Zibaldone - GianMarco Dosselli Scrittore

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Zibaldone - GianMarco Dosselli Scrittore
Zibaldone
Un giorno il pittore GEORGES MATHIEU ricevette la visita di un giovane che non sapeva
decidere quale strada prendere, se quella della pittura o quella della letteratura. Il ragazzo aveva
portato con sé qualcuno dei suoi quadri per sottoporli al giudizio del maestro, e questi, dopo averli
esaminati, gli disse: “Lasciate stare la pittura e datevi alla letteratura!”. “Potete dirmi la ragione
di questo consiglio?”, domandò il giovane. “La carta costa meno delle tele!”
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Il romanziere francese MARCEL PROUST era famoso per la generosità delle sue mance. Un
giorno egli si fermò davanti al portiere di un grande albergo di Parigi, che lo conosceva bene, e gli
disse: “Potete prestarmi cinquanta franchi?”. “Ma certo, Signore! Teneteveli: sono per voi!”,
rispose l’altro.
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Un giorno, a Bologna, GIOSUÈ CARDUCCI passeggiava assieme all’amico GANDINO, il
celebre latinista, quando incontrarono un contadino che stava girando e rigirando tra le mani una
lettera. “Scusino, sanno leggere loro?”, chiese alla fine, porgendo la lettera ai due professori.
CARDUCCI prese la lettera, quasi illeggibile per gli errori d’ortografia e per grafia orribile e, dopo
averla scorsa alla meglio, la restituì al vecchio contadino, spiegandogliene il contenuto; ma questi
non ne rimase soddisfatto, e quando CARDUCCI ebbe finito, disse severamente: “Potevano ben
dirmi che non sanno leggere nemmeno loro! Non è una vergogna! Anche io non so leggere, e lo
dico!”
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La figlia di TAMBERLICK, il grande tenore italiano, era una bella fanciulla, che però ebbe la
sventura di diventare del tutto cieca. Il padre la fece visitare da tutti i migliori oculisti europei, ma
inutilmente. Una volta, trovandosi a Pietroburgo a cantare, un giovane dottore gli chiese di poter
visitare la fanciulla; prese a curarla e in cinque mesi la guarì. Presto la simpatia dei due giovani si
cambiò in amore, e quando TAMBERLICK chiese al medico che cosa gli dovesse per quelle cure
miracolose, si sentì rispondere: “La mano di vostra figlia.”
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RAOUL DUFY, il grande pittore francese che negli ultimi anni di vita rimase semiparalizzato alle
mani, disse in punto di morte: “Non m’importa di andarmene, purché il buon Dio mi renda le mie
mani di pittore!”
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Un giorno, alcuni amici chiesero a PIERRE DANINOS, l’autore de “Il carnet del maggiore
Thompson”, a cosa attribuiva il successo del suo libro. “Quando d’estate piove, i villeggianti
leggono di più. Io attribuisco il successo del maggiore Thompson al fatto che l’estate del 1954 è
stata una delle più piovose della storia!”, ammise il celebre scrittore.
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Quando GIORGIO IV salì sul trono d’Inghilterra, un Lord, secondo un’antica tradizione, gli
porse voti di longevità dicendo: “Noi tutti ci auguriamo che Vostra Maestà regni tanto a lungo
quanto brillerà il sole sul vostro Paese.” “E i miei successori, allora? Dovranno, forse, regnare
alla luce delle candele?” , domandò il re.
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Un giorno, un impresario, al quale la celebre attrice SARH BERNHADT stava facendo una
scenataccia, le disse: “Vi prego, cara signora, rientrate in voi!” “Impossibile! Qui non c’è più
posto!”, gridò l’attrice, che era estremamente magra.
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Durante un viaggio in treno, GIOACCHINO ROSSINI, il cigno di Pesaro, si trovò in compagnia
del romanziere francese DUMAS, che gli disse: “Che rumore infernale fa questo treno! Non vi
disturba?” “Dopo avere udito il frastuono ed i fischi del pubblico a certe mie opere, tutto mi
sembra soave!”, rispose il musicista.
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Quando GIUSEPPE VERDI era un ragazzo, tutti lo amavano nel suo villaggio natale di Roncole di
Busseto. E tutti, notando la sua viva intelligenza e la sua disposizione musicale, facevano gara per
fornirgli i mezzi per farsi strada. Il buon canonico, PIETRO SELLETTI, però, avrebbe voluto fare
di lui un prete e cercava di dissuaderlo dallo studio della musica. “Non capisco che gusto ci sia a
studiare musica?”, gli diceva. Ma un giorno, l’organista s’ammalò e GIUSEPPE lo sostituì.
Quando lo udì suonare, il canonico cambiò opinione e gli disse: “Figlio mio, studia pure musica!”
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Un tale che era stato eletto ad una certa carica importante ad Atene, chiese al filosofo
DEMONATTE come dovesse comportarsi. “Parla poco e fai molto.”, fu la risposta.
