Indice Capitolo I - I diritti dei consumatori nel codice del consumo

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Indice Capitolo I - I diritti dei consumatori nel codice del consumo
Indice
Presentazione …………………………………………………………………………………3
Capitolo I - I diritti dei consumatori nel codice del
consumo: tra parte speciale e parte generale
Sommario. L’elaborazione del codice del consumo e le reazioni della dottrina. Riflessioni sull’utilizzo della denominazione «codice»: il codice del
consumo come compimento della c.d. «decodificazione» e come espressione di una attività di «ricodificazione». - 2. La struttura ed il contenuto del
provvedimento: gli eccessi, le lacune e le sviste in cui è incorso il legislatore.
- 3. Il rapporto tra codice del consumo e codice civile. Le norme di «coordinamento» di cui agli artt. 38 e 142 c. cons.: la ricerca della disposizione «più
favorevole al consumatore». - 4. Confronto con altri ordinamenti europei.
Le diverse modalità di recepimento delle direttive comunitarie in materia di
tutela del consumatore nell’ordinamento tedesco, francese e spagnolo (cenni)…………..…………………………………………………. 11
Capitolo II – Il codice del consumo e gli interessi tutelati
Sommario. 1. La definizione normativa di consumatore di cui all’art. 3 c.
cons.: una questione ancòra aperta. L’orientamento della giurisprudenza
costituzionale, comunitaria e di legittimità. - 2. La posizione della Comunità
europea nel processo di revisione dell’acquis communautaire: il Libro verde
dell’8 febbraio 2007 e la Proposta di direttiva sui diritti dei consumatori
dell’8 ottobre 2008. – 3. Le opinioni della dottrina. L’identificazione del
consumatore con il contraente debole: rilievi critici ed impossibilità di
configurare uno status del consumatore. – 4. La protezione dei diritti
«fondamentali» della persona realizzata mediante le disposizioni
predisposte a tutela del consumatore. - 5. Le «categorie» dei contratti dei
consumatori, dei contratti d'impresa e del «terzo contratto». Critica al
«metodo tipologico» ed individuazione della normativa applicabile tenendo
conto delle esigenze di tutela che emergono nella fattispecie concreta. ….. 71
Capitolo III – I diritti dei consumatori nell’àmbito del
diritto contrattuale europeo
Sommario. 1. Il ruolo svolto dal «diritto dei consumi» nel processo di
costruzione del «diritto contrattuale europeo» e del «diritto privato
europeo». Le iniziative delle istituzioni comunitarie. L'obiettivo del
«ravvicinamento delle legislazioni» e l’opportunità di chiarire il significato
delle espressioni «unificazione», «uniformazione» ed «armonizzazione».
Dalla proposta iniziale di redazione di un «codice civile europeo» al
Common Frame of Reference. La revisione dell’acquis communautaire e le
soluzioni prospettare dal Libro verde relativo ai consumatori. Il Draft of
Common Frame of Reference. - 3. Il contributo degli studiosi civilisti
all'armonizzazione del diritto dei contratti. I Principles of International
Commercial Contracts elaborati dall’Unidroit, i Principles of European
Contract Law redatti dalla Commissione Lando, il Code Européen des
Contrats dell’Accademia dei Giusprivatisti Europei di Pavia, l'Acquis
Group……………………. ………………………………………………………………………113
Capitolo IV - Verso un diritto del consumo: le «opzioni»
preferibili
Sommario. I quesiti del Libro verde e l'obiettivo dell’armonizzazione: le
tecniche legislative e gli strumenti più adeguati. - 2. L'introduzione del
principio generale di buona fede e correttezza. La sua vigenza nel diritto
interno ed in quello europeo. Il suo riferimento per l'attuazione dei princìpi
di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza…….………………………… 143
Considerazioni conclusive….………………………………………………………… .. .156
Bibliografia …………………………………………………………………………………… 159
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Presentazione
La tesi si propone di analizzare le differenti problematiche che
presenta il codice del consumo, introdotto nell'ordinamento italiano
con il d.lg. 6 settembre 2005, n. 206, assumendo come fondamentale
chiave di lettura i princípi ed i valori espressi nella Costituzione
italiana, nonché quelli che hanno trovato affermazione nei Trattati
comunitari.
Oggetto specifico dell’indagine è la valenza di questo
provvedimento che viene a collocarsi tra i c.dd. «codici di settore»,
sollevando così l'interrogativo sulla sua configurabilità quale
possibile manifestazione di quel più ampio fenomeno normativo
riassunto nella formula «decodificazione», ovvero quale espressione
di un processo di «ricodificazione».
Ma al di là di queste due impostazioni, nella ricerca svolta si
intende analizzare il codice del consumo considerandolo come un
complesso normativo che, superando la frammentarietà della
disciplina vigente in materia di tutela del consumatore, offre
all'interprete uno scenario ermeneutico «nuovo» rispetto al passato,
non tanto con riferimento al contenuto delle singole norme, quanto
con riguardo alla possibilità di avere delle stesse una diversa visione,
organica e sistematica.
Così, si procede ad un eseme delle varie disposizioni in esso
contenute, assumendo come baricentro di ogni procedimento
ermeneutico la Costituzione, nella convinzione che la «complessità»
del sistema può essere compresa soltanto se si riconosce il
fondamento unitario dello stesso. Ed in questa prospettiva, l'obiettivo
perseguito è quello di verificare se, ed in quale modo, le disposizioni
predisposte a tutela del consumatore rispondano alla necessità,
costituzionalmente garantita, di tutelare i diritti della persona. Tutto
33
ciò nella consapevolezza che il «consumatore» è prima di tutto
«persona» e «cittadino».
In
questa
ottica,
s'impone
come
necessario
un
approfondimento del significato che in questo contesto viene ad
assumere il termine «codice» impiegato dal legislatore del 2005.
Sono in modo specifico evidenziate le differenze con il codice civile
del 1942 e le diverse esigenze di tutela alla base dei due
provvedimento: il codice civile contraddistinto dall'«unicità» del
soggetto preso in considerazione e della «parità» delle parti
contraenti; il codice del consumo contenente, invece, la disciplina di
numerosi rapporti contrattuali, i quali si caratterizzano per la
presenza di un contraente che occupa una posizione di «debolezza»
nei confronti della sua controparte, con la conseguenza che la finalità
perseguita da quest'ultima normativa appare essere quella di
rispristinare una condizione di equilibrio fra le parti contraenti.
Vengono, quindi, analizzate la struttura ed il contenuto del
codice del consumo evidenziando in modo specifico gli «eccessi», le
«lacune» e le «sviste» del provvedimento, il quale in varie occasioni
si è presentato come un «cantiere aperto». Diversi sono stati, infatti,
gli interventi del legislatore con i quali progressivamente hanno fatto
ingresso nel codice del consumo nuove discipline adottate in materia
di tutela del consumatore dopo il 2005 – come ad esempio la
normativa in tema di commercializzazione a distanza di servizi
finanziari (art. 67-bis – 67-vicies bis, inseriti con il d.lg. 23 ottobre
2007, n. 221) e la disciplina dell'azione collettiva risarcitoria (art.
140-bis, introdotto dall'art. 2, comma 446, l. 24 dicembre 2007, n.
244 -legge finanziaria 2008-), rispetto alle quali si pongono, però,
non pochi problemi di coordinamento.
Altro profilo meritevole di un'accurata indagine è quello
inerente il rapporto tra la disciplina del contratto stabilita nel codice
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del consumo e quella prevista dal codice civile. Qui, più in
particolare, occorre precisare il significato delle «norme di
coordinamento» di cui agli artt. 38 e 142 c. cons., nonché dell'all'art.
135 c. cons., i quali indicano come criterio per l'individuazione della
normativa applicabile quello della «disposizione più favorevole» per
il consumatore. E nel ricercare un contenuto a questa previsione, la
soluzione che appare preferibile è quella che assegna un importanza
minimale alla collocazione delle varie disposizioni nell'uno o
nell'altro codice, mentre va attribuita fondamentale rilevanza al
rapporto in cui le singole norme, funzionalmente considerate, si
pongono rispetto ai «princípi fondamentali» dell'ordinamento.
Questa impostazione mira a ricostruire il sistema in termini
unitari e richiede che venga svolta un'interpretazione delle varie
norme che non sia semplicemente letterale, ma sistematica ed
assiologica, nonché sopportata da criteri di valutazione che tengano
anche conto della specificità del caso concreto, ossia degli interessi di
«quel» singolo consumatore protagonista di «quel» particolare
rapporto di consumo, e degli interessi contrapposti in «quella»
determinata fattispecie, nonché dell'impatto che su di esso produce
«quella» determinata norma.
In questa analisi della normativa italiana non si può, poi,
prescindere da un richiamo alle esperienze maturate in altri
ordinamenti europei ed, in particolare, alle diverse modalità di
recepimento delle direttive in materia di tutela del consumatore
nell'ordinamento tedesco, francese e spagnolo. Il riferimento è, più
specificamente, alla legge tedesca di modernizzazione del diritto delle
obbligazioni (Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts), entrata
in vigore il 1° gennaio 2002, che ha provveduto ad inserire nel codice
civile tedesco le varie discipline relative alla tutela del consumatore;
al code de la consommation francese di cui alla legge 18 gennaio
1992, n. 92-60, la cui rilevanza quale autonoma fonte dei diritti dei
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consumatori trova conferma nel fatto che il recente Avant project di
riforma delle disposizioni in materia di obbligazioni non prevede un
trasferimento della disciplina in esso contenuta nel code civil; ed al
Real Decreto Legislativo spagnolo del 16 novembre 2007, n. 1, che ha
ricomposto in un texto refundido la disciplina contenuta nella Ley
General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios (legge 19
luglio 1984, n. 26) ed in altre leggi speciali. Rispetto a quest'ultimo,
in particolare, è possibile mettere in luce molteplici somiglianze con il
codice del consumo italiano: come evidenziato, infatti, dalla dottrina
spagnola, in esso accanto all'introduzione di rilevanti novità è
possibile riscontrare dei profili di incompletezza e disorganicità.
Una volta delineato questo complesso quadro normativo, la
tesi si propone di valutare se, ed in quale modo, sia possibile
estendere l’operatività delle disposizioni prediposte a tutela del
consumatore oltre i limiti soggettivi indicati dal legislatore
comunitario, prima, e quello nazionale, poi.
Punto di partenza è la nozione normativa di consumatore di
cui all'art. 3, comma 1, lett. a, c. cons., che nell'attribuire
espressamente tale qualifica soltanto alla «persona fisica» che agisce
per
«scopi
estranei»
all'esercizio
dell'attività
professionale
eventualmente svolta, lascia ancóra aperta la questione se la tutela
possa estendersi anche agli enti o alle persone giuridiche, e se possa
considerarsi consumatore anche il contraente che persegue il
soddisfacimento di esigenze di carattere sia privato che professionale.
A questo scopo sono esaminate le decisioni della giurisprudenza
comunitaria e di quella di legittimità italiana che si occupano di
questa problematica e sono presi in considerazione i vari
provvedimenti comunitari che trattano tale tematica.
Vengono, quindi, approfonditi i «nuovi profili» del contratto
che la normativa consumeristica ha introdotto e sono richiamate
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quelle impostazioni dottrinali che configurano la «categoria» dei
«contratti dei consumatori» in contrapposizione a quella dei
«contratti d’impresa». In questo modo emerge un sistema di
discipline le quali risultano, ciascuna con le proprie specificità, volte
a garantire tutela al c.d. «contraente debole» ed è proprio muovendo
da tale finalità che si ritiene possibile respingere, perché priva di
fondamento, quella teoria che per offrire protezione ai soggetti deboli
coinvolti in quelle fattispecie che non rientrano nell'una o nell'altra
categoria, costruisce la figura del c.d. «terzo contratto».
Un'interpretazione sistematica ed assiologica delle varie
normative ci porta a riconoscere la vis espansiva delle differenti
discipline, con la conseguenza che le norme proprie del diritto dei
consumatori possono ben venire applicate ai contratti d'impresa, e
viceversa: ciò che rileva, infatti, sono le esigenze di tutela del
«contraente debole» espresse dalla fattispecie concreta e le
caratteristiche dell’operazione contrattuale concretamente realizzata.
Viene, pertanto, fatta propria quell'impostazione, autorevolmente
prospettata, secondo cui l'intepretazione e la qualificazione di un
fatto vanno considerati come un procedimento unitario volto
all'individuazione della disciplina che «l'ordinamento globalmente
considerato dà all'esigenza di tutela che il fatto manifesta, esigenza
portatrice di una sua specifica irripetibilità».
Tutte queste considerazioni consentono di ricondurre le
problematiche inerenti l'àmbito di operatività della disciplina dei
contratti dei consumatori all'interno del sistema e di considerare il
presupposto soggettivo individuato dal legislatore non un limite
all'applicazione della stessa. Così, si può affermare che laddove si
riscontri la medesima esigenza di tutela che anima questa normativa,
non sussistono impedimenti all'estensione degli strumenti di
protezione in essa previsti anche ai contratti stipulati fra soggetti che
non sono consumatori.
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Nella tesi viene, inoltre, analizzato il ruolo svolto dal diritto dei
consumatori all'interno del dibattito che, oramai da tempo, si è
sviluppato intorno al processo di costruzione del «diritto contrattuale
europeo». Si presenta in questo modo un più ampio orizzonte
ermeneutico e la complessità di questa indagine viene in evidenza se
si considera che l'obiettivo dell'«armonizzazione» del diritto dei vari
Stati membri ha formato oggetto dell’opera legislativa posta in essere
dalle varie istituzioni comunitarie, e, nel contempo, rappresenta il
risultato dell'attività di studio e di approfondimento compiuta dalla
scienza giuridica.
In questo settore molteplici sono le iniziative promesse a
livello europeo e volte a realizzare il «ravvicinamento delle
legislazioni», che rappresenta una delle finalità della politica
comunitaria individuata dall'art. 95 del Trattato dell'Unione europea.
Più specificamente, peculiare attenzione va riservata al progetto di
elaborazione del Common Frame of Reference, ossia di un complesso
normativo che stabilisca i princípi ed una terminologia comune nel
campo del diritto contrattuale, il quale viene anche descritto come
strumento al quale il legislatore comunitario potrà ricorrere al fine di
realizzare una semplificazione ed un miglioramento dell’acquis
comunitario, in conformità con l’obiettivo di assicurare l’elevata
qualità della normativa.
Tutto questo trova un riscontro nel Libro verde pubblicato
dalla Commissione europea l’8 febbraio 2007, dedicato alla revisione
dell’acquis relativo ai consumatori ed avente ad oggetto otto direttive
emanate in questa materia (la n. 577 del 1985, sui contratti conclusi
fuori dei locali commerciali; la n. 314 del 1990, sui pacchetti turistici;
la n. 13 del 1993, sulle clausole abusive; la n. 47 del 1994, sulla
multiproprietà, la n. 7 del 1997 sui contratti a distanza; la n. 6 del
1998, sull’indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori; la
n. 27 del 1998, sulle ingiunzioni per la protezione degli interessi dei
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consumatori; la n. 44 del 1999, su alcuni aspetti della vendita di beni
di consumo e sulle garanzie relative). Scopo del riesame è quello di
raggiungere un «giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela dei
consumatori e la competitività delle imprese» e, a tal fine, le
principali questioni individuate dalla Commissione sono: la necessità
di adeguare la disciplina esistente ai «nuovi sviluppi del mercato»,
tenendo conto in particolare delle problematiche sollevate dalla ruolo
crescente della tecnologia digitale e dei servizi digitali; la
«frammentazione delle regole» e la «diversità» della normative
nazionali di recipimento delle direttive europee. In particolare si
ritiene che quest'ultima rende possibile l’introduzione di diversi
livelli di protezione nei singoli Stati membri (anche più elevati di
quelli previsti dalle stesse Direttive) e che sia la causa della
«mancanza di fiducia» dei consumatori nella possibilità di effettuare
acquisti oltre frontiera. La Commissione si mostra, pertanto,
consapevole del fatto che il ricorso, fin qui operato dal legislatore
comunitario, ad una normazione settoriale non sia più idoneo a
realizzare le condizioni di mercato unico, non riuscendo a garantire
un trattamento uniforme a fattispecie identiche o che comunque
presentano aspetti analoghi.
Accanto a questo viene, poi, individuato quale altro difetto
della normativa comunitaria adottata attraverso lo strumento delle
direttive quello di avere perseguito una «armonizzazione minima»,
che consente ai legislatori nazionali di contenere l’impatto della
legislazione comunitaria nei propri ordinamenti. Così, obiettivo del
Libro verde non è soltanto quello di realizzare una riduzione ad unità
di concetti, definizioni e regole, ma anche quello di operare in àmbito
contrattuale
un
passaggio
dalla
armonizzazione
minima
all’«armonizzazione massima».
È proprio muovendo da questa prospettiva che si considera
che la revisione dell’acquis possa contribuire notevolmente ad
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accelerare il processo di armonizzazione del diritto contrattuale
europeo. Ed in particolare, l’importanza del ruolo svolto dal diritto
dei consumatori nel costruzione del Common Frame of Reference
emerge nella «Seconda relazione sulla stato di avanzamento relativo
al quadro comune di riferimento» del 25 luglio 2007. Qui la
Commissione chiarisce che finalità del Common Frame of Reference
è quella di essere «uno strumento propizio ad una migliore
regolamentazione», riconoscendo che ciò rappresenta «un esercizio a
lungo termine che intende garantire la coerenza e la buona qualità
della legislazione comunitaria nel settore del diritto dei contratti».
Esso si considera, inoltre, volto a «definire chiaramente i termini
giuridici, i principi fondamentali e le norme moderne e coerenti del
diritto dei contratti per la revisione della legislazione settoriale
esistente e per la preparazione di nuovi testi, nel caso fosse
necessario»; ma viene espressamente specificato che «non è
destinato a garantire un’armonizzazione su vasta scala del diritto
privato o a trasformarsi in un codice civile europeo». Così, le
ambizioni
iniziali
della
Commissione
risultano
chiaramente
ridimensionate e questo troverebbe spiegazione nella presa di
coscienza dell’opportunità di indirizzare i lavori di realizzazione del
Common Frame of Reference verso finalità più immediate e
facilmente perseguibili, tenuto conto anche che, come evidenziato nei
vari documenti, è la scarsa chiarezza in ordine ai contenuti ed alle
forme di elaborazione del Common Frame of Reference la ragione
che ha spinto le istituzioni comunitarie a concentrare la propria
attenzione esclusivamente verso la revisione dell’acquis in materia di
tutela
del
consumatore.
Va,
invece,
registrato
un
diverso
atteggiamento del Parlamento europeo il quale nella Risoluzione del
12 dicembre 2007 sul diritto contrattuale europeo, sottolinea
espressamente «la sua convinzione che un approccio orientato verso
una migliore regolamentazione in materia di Common Frame of
10
10
Reference significhi che quest’ultimo non può essere limitato
esclusivamente a questioni relative al diritto contrattuale dei
consumatori, ma deve focalizzarsi su questioni di diritto contrattuale
generale».
L'attualità e l'importanza della tematica emerge anche nei
recentissimi documenti elaborati sia dagli studiosi civilisti europei
che dalle istituzioni comunitarie. Ed il riferimento è al Draft of
Common Frame of Reference, del 29 dicembre 2007, elaborato dal
Study Group on European Contract Law, dall’Acquis Group e
dall’Insurance Groupe, e alla Proposta di direttiva del Parlamento e
del Consiglio sui diritti dei consumatori dell'8 ottobre 2008, che,
relativamente a quattro direttive (la n. 577 del 1985, la n. 13 del 1993,
la n. 7 del 1997 e la n. 44 del 1999), propone l'adozione di un unico
strumento orizzontale che disciplini gli aspetti comuni della
normativa in modo sistematico, semplificando ed aggiornando le
norme esistenti, risolvendo le incoerenze e colmando le lacune.
L'approccio prescelto è quello dell’armonizzazione completa come
risulta dalla espressa previsione secondo cui «Gli Stati membri non
possono mantenere o adottare nel loro diritto nazionale disposizioni
divergenti da quelle stabilite dalla presente direttiva, incluse le
disposizioni più o meno severe per garantire al consumatore un
livello di tutela diverso» (art. 4 della Proposta).
È all'interno di questo contesto che pertanto va analizzato la
normativa relativa ai diritti dei consumatori ed appare evidente
l'affermarsi della tendenza legislativa a spostare l'attenzione dal
soggetto-contraente all'atto di consumo. La disciplina di quest'ultimo
sembra configurarsi quale nucleo essenziale del diritto contrattuale
europeo e, nel processo di elaborazione di una normativa unitaria, si
tratta di valutare quale sia, tra le diverse impostazioni prospettabili,
quella che appare maggiormente rispondente ai princípi di
proporzionalità, adeguatezza e razionalità.
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Capitolo I
I diritti dei consumatori nel codice del consumo:
tra parte speciale e parte generale.
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Sommario 1. L’elaborazione del codice del consumo e le reazioni della dottrina.
Riflessioni sull’utilizzo della denominazione «codice»: il codice del consumo come
compimento della c.d. «decodificazione» e come espressione di una attività di
«ricodificazione». - 2. La struttura ed il contenuto del provvedimento: gli eccessi,
le lacune e le sviste in cui è incorso il legislatore. - 3. Il rapporto tra codice del
consumo e codice civile. Le norme di «coordinamento» di cui agli artt. 38 e 142 c.
cons.: la ricerca della disposizione «più favorevole al consumatore». - 4.
Confronto con altri ordinamenti europei. Le diverse modalità di recepimento delle
direttive comunitarie in materia di tutela del consumatore nell’ordinamento
tedesco, francese e spagnolo (cenni).
1. Negli ultimi anni il legislatore italiano è stato impegnato in
una laboriosa attività volta a far convogliare le differenti disposizioni
regolanti peculiari materie in complessi normativi denominati
«codici», i quali, tenuto conto della loro limitata rilevanza a specifici
àmbiti disciplinari, sono altresì qualificati come «di settore». Tra di
essi si inserisce il codice del consumo introdotto con il d.lg. 6
settembre 2005, n. 206, «recante il riassetto delle disposizioni in
materia di tutela del consumatore»1, di cui, come indicato nella
propria Relazione illustrativa2, «la necessità di riordinare e
1
Adottato in attuazione dell’art. 7 della legge delega 29 luglio 2003, n. 229, dal titolo
«Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione –
Legge di semplificazione 2001» (in G.U. del 25 agosto 2003, n. 196): per un commento v. N.
LUPO, Dai testi unici “misti” ai codici: un nuovo strumentario per le politiche di
semplificazione, in Studium iuris, 2004, p. 157 ss.; A. ZACCARIA, Dall’“età della
decodificazione” all’“età della ricodificazione”: a proposito della Legge n. 229 del 2003, ivi,
2005, p. 697 ss.. In base alla l. n. 229 del 2003 sono stati adottati anche altri «codici di
settore» e, più in particolare, ex art. 4, comma 1, il «codice delle assicurazioni private» (d.lg.
7 settembre 2005, n. 209) ed in base all’art. 10, comma 1, il «codice dell’amministrazione
digitale» (d.lg. 7 marzo 2005, n. 82, successivamente integrato e corretto dal d.lg. 4 aprile
2006, n. 159). A questi si aggiungono, poi, il «codice in materia di protezione dei dati
personali» (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196, in attuazione della delega di cui alla l. 24 marzo
2001, n. 127); il «codice delle comunicazioni elettroniche» (d.lg. 1° agosto 2003, n. 259,
emanato in virtù della l. 1° agosto 2002, n. 166); il «codice dei beni culturali e del paesaggio»
(d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42, previsto dalla l. 6 luglio 2002, n. 137); il «codice dei diritti di
proprietà industriale» (d.lg., 10 febbraio 2005, n. 30, in attuazione della l. 12 dicembre
2002, n. 273); il «codice della nautica da diporto» (d.lg., 18 luglio 2005, n. 171, contemplato
dalla l. 8 luglio 2003, n. 172); il «codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi,
forniture» (d.lg., 12 aprile 2006, n. 163, adottato in base alla l. 18 aprile 2005, n. 62); il
«codice dell'ambiente» (d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, ora modificato dal d.lg. 8 novembre
2006, n. 284 e dal d.lg. 16 gennaio 2008, n. 4, ed emanato in attuazione della l. 15 dicembre
2004, n. 308).
2
La Relazione illustrativa del Ministero delle Attività produttive, intitolata «Decreto
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13
armonizzare la normativa in tema di tutela dei consumatori e degli
utenti rappresenta, in modo esplicito, la principale finalità»3. Qui, più
in particolare, viene specificato che con il codice del consumo «si è
proceduto a identificare la frammentata normativa in materia e a
raccoglierla, seguendo le indicazioni provenienti dalla disciplina sulla
compilazione dei provvedimenti legislativi di riassetto normativo: il
coordinamento delle disposizioni, il loro aggiornamento, la loro
rispondenza ai dettami del diritto comunitario». Viene, quindi,
indicato che con tale provvedimento si intende perseguire l'obiettivo
di «riorganizzare in ordine sistematico le numerose leggi a tutela del
consumatore, intervenute in un lungo lasso temporale», dando «una
risposta al comune disagio provocato da una produzione normativa
spesso torrentizia e poco ordinata»4. L’attività posta in essere dal
legislatore viene, così, descritta come un «lavoro di riaggregazione»5,
come un «intervento di riassetto legislativo» e come un’«opera di
riorganizzazione e compilazione unitaria», la quale si considera volta
a far conseguire «un indubbio miglioramento del dato normativo
vigente» e ad eliminare «le incoerenze e le sovrapposizioni tra le
diverse regole derivanti da distinte direttive comunitarie introdotte in
diversi momenti storici»6.
La qualificazione di questo atto normativo come «codice» ha
suscitato distinte reazioni da parte della dottrina relativamente al
significato che deve essere assegnato a tale termine ed, in particolare,
da un lato, viene sottolineato il carattere settoriale del codice del
consumo e, conseguentemente, si ritiene che in questo àmbito con la
formula «codice» non si è voluto indicare «un complesso normativo
inteso nel senso tradizionale del termine: un complesso normativo,
cioè, che, in quanto destinato, in linea di principio, a stabilire “regole
legislativo recante codice del consumo a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n.
229» si trova in www.governo.it
3
Così la Relazione illustrativa, cit., p. 2.
4
Relazione illustrativa, cit., p. 5 e p. 6.
5
Relazione illustrativa, cit., p. 6.
6
Relazione illustrativa, cit., p. 7.
14
14
del gioco” valevoli per tutti i consociati, si pone al “centro”
dell’ordinamento entro il quale si colloca»7. Dall’altro lato, è
evidenziato come, in via generale, il provvedimento difetti
dell'elemento della «novità», potendosi rilevare come non siano stati
introdotti elementi correttivi e innovativi della materia nonostante
questa possibilità fosse ampiamente consentita da «generali ed
elastici» princípi e criteri direttivi contenuti nella legge delega8.
Così, muovendo da questa prospettiva, si afferma che il codice
di consumo «non è un codice, perché non è innovativo, non è
completo, non è sistematico»9, che esso è «un falso codice» e che
«forse, semplicemente aspira ad essere più di quel che è»10. Nello
7
A. ZACCARIA, o.c., p. 700.
In particolare, l’art. 7 della l. n. 229 del 2003, disponeva che «Il Governo è delegato ad
adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti
legislativi, per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei consumatori ai
sensi e secondo i princípi e i criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n.
59, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti princípi e
criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi
internazionali e articolazione della stessa allo scopo di armonizzarla e riordinarla, nonché di
renderla strumento coordinato per il raggiungimento degli obiettivi di tutela del
consumatore previsti in sede internazionale; b) omogeneizzazione delle procedure relative al
diritto di recesso del consumatore nelle diverse tipologie di contratto; c) conclusione, in
materia di contratti a distanza, del regime di vigenza transitoria delle disposizioni più
favorevoli per i consumatori, previste dall'articolo 15 del decreto legislativo 22 maggio 1999,
n. 185, di attuazione della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20
maggio 1997, e rafforzamento della tutela del consumatore in materia di televendite; d)
coordinamento, nelle procedure di composizione extragiudiziale delle controversie,
dell’intervento delle associazioni dei consumatori, nel rispetto delle raccomandazioni della
Commissione delle Comunità europee».
Sottolineano il fatto che il legislatore delegato non ha sfruttato l’ampiezza della
delega conferitagli, L. DELOGU, Leggendo il codice del Consumo alla ricerca della nozione di
consumatore, in Contr. impr./Eur., 2006, p. 87 ss.; M.G. FALZONE CALVISI, Il “taglia e incolla”
non si addice al legislatore, ivi, 2006, p. 103; G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo», in
Nuova leg. civ. comm., 2006, p. 755; E. MINERVINI, Codice del consumo, in Dig. disc. priv.,
Sez. civ., Aggiornamento, III, 1, Torino, 2007, p. 186; F. ADDIS, Il «codice» del consumo, il
codice civile e la parte generale del contratto, in Obbligazioni e contratti (consultabile in
www.lerivisteipertestuali.it), n. 11, § 1. Contra, G. ALPA, Art. 1, Finalità ed oggetto, in G. ALPA
e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo. Commentario, Napoli, 2005, p. 25; ID., Il
codice del consumo. Il commento, in Contratti, 2005, p. 1058; ID., I diritti dei consumatori e
il “Codice del consumo” nell’esperienza italiana, in Contr. impr./Eur., 2006, p. 26, il quale
indica quale ragione di alcuni mancati interventi, posti in essere da parte del «gruppo di
lavoro» incaricato di redigere il codice, proprio «i limiti della delega»; L. ROSSI CARLEO, Il
Codice del consumo: prime impressioni fra critiche e consensi, ivi, 2006, p. 42, secondo cui
«alcune occasioni, più che mancate, erano decisamente impedite dagli angusti limiti della
delega».
9
G. DE NOVA, La disciplina della vendita dei beni di consumo nel “Codice” del consumo,
in Contratti, 2006, p. 392.
10
A. GENTILI, Il codice del consumo e i rapporti on line, in Dir. internet, 2005, p. 545; ID.,
Codice del consumo ed esprit de géométrie, in Contratti, 2006, p. 159. V. anche F. ADDIS, o.c.,
§ 2, secondo il quale «Il nome “codice” ha una valenza promozionale ed esprime una scelta
8
15
15
stesso senso, poi, si considera che il legislatore abbia posto in essere
un’attività di semplice «taglia ed incolla»11, limitandosi a trasferire le
diverse norme di derivazione comunitaria nel codice del consumo il
quale, in questo modo, apparirebbe: secondo alcuni, come una
«raccolta incompleta di leggi a tutela del consumatore»12, secondo
altri come un «testo unico»13, e, secondo altri ancora, come una
«pura e semplice compilazione, piana ed acritica, del diritto
previgente» e, pertanto, «assai poco meritevole della denominazione
politica difficilmente accettabile su un piano propriamente giuridico se si ancora la propria
valutazione ai profili contenutistici del provvedimento. A tale proposito, il provvedimento si
presenta come una consolidazione settoriale, mossa da istanze semplificatrici alle quali si è
voluto dare una denominazione eccedente (eccedenza di contenuto assiologico direbbe
Betti), non ricavabile dall’interno, ma portata dall’esterno».
11
M. G. FALZONE CALVISI, o.c., p. 104, la quale evidenzia che la tecnica adoperata dal
legislatore è «propria più dei testi unici meramente compilativi che di quelli innovativi e, a
maggior ragione, dei Codici. Nella quasi totalità, infatti, le norme si limitano a riprodurre
fedelmente quelle anteriormente vigenti, compresi i rinvii a norme ora abrogate ed i richiami
errati delle precedenti formulazioni». In questa prospettiva, E. M. TRIPODI, in E. M. TRIPODI e
C. BELLI (a cura di), Codice del consumo. Commentario del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206,
Santarcangelo di Romagna, 2006, p. 62 s., secondo cui «la facilità del “taglia e incolla” ha
messo in secondo piano il cedere alla tentazione di realizzare un “vero” codice, ossia una
struttura sistematica in cui le parti non si riducono ad un mero assemblaggio di “pezzi” di
leggi e decreti».
12
R. CALVO, Il Codice del consumo tra «consolidazione» di leggi e autonomia privata, in
Contr. impr./Eur., 2006, p. 80.
13
Così R. ALESSI, Contratti dei consumatori e disciplina generale del contratto dopo
l’emanazione del Codice del consumo, in Il diritto civile oggi. Compiti scientifici e didattici
del civilista, Napoli, 2006, p. 818; A. CATELANI, Articolo 1, in AA.VV., Codice del consumo.
Commento al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Milano, 2006, p. 3 ss. Cfr. G. ALPA, I
contratti dei consumatori e la disciplina generale dei contratti e del rapporto obbligatorio,
in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma? Le prospettive di una
novellazione del Libro IV del Codice Civile nel momento storico attuale, Atti del Convegno
per il cinquantenario della Rivista, Treviso, 23-24-25.3.2006, in Riv. dir. civ., 2006, n. 6, p.
353, il quale sottolinea che i codici di settore «a differenza dei testi unici, che vengono
compilati in sede governativa e poi approvati direttamente senza ulteriori consultazioni e
controlli, hanno un iter procedimentale che prevede sia la consultazione delle associazioni
rappresentative dei soggetti titolari dei diritti e degli interessi sui quali va ad incidere la
redazione del codice, sia un controllo da parte degli organi del potere pubblico –nel nostro
caso il Consiglio di Stato e l’Autorità di Garanzia della Concorrenza e del Mercato».
16
16
di “Codice”»14 che si reputa utilizzata «impropriamente»15.
Nel contempo, tuttavia, non può essere sottaciuto che in
dottrina vi è chi riconosce al codice del consumo il pregio di
rappresentare
«un’encomiabile
opera
di
coordinamento
e
razionalizzazione della normativa formatasi nel corso di oltre
quindici anni»16, ovvero di presentarsi come «una delle innovazioni
più significative» realizzate dal Parlamento e dal Governo nel corso
della XIV legislatura e «che sono rare le esperienze in àmbito
comunitario giunte a questo stadio»17. Vi è chi, inoltre, pur essendo
consapevole del fatto che esso «riordina e solo marginalmente innova
la legislazione sui consumatori», sottolinea il fatto che con il codice
del consumo è stata realizzata «un’opera di sistemazione. Definizioni,
concetti, rimedi, ne escono in gran parte rimaneggiati», con la
14
G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione perduta?, in Studium iuris,
2005, p. 1148, il quale mette in evidenza che «la formulazione testuale della quasi totalità
delle disposizioni è rimasta inalterata (e irrisolti rimangono pertanto i numerosi dubbi
interpretativi da essi suscitati) e le poche integrazioni o modificazioni che sono state
apportate non bastano certo a porre rimedio ai difetti contenutistici e “stilistici” che esse
presentano, né ad eliminare i profili di possibile incompatibilità con il diritto comunitario
che caratterizzano non poche di esse. Le disposizioni “nuove” introdotte, poi, sono poche,
per lo più di modesto rilievo, e talora foriere di gravi problemi interpretativi e di
sovrapposizioni»; ID., Il «Codice del consumo», cit., p. 749. Nello stesso senso v. anche F.
BILOTTA, Un riassetto della normativa esistente centrato sull'atto e non sul soggetto, in
Giuda dir., 2005, f. 48, p. 63, secondo il quale «l'impressione che si ricava a una sua prima
lettura è che si poteva fare di più. Si è persa l'occasione per sciogliere alcune aporie e alcuni
dubbi interpretativi segnalati in questi anni dalla dottrina e dalla giurisprudenza, (tanto per
fare un esempio in materia di clausole vessatorie). Non basta riassemblare norme sparse qua
e là in un unico testo per semplificare il lavoro degli operatori del diritto»; F. ADDIS, o.c., § 1,
per il quale «Parlare di “nuova era delle codificazioni” sembra dunque improprio e
fuorviante, sia sotto il profilo temporale, sia sotto quello propriamente contenutistico e il
termine “codice” con il quale si indica questi provvedimenti normativi appare certamente
eccedente rispetto alle operazioni compiute. Esso manifesta, piuttosto, una scelta
politicamente consapevole ma non necessaria. Il legislatore voleva procedere ad una
semplificazione e ad una riorganizzazione della materia, cioè al raggiungimento di obiettivi
certamente meno impegnativi, attraverso il ricorso a fonti che, utilizzando la ben nota
teorica costituzionalista, si avvicinano più ai testi unici che alle raccolte di leggi o ai codici
veri e propri».
15
M. AMATO e U. TROIANI, Codice del consumo, arrivano le regole fra piccoli utenti e
giganti del mercato, in D&G, 2005, f. 36, p. 114.
16
G. MARICONDA, Il codice del consumo, in Corr. merito, 2006, p. 15, e, nello stesso senso,
R. SENIGAGLIA, Decentramento legislativo, moltiplicazioni di codici e differenziazione
sistemica, in Eur. dir. priv., 2006, p. 142, secondo il quale il codice del consumo, insieme
agli altri codici settore, può essere definito come un «codice legislativo», ossia come
un’opera «volta a sistema(tizza)re il disordine normativo creatosi anche a seguito del
recepimento delle direttive comunitarie».
17
G. ALPA, Il codice del consumo. Il commento, cit., p. 1047; ID., I diritti dei consumatori
e il “Codice del consumo” nell’esperienza italiana, cit., p. 1; ID., Art. 1, in G. ALPA e L. ROSSI
CARLEO (a cura di), Codice del consumo. Commentario, cit., p. 17.
17
17
conseguenza che «le norme preesistenti, riprodotte anche invariate,
sotto un aulico nome, legittimano operazioni ermeneutiche ed
integrative che fanno progredire il diritto privato europeo dei
contratti» e si ritiene, pertanto, che per il solo fatto di cambiare «la
geometria, il Codice ha innovato»18. E nella stessa ottica, è messo in
luce come il codice del consumo abbia comunque apportato al
sistema «un valore aggiunto», offrendo all’interprete «una base
normativa più valida ed organica sulla quale costruire il diritto dei
consumatori»: infatti, «regole prima sparse vivono ora le une delle
altre» e sono enucleati «principi di carattere generale che hanno
difficoltà
ad
emergere
in
una
disciplina
frammentaria
e
disorganica»19.
Ciò
posto,
volendo
ripercorrere
il
dibattito
inerente
l'interpretazione e l'individuazione del ruolo svolto dal codice del
consumo nel nostro ordinamento, va attribuita una marginale
importanza all’art. 3, lett. f, c. cons. ove il legislatore, limitandosi a
stabilire che per «codice» s’intende «il presente decreto legislativo di
riassetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei
consumatori», ha fornito una definizione «generale» di esso che non
offre alcun elemento di chiarificazione circa la valenza che, in questo
àmbito, viene ad assumere l’utilizzo di tale espressione20.
Diversamente, delle utili indicazioni sono proposte dal
Consiglio di Stato che, nel proprio parere emesso sullo schema di
decreto legislativo recante il riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di tutela dei consumatori21, riconosce che il codice del
18
A. GENTILI, o.l.u.c. In questa prospettiva v., anche, P. M. PUTTI, Il diritto dei consumi tra
memoria storica e nuove prospettive, in G. VILLANACCI (a cura di), Manuale del diritto dei
consumi, Napoli, 2007, p. 12, che sottolinea come la «novità di piú ampio respiro introdotta
dalla nuova normativa sia senza dubbio il dato formale della reductio ad unum della
ipertrofica e disorganica disciplina in materia di protezione del consumatore».
19
E. MINERVINI, o.c., p. 183 s.
20
Per un commento a tale disposizione, v., per tutti, L. ROSSI CARLEO, Art. 3, Definizioni,
comma 1, lett. f), codice, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo.
Commentario, cit., p. 50 s.; G. CHINÉ, Art. 3, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e
norme collegate, 2ª ed., Milano, 2008, p. 28 s.
21
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, in Foro it., 2005, III, c.
348, con nota di A. PALMIERI. Su di esso si sofferma ampiamente L. ROSSI CARLEO, La
18
18
consumo è «uno dei primi provvedimenti della nuova fase di
codificazione in materia di semplificazione e riordino (ora
denominato “riassetto”) normativo dopo quella dei c.d. “testi unici
misti” di cui all’ormai abrogato art. 7 l. 8 marzo 1999 n. 50»22, e
definisce lo stesso manifestazione di una «codificazione di nuova
generazione», nella quale «all’idea regolativa del codice si è sostituita
l’esistenza di discipline sistematicamente organizzabili in una
pluralità di codici di settore»23.
A sostegno delle proprie argomentazioni il Consiglio di Stato
rinvia, riproponendone in parte il contenuto, ad un suo precedente
parere24 in cui si chiarisce che la legge delega n. 229 del 2003 si
inserisce in una strategia di «semplificazione» che va intesa come
«sinonimo di qualità della regolamentazione» e, pertanto, la scelta
della denominazione di «codice», in luogo di quella di «testo unico»,
appare condizionata dal fatto che «si fa sempre più pressante, non
solo in Italia - l’esigenza di riordino sostanziale e di riduzione dello
stock normativo. Ciò ha consentito, negli ultimi anni, un ritorno della
cultura della “codificazione”, sotto forme diverse e soprattutto con
metodologie più attente all’impatto sostanziale delle norme ed alla
indispensabile coerenza e armonia giuridica delle stesse all’interno di
ciascun codice e con le altre norme dell’ordinamento giuridico». E,
più specificamente, viene sottolineato come il modo di intendere il
fenomeno della codificazione cambi nel senso che «essa si
accompagna al raggiungimento di equilibri provvisori», non più
incentrati «sull’unità del soggetto giuridico e sulla centralità e
sistematicità del diritto civile» e non più fondati su una concezione di
codificazione di settore: il codice del consumo, in Rass. dir. civ., 2005, p. 888 ss.
22
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 350. Sulle
differenze tra i nuovi «codici di settore» ed i «testi unici misti», F. G ALGANO, Un codice per il
consumo, in Vita not., 2007, p. 52 s.; G. CHINÉ, Art. 1, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del
consumo e norme collegate, cit., p. 5 s.
23
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 352.
24
Cons. St., 25 ottobre 2004, n. 2/04, in Foro it., 2005, II, c. 209, relativo allo schema di
decreto recante il nuovo «codice dei diritti di proprietà industriale».
19
19
«immutabilità della società civile»25.
Emergono, pertanto, le differenze tra il codice del consumo e
l’«idea di codice»26 di cui è espressione il codice civile del 1942, il
quale rappresenta un corpo normativo esclusivo ed assorbente di
un’intera disciplina, contraddistinto dalle caratteristiche della
stabilità e della lunga durata, destinato a regolare in termini astratti
situazioni analoghe e, per questo, definito come statuto organico
della vita privata e delle libertà civili27.
Il codice del consumo si configura, invece, come una delle
varie manifestazione di un differente modo di intendere il valore di
un provvedimento al quale viene assegnato il nome di «codice». Esso
è, infatti, espressione di una nuova concezione del processo di
codificazione, che trova giustificazione, principalmente, nella «crisi»
del fondamento stesso su cui era costruita la teoria generale del
25
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 352.
Così T. ASCARELLI, L’idea di codice nel diritto privato e la funzione dell'interpretazione,
in Saggi giuridici, Milano, 1949, p. 41 ss.
27
Analizzano i tratti distintivi del codice civile ed, in generale, si soffermano sulle
peculiarità del processo di «codificazione» che ha portato alla sua elaborazione, F. VASSALLI,
Motivi e caratteri della codificazione civile, in Riv. it. scienze giur., 1947, p. 76 ss.; ID., La
missione del giurista nell'elaborazione delle leggi, in ID., Studi giuridici, III, 2, Milano,
1960, p. 747 ss.; M. GIORGIANNI, Il diritto privato e i suoi attuali confini, in Riv. trim., 1961, p.
390 ss.; S. RODOTÀ, Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, in Riv. dir. comm.,
1967, I, p. 90 ss.; F. SANTORO-PASSARELLI, Dai codici preunitari al codice civile del 1865, in
Studi in memoria di Andrea Torrente, II, Milano, 1968, p. 1031 ss.; G. B. FERRI,
Antiformalismo, democrazia, codice civile, in Riv. dir. comm., 1969, I, p. 347 ss.; ID., Per
una rilettura del codice civile, in Giur. it., 1968, IV, c. 215 ss.; F. GALGANO, Diritto privato e
codificazione civile, in ID., Il diritto privato tra codice e Costituzione, Bologna, 1978, p. 31
ss.; A. GAMBARO, Codice civile, in Dig. disc. priv., Sez. civ., 1988, p. 442 ss. Più recentemente,
P. RESCIGNO, La «forma» codice: storia e geografia di un'idea, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 29
ss.; F. GALGANO, Diritto civile e diritto commerciale, V, I, Padova, 2004, p. 72 SS.; P. CAPPELLINI
e B. SORDI (a cura di), Codici. Una riflessione di fine millennio, Atti dell’Incontro di studio,
Firenze 26-28 ottobre 2000, Milano, 2002, passim; P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella
legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, 3ª ed., Napoli,
2006, p. 167 ss.
Appare particolarmente significativa, con riferimento all’esperienza spagnola,
l'opinione di C. J. MALUQUER DE MOTES BERNET, La codificación civil en España. (Síntesis de un
proceso), in Revista de Derecho Privado, 1981, p. 1085 ss., il quale considera che «la
codificación es el resultado final de un largo proceso, que no podía cerrarse hasta haber
obtenido la total transformación de la propiedad y haber alcanzado el conjunto de los
derechos individuales. Una vez consolidadas dichas adquisiciones, habría llegado el
momento de impulsar el proceso de la codificación»; ID., El Código civil o la codificación
del derecho castellano, in Centenario del Código civil, Asociación de Profesores de Derecho
Civil, II, Madrid, 1990, p. 1205 ss. In questa prospettiva, con specifico riguardo alla
codificazione del diritto civile catalano, v., da ult., ID., Il diritto comunitario e la particolare
esperienza del diritto catalano, in Atti della Seconda settimana di studi sul “Diritto privato
comunitario”, Camerino 3-7 settembre 2007 (in corso di stampa).
26
20
20
contratto, ossia l’«unicità del soggetto» tutelato e la parità delle parti
contraenti28.
Sulla base di questa impostazione il codice del consumo viene,
quindi, a collocarsi all'interno di quel fenomeno di produzione
normativa riassunto nella formula della «decodificazione», con la
quale si intende descrivere l'uscita dal codice civile di molteplici
normative che non rispondono più alla logica di quest'ultimo ma che,
nella maggior parte dei casi, specialmente su impulso del legislatore
comunitario, mirano a soddisfare nuove esigenze di tutela che si
affermano nell'àmbito delle operazioni economiche29. Così, nel corso
28
Mette in evidenza questa evoluzione G. BENEDETTI, La formazione del contratto e l'inizio
di esecuzione: dal codice civile ai principi di diritto europeo dei contratti, in Eur. dir. priv.,
2005, p. 335 s., il quale innanzitutto osserva che «le libertà contrattuali reclamano la parità
contrattuale. Libertà-contrattuale e parità-contrattuale costituiscono un binomio
interdipendente ineludibile. Il contratto non è luogo di privilegi; esso vede le parti, una di
fronte all'altra, libere, pari, responsabili. Ma questo è principio antico, che tuttavia nel tempo
si è variamente modulato». Ciò posto, l'Autore rileva, poi, come l'«ambizione della reductio
ad unitatem», che trova espressione nella formula della «parità formale» delle parti
contraenti abbia subíto «la critica erosiva della società industriale che rivendica e afferma il
principio di solidarietà, in nome dello stato sociale che tende alla parità sostanziale. Di qui la
serie di interventi correttivi, dal diritto del lavoro al diritto dei contratti, con una serie di
rimedi, che limitano, in forza di quel principio, l'autonomia del privato, in ispecie la libertà
contrattuale, a difesa del contraente debole di fronte all'egemonia dell'impresa. Oggi questo
movimento ha assunto maggiore dimensione con la pioggia delle normative europee a difesa
del consumatore. La legislazione troverebbe così il suo fondamento, comunque il suo centro
di gravità, nel soggetto, debole di fronte all'impresa, grande protagonista del mercato». Nello
stesso senso G. VETTORI, Libertà di contratto e disparità di potere, in Riv. dir. priv., 2005, p.
743 ss.
29
In merito a questa tematica v., ampiamente, N. IRTI, L’età della decodificazione,
Milano, 1979 (4ª ed., Milano, 1999); ID., Leggi speciali (dal mono-sistema al poli-sistema),
in Riv. dir. civ., 1979, I, p. 145 ss.; U. BRECCIA, L’interprete tra codice e nuove leggi civili, in
Pol. dir., 1982, p. 579 ss.; F.D. BUSNELLI, Tramonto del codice civile?, in AA.VV., Legge,
giudici, politica. Le esperienze italiana e inglese a confronto, Milano, 1983, p. 209 ss.; ID., Il
diritto civile tra codice e legislazione speciale, Napoli, 1984; F. GALGANO, Come fare le leggi
civili?, in Riv. crit. dir. priv., 1983, p. 315 ss.; C. SALVI, La giusprivatistica fra codice e
scienza, in A. SCHIAVONE (a cura di), Stato e cultura giuridica in Italia dall’Unità alla
Repubblica, Roma-Bari, 1990, p. 233 ss.; AA.VV., I cinquant’anni del codice civile, Atti del
Convegno di Milano 4-6 giugno 1992, I e II, Milano, 1993; A. FALZEA, A chiusura delle
celebrazioni cinquantenarie del codice civile, in Riv. dir. civ., 1993, I, p. 213 ss.; R. SACCO, I
codici civili dell’ultimo cinquantennio, ivi, 1993, I, p. 311 ss.; P. SCHLESINGER, Codice civile e
sistema civilistico: il nucleo codicistico ed i suoi satelliti, ivi, 1993, I, p. 403 ss.; N. IRTI,
Codice civile e società politica, Roma-Bari, 1995; S. RODOTÀ, Aspettando un codice?, in Riv.
crit. dir. priv., 1998, p. 3 ss.; P. RESCIGNO, La «forma» codice: storia e geografia di una idea,
cit., p. 29 ss.
V. anche A. LUNA SERRANO, Presentación, in N. IRTI, La edad de la descodificación,
Zaragoza, 1991, p. 8, il quale descrive il fenomeno della «decodificazione» come la
«desconcertante tensión entre la asentada centralidad del texto codificado y la vivacidad
de la fragmentaria y cambiante, con frequencía imperfecta y aún contradictoria,
legislación especial; entre la hasta hace poco indicutida fuerza centrípeta normativa del
Código y la creciente y disolvente fuerza centrífuga de las leyes especiales; o, si se prefiere
–en una tercera formulación que resume como las otras, por igual aspectos
21
21
degli anni si è assistito, progressivamente, all'inserimento in
molteplici leggi speciali della disciplina relativa a numerosi rapporti
contrattuali, che si caratterizzano per la presenza di un contraente
che si trova in una posizione di «debolezza» nei confronti della sua
controparte. Si tratta, infatti, di normative che, più specificamente, si
propongono come obiettivo proprio quello di ripristinare una
condizione di equilibrio fra le parti contraenti, e ciò rappresenta una
tendenza
che
recentemente
sembra
trovare
«compimento»
nell'emanazione dei codici di settore30.
Tale
situazione
porta,
secondo
parte
della
dottrina,
all'individuazione di «microsistemi» legislativi, considerati come
autonomi e distinti corpi normativi che devono essere singolarmente
interpretati senza attribuire alcuna rilevanza alla normativa presente
nel codice civile, in altre disposizioni extracodicistiche e, addirittura,
nella stessa Costituzione31.
Ma questa impostazione sembra perdere di vista che la
«complessità» dell'ordinamento, ossia la presenza all'interno di esso
di una pluralità di fonti normative, può essere interpretata soltanto se
ne viene riconosciuto il suo fondamento unitario, costruito interno ai
valori e principi costituzionali32. Ed è proprio quest'ultima, invece, la
fenomenológicos, metodológicos y valorativos- entre la unidad del sistema normativo y la
progresiva disgregación del mismo».
30
In questo senso, N. IRTI, «Codice di settore»: compimento della «decodificazione», in
Dir. soc., 2005, p. 22, il quale afferma che «decodificazione e codici di settore appartengono
alla medesima logica. I codici di settore non segnano un ritorno al codice, ossia alla forma
storica del codice, ma sviluppo e compimento del processo di decodificazione. Non
ricostruiscono e restaurano, ma sospingono e radicalizzano la de-codificazione»; L. ROSSI
CARLEO, Il Codice del consumo: prime impressioni fra critiche e consensi, cit., p. 34; F. ADDIS,
o.c., § 2.
31
N. IRTI, Leggi speciali (dal mono-sistema al poli-sistema), cit., p. 141 ss.
La presenza nel nostro ordinamento di «microsistemi» legislativi viene evocata in
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 352, ove è rilevato che
«Le codificazioni incentrate sull’unità del soggetto giuridico e sulla centralità e sistematicità
del diritto civile stanno, quindi, lasciando spazi a micro-sistemi ordinamentali, non fondati
sull’idea dell’immutabilità della società civile, improntati a sperimentalismo ed incentrati su
logiche di settore, di matrice non esclusivamente giuridica». Ed in proposito, v. A. ZACCARIA,
o.l.c., secondo il quale con riferimento al codice del consumo «il termine “codice” va inteso,
piuttosto, nel senso di micro-sitema, organizzato sulla base di valori e princìpi
(esclusivamente) propri del settore interessato: micro-sistema che si colloca nell’orbita del
(vero) “codice”, il quale rimane il “custode” del diritto privato comune».
32
In questo senso, con diverse argomentazioni, R. ALESSI, Contratti dei consumatori e
22
22
chiave di lettura che si reputa preferibile nell'analisi delle norme del
codice del consumo, le quali, al di là della loro collocazione,
necessitano di essere esaminate assumendo come baricentro di ogni
procedimento ermeneutico innanzitutto la Costituzione e, nel
contempo, senza perdere di vista l'unitarietà del sistema33.
Secondo altro orientamento, poi, il codice del consumo non
può
essere
qualificato
come
l'esito
di
un
processo
di
«consolidazione», intesa quale semplice raccolta del «materiale
dato» dal legislatore, ma si reputa che esso rappresenti l’espressione
di una attività più articolata di «ricodificazione»34. Se, infatti, si tiene
disciplina generale del contratto dopo l'emanazione del codice del consumo, cit., p. 819 s.,
per la quale «non assistiamo insomma ad un fenomeno di deperimento di categorie generali
a beneficio di altrettanti microsistemi a carattere settoriale -secondo quella idea di
decodificazione peraltro non da tutti condivisa- ma neppure ad una riedizione del trend
offerto dal codice, in cui alle regole generali seguono discipline speciali-figlie che in qualche
modo si rispecchiano, riproponendo, specificando o aggiornando un modello capace di
mantenere una propria unitarietà»; L. ROSSI CARLEO, Il Codice del consumo: prime
impressioni fra critiche e consensi, cit., p. 37, secondo cui «il valore aggiunto dato dalla
codificazione per settori non può limitarsi all’individuazione di una serie di microsettori letti
come monosistemi indipendenti, seppure collegabili, ma deve ricercarsi nella possibile
ricostruzione di un sistema “unico”, che si ricompone alla luce dei principi generali e che
impone di superare la dimensione insulare del soggetto astratto (che caratterizza il codice
civile), recuperando la carenza della dimensione sociale dell’individuo (secondo i principi
costituzionali)»; ID., Il mercato tra scelte volontarie e comportamenti obbligatori, in Eur.
dir. priv., 2008, p. 160, ove viene specificato che «bisogna guardare all’insieme (che si
sostituisce all’unità) non come al risultato di una semplice somma di singoli elementi,
considerati separatamente, o meglio in tal modo considerabili, quanto, piuttosto, come a una
integrazione fra i vari elementi che si vanno a combinare, determinando nuovi scenari nei
quali si raccordano tradizione e innovazione»; P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra
normative di settore e codice del consumo, in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V.
RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e prospettive, Napoli, 2008, p. 11.
33
In una prospettiva generale v. P. PERLINGIERI, Complessità e unitarietà
dell’ordinamento giuridico vigente, in ID., L'ordinamento vigente e i suoi valori. Problemi
del diritto civile, Napoli, 2006, p. 17 ss. e spec. p. 27 ss.; ID., Il diritto civile nella legalità
costituzionale, cit., p. 177, per il quale, in ogni caso, a fronte di un problema interpretativo
«occorrerà dare una risposta cercandola prontamente nell’àmbito dell’intero sistema, senza
pregiudizi sulla residualità del codice né disattenzioni verso leggi sempre piú numerose e
frammentarie»; ID., Giustizia secondo Costituzione ed ermeneutica, Prolusione inaugurale ai
corsi della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali “L. Migliorini”, Facoltà di
Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia, 19 gennaio 2006, ove, nel proporre una
teoria della interpretazione fondata sui princípi ed i valori costituzionali, viene affermato che
«il pluralismo delle fonti, il pluralismo dei livelli, non è pluralismo del sistema: il sistema è
unico»; così si considera che nell'attività ermeneutica «non ci si può fermare alla lettera ed al
microsistema, sul presupposto che la norma è chiara. La chiarezza di una norma non appare
essere un prius ma un posterius dell’interpretazione. La lettera di una norma può essere
confermata dall’interpretazione sistematica ed assiologica, ma può trovare anche una
smentita assoluta. Di fronte ad una norma si pongono due alternative: o essa non può essere
interpretata in modo conforme alla Costituzione ed il suo destino sarà quello di non essere
applicata o di essere rinviata dinanzi alla Corte costituzionale; oppure essa si potrà
interpretare secondo Costituzione».
34
Sul significato dell'espressione «consolidazione» e sul suo rapporto con il codice civile
23
23
conto della circostanza che obiettivo perseguito è quello di soddisfare
l’esigenza «di riordino sostanziale e di riduzione delle fonti»35,
l’attività posta in essere dal legislatore del 2005 può essere descritta
come un’opera volta a sintetizzare «in un corpus unitario modelli
normativi comuni in luogo di discipline disparate»36.
Il risultato prodotto è un provvedimento che, superando la
frammentarietà della normativa, offre all’interprete uno scenario
interpretativo che rispetto al passato è «nuovo», non tanto con
riferimento al contenuto delle singole norme, quanto con riguardo
alla possibilità di avere delle stesse una visione organica e
sistematica, con la conseguenza che, in questo modo, risulta
agevolata e garantita la certezza giuridica37.
v. le considerazioni di T. ASCARELLI, L’idea di codice nel diritto privato e la funzione
dell'interpretazione, cit., p. 173; N. IRTI, Consolidazioni e codificazioni delle leggi civili, in
Riv. dir. civ., 1993, I, p. 303 ss.
35
Relazione illustrativa, cit., p. 8.
36
Questa definizione di «ricodificazione» è offerta da C. CASTRONOVO, Decodificazione.
Delegificazione. Ricodificazione, in I cinquant’anni del codice civile. Atti del Convegno di
Milano, 4-6 giugno 1992, II, Milano, 1993, p. 495 s., il quale afferma che «per quanto
complessa possa essere una simile prospettiva essa si presenta l’unica seriamente
percorribile per uscire dalla difficoltà di una delegificazione che non può diventare pura e
semplice eliminazione di disciplina legislativa e che però vuole e deve essere semplificazione
dell’ordinamento: perché una società complessa non può permettersi ammanchi legislativi
ma non deve neanche annegare nell’alluvione delle leggi, nell’un caso e nell’altro
derivandone una confusione alla lunga insostenibile». Di contrario avviso S. RODOTÀ,
Aspettando un codice?, cit., p. 4, secondo il quale «il dilagare della legislazione speciale, il
moltiplicarsi dei “microsistemi” hanno fatto sorgere un bisogno di ordine che ha origini e
motivazioni diverse, ma che può essere ricondotto, senza forzature eccessive, ad una
esigenza di chiarezza e conoscibilità delle norme che si manifesta tutte le volte che l'ambito
della legislazione si dilata e si moltiplicano le fonti normative. La risposta più spontanea è
quella antica della “consolidazione”, della raccolta in testi unici della legislazione dei diversi
settori, che viene così ordinata, depurata, posta al riparo dai dubbi delle abrogazioni
implicite e dei coordinamenti».
