanimati, Ritratto di un
Occhio, In Memoria dell’Identità, Mia Madre:
Demonologia, Mio Padre Hannibal Lecter, Corpi
Testuali, Euridice nel Regno dei Morti e Pussy, Re
28
69 cose da fare con una principessa morta
dei Pirati. Alan ammirava Kathy Acker ma diceva
che non era mai riuscito a leggere fino in fondo nessuno dei suoi libri. Rimase sorpreso quando gli
dissi che avevo letto soltanto dei brani a caso, che
era inutile leggere Kathy Acker dall’inizio alla fine.
A un certo punto Alan mi disse che nei suoi saggi
Acker non riusciva a superare le premesse da cui
partivano i suoi romanzi. Ribattei che non sapeva
leggere. Immagina di iniziare dalla prima pagina di
un libro e di proseguire fino in fondo.
Avevo sentito dire che nella sua vita Kathy
Acker aveva vissuto con parecchi scrittori. Di solito avevano meno talento e meno successo di lei. Si
dice che uno di questi scrittori si autoconvinse di
essere Kathy Acker mentre lei era in tour per promuovere uno dei suoi libri. Quando Kathy tornò a
casa il giovane scrittore, incapace di continuare a
credere di essere un romanziere di successo, ebbe
un esaurimento nervoso. Alan non pensava che
fosse una storia vera. Puzzava di bruciato, quasi
fosse un frammento di qualche romanzo postmoderno. E poi Kathy era troppo criptica per farsi
coinvolgere in una storia così banale. A quel punto
lui iniziò a parlare di Michael Bracewell, che io
avevo sempre pensato fosse un giornalista. Alan
tolse tre romanzi di Bracewell dal suo zaino. Mi
disse che era stata Kathy Acker a scoprire
Bracewell e a presentarlo a Serpent’s Tail, che pubblicò il suo primo libro.
29
Stewart Home
Spiegò che Bracewell era uno dei primi stilisti o
romanzieri alla moda, un risultato che andava
messo in relazione alla lunga storia di libri per adolescenti. Ho ancora tre dei libri di Bracewell posseduti da Alan e mentre leggo qui e là cerco di rimettere insieme quello che disse da Carmine davanti a
un piatto di pasta. Dai libri si capisce che Bracewell
imparò a scrivere soltanto con il tempo. Lo stile di
Il Club Cripto-Amnesia e Margate Scomparsa,
entrambi del 1988, è atroce. Quando però, nel 1995,
venne pubblicato Santa Rachel, Bracewell era
diventato un vero e proprio cesellatore delle parole,
nel solco di Aldous Huxley e Evelyn Waugh. Anche
se a uno non piace il romanzo inglese tradizionale,
può comunque apprezzare il percorso attraverso il
quale Bracewell è diventato uno stilista.
È difficile credere che ad Acker piacesse Santa
Rachel, nonostante Lynne Tillman lo ammiri. A
Kathy sarebbero piaciute tutte le cose brutte di
Bracewell. I lustrini. La timida iconoclastia di
Margate Scomparsa, che, letto in parallelo alla
Fontana Meravigliosa di Ayn Rand, assume le sembianze di un romanzo en travesti. Il modo in cui la
nostalgia di Bracewell per un’Inghilterra mai esistita gli permise di farsi sedurre da tutto ciò che era
post-moderno. Sono queste le cose che ad Acker
sarebbero piaciute di Bracewell. Alan spiegò come
secondo lui il dramma di Bracewell fosse avere
imparato a scrivere. Il futuro si infiltrava sempre
30
69 cose da fare con una principessa morta
nel passato, influenzandolo. Avendo scritto opere
competenti, Bracewell non poteva certo produrre
opere sotto la soglia del giudizio critico.
Gli anni Ottanta si conclusero con la depressione economica e, anche se le prime opere di
Bracewell vennero lanciate sul mercato come satira, in realtà altro non erano che una celebrazione
del consumismo borghese. Tutto era andato per il
peggio e, come documentava Santa Rachel, era
finito nel Prozac. Bracewell aveva un difetto: essere più intelligente di Cyril Connolly. Sapeva fin dall’inizio di essere un cattivo patriota, che
l’Inghilterra da lui bramata non era né sarebbe mai
esistita. Bracewell veniva considerato la quintessenza dell’inglesità, eppure le sue opere descrivevano un paese diverso dalla terra abitata dagli eroi
della classe operaia celebrati da best-seller come
L’Inghilterra Lontana di John King. Bracewell
veniva da Sutton e si liberò dall’influenza del suo
ambiente piccolo borghese celebrando la scalata
sociale.