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Quando venne chiesto a LICURGO perché non voleva che Sparta venisse cinta da mura, il
grande legislatore rispose: “Per difendere la nostra città, un muro di uomini eroici è più valido di
un muro di pietre.”
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Durante un banchetto, un oratore notò un gesto di RENAN, lo scrittore francese autore de “Vita
di Gesù”. “Certo, Maestro! Vi cedo volentieri la parola. Che cosa volete dirci?” Al che lo scrittore
gli rispose: “Mi avete frainteso: io volevo solo prendere la saliera.”
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Lo scrittore francese GRESSET, autore della commedia “Il Cattivo”, aveva pubblicamente
dichiarato che J.J. ROUSSEAU era un orso. Dopo qualche tempo, di passaggio da Amiens, il
grande filosofo di Ginevra andò a fare visita al suo denigratore e, dopo un’ora di conversazione che
era stata quasi completamente monopolizzata da GRESSET, ROSSEAU, congedandosi, gli disse:
“Sarete d’accordo con me, Signore, che è meno facile far parlare un orso che non un pappagallo!”
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Ad un generale che gli consigliava di attaccare di notte l’esercito di DARIO, ALESSANDRO
MAGNO replicò: “Io non rubo le mie vittorie.”
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Nei suoi ultimi anni di vita, lo scrittore FRANCOIS MAURIAC era diventato celebre per la sua
spietata vivacità polemica e per la causticità con la quale attaccava tutti coloro che non
condividevano le sue opinioni politiche. Nonostante tutto, però, quando un tale gli chiese quale
fosse, secondo lui, il dono di natura che amava di più, egli rispose: “La bontà”.
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Quando morì LUIGI XV, il futuro delfino LUIGI XVI aveva solo vent’anni, mentre diciannove
anni aveva sua moglie MARIA ANTONIETTA. Si racconta che quando le fu data notizia della
morte del re, la donna mormorasse sgomenta: “Mio Dio, non siamo ancora troppo giovani per
regnare!”
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Nel 1904, JACQUES INAUDI, il prodigioso calcolatore francese d’origine italiana, famoso per
la rapidità con la quale eseguiva a memoria i calcoli più complessi, venne chiamato negli Stati
Uniti, dove fu invitato a gareggiare con sei macchine calcolatrici ultimo modello, sulle quali ebbe la
meglio. Alle congratulazioni dei presenti, lo straordinario personaggio si schermì umilmente
ammettendo: “Non c’è nulla di eccezionale in ciò che faccio. È solo che il mio cervello incomincia
a fare i calcoli quando le macchine stanno ancora registrando i dati del problema.”
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“Se fossi immortale, inventerei la morte solo per avere il piacere di vivere.”, diceva lo scrittore
francese J. RICHEPIN.
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Visitando il palazzo reale di Parigi, lo zar ALESSANDRO I, vide il Salotto della Pace e
commentò: “Non capisco a che cosa servisse questo salotto a Napoleone!”
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Ad un tale che in un salotto gli chiedeva se fosse stato lui a inventare la machina parlante, ossia il
fonografo, EDISON rispose: “Oh, no! Era stata già inventata nell’Eden.”
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Ad un cliente che affermava di non sapere come esprimere la sua riconoscenza per aver vinto una
causa, il grande avvocato francese, FLORIOT, disse sorridendo: “Amico mio, da quando i Fenici
hanno inventato la moneta, questi problemi sono superati!”
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EMILIO TREVES, fondatore de “L’illustrazione italiana” era da molti considerato un avaro.
Una volta, un pittore gli consegnò un disegno per una pagina della rivista: era un paesaggio
alpestre, con stupendi picchi e precipizi che occupavano metà del foglio; mentre l’altra metà era
tutto cielo, un cielo terso, senza una nuvola. TREVES lo esaminò, poi disse al pittore: “Il disegno
è bello, ma io te lo pago la metà: i monti valgono, ma questo cielo vuoto…!” Notando che il pittore
si inalberava, gli concesse l’intero compenso.
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LUIGI ARNALDO VASSALLO, noto con lo pseudonimo di Gandolin, diresse per molti anni il
quotidiano genovese“Il Secolo XIX”. Una volta gli giunse un pessimo articolo di un amico
deputato, il quale lo pregava di pubblicarlo integralmente, dopo aver sistemato la punteggiatura.
Non potendo rifiutarsi, Gandolin pubblicò l’articolo, e il giorno dopo scrisse all’amico: “Come vedi,
ti abbiamo accontentato, ma ti sarò sinceramente grato se la prossima volta ci invierai soltanto la
punteggiatura. L’articolo lo scriviamo noi.”
