(Quarto anno - Amate… i vostri nemici)

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(Quarto anno - Amate… i vostri nemici)
Comunità Pastorale Spirito Santo
Amare i nemici
Papa Francesco: perdonare i nemici ci fa assomigliare a Gesù
Come possiamo amare i nostri nemici? Nella sua omelia, Papa Francesco ha posto delle domande
lancinanti, menzionando alcuni drammi dell’umanità. Come si possono amare, si è chiesto, quanti
“prendono la decisione di fare un bombardamento e ammazzare tante persone”? E ancora, come si
“possono amare quelli che per amore dei soldi non lasciano che le medicine arrivino agli anziani e li
lasciano morire”? O quelli che cercano soltanto “il proprio interesse, il proprio potere e fanno tanto
male”? “Sembra una cosa difficile da fare amare il nemico”, ha osservato, ma Gesù ce lo chiede.
La liturgia di questi giorni, ha proseguito, ci propone proprio questo “aggiornamento della legge che fa
Gesù”, dalla legge del Monte Sinai alla Legge del Monte della Beatitudini. Ed ha sottolineato che tutti noi
abbiamo nemici, ma infondo noi stessi possiamo diventare nemici degli altri:
“Anche noi tante volte diventiamo nemici di altri: non vogliamo loro bene. E Gesù ci dice che noi
dobbiamo amare i nemici! E questo non è facile! Non è facile… Anche pensiamo che Gesù ci chiede
troppo! Lasciamo questo per le suore di clausura, che sono sante; lasciamo questo per qualche
anima santa, ma per la vita comune questo non va. E questo deve andare! Gesù dice: ‘No,
dobbiamo fare questo! Perché al contrario voi siete come i pubblicani, come i pagani. Non siete
cristiani’”.
Come possiamo dunque amare i nostri nemici? Gesù, ha detto Papa Francesco, "ci dice due cose":
innanzitutto guardare al Padre che “fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni” e “fa piovere sui giusti e gli
ingiusti”. Dio “ha amore per tutti”. E poi, ha continuato, Gesù ci dice di essere “perfetti come è perfetto il
Padre Celeste”, “imitare il Padre con quella perfezione dell’amore”. Gesù, ha soggiunto, “perdona i suoi
nemici”, “fa tutto per perdonarli”. Vendicarsi invece, ha avvertito, non è cristiano. Ma come possiamo
dunque riuscire ad amare i nostri nemici? Pregando. “Quando uno prega per quello che ci fa soffrire – ha
affermato il Papa – è come se il Signore viene con l’olio e prepara i nostri cuori alla pace”:
“Pregare! E’ quello che Gesù ci consiglia: ‘Pregate per i vostri nemici! Pregate per quelli che vi
perseguitano! Pregate!’. E dire a Dio: ‘Cambiagli il cuore. Ha un cuore di pietra, ma cambialo,
dagli un cuore di carne, che senta bene e che ami’. Soltanto lascio questa domanda e ciascuno di noi
risponde nel suo cuore: ‘Io prego per i miei nemici? Io prego per quelli che non mi vogliono bene?’
Se noi diciamo di ‘sì’, io dirò: ‘Vai avanti, prega di più, quella è una buona strada’. Se la risposta è
‘no’, il Signore dice: ‘Poveretto. Anche tu sei nemico degli altri!’. Pregare perché il Signore cambi il
cuore di quelli. Anche possiamo dire: ‘Ma questo me ne ha fatta una grossa’, o questi hanno fatto
cose cattive e questo impoverisce le persone, impoverisce l’umanità. E con questo argomento
vogliamo portare avanti la vendetta o quell’occhio per occhio, dente per dente”.
