L`Ipasvi apre il confronto sul lavoro nelle carceri

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L`Ipasvi apre il confronto sul lavoro nelle carceri
ATTUALITÀ INFERMIERISTICA PENITENZIARIA
L’IPASVI APRE IL CONFRONTO
SUL LAVORO NELLE CARCERI
{
Da circa sei mesi la sanità penitenziaria, prima competenza del ministero di Grazia e
Giustizia, è passata nelle mani del ministero della Salute, o meglio del Welfare.
Un cambiamento che avrebbe dovuto portare dei miglioramenti nel sistema, ma che invece
rischia di acuire le problematiche già esistenti nell’assistenza e nel lavoro nelle carceri
di Emma
Martellotti
> È con il Dpcm 1° aprile 2008 (Gazzetta Ufficiale del 30 maggio 2008) che i rapporti di lavoro, le risorse finanziarie, le attrezzature e i beni strumentali in materia di sanità penitenziaria sono stati trasferiti al
Servizio sanitario nazionale. Di conseguenza, gli operatori sanitari (medici, ma soprattutto infermieri) che fino ad
oggi hanno operato negli Istituti penitenziari sotto la competenza del ministero di Grazia e Giustizia sono passati al
Servizio sanitario nazionale e il loro rapporto di lavoro è
stato inglobato tra quelli gestiti dalle Aziende sanitarie locali. Un passaggio che in alcune situazioni si sta realizzando tra molteplici criticità, che non solo peggiora le condizioni di lavoro dei professionisti sanitari delle carceri, ma
che mette anche a rischio la loro sicurezza e il diritto alla
salute dei detenuti.
Per comprendere le difficoltà dei colleghi, la Federazione
ha invitato gli infermieri penitenziari a raccontare le loro
esperienze tramite l’indirizzo di posta elettronica dedicato. In queste pagine presentiamo una fotografia della realtà penitenziaria italiana e una sintesi delle problematiche
illustrate nelle mail pervenute alla Federazione.
10 L’INFERMIERE 1/2009
ISTITUTI PENITENZIARI: OLTRE 55 MILA CITTADINI
DA ASSISTERE
La sanità penitenziaria è da anni al centro dell’attenzione.
Le condizioni nelle carceri sono critiche, mentre i bisogni di
salute sono enormi e richiedono una vera e propria presa in
carico dei detenuti, che oltre alle malattie comuni a tutta la
popolazione, spesso presentano stati di salute aggravati dalle
condizioni di vita legate alla reclusione in un carcere o agli
stili che in passato hanno pregiudicato i loro organismi.
I detenuti sono oltre 55 mila in tutta Italia, 7.800 dei quali
con più di 50 anni di età (vedi tabella 1). La quota maggiore
si trova in Lombardia (15, 1%) seguita dalla Campania
(12,6%) e dalla Sicilia (10,9%).
Le Regioni hanno iniziato a recepire il Dpcm 1° aprile 2008
e le difficoltà legate a questo cambiamento organizzativo si
stanno, in molti casi, sommando a quelle già esistenti. Le Regioni con disavanzo, ad esempio, non riescono a pagare gli
stipendi regolarmente a medici e infermieri penitenziari.
Questo accade già da tre mesi in Calabria, Campania e Basilicata, come denunciato dall’Amapi, l’Associazione dei medici penitenziari. Il motivo del ritardo sta anche nel mancato
ATTUALITÀ INFERMIERISTICA PENITENZIARIA
Tabella
POPOLAZIONE DETENUTA PER REGIONI
Regione
Da 18
da 20
anni
Da 21
a 24
anni
Da 25
a 29
anni
Da 30
a 34
anni
Da 35
a 39
anni
Da 40
a 44
anni
Da 45
a 49
anni
Da 50
a 59
anni
Da 60
a 69
anni
Abruzzo
36
93
210
243
230
223
158
192
55
Basilicata
11
40
89
94
92
59
51
39
Calabria
54
202
322
337
352
257
218
Campania
180
533
1.050
1.266
1.191
979
Emilia R.