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Lo scrittore, CARLO MASCARETTI, era andato a fare un viaggio a Parigi, dove incontrò un
amico, che gli chiese: “Quanto tempo ti fermerai ancora?”. Lo scrittore, che era sempre a corto di
quattrini, rispose: “Milleduecento lire…”
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POTEMKIN, il nuovo favorito dell’Imperatrice di Russia, CATERINA II, saliva un giorno il
monumentale scalone del palazzo reale quando incontrò il conte ORLOV (vecchio favorito) che
stava scendendo. “Niente di nuovo?”. “Niente di speciale. Tranne il fatto che io sto scendendo e
voi salendo!”, rispose ORLOV.
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Il pittore greco, PROTOGENE, stava dipingendo il famoso quadro di Ialiso e si disperava di non
poter rappresentare, come avrebbe voluto, la schiuma che usciva dall’ira, lanciò contro la prima
cosa che vide (ossia il quadro) la spugna sopra la quale egli asciugava i pennelli. Volle il caso che
colpisse proprio la bocca dell’animale, e i colori di cui l’umida spugna era intrisa si disposero sulla
tela formando una magnifica spuma che l’arte più consumata non avrebbe mai potuto fare. Quando
il suo rivale, APELLE, vide il quadro dell’avversario, restò a bocca aperta ed esclamò:
“Capolavoro che passa ogni sforzo umano; io t’ammiro! Non ti manca che quel non so che di
gentile che io soglio mettere in ogni mio quadro!”.
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Mentre DEMETRIO, figlio di ANTIGONO, assediava la città di Rodi, PROTOGENE, senza
scomporsi per nulla dalle sue abitudini, continuava a lavorare tranquillamente nel suo studio, che
era fuori dalle mura della città. DEMETRIO, avendolo saputo, fece venire PROTOGENE davanti
a sé e gli domandò come poteva continuare a lavorare tranquillamente in mezzo al tumulto delle
armi. “Perché io so che Demetrio fa la guerra ai Rodioti e non alle arti!”
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Una mattina, lo scrittore DUMAS padre ricevette la visita di un campagnolo, suo amico, famoso
per la scarsa pulizia della sua persona. “Posso buttare qua il mio cappotto?”, gli chiese l’amico,
lanciando, in apri tempo, l’indumento sporco e infangato su un bel divano di damasco. “Sì, ma
adesso il divano dove lo butto?”, risponde lo scrittore.
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Il Maresciallo di Francia, LUIGI duca di Noailles, era in molta familiarità col suo sovrano
LUIGI XV e poteva pertanto permettersi, all’occasione, qualche risposta audace, oltre che franca.
Un giorno, il Re diceva che i Fermieri Generali, ossia i terribili esattori di Stato, tanto odiati da tutti
per la loro avida fiscalità nel riscuotere le imposte, erano tuttavia necessari al paese come le travi
per il tetto. E concludeva, alzando il dito:”Sono essi che sostengono la Francia!”. “Sì, come la
corda sostiene l’impiccato!”, rispose il duca.
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Nel conclave che si concluse, poi, con l’elezione a Pontefice del cardinale GANGANELLI, i
candidati papabili erano dodici, e, tra gli altri, ce n’era uno che chiamava SACRIPANTI. LUIGI
XV, volendo conoscere la lista dei nomi, incaricò il duca di Noailles di procurargliela. Quando il
duca ritornò con la lista, il Re lo pregò di leggergliela. I nomi che lesse il duca erano appena undici!
“Il dodicesimo nome?”, chiese il sovrano. “Non c’è nessun altro!”, gli conferma il duca.
“Impossibile! Dammi la lista!”, ribatté il Re. Avuto che ebbe l’elenco, esclamò: “Non hai letto
proprio il nome che è in testa alla lista:SACRIPANTI!”. “Oh, sire, mi scusi! Avevo creduto che
SACRIPANTI fosse il titolo che spetta ai Cardinali!”
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Il compositore HAIDN confessò, un giorno, al suo parroco, con aria contrita, che una volta aveva
portato fuori qualcosa dalla chiesa, e lo considerava un peccato imperdonabile. “Sciocchezze! Basta
restituirla!”, lo consolò, gentilmente, il prete. “Grazie, padre. Lo farò.”, esclamò il compositore,
illuminandosi tutto. S’allontanò di corsa e tornò poco dopo portando con sé la sua bisbetica moglie.
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DUMAS padre, che aveva una bella calligrafia, incominciò la sua carriera in qualità di impiegato
aggiunto nell’ufficio del duca d’Orleans, grazie alla raccomandazione del generale FOY, che lo
presentò al duca con queste parole: “Io supplico Monsignore di accordare il titolo di scrivano a
questo giovane che possiede una bella grafia e che, al tempo stesso, non manca d’intelligenza.”
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Dopo avergli pagato diecimila dollari per un quadro, una ricca signora americana chiese a
PICASSO: “Volete spiegarmi, per cortesia, che cosa rappresenta questa vostra opera?”. “Per voi
un PICASSO e per me diecimila dollari!”, rispose il celebre pittore.