37
Si collocano in questa prospettiva, con diverse argomentazioni, le tesi di V. ROPPO, Parte
generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul
«terzo contratto»), in Riv. dir. priv., 2007, p. 674 ss., per il quale il codice del consumo -ed
anche gli altri codici di settore- «nel momento in cui raccolgono e organizzano entro una
cornice unitaria norme prima disperse in tanti diversi luoghi della legislazione, esprimono in
generale un certo recupero di “pensiero sistematico”, introducendo elementi di ordine e di
unità in un panorama normativo prima contrassegnato da frammentazione e disordine:
fanno insomma qualcosa che appartiene al proprium delle codificazioni»; L. ROSSI CARLEO,
Art. 3, Definizioni, comma 1, lett. f), codice, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice
del consumo. Commentario, cit., p. 90, secondo la quale si può ritenere che «il riassetto
“sistematico” vada ben oltre la consolidazione, in quanto non fotografa solo la situazione
esistente, ma permette di individuare e svelare principi di carattere generale che la disciplina
frammentaria delle diverse leggi non consente di enucleare con chiarezza e con certezza»;
ID., Il Codice del consumo: prime impressioni fra critiche e consensi, cit., p. 34, ove è
specificato che «l’operatore non trova nulla di nuovo, ma trova ciò che prima, sovente, non
poteva vedere»; E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p. 183; G. CHINÉ, Art. 3. Definizioni, in
24
24
2. È muovendo da questa prospettiva che, poi, la struttura ed
il contenuto del codice del consumo sono stati oggetto di
approfondimento da parte della dottrina, la quale ne ha evidenziato
alcuni profili critici. E il punto di partenza di questa analisi è
rappresentato dalle indicazioni che lo stesso legislatore ha fornito
nella Relazione illustrativa al d.lg. n. 206 del 2005, ove, in proposito,
viene specificato che la riorganizzazione delle varie disposizioni
esistenti è stata condotta sulla base della «sequenza logica e
temporale lineare, che ordina la disciplina intorno al procedimento
economico e giuridico compiuto nella sua interezza, dell’atto di
consumo». Risulta scartata, invece, la proposta di elaborare il codice
seguendo
un
«criterio
di
accorpamento,
corrispondente
all’elencazione dei diritti fondamentali indicati nell’articolo 1, comma
2, della legge 30 luglio 1998, n. 281», sul rilievo che tale opzione
sarebbe stata di non facile realizzazione pratica38. Si rileva, infatti,
che i diritti fondamentali del consumatore, riguardando «l’unitarietà
della persona e la sua centralità nell’ordinamento», non possano
essere circoscritti ai «soli profili del mercato» e, pertanto, un
riferimento ad essi avrebbe potuto rappresentare un ostacolo alla
V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p. 29, per il quale
«l’obiettivo ultimo perseguito, al di là degli obblighi comunitari, è pertanto di accrescere la
fruibilità complessiva delle fonti da parte dei destinatari, giacché una maggiore chiarezza e
sistematicità è pienamente apprezzata sia nelle fasi del contenzioso e di attuazione della
tutela, sia in quelle antecedenti, più importanti, in cui è possibile agevolare una funzione
deterrente di comportamenti scorretti ai danni dei consumatori. Per tale via, la codificazione
restituisce effettività alle norme codificate e garantisce maggiormente il ruolo del
consumatore di “arbitro del mercato”, favorendo l'opera di eliminazione delle distorsioni del
meccanismo concorrenziale».
Analoghe osservazioni sono svolte in relazione ad altri codici di settore. V., in
particolare, con riferimento al codice in materia di protezione dei dati personali, le
considerazioni di M.D. GRAMUNT FOMBUENA, Dati personali e comunicazioni elettroniche.
L’attuazione della direttiva CE n. 220/58 nell’ordinamento spagnolo, in V. CUFFARO, R.
D’ORAZIO e V. RICCIUTO (a cura di), Il Codice del trattamento dei dati personali, Torino, 2007,
p. 949 s.
38
Relazione illustrativa, cit., p. 6. Soluzione condivisa da Cons. St., sez. atti normativi, 20
dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 351, in cui si afferma che «i diritti fondamentali del
consumatore elencati dalla l. n. 281 del 1998 non sono tutti riconducibili in via esclusiva allo
status di consumatore (si pensi al diritto incomprimibile alla salute ex art. 32 Cost.); di qui la
difficoltà di rintracciare un filo conduttore che evidenzi la specificità della tutela del
consumatore rispetto agli altri titolari dei diritti di che trattasi».
25
25
realizzazione di una «corretta e completa opera di riunificazione»
della normativa esistente39.
Le varie disposizioni vengono, così, raccolte «secondo un
ordine logico che ripercorre le fasi del rapporto di consumo, istituito
tra il consumatore o l’utente da un lato, e il produttore di beni e
servizi e i suoi intermediari, dall’altro»40.
A conferma di questa impostazione prettamente oggettiva del
provvedimento può essere evocata la sua stessa intitolazione: la
denominazione «codice» è, infatti, accompagnata dalla specificazione
«del consumo» e non viene, invece, operato un riferimento alla figura
del
«consumatore»
o,
più
genericamente,
ai
«diritti
del
consumatore»41. Può essere, inoltre, richiamato l’art. 1 c. cons., il
quale espressamente stabilisce che il codice armonizza e riordina le
normative concernenti «i processi di acquisto e consumo»42.
Ma, al di là di questi rilievi, la dottrina è concorde nel
sottolineare l’importanza che in questo àmbito disciplinare assume il
profilo soggettivo43. Così, viene affermato che il codice del consumo
39
Così L. ROSSI CARLEO, La codificazione di settore: il codice del consumo, cit., p. 883,
secondo la quale «un esempio emblematico è dato dalla tutela della salute, richiamata in
questa, come in altre leggi di settore, ed intorno alla quale sarebbe stato impossibile
riaggregare una disciplina che era e deve essere trasversale, tanto che, in questo Codice, la
Commissione aveva ritenuto che sarebbe stato addirittura più corretto far riferimento alla
protezione della salute, anziché alla tutela».
40
Relazione illustrativa, cit., p. 5. Sul punto v. anche Cons. St., sez. atti normativi, 20
dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 351, ove si considera che la sequenza indicata
rappresenta il «paradigma per qualsiasi forma di consumo, anche disciplinata in sub-settori
specifici (ad esempio: bancario, assicurativo, finanziario, ecc.), con la conseguenza che ogni
deroga a tale paradigma, oltre ad essere espressa e di stretta interpretazione, deve
corrispondere ad un’esigenza di interesse generale».
41
A. PALMIERI, Arriva il codice del consumo: riorganizzazione (tendenzialmente)
completa tra addii e innovazioni, in Foro it., 2006, V, c. 78, il quale sottolinea che
nell'intitolazione «l’archetipo soggettivo cede il posto ad un piú asettico riferimento all’atto
del consumare».
42
Su questa espressione v. G. CHINÉ, Art. 1, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo
e norme collegate, cit., p. 9, secondo il quale tale sintagma normativo è «ambiguo ed
eterogeneo. L’ambiguità discende dall’avere affiancato la nozione di processo, intesa
chiaramente in senso meramente descrittivo, a quelle di acquisto e consumo; l’eterogeneità
deriva dal fatto che l’acquisto identifica un modello contrattuale, il consumo, sebbene si
possa coniugare ad un tale modello, sul piano eminentemente terminologico è nozione
distinta, di carattere generico e, comunque, polisenso. Ma al di là degli equivoci indotti dal
suo tenore letterale, la norma deve essere intesa nel significato derivante dal criterio di
aggregazione normativa seguito dal legislatore delegato».
43
L. ROSSI CARLEO, Il Codice del consumo: prime impressioni fra critiche e consensi, cit.,
p. 39 ss.; G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo»: un’occasione perduta?, cit., p. 1138 s.;
26
26
rappresenta «una sorta di “manifesto” dei diritti dei consumatori
perché qui sono raccolte tutte, o quasi tutte le regole che istituiscono
diritti in capo al consumatore e i rimedi concessigli dall’ordinamento
per farli valere»44; ed è riconosciuto che, sebbene elemento centrale
della normativa sia il «contratto», non si può non constatare che
«aggiungere il termine consumatore al binomio contratto-mercato
propone ed impone di fissare l’attenzione su quella parte nella quale
il cerchio immaginario che si instaura fra contratto e mercato non
solo trova il suo punto di congiunzione, ma trova anche il punto di
partenza per una ulteriore serie di figure che da essa promanano» 45.
Allo stesso modo, con un'osservazione critica, si considera che l’«atto
di consumo» rappresenti un «filo conduttore assai esile, privo di un
sicuro e coerente fondamento dogmatico e spesso contraddetto dai
contenuti specifici delle diverse discipline»46.
Ciò posto, con specifico riferimento al contenuto del codice del
consumo sono stati individuati numerosi profili di ambiguità dello
stesso e, più specificamente, è stata evidenziata, da un lato, la
presenza di disposizioni che non riguardano esclusivamente la tutela
ID., Il «codice del consumo», cit., pp. 750 e 754; E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p.
184.
44
G. ALPA, I diritti dei consumatori e il «Codice del consumo» nell’esperienza italiana,
cit., p. 3 ss., il quale rileva come si sia verifica una «evoluzione del diritto dei consumatori
verso un diritto dei “cittadini”», ossia verso un diritto che «non sia solo piegato sul
componimento degli interessi economici tra le parti in conflitto», ma che sia
«primariamente fondato sulla protezione dei diritti della persona, che, nella scala dei valori,
non possono essere né posposti né equiparati ai diritti di natura economica» (p. 32); G. DE
CRISTOFARO, o.u.c., p. 754, ove si osserva che in realtà «l’impianto e la struttura del codice del
consumo, lungi dall’essere caratterizzati da una sistematica razionale, lineare, solida e
coerente, appaiono risentire fortemente (nonostante nella Relazione si affermi il contrario)
della suggestione esercitata dall’elenco (eterogeneo e disorganico) dei “diritti fondamentali
del consumatore” contenuto nell’art. 2, comma 2°, a sua volta largamente ispirato alla
statuizione dell’art. 153 del Trattato CE».
45
Così L. ROSSI CARLEO, La codificazione di settore: il codice del consumo, cit., p. 884 ss.,
secondo la quale il contratto «rappresenta il segmento centrale del procedimento di
consumo, attraverso il quale si realizza la circolazione dei beni e dei servizi. Da
quest’angolazione il contratto, in quanto tale, non può essere considerato isolatamente, ma
va considerato tenendo conto del “prima”: educazione, informazione, pubblicità e del
“dopo”: sicurezza e qualità. Occorre, cioè, tenere conto del rilievo (prioritario) che assumono
le regole del mercato, in particolare per quanto riguarda le regole di comportamento
dell’impresa, entro le quali il contratto, con le sue regole specifiche, va collocato».
46
G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione perduta?, cit., p. 1139; ID., Il
«Codice del consumo», cit., p. 754; E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p. 184.
27
27
del consumatore, e, dall'altro lato, il mancato inserimento in esso di
alcune importanti normative inerenti tale materia47.
Così, con riguardo al primo aspetto, il codice del consumo
appare «sovrabbondante» nella parte in cui disciplina istituti volti ad
assicurare protezione ad un soggetto che si trova in una condizione di
«debolezza», i quali si considera che possano operare non soltanto a
vantaggio del consumatore, ma anche nei confronti di coloro che
agiscono
nell’esercizio
della
propria
attività
commerciale,
professionale, industriale e artigianale48. Il riferimento è alla
disciplina della responsabilità per danno da prodotto difettoso e,
specificamente, all’art. 123, comma 1, lett. a, c. cons. ove il generico
riferimento al «danneggiato» viene interpretato nel senso che potrà
essere risarcito il danno consistente nella morte o lesioni personali
sia quando a subirlo è una persona che riveste la qualifica di
consumatore, che nel caso in cui venga colpito un professionista49.
Allo stesso modo, prima dell'intervento di modifica adottato
dal legislatore nel 2007, si riconosceva l'opportunità di collocare al di
fuori del codice del consumo la disciplina in materia di pubblicità
(contenuta nel Titolo III della Parte II), ritenendo che ricorressero
diversi elementi da cui poter ricavare il suo più ampio àmbito
soggettivo di applicazione. In questo senso, più in particolare, veniva
sottolineata la presenza di una nozione di consumatore che, rispetto a
47
G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione perduta?, cit., p. 1138; ID., Il
«Codice del consumo», cit., p. 755 s.; P. PERLINGIERI, Relazione alla Giornata di studio su “Il
diritto dei consumi: realtà e prospettive”, organizzata dal Centro di Studi Giuridici sui diritti
dei consumatori, Polo Scientifico Didattico di Terni - Università degli Studi di Perugia, Terni
30 aprile 2008, in Rass. dir. civ., (in corso di stampa), il quale, sulla base di questi rilievi,
riconosce che «i profili non apprezzabili del codice del consumo superano notevolmente
quelli apprezzabili».
48
E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p. 185 s.
49
L. DELOGU, Leggendo il codice del consumo alla ricerca della nozione di consumatore,
cit., p. 99 s. Cfr. G. ALPA, Il diritto dei consumatori: un laboratorio per i giuristi, in
www.consiglionazionaleforense.it/(Novità e attività), p. 6 s., il quale replica
osservando che «è pur vero che il difetto può cagionare danni a tutti, quindi anche a vittime
che non siano qualificabili come “consumatori” (e per questo la commissione che ha redatto
il codice, da me presieduta, è stata criticata da parte della dottrina), ma è anche vero che la
inclusione di queste norme nel codice non preclude la loro applicazione ai non consumatori
ed inoltre consente di coordinare questa disciplina con le altre regole in materia».
28
28
quella contenuta nell’art. 3, lett. a, c. cons. - in base al quale è
consumatore «la persona fisica che agisce per scopi estranei
all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale
eventualmente svolta» - si configurava come «speciale» (art. 18 c.
cons. nella sua versione originaria), includendo tra i soggetti protetti
anche «le persone giuridiche»; la stessa ratio della normativa
induceva, poi, a considerare protetti anche i soggetti esercenti
un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e, più
in generale, «gli interessi del pubblico nella fruizione di messaggi
pubblicitari»50.
Tale «incongruenza» è stata eliminata dal d.lg. 2 agosto 2007,
n. 146, che, nel recepire la direttiva comunitaria n. 29 del 2005, ha
inciso profondamente sul codice del consumo ove, agli artt. 18 - 27quater c. cons., nella loro nuova formulazione, sono oggi disciplinate
le
«pratiche
commerciali
scorrette»
tra
professionisti
e
consumatori51. Le disposizioni «sulla tutela dei professionisti dalla
pubblicità ingannevole e sulle condizioni di liceità della pubblicità
comparativa» formano, invece, oggetto del d.lg. 2 agosto 2007, n. 145
e questa loro collocazione totalmente svincolata dal codice del
consumo contribuisce ad eliminare qualsiasi dubbi circa l’operatività
di tale normativa anche nei confronti di soggetti che agiscono
nell’esercizio della propria attività professionale52.
50
V. il Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato espresso in data 4
maggio
2005
e
riportato
in
Bollettino,
18/2005
(consultabile
in
www.agcm.it/D11.htm, p. 36), in cui si sottolinea che «la diversa nozione adottata
risponde all’esigenza di distinguere, sotto questo profilo, la normativa in materia di
pubblicità ingannevole e comparativa da altre discipline poste a tutela dei consumatori, pure
presenti all’interno del Codice: detta distinzione trova fondamento nei distinti interessi che
vengono in rilievo. La disciplina di cui al decreto legislativo n. 74/92 è, infatti, intesa a
garantire non direttamente gli interessi economici dei singoli consumatori, quali parti
“deboli” nel rapporto contrattuale, bensì l’interesse pubblico all'eliminazione delle
comunicazioni pubblicitarie ingannevoli».
51
Su queste disposizioni v., per tutti, C. GRANELLI, Le “pratiche commerciali scorrette” tra
imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva 2005/29/CE modifica il codice del
consumo, in Obbligazioni e contratti (consultabile in www.lerivisteipertestuali.it), 2007, n.
8, § 1 ss.
52
G. CHIAPPETTA, Comunicazioni e diffusioni pubblicitarie, in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L.
MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e prospettive, cit., p. 494 ss., la
quale sottolinea il carattere «plurioffensivo» delle comunicazioni e diffusioni pubblicitarie
29
29
Ma non può essere sottaciuto che, pure di fronte alla nuova
fisionomia assunta dal codice del consumo, i primi commentatori a
tale intervento di modifica hanno evidenziato che, comunque, con
l'introduzione della normativa relativa alle pratiche commerciali
scorrette «il nostro legislatore si è mosso nell’ottica di predisporre
“sanzioni” e “mezzi” volti alla tutela (non già del singolo consumatore
concretamente vittima di una “pratica commerciale scorretta”, bensì)
solo del mercato e, con esso, dei consumatori collettivamente
considerati, nonché, indirettamente, anche dei concorrenti “corretti”
che su detto mercato operano»53. In questo àmbito, pertanto, il codice
del consumo continua a presentare una «polivalenza di ispirazione»54
con riferimento sia al profilo dei soggetti tutelati, che a quello dei
contenuti55.
sleali; nello stesso senso M. DONA, Pubblicità, pratiche commerciali e contratti nel Codice
del Consumo, Torino, 2008, p. 10, secondo il quale con l'intervento di modifica viene a
realizzarsi «un doppio binario di tutela che assume come criterio distintivo non il
destinatario del messaggio, bensì il titolare dell'interesse eventualmente leso dalla
comunicazione pubblicitaria: qualora esso sia riferibile al consumatore, si applicherà la
disciplina di recepimento delle pratiche commerciali scorrette, e quindi i nuovi artt. da 18 a
27 del Codice del consumo, mentre nel caso in cui l'interesse leso sia riferibile al
professionista, si applicherà il d.lg. n. 145/2007».
53
Così C. GRANELLI, o.c., § 3.
54
Così, F. RIZZO, Azione collettiva risarcitoria e interessi tutelati, Napoli, 2008, p. 29, il
quale in proposito discorre anche di una «pluralità di anime» del codice del consumo.
55
Per queste considerazioni si rinvia a V. ROPPO, Parte generale del contratto, contratti
del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), cit., p. 678 s., il
quale, prima dell'intervento del legislatore italiano di attuazione della direttiva comunitaria
n. 29 del 2005, considerava che il recepimento di essa entro la struttura del codice del
consumo avrebbe provocato «per dimensioni e qualità- un impatto fortissimo sul
preesistente (e pur giovanissimo) corpo normativo, del quale finirebbe per sconvolgere
l’impostazione, gli assetti, gli equilibri originari». E viene ipotizzato che per effetto di questo
inserimento il codice del consumo avrebbe mutato fisionomia: il suo «volto a dominanza
contrattuale; non sarebbe più così nel momento in cui dovesse aprirsi a regole come quelle
sulle pratiche commerciali sleali, inscritte in un orizzonte che invece è prevalentemente
extracontrattuale». Sotto altro profilo, poi, C. GRANELLI, o.c., § 3, secondo cui «clamoroso
appare il silenzio dalla novella serbato, invece, in ordine ai “rimedi” accessibili al singolo
consumatore concretamente inciso da una “pratica commerciale scorretta” (ad es., per
essersi determinato alla stipula di un particolare contratto con il professionista proprio a
causa e per effetto di detta “pratica”)», e viene messo in luce che, in assenza di una espressa
previsione del legislatore, la quale sarebbe stata consentita dalla stessa direttiva, è
demandato «all’interprete il compito - delicato, ma proprio per questo ancora più stimolante
- di coordinare il generale principio secondo cui, quanto meno nei rapporti tra professionista
e consumatore, “le pratiche commerciali scorrette sono vietate” (art. 20, 1° co., c. cons.) con
il sistema dei “rimedi” (contrattuali e non) quale emerge dal nostro sistema,
complessivamente considerato». In arg., su queste problematiche, L. DI NELLA, Prime
considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive, in Contr. impr./Eur.,
2007, p. 62; G. DE CRISTOFARO, La difficile attuazione della direttiva 2005/29/CE
concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori:
30
30
Analoghe considerazioni possono essere svolte nei confronti
della nozione «generale» di consumatore, alla quale, infatti, si
affiancano altre definizioni che presentano caratteri di specialità
rispetto a quanto stabilito nell’art. 3, lett. a, c. cons.56. Così,
nell’àmbito
della
disciplina
inerente
le
«informazioni
ai
consumatori», l’art. 5 c. cons. fa riferimento ad «ogni persona fisica
alla quale sono dirette le informazioni commerciali», mentre, l’art. 83
c. cons., in materia di servizi turistici, considera tale «l’acquirente, il
cessionario di un pacchetto turistico o anche da nominare, purchè
soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per
conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare
senza remunerazione un pacchetto turistico».
La presenza all’interno del codice del consumo di queste
differenti nozioni viene valutata in contrasto con l’obiettivo, dallo
stesso perseguito, di dare vita ad un complesso normativo in grado di
superare la frammentarietà della disciplina consumeristica. Esse,
infatti, induco a pensare che, di volta in volta, a seconda dello
specifico settore considerato, debba essere preso in considerazione
un soggetto differente, con la conseguenza che «non vi è un
consumatore identico a se stesso per tutto il codice del consumo»57.
In altri termini, l’esistenza di molteplici nozioni di consumatore,
distinte
da
quella
generale
e
per
questo
definite
come
«ipertrofiche»58, porta a rilevare che «il soggetto protagonista del
Codice del consumo sembra perdere qualsiasi identità e rivelarsi uno
strumento utile soltanto per tracciare i confini applicativi delle
proposte e prospettive, ivi, 2007, p. 14. V. anche A. PERA, La Direttiva sulle pratiche
commerciali sleali tra tutela del consumatore e disciplina della concorrenza, in Riv. dir.
civ., 2008, II, p. 497 s., la quale si sofferma sull'operatività in questa fattispecie degli
strumenti previsti dagli artt. 139-141 c. cons.
56
Sulle problematiche inerenti la nozione di consumatore v. il Capitolo II.
57
Così, E. MINERVINI, o.c., p. 185; G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione
perduta?, cit., p. 1139 s., il quale, in generale, considera la disposizione di cui all’art. 3 c.
cons. «fortemente deludente», ritenendo che le nozioni in essa contenute «valgono
esclusivamente per il codice del consumo» e soprattutto «solo per alcune parti» di esso.
58
A. PALMIERI, Arriva il codice del consumo: riorganizzazione (tendenzialmente)
completa tra addii e innovazioni, cit., c. 81.
31
31
diverse aree di intervento»59. Ed è in questo senso che può essere
letta la specificazione, recentemente introdotta, che apre l'art. 3 c.
cons., secondo cui le definizioni generali in esso contenute, tra cui
anche quella di consumatore, valgono «ove non diversamente
previsto»60.
Sotto altro profilo la dottrina contesta al codice del consumo la
carenza del requisito della «completezza» nella parte in cui è omesso
il riferimento ad importanti normative che hanno sempre ad oggetto
la tutela del consumatore61. In proposito, viene in evidenza l’art. 46 c.
cons., il quale espressamente esclude che le disposizioni del codice
del consumo sui contratti riguardanti la fornitura di beni o la
prestazione di servizi possano trovare applicazione rispetto ai
«contratti relativi alla fornitura di prodotti alimentari o bevande o di
altri prodotti di uso domestico corrente consegnati a scadenze
frequenti e regolari», ai «contratti di assicurazione» ed ai «contratti
relativi a strumenti finanziari»62.
59
In proposito, L. DELOGU, o.c., p. 100; E. MINERVINI, o.l.c.
G. DE CRISTOFARO, Il “cantiere aperto” codice del consumo: modificazioni e innovazioni
apportate dal d. legisl. 23 ottobre 2007, n. 221, in Studium iuris, 2008, p. 268, secondo il
quale tale specificazione deve considerarsi del tutto «pleonastica» ed «ovvia», trattandosi di
una definizione che viene espressamente qualificata come «generale».
61
Su questo profilo, L. DELOGU, o.c., p. 90 s.; M.G. FALZONE CALVISI, o.c., p. 106 ss.; R. CALVO,
Il Codice del consumo tra «consolidazione» di leggi e autonomia privata, cit., p. 79, il quale
muovendo dalla considerazione che «i vantaggi offerti dalla “codificazione”, quantunque “di
settore”, sono ben percettibili là dove il raggruppamento sistematico delle regole sia sorretto
dall’estremo della completezza», conclude che «diventa arduo riuscire ad afferrare in quale
misura per il consumatore comune la consultazione del codice elaborato dal Governo generi
un vantaggio tangibile sotto il profilo informativo o della semplificazione dell’attività di
reperimento delle fonti». In proposito, si afferma che «troppe sono le discipline concernenti
il diritto dei consumi escluse dal lavoro di riassetto svolto su mandato del parlamento», con
la consegue che si reputa disatteso uno degli scopi perseguiti dal codice del consumo e, cioè,
l’offerta di un «vantaggio pratico, per i consumatori, consistente nella concreta possibilità di
consultare, in un unico testo normativo, tutte le disposizioni finalizzate alla loro protezione
specifica» (finalità indicata nella Relazione illustrativa, cit., p. 9; ed evidenziata anche in
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 353). Cfr. F. ADDIS, o.l.c.,
il quale specifica che, comunque, «per chi non è operatore giuridico professionale» il codice
del consumo rappresenta «un miglioramento tecnico e una notevole semplificazione del
lavoro di reperimento e analisi del “materiale consumeristico”», ma vi è la consapevolezza
che lo stesso «non è la sede esaustiva di ciò che oggi definiamo come consumatore in ambito
europeo e questo conferma la scarsa adeguatezza dell’operazione di riordino compiuta, forse
con troppa celerità, dal legislatore delegato che, in questo modo, ha probabilmente
contribuito al processo di “detecnicizzazione”».
62
In proposito v., il Parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato
espresso in data 4 maggio 2005, cit., (p. 35), ove è affermato che «non si comprende la
ragione per cui il Codice del consumo non contempli alcune tipologie di contratto, quali i
60
32
32
Manca, inoltre, ogni riferimento ai provvedimenti in tema di
diritto alimentare che presentano una incidenza nella sfera soggettiva
dei consumatori finali63, alla normativa sulle vendite dirette a
domicilio e piramidali64, nonché alla disciplina relativa alla tutela
degli acquirenti di immobili da costruire65, rispetto alla quale risulta
disattesa anche la soluzione prospettata dal Consiglio di Stato il
quale, considerando che si tratta di «una serie di norme di garanzia
per l’acquirente, le quali ben possono annoverarsi tra quelle di tutela
del consumatore con riguardo a diritti immobiliari», auspicava
l’inserimento nel codice del consumo di almeno un «richiamo di
chiusura» a queste disposizioni del tipo «salve le ulteriori garanzie
previste» dalla relativa normativa66.
contratti finanziari e assicurativi, che pur rappresentano ampia parte dei contratti che
vedono coinvolto il consumatore come parte debole del rapporto. Il Codice costituisce oggi
l’occasione per riordinare le numerose discipline settoriali, al fine di garantire al
consumatore una tutela realmente efficace e onnicomprensiva che non può certamente
ignorare tali tipologie contrattuali. Si consideri, infatti, che proprio in tali settori il
consumatore è notoriamente esposto a forti asimmetrie informative in ordine alle
caratteristiche dei servizi che si accinge ad acquisire e non dispone di un quadro normativo
organico che gli consenta adeguati strumenti di tutela nei confronti delle imprese. Uno
sforzo di codificazione in questo senso consentirebbe di raggiungere effettivamente quella
auspicata trasparenza in rapporti contrattuali che notoriamente rappresentano, in termini di
numero, la gran parte dei contratti dei consumatori ed eviterebbe il rischio che nell’ambito
di tali figure contrattuali, siccome lasciate fuori dal Codice, non sia garantito al consumatore
il medesimo standard di tutela».
63
In particolare, evidenzia ampiamente questa lacuna, R. CALVO, o.c., p. 77 ss.
64
V. la disciplina contenuta nella l. 17 agosto 2005, n. 173 (su cui v., per tutti, AA.VV.,
Artt. 1-6. Legge 17 agosto 2005, n. 173. – Disciplina della vendita diretta a domicilio e
tutela del consumatore dalla forme di vendita piramidale, in V. CUFFARO (a cura di), Codice
del consumo e norme collegate, cit., p. 1037 ss.).
65
Prevista dal d.lg. 20 giugno 2005, n. 122, in G.U., 6 luglio, n. 155.
66
Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 360. Per un ampio
approfondimento dei rapporti tra la nozione di consumatore e quella di «acquirente» di beni
immobili da costruire v., per tutti, L. MEZZASOMA, Il sistema delle garanzie nella vendita di
immobili da costruire e, in particolare, l’obbligo di rilascio della polizza assicurativa per
vizi e difetti, in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei
consumi: realtà e prospettive, cit., p. 445 ss.; ID., Art. 1, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del
consumo e norme collegate, cit., p. 1088 ss.; ID., Il «consumatore» acquirente di immobili
da costruire fra diritto al risparmio e diritto all’abitazione, Napoli, 2008, p. 65 ss. e, spec.,
p. 78 s., il quale evidenzia che «di fronte alla infelice dizione dell’art. 1, persona fisica, si deve
ritenere che il Decreto del 2005 appare applicabile ai soli acquisti compiuti per finalità non
tipiche dell’esercizio di attività professionali o imprenditoriali e, più specificamente, a tutti
quegli atti che sono espressione dell’investimento del risparmio individuale e familiare, di
fronte ad una operazione che appare intrinsecamente rischiosa». Ne consegue, secondo
l’Autore, che è «da scartare una equiparazione tra la nozione di “persona fisica” di cui al
Decreto in questione e la nozione di consumatore di cui alla legislazione consumeristica,
essendo diverse le finalità perseguite da tali disposizioni e non essendo l’acquisto
dell’immobile da costruire oggetto di tutela perché “atto di consumo”. Che poi possano
esservi, di fatto, nella specifica fattispecie concreta situazioni in cui vi sarà una
33
33
Nel contempo, risultano, praticamente, escluse dal codice del
consumo la normativa relativa al credito al consumo e quella del
commercio elettronico, le quali sono prese in considerate in semplici
norme di «rinvio» che richiamano, rispettivamente, il d.lg. 1°
settembre 1993, n. 385 - testo unico bancario - (art. 43 c. cons.) 67 ed il
d.lg. 9 aprile 2003, n. 70 (art. 68 c. cons.)68.
Un’altra lacuna relativa alla commercializzazione a distanza di
servizi finanziari ai consumatori è stata, però, recentemente colmata
dal legislatore con l’inserimento nel codice del consumo degli artt.
67-bis – 67-vicies bis69, realizzato mediante il d.lg. 23 ottobre 2007,
n. 22170. Tale provvedimento, aggiornando il codice del consumo, dà
identificazione della “persona fisica” di cui al Decreto con il consumatore di cui all’art. 3 c.
cons. sarà altra questione, sicuramente possibile, ma va ribadito che il riferimento alla
“persona fisica risparmiatrice” o, meglio, “che investe il risparmio” (godendo di particolari
tutele se lo fa per soddisfare primarie esigenze abitative), essendo questa la vera finalità di
protezione perseguita dal legislatore. La normativa in commento, quindi, non escluderà la
possibilità di invocare anche la disciplina contenuta nel codice del consumo, per cui
l’acquirente, anche consumatore ex art 3 c. cons., potrà godere delle tutele accordate pure da
quest’ultimo».
67
G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione perduta?, cit., p. 1143,
secondo cui la scelta del legislatore di «spezzare la disciplina del credito al consumo in due
tronconi, lasciandone uno (il principale) nel t.u. bancario e introducendo l’altro nel codice
del consumo» deve considerarsi «incompatibile ed incongruente con gli obiettivi e le finalità
in vista delle quali il codice del consumo è stato asseritamene elaborato!».
Non può essere trascurato di evidenziare la necessità di conformare la disciplina
vigente in questa materia con le disposizioni contenute nella recente direttiva del 23 aprile
2008, n. 48, «relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/
CEE» (in G.U.C.E. 22 maggio 2008, L 133/66).
68
Con riguardo a questa disposizione v., da ult., F. DELFINI, Art. 68. Rinvio, in V. CUFFARO
(a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p. 420 ss.
69
In proposito, G. ALPA, Il diritto dei consumatori: un laboratorio per i giuristi, cit., p. 8,
il quale pone in risalto che il legislatore «ha preferito mantenere all’esterno del Codice del
consumo e conservare all’interno del Testo unico bancario le disposizioni sul credito al
consumo, mentre ha inserito (senza coerenza sistematica) nel Codice del consumo le
disposizioni di attuazione della direttiva sulla vendita a distanza di prodotti finanziari».
Tali disposizioni ripropongono il contenuto del d.lg. 19 agosto 2005, n. 190, che ha
recepito la direttiva n. 65 del 2002 (su cui v., per tutti, G. DE CRISTOFARO, Contratti aventi ad
oggetto «servizi finanziari» stipulati a distanza e tutela dei consumatori: il d. legisl. 19
agosto 2005, n. 190, di recepimento della direttiva 2002/65/CE, in Studium iuris, 2006, p.
265 ss. e 385 ss.; P. LONGHINI, Servizi finanziari e telematici – La tutela degli investitori,
risparmiatori ed assicurati: commento al d. leg. 19 agosto 2005, n. 190, Milano, 2006;
AA.VV., D.lg. 19 agosto 2005, n. 190. – Attuazione della direttiva 2002/65/CE relativa alla
commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, in V. CUFFARO (a cura
di), Codice del consumo, cit., p. 835 ss.). E, rispetto a questa normativa già esistente al
momento della sua emanazione, il codice del consumo si considerava «nato vecchio», o
comunque destinato ad andare incontro ad «una precoce obsolescenza»: in questi termini,
R. CALVO, o.l.c.
70
Con questo provvedimento il legislatore ha anche provveduto ad apportare nel codice
del consumo alcune precisazioni e correzioni di errori materiali, come già aveva fatto in
precedenza l’«Avviso di rettifica: Comunicato relativo al decreto legislativo 6 settembre
34
34
conferma della configurazione di esso quale «cantiere aperto»71,
ovvero come una sorta di «contenitore nel quale si possono collocare
tutte le nuove regole in materia di rapporti tra consumatori e
imprenditori»72.
Il codice del consumo si presta, cioè, ad essere oggetto di
continue modifiche ed innovazioni, imposte dalla necessità di
adeguare la normativa in esso contenuta agli sviluppi della società73;
esigenza
che,
da
ultimo,
è
stata
soddisfatta
dalla
recente
introduzione, per effetto dall’art. 2, comma 446, della legge 24
dicembre 2007, n. 244 (disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), dell’art.
140-bis che disciplina l’azione collettiva risarcitoria, quale importante
nuovo strumento di protezione dei consumatori74.
Ma al di là delle lacune normative esistenti che, per necessità
di completezza del provvedimento, andrebbero colmate, non può
essere sottaciuto che sarebbe altresì auspicabile un intervento del
legislatore volto a modificare e, in alcune ipotesi ad eliminare, alcune
disposizioni già inserite nel codice del consumo. Il riferimento è alle
2005, n. 206, recante: “Codice del consumo, a norma dell'art. 7 della legge 29 luglio 2003,
n. 209”», pubblicato in G.U. 3 gennaio 2006, n. 2.
71
Questa espressione è utilizzata da G. DE CRISTOFARO, Il “cantiere aperto” codice del
consumo: modificazioni e innovazioni apportate dal d. legisl. 23 ottobre 2007, n. 221, cit.,
p. 266, secondo il quale, però, con questo intervento «ben poco si è fatto per porre rimedio
alle molte lacune, imprecisioni, incongruenze, imperfezioni tecniche e lessicali che
caratterizzano il testo del d. legisl. n. 206 del 2005»; v., anche, in precedenza G. ALPA,
Presentazione, in G. VILLANACCI (a cura di), Manuale del diritto dei consumi, cit., p. 7, ove il
codice del consumo viene definito come «un testo aperto: non fossilizza i diritti dei
consumatori, perché si adatta via via che dalla Comunità o dal legislatore nazionale
provengono input che richiedono di essere coordinati e collocati nella sua trama sistematica
in modo appropriato».
72
G. ALPA, Art. 1, Finalità ed oggetto, cit., p. 27.
73
In proposito si possono richiamare le considerazioni di N. LIPARI, Conclusione, in G.
ALPA e E. N. BUCCICO (a cura di), La riforma dei codici in Europa e il progetto di codice civile
europeo, Milano, 2002, p. 90, secondo il quale «cominciamo a vivere in un’epoca in cui
appunto i codici diventano vecchi in itinere. Allora è chiaro che il codice perde la natura di
codice e diventa l’equivalente di una legge ordinaria. I codici si costruiscono per durare. È
chiaro che oggi abbiamo un tipo di evoluzione sociale che conduce a superamenti più rapidi,
ma pensare che un codice possa durare poco più della stagione del suo confezionamento
appare un’operazione alquanto contraddittoria».
74
Su cui, da ult., per tutti, F. RIZZO, Azione collettiva risarcitoria e interessi tutelati, cit.,
passim; ID., Codice del consumo e azioni collettive, in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA
e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e prospettive, cit., p. 385 ss.
35
35
varie «sviste» in cui è incorso il legislatore, la cui presenza non
consente di poter valutare positivamente l’opera di ricomposizione ad
unità della disciplina consumeristica realizzata dallo stesso.
Recentemente il legislatore con il d.lg. n. 151 del 2006 ha
provveduto ad eliminare una eclatante imprecisione in cui era
incorso nella redazione dell'art. 94 c. cons. ove, con riferimento alla
responsabilità per danni alla persona derivanti da inadempimento o
inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto di un
«pacchetto turistico “tutto compreso”», si rinviava per l’indicazione
dei massimali risarcibili alla Convenzione internazionale di Berna sul
trasporto ferroviario del 25 febbraio 1961 ed a quella di Varsavia sul
trasporto aereo del 12 ottobre 1929, le quali al momento
dell’emanazione del codice del consumo risultavano già abrogate da
tempo e sostituite da altre normative75. Oggi nella nuova
formulazione la disposizione prevede un rinvio generico alle «norme
stabilite dalle convenzioni internazionali che disciplinano la materia,
di cui sono parte l'Italia o l'Unione europea, così come recepite
nell'ordinamento italiano»76.
Altre disposizioni sembrano, poi, non soddisfare la finalità
della «semplificazione» che, nelle intenzioni dei redattori del codice
del consumo, dovrebbe risultare soddisfatta con l’eliminazione di
«incoerenze» e «sovrapposizioni tra le diverse regole derivanti da
75
Per tale rilievo v., ampiamente, A. FLAMINI, Contratto di viaggio e risarcimento al
consumatore danneggiato, in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il
diritto dei consumi: realtà e prospettive, cit., p. 352 ss., il quale evidenzia che «la
convenzione di Berna del 1961 è stata sostituita dalla convenzione di Berna del 1980
(COTIF), che condiziona l’operatività della limitazione risarcitoria per danni al passeggero
soltanto se tale limitazione sia prevista, in misura inferiore, nel diritto interno dello stato nel
cui territorio si sia verificato l’incidente; in Italia però non esiste una simile disposizione. Più
grave pare la svista relativa al riferimento ai limiti risarcitori posti dalla convenzione di
Varsavia sul trasporto aereo sia perché su tale questione si era già pronunciata la Corte
costituzionale [Corte cost., 6 maggio 1985, n. 132] sia perché da tempo si era sviluppato in
Europa, e non solo, un ampio dibattito sull’opportunità dell’abbandono della limitazione del
debito del vettore aereo che aveva portato all’emanazione del regolamento CE 9 ottobre
1997, n. 2027/97, modificato dal regolamento CE n. 889/2002 del 13.5.2002» […] «La svista
risalta ancora di più se si considera che nel frattempo era entrata in vigore in Italia anche la
convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 che ha sostituito la convenzione di Varsavia».
76
G. TASSONI, Art. 94, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit.,
p. 490 ss.
36
36
distinte direttive comunitarie»77.
Più in particolare, prendendo in considerazione le disposizioni
generali risulta agevole osservare come nel corpo dell'intero
provvedimento, al fine di delimitare l'àmbito di operatività delle
singole normative, siano state indicate «specifiche» nozioni che, in
realtà, rappresentano delle semplici ripetizioni delle previsioni già
contenute nell'art. 3 c. cons., rispetto al quale non presentano alcun
elemento di novità, e per questo risultano prive di qualsiasi utilità.
Così, possono essere interpretate le definizioni di «consumatore» e
di «professionista» di cui all'art. 18, comma 1, lett. a e b, c. cons. che,
nella sua nuova versione, descrive i soggetti protagonisti delle
pratiche commerciali scorrette in termini «speculari» a quanto
stabilito dall'art. 3, lett. a e c, c. cons.78. E nello stesso senso appaiono
superflui, da un lato, il rinvio che l'art. 67-ter c. cons. fa
espressamente all'art. 3, comma 1, lett. a, al fine di delineare il
consumatore che viene preso in considerazione nella sezione dedicata
alla commercializzazione di servizi finanziari a distanza, e, dall'latro
lato, la descrizione contenuta nell'art. 128 c. cons. del «venditore» di
beni di consumo, inteso come «qualsiasi persona fisica o giuridica
pubblica
o
privata
che,
nell’esercizio
della
propria
attività
imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1»
(comma 2, lett. b), la quale nulla aggiunge rispetto alla
corrispondente nozione generale di «professionista»79.
Nel contempo, non può essere sottaciuto che, con riferimento
all'art. 3, comma 1, lett. c, c. cons., parte della dottrina ha posto in
dubbio la sua stessa valenza di «disposizione generale» sul rilievo che
all’interno del codice del consumo sono rinvenibili altre definizioni
77
Relazione illustrativa, cit., p. 6.
R. ANGELINI, Art. 18. Definizioni, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme
collegate, cit., p. 87.
79
M. ROMANO, Artt. 128-135, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo.
Commentario, cit., p. 798; F. RICCI, Art. 128 – Ambito di applicazione e definizioni, in C.M.
BIANCA (a cura di), La vendita dei beni di consumo. Artt. 128-135, d.lgs. 6 settembre 2005, n.
206, Padova, 2006, p. 27 s.; A. MANIACI, Art. 128, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del
consumo e norme collegate, cit., p. 592.
78
37
37
del soggetto che assume la veste di controparte del consumatore. Così
nella disciplina dei «contratti relativi all’acquisizione di un diritto di
godimento ripartito di beni immobili» l’art. 69, lett. c, c. cons.
prevede la figura del «venditore», il quale viene espressamente
descritto come la «persona fisica o giuridica che, nell’àmbito della
sua attività professionale, costituisce, trasferisce o promette di
costituire o di trasferire il diritto oggetto del contratto», al quale è
equiparato pure «colui che, a qualsiasi titolo, promuove la
costituzione, il trasferimento o la promessa di trasferimento del
diritto oggetto del contratto»80. Nei contratti aventi ad oggetto
«pacchetti turistici» l’art. 83, comma 1, lett. b, c. cons. si preoccupa,
poi, di chiarire che l’«organizzatore» ed il «venditore» coincidono,
rispettivamente, con il «soggetto che realizza la combinazione degli
elementi di cui all’articolo 84 e si obbliga in nome proprio e verso
corrispettivo forfetario a procurare a terzi pacchetti turistici», e con il
«il soggetto che vende, o si obbliga a procurare pacchetti turistici
realizzati ai sensi dell’articolo 84 verso un corrispettivo forfetario»81.
Ciò posto, la presenza di queste ulteriori «specificazioni», la nozione
«generale» di «professionista» prevista dall’art. 3, comma 1, lett. b, c.
cons. sembra trovare un'operatività limitata, circoscritta soltanto alla
normativa delle clausole vessatorie, dei contratti negoziati fuori dai
locali commerciali e di quelli conclusi a distanza82.
Perplessità ha suscitato, inoltre, anche l'espresso riferimento
nella nozione di professionista alla figura dell'«intermediario»,
inclusione che rappresenta una novità rispetto a quanto disponeva
l'art. 1469-bis, comma 2, c.c. e che si considera possa assumere
80
Cfr. B. SIRGIOVANNI, Art. 69, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo.
Commentario, cit., p. 512; M. ERMINI, Art. 69, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo,
cit., p. 308, secondo il quale questa nozione ricalca quella delineata dall’art. 3, comma 1, lett.
b, nonostante non contenga l’aggettivo «imprenditoriale».
81
Su questi soggetti v., per tutti, G. TASSONI, Art. 83, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del
consumo, cit., p. 348 ss.
82
M. ROMANO, Artt. 128-135, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo.
Commentario, cit., p. 798; G. DE CRISTOFARO, Le disposizioni «generali» e «finali» del Codice
del consumo: profili problematici, in Contr. Impr./Eur., 2006, p. 49 ss.; ID., Il «Codice del
consumo», cit., p. 765 s.
38
38
rilevanza
soltanto
a
prescindere
da
quelle
ipotesi
in
cui
l'intermediario agisce nella veste di rappresentante del professionista
poiché in questo caso è indubbio che sia sempre quest'ultimo il
soggetto responsabile nei confronti del consumatore.
Ne consegue che l'esplicita menzione dell'intermediario deve
considerarsi posta al solo scopo di offrire al consumatore una
protezione verso chi agisce in nome proprio ma per conto del
professionista83, ovvero nei confronti di qualunque altro soggetto che
si inserisce con la propria attività professionale nella catena
produttiva-distributiva84.
Allo stesso modo può essere evidenziato come altre previsioni
si limitino a ribadire princípi e criteri già vigenti nel nostro
ordinamento. Così l’art. 144 c. cons., nel disporre che «ogni
intervento normativo incidente sul codice, sulle materie dallo stesso
disciplinate, va attuato mediante esplicita modifica, integrazione,
deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in esso contenute»,
non fa altro che evocare per il codice del consumo l’operatività di
quella che può definirsi «una ordinaria tecnica legislativa» valida per
qualsiasi provvedimento legislativo, con la conseguenza che, come è
stato osservato, tale disposizione può considerarsi inutile poiché si
limita ad «indicare al legislatore come svolgere la propria attività»85.
L’art. 145 c. cons., poi, specificando che «sono fatte salve le
disposizioni adottate dalle regioni e dalle province autonome di
Trento e Bolzano nell’esercizio delle proprie competenze legislative in
tema di educazione e informazione del consumatore», da un lato,
ribadisce una competenza già riservata a questi enti dalla
83
E. MINERVINI, I contratti dei consumatori, in A. GENTILI (a cura di), I rimedi – 1, in
Trattato del contratto V. Roppo, IV, Milano, 2006, p. 519, secondo il quale se non si vuole
«banalizzare la norma» va accolta questa impostazione, poiché «non si è mai dubitato che il
contratto stipulato dal rappresentante di un professionista con un consumatore sia un
contratto tra un professionista ed un consumatore».
84
G. CHINÉ, Art. 3, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p.
24 s.
85
P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra normative di settore e codice del
consumo, cit., p. 12.
39
39
Costituzione86, e, dall’altro lato, sembra trascurare le eventuali
interrelazioni che possono instaurarsi tra le disposizioni del codice
del consumo e le leggi adottate dalle Regioni nell’àmbito delle proprie
competenze e volte a disciplinare profili inerenti la tutela dei
consumatori87.
Ma ancora più superfluo si presenta l’art. 1 c. cons. il quale
prevede che le disposizioni del codice del consumo sono stabilite «nel
rispetto della Costituzione ed in conformità ai princípi contenuti nei
trattati istitutivi delle Comunità europee, nel trattato dell’Unione
europea, nella normativa comunitaria con particolare riguardo
all’articolo 153 del Trattato istitutivo della Comunità economica
europea, nonché nei trattati internazionali». Tale previsione sembra
non tenere in considerazione che nel nostro ordinamento le norme
costituzionali non hanno una natura semplicemente programmatica,
ma trovano diretta applicazione senza la necessità di operare un
esplicito richiamo ad esse88. È dato incontestabile, infatti, quello
86
P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 12 s., secondo cui «nell’attività di redazione di siffatta
normativa di settore, sarebbe stato auspicabile un maggiore sforzo, affinché il lodevole
originario intento di alleggerimento giungesse a compimento. In effetti, esso è il risultato di
un insano modus di legiferare, affermatosi sempre piú negli ultimi anni, con il ricorso alla
tecnica della legge delega, poco coerente con la logica costituzionale, poiché –
eccessivamente usata – comporta lo spostamento del potere legislativo dal Parlamento al
Governo, con la conseguente perdita di centralità del primo. Tale soluzione potrebbe anche
essere parte di una piú complessa e diversa architettura costituzionale, purché fosse
espressamente prevista dalla Carta fondamentale. In vero, l’attività delle Commissioni
parlamentari – svolta con serietà – non è affatto comparabile a quella di pochi saggi nel
corso di un riservato procedimento di attuazione di una legge delega: il contraddittorio
legislativo, espressione del controllo democratico – di fondamentale importanza in un Paese
che si ritiene essere tale –, si realizza, invece, attraverso continui emendamenti, discussioni e
riflessioni. Ciò che è assente in sede di governo legiferante».
87
In questo senso G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo». Un’occasione perduta?, cit.,
p. 1147; .; ID., Il «Codice del consumo», cit., p. 807, il quale valuta la previsione di cui all’art.
144 c. cons. «irragionevolmente restrittiva».
Sulla legislazione regionale in questa materia v., per tutti, G. ALPA, Art. 1, Finalità
ed oggetto, cit., p. 37 s.; ID., I diritti dei consumatori e il “Codice del consumo”
nell’esperienza italiana, cit., p. 8 ss.
88
A. GENTILI, Codice del consumo ed esprit de géométrie, cit., p. 160, spec. nota 10; P.
PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra normative di settore e codice del consumo, cit., p.
11 s.; Cfr. L. ROSSI CARLEO, Il Codice del consumo: prime impressioni fra critiche e consensi,
cit., p. 41, secondo la quale il riferimento alla Costituzione «non è così scontato ove si
consideri che esso consente una apertura alle leggi regionali per quel che concerne gli aspetti
delle competenze riservate alle regioni sulle regole del mercato» e, nel contempo, si reputa
che esso «impone che la regola del mercato deve necessariamente tener conto dei valori
fondanti imposti dalla Costituzione, ed è in quell’ottica che la regola deve costantemente
essere letta e valutata».
40
40
secondo
cui
l’interpretazione
assiologia
costituisce
un
completamento dell’interpretazione letterale e logica, e deve
consistere in un’interpretazione che utilizza i valori ed i princípi
fondamentali della normativa esistente nell’ordinamento considerato
nel suo complesso. In questa ottica il controllo di legittimità
comunitaria e quello di legittimità costituzionale raffigurano i due
elementi decisivi ed obbligati nella lettura di ciascuna disposizione89,
con la conseguenza che il personalismo ed il solidarismo
costituzionale divengono il cardine di ogni operazione ermeneutica,
in quanto princípi fondamentali di riferimento del sistema italocomunitario90.
Appare, così, priva di giustificazione pure l’indicazione fra i
«diritti fondamentali» del consumatore all’art. 2 c. cons., di diritti
quali quello alla salute e quello alla sicurezza, che sono riconosciuti in
maniera
assoluta
nella
Costituzione
italiana
e
nei
Trattati
fondamentali dell’Unione europea91 come diritti di ciascun individuo,
89
In questo senso v. G. PERLINGIERI, La povertà del pragmatismo e la difesa delle
ideologie: l’insegnamento di Natalino Irti, in Rass. dir. civ., 2008, p. 604, il quale rileva che
«il mero pragmatismo, la solitudine della singola disposizione o dell’agire politico, hanno
una povertà interiore, sì che la possibilità di ricostruire la serietà della vita politica e
giuridica deve passare attraverso i controlli di legalità e di legittimità. Quest’ultimo non si
risolve soltanto nel “salvagente della forma” e delle procedure democratiche (legalità), ma
trova la sua linfa nelle ideologie; ogni decisione, anche politica, ha la sua forza nella capacità
argomentativa e nel vigore della sua condivisibilità, alla luce dei valori conquistati nel tempo
e racchiusi nelle norme di grado superiore»; ne consegue che «in tal modo l’interpretazione
risulterà sempre adeguatrice e in funzione applicativa».
90
G. VETTORI, La disciplina generale del contratto nel tempo presente, in Riv. dir. priv.,
2004, p. 317 ss.; P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 433 ss.
91
Non può essere sottaciuto che, nel corso degli anni, l’obiettivo della tutela degli
interessi del consumatore ha trovano differente riconoscimento nei Trattati istitutivi della
Comunità europea, i quali in proposito hanno subíto rilevanti modifiche. Nel Trattato di
Roma del 1957 la protezione dei consumatori non rappresentava direttamente uno degli
obiettivi perseguiti dalla Comunità ed, allo scopo di realizzare un riavvicinamento delle
legislazioni dei singoli Stati in vista del mercato comune, essa veniva valutata nell’àmbito di
altre politiche: l’art. 39 prevedeva tra la finalità della politica agricola comune anche quella
di «assicurare prezzi ragionevoli per i consumatori»; l’art. 85, comma 3, nel fissare le regole
in materia di concorrenza, subordinava l’autorizzazione di taluni accordi tra imprese alla
condizione che «una congrua parte dell’utile che ne deriva» fosse riservata agli utenti; l’art.
86 individuava come esempio di pratica abusiva la «limitazione della produzione, degli
sbocchi e dello sviluppo tecnico a danno dei consumatori». È con l’Atto Unico Europeo,
entrato in vigore il 1° luglio 1987 (in G.U.C.E. L 169, del 29 giugno 1987), che la politica di
tutela dei consumatori inizia ad assumere una peculiare rilevanza all’interno del processo
d’integrazione europea. In particolare, viene introdotto l’art. 100 A il quale, al comma 3,
prevede che la Commissione nelle sue proposte inerenti tale materia deve basarsi su di un
«livello di protezione elevato», ed, al comma 1, stabilisce che «le misure relative al
41
41
considerato, prima di tutto, non tanto nella sua veste di consumatore,
quanto come «persona»92.
Muovendo da questa prospettiva la necessaria chiave di lettura
della normativa predisposta a tutela del consumatore risulta essere
quella che propone un’analisi dei diritti dei consumatori nella quale
non si può prescindere dal riconoscere che il consumatore è prima di
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati
membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno»
siano adottate non all’unanimità ma in base ad una «maggioranza qualificata», favorendo in
questo modo l’adozione di provvedimenti a tutela del consumatore. Un’ulteriore
intensificazione delle iniziative comunitarie si realizza, poi, con l’entrata in vigore, il 1°
novembre 1993, del Trattato di Maastricht (in G.U.C.E. C 191, del 29 luglio 1992), il quale
dispone che la Comunità, allo scopo di promuovere «uno sviluppo armonioso ed equilibrato
delle attività economiche nell’insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non
inflazionistica e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati
economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del
tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati
membri» (art. 2), è tenuta a porre in essere un’azione volta a fornire un «contributo al
rafforzamento della protezione dei consumatori» (art. 3, lett. s). Viene, quindi, inserito nel
Trattato il titolo XI appositamente dedicato alla «Protezione dei consumatori» e all’art. 129
A viene chiarito che la Comunità dovrà agire mediante «azioni specifiche di sostegno e di
integrazione della politica svolta dagli Stati membri, al fine di tutelare la salute, la sicurezza e
gli interessi economici dei consumatori e di garantire loro un’informazione adeguata». Tale
disposizione, tenuto conto in particolare del riferimento alla «salute» ed alla «sicurezza»,
rappresenta un primo segnale di come l’esigenza di protezione superi la dimensione
prettamente patrimonialistica. Nel Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio
1999, questa impostazione viene rafforzata e con il nuovo art. 153 viene fissato per la
Comunità lo specifico «obiettivo» di garantire un livello elevato di protezione dei
consumatori e non più solo il dovere di contribuirvi. La difesa del consumatore assume,
pertanto, una sua valenza autonoma che si estrinseca nella finalità di «tutelare la salute, la
sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché promuovere il loro diritto
all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi»
(comma 1). Questa prospettiva si consolida, poi, nell’art. 38 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, approvata a Nizza il 7 dicembre 2000 (in G.U.C.E. n. C
364, del 18 dicembre 2000), che proclama, definitivamente, la «protezione dei consumatori»
quale valore comune agli Stati membri. Si tratta di una previsione che ha trovato,
successivamente, conferma nell’art. II-98 dell’ormai abbandonato Trattato costituzionale
dell’Unione Europea, sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004, nel quale veniva stabilito che
«nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori».
Oggi nel Trattato «che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la
Comunità europea», firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 (per la cui ratifica in Italia è stato
approvato all’unanimità da Camera e Senato il disegno di legge n. 759) l’art. 4, comma 2,
prevede che «l’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri» nel
settore della «protezione dei consumatori» (lett. f); e l’art. 12 - riproponendo tra le
disposizioni generali l’art. 153, comma 2 - stabilisce che «nella definizione e nell’attuazione
di altre politiche o attività dell'Unione sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla
protezione dei consumatori». Infine, con una disposizione che riassume in sé i precedenti
interventi, l’art. 169, comma 1, dispone che «al fine di promuovere gli interessi dei
consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, l’Unione
contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori
nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all’educazione e all'organizzazione per
la salvaguardia dei propri interessi». Per un’analisi delle varie tappe che hanno segnato
l’evoluzione della politica comunitaria in materia di tutela del consumatore v. F. MAZZASETTE,
42
42
tutto «persona» e «cittadino»93, con la conseguenza che i valori ed i
diritti della persona devono trovare affermazione e protezione anche
nelle disposizioni predisposte a tutela del consumatore94.
2. In tale contesto, per comprendere le prospettive di sviluppo
della normativa contenuta nel codice del consumo, questione
fondamentale appare essere quella volta a chiarire in quale rapporto
esso si pone rispetto al codice civile; problematica che si sostanzia
nella individuazione della specifica natura delle disposizioni poste a
tutela del consumatore, nella consapevolezza che dalla loro
qualificazione come norme generali ovvero come norme speciali
discende, poi, la possibilità di stabilire se esse possano trovare o
meno un’applicazione analogica. Nel valutare ciò, non si può non
tenere in considerazione il fatto che si tratta di norme che
introducono nell’ordinamento modelli contrattuali, i quali, rispetto
alla disciplina «tradizionale» del contratto, così come delineata nel
codice civile, presentano delle novità e sono espressione di valori che
raffigurano nuove necessità dei singoli e della collettività: il problema
che si pone è allora quello di verificare in quale modo essi possano
penetrare armonicamente nel sistema vigente95.
Tutela del compratore di beni mobili e garanzie convenzionali, in Vita not., 2005, p. 1829
ss.; L. MEZZASOMA, Il «consumatore» acquirente di immobili da costruire fra diritto al
risparmio e diritto all’abitazione, cit., p. 17 SS., ed i riferimenti bibliografici ivi citati.
92
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 510 ss. In questa
prospettiva v. i saggi all'interno di P. PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di), Il diritto dei
consumi, I (2004) – II (2005) – III (2007), Rende-Napoli.
93
P. PERLINGIERI, Le insidie del nichilismo giuridico. Le ragioni del mercato e le ragioni
del diritto, in Rass. dir. civ., 2005, p. 3; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit.,
p. 510, spec. nota 167, secondo il quale «la qualità di consumatore è soltanto un aspetto della
persona, un aspetto parziale di una realtà complessa, ove gli individui non possono essere
distinti esclusivamente tra produttori e consumatori, giacché sono innanzitutto uomini».
94
V. RIZZO, Relazione introduttiva alla Giornata di studio su “Il diritto dei consumi:
realtà e prospettive”, organizzata dal Centro di Studi Giuridici sui diritti dei consumatori,
Polo Scientifico Didattico di Terni - Università degli Studi di Perugia, svoltasi a Terni il 30
aprile 2008.
95
In questa prospettiva v. R. ALESSI, Contratti dei consumatori e disciplina generale del
contratto dopo l'emanazione del codice del consumo, cit., p. 816, la quale osserva che «il
rapporto genus e species, in tema di contratto, familiare al giurista interno, secondo il quale
hanno proficuamente convissuto le discipline settoriali “interne” e gli art. 1321 ss. c.c., ha
come presupposto indispensabile la sostanziale omogeneità del modello di contratto che vi
sta a base. Ma questa omogeneità è tutt’altro che sicura quando si abbia riguardo al diritto
43
43
All’interno del codice del consumo il rapporto tra esso ed il
codice civile è preso in considerazione dall’art. 38 c. cons., il quale,
sotto la rubrica «Rinvio», stabilisce che «per quanto non previsto dal
codice, ai contratti conclusi tra il consumatore ed il professionista si
applicano le disposizioni del codice civile».
