Untitled - Ka Bizzarro

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Untitled - Ka Bizzarro
Eccomi qua, sono l'uomo delle imprese impossibili.
Perché scrivere la prefazione di questo straordinario eBook è, appunto,
un'impresa impossibile. Ci sono tre buoni motivi che la rendono tale.
Primo: la difficoltà di rispettare le giuste proporzioni, considerata la brevità
dell'opera in questione. Infatti, la prefazione perfetta sarebbe costituita da un
solo periodo: "Leggetelo o, se siete troppo pigri, usate la funzione Leggi del
vostro Kindle o smartphone".
Secondo: il coinvolgimento emotivo e la difficoltà di essere obiettivo, dato che
è la prima volta che mi capita di leggere "la mini autobiografia di milioni di
fissati" (mi si passi l'ossimoro) - dei quali io stesso faccio parte.
Terzo: i primi due motivi, bastano e avanzano. Sì, Ka Bizzarro è peggio di un
cecchino. Non ne sbaglia una. Descrive e motiva chirurgicamente tutte quelle
che vengono considerate nevrosi, manie, "bizzarrie", da chi, almeno una volta
nella vita incrocia il cammino di un musicista.
L'utilità di questo scritto sta proprio in questo. Spiega il perché i musicisti
appaiano come una sorta di alieni che sì, vivono su questo pianeta, ma
sembrano comportarsi in modo incomprensibile ai più, spesso consacrando la
propria vita a ciò che, dagli stessi più, è visto come qualcosa di molto vicino al
"nulla più totale".
D'altronde, nell'epoca dei talent, chi te lo fa fare di incaponirti e spaccarti le
orecchie per anni in una sala prove per cercare il migliore dei modi in cui
stare su un palcoscenico (termine prossimo al disuso come "autovettura",
"magione" o "genetliaco") o dentro un file riprodotto da un'orrenda cuffietta?
Quindi, leggere queste poche righe (lo so, nel 2017 è una cosa della quale
vantarsi al bar, come se avessimo fatto 150 km di montagna in bici),
rappresenta una risorsa per almeno due categorie di persone: per i musicisti, i
quali si sentiranno coccolati e protetti come ad una riunione degli alcolisti
anonimi e per quelli che hanno intenzione di diventarlo, i quali in molto
meno di un'ora, verranno a conoscenza di tutto ciò che li aspetta. Tirate le
somme, i primi, vedranno le pareti del tunnel più belle e confortevoli. I
secondi, avranno le idee sufficientemente chiare per decidere se imboccarlo o
no.
Buona lettura.
Wilko
Pensi che stia soltanto cercando di adularti? Se lo pensi, hai ragione! Se non lo
pensi e sei d'accordo con me sul fatto che tu sia speciale, hai ragione! Qualunque
cosa tu pensi, sappi che avrai sempre ragione. E questo può essere la tua fortuna o
la tua condanna.
Ma andiamo al sodo, carissimo.
Vorresti diventare un musicista?
Allora questo libro fa PER TE. E ti scongiurerà in tutti i modi di cambiare idea.
Sei già un musicista?
Questo libro è ANCHE per te. Perché non ti farà sentire mai più solo ed
incompreso come un vegetariano che lavora da McDonald's.
NON SEI un musicista e non ti passa neanche lontanamente per l'anticamera del
cervello diventarlo?
Questo libro è SOPRATTUTTO per te. Ti farà capire come è fatto dentro un
musicista, così potrai adottarlo ed amarlo. Oppure, scappare via lontanissimo,
appena ne vedi uno. Perché i musicisti hanno bisogno di affetto e comprensione.
Ma se non sei in grado di dargli queste cose senza strippare, forse è meglio che ti
prendi un cane.
Questi fantomatici 30 minuti sono tarati sulle capacità intellettive di un italiano
medio.
Ma tu sei molto ma molto più intelligente di un italiano medio.
Qualsiasi italiano lo è.
Per cui sicuramente lo leggerai nella metà del tempo.
Mentre guidi.
E ti rolli una canna.
Parlando al cellulare.
OK, cominciamo. One, two, three, for...
Prendi uno strumento qualsiasi. Inizia a suonarlo. Scopri che le ore
passano senza che tu te ne accorga, dimenticandoti di tutto: il calcio, la
scuola, le riviste di moda, la televisione, la calvizie incipiente, l'unghia
incarnita, i brufoli, le limonate con tua cugina o con tuo cugino, il pane e
Nutella che ti aspetta in cucina, il fatto che prima o poi morirai.