Nel r-inventarsi Bracewell dovette pensare
attentamente a tutte le mosse necessarie per passare da borghese purosangue. Il simulacro era quasi
perfetto ma gli mancavano l’arroganza e la stupidità pura di Anthony Powell. La rottura delle relazioni interpersonali, tema incontrastato dei romanzi di
Bracewell, dà il senso dei suoi sogni infranti. Era
un pastoralista perfino quando scriveva della città.
31
Stewart Home
La seconda opera «maggiore» di Bracewell venne
inizialmente pubblicata all’interno di La Fine
Veloce, opere di tre giovani romanzieri. Al momento di ristampare il libro, Don Watson e Mark
Edwards vennero scaricati e Margate Scomparsa fu
pubblicato da solo. Bracewell era un tipico romanziere degli anni Ottanta. Adesso si guadagna da
vivere scrivendo articoli per i giornali e partecipando alle trasmissioni televisive. Hotel, ristoranti,
abiti firmati: per condurre una vita incentrata intorno a questi oggetti del desiderio non sono sufficienti i diritti d’autore versati per romanzi dal successo limitato.
Per avere successo Bracewell dovette fallire.
Aveva una buona reputazione ma non aveva venduto così tanto da rendere giustificabili anticipi da
20mila sterline. Furono i media a rifornirlo del contante necessario a condurre un’esistenza alto borghese. Più di uno scrittore è tentato dai soldi che si
fanno con il giornalismo. Bracewell era sveglio,
capace di sfornare articoli intimistici in quantità
industriale senza dover rivoltare il suo subconscio.
I pezzi da cinquemila parole per i quotidiani divennero la sua specialità e il suo nome porta ancora
connotazioni di qualità. Bracewell non ha messo in
imbarazzo le personalità letterarie che l’hanno
sostenuto agli esordi, lui non è un Colin Wilson o
uno Iain M. Banks. I suoi primi editori sono ancora
orgogliosi di lui.
32
69 cose da fare con una principessa morta
Gli anni Ottanta si sono conclusi e la maggior
parte degli scrittori di quell’epoca sono stati più o
meno dimenticati. Se si paragona l’opera romanzesca di Bracewell a quello che i Duran Duran o i
Culture Club hanno fatto per la musica, i suoi compagni di viaggio nel corso di una decade che lo stile
dimenticò non possono neppure essere paragonati
ai Sigue Sigue Sputnik o che so io. Ad essere precisi, in proposito Alan citò John Wilde. Uno scribacchino come Wilde poteva essere paragonato soltanto a una band che non aveva mai fatto niente di
buono, a un nome che non voleva dire niente.
Avendo seguito la scia di Bracewell, il massimo cui
uno scrittorucolo come Wilde potesse aspirare era
una seconda vita come intervistatore di celebrità
ormai sul viale del tramonto, una fantasia da freelance senza capo né coda. Wilde era vittima di un
vudù, di un maleficio, intrappolato nello stesso
incubo da cui Bracewell era riuscito a scappare grazie ad alcune stregonerie.
Alan volle fare uno scherzo a Suzy. La chiamò
da una cabina telefonica e si fece invitare nel suo
miniappartamento. Io invece dovetti rintracciare
qualche suo conoscente. Suzy viveva in un appartamento al primo piano nei pressi del campus universitario e schiere di studenti passavano lì davanti per
andare in centro. Alan le spiegò che era sempre
stato uno suo sogno quello di fare sesso con una
donna affacciata alla finestra a chiacchierare con gli
33
Stewart Home
amici. Lei fu subito disponibile. Alan la baciò e la
strinse a sé, poi le tolse le mutandine e le titillò la
clitoride. Quando ormai aveva la fica ben lubrificata Suzy si affacciò fuori per vedere chi c’era in strada. Io stavo chiacchierando con Jill sotto la finestra
del soggiorno. Lei ci salutò e ci chiese cosa stessimo facendo. Le spiegai che stavamo parlando dei
romanzi di Iain Sinclar e che pensavamo entrambe
che la studiata ambiguità della sua prosa avesse
strette affinità con la pop art di Andy Warhol.
