Tette e lustrini: e la musica?

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Tette e lustrini: e la musica?
Tette e lustrini: e la musica?
Scritto da Maurizia Vaglio
Mercoledì 18 Agosto 2010 21:12 -
Recentemente, nell’ambiente musicale e non solo, ha fatto parlare l’intervento di un produttore
inglese, tale Mike Stock, piuttosto noto in patria e non solo, essendo tra l’altro – pare – lo
scopritore di Kylie Mingue. L’autorevole personaggio, sfoggiando una sorta di anticonformismo
di ritorno, ha puntato il dito contro l’eccessivo sfoggio di situazioni, atteggiamenti e pose
apertamente sexy nei video musicali di una nutrita schiera di interpreti, specie femminili, star del
panorama pop attuale. “Porno soft”, l’ha definito, indicandolo come inadatto ad un pubblico di
giovanissimi. A suo avviso, la visione di quelle immagini rischierebbe di iper-sessualizzare
precocemente i bambini. L’allarme viene lanciato con riferimento agli ultimi lavori in video di
Katy Perry, Lady Gaga, Miley Cyrus, Christina Aguilera, Britney Spears ed altri.Ho voluto
visionare alcuni dei video musicali messi sotto accusa e, per buona misura, anche alcuni altri
delle loro interpreti. Sull’idoneità o meno delle immagini proposte per un pubblico di ragazzini, non metto parola . Ne disserteranno, di certo con migliori qualifiche delle mie, i vari pedagoghi e
psicologi infantili ormai chiamati in causa ad ogni piè sospinto. Ciò che invece salta agli occhi, a
ben pensarci, è la crescente, direi quasi “disperata”, ridondante escalation di trovate ad effetto,
nel tentativo di colpire lo spettatore. Nessuno stupore che si sia arrivati all’erotismo al limite del
porno... in fondo, da sempre, è ciò che più d’ogni altra cosa si fa notare, e “fa vendere”. Come
ben sa anche il più sgalfio dei pubblicitari. E dunque, cosa nasconde questo disperato grido
“guardami guardami” lanciato dal mercato musicale? Beh... diventa ovvio quando si escluda la
parte video per concentrarsi sulla musica. Che poi sarebbe il vero prodotto, il vero motivo di
tutto questo bailamme di lustrini e carni esposte che vi si agita intorno... Il compianto Michael
Jackson fu colui che segnò il vero punto di svolta nell’uso della parte video di un brano
musicale. Con lui il video smise di essere una sorta di contorno, una mera promozione della hit
ma ne divenne una parte integrante: impossibile ancor oggi riascoltare pezzi come “Thriller” o
“Billie Jean” senza che nella mente scorrano le immagini dei rispettivi video. Da allora molti
hanno seguito la via indicata da Jackson, con alterne fortune. Ma per molto tempo – parrebbe
scontato dirlo, ma non lo è – è stata la musica il fulcro di tutto, la ragione d’essere di ciò che vi
ruotava intorno. Oggi le cose pare si stiano capovolgendo. La parte del leone la fa lo
“spettacolo”: le movenze, le coreografie, i costumi, le suggestioni, gli ammiccamenti. Il brano
musicale diventa una specie di sottofondo a tutto ciò, la cui qualità e cura diventano un aspetto
secondario. Il prodotto finale è in effetti il più delle volte deludente. Desolante. Il vuoto
pneumatico. Refrain che sanno di già sentito, profluvi di musica campionata, ritmi sincopati, stili
e voci straordinariamente spersonalizzate, simili l’una all’altra, tanto che spesso l’ascoltatore
distratto si può legittimamente chiedere chi diamine stia strillando l’ultimo ripetitivo ritornello.
Pare di avere tra le mani una di quelle faraoniche confezioni che si trovano talvolta per piccoli
prodotti elettronici: package esagerato con mega involucro di plastica, e poi cartoncino, e altra
plastica, tutto magari per una banale chiavetta usb o un caricabatterie, alla fine. A questo punto
diventa abbastanza chiara, come si diceva, la ragione di tutto questo agitarsi. Si tenta di
vendere in ogni modo un prodotto che nella maggior parte dei casi è di qualità modesta, quando
non apertamente scadente. Quanti dei brani che ascoltiamo in questi mesi - compresi e anzi a
maggior ragione quelli i cui video stanno creando scalpore per una tetta esposta o un bacio
lesbico - ricorderemo tra vent’anni?
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