Prendi una famiglia che ti incoraggia a suonare, ma poi, quando si
accorgerà che fai sul serio, inizierà a devastarti la minchia con costanza ed
autodisciplina con la storia che “la musica non è un lavoro”.
Prendi il tuo cervello e inizia ad imbottirlo di minime, semiminime, intere
discografie di artisti malauguratamente morti giovani, e di cantanti
malauguratamente ancora vivi - che se morivano giovani era meglio e che
se sapevo usare il congiuntivo, non stavo qui a regalarti degli ebook - di
biografie, di film, di sogni, aspettative, pugnette mentali, ma anche pugnette
pugnette.
Fatto?
Questo è solo l'inizio. Andando avanti, più cose imparerai, più ti renderai
conto che quello che sai rappresenta soltanto un insignificante apostrofo rosa
all'interno della frase “L'ignoranza di cui sei portatore sano potrebbe riempire
l'Universo due volte e ne avanzerebbe anche un po '”.
Ciononostante, non ti scoraggerai: ormai hai una passione (o forse è meglio
chiamarla ossessione?).
Sei curioso, aperto - non tutti i musicisti sono aperti mentalmente, anzi, ne ho
conosciuti molti davvero ottusi, ma anche il musicista più ottuso è comunque
più aperto mentalmente dell'italiano medio (quello che ci metterà mezz'ora per
leggere questo libro) .
Sei open-minded, dicevo, quindi avrai le antenne dell'apprendimento sempre
in tiro.
A proposito di “tiro”: comincerai ad usare un gergo: “tiro”, shuffolato”,
“bounce”, “clinic” e altre strani termini che quelli al di fuori della tua cerchia di
interesse riterranno un codice massonico segreto.
Avranno il sospetto che tu ed i tuoi inquietanti colleghi stiate tramando un
piano per sacrificare una vergine sull'altare di Satana, prima di dare il via alla
distruzione della vita sulla Terra, grazie ad un'epidemia provocata dalle vostre
siringhe di droga nascoste sotto gli scivoli dei giardinetti pubblici.
Poi, un giorno, arriverà il tuo primo ingaggio: un concerto alla Sagra del Maiale!
Cachet della serata: un panino con la porchetta e una birra media calda, con i
complimenti dell'organizzatore, che però vi tira le orecchie “perché potevate
portare più gente”.
Ma questo basterà per farti sentire in diritto di annoverarti tra coloro che sono
passati al professionismo.
Ricordo ancora il mio ingresso nel “professionismo” della musica: avevo 16
anni, mio padre mi propose di andare a suonare con lui. Mio padre suonava il
liscio. Capito? Il liscio!
“Neanche morto”, gli risposi, cercando di non ferire i suoi sentimenti.
“Ma io ti pago centomila lire a serata...”, insistette lui.
Dilemma: suonare il liscio, rinnegando le mie incrollabili convinzioni in fatto di
estetica musicale, contro centomila fantastiche lire a serata.
“Ma sappi che suoneremo tutti i sabati e non potrai uscire con gli amici”,
precisò mio padre.
“'Fanculo gli amici! Cen-to-mi-la! Cen-to-mi-la!”, risposi io, in un impettito
slancio d'amore nei confronti dei valori dell'amicizia e della loro superiorità sul
bieco e meschino denaro.
Se sei nato negli anni duemila, posso dirti che 100.000 Lire, nel 1990, erano
tanti soldi per uno di 16 anni. Non tanti quanto guadagna a serata Emma
Marrone, ma sicuramente di più di quelli che rimangono ad Emma Marrone
dopo che ha dato la percentuale a Maria De Filippi.
E quindi, vai di mazurke e cha cha cha (che non è proprio liscio, il cha cha cha,
ma la gente lo vuole, così come ti obbliga a trasformare qualsiasi genere
musicale in balli di gruppo).
Il liscio continua a farmi cagare, ma è stata una palestra assurda e mi ha fatto
imparare alcune regole d'oro della musica popolare, regole che vent'anni dopo
hanno iniziato ad usare certi dj fighi.