Suzy era affacciata alla finestra, le tende che le
si allargavano intorno alla schiena. Non vedevo
Alan ma sapevo che le teneva la gonna alzata
intorno alla vita e se la stava scopando da dietro.
Avevo detto a diversi amici di Suzy di fare un salto
da quelle parti e in un batter d’occhio ecco che c’erano 20 persone che parlavano con lei. Suzy era
rossa in volto per l’imbarazzo e parlava in maniera
incoerente. A Suzy non piaceva Michael, il tipo
che viveva sopra di lei, perché ascoltava i dischi di
Bob Dylan a notte inoltrata. Michael era un mio
collega di università e gli avevo telefonato prima
che Alan e io ci separassimo. Gli avevo proposto di
andare a bussare alla porta di Suzy dopo che per
strada si fosse raccolta una piccola folla, e lui si era
detto d’accordo. Alan sussurrò a Suzy che sarebbe
andato ad aprire. Uscì dal salotto e andò in corridoio. Si aggiustò i vestiti e fece entrare Michael
nell’appartamento.
34
69 cose da fare con una principessa morta
Suzy non si accorse quando Michael prese il
posto di Alan dietro di lei. A Michael era sempre
piaciuta Suzy ed era contento di avere l’opportunità di fottersela. Lei cercava di fare conversazione,
per questo motivo non notò il cambiamento di
ritmo quando i due uomini si scambiarono il posto.
Alan scese in strada e si unì a noi. Guardò Suzy, la
salutò e le chiese se si ricordava di lui, si erano
incontrati la sera prima. Lei non credette ai suoi
occhi e andò completamente nel pallone. Poi gridò.
Dopo che fu venuta Alan le spiegò che le avevamo
fatto uno scherzo e questo, insieme a Michael che
se la stava ancora scopando, stimolò così tanto la
mia amica da farle avere un secondo orgasmo.
Suzy invitò tutti nel suo appartamento e disse ai
ragazzi presenti di fare sesso con lei. Mi andava l’idea di un’orgia ma Alan me lo impedì, dicendo che
era il turno di Suzy di essere al centro dell’attenzione e che io non dovevo toglierle questo momento di
gloria. Alan stava dando un’occhiata ai libri di Suzy,
non ne aveva molti, ma quando trovò una copia di
Scritti Politici Scelti di Rosa Luxemburg, a cura di
Dick Howard, pubblicato dalla Monthly Review
Press, rimase molto colpito. Si trattava di un «libro
dell’America radicale», o almeno lo era nel 1971.
Nello stesso modo lo divertì scoprire che Suzy aveva
una copia di Io Amo Dick di Chris Kraus. Il libro è
l’incoerente testimonianza dell’ossessione sessuale
dell’autore per Dick Hebdige, un professore univer-
35
Stewart Home
sitario inglese che negli anni ’80 era diventato una
vera e propria celebrità intellettuale grazie al suo
Sottocultura. Il Fascino di uno Stile Innaturale.
Sottocultura era il primo libro di Hedbige ed era
stato pubblicato nel 1979, in un periodo durante il
quale gli studenti pensavano ancora che un ricercatore di politecnico che parlava di cultura giovanile
fosse incredibilmente fico. Una cosa, quest’ultima,
che Alan dovette spiegarmi, visto che ai miei tempi
ogni campus vantava i propri esperti in materia.
Alan era divertito all’idea che 20 anni dopo
Hebdige venisse consumato come oggetto del desiderio piuttosto che come esperto di feticismo consumistico. Trovava le mode nelle pubblicazioni
universitarie un argomento incredibilmente interessante e una volta che ebbe detto la sua su Hebdige,
iniziò a parlare di Judith Williamson. A un certo
punto, dal momento che continuava a dire che il
vero valore di Io Amo Dick era nel modo in cui rivelava le miserie della vita universitaria e buttava
fango non solo su Dick Hedbige ma anche per
esempio su Felix Guattari e Toni Negri, litigammo.
Secondo me infatti la cosa più utile in Io Amo Dick
era il capitolo su Hannah Wilke, nonostante apprezzassi il libro anche come parodia delle teorie postmoderne. Una volta che tutti i ragazzi presenti si
furono scopati Suzy qualcuno suggerì di andare al
pub. La gente cominciò ad andarsene, sparpagliandosi in più direzioni.