144
400
725
728
613
Friuli V.G.
15
98
127
163
Lazio
139
471
768
Marche
20
75
Molise
6
Piemonte
Oltre
70 anni
Età
non
rilevata
Totale
Tot %
11
-
1.451
2,6
4
3
-
482
0,9
258
81
10
-
2.091
3,8
663
792
202
57
1
6.934
12,6
470
303
338
103
27
4
3.855
7,0
83
85
63
55
15
3
-
707
8,5
865
869
697
512
626
177
30
3
5.157
9,4
143
151
160
132
83
94
30
7
-
895
1,6
14
45
72
78
49
36
49
10
-
-
359
0,7
262
466
765
765
683
542
386
401
143
26
47
4.486
8,1
Puglia
76
316
599
635
624
431
297
294
90
31
3
3.396
6,2
Sardegna
43
189
283
302
315
259
169
167
69
12
-
1.808
3,3
Sicilia
194
561
986
1.090
943
786
546
635
223
51
3
6.018
10,9
Toscana
104
310
623
610
595
509
334
384
108
21
1
3.599
6,5
Trentino A.A.
13
38
52
50
35
29
21
29
5
-
-
272
0,5
Umbria
21
78
128
144
134
124
84
116
26
6
-
861
1,6
V. D’Aosta
9
18
33
27
28
18
13
7
-
1
1
155
0,3
Veneto
91
301
570
530
436
354
227
237
69
8
3
2.826
5,1
Totale
1.712
5.159
9.159
9.763
8.989
7.288
5.080
5.726
1.752
358
71
55.057
100
Fonte: Sole24Ore sanità
trasferimento di fondi dal ministero del Tesoro alle Regioni, così che le Regioni cosidette “virtuose”, come Lombardia, Toscana
ed Emilia Romagna, hanno potuto far fronte alle spese prendendo le risorse dalle proprie casse, ma dove i bilanci sono in
rosso, gli stipendi restano a secco. Inoltre, segnala l’Amapi,
le Regioni a Statuto speciale non hanno ancora recepito il
Dpcm e finché questo non avverrà, la gestione della sanità penitenziaria resta in mano alla Giustizia, che tuttavia non ha
più competenze a riguardo.
Insomma, le differenze regionali iniziano a farsi pesanti e le condizioni di lavoro peggiorano. Ma non si tratta solo di una distinzione tra bilanci regionali. Il trasferimento della sanità penitenziaria dalla Giustizia alla Salute prevede anche il passaggio alle
Aziende ospedaliere della gestione dell’assistenza. Ogni istituto
sarà, in pratica, legato ad una Azienda e questo pone l’attenzione su alcuni aspetti assistenziali. I modelli organizzativi delle
Aziende ospedaliere sono principalmente legati alle acuzie e al-
la specialistica, mentre l’epidemiologia penitenziaria dimostra
che i bisogni di salute dei detenuti ruotano intorno a una vera presa a carico del paziente, più vicina ai modelli di assistenza territoriale che non ospedaliera. Proprio come avviene per
la popolazione che vive al di fuori delle carceri e che ricorrono alla medicina generale molto più spesso di quanto ricorrano all’ospedale.
È chiaro, quindi, che un’appropriata sanità penitenziaria non
potrà che dipendere da un’organizzazione che sia in grado di
garantire tutti i livelli di assistenza esistenti, dalla medicina di
base alla specialistica, senza dimenticare la prevenzione e l’educazione ai corretti stili di vita.
La Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, nell’ambito delle
proprie specifiche competenze istituzionali e con il coinvolgimento dei Collegi provinciali, definirà quali iniziative assumere per la tutela professionale di chi lavora in un settore già così
delicato.