Io, ad esempio, dai 16 anni in poi, ho integrato il lavoro di artista con le seguenti
attività:
raccoglitore di frutta, verniciatore di cancelli e ringhiere, pony express, lavapiatti,
aiuto cuoco, cuoco, cameriere, barman, manager di pub, direttore artistico in due
locali e in una web radio, gastronomo all'Esselunga, driver per la Toyota, steward
di convegni, commesso da Decathlon, comparsa nel cinema, maschera in un
multisala, animatore di feste per bambini, consulente teatrale, babysitter,
babytutor, scrittore, commesso in un negozio di giocattoli, venditore ramo
telecomunicazioni, insegnante di chitarra ritmica e sicuramente sto dimenticando
qualche altro motivo assurdo per cui mi hanno dato dei soldi.
In mezzo a questo ambaradan, mettici una vita per laurearmi, un disco con una
major discografica di nome Warner Music, cinque album auto-prodotti e tre libri
pubblicati. Più centinaia di concerti, interviste e cazzi vari, tipo il “faccio cose,
vedo gente” che non è roba da fare una volta a settimana come il volontariato.
Aggiungici anche che, oltre ad esercitarti, scrivere e fare prove, ti ritrovi a dover
imparare ad usare come Cristo comanda programmi di registrazione ed editing
musicale, programmi di editing video, programmi di grafica, plug-in, capire come
cavolo funziona la Siae, formarti su quelli che sono gli strumenti di marketing e
promozione del momento, gestire tutti i tipi di social, sciropparti i css ed il
linguaggio html per sviluppare siti, sapere come programmare automaticamente le
newsletter, capirne un minimo di Seo. Tutto questo smadonnando in inglese,
perché se non sai l'inglese sei fuori (anche dal Giudizio Universale).
Così è.
Oggi non è più come quaranta anni fa che tu facevi il musicista, il produttore
faceva il produttore, il manager faceva il manager, l'ufficio stampa faceva l'ufficio
stampa, e via andare. Oggi, per una serie di motivi, che se vuoi ti spiegherò in altra
sede, ti ritrovi a fare tutto tu. E forse è anche meglio così.
Insomma, devi farti oggettivamente un gran mazzo, e contemporaneamente
trovarti intorno sempre persone che ti diranno: “Certo che hai visto un bel mondo
tu! Bello non fare un cazzo eh?”.
“Eh sai... noi artisti...”, glisserai, scrollando le spalle, mentre cerchi una scappatoia
per mollarlo lì, dato che questo stronzo ti sta facendo perdere tempo. Infatti, devi
correre a casa a pulire, fare il bucato, portare fuori il cane, dar da mangiare
all'iguana, cucirti i pantaloni di pelle strappati nel culo, comprare del fumo e
trovare uno straccio di qualcuno che stasera ti scopi.
Ma metti anche caso che tra dischi, concerti e lezioni private tu riesca davvero a
fare il musicista professionista, la vita che ti attende non è che sia poi tanto diversa.
Lunghissimi viaggi in auto o furgone per andare a suonare a casa di Dio; cene,
pranzi e colazioni - spesso tutti concentrati in un solo pasto, con un tristissimo
Camogli all'autogrill.
E se arrivi sull' Olimpo delle star, spacchi a San Remo, scrivi un evergreen che
parla di una tipa che non c'è e se ne è andata via, dopo venti anni ti toccherà fare il
giudice in tutti i talent di Rai e Mediaset, oppure non paghi il mutuo. Ma eri
famoso in Sudamerica, come cazzo hai fatto a rimanere senza soldi? Neanche ti
droghi, porco Giuda! Cioè per ridurti a fare il giudice nei talent come minimo
devi aver fatto una vita alla George Best e aver sputtanato tutto il droghe, alcool e
donne. Allora sì, porca troia, puoi strisciare in qualsiasi modo per due soldi. Ma
non se sei quello della porta accanto, miseria ladra!
Ma torniamo nel sottobosco di quelli che vanno a suonare a casa di Dio col
furgone.
Vita sentimentale: la sintesi della disgrazia.
Forma fisica: l'apoteosi della schifezza.
Ma la cosa peggiore è che incontrerai musicisti abbronzati, in forma e pieni di
capelli, che sembrano appena usciti dalla Casa di Barbie Malibù.