36
69 cose da fare con una principessa morta
Alan voleva vendere qualcuno dei suoi libri, così
andammo a casa sua in Union Grove a prenderli.
L’appartamento era più o meno come l’avevamo
lasciato: un casino. Iniziò a buttare i libri in giro. A
fare pile di prime edizioni. A spostare i tascabili.
Continuava a rivoltare i libri di Jean Baudrillard
come se stesse cercando qualcosa. Mi disse che
stava rileggendo Bracewell perché era interessato al
modo in cui la psicanalisi aveva trasformato e fatto
piazza pulita delle nozioni, tipiche del diciannovesimo secolo, di caratterizzazione e profondità letteraria. Poi si mise a dare un’occhiata a cose degli
anni Ottanta. Sfogliare Io Amo Dick di Chris Kraus
a casa di Suzy non era bastato. Kraus era sposato
con Sylvere Lotringer, che negli anni Ottanta aveva
avuto un ruolo di primo piano nel tradurre, pubblicare e in generale nel far conoscere Baudrillard ai
lettori anglofoni. Io Amo Dick era l’equivalente
americano destinato a un pubblico di cultura medio
bassa di Cool Memories di Baudrillard, in cui si
poteva trovare di tutto, incluso il fatto che l’autore
del primo non riesce a eguagliare l’altro come scrittore di aforismi.
Secondo Baudrillard ogni cosa era diventata trasparente, oscena, non esistevano più segreti. Alan
però non era affatto convinto che le cose stessero
veramente così, anche se senza dubbio Baudrillard
forniva a Kraus e al suo maritino alla moda Lotringer
la giustificazione teoretica per pubblicizzare il loro
37
Stewart Home
sesso letterario di gruppo. Alan non voleva vivere
dopo l’orgia, e non voleva neppure vivere al di fuori
dalla morte dell’orgia, per Alan infatti l’orgia della
storia non aveva né inizio né fine. Voleva decostruire la decostruzione. Sacrificare il sacrificio. Sedurre
la seduzione e simulare la simulazione. Stava leggendo Girard, Bataille, Marx, Hegel, Deleuze,
Lukás, Hobbes, Virilio, Zizek e Irigarary. Voleva
essere incoerente nella sua incoerenza. Più leggeva e
meno gli piaceva leggere. Derrida era stato una delusione enorme. Dopo avere studiato con attenzione i
suoi discepoli non aveva bisogno di perdere tempo
con La Grammatologia. Ne aveva digerito i contenuti prima ancora di averli consumati e dopo Derrida
sembrava che non ci fosse più ragione di rileggere
Rousseau o Lévi-Strauss. Più Alan leggeva, meno
aveva bisogno di leggere, era come una droga.
Lanciai un’occhiata al pupazzo stravaccato sulla
sedia e sussurrai il suo nome. Alan prese una copia
di Prospettive sul Primate: Genere, Razza e Natura
nel Mondo della Scienza Moderna di Donna
Haraway e urlò gettandolo dall’altra parte della
stanza. Era un grosso libro, quasi 400 pagine, e
smosse alcuni tascabili da uno scaffale prima di
finire sul pavimento con un tonfo. Alan si lamentò
di non avere neppure cominciato a leggere Judith
Butler, figurarsi Donna Haraway. Probabilmente
non aveva bisogno di leggere né l’una né l’altra, dal
momento che aveva letteralmente divorato Zeri e
38
69 cose da fare con una principessa morta
Uno di Sadie Plant e poi l’aveva venduto. Dove
trovava tutto quel tempo per leggere? Sembrava
che non smettesse mai di vivere (la terza parte di
Baudrillard dal Vivo: Interviste Scelte, a cura di
Mike Gane, è intitolata «Ho smesso di Vivere»; in
Io Amo Dick, Chris Kraus sostiene che al tempo in
cui aveva perso la testa per Hebdige lui le aveva
detto di non avere letto niente per due anni). Era
quella la vendetta del cristallo? Alan non lo sapeva,
tutto stava diventando troppo. Un teorico francese
come Baudrillard era stato tradotto in inglese da
editori da due soldi come Semiotext(e) con edizioni piene di errori e una distribuzione ridotta al minimo, poi in men che non si dica, le traduzioni avevano iniziato a uscire presso Verso, Polity, Pluto,
Stanford e Routledge. Stessa storia con Deleuze e
Derrida, mentre Barthes e Foucault erano diventati
classici della Penguin. Non c’era bisogno di tenersi
al passo con l’argomento, non c’era voglia di tenersi al passo, non c’era possibilità di tenersi al passo.