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Un giorno, LUIGI XIV, disse a MOLIERE: “Ho saputo che avete un nuovo medico. Che vi fa di
buono?”. “Mi ordina delle medicine. Io non le prendo, e così guarisco!”, rispose il
commediografo.
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Fra lo scultore GIUSEPPE GRANDI e il pittore TRANQUILLO CREMONA si accendevano
sovente vivaci discussioni, perché ciascuno di essi voleva convincere l’altro della superiorità della
propria arte. “Puoi dire quello che vuoi, ma tu, ritraendo di faccia una bella donna in abito da
ballo, non potrai mai far ammirare al pubblico la sua magnifica schiena!”, insisteva una volta lo
scultore. “E tu, prova un po’ a scolpire sul marmo un incantevole chiaro di luna!”, replicò il pittore,
ridendo ironicamente.
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“Non darti d’attorno per prevenire i guai! Se te ne stai tranquillo, nove volte su dieci qualcuno li
intercetterà prima che ti raggiungono.”, amava ripetere CALVIN COOLIDGE quando
era Presidente degli Stati Uniti.
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Nella Camera dei Lord inglese, di solito molto tranquilla, si accese un animato dibattito sulla
questione se i nuovi lord dovessero inchinarsi tre volte come avevano fatto fin dal 1621, o se invece
bastasse una volta sola. Con una votazione di 106 contro 31, venne deciso di mantenere il triplice
inchino. “Quando tocchiamo il cerimoniale è certo che disturbiamo un intero esercito di
fantasmi!”, dichiarò lord CUDLIPP.
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BOURVIL, il popolare comico francese, raccontava: “Ho cominciato la mia carriera in un
cabaret, Chez Carrère. Poiché non c’erano camerini, mi cambiavo nella toilette e restavo là finché
veniva il momento di andare in scena. Una sera entrò una cliente, fece quel che doveva fare e al
momento di uscire, vedendomi seduto accanto a un tavolino, depose una moneta nel piatto che era
sul tavolo. Le risposi <Grazie, madame>. Non volevo darle l’impressione che il personale del
locale fosse scortese. Qualche minuto dopo, la signora mi vide in scena e la sentii sussurrare alla
vicina <Quel ragazzo fa tutto lui, qui dentro!>”.
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Massime e pensieri
Fingere di ignorare ciò che si sa benissimo, e di sapere ciò che s’ignora; fingere di capire
ciò che non si capisce, e di non capire ciò che si capisce assai bene; fingere di essere
potenti al di là delle proprie forze; avere spesso da nascondere questo gran segreto, che
non c’è nessun segreto da nascondere; sembrare profondi quando si è vuoti; darsi bene o
male le arie di un personaggio importante; diffondere delle spie e stipendiare dei traditori;
cercar di nobilitare la povertà dei mezzi con l’importanza dei fini: ecco che cos’è la politica.
(Beaumarchais)
L’uomo non sa di vivere, non pensa, non ragiona, non calcola, se non perché sente; non
sente continuamente, se non perché immagina; e non può né sentire né immaginare
senza passioni, illusioni ed errori. (U. Foscolo)
Il signor Zero, non volendo andar nudo, s’è vestito di vanità. (V. Hugo)
Il momento solo appartiene all’uomo, nel momento solo vive. Perciò egli compra al caro
prezzo del futuro la rapida fuggevole gioia del momento. (A. Von Chamisso)
Una sigaretta è il tipo perfetto d’un piacere perfetto. È squisita, e ci lascia insoddisfatti. Che
si vuole di più? (Oscar Wilde)
È addirittura funesto nel matrimonio, se ciascuno dei due si mette ad aspettare,
speranzoso, che l’altro debba farlo felice: può così facilmente risultarne che entrambi
aspettino soli e infelici. (O. Wildermuth)
Si dice talvolta dei critici che non leggono da capo a fondo i libri sui quali debbono
discorrere. Non li leggono da capo a fondo. Per sapere la specie e la qualità di un vino non
occorre bere tutta la botte. (Oscar Wilde)
Il destino dell’amore, di questa tragica passione, dipende da una piccolissima piega del
viso: nasce da un sorriso, si culla in una fossetta, muore di una ruga. (P. Masson)
Niente può nascere dal niente, niente può finire in niente. (Persio)
Che dice Quinapalus? “Meglio uno sciocco spiritoso che uno spiritoso sciocco”.