Proprio quei bastardi ti faranno sentire ancora di più una chiavica, perché tu sei
bianchiccio, rachitico e hai il fiatone dopo una rampa di scale, perché hai passato
le tre notti precedenti a registrare in studio, fumando sei pacchetti di sigarette, per
giunta della marca sbagliata. Loro riescono a far tutto e tu no.
Perché sì, sembra incredibile ma esistono degli stronzi di musicisti che hanno
anche il tempo di fare sport, curarsi, mangiare roba sana e che non fumano. Tu
dirai: “Va bè, però suonano da cani!”. No! Suonano anche da paura, e non puoi
nemmeno permetterti di schifarli, perché non se la tirano neanche un po', 'sti
cornuti. E come se non bastasse, le loro grupies sembrano uscite da un video degli
Aerosmith, mentre le tue, di grupies, sembrano GLI AEROSMITH.
Dulcis in fundo, loro hanno una donna che li adora e che li segue ovunque.
Stanno insieme dalle elementari, i loro figli sono biondi con gli occhi azzurri e
frequentano l'Università di Oxford, anche se hanno solo 5 anni.
Le tue donne, invece, ti hanno adorato e seguito ovunque per tre weekend di fila.
Poi si sono rotte di farsi 500 km per vederti suonare una mezz'oretta prima di
lasciare il palco al Dj, così, un giorno ti hanno detto: “Vai tu. Io ti aspetto a casa.”
Infine, una mattina alle 5 torni a casa da Rovigo. Loro ti aspettano sul divano con i
calzettoni e ti dicono: “Dobbiamo parlare”. Che tradotto significa: “Ti sto
lasciando perché tanto con te non andrò mai da nessuna parte.”
Cioè, non è che tutte le tue donne ti aspettano contemporaneamente, dandosi
appuntamento sul divano. Lo fanno una alla volta, su divani e in momenti diversi,
ma la scena più o meno è sempre la stessa. Soprattutto i calzettoni.
Un'altra domanda del cazzo che ti farà la gente, specie quando non ti incontra da
tanto, è questa:
“Ciao, come stai? SUONI ANCORA?”
Come se suonare fosse una di quelle cose che prima o poi smetti di fare, tipo
giocare a calcetto o farti le canne! Ma che cazzo!
Scusa, ho detto “cazzo” due volte nel giro di sei righe. Anzi, tre nel giro di sette,
per colpa di queste scuse del cazzo. Scusa. Ora sono quattro.
È una vitaccia.
Però dai, qualche soddisfazione te la togli.
Io, ad esempio, sono riuscito a vendere un mio cd a Vasco Rossi. Insomma, non
sono diventato ricco, ma almeno, una volta tanto è stato lui a darmi dei soldi,
dopo tutti quelli che gli ho dato io tra dischi, concerti e libri.
Ma non è questa la sede per parlarne. Forse un giorno te lo racconterò in “Come
convinsi Vasco (ed altre 99 persone) a produrmi un cd”.
Per non perderti questa irripetibile esperienza di vita e di genialità
imprenditoriale, ti consiglio, se non l'hai già fatto, di iscriverti alla newsletter,
andando sul sito kabizzarro.com. Sarai avvisato di tutte le Bizzarrate che mi
inventerò, tipo questa che stai leggendo ora.
Poi, ti dici: “Ok, visto che non sono morto, tanto vale andare avanti”. E allora,
novello Forrest Gump del “visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale
continuare”, a quel punto c'è bisogno che metti un po' la testa a posto, come dico
in una canzone scritta e prodotta con Antonello D'Urso e Vince Pastano,
chitarrista di Vasco e Carboni
(ascoltala su Youtube – Ka Bizzarro Feat. Pulp Dogs – “La testa a posto”).
Non puoi più trascinarti con orari assurdi, alzarti all'ora di pranzo con l'alito che sa
di disco di Gigi D'alessio intinto nel posacenere bagnato e spendere tutti i tuoi
risparmi in strumenti e abbonamento flat dal tuo pusher di fiducia.
È il momento di ottimizzare, di centrare il focus.
Innanzitutto, inversione di rotta: non sei riuscito a distruggerti e morire in 27 anni.