L’art. 142 c. cons., poi, nel prevedere «Modifiche al codice
civile», dispone che gli artt. 1469-bis – 1469-sexies c.c. siano sostituti
da un nuovo ed unico art. 1469-bis c.c., secondo cui le norme del
titolo II del codice civile «Dei contratti in generale» si applicano ai
contratti del consumatore «ove non derogate dal codice del consumo
o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore». Il
legislatore del 2005, contestualmente alla emanazione del codice del
consumo, è così direttamente intervento anche sul testo del codice
civile prevedendo: da un lato, l’abrogazione di quelle norme che in
questo espressamente si occupavano della tutela del consumatore, e,
dall’altro lato, disponendo il loro contestuale inserimento nel nuovo
provvedimento. La disciplina delle clausole vessatorie è, quindi, ora
prevista dagli artt. 33 – 37 c. cons. il cui contenuto viene
essenzialmente a coincidere con quello degli artt. 1469-bis – 1469sexies c.c., come dimostrato dal mantenimento della locuzione
«malgrado la buona fede»96. Ma non può essere trascurato, in ogni
caso, di porre in evidenza che in alcune parti la trasposizione di
queste norme nel codice del consumo è stata accompagnata
dall'inserimento di alcune modifiche, quali: l’eliminazione delle
definizioni di consumatore e professionista per le quali si rimanda
implicitamente alle nozioni generali di cui all’art. 3, comma 1, lett. a e
contrattuale di fonte europea, malgrado la scelta, in un primo momento, della tecnica della
novellazione del codice abbia mostrato di darla per scontata e la dottrina, forse
suggestionata anche dalle scelte del diritto positivo, non si sia interrogata più di tanto sul
punto».
96
In proposito il Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c.
353 s., dopo avere riportato le varie posizioni dottrinali, ha proposto la «sostituzione, nel
testo dell’art. 1469 bis, 1° comma, dell’espressione “malgrado la buona fede” con le parole:
“in contrasto con la buona fede”, ovvero, sull’esempio dell’ordinamento francese, l’integrale
eliminazione della medesima espressione (in quanto da ritenere già contenuta nel
riferimento al “significativo squilibrio”)».
44
44
b, c. cons. (art. 33); l’inserimento della «nullità di protezione» al
posto dell’«inefficacia» quale sanzione della vessatorietà di una
clausola valutata nell’àmbito di un giudizio individuale e concreto
(art. 36)97; e la previsione di un rinvio alla disciplina dell’azione
inibitoria «generale», predisposta dall’art. 140 c. cons. a tutela degli
interessi collettivi dei consumatori, per il caso di azione inibitoria
esercitata
in
questo
specifico
àmbito
dalle
associazioni
di
consumatori (art. 37, comma 4) .
98
Nel contempo, pure la normativa sulla vendita dei beni di
consumo viene trasfusa dagli artt. 1519-bis – 1519-nonies c.c. agli
artt. 128 – 135 c. cons., e questa operazione non è accompagnata
dall'introduzione
di
importanti
cambiamenti
di
carattere
sostanziale99, fatta eccezione per l'omessa riproposizione, nell'art.
128, comma 2, c. cons. delle definizioni di «consumatore» e di
«produttore»100, rilevanti ai fini della delimitazione dell'àmbito di
operatività della disciplina della vendita di beni di consumo e che, per
97
Sul dibattito circa la qualificazione in termini di «inefficacia» della sanzione della
vessatorietà v. A. ORESTANO, L’inefficacia delle clausole vessatorie: «contratti del
consumatore» e condizioni generali, in Riv. crit. dir. priv., 1996, p. 501 ss.; M. NUZZO, Art.
1469 quinquies. Inefficacia, in Nuove leggi civ. comm., 1997, p. 1217 ss.; F. GUARRACINO,
Inefficacia e nullità delle clausole vessatorie, in Contr. impr./Eur., 1997, p. 618 ss., e R.
QUADRI, «Nullità» e tutela del «contraente debole», in Contr. impr., 2001, p. 1161 ss.; L.
VALLE, L’inefficacia delle clausole vessatorie e le nullità a tutela della parte debole del
contratto, ivi., 2005, p. 149 ss.
98
Per un’approfondita analisi delle nuove disposizioni v., per tutti, da ult., i contributi
contenuti in E. CESÀRO, I contratti del consumatore. Commentario al Codice del consumo
(D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206), 4ªed., Padova, 2007.
99
Talune problematiche ha sollevato l'art. 134 c. cons. nel quale è confluito il contenuto
dell'art. 1519–octies c.c. Nella sua formulazione originaria il legislatore del 2005, al comma
2, disponeva un espresso rinvio all'art. 1519–sexies, comma 1, c.c. senza, però, tener conto
del fatto che la norma del codice civile doveva intendersi abrogata ai sensi dell'art. 146, lett.
s, c. cons. Tale «svista» è stata corretta con l’«Avviso di rettifica: Comunicato relativo al
decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante: “Codice del consumo, a
norma dell'articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229”», (pubblicato in G.U. 3
gennaio 2006, n. 2), ed oggi l'art. 134 c. cons. richiama l'art. 132, comma 1, c. cons. Ma
anche in altre parti l'art. 134 c. cons. continua a presentarsi come una «desolante
testimonianza della disattenzione e del pressappochismo con i quali sempre più spesso
vengono redatti i testi dei provvedimenti legislativi»: così A. ZACCARIA e G. DE CRISTOFARO, Art.
134 – Carattere imperativo delle disposizioni, in C.M. BIANCA (a cura di), La vendita di beni
di consumo, cit., p. 352, ove viene messo in luce che l'espressione «presente paragrafo» se
risultava corretta nel contesto del codice civile ove le disposizioni in materia di vendita di
beni di consumo facevano parte del Paragrafo 1-bis, Sezione II, titolo III, del Libro IV, nel
codice del consumo sarebbe stato più corretto utilizzare la formula «presente Capo» atteso
che qui gli artt. 128-135 c. cons. sono inseriti nel Capo I, titolo III della Parte IV.
100
Le relative definizioni erano previste dall'art. 1519-bis, comma 2, lett. a e d, c.c.
45
45
esigenze di semplificazione e di ordine sistematico, devono ora
considerarsi ricomprese nelle nozioni generali che di essi fornisce
l'art. 3, comma 1, c. cons., rispettivamente, alla lett. a101 e alla lett.
d102.
Va ricordato che nella fase precedente l’elaborazione del codice del
consumo
sono
state
espresse
differenti
opinioni
in
merito
all’opportunità di operare un simile cambiamento: in senso
favorevole al mantenimento dello status quo presente nel codice
civile si è espressa la stessa Commissione incaricata di redigere il
codice del consumo, secondo la quale l’interprete trovando qui le
norme a tutela del consumatore «avrebbe potuto (come è avvenuto in
altre
esperienze)
darvi
una
interpretazione
estensiva
ricomprendendovi anche rapporti contrattuali conclusi tra il
professionista e i soggetti che per la loro posizione si possano
assimilare ai consumatori»103. Negli stessi termini si è pronunciata,
101
C.M. BIANCA, Note introduttive, in ID. (a cura di), La vendita di beni di consumo, cit.,
p. 1 s.; F. RICCI, o.c., p. 51 ss.
102
Sulla portata della nozione di «produttore» nella disciplina della vendita di beni di
consumo v., per tutti, F. RICCI, o.c., p. 61 ss.; G. CHIAPPETTA, Art. 131 – Diritto di regresso, in
C.M. BIANCA (a cura di), La vendita di beni di consumo, cit., p. 258 ss.
Va evidenziata, in ogni caso, la diversa rilevanza che la figura del «produttore»
assume nelle varie normative che contengono un riferimento ad esso, come nel caso della
disciplina della responsabilità per danno da prodotti difettosi o di quella sulla sicurezza e
qualità dei prodotti. Più in particolare, nella vendita dei beni di consumo è esclusa ogni
possibilità per il consumatore di agire direttamente contro il «produttore» responsabile del
difetto di conformità. Infatti, ai sensi dell'art. 130 c. cons. l'unico soggetto «responsabile nei
confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della
consegna del bene» è il «venditore finale», al quale l'art. 131 c. cons. attribuisce il «diritto di
regresso» da esperire nei riguardi «del produttore, di un precedente venditore della
medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario». La ratio della
mancata previsione di un'azione diretta del consumatore nei confronti del produttore
«motivata dalla contrarietà al principio di relatività degli effetti del contratto, è da rinvenirsi
nella tutela del mercato e non nelle esigenze dichiarate di tutela del consumatore» (così G.
CHIAPPETTA, o.c., p. 266 s.): con riferimento ad essa, infatti, il legislatore comunitario aveva
lasciato liberi gli Stati membri di scegliere di introdurre nei propri ordinamenti una
responsabilità diretta del produttore allo scopo di «garantire un più elevato di tutela per il
consumatore».
103
Su questa posizione v. G. ALPA, Il codice del consumo, cit., p. 1058; ID., I diritti dei
consumatori e il «Codice del consumo», cit., p. 26; ID., Art. 1, cit., p. 25; L. ROSSI CARLEO, La
codificazione di settore: il codice del consumo, cit., p. 889 s. Appare utile ricordare che
questa impostazione era stata posta a fondamento dell’inserimento nel codice civile delle
disposizioni di attuazione direttiva 13 del 1993; e questa scelta veniva considerata come «un
segnale “forte” per indicare che le regole introdotte dall’Unione in questa materia hanno una
duplice valenza. Da un lato, si è dato ingresso alla categoria dei “consumatori”, ignorata dal
codice; dall’altro, queste regole si sono qualificate come regole aventi carattere
tendenzialmente generale, incidenti sulla disciplina del contratto, anche se riservate ai
46
46
poi, anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato che, in
un suo parere sullo schema di decreto recante il codice del consumo,
riconosce che il «raccordo della disciplina dei contratti dei
consumatori con le preesistenti regole sulle condizioni generali di
contratto (artt. 1341 e 1342 c.c.) rende necessaria la loro “convivenza”
all’interno di un sistema comune e costituisce la ragione per il suo
mantenimento all’interno del codice civile. La tutela ispirata ad un
controllo di natura sostanziale delle clausole contrattuali si affianca,
infatti, al sistema originario di controllo meramente formale (la c.d.
doppia sottoscrizione) di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c., il quale rimane
comunque in vigore per tutti i contratti c.dd. standards, qualunque
sia lo status dei contraenti. Tutto ciò rende opportuno che le relative
disposizioni siano mantenute all’interno del tessuto codicistico e non
siano invece confinate in un corpus normativo ad hoc, al fine di
evitare la scomposizione di un sistema - che si è voluto organico e
generale in materia di contratti - in corpi normativi disomogenei e
non comunicanti aventi ad oggetto, rispettivamente, contratti civili,
da un lato, e contratti tra consumatori e professionisti, dall’altro»104.
Assume una posizione diametralmente opposta il Consiglio di
Stato, secondo il quale elaborare un codice del consumo senza
prevedere al proprio interno norme corrispondenti agli artt. 1469-bis
c.c. ss. ed agli artt. 1519-bis c.c. ss. avrebbe significato realizzare un
provvedimento privo di «alcune disposizioni fondamentali in tema di
tutela del consumatore, incidendo sulla organicità della disciplina e
impedendo un’accurata opera di raccordo tra dette norme e quelle
contratti conclusi dai consumatori», G. ALPA e S. PATTI, Introduzione, in G. ALPA, S. PATTI, C.
CARICATO e A. SCARPELLO, Repertorio di giurisprudenza sulle clausole vessatorie nei contratti
dei consumatori, Milano, 2004, p. 1.
104
Così il Parere espresso in data 4 maggio 2005, cit., (p. 34), in cui viene specificato che
«solo il mantenimento delle disposizioni in esame nel codice civile garantisce certezza e
stabilità alla disciplina in questione: le norme speciali edificano infatti un diritto più
dinamico ma anche, inevitabilmente, più mutevole ed effimero. I codici della tradizione si
sono infatti dimostrati adeguati ad accogliere le trasformazioni sociali, economiche e
culturali, segnate dallo scorrere del tempo: lungi dall’essere matrici fisse ed immutabili, essi
esprimono ancora oggi con pienezza la propria capacità di dare regola ad una indeterminata
congerie di fattispecie, potendo plasmare e mutare la propria portata applicativa a fronte di
nuove problematiche».
47
47
collocate al di fuori del codice civile»105. La Relazione illustrativa
aggiunge, inoltre, a queste argomentazioni che lo spostamento di
sede delle norme trova giustificazione nel fatto che «la normativa di
fonte comunitaria a tutela del consumatore ruota intorno ad
un’esigenza di protezione speciale di questo soggetto, qualificato
come “parte debole” del rapporto con l’interlocutore professionale,
rispetto al quale si trova in una posizione di “asimmetria
contrattuale”. Di qui un approccio specifico, ignoto al Codice Civile
del 1942, fondato invece su un concetto formale di eguaglianza,
diretto a garantire una tutela sostanziale, attenta all’equilibrio
effettivo - normativo ed economico - del contratto. Ciò trova
conferma nella previsione di meccanismi di riequilibrio, basati su
“nullità di protezione”, rilevabili, anche d’ufficio, ma solo a vantaggio
del contraente debole. La stessa finalità è perseguita attraverso la
scelta di affiancare alla difesa individuale strumenti di tutela
processuale a carattere associativo, capaci di sopperire alla debolezza
economica e professionale del consumatore, visto come individuo
singolo. Evidente appare, pertanto, la necessità di riportare detti
princípi speciali nell’àmbito del Codice di settore»106.
105
Il riferimento a queste disposizioni risulta assente nello schema di decreto sottoposto
al parere del Consiglio di Stato, il quale nel contestare questa omissione ricorda che la scelta
di inserire queste norme nel codice civile era stata «motivata dall’assenza di una sedes
materiae capace di raccogliere organicamente le norme sul consumatore, non essendosi
rivelata idonea a tal fine la normativa introdotta con il d.p.r. n. 224 del 1988, attuativa della
direttiva 85/374/Cee sui prodotti difettosi. Il sopravvenire del codice del consumatore fa,
ora, venire meno quelle esigenze che giustificarono la temporanea inserzione nel codice
civile, da un lato, di un apposito titolo (XIV bis) alla fine della parte generale sul contratto e
prima della disciplina dei singoli contratti e, dall’altro, del par. 1 bis rubricato “della vendita
dei beni di consumo”. Il nuovo codice costituisce, oggi, la sede sistematicamente più idonea
in cui collocare le disposizioni de quibus, inserendole nell’ambito della disciplina organica di
protezione del consumatore, come auspicato nelle stesse relazioni governative alle normative
ora richiamate» (Cons. St., sez. atti normativi, 20 dicembre 2004, n. 11602/04, cit., c. 351
s.).
106
Relazione illustrativa, cit., p. 9. Contra, G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo».
Un’occasione perduta?, cit., p. 1149, il quale afferma che il trasferimento nel codice del
consumo delle norme prima contemplate nel codice civile rappresenta «una decisione assai
“grave” – per le ripercussioni di carattere sistematico e per lo sviluppo del ruolo del codice
civile (ritenuto a nostro avviso a torto, inidoneo a accogliere normative “speciali” di tutela
dei contraenti “deboli” in generale e dei consumatori in particolare) che inevitabilmente ne
deriveranno- e nient’affatto scontata». In proposito viene, poi, evidenziata la differenza
rispetto all’esperienza tedesca di riforma del diritto delle obbligazioni del 2002 e la vicinanza
al modello del code de la consommation francese.
48
48
Letto in questi termini il codice del consumo sembrerebbe
destinato ad assumere, nel rapporto con le disposizioni del codice
civile, la veste di «disciplina speciale» dei contratti dei consumatori.
Ma, in proposito, da un lato, vi è chi preferisce definire il codice del
consumo come una «legge complementare» al codice civile, dal quale
esso dipenderebbe come se «quest’ultimo, recuperata la sua
centralità, si ponga al centro di un sistema stellare, di cui ogni codice
costituisce il satellite»107, e, più specificamente, si considera che il
diritto dei consumatori rappresenti una «sotto-specificazione» del
diritto civile108. Dall’altro lato, vi è chi specifica che il codice del
consumo
va
inteso
come
«legge
generale
del
diritto
dei
consumatori»109, ovvero che le disposizioni in esso contenute «non
fanno eccezione a regole generali, nel senso dell’art. 14 delle preleggi», ma «formulano all’opposto altrettante regole generali»110.
In questo contesto, per risolvere i rapporti tra codice del
consumo e codice civile occorre, in ogni caso, analizzare i criteri che il
legislatore offre, a tale scopo, all’interprete negli artt. 38 e 142 c.
cons., qualificati come norme di mero «coordinamento»111 e sulla cui
valenza la dottrina ha espresso opinioni contrastanti. Per un verso,
107
Così G. ALPA, I contratti dei consumatori e la disciplina generale dei contratti e del
rapporto obbligatorio, cit., p. 355, secondo cui «ciò non soltanto perché le regole contenute
in tali codici settoriali sono comprese in un contesto che ha appunto la denominazione di
codice, ma soprattutto perché essi si presentano quali testi organici che disciplinano rapporti
strettamente collegati con quelli regolati dal codice civile. A questo punto, se si pensa ai
codici di settore come a leggi complementari al codice civile, il distacco fra disposizioni
codicistiche non viene ad assumere i connotati di una frattura». Contra F. ADDIS, o.l.c., il
quale rileva che «considerando che la ragione che ha portato all’emanazione del codice del
consumo è stata proprio quella di abbandonare il multiforme terreno delle leggi speciali e di
ricomporre ad unità un universo fino a quel momento frantumato: tale obiettivo, tuttavia,
non è stato raggiunto inserendo le disposizioni nel tessuto del codice civile ma eliminando
qualunque collegamento tra esse e il codice stesso, allontanando così da quest’ultimo anche
le disposizioni che, per un certo tempo, ne hanno fatto parte. Proprio questo processo
impedisce ogni equiparazione tra il “nuovo” codice del consumo e le “vecchie” leggi
complementari, perché esprime con chiarezza la volontà legislativa di creare un modello
autonomo, idoneo di per sé a trovare al suo interno regole proprie, che ne assicurano
l’indipendenza dai modelli preesistenti, ivi compreso quello del codice civile».
108
G. ALPA, Il codice del consumo, cit., p. 1058.
109
A. GENTILI, Codice del consumo ed esprit de géométrie, cit., p. 166; C. NECCHI, Una
prima lettura del codice del consumo, in Contratti, 2006, p. 209.
110
F. GALGANO, Un codice per il consumo, cit., p. 52.
111
Relazione illustrativa cit., rispettivamente, p. 11 e p. 15.
49
49
infatti, vi è chi considera che esse siano la ripetizione una dell’altra e
che,
pertanto,
debbano
essere
considerate
come
norme
«pleonastiche»112 ed «inutili»113; per altro verso, vi è chi ne pone,
invece, in risalto il loro diverso significato114. Così, secondo
quest’ultima impostazione, mentre l’art. 38 c. cons. serve a ribadire
che si applicano ai contratti del consumatore anche le disposizioni
del codice civile e, quindi, pure i suoi princípi e le clausole generali
valevoli per il contratto in generale115; l'art. 142 c. cons. mira a
regolare quelle ipotesi in cui, a fronte di una medesima fattispecie
concreta,
sia
possibile
applicare
contemporaneamente
più
disposizioni, tra loro incompatibili, e contenute, rispettivamente, nel
codice del consumo, nel codice civile ovvero in altre normative
presenti nell’ordinamento.
Con specifico riguardo al contenuto dell'art. 142 c. cons., qui
viene espressamente stabilito che l’operatività delle norme del codice
civile incontra un duplice limite nel caso in cui esse risultino, da un
lato, «derogate dal codice del consumo» e, dall'altro, nel caso
ricorrano «altre disposizioni più favorevoli per il consumatore».
112
A. PALMIERI, Arriva il codice del consumo: riorganizzazione (tendenzialmente)
completa tra addii e innovazioni, cit., c. 79.
113
A. GENTILI, o.u.c., p. 172, il quale considera che l’art. 38 c. cons. sia «inutile» nella
parte in cui considera applicabili le disposizioni generali del codice civile sui contratti anche
ai contratti del consumatore, in quanto «i contratti dei consumatori sono anzitutto contratti
e dunque non si pone il dubbio che ad essi non si applichino le norme generali». V. anche R.
ALESSI, Contratti dei consumatori e disciplina generale del contratto dopo l'emanazione del
codice del consumo, cit., p. 822, secondo cui la «formula di rito» in base alla quale l'art. 38
rinvia alla disciplina del codice civile «per quanto non previsto dal codice» del consumo
dimostra che il legislatore italiano, nell'affrontare la questione dei rapporti tra i due codici,
non ha tenuto conto della «complessità del problema».
114
L’importanza di queste disposizioni è evidenziata da G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del
consumo». Un’occasione perduta?, cit., p. 1143, secondo cui «sarà infatti proprio
l’interpretazione di queste due previsioni a fornire la chiave per risolvere il delicato
problema sistematico del rapporto fra codice civile e codice del consumo»; ID., Il «codice del
consumo», cit., p. 811; E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p. 185; F. ADDIS, o.c., § 3.
115
G. ALPA, I contratti dei consumatori e la disciplina generale dei contratti e del
rapporto obbligatorio, cit., p. 355, per il quale l’art. 38 c. cons. «non è una disposizione
superflua, perché è pur vero –e si tratta della tesi a suo tempo elaborata da Giorgio De Novache si applicano le leggi speciali e successivamente il codice civile quale tessuto connettivo
tra tutte le leggi speciali, ma è altresì vero che il rinvio diretto al codice civile implica una
contiguità tra quest’ultimo e le disposizioni settoriali, e implica altresì che laddove tali
disposizioni non rechino una qualche divergenza rispetto al predetto codice, devono anche
essere interpretate secondo le regole codicistiche».
50
50
Secondo parte della dottrina le due ipotesi vanno tenute distinte e
con riguardo alla prima previsione si considera che il legislatore
abbia inteso riconoscere al codice civile una funzione meramente
sussidiaria rispetto al codice del consumo: il problema dei loro
rapporti troverebbe, così, soluzione nel broccardo lex specialis
derogat generalis, con la conseguenza che a quest’ultimo viene
attribuita una preferenza assoluta, mentre le norme del codice civile
opereranno soltanto qualora ricorra una sua lacuna. Diversamente, la
prevalenza di «altre disposizioni» sarebbe subordinata alla verifica
circa la loro capacità di offrire un trattamento più favorevole per il
consumatore rispetto a quello previsto nel codice civile116.
In base ad un altro orientamento l’individuazione della
disposizione «più favorevole per il consumatore» rappresenterebbe,
invece, un criterio generale che dovrebbe valere non solo nei
confronti delle «altre disposizioni» presenti nell’ordinamento, ma
anche rispetto allo stesso codice del consumo117. Così, seguendo
questa impostazione, si potrebbe realizzare il caso in cui le soluzioni
«più favorevoli al consumatore» potranno essere ricavate, in via
interpretativa, dalle stesse disposizioni del codice del consumo,
ancorché non specificamente dedicate alla fattispecie oggetto di
valutazione; ed inoltre, ad essere disapplicate potrebbero essere le
stesse disposizioni del codice del consumo qualora una norma del
codice civile, tenuto conto del caso concreto, assicuri un più elevato
livello di tutela per il consumatore118.
116
V. G. DE CRISTOFARO, Le disposizioni «generali» e «finali» del Codice del consumo:
profili problematici, cit., p. 63, ove si afferma che le disposizioni del codice civile potranno
venire in considerazione soltanto «in funzione integrativa e suppletiva» delle norme del
codice del consumo. Così rispetto a «fattispecie che trovino nel codice del consumo una
disciplina tendenzialmente completa ed esaustiva le norme del codice civile, ancorché
contenutisticamente non incompatibili né contrastanti con siffatta disciplina, non potranno
dunque trovare applicazione, se non per la regolamentazione di aspetti o profili che il codice
del consumo abbia completamente tralasciato di considerare»; ID., Il «codice del consumo»,
cit., p. 808 s.; E. MINERVINI, Codice del consumo, cit., p. 188.
117
F. GALGANO, o.u.c., p. 52 s., secondo il quale con l’art. 142 c. cons. trova conferma il fatto
che il «favor per il consumatore è diventato ormai un principio di carattere generale».
118
A. GENTILI, op. cit., p. 172, secondo il quale «prevale nell’antinomia la norma più
favorevole. A livello semantico questa interpretazione può anche reggere (se e quando si
possa ritenere che più norme di fonti diverse, diversa portata e diverso momento di entrata
51
51
Analoghe osservazioni vengono svolte anche rispetto all’art.
135 c. cons. il quale, con riferimento specifico alla «vendita» dei beni
di consumo, dispone che le norme ad essa dedicate «non escludono
né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme
dell’ordinamento giuridico» (comma 1), e prevede che le disposizioni
del codice civile in tema di contratto di vendita si applicano «per
quanto non previsto» dal codice del consumo (comma 2)119. Sulla
base di quest’ultima previsione, secondo alcuni autori, viene ad
essere attribuito al codice civile un ruolo «sussidiario» nella
disciplina della vendita di beni di consumo, nel senso che esso è
chiamato ad operare soltanto in presenza di una lacuna del codice
consumo120. Ne consegue, pertanto, che la vendita di beni di consumo
in vigore, concorrono). Avrebbe il senso di assicurare al consumatore nel concorso di norme
di contenuto non uniforme né sovrapponibile la prevalenza del trattamento più favorevole,
quale che ne sia la fonte». Ciò consente di «comprendere nella portata del precetto tutta la
normativa generale e speciale, passata presente e futura, sui consumatori. Resta però da
vedere se l’ipotesi così ammessa esista davvero nel concreto della legislazione».
Cfr. F. DI MARZIO, Codice del consumo, nullità di protezione e contratti del
consumatore, in Riv. dir. priv., 2005, p. 869 s., il quale dopo avere osservato che «gli artt.
1469-bis cod. civ. e 38 cod. cons. sottolineano la separatezza tra i due sistemi di regole,
separatezza che discende dalla diversità sostanziale delle ideologie ispiratrici», considera che
«il ricorso alle regole del codice civile presuppone – metodologicamente - la vanezza della
preventiva ricerca delle regole necessarie all’interno del codice di consumo. Inoltre, poiché la
protezione del consumatore attraverso l’eliminazione delle asimmetrie di potere è obbiettivo
del riequilibrio e ragione unificante del codice di consumo, e poiché l’obbiettivo è perseguito
con la tecnica della nullità protettiva, si comprende come sia metodologicamente discutibile
operare una integrazione delle regole della nullità protettiva con le disposizioni del codice
civile (e dunque con gli artt. 1419, comma 1, 1421) che confliggono apertamente con essa».
119
Con riguardo a questa disposizione R. ALESSI, Contratti dei consumatori e disciplina
generale del contratto dopo l'emanazione del codice del consumo, cit., p. 822 s., ritiene che
il legislatore italiano «incurante dei dubbi che divisero la dottrina circa la tracciabilità di un
rapporto genus/species tra disciplina speciale della vendita di beni di fonte comunitaria e
disciplina generale della vendita, pur nel silenzio dell'originaria novella codicistica (ex artt.
1519 bis-nonies c.c.), prospetta ora tale rapporto come scontato».
120
G. DE CRISTOFARO, Il «Codice del consumo»: un'occasione perduta?, cit., p. 1146; ID., Le
disposizioni «generali» e «finali» del Codice del consumo: profili problematici, cit., p. 63;
ID., Il «codice del consumo», cit., p. 799.
Negli stessi termini la dottrina si era espressa nei confronti dell’art. 1519-nonies c.c.
V., per tutti, A. LUMINOSO, Chiose in chiaroscuro in margine al d. legisl. n. 24 dl 2002, in M.
BIN e A. LUMINOSO (a cura di), Le garanzie nella vendita dei beni di consumo, in Tratt.
Galgano, XXXI, Padova, 2003, p. 55 s.; ID., La compravendita. Corso di diritto civile, 3a ed.,
Torino, 2003, p. 305 s.; G. DE CRISTOFARO, La nuova disciplina codicistica dei contratti per la
fornitura di beni mobili conclusi da consumatori con professionisti (seconda parte), in
Studium iuris, 2002, p. 1326, spec. nota 45; G. PISCIOTTA, Scambio di beni di consumo e
modelli codicistici di protezione dell'acquirente, Napoli, 2003, p. 50 s.; S. MAZZAMUTO,
Equivoci e concettualismi nel diritto europeo dei contratti: il dibattito sulla vendita dei beni
di consumo, in Eur. dir. priv., 2004, p. 1081 s.; E. CORSO, Della vendita dei beni di consumo,
in Comm. Scialoja-Branca, a cura di Galgano, Bologna-Roma, 2005, pp. 2 s., 108 s. e 195 s.
52
52
viene ad assumere un carattere di «specialità» ed a configurarsi come
un «sottotipo» della vendita generale contemplata dal codice civile121.
Contro questa ricostruzione altra parte della dottrina richiama
il contenuto dell’art. 128, comma 1, c. cons., il quale, estendendo la
disciplina della «vendita» dei beni di consumo anche ad altri
contratti122, ne fa emergere il carattere «transtipico» ed impedisce
una sua qualificazione in termini di specialità123. Sotto altro profilo,
viene, inoltre, evidenziato che se si fosse voluto attribuire al codice
civile soltanto la funzione di colmare le lacune della disciplina
contenuta nel codice del consumo, probabilmente la formulazione
dell’art. 135 c. cons. si sarebbe limitata al solo comma 2; mentre con
l’integrale riproposizione dell’art. 1519-nonies c.c., emerge la
necessità di operare una ricostruzione sistematica dell’intera
normativa applicabile alla vendita di beni di consumo, con l’obiettivo
di individuare la disposizione più favorevole al consumatore124.
121
Con riferimento agli artt. 1519 bis ss. c.c. la qualificazione in termini di «sottotipo» era
già stata prospettata da G. DE NOVA, La scelta sistematica del legislatore italiano, in
L'acquisto di beni di consumo. D. Lgs. 2 febbraio 2002, n. 24, Milano, 2002, p. 5; S.
MANNINO, Le tutele per l'anomalia del bene venduto fra antico e postmoderno, in R. ALESSI (a
cura di), La vendita dei beni di consumo, Milano, 2003, p. 205 s.; E. GABRIELLI, Aspettative
del consumatore, tutela del mercato e adempimento nella vendita di beni di consumo, in
Giust. civ., 2005, II, 4 s.
In proposito con diverse argomentazioni v. C.M. BIANCA, (a cura di), La vendita di
beni di consumo. Artt. 128-135, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, cit., p. 318, secondo il quale
«è preferibile evitare questa espressione, in quanto essa potrebbe indurre ad evocare l'idea di
un autonomo modello contrattuale, distinto rispetto al tipo principale e dotato di una
propria disciplina organica. La disciplina della vendita di beni di consumo concerne invece
solo alcuni aspetti del contratto, lasciando per il resto applicabili le norme del codice civile
sul contratto in generale e sulla vendita». Dopo aver segnalato la difficoltà di distinzione tra
«veri e propri “sottotipi”» e «semplici “variazioni” del tipo»: A. LUMINOSO, Chiose in
chiaroscuro in margine al d. legisl. n. 24 del 2002, cit., p. 14; ID., La compravendita. Corso
di diritto civile, cit., p. 7, il quale definisce la vendita di beni di consumo come vendita
speciale.
122
L’art. 128, comma 1, c. cons. equipara alla vendita di beni di consumo «i contratti di
permuta e di somministrazione nonché quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti
comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre».
123
Così F. ADDIS, Art. 128, in G. VETTORI (a cura di), Codice del consumo. Commentario,
cit., p. 878 ss.; F. BOCCHINI, Le garanzie nella vendita di beni di consumo tra codice civile e
codice del consumo, in Studium iuris, 2006, p. 1367; A. MANIACI, Art. 128, cit., p. 591 s.; F.
RICCI, o.c., p. 7 ss. Con riferimento all’art. 1519-nonies, c.c. v., per tutti, L. MEZZASOMA, La
disciplina sulla vendita di beni di consumo nell’ordinamento italiano ed il concorso con
altre disposizioni (art. 1519-nonies c.c.), in M.J. REYES LÓPEZ (a cura di), La Ley 23/2003, de
Garantía de los Bienes de Consumo: Planteamiento de Presente y Perspectivas de Futuro,
Cizur Menor, (Navarra), 2005, p. 115 ss.
124
A. MANIACI, Art. 135, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate,
cit., p. 619 ss.; C.M. BIANCA, Note introduttive, cit., p. 2 s., il quale evidenzia che i commi 1 e 2
53
53
Ciò
posto,
tenuto
conto
delle
distinte
tesi
relative
all’interpretazione degli artt. 135 e 142 c. cons., l’impostazione che
appare preferibile è quella secondo cui nello svolgimento dell'attività
ermeneutica devono essere, in ogni caso, privilegiate le disposizioni
più favorevoli per il consumatore «qualunque sia la loro fonte». In
altri termini, nell’individuazione della disciplina che consenta di
garantire una più efficace protezione ai consumatori va riconosciuta
una
«importanza
minimale»125
alla
collocazione
delle
varie
disposizioni nell’uno o nell’altro codice: ad assumere rilevanza è,
invece, il rapporto in cui le singole norme, funzionalmente
dell'art. 135 c. cons. «attestano che la vendita di beni di consumo rientra nella fattispecie
della vendita civile», e che si tratta di una «specificazione della vendita prevista dal codice
civile. Si è anche parlato di un sotto-tipo della vendita, ma è preferibile evitare questa
espressione in quanto essa potrebbe indurre a evocare l'idea di un autonomo modello
contrattuale, distinto rispetto al tipo principale e dotato di una propria disciplina organica.
La disciplina della vendita di beni di consumo concerne invece solo alcuni aspetti del
contratto lasciando per il resto applicabili le norme del codice civile sul contratto in generale
e sulla vendita. La identificazione di ciò che è lasciato alle norme del codice civile deve
procedere sulla base di un'interpretazione attenta alla coerenza sistematica della materia e
rispettosa del canone della norma più favorevole al consumatore»; P. SIRENA, Art. 135 –
Tutela in base ad altre disposizioni, ivi, p. 391 ss., secondo il quale il riferimento alle «altre
norme dell'ordinamento giuridico» deve essere inteso nel senso che, nel caso di difetto di
conformità di un bene mobile, la disciplina dei rimedi concessi al consumatore «non è
dunque dettata esclusivamente dal codice del consumo, poiché laddove siano eventualmente
più favorevoli all'acquirente, prevalgono le disposizioni anteriori, anzitutto quelle previste
dal codice civile» [...] «Se così non fosse, come è stato rilevato, l'attuazione della direttiva
avrebbe paradossalmente privato l'acquirente consumatore dell'azione di risarcimento del
danno, poiché quest'ultima è prevista dall'art. 1494 c.c. a favore del compratore in genere, e
non già specificamente del consumatore; si tratterebbe tuttavia di un risultato irragionevole,
oltre che difficilmente conciliabile con il dettato letterale dell'art. 8, punto 1, della direttiva»;
F. ADDIS, Il «codice» del consumo, il codice civile e la parte generale del contratto, cit., § 3.
V. anche L. MEZZASOMA, o.u.c., p. 115 s. spec. nota 138, il quale a conferma di questa
tesi osserva che già in altre specifiche disposizioni il legislatore comunitario, prima, e quello
nazionale, poi, prescrivono che devono, comunque, sempre operare le normative che
assicurano un «maggior livello di protezione per i consumatori». In particolare, l’Autore
riporta l’esempio del ritardato recepimento della direttiva n. 374 del 1985 sulla
responsabilità per danno da prodotti difettosi nell’ordinamento spagnolo avvenuto con la
Ley n. 22 del 1994 ed osserva come «né la Commissione europea, né la Corte di Giustizia
hanno adottato provvedimenti di condanna per violazione della normativa comunitaria sul
presupposto che, nella sostanza, la LGDCU (Legge n. 26 del 1984) garantiva alla persona
danneggiata dalla circolazione di prodotti difettosi un livello di tutela, per alcuni aspetti,
maggiore di quello contenuto nella normativa comunitaria».
125
Sull’irrilevanza della collocazione sistematica delle norme, F. ADDIS, o.u.c., § 4; A.
BARENGHI, Art. 38, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p.
236, secondo cui «non è da ritenere che il riferimento della disposizione in commento al
codice civile sia d'ostacolo all’applicabilità di altre disposizioni, collocate al di fuori del
codice civile e del codice di settore; a riguardo, la scelta della disciplina di volta in volta
applicabile in via diretta o analogica seguirà i consueti itinerari interpretativi, ai quali si
aggiunge l’ulteriore criterio del favore per il consumatore risultante espressamente, quale
criterio di scelta delle norme applicabili alla soluzione del problema normativo di volta in
volta sottoposto all'interprete, dall'art. 1469-bis c.c.».
54
54
considerate,
si
pongono
rispetto
ai
«princípi
fondamentali
dell’ordinamento»126. È in questo modo che risulta superata la
distinzione tra norme speciali e norme generali e, nel contempo, la
frammentarietà dei vari interventi normativi. Questo consente di
ricostruire il sistema in termini unitari: così, per valutare se una
disposizione è «più favorevole» per il consumatore occorre procedere
ad una sua interpretazione che non sia semplicemente letterale, ma
sistematica ed assiologia127, nonché supportata da criteri di
valutazione che tengano anche conto della specificità del caso
concreto128, ossia degli interessi di «quel» singolo consumatore
protagonista di «quel» particolare rapporto di consumo e degli
interessi contrapposti in «quella» determinata fattispecie, nonché
dell’impatto che su di essi produce «quella» determinata norma129.
126
V. P. PERLINGIERI, Le insidie del nichilismo giuridico, cit., p. 3 s., il quale, dopo aver
specificato che il diritto «non è semplice tecnica, ma è funzione ordinatrice secondo valori
che emergono dal confronto dei diversi e contrastanti interessi che animano e giustificano le
sue ragioni», afferma che «individuare la normativa da applicare al caso concreto, ossia
individuare l’ordinamento giuridico del caso concreto, è opera dell’interprete che si avvale di
princípi e delle regole rinvenibili nella totalità dell’esperienza e della realtà storica» [...]
«L'interpretazione, quindi, è necessariamente espressione del sistema e, ad un tempo,
concorre a formarlo in un processo conoscitivo-applicativo senza fine» (p. 6).
127
In questo senso, P. PERLINGIERI, Complessità e unitarietà dell’ordinamento giuridico
vigente, cit., p. 17, nota 26, il quale afferma che «la natura derogabile o inderogabile è il
risultato di una “complessa interpretazione la quale tiene conto dell'interesse e del valore
tutelati dalla disposizione, dell'intensità della sua rilevanza e delle garanzie richieste per la
eventuale autoregolamentazione delle parti. Ne deriva una prospettazione del fenomeno con
graduazioni ed intensità diverse e ancor più con fondamenti disparati”. Pertanto la nozione
di inderogabilità va utilizzata “non con rigidità dogmatica ma con quella flessibilità storicorelativa adeguata alle finalità delle norme rese “attuali” da una loro complessiva rilettura alla
luce dei princípi fondamentali».
128
In questa ottica, con riguardo alla disciplina delle clausole vessatorie si rinvia a V.
RIZZO, Trasparenza e «contratti del consumatore» (La novella al codice civile), Napoli, rist.,
2002, p. 91 ss., secondo il quale «andrà privilegiato il senso più favorevole al consumatore,
lasciandosi giudare in questa scelta, nell'àmbito di un giudizio individuale, ancora una volta,
a nostro avviso, da criteri di valutazione che tengano conto delle specificità del caso
concreto». V., più in generale, P. PERLINGIERI, Il nuovo diritto dei contratti fra Persona e
Mercato, in G. VETTORI, (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti,
Padova, 1999, p. 827, per il quale «il nuovo diritto dei contratti si pone come momento di
rottura nella cosiddetta teoria generale del contratto, fondata su un soggetto protagonista
sempre identico a se stesso, quindi astratto e generalmente sorretta da una funzione
contrattuale collegata al singolo atto anziché alla complessiva attività posta in essere e
riferita ad un oggetto che pur vario, era sempre il contenuto di un singolo isolato contratto».
129
In tal senso F. ADDIS, o.u.c., § 3, per il quale «l’art. 142 non considera le norme
giuridiche (chiamate a “derogare” al codice civile) per un profilo strutturale e non definisce
una loro qualità ontologica, ma le analizza esclusivamente in una prospettiva funzionale,
fenomenologicamente sussumibile sotto un punto di vista a posteriori». V. anche S. PATTI,
La vendita di beni di consumo, in Obbligazioni e contratti (consultabile in
www.lerivisteipertestuali.it), 2008, n. 8, § 2 ss., il quale, con riguardo all'art. 135, comma 2,
55
55
In questa ottica appare più corretto procedere ad un’analisi del
codice del consumo tenendo conto non della sua «specialità» rispetto
al codice civile, ma piuttosto dei suoi caratteri di «specificità»130. In
altri termini, superando quelle impostazioni che mirano a distinguere
nettamente il diritto dei consumatori dal diritto civile, appare
decisamente più corretto ed utile, in un'ottica che tiene conto della
complessità dell'ordinamento giuridico, procedere ad un’analisi dei
contenuti del primo muovendo dalla consapevolezza che esso
rappresenta una componente rilevante del secondo131.
È in questi termini, pertanto, che va ricercata la soluzione alla
più specifica problematica inerente i rapporti tra la disciplina dei
«contratti dei consumatori» e quella dei «contratti d’impresa». Si
c. cons. e alla disciplina dei rimedi a tutela dell'acquirente di beni di consumo, considera
opportuno «evitare una logica interpretativa secondo cui si deve privilegiare la soluzione che
tutela al massimo il consumatore e considerare errate tutte le altre»: ciò che rileva, infatti, è
l'individuazione di quella soluzione offerta dal diritto che sia «espressione di ragionevolezza
e di equilibrio di contrapposti interessi. Soltanto ragionevolezza ed equilibrio consentono un
soddisfacente funzionamento del mercato. Ed il funzionamento del mercato è una
condizione perché una società moderna possa progredire».
130
V. in questo senso con differenti argomentazioni L. ROSSI CARLEO, Il Codice del
consumo: prime impressioni fra critiche e consensi, cit., p. 35 ss., la quale mette in evidenza
che nell’interpretazione delle norme del codice del consumo si deve tenere in considerazione
che rispetto ad esse la «“specialità” assume connotati del tutto diversi rispetto alla specialità
così come tradizionalmente intesa. Ci troviamo difronte ad una specialità che perde il
connotato della singolarità e di privilegio e si pone attenta non ad una eguaglianza formale,
quanto, piuttosto, ad una equivalenza sostanziale»; ID., Il mercato tra scelte volontarie e
comportamenti obbligatori, in Eur. dir. priv., 2008, p. 160; E. MINERVINI, Codice del
consumo, cit., p. 188, secondo il quale le norme del codice del consumo sono «norme
“specializzate”: l’interprete deve utilizzare tutte le “energie espansive” dei codici di settore,
anche mercé il ricorso all’analogia, sicché il codice civile sopravvive soltanto come disciplina
residuale»; P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra normative di settore e codice del
consumo, cit., p. 19 s., per il quale «il codice del consumo è soltanto una legge organica che
non può che inserirsi in un piú complesso sistema ordinamentale» e, pertanto, «anche se il
legislatore avesse definito il codice del consumo […] eccezionale, l’interprete attraverso
l’attività ermeneutica e soprattutto il metodo sistematico, può dimostrare che tale non è e
procedere alla sua applicazione analogica».
131
P. SIRENA, L'integrazione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del
contratto, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 821 ss.; S. PATTI, Il codice civile e il diritto dei
consumatori. Postilla, in Nuova giur. civ. comm., 2005, II, p. 282 ss. V. anche G. VETTORI,
Introduzione, in ID. (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, cit., p.
XX s., il quale aveva condiviso l'iniziale scelta del legislatore italiano di introdurre la
disciplina sulle clausole vessatoria nel codice civile, sul rilievo che «la disciplina degli
interessi dei consumatori non è settoriale, investe i problemi della persona e non deve essere
confinata in un provvedimento ad hoc, ma inserirsi, piuttosto, nella normativa generale del
codice di diritto comune [...] La novella fa parte di un corpo di norme destinate a regolare
ogni rapporto contrattuale, si riferisce a rapporti speciali, sotto il profilo soggettivo e
oggettivo, ma è possibile che anche alcune sue regole abbiano assunto o possano assumere
un “carattere generale”».
56
56
tratta, cioè di valutare se, ed in quali ipotesi, sia possibile estendere la
disciplina di protezione predisposta in materia di contratti dei
consumatori al di là dell’àmbito soggettivo di applicazione
espressamente
individuato
dal
legislatore
e
se
vi
sia
un’incompatibilità con le disposizioni che regolano il contratto in
generale132.
3.
In
questa
analisi,
tenuto
conto
della
derivazione
comunitaria della normativa emanata in materia di tutela del
consumatore appare anche opportuno tenere in considerazione le
modalità attraverso le quali nei diversi ordinamenti europei si è
provveduto a recepire questa disciplina; esigenza che è pure fatta
palese nella stessa Relazione illustrativa al codice del consumo, ove
viene specificato che tra le varie ragioni poste a fondamento
dell'elaborazione di questo provvedimento vi è la necessità di «far
sviluppare l'ordinamento italiano» poiché, dal confronto con le altre
esperienze nazionali, si considera che in sede di recepimento delle
direttive comunitarie «il modello normativo italiano evidenziava una
grave lacuna»133.
Emerge, infatti, come, da tempo, i differenti legislatori nazionali
non si siano limitati a recepire con specifici provvedimenti le singole
discipline emanate dal legislatore comunitario, ma, piuttosto, si può
riscontrare come essi abbiano posto in essere una più intensa
«attività di adattamento» del proprio ordinamento interno al diritto
comunitario.
Un primo modello di comparazione è quello proposto in Francia
dove con la legge 18 gennaio 1992 n. 92-60 è stato adottato il code de
la consommation, che raccoglie in un unico corpo legislativo le vari
normative emanate in momenti differenti a tutela del consumatore, le
quali si reputa abbiano introdotto nell'ordinamento francese rilevanti
132
Su cui v. specificamente il Capitolo II.
Relazione illustrativa, cit., p. 2.
133
57
57
elementi di novità rispetto al «droit civil traditionelle»134. Di questo
provvedimento, secondo l’opinione prevalente in dottrina135, può
essere evidenziata la coerenza sistematica, anche se, a dispetto del
termine «code» utilizzato, sembra più conveniente considerarlo come
un testo unico ricognitivo, sul rilievo che lo stesso accoglie «nelle
varie parti in cui si articola, testi preesistenti nella loro formulazione
originaria, senza addossarsi il compito di introdurre, esso stesso,
modifiche al diritto esistente, sui singoli punti»136. Tutto ciò
risulterebbe anche evidente dalla portata dei progressivi interventi di
modifica posti in essere dal legislatore francese allo scopo di
adeguare lo stesso codice alle differenti normative emanate a livello
comunitario in tema di tutela del consumatore, tra le quali, piu
recentemente, si segnalano l’ordonnance 17 febbraio 2005, n. 136, in
attuazione della direttiva n. 44 del 1999, su taluni aspetti della
vendita di beni di consumo, che ha modificato gli artt. L. 211-1 e L.
134
D. MAZEUD, Le droit de la consommation est-il un droit social ou un droit
économique?, in Rev. Lamy de la Concurrence, 2006, n. 9, p. 136 secondo il quale «le droit
de la consommation» si presenta come «une réaction contre la vision abstraite et
désincarnée des relations contractuelles telle que la conçoit le droit civil, lequel envisage de
façon formelle et utopique la liberté et l'égalité, racines d'une conception dogmatique des
rapports sociaux [...] Pour sa part, le droit de la consommation prend en considération la
réalité contractuelle, la situation économique concréte des parties, les inégalités de fait, les
rapports de force, de puissance, et de dépendance qui président à la conclusion, l'exécution
et la rupture des contrats. Il envisage le contrat comme un facteur de risque patrimonial,
un instrument de pouvoir et d'asservissement dont il convient [...] de supprimer les
déséquilibres excessifs qui n'ont pas d'autre justification que la domination économique du
professionnel».
135
V., per tutti, F. AUQUE, Loi n. 92-60 de 18 janvier 1992 sur la protection des
consommateurs, in Riv. trim., 1992, p. 457 ss.; J. P. PIZZIO, La loi n. 92-60 du 18 janvier
1992 renforçant la protection des consummaturs, in Dalloz Act. lég., 1992, p. 181 ss.; E.
PETIT, La codification de droit français de la consommation, in Rev. eur. dr. cons., 1993, p.
213 ss.; N. SAUPHANOR-BRAUILLAND, L’influence de droit de consommation sur le système
juridique, Paris, 2000; D. HEUER, Der Code de la consommation. Eine Studie zur
Kodifizierung des französischen Verbrauchsrechts, Berlin, 2002; N. RZEPECKI, Droit de la
consommation et théorie générale du contrat, Marseille, 2002; J. CALAIS–AULOY e F.
STEINMETZ, Droit de la consommation, 6ª ed., Paris, 2003; L. LEVENEUR (a cura di), Code de la
consommation, Paris, 2005 ; E. VARANO, La tutela del consumatore nel diritto francese: les
pratiques commerciales réglementées dans le code de la consommation, in Eur. dir. priv.,
2006, p. 755 ss.
136
Così V. RIZZO, Le «clausole abusive» nell’esperienza tedesca, francese, italiana e nella
prospettiva comunitaria, Napoli, 1994, p. 454 s., ed in particolare v. nota 380, ove, con
specifico riferimento alla normativa delle clausole vessatorie inserita nel code de la
consommation, viene avvertito che «pur di fronte a queste caratteristiche bisogna tuttavia
tenere sempre presente che quella che può apparire come semplice opera di catalogazione e
di sistemazione può dare luogo a nuove interpretazioni, per il diverso contesto in cui queste
si collocano ed assumere dunque contenuti innovativi e creativi».
58
58
221-2 del code de la consommation137, e l’ordonnance 6 giugno 2005,
n. 648, completata dal décret 25 novembre 2005, n. 1450 che, con
l’inserimento degli artt. L. 121-20-8 - L. 121-20-14, recepisce la
direttiva sulle pratiche commerciali sleali138. Nel contempo, tuttavia,
a conferma della rilevanza del code de la consommation, quale
autonomo complesso regolamentare all’interno del quale ricercare la
disciplina dei rapporti instaurati tra un consumatore ed un
professionista, potrebbe essere richiamata la circostanza che, a
differenza di quanto avvenuto nell’ordinamento tedesco, l’esigenza di
intervenire con una riforma sul libro delle obbligazioni non si estende
anche alla materia della tutela del consumatore. Infatti, il recente
Avant-project con il quale si intendono apportare delle modifiche
agli artt. 1101-1386 del code civil, non prevede contestualmente
l’abrogazione del code de la consommation, né il trasferimento nel
codice civile della disciplina in esso contenuta139. Al contrario
l'obiettivo perseguito dal legislatore francese con l'intervento di
riforma è quello di restituire al codice civile l'antica centralità
realizzando un coordinamento con i vari codici di settore ed in
particolare con il code de la consommation, anche al fine di evitare la
frantumazione del sistema140.
137
In arg. S. MANNINO, L’attuazione della direttiva 1999/44/CE in Francia, in Eur. dir.
priv., 2003, p. 394 ss.; G. PAISANT, La transposition, en France, de la directive du 25 mai
1999 sur les garanties dans la vente de bienes de consommation, in J. LETE ACHIRICA
Garantías en la venta de bienes de consumo/Les garanties dans la vente de biens de
consommation, Santiago de Compostela, 2004, p. 227 ss.; S. CUGINI, L’ultimo lifting al Code
de la Consommation francese, in Contr. impr./Eur., 2005, p. 686 ss.; E. M. LOMBARDI,
L’applicazione della direttiva 99/44/CE in Francia ovvero «de la responsabilité pour défaut
de conformité du bien au contrat», in Eur. dir. priv., 2006, p. 483
138
Su questo ultimo intervento si sofferma V. CRESCIMANNO, Obblighi di informazione del
fornitore di servizi finanziari e nullità del contratto: la disciplina francese tra code de la
consommation e code civil, in Eur. dir. priv., 2008, p. 483 ss.
139
Per un commento sull’Avant-project v. F. GRUA, Le Code civil, code residuel?, in Rev.
trim. dr. civ., 2005, p. 253 ss.; P. CATALÀ, Bref apercçu sur l’avant-project de réforme des
droit des obligations, in Rec. Dalloz ch., 2006, p. 535 ss.; G. B. FERRI, L’Avant Project di
riforma dei titoli tre e quattro del libro terzo del Code civil, in Eur. dir. priv., 2006, p. 35
ss.; G. CANIVET, Il codice civile francese: evoluzione e riforme, in Corr. giur., 2006, p. 1021 ss.
140
S. PATTI, La vendita di beni di consumo, cit., § 2; B. FAUVARQUE-COSSON e D. MAZEAUD,
L’avant-project français de réforme du droit des obligations: perspectives internes et
européennes, Relazione tenuta al convegno su «Il diritto europeo dei contratti fra parte
generale e norme di settore», Pisa 25 – 26 maggio 2007.
59
59
Un secondo modello si è affermato in Germania, ove, dopo
un’iniziale fase in cui le varie normative in materia di tutela del
consumatore erano state recepite in tante leggi speciali, si è
provveduto, con la «legge di ammodernamento del diritto delle
obbligazioni» (Gesetz zur Modernisierung des Schuldrechts), entrata
in vigore il 1° gennaio 2002141, a trasferire le stesse all’interno del
codice civile142. Con questa opera di inserimento, già avviata dalla
legge 27 giugno 2000, che, all’atto del recepimento della disciplina
relativa ai contratti a distanza, aveva introdotto nel codice civile le
nozioni di «consumatore» e di «professionista»143, il legislatore
tedesco fa scomparire il sistema del c.d. «doppio binario» in base al
quale la disciplina del contratto si articolava fra codice civile e leggi
speciali144. Così, nel Libro II dedicato al «Diritto dei rapporti
141
Sulla legge tedesca c.d. di modernizzazione, del 26 novembre 2001, v., tra tanti, A.
RAJNIERI, La riforma del codice civile tedesco: spunti di riflessione, in Giust. civ., 2002, II, p.
326 ss.; C.-W. CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, Padova, 2003; G.
CIAN (a cura di), La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto
europeo delle obbligazioni e dei contratti?, Padova, 2004; S. PATTI, Diritto privato e
codificazioni europee, Milano, 2004, p. 91 ss.; M. DURNI-KINDLER, Il codice tedesco
“modernizzato”, Torino, 2004.
142
Esperienza analoga si rinviene nei Paesi Bassi, ove il codice civile, entrato in vigore il
1° gennaio 1992, contiene al suo interno, nel VI Libro, tre sezioni dedicate alla normativa in
materia di diritto di consumo. Al titolo III, sezione III, è disciplinata la responsabilità per
danno da prodotti difettosi; al titolo III, sezione IV, è regolata la pubblicità ingannevole; al
titolo V, sezione III, è prevista la normativa relativa alle condizioni generali di contratto. V.,
in proposito, E. IORATTI, Il nuovo Codice civile dei Paesi Bassi fra soluzioni originali e
circolazione di modelli, in Riv. dir. civ., 1992, I, p. 117 ss.
143
V. i §§ 13 e 14 del BGB, sui cui, S. PATTI, I contratti del consumatore e la
ricodificazione tedesca, in Eur. dir. priv., 2003, p. 503 ss.; L. DI NELLA, Il Verbraucher e
l’Unternehmer nel sistema tedesco, in P. PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di), Il diritto dei
consumi, II, cit., p. 395 ss.; G. VETTORI, Libertà di contratto e disparità di potere, in Il diritto
civile oggi. Compiti scientifici e didattici del civilista, cit., p. 869 ss.
144
S. PATTI, I contratti del consumatore nel BGB, in G. CIAN (a cura di), La riforma dello
Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei
contratti?, cit., p. 84, secondo il quale pur prendendo atto che «in alcuni casi leggi di tutela
del consumatore sono state integrate nel BGB senza sostanziali modifiche (es. credito al
consumo, §§ 493-508 BGB) ed è stata realizzata quindi una riforma di natura
esclusivamente formale, può condividersi l'osservazione secondo cui l'inserimento delle
norme nel codice civile può in ogni caso servire ad accrescere la consapevolezza di un diritto
dei consumatori quale parte del diritto privato generale. Come Sonderprivatrecht per
l'incontro negoziale di consumatore e imprenditore, il diritto dei contratti del consumatore
non si pone al di fuori del diritto privato generale ma lo presuppone, poiché serve ad
eliminare disturbi della parità dei contraenti ed in tal modo rappresenta un presupposto di
funzionamento dell'autonomia privata». Ed in questa prospettiva v. anche ID., Il progetto di
riforma del codice civile tedesco, in G. ALPA e E.N. BUCCICO (a cura di), La riforma dei codici
in Europa e il progetto di codice civile europeo, cit., p. 239 ss., ove si evidenzia che con
questo intervento normativo «assistiamo ad un enorme sforzo di modernizzazione e di
sistemazione del diritto privato tedesco, sforzo che rimane nel solco della tradizione, una
60
60
obbligatori», sono introdotte sotto il titolo «Configurazione dei
rapporti obbligatori negoziali mediante condizioni generali di
contratto» le disposizioni contenute nella «Legge sulla disciplina
delle condizioni generali di contratto» (Gesetz zur Relung des Rechts
der Allgemeinen Geschäftsbedingungen o AGBG) con la quale era
stata recepita la direttiva n. 13 del 1993145; e nel titolo rubricato
«Forme particolari di distribuzione» si rinvengono le disposizioni
prima previste nella «Legge sul recesso dai contratti porta a porta e
negozi affini» (Gesetz über den Widerruf von Haustürgeschäften
und ähnlichen Geschäften), nonchè quelle inerenti «determinati
aspetti dei servizi della società dell’informazione». La «Legge sui
contratti a distanza» viene, invece, definitivamente soppressa e la
disciplina di questa particolare modalità di conclusione del contratto
si rinviene nella disciplina generale del contratto. La «Legge sul
credito al consumo» (Verbraucherkreditgesetz) viene ora integrata
nella parte speciale del diritto delle obbligazioni ed in particolare
nell’àmbito della regolamentazione del contratto di mutuo si rinviene
la disciplina del «contratto di mutuo al consumo», delle «facilitazioni
finanziarie tra imprenditori e consumatori» e del «contratto di
fornitura a rate tra imprenditori e consumatori». Tra le disposizioni
inerenti il contratto di mediazione si trova, poi, la disciplina del
«contratto di procacciamento di mutuo fra imprenditore e
consumatore». Con riguardo, infine, alla normativa relativa alla
vendita di beni di consumo il legislatore tedesco, dovendo dare
tradizione di codificazione ma anche di riguardo per le esigenze dell’economia e delle classi
deboli. Oggi l’attenzione è soprattutto rivolta al diritto europeo»; G. DE CRISTOFARO, Note
introduttive sulla genesi e sull'oggetto della riforma tedesca e sui contenuti del quaderno,
in C.-W. CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, cit., p. XIII, il quale
osserva che «il BGB “modernizzato” diviene così il primo codice civile nazionale dell'Europa
occidentale ad essere direttamente investito dal fenomeno di -ci sia consentito l'uso di
questo termine non molto elegante- “comunitarizzazione” del diritto privato (delle
obbligazioni e dei contratti)»; G. ALPA, Introduzione al diritto contrattuale europeo, RomaBari, 2007, p. 138 s., che con riguardo al provvedimento che scaturisce dalla riforma del
2002 afferma che «non si tratta di un codice di meri principi generali, ma di un codice che
“continua ad essere regolamentazione compiuta e dettagliata dei settori della vita sociale”».
145
Per un'ampia analisi dell'«esperienza tedesca» in materia di clausole vessatorie v., per
tutti, V. RIZZO, Le «clausole abusive» nell'esperienza tedesca, francese, italiana e nella
prospettiva comunitaria, cit., p. 59 ss.
61
61
attuazione alla relativa direttiva comunitaria, è intervenuto, da un
lato, sulla disciplina della compravendita e, dall’altro, mediante
l’inserimento di un apposito sottotitolo dedicato alla «vendita di beni
di consumo»146.