(Shakespeare)
Si può dir quella essere vera arte che non appare esser arte; né più in altro si ha da poner
studio che nel nasconderla. (B. Castiglione)
Né coloro che amano la verità né coloro che amano la bellezza possono occuparsi di
politica, poiché questa a sua volta non si occupa né della bellezza né della verità. (Barbey
D’Aurevilly)
Il malvagio ha due maniere di nuocere: facendo il male e facendo il bene. (J. Roux)
Il musicista compone un’aria mettendo insieme delle note in certe date relazioni; il poeta
compone una poesia mettendo insieme in bell’ordine pensieri e parole; e il pittore un
quadro mettendo in bell’ordine pensieri, forme e colori. (Ruskin)
È men male l’agitarsi nel dubbio, che il riposar nell’errore. (A. Manzoni)
Chi tira al sole di mezzogiorno, benché certo che non coglierà mai il segno, è certo tuttavia
che coglierà più in alto di chi mira a un cespuglio. (P. Sidney)
L’arte ha i suoi limiti, ma l’immaginazione non ne ha. (Joshua Reynolds)
Da un male non può mai derivare qualcosa di buono. (Seneca)
La poca felicità che ne è dato sperare sulla terra, consiste nella certezza di aver fatto il
maggior bene e il minor male possibile al cuore dei nostri amici. (U. Foscolo)
Le passioni veementi sono le meteore tempestose del genere umano; possono agitarlo,
scaldarlo e talvolta nobilitarlo; ma le sciocche e laide abitudini sono le corruzioni della
nostra natura. (U. Foscolo)
La maggior parte degli uomini non vede nel matrimonio se non un avvenimento di più nella
vita, e non pensa che si tratta dell’avvenimento di tutta la vita. (A. De La Tour Chambly)
Accusar gli altri delle proprie disgrazie è conseguenza della nostra ignoranza; accusare sé
stessi è cominciare a capire; non accusare né gli altri né sé stessi, questa è la vera
sapienza. (Epitteto)
L’eccesso dei guai rende muti. (U. Foscolo)
Di rado presso la luce pensiamo alla tenebra, presso la felicità alla miseria, presso la
soddisfazione al dolore; ma sempre viceversa. (Immanuel Kant)
Domandato un tale qual cosa al mondo fosse più rara, rispose: “Quello che è di tutti, cioè il
senso comune”. (G. Leopardi)
Bisogna esser buoni non per gli altri, ma per stare in pace con sé stessi. (A. Tournier)
Noi diffidiamo degli amici per i loro difetti, e dei nemici per i loro meriti. (C. Chincholle)
La perpetua gioventù sta nelle fontane, non nei fiaschi, nelle botti e nelle cantine.
(Longfellow)
Indugiare vuol dire cominciare a dimenticare, differire è quasi sempre abolire. (Anonimo)
Senza essere assolutamente indispensabile, la critica risponde in certa misura ai bisogni
di tre classi di cittadini: i lettori ai quali fornisce qualche informazione; gli autori ai quali fa
un po’ di pubblicità; i critici ai quali fornisce materia per un articolo. Così considerata la
professione di critico è se non di prima utilità per lo meno rispettabile. Il ridicolo comincia
per i critici quando di questo mestiere vogliono fare un sacerdozio. (Fernand Vanderem)
Suol dirsi che la più bella donna del mondo non può dar che ciò che possiede. È
falsissimo: ella dà precisamente quel che altri crede di poter ricevere da lei, perché in
queste cose è l’immaginazione che dà il valore a ciò che si riceve. (Chamfort)
La barba non fa il filosofo. (Proverbio latino)
Le cose future sono tanto fallaci e sottoposte a tanti accidenti, che il più delle volte coloro
ancora che sono bene savi se ne ingannano. Però lasciare uno bene presente per paura di
uno male futuro è il più delle volte pazzia. (F. Guicciardini)
Un uomo non dovrebbe mai vergognarsi di riconoscere che ha avuto torto, che è come
dire, in altre parole, ch’egli oggi è più saggio di quel che fu ieri. (Swift)
Possiamo leggere l’avvenire, guardando il passato. (Rotrou)
Chi è buono in famiglia, è anche buon cittadino. (Sofocle)
Gli uomini hanno la pietra di paragone per saggiare l’oro; ma l’oro è la pietra di paragone
per saggiare gli uomini. (T. Fuller)
Due pietre preziose, l’una falsa e l’altra buona, sono difficili da distinguere: la fermezza e
l’ostinazione. (J. G. Kohl)
Il debito è il padre d’una numerosa figliuolanza di follie e di delitti. (Disraeli)
Un secolo appena basta a formare uno Stato; un’ora può mandarlo in polvere. (Lord
Byron)
Di tutte le cose che Dio ha fatto, il cuore umano è quello che manda più luce e, ohimè, più
tenebre. (V. Hugo)
Ottimo condimento del cibo la fame. (Cicerone)
La necessità è la madre delle arti, ma anche la nonna dei vizi. (J. Paul Richter)
Se la vostra scarpa è slacciata, guardatevi bene dal chinarvi ad allacciarla mentre
attraversate un giardino di meloni: quelli che vi vedono potrebbero fraintendervi.