Vuol dire che sei forte. Allora può essere una mossa furba iniziare a preservare
corpo e mente, visto che sicuramente non andrai in pensione. Certo, neanche
Keith Richards è andato in pensione, ma la sua molto probabilmente è una scelta,
mentre tu non ci andrai perché se no finisci sotto a un ponte. Dopo aver imparato
a saper suonare, editare, photoshoppare, marketingizzare, bloggare, stirare e
ammirare, per te è giunta finalmente l'ora di apprendere come dominare i due
strumenti più importanti della tua vita:
1) Lo Zen
2) La tua autodisciplina
Lo ZEN
Molti musicisti sono già ZEN inside. A dire il vero, tutti nasciamo ZEN, guarda i
bambini: i bambini sono Zen fino ai tre anni. Poi tutto va a puttane.
Ma fino a tre anni i bambini hanno ogni singolo recettore del corpo che va a palla,
sono allo stesso tempo focalizzati e sfocati. Sono concentratissimi in tutto quello
che fanno, ma hanno sempre coscienza di qualsiasi cosa accada intorno, pronti a
cambiare focus da un istante all'altro. Questo li rende potentissimi.
Sanno quello che vogliono, non si arrendono mai, cadono mille volte, ma alla fine
imparano a camminare, non giudicano, se hanno bisogno chiedono, non sanno
cosa sia la vergogna e soprattutto non si fanno seghe mentali.
Lo Zen è importante per un musicista. Perché il musicista, di solito, è Zen solo
quando sta suonando. Ma se non lo è tutto il tempo, è un casino. Perché il resto
delle ore di una giornata di un musicista può essere di una noia mortale. La vita
del musicista è piena di attese e di tempi morti.
L'attesa di suonare, l'attesa del proprio turno in studio, l'attesa che chi sta al mixer
faccia i suoi ciappini, l'attesa che il fonico di palco microfoni tutto. L'attesa che
esca il suo nuovo disco. L'attesa che ti consegnino i master, le copertine, gli
assegni Siae, l'attesa in fila per il bagno dei camerini, soprattutto se la tua band è
formata da 15 elementi, di cui la metà donne.
L'attesa è frustrante. Tempi morti come se piovesse. Hai il tempo di pensare. E tu
mi insegni che quando pensi troppo fai dei danni.
Grazie allo Zen, puoi evitare di cavarti di proposito una costola e strapparti i
coglioni a morsi per non sentire quell'ansia che ti si infila nel sedere appena hai un
tempo morto.
Lo Zen ti salverà dall'invidia che sicuramente proverai e che non potrai mai
dimostrare alla luce del sole, perché il musicista deve saper essere molto
diplomatico...e parlare male dei colleghi è politicamente scorretto.
Lo Zen ti salverà da quella vocina dentro di te che ti dirà che sei una gran testa di
cazzo, visto che hai passato una vita ad infamare i cantanti che escono fuori da
programmi tipo “Amici” e adesso fai il turnista per una cantante che è uscita da un
programma tipo “Amici”. E tra l'altro neanche ti paga bene, perché con lei
almeno vai ai Voghera Music Awards e ti fai conoscere.
Lo Zen ti salverà da quella vocina che ti dirà che i proprietari dei locali sono degli
stronzi, non capiscono niente di musica, ma vogliono solo che gli porti la gente.
Quella stessa vocina idiota che ti dirà che tu non sei un PR e che per 50 euro è già
tanto se suoni. Magari lo Zen ti farà capire che se oltre ad imparare a suonare ti
fossi impegnato anche un pochino come PR, non saresti stato tu a chiedere di
suonare per farti dare 50 euro, ma ti avrebbero chiamato i proprietari dei locali
per offrirtene molti di più.
Lo Zen ti aiuterà a rispondere gentilmente a domande che altrimenti ti
sembrerebbero offensive, come la famosa: “Suoni ancora?”, o devastanti come la
sempreverde: “Come mai la tua chitarra ha solo 4 corde?”. I bassisti mi
capiranno.
Oppure a non rompere in testa il microfono al genio che dirà: “I cantanti non
fanno fatica! Si devono portare solo il microfono! I batteristi sono quelli che si
fanno davvero il mazzo nella band!”.
Purtroppo il genio non sa che, dato che il cantante ha solo il microfono da
portarsi, gli altri elementi della band lo usano come roadie per scaricare gli
strumenti di tutti.
Allora, grazie allo Zen, tu sorriderai e andrai oltre, perché non puoi prendertela
con qualcuno che non sa.