E’ vero, ha ribadito Papa Francesco, l’amore per i nemici “ci impoverisce”. Ma “ci fa poveri” come Gesù
“quando è venuto da noi, si è abbassato e si è fatto povero” per noi. Qualcuno, ha osservato, potrebbe dire
che questo non è un buon affare “se il nemico mi fa più povero” e certo, “secondo i criteri del mondo non
è un buon affare”. Ma questa, ha detto, è “la strada che ha fatto Gesù”, che da ricco si è fatto povero per
noi. In quella povertà, “in quell’abbassamento di Gesù – ha sottolineato – c’è la grazia che ci ha
giustificati tutti, ci ha fatto ricchi”. E’ il “mistero di salvezza”:
“Col perdono, con l’amore al nemico, noi diventiamo più poveri: l’amore ci impoverisce, ma quella
povertà è seme di fecondità e di amore per gli altri. Come la povertà di Gesù è diventata grazia di
salvezza per tutti noi, ricchezza… Noi che siamo oggi alla Messa, pensiamo ai nostri nemici a quelli
che non ci vogliono bene: sarebbe bello che offrissimo la Messa per loro: Gesù, il sacrificio di Gesù,
per loro, per loro che non ci amano. E anche per noi, perché il Signore ci insegni questa saggezza
tanto difficile, ma tanto bella perché ci fa assomigliare al Padre, al nostro Padre e fa uscire il sole
per tutti, buoni e cattivi. E ci fa assomigliare al Figlio, a Gesù, che nel suo abbassamento si è fatto
povero per arricchirci, a noi, con la sua povertà”.
Matteo 5
21 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a
giudizio. 22 Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a
giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo,
sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
23 Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche
cosa contro di te, 24 lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il
tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
25 Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché
l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in
prigione. 26 In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo
spicciolo!
27 Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; 28 ma io vi dico: chiunque
guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
29 Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene
che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella
Geenna. 30 E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala e gettala via da te:
conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire
nella Geenna.
31 Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; 32 ma io vi dico:
chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e
chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
33 Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore
i tuoi giuramenti; 34 ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di
Dio; 35 né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché
è la città del gran re. 36 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di
rendere bianco o nero un solo capello. 37 Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più
viene dal maligno.
38 Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; 39 ma io vi dico di non
opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche
l'altra; 40 e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il
mantello. 41 E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. 42 Da' a chi ti
domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi
dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45 perché siate figli del Padre
vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra
i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani? 47 E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa
fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48 Siate voi dunque perfetti come è
perfetto il Padre vostro celeste.
Un pasticcere “libero” che si trova di colpo in galera
Una pasticceria che viene trasferita da “fuori” a “dentro” con le persone che ci lavorano, e che finiscono, di
punto in bianco, a impastar dolci “con i delinquenti”. Con risultati sorprendenti
di Alessandro, pasticcere “esterno”
che lavora in carcere, maggio 2006
Mi chiamo Alessandro e sono uno dei due pasticceri “civili” che, da alcuni mesi, insegnano il nostro
mestiere ad alcuni detenuti della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova. Se ripenso a circa un anno e
mezzo fa mi viene ancora da sorridere: un giorno il direttore della nostra pasticceria mi disse che, dal mese
di settembre del 2005, avremmo trasferito il nostro laboratorio in carcere, ed era lì che saremmo quindi
andati a lavorare. Credevo che scherzasse perché un progetto del genere non mi sembrava realizzabile, e tra
l’altro non avevo mai sentito di un’iniziativa simile. E poi, pensai tra me e me, io ho deciso di fare il
pasticcere, e quindi perché mai dovrei correre chissà quali rischi e lavorare con persone che di faticare
avranno ben poca voglia, dal momento che proprio per questo motivo sono finite in carcere?
