Gli aspetti sociali della disabilità nel nuovo metodo di valutazione
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Gli aspetti sociali della disabilità nel nuovo metodo di valutazione
Gli aspetti sociali della disabilità nel nuovo metodo di valutazione della salute Dal 29 al 30 settembre 2009, presso il Centro Congressi di Riva del Garda, si è svolto il 1° Convegno Nazionale “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. L’ICF in Italia 2001-2009”. Oltre 500 gli iscritti provenienti da tutta l’Italia - tra operatori del sistema sanitario nazionale e funzionari delle istituzioni pubbliche – che hanno aderito all’iniziativa. Il meeting è stato strutturato in due giornate di sessioni plenarie, affiancate da workshop aventi oggetto le tematiche dei modelli di applicazione, disseminazione e formazione sull’ICF, innovativo e rivoluzionario strumento di valutazione delle disabilità nelle politiche pubbliche, nella scuola e nel lavoro, riconosciuto dalla comunità internazionale e pubblicato in Italia a cura delle Edizioni Erickson di Trento. L’evento è stato preceduto da una giornata dedicata alla formazione base sull’ICF a cura del Disability Italian Network (DIN), associazione scientifica e culturale impegnata nella formazione, nello sviluppo e nella diffusione in Italia dell’ICF che, unitamente all’Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia - Centro Collaboratore OMS ed alla Erickson Edizioni, ha promosso e organizzato il convegno. Nella prima giornata dei lavori, dopo la prolusione del Francesco Cicogna, dirigente del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, che ha moderato gli interventi, sono stati ripercorsi i passi salienti degli ultimi 10 anni in cui la ricerca di un linguaggio comune in grado di affrontare i problemi della salute e della disabilità con un approccio multidisciplinare, si inserisce come fattore propulsivo del miglioramento delle condizioni di salute dei soggetti interessati, volto ad aumentare le possibilità di vita per milioni di persone nel mondo, sofferenti spesso a causa di un ambiente sfavorevole. Da una prima discussione è emerso infatti che lo sviluppo della Classificazione Internazionale del Funzionamento, Salute e Disabilità (ICF-WHO 2001) sottolinea come la condizione di disabilità può essere inquadrata come l’incontro tra una condizione di salute sfavorevole e un ambiente che frappone ostacoli e barriere. E’ proprio da questa interazione, ovvero attraverso l’esistenza o meno di “facilitatori” (i codici di valutazione ICF), che oggi è possibile descrivere e valutare lo stato effettivo di salute della persona disabile, vale a dire la sua capacità di partecipare più o meno compiutamente alla vita attiva. Matilde Leonardi, responsabile dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, si è soffermata sul lavoro di disseminazione, formazione e utilizzo dell’ICF negli ultimi 8 anni “che è stato in Italia tra i più intensi e qualitativamente rilevanti a livello internazionale, spaziando in tutti i settori di attività del sistema di welfare, coinvolgendo attivamente le associazioni delle persone con disabilità e promuovendo importanti sinergie tra ricercatori e istituzioni pubbliche, che hanno acquisito la visione dell’ICF introducendo prospettive innovative nelle politiche nazionali e locali”. Sui progetti di applicazione di ICF in Italia (2001-2009), è intervenuto il Carlo Francescutti, dirigente dell’Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia - Centro Collaboratore OMS, il quale ha focalizzato il suo intervento sull’importanza della diffusione e della condivisione di “esperienze e modalità di applicazione del nuovo metodo di classificazione della disabilità e della salute”. Proprio con l’intento di approfondire gli aspetti inerenti l’utilizzo dell’ICF nei programmi sociosanitari proposti dalle istituzioni pubbliche in Italia a livello locale e nazionale, il convegno ha previsto uno spazio seminariale dedicato al workshop in parallelo “L’ICF nelle politiche pubbliche”. Un panel di esperti ha proposto i seguenti spunti di dibattito: a) A che punto siamo rispetto al contrasto della