Tutta questa attività di integrazione della normativa speciale
nel codice civile viene descritta in termini di «ricodificazione» ed il
risultato prodotto è una trasformazione del codice civile tedesco
soprattutto, come è stato osservato, con riferimento ai nuovi limiti
che la disciplina di derivazione comunitaria impone all'autonomia
contrattuale147.
Un terzo modello di confronto è offerto dalla Spagna ove,
recentemente, con l’emanazione del Real Decreto Legislativo del 16
novembre 2007, n. 1148, è stata innovata la normativa a tutela del
consumatore ed, in particolare, si è inciso sulla fondamentale
disciplina contemplata, fino a questo momento, nella Ley General
para la Defensa de Consumidores y Usuarios (l. 19 luglio 1984, n.
146
V. il commento di S. PATTI, I contratti del consumatore e la ricodificazione tedesca,
cit., p. 503 ss.; DÖRNER, L’integrazione delle leggi per la tutela del consumatore all’interno
del BGB, in Contr. impr./Eur., 2004, p. 887 ss.; R. SCHULZE, Il nuovo diritto tedesco delle
obbligazioni e il diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2004, I, p. 57 ss.
147
V. S. PATTI, Tradizione civilistica e codificazioni europee, in F. MACARIO e M. N. MILETTI,
Tradizione civilistica e complessità del sistema, Milano, 2006, p. 82 ss., secondo il quale
l'inserimento nel codice civile delle norme di attuazione di direttive comunitarie ha
determinato una «decodificazione interna» e con specifico riferimento all'ordinamento
tedesco viene osservato che «non ci si è limitati ad inserire i nuovi paragrafi creando spazio
all'interno del codice, ma si è tenuto conto del fatto che alcuni principi delle leggi speciali, ad
esempio quelli della legge sulle condizioni generali di contratto, come pure alcuni principi
della direttiva in materia di vendita e garanzia dei beni di consumo, non erano conciliabili
con le antiche linee di fondo del BGB, che dovevano quindi subire ritocchi». Il risultato
ottenuto è che il «codice civile tedesco si è trasformato, e da paladino dell'autonomia
contrattuale, che fissa soltanto i limiti del libero agire dei privati, prevede ormai molte
norme imperative che incidono su ambiti tradizionalmente disciplinati dal diritto
dispositivo, facendo sorgere la questione dei nuovi limiti o addirittura della stessa
sopravvivenza dell'autonomia contrattuale».
148
In B.O.E. 30 novembre 2007, n. 287.
62
62
26)149 ed in alcune leggi speciali che ruotano attorno ad essa150.
L’intervento di riforma posto in essere nell’ordinamento
spagnolo mira a risolvere gli effetti negativi determinati dalla
dispersione nell’ordinamento delle numerose disposizioni che
regolano questa materia e, tenuto conto di questa finalità, tale
provvedimento merita di essere approfondito per le evidenti
somiglianze che, sotto vari profili, esso presenta con il codice del
consumo italiano. A fondamento del Real Decreto Legislativo n. 1 del
2007, si colloca, infatti, la stessa esigenza avvertita dal legislatore
italiano, di realizzare un’opera di sistemazione dell’intera normativa
consumeristica,
poiché
viene
evidenziato
come,
nonostante
l’esistenza nell’ordinamento spagnolo di una Ley General, numerose
siano le incongruenze prodotte dalla sempre più frequente adozione
149
La Ley n. 26 del 1984 è definita «pietra angolare» di tutta la normativa dedicata alla
protezione dei consumatori (così M. J. REYES LÓPEZ, La protección de los derechos de los
consumiodores y usuarios en la actualidad, in ID. (a cura di), Derecho privado de consumo,
Valencia, 2005, p. 29 ss.). Tra i numerosissimi commenti, v., per tutti, da ult., E. LLAMAS
POMBO (a cura di), Ley General para la Defensa de Consumidores y Usuarios. Comentarios
y Jurisprudencia de la Ley viente años después, Madrid, 2005; A. DE LEÓN ARCE, La
protección legal de consumidores y usuarios en España, in A. DE LEÓN e L. M. GARCÍA GARCÍA,
Derechos de los consumidores y usuarios (Doctrina, normativa, jurisprudencia,
formularios), I, 2ª ed., Valencia, 2007, p. 130 ss.
150
A livello europeo anche altri ordinamenti adottano questa modalità di recepimento
della normativa comunitaria in tema di protezione dei consumatori. Così, in Portogallo
troviamo una legge generale, rappresentata dalla l. 31 luglio 1996, n. 24, la quale
modificando la precedente l. 22 ottobre 1981, n. 29, stabilisce un «Regime legal aplicável à
defesa dos consumidores», ed accanto ad essa si rinvengono normative speciali relative a
singoli settori di tutela, come, ad esempio, il Decreto-Lei n. 67/2003, del 8 aprile 2003, che
«Transpõe para a ordem jurídica nacional a Directiva n.º 1999/44/CE, do Parlamento
Europeu e do Conselho, de 25 de Maio, sobre certos aspectos da venda de bens de consumo
e das garantias a ela relativas, e altera a Lei n.º 24/96, de 31 de Julho». Sulla situazione
portoghese v., per tutti, A. CARRASCO PERERA, El derecho de consumo en España: presente y
futuro, Madrid, 2002, p. 38.
In questa sede non può essere sottovalutato di considerare che il 15 marzo 2006 è
stato presentato al Governo porteghese, per il dibattito pubblico, l’«Avanprogetto del Codice
del consumatore», sui si sofferma: A. PINTO MONTEIRO, Sul diritto del consumatore in
Portogallo e l’Avanprogetto del Codice del consumatore, in Rass. dir. civ., 2008, p. 784 ss.
Fuori dall’Europa, in Argentina la normativa inerente la tutela del consumatore è
contenuta in una legge generale, la Ley Nacional de Defensa del Consumidor (l. 22
settembre 1993, n. 24.240), recentemente modificata dalla Ley n. 26.361 del 12 marzo 2008
(rubricata Modificación de la Ley Nº 24.240. Disposiciones complementarias), la quale ha
ampliato le garanzie del consumatore ed ha previsto l’introduzione dell’istituto del danno
punitivo. Per un commento si rinvia alle relazioni svolte al Convegno I principi «acquis» del
diritto comunitario dei contratti, Ferrara 26 - 27 giugno 2008, di: J. MEZA, Il sistema di
protezione del consumatore; C. PARELLADA, I principi «acquis» e il risarcimento dei danni.
L’esperienza argentina; J.C. BORAGINA, Il sistema della responsabilità per inadempimento
contrattuale.
63
63
in questo àmbito di discipline settoriali. Ciò è quanto risulta dalla
disposición final quinta della Ley de Mejora de Protección del
Consumidor (l. 29 dicembre 2006, n. 44)151 che, nel programmare
tale intervento di riforma, affermava che si «habilita» il Governo, nel
termine di dodici mesi dalla sua entrata in vigore, «a refundir en un
único texto la Ley 26/1984, de 19 de julio, General para la Defensa
de los Consumidores y Usuarios y las normas de transposición de
las directivas comunitarias dictadas en materia de protección de los
consumidores y usuarios, que inciden en los aspectos regulados en
ella, regularizando, aclarando y armonizando los textos legales que
tengan que ser refundidos»152. Così, in attuazione di questa
previsione con il provvedimento del 2007 si è provveduto ad
abrogare e, contestualmente, ad incorporare in un «texto refundido»
la Ley n. 26 del 1984 e ad altre particolati leggi speciali153. E più
specificamente, considerata la loro rilevante incidenza in questa
materia, risultano qui inserite: la Ley de Garantías en la Venta de
Bienes de Consumo (l. 10 luglio 2003 n. 23), la Ley sobre contratos
celebrados fuera de los establecimientos mercantiles (l. 21 novembre
1991, n. 26); la Ley de Ordenación del Comercio Minorista (l. 15
gennaio 1996, n. 7, come modificata dalla l. 19 dicembre 2002, n. 47,
che ha provveduto a recepire la disciplina comunitaria dei contratti a
distanza); la Ley de responsabilidad civil por los daños causados por
productos defectuosos (l. 6 luglio 1994, n. 22); la Ley sobre viajes
combinados (l. 6 luglio 1995, n. 21)154.
Il contenuto e le finalità del Real Decreto n. 1 del 2007 devono,
151
In B.O.E., 30 dicembre 2006, n. 312.
Previsione che ripropone quanto stabilito in precedenza dalla disposición final cuarta
della Ley de Garantías en la Venta de Bienes de Consumo (legge 10 luglio 2003 n. 23).
153
Così, chiaramente, si evince dal titolo dello stesso provvedimento: «Real Decreto
Legislativo n. 1/2007, “por lo que se aprueba el texto refundido de la Ley General para la
Defensa de Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias”». Nella Exposición de
Motivos del provvedimento viene indicato che leggi speciali cui si riferisce la riforma sono
quelle individuate nell'elenco allegato alla direttiva 19 maggio 1998, n. 27.
154
Per un quadro generale su queste diverse normative si rinvia a G. BOTANA GARCÍA e M.
RUIZ MUÑOZ (a cura di), Curso sobre protección jurídica de los consumidores, Madrid, 1999;
M. J. REYES LÓPEZ, Derecho privado de consumo, cit., passim.
152
64
64
poi, essere individuate tenendo conto delle novità introdotte in
questa materia dalla Ley de Mejora de Protección del Consumidor
del 2006 ed, in ogni caso, considerando che nell’art. 51 della
Costituzione spagnola del 1978 trova espresso riconoscimento
l’esigenza di garantire una intensa tutela ai consumatori, la quale in
questo modo viene ad essere ricompresa fra i «principios rectores de
la política social y económica» del Paese155.
Ma, con riguardo a ciò, non può essere sottaciuto che la
dottrina spagnola è concorde nell’evidenziare la presenza di differenti
ostacoli che si possono frapporre alla riunificazione in un unico corpo
normativo di tutte le disposizioni vigenti in materia di tutela degli
interessi dei consumatori156, tra i quali, decisiva rilevanza viene
attribuita alla presenza all’interno dell’ordinamento spagnolo di
differenti fonti normative che concorrono a regolare tale settore dei
rapporti privati157. La protezione degli interessi dei consumatori
rientra, infatti, anche nella competenza legislativa delle Comunità
Autonome158 le quali, nelle ipotesi in cui abbiano riconosciuto nei
155
L’art. 51 della Costituzione spagnola del 1978 dispone che «1. Los poderes públicos
garantizarán la defensa de los consumidores y usuarios, protegiendo, mediante
procedimientos eficaces, la seguridad, la salud y los legítimos intereses económicos de los
mismos. 2. Los poderes públicos promoverán la información y la educación de los
consumidores y usuarios, fomentarán sus organizaciones y oirán a éstas en las cuestiones
que puedan afectar a aquéllos, en los términos que la Ley establezca. 3. En el marco de lo
dispuesto por los apartados anteriores, la Ley regulará el comercio interior y el régimen
de autorización de productos comerciales». Sulla protezione dei consumatori offerta a
livello costituzionale in Spagna v., per tutti, C. ALBORCH BATALLER, La protección del
consumidor en el art. 51 de la Constitución. Considerciones Generales y desarrollo
legislativo, in Estudios in Homenaje a D. Sevilla Andrés, I, Valencia, 1984, p. 26 ss.; M.T.
QUINTELA GONÇALVES, La protección de los consumidores y usuarios y la Constitución
Española de 1978, Madrid, 1986, p. 92 ss.; A. MENÉDEZ MENÉDEZ, La defensa del consumidor:
un principio general del derecho, in Estudios sobre la Constitución Española. Homenaje al
Profesor Eduardo García de Enterría, II, Madrid, 1991, p. 1901 ss.; J. GUILLÉN CARAMÉS, El
estatuto jurídico del consumidor, Madrid, 2002, p. 52 ss. e spec. p. 163 ss.; A. DE LEÓN ARCE,
La protección legal de consumidores y usuarios en España, cit., p. 107 SS.; R. HERRERA DE LAS
HERAS, Marco normativo de la proteccion del consumidor en España, in G. CAVAZZONI, L. DI
NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e prospettive, cit., p.
547 ss.
156
V. G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1, in E. LLAMAS POMBO (a cura di), Ley General para la
Defensa de Consumidores y Usuarios. Comentarios y Jurisprudencia de la Ley viente años
después, cit., p. 46, che considera questa elaborazione «una labor ardua».
157
Per tale rilievo v., per tutti, A. CARRASCO PERERA, o.c., p. 41; G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1,
cit., p. 46.
158
La ripartizione delle competenze tra Stato e Comunità Autonome è regolata dagli artt.
148 e 149 della Costituzione spagnola. Per un’analisi dell’operatività di queste norme in
65
65
relativi Statuti di autonomia la propria competenza a legiferare su
questa
materia,
hanno
emanato
numerose
disposizioni
che
provvedono ad introdurre una specifica disciplina di carattere
giuridico-amministrativo di questo settore159. Nel contempo, si
considera che un intervento codificatorio limitato alla sola normativa
prodotta a livello statale richiederebbe una più ampia e complessa
azione di riforma del diritto privato generale160.
Sotto altro profilo, la dottrina spagnola non ha mancato poi di
evidenziare
il
carattere
della
«multidisciplinarità»
e
della
«multisettorialità» del diritto del consumo; carattere che verrebbe a
configurarsi quale ulteriore impedimento nella realizzazione di una
vera e propria opera di codificazione stante la difficoltà di individuare
un unico criterio in base al quale poter procedere ad una
riconduzione ad unità delle differenti normative consumeristiche
emanate161.
riferimento alla materia del diritto del consumo v., per tutti, D. CUENCA ANTOLÍN e M. J. REYES
LÓPEZ, Competencias de la Administración del Estado y de las Comunidades Autónomas en
materia de consumo, in M. J. REYES LÓPEZ(a cura di), Nociones básica del derecho de
consumo, Valencia, 1996, p. 41 ss.; J. GUILLÉN CARAMÉS, o.c., p. 253 ss.; A. CARRASCO PERERA, o.c.,
p. 51 ss.; M. J. REYES LÓPEZ, La protección de los derechos de los consumiodores y usuarios
en la actualidad, cit., p. 25 ss.; A. DE LEÓN ARCE, o.c., p. 111 ss.
Un importante esempio di Statuto di una Comunità Autonoma ove viene
espressamente riconosciuta la competenza della stessa Comunità a legiferare in questo
settore è dato dal recente «Estatut d’autonomia de Catalunya», approvato il 18 giugno 2006
(che sostuisce il precedente «Estatut de Sau» del 1979), il quale stabilisce all’art. 123 che
spetta alla «Generalitat» la competenza esclusiva in materia di diritto del consumo, «que
inclou en tot cas: a) La defensa dels drets dels consumidors i els usuaris, proclamats per
l’article 28, i l’establiment i l’aplicació dels procediments administratius de queixa i
reclamació. b) La regulació i el foment de les associacions dels consumidors i els usuaris i
llur participació en els procediments i afers que les afectin. c) La regulació dels òrgans i els
procediments de mediació en matèria de consum. d) La formació i l’educació en el consum.
e) La regulació de la informació en matèria de consumidors i usuaris». In proposito v., per
tutti, C.J. MALUQUER DE MOTES BERNET, Il diritto comunitario e la particolare esperienza del
diritto catalano, cit., secondo il quale «il riconoscimento di tale competenza si basa sulla
stessa organizzazione dello Stato, costituito in Comunità Autonome, e sull’esigenza di
tutelare gli specifici interessi di queste Comunità».
159
Ripropone un elenco, sia pure non esaustivo, delle varie normative adottate livello
autonomico A. DE LEÓN ARCE, o.c., p. 119 ss.
160
A. CARRASCO PERERA, o.c., p. 41; G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1, cit., p. 47.
161
K.J. ALBIEZ DOHRMANN, La integración del derecho de consumo contractual en el
Código civil: una simple tentelequia jurídica o algo más?, in Estudios jurídicos en
homenaje al Profesor Luis Díez-Picazo, Parte general, I, Madrid, 2003, p. 144, considera
che la realizzazione di un codice del consumo si tradurrebbe in «gigante difficile da
dominare»; J.M. NEBREDA PÉREZ, Manual de derecho de la contratación privada y pública,
Madrid, 2005, p. 347 ss.; R. HERRERA DE LAS HERAS, o.c., p. 565, per il quale le normative a
tutela dei consumatori «se encuentran excesivamente divididos y compartimentados, lo
66
66
Sulla base di queste considerazioni è, pertanto, opinione
condivisa reputare poco realizzabile nell’ordinamento spagnolo una
generale «codificazione» delle varie normative consumeristiche162,
impostazione che, d’altra parte, sembra trovare conferma anche
nell’intitolazione dello stesso Real Decreto n. 1 del 2007, ove l’opera
realizzata viene qualificata non come «codigo», bensì come «texto
refundido», con la conseguenza che quest’ultimo viene a configurarsi,
alla stregua del codice del consumo italiano, come un’opera di
consolidazione consistente nella riorganizzazione sistematica delle
differenti disposizioni vigenti nello specifico settore della tutela del
consumatore. Ciò posto, i primi commenti a tale provvedimento si
sono preoccupati di verificare se con esso sia stata soddisfatta o meno
la finalità, prefissata nella sopra citata disposición final della Ley de
Mejora de Protección del Consumidor del 2006, di «regularizar,
aclarar y armonizar»163 l’intera normativa consumerstica; ed in
proposito
è
opinione
condivisa
evidenziare
la
«parzialità»
dell’intervento realizzato164 e, nel contempo, viene sottolineata
l’ingiustificata
esclusione
di
rilevanti
normative165 ,
con
la
que dificulta su comprensión y provoca en numerosos casos, el desconocimiento y la
confusión de sus derechos a los consumidores y usuarios».
162
Sul significato che la dottrina spagnola assegna al concetto di «codice» v., per tutti,
A.M. ROMÁN GARCÍA, Codificación, descodificación y recodificación en el derecho civil, in
Estudios jurídicos en homenaje al Profesor Luis Díez-Picazo, Parte general, I, cit., p. 909 ss.
Particolarmente significativa appare, poi, la definizione di M. ALONSO PÉREZ, Ideal
codificador, mentalidad bucólica y orden burgués en el Código civil de 1889, in Centenario
del Código civil, Asociación de Profesores de Derecho Civil, I, Madrid, 1990, p. 19, secondo il
quale «los codigos, en mayor o menor medida, logran unificar, derogan la legislación
anterior, acaban con la diversidad normativa y, por tanto, con el confusionismo jurídico
precedente».
163
In particolare si sofferma sulla tecnica legislativa utlizzata dal legislatore spagnolo S.
CAVANILLAS MÚGICA, El Real Decreto Legislativo 1/2007, por el que se aprueba el texto
refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes
complementarias,
in
Aranzadi
Civil,
2008,
n.
1,
consultabile
in
www.westlaw.es/westlaw/login.jsp.
164
R. BERCOVITZ RODRÍGUEZ-CANO, El texto refundido sobre legislación de consumo, in
Aranzadi Civil, 2007, n. 18, consultabile in Aranzadi Civil, 2008, consultabile in
www.westlaw.es/westlaw/login.jsp.; A. CARRASCO PERERA, La defensa de los consumidores y
usuarios: ámbito de aplicación y alcance de la refundación, ivi; S. CAVANILLAS MÚGICA, o.c.
165
Esclusioni che, tuttavia, sono in diverso modo argomentate nella Exposición de
Motivos. Qui, in particolare, viene precisato che il mancato inserimento della Ley de crédito
al consumo (l. 23 marzo 1995, n. 7) dipende dalla presenza in essa di profili che si collegano
alla normativa inerente i servizi finanziari e, più specificamente, alla recente Ley sobre
comercialización a distancia de servicios financieros (l. 11 luglio 2007, n. 22). L’omesso
67
67
conseguenza che è opinione condivisa in dottrina considerare il Real
Decreto n. 1 del 2007 come «una pura labor de compilació
desordenanda de normas»166.
Non mancano, tuttavia, nel provvedimento profili apprezzabili
che meritano di essere richiamati. In particolare, dall’analisi di esso
emerge chiaramente che l’intento del legislatore è quello di rafforzare
quegli istituti che risultano idonei a rendere effettiva ed efficace la
protezione dei consumatori e, così, è predisposta una disciplina
dettagliata del regime giuridico delle associazioni dei consumatori167
ed
una
peculiare
attenzione
viene
riservata
alla
disciplina
dell’Arbitraje de Consumo168, ossia a quel particolare meccanismo di
risoluzione alternativa delle controversie tipico dell’ordinamento
spagnolo il quale, in virtù del diretto coinvolgimento delle
Amministrazioni pubbliche nella formazione, nello sviluppo e nel
mantenimento degli organi arbitrali, è in grado di garantire ai
consumatori, che volontariamente decidono di aderire ad esso, la
trasparenza e l’indipendenza dell’organo decidente, nonché la reale
riferimento alla normativa sulla multiproprietà (l. 15 dicembre 1998, n. 42) si considera
dovuto ai numerosi aspetti attinenti il diritto tributario che ricorrono in tale disciplina;
mentre a fondamento dell’assenza della Ley General de Publicidad (l. 11 novembre 1998, n.
34) è indicato, da un lato, il fatto che si tratta di una normativa che offre protezione non
soltanto ai consumatori, ma anche ai professionisti, e, dall’altro lato, si evidenzia
l’opportunità di intervenire in questa materia in sede di recepimento nell’ordinamento
spagnolo della direttiva n. 29 del 2005 sulle pratiche commerciali sleali.
166
A. CARRASCO PERERA, o.u.c.
167
Disciplina contenuta nel Libro I, Titolo II rubricato «Derecho de representación,
consulta y participación y régimen jurídico de las asociaciones de consumidores y
usuarios»: su cui si sofferma ampiamente, S. CAVANILLAS MÚGICA, o.c.
168
La sua disciplina è contenuta negli artt. 57 e 58 del Real Decreto n. 1 del 2007, i quali
sostituiscono l’art. 31 della Ley n. 26 del 1984, di cui viene, però, ripresa la medesima
definizione di «Sistema Arbitral del Consumo», inteso come «el sistema extrajudicial de
resolución de resolución de conflictos entre los consumidores y usuarios y los empresarios
a través del cual, sin formalidades especiales y con carácter vinculante y ejecutivo para
ambas partes, se resuelven las reclamaciones de los consumidores y usuarios, siempre que
el conflicto no verse sobre intoxicación, lesión o muerte o existan indicios racionales de
delito» (art. 57, comma 1). La disciplina del Real Decreto n. 1 del 2007 va, poi, integrata con
quanto prescritto nel Real Decreto 15 febbraio 2008, n. 231, «por el que se rugula el
Sistema Arbitral de Consumo» (pubblicato in Estudios sobre consumo, 2008, f. 83, p. 131),
il quale prende il posto del Real Decreto 3 maggio 1993, n. 636. Con riguardo alle novitá
introdotte a seguito di questi recenti interventi legislativi v. L. CASTILLO RODRÍGUEZ, Novedades
procesales sobre la legitimación y arbitraje en materia de consumo (Ley 44/2006, de 29 de
diciembre), in Actualidad Civil, 2007, pubblicato in www.laley.net:2302/bin/gate.exe?
f=doc&state=tr26h6.5.11.
68
68
possibilità di accedervi gratuitamente169.
Anche in àmbito contrattuale, il Real Decreto n. 1 del 2007, nel
ricomporre la normativa esistente, ha introdotto talune modifiche, le
quali appaiono finalizzate, in primo luogo, ad armonizzare
l’ordinamento
spagnolo
con
quanto
stabilito
dal
legislatore
comunitario. In questa direzione, vengono accolte le indicazioni della
Corte
di
giustizia
relative
al
non
corretto
recepimento
169
I membri delle Juntas Arbitrales e dei Colegios Arbitrales sono, infatti, scelti tra le
persone al servizio di un Amministrazione pubblica, sulla quale ricade ogni costo economico
inerente l’esercizio di questa funzione. Ciò consente di garantire al consumatore, da un lato,
che la soluzione della controversia sia affidata ad organi dotati della esperienza, delle
capacità e delle competenze necessarie per poter svolgere la propria funzione e, dall’altro
lato, che sia esonerato dal sopportare i costi inerenti lo svolgimento del procedimento. Nel
Real Decreto n. 1 del 2007, la valenza di questo istituto come strumento privilegiato per la
tutela del consumatore emerge chiaramente dall’inserimento di una disposizione che mira a
limitare la possibilità per lo stesso di ricorrere a forme alternative di composizione delle
controversie diverse dall’Arbitraje de Consumo. A questo scopo, è previsto che, a pena di
nullità, potranno essere conclusi «convenios arbitrales» distinti dall’arbitrato di consumo
soltanto «una vez surgido el conflicto material o controversia entre las partes del contrato,
salvo que se trate de la sumisión a órganos de arbitraje institucionales creados por normas
legales o reglamentarias para un sector o un supuesto específico» (art. 57). Nel contempo,
sono considerate clausole abusive quelle che stabiliscono «la sumisión a arbitrajes distintos
del arbitraje de consumo, salvo que se trate de órganos de arbitraje institucionales creados
por normas legales para un sector o un supuesto específico» (art. 90, punto 1). Su tali
previsioni v. Audencia provincial de Barcelona, 8 gennaio 2008, n. 18, in Jurisprudencia,
2008, p. 132691; Audencia provincial de Madrid, 19 febbraio 2008, n. 63, in
www.tirantonline.com. In generale, sulle caratteristiche dell’arbitrato di consumo, M. P.
GARCIA RUBIO, El arbitraje como mecanismo de solucion de controversias en materia de
consumo, in Rev. Corte esp. arb., 1993, p. 79 ss.; L. NAVARRO LORENTE, El sistema arbitral de
consumo, ivi, 1993, p. 51 ss.; P. ÁLVAREZ SÁNCHEZ DE MOVELLÁN , Il sistema arbitrale di consumo
nell’ordinamento giuridico spagnolo, in Riv. dir. proc., 1998, p. 1103 ss.; R. DOMÍNGUEZ
MACÍA, El procedimiento arbitral de consumo como via alternativa a la vía judicial, in
Estudio sobre derecho procesual, IV, Madrid, 1999, p. 4183 ss.; J. B. ACOSTA ESTÉVEZ, Tutela
procesal de los consumidores, Barcellona, 1995, p. 159 ss.; A. BONETO NAVARRO e I. QUINTANA
CARLO (a cura di), El Sistema Arbitral de Consumo. Comentarios al Real Decreto 636/93 de
3 mayo, Pamplona, 1997; J. M. MARTÍN BERNAL, El arbitraje como defensa de los
consumidores y usuarios en España y en el derecho comunitario, in Estudio sobre
consumo, n. 45, 1998, p. 67 ss.; A. ÁLVAREZ ALARCÓN, El Sistema Español de Arbitraje de
Consumo, Madrid, 1999; J.M. BADENAS CARPIO, El Sistema Arbitral de Consumo, in G. BOTANA
GARCÍA e M. RUIZ MUÑOZ (a cura di), Curso sobre protección jurídica de los consumidores, cit.,
p. 655 ss.; C. MALUQUER DE MOTES BERNET, La responsabilidad de los árbitros en el Arbitraje
de consumo, in Carta civil, 2000, n. 8, p. 54 ss.; M. A. LORCA NAVARRETE e C. A. MATHEUS LÓPEZ,
Tratado de derecho de arbitraje, II, San Sebastián, 2003; L. FERNANDEZ DEL MORAL DOMINGUEZ,
L’arbitrato, strumento di tutela dei consumatori, in Riv. dir. impr., 2004, p. 212 ss.; C.E.
FLORENSA Y TOMÀS (a cura di), El arbitraje de consumo, Atti XV Jornades Juríques. Una
nueva dimensión del arbitraje de derecho privado: el arbitraje de consumo, Lleida, 13 e 14
dicembre 2001, Valencia, 2004; M. DEL PINO ACOSTA MÉRIDA, El arbitraje de consumo, in M.
YZQUIERDO TOLOSA, I.A. NAVARRO MENDIZÁBAL e M. DEL PINO ACOSTA MÉRIDA, Derecho del consumo,
Mataró, 2005, p. 199 ss.; L. ABELLÀN TOLOSA, El sistema arbitral de consumo, in M. J. REYES
LÓPEZ (a cura di), Derecho privado de consumo, cit., p. 575 ss.; C. MALUQUER DE MOTES,
Artículo 31, in E. LLAMAS POMBO (a cura di), Ley General para la Defensa de los
Consumidores y Usurarios. Comentarios y Jurisprudencia de la Ley veinte años después,
cit., p. 847 ss.; ID., Accesso alla giustizia da parte dei consumatori: l’esperienza spagnola,
Relazione tenuta alla giornata di studio su: Tutela del consumatore e recenti interventi
69
69
nell’ordinamento spagnolo della direttiva in materia di clausole
vessatorie170. Così, da un lato, nella norma ove sono descritti i
requisiti
delle
clausole
non
negoziate
individualmente,
è
espressamente specificato che la regola dell’intepretazione più
favorevole opera «cuando se ejerciten acciones individuales» (art.
80, che comma 2)171; e, dall’altro lato, tra le disposizioni generali
relative ai contratti dei consumatori è stabilito che le norme relative
legislativi, Terni, Centro di Studi Giuridici sui Diritti dei Consumatori, 26 aprile 2007; ID.,
Relazione alla Giornata di studio su “Il diritto dei consumi: realtà e prospettive”,
organizzata dal Centro di Studi Giuridici sui diritti dei consumatori, Polo Scientifico
Didattico di Terni - Università degli Studi di Perugia, Terni 30 aprile 2008, in Rass. dir. civ.,
(in corso di stampa); ID., La protezione del consumatore: l’Arbitrato di Consumo in G.
CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e
prospettive, cit., p. 593 ss.; M. DEL CARMEN GETE-ALONSO Y CALERA, La prueba en el
procedimiento arbitral de consumo, ivi, p. 611 ss.; Per un approfondito confronto con
l’esperienza italiana si rinvia a L. MEZZASOMA, Tutela dei consumatori ed accesso alla
giustizia in forma collettiva: l’esperienza spagnola, in P. A. PILLITU (a cura di), Scritti in
onore di Giorgio Badiali, II, Roma, 2007, p. 193 ss.; ID, La conciliazione stragiudiiziale di
cui all’art. 141 del codice del consumo e l’ arbitraje de consumo, in Scritti in onore di A.
Palazzo (in corso di stampa).
170
Corte giust., 9 settembre 2004, C-70/03, Commissione delle Comunità europee c.
Regno di Spagna, in Foro it., 2005, IV, c. 336, in cui viene rilevato che «il Regno di Spagna
non avendo trasposto correttamente nel suo diritto interno gli artt. 5 e 6, n. 2, della direttiva
del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti
stipulati con i consumatori, è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza della
detta direttiva». Ed in particolare, ad essere contestata è, per un verso, la formulazione
dell’art. 10 della Ley n. 26 del 1984 il quale prevede che «in caso di dubbio sul senso di una
clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore» senza precisare, però, che
questa regola ermeneutica si applica soltanto nel caso di azioni che coinvolgono un singolo
consumatore e non nell’àmbito delle azioni c.dd. «inibitorie» (a questa disposizione
corrisponde l’art. 6, n. 2, della Ley de Condiciones Generales de la Contratación n. 7 del
1998, il quale dispone che «eventuali dubbi circa l’interpretazione di condizioni generali
oscure vengono risolti a favore della parte che aderisce al contratto»). Per altro verso, è
criticato l’art. 10-bis, n. 3, della Ley n. 26 del 1984 nella parte in cui, pur riconoscendo
l’applicabilità della disciplina contro le clausole vessatorie ai contratti stipulati dai
consumatori «indipendentemente dalla legislazione che le parti hanno scelto», limita tale
possibilità a quei contratti in cui ricorrono le «condizioni previste nell’art. 5 della
Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali» e non
più in generale a tutti i contratti che presentano «un legame stretto con il territorio di uno
Stato membro» (nello stesso si esprime l’art. 3, n. 2, della Ley de Condiciones Generales de
la Contratación n. 7 del 1998, secondo cui «Fatte salve le disposizioni dei trattati e delle
convenzioni internazionali, [questa legge] si applica anche ai contratti regolati da una
legislazione straniera, se la parte aderente ha manifestato il suo consenso nel territorio
spagnolo e vi ha la sua residenza abituale»). Per un commento E. RUBIO TORRANO, Hacia la
mejora en la protección de los consumidores y usuarios, in Aranzadi Civil, 2006, f. 5,
consultabile in www.westlaw.es/westlaw/login.jsp.
171
Sulla rilevanza, ai fini dell’operatività della disposizione, della distinzione tra l’ipotesi
in cui il giudizio di vessatorietà di una clausola è individuale e concreto ed il caso in cui tale
controllo è operato a livello astratto, v. Corte giust., 9 settembre 2004, C-70/03, cit evidenzia
che «la distinzione in tale modo effettuata, relativamente alla regola d’interpretazione
applicabile, tra le azioni che coinvolgono un singolo consumatore e le azioni inibitorie,
relative a persone o organizzazioni rappresentative dell’interesse collettivo dei consumatori,
trova una spiegazione nella diversa finalità di tali azioni. Nel primo caso le autorità
giudiziarie o gli organi competenti sono chiamati ad effettuare una valutazione in concreto
70
70
alle clausole abusive «serán aplicables a los consumidores y
usuarios, cualquiera que sea la ley elegida por las partes para regir
el contrato, cuando éste mantenga una estrecha relación con el
territorio de un Estado miembro del Espacio Económico Europeo»
(art. 67, comma 1)172.
sul carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto già concluso, mentre nel
secondo devono operare una valutazione in abstracto sul carattere abusivo di una clausola
suscettibile di essere inclusa in contratti che non sono ancora stati stipulati. Nella prima
ipotesi, l’interpretazione favorevole al consumatore individualmente interessato produce
immediatamente un vantaggio a suo favore. Nella seconda, invece, per ottenere in via
preventiva il risultato più favorevole alla totalità dei consumatori, in caso di dubbio, non
bisogna interpretare la clausola come produttiva di effetti favorevoli nei loro confronti.
Un’interpretazione oggettiva consente infatti di vietare più spesso l’uso di una clausola
oscura o ambigua, dal che deriva una tutela più estesa dei consumatori» (punti 16).
Anche la dottrina spagnola si è espressa in senso critico contro il tenore letterale
della disposizione che esprime la regola contra proferentem: J. PAGADOR LÓPEZ, La
condiciones generales de la contratación: introducción y régimen jurídico de los contratos
celebrados mediante ellas, in G. BOTANA GARCÍA e M. RUIZ MUÑOZ (a cura di), Curso sobre
protección jurídica de los consumidores, cit., p. 179, parla di una «indeseable omisión» ed
evidenzia come la disapplicazione della regola nel caso di giudizio astratto e collettivo risulta
dalla «naturaleza de las cosas: es este tipo de procedimiento de control non hay
circunstancias particulares o concretas susceptibles de ayudar en la tarea de averiguación
del significado jurídico relevante de la condición general que esté siendo enjuiciada». Va
segnalato che nell’ordinamento italiano l’art. 35, comma 3, c. cons. ha rimediato alla stessa
omissione che era contenuta nell’art. 1469-quater c.c., con riferimento alla quale v. V. RIZZO,
Trasparenza e contratti del «consumatore» (La novella al codice civile), cit., p. 92 ss., il
quale relativamente al presupposto del «dubbio» sul significato di una clausola sottolinea
che «questa nozione non esiste in via autonoma ma presenta un carattere eminentemente
relativo ed involge una valutazione operata da un “soggetto” sulla base di determinati
“elementi oggettivi”. Va dunque precisato al riguardo che nell’àmbito di un giudizio
individuale e concreto, che assume ad oggetto uno specifico contratto, in conformità con
quanto sostenuto in merito all’art. 1469–quater, comma 1, il punto di riferimento soggettivo
che va tenuto in considerazione va ravvisato nello specifico consumatore che si pone come
controparte del professionista in quel contratto. Anche per quanto concerne il “contesto” in
cui il dubbio viene ad assumere rilevanza esso va individuato nella cornice dello specifico
contratto, delle circostanza in cui questo viene concluso, dell’intera operazione in cui si
inserisce ecc.». Ciò posto, viene evidenziato come, anche in assenza di una espressa
esclusione della regola nei confronti delle procedure collettive, «non sembra del tutto
impossibile un recupero dell’inciso e del suo significato normativo attraverso una
interpretazione della regola conforme alla Direttiva in quanto non sembra che la regola
italiana si trovi in una situazione di aperto ed insanabile contrasto con quella comunitaria»
(p. 99). Infatti, «mentre il controllo collettivo, previsto dalla Direttiva, si basa su
apprezzamento astratto del carattere abusivo di una clausola contenuta in un modello di
contratto, la regola di intepretazione richiamata concerne un apprezzamento in concreto di
un contratto sottoscritto da un consumatore e che in presenza di un ricorso presentato dalle
associazioni non c’è né un consumatore né un contratto sottoscritto» (p. 100).
172
La norma specifica, poi, che si avrà un «vínculo estrecho» quando «el profesional
ejerciere sus actividades en uno o varios Estados miembros del Espacio Económico
Europeo, o por cualquier medio de publicidad o comunicación dirigiere tales actividades a
uno o varios Estados miembros y el contrato estuviere comprendido en el marco de esas
actividades. En los contratos relativos a inmuebles se entenderá, asimismo, que existe un
vínculo estrecho cuando se encuentren situados en el territorio de un Estado miembro»,
71
71
Capitolo II
Il codice del consumo
e gli interessi tutelati
dimostrando con ciò di aderire alle ulteriori indicazioni della Corte di giustizia secondo cui
«l’art. 6, n. 2, della direttiva si limita a indicare che il contratto deve presentare “un legame
stretto con il territorio di uno Stato membro”. Tale formula generica mira a consentire che si
prendano in considerazione vari elementi di collegamento in funzione delle circostanze del
caso di specie»; aciò si aggiunge che «se la nozione volutamente vaga di “legame stretto”
utilizzata dal legislatore comunitario può eventualmente essere concretizzata mediante
presunzioni, essa non può però essere limitata mediante una combinazione di criteri di
collegamento predefiniti, quali le condizioni cumulative relative alla residenza e alla
stipulazione del contratto considerate all’art. 5 della Convenzione di Roma» (Corte giust., 9
settembre 2004, C-70/03, cit., rispettivamente, punti 32 e 33).
72
72
Sommario. 1. La definizione normativa di consumatore di cui all’art. 3 c.
cons.: una questione ancòra aperta. L’orientamento della giurisprudenza
costituzionale, comunitaria e di legittimità. - 2. La posizione della Comunità
europea nel processo di revisione dell’acquis communautaire: il Libro verde dell’8
febbraio 2007 e la Proposta di direttiva sui diritti dei consumatori dell’8 ottobre
2008. – 3. Le opinioni della dottrina. L’identificazione del consumatore con il
contraente debole: rilievi critici ed impossibilità di configurare uno status del
consumatore. – 4. La protezione dei diritti «fondamentali» della persona
realizzata mediante le disposizioni predisposte a tutela del consumatore. - 5. Le
«categorie» dei contratti dei consumatori, dei contratti d'impresa e del «terzo
contratto». Critica al «metodo tipologico» ed individuazione della normativa
applicabile tenendo conto delle esigenze di tutela che emergono nella fattispecie
concreta.
1. Il soggetto destinatario delle tutele contenute nel codice del
consumo è il «consumatore o utente» che, nelle varie disposizioni
incluse all'interno del provvedimento, viene ad assumere, di volta in
volta, la specifica veste di acquirente di un bene173 o di un diritto174, di
cliente175, di viaggiatore176, di utente di un servizio pubblico177 e di
fruitore di un prodotto178; tutte figure le quali, al di là dei peculiari
aspetti descrittivi connessi al contesto normativo cui esse si
riferiscono, presentano un nucleo essenziale intorno al quale è stata
costruita la nozione generale di «consumatore» prevista nell’art. 3,
comma 1, lett. a, c. cons., secondo cui è tale «qualsiasi persona fisica
che
agisce
per
scopi
estranei
all’attività
imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta»179.
173
Così viene considerato dagli artt. 45 – 49 c. cons. che disciplinano i «contratti
negoziati fuori dai locali commerciali», dagli artt. 50 - 61 c. cons. relativi ai «contratti a
distanza» e dagli artt. 128-135 c. cons. in materia di «vendita di beni di consumo».
174
Il riferimento è alla normativa dei «contratti relativi all'acquisizione di un diritto di
godimento ripartito di beni immobili» di cui agli artt. 69 - 81 c. cons.
175
Con riguardo a questo profilo si segnalano gli artt. 67-bis - 67-vicies bis sulla
«commercializzazione a distanza di servizi finanziari».
176
V. gli artt. 82 - 100 c. cons. sui «servizi turistici».
177
Si occupa specificamente di questo aspetto l'art 101 c. cons.
178
In questo senso v. gli artt. 102 – 113 c. cons. sulla «sicurezza dei prodotti» e gli artt. 114
- 127 c. cons. in materia di «responsabilità per danno da prodotti difettosi».
179
Per un commento a questa disposizione, S. KIRSCHEN, Art. 3. Definizioni –comma 1,
lett. a) consumatore o utente, cit., p. 48 ss.; C. MONTELEONE, Art. 3. Definizioni, in AA.VV.,
Codice del consumo. Commento al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, cit., p. 25 ss.; G.
73
73
Questa disposizione riproducendo senza introdurre alcun rilevante
elemento di novità180 il contenuto dell’abrogato art. 1469-bis, comma
2, c.c. - che, a sua volta ha recepito la nozione di consumatore
stabilita nella direttiva n. 13 del 1993181-, si presta ad essere oggetto
degli stessi dubbi interpretativi in precedenza sollevati circa la
possibilità di ampliare l’àmbito di operatività della disciplina
consumeristica oltre i limiti soggettivi individuati dalla definizione
formulata dal legislatore182. Il riferimento è, in modo specifico, alla
espressa attribuzione della qualità di consumatore soltanto alla
«persona fisica», con la conseguenza che risulta non accolto il
prevalente orientamento della dottrina che ne propone, invece,
un’applicazione piú ampia183 e, cioè, estesa agli enti ed alle persone
CRISTOFARO, Il «Codice de consumo», cit., p. 762 ss.; ID., Le disposizioni «generali» e «finali»
del Codice del consumo: profili problematici, cit., p. 53 ss.; L. DELOGU, o.c., p. 96 ss.; F.
LUCCHESI, Art. 3 - Definizioni, in G. VETTORI (a cura di), Codice del consumo. Commentario,
cit., p. 45 ss.; G. CHINÈ, Art. 3, cit., p. 15 ss.
180
Le parole «commerciale, artigianale» sono state inserite dall'art. 3, d.lg. 23 ottobre
2007, n. 221.
181
V. l'art. 2, lett. b, dir. n. 13 del 1993, ove per consumatore si intende «qualsiasi persona
fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel
quadro della sua attività professionale». Nozioni in massima parte identiche a questa si
rinvengono anche nelle altre direttive che riguardono la tutela del consumatore, così:
nell'art. 2, dir. n. 577 del 1985, per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali; nell'art.
2, n. 2, dir. n. 7 del 1997, relativamente ai contratti a distanza; nell'art. 2, lett. e, dir. n. 6 del
1998, in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori; nell'art. 1,
comma 2, lett. a, dir. n. 44 del 1999, sulla vendita di beni di consumo; nell'art. 2, lett. e, dir.
n. 31 del 2000, concernente il commercio elettronico; nell'art. 2, lett. d, dir. n. 65 del 2002,
inerente la contrattazione di servizi finanziari a distanza; l'art. 2, lett. a, dir. n. 29 del 2005,
sulle pratiche commerciali sleali; l'art. 3, lett. a, dir. n. 48 del 2008, in materia di credito al
consumo. Negli stessi termini, poi, si esprimono altri provvedimenti comunitari relativi al
diritto processuale: l'art. 15 del Regolamento n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre
2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale – c.d. «Bruxelles I»- (in G.U. L 12, del 16 gennaio
2001), e l'art. 6 del Regolamento n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali - c.d. «Roma I» - (in G.U.
L 177/6, del 4 luglio 2008), definiscono «contratti conclusi da consumatori» quelli stipulati
da «una persona fisica per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività
commerciale o professionale».
182
Dibattito che si è sviluppato anche in altri ordinamenti v.: per la Francia, J. CALAISAULOY, Études de droit de la consommation, Paris, 2004; AA.VV., La protection du
consommateur, Liège, 2006; per l’Inghilterra, R. LOWE e G. WOODROFFE, Consumer Law and
Practice, 6a ed., London, 2004; G. ALPA e R. DELFINO, Il contratto nel common law inglese,
Padova, 2005, p. 96 ss.; per la Spagna, G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1, cit., p. 60 ss.; A. DE LEÓN
ARCE, o.c., p. 136 ss.
183
L. GATT, sub Art. 1469-bis, comma 2°, Ambito soggettivo di applicazione della
disciplina. Il consumatore e il professionista, in C. M. BIANCA, F. D. BUSNELLI, L. BIGLIAZZI GERI,
F. BOCCHINI, M. COSTANZA, G. JUDICA, M. NUZZO, V. RIZZO, M. SESTA e G. VETTORI (a cura di),
Commentario al capo XIV-bis: dei contratti del consumatore, in Nuove leggi civ. comm.,
1997, p. 808 ss.
74
74
giuridiche184. Nel contempo, appare ugualmente problematica
l'indicazione che si tratta di un soggetto che agisce per «scopi
estranei»
all’esercizio
dell’attività
professionale
eventualmente
svolta: tale specificazione lascia, infatti, ancóra aperta la questione se
possa considerarsi consumatore anche il contraente-persona fisica
che persegue il soddisfacimento di esigenze di carattere sia
professionale che privato (c.dd. acquisti per fini promiscui)185.
184
Analoga limitazione si rinviene nella definizione contemplata nel § 13 del codice civile
tedesco, con riferimento alla quale S. PATTI, I contratti del consumatore nel BGB, cit., p. 83,
osserva che si realizza una «deviazione» dall'ideale di uguaglianza del BGB, specialmente
con particolare all'esclusione delle associazioni senza scopo di lucro. In termini differenti si
esprime, invece, la normativa spagnola: l’art. 3 del Real Decreto Legislativo 1/2007,
riproponendo quanto già stabilito nella Ley General del 1984 definisce, in via generale,
consumatori e utenti «las personas fisicas o juridicas que actúan en un ámbito ajeno a una
actividad empresarial o profesional». Nell’àmbito soggettivo di operatività della normativa
consumeristica sono, cosí, ricompresi anche gli enti e le persone giuridiche, ponendosi come
unico requisito quello generale in base al quale essi potranno essere considerati consumatori
soltanto nelle ipotesi in cui non utilizzeranno il bene o il servizio acquistato per soddisfare
esigenze inerenti l’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale. Tuttavia,
muovendo da questa prospettiva, l’orientamento prevalente nella dottrina spagnola
evidenzia come, nella pratica, tale estensione non trovi diffusa applicazione, limitandosi ai
casi in cui l’ente agisce senza scopo di lucro: in tal senso, J. ALFARO ÁGUILA-REAL, Las
condiciones generales de la contratación, Madrid, 1991, p. 159; J. P. FERNÁNDEZ, Ámbito de
aplicación de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios, in M. J.
REYES LÓPEZ (a cura di), Nociones basica del derecho de consumo, cit., p. 71 s.; J. PAGADOR
LÓPEZ, Condiciones generales y cláusolas contractuales predispuestas, Madrid-Barcelona,
1999, p. 172 ss.; G. BOTANA GARCÍA, Noción del consumidor, in G. BOTANA GARCÍA e M. RUIZ
MUÑOZ (a cura di), Curso sobre protección jurídica de los consumidores, cit., p. 38 s.; ID.,
Artículo 1, cit., p. 77, secondo la quale tali ipotesi si riducono al caso delle persone giuridiche
che, senza scopo di lucro, trasferiscono a titolo gratuito (o a prezzo di acquisto) i beni ed i
servizi acquistati ai propri aderenti; A. DE LEÓN ARCE, o.u.c., p. 140. Nella giurisprudenza
spagnola, fra le pronunce che hanno considerato consumatori talune figure di persone
giuridiche, si segnalano: Audiencia Provincial de Teruel, Sección Única, 31 ottobre 2002, in
Aranzadi civil, 2002, n. 1508, p. 401, secondo la quale un sindacato può riveste la qualifica
di consumatore tenuto conto che l’obiettivo perseguito nello svolgimento della propria
attività è quello di promuovere e difendere gli interessi sociali ed economici dei lavoratori
(art. 1 l. n. 11 del 1985 -Ley Orgánica de la Libertad Sindacal-); Audiencia Provincial de
Guipúzcoa, 12 giugno 2000, ivi, 2000, n. 1463, p. 1144, in cui si riconosce alla Croce Rossa la
legittimazione, in quanto consumatore, a proporre un reclamo dinanzi ad una Junta
arbitral de consumo.
Per un ampio approfondimento delle questioni relative alla nozione di consumatore
nell’ordinamento spagnolo, v., per tutti. J. P. FERNÁNDEZ GIMENO, Los consumidores y
usuarios como subjetos afectos a una especial tutela jurídica, in M. J. REYES LOPEZ (a cura
di), Derecho privado de consumo, cit., p. 95 ss.; G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1, cit., p. 39 ss.; A.
DE LEÓN ARCE, o.c., p. 139 ss.; S. DÍAZ ALABART, El concepto de consumidor en el arbitraje de
consumo, in C. E. FLORENSA I TOMÀS (a cura di), El arbitraje de consumo, cit., p. 66 ss., il quale
si sofferma in particolare sulla nozione di consumatore nel Sistema Arbitrale de Consumo
spagnolo.
185
Su questo aspetto E. MINERVINI, I contratti dei consumatori, cit., p. 522, il quale mette
in luce come rispetto a «questo interrogativo assai delicato (soprattutto ove si consideri che
le attività professionali sembrano spesso proporre una sorta di immedesimazione vitaprofessione), più volte avanzato in dottrina, non offre alcuna risposta il codice del consumo,
come invece avrebbe potuto e forse dovuto».
75
75
Ma, in ogni caso, al di là di questi rilievi critici, va da subito
evidenziato che la scelta del legislatore italiano di far riferimento ad
una nozione «ristretta» di consumatore186 trova conferma nella
giurisprudenza costituzionale italiana187 ed in quella comunitaria188,
nonché nei vari provvedimenti adottati dagli organi comunitari in
questa specifica materia.
Piú in particolare, l’esclusione degli enti e delle persone
giuridiche è stata valutata dalla Corte costituzionale189 «non
irragionevole»190 sul rilievo che categorie di soggetti -quali i
186
Con riferimento agli elementi che caratterizzano la nozione di consumatore, G. ALPA,
Ancora sulla definizione di consumatore, in Contratti, 2001, p. 206, considera questa
nozione «al tempo stesso minimale e negativa: minimale perché prende in considerazione la
persona fisica; negativa, perché indica ciò che l’individuo non deve fare per essere
considerato consumatore».
187
In proposito V. VERDICCHIO, La Corte Costituzionale e l’àmbito soggettivo di
applicazione della novella codicistica sui contratti del consumatore, in M. TAMPONI e E.
GABRIELLI (a cura di), I rapporti patrimoniali nella giurisprudenza costituzionale, Napoli,
2006, p. 327 ss.
188
Per una rassegna delle pronunce piú significative della Corte di giustizia in materia di
tutela del consumatore, G. ROMERO GARCÍA-MORA, Perspecitvas para el consumidor ante el
Derecho europeo de contratos, Madrid, 2003, p. 142 ss.; R. SCHULZE, H. SCHULTE-NŐLKE e J.
JONES, A Casebook on European Consumer Law, Oxford, 2002; A. M. MANCALEONI, I contratti
con i consumatori tra diritto comunitario e diritto comune europeo, Napoli, 2005, p. 22 ss.;
A. DE LEÓN ARCE, o.c., p. 89 ss.
189
Corte cost., 22 novembre 2002, n. 469, in Rass. dir. civ., 2003, p. 967, con commento
di P. VIOLANTE, L’interpretazione conforme della nozione di consumatore; in Foro it., 2003, I,
c. 332, con nota di A. PALMIERI, Consumatori, clausole abusive e imperativo di razionalità
della legge: il diritto privato europeo conquista la Corte costituzionale e con nota di A.
PLAIA, Nozione di consumatore, dinamismo concorrenziale e integrazione comunitaria del
parametro di costituzionalità; in Resp. civ. prev., 2003, p. 666, con nota di A. SABATUCCI,
Ambito di applicazione dell’art. 1469 bis, cpv., c.c. e questioni di legittimità costituzionale;
in Contratti, 2003, p. 653, con nota di G. CAPILLI, La nozione di consumatore alla luce
dell’orientamento della Consulta; v. inoltre il commento di R. CALVO, Il concetto di
consumatore, l’argomento naturalistico ed il sonno della ragione, in Contr. impr./Eur.,
2003, p. 715 ss.
190
L’intervento della Corte costituzionale era stato sollecitato da Giud. pace Sanremo, 5
luglio 2001, in Giur. merito, 2002, I, p. 649, in cui si sosteneva il contrasto dell’art. 1469-bis
c.c. con «l’art. 3 della Costituzione per la irragionevolezza della discriminazione operata tra
piccolo imprenditore e artigiano rispetto al “privato consumatore”; con l’art. 25 della
Costituzione, in quanto le clausole che attribuiscono la competenza territoriale esclusiva al
giudice del luogo dove ha sede il professionista hanno l’effetto di sottrarre l’attore al giudizio
del proprio giudice naturale precostituito per legge, che è quello del luogo ove l’attore
medesimo ha la residenza o il domicilio; con l’art. 41 della Costituzione, in quanto la direttiva
comunitaria di cui la norma impugnata costituisce attuazione, si iscrive nel piú ampio
disegno di realizzare in ambito comunitario il libero mercato, il quale a sua volta postula una
effettiva concorrenza tra i soggetti economici e la rimozione degli ostacoli, di fatto o di
diritto, che nei vari Stati membri la limitano».
Non si tratta della sola questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti
dell’art. 1469 bis c.c.: già in precedenza v. Giud. pace L’Aquila, (ord.) 3 novembre 1997 (in
Giust. civ., 1998, I, p. 2341, con nota di L. GATT, L'ambito soggettivo di applicazione della
normativa sulle clausole vessatorie ed in Rass. giur. energia elettrica, 1998, p. 447),
respinta da Corte cost., 30 giugno 1999, n. 282 (in Foro it., 1999, I, c. 3118, con nota di A.
76
76
professionisti, i piccoli imprenditori e gli artigiani- «proprio per
l’attività abitualmente svolta hanno cognizioni idonee per contrattare
su un piano di parità». Secondo la Consulta, infatti, «una diversa
scelta presupporrebbe logicamente che il piccolo imprenditore e
l’artigiano, cosí come il professionista, siano sempre soggetti deboli
anche quando contrattano a scopo di lucro in funzione dell’attività
imprenditoriale o artigianale da essi svolta; il che contrasterebbe con
lo spirito della direttiva e della conseguente normativa di settore»191.
Viene, inoltre, evidenziato che la lettera della norma, nonché il
confronto con le normative introdotte in altri numerosi Paesi
dell’Unione europea, impongono di considerare consumatore
soltanto la persona fisica poiché «la predisposizione di strumenti di
tutela comuni, attuati in base a modelli uniformi, consente una
PALMIERI, L’ibrida definizione di consumatore e i beneficiari (talvolta pretermessi) degli
strumenti di riequilibrio contrattuale) in cui, senza entrare nel merito della questione, si è
affermato che la disciplina delle clausole vessatorie non è applicabile perché il contratto,
oggetto d’esame, risultava stipulato prima dell’entrata in vigore della legge di recepimento
della relativa direttiva. Inoltre, con riferimento alla materia assicurativa, con distinte
ordinanze di identico contenuto, v. Trib. Napoli, 22 luglio 2002 (in Foro it., 2003, I, c. 336);
Trib. Napoli, 21 novembre 2002 (in Corr. giur., 2003, p. 657); Trib. Napoli, 11 marzo 2003 e
Trib. Napoli, 29 aprile 2003 (in Gazz. Uff., 1ª s.s., n. 44 del 2002 e nn. 28 e 32 del 2003), ove
l’art. 1469-bis c.c. veniva considerato in contrasto con l’art. 3 cost., nella parte in cui non
includeva nella nozione di consumatore anche il beneficiario non contraente della polizza
cumulativa infortuni stipulata da un datore di lavoro. In proposito, la Corte cost., 16 luglio
2004, n. 235, in Foro it., 2005, I, c. 992, con nota di A. PALMIERI, Alla (vana?) ricerca del
consumatore ideale, ha dichiarato inammissibile la questione di illegittimità costituzionale
della norma, rilevando come «i palesati dubbi di incostituzionalità si basano essenzialmente
su un’apodittica affermazione dell'impossibilità di dare alla norma impugnata una diversa
lettura; che […] i rimettenti -non adempiendo l’onere gravante sul giudice che intenda
proporre una questione di legittimità costituzionale- non abbiano previamente neppure
tentato un’interpretazione della norma conforme a Costituzione».
191
Cosí, si legge al punto 2.1 della pronuncia in cui si specifica che, in relazione all’art.
1469-bis c.c., la «finalità della norma è proprio quella di tutelare i soggetti che secondo l’id
quod plerumque accidit sono presumibilmente privi della necessaria competenza per
negoziare». In questa prospettiva sembra collocarsi quella dottrina favorevole alla nozione
restrittiva di consumatore: G. CHINÉ, Il consumatore, in N. LIPARI (a cura di), Trattato di
diritto privato europeo, I, 2ª ed., Padova, 2003, p. 444, secondo il quale «piú o meno
marcate esigenze quantitative devono cedere il passo a precise e ragionate scelte di politica
del diritto […] Coniugando i diversi termini sopra segnalati che compongono la definizione
di consumatore (ed in particolare la natura di persona fisica con il carattere
extraprofessionale o extraimprenditoriale dell’attività da questa svolta), è forse possibile
risalire al motivo ispiratore della nozione ristretta di consumatore. Questo sembra risiedere
nel radicato convincimento del legislatore comunitario secondo cui, a differenza della
persona fisica, la quale può agire nei limiti della propria attività professionale o
imprenditoriale ovvero, viceversa, debordare tali limiti, l’ente, personificato e non, ha una
minore libertà di scelta in quanto è sempre tenuto ad operare legittimamente solo in
funzione della realizzazione degli scopi sociali che ne giustificano esistenza e capacità».
77
77
semplificazione dei rapporti giuridici tra i cittadini dei diversi Paesi
aderenti all’Unione europea e costituisce di per sé sola una idonea
ragione di politica legislativa a sostegno della scelta di restringere la
nozione di consumatore, effettuata dal legislatore con l'attuazione
della direttiva comunitaria 93/13».
Nello stesso senso, poi, si esprime pure la Corte di giustizia
secondo la quale la definizione di consumatore deve essere
interpretata come riferita esclusivamente alle persone fisiche192 e ciò
sarebbe desumibile dal fatto che il legislatore comunitario nelle
ipotesi in cui ha voluto operare un riferimento alle persone giuridiche
vi ha provveduto espressamente come nel caso della nozione di
professionista, prevista dalla normative sulle clausole vessatorie193. E,
più specificamente, tale esclusione viene giustificata rilevando
l'impossibilità per gli enti di svolgere un'attività extraprofessionale,
ossia un'attività diversa da quella individuata nell'atto costitutivo e
nello statuto, a prescindere dallo scopo lucrativo o meno
perseguito194.
I giudici comunitari si sono, inoltre, occupati anche di altri
profili inerenti la nozione di consumatore195 ed in particolare della
192
Corte giust., 22 novembre 2001, c. 541/99 e c. 542/99, Soc. Cape c. Soc. Idealservice;
Soc. Idealservice Mn Re c. Soc. Omai, in Foro it., 2001, IV, c. 501, con nota di A. PALMIERI; in
Resp. civ. prev., 2002, p. 54, con nota di P. SANNA, La controversa nozione di consumatore
ex art. 1469-bis c.c. tra esegesi ed ermeneutica; in Contratti, 2002, 519, con nota di E.
GUERINONI, Sulla nozione di consumatore. V., inoltre, il commento di P. MENGOZZI, La nozione
di consumatore, la direttiva CEE 93/13 ed il diritto italiano, in Contr. impr./Eur., 2002, p.
56 ss.
193
Corte giust., 22 novembre 2001, c. 541/99 e c. 542/99, cit., punto 15.