Lo Zen ti aiuterà a non rompere a testate il Mac, dopo che hai lavorato 4 ore sulle
tracce di Garage Band, non hai backuppato una sega e, in seguito ad una TUA
cappella, hai perso tutto e te la prendi con Dio, la Apple, Steve Jobs (che per i
Macchisti sono la stessa persona di una Sacra Entità Una e Trina) e con Bill
Gates. Infatti, se lavori su Mac è anche a causa del fatto che Windows ti fa
ribrezzo, quindi Bill ha la sua buona dose di Bad Karma in tutta questa faccenda.
Lo Zen ti aiuterà a capire perché le donne ti mollano. Pensaci. Sarà stronza la
prima, sarà stronza la seconda, ma alla fine le opzioni sono queste: o sono tutte
stronze - e allora, che cazzo, diventa un monaco-musicista - oppure sei stato un po'
chiavica anche tu.
N.B. Ribadisco quello che ho detto nella “premessina”: parlo al maschile per
comodità, ma quello che dico vale anche per le donne musiciste o aspiranti tali.
Lo Zen ti aiuterà a non perdere di vista il vero motivo per cui suoni. O.K.
d'accordo, vanno bene gli obiettivi, i soldi, le dimostrazioni di stima, l'ego da
soddisfare, ma tu suoni soprattutto per un motivo: ti piace farlo. Altrimenti hanno
ragione quelli che ti chiedono: “Ma tu suoni ancora?”. Ci si aspetta che prima o
poi tu ti rompa i coglioni e che molli tutto.
Se non hai ben capito cos'è lo Zen e vuoi saperne di più, ma soprattutto se vuoi
essere Zen con tutto il cuore, tieniti aggiornato iscrivendoti alla mia newsletter
perché in tarda primavera uscirà nelle librerie un mio libro sullo Zen, dal titolo
“MaVaffanGuru”, edito dai quei gran fighi di Tlon.
Se inizi ad avere il sospetto che questo libercolo elettronico sia solo una subdola,
ma nonostante tutto intelligente trovata per pubblicizzare mie produzioni passate e
future o non ben precisate sessioni di personal coaching, i casi sono due: o sei
paranoico o sei più intelligente della media degli italiani.
Nel primo caso, hai bisogno di uno psichiatra e non di me. Nel secondo caso, sai
già che in fondo al libro troverai i miei contatti. Usali senza remore, anche se
invece di una dritta vuoi solo insultarmi.
L'AUTODISCIPLINA
L'autodisciplina, come lo Zen, è fondamentale per tutti, non solo per i musicisti.
Un comune modo di concepire l'autodisciplina è quello di associarla a persone
noiose e senza fantasia, che fanno una vita di sacrifici e rinunce, peggio delle
suore. Sbagliato!
Un altro schema mentale che abbiamo sull'argomento è che l'autodisciplina è
qualcosa che hai o che non hai. Sbagliatissimo.
L'autodisciplina non è una caratteristica che si ha per diritto di nascita.
Più che altro è uno strumento, che usi o che non usi. E come tutti gli strumenti,
più lo usi, meglio impari ad usarlo.
L'argomento è molto vasto, cercherò di sintetizzarlo, perché altrimenti sforo i
trenta minuti che ti ho promesso.
1)Quando si parla di autodisciplina, dobbiamo prima di tutto studiare il
NEMICO. Il nemico in questo caso SEI TU, sotto le sembianze di una
vocina che ti parla, anche se non te ne accorgi, impedendoti di fare quello che
devi fare.
2) Chiameremo per convenzione questa vocina ORSO YOGHI.
Perché? Così, è facile da ricordare.
3) L' ORSO YOGHI è la parte più figa di te, la tua parte bambina, che però ha
un difetto: se non ha voglia di fare una cosa, come un bimbo, inizia a fare i
capricci e prova tutte le tattiche per distrarti da quell'obiettivo o per
convincerti che non servirà, che ti annoierai, che non sarai capace, che fallirai,
o semplicemente cambierà argomento con pensieri tipo: “Che ne pensi di
farlo dopo e prima ci facciamo mezzo chilo di cioccolata in due?
4) L'ORSO YOGHI ti frega perché questo dialogo tra te che vuoi pulire il tuo
studio o alzarti presto per andare a correre e lui che non ha nessunissima
intenzione di farlo, avviene a livello sub-conscio. In pratica, tu non te ne
accorgi. Non lo senti mentre ti parla.