(Proverbio giapponese)
La virtù vuol essere fine a se stessa; e se qualcuno assume la sua maschera per qualche
altro motivo, essa gliela strappa subito dal viso. (Montaigne)
È cosa che fa pensare, che coloro che non hanno avuto un Dio durante la vita, ne vogliono
uno alla loro morte. (Abbé Sergé)
In tanta mutazione di cose umane solo la morte è sicura; eppure tutti si lamentano della
sola cosa che non inganna nessuno. (Seneca)
Il lavoro addolcisce in ogni tempo la vita; ma non a tutti piacciono i dolciumi. (R. Hugo)
La necessità è la scusa per ogni violazione della libertà umana. È l’argomento al quale
ricorrono i tiranni; è il credo degli schiavi. (W. Pitt)
Bisogna istruire la giovinezza ridendo, riprendere i suoi difetti con dolcezza e non
spaventarla col nome della virtù. (Moliere)
Quanti avrai servi, tanti avrai nemici. (Seneca)
Noi abbiamo bisogno d’incolpar sempre qualcuno dei nostri danni e delle nostre sciagure.
(L. Pirandello)
La notte non è se non la notte del mondo; il male è la notte dell’anima. (V. Hugo)
Il disprezzo del denaro è assai frequente, specialmente da parte di coloro che non lo
hanno. Diciamo le cose come stanno: è bello avere del denaro anzitutto per gli agi che
procura, e più ancora per l’impressione di sicurezza con cui ci libera da ogni imbarazzo e
ci tranquillizza. (George Courteline)
Tristo è colui che si fa censore severo di qualche difetto dei suoi genitori. E dove
cominceremo noi ad esercitare la carità, se la ricusiamo a un padre e a una madre?
Erigere per rispettarli che siano senza difetto, che siano la perfezione dell’umanità, è
superbia e ingiustizia. (S. Pellico)
Sparta, la domatrice degli uomini, e Roma, la regina del mondo, educavano dalla culla il
guerriero e il cittadino: perciò ebbero popoli di cittadini e di guerrieri. Noi che vediamo nei
bimbi i vezzosi e i gaudenti, abbiamo plebaglie di gaudenti e di vezzosi. (I. Nievo)
Nessuno può immaginare cosa che per chi governa sia più decorosa della clemenza.
(Seneca)
Ciò che uno per se stesso è, ciò che lo accompagna nella sua solitudine e che nessuno gli
può dare o togliere, è manifestatamene per lui più essenziale che tutto quello che può
possedere o anche possa essere agli occhi degli altri. (Schopenhauer)
La natura degli uomini superbi e vili è nelle prosperità essere insolenti, e nelle avversità
abbietti e umili. (Macchiavelli)
Il grande educatore: il tempo. (Burke)
Come si può imparare a conoscere sé stesso? Non mai con le riflessioni, ma sforzandoti e
tentando di fare il tuo dovere, saprai subito che pensar di te. (Johann Wolfgang Goethe)
Se nel tempo della passione siamo tentati di chiamare nostro bene ciò che si oppone al
bene altrui, all’ordine, non possiamo però persuadercene; la coscienza grida di no. E
cessata la passione, tutto ciò che s’oppone al bene altrui, all’ordine, mette sempre orrore.
(S. Pellico)
Il bambino riceve quasi tutta la sua educazione nei primi due anni di vita; noi non ce ne
accorgiamo, soltanto perché egli non parlare. (L’abate Galiani)
Imparare è il primo passo; vivere è soltanto il secondo. (V. Hugo)
La poesia è necessaria all’uomo. Chi non ama i versi ha uno spirito arido e pesante: i versi
sono effettivamente la musica dell’anima. (Voltaire)
La gioventù dell’anima è come la primavera: or piovosa e fredda, or ardente; non sai
quando incominci né quando finisca. (Niccolò Tommaseo)
Negli affari non ci sono amici, ci sono appena dei clienti. (A. Dumas)
Le persone più insopportabili sono gli uomini che si credono geniali e le donne che si
credono irresistibili. (H. Asselin)
La compassione è una forma di elemosina che i sani danno ai malati. (Juan Donoso
Cortès)
S’impara soltanto divertendosi. L’arte d’insegnare non è altro che l’arte di svegliare la
curiosità delle anime giovani per poi soddisfarla; e la curiosità è viva solo nelle anime felici.
Le cognizioni fatte entrare per forza nella mente, la occludono e la soffocano. Per digerire
il sapere, bisogna averlo divorato con appetito. (A. France)
Non basta acquistar la sapienza, bisogna anche usarla. (Cicerone)
Sopporta ciò che ti manda la sorte; chi resiste viene incoronato. Essa sa con abbondanza
rimunerare, e con magnificenza compensare l’anima tranquilla. (Johann Gottfried Herder)
L’ateismo è più sulle labbra che nel cuore dell’uomo. (Bacon)
Non mi dolgo di non esser conosciuto dagli uomini; ma mi dolgo di non conoscerli.