A volte mi chiedevo se quello che c’era tra Alan
e me fosse uno scambio di soggettività. La seconda
volta che misi piede nel suo appartamento fu l’occasione per iniziare a scoprirlo. Il mondo di Alan
stava diventando il mio. Avendo letto Guattari Alan
voleva diventare una donna e in quel processo io
ebbi l’impressione di trasformarmi in un uomo.
Perché mai volli acquistare tutti i libri di Alan quando era chiaro che a lui non erano serviti a niente? Le
39
Stewart Home
sue letture gli avevano insegnato soltanto a esprimere in maniera sempre più eloquente che non
sapeva niente. Si era fatto una cultura enorme ma a
un prezzo molto salato. Era un patto faustiano
senza senso. Uno spostamento infinito di testi, un
processo nel corso del quale Alan inciampava letteralmente nei libri. Tascabili sparpagliati su tutto il
pavimento. Lui inciampava, io lo tenevo. Era sempre più disperato, voleva liberarsi di questi oggetti
e nello stesso tempo dimenticare le parole che vi
scorrevano dentro. Proprio il lavoro adatto a lui:
senza inizio né fine. Ed è qui che arrivo io. Un’altra
lettura potrebbe essere che Alan voleva scomparire,
diventare un oggetto. Visto che non era religioso
non poteva donare la sua ombra al diavolo, così
provava a scaricare la sua soggettività su di me.
Voleva diventare una macchina.
Mi mostrò un ritaglio di giornale ingiallito tratto
dall’Independent on Sunday del 21 luglio 1996. Era
intitolato «Affondare in un mare di Parole: Con il
Proliferare delle Riviste Accademiche, Noel
Malcom consiglia ai docenti universitari di scrivere
di meno e pensare di più». Alla fine dell’articolo
una nota informava che il pezzo era stato ripreso
dal numero di Prospect in quel momento in edicola. Il succo del saggio era che i professori universitari erano incapaci di mantenersi al passo con il loro
specifico campo di interesse. Dal momento che per
fare carriera si doveva pubblicare, i docenti univer-
40
69 cose da fare con una principessa morta
sitari erano costretti a produrre un flusso infinito di
articoli. Il pezzo suggeriva che in media un articolo accademico viene letto soltanto da cinque persone, senza specificare però se nel numero fossero
inclusi anche il redattore e i due referenti standard
tipici di questa parte dell’industria editoriale. Alan
non era neppure un professore universitario e se
nemmeno gli specialisti riuscivano a tenersi aggiornati nella loro area di competenza, che speranze
potevano esserci per un lettore generico con interessi in più campi?
Alan legò a doppio nodo nei sacchetti i libri che
voleva vendere, poi li mise in un grande zaino.
Anche se aveva sparpagliato questi libri a calci per
tutto l’appartamento, da buon consumatore sapeva
di dover far finta che gli importasse della merda di
cui si stava liberando. Non fu una faccenda lunga.
Alan accettò semplicemente il denaro che quelli
dell’Old Aberdeen Bookshop gli offrirono. Non
contrattò sul prezzo. Una volta in strada disse che
era proprio la somma che voleva. Naturalmente a
Londra avrebbero potuto dargli di più. Mentre eravamo nel negozio comprai una copia di Stasi Slut di
Anthony Bobarzynski e quando uscimmo la detti ad
Alan in segno del mio affetto. Raggiungemmo la
rotatoria e lui fece cenno di fermarsi a un taxi di
passaggio. Arrivati a Hazlehead Park pagammo la
corsa, poi ci mettemmo in cerca del labirinto. Alan
ne aveva letto ma era la prima volta che ci andava.
41
Stewart Home
Il labirinto era chiuso a chiave, qualcuno però
aveva reciso la rete metallica e noi entrammo attraverso la recinzione danneggiata. Era un labirinto
intricato, pieno di vicoli ciechi, e vagammo di qui e
di là per quasi un’ora prima di raggiungere la meta.
