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[doc. web n. 5947202]
Provvedimento del 7 dicembre 2016
Registro dei provvedimenti
n. 514 del 7 dicembre 2016
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa
Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;
VISTO il ricorso presentato al Garante l'11 agosto 2016 da XY nei confronti di Google Inc. e Google Italy, con il quale l'interessato,
ribadendo le istanze già avanzate ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" (di
seguito "Codice") attraverso due distinte richieste, datate rispettivamente 15 giugno e 20 luglio 2016, ha chiesto la rimozione di alcuni URL
rinvenibili attraverso una ricerca condotta tramite il suo nome e cognome e precisamente:
con la prima delle due istanze ha individuato i seguenti link:
1. http://...;
2. http://...;
3. http://...
4. http://...
con la seconda istanza ha individuato un ulteriore link:
5. http://...;
CONSIDERATO che il ricorrente ha, in particolare, sostenuto che le notizie così reperite sarebbero lesive della sua reputazione personale e
professionale tenuto conto degli sviluppi successivi delle vicende giudiziarie in cui lo stesso è stato coinvolto, perché:
a) i fatti riportati negli articoli reperibili attraverso gli URL individuati nell'interpello del 15 giugno 2016 si riferiscono ad
un'indagine – connessa ad una presunta vicenda di concussione che si sarebbe verificata nell'ambito dell'Università di Udine in
relazione all'avvenuto riconoscimento in Italia del titolo di studio conseguito all'estero dal ricorrente – che risulta essere stata
successivamente archiviata;
b) il link individuato nella seconda richiesta rimanda invece ad una vicenda giudiziaria – legata alla contestazione ed alla successiva
condanna per il reato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra, essendo invece l'interessato iscritto all'albo dei medici
chirurghi – in ordine alla quale "la Corte d'appello di Trieste ha praticamente annullato la sentenza di primo grado revocando la pena
accessoria e [disponendo] la sospensione della pena con obbligo di non menzione";
VISTI gli ulteriori atti d'ufficio e, in particolare, la nota del 30 agosto 2016 con la quale questa Autorità, ai sensi dell'art. 149, comma 1, del
Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell'interessato, nonché la nota del 14 novembre 2016 con la
quale è stata disposta, ai sensi dell'art. 149, comma 7, del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;
VISTE le note del 13 settembre 2016 con le quali Google ha comunicato:
di non poter accogliere le istanze dell'interessato con riguardo agli URL contraddistinti in premessa con i nn. 1, 2 e 5;
che, con riguardo agli ulteriori URL richiesti, "è emerso che le pagine web specificate non vengono attualmente visualizzate" tra i
risultati di ricerca;
VISTA la nota del 19 settembre 2016 con la quale il ricorrente ha ribadito le proprie istanze, rilevando che "le informazioni reperibili ai link
sopra citati [in quanto] parziali, incomplete e non aggiornate, sono particolarmente lesive della (…) immagine personale e soprattutto
professionale", non tenendo conto della successiva evoluzione della vicenda giudiziaria in cui il medesimo è stato coinvolto;
VISTA la nota del 22 settembre 2016 con la quale la resistente, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, nel
ribadire il diniego alla richiesta di rimozione degli URL tuttora indicizzabili attraverso una ricerca condotta partendo dal nome
dell'interessato, ha rilevato:
in primo luogo, l'inammissibilità del ricorso eccependo l'indeterminatezza del contenuto dello stesso che, contrariamente alle
indicazioni fornite dalla sentenza Costeja, non individua in maniera specifica gli URL rispetto ai quali viene esercitata la richiesta di
rimozione;
nel merito della vicenda, che alcuni degli URL indicati dal ricorrente non risultano più indicizzati trattandosi "di pagine non più
accessibili in rete", ribadendo, con riguardo agli ulteriori link segnalati, l'insussistenza dei requisiti previsti per l'esercizio del diritto
all'oblio, con particolare riguardo all'elemento temporale, tenuto conto del fatto che gli stessi rimandano ad articoli "pubblicati da
due autorevoli quotidiani locali nel 2014 e nel 2015";
che, in ogni caso, il diritto all'oblio subisce un'attenuazione laddove "il soggetto interessato rivesta un ruolo pubblico e le
informazioni contestate attengano a tale ruolo" e che, nel caso di specie, l'attività svolta dal ricorrente non possa non essere
considerata un'attività pubblica, tenuto peraltro conto del fatto che "gli articoli contestati fanno proprio riferimento ad indagini e
processi che hanno coinvolto il sig. XY in qualità di professionista e medico chirurgo";
che rientra, comunque, nel pieno diritto del ricorrente "agire nei confronti dell'autore delle pubblicazioni (…) per ottenere la
rimozione degli articoli ovvero il loro aggiornamento o la rettifica, come espressamente previsto dalla (…) sentenza della Cassazione
n. 5525/12", precisando che "ai fini della sussistenza del diritto all'oblio (…) la circostanza che le informazioni contestate siano o
meno giornalisticamente verificate o false o diffamatorie è del tutto irrilevante";
VISTE le note del 17 e del 27 novembre 2016 con le quali il ricorrente, nel contestare quanto affermato da Google, ha rilevato l'ammissibilità
del ricorso, avendone individuato l'oggetto attraverso il richiamo agli URL indicati nelle richieste avanzate nei confronti della resistente
anteriormente alla proposizione dello stesso, insistendo per la loro rimozione in virtù del fatto che "il reperimento di informazioni ad oggi
errate, non aggiornate e parziali (…) [non] possa essere di interesse per la collettività";