194
Così, G. CHINÉ, o.l.u.c., il quale afferma che «È proprio l’inconcepibilità di un’attività
extraprofessionale dell’ente a giustificare la negazione di tutela». Nello stesso senso v. L.
D'ACUNTO, L'ente non profit tra «professionista» e «consumatore», in F. BOCCHINI (a cura di),
Diritto dei consumatori e nuove tecnologie, II, Il mercato, Torino, 2003, p. 201 ss.; G. CHINÉ,
La nozione di consumatore nel diritto vivente, in G. ALPA e G. CAPILLI (a cura di), Lezioni di
diritto privato, Padova, 2007, p. 898 ss.
195
Non può essere sottaciuto di rilevare che numerose pronunce della Corte di giustizia
si occupano della figura del «consumatore medio, normalmente informato e
ragionevolmente attento ed avveduto», definito quale soggetto che si deve assumere come
parametro di riferimento per valutare se, nel caso concreto, si sia realizzata la violazione di
normative a tutela dei consumatori ed, in modo particolare, delle disposizioni riguardanti la
pubblicità e l’etichettatura dei prodotti. In questo àmbito, tra le decisioni piú significative v.
Corte giust., 26 giugno 1998, C-210/96, in RJTJ, 1998, p. 4657 (caso Gut Springenheide), in
cui si afferma che per stabilire se una dicitura destinata a promuovere le vendite di uova sia
idonea a indurre in errore l’acquirente -in violazione dell’art. 10.2 e) del regolamento
78
78
problematica della sua applicabilità nel caso di un soggetto
contraente che agisce per «scopi promiscui». In proposito, va rilevata
la pronuncia di importanti decisioni che sembrano superare le
differenti impostazioni dottrinali che, da un lato, escludono la qualità
di consumatore in capo al contraente ogniqualvolta sia configurabile
un pur lieve collegamento tra l’atto compiuto e l’attività professionale
comunitario n. 1907 del 1990 che disciplina questa materia- occorre prendere in
considerazione l’aspettativa presunta di un consumatore medio; nello stesso senso Corte
giust. 13 gennaio 2000, C-220/98 (caso Estée Lauder Cosmetics /Lancaster), in RJTJ,
2000, p. 562, relativa alla pubblicità di prodotti cosmetici, in cui si specifica che «se a prima
vista, un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed
avveduto non dovrebbe attendersi effetti duraturi da una crema nella cui denominazione
figura il termine «lifting», spetta tuttavia al giudice nazionale verificare, tenuto conto di tutti
gli elementi pertinenti, se tale sia il caso nella fattispecie»; Corte giust., 4 aprile 2000, C465/98, in RJTJ, 2000, p. I-2297 (caso Darbo), in cui si ritiene che rientri nel
comportamento del consumatore medio che decide di acquistare un prodotto la lettura
dell’elenco degli ingredienti che obbligatoriamente devono essere menzionati, cosicché, nel
caso di specie, si considera che egli non possa essere indotto in errore dall’indicazione
«naturalmente pura» apposta sull’etichetta di un prodotto alimentare che in realtà presenta
elementi chimici nei limiti consentiti dalla legge; Corte giust. 26 maggio 2005, C-132/03, in
RJTJ, 2005, p. I-452 (decisione Codacons e altri), che risolve in senso affermativo la
questione sollevata dall’Avvocato generale secondo cui, nonostante non vi sia alcune
menzione nell’etichetta, il consumatore medio deve «aspettarsi di trovare, nei prodotti
alimentari per lattanti e per bambini nella prima infanzia, materiale derivato da certi OGM
(la cui immissione sul mercato sia stata autorizzata) in proporzione non superiore all’1%, a
causa di una contaminazione accidentale», sul rilievo che «la contaminazione dell’ambiente
da parte degli OGM costituisce […] una realtà che può difficilmente essere ignorata dal
consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto».
Concretamente, quindi, «si può parimenti supporre che quest’ultimo possa aspettarsi che i
prodotti alimentari per lattanti e bambini nella prima infanzia non siano esenti da qualsiasi,
seppur minima, impurità o da qualsiasi sostanza estranea, nonostante gli sforzi che possono
essere stati compiuti dagli operatori economici per evitare la presenza di materiale derivato
da tali organismi in questi prodotti». Per una piú ampia rassegna delle pronunce della Corte
di Giustizia su questo tema v., per tutti, L. GONZÁLEZ VAQUÉ, La noción de consumidor en el
derecho comunitario del consumo, cit., p. 31 ss.; C. PONCIBÒ, Il consumatore medio, in Contr.
impr./Eur., 2007, p. 743 ss.
In questo quadro merita di essere ricordato che la giurisprudenza della Corte di
giustizia concernente la figura del consumatore medio viene espressamente richiamata dalla
direttiva n. 29 del 2005 sulle pratiche commerciali sleali ove, al considerando 18, si afferma
che «conformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l'efficace applicazione
delle misure di protezione in essa previste, la presente direttiva prende come parametro il
consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto,
tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici, secondo l'interpretazione della Corte di
giustizia» ed, all’art. 5, comma 2, lett. b), statuisce che una pratica commerciale è sleale
quando è «falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in
relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del
membro medio del gruppo di consumatori cui è rivolta»: in arg. v., ampiamente, L. DI NELLA,
Prime considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive, cit., p. 50 s.,
secondo il quale si può ritenere che il riferimento ai fattori sociali, culturali e linguistici
«possa consentire di attuare in concreto un buon livello di protezione relativizzando
considerevolmente il parametro di valutazione […] Questo significa che, nel valutare la lealtà
di una pratica, è necessario considerarne l’influenza sul consumatore medio comune o sul
consumatore medio del gruppo in quella particolare situazione concreta»; ID., Le pratiche
79
79
o imprenditoriale eventualmente svolta196, o che, dall’altro lato,
ritengono, si possa richiamare anche in tali ipotesi la normativa di
protezione del consumatore sulla base, secondo alcuni, del «criterio
della prevalenza» -ossia, qualora sia prioritaria la destinazione ad uso
di consumo del bene o del servizio oggetto del contratto197-, secondo
altri, del «criterio della competenza» -facendo, cioè, esclusivo
riferimento agli atti che non rientrano nell’àmbito specifico
dell’attività posta in essere dal soggetto come professionista198.
Piú specificamente, la Corte di giustizia, nel risolvere una
questione inerente l’àmbito di operatività di quelle disposizioni della
commerciali sleali, in Studi in onore di Antonio Palazzo (in corso di stampa); C. PONCIBÒ,
o.c., p. 734 ss.
196
V. G. CHINÈ, Consumatore (protezione del), in Enc. dir., Aggiornamento IV, Milano,
2000, p. 401 ss.; ID., Art. 3, cit., p. 19, secondo il quale «il consumo professionale, per il
legislatore comunitario e nazionale, è un “non consumo”»; v., inoltre, le considerazioni di G.
BOTANA GARCÍA, Artículo 1, cit., p. 73, per la quale l’estensione della nozione di consumatore
anche ai professionisti che agiscono al di fuori della propria attività presenta il rischio di
sfumare eccessivamente la nozione stessa di consumatore, introducendo, cosí, nel sistema
un elemento di insicurezza giuridica.
197
Aderisce a questa impostazione E. MINERVINI, I contratti dei consumatori, cit., p. 522
s., per il quale va considerato consumatore «chi agisce per scopi che prevalentemente non
rientrano nella sua attività imprenditoriale o professionale», senza tuttavia dimenticare di
«sottolineare le difficoltà che l'applicazione del criterio in parola comporta per l'interprete
nel caso concreto». Contra, S. KIRSCHEN, o.c., p. 55, la quale evidenzia che se fosse stata
accolta la proposta di introdurre nella formulazione della nozione di consumatore
l’espressione «prevalentemente» riferita agli scopi estranei all’attività professionale o
imprenditoriale «tale estensione avrebbe generato delle forti perplessità al momento della
sua concreta applicazione» ed «avrebbe contribuito nelle aule giudiziarie ad una effettiva
snaturazione del rischio oggettivo di destinazione del bene in un metro di valutazione di
natura sostanzialmente soggettiva».
198
Secondo tale impostazione occorre distinguere tra «atti della professione» ed «atti
relativi alla professione», specificando come la disciplina a tutela del consumatore trovi
applicazione soltanto rispetto a quest’ultimi: E. GABRIELLI, Sulla nozione di consumatore, in
Riv. trim., 2003, p. 1169, secondo il quale sarebbe «irragionevole –anche nella prospettiva di
tutela dei mercati “finali”- una nozione di consumatore che non comprendesse soggetti i
quali rispetto all’atto realizzato, anche quando esso sia posto in essere per una finalità
professionale, siano incompetenti al pari di qualsiasi altro consumatore; cosí come accade se
quell’atto non costituisce atto tipico della professione o quanto meno atto non occasionale o
sporadicamente strumentale a quest’ultima». In questo senso, possono essere segnalate
alcune decisioni della giurisprudenza di merito, Pret. Foggia-Orta Nova, 17 dicembre 1998,
in Giur. it., 2000, p. 312, con nota di T. TORRESI, Consumatore, professionista. Fermenti
giurisprudenziali; Trib. Terni, 13 luglio 1999, in Danno resp., 2000, p. 866 con nota di A.
PALMIERI, La sfuggente nozione di consumatore e le istanze di tutela del professionista
vessato; Trib. Roma, 20 ottobre 1999, in Giust. civ., 2000, I, p. 2117 (con nota di U. COREA,
Ancora in tema di nozione di «consumatore» e contratti a scopi professionali: un
intervento chiarificatore), in cui in un contratto di trasporto di un’opera artistica è stata
attribuita ad uno scultore professionale la qualifica di consumatore, sul rilievo che tale
contratto non è stato da questi concluso nel proprio settore, ma per uno scopo strumentale
all’esercizio della propria attività; Trib. Bologna, 18 gennaio 2006, in Dir. internet, 2006, p.
354, in cui si è considerato che un contratto di credito al consumo finalizzato ad un contratto
di accesso ad internet non fosse qualificabile come atto tipico della professione di ingegnere.
80
80
Convenzione di Bruxelles che regolano la competenza giurisdizionale
in ordine ai contratti conclusi dai consumatori199, riconosce che la
nozione ivi richiamata deve essere interpretata restrittivamente, nel
senso che «solo i contratti conclusi al di fuori ed indipendentemente
da qualsiasi attività o finalità di natura professionale, con l’unico
scopo di soddisfare le proprie necessità di consumo privato da parte
di un individuo, rientrano nel particolare regime previsto dalla detta
Convenzione in materia di protezione del consumatore»200.
Tutto ciò si considera coerente con il fatto che obiettivo dalla
Convenzione è «quello di proteggere efficacemente la persona che
presumibilmente si trova in posizione di debolezza rispetto alla sua
controparte». Diversamente si ritiene che tale esigenza non sussiste
per la parte che conclude un contratto per un uso connesso alla sua
attività professionale, poiché in questo caso «si deve considerare che
essa agisce su un livello di parità con la sua controparte», salvo, in
ogni caso, la dimostrazione che l’uso professionale abbia un ruolo
meramente marginale ed insignificante201.
Per poter svolgere questa valutazione secondo la Corte di
giustizia occorre avere riguardo «alla posizione di tale persona in un
199
Il riferimento è agli artt. 13-15 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968,
concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale, oggi sostituiti dagli artt. 15-17 del Regolamento n. 44 del 2001.
200
Corte giust., 20 gennaio 2005, c. 464/01, in Eur. dir. priv., 2005, p. 1135, con nota di
V. CRESCIMANNO, I «contratti conclusi con i consumatori» nella Convenzione di Bruxelles:
autonomia della categoria e scopo promiscuo; in Corr. giur., 2005, p. 1381, con nota di R.
CONTI, La nozione di consumatore nella Convenzione di Bruxelles I. Un nuovo intervento
della Corte di Giustizia.
La questione sollevata dinanzi alla Corte di giustizia origina da un rinvio
pregiudiziale dell’Oberster Gerichthof austriaco e concerneva la possibilità di considerare
«contratto del consumatore» il contratto con il quale un agricoltore acquista delle tegole
destinate a ricoprire il tetto di una sua fattoria utilizzata in parte per scopi personali - come
abitazione per sé e per la propria famiglia- ed in parte per usi professionali – come stalla per
il bestiame, silos per i mangimi e sala macchine-.
201
Cosí i punti 39 e 40 della decisione. A sostegno dell’interpretazione restrittiva della
nozione di consumatore la Corte di giustizia propone anche altre argomentazioni tra cui
quella di soddisfare esigenze di certezza del diritto, nonché di prevedibilità, per il futuro
convenuto, del giudice competente, dal momento che la disciplina relativa ai contratti del
consumatore rappresenta una deroga alle norme generali stabilite dalla stessa Convenzione
di Bruxelles (punti 43 – 45 della pronuncia, ove sono richiamati altri rilevanti precedenti in
materia: Corte giust., 19 febbraio 2002, c. 256/00, in Racc., p. I-1699; Corte giust., 5
febbraio 2004, C-18/02, Racc., p. I-1417).
81
81
contratto determinato, in relazione alla natura e alla finalità di
quest’ultimo»202, con la conseguenza che la tutela predisposta a
favore del consumatore va esclusa anche nei confronti di colui che
acquista un bene o fruisce di un servizio pur non essendo ancóra
imprenditore, ma al fine di intraprendere una futura attività
professionale203. E muovendo da questa prospettiva nella stessa
pronuncia la Corte si preoccupa di specificare che, ai fini della
individuazione nel caso concreto di un contratto concluso da un
consumatore, il giudice deve «prendere in considerazione non solo il
contenuto, la natura e la finalità del contratto, bensì anche le
circostanze
oggettive
che
hanno
accompagnato
la
sua
conclusione»204. Viene indicata, inoltre, la necessità di verificare «se
l’altra parte del contratto non potesse legittimamente ignorare la
finalità extraprofessionale dell’operazione, in ragione del fatto che il
presunto consumatore, con il suo comportamento nei confronti della
controparte, avrebbe in realtà dato l’impressione a quest’ultima di
agire a fini professionali»205: in tal caso «le norme di protezione non
troverebbero applicazione, anche qualora il contratto non perseguisse
202
Punto 36 della pronuncia e con riferimento a questa affermazione G. CHINÉ, La
nozione di consumatore nel diritto vivente, cit., p. 908 s., mette in evidenza che «il criterio
dell'uso marginale o trascurabile il quale, ad avviso della Corte, non esclude la sussistenza di
un atto di consumo, non si coniuga ad un giudizio di prevalenza, bensì ad uno, affatto
diverso, di sostanziale irrilevanza, nel contesto dell'operazione negoziale, considerata nella
sua complessità, dell'uso professionale pur concretamente riscontrabile. In altri termini,
quivi non si tratta di soppesare, nell'ottica di esprimere un giudizio di prevalenza, le diverse
finalità cui serva il contratto, bensì di mettere a fuoco il solo scopo professionale, con
l'obiettivo di accertare se per la natura della stipulazione, il suo oggetto e le circostanze che
l'hanno accompagnata, detto scopo cono manifesti alcuna capacità di caratterizzazione
dell'operazione negoziale, palesandosi insignificante e, pertanto, trascurabile nel percorso
logico di qualificazione in termini di stipulazione del consumatore».
203
Nei termini del testo Corte giust., 3 luglio 1997, C-269/95, in Resp. civ. prev., 1998, p.
62, con nota di S. BASTIANON, Consumatore e imprenditore (…futuro) nel diritto
comunitario: luci e ombre di due nozioni dai confini incerti; in Nuova giur. civ. comm.,
1998, I, p. 344, con nota di F. RINALDI, Non è qualificabile come “consumatore” chi acquista
beni per l’esercizio futuro di un’attività di impresa; in Eur. dir. priv., 1998, p. 335, con nota
di A. ORESTANO, La nozione di consumatore nella convenzione di Bruxelles 27 settembre
1968; in Giust. civ., 1999, I, p. 13, con nota di U. COREA, Sulla nozione di «consumatore»: il
problema dei contratti stipulati a scopi professionali; in Rass. dir. civ., 2000, p. 364, con
nota di V. SCIARRINO, Riflessioni sui profili soggettivi dei rapporti di franchising; F. ESTEBAN DE
LA ROSA, La protección de los consumidores en el mercado interior europeo, Granada, 2003,
p. 52 ss.
204
Punto 47 della pronuncia.
205
Punto 51 della pronuncia.
82
82
in quanto tale, una finalità professionale non trascurabile, dato che si
deve ritenere che il singolo abbia rinunciato alla protezione prevista
dai detti articoli, considerata l’impressione che ha fatto sorgere
presso la sua controparte in buona fede»206.
La soluzione prospettata dalla Corte di giustizia trova pieno
accoglimento nella giurisprudenza di legittimità italiana che limita
l'àmbito di operatività della normativa consumeristica alle sole
persone fisiche che agiscono per la soddisfazione di esigenze della
vita quotidiana estranee all’esercizio dell’attività professionale o
imprenditoriale svolta.
Più in particolare numerose sono le decisioni della Cassazione
che, in diversi àmbiti, escludono il ricorso della figura del
consumatore in chi stipula un contratto per uno « scopo connesso»
alla propria professione207. Ed in questa prospettiva un caso
particolarmente significativo è quello relativo ad contratto di
fideiussione, che si considera sottoposto alla normativa in materia di
protezione del consumatore nelle sole ipotesi in cui esso risulti
accessorio rispetto ad un contratto concluso da un altro consumatore,
rimandendo, invece, escluse quelle fattispecie nella quali la
fideiussione è rilasciata in favore di un debitore che agisce
nell’àmbito della propria attività professionale. In altri termini, il
206
Punto 53 della pronuncia. Su questo profilo, M. EBERS, Quién es consumidor?, in An.
der. civ., 2006, p. 236 ss., secondo il quale non si può, in ogni caso, giungere alla conclusione
di gravare il consumatore dall’obbligo di manifestare la qualità per la quale agisce.
207
Cosí, tra le tante, Cass., 11 ottobre 2002, n. 14561, in Nuova giur. civ. comm., 2003, I,
p. 174Cass., 25 luglio 2001, n. 10127, in Contratti, 2002, p. 341 (con nota di I. CASERTA, La
nozione di «consumatore» secondo la Cassazione); Cass., 5 giugno 2007, n. 13083, in
Obbligazioni e contratti, 2008, p. 25 (con nota di A. P. SCARSO, Ancora sulla nozione
(generale) di consumatore), in cui si afferma che «non si applica la disciplina piú favorevole
al consumatore di cui agli artt. 1469 bis e seg. c.c. al contratto di fornitura di banche dati
giuridiche, concluso da un consulente legale, in quanto l’oggetto del contratto è inerente
all’attività professionale dell’acquirente».
Anche nella giurisprudenza spagnola ricorrono le medesime argomentazioni v., da
ult., Tribunal Supremo, 15 dicembre 2005, in Cuadernos Civitas de Jurisprudencia civil,
2007, p. 137 (con nota di C. RODRÍGUEZ MARÍN), che ha escluso la qualifica di consumatore
nell’acquirente di energia elettrica che utilizzava la stessa nello svolgimento della propria
attività di ristorazione, affermando come non si possa considerare consumatore chi acquista
un bene o un servizio allo scopo di introdurlo di nuovo nel mercato -nella stessa forma in cui
è stato acquistato o trasformato- ovvero allo scopo di integrarlo in un processo di
produzione o di trasformazione di altri beni o servizi.
83
83
fideiussore sarà considerato consumatore esclusivamente qualora il
contratto di fideiussione sarà stipulato a garanzia di un soggetto non
imprenditore208.
Analoghe considerazioni vengono svolte, poi, con riguardo al
contratto di assicurazione, rispetto al quale si reputa che l’assicurato
possa assumere la qualifica di consumatore soltanto se si tratta di
«persona fisica che, pur svolgendo attività imprenditoriale o
professionale, conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze
della vita quotidiana estranee all’esercizio di detta attività»;
diversamente si ritiene che affinché «ricorra la figura del
“professionista” non è necessario che il contratto sia posto in essere
nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa o della professione,
essendo sufficiente che venga posto in essere per uno scopo connesso
all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale»209.
Emerge, pertanto, come la Cassazione utilizzi il criterio dello
«scopo
finale»
dell’attività
svolta
dal
contraente,
ritenendo
consumatore solo il soggetto che agisce per finalità non professionali
e, cioè, chi si procura il bene o il servizio per uno scopo privato, sia
esso personale o familiare210.
208
Cass., 13 giugno 2006, n. 13643, in Contratti, 2007, p. 225.
Cosí, Cass., 23 febbraio 2007, n. 4208, in Contratti, 2007, p. 1071 (con nota di N. R. DI
TORREPADULA, Sulla nozione di consumatore), in cui viene negata la qualifica di consumatore
ad un’imprenditrice agricola che aveva stipulato un contratto di assicurazione per la
copertura dei rischi derivanti dall’attività dell’azienda agricola di cui era titolare; ed in
precedenza, nello stesso senso, Cass., 9 novembre 2006, n. 23892, in Assicurazioni, 2007, p.
89, che esclude la possibilità di considerare consumatore un avvocato che aveva sottoscritto
un contratto di assicurazione per i danni legati all’esercizio della propria professione, sul
rilievo che il contratto risultava stipulato allo scopo di garantire una copertura assicurativa
relativamente ai rischi cui poteva essere esposto il professionista nell’esercizio della propria
attività.
210
In questa prospettiva merita di essere richiamata anche la giurisprudenza spagnola
che identifica il consumatore nel «destinatario finale» del bene o del servizio. Così, v. per
tutte,
Tribunal
Supremo
(Sala
de
lo Civil),
15
dicembre
2005,
in
ActualidadcivilBDJurisprudencia (consultabile in www.laley.net), ove viene specificato che
la qualifica di consumatore va attribuita «no a cualquiera que lo sea por aparecer en la
posición de quién demanda frente a quien formula la oferta, sino al consumidor que resulte
destinatario final de los productos o servicios ajenos que adquiere, utiliza o disfruta. Esto
es, al que se sirve de tales prestaciones en un ámbito personal, familiar o doméstico. No a
quien lo hace para introducir de nuevo en el mercado dichos productos o servicios, ya por
medio de su comercialización o prestación a terceros, sea en la misma forma en que los
adquirió, sea después de transformarlos, ya utilizándolos para integrarlos en procesos de
producción o transformación de otros bienes o servicios». Nello stesso senso si esprimono
209
84
84
Resta ferma, in ogni caso, la limitata operatività della
normativa alle sole persone fisiche ed in questo senso devono essere
interpretate pure quelle pronunce che a prima vista appaiono, invece,
muoversi in questa direzione. Il riferimento è, in particolare, alle
decisioni in cui viene attribuita la qualifica di consumatore ad un
condominio, nelle ipotesi in cui questo figura quale parte di un
contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi in favore
dell'intera comunione immobiliaria211. Qui la giurisprudenza sembra
svolgere un'interpretazione «correttiva» che estende la nozione di
consumatore agli enti212, ma in realtà in questi casi il condominio
viene riconosciuto privo di una soggettività giuridica distinta da
quella dei singoli condomini, con la conseguenza che i contratti
conclusi da esso risultano direttamente riconducibili ai singoli
condomini, rispetto ai quali non vi è dubbio circa la configurabilità di
una loro qualificazione come consumatori.
2. Con riferimento ai più recenti provvedimenti comunitari in
materia di tutela di consumatore, la nozione di consumatore ha
pure quelle decisioni giurisprudenziali in cui, pur non mettendosi in discussione la
possibilità che le persone giuridiche possano qualificarsi come consumatori, si esclude
tuttavia l’applicabilità ad esse della relativa normativa di protezione perché l’atto rientra
nell’àmbito dell’attività professionale o imprenditoriale svolta. Tra le piú recenti v. Tribunal
Supremo (Sala de lo Civil), 18 giugno 1999, n. 62, in Repertorio de jurisprudencia, 1999, n.
4478, p. 914, relativa alla richiesta avanzata da società agricola di risarcimento dei danni
sofferti per la perdita del raccolto cagionata dall’uso di un pesticida difettoso. Il Tribunale
Supremo respinge tale domanda rilevando come nella società agricola sia assente il carattere
di destinatario finale del bene, infatti «dedicándose a la venta de productos agrícolas, en
ningún momento actuó como destinatario final, cosa que hubiera ocurrido si su feracidad
agrícola tuviera por objeto restringido y exclusivo el consumo familiar o doméstico»,
cosicché «si agotó o consumió los herbicidas fue con el fin de integrarlos en el
favorecimiento (por aniquilación de las matas parasitarias) del proceso productivo de las
lentejas y luego en su posterior comercialización cara a los terceros adquirentes»;
Tribunal Supremo (Sala de lo Civil), 16 ottobre 2000, ivi, 2000, n. 9906, p. 15397, che ha
escluso la qualità di consumatore in capo ad una società che aveva acquistato una stampante
da utilizzare per l’esercizio di un’attività di stampa e non per un uso domestico e privato;
Tribunal Supremo (Sala de lo Civil), 21 settembre 2004, n. 891, ivi, 2004, n. 5576, p. 11412;
Audiencia Provincial Ciudad Real (Sección 2ª), 21 novembre 2005, n. 350, in Actualidad
civil, 2006, p. 275
211
Trib. Bologna 3 ottobre 2000, in Corr. giur., 2001, p. 525, con nota di R. CONTI, Lo
«status» di consumatore alla ricerca di un foro esclusivo e di una stabile identificazione;
Cass., 24 luglio 2001, n. 10086, in Corr. giur., 2001, p. 1436.
212
E. MINERVINI, I contratti dei consumatori, cit., p. 531.
85
85
formato oggetto di uno dei quesiti formulati dalla Commissione
europea nel Libro verde di «revisione dell’acquis relativo ai
consumatori», presentato l’8 febbraio 2007213 ed avente come finalità
quella di dare avvio ad un processo di riesame delle disposizioni
comunitarie in tema di protezione dei consumatori, sul presupposto
che la frammentarietà e settorialità dei vari interventi normativi
succedutisi in questa materia appare in contrasto con l’obiettivo della
realizzazione di «un effettivo mercato interno dei consumatori e con
l’instaurazione di un giusto equilibrio tra un elevato livello di tutela
dei consumatori e la competitività delle imprese»214.
In questa prospettiva il Libro verde, tra le varie tematiche
affrontate, ha individuato nella nozione di consumatore «una delle
questioni comuni a tutte le direttive» ed ha sottolineato la necessità
di indicarne una definizione «coerente», la quale consenta di
delimitare con «maggiore accuratezza il campo dell’acquis»215. Sono
stati, cosí, prospettati due possibili interventi216: il primo, prevedeva
di allineare le varie definizioni esistenti nell’acquis senza cambiarne
la portata, dovendosi in tal modo continuare a considerare
consumatori le «persone fisiche che agiscono a fini che esulano dalla
loro attività commerciale, economica o professionale»; ed il secondo
proponeva un ampliamento della nozione di consumatore, all’interno
213
COM (2006) 744 def. Per un primo commento, S. CANNALIRE, Osservatorio
comunitario. Commento a Libro verde della Commissione europea del 8 febbraio 2007, in
Contratti, 2007, p. 393 ss.; G. BISOGNI, Introduzione al convegno “Un diritto civile per
l’Europa”, Atti del Convegno internazionale “Un diritto civile per l'Europa”, Roma 17
febbraio 2007; V. RIZZO, Relazione conclusiva tenuta alla giornata di studio su «Tutela del
consumatore e recenti interventi legislativi», Terni, Centro di Studi Giuridici sui Diritti dei
Consumatori, 26 aprile 2007.
214
Va specificato come oggetto di revisione siano soltanto le direttive comunitarie: n. 577
del 1985 sui contratti conclusi fuori dei locali commerciali, n. 314 del 1990 sui pacchetti
vacanze, n. 13 del 1993 sulle clausole abusive, n. 47 del 1994 sulla multiproprietà, n. 7 del
1997 sui contratti a distanza, n. 6 del 1998 sull’indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai
consumatori, n. 27 del 1998 sulle ingiunzioni per la protezione degli interessi dei
consumatori, n. 44 del 1999 su alcuni aspetti della vendita di beni di consumo e sulle
garanzie relative.
215
Cosí, rispettivamente, punti 4.1 e 4.6 del Libro verde.
216
Il riferimento è al quesito B1 il quale, nel contempo, si riferisce anche alla figura del
professionista.
86
86
della quale sarebbero dovute rientrare anche le «persone fisiche che
agiscono per fini che esulano essenzialmente […] dalla loro attività
commerciale, economica e professionale».
Ciò posto, appare evidente, innanzitutto, come le due opzioni,
cosí come formulate, muovano dalla comune attribuzione della
qualifica di consumatore alla sola persona fisica, con la conseguenza
che tale limitazione risulta essere un elemento della definizione fuori
discussione. L’aspetto, invece, su cui gli organi comunitari hanno
espresso l’esigenza di riformulare la stessa nozione appare essere
quello inerente il c.d. «atto di consumo professionale», rispetto al
quale si è preso atto dell’esistenza di differenti interpretazioni nei
diversi Stati membri.
Il dibattito sviluppatosi intorno al Libro verde è culminato,
dapprima, nella Risoluzione del Parlamento europeo del 6 settembre
2007217, ove viene accolta la prima opzione formulata dalla
Commissione europea e viene, quindi, affermato che «si ritiene
essenziale definire come “consumatore” qualsiasi persona fisica che
agisca a fini che esulano dalla sua attività professionale» (punto
17)218. Da ultimo, anche la «Proposta di direttiva» del Parlamento
europeo e del Consiglio «sui diritti dei consumatori» dell’8 ottobre
2008219, sia pure limitatamente alla disciplina dei contratti negoziati
fuori dai locali commerciali, dei contratti a distanza, della vendita e
garanzia dei beni di consumo e delle clausole vessatorie220 prospetta
quale definizione orizzontale di consumatore quella secondo cui va
considerato tale «qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto
della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro
della sua attività professionale»221.
Tali soluzioni sembrano non tener conto dell’opportunità,
217
COM (2007) 383 provv.
Punto 17 della Risoluzione.
219
COM(2008) 614 def.
220
La Proposta mira a creare un «unico strumento orizzontale» con riferimento alle
direttive 85/577/CEE, 93/13/CEE, 97/7/CE e 99/44/CE.
221
Così l’art. 2, n. 1, della Proposta.
218
87
87
avvertita da piú parti, di estendere l’àmbito di operatività della
normativa predisposta a protezione degli interessi dei consumatori
anche a favore di categorie non ricomprese espressamente in essa che
potrebbero, però, trovarsi in una situazione simile a quella del
consumatore222. Ma, in realtà, va evidenziato come questa scelta
risulti pienamente condivisibile tenuto conto che l’altra opzione se,
da un lato, avrebbe condotto ad una applicazione piú ampia della
nozione di consumatore, dall’altro lato, non avrebbe introdotto un
criterio idoneo a stabilire, in termini chiari, i limiti di tale estensione,
lasciando ancóra spazio ad interpretazioni diversificate circa la
valutazione concreta se l’atto posto in essere sia «essenzialmente»
diretto a soddisfare le esigenze della sfera professionale o piuttosto
quelle della sfera personale o familiare. In altri termini, l’adesione a
quest’ultima opzione non avrebbe di certo risolto i problemi di
coordinamento fra le varie normative nazionali, presentando, cosí, il
risultato di pregiudicare l’obiettivo della armonizzazione «massima»
perseguito mediante l’opera di revisione dell’acquis comunitario.
Risulta, pertanto, conveniente mantenere lo status quo in attesa di
un intervento legislativo che riesca ad identificare con maggiore
chiarezza gli elementi descrittivi della figura del consumatore.
Da questo quadro emerge anche che i recenti provvedimenti
comunitari dedicati ai contratti con i consumatori continuano, allo
stato attuale, a fare riferimento ad una definizione ristretta di
consumatore all’interno della quale non vi sono elementi per poter
ritenere che possa trovare protezione pure il c.d. imprenditore
debole.
Questa impostazione trova ulteriore conferma anche in altri
documenti che si occupano delle problematiche inerenti il «diritto
europeo dei contratti»223. Al riguardo, particolarmente significative
222
Sottolineava tale esigenza lo stesso Libro verde, p. 15.
Per un'analisi dei rapporti tra il diritto dei consumatori ed il diritto europeo si rinvia al
Capitolo III.
223
88
88
risultano la Relazione della Commissione del 23 settembre 2005224 in
cui si sottolinea che, in questo àmbito, «un’adeguata distinzione tra i
contratti di tipo B2B (business to business, vale a dire tra
imprenditori) e quelli di tipo B2C (business to consumer, vale a dire
tra un imprenditore ed un consumatore) è di cruciale importanza»225,
e la Relazione della Commissione del 25 luglio 2007226 ove si
sottolinea che, nei seminari di studio sul diritto contrattuale
comunitario dei consumatori, è emerso «un accordo generale
secondo cui unicamente le persone fisiche devono rientrare nella
definizione di consumatore»227. Piú in generale, poi, va considerata la
Comunicazione della Commissione del 13 marzo 2007 relativa alla
«strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013» la
quale, nell’individuare gli interventi necessari per accrescere la
fiducia dei consumatori nel mercato, chiarisce che, ai fini dell’azione
comunitaria, il «mercato al dettaglio è quello sul quale si effettuano le
transazioni
tra
operatori
economici
e
consumatori
finali
(consumatori che operano al di fuori della loro vita professionale) […]
Le imprese, anche piccole, nel loro ruolo di acquirenti non sono
oggetto della presente strategia»228.
224
Prima relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto
contrattuale europeo e di revisione dell’acquis, COM(2005) 456 def.
225
Successivamente negli stessi termini si esprime il Consiglio dell’Unione europea in un
documento su «Competitività (mercato interno, industria e ricerca)» del 28 e 29 novembre
2005 che, con riferimento ai lavori inerenti il diritto contrattuale europeo, ha sottolineato
«la necessità in questo contesto di riconoscere la distinzione tra contratti tra imprese e
consumatori e contratti tra imprese». Analogamente nella Risoluzione «sul diritto
contrattuale europeo e la revisione dell’acquis: prospettive per il futuro (2005/2022)», del
23 marzo 2006, il Parlamento europeo «invita la Commissione a distinguere, ove necessario,
tra le disposizioni giuridiche applicabili alle operazioni tra imprese e quelle applicabili alle
operazioni tra imprese e consumatori e a separare sistematicamente i due settori».
226
Seconda relazione sullo stato di avanzamento relativo al quadro comune di
riferimento, COM(2007) 447 def.
227
Inoltre, in tal senso v. il «Documento di lavoro sul diritto contrattuale europeo e la
revisione dell’acquis: situazione attuale e nozione di consumatore», presentato il 17 maggio
2006 dalla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del
Parlamento europeo, in cui si afferma che «una definizione standard, in quanto basata sulla
legislazione esistente, deve includere esclusivamente le persone fisiche. Qualora sia
necessario tutelare anche le piccole imprese o altre persone giuridiche, esistono altri modi di
ovviare al problema».
228
COM (2007) 99 def.
89
89
4. In questo contesto viene in evidenza come la limitata
operatività, sotto il profilo soggettivo, della normativa consumeristica
trovi fondamento, tanto nelle prescrizioni del legislatore –
comunitario e nazionale -, quanto nelle argomentazioni della
giurisprudenza - comunitaria e di legittimità -, nella pretesa
identificazione del consumatore con il «contraente debole»229.
Ma tale impostazione può essere smentita sotto vari profili.
Va considerato, innanzitutto, come oramai da piú parti sia
messo in luce che, nonostante i numerosi punti di contatto tra la
figura del consumatore e quella del contraente debole, non sia
possibile affermare una loro totale sovrapposizione230: in alcuni casi,
infatti, si può essere in presenza di un consumatore che non è
contraente o che non assume la veste di contraente debole, in altri
casi, il contraente debole può essere un imprenditore o produttore e
non un consumatore231. In altri termini, in concreto possano
presentarsi delle fattispecie in cui la condizione di «debolezza»
caratterizza soggetti che non ricoprono la posizione di consumatore
così come delineata dal legislatore232, con la conseguenza che a
229
Nella stessa Relazione illustrativa al codice del consumo, cit., si afferma che «la tutela
del consumatore si caratterizza essenzialmente come disciplina civilistica dei rapporti tra le
parti contraenti, sotto lo specifico profilo della relazione tra parti «non uguali», come è
quello tra «professionista» e «consumatore», caratterizzato dalla «debolezza strutturale» di
quest’ultimo».
230
In questi termini, V. RIZZO, Condizioni generali del contratto e predisposizione
normativa, Camerino-Napoli, 1983, p. 108 s.; G. CHINÉ, Il consumatore, cit., p. 451; P.
PERLINGIERI, La tutela del consumatore nella Costituzione e nel Trattato di Amsterdam, in P.
PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di), Il diritto dei consumi, I, cit., p. 9 ss.
231
In tal senso P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra liberismo e solidarismo, in
Riv. giur. Molise e Sannio, 1995, p. 99, il quale sottolinea che il consumatore «non sempre è
debole, neppure economicamente […] I consumatori di determinati beni, se uniti,
costituiscono un gruppo di pressione forte e condizionante, come pur è stato ricordato.
D’altro canto, si può essere protagonisti del mercato quali produttori in un certo settore e
consumatori in altro: a volte il produttore è consumatore e portatore di handicaps culturali e
psicofisici, utente di servizi non organizzati a scopo di lucro, di servizi pubblici essenziali,
consumatore in regime di monopoli di fatto e via discorrendo. Sono tutte situazioni
estremamente diversificate»; ID., Relazione conclusiva, in M. PARADISO (a cura di), I mobili
confini dell’autonomia privata, in Atti del Convegno di studi in onore del Prof. Carmelo
Lazzara, Catania, 12-14 settembre 2002, Milano, 2005, p. 854.
232
F. LAZZARELLI, Dipendenza tecnologica e dipendenza economica: una «ragionevole»
interpretazione della legge sulla subfornitura, in Rass. dir. civ., 2005, p. 102 ss.; L.
TRIGLIONE, L’abuso di dipendenza economica nella recente giurisprudenza di merito, ivi,
2005, p. 268 ss.; G. OPPO, Categorie contrattuali e statuti del rapporto obbligatorio, in Il
diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, cit., p. 50, secondo il quale
90
90
quest'ultima qualifica non va attribuito un valore normativo vero e
proprio, né un rilievo pratico in quanto essa si limita a descrivere «i
diversi destinatari di un insieme di tutele aventi, quale comune
denominatore, la presunzione (ovviamente a priori) di uno squilibrio
a carico di determinate parti»233.
È muovendo da questa interpretazione che l’orientamento
dottrinale, secondo cui sarebbe configurabile nell’ordinamento uno
status di consumatore -contrapposto a quello dell’imprenditore-234,
può considerarsi improprio235: diversamente dallo status personae e
«ipotizzare che il professionista, solo perché tale e perché agisce come tale, sia sempre in
grado di difendersi sul piano decisorio ed informativo, o imporgli di mettersi in grado di
difendersi significa andare contro la realtà: si pensi all’imprenditore piccolo o piccolissimo»;
S. PATTI, Sulla riforma del libro quarto del codice civile: i contratti per adesione, in Il diritto
delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, ivi, p. 211.
233
Cosí, P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 512 (spec. nota
170) il quale già in precedenza si era espresso nei medesimi termini nei confronti della
categoria del «contraente debole» in ID., La tutela del “contraente debole” nelle negoziazioni
immobiliari. Traccia di un possibile Convegno, in Rass. dir. civ., 2000, p. 746 s.
234
Richiamano il concetto di status ma con la precisazione che nella figura del
consumatore tale nozione assume un significato del tutto particolare: G. ALPA, Consumatore
(protezione del) nel diritto civile, in Dig. disc. priv., Sez civ., III, Torino, 1988, p. 548, il
quale chiarisce che «lo status di consumatore è uno status occasionale, non permanente,
perché l’avvicendamento degli status (di consumatore e di professionista) dipende dal tipo di
relazione che i privati istituiscono tra di loro e dal ruolo che nella relazione essi intendono
svolgere»; F. BOCCHINI, Nozione di consumatore e modelli economici, cit., p. 43, secondo cui
la nozione di status è «utilizzata in via traslata per indicare la tutela di cui il soggetto è
destinatario allorché, in fatto, entra in contatto con le organizzazioni di produzione e
distribuzione di massa»; e, da ult., R. CALVO, I contratti del consumatore, in Tratt. dir.
comm. e dir. pubb. ec. diretto da F. Galgano, XXXIV, Padova, 2005, p. 11 s., il quale
individua uno «status sui generis» di consumatore che, «non avvolgendo la persona fisica
hinc et nunc giacché contraddistingue realtà assai eterogenee ed in suscettibili di essere
coagulate da un modello unitario o generalizzante, assume le piú confacenti sembianze dello
status subiectionis […]. Non stupisce alla fine se ogni consociato possa essere consumatore,
giacché l’attributo in parola non indica una caratterista della persona, ma evoca il
protagonista dell’azione mirata ad un atto qualificato sul piano finalistico». V. inoltre le
considerazioni di G. BOTANA GARCÍA, Artículo 1, cit., p. 60 s.; L. DÍEZ-PICAZO, Contratos de
consumo y derecho de contratos, in Anuario de derecho civil, 2006, p. 18 s. secondo il quale
«cualquier idea que trate de aproximar la figura del consumidor a un estatus o algo
parecido son banco de ataques muy claro. Un estatus o un estado es, como decían la Leyes
de Partidas, un modo o una manera como los hombres viven o están, pues no tiene sentido
la hipertrofia que lleve al concepto todas las condiciones por esporádicas y efímeras que
puedan ser las que a lo largo de su vita la persona presente».
235
In questi termini si esprime P. BARCELLONA, Soggetti e tutele nell’epoca del mercato
europeo/mondiale, in N. LIPARI (a cura di), Diritto privato europeo e categorie civilistiche,
Napoli, 1998, p. 67, per il quale «si tratta di ruoli e qualifiche degli individui organizzati
interamente dalla disciplina giuridica e di essa interamente risolubili. Si è consumatori e
imprenditori alla stesso tempo e non esiste una situazione sociale di consumatore, ma
soltanto una disciplina giuridica della produzione del commercio di taluni prodotti di massa.
Si diventa consumatori stipulando il contratto relativo a particolari beni e a certe
condizioni». N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, nuova ed., 2003, p. 43 s., il
quale, dopo avere definito il consumatore come una «figura negativa» poiché rispetto al
professionista è colui che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, specifica che
91
91
dallo status civitatis, esso non si presenta come la configurazione
soggettiva di un valore non modificabile236 ma, piuttosto, come una
posizione da individuare caso per caso, ossia tenendo conto del tipo
di atto posto in essere, dello scopo perseguito237, nonché della
condizione socio-economica del soggetto238.
Il fattore unificante della disciplina consumeristica non
appare, pertanto, individuabile nel criterio formale della nozione di
«consumatore»239, ma occorre spostare l'attenzione verso altri
con esso s'intende discorrere «né di una collettività né di uno status o posizione organica
all'interno di un gruppo, ma di un fenomeno quantitativo di massa, ossia di un indefinito
reiterarsi del tipo di negozio e dei caratteri negativi di una parte. Il negozio è un agire di
ambedue le parti, ma per l'una esso ha natura imprenditoriale o professionale, per l'altra
viene definito soltanto dall'assenza di tale natura. Su una negazione non si costruisce uno
status».
236
In proposito, P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 663 ss.;
in generale, sul concetto di status: A. CICU, Il concetto di «status», in ID., Scritti minori, I,
Milano, 1965, p. 192 ss.; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli,
1966, 9ª ed., p. 23; G. D’AMELIO, Capacità e «status» delle persone, in S. RODOTÀ (a cura di),
Il diritto privato nella società moderna, 2a ed., Bologna, 1977, p. 139 ss.; P. RESCIGNO, Status:
I) Teoria generale, in Enc. giur. Treccani, XXX, 1993, p. 1 ss.; G. CRISCUOLI, Variazioni e
scelte in tema di status, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 185 ss.; P. PERLINGIERI, Gli “status”, (1984),
in Letture di diritto civile, raccolte da G. Alpa e P. Zatti, Padova, 1990, p. 167 ss.; A.
CORASANITI, Stato delle persone, in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, p. 948 ss.; G. ALPA, Status e
capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Roma-Bari, 1993, spec. p. 61
ss.; F. PROSPERI, Rilevanza della persona e nozione di status, in Rass. dir. civ., 1997, p. 810 ss.
e spec. p. 851 ove, con riferimento al consumatore, si specifica che l’utilizzo della nozione di
status per valorizzare le esigenze di un suo trattamento differenziato deve considerarsi
«fuorviante»; P. PERLINGIERI e P. FEMIA, Nozioni introduttive e princípi fondamentali del
diritto civile, 2ª ed., Napoli, 2004, p. 125 ss.
237
Contro l’idea che si possa configurare una status di consumatore: V. ROPPO, Protezione
del consumatore e teoria della prassi, in Pol. dir., 1975, p. 701 ss.; C. M. MAZZONI, Contro
una falsa categoria: i consumatori, in Giur. comm., 1976, I, c. 624 s.; M. BESSONE e G.
FERRANDO, Persona fisica (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, p. 222; M. BESSONE,
Interesse collettivo dei consumatori e regolazione giuridica del mercato. I lineamenti di
una politica del diritto, in Giur. it., 1986, IV, c. 296; ID., Consumerism e tutela dei
consumatori. I percorsi obbligati di una politica del diritto, in Pol. dir., 1987, p. 615 ss.; R.
CALVO, Tutela del consumatore alla luce del principio di eguaglianza sostanziale, in Riv.
trim., 2004, p. 871; ID., Il Codice del consumo tra «consolidazione» di leggi e autonomia
privata, cit., p. 81 ss.; E. GABRIELLI, Sulla nozione di consumatore, cit., p. 1152 ss.
238
Sopra questo profilo, v. le considerazioni di V. ROPPO, o.u.c., p. 701, secondo cui «i
consumatori non sono tutti eguali, essendoci consumatori ricchi e consumatori poveri,
consumatori istruiti e consumatori ignoranti, consumatori di beni primari e consumatori di
lussuosi gadgets, consumatori bisognosi di tutela e consumatori capaci di tutelarsi da sé»; C.
M. MAZZONI, o.c., c. 624 il quale sottolinea che sembra impossibile voler parlare di consumo e
di consumatori prescindendo dalla collocazione economica e sociale del singolo
consumatore.
239
In questo senso, G. BENEDETTI, Tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in G.
VETTORI (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, cit., p. 803 ss., per il
quale «la prospettiva del soggetto è criterio che disorienta, invece di orientare»; V. ROPPO, Il
contratto del duemila, Torino, 2002, p. 53; C. AMATO, Per un diritto europeo dei contratti
con i consumatori, Milano, 2003, p. 22; P. SIRENA, La tutela del consumatore e la parte
generale del contratto, in F. MACARIO e M. N. MILETTI, Tradizione civilistica e complessità del
sistema, cit., p. 626 ss.
92
92
elementi che caratterizzano la normativa di protezione per poter
valutare se in base ad essi sia riscontrabile una sua possibile vis
espansiva.
Siffatta ricerca impone un riferimento ai «nuovi profili»240 che
contraddistinguono il «nuovo paradigma contrattuale»241 e che
vengono regolamentati dal legislatore comunitario prima, e da quello
nazionale in sede di attuazione242.
Più in particolare, emerge la prescrizione di specifici vincoli
formali i quali, descritti come una manifestazione del c.d.
«neoformalismo»243, si traducono nell'obbligo di redigere il contratto
in forma scritta, a pena di nullità244 e di fornire ogni informazione al
consumatore per iscritto245; nell'imposizione del rispetto del principio
240
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 364 ss.
Così, V. ROPPO, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con
asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in S.
MAZZAMUTO (a cura di), Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, Torino, 2002, p.
657; ID., Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici
(con postilla sul «terzo contratto»), cit., p. 682 ss.
242
Va rileva come in dottrina sia stata sollevata la questione se con riguardo a queste
nuove fattispecie contrattuali trovi ancora conferma il principio consensualistico tipico del
modello tradizionale di contratto. Significativi a questo proposito risultano i titoli di alcuni
saggi che animano questo dibattito: N. IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim., 1998, p.
347 ss.; G. OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. dir. civ., 1998, I, p. 525 ss.; N. IRTI,
“È vero, ma ....” (replica a Giorgio Oppo), ivi, 1999, I, p. 273 ss.
243
Per un'analisi del fenomeno della «rinascita» del formalismo v. P. PERLINGIERI, Il diritto
civile nella legalità costituzionale, cit., p. 333 e p. 427 s., in cui si evidenzia che «la
prospettiva funzionale, che tenga conto dell’interesse nella sua accezione assiologicocostituzionale, incide sull’interpretazione sia della normativa legale sia del regolamento
negoziale sulla forma. Ne è conferma la constatata rinascita del formalismo nella legislazione
speciale che privilegia le vicende del rapporto, inasprendo e solennizzando il regime degli
atti unilaterali. La garanzia della parte e la certezza della vicenda – che rappresentano
l’interesse prevalente – sono conseguite mediante le tecniche del formalismo. L’utilizzazione
della forma legale risponde ad una politica del diritto che, tanto nelle vicende costitutive
quanto in quelle modificative, regolamentari o estintive del rapporto, tende a garantire,
tutelare e promuovere interessi maggiormente meritevoli specie se rispondenti alle esigenze
di soggetti che nell’àmbito del sistema hanno uno statuto di favore e verso i quali si giustifica
ancor piú l’attenzione del legislatore ordinario. Sí che della forma non basta asserire
l’esistenza o l’inesistenza ma è necessario anche chiedersi a che serve».
244
Nel codice del consumo si esprimo in questo senso diverse disposizioni: l'art. 71 c.
cons. prevede che un contratto relativo all'acquisizione di un diritto di godimento ripartito
di beni immobili «deve essere redatto per iscritto a pena di nullità»; l'art. 85 c. cons.
stabilsice che il «contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in
termini chiari e precisi».
245
Così, l'art. 47 c. cons. dispone che ogni informazione relativa al diritto di recesso da un
contratto negoziato fuori dai locali commerciali «deve essere fornita per iscritto»; l'art. 53 c.
cons., per i contratti a distanza stabilisce che «il consumatore deve ricevere conferma per
iscritto o, a sua scelta, su altro supporto duraturo a sua disposizione ed a lui accessibile, di
tutte le informazioni previste dall'articolo 52, comma 1»; l'art. 59 c. cons. in materia di
vendite tramite mezzo televisivo o altri mezzi audiovisivi prevede che «l'informazione sul
241
93
93
generale di trasparenza delle clausole contrattuali246, nonché di
peculiari
obblighi
informativi
che
permeano
sia
la
fase
precontrattuale che quella di conclusione del contratto, per il quale è
stabilito un contenuto «minimo» ed «obbligatorio»247. Accanto, poi, a
quest'insieme di prescrizioni che rendono la forma del contratto un
vero e proprio strumento di protezione della parte debole del
rapporto248, è regolato il diritto di recesso del consumatore249, il quale
viene così riconosciuto quale esclusivo titolare di un diritto
potestativo che gli consente di sciogliersi unilateralmente dal vincolo
contrattuale, senza dover pagare alcun prezzo o sopportare alcuna
penalità e senza dover addurre alcuna giustificazione250.
diritto di recesso deve essere altresì fornita per iscritto»; l'art. 67-undecies c. cons. nel caso
di commercializzazione di servizi finanziari a distanza richiede che ogni informazione
preliminare ed inerente le condizioni contrattuali debba essere comunicata «su supporto
cartaceo o su un altro supporto durevole». Per i contratti aventi ad oggetto pacchetti turistici
viene imposto all'organizzatore e al venditore di fornire «per iscritto» nel corso delle
trattative e comunque prima della conclusione del contratto informazioni di carattere
generale» (art. 87 c. cons.), di comunicare «per iscritto» le modifiche delle condizioni
contenute nell'oposculo informativo (art. 88 c. cons.) e di dare «immediato avviso in forma
scritta al consumatore» delle modifiche delle condizioni contrattuali (art. 91 c. cons.). L'art.
133 c. cons. stabilisce che la garanzia convenzionale nella vendita di beni di consumo deve
essere a richiesta del consumatore resa »disponibile per iscritto o su altro supporto duraturo
a lui accessibile».
246
L'affermazione generale di questo principio si ha all'art. 35 c. cons. Per un'ampia
analisi del significato del principio di trasparenza delle clausole contrattuali
nell'ordinamento italiano si rinvia a V. RIZZO, Trasparenza e «contratti del consumatore»
(la novella al codice civile), cit., passim.
247
P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 330 ss.; G. CHINÉ, Il diritto contrattuale europeo: riflessioni a
margine di un tentativo di ricostruzione sistematica, G. ALPA e G. CAPILLI (a cura di), Lezioni
di diritto privato, cit., p. 276 ss.
248
La predisposizione da parte del legislatore di forme che mirano a proteggere il
contraente debole viene analizzata da P. PERLINGIERI, Forme dei negozi e formalismo degli
interpreti, Napoli, 1987, p. 35 ss. In questa prospettiva v. anche F. RIZZO, Riflessioni sulla
forma del negozio, in Scritti di diritto civile, Napoli, 2008, p. 31, per il quale nei contratti del
consumatore la forma diventa «strumento e veicolo di informazione e di trasparenza; al
carattere di protezione si aggiunge anche quello pedagogico diretto a rendere più edotto il
contraente ritenuto più debole […] La forma è dunque volta a consentire di concludere il
contratto in modo consapevole, ma anche a consentirne la c.d. buona esecuzione: il carattere
non effimero delle informazioni fornisce la possibilità al consumatore di controllare se
quanto promesso tramite l’apparato informativo corrisponde a quanto divisato nel contratto
ovvero eseguito in forza di questo, potendo agire contro il professionsita che faccia
sottoscrivere contratti differenti da quelli pubblicizzati».
249
Sulle caratteristiche di questo diritto v., per tutti, D. VALENTINO, Recesso e vendite
aggressive, Napoli, 1996; F. RIZZO, Alcune considerazioni sul recesso: tipologia e funzioni, in
Scritti di diritto civile, cit., p. 145 ss.
250
Nel codice del consumo il diritto di recesso è espressamente regolato dagli artt. 64 –
67, che stabiliscono una disciplina comune per i contratti negoziati fuori dai locali commerciali e per quelli a distanza; dall’art. 67-duodecies, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari; dall’art. 73 per i contratti relativi all'acquisizione di un diritto di
94
94
Inoltre, sotto il profilo dell'invalidità contrattuale, si afferma la
figura della nullità «di protezione», che rispetto alla tradizionale
disciplina codicistica dell'istituto della nullità si presenta come un
rimedio «parziale» e «relativo»251. L'operatività di essa, infatti, da un
lato,
fa
venir
meno
esclusivamente
quelle
singole
clausole
contrattuali che risultano pregiudizievoli per i consumatori, restando
il contratto «valido per il resto» (art. 36, comma 1, c. cons.); dall'altro
lato, la legittimazione alla sua esperibilità è riservata al solo
consumatore, ammettendosi la rilevabilità d'ufficio soltanto nelle
ipotesi in cui questa sia a favore dello stesso consumatore (art. 36,
comma 3, c. cons.)252. E sono queste peculiari caratteristiche che
rendono evidente come questa nuova fattispecie di invalidità miri a
soddisfare l'esigenza di «protezione di chi, in concreto, subisce una
godimento ripartito di beni immobili; dagli artt. 90 e 91 nel caso di pacchetti turistici.
251
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 351 s., per il quale
«dalla netta contrapposizione tra le figure della nullità e dell’annullabilità hanno tratto via
via importanza le eccezioni: la nullità non è soltanto assoluta, ma relativa; non è soltanto
totale, ma parziale; s’individuano, inoltre, ragioni per derogare alla disciplina
dell’annullabilità. In definitiva, si constata realisticamente che i singoli interessi, dedotti in
contratto o collegabili ad esso, sono diversi, sí che anche le patologie contrattuali sono
tenute a conformarsi a tali interessi. I “rimedi” devono essere adeguati agli interessi, sí che
la prevalenza della nullità parziale, quale espressione della prevalenza del principio di
conservazione degli effetti, è condivisibile ogni qualvolta è bene (per l’ordinamento) che il
contraente (debole) raggiunga il risultato, almeno in parte. Erroneo, pertanto, è sostenere
ancora oggi che la nullità è di regola assoluta. Si tralascia, infatti, che essa è divenuta per lo
piú nullità di protezione, di garanzia; sí che, non piú “chiunque vi ha interesse” è legittimato
a far valere la nullità, ma soltanto colui che è garantito dalla nullità. La disciplina dei
contratti del consumatore, del contraente debole, sconvolge la teoria classica della nullità e
rafforza l’idea che il concreto assetto d’interessi esige, anche sotto il profilo patologico, una
disciplina che si desume non già dalla mera riconduzione al tipo, ma dalle peculiarità del
caso».
252
Sulle caratteristiche della nullità di protezione v. G. PASSAGNOLI, Nullità speciali,
Milano, 1995; G. GIOIA, Nuove nullità relative e tutela del contraente debole, in Contr. e
impr., 1999, p. 1341 ss.; S. POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, CamerinoNapoli, 2001; M. PUTTI, La nullità parziale. Diritto interno e comunitario, Napoli, 2002; P.
PERLINGIERI, La nullità del contratto fra esigenze protettive e principio di conservazione, in
Ann. Fac. econ. Benevento, 2003, n. 9, p. 205 ss.; L. FERRONI, La moderna concezione
costituzionale e comunitaria di autonomia negoziale e la nuova filosofia cui s’informa il
regime delle invalidità, in ID., Saggi di diritto civile, Pesaro-Urbino, 2003, p. 5 ss; G.
AMADIO, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di «abuso
dell’autonomia contrattuale»), in Riv. dir. priv., 2005, p. 285 ss.; V. SCALISI, Contratto e
regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Riv. dir. civ., 2005, I, p. 459
ss.; F. DI MARZIO, Codice del consumo, nullità di protezione e contratti del consumatore, cit.,
p. 837 ss.; M. MANTOVANI, Le nullità e il contratto nullo, in A. GENTILI (a cura di), I rimedi – 1,
cit., p. 1 ss., spec. p. 155 ss.; S. POLIDORI, Nullità relativa e limiti alla disponibilità mediante
convalida della tutela apprestata in favore del consumatore dal codice di settore, in G.
CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e
prospettive, cit., p. 211 ss.
95
95
imposizione ingiusta, irragionevole, squilibrata, sproporzionata»253.
Emerge, così, un variegato quadro normativo che si propone
quale finalità quella di assicurare una condizione di «parità» non
meramente formale delle parti contraenti e di garantire il
superamento di una loro possibile condizione di «asimmetria» che si
traduce in una situazione di «abuso» dell’autonomia contrattuale254.
In altri termini, l'obiettivo perseguito è che ogni regolamento
contrattuale sia espressione di un equilibrio tra «libertà» e
«giustizia», con la conseguenza che appare opportuno e necessario
effettuare sempre su di esso un controllo sostanziale per apprezzarne
l'equità, la correttezza e la ragionevolezza255. Si impone, cioè,
l'esigenza di verificare l'«adeguatezza» del contenuto contrattuale,
attraverso
una
«coessenziale
valutazione
all'autonomia
che
deve
negoziale
considerarsi
che
oramai
altrimenti
non
supererebbe il giudizio di meritevolezza», alla luce dei princípi
costituzionali e comunitari256.
253
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 353.
G. D'AMICO, L'abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in Riv. dir.
civ., 2005, I, 625 ss.; F. MACARIO, Abuso di autonomia negoziale e disciplina dei contratti fra
imprese: verso una nuova clausola generale?, ivi, 2005, I, p. 663 ss.; P. SIRENA, Il codice
civile e il diritto dei consumatori, in Nuova giur. civ. comm., 2005, II, p. 280 ss.; F. DI
MARZIO, Teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 681 ss.
255
V. RIZZO, La disciplina del codice civile sulle condizioni generali di contratto e la
tutela dell’aderente-consumatore: sua insufficienza, in P. PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di),
Il diritto dei consumi, I, cit., p. 203 s., il quale sottolinea come la normativa a tutela del
consumatore «con effetto dirompente» rispetto al passato propone la via del controllo
contenutistico del regolamento contrattuale superando la semplice fase del controllo nel
procedimento di formazione del contratto.