Le siepi che formavano le pareti del labirinto erano
in buono stato e, una volta al centro, non vedemmo
più nessuno, anche se intorno a noi sentivamo le
voci di altra gente. Mi venne in mente la parte finale del sogno della notte precedente. Non l’avevo
ancora annotato nel mio diario. Dovevo ricordarmi
di farlo, i sogni sono preziosi e si dimenticano facilmente. Alan aveva accennato al labirinto Hazlehead
il giorno prima. Non ne avevo mai sentito parlare e
lui mi aveva fatto vedere che era citato nella Guida
ai Labirinti Inglesi di Alan Fisher e Jeff Saward.
Dal momento che il libro è organizzato alfabeticamente in base al nome del posto in cui si trova il
labirinto, Hazlehead, ad Aberdeen, era il primo in
assoluto.
Nel mio sogno facevo sesso con Alan al centro
di uno dei due labirinti di Saffron Walden. Avevo
dato un’occhiata a qualcuno dei libri sui labirinti di
Alan e mi ricordavo che diverse teorie li ricollegavano ai riti per la fertilità. Questo e il sesso folle che
stavo facendo in quei giorni spiegavano senza dubbio il mio sogno. Eravamo seduti su una panchina
dipinta di verde collocata al centro del labirinto.
Bastò il colore a suggerire rituali procreativi. Mi
42
69 cose da fare con una principessa morta
chinai su Alan e armeggiai con la patta dei suoi
pantaloni. Quando glielo tirai fuori, aveva già l’uccello ritto. Mi abbassai su di lui e iniziai a morderlo giocosamente. Me lo lavorai con le labbra, la lingua e i denti. Al centro del labirinto c’era soltanto
quella panchina e io non avevo voglia di sperimentare altre posizioni sul sentiero bagnato, così lo feci
venire nella mia bocca.
Dopo che Alan si fu sistemato i vestiti raggiungemmo la fermata dell’autobus e, mentre aspettavamo di tornare in città, chiacchierammo. Lui parlava dei romanzieri che di proposito cambiavano
stile a ogni libro. Gli scrittori contemporanei che
facevano così in genere venivano considerati ostinatamente perversi e anche se diventavano scrittori
di culto tra i loro colleghi romanzieri, nella maggior
parte dei casi non riuscivano ad attrarre l’attenzione che di una manciata di lettori. Lynne Tillman era
uno di quei casi. E anche Barry Graham. Il primo
romanzo di Graham Di Oscurità e Luce era un
pastiche dell’orrore pubblicato da Bloomsbury. Il
suo terzo romanzo Il Libro dell’Uomo invece venne
pubblicato da Serpent’s Tail. Questa riscrittura
parodica della vita di Alexander Trocchi aveva
stampati sul retro gli elogi di Irvine Welsh, Dennis
Cooper e Lynne Tillman. A quel punto Graham si
trasferì dalla nativa Scozia negli Stati Uniti, dove
passò a Incommunicado con cui pubblicò Prima,
che perversamente Alan interpretava come una
43
Stewart Home
parodia eterosessuale di Dennis Cooper. Alan non
aveva letto il secondo romanzo di Graham e, visto
il modo in cui l’autore cambiava stili e temi, non
riusciva proprio a immaginarsi come fosse.
Eravamo così assorti nella nostra conversazione
letteraria che quando arrivammo al Washington, un
caffè affacciato sul lungomare, non ci sembrò che
fosse passato molto tempo. Io mangiai un uovo,
patatine fritte e fagioli. Alan spazzolò un’omelette
al formaggio con patatine e piselli. Io bevvi del
caffè, Alan del tè. A tavola continuammo il nostro
tête-à-tête. Alan menzionò Malessere da Movimento
di Lynne Tillman come esempio di libro anti-viaggio.
Era il primo libro che l’autrice aveva pubblicato
nelle Isole Britanniche. Era stato preceduto da
L’Assenza Fa il Cuore, una raccolta di racconti scritti dal 1990 in poi, che aveva spinto gran parte dei critici letterari inglesi a definirla erroneamente un’estremista post-moderna. Il primo libro inglese di
Tillman aveva stampati sul retro gli elogi di Harry
Mathews, Gary Indiana ed Edmund White. Il suo
primo romanzo Case Stregate era stato pubblicato
negli Stati Uniti nel 1987 e aveva in copertina le lodi
di Kathy Acker, Edmund White, Harry Mathews e
Dennis Cooper.