CONSIDERATO, tutto ciò premesso, di dover, preliminarmente, ritenere ammissibile il ricorso tenuto conto del fatto che i link oggetto della
richiesta di rimozione avanzata dall'interessato risultano agevolmente individuabili attraverso l'esame delle istanze presentate dal medesimo
anteriormente alla proposizione del ricorso ed espressamente richiamate in quest'ultimo;
CONSIDERATO, inoltre, con riguardo agli URL indicati in premessa con i nn. 3 e 4 che, allo stato attuale, pur non risultando effettuato
alcuno specifico intervento in tal senso da parte della resistente, gli stessi non sono più rinvenibili tra i risultati di ricerca associati al nome
del ricorrente, come confermato anche da Google attraverso una dichiarazione resa in merito nel corso del procedimento;
RILEVATO pertanto, rispetto ad essi, di dover dichiarare, ai sensi dell'art. 149, comma 2, del Codice, non luogo a provvedere sul ricorso;
CONSIDERATO, con riguardo agli ulteriori URL oggetto di richiesta di rimozione, che deve essere sempre assicurato il rispetto del
principio di esattezza dell'informazione reperibile attraverso il risultato di ricerca del quale è richiesta la rimozione, come affermato anche al
punto n. 4 delle Linee Guida per l'implementazione della sentenza C-131/12 "Google Spain and Inc v. Agencia española de protección de
datos and Mario Costeja González" adottate dal Gruppo art. 29 in data 26 novembre 2014 (secondo le quali le Autorità di Protezione dei Dati
APD "tenderanno a ritenere idonea la deindicizzazione di un risultato di ricerca se si rilevano inesattezze in termini di circostanze oggettive e
se ciò genera un'impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata. Se un interessato si oppone ad un risultato di
ricerca a motivo della sua inesattezza, le APD possono trattare il relativo ricorso a condizione che tale interessato fornisca tutte le
informazioni necessarie per stabilire la palese inesattezza del dato in questione" (cfr. punto 4 delle citate Linee Guida);
CONSIDERATO che, rispetto al caso in esame:
con riferimento agli URL individuati in premessa con i nn. 1 e 2, pur trattandosi di vicenda risalente al 2014, e dunque avvenuta in
epoca recente, la stessa, sulla base della documentazione prodotta dall'interessato – ovvero il decreto di archiviazione emesso dal
g.i.p. ed il provvedimento dirigenziale successivamente emesso dall'Università degli Studi di Udine attestante la sussistenza dei
requisiti di legge per il conseguimento del relativo titolo accademico – non risulta più corrispondente alla realtà dei fatti ponendosi in
contrasto il principio di esattezza del dato sopra richiamato;
con riferimento all'URL individuato con il n. 5, l'articolo, risalente al 30 gennaio 2015, si riferisce ad una vicenda giudiziaria
nell'ambito della quale all'esito del giudizio di appello è stata solo formalmente confermata la condanna inflitta in primo grado al
ricorrente; ed invero, la revoca della pena accessoria inflitta ed il riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna
nel casellario giudiziale, anch'essi disposti dalla Corte d'appello di Trieste nella sentenza in questione, costituiscono senza dubbio
alcuno circostanze di assoluta importanza, idonee ad determinare una sopravvenuta palese inesattezza dell'informazione rinvenibile
attraverso il motore di ricerca;
RITENUTO, pertanto, alla luce delle considerazioni sopra esposte, di dover accogliere il ricorso e, per l'effetto, di dover ordinare a Google la
rimozione, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, degli URL, indicati dal ricorrente in premessa con i nn. 1, 2 e 5, dai
risultati di ricerca effettuati a partire dal nome e cognome dell'interessato medesimo;
VISTE le decisioni dell'Autorità del 15 gennaio e del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria delle spese e dei diritti per i ricorsi e ritenuto
congruo, nel caso di specie, quantificare detto importo nella misura di euro 500,00, da addebitarsi per euro 250,00 a carico di Google Inc. in
considerazione degli adempimenti connessi alla presentazione del ricorso, compensando la restante parte per giusti motivi e, in particolare, in
ragione della parziale infondatezza del ricorso;
VISTA la documentazione in atti;
VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;
VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;
TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:
a) accoglie il ricorso e, per l'effetto, ordina alla resistente la rimozione, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento,
degli URL, indicati dal ricorrente in premessa con i nn. 1, 2 e 5, dai risultati di ricerca effettuati a partire dal nome e cognome
dell'interessato medesimo;
b) dichiara non luogo a provvedere con riguardo agli URL individuati in premessa con i nn. 3 e 4;
c) determina l'ammontare delle spese del presente procedimento nella misura forfettaria di euro 500,00, di cui euro 250,00 da
addebitarsi al titolare del trattamento, che dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa la restante parte per giusti
motivi.
Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell'art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare
attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro trenta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che
l'inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell'art. 170 del Codice. Ricorda
altresì che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 164 del Codice.
Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150 del 1° settembre 2011, avverso il presente provvedimento può essere
proposta opposizione all'autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del
trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni
se il ricorrente risiede all'estero.
Roma, 7 dicembre 2016
IL PRESIDENTE
Soro
IL RELATORE
Iannini
IL SEGRETARIO GENERALE
Busia