Comunque lì per lì non mi preoccupai più di tanto: il progetto era ancora prematuro “e sicuramente non se
ne farà nulla”, mi dissi proprio per tranquillizzarmi. Ma si sa, il tempo passa inesorabile, e quando il nostro
direttore cominciò a farci vedere le planimetrie dei locali e ad entrare più nel dettaglio, mi resi conto che
oramai non era più possibile tornare indietro. Così mi feci quasi prendere dal panico… non per il lavoro ma
per le persone e per l’ambiente che avrei trovato, una vera incognita. In agosto me ne andai in ferie e
“rimandai il problema”, ma al rientro mi venne riferito che la settimana successiva ci saremmo trasferiti ed
avremmo “finalmente” cominciato. Nonostante quel “finalmente”, io di entusiasmo ne avevo ben poco… Il
giorno dell’ingresso in carcere fu un trauma vero e proprio: ad ogni cancello che si passava, ad ogni sbarra
che si richiudeva alle mie spalle, mi sentivo sempre più in gabbia. Una sensazione bruttissima, nonostante
avessi la certezza che tutte le sere sarei uscito e me ne sarei tornato libero, a casa mia…
Una volta effettuati i traslochi ed ottenute le varie autorizzazioni necessarie alla produzione, cominciammo
a lavorare. All’inizio eravamo soltanto io ed il mio collega, ma un po’ alla volta arrivarono i nostri 5
“allievi”. Solo che non si trattava semplicemente di allievi come quelli che si trovano a scuola o nei vari
corsi di pasticceria: stavolta avevamo a che fare con tutt’altro genere di alunni, ed avevamo quindi il
grattacapo di come ce la saremmo cavata. All’inizio non sapevamo proprio come comportarci con loro, e
per sbagliare il meno possibile ci consultavamo di nascosto tra di noi, oppure chiedevamo consiglio a
Francesco, il cuoco che era qui dentro da più tempo di noi, oppure ci rivolgevamo al nostro direttore Tino.
Ricordo che nella fase iniziale i nostri “allievi” erano tutti molto curiosi, ci si attaccavano dietro e non ci
mollavano mai, ci domandavano un sacco di cose, non si stancavano mai di chiedere, segno evidente di una
gran voglia di imparare che permane ancora ed anzi aumenta, giorno dopo giorno. A mio parere sono stati
molto ma molto bravi, perché dopo circa un mese e mezzo abbiamo cominciato con la produzione dei
panettoni artigianali, che comportano molta manodopera: ne abbiamo sfornati circa 9mila e l’impegno dei
nostri ragazzi è sempre stato al massimo, oltre le loro competenze. Quasi ogni giorno, anche una volta
terminato il normale orario di lavoro, restano volentieri per affinare le tecniche ed imparare ancora meglio
e di più tutte le cose nuove. Adesso produciamo una tale varietà di dolci da lasciare senza fiato, e loro sono
stati veloci ed abili nell’apprendimento dei dosaggi, nella manualità, nelle cotture, insomma siamo
veramente soddisfatti.
Ma lavoro a parte, che in fondo è solo un dettaglio, ciò che mi ha sbalordito è il rapporto umano che sono
riuscito ad instaurare con coloro che, anche se qualcuno ha il doppio della mia età, continuo a chiamare
“ragazzi”. Nella vita avranno anche sbagliato, ma mi trovo molto bene con loro e qualsiasi cosa io dica,
ovviamente sempre nel modo giusto, viene accettata e condivisa. E poi sono rimasto meravigliato per il
rispetto con il quale mi trattano, che ovviamente è ricambiato. E si percepisce a pelle, dal modo di fare e
dai comportamenti, CHE MI VOGLIONO BENE anche se, per quasi tutte le persone che non li conoscono,
sono e restano soltanto dei delinquenti. Ho anche pensato che si comportino così affettuosamente e non
manchino mai di rispetto perché, avendo sbagliato, vogliono dimostrare che anche loro sono delle brave
persone o che, comunque, lo vogliono diventare. Sta a noi dargliene la possibilità.
Oramai l’imbarazzo è definitivamente vinto e siamo diventati una squadra. Insegnare ai “ragazzi” mi sta
facendo crescere e riflettere su tutto quello che invece prima mi sembrava banale. Dopo 9 mesi posso dire,
senza difficoltà alcuna, che questa esperienza mi ha cambiato molto la vita: ho visto e toccato con mano
cosa significa vivere con il rimpianto, convivere con problemi che difficilmente io potrei sopportare, anche
se, per fortuna, posso solo immaginare quanto sia duro vivere senza la libertà.