Nel 1992 Tillman pubblicò negli Stati Uniti una
raccolta di racconti dal titolo Il Complesso di Madame
Realismo. Uscì nella collana di Semiotext(e) Native
Agents, nella quale in seguito sarebbe stato pubbli-
44
69 cose da fare con una principessa morta
cato Io Amo Dick, scritto da Chris Kraus, editor
della collana. Anche se Alan ammirava tutta l’opera
di Tillman, incluso il suo quarto romanzo Nessuna
Ipoteca Sulla Vita, gli piaceva soprattutto Nel
Dubbio. Il romanzo aveva due personaggi principali,
Horace ed Helen. Era narrato da Horace, un gay che
scriveva thriller ma che sperava un giorno di poter
portare a termine un’opera seria. Horace poteva essere interpretato come un rappresentante del classicismo o del modernismo. Helen invece, una giovane
americana scomparsa, come una rappresentante del
romanticismo o del post-modernismo. La storia parla
di Horace ed Helen e del fallimento delle correnti
estetiche che essi rappresentano nel trovare un qualsiasi punto di contatto. Nel testo Helen è un’assenza.
Mi venne in mente che era possibile leggere il
romanzo anche in chiave femminista ma non dissi
niente. Alan pagò il conto e ce ne andammo.
Trovammo un pub silenzioso con una selezione
decente di whisky Avevamo intenzione di fare un
tour immaginario di Islay bevendo il whisky di
ognuna delle sue otto distillerie. Pagai il primo giro
e, prima di consumare, Alan creò l’atmosfera giusta descrivendo un viaggio che aveva fatto alle
Ebridi. Era partito da Kennacraig, prendendo il traghetto dalla terraferma. Io dovevo fare finta di
essere seduta sul ponte, alla mia sinistra lo splendido paesaggio della penisola di Kintyre, alla mia
destra quello dell’isola di Jura. Il sole splendeva e
45
Stewart Home
soffici nuvole bianche correvano in mezzo al cielo
sospinte dal vento. Alan mi disse che ci vogliono
poco più di due ore per raggiungere Port Ellen, un
villaggio con bellissime case bianche costruito a
tavolino progettato nel 1821. La distilleria di Port
Ellen è chiusa da più di vent’anni e il posto adesso
è utilizzato esclusivamente per la produzione di
malto. Per fortuna è sempre possibile comprare
whisky di Port Ellen e Alan mi fece annusare il
malto prima di berlo.
Dopo esserci scolati il primo bicchiere, Alan si
alzò, ordinò sette whisky diversi e tornò con un vassoio. Quando li posò sul tavolo i 14 bicchieri tintinnarono. Dovette metterli giù con cura, gli whisky
infatti erano stati disposti nell’ordine in cui li
avremmo bevuti e lui fece attenzione a non confonderli. Mi disse che la distilleria di Laphroaig è solo
a pochi minuti d’auto da Port Ellen. Io dovetti
immaginarmi di lasciare la strada e di camminare in
mezzo agli edifici della distilleria imbiancati a
calce verso il mare. Laphroaig è una grande distilleria e dal tratto di spiaggia antistante il centro di
accoglienza per visitatori si vedeva, oltre il mare, la
costa di Antrim, distante solo dodici miglia. Come
Port Ellen, Laphroaig è pervasa da un odore di
torba, ma con in più un sentore di medicina. Non
ero mai stata una grande bevitrice di whisky, ma
grazie ad Alan mi stavo convertendo, mi piacevano
i sapori ardenti di Islay.
46
69 cose da fare con una principessa morta
Poi ci fermammo a Lagavulin, che era a pochi
minuti d’auto lungo la costa. Alan mi disse di immaginarmi di essere in piedi accanto al fiumiciattolo
che scorre in mezzo alla distilleria. Guardando verso
uno dei promontori potevo vedere le rovine del
castello di Dunyveg, le parti più antiche del quale
risalivano al quattordicesimo secolo. Annusai il
liquore bevendone fino all’ultima goccia. Il liquido
ambrato vantava un’impressionante pesantezza,
sapeva di affumicato e di medicina insieme. Ardbeg
sarebbe stata la nostra ultima tappa sulla costa sud di
Islay, Alan mi disse di pensare ai gabbiani che si
riscaldavano al sole sulle rocce vicino a questa
distilleria. Annusai il contenuto del mio bicchiere e
me lo portai alla lingua. Mi immaginai un’inquadratura mobile della flora e della fauna locali focalizzata sulla costa boscosa che si protendeva al di là del
castello di Victoria Kildalton.