256
Così F. VOLPE, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004, p.
258. V., più in generale, anche i contributi di G. B. F ERRI, Autonomia contrattuale, doveri di
solidarietà e ruolo del giudice, in Il diritto civile oggi. Compiti scientifici e didattici del
civilista, cit., p. 825 ss.; S. MAZZAMUTO, Autonomia privata e tecniche di intervento, ivi, p. 853
ss.; M. NUZZO, Autonomia negoziale e meritevolezza, in Iniziativa economica e impresa. I
rapporti civilistici nell'interpretazione della Corte costituzionale - Atti del 2° Convengo
Nazionale S.I.S.Di.C., Capri 18-19-20 aprile 2006, Napoli, 2007, p. 41, il quale ricorda che le
decisioni della Corte costituzionale in materia di autonomia privata hanno precisato «a) che
l'intervento del legislatore che determina una limitazione del potere di autonomia dei privati
deve trovare la sua giustificazione nella necessità di tutelare un contrastante interesse,
costituzionalmente rilevante; b) che nel valutare la legittimità dell'intervento si dovrà tener
conto del fatto che tra gli interessi costituzionalmente rilevanti esiste una gradazione: così,
ad esempio, la tutela della persona è più intensa di quella accordata alla proprietà o
all'impresa; c) che in ogni caso la legittimità dell'intervento va valutata alla stregua dei
principi di ragionevolezza e proporzionalità del limite imposto, rispetto alla sua effettiva
necessità per la realizzazione dell'interesse costituzionalmente prevalente».
254
96
96
Tutto ciò trova un sicuro fondamento a livello costituzionale
nell'art. 41, comma 2, secondo il quale l'iniziativa economica privata
non può svolgersi in contrasto con l'«utilità sociale» ed il riferimento
a quest'ultima, definita come una «formula verbale riassuntiva di una
serie di interessi a rilievo sociale assunti come propri dal
legislatore»257, ci porta ad affermare che, soprattutto in un'ottica
costituzionale, il mercato e la libera concorrenza devono essere
regolati in modo tale da evitare il prodursi di un danno «alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana»258. Le regole del mercato
devono
essere,
pertanto,
funzionali
all’attuazione
di
valori
esistenziali, risultando compatibile con un sistema costituzionale in
cui la persona umana riveste una posizione prioritaria, soltanto una
legislazione economica «che garantisca a tutti un’esistenza libera e
257
M. NUZZO, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1974, p. 81; P. PERLINGIERI,
Mercato, solidarietà e diritti umani, cit., p. 103, il quale, soffermandosi su profili di
carattere generale, afferma che «la funzione del mercato si desume dagli stessi valori che,
immanentemente, dall’interno vincolano la libertà economica legittimandola come potere di
rilevanza costituzionale. In questo consiste il nesso decisivo tra libertà di iniziativa
economica e valori personalistici e solidaristici della Costituzione, là dove “inviolabili” sono i
diritti dell’uomo e «inderogabili» sono i doveri di solidarietà economica, politica e sociale, e
là dove le situazioni patrimoniali –impresa, proprietà, contratto- non possono non avere una
funzione socialmente rilevante e soprattutto non possono non realizzarsi in conformità ai
valori della persona umana […] Ciò comporta che l’attività economica, categoria dell’avere,
non può essere che strumentale alla realizzazione di valori esistenziali, alla categoria
dell’essere. In questa prospettiva vanno lette la stessa “utilità sociale”, alla quale fa esplicito
riferimento l’art. 41 Cost.».
In questa prospettiva si rinvia all'analisi della giurisprudenza pronunciata sul tema
da parte della Corte costituzionale di V. BUONOCORE, Rapporti economici, in I Princípi
fondamentali. La Corte costituzionale nella costruzione dell'ordinamento attuale. I
rapporti civilistici nell'interpretazione della Corte costituzionale - Atti del 2° Convengo
Nazionale S.I.S.Di.C., Capri 18-19-20 aprile 2006, Napoli, 2007, p. 79, il quale mette in luce
che «l'art. 41 non esprime solo un principio di libertà verso lo Stato, ma contiene anche
l'indicazione di valori forti e propone non solo fini economici ma anche politici e sociali,
come si desume pienamente dalla lettura sia dello stesso art. 41 sia delle altre norme
costituzionali, che accanto al bene supremo della libertà esaltano i valori di solidarietà, di
uguaglianza e di dignità umana; e quindi non solo enunciazione della libertà economica
come manifestazione di libertà di iniziativa economica privata, e perciò possibilità di
indirizzare liberamente la propria attività in campo economico, ma anche posizione delle
garanzie necessarie a preservare la libertà di scelta e svolgimento delle attività economiche
proprie dei privati da interventi che la restringono in modo arbitrario sia nel momento della
scelta che nei successivi momenti del suo svolgimento».
258
In proposito N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, cit., p. 108 ss., il quale analizza il
rapporto tra persona e mercato ed evidenzia che «il diritto del mercato fa appello alla libertà
positiva, che ogni giorno va asservita e conquistata: libertà dei produttori, nell'iniziativa e
nella competizione; libertà dei consumatori, nella scelta dei beni e della consapevole
decisione. Qui, nella difesa della libertà e nella lotta per il mercato, risiede la dignità stessa
della persona».
97
97
dignitosa»259.
In questa prospettiva si giustificano tutti quei limiti posti
all’autonomia contrattuale, destinati ad evitare un approfittamento
della parte contraente piú forte a scapito di quella piú debole260. Così,
quelle impostazioni dottrinali che si riassumono nella celebre
formula «qui dit contractuel, dit jiuste» ed in base alle quali va
riconosciuto all'autonomia privata il valore di «dogma» spettando
alla sola volontà delle parti il potere di regolare liberamente i loro
rapporti giuridici261, devono considerarsi oramai superate262 dalla
259
L. DI NELLA, Mercato e autonomia contrattuale nell’ordinamento comunitario,
Napoli, 2003, p. 177.
260
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 336, ove si afferma
che «l’iniziativa economica privata, benché definita libera (art. 41, comma 1, cost.), è
sottoposta a controlli, a programmi, ad interventi da parte del legislatore – e non soltanto
del legislatore – non piú finalizzati ad un regime di autarchia e ispirati ad un principio
corporativistico, ma rivolti a realizzare un sistema diverso con all’apice valori nuovi. La
Costituzione ha operato un capovolgimento qualitativo e quantitativo dell’assetto normativo.
I c.dd. limiti all’autonomia, posti a tutela dei contraenti deboli, non sono piú esterni ed
eccezionali, ma interni, espressione diretta dell’atto e del suo significato costituzionale.
L’attenzione si sposta dal dogma dell’autonomia all’atto da valutare non soltanto
isolatamente, ma nell’àmbito dell’attività svolta dal soggetto. Il giudizio di meritevolezza va
espresso sull’iniziativa concreta, verificando tra l’altro l’adeguatezza dell’atto e degli
strumenti adoperati per raggiungere il risultato e lo svolgimento dell’iniziativa nella
concatenazione degli atti, in una visione procedimentale (si pensi all’attività complessa e
articolata delle imprese)». In questo senso v. anche R. ALESSI, Contratti dei consumatori e
disciplina generale del contratto dopo l'emanazione del codice del consumo, cit., p. 820 s.,
per la quale «nella prospettiva comunitaria il programma contrattuale è visto nella sua
funzionalità, quale momento concreto di realizzazione di un ordinato svolgimento del
mercato. Il professionista, nell'incontro con il consumatore, è chiamato a farsi carico di
elementi o di circostanze perturbatrici della volontà del suo partner che non solo non
provengono dal suo comportamento, ma che dipendono da “inganni” di più ampia e
differente dimensione, quali le suggestioni di un messaggio pubblicitario; la lamentata ed
ancóra ambigua commistione fra regole di validità e regole di responsabilità e la stessa
ancóra fragile fisionomia delle c.dd. nullità di protezione esplicitano sul piano rimediale
l'obiettivo di proteggere non tanto la libera formazione del consenso, ma la piena,
consapevole ed informata adesione ad una operazione economica e di assicurare che vada a
buon fine. I segmenti di disciplina che assegnano sempre più decisamente al giudice una
funzione correttiva, scrutinatrice dell'assetto di interessi voluti dalle parti, evidenziano bene
questo approccio, entro il quale muta il rapporto tra legge ed autonomia privata».
261
Per un riferimento alle tesi classiche in tema di contratto ed autonomia negoziale v.,
per tutti, G. VETTORI, Autonomia privata e contratto giusto, in Riv. dir. priv., 2000, p. 21; F.
RIZZO, Brevi cenni sull’equilibrio economico delle prestazioni contrattuali, in Scritti di
diritto civile, cit., p. 94, il quale sottolinea che le concezioni improntate al c.d. laisser faire si
completano, in àmbito negoziale, con il «principio del laisser conctracter. Principio che si
appoggia all’idea di Pothier per cui l’équitéconsiste dans l’égalité, idea che giustifica il
nascere, o se si vuole il rafforzarsi del dogma dell’eguaglianza formale tra le parti del
contratto, la quel regge e fa apparire per oltre un secolo incontestabile la regola del qui dit
contractuel dit jiuste».
262
In questo senso si esprime P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 314 ss., ove è sottolineata la
relatività e la determinatezza storica del concetto di autonomia privata. In particolare, con
riguardo ai suoi elementi distintivi viene riconosciuto che «tradizionalmente» essa «si
traduce innanzi tutto nelle libertà di negoziare, di scegliere il contraente, di determinare il
98
98
presenza di complessi normativi, adottati specialmente in materia di
contratti del consumatore, nei quali la stessa autonomia contrattuale
risulta «modulata» dal legislatore in funzione degli obiettivi di
protezione perseguiti263.
Sempre
più
frequente
è,
infatti,
la
predisposizione,
principalmente su impulso comunitario, di discipline che si
caratterizzano
per
il
fatto
di
regolare
misure
di
«eterodeterminazione» del regolamento contrattuale, il quale in
questo modo trae origine non solo dalla volontà delle parti, ma anche
da altre fonti, tra cui un ruolo di primaria importanza va attribuito ai
princípi costituzionali e comunitari264, i quali affermano la necessità
di
assicurare ai contraenti la «convenienza» dell'operazione
contenuto del contratto o dell’atto, di scegliere, talvolta, la forma dell’atto stesso», ma si
reputa, poi, «necessario verificare se tali libertà trovino riscontro effettivo nella teoria degli
atti, per la fisionomia che questa assume in base ai princípi generali dell’ordinamento. È da
tali princípi che si desume la valutazione di meritevolezza dell’autonomia negoziale: essa,
pertanto, non è un valore in sé» (p. 322, spec. nota 122, ed i riferimenti bibliografici ivi
contenuti).
263
Sul punto P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 329, per il quale è più corretto affermare che la
normativa comunitaria «incide sull'autonomia contrattuale nel senso non tanto di
“limitarla”, quanto di “modularla”». Nello stesso senso v., anche, G. BENEDETTI, Tutela del
consumatore e autonomia contrattuale, cit., p. 808, secondo cui con la disciplina
consumeristica si ha «non negazione dell'autonomia contrattuale, quindi, ma correzione o
anche integrazione, proprio a tutela del suo essenziale, immancabile fondamento: la parità
di posizioni».
264
In questi termini v. G. IUDICA, L'economia di mercato tra Costituzione italiana e
Costituzione europea, in G. IUDICA e G. ALPA (a cura di), Costituzione europea e
interpretazione della Costituzione italiana, Napoli, 2006, p. 172 s.; P. PERLINGIERI, Diritto dei
contratti e costituzione europea, in G. VETTORI, Contratto e Costituzione in Europa, Padova,
2005, p. 146, secondo il quale va riconosciuto che l'«autonomia negoziale o contrattuale ha
un suo fondamento non in concetti astratti, ma in valori e princípi costituzionali presenti
nell'ordinamento e, dunque, operanti in quel negozio (ad esempio, un negozio trova i suoi
referenti negli artt. 2, 3 e 18 cost., un negozio fanilaire negli artt. 2, 29 e 30 cost. e così via
per ogni singolo contratto). Né si può ancora insistere nel configurare un'autonomia
negoziale quale mera autoregolamentazione, preso atto che codesta non è mai realizzata,
neppure nelle epoche di maggior liberismo. L'autonomia negoziale è sempre sintesi di
autoregolamentazione ed eteroregolamentazione, a suggello di una sua meritevolezza
immanente non in astratto, ma in relazione a valori e princípi presenti in un ordinamento
sociale di diritto». Ed in questa prospettiva si ritiene debbano essere interpretate anche
alcune disposizioni presenti nel codice civile (in particolare l'art. 1339 c.c., che prevede
l’inserzione automatica di clausole nei contratti; l’art. 1419, comma 2, c.c., il quale stabilisce
che la nullità di una clausola non importa la nullità del contratto se la clausola invalida può
essere sostituita automaticamente; e gli artt. 2932 c.c. e 2597 c.c., che stabiliscono specifici
obblighi legali a contrarre), le quali appaiono «armonizzabili con i princípi costituzionali:
esse non sono lo strumento per attuare una maggiore produttività, favorendo lo
sfruttamento di alcuni a favore di altri, ma possono servire a superare la diseguaglianza di
fatto, a creare i presupposti per una parità di trattamento (artt. 3, comma 2, e 41, commi 2 e
3, cost.)» (ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 334 ss.).
99
99
commerciale posta in essere, sia sotto il profilo normativo che
economico265. Si impone, in altri termini, l’esigenza di garantire la
c.d. giustizia contrattuale266 la quale porta con sé l’affermarsi di una
particolare concezione del «mercato», inteso come «statuto
normativo»267, ossia come un insieme di regole giuridiche le quali
sono chiamate a disciplinare l'esercizio della libertà d'iniziativa
economica privata alla luce dei valori personalistici e solidaristici, che
assurgono a princípi fondamentali dell'ordinamento ai sensi degli
artt. 2 e 3 cost.268.
265
Sulla possibilità di estendere il controllo anche sull’equilibrio economico del contratto,
F. PROSPERI, Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del
contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999,
p. 647 s.; V. RIZZO, Trasparenza e contratti del «consumatore» (La novella al codice civile),
cit., p. 106 ss.; F. RIZZO, o.u.c. , p. 104 ss.
266
In proposito v., ampiamente, F. GALGANO, Squilibrio contrattuale e mala fede del
contraente forte, in Contr. impr., 1997, p. 417; A. BARBA, Libertà e giustizia contrattuale, in
Studi in onore di P. Rescigno, III, Milano, 1998, p. 11 ss.; R. ALESSI, Diritto europeo dei
contratti e regole dello scambio, in Eur. dir. priv., 2000, p. 961; S. PAGLIANTINI, Tutela del
consumatore e congruità dello scambio: il c.d. diritto all'equità nei rapporti contrattuali, in
A. BARBA (a cura di), La disicplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, Napoli, 2000, p.
295; F. D. BUSNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, in Riv. dir. civ., 2001, I, p. 537 ss.;
U. BRECCIA, Prospettive del diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 194 ss.; L.
FERRONI (a cura di), Autonomia privata ed equilibrio tra le prestazioni, Napoli, 2002; E. M.
PIERAZZI, La giustizia del contratto, in Contr. impr., 2005, p. 647 ss.; F. GALGANO, Libertà
contrattuale e giustizia del contratto, in Contr. impr./Eur., 2005, p. 509 ss.; E. NAVARRETTA,
Causa e giustizia contrattuale a confronto: prospettive di riforma, in Il diritto delle
obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, cit., p. 411 ss.
267
In questo senso N. IRTI, Teoria generale del diritto e problema del mercato, in Riv.
dir. civ., 1999, I, p. 21 s., per il quale la parola «mercato» «non designa più un “dove”
terrestre, tratto di superficie percepibile con i sensi, ma l'unità funzionale degli scambi di un
dato tipo o di un dato bene. Tale unità può dirsi veramente costituita quando corrisponde a
un diritto dello spazio economico»; ID., L’ordine giuridico del mercato, cit., p. 10, ove viene
affermato che «il mercato , in quanto ordine degli scambi, ha bisogno di norme ordinatrici; e
che ogni mercato è quale viene designato dal suo proprio statuto giuridico. Non già mani
invisibili, ma la piena e ferma visibilità di regole giuridiche».
268
V. P. PERLINGIERI, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, p. 103
ss.; V. SCALISI, La teoria del negozio giuridico a cento anni dal BGB, in I cento anni del
codice civile tedesco in Germania e nella cultura giuridica italiana, Atti del Convegno di
Ferrara 26-28 settembre 1996, Padova, 2002, p. 207 s. il quale afferma che «non il mercato
ma la persona è il valore di vertice e di centro del nostro diritto positivo. In quanto
espressione di una logica economicistica e patrimonialistica, il mercato resta e deve restare
in posizione sottordinata e servente rispetto alla persona e ai suoi valori esistenziali. Non
fondamento dunque né fine del sistema, ma semplice strumento al servizio dell’uomo,
D’altra parte se –come è stato opportunamento precisato- il mercato non è locus naturalis,
bensì artificialis, ossia costituito e governato dal diritto, lo stesso non può che essere retto da
regole e princípi aventi come obiettivo primario la tutela della persona e dei suoi diritti
fondamentali. Anche nell’epoca quindi di massima esaltazione del mercato, il criterio giuda e
il valore forte del sistema rimane la persona». V. anche G. BENEDETTI, Tutela del
consumatore e autonomia contrattuale, cit., p. 806, per il quale «il contratto rimane un
valore primario dell'ordinamento dei privati. Esso va iscritto alla persona, quale espressione
significativa dell'autonomia riconosciuta nell'area patrimoniale dell'ordine giuridico. Tale
autonomia è situazione giuridica soggettiva istituzionale, costituzionalmente protetta (art. 41
100
5. Ciò posto, appare evidente come il consumatore nella sua
veste di destinatario di una normativa di protezione, che opera per
garantire l’attuazione di princìpi costituzionali, rappresenti una
figura che va presa in considerazione ed analizzata non in senso
meramente formale, ma assegnadole un più ampio significato
sostanziale.
Così, al di là dei limiti soggettivi stabiliti dal legislatore e
confermati dalla stessa giurisprudenza, appare opportuno superare la
settorialità dell’intervento legislativo sul presupposto che, come
autorevolmente prospettato, protagonista di ogni rapporto «è, e
resta, l’uomo e non già ridotto a consumatore o produttore»269.
D’altra parte tale impostazione trova una sicura conferma nel
fatto che la stessa normativa non si limita a regolare le vicende
giuridiche del soggetto-consumatore che agisce come contraente, ma
predispone anche una complessa e variegata regolamentazione che
coinvolge molteplici ed ulteriori aspetti che prescindono dal
compimento di una operazione contrattuale270. Numerose sono,
infatti, le disposizioni che tutelano il consumatore non soltanto come
protagonista del mercato, ma in quanto persona e cittadino271. Il
cost.; ma anche artt. 2, 3). In altri termini, la libertà caratterizza lo statuto costituzionale
della persona, è anche libertà economica, la quale assume il nome tecnico di autonomia
privata (art. 1322 c.c.)».
269
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 510.
270
A. GENTILI, Codice del consumo ed esprit de géométrie, cit., p. 163, secondo il quale la
definizione prevista dal codice del consumo «va bene se si resta nell’ottica dell’efficienza e
della debolezza nel ruolo contrattuale. Nell’ottica della giustizia e della debolezza del ruolo
sociale ce ne vorrebbe un’altra, che finalmente cogliesse gli unici tratti che giustificherebbero
la correzione degli equilibri economici. Tratti che vanno al di là dell’economico: non si può
correggere il mercato (la regola del libero incontro della domanda con l’offerta) in nome del
mercato».
271
P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore tra personalismo e solidarismo, cit., p. 99,
secondo il quale è necessaria «una forte diversificazione tra i diversi settori di consumo.
Certamente non assumono la medesima rilevanza il diritto all’informazione, alla formazione,
all’istruzione, dunque il diritto alla scuola ed allo studio, ed il diritto alle vacanze o
all’acquisto del giocattolo, esigenza quest’ultima sicuramente importante per la realizzazione
dello sviluppo della personalità ma che non assume un carattere di essenzialità tale da dover
essere garantita a tutti»; N. REICH, Il consumatore come cittadino – Il cittadino come
consumatore: riflessioni sull’attuale stato della teoria del diritto dei consumatori
nell’Unione europea, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II, p. 345 ss.; G. ALPA, Nuove
prospettive della protezione dei consumatori, ivi, 2005, II, p. 105; ID., Art. 1, Finalità ed
oggetto, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo. Commentario, cit., p.
101
riferimento è in particolare alla normativa sulla «sicurezza e qualità»
dei prodotti -contenuta nella Parte IV del codice del consumo 272 ed in
altri provvedimenti comunitari273- che mira ad assicurare al
consumatore una tutela di fronte a danni cagionati da prodotti
difettosi, sia sotto il profilo preventivo che sotto quello risarcitorio274.
Ed è evidente come, in queste ipotesi, il diritto del consumatore alla
sicurezza dei prodotti si inserisca nell’àmbito piú generale delle
problematiche connesse alla tutela della salute, intesa quale aspetto
intimamente ricollegabile al sano e libero sviluppo della persona
umana275. Cosí, indipendentemente dall’espressa qualificazione
operata dall’art. 2, comma 2, c. cons. del diritto «alla tutela della
salute» (lett. a) e «alla sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi»
(lett. b) quali diritti «fondamentali»276 del consumatore, tale
23, secondo il quale, dall’analisi delle fonti comunitarie, «nella graduatoria dei diritti e degli
interessi si conferma la distinzione fra diritti che attengono alla persona ed interessi
economici che attengono al consumatore».
272
All’interno della quale sono confluite, dall’art. 102 all’art. 113, le disposizioni sulla
sicurezza generale dei prodotti di cui al d.lg. n. 172 del 2004 e, dall’art. 114 all’art. 127, quelle
sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi previste dal d.P.R. n. 224 del 1988. Per
un commento, da ult., E. BELLISARIO, Art. 102 – 127, in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di),
Codice del consumo. Commentario, cit., p. 673 ss.; V. CAVALLO, Art. 102 -113, in Codice del
consumo, a cura di V. Cuffaro, cit., p. 392 ss.; V. CARFÌ, Art. 114 -127, ivi, p. 416 ss.; F. BUSONI,
Art. 102 – 127, in G. VETTORI (a cura di), Codice del consumo. Commentario, cit., p. 793 ss.; L.
MEZZASOMA, Codice del consumo e prodotti difettosi, in A. PALAZZO e A. SASSI (a cura di), Diritto
privato del mercato, Perugia, 2007, p. 219 ss.
273
Vengono, in particolare, in considerazione i numerosi provvedimenti adottati nel
settore agroalimentare, su cui da ult., A. MAZZITELLI, Il principio di precauzione:
inquadramento normativo, natura e limiti alla luce della giurisprudenza comunitaria, in P.
PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di), Il diritto dei consumi, II, cit., p. 157 ss.; M. PANDOLFI,
Sicurezza alimentare e sviluppo. Il principio di precauzione nella sentenza del Tribunale di
primo grado dell’Unione Europea 18 settembre 2002, causa t-13/99, in P. PERLINGIERI e E.
CATERINI (a cura di), Il diritto dei consumi, III, cit., p. 495 ss.
274
In arg., da ult., per tutti, L. MEZZASOMA, o.c., p. 220 ss.
275
P. PERLINGIERI, Il diritto alla salute quale diritto della personalità, in ID., La persona e
i suoi diritti. Problemi del diritto civile, Napoli, 2005, 104 ss. A livello comunitario il
principio generale di sicurezza dei prodotti e dei servizi viene affermato per «favorire la
fiducia dei consumatori nel mercato ed è finalizzato al miglioramento della qualità di vita»
dei cittadini dell’Unione (cosí, la Comunicazione della Commissione relativa strategia
comune per la politica della salute e dei consumatori 2007-2013, Migliorare la salute, la
sicurezza e la fiducia dei cittadini: una strategia in materia di salute e di tutela dei
consumatori).
276
Per un commento all’art. 2 c. cons. v., per tutti, G. ALPA, Art. 2, Diritti dei consumatori,
in G. ALPA e L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo. Commentario, cit., p. 31 ss.; P.
PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 512 ss., il quale con
riferimento ai diritti fondamentali del consumatore attribuitigli dall’art. 2 c. cons., tra i quali
è menzionato il diritto alla salute, evidenzia come «ad un’attenta analisi si tratta, in realtà, di
un’unitile ripetizione di quanto previsto espressamente nella nostra Costituzione».
102
normativa trova diretto fondamento nell’art. 2 cost. che, quale
clausola generale di tutela della persona, offre protezione a tutti gli
interessi ed a tutti gli atteggiamenti soggettivi in cui essa può
realizzarsi277. Nel contempo, è possibile mettere in luce come altre
disposizioni costituzionali assumano peculiare rilevanza in questo
àmbito: l’art. 32 applicato alla persona nella sua veste di consumatore
si sostanzia nell’esigenza di prevenire i rischi connessi alla
produzione
ed
alla
commercializzazione
dei
prodotti,
di
salvaguardare le garanzie igienico-sanitarie nei processi produttivi e
di effettuare controlli preventivi circa la pericolosità e nocività delle
sostanze inquinanti278; l’art. 44, poi, nella parte in cui dispone che lo
sfruttamento del suolo deve avvenire in modo «razionale», va
interpretato come una norma che fissa l'obiettivo non della
massimizzazione della produzione, ma della sostenibilità dei modi di
coltivazione, i quali dovranno, pertanto, svolgersi nel rispetto
dell'ecosistema, garantendo la rinnovabiltà delle risorse e la
conservazione del patrimonio genetico279.
Sotto altro profilo, sempre in un'ottica di tutela dei diritti della
persona umana, costituzionalmente garantiti, possono essere lette
anche
le
disposizioni
stabilite
a
garanzia
del
consumatore
«acquirente di immobili da costruire» (d.lg. n. 122 del 2005)
277
280
. Qui,
P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 514.
In questa prospettiva P. PERLINGIERI e P. PISACANE, Art. 32, in P. PERLINGIERI, Commento
alla Costituzione, 2ª ed., Napoli, 2001, p. 204, ove viene evidenziato che il diritto alla salute
tutelato dall'art. 32 cost. va inteso come interesse della collettività e, soprattutto, come
fondamentale diritto dell’individuo, nei rapporti intersoggettivi; in questa prospettiva esso
diviene «paramento della liceità e della illiceità dei comportamenti e della meritevolezza
dell’attività in senso lato dell’uomo».
279
A. GERMANÒ, Biotecnologie in agricoltura, in Dig. IV ed., Sez. civ., Aggiornamento, II,
2, Torino, 2003, p. 194, il quale, con specifico riferimento alle problematiche legate alla
produzione ed al consumo di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati,
riconosce che “con la disciplina di utilizzazione delle piante transgeniche, l’Unione europea
non si limita a dettare regole uniformi per garantire la libertà di concorrenza fra le imprese,
ma si preoccupa di prendere in adeguata considerazione le compatibilità ambientali e sociali
dello sviluppo economico, cioè di far coesistere economia ed ecologia e di rendere il
territorio non solo produttivo, ma anche sano e vivibile”; F. MAZZASETTE, La tutela del
consumatore di prodotti agricoli e la sua incidenza sulle imprese produttrici, in Rass. giur.
umbra, 2006, p. 559 ss.
280
Per questa impostazione v., ampiamente, L. MEZZASOMA, Il «consumatore» acquirente
di immobili da costruire fra diritto al risparmio e diritto all’abitazione, cit., passim.
278
103
infatti, il legislatore ha predisposto una pluralità di meccanismi di
tutela per l’acquirente i quali divengono particolarmente incisivi nel
caso in cui l'immobile da costruire acquistato viene destinato ad
abitazione principale propria e/o dei propri familiari (parente entro il
primo grado). Ed in particolare, in questa ipotesi, il Decreto del 2005
regola, accanto alla garanzia fideiussoria ed assicurativa di cui agli
artt. 2, 3 e 4281, il diritto di prelazione dell'acquirente nel caso di
vendita forzata dell'immobile (art. 9)282 e l'esenzione dall'esercizio
dell'azione revocatoria (art. 10)283; previsioni che trovano fondamento
nella necessità di tutelare il diritto alla proprietà dell'abitazione, il
diritto all'abitazione ed il diritto al risparmio, riconosciuti dall’art. 47,
commi 1 e 2, cost.284 il quale si colloca tra le disposizioni
costituzionali, in cui la disciplina dei rapporti economici risulta
preordinata alla tutela della dignità della persona ed alla concreta ed
effettiva realizzazione della sua personalità285.
6. Tutte queste considerazioni sembrano offrire all'interprete
una decisiva chiave di lettura per valutare il ruolo svolto dalla
disciplina dei contratti dei consumatori nell'ordinamento giuridico; e,
più in particolare, si tratta di analizzare il rapporto in cui essa si pone
rispetto ad altre normative che regolano specifici settori, nonché
281
L. MEZZASOMA, o.u.c., p. 216 ss., il quale sottolinea che «alle ipotesi rimediali connesse,
principalemte all'esigenza di assicurare il recupero delle somme anticipate per l'acquisto di
un bene di cui, poi, non si è divenuti proprietari, se ne affiancano così altre dettate
dall'esigenza di di far sì che l'acquirente entri nella materiale disponibilità dell'immobile che
aveva scelto al fine di adibirlo ad abitazione propria e della propria famiglia».
282
L. MEZZASOMA, Art. 9. Diritto di prelazione, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del
consumo e norme collegate, cit., p. 1135 ss.
283
L. MEZZASOMA, Art. 10. Esenzioni e limiti alla esperibilità dell'azione revocatoria
fallimentare, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p. 1141 ss.
284
L. MEZZASOMA, Il «consumatore» acquirente di immobili da costruire fra diritto al
risparmio e diritto all’abitazione, cit., p. 63 s., il quale richiama anche l'art. 45 cost. che
svolge un «riconoscimento della funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità
e senza fini di speculazione privata o lucrativa»; ed il riferimento a tale disposizione appare
opportuno sul rilievo che «frequentemente l'acquisto della prima casa avviene attraverso la
partecipazione ad una cooperativa edilizia – formazione sociale, incentivata con specifici
interventi dello Stato, che costiuisce il tramite per lo sviluppo della persona umana, ex art. 2
cost. -».
285
Così P ERLINGIERI e M ARINARO , art. 47, in P. PERLINGIERI, Commento alla Costituzione,
cit., p. 327.
104
rispetto al c.d. diritto «comune» del contratto.
Tra le varie soluzioni che sono state proposte per rispondere a
tale
interrogativo,
particolarmente
significativa
risulta
quell’impostazione dottrinale che opera una netta differenziazione tra
la disciplina dei «contratti dei consumatori» e quella dei «contratti
d’impresa», i quali vengono così a configurarsi come due «categorie»
contrapposte286, sul modello dell’antica distinzione tra contratti civili
e contratti commerciali287. Ad esse verrebbe, poi, ad aggiungersi
un’altra categoria contrattuale, ossia quella del «terzo contratto» che,
collocandosi in una sorta di «terra di mezzo» e di «area grigia»288 tra
i contratti dei consumatori ed i contratti d’impresa, sembra destinata
ad abbracciare tutte quelle fattispecie che non rientrano nell’una e
nell’altra categoria.
Questa tesi particolarmente seguita in dottrina presenta, tuttavia,
taluni profili che non appaiono condivisibili. Ed in questo senso il
primo aspetto che si presta ad essere criticato è la proposta di una
classificazione delle varie fattispecie contrattuali in «categorie»289,
286
Per questa contrapposizione particolarmente significativo appare il contributo di V.
ZENO ZENCOVICH, Il diritto europeo dei contratti (verso una distinzione fra «contratti
commerciali» e «contratti dei consumatori», in Giur. it., 1993, IV, c. 69 ss. V. anche G.
MONATERI, Ripensare il contratto: verso una visione antagonistica del contratto, in Riv. dir.
civ., 2003, I, p. 409 ss., il quale considera i contratti d’impresa ed i contratti tra impresa e
consumatori come due modelli contrattuali alternativi. D. DI SABATO, Contratti dei
consumatori e contratti d’impresa, in Riv. trim., 1995, p. 657 ss.; V. BUONOCORE, Contratti del
consumatore e contratti d’impresa, in Riv. dir. civ., 1995, I, p. 1 ss.
287
V. G. ALPA, I contratti d’impresa. I regolamenti e gli usi normativi, in Vita not., 2004,
p. 1319 ss., il quale osserva come con l’unificazione del codice civile e del codice di
commercio si sia voluto evitare la duplicazione della disciplina fondata sullo status delle
parti (i c.d. contratti civili distinti dai contratti commerciali che erano tali anche ex uno
latere.
288
Queste espressioni sono utilizzate da R. PARDOLESI, Prefazione, in G. COLANGELO, L’abuso
di dipendenza economica tra disicplina della concorrenza e diritto dei contratti, Torino,
2004, p. XIII, per il quale «fuor di metafora, sid eve convenire che, fra le situazioni in cui gli
oepratori corrono rischi consapevoli e quelle in cui lo herd behaviour dei consumatori
invoca correttivi nel segno di norme imperative di sostegno, si stende un’ampia fascia di
rapporti – B2B fra operatori non sofosticati, C2C e quant’altro- che non si lasciano
ricondurre ai modelli estremi».
289
Per un approfondimento della disciplina dei contratti d’impresa v., per tutti. V.
BUONOCORE, Contrattazione d’impresa e nuove categorie contrattuali, Milano, 2000; G. CAPO,
Impresa e formazione del contratto, Milano 2001; L. SAMBUCHI, Il contratto dell’impresa,
Milano, 2002; A. FALZEA, Il diritto europeo dei contratti d’impresa, in Riv. dir. civ., 2005, I,
p. 1 ss.; G. GITTI, L'oggetto del contratto e le fonti di determinazione dell'oggetto dei
contratti di impresa, in Riv. dir. civ., 2005, I, p. 489 ss.
105
costruite utilizzando un criterio, quello soggettivo relativo alla
qualifica delle parti contrenti, che, come è stato in precedenza già
evidenziato, non consente di giungere a delle soluzioni univoche e
convincenti.
Molteplici sono, infatti, le ragioni che, in concreto, portano ad
ammettere la possibilità che anche un soggetto che non presenta i
requisiti fissati nella definzione legislativa di consumatore possa
trovarsi in quella situazione di debolezza che proprio la normativa
consumeristica intende proteggere, attraverso la predisposizione di
strumenti di tutela che consentono di garantire l’equilibrio
contrattuale. Così, risulta che la normativa c.d. «di settore»,
concretamente, potrebbe essere chiamata ad operare in tutte quelle
ipotesi in cui, al momento della contrattazione, ricorre una
condizione di c.d. «asimmetria» –informativa e/o economica- tra le
parti, ovvero quando viene predisposta una regolamentazione del
contratto «diseguale»290.
Tutto ciò rende, pertanto, inopportuno ogni tentativo volto ad
individuare la normativa applicabile ad un caso concreto mediante il
ricorso al c.d. «metodo tipologico»291, il quale consiste in
un’operazione di mera sussunzione del contratto posto in essere nella
disciplina di una determinata «categoria» di contratti (del
consumatore o d’impresa), individuata a priori tenendo conto
esclusivamente della qualità soggettiva delle parti contraenti. Questo
procedimento ermeneutico offre all’interprete una visione limitata
della realtà che non tiene conto della complessità ed unitarietà
dell’ordinamento: esso, cioé, difetta nella parte in cui esclude
l’applicabilità ad una fattispecie concreta di una serie di regole e di
principi rinvenibili nell’ordinamento in generale che, pur non
trovando espressa affermazione nella disciplina dettata per la
290
F. DI MARZIO, Verso il nuovo diritto dei contratti (note sulla contrattazione diseguale),
in Riv. dir. priv., 2002, p. 723 ss.
291
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., pp. 342 ss. e 366 ss.
106
«categoria»
di
appartenenza,
devono
comunque
considerarsi
applicabili perché garantiscono una tutela al contraente292.
Muovendo da questa prospettiva, si evidenzia la scarsa utilità
di una classificazione dei contratti in «categorie» per la loro
relatività; diversamente risulta conveniente aderire a quella
impostazione, autorevolmente prospettata, che si incentra sulla
«funzionalizzazione dei concetti, ma ancor più nel controllo di
meritevolezza delle stesse funzioni dei singoli istituti sì che queste
possano risultare rispondenti ai valori dell’ordinamento giuridico»293.
Ed in questa prospettiva è opportuno «ricostruire la nozione di parte
del contratto non in termini generali ed astratti, ma sottolineando le
peculiarità di fatto e di diritto, soggettive ed oggettive, che in concreto
caratterizzano “quel” contraente, senza giungere a creare categorie
contrattuali che abbiano fondamento in tali peculiarità»294.
Così, allo scopo di individuare la disciplina applicabile al caso
concreto, occorre porre al centro dell’indagine il singolo atto di
autonomia privata ed apprezzarne la meritevolezza degli interessi
perseguiti295. In altri termini, occorre evitare di procedere ad
292
P. PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2001, p. 568, secondo
il quale «la prospettiva tipologica dei contratti o, se si vuole, il tentativo di incasellare i
contratti in tipi va intesa come parziale, relativa e provvisoria sistemazione di una
diversificata varietà di fenomeni assai ampi e variegati rinvenibili nella realtà. Così il tipo
potrebbe rappresentare, al di là delle intenzioni di chi in esso confida, un ostacolo
concettuale per l’individuazione della normativa da applicare al concreto contratto mediante
una corretta ermeneutica integrativa che abbia ad oggetto la norma ed il contratto,
l’ordinamento giuridico ed il singolo atto di iniziativa economica»; ID., Equlibrio normativo
e principio di proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, p. 334 ss.; ID., In tema
di tipicità ed atipicità nei contratti, in ID., Il diritto dei contratti fra persona e mercato,
Napoli, 2003, p. 391 ss.
293
Così P. PERLINGIERI, Scuole civilistiche e dibattito ideologico: introduzione allo studio
del diritto privato in Italia, (1978), in ID., Scuole tendenze e metodi. Problemi del diritto
civile, Napoli, 1989, p. 89, per il quale «gli atti e l’attività, siano essi espressione di c.d.
autonomia negoziale, siano essi espressioni di poteri cc.dd. materiali di disposizione e di
godimento, non poranno più trovare giustificazione semplicemente nell’autonomia privata
come volore. Indispensabile piuttosto si rileva il riesame della nozione alla luce del giudizio
di meritevolezza dei singoli atti e dell’attività complessiva posti in essere sì da dedurre la loro
vincolatività giuridica e da individuare, tenendo conto del ruolo dei soggetti concreti,
l’oggetto, l’ambiente storico-sociale, la gerarchia degli interessi e dei valori, la sfera
consentita di effettiva autoregolamentazione»; ID., Prassi, principio di legalità e scuole
civilistiche, ivi, p. 957 ss.
294
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 352.
295
In questa prospettiva, per un’analisi dell’incidenza del diritto comunitario
sull’autonomia contrattuale, v., per tutti, E. CAPOBIANCO, Diritto comunitario e trasformazioni
107
un’interpretazione
del
singolo
contratto
che
si
risolva
nel
meccanismo della sussunzione del fatto concreto alla fattispecie
astratta296 e svolgere, invece, una valutazione che tenga conto delle
concrete caratteristiche del singolo rapporto, quali l’oggetto, il
soggetto coinvolto e le condizioni ambientali in presenza delle quali si
conclude l’affare297.
D’altra parte, in un ordinamento complesso come il nostro298
l’interpretazione e la qualificazione di un fatto si configurano come
un procedimento unitario volto all’individuazione della disciplina
«che l’ordinamento globalmente considerato dà all’esigenza di tutela
che il fatto manifesta, esigenza portatrice di una sua specifica
irripetibilità»299.
Accogliendo
questa
impostazione
che
concepisce
l'interpretazione come individuazione della norma più adeguata al
caso concreto300, si ricava che l'applicazione della normativa ai vari
contratti non può essere fatta dipendere dalla loro appartenenza
all'una o all'altra categoria, bensì dalle peculiarità, di fatto e di diritto,
che presenta l’operazione economica.
Di conseguenza, si può affermare che norme che in prima
battuta sembrano proprie del diritto dei consumatori possono ben
del contratto, Napoli, 2003; P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p.
329 ss.
296
Contro tale metodologia ermeneutica P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità
costituzionale, cit., p. 618 s.
297
V. RIZZO, Interpretazione dei contratti e relatività delle sue regole, Napoli, 1985, p.
159 secondo il quale l’ermeneutica contrattuale deve essere governata da «un principio che
tiene conto della relatività delle situazioni: si può cosí tener presente il carattere unilaterale,
bilaterale, plurilaterale del contratto, il suo carattere oneroso, gratuito o di liberalità, il suo
carattere formale o no; si può tener conto se si tratta di contratto attinente al diritto di
famiglia, di contratto individuale di lavoro, di contratto collettivo di lavoro, di contratto di
società, di contratto agrario, di contratto della pubblica amministrazione, di contratto di
diritto internazionale privato, di contratto concluso sulla base di condizioni generali; si può
altresí tener presente se esso è collegato con un precedente contratto normativo o contratto
tipo ecc.».
298
In questi termini P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 159
ss.
299
Cosí, P. PERLINGIERI e P. FEMIA, Nozioni introduttive e princípi fondamentali del diritto
civile, cit., p. 177; ed in questo senso, piú in generale, V. RIZZO, o.u.c., p. 58 ss.; P. PERLINGIERI,
Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 612 ss.
300
V. RIZZO, o.u.c., pp. 102, 132 ss.; P. PERLINGIERI, o.u.c., p. 563 ss. e p. 597 ss.; P.
PERLINGIERI e P. FEMIA, o.c., p. 99.
108
venire applicate a contratti d'impresa, e viceversa: ciò che rileva sono
le esigenze di tutela espresse dalla fattispecie concreta e le
caratteristiche
dell’operazione
contrattuale
concretamente
realizzata301. Potrà assumere la veste di consumatore, inteso quale
soggetto tutelato dalla specifica normativa di settore, chiunque a
prescindere dalle qualità personali da esso rivestite302, non trovando
giustificazione limitazioni o esclusioni all’estensione dell’operatività
degli strumenti di protezione in essa previsti anche ai contratti
stipulati da imprenditori303.
301
In questa prospettiva v. G. PERLINGIERI, Venticinque anni della Rassegna di diritto
civile e la «polemica sui concetti giuridici». Crisi e ridefinizione delle categorie, in P.
PERLINGIERI, Temi e problemi della civilistica contemporanea, Napoli, 2005, p. 556 s., il quale
mette in luce l’utilità di aderire ad un procedimento ermeneutico in cui «le norme e i concetti
prescindono da una collocazione topografica e favorita, dove possibile, è l’utilizzazione di
categorie uniche relative, o, in alternativa, di categorie differenti e adeguate alla diversità
della situazione […] Una metodologia che dà centralità al rapporto, nel suo essere e nel suo
divenire, una “canonica” orientata ad individuare l’ordinamento del caso concreto, costituito
da categorie e concetti relativi, interdisciplinari e che contestualmente possono trovare
applicazione. Un insieme di discipline particolari si elava a sistema di princìpi comuni, crea
concetti comuni suscettibili, talora, di essere utilizzati in fattispecie diverse, purché sia
garantita “l’omogeneità della sfera di applicazione, senza distorsioni e disinvolti passaggi”
[…] Una prospettiva fautrice della normatività e della legalità, tesa ad evitare, sia le
ingiustificate separazioni delle discipline e dei concetti, sia la loro immutabile storicità, sia
contaminazioni e trasposizioni ambigue, nemiche della chiarezza e della rigorosità dei
metodi, dei ragionamenti e dei risultati».
302
In tal senso, con differenti argomentazioni v. P. SIRENA, Il codice civile e il diritto dei
consumatori, cit., p. 281, secondo il quale «il diritto dei consumatori deve essere inteso non
come una rottura interna al sistema, ma come una modernizzazione del diritto generale dei
contratti»; S. PATTI, Sulla riforma del libro quarto del codice civile: i contratti per adesione,
in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, cit., p. 209 ss., il quale
soffermandosi in particolare sulla riforma del BGB del 2002 evidenzia come con essa «si
cerchi una nuova Gesetzsrationalität che abbandoni la vecchia logica del codice ottocentesco
e accetti un’idea diversa, quella secondo cui l’autonomia privata non deve mai servire come
strumento di abuso, poiché non ci si può fermare a un concetto di eguaglianza di tutti i
cittadini e di tutti i contraenti che non risponde alla realtà del mercato. Di conseguenza
occorre affermare un’autonomia privata, forse piú limitata, ma certo piú efficace, che non
consenta l’abuso e garantisca contratti equilibrati a tutti i cittadini e anche alle imprese
deboli»; G. VETTORI, Art. 1- Finalità ed oggetto, in ID. (a cura di), Codice del consumo.
Commentario, cit., p. 13, che sottolinea come, con le leggi di attuazione delle direttive, prima
ed il Codice del consumo, poi, si sia realizzato «l’ampliamento dello stesso orizzonte
ermeneutico», tendendo conto che «non è la prospettiva del soggetto che orienta ma
l’oggettività della regolazione di una serie di rapporti diseguali».
303
V. ROPPO, Contratti di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con
asimmetria di potere: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, cit., p. 658 s., secondo il
quale il dato unificante dei contratti «è l’elemento che una volta si sarebbe definito come
“debolezza” di una parte rispetto all’altra, e che in linguaggio moderno può oggi denominarsi
come asimmetria di potere contrattuale. C’è asimmetria di potere fra consumatori e
professionisti, ma non solo: anche relazioni non riconducibili a tale coppia –come quelle fra
subfornitori e committenti, fra agenti e proponenti, fra banche e clienti, fra intermediari
finanziari e investitori, fra conduttori e locatori- contrappongono una parte dotata di
superiore potere contrattuale a una parte con potere contrattuale inferiore. E in ragione di
tale asimmetria –ovunque si manifesti- il legislatore introduce, a protezione della parte che
109
Tra
le
varie
ipotesi,
quest’ultima
possibilità
appare
sicuramente realizzabile con riferimento alla disciplina delle clausole
vessatorie304, ove la situazione di debolezza del contraenteconsumatore viene descritta in termini «significativo squilibrio» dei
diritti e degli obblighi contrattuali: circostanza questa che, tuttavia,
come è agevole dimostrare, non è prerogativa esclusiva dei contratti
dei consumatori.
D’altra parte non può essere trascurato di considerare che
proprio tra le disposizioni inerenti le clausole vessatorie, vi è una
norma, l'art. 36, comma 4, c. cons., che espressamente si preoccupa
di garantire protezione ad un professionista debole, ossia a quel
soggetto che, utilizzando un’immagine proposta da autorevole
dottrina, viene a coincidere con il commerciante al dettaglio «preso
in una “tenaglia”», poiché su di esso il produttore può scaricare costi
oneri, rischi responsabilità, che egli a sua volta non può trasferire sul
consumatore, essendo tenuto a garantire nei suoi confronti gli
standards di protezione imposti dalla normativa di protezione305. E
per ovviare a questa situazione viene attribuito al venditore il «diritto
di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in
conseguenza della declaratoria di nullità delle clausole dichiarate
la patisce, quelle regole che si sono indicate come costitutive del nuovo paradigma
contrattuale». Nello stesso senso, nella letteratura straniera, v. le argomentazioni di G.
TEPEDINO, As Relações de Consumo e a Nova Teoria Contratual, in ID., Temas de direito civil,
Rio de Janeiro, 1999, p. 199 ss. e spec. p. 212 s.
304
L. GATT., sub Art. 1469-bis, comma 2°, cit., p. 835 ss.; V. RIZZO, sub Art. 1469-quater.
Forma e interpretazione, in C. M. BIANCA, F. D. BUSNELLI, L. BIGLIAZZI GERI, F. BOCCHINI, M.
COSTANZA, G. JUDICA, M. NUZZO, V. RIZZO, M. SESTA e G. VETTORI (a cura di), Commentario al
capo XIV-bis: dei contratti del consumatore, cit., p. 1184 il quale, con specifico riferimento
al principio di trasparenza, sottolinea che si tratta di un principio che «potrebbe manifestare
una sua vis espansiva per affermarsi anche in altri settori soprattutto attraverso una
interpretazione sistematica con altre disposizioni presenti sia nello stesso codice sia in altre
legislazioni speciali»; ID., Trasparenza dei contratti, cit., p. 33; P. PERLINGIERI, Il diritto civile
nella legalità costituzionale, cit., p. 353. E. MINERVINI, I contratti dei consumatori, cit., p. 521,
il quale considera che «la scelta di limitare il campo di intervento ai rapporti tra
professionisti e consumatori non sembra giustificata, dato che, a differenza di altri settori
presi in considerazione nell'ambito della politica di protezione del consumatore (ad esempio,
contratti fuori dai locali commerciali, contratti a distanza), quello delle clausole abusive non
può certamente dirsi esclusivo del mercato dei beni o dei servizi di consumo, riguardando in
egual misura anche il mercato dei beni e dei servizi destinati alla produzione».
305
Così V. RIZZO, Le clausole «abusive»: realtà e prospettive. La direttiva CEE del 5
aprile 1993, in Rass. dir. civ., 1993, p. 588 s.
110
abusive»306; ed, al di là delle imprecisioni terminologiche in cui
sembra essere incorso il legislatore307, questa previsione mostra di
perseguire l'obiettivo di tutela dei «c.d. anelli terminali della catena
distributiva308.
In
questa
prospettiva,
vanno,
poi,
richiamate
diverse
normative predisposte dal legislatore comunitario, prima, e da quello
nazionale, poi, che nel regolare i c.dd. «mercati intermedi», ossia
quelle relazioni contrattuali che vedono come protagonisti le piccole e
medie imprese ed i liberi professionisti, si preoccupano di proteggere
il contraente nell’ipotesi in cui questi accetti «condizioni sperequate
che sono già di per sé, se non sicura prova, serio indizio di debolezza
contrattuale»309.
Si tratta, più specificamente, di discipline che trovano il
proprio «nocciolo duro» nei principi di proporzionalità, adeguatezza
e
ragionevolezza
che
devono
governare
l’intera
vicenda
contrattuale310, alla luce dei quali sembra possibile individuare un
substrato comune ai concetti: di «significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi», al quale fa riferimento l’art. 33 c. cons. per i contratti
dei consumatori; di «abuso di posizione dominante» richiamato dalla
legge antitrust del 10 ottobre 1990, n. 287311; di «sproporzione tra le
306
Allo stesso modo v. l'art. 131 c. cons.
Per tali rilievi v. per tutti, A. BARENGHI, Art. 36. Nullità di protezione, in V. CUFFARO (a
cura di), Codice del consumo e norme collegate, cit., p. 230; E. MINERVINI, I contratti dei
consumatori, cit., p. 527, il quale considera adoperato in maniera atecnica il termine
«regresso», e sottolinea che l'uso della formula clausole «abusive» fa venir meno
l'uniformità del linguaggio adoperato nelle altre disposizioni ove, infatti, si discorre di
clausole «vessatorie». Nonostante, poi, il riferimento alle figure del «fornitore» e del
«venditore» viene anche evidenziata la necessità di applicare l'art. 36, comma 4, c. cons. non
soltanto alle ipotesi di scambio di beni, ma pure in quelle relative alle prestazioni di servizi.
308
Con riguardo alla ratio della norma E. MINERVINI, o.u.c., p. 526 ss.
309
P. PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, cit., p. 244; ID., Il diritto civile nella legalità
costituzionale, cit., p. 352.
310
Su cui si rinvia al Capitolo IV.
311
Con riguardo a questa previsione normativa va richiamata Cass., sez. un., 2 febbraio
2005, n. 2207, in Nuova giur. civ. comm., 2005, I, p. 695 (con nota di I. SABBATELLI,
“Cospirazioni anticompetitive” e interesse del consumatore) in cui si attribuisce anche al
consumatore la legittimazione ad esperire l’azione prevista dall’art. 33, n. 2, l. 287/1990
posto che «la legge antitrust non è la legge degli imprenditori soltanto, ma è la legge dei
soggetti del mercato, ovvero di chiunque vi abbia interesse, processualmente rilevante, alla
conservazione del suo carattere competitivo». Infatti, il consumatore «che è l’acquirente
finale del prodotto offerto al mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene.
307
111
prestazioni» al quale rinvia l’art. 1 della l. 7 marzo 1996, n. 108, che
ha modificato la disciplina in materia di usura; di «abuso» da parte di
una o più imprese dello «stato di dipendenza economica» nel quale si
trova un’altra impresa con «eccessivo squilibrio dei diritti ed
obblighi»312, come previsto in tema di subforntura industriale dall’art.
9 della l. 18 giugno 1998, n. 192313; di «grave iniquità» in danno del
creditore degli accordi «sulla data del pagamento», di cui all’art. 7 del
d.lg. 9 ottobre 2002, n. 231314.
Da questo quadro emerge come la «filosofia» posta a base dei
contratti dei consumatori permei la disciplina dei contratti tra
imprese ed, in special modo, i contratti tra imprese con diversa forza
contrattuale: anche rispetto ad essi s’impone, infatti, come necessario
un controllo contenutistico volto a valutare l’equilibrio e la giustizia
del regolamento contrattuale315.
Pertanto la funzione illecita di un’intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo
diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente». Sul tema si è
pronunciata anche la Corte di giustizia che, in particolare, si è occupata, in diverse occasioni,
dei profili inerenti l’azione del consumatore volta ad ottenere il risarcimento del danno
sofferto in conseguenza di una pratica anticoncorrenziale: da ult., Corte giust., 13 luglio
2006, C-295/04 e C-298/04, ivi, 2007, I, p. 631 con nota di S. MONTEMAGGI, Dalla Corte di
Giustizia nuovi spunti di riflessione per una tutela effettiva del consumatore vittima di
pratiche anticoncorrenziali.
312
V. RIZZO, Contratti dei consumatori e diritto comune dei contratti, in R. FAVALE e B.
MARUCCI, Studi in memoria di Vincenzo Ernesto Cantelmo, II, Napoli, 2003, p. 628 s., per il
quale «evidente appare l’assonanza con la definizione di clausola vessatoria», nonché la
«portata ancor più dirompente dovendosi ritenere che nell’àmbito dei rapporti tra imprese è
dato difficilmente riscontrare una disparità di posizioni presente nei rapporti tra
professionista-imprenditore e consumatore».
313
Su questa fattispecie v., per tutti, F. PROSPERI, Subfornitura industriale, abuso di
dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede
contrattuale, cit., p. 661 ss.; B. TASSONE, “Unconscionability” e abuso di dipendenza
economica, in Riv. dir. priv., 2001, p. 527 ss.; F. MACARIO, Equilibrio delle posizioni
contrattuali ed autonomia privata nella subfornitura, in L. FERRONI (a cura di), Equilibrio
delle posizioni contrattuali ed autonomia privata, Napoli, 2002, p. 131 ss.; R. NATOLI,
L’abuso di dipendenza economica. Il contratto e il mercato, Napoli, 2004.
314
F. VOLPE, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, cit., passim.; Cfr., S.
MAZZAMUTO, Note minime in tema di autonomia privata, in G. VETTORI (a cura di), Contratto e
Costituzione in Europa, cit., p. 99 ss., il quale richiama queste disposizioni sottolineando
come in esse la tutela del contraente debole sia funzionale alla tutela del mercato. Ed, infatti,
viene rilevato che «l'acquisizione di una posizione dominante da parte di un'impresa non è
contrasta se non determina ostacoli alla libera circolazione delle merci nel mercato comune,
perché il divieto non riguarda la concentrazione di ricchezza o la creazione di una maggiore
forza contrattuale da parte di alcuni soggetti imprenditoriali, quanto l'eventuale turbamento
del mercato, quindi è sanzionato l'abuso e non l'esstenza di una posizione dominante (p.
101)
315
V. RIZZO, o.u.c., p. 628 e p. 630, ove si pone l’interrogativo se questa nuova filosofia che
pervade differenti fattispecie contrattuali debba essere intesa come «indice di declino o di
112
morte ormai della figura contrattuale soffocando o conculcando le tradizionali libertà sulle
quali essa è stata plasmata?». E si propone come soluzione la considerazione che «il fluire
della storia è necessariamente costellato da “crisi” che si succedono, che un medesimo
evento può essere interpretato, a seconda dei giudizi di valore utilizzati, come sintomo di
decadenza o di progresso e che quindi, tralasciando di guardare con nostalgia al passato,
consci della storicità del diritto e della variabilità dei suoi schemi, si deve seguire la via
dell’adeguamento dei vari istituti al presente. Le recenti leggi esaminate, dunque, più che
come sintomo di declino e di morte del contratto vanno concepite come leggi importanti che
rappresentano passi audaci per adattare princìpi del XVIII secolo, fatti propri dalle grandi
codificazioni, alla società di oggi».
113
Capitolo III
I diritti dei consumatori
nell'àmbito del diritto contrattuale europeo
114
Sommario. 1. Il ruolo svolto dal «diritto dei consumi» nel processo di
costruzione del «diritto contrattuale europeo» e del «diritto privato europeo». –
2. Le iniziative delle istituzioni comunitarie. L'obiettivo del «ravvicinamento delle
legislazioni» e l’opportunità di chiarire il significato delle espressioni
«unificazione», «uniformazione» ed «armonizzazione». Dalla proposta iniziale di
redazione di un «codice civile europeo» al Common Frame of Reference. La
revisione dell’acquis communautaire e le soluzioni prospettare dal Libro verde
relativo ai consumatori. Il Draft of Common Frame of Reference. - 3. Il contributo
degli studiosi civilisti all'armonizzazione del diritto dei contratti. I Principles of
International Commercial Contracts elaborati dall’Unidroit, i Principles of
European Contract Law redatti dalla Commissione Lando, il Code Européen des
Contrats dell’Accademia dei Giusprivatisti Europei di Pavia, l'Acquis Group.
1. La rilevanza della normativa adottata in materia di tutela del
consumatore e l'opportunità di approfondire le problematiche ad
essa inerenti si può cogliere analizzando il dibattito che, oramai da
tempo, si è sviluppato intorno al processo di costruzione del «diritto
contrattuale
europeo»,
il
quale
nel
contempo
rappresenta
un'importante componente del più ampio fenomeno di formazione
del «diritto privato europeo»316, che si sostanzia nella progressiva
emersione di elementi comuni ai vari ordinamenti nazionali317.
316
Per un approfondimento sul significato da attribuire alla nozione di «diritto privato
europeo» e sugli sviluppi dello stesso, A. ZACCARIA, Il diritto privato europeo nell’epoca del
postmoderno, in Riv. dir. civ., 1997, p. 367; R. SCHULZE, Il diritto privato comune europeo, in
Rass. dir. civ., 1997, p. 610 ss.; P.-C. MÜLLER-GRAFF, Diritto privato comunitario. Realtà in
Germania e prospettive per l’Europa, ivi, 1997, p. 296 ss.; A. GAMBARO, «Jura et leges» nel
processo di codificazione del diritto privato europeo, in Eur. dir. priv., 1998, p. 905 ss.;
H.W. MICKLITZ, Prospettive di un diritto privato europeo: ius comune praeter legem?, in
Contr. impr./Eur., 1999, p. 35 ss.; N. LIPARI, Diritto privato e diritto privato europeo, in
Riv. trim., 2000, p. 7 ss.; G. ALPA e M. ANDENAS, Fondamenti del diritto privato europeo, in
Tratt. dir. priv. Iudica Zatti, Milano, 2005; G. BENACCHIO, Diritto privato della Comunità
europea. Fonti, modelli, regole, Padova, 3ª ed., 2004, p. 11 ss.; F. CAFAGGI, The Institutional
Framework of European Private Law, Oxford, 2006; S. CASTRONOVO e S. MAZZAMUTO (a cura
di), Manuale di diritto privato europeo, I, Milano, 2007, p. 4 ss.; G. ALPA, Il diritto privato
europeo: significato e confini del sintagma, in G. ALPA e G. CAPILLI (a cura di), Lezioni di
diritto privato europeo, cit., p. 3 ss.
317
Come è stato evidenziato questo fenomeno riguarda profili inerenti sia il diritto
sostanziale che il diritto processuale, così G. ALPA, Problemi e prospettive del «diritto
privato europeo», in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto privato europeo. Fonti ed effetti. Materiali
del seminario dell’8-9 novembre 2002, Milano, 2004, p. 9 s., secondo il quale «il diritto
privato comunitario è espressione che connota la veste formale –cioè gli aspetti giuridicidello “spazio economico comunitario”, sia sotto il profilo del diritto sostanziale (il c.d. spazio
giuridico europeo) sia sotto il profilo del diritto processuale (il c.d. spazio giudiziario
europeo); nel contempo si includono nell’area altri ambiti, aventi afferenza al diritto
costituzionale, ai diritti civili e, in generale, alla “cittadinanza europea”».