(Confucio)
Il professore istruisce, e lo schietto artista impara fino al letto di morte. (Anselm
Feuerbach)
Dentro di noi la giustizia ha un altare senza misteri. (I. Nievo)
L’amico è una cosa rara, che non di rado non si trova, dove crediamo che più abbondi.
(Seneca)
I poeti non cominciano a vivere, se non quando muoiono. (U. Foscolo)
Le ricchezze sono di un grande aiuto nella vita e sotto questo aspetto per me sono
preziose: esse fanno sì che una gran parte di coloro che le possiedono non siano esposti a
ingannare i loro simili e a mentire. (Platone)
Compra soltanto ciò che è necessario; quello che non ti occorre è caro anche se costa un
soldo. (Seneca)
A chi chiede d’essere aiutato a rialzarsi non ricusare mai di stendere la mano. (A. Graft)
Quando si vuol fare dell’arte, bisogna esser superiore agli elogi e alle critiche. Quando si
ha un ideale chiaro e preciso, vi si deve salire in linea retta, senza badare a ciò che
s’incontra sulla strada. (G. Flaubert)
Un segno dell’amore appena nato è che tutti i piaceri e tutte le pene che possono dare
tutte le altre passioni e tutti gli altri bisogni cessano lì per lì di farsi sentire. (Stendhal)
Abitua il ragazzo sin dal principio alla retta via; quand’anche si sarà invecchiato, non se ne
allontanerà. (Bibbia)
Nella gelosia c’è più amor proprio che vero amore. (La Rochefoucauld)
Gli artisti sono pochi, passano inosservati o derisi; gli uomini impongono loro una corona di
spine, il cielo prepara ad essi una corona di stelle. (I. Tarchetti)
La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia
soltanto dell’uno e dell’altra. (A. Manzoni)
Essere originale è un pregio; volerlo essere è un difetto. (A. Chauvilliers)
L’uomo e la donna si prendono, si riprendono, s’intraprendono, si sorprendono, ma non si
comprendono mai. (E. Thiaudière)
Si beve e si mangia, come se domani dovessimo morire; si risparmia e si accumula come
se dovessimo far baldoria dopo la morte. (J. Fischart)
La civiltà è una terribile pianta che non vegeta e non fiorisce se non è innaffiata di lacrime
e di sangue. (A. Graft)
La vendetta è una gioia che dura soltanto un giorno; la generosità un sentimento che ti può
allietare in perpetuo. (Ruckert)
Il bimbo che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre
il bambino che è dentro di sé. (Pablo Neruda)
Tutti i vizi, quando son di moda, passano per virtù. (Moliere)
Se non hai a tua disposizione dei medici, ecco i tre medici che ti bastano: animo allegro,
riposo e dieta moderata. (Scuola salernitana)
La modestia è il solo splendore che si possa aggiungere alla gloria. (Duclos)
La vita sarebbe un eterno sanguinare, se non ci fosse la poesia. Essa ci dà ciò che la
natura ci nega: un’età d’oro che non invecchia, una primavera che non sfiorisce, una
felicità senza nubi, un’eterna giovinezza. (Ludwing Börne)
La poesia è necessaria all’uomo: chi non ama la poesia ha uno spirito arido e pesante,
perché i versi sono la musica dell’anima. (Voltaire)
Dire al pittore che la natura deve esser presa com’è, è come dire al pianista che può
sedersi sul pianoforte. (J.McN. Whistler)
L’infanzia ha un modo tutto suo di vedere, di pensare, di sentire; ed è assurdo volervi
sostituire il modo nostro. (J.J. Rousseau)
Sta bene attento, fin che vivrai, di non giudicare mai gli uomini dall’aspetto. (La Fontaine)
La temperanza e il lavoro sono i due veri medici dell’uomo: il lavoro aguzza l’appetito e la
temperanza impedisce di farne abuso. (J. J. Rousseau)
Buon maestro è già quello che non lega, comprime o snatura l’anima dell’alunno. (A.
Graft)
Cercate di non mentire, perché è disonesto; non dite ogni verità, perché non è necessario;
sì, a tempo e a luogo, una bugia innocua è preferibile a una verità offensiva. (Roger
Ascham)
I figli sono il pegno più caro del matrimonio: essi stringono e mantengono il vincolo
dell’amore. (Luther)
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Epitaffi celebri (di Tony Pezzato)
Di un politico: al momento dell’estrema unzione, chiese al prete di evitargli… un’altra raccomandazione.
Di un comico: morì dal ridere prematuramente, per la battuta di un mediocre concorrente.
Di un filosofo: a questo sito siamo condannati, per la nostra sola colpa d’esser nati.
Di un medico: quando se ne andò, anche se longevo, i pazienti tirarono un sospiro di sollievo.
Di un orologiaio: disse che se ne sarebbe andato alle sei, all’altro mondo, e spaccò invero anche il secondo.
Di un giocatore d’azzardo: non mi portate fiori, ma quadri, picche e cuori, giacché un solitario, mi faccio
dell’ossario.