Il whisky successivo fu il Caol Ila. La distilleria
si trova sul bordo dell’insenatura di Jura venendo
da Port Askaig. Per arrivare lì dovemmo tornare
indietro visto che non c’erano strade dirette.
Procedendo a tutto gas tornammo a Port Ellen e
prendemmo la A846. Le torbiere che fiancheggiano
questa strada dritta da non crederci giocano un
ruolo chiave nel dare agli whisky di Islay il loro
particolare sapore. Non ci fermammo a Bowmore,
Alan disse che ci saremmo tornati più tardi, alla
svelta raggiungemmo invece Port Askaig passando
47
Stewart Home
da Bridgend. Mi disse che se avessi preso il traghetto che in cinque minuti porta da Feolin a Jura
avrei potuto ammirare le bellezze di Caol Ila.
Dovetti raffigurarmi la barca che prendeva il largo,
poi immaginarmi di volgere lo sguardo verso Islay
e vedere la distilleria a nord dell’attracco dei traghetti. Una volta scesa dal traghetto, dovetti imboccare il sentiero che da Feolin sale verso Inver.
Osservai l’insenatura e vidi distintamente la distilleria con il mare che scintillava sullo sfondo. Il
whisky sapeva meno di affumicato di quelli della
parte sud di Islay ma era ugualmente molto buono.
Alan era stato a Craighouse, a circa otto miglia
da Feolin, dove abitava la maggior parte dei 200
abitanti di Jura e per questo sede dei distillatori di
whisky dell’isola. Ciononostante non amava particolarmente gli whisky prodotti nella distilleria di
Jura e dal momento che quella non era una delle
tappe del nostro viaggio immaginario, prendemmo
il traghetto e tornammo a Port Askaig. La strada a
nord di Bunnahabhain era stretta da fare paura.
Alan disse che avrebbe parcheggiato l’auto vicino
alla distilleria, nell’area di sosta di fianco alla
spiaggia, dopodiché vagabondammo un po’ a nord
lungo la costa prima di dirigerci a ovest.
Tagliammo attraverso la punta nord dell’isola, una
camminata di due ore all’andata e due al ritorno
senza strade a rovinare il panorama e centinaia di
cervi intorno a noi. Al ritorno ci godemmo una
48
69 cose da fare con una principessa morta
magnifica veduta della distilleria con le Poppe di
Jura che dominavano il paesaggio dall’altra parte
dell’insenatura. Mentre annusavo e bevevo il mio
Bunnahabhain cominciai a sentirmi un po’ brilla.
Immaginai di addormentarmi in macchina mentre Alan tornava indietro passando da Port Askaig e
Bridgend. Avevamo camminato molto ed ero stanca. La distilleria di Bowmore era al centro del villaggio omonimo, anch’esso costruito a tavolino.
Nonostante si trovi in un’insenatura Bowmore è il
centro psicogeografico – oltre che amministrativo –
di Islay. Come settimo bicchierino bevvi il
Bowmore Legend e questo mi mandò definitivamente il palato in pezzi. Il viaggio immaginario di
Alan seguiva una logica tutta sua: un bevitore di
whisky serio avrebbe concluso con i distillati più
forti della zona sud di Islay, noi avevamo cominciato con quelli. Alan mi disse di immaginarmi di
tornare di nuovo a Bridgend. A quel punto però,
invece di dirigerci verso Port Askaig, avremmo
imboccato la strada che, costeggiando Loch Indaal,
porta a Bruichladdich. Si tratta della distilleria più
a ovest di tutta la Scozia e, dopo che ebbi mandato
giù l’ultimo bicchiere, uscimmo dal pub. Alan
voleva andare a casa da solo a leggere. Prima di
separarci mi dette una copia di 69 Cose da Fare con
una Principessa Morta, dicendomi che gli sarebbe
piaciuto sapere cosa ne pensassi. Io raggiunsi a
piedi King Street, mi feci il bagno e andai a letto.
49