Tra gli interventi comunitari finalizzati all’armonizzazione delle regole inerenti
l’amministrazione della giustizia e la cooperazione giudiziaria in materia civile, i quali
trovano fondamento nell’art. 65 del Trattato della Comunità europea, si segnalano, in
particolare: il Regolamento n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la
competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile
e commerciale – c.d. «Bruxelles I»- (in G.U. L 12 del 16 gennaio 2001); il Regolamento n.
115
L'elaborazione di questo complesso normativo rappresenta il
prodotto dell’opera legislativa posta in essere dalle varie istituzioni
comunitarie, ma si configura anche come il risultato dell'attività di
studio e di approfondimento compiuta dalla scienza giuridica,
nonché delle decisioni pronunciate dalla giurisprudenza -nazionale e,
soprattutto, comunitaria318- sulle questioni inerenti la possibilità di
introdurre una disciplina uniforme dei rapporti interprivati in tutto il
territorio dell'Unione europea.
La presenza di questa varietà di «fonti» consente, secondo la
864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile
alle obbligazioni extracontrattuali - c.d. «Roma II»- (in G.U. L 199 del 31 luglio 2007); il
Regolamento n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 luglio 2007, che
istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (in G.U. L 199 del
31 luglio 2007); il Regolamento n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali - c.d. «Roma I»- (in
G.U. L 177/6 del 4 luglio 2008).
In particolare, da ult., si soffermano sugli interventi comunitari finalizzati
all’armonizzazione delle regole inerenti il rilevante tema dell’amministrazione della giustizia
e della cooperazione giudiziaria in materia civile, G. PALAO MORENO, Hacia la unificación de
las normas de conflicto en materia de obligaciones extracontractuales en Europa (una
visión crítica del Anteproyecto de Propuesta de Reglamento «Roma II», in G. PALAO MORENO,
L. PRATS ALBENTOSA e M.J. REYES LÓPEZ, Derecho Patrimonial Europeo, Cizur Menor (Navarra),
2003, p. 271 ss.; M. MELI, Armonizzazione del diritto contrattuale europeo e Quadro
comune di riferimento, in Eur. dir. priv., 2008, p. 60 ss., la quale richiama i recenti
provvedimenti del legislatore volti ad armonizzare le norme di conflitto relative ad alcuni
settori esclusi dall’àmbito di operatività del Regolamento n. 44 del 2001. Il riferimento è, in
modo specifico, alle iniziative inerenti il diritto di famiglia, quali: il Regolamento n. 2201 del
2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e
all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità
genitoriale e la Comunicazione della Commissione europea del 17 luglio 2006, relativa al
«Libro verde sul conflitto di leggi in materia di regime patrimoniale dei coniugi, compreso il
problema della competenza giurisdizionale e del riconoscimento reciproco»
-COM(2006)400 def.-. Con riguardo al diritto successorio viene, poi, segnalato il Libro verde
relativo alla materia delle successioni e testamenti -COM(2005)65 def.- presentato il 1°
marzo 2005; e relativamente alle obbligazioni alimentari il Libro verde del 15 aprile 2004,
sulle obbligazioni alimentari -COM (2004)254 final- e la Proposta di Regolamento del
Consiglio, del 15 dicembre 2005, relativa alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, e alla cooperazione in materia di obbligazioni
alimentari -COM(2005)649 final-.
318
Sul ruolo svolto dalla Corte di Giustizia europea nel processo di costruzione del diritto
privato europeo, N. SCANNICCHIO, Dal diritto comunitario al diritto privato europeo, in N.
LIPARI (a cura di), Diritto privato europeo, I, Padova, 1997, p. 58 ss.; ID., La specificità del
diritto privato europeo, ivi, p. 96 ss.; C. JOERGES, Il ruolo interpretativo della Corte di
Giustizia e la interazione con le Corti nazionali nel processo di europeizzazione del diritto
privato, in Riv. crit. dir. priv., 2000, p. 275 ss.; G.A. BENACCHIO, La Corte di giustizia tra
armonizzazione e unificazione del diritto europeo dei contratti, in Il diritto delle
obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, cit., p. 131 ss.; F. SABATINI, Il diritto privato
ed il contesto comunitario: la ricerca di conformità e l’interpretazione del diritto nazionale
alla luce delle direttive, in Contr. impr./Eur., 2007, p. 126 ss. V. anche, da ult., A. DE LEÓN
ARCE, El consumo como realidad social, económica y jurídica, in A. DE LEÓN e L. M. GARCÍA
GARCÍA, Derechos de los consumidores y usuarios (Doctrina, normativa, jurisprudencia,
formularios), cit., p. 89 ss.
116
dottrina maggioritaria, di distinguere il «diritto privato europeo» dal
«diritto comunitario», con quest'ultima formula, infatti, viene
esclusivamente individuato l'insieme delle disposizioni contenute nei
Trattati istitutivi dell'Unione europea e negli atti equiparati (c.d.
diritto comunitario originario), nonché le norme adottate in
applicazione di essi (c.d. diritto comunitario derivato)319. E più in
particolare, si considera che diverse siano le modalità attraverso le
quali viene perseguito l'obiettivo del «riavvicinamento delle
legislazioni»
-fissato
dall’art.
3,
lett.
h,
del
Trattato
e,
successivamente specificato negli artt. 94 ss.320-: il «diritto
comunitario» realizza un intervento di carattere autoritativo, che
proviene «dall’alto» e che trascura di considerare le ricadute nei
singoli ordinamenti della normativa comunitaria; il «diritto privato
europeo» svolge, invece, un'indagine che tiene in considerazione
soprattutto l'attività di adeguamento alle direttive comunitarie posta
in essere nei singoli Stati membri, sia a livello legislativo che
giurisprudenziale, nonché gli orientamenti espressi in questo àmbito
dalla letteratura giuridica321.
319
C. ZANGHÌ, Comunità europea, in Enc. dir., Agg. IV, 2000, p. 313 s.
Sul contenuto di queste disposizioni M.R. SAULLE, Ravvicinamento delle legislazioni
(diritto comunitario), in Enc. dir., Agg. II, Milano, 1998, p. 899 ss.; S. SWANN, A European
Civil Code. Legal and Political Foundations, in G. ALPA e E.N. BUCCICO (a cura di), La riforma
dei codici in Europa e il progetto di codice civile europeo, cit., p. 22 ss.
321
Concordano su questi profili del diritto privato europeo: G. ALPA, Il diritto privato nel
prisma della comparazione, Torino, 2005, p. 90 ss.; A. GAMBARO, Lineamenti di Storia della
Giurisprudenza Europea, Torino, 1989, p. 45 ss.; L. MOCCIA I giuristi e l’Europa, Bari, 1997,
p. 75 s.; O. TROIANO, G. RIZZELLI, e M.N. MILETTI, Harmonisation Involves History? Il diritto
privato europeo al vaglio della comparazione e della storia, Milano, 2004, p. 18 ss., G.
VETTORI, Diritto dei privati e costituzione europea, Milano 2005, p. 81 ss.; U. MATTEI, Il
problema della codificazione civile europea e la cultura giuridica. Pregiudizi, strategie e
sviluppi, in Contr. impr./Eur., 1999, p. 207; P.G. MONATERI, Legal Doctrine as a source of
law. A transnational factor and a historical paradox, XII International Congress of
Comparative Law, Sidney, 1986, p. 12 ss.; R. SACCO, Legal Formants: A Dynamic Approach
to Comparative Law, in American Journal of Comparative Law, 1991, p. 343; A. SCHREINER,
The Common Core of Trento. A Socio-legal Analysis of a Research Project on European
Private Law, The Hague, 2004, p. 16 ss. Sottolinea quest’ultimo aspetto A. ZACCARIA, Il
diritto privato europeo nell’epoca del postmoderno, cit., p. 369, ove si afferma che «La
costruzione di un “sistema” del diritto privato europeo deve svolgersi, piuttosto, attraverso
un processo di europeizzazione della scienza e della letteratura giuridica, attraverso una
riflessione che privilegi, rispetto allo studio del materiale normativo, un’analisi delle
condizioni e dei modi della uniformazione condotta in un’ottica metapositiva». V., anche, G.
BENACCHIO, Diritto privato della Comunità europea. Fonti, modelli, regole, cit., p. 177 s.,
secondo il quale il «c.d. diritto europeo» si contraddistingue dal fatto che: «a) vorrebbe
320
117
In questa prospettiva, per poter valutare la possibilità di
fondare concretamente un «diritto privato europeo» s'impone come
presupposto di ogni indagine la valutazione circa l'incidenza del
diritto comunitario sui vari diritti nazionali in diversi e molteplici
settori
del
diritto
privato322;
operazione
che
«ampliamento dello stesso orizzonte ermeneutico»
comporta
323
un
e che deve
essere svolta seguendo quella linea interpretativa, autorevolmente
prospettata, secondo cui l'analisi dei vari istituti disciplinati in
ciascun ordinamento interno deve muovere dalla considerazione che
«nel momento ermeneutico ed attuativo “il profilo comunitario non
appare divisibile da quello del diritto interno, né è pensabile senza di
questo”, venendosi a realizzare un concorso di norme comunitarie e
nazionali con una possibile diversa incidenza delle prime negli
ordinamenti dei vari Stati membri “soprattutto per la peculiarità del
sistema delle fonti e dei valori” di cui ciascuno è dotato» 324. A tale
tendenzialmente toccare ogni aspetto della realtà giuridica, e comunque è caratterizzato da
un approccio di tipo sistematico; b) non è collegato ad alcun ordinamento dotato di
effettività; c) è di matrice dottrinale». V., anche, A. SOMMA, Introduzione critica al diritto
europeo dei contratti, Milano, 2007, p. 1 s., il quale osserva che «la crisi dello stato moderno
coincide con l’emersione di modelli di convivenza elaborati dal basso: scaturiti cioè da una
prassi applicativa che ha cessato di essere la forma replicante del comando statale e che nel
merito ha promosso il riconoscimento delle istanze dei soggetti tipicamente e
strutturalmente deboli […] Questa ci sembra essere una caratteristica dell’attuale diritto
comune europeo scaturito da una unificazione spontanea -non imposta dall’alto- del diritto
nel vecchio continente. Spontanea ed incentrata su una rilettura delle codificazioni
civilistiche alla luce dei valori incarnati dal costituzionalismo sorto dalle ceneri delle
dittature novecentesche. Il tutto al fine di promuovere schemi normativi incentrati su temi
differenti da quelli sviluppati presso i fautori del libero mercato».
322
In proposito v. ampiamente M. BARCELLONA, Diritto europeo e sistema delle fonti, cit.,
p. 159 ss., il quale si sofferma sulle «interferenze», sui «conflitti» e sulle «interazioni» tra i
princípi e le regole che, a seguito del processo di integrazione europea e della conseguente
produzione normativa e giurisprudenziale, caratterizzano oggi il c.d. «sistema del diritto
privato».
323
G. BENEDETTI, Tutela del consumatore ed autonomia contrattuale, cit., p. 801. In
questa prospettiva v., anche, U. BRECCIA, Considerazioni sul diritto privato sopranazionale
fra modelli interpretativi e regole effettive, in Scritti in onore di R. Sacco, La comparazione
giuridica alle soglie del terzo millennio, Milano, 1994, p. 133.
324
V. RIZZO, Presentazione del Convegno, in ID. (a cura di), Diritto privato comunitario.
Fonti, princípi, obbligazioni e contratti, I, Napoli, 1997, p. XVI. Nello stesso senso, P.
PERLINGIERI, Diritto comunitario e legalità costituzionale, Napoli, 1992, p. 56 s., secondo cui,
piuttosto che «ricercare un diritto naturale vigente di natura comunitaria o un diritto dei
pratici fondato sulla prassi, il problema oggi è quello del coordinamento e della integrazione
delle normative caratterizzate da fonti diverse nel rispetto della loro gerarchia e delle
garanzie e procedure costituzionali previste dai singoli Stati membri»; ID., Conclusioni, in G.
ALPA e R. DANOVI, Diritto contrattuale europeo e diritto dei consumatori. L’integrazione
europea e il processo civile. Materiali del seminario del 12 luglio 2002, Milano, 2003, p. 373
118
scopo, è opinione condivisa in dottrina, considerare strumento
fondamentale il «metodo comparativo»325, al quale, secondo
l’impostazione maggioritaria, va attribuita, principalmente, una
funzione di «conoscenza»326, finalizzata all'individuazione delle
diversità e delle somiglianze tra i singoli ordinamenti, in particolare
nello studio dei casi concreti327, per poter poi verificare la presenza di
ss.; R. SCHULZE, Il diritto privato comune europeo, cit., p. 631, il quale individua una
«“struttura sotto forma di principi” del diritto privato europeo» ed evidenzia come «uno
stesso principio di diritto può essere “concretizzato” in più norme di diritto nazionale in
modo ogni volta diverso, cosí come può avere, negli ordinamenti di vari Paesi, una forma
normativa e istituzionale ogni volta diversa. Sotto questo aspetto, il principio di diritto può
essere assunto come nozione fondamentale del diritto privato europeo, poiché esso rispetta i
vari ordinamenti e, nello stesso tempo permette di individuare i caratteri comuni. Un diritto
uniforme non è né implicito né imposto a livello normativo quando un principio di diritto
rileva i caratteri comuni, ed in questa misura, dà luogo ad un diritto comune». In questa
prospettiva v., in generale, le conclusioni a cui giunge P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella
legalità costituzionale, cit., p. 257, per il quale «emerge la consapevolezza che, allo stato, il
diritto comunitario in sé non esiste, ma è in funzione dell’ordinamento del singolo Stato, che
lo integra anche in maniera prevalente, ma non è autonomo. I princípi di diritto
comunitario, primari o derivati, vivono soltanto se calati negli ordinamenti di ciascun Paese
membro. Il nostro è un sistema italo-comunitario, un ordinamento complesso e unitario,
informato ai medesimi princípi: gerarchia, competenza, sussidiarietà».
Si segnala anche S. ESPIAU ESPIAU, La Codificación del Derecho civil catalán en el proceso
de unificación del Derecho europeo, in Derecho Privado y Constitución, 2000, n. 14, p. 64
ss.; C.J. MALUQUER DE MOTES BERNET, Il diritto comunitario e la particolare esperienza del
diritto catalano, cit., il quale si sofferma in particolare sull’incidenza del diritto comunitario
sul diritto catalano ed analizza il ruolo svolto dal diritto catalano nel processo di
armonizzazione del diritto europeo.
325
V. ZENO ZENCOVICH, Il modo di formazione della legislazione europea di diritto privato:
un laboratorio comparatistico, in R. PARDOLESI (a cura di), Saggi di diritto privato europeo:
persona, proprietà, contratto responsabilità civile, privative, Napoli, 1995, p. 11 ss.; J.C.
FERNÁNDEZ ROZAS, Los procesos de unificación internacional del derecho privado: técnicas
jurídicas y valoración de resultados, in La unificación jurídica europea diretto da J.M.
García Collantes, Madrid, 1999, p. 20 ss.; A. ZACCARIA, Il diritto privato europeo nell’epoca
del postmoderno, cit., p. 375; S. PATTI, «Diversità, armonizzazione, unificazione e
codificazione»: le tappe di un difficile percorso, in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto privato
europeo. Fonti ed effetti. Materiali del seminario dell’8-9 novembre 2002, cit., p. 60 ss.; G.
BENACCHIO, Diritto privato della Comunità europea. Fonti, modelli, regole, cit., p. 34 s. Si
veda, anche, A. JANNARELLI, Diritto comunitario e comparazione, in L. MOCCIA (a cura di), I
giuristi e l’Europea, Bologna-Roma, 1997, p. 117, il quale mette in evidenza che «il diritto
comparato mira unicamente almeno nella versione più “pura” (quella che si ispira al
pensiero di Gino Gorla e di Rodolfo Sacco) alla conoscenza dei diversi modelli giuridici, delle
soluzioni comuni alle quali si giunge nei vari sistemi, e alle divergenze che in essi si
manifestano; il diritto europeo, invece, ha un obiettivo ben preciso e rispetto ad esso il
diritto comparato, in quanto mezzo, è puramente strumentale».
Sull’utilizzo della comparazione da parte della giurisprudenza v., da ult., R. SCHULZE,
L'interpretazione del diritto privato europeo e del diritto armonizzato, in R. COLONNA, R.
SCHULZE e S. TROIANO, L'intepretazione del diritto privato europeo e del diritto armonizzato,
Ercolano, 2004, p. 20 ss.; A. SOMMA, Metodi e scopi della comparazione giuridica nelle
decisioni delle corti, Relazione al III° Congresso di aggiornamento professionale forense,
Roma 3-5 aprile 2008, pubblicata in www.altalex.it, il quale ricorda il frequente ricorso alla
comparazione da parte della Corte di giustizia ai fini dell’applicazione di provvedimenti che
recepiscono direttive comunitarie o che eventualmente concernono materie prese in
119
elementi intorno ai quali poter costruire un sistema unitario 328, che
non si traduca in una omologazione delle varie esperienze
nazionali329.
Ciò posto, non può essere trascurato di evidenziare che le
iniziali ambizioni della dottrina e degli stessi organi comunitari330 di
codificare l’intera disciplina del diritto privato e di dar vita, quindi, ad
un vero e proprio «codice civile europeo»331, hanno ben presto
considerazione da testi non recepiti. Ed in proposito, tra le pronunce più significative, si
segnalano, Corte giust., 10 aprile 1984, Causa C-14/83 Colson c. Land Renania-Westfalia, in
Foro it., 1985, IV, c. 59; Corte giust., 13 novembre 1990, Causa C-106/89, Soc. Marleasing
c. Soc. La Comercial Internacional Alimentaciòn, ivi, 1992, IV, c. 173, con nota di L. DANIELE,
Novità in tema di efficacia delle direttive comunitarie non attuate.
326
In questo senso V. RIZZO, Le «clausole abusive» nell’esperienza tedesca, francese,
italiana e nella prospettiva comunitaria, cit., p. 16 ss. e la bibliografia ivi citata; e, da ult., P.
PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 130 ss. il quale riconosce che
«la comparazione giuridica, cioè il procedimento conoscitivo per raffronto di esperienze
proprie e altrui, rende consapevoli che la propria è una delle tante esperienze possibili» e che
pertanto «l’esperienza storico-comparatistica, evidenziando il carattere essenzialmente
unitario della realtà e quindi dell’ordinamento, permette di snidare l’equivoco e
d’individuarne le ragioni».
327
G. GORLA, Il Contratto. Problemi fondamentali trattati con il metodo comparativo,
Milano, 1954; ID., Diritto comparato e straniero, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1989, p.
3, secondo il quale nell’attività conoscitiva dei comparatisti un aspetto importante è
rappresentato dal momento della «valutazione» dei diritti messi a confronto al fine di
individuare quale sia il «diritto migliore o che offra la migliore soluzione». Su questo punto
v. V. RIZZO, Le «clausole abusive» nell’esperienza tedesca, francese, italiana e nella
prospettiva comunitaria, cit., p. 20, il quale osserva che in tale indagine non si può limitare
l’attenzione alla sola legge, ma occorre estenderla anche ad altri «formanti».
328
Frequentemente nelle analisi svolto sull’evoluzione del «diritto privato europeo» viene
richiamato come modello lo ius comune, P. GROSSI, Modelli storici e progetti attuali nella
formazione di un futuro diritto europeo, in Riv. dir. civ., 1996, I, p. 281; G. BELLANTUONO,
Diritto comunitario e diritto dei contratti: armonizzazione o diversificazione?, in R.
PARDOLESI, Saggi di diritto privato europeo, cit., p. 90; CASSESE, La cultura giuridica dagli
anni ’60 ad oggi, in Riv. trim., 2004, p. 377 ss.; L. MOCCIA, Comparazione giuridica e Diritto
europeo, Milano, 2005, p. 993; F. SABATINI, Il diritto privato ed il contesto comunitario: la
ricerca di conformità e l’interpretazione del diritto nazionale alla luce delle direttive, in
Contr. impr./Eur., 2007, p. 118 ss. ed i riferimenti ivi citati.
329
Così N. SANNICCHIO, Intervento, in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto privato europeo. Fonti ed
effetti. Materiali del seminario dell’8-9 novembre 2002, cit., p. 226, secondo il quale il
problema che l’unificazione del diritto privato europeo propone agli ordinamenti interni
«non è tanto di conservazione e tutela delle relative identità culturali, quanto quello della
partecipazione –attraverso le dette identità culturali e quindi attraverso i propri codici, le
proprie corti e le proprie università- al mutamento complessivo del quadro privatisitico
comune».
330
V. infra
331
Obiettivo al centro di un ampio dibattito dottrinale su cui, tra tanti, v. V. ZENO
ZENCOVICH, Il «codice civile europeo», le tradizioni giuridiche nazionali e il neo positivismo,
in Foro it., 1998, V, c. 62 ss.; U. MATTEI, Il problema della codificazione civile europea e la
cultura giuridica. Pregiudizi, strategie e sviluppi, in Contr. impr./Eur., 1998, p. 1 ss.; ID.,
Quale Codice Civile per l’Europa, in Riv. crit. dir. priv., 2002, p. 1; G. ALPA, Il codice civile
europeo: «e pluribus unum», in Contr. impr./Eur., 1999, p. 695 ss.; AA.VV., Um Código civil
para a Europa, Coimbra, 2002; E. IORATTI, Codice Civile Europeo: un approccio
metodologico, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 347; ID., Codice civile europeo. Il dibattito, i
120
lasciato spazio all’idea di limitare tale opera al solo «diritto
contrattuale europeo»332. Diverse appaiono le ragioni di questa scelta:
per un verso, si considera che il progetto di superare le contraddizioni
e le incertezze interpretative determinate dal recepimento delle
direttive comunitarie nei vari ordinamenti interni non possa
estendersi a quelle «materie estranee alla competenza comunitaria,
come i rapporti relativi alla famiglia, alle successioni o alla proprietà,
che possono essere solo lambiti dalla disciplina comunitaria»333; per
altro verso, si sottolinea come, tenuto conto che la finalità perseguita
è quella di assicurare il corretto funzionamento del mercato unico,
modelli, le tendenze, Padova, 2006, p. 155 ss.; C. CASTRONOVO, Verso un codice civile europeo:
i princìpi di diritto europeo dei contratti, in Vita not., 2004, I, p. 18 ss.; M. J. BONELL, The
need and possibilities of a Codified European Contract Law, in ERPL, 1997, 505; C.
CASTRONOVO, Il diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti. Codice o restatement?, in
Eur. dir. priv., 1998, p. 1019; B. FAUVARQUE-COSSON, Faut-il un code civil européen ? in Revue
Trimestrelle de Droit Civil, 2002, p. 464 ; G. GANDOLFI, Pour un code européen des contrats,
in Riv. trim., 1991, p. 707; C. JOERGES, Un codice civile europeo è davvero l’unica soluzione?
in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 3; O. LANDO, Why codify the European Law of Contract?, in
ERPL, 1997, p. 525; P. LEGRAND, Against a European Civil Code, in Modern Law Review,
1997, p. 44; B. MARKESINIS, Why a Code is not the best way to advance the cause of
European Legal Unity, in ERPL 1997, p. 519; U. MATTEI, Hard Code Now, in The European
Codification Process, The Hague, 2003; ID., Quale codice civile per l’Europa?, in Riv. crit.
dir. priv., 2002, p. 1; S. PATTI, Diritto privato e codificazione europea, Milano, 2004; M.
REIMANN, Towards a European Civil Code: why continental jurists should consult their
transatlantic colleagues, in Tulane Law Rev. 1999, p. 1337; L. MENGONI, L’Europa dei codici
o un codice per l’Europa?, Roma, 1993; S. RODOTÀ, Un codice per l’Europa? Diritti nazionali,
diritto europeo, diritto globale, in Codici. Una riflessione di fine millennio, Milano 2000, p.
541 ss.
332
Si sofferma sui possibili significati di questa espressione G. ALPA, Introduzione al
diritto contrattuale europeo, cit., p. 19 ss.
333
J. BASEDOW, La codificazione del diritto privato nell’Unione europea: la creazione di
un ibrido, in G. ALPA e E.N. BUCCICO (a cura di), Il codice civile europeo, Milano, 2001, p. 168;
W. VAN GERVEN, Bringing (Private) Laws Closer to Each Other at the European Level, in F.
CAFAGGI (a cura di), The Institutional framework of European private law, cit., p. 39; G. ALPA
e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’
acquis communautaire, in Riv. dir. civ., 2008, I, p. 143. Cfr., con specifico riguardo alla
necessità di includere nel processo di armonizzazione del diritto privato europeo il diritto di
famiglia, M. SESTA, Intervento, in G. ALPA e E.N. BUCCICO (a cura di), La riforma dei codici in
Europa e il progetto di codice civile europeo, cit., p. 111 ss., il quale osserva che «un’opera di
armonizzazione del diritto privato, qualunque forma e qualunque tecnica si intenda seguire
non può non tenere conto del valore globale della persona e quindi non debba limitarsi a
temi esclusivamente contrattuali o mercantili»; S. PATTI, «Diversità, armonizzazione,
unificazione e codificazione»: le tappe di un difficile percorso, in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto
privato europeo. Fonti ed effetti. Materiali del seminario dell’8-9 novembre 2002, Milano,
2004, p. 61 s. Nella stessa direzione, piú in generale, J. PLAZA PENADÉS, Algunas
consideraciones sobre el futuro Código Civil Europeo, in G. PALAO MORENO, L. PRATS ALBENTOSA
e M.J. REYES LÓPEZ, Derecho Patrimonial Europeo, Cizur Menor (Navarra), 2003, p. 319 s.,
secondo il quale «de hecho, la propia idea de armonizacíon del Derecho de contratos exige,
en igual medida, una armonizacíon del derecho de daños, del régimen de garantías de las
obligaciones (tanto personales como reales) y de la unificación de los sistemas
transmisivos de la propiedad».
121
l'attività di uniformazione del diritto sia destinata a rivolgersi
principalmente a quelle regole inerenti la disciplina delle operazioni
economiche transfrontaliere, le quali hanno rappresentato l’oggetto
fondamentale della maggior parte delle direttive comunitarie
emanate334; per altro verso ancora, si considera che la materia
contrattuale si presti meglio di altri settori ad aprirsi a soluzioni
anche esterne alle tradizioni nazionali335.
Il dibattito si sposta pertanto sul «diritto contrattuale
europeo» il quale, al di là delle questioni relative alla forma
attraverso cui esso dovrà trovare manifestazione –se come «codice»
ovvero come complesso di «princípi»- ovvero quelle inerenti il suo
contenuto336, ci porta a riconoscere, come autorevolmente sostenuto,
334
L. MENGONI, L’Europa dei codici o un codice per l’Europa?, in Riv. crit. dir. priv., 1992,
p. 527, sottolinea che «l’aspirazione all’unificazione del diritto si traduce in volontà politica
solo sotto la spinta e nei limiti di imperativi pratici immediati del modo vitale, specialmente
della vita degli affari, e dell’esigenza di riduzione dei costi delle transazioni transnazionali»;
J. HUET, Réflexions d’un juriste français sur l’idée d’un Code civil européen, in G. PALAO
MORENO, L. PRATS ALBENTOSA e M.J. REYES LÓPEZ (coord.), Derecho Patrimonail europeo, Cizur
Menor (Navarra), 2003, p. 224 s.; M.P. GARCÍA RUBIO, Hacia un derecho europeo de
contratos, in E.F. PÉREZ CARRILLO (coord.), Estudios de derecho mercantil europeo, Madrid,
2005, p. 85 ss. Cfr. G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of
Reference e sulla revisione dell’acquis communautaire, cit., p. 146 s., i quali evidenziano
come un progetto di armonizzazione che prende le mosse da queste premesse è sottoposto
ab origine a forti condizionamenti: da un lato, la «troppo univoca correlazione tra attività
economiche e forme giuridiche», dall’altro, l’esclusione di rilevanti settori quali i rapporti di
famiglia e la disciplina delle successioni «evidenzierà un diritto privato europeo fortemente
squilibrato nelle sue parti; un diritto privato contraddistinto (e forse lacerato) da un doppio
regime di regolamentazione. Alcuni settori dei rapporti privati risulteranno informati o
addirittura regolamentati secondo princípi e regole comuni, in altri, invece, albergheranno,
pressoché incontaminate, le tradizioni giuridiche e culturali nazionali (o regionali)».
335
O. LANDO, Principles of European Contract Law. A first step forward a European
Civil Law, in Revue de droit des affaires internationales, 1997, p. 189.
336
Su tali problematiche v., in generale, J.M. BONELL, Verso un codice europeo dei
contratti?, in Eur. dir. priv., 1998, p. 171; U. MATTEI, Il nuovo diritto europeo dei contratti,
tra efficienza e uguaglianza. Regole dispositive, inderogabili e coercitive, in Riv. crit. dir.
priv., 1999, p. 611 ss.; C. SCOGNAMIGLIO, Prospettive europee della responsabilità civile e
discipline del mercato, in Eur. dir. priv., 2000, p. 339 ss.; S. GRUNDMANN, La struttura del
diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 365 ss.; G. ALPA, L’armonizzazione
del diritto contrattuale e il progetto di codice civile europeo, in Nuova giur. civ. comm.,
2003, p. 169; S. CÁMARA LAPUENTE, El hipotétitco «Código civil europeo»: por qué, cómo y
cuándo?, in Estudios jurídicos en homenaje al Profesor Luis Díez-Picazo, Parte general, I,
cit., p. 347 ss.; A. VAQUER ALOY, Armonización del derecho privado en Europea vs.
codificación del derecho civil en Cataluña?, ivi, p. 1055 ss.; F. CAFAGGI, Quale
armonizzazione per il diritto europeo dei contratti?, Padova, 2003; S. PATTI, Diritto privato
e codificazioni europee, Milano, 2004; A. GAMBARO, Contratto e regole dispositive, in Riv.
dir. civ., 2004, I, p. 1 ss.; V. ROPPO, Sul diritto europeo dei contratti: per una visione non
irenica e non apologetica, in Pol. dir., 2004, p. 25 ss.; M.J. BONELL, Il diritto europeo dei
contratti e gli sviluppi del diritto contrattuale a livello internazionale, in Eur. dir. priv.,
2008, p. 599 ss.; N. LIPARI, Le fonti del diritto, Milano, 2008, p. 52 ss., il quale
122
che «il diritto è struttura della società» ed è espressione e parte della
sua cultura337. Ed in tale prospettiva appare allo stesso modo evidente
come una semplice analisi economica del diritto possa considerarsi
sufficiente a far comprendere il ruolo e la rilevanza dei vari istituti
giuridici, di cui occorre, invece, individuare la loro collocazione nella
complessità del sistema.
Trova ulteriore conferma la concenzione del mercato inteso non
come un insieme di leggi economiche, ma come «statuto normativo»,
ove devono trovare affermazione e tutela i diritti fondamentali della
persona umana338. In altri termini, in àmbito contrattuale, emerge
l’esigenza di predisporre una normativa che non sia soltanto rivolta
alla strutturazione di un mercato unico interno all’Unione, a garanzia
del corretto funzionamento delle regole concorrenziali339, ma che sia
specificamente rileva che la «moderna dialettica sulla codificazione» si caratterizza per il
fatto che «mentre i singoli ordinamenti nazionali (e segnatamente quello italiano) scontano
gli effetti di una frantumazione in microsistemi che può indurre addirittura ad affermare che
la sistematicità vada perdendo significato non solo come caratteristica intrinseca della
norma, ma anche come semplice predisposizione mentale con la quale l’interprete si
appresta a considerare l’insieme delle norme, si afferma, in sede sopranazionale, la spinta
verso una codificazione comune».
337
P. PERLINIGIERI, Relazione alla Giornata di studio su “Il diritto dei consumi: realtà e
prospettive”, organizzata dal Centro di Studi Giuridici sui diritti dei consumatori, Polo
Scientifico Didattico di Terni - Università degli Studi di Perugia, svoltasi a Terni il 30 aprile
2008, il quale afferma che «la realtà è complessa e che il giurista deve necessariamente
prestare la sua attenzione alla societas quale fenomeno complesso, ovvero sintesi di aspetti
economici, etici, religiosi, organizzativi. Ciò conferma che la concezione del diritto come
sovrastruttura della società non ha giustificazione in quanto il diritto non è soltanto
condizionato dai rapporti economico-sociali, ma è fattore condizionante la più complessa
realtà. Il diritto è quindi struttura della società, espressione e parte della sua cultura. La
stagione del diritto come sovrastruttura è da superare in quanto in un paese civile la legalità
ed il diritto rappresentano il passaggio essenziale per porre poi in concreto, quindi in essere,
i valori fondamentali su cui è costruito il patto di convivenza».
338
V., P. PERLINGIERI, Mercato, solidarietà e diritti umani, in Rass. dir. civ., 1995, p. 103
ss.; ID., Le insidie del nichilismo giuridico, cit., p. 3 ss., per il quale «la realtà non è
riconducibile agli aspetti economici» e «le ragioni del mercato sono espressioni di una realtà
ben più complessa, caratterizzata anche da spinte di natura diversa ispirate da ragioni che
sono non soltanto mercantili, ma etiche e/o religiose, umanitarie e solidali e che si
propongono persino come contestative delle mere ragioni del mercato»; S. RODOTÀ, Il codice
civile e il processo costituente europeo, in Riv. crit. dir. priv., 2005, p. 1 ss., secondo cui con
la Carta dei diritti fondamentali di Nizza viene in particolare sancito «l’abbandono, sia pure
tendenziale, della logica individualista e patrimonialista che ha segnato la prima fase della
costituzione europea».
339
Sulla considerazione del consumatore da parte del legislatore comunitario qual
soggetto destinatario di un regime completo di informazioni sul prodotto e sul contratto,
funzionale all’assunzione consapevole dei rischi da parte di quest’ultimo, nella prospettiva
finale della tutela della concorrenza e del mercato v. G. BENEDETTI, Tutela del consumatore e
autonomia contrattuale, cit., p. 810 ss., il quale rileva come obiettivo essenziale delle
disposizioni della direttiva n. 13 del 1993 sia quello di regolare il mercato, disciplinando il
123
anche, e soprattutto, finalizzata ad assicurare la predisposizione di un
regolamento contrattuale che risulti conveniente per tutti i
protagonisti del mercato, nella consapevolezza che ciò risulta imposto
dai princípi costituzionali e da quelli affermatesi a livello
comunitario340.
2. In questo àmbito particolarmente intensa si presenta l’opera
delle istituzioni comunitarie, chiamate ad adottare i provvedimenti
necessari per conseguire un «ravvicinamento» delle legislazioni degli
Stati membri341, le quali hanno posto in essere un'attività che è stata
variamente
riassunta
con
le
espressioni
«unificazione»
o
«uniformazione» o «armonizzazione» del diritto, ma si tratta di
formule che presentano sfumature di significato diverse ed esprimo
un differente modo attraverso il quale può articolarsi il processo di
contratto, come strumento tipico dello scambio, senza introdurre un diritto di classe, né lo
statuto di un nuovo soggetto; C. CAMARDI, Integrazione giuridica europea e regolazione del
mercato. La disciplina dei contratti di consumo nel sistema del diritto della concorrenza, in
Eur. dir. priv., 2001, p. 716 s.; A. JANNARELLI, La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti
tra imprese e tra imprese e consumatori, in N. LIPARI (a cura di), Trattato di diritto privato
europeo, III, Padova, 2003, p. 13 ss.; A. LIVI e F. MACARIO, I soggetti - Profili generali, ivi, I, p.
338, secondo i quali «l’obiettivo di tutela del soggetto (ad esempio, il consumatore) coincide
con l’obiettivo della stessa regolamentazione del mercato nella prospettiva della libertà di
accesso e della parità delle condizioni; la tutela minima del consumatore predisposta dalle
diverse direttive costituisce in fondo un mezzo giuridico per imporre all’impresa un comune
standard di comportamento nell’esercizio di una determinata attività economica»; M.
BARELA, Teoria della concorrenza e libertà del consumatore: l’insegnamento di Tullio
Ascarelli, in Rass. dir. civ. 2004, p. 912 ss.; E. GABRIELLI, Mercato, contratto e operazione
economica, ivi, 2004, p. 1048; P. SIRENA, L’integrazione del diritto dei consumatori nella
disciplina generale del contratto, cit., p. 793 ss.; ID., Il codice civile e il diritto dei
consumatori, cit., p. 279 ss.
340
G. VETTORI, Carta dei diritti e codice europeo dei contratti, in Riv. dir. priv., 2002, p.
673 ss.; P. PERLINGIERI, La tutela del consumatore nella Costituzione e nel Trattato di
Amsterdam, in P. PERLINGIERI e E. CATERINI (a cura di), Diritto dei consumi, I, p. 10; ID., Il
diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 508 ss. V. anche, N. LIPARI, Le fonti del
diritto, Milano, 2008, p. 53, il quale con riferimento all’ipotizzato codice europeo dei
contratti, afferma che «Al di là dell’eventuale utilità pratica di una simile iniziativa (che
verrebbe quanto meno a giuridicizzare prassi contrattuali che la dimensione internazionale
degli scambi commerciali tende sempre di più ad uniformare), rimane comunque decisiva la
constatazione che il moderno processo di codificazione assume cadenze del tutto diverse da
quello antico e soprattutto, a differenza di quello, tende a limitarsi alla dimensione più
propriamente mercantile, affidando alle singole legislazioni nazionali la tutela delle posizioni
soggettive riconducibili a beni non appropriabili. In tale modo si verrebbe radicalizzando,
proprio in chiave giuridica, la scissione tra interessi di segno economico e interessi di altra
natura, che sembra essere proprio il terreno sul quale, all’inizio del nuovo millennio, si dovrà
misurare la cifra unitaria dell’uomo in società».
341
Così è indicato dagli artt. 3, lett. h, e 94 del Trattato.
124
«riavvicinamento delle legislazioni» nazionali342. Più in particolare, si
considera che rientrino nella formula «unificazione del diritto» sia
quelle ipotesi in cui le differenze tra i diritti statali sono rimosse
attraverso l’elaborazione di un sistema comune di norme –come ad
esempio nel caso delle convenzioni internazionali-, che quelle
situazioni ove la produzione di norme e la loro applicazione viene
affidata, rispettivamente, ad un legislatore e ad un sistema di corti
sovrastatali343. Qualora, invece, l’applicazione delle norme resti
soggetta al sindacato dei giudici nazionali si avrà soltanto
«uniformazione», mentre si parla di «armonizzazione» quando il
legislatore nazionale ha la possibilità di modificare, entro certi limiti,
le disposizioni prodotte a livello sovrastatale, con la conseguenza che
vi è chi considera l’«armonizzazione» la forma «più debole» del
processo di riavvicinamento delle legislazioni nazionali344. Ma
quest'ultima appare essere proprio la strada prescelta dalle istituzioni
comunitarie le quali mostrano di volere raggiungere l'obiettivo di una
progressiva eliminazione delle incompatibilità tra i vari ordinamenti
nazionali attraverso un riavvicinamento delle legislazioni nazionali
che non si riduca ad una semplice operazione di «standardizzazione»
dei
concetti
giuridici
fondamentali,
bensì
attraverso
la
predisposizione di normative elaborate sulla base dei princípi e dei
valori fondamentali propri dei vari ordinamenti giuridici nazionali345.
342
Si sofferma sul diverso significato di queste espressioni G. BENACCHIO, Diritto privato
della Comunità europea. Fonti, modelli, regole, cit., p. 11 s.; G. A. BENACCHIO e B. PASA, A
common law for Europe, Budapest, 2005, p. 30 ss.
343
Sul tema dell’unificazione v., per tutti, G. GORLA, Unificazione «legislativa» e
unificazione «giurisprudenziale», in Foro it., 1977, V, c. 1; J.M. BONELL, Unificazione
internazionale del diritto, in Enc. dir., XXXXIV, Milano,1992, p. 720; S. FERRERI,
Unificazione, uniformazione, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XIX, Torino, 1999, p. 507 ss.
344
Per queste considerazioni v. L. MENGONI, L’Europa dei codici o un codice per
l’Europa?, in Riv. crit. dir. priv., 1992, p. 518.
345
Attribuiscono questo significato al concetto di «armonizzazione» M.R. SAULLE,
Ravvicinamento delle legislazioni (diritto comunitario), cit., p. 900; G. ALPA, Introduzione
al diritto contrattuale europeo, cit., p. 28, il quale specifica che «l'armonizzazione implica
avvicinamento, coordinamento, ma non sovrapposizione né identità», ed a questo proposito
l'Autore riporta la tesi di Thomas Wilhelmsson, che distingueva diversi livelli di
armonizzazione: «il livello giuridico-tecnico attua lo scopo di eliminare i costi transattivi, la
scelta della legge applicabile, le difformità più spinose tra i vari ordinamenti nazionali; il
livello regolamentare implica l'introduzione di regole non derogabili con cui si vogliono
125
L’aspirazione dell’Unione europea di operare una risistemazione
organica che elimini lacune e conflitti di norme ha trovato una prima
manifestazione nella Risoluzione del Parlamento europeo del 26
maggio 1989, concernente un’azione «volta a riavvicinare il diritto
privato degli Stati membri e all’elaborazione di un codice europeo del
diritto privato»346 nella quale viene proposto di procedere ad una
«unificazione» dei più importanti settori del diritto privato, quale
«forma di armonizzazione più consona a soddisfare le esigenze di
natura economica della Comunità». Per questo scopo, è auspicata
l’elaborazione di una serie di regole comuni per tutti i cittadini della
Comunità ed, in particolare, viene prospettata la creazione di un
«codice europeo comune del diritto privato», al quale è riconosciuto
il ruolo di strumento fondamentale per lo sviluppo del mercato unico
e per rinsaldare, direttamente o indirettamente, i legami della
Comunità con i paesi terzi. Questa previsione viene in seguito
specificata
nella
Risoluzione
del
6
maggio
1994,
intitolata
«l’armonizzazione di taluni settori del diritto privato negli Stati
membri» ove, espressamente, il Parlamento europeo invita la
Commissione ad iniziare i lavori per verificare la fattibilità della
realizzazione di un «codice europeo», ponendosi come soluzioni
alternative il raggiungimento di un’armonizzazione parziale da
realizzare
in
breve
tempo
ovvero
la
realizzazione
di
un’armonizzazione più completa ma a lungo termine347.
È opinione condivisa in dottrina riconoscere a queste due
Risoluzioni un importante ruolo di spinta nell’avvio del processo di
sviluppo verso il riavvicinamento delle legislazioni nazionali348, ma
tradurre in termini di valori non modificabili le istanze che la Comunità considera
prioritarie; il livello ideologico è l'humus necessario per realizzare lo scopo di creare
un'identità comune agli ordinamenti nazionali» .
346
In G.U.C.E. C 158 del 26 giugno 1989, p. 400
347
In G.U.C.E. C 205 del 25 luglio 1994, p. 518.
348
V. PANUCCIO, Il codice civile europeo, in G. ALPA e E.N. BUCCICO (a cura di), La riforma
dei codici in Europa e il progetto di codice civile europeo, cit., p. 215 s., spec. nota 1; C. V.
BAR, From Principles to Codification: Prospect for European Private Law, in G. ALPA e R.
DANOVI, Diritto contrattuale europeo e diritto dei consumatori, Milano, 2003, p. 43; M.
BASILE, Intervento, in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto privato europeo. Fonti ed effetti. Materiali
126
nel contempo non vengono sottaciute la loro scarsa incisività nella
politica comunitaria349, nonché il ricorso ad una terminologia
imprecisa
e
spesso
confusa:
in
esse,
infatti,
si
discorre
indistintamente di uniformazione e di armonizzazione, e, si
individuano quale oggetto di intervento ora il settore del «diritto
delle obbligazioni», ora quello del «diritto privato comune europeo»
ovvero quello del «diritto contrattuale europeo»350.
Successivamente,
particolarmente
significative
risultano
le
Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15
e 16 ottobre 1999 ed il Documento di lavoro della Commissione
giuridica e mercato interno presentato il 6 novembre 2000351. Nelle
prime si afferma che in «un autentico spazio di giustizia europeo
l’incompatibilità
o
la
complessità
dei
sistemi
giuridici
e
amministrativi degli Stati membri non dovrebbero costituire per i
singoli e le imprese un impedimento o un ostacolo all’esercizio dei
loro diritti», con la conseguenza che con riguardo al diritto
sostanziale si considera necessario procedere «ad uno studio globale
sulla necessità di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in
materia civile per eliminare gli ostacoli al corretto svolgimento dei
procedimenti civili»352.
Nel secondo viene affrontata la questione del possibile contenuto
di un codice civile europeo ed è suggerito di articolare l’opera di
del seminario dell’8-9 novembre 2002, Milano, 2004, p. 239 s.; G. ALPA e C. CONTE,
Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’ acquis
communautaire, cit., p. 148.
349
U. MATTEI, Perché il Piano d’Azione privilegia i poteri forti. Critica della retorica soft,
in M. MELI e M.R. MAUGERI (a cura di), L’armonizzazione del diritto privato europeo. Il Piano
d’Azione 2003, Milano, 2004, p. 4, il quale evidenzia lo scarso peso del Parlamento europeo
all’interno del quadro istituzionale comunitario e sottolinea il valore giuridico pari a zero
della risoluzione del 1989.
350
C. CASTRONOVO, I «Principi di diritto europeo dei contratti» e l’idea di codice, in Riv.
dir. comm., 1995, p. 23; G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of
Reference e sulla revisione dell’ acquis communautaire, cit., p. 148 ss., i quali mettono in
evidenza come l’equivocità delle scelte lessicali si ripropone anche nei più recenti testi
comunitari.
351
www.europarl.europa.eu/meetdocs/committees/juri/20001121hearing/424755IT.doc.
352
Così, rispettivamente i punti 28 e 39 del documento, il cui testo quale è reperibile in
http://www.europarl.europa.eu/summits/tam_it.htm.
127
sistematizzazione
delle
regole
previste
nelle
varie
direttive
comunitarie seguendo un «processo a tappe», di cui «il suo
principale elemento dovrebbe consistere in una stesura codificata e
definita delle direttive vigenti nonché di quelle aree del diritto civile
ancora
da
identificare,
aventi
particolari
ripercussioni
sul
mercato» .
353
Nella Risoluzione del 16 marzo 2000 relativa al programma di
lavoro della Commissione per il 2000, il Parlamento europeo
afferma, poi, di ritenere «che una maggiore armonizzazione nel
settore del diritto civile sia divenuta essenziale nel mercato interno, e
chiede alla Commissione di effettuare uno studio in tale settore»354, e
tutto
ciò
trova,
successivamente,
manifestazione
nella
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al
Consiglio dell’11 luglio 2001 «sul diritto contrattuale europeo»355. Qui
il dibattito viene esteso anche a tutti quei soggetti, quali «imprese,
operatori del diritto, accademici e associazioni dei consumatori»,
direttamente interessati a questa materia, i quali sono chiamati ad
esprimere delle riflessioni in merito all’opportunità ed alle modalità
attraverso cui porre in essere «un’azione comunitaria incisiva nel
353
In particolare, viene precisato (punto 5) che nella prima fase di questo procedimento
di armonizzazione dovrebbero essere raccolte tutte quelle disposizioni relative alla materia
contrattuale e extracontrattuale, vale a dire la normativa vigente in materia di: contratti
negoziati fuori dei locali commerciali; responsabilità per danni da prodotti difettosi; clausole
abusive nei contratti con i consumatori; godimento a tempo parziale di beni immobili;
contratti a distanza (compresa la regolamentazione dei servizi finanziari a distanza); e
vendita di beni di consumo. In un secondo momento dovrebbero, poi, essere prese in
considerazione altre materie del diritto civile che incidono sul funzionamento del mercato
unico, quali, più specificamente: il contratto di servizio; il diritto contrattuale delle
assicurazioni; i vincoli giuridici contrattuali, in particolare la responsabilità civile; il diritto
della garanzia del credito; e la discriminazione sulla base dell'appartenenza ad uno stato
negli ambiti suddetti.
354
In G.U.C.E. C 377, del 29 dicembre 2000, p. 323.
355
COM(2001) 398 def. – G.U.C.E. L 255, del 13 settembre 2001. Per un ampio
commento v., per tutti, G. ALPA, La comunicazione n. 398/2001/CE sull’armonizzazione del
diritto privato. Una premessa al dibattito, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II, p. 425 ss.; L.
MOCCIA, Dal “mercato” alla “cittadinanza”: ovvero dei possibili itinerari del diritto privato
europeo, in Riv. trim., 2003, p. 409 ss.; F. MACARIO, La Commissione e le «opzioni» per
l’armonizzazione del diritto europeo dei contratti: alla ricerca dei «principi comuni»
(«Opzione II»), in G. ALPA e R. DANOVI, Diritto privato europeo. Fonti ed effetti. Materiali del
seminario dell’8-9 novembre 2002, cit., p. 69 ss.; M.P. GARCÍA RUBIO, Hacia un derecho
europeo de contratos, cit., p. 95 s.; G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common
Frame of Reference e sulla revisione dell’ acquis communautaire, cit., p. 151 ss.
128
settore del diritto contrattuale»356, posto che la presenza di
divergenze fra i diritti dei vari Stati membri potrebbe essere di
ostacolo al corretto funzionamento del mercato. Così, preso atto delle
tecniche legislative sino ad allora adoperate, la Commissione propone
di verificare l’attuabilità di quattro possibili «opzioni» consistenti: a)
nel lasciare la soluzione dei problemi al mercato, per giungere in
questo modo ad «un certo grado di “armonizzazione blanda”, non
indotta da norme comunitarie vincolanti, ma dalle conseguenze delle
evoluzioni in campo economico»; b) nel promuovere la formazione di
un «complesso di principi comuni in materia di diritto dei contratti
per arrivare a una maggiore convergenza degli ordinamenti
nazionali», con la possibilità di dare vita ad un «diritto
consuetudinario, qualora ci fossero un’applicazione prolungata e
continuata e un comune convincimento»; c) nel «miglioramento
qualitativo
della
legislazione
già
esistente»,
attraverso
la
semplificazione dei testi, il loro coordinamento ed una loro
formulazione in termini più chiari e comprensibili; d) nell’«adozione
di una nuova ed esaustiva legislazione a livello comunitario» che
prenda corpo in un «testo complessivo comprendente disposizioni
relative ad aspetti generali di diritto contrattuale e a contratti
specifici», da realizzare, a seconda del grado di armonizzazione
ricercato, per mezzo di un regolamento o di una direttiva o di una
raccomandazione, restando salva, in ogni caso, la possibilità di
graduare ulteriormente il livello di vincolatività auspicato357.
Il 12 febbraio 2003, la Commissione europea emana, poi, un’altra
Comunicazione intitolata «Maggiore coerenza nel diritto contrattuale
europeo: un piano d’azione», nella quale, confermata l’opportunità di
continuare a seguire un approccio normativo settoriale, si sottolinea
356
V. le considerazioni di P. VITUCCI, Il vento del Nord: per un confronto con le linee di
tendenza del diritto nazionale dei contratti, in P. PERLINGIERI e F. CASUCCI (a cura di), Fonti e
tecniche legislative per un diritto contrattuale europeo, Napoli, 2004, p. 64 ss.
357
Punti 46 e ss.
129
la necessità di predisporre misure «normative» e «non normative»358
volte a «raggiungere un acquis nel campo del diritto contrattuale
europeo che presenti un grado elevato di coerenza sul piano della
redazione, del recepimento e dell’applicazione» e che consentano, nel
contempo, di «assicurare l’applicazione uniforme della normativa
comunitaria
nonché
facilitare
il
buon
funzionamento
delle
transazioni transfrontaliere e, con ciò, il completamento del mercato
interno»359. Ed emerge in questo modo come con l’espressione
«acquis communautaire» la Commissione europea abbia inteso
indicare l’insieme delle norme fondamentali che devono essere
applicate in tutti gli Stati membri per concorrere correttamente al
processo d’integrazione europea360.
Per conseguire tali obiettivi viene suggerita l’elaborazione di un
c.d. «quadro comune di riferimento» (Common Frame of Reference CFR) che stabilisca i «principi ed una terminologia comune nel
campo
del
diritto
contrattuale»
e
che
dovrebbe
trovare
manifestazione in un «documento, pubblicamente accessibile», in
particolar
modo,
consultabile
direttamente
dalle
istituzioni
comunitarie, dai legislatori nazionali degli Stati membri ed,
eventualmente, dei paesi terzi, nonché dagli operatori economici361.
Nelle intenzioni della Commissione, sul quadro comune di
riferimento si dovrebbero, poi, fondare le «riflessioni sulla necessità
358
In proposito v. la Comunicazione - Piano d’azione «Semplificare e migliorare la
regolamentazione», del 5 giugno 2002 (COM (2002)278 def., p. 3), ove la Commissione
osserva, espressamente, che accanto a strumenti normativi (regolamenti, direttive,
raccomandazioni), sono disponibili altri strumenti che, in circostanze specifiche, possono
essere utilizzati per raggiungere gli obiettivi del Trattato semplificando nel contempo
l’attività normativa e la legislazione stessa (coregolamentazione, autoregolamentazione,
accordi settoriali volontari, metodo di coordinamento aperto, interventi finanziari,
campagne di informazione). Sul ruolo svolto dal soft law nella prospettiva attuale di un
mercato globale, C. CONTE, Codici etici e attività d’impresa nel nuovo spazio globale di
mercato, in Contr. impr., 2006, p. 108 ss.
359
Punti 56 e 57.
360
V. P. ROSSI, Il Diritto privato europeo nella comparazione tra sistemi giuridici
nazionali, Torino, 2005, p. 39 ss.
361
Punti 59 e 60. Nel contempo, nella stessa Comunicazione la Commissione propone
anche di «promuovere l’elaborazione di clausole contrattuali standards valide in tutta
l’Unione», con riguardo alle quali si prospetta la creazione di un sito web destinato ad
accogliere le relative informazioni e ad offrire orientamenti sul loro uso (punti 81 - 88).
130
o meno di misure non settoriali, quali l’adozione di uno strumento
opzionale, per risolvere i problemi rilevati nell’ambito del diritto
contrattuale europeo»362; strumento che dovrebbe configurarsi come
«un corpus moderno di regole particolarmente adattate ai contratti
transfrontalieri nel mercato interno»363. Rispetto ad esso ci si
interroga sui contenuti e sulla forma che dovrebbe presentare,
nonché sulla base giuridica su cui fondarlo, e viene individuato nella
libertà contrattuale uno dei suoi principi ispiratori, con la
conseguenza che viene riconosciuta alle parti la possibilità di
scegliere se aderirvi o meno qualora questo «rispondesse ai loro
bisogni economici o giuridici più appropriatamente che il diritto
nazionale che sarebbe stato definito, sulla base delle regole del diritto
internazionale privato, quale legge applicabile al contratto»364.
Da parte sua il Parlamento europeo con la Risoluzione del 2
settembre 2003365, invita la Commissione a presentare il CFR sotto
forma di clausole contrattuali standard da rendere accessibile ai
giudici, agli avvocati, ai notai, alle imprese ed ai consumatori, ed a
predisporre uno «strumento opzionale» da applicare, in particolare,
nei settori dei contratti dei consumatori e dei contratti assicurativi366.
Viene, poi, richiesto, da un lato, di elaborare sulla base del quadro
comune di riferimento un «corpus regolamentare» che le parti
inizialmente potrebbero utilizzare in forma soltanto volontaria e che
potrebbe divenire vincolante per loro dopo un certo lasso di tempo; e,
dall’altro lato, si intende promuovere l’impiego del CFR anche nei
processi arbitrali367.
362
Punto 62.
Punto 90.
364
Punto 92. Sottolinea questo aspetto M. MELI, Armonizzazione del diritto contrattuale
europeo e Quadro comune di riferimento, in Eur. dir. priv., 2008, p. 70, secondo la quale il
CFR si colloca «in una prospettiva volta al superamento della mera armonizzazione delle
regole di conflitto». Cfr., E. FERRANTE, Brevi note a margine del «Piano d’azione» sul diritto
contrattuale europeo, in Contr. impr./Eur., 2003, p. 698.
365
In G.U.C.E. C 76 E, del 25 marzo 2004, p. 95.
366
Punti 13 e 14.
367
Punti 15 e 16.
363
131
Le linee di sviluppo del quadro comune di riferimento risultano,
poi, definite dalla Commissione nella Comunicazione, adottata l’11
ottobre 2004, intitolata «Diritto contrattuale europeo e revisione
dell’acquis: prospettive per il futuro»368 che indica quali profili
problematici da superare con esso: «l’utilizzo -nelle direttive- di
termini giuridici astratti di cui non viene fornita alcuna definizione o
che sono definiti in maniera troppo generale; l’esistenza di settori in
cui l’applicazione delle direttive non risolve in concreto i problemi;
l’esistenza di differenze tra le norme nazionali di recepimento
riconducibili al fatto che le direttive in materia di protezione dei
consumatori si fondano sull’armonizzazione minima; incoerenze nel
diritto contrattuale europeo»369. Per affrontare queste questioni la
Commissione propone, quindi, di procedere innanzitutto al riesame
dell’acquis in materia di diritto dei consumatori370, sul presupposto
che il diritto contrattuale comunitario in materia di tutela dei
consumatori si configura come il diritto contrattuale meglio
articolato371. Ed in questo àmbito si considera che la revisione di
questa normativa debba essere realizzata attraverso «non solo un
esame delle direttive in sé ma anche uno studio delle loro modalità di
368
COM(2004) 651 def., in G.U.C.E. C 14 del 20 gennaio 2005, p. 5.
Punto 2.1.1.
370
Si tratta di una previsione che corrisponde ad uno degli obiettivi indicati nella
Comunicazione della Commissione, del 7 maggio 2002, al Parlamento europeo, al Consiglio,
al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Strategia per la politica
dei consumatori 2000-2006» (COM(2002)208 def., in G.U.C.E. C137 del 8 giugno 2002, p.
2). V., in particolare, il punto 3 della Comunicazione, ove viene indicato come «Obiettivo 1:
“un elevato livello comune di protezione dei consumatori”» ed è stabilita la necessità di «fare
di più per consentire ai consumatori e alle imprese di usufruire dei vantaggi del mercato
interno; a tal fine è essenziale l’introduzione di regole e pratiche comuni a tutela dei
consumatori in tutta Europa. Ciò significa passare dall’attuale situazione caratterizzata da
norme diverse in ciascuno Stato membro ad un contesto più coerente per la tutela dei
consumatori in tutta l’UE».
371
Lo stretto legame tra il diritto contrattuale europeo ed il diritto dei consumatori viene
posto in evidenza da L. ROSSI CARLEO, Art. 3, Definizioni, comma 1, lett. f), codice, in G. ALPA e
L. ROSSI CARLEO (a cura di), Codice del consumo. Commentario, cit., p. 92 ss.; STAUDENMAYER,
The Way Forward in european Contract Law, in Eur. Rev. Private Law, 2005, p. 95 ss.; S.
CÁMARA LAPUENTE, El futuro del Derecho de consumo en el nuevo intorno del Derecho
contractual europeo, in M. J. REYES LÓPEZ(a cura di), Derecho privado de consumo, cit., p. 45
ss.; A. DE LEÓN ARCE, El consumo como realidad social, económica y jurídica, in A. DE LEÓN e
L. M. GARCÍA GARCÍA, Derechos de los consumidores y usuarios (Doctrina, normativa,
jurisprudencia, formularios), I, cit., p. 81 ss.
369
132
applicazione e dei mercati a cui esse sono destinate (ovvero norme
nazionali di recepimento, giurisprudenza, autoregolamentazione,
enforcement, grado concreto di osservanza, sviluppi a livello di
pratiche commerciali, tecnologie, e aspettative dei consumatori)»372.