5) Non devi cercare di sconfiggerlo, ma solo convincerlo a collaborare,
6) Il primo passo per neutralizzare gli argomenti dell'ORSO YOGHI è
accorgerti quando ti sta parlando. Prova: ora lascia il libro e imponiti di
andare a correre 10 minuti fuori. Non lo farai: perché? Quali motivazioni ti
stai dando? Qualsiasi esse siano, le sta trovando lui, non tu. Il fatto che tu te
ne sia accorto, ti spiana la strada verso una trattativa, mentre prima era lui che
comandava, proprio perché, invece di partecipare a un dialogo, in realtà stavi
subendo un SUO monologo.
P.s. Se invece, ci sei riuscito (cioè sei andato a correre appena te lo sei
imposto), è plausibile che tu l'abbia fatto solo per smentirmi, quindi sei molto
autodisciplinato come scassacazzi, il che non ha molto credito nel mercato
dell'auto-disciplina.
7) Quando finalmente potrai davvero “sentire” le argomentazioni dell'ORSO
YOGHI, giocherete ad armi pari e potrai provare a convincerlo con la tua
dialettica sopraffina.
Ad esempio, se devi preparare il tuo curriculum e ti accorgi che lui ti dice che è
inutile, che non serve, che è meglio guardare le email, poi Facebook e dopo
scrivere degli insulti sotto l'ultimo video di Rovazzi, tu puoi convincerlo a scrivere
subito il curriculum, promettendogli che subito dopo aver finito potrete scrivere
degli insulti sotto tutti i video di Rovazzi, non solo sotto l'ultimo. Si chiama
gentlemen's agreement!
Se vuoi approfondire anche questo argomento, scrivimi. Se riuscirò a convincere
il MIO ORSO YOGHI, ti risponderò.
Anche io ho tante domande da farti. Parlami di te.
- Cosa suoni?
- Fai solo cover o anche brani scritti da te?
- Produci i tuoi pezzi, o almeno realizzi dei provini con l'home recording?
- Come te la cavi con l'editing audio, video e di immagini? E con
l'arrangiamento?
- Sfrutti le potenzialità dei social? E non mi dire che per te “sfruttare le
potenzialità dei social” significa spammare la tua pagina e quelle degli altri col
tuo ultimo video, non puoi essere così ingenuo!
- Hai pensato a dei modi di monetizzare diversi rispetto alla vendita dei tuoi
brani e ai concerti? Non dirmi che sei così ingenuo da pensare che coi dischi
e coi concerti si monetizza seriamente. E poi i posti come giudice nei talent
sono già occupati dai cantanti che guadagnavano negli anni '90 e adesso no.
Quindi elimina dalla tua lista quel part-time per monetizzare. Sai con quante
copie vendute ti danno il Disco D'oro? 25.000 copie. Sai quanto guadagna
l'artista o il gruppo su quelle 25.000 copie? Intorno agli 8.000 euro, lordi, se
va bene. Guadagna di più un operaio.
- Come dovrebbe essere per te un canale youtube figo? Sai cos'è Youtube, sì?
Sai che sta per diventare praticamente inutile?
- Hai qualcosa che ti renda riconoscibile? Soprattutto i difetti. Punta su quelli!
- Cosa pensi di dare agli altri suonando? So che risponderai “Emozioni”. Come
si fa a creare davvero delle emozioni? Come fa la gente ad emozionarsi con la
tua musica se non sa neanche che esisti? E se invece di provare a dare
emozioni, provassi a risolvere un problema o a rispondere ad un bisogno?
Davvero, mi piacerebbe che tu rispondessi, se sei un musicista o vuoi diventarlo.
Se non lo sei, mi piacerebbe sapere il tuo parere da “profano” su come secondo
te oggi funziona il mondo della musica, magari ne hai capito molto di più di tanti
musici che si ostinano a vivere come se fossero negli anni ottanta. E poi,
diciamocelo, sì parlo proprio a te che NON SEI MUSICISTA:
Qui abbiamo scherzato, ma non pensi che un modo nuovo di affrontare le cose
serva a tutti, qualsiasi lavoro essi facciano o vogliano fare?
Se la risposta è sì, allora Ka Bizzarro VUOLE TE!