Di un goloso:non fiori né corone… ma cioccolato, gelati e panettone!
Di un pugile:quelli che non riuscì mai a incassare, furono solo dei pugni di mosche…
Di un avaro:se ne andò prima che giungessero i parenti, per non dovergli dare gli alimenti.
Di un domatore:per un tragico errore, servì da pasto, alla tigre in calore.
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Avete visto mai?… (di Luigi Amodeo)
…un cannibale rimproverare il figlio perché si mangia le unghie?
…un tennista ubriacarsi prima di un incontro doppio?
…un antiquario rimettere a nuovo il proprio negozio?
…un tipo molto magro farsi largo nella vita?
…un musicista che ha novant’anni suonati?
…un vegetariano mangiare le piante carnivore?
…un facchino correre a rotta di collo?
…un oculista andare in discoteca a ballare solo lenti?
…un astronomo eclissarsi?
…uno sciatore piccolo di statura vincere uno slalom gigante?
…un egoista dare il meglio di sé?
…un sordomuto chiedere l’elemosina in un vicolo cieco?
…un russo comprare prodotti USA e GETTA?
…un giardiniere con i nervi a fior di pelle?
…un portalettere entrare in un negozio di calzature e chiedere un paio di scarpe numero 42, interno
3?
…un astronomo con il morale alle stelle?
…un pompiere scrivere di getto?
…un nudista coprirsi di ridicolo?
…una lavandaia rispondere con candore?
…un tappezziere rivestire incarichi importanti?
…un giardiniere riposare sugli allori?
…un nano con delle manie di grandezza?
…un parrucchiere far pagare un tanto a testa?
…un trapezista pendere dalle labbra del partner?
…un guardiano dello zoo andare in bestia?
…un meteorologo temporeggiare?
…uno scultore rimanere di sasso?
…un professore di matematica allargare il cerchio delle proprie conoscenze?
…un industriale dello zucchero pentirsi amaramente?
…due monchi lavorare a stretto contatto di gomiti?
…una persona timida che ha una fortuna spacciata?
…la moglie di un fabbro seguire una dieta ferrea?
…un pazzo acquistare a prezzi ragionevoli?
…un frate entrare nell’ordine delle idee?
…un magazziniere chiudersi in sé stesso?
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Aforismi celebri (di E. Annibale Bernardini)
Preghiera del grassone: “Se non puoi farmi dimagrire, fa che ingrassino i miei amici!”
Bernardini)
La bigamia è quando uno ha una donna di troppo. La monogamia anche. (Coluche)
La burocrazia è il potere gigantesco dei nanetti. (H. De Balzac)
La calunnia corre in fretta perché tutti le danno una spinta. (Metz)
Gli esami non finiscono mai, ma non finiscono mai nemmeno le raccomandazioni.
(R. Gervaso)
Un notaio prese fuoco mentre accendeva un’ipoteca. (V. Patroni)
Quanta indifferenza nelle “più sentite condoglianze”! (R Gervaso)
Non c’è ingiuria che noi non perdoniamo, dopo esserci vendicati. (L. De Clapiers)
(E. A.
Ci si accorge d’invecchiare quando le candele costano più della torta. (G. B. Shaw)
La gloria è come la cucina: non bisogna guardare le manipolazioni che la compongono.
(Anonimo)
La notizia è la descrizione di un avvenimento da parte di chi non lo ha visto. (D’Agata)
La pazzia è considerata motivo sufficiente per il divorzio, per quanto sia anche la strada più rapida
per il matrimonio. (J. Green)
Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e tanto odio quanto le nostre buone qualità. (La
Rochefoucauld)
I quattrini sono come il letame: se non si spandono non servono a nulla. (F. Bacone)
Porre una questione è già risolverla. (Flaubert)
La ragione del più forte è sempre la migliore. (De La Fontaine)
Le religioni che chiamiamo false una volta erano vere. (R. W. Emerson)
Una cosa detta bene sarà spiritosa in ogni lingua. (Dryden)
Meno sai più credi di sapere. Più sai meno credi di sapere. (Smiles)
Lo Stato è come il corpo umano: non tutte le funzioni che compie sono nobili. (France)
La tangente è la percentuale su un affare versata a un politico per compensarlo della fatica di essersi
fatto corrompere. (D’Agata)
Chi fosse nato per ubbidire, ubbidirebbe anche sul trono. (L. De Clapiers)
L’umorismo è l’abilità di addebitare agli altri i propri difetti. (U. Domina)
Le virtù e le ragazze sono le più belle finché non sanno di esserlo. (L. Borne)
La vita, senza una meta, è vagabondaggio. (Seneca)
Certi nuovi iscritti alla Democrazia Cristiana vogliono insegnare il credo agli apostoli.
(Giulio Andreotti)
Il cuore è come la puttana: è finito quando smette di battere. (E. A. Bernardini)
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