Più in generale, poi, il quadro comune di riferimento viene
descritto come strumento a cui il legislatore comunitario potrà
ricorrere
al
fine
di
realizzare
una
semplificazione
ed
un
miglioramento dell’acquis, in conformità con l’obiettivo di assicurare
l’elevata qualità della normativa e con l’impegno delle stesse
istituzioni europee di promuovere la semplicità, la chiarezza e la
coerenza dei testi legislativi373. E nel contempo, si prospetta un più
ampio impiego del quadro comune di riferimento: da un lato,
potranno ricorrervi pure i legislatori nazionali al momento del
recepimento di norme in materia di diritto contrattuale che siano già
state oggetto direttive comunitarie, ovvero anche quelle inerenti
settori non ancora disciplinati a livello comunitario; dall’altro lato, si
auspica un suo utilizzo nell’àmbito della giustizia arbitrale «per
risolvere in modo equilibrato ed equo le controversie insorte tra le
parti di un contratto»; dall’altro lato ancora si considera che esso
potrà «costituire una fonte di ispirazione della Corte di giustizia delle
372
In particolare oggetto dell’indagine sono otto direttive (la n. 577 del 1985 sui contratti
conclusi fuori dei locali commerciali, la n. 314 del 1990 sui pacchetti vacanze, la n. 13 del
1993 sulle clausole abusive, la n. 47 del 1994 sulla multiproprietà, la n. 7 del 1997 sui
contratti a distanza, n. 6 del 1998 sull’indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai
consumatori, la n. 27 del 1998 sulle ingiunzioni per la protezione degli interessi dei
consumatori, la n. 44 del 1999 su alcuni aspetti della vendita di beni di consumo e sulle
garanzie relative), sulle quali, v. infra, si sofferma il Libro verde dell’8 febbraio 2007.
È previsto dalla Commissione che l’analisi di questi provvedimenti dovrebbe, poi,
tradursi: nella elaborazione di una banca dati pubblica, comprendente la legislazione e la
giurisprudenza nazionali; nella istituzione di un gruppo di lavoro permanente di esperti degli
Stati membri quale forum per lo scambio di informazioni ed il dibattito sull’attuazione
dell’acquis; nella elaborazione di relazioni sull’attuazione delle direttive concernenti
l’indicazione dei prezzi, i contratti a distanza, la vendita dei beni di consumo e i
provvedimenti inibitori, con la consultazione in proposito anche delle parti interessate e
l’organizzazione di opportuni seminari.
373
Sulle caratteristiche del Common Frame of Reference v., per tutti, R. SCHULTZE,
Princípi nella conclusione dei contratti nell’Acquis communautarie, in Contr. impr./Eur.,
2005, p. 404 ss.; P. ROSSI, Diritto privato europeo e terminologia uniforme, ivi, 2005, p.
889 ss.; A. GAMBARO, La riforma del diritto italiano nella prospettiva del diritto europeo dei
contratti, in Atti del Convegno “Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una
riforma?”, cit., p. 27 ss.
133
Comunità europee nell’interpretazione dell’acquis in materia di
diritto contrattuale»374.
Muovendo da questa prospettiva, nel percorso verso la costruzione
di un diritto contrattuale europeo appaiono forti le attese che la
Commissione ripone nella predisposizione di un quadro comune di
riferimento375, mentre ancora cauto376 si presenta l’interesse verso
l’adozione di condizioni e clausole contrattuali standard ovvero verso
la realizzazione di uno strumento opzionale, all’interno del quale
stabilire misure non settoriali, quale potrebbe essere un «codice civile
europeo»377. E tutto ciò trova conferma nella «Prima relazione sullo
stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto contrattuale e di
revisione dell’acquis» presentata dalla Commissione il 23 settembre
2005378. Qui, in particolare, risulta essere assente qualsiasi cenno alla
possibilità di realizzare un «codice civile europeo» e vengono
illustrati dei risultati ottenuti nel corso dei lavori sul CFR che,
anziché avere una portata generale relativa ad una più vasta
armonizzazione del diritto contrattuale europeo, si riferiscono
soltanto alla normativa in materia di tutela dei consumatori,
riconoscendo che la «revisione di tale acquis alimenterà lo sviluppo
374
Punto 2.1.2. Si soffermano sulle diverse funzioni attribuite dalla Commissione al
quadro comune di riferimento G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame
of Reference e sulla revisione dell’acquis communautaire, cit., p. 157 ss., secondo i quali esso
viene a configurarsi come «una sorta di armamentario concettuale-normativo da cui estrarre
gli utensili necessari a procedere alla revisione dell’attuale acquis».
375
Al punto 3 e seguenti della Comunicazione, la Commissione indica le linee che
dovrebbero essere seguite nella preparazione ed elaborazione del quadro comune di
riferimento. In particolare è stato previsto il finanziamento di una ricerca triennale, la
costituzione di un CFR-network, nel cui àmbito sono stati programmati incontri, seminari di
approfondimento con coinvolgimento dei ricercatori, di esperti e delle parti interessate. La
consegna della relazione prevista per il 2007 è stata rispettata ed il testo definitivo dovrà
essere adottato nel 2009.
376
In questi termini, G. ALPA e C. CONTE, o.c., p. 159.
377
Punto 2.3.
378
COM(2005) 456 def.
L’iniziativa ha ottenuto anche il sostegno del Consiglio europeo, il quale nelle
conclusioni del 5 novembre 2004 ha adottato, dando seguito al Consiglio europeo di
Tampere, il cosiddetto programma dell’Aia, che comprende il Common Frame of Reference.
Successivamente, la Commissione ha incorporato il CFR nel suo Piano d’azione del 10
maggio 2005, che è stato a sua volta approvato dal Consiglio. Inoltre, nella Risoluzione sul
programma legislativo e sul programma di lavoro della Commissione per il 2005, il
Parlamento europeo ha invitato quest’ultima a portare avanti l’iniziativa ed ha sottolineato il
suo desiderio di parteciparvi attivamente.
134
del più ampio CFR»379. In tale contesto, secondo la Commissione
risulta necessario fissare la definizione di termini giuridici astratti e,
qualora sia necessario, procedere ad una differenziazione settoriale
degli stessi. Inoltre, si considera di «cruciale importanza» distinguere
i contratti tra imprenditori dai contratti conclusi tra un imprenditore
ed un consumatore, sul rilievo che «la normativa in materia di tutela
dei consumatori rimedia agli squilibri strutturali esistenti tra
consumatori e commercianti. Le decisioni di natura politica possono
dunque differire a seconda che si tratti di una fattispecie di tipo B2C
o B2B. Per ottenere soluzioni sufficientemente differenziate, sembra
indicato procedere caso per caso individuando le situazioni che
richiedono norme diverse da quelle generali e proponendo le relative
norme particolari»380. Con riguardo, poi, alle modalità attraverso le
quali porre in essere concretamente l’attività di revisione viene
prospettata la scelta tra due soluzioni: «a) adottare un approccio
verticale consistente nel rivedere singole direttive già esistenti (ad
esempio, revisione della direttiva sul godimento a tempo parziale di
beni immobili) o nel proporre nuovi atti normativi riguardanti settori
specifici», ovvero «b) adottare un approccio più orizzontale,
consistente nell’adottare uno o più strumenti quadro riguardanti
aspetti comuni dell’acquis»381.
Tutti questi aspetti costituiscono oggetto di specifica analisi del
successivo Libro verde pubblicato dalla Commissione europea l’8
379
Punto 2.6.1. Sui vari criteri per delimitare, preliminarmente l’area dell’acquis G. ALPA
e M. ANDENAS, Fondamenti di diritto privato europeo, cit., p. 332.
380
Punto 2.6.3.
381
L’impostazione dei lavori offerta dalla Commissione viene confermata anche nella
Risoluzione del Parlamento europeo «sul diritto contrattuale europeo e la revisione
dell’acquis: prospettive per il futuro», del 23 marzo 2006, ove, in particolare, viene
approvata la limitazione dell’intervento di revisione alla sola disciplina vigente in materia di
protezione dei consumatori sebbene venga riconosciuto che «l’iniziativa in materia di diritto
contrattuale europeo persegue l’obiettivo più ambizioso di garantire e sviluppare la coerenza
del diritto contrattuale nel suo insieme». Ed in questo senso nella Risoluzione «sul diritto
contrattuale» del 7 settembre 2006 (in G.U.C.E. C 292 E dell’11 dicembre 2006, p. 109), il
Parlamento europeo chiede alla Commissione «di portare avanti, parallelamente all’attività
di revisione dell’acquis in materia di tutela dei consumatori, il progetto di un più ampio
QCR».
135
febbraio 2007382 e dedicato alla revisione dell’acquis relativo ai
consumatori, il quale viene presentato come il documento che
«conclude la fase diagnostica della revisione, sintetizza i risultati
iniziali cui è pervenuta la Commissione e sollecita pareri in merito a
certe opzioni in materia di riesame dell’acquis relativo ai
consumatori». In esso viene specificato che obiettivo del riesame è
quello di raggiungere un «giusto equilibrio tra un elevato livello di
tutela dei consumatori e la competitività delle imprese», che sia tale
da poter consentire di affermare nei confronti di tutti i consumatori
comunitari «ovunque vi troviate nell’UE o ovunque facciate acquisti a
partire dall’UE non fa nessuna differenza: i vostri diritti essenziali
sono gli stessi»383. E ciò dimostra come la figura della personaconsumatore assuma, anche in àmbito contrattuale, un ruolo centrale
nel più vasto contesto normativo comunitario384.
Ciò posto le principali questioni individuate dalla Commissione
sono: la necessità di adeguare la disciplina esistente ai «nuovi
sviluppi
del
mercato»,
tenendo
conto
in
particolare
delle
problematiche sollevate dal ruolo crescente della tecnologia digitale e
dei servizi digitali; la «frammentazione delle regole» e la diversità
della normative nazionali di recipimento delle direttive europee385,
che rende possibile l’introduzione di diversi livelli di protezione nei
382
In G.U.C.E. C 61, del 15 marzo 2007, p. 1.
383
In questa direzione si ricollega al Libro verde la Comunicazione della Commissione al
Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo, del 13 marzo
2007, «Strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013» (COM(2007) 99 def.),
la quale considera come «priorità» raggiungere una «migliore regolamentazione della
protezione dei consumatori» (punto 4).
384
Così, L. ROSSI CARLEO, La codificación sectorial, entre límites y oportunidad: el código
italiano de consumo, in Revista de Derecho Patrimonial, 2006, p. 40, secondo la quale, in
àmbito europeo, il diritto di consumo viene considerato parte integrante del programma
«“para una mejor reglamentación” en materia de derecho contractual europeo, lo que
confirma la centralidad de la persona-consumidora también en sede contractual, que no es
considerada ya una isla autónoma respecto a todo el contexto institucional para quedar
integrada en la compleja dinámica que afecta al marco en su conjunto».
385
L’elevatissimo numero di disposizioni vigenti in tutti gli Stati membri dell’Unione che
hanno dato attuazione alle normative comunitarie in tema di tutela dei consumatori sono
state tutte raccolte nel Compendium CE de Droit de la consommation coordinato dal Prof.
Hans
Schulte
Nolke
dell’Università
di
Bielefeld,
pubblicato
in
ec.europa.eu/consumers/rights/docs/consumer_law_compendium_comparative_
analysis_fr_final.pdf.
136
singoli Stati membri (anche più elevati di quelli previsti dalle stesse
Direttive)386 e che considera causa della «mancanza di fiducia» dei
consumatori nella possibilità di effettuare acquisti oltre frontiera387.
Su queste basi la Commissione con il Libro verde avvia una
consultazione pubblica sulle tematiche sollevate dal riesame
dell’acquis relativo alla tutela del consumatore, estendendo il
dibattito a tutti i soggetti interessati, ai quali sono sottoposti, sotto
forma di questionario, ventotto proposte d’intervento388.
Ne emerge un quadro in cui appare evidente come la revisione
dell’acquis possa contribuire notevolmente ad accelerare il processo
di armonizzazione del diritto contrattuale europeo389. Ed in
particolare, l’importanza del ruolo svolto dal diritto dei consumatori
nel costruzione del CFR emerge nella «Seconda relazione sulla stato
di avanzamento relativo al quadro comune di riferimento» del 25
luglio 2007390. Qui la Commissione dopo aver sintetizzato i risultati
ottenuti durante i seminari svoltisi in tema di «diritto contrattuale
comunitario dei consumatori»391, di «altri acquis del diritto europeo
386
In particolare il Libro verde fa riferimento al fatto che «ad esempio, la lunghezza del
periodo di riflessione per le vendite transfrontaliere varia tra gli Stati membri determinando
incertezze per i consumatori. Lo stesso vale per le modalità atte a far valere il diritto di
recesso e il costo della restituzione dei beni».
387
V. punti 3.1, 3.2 e 3.3 del Libro verde. Cfr. i rilievi dell’Eurobarometro «La protezione
dei
consumatori
nel
mercato
interno»
n.
186
del
2006,
in
ec.europa.eu/consumers/topics/eurobarometer_09-2006_en.pdf.
388
La consultazione si è chiusa il 15 maggio 2007.
389
V. in questo senso le considerazioni di R. SCHULTZE, Principi sulla conclusione dei
contratti nell’acquis communautaire, in Contr. impr./Eur., 2005, p. 405; G. PAISANT, La
révision de l'acquis communautaire en matiére de protection des consommateurs – A
propos du Livre vert du 8 février 2007, in JCP, 2007, I, p. 152; A. MARAIS, Le code européen
de la consommation, premier acte vers un code européen des contrats?, in RDC, 2007, p.
901; J. Stuck e E. Terryn, Le droit européen de la consommation: développements récents,
in Journ. G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla
revisione dell’ acquis communautaire, cit., p. 159
390
COM (2007)447 def.
391
Punto 3.1. All’interno di questa sezione vengono analizzate varie questioni, quali, in
particolare: la portata della nozione di consumatore e di professionista; il campo di
applicazione delle clausole vessatorie e l’operatività del «test di abusitività» nei confronti
delle clausole negoziate individualmente e di quelle inerenti l’oggetto principale del
contratto e l’adeguatezza del prezzo; le informazioni pre-contrattuali con specifico
riferimento all’individuazione del contenuto degli obblighi di informazione in materia di
beni e di servizi e ai possibili ricorsi esperibili in caso di inadempimento di essi. Oggetto di
peculiare approfondimento sono, poi, le problematiche inerenti le «vendite ai consumatori»,
rispetto alle quali sono discussi i temi: della gerarchia dei mezzi di ricorso in caso di mancata
137
dei contratti»392 e di «diritto generale dei contratti»393, chiarisce che
finalità del CFR è quella di essere «uno strumento propizio ad una
migliore regolamentazione», riconoscendo che ciò rappresenta «un
esercizio a lungo termine che intende garantire la coerenza e la buona
qualità della legislazione comunitaria nel settore del diritto dei
contratti». Esso si considera, inoltre, volto a «definire chiaramente i
termini giuridici, i principi fondamentali e le norme moderne e
coerenti del diritto dei contratti per la revisione della legislazione
settoriale esistente e per la preparazione di nuovi testi, nel caso fosse
necessario», ma viene, espressamente, specificato che «non è
destinato a garantire un’armonizzazione su vasta scala del diritto
privato o a trasformarsi in un codice civile europeo».
Così,
le
ambizioni
iniziali
della
Commissione
risultano
chiaramente ridimensionate e questo troverebbe spiegazione nella
presa di coscienza dell’opportunità di indirizzare i lavori di
realizzazione del CFR verso finalità più immediate e facilmente
conformità; della individuazione delle situazioni in cui si può verificare la «rottura» del
contratto; della fissazione del «periodo di notifica» al venditore dei difetti scoperti
dall'acquirente. Inoltre vengono esaminati gli aspetti dubbiosi inerenti il «diritto di recesso»,
tra cui, in modo specifico: l’operatività del diritto ai soli contratti tra commerciante e
consumatore, le modalità di esercizio del diritto e la necessità o meno di indicarne i motivi, il
temine entro il quale esercitare il diritto e l’opportunità di individuare una durata identica
per tutte le tipologie contrattuali. Infine, altra materia affrontata è quella del «diritto dei
consumatori al risarcimento dei danni e responsabilità dei produttori» e vengono prese in
considerazione soprattutto le questioni relative: alla natura oggettiva ovvero soggettiva di
tale responsabilità; alla nozione di risarcibile e alla possibilità di ricomprendervi non solo la
perdita effettiva ma anche la mancanza di futuri profitti e le perdite non pecuniarie;
all’estensione della responsabilità pure nei confronti di qualsiasi intermediario della catena
commerciale; all'onere della prova; ai termini massimi relativi all’esercizio dei diritti dei
consumatori e alla responsabilità in caso di vendita di beni di seconda mano.
392
Punto 3.2. In questo àmbito nel corso dei seminari sono stati sottoposti a dibattito il
«diritto delle assicurazioni» e la relativa disciplina degli obblighi di divulgazione gravanti sul
richiedente e sull’assicuratore; ed il «commercio elettronico (e-commerce)», di cui sono
state approfondite le problematiche relative ai contratti non sollecitati e all’opportunità di
estendere il divieto di fornire beni e servizi non richiesti anche ai contratti tra professionisti,
nonché le questioni inerenti il diritto di revoca e alla definizione di «messaggio giunto a
destinazione, inviato e trasferito» nelle comunicazioni elettroniche.
393
Punto 3.3. Con riferimento a questa materia i principali temi affrontati sono stati:
l’individuazione delle ipotesi in cui una dichiarazione «dà luogo ad un obbligo contrattuale»,
la natura e gli effetti delle clausole implicite e gli effetti del contratto a favore di un terzo. Nel
contempo, tenuto conto della recente evoluzione constatata negli Stati membri della
disciplina del contratto di agenzia ci si è occupati delle definizioni di «agente» e
«rappresentante» e della «distinzione tra rappresentanza diretta e indiretta».
138
perseguibili394, tenuto conto anche che, come evidenziato nei vari
documenti, è la scarsa chiarezza in ordine ai contenuti ed alle forme
di elaborazione del CFR la ragione che ha spinto le istituzioni
comunitarie a concentrare la propria attenzione esclusivamente verso
la revisione dell’acquis in materia di tutela del consumatore395.
Va, invece, registrato un diverso atteggiamento del Parlamento
europeo il quale nella Risoluzione del 12 dicembre 2007 sul diritto
contrattuale
europeo396,
sottolinea
espressamente
«la
sua
convinzione che un approccio orientato verso una migliore
regolamentazione in materia di CFR significhi che quest’ultimo non
può essere limitato esclusivamente a questioni relative al diritto
contrattuale dei consumatori, ma deve focalizzarsi su questioni di
diritto contrattuale generale»397. E tale impostazione appare
sicuramente condivisibile poiché l'elaborazione di un quadro
generale di riferimento, applicabile a diverse tipologie contrattuali,
oltre al rapporto di consumo, risulta maggioremente coerente con
l'idea di costruire un diritto privato che sia proprio dei «cittadini
europei».
In questo quadro, devono essere analizzati i risultati che sono,
ad oggi, raggiunti nel Draft Common Frame of Reference (DCFR)
realizzato dal Study Group on European Contract Law, dall’Acquis
Group e dall’Insurance Group, e pubblicato il 29 dicembre 2007398.
Nella sua introduzione esso viene presentato come un documento al
quale va attribuita una valenza prettamente accademica e non politca
e come un lavoro provvisorio, ossia come una sorta di possibile
394
G. ALPA e C. CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla
revisione dell’ acquis communautaire, cit., p. 169.
395
G. ALPA e C. CONTE, o.l.c.
396
P6_TA(2007)0615, consultabile in www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?
type=TA&reference=P6-TA-2007 0615&language=IT#def_1_8. In proposito, G. ALPA e C.
CONTE, Riflessioni sul progetto di Common Frame of Reference e sulla revisione dell’acquis
communautaire, cit., p. 170, i quali evidenziano che «il ridimensionamento impresso al
progetto del CFR da parte della Commissione ha fatto esplodere in tutta la sua evidenza, la
latente dialettica che da sempre caratterizza i rapporti tra la Commissione stessa e il
Parlamento con l’armonizzazione del diritto privato».
397
Punto 8.
398
Pubblicato in www.law-net.eu.
139
modello di stesura del documento definitivo che potrà adottare la
Commissione europea.
L'intitolazione dello stesso Draf rende chiara la funzione assegnata
al Common Frame of Reference, il quale è chiamato a contenere
Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law.
Ed a tal fine viene specificato che le «definizioni»399 rispondono
all’esigenza di sviluppare una terminologia giuridica comune tra i
diversi Stati400, mentre alle «regole» dei singoli istituti di diritto
privato401 va attribuito il valore di soft law rules e, pertanto, si ritiene
che esse non rappresentino un corpo di regole vincolanti402.
Entrambe, poi, si considerano espressione di princípi fondamentali
che, tenuto conto del contesto sociale ed economico europeo e delle
esperienze normative maturate nei vari ordinamenti nazionali, sono
identificati nella giustizia, nella libertà, nella protezione dei diritti
umani, nel benessere economico, nella solidarietà e responsabilità
sociale403.
I redattori del Draf si preoccupano, inoltre, di puntualizzare che si
il diritto dei contratti rappresenta soltanto «una parte» del diritto
privato ed, infatti, viene programmato per il futuro un ampliamnento
dell'indagine in materia di diritto proprietà404. Ed in questa
prospettiva generale viene indicato che in àmbito contrattuale la
materia della tutela del consumatore rappresenta soltanto una
componente del diritto contrattuale, anche se viene confermato il suo
ruolo di primaria importanza per la definizione di regole
fondamentali del contratto in genere405.
399
Esse sono contenute nell'Allegato I del Draf (p. 321 ss.).
V. il punto 12 del Draf (p. 9)
401
Si articola in sette libri dedicati: alle General provisions (I); ai Contracts and other
juridical acts (II); alle Obligations and corresponding rights (III); a Specific contracts and
the rights and obligations arising from them (IV); a Benevolent intervention in another’s
Affairs (V); a Non-Contractual liability arising out of damage caused to another (VI); al
Unjustified enrichmen (VII).
402
V. il punto 13 del Draf (p. 10).
403
V. il punto 22 del Draf (p. 13).
404
V. il punto 42 del Draf (p. 20).
405
V. i punti 62 - 76 del Draf (p. 30 ss.), ove si rinvia ai quesiti del Libro verde del 2007.
400
140
4. Nel dibattito inerente il processo di armonizzazione del diritto
privato europeo, accanto all'attività posta in essere dalle istituzioni
comunitarie, un ruolo rilevante rivestono le proposte formulate da
gruppi di studiosi, le quali si occupano di questa tematica in vario
modo, ma in ogni caso viene in evidenza come tutte offrano una
visione generale della disciplina contrattuale.
Così, i Principles of European Contract Law redatti dalla
Commissione Lando, vengono presentati come un corpo di «norme
generali di diritto dei contratti nell’Unione europea» (art.1:101,
comma 1), che possono trovare applicazione nel caso in cui le parti
stabiliscano che il contratto sia regolato da essi, ovvero quando le
parti decidano di utilizzare tali principi quale modello nella redazione
delle clausole contrattuali, lasciando che il contratto rimanga
regolato per il resto dalla legge nazionale applicabile (comma 2) 406.
Allo
stesso
modo
nel
Preambolo
dei
Principles
of
International Commercial Contracts elaborati dall’Unidroit, si
afferma che essi rappresentano «regole generali in materia di
contratti commerciali internazionali», che si applicano quando le
parti hanno convenuto che il loro contratto sia da essi disciplinato
ovvero quando facciano riferimento ai «principi generali del diritto»,
alla lex mercatoria o simili407.
Il
Code
Européen
des
Contrats
dell’Accademia
dei
Giusprivatisti Europei di Pavia si apre, poi, con una nozione generale
di contratto che, in conformità con quelle vigenti nei vari codici
nazionali,
prescinde da una qualifica soggettiva speciale e viene
406
Per un'analisi v. O. LANDO e H. BEALE, Principles of European Contract Law, Parts I
and II, Combined and revised, The Hague-London-Boston, 2000; O. LANDO, E. CLIVE, A.
PRÜME e R. ZIMMERMANN, Principles of European Contract Law, Part IIII, , The HagueLondon-New York, 2003; C. CASTRONOVO (a cura di), Princípi di diritto europeo dei contratti,
Parti I e II, Milano, 2001.
407
Su di essi v. UNIDROIT, INTERNATIONAL INSTITUTE FOR UNIFICATION OF PRIVATE LAW, Principles of
International Commercial Contracts, Roma, 1994; UNIDROIT – ISTITUTO INTERNAZIONALE PER
L’UNIFICAZIONE DEL DIRITTO PRIVATO, Princípi Unidroit dei contratti commerciali internazionali,
versione it. a cura di M. J. Bonell e P. Carlini Prosperetti, Roma, 2004.
141
definito come «l'accordo di due o più “parti” volto a regolare,
modificare o estinguere un rapporto giuridico» (art. 1)408.
In questo contesto, particolare attenzione va, inoltre, riservata
alla lavoro svolto dall'Acquis Group, ossia dal gruppo di studio
incaricato dalla stessa Commissione europea di condurre un’indagine
sull'attuazione di alcune direttive relative ai diritti dei consumatori. I
risultati di questo studio sono stati recentemente pubblicati e
formano i Principles of Existing EC Contract Law (ACQP)409. A
questi viene assegnata la funzione di essere un «punto di riferimento
fondamentale
per
l'elaborazione,
per
il
recepimento
e
per
l'interpretazione del diritto comunitario» (art. 1:101, comma 2) e
sono elaborati seguendo un approccio di tipo orizzontale. Vengono,
infatti, stabilite delle regole comuni all’intera materia dei rapporti di
consumo, cercando di adattarle ai più recenti sviluppi della
tecnologia e del mercato; il tutto senza trascurare il rilevante
contributo offerto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Così,
con l'obiettivo di realizzare una sistematizzazione della disciplina
vigente si è provveduto a definire la nozione di consumatore e di
professionista410; sono stabilite regole e princípi comuni in materia di
forma, di obblighi di informazione, di conclusione del contratto e di
recesso del consumatore. Vengono, poi, disciplinati i contratti
standards ed i rimedi in caso di inadempimento.
408
In generale sul lavoro svolto dal gruppo di studio presieduto prof. Giuseppe Gandolfi v.
ACADEMIE DES PRIVATISTES EUROPEENS, Code Européen des Contracts. Avant-projet. Livre
premier, coord. G. Gandolfi, ed. rev. e corr., Milano, 2004; ACCADEMIA DEI GIUSPRIVATISTI
EUROPEI, Codice europeo dei contratti, Libro secondo, artt. 174-220, in Eur. dir. priv., 2006,
p. 1235, nonché, per una sintesi dei suoi contenuti, G. GANDOLFI, Il libro secondo “Des
Contrats en particuler” del “Code Européen des Contracts”, in Riv. dir. civ., 2005, p. 653 ss.
409
La loro presentazione si è svolta nel corso del convegno dal titolo «I Principi Acquis
del diritto comunitario dei contratti», Ferrara, 26 – 27 giugno 2008.
410
Trovano conferma le definizioni predisposte dal legislatore comunitario ed in
particolare il consumatore è definito come «qualsiasi persona fisica che agisca
prevalentemente per scopi estranei alla sua attività professionale» Su cui v. L. DI NELLA, Le
nozioni di consumatore e di professionista: i contratti del consumatore, relazione tenuta al
convegno «I Principi Acquis del diritto comunitario dei contratti», Ferrara, 26 – 27 giugno
2008.
142
Capitolo IV
Verso un diritto del consumo:
le «opzioni» preferibili.
143
Sommario. I quesiti del Libro verde e l'obiettivo dell’armonizzazione: le tecniche
legislative e gli strumenti più adeguati. - 2. L'introduzione del principio generale di buona
fede e correttezza. La sua vigenza nel diritto interno ed in quello europeo. Il suo
riferimento per l'attuazione dei princìpi di proporzionalità, ragionevolezza e adeguatezza.
1. Il Libro verde si propone come obiettivo dichiarato quello di
realizzare un intervento di armonizzazione delle norme emanate
sinora a livello comunitario, allo scopo di eliminare contraddizioni e
lacune nell’acquis comunitario esistente; di realizzare l’adeguamento
dell’acquis alle nuove tecnologie e in particolare alle negoziazioni on
line; di rendere coerente il sistema nel suo complesso eliminando
contraddizioni e conflitti di norme anche a livello dei sistemi
normativi nazionali. Tutto ciò nella consapevolezza che l’esistenza
nelle varie direttive di clausole che rendono possibile l’introduzione
di diversi livelli di protezione nei singoli Stati membri (anche più
elevati di quelli previsti dalle stesse direttive) disorienta consumatori
ed imprese: i primi, infatti, si trovano in una situazione di incertezza
sul livello di tutela assicurato loro dagli altri ordinamenti qualora
compiono degli acquisti in uno Stato dell’Unione diverso da quello di
appartenenza; le seconde possono trovare degli ostacoli alla
commercializzazione dei propri prodotti e servizi, in conseguenza
delle diverse regole che potrebbero essere tenute a rispettare nel
Paese ove intendono compiere una certa operazione commerciale.
Queste considerazioni rendono evidente come la tecnica
legislativa finora utilizzata dal legislatore comunitario non abbia
portato a dei risultati convenienti per i soggetti coinvolti nel rapporto
di consumo e, nel contempo, non abbia favorito il consolidamento di
un mercato comune tra i vari Stati membri dell'Unione. Più in
particolare viene criticato il ricorso allo strumento della «direttiva»
mediante la quale si è provveduto a predisporre una legislazione per
«tipi» contrattuali411, ossia a disciplinare, volta per volta, in maniera
411
Per un approfondimento di questi aspetti v., per tutti, M. BONVITA, “Tipicità e tecniche
144
diretta una determinata fattispecie contrattuale, regolando ogni
singolo aspetto di essa. Il risultato che ne è derivato è stata
l'introduzione di una disciplina disorganica, che nel complesso offre
all'interprete uno scenario normativo con dei risvolti spesso
parodossali, potendosi presentare delle «soluzioni diverse per
situazioni analoghe e soluzioni identiche per situazioni diverse, con
conseguente violazione del principio di eguaglianza, fondamentale
anche nel diritto comunitario»412.
È
in questa ottica che va, pertanto, cercata la soluzione ai quesiti posti
dal Libro verde su quale debba essere l'«approccio» migliore per
procedere ad una revisione dell'acquis e, nel contempo, stabilire
quale sia il «grado di armonizzazione» che si intende conseguire. In
particolare,
la
Commissione
ha
sottoposto
la
preliminare
problematica di individuare la modalità migliore mediante la quale
procedere alla revisione dell’acquis comunitario, proponemdo quali
«possibili opzioni per il futuro» l’alternativa tra un approccio di tipo
verticale (opzione I) o un approccio misto (opzione II), ovvero la
scelta di non intraprendere alcuna azione legislativa (opzione III). In
realtà la soluzione a tale interrogativo risulta già individuata dalla
stessa Commissione nel Libro verde, ove se, da un lato, viene
attribuita all’approccio verticale la possibilità di eliminare le
incoerenze delle varie direttive, dall’altro, è riconosciuto che ciò
«richiederebbe però tempi molto più lunghi e potrebbe non
raggiungere l’effetto di semplificazione proprio dell’approccio
orizzontale»413. Diversamente si considera che l’approccio orizzontale
«semplificherebbe
e
razionalizzerebbe
l’acquis
relativo
ai
consumatori in linea coi principi di una migliore regolamentazione.
Esso abrogherebbe, mediante rifusione, in toto o in parte le esistenti
di tipizzazione nel diritto europeo dei contratti, in P. PERLINGIERI e F. CASUCCI (a cura di),
Fonti e tecniche legislative per un diritto contrattuale europeo, cit., p. 231 ss.
412
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 260.
413
Punto 4.1. A maggior ragione nel caso di assenza di qualsiasi azione legislativa, come
prospettato dalla terza opzione, permarrebbero le incoerenze tra la diverse direttive e la
frammentazione normativa (punto 4.3).
145
direttive a tutela dei consumatori, riducendo così il volume
dell’acquis»414. In altri termini, con l’approccio orizzontale verrebbe
elaborato un unico strumento nel quale ricondurre ad unità gli
aspetti comuni delle varie discipline che si trovano frammentati
nell’àmbito delle varie direttive, con la possibilità, laddove ciò sia
necessario, di adottare specifiche regole settoriali.
La Commissione si mostra, pertanto, consapevole del fatto che
il ricorso, fin qui operato dal legislatore comunitario, ad una
normazione settoriale non sia più idoneo a realizzare le condizioni di
mercato unico, non riuscendo a garantire un trattamento uniforme a
fattispecie identiche o che comunque presentano aspetti analoghi415.
Così obiettivo del Libro verde non è soltanto quello di realizzare una
riduzione ad unità di concetti, definizioni e regole, ma anche quello di
operare in àmbito contrattuale un passaggio dalla armonizzazione
minima all’armonizzazione massima, alla quale peraltro già altre
direttive aveva fatto ricorso416. In altri termini, si impone la necessità
di superare lo status quo della produzione normativa ricorrendo ad
uno strumento normativo che consenta di superare gli incovenienti
della armonizzazione minima per giungere ad una armonizzazione
massima delle varie regole. E nella stessa direzione si colloca la
Proposta di direttiva sui diritti dei consumatori dell'8 ottobre 2008
ove
si
afferma
che
essa
«si
distanzia
dall'approccio
dell'armonizzazione minima seguito nelle quattro direttive esistenti
414
Punto 4.2.
In tal senso M.P. GARCÍA RUBIO, Hacia un derecho europeo de contratos, p. 100.
416
Il riferimento è alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali (dir. n. 29 del 2005),
ove il legislatore afferma: che obiettivo del provvedimento è quello di porre in essere «norme
uniformi che prevedono un elevato livello di protezione dei consumatori e chiarendo alcuni
concetti giuridici, nella misura necessaria per il corretto funzionamento del mercato interno
e per soddisfare il requisito della certezza del diritto» (considerando 5); che
«dall'armonizzazione deriverà un notevole rafforzamento della certezza del diritto sia per i
consumatori sia per le imprese, che potranno contare entrambi su un unico quadro
normativo fondato su nozioni giuridiche chiaramente definite che disciplinano tutti gli
aspetti inerenti alle pratiche commerciali sleali nell'UE. In tal modo si avrà l'eliminazione
degli ostacoli derivanti dalla frammentazione delle norme sulle pratiche commerciali sleali
lesive degli interessi economici dei consumatori e la realizzazione del mercato interno in
questo settore» (considerando 12). In diverse parti della Direttiva, poi, si discorre di
«armonizzazione piena».
415
146
(vale a dire il principio che gli Stati membri possono mantenere o
adottare norme più severe rispetto a quelle stabilite dalla direttiva) e
abbraccia un approccio di armonizzazione completa»417, la quale
trova manifesto riconoscimento nell'art. 4 della stessa Proposta in cui
è disposto che «Gli Stati membri non possono mantenere o adottare
nel loro diritto nazionale disposizioni divergenti da quelle stabilite
dalla presente direttiva, incluse le disposizioni più o meno severe per
garantire al consumatore un livello di tutela diverso».
In questa prospettiva viene da sé, allora, anche la soluzione al
quesito di quale debba essere la scelta tra un «approccio verticale»
consistente nella revisione individuale delle direttive esistenti,
oppure un «approccio orizzontale» da realizzare mediante l'adozione
di uno o più strumenti quadro per regolamentare aspetti comuni
dell'acquis. L'esigenza di superare le incongruenze tra le varie regole
impone, infatti, di ricorrere ad uno strumento legislativo orizzontale
mediante il quale realizzare un'armonizzazione che può definirsi
«mirata», vale a dire incentrata sulle questioni che costituiscono gli
aspetti fondamentali e comuni delle varie discipline.
Ciò posto, va rilevato come tutti questi profili siano stati
oggetto di ampio dibattito in dottrina ed in particolare pienamente
condivisibile è la soluzione prospettata da autorevole dottrina di
regolare la materia consumeristica mediante il ricorso ad un
provvedimento particolarmente incisivo quale
il regolamento
comunitario, la cui adozione porterebbe finalmente a risolvere in
maniera
definitiva
specificamente,
viene
i
problemi
auspica
di
armonizzazione418.
l'adozione
di
un
Più
regolamento
comunitario che fissando i princìpi di una effettiva armonizzazione,
andrebbe a risolvere tutte le problematiche connesse al recepimento
417
V. la Proposta di direttiva, p. 3.
418
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 260; ID., Relazione
alla Giornata di studio su “Il diritto dei consumi: realtà e prospettive”, organizzata dal
Centro di Studi Giuridici sui diritti dei consumatori, Polo Scientifico Didattico di Terni Università degli Studi di Perugia, svoltasi a Terni il 30 aprile 2008.
147
di una o più direttive, sia sotto il profilo contenutistico che con
riguardo all'aspetto temporale.
L'armonizzazione piena - e non
minima - diverrebbe una realtà in tempi assai brevi che sono quelli
necessari in un momento, quale quello attuale, di grave crisi
economica mondiale, la quale richiede, ancor più che un tempo,
certezze e non situazioni di dubbio per un consumatore il quale si
trovi a contrarre nei vari Paesi dell'Unione. D'altra parte tra gli stessi
obiettivi del Libro verde vi era quello di costruire un sistema di regole
e principi che consentissero di poter affermare nei confronti di
ciascun consumatore che «Ovunque vi troviate nell'UE o ovunque
facciate acquisti a partire dall'UE non fa nessuna differenza: i vostri
diritti essenziali sono gli stessi»419 . Ciò non esclude che lo strumento
orizzontale possa poi essere combinato con revisioni verticali delle
esistenti direttive specifiche: auspicabile è, cioè, un «approccio
misto» nel quale sia previsto, accanto alla indicazione e definizione di
principi generali e regole comuni, la predisposizione di regole
specifiche per ciascuna singola materia che tengano conto della
specificità dei diversi mercati.
2. Ciò posto, tra le varie questioni sollevate420, la Commissione
europea nel tentativo di elaborare uno strumento orizzontale di tutela
del consumatore manifesta la necessità di operare un espresso
riferimento alla «buona fede»421 e nel quesito formulato dalla
Commissione europea ci si interroga sul suo àmbito di operatività.
Più in particolare vengono proposte tre possibili soluzioni e, al di là
dell’opzione che propone di non inserire in tal senso alcuna clausola
generale (opzione 2), il punto controverso è la scelta di sottoporre
soltanto l’«agire» dei professionisti all’osservanza dei «principi di
419
Punto 2.1 del Libro verde.
420
In generale v. le risposte ai quesiti posti dal Libro verde dell’8 febbraio 2007 elaborate
dal gruppo S.I.S.D.i.C. (composto dai Proff. E. CAPOBIANCO, E. MINERVINI, V. RIZZO, L.
MEZZASOMA, L. DI NELLA, L. ROSSI CARLEO, M. C. DE CICCO e L. RUGGERI), consultabili in
www.sisdic.it.
421
Quesito C del Libro verde.
148
buona fede e di commercio leale» (opzione 1), ovvero di estendere
tale previsione anche al comportamento dei consumatori (opzione 3).
Prima di affrontare tale specifica questione, per poter comprendere le
ragioni che possono giustificare l'introduzione di questa regola
generale appare opportuno soffermarsi sul ruolo che essa viene ad
assumere
nell'àmbito
del
diritto
contrattuale.
In modo particolare nella normativa consumeristica, tra le
varie previsioni, basti ricordare l'art. 3, comma 1, dir. n. 13 del 1993
in materia di clausole abusive, ove viene individuata nella contrarietà
alla buona fede il criterio per valutare l'abusività di una clausola;
ovvero, con riguardo alle pratiche commerciali scorrette, l'art. 2, lett.
h, nel definire la «diligenza professionale» come il «normale grado
della speciale competenza e attenzione che ragionevolmente si
possono presumere essere esercitate da un professionista nei
confronti dei consumatori» stabilisce che essa va valutata «rispetto a
pratiche di mercato oneste e/o al principio generale della buona fede
nel settore di attività del professionista».
Ma anche in altre normative comunitarie che non si occupano
specificamente della tutela del consumatore, è possibile trovare un
richiamo alla buona fede, la quale spesso viene accompagnata
dall'ulteriore requisito della «correttezza» o della «lealtà», che
sembrano rappresentarne una specificazione. In tal senso, ad
esempio, l'art. 3, dir. n. 653 del 1986 relativa al coordinamento dei
diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali
indipendenti, impone all'agente commerciale ed al preponente
l'obbligo di agire «con lealtà e buona fede» (commi 1 e 4), oppure
l'art. 11, dir. 22 del 1993, concernente i servizi di investimento nel
settore dei valori mobiliari stabilisce che l'impresa di investimento
deve «agire, nell'esercizio della sua attività, in modo leale ed equo,
nell'interesse, per quanto possibile, dei suoi clienti e dell'integrità del
mercato» (comma 1).
149
In questo quadro non può essere trascurato, poi, di rilevare
che pure nelle elaborazioni dottrinali di un diritto contrattuale
europeo la «buona fede» riveste un ruolo di primaria importanza
nella disciplina dell'intera vicenda contrattuale. Così, i Principles of
European Contract Law nel definire il concetto di autonomia
contrattuale stabiliscono che le «parti sono libere di stipulare
contratti e di determinarne il contenuto, nel rispetto della buona
fede e della correttezza» (art. 1:102, comma 1)422; in materia di
interpretazione degli stessi Principles si avverte che «particolare
attenzione deve essere data all’esigenza di promuovere la buona fede
e la correttezza» (art. 1:106, comma 1); tra gli obblighi generali cui
sono tenute le parti è indicato quello di «agire nel rispetto della
buona fede e della correttezza» (art. 1:201); nell'àmbito delle
trattative si ritiene configurabile una responsabilità precontrattuale
in capo alla parte che «ha condotto o ha interrotto le trattative in
maniera contraria alla buona fede e alla correttezza» (art. 2:301).
Viene, poi, indicata come causa di annullamento del contratto per
errore il comportamento della parte che «in maniera contraria alla
buona fede e alla correttezza, abbia lasciato che la parte in errore vi
rimanesse»
(art.
4:103)423,
mentre
si
considera
doloso
il
comportamento di chi non fornisce all'altra parte l'informazione che
«secondo buona fede e correttezza avrebbe dovuto esserle rivelata»
(art. 4:107)424. Tra le varie definizioni425, inoltre, in coerenza con
422
È previsto, inoltre, che un contratto possa contenere clausole implicite che derivano
da buona fede e correttezza (art. 6:102).
423
A questa previsione si aggiunge quella che ammette la possibilità di inserire delle
clausole nel contratto che limitano le tutele concernenti l’errore e le informazioni inesatte
«salvo che l’esclusione o la limitazione sia in contrasto con la buona fede e la correttezza»
(art. 4:118).
424
In queste ipotesi, comunque, si consente al giudice, su domanda della parte
legittimata all’annullamento, di modificare il contratto «in modo da metterlo in armonia con
quanto avrebbe potuto essere convenuto nel rispetto della buona fede e della correttezza»
(art. 4:109).
425
V. anche l'art. 1:305, in base al quale una condotta viene imputata ad una parte ovvero
ricorre una presunzione di conoscenza della previsione in chi «ha agito con dolo o colpa
grave o in difformità dalla buona fede e dalla correttezza, tale conoscenza previsione o
condotta è imputata alla parte»
150
quanto previsto dalla direttiva comunitaria è definita «clausola
abusiva» quella che provoca un significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi ponendosi «in contrasto con la buona fede e la
correttezza» (art. 4:110). Infine, nell'interpretazione del contratto
sono indicate come «circostanze rilevanti» «la buona fede e la
correttezza» (art. 5:102).
Nel Progetto di Codice europeo dei contratti frequente è la
soggezione del comportamento delle parti alla buona fede. Così si
esprime la disposizione che fissa i «doveri di correttezza» dei
contrenti nel corso delle trattative precontrattuali (art. 6)426. Nello
stesso senso essa rileva quale criterio per determinare il contenuto
lecito e non abusivo delle clausole contrattuali (art. 30) o quello delle
clausole implicite (art. 32)427. Durante la pendenza della condizione
«la parte contraente che ha assunto un obbligo o ha costituito o
trasferito un diritto reale è tenuta a comportarsi secondo buona fede
in modo da non pregiudicare i diritti della controparte» (art. 51),
nella fase esecutiva del contratto è stabilito che il debitore «deve
comportarsi conformemente a quanto pattuito dalle parti, secondo
buona fede e con quella puntuale diligenza che è richiesta nel caso
specifico, in base agli accordi, alle circostanze e alla prassi corrente»
(art. 75) e per il caso di contratti sinallagmatici nel caso di
inadempimento di una delle parti è ammessa la possibilità per il
creditore di sospendere la prestazione che sia da lui dovuta, ma tale
426
La stessa disposizione chiarisce che «agisce in modo contrario a buona fede la parte
che intraprende o continua le trattative senza l’intenzione di giungere alla conclusione del
contratto» (comma 2) e che «se nel corso delle trattative le parti hanno già preso in
considerazione gli elementi essenziali di un contratto, di cui si può prevedere la possibile
conclusione, quella parte che ha fatto sorgere nell’altra un ragionevole affidamento circa la
stipulazione del contratto medesimo agisce in modo contrario a buona fede qualora
interrompa le trattative senza giustificato motivo» (comma 3).
In questa fase, poi, se la violazione degli obblighi di informazione è avvenuta « in
modo contrario a buona fede» e si è concluso un contratto, la parte inadempiente è tenuto
oltre che al pagamento del risarcimento, alla restituzione del corrispettivo versato o al
pagamento di una somma di denaro, a titolo di indennità, nella misura che il giudice ritenga
conforme a equità (art. 7).
427
In questa prospettiva va richiamata anche la disposizione secondo cui l'intepretazione
del contratto «non deve condurre ad un risultato che sia contrario a buona fede o a
ragionevolezza» (art. 39).
151
rifiuto si reputa contrario a buona fede se «comporta per la
controparte conseguenze eccessivamente onerose», se «determina
l’estinguersi dell’obbligo del creditore quando l’inadempimento, già
verificatosi, è di lieve entità», ovvero se «pregiudica un diritto
fondamentale della persona» (108)428.
Ma anche nei Principi Unidroit, tra le disposizioni generali, è
stabilito l'obbligo per le parti di «agire in conformità alla buona fede
nel commercio internazionale» (art. 1.7), la buona fede viene
indicata, poi, come criterio per valutare l'adeguatezza di una clausola
da inserire «qualora le parti di un contratto non si siano accordate su
una clausola del contratto che sia importante per la determinazione
dei loro diritti ed obblighi» (art. 4.8), ovvero per determinare
l'esistenza di obbligazioni implicite (art. 5.1.2). Inoltre, nella fase
precontrattuale è considerato responsabile delle perdite subite da
una parte colui che agisce in mala fede, ovvero chi inizia o continua le
trattative malgrado l’intenzione di non raggiungere un accordo con
l’altra parte (art. 2.1.15)429.
Andando poi ad esaminare i Princípi dell'Acquis comunitario
la buona fede viene indicata quale parametro per valutare il
comportamento delle parti durante le trattative (2:101)430 e quello del
debitore nell'adempimento delle obbligazioni (art. 7:101)431, nonché
per definire la vessatorietà delle clausole non negoziate (art. 6:301).
428
In base agli stessi criteri si considera contrario a buona fede il rifiuto del creditore
dell’adempimento che gli viene offerto o effettuato prima della scadenza convenuta, o in
quantità superiore a quella dovutagli(art. 109).
429
In altre disposizioni troviamo un riferimento alla correttezza. Così per l'art. 3.5 può
essere chiesto l'annullamento del contratto per errore quando una parte tiene un
comportamento «contrario ai criteri ordinari di correttezza nel commercio» lasciando l’altra
parte in errore; in base all'art. 3.8 si ha dolo quando una parte nasconde dolosamente
all'altra «circostanze che in base ai criteri ordinari di correttezza nel commercio avrebbe
dovuto comunicarle». L'art. 3.10 stabilisce, inoltre, che un contratto annullabile per
eccessivo squilibrio può essere dal giudice «adattato» «in modo da renderlo conforme ai
criteri ordinari di correttezza nel commercio».
430
Con la specificazione che in questa fase si intende per «comportamento contrario a
buona fede» quello tenuto dalla parte che «instaura o prosegue una trattativa senza essere
realmente intenzionata a cercare di raggiungere un accordo» (art. 2:103).
431
A questo si aggiunge l'«obbligo di lealtà», in base al quale il debitore «deve tenere in
adeguata considerazione gli interessi del creditore coinvolti in tali affari» (art. 7:103).
152
In questo complesso contesto di indicazioni, il Libro verde
propone di introdurre in materia di tutela del consumatore un
espresso riferimento alla buona fede e propone tre possibili opzioni.
Più in particolare, al di là dell’opzione che propone di non inserire in
tal senso alcuna clausola generale (opzione 2), ci si interroga
sull’opportunità di sottoporre soltanto l’«agire» dei professionisti
all’osservanza dei «principi di buona fede e di commercio leale»
(opzione
1),
ovvero
di
estendere
tale
previsione
anche
al
comportamento dei consumatori (opzione 3). Analizzando tale
questione in un’ottica di tutela del consumatore la soluzione
preferibile risulta essere quella che limita esclusivamente ai
professionisti l’operatività di un siffatta previsione e tale prospettiva
sembra trovare conferma anche in alcune disposizioni normative.
Così possono essere richiamate diverse norme del codice del
consumo: l’art. 2, comma 2, c-bis, che indica tra i «diritti» dei
consumatori quello «all’esercizio delle pratiche commerciali secondo
principi di buona fede, correttezza e lealtà»432; e nello stesso àmbito
l’art. 20, comma 2, definisce pratica commerciale scorretta quella
«contraria alla diligenza professionale», ossia quella che, ai sensi
dell’art. 18, comma 1, lett. h, c. cons., si pone in contrasto con «il
normale grado della specifica competenza ed attenzione che
ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei
loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona
fede nel settore di attività del professionista». L’art. 39 c. cons., poi,
con una norma di carattere generale, ma esclusivamente rivolta a
stabilire «regole nelle attività commerciali», prevede che queste
debbano essere «improntate al rispetto dei principi di buona fede, di
correttezza e di lealtà, valutati anche alla stregua delle esigenze di
protezione delle categorie di consumatori». Ne consegue che per
verificare se vi sia stata una violazione dei diritti dei consumatori la
432
Disposizione aggiunta dall’art. 2, d.lg. 23 ottobre 2007, n. 221.
153
«buona fede» e la «correttezza» divengono dei criteri di valutazione
del comportamento del professionista sia nella fase precontrattuale
che in quella di esecuzione del contratto. Ed in questo senso si
esprime l’art. 52, comma 2, c. cons. ove è richiesto che le
informazioni rese al consumatore prima della conclusione di un
contratto a distanza «devono essere fornite in modo chiaro e
comprensibile,
con
ogni
mezzo
adeguato
alla
tecnica
di
comunicazione a distanza impiegata, osservando in particolare i
principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni
commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle
categorie di consumatori particolarmente vulnerabili»433.
Nel contempo, appare fondamentale svolgere un riferimento
all’art. 33, comma 1, c. cons. che definisce vessatoria la clausola che
determina un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi
«malgrado la buona fede»434. Ed in particolare sembra utile
richiamare il dibattito che si è sviluppato intorno a quest’ultima
disposizione perché esso ci consente di comprendere lo scopo
perseguito dalla Commissione con il quesito posto nel Libro verde. A
questo fine risulta conveniente richiamare quell'orientamento
dottrinale che nell'àmbito del dibattito sulla natura «soggettiva» o
«oggettiva» della buona fede, attribuisce alla stessa la funzione di
parametro fondamentale per valutare la «significatività» dello
433
Analoga previsione è contenuta nell’art. 67-quater, comma 2, c. cons., che
relativamente alla commercializzazione di serivizi finanziari a distanza stabilisce che, prima
della conclusione del contratto stesso, le informazioni «sono fornite in modo chiaro e
comprensibile con qualunque mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza
utilizzata, tenendo debitamente conto in particolare dei doveri di correttezza e buona fede
nella fase precontrattuale e dei principi che disciplinano la protezione degli incapaci di agire
e dei minori».
434
Sul ruolo della clausola di buona fede ex art. 1469 bis c.c. (ora art. 33 c. cons.), cfr. V.
RIZZO, Art. 1469-bis, comma 1, in E. CESÀRO (a cura di), Clausole vessatorie e contratto del
consumatore (artt. 1469-bis e ss.), I, Padova, 1996, p. 32 ss.; ID., Il significativo squilibrio
«malgrado» la buona fede nella clausola generale dell’art. 1469 bis c.c.: un collegamento
«ambiguo» da chiarire, in Rass. dir. civ., 1996, p. 497 ss.; E. MINERVINI, Tutela del
consumatore e clausole vessatorie, Napoli, 1999, cit. p. 103 ss.; A.M. AZZARO, I contratti 1469
bis c.c.: un collegamento «ambiguo» da chiarire, in Rass. dir. civ., 1996, p. 497; A. MUSIO,
La buona fede nei contratti dei consumatori, Napoli, 2001, p. 118 ss.
154
squilibrio contrattuale435. In questi termini, questa clausola generale
viene
intesa
quale
espressione
del
principio
di
solidarietà
costituzionale, il quale trova poi concretizzazione nei princìpi, di
origine comunitaria, di proporzionalità436 , di ragionevolezza e di
adeguatezza437.
Così, in presenza di situazioni sperequate l'applicazione di
quest'ultimi impone una valutazione degli interessi sul piano
quantitativo e qualitativo, e, nel contempo, lo svolgimento di un
corretto bilanciamento degli interessi che la concreta fattispecie
contrattuale presenta. Ne consegue che, letta in questo senso, viene
attribuita alla buona fede una funzione adeguatrice del contratto438.
435
Così da ult. V. RIZZO, Codice del consumo e definizione di clausola vessatoria, cit., p.
115 ss. e spec. p. 137 ss. V. anche V. ID., Buona fede e significativo squilibrio nei «contratti
del consumatore» in AA.VV., Esercitazioni di diritto civile, Napoli, 1998, p. 215; ID., Le
«clausole abusive» nell'esperienza tedesca, francese, italiana e nella prospettiva
comunitaria, cit., p. 600; ID., Le «clausole abusive» e la proposta di attuazione della
direttiva comunitaria: alcune considerazioni, cit., p. 540; ID., Le clausole «abusive»: realtà
e prospettive. La direttiva Cee del 5 aprile 1993, cit., p. 590.
436
In ordine alla rilevanza da assegnare al principio di proporzionalità ed alla sua
interazione con i princípi costituzionali v. P. PERLINGIERI, Equilibrio normativo e principio di
proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, p. 334 ss., il quale afferma che mentre
il principio di solidarietà è idoneo ad assicurare un riequilibrio tra interessi disomogenei,
quali ad esempio quelli non patrimoniali, il principio di proporzionalità si applica là dove è
necessario procedere ad un bilanciamento tra interessi comparabili, come quelli
patrimoniali, consentendo, cosí, una valutazione sul piano quantitativo.; ID. Nuovi profili del
contratto, cit., p. 560 ss.; N. CIPRIANI, Patto commissorio e patto marciano, Proporzionalità
e legittimità delle garanzie, Napoli, 2000, p. 174 ss.
Più in generale v. P. PERLINGIERI, Equità e ordinamento giuridico, commento a Corte
cost., 6 luglio 2004, n. 206, in L’ordinamento vigente e i suoi valori. Problemi del diritto
civile, cit., p. 222 e ss.; F. CASUCCI, Il sistema giuridico «proporzionale» nel diritto privato
comunitario, Napoli, 2001; L. FERRONI, a cura di, Equilibrio delle posizioni contrattuali ed
autonomia privata, Napoli, 2002; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p.
379 ss.
437
Riguardo alla ragionevolezza v. A. RUGGERI, Ragionevolezza e valori, attraverso il
prisma della giustizia costituzionale, in Dir. soc., 2000, p. 567 ss.; ID., Principio di
ragionevolezza e specificità dell’interpretazione costituzionale, in Ars interpretandi, 7,
2002, p. 261 ss.; G. SCACCIA, Gli strumenti della ragionevolezza nel giudizio costituzionale,
Milano, 2000.
438
Cosí G. RECINTO, Buona fede ed interessi dedotti nel rapporto obbligatorio tra legalità
costituzionale e comunitaria, in Rass. dir. civ., 2002, p.291. Sulla funzione valutativa della
buona fede in relazione all’interpretazione del contratto v. V. RIZZO, Interpretazione dei
contratti e relatività delle sue regole, cit., p. 301.
155
Considerazioni conclusive
Il lavoro svolto ha ripercorso le tappe più importanti della
recente normativa consumeristica esistente in Italia in una chiave di
lettura particolarmente dinamica: il codice del consumo è stato visto
non solo come un importante momento di arrivo della disciplina a
tutela del consumatore, ma come un decisivo punto di partenza della
normativa italiana e comunitaria. Evidenziato, così, il ruolo di tale
provvedimento e messo in luce come la tutela del consumatore non
possa
più
essere
legata
alla
lex
mercatoria
bensì
debba
continuamente essere rapportata a profili di tutela della persona - sul
rilievo che «la qualità di consumatore è soltanto un aspetto della
persona, un aspetto parziale di una realtà complessa, ove gli individui
non possono essere distinti esclusivamente tra produttori e
consumatori, giacché sono innanzitutto uomini»439- ci si è cimentati
nell'analizzare quali debbano essere concretamente le nuove frontiere
del diritto dei consumi. Ed è emerso che, in generale, la normativa
consumeristica risulta svilupparsi lungo tre filoni: i) quello della
«sicurezza», intesa come protezione dei diritti fondamentali della
salute e dell'integrità della persona, ovvero, come affidabilità del
prodotto o del servizio, che ha determinato l'emanazione di
particolari disposizioni rivolte a disciplinare la pubblicità, le
informazioni, la qualità e l'efficienza; ii) quello della tutela del
«contraente debole», seguendo un indirizzo che prevede la fissazione
di specifiche misure volte a garantire l'equilibrio contrattuale e a
fronteggiare le differenti situazioni di abuso alle quali può essere
esposta una delle parti contraenti; iii) quello relativo agli strumenti di
tutela degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti, mediante
interventi preventivi, generali ed astratti, sia sulle clausole
contrattuali che sugli atti e comportamenti lesivi di tali interessi 440.
439
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 510, spec. nota 167.
Per questa tripartizione si rinvia a E. CATERINI, La terza fase del «diritto dei consumi»,
in G. CAVAZZONI, L. DI NELLA, L. MEZZASOMA e V. RIZZO (a cura di), Il diritto dei consumi: realtà e
440
156
Ma dall'analisi dei provvedimenti comunitari che vengono oggi
con difficoltà portati avanti dall'Unione, viene in evidenza con
chiarezza la necessità di raggiungere i seguenti traguardi: passare da
un'armonizzazione minima ad una armonizzazione massima; fare
ricorso, in sede di elaborazione della normativa, allo strumento del
regolamento comunitario e non della direttiva; predisporre una
disciplina che sia espressione dei princípi di proporzionalità, di
ragionevolezza e di adeguatezza.
L'attuale momento storico che ancora più di un tempo
manifesta l'esigenza di attribuire un ruolo preminente alla tutela
della persona impone necessariamente un ulteriore nuovo sforzo sia
da parte del legislatore nazionale che di quello comunitario.
Se così è, non ci si deve meravigliare del fatto che già poco
tempo dopo la sua emanazione lo stesso codice del consumo è stato
oggetto di importanti interventi legislativi, che testimoniano il
continuo divenire della normativa consumeristica.
L'auspicio, quindi, è che quanto prima anche i Paesi più
riluttanti ad esprimersi in senso favorevole all'introduzione di una
legislazione a protezione degli interessi dei consumatori, in un'ottica
di armonizzazione piena secondo i criteri sopraindicati, si uniformino
in tal senso. D'altronde il Trattato di Lisbona ha con chiarezza
evidenziato che obiettivo dell'Unione europea è anche quello «di
promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello
elevato di protezione dei consumatori», con una normativa che sia
volta a «tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei
consumatori nonché a promuovere il loro diritto all'informazione,
all’educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri
interessi». Così, quanto affermato da autorevole dottrina con
riguardo al Trattato di Amsterdam con il quale si intedeva avviato un
determinato percorso europeo in cui «la coesione del mercato cede
dinanzi
alla
priorità
dell'unità
prospettive, cit., p. 21 ss.
157
politica;
ai
consumatori
si
sostituiscono i “cittadini”, nasce un nuovo status civitatis, non più
nazionale, ma comunitario»441 appare una certezza su cui non è più
lecito dubitare.
441
P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., p. 526.
158
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