L’INFERMIERE 1/2009
11
ATTUALITÀ INFERMIERISTICA PENITENZIARIA
La voce ai colleghi
Ecco alcuni stralci di una parte delle numerose mail di infermieri
che lavorano negli istituti penitenziari e che hanno risposto
all’invito della Federazione
M. L. Z., Umbria
“(…) La Asl è completamente assente. Abbiamo carichi di lavoro
più che raddoppiati e afronte di personale ampliamente
insufficiente. Nessuna tutela in particolar modo per quanto
riguarda il posto di lavoro. (…) Per la Asl siamo tutt’ora un corpo
estraneo e tutti i nostri tentativi di stabilire un qualche minimo
contatto sono risultati vani. (…) Nessuno ci ascolta, nessuno si
prende responsabilità, nessuno sa niente, problemi e domande
che rimbalzano dall’uno all’altra senza risposte. E noi infermieri
stiamo in mezzo. Lavorare è diventato un vero e proprio inferno”.
L. B., Umbria
“(…) Dove sono i nostri contratti di lavoro? QUali sono i nostri
ruoli professionali. Eravamo dipendenti statali, vicnitori di un
concorso bandito dal ministero della Giustizia e ora chi siamo?
Per non parlare dell’assistenza, che risente della mancata
definizione di modelli operativi? Salute o sicurezza? Noi
continuiamo a sperare in una saggia integrazione e all’arrivo di
quella legittimazione che c’è dovuta, anche perché sono sicura
che quando l’infermiere svolge con serenità il proprio lavoro
riesce ad avere una visione globale della situazione sanitaria e
delle strutture che rappresentano il sistema, per programmare
interventi mirati necessari alla pianificazione assistenziale”.
L. P., Campania
“(…) Il nostro contratto è stato prorogato fino al 14 giugno 2008,
ma al termine di questa data c’è il buio. Non è stato deciso ancora
niente, ed è proprio questo il problema. Nella mia situazione ci
sono altre persone, esattamente 23 a Poggioreale, 30 a
Secondigliano ecc. In tutta la Regione Campania saremmo un
100-150 persone che lavorano con questo tipo di contratto anche
da 15-20 anni. E non sappiamo se la Asl abbia intenzione di
rinnovare i contratti, se vorrà mettere in servizio nelle carceri i
propri dipendenti. (…) L’organizzazione all’interno degli istituti,
inoltre, ci costringe a lavorare al limite della legalità, sia per
quanto riguarda gli orari di lavoro, sia per i carichi. Senza parlare,
poi, della mancanza di figure professionali che ci tutelino”.
F. Z., Emilia Romagna
“…il mio timore più grande è che la sanità penitenziaria si
trasformi in una mera fruizione di servizi, senza tener conto che il
carcere può essere un luogo di interazione educativa, preventiva e
di cura, in una popolazione spesso ai margini della società. (…)
Pertanto, credo sia semplicistico applicare delle procedure
sanitarie ospedalieri e/o ambulatoriali, senza tener conto della
realtà in cui si opera”.
A. I., Molise
“(…) È un caos generale. Il ministero della Giustizia ci ha
scaricato in modo sbrigativo e semplicistico. I nostri fascicoli
sono stati trasmessi ancor prima che la Asl si rendesse conto che
esisteva una sanità penitenziaria. Nessuno effettua le pulizie dei
locali, nessuno ritira i rifiuti speciali (perché il rapporto di
convenzione era tra l’amministrazione e la ditta specializzata, ed è
stato interrotto). (…) Nella Giustizia, con il percorso interno di
riqualificazione, il mio ruolo era di caposala, pos. economica B3,
di ruolo dal 1997. Alla Azienda sanitaria regionale del Molise non
hanno ancora definito la posizione in cui collocarmi, al momento
sono infermiere professionale cat. D, senza alcuna fascia di
riferimento. Sono passati tre mesi e rimane un situazione di
stallo.(…) In Italia non siamo molti infermieri penitenziari e
quindi, come al solito, non ci sono i numeri per contare. Grazie
per il vostro interesse”.
12 L’INFERMIERE 1/2009