disabilità? b) Si sta spostando l’ottica decisionale dal solo individuo all’interazione persona/ambiente? c) Come può essere utilizzato un sistema descrittivo (ICF) nei processi decisionali a livelli regionali/nazionali? d) È utile mettere a punto un organismo di assistenza per le istituzioni pubbliche che intendono affrontare questioni distributive coerenti con la prospettiva del funzionamento? Alessandra De Palma, medico legale della Regione Emilia Romagna, ha osservato che il cambiamento nel sistema di valutazione della disabilità in Italia è relativamente recente. Malgrado la legge 104/1992 “solo dal 1999 è stato inserito un protocollo che unifica gli accertamenti (riconoscimento dell’Invalidità Civile contestualmente ai benefici previsti dalla legge 104/92 e, dal 2000, anche al collocamento mirato al lavoro). Successivamente la regione ha varato un piano per l’accertamento dell’invalidità civile basato su una ‘istruttoria pesante”, che si avvale di un pluralismo di professionalità: medici e vari operatori sociali. In sostanza, la Regione ha cambiato il proprio orientamento in materia di tutela dei disabili introducendo, con l’ICF, il modello bio-psicosociale. Non più piano annuale sanitario, bensì piano sociale sanitario. In sostanza, oggi l’ottica è quella di una valutazione globale complessiva della persona, il cosiddetto “progetto individualizzato”. Non più libertà dal bisogno, ma tutela dei diritti della persona con disabilità. Sulla formazione degli operatori dei servizi socio-sanitari per la predisposizione del progetto individuale di intervento integrato per le persone con disabilità, si è soffermato Michele Maglio dirigente della Regione Veneto, della quale ha riferito l’esperienza progettuale maturata, nel 2007, con i primi corsi di aggiornamento sull’ICF per oltre 700 responsabili dei servizi alla persona. Il Veneto ha perciò adottato la nuova scheda di valutazione “SVAMDI” (scheda di valutazione multidimensionale) elaborata - ha proseguito Magli - per la determinazione di profili di funzionamento e di punteggi di priorità, mirati, a loro volta, all’individuazione di misure e interventi più adeguati previsti dalla programmazione regionale. “Nonostante tutto quanto di positivo c’è in questo approccio - ha osservato Magli - le criticità permangono anche in un sistema efficiente come quello del Nord Est. Le più evidenti riguardano la disomogeneità territoriale per quanto attiene a: accesso ai servizi, modalità di valutazione, organizzazione delle risposte e sistema informativo. Lo stesso fenomeno si osserva su scala nazionale - ha commentato la Lucilla Frattura, responsabile dell’Agenzia Regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia e del Centro Collaboratore OMS, che ha coordinato il dibattito. Accanto alle best practices di Regioni che hanno presentato progetti ad hoc adottando l’ICF - ha sottolineato Frattura – è imprescindibile l’implicazione delle politiche pubbliche “sul modo di affrontare le questioni di natura redistributiva legate allo scivoloso concetto di “non autosufficienza” che di volta in volta include o esclude il concetto di disabilità non coerente con la prospettiva di funzionamento”. “Attualmente – ha proseguito la relatrice – i beneficiari delle politiche di welfare sono incomparabili, così come l’efficacia pratica degli interventi erogati. A livello regionale, infatti, i criteri di identificazione dei beneficiari sono differenti anche se orientati a definire in un modo o nell’altro “profili” di bisogno assistenziale, rendendo di fatto poco confrontabili gli interventi e le risorse a disposizione per il contrasto alla disabilità”. Dagli interventi dei partecipanti, nell’ambito del workshop, è emerso il convincimento unanime sul fatto che oggi la ratifica della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (2006), con la Legge n.18 del 3 marzo 2009, ha messo in crisi tutte le nostre leggi. Basti pensare che, alla luce del trattato delle Nazioni Unite, il concetto-nozione di “funzionamento” ha superato, cancellandola di fatto, la definizione di “non autosufficienza” nel determinare il grado di disabilità. D’ora in avanti bisogna guardare alle performances residue, più tutti i fattori ambientali, i cosiddetti “facilitatori”. In tal senso è l’esito della relazione tra persona e ambiente a dirci a che punto è l’interazione ed è il funzionamento a dirci cosa la persona può fare, non come la persona è. A fine lavori la discussione su ICF e politiche pubbliche ha prodotto almeno tre orientamenti sulla situazione attuale in Italia e prospettive future: Siamo ad una svolta interessante oggi (guardando ad alcuni progetti avviati a livello locale). Ed anche se c’è molta diversità tra Regione e Regione, tuttavia è cambiato il paradigma, vale a dire il concetto di “funzionamento” legato all’ambiente circostante, introdotto dall’ICF e fatto proprio dalle Nazioni Unite con l’approvazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia. Occorre ora agire a livello normativo per standardizzare e armonizzare sul territorio nazionale i progetti previsti dalle programmazioni socio-sanitarie regionali sui servizi alla persona con disabilità. Tutto ciò richiede l’impiego di ulteriori risorse. Risorse che tuttavia sono insufficienti proprio perché vengono ancora utilizzati sistemi troppo eterogenei nella valutazione delle disabilità. Le due sessioni plenarie hanno avuto come momento centrale una tavola rotonda sul tema “La Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità e la ratifica italiana”, che ha visto la partecipazione di Isabella Menichini, direttore generale dell’Istituto Affari Sociali (IAS), di Pietro Barbieri, presidente della Federazione Italiana Superamento Handicap, di Giampiero Griffo, responsabile della Disabled Peoples’ International Italia Onlus, di Matilde Leonardi, presidente della Fondazione “Carlo Besta” di Milano e di Vladimir Kosic, assessore alla Salute e Protezione della Regione Friuli Venezia Giulia. Sul percorso di attuazione progressiva della Convenzione Onu in Italia, si è soffermata la direttrice dello IAS, focalizzando l’attenzione sul lavoro che l’Osservatorio nazionale sulle persone con disabilità, previsto dalla legge di ratifica, sta svolgendo attraverso una serie di incontri già programmati con tutti gli stakeholders (istituzioni, associazioni, mondo del volontariato, società civile). Pietro Barbieri ha invece insistito sul fatto che la Convenzione impone un “paradigm shift” da un approccio medico risarcitorio a uno sociale fondato sui diritti umani. “In particolare – ha aggiunto – cambia l’approccio alla riabilitazione, che non è solo medica e ha funzioni abilitative seguendo lo schema della Community Based Rehabilitation (Cbr)”. Del fatto che l’approccio innovativo della Convenzione produrrà benefici a tutto il genere umano, si è detto convinto il Giampiero Griffo, secondo il quale la trasformazione delle politiche sulla disabilità, da politiche di minoranze a politiche universali, svilupperà gioco forza un processo virtuoso di mainstreaming della disabilità nei vari ambiti della vita. Proprio per questo – ha sottolineato Matilde Leonardi - il ruolo della ricerca e della consulenza governativa è già parte integrante - e sempre più lo sarà in futuro – del processo di sviluppo in ambito di salute pubblica e disabilità. In particolare – ha evidenziato la presidente dell’Istituto Besta - esso scaturirà “dall’impatto delle differenti posizioni sulla definizione di disabilità e di persona con disabilità nelle modalità di raccogliere e riportare dati”. La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità - ha infine ricordato l’assessore Kosic riconduce la condizione di disabilità all’esistenza di barriere di varia natura. Proprio per questo, il trattato dell’Onu sposa e rilancia il modello bio-psico-sociale della classificazione ICF, per il quale qualsiasi persona in qualsiasi momento della vita può avere una condizione di salute che in interazione con l’ambiente circostante può divenire un handicap. Questo è solo uno dei motivi per i quali la disabilità ci riguarda tutti, è stato ribadito da Griffo a conclusione della tavola rotonda con la forza espressiva di una frase di Franco Basaglia: “se ci guardiamo da vicino nessuno è normale